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Rivedendo in questi giorni le immagini dei vari discorsi pronunciati davanti a centinaia<br />

di giovani studenti Americani (molti con tratti somatici asiatici, africani, europei) insomma<br />

davanti a quel mondo che Steve Jobs ha voluto unire nelle sue “fantascientifiche” invenzioni,<br />

mi sono domandato perché la Redazione mi ha chiesto di scriverne un ricordo.<br />

Per farti sorridere, caro Steve, perché chi ti sta cercando in cielo<br />

per parlarti, non sa nulla di informatica, scrive sul computer<br />

con un dito e ritiene ancora il telefonino come un oggetto<br />

“temibile” da usare perché scrive, parla, fotografa e<br />

quant’altro. Forse questo sarà il bello del nostro incontro,<br />

non sarò capace di pronunciare nessun parolone<br />

di circostanza, ne ho già sentiti troppi e penso che<br />

persino tu molti li abbia “subiti” tanto erano lontani<br />

dal tuo essere umano e schivo in questo mondo di adulatori,<br />

di invidiosi, di inventori occasionali. A nome di<br />

tutti noi vorrei dirti «grazie», per aver chiesto a quei ragazzi<br />

visti in televisione quasi attoniti davanti a<br />

te, già in condizioni fisiche precarie, «sognate,<br />

reinventatevi un sogno, non abbiate paura di<br />

essere un pò folli e soprattutto non abbiate<br />

mai paura della vita…».<br />

Addio Steve, grazie di avermi ricevuto.<br />

«Sognate,<br />

reinventatevi un sogno,<br />

non abbiate paura<br />

di essere un pò folli<br />

e soprattutto non<br />

abbiate mai paura<br />

della vita…»<br />

(Steve Jobs)

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