Anfiteatro Andrzej Tomaszewski - Auditorium al Duomo Florence
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Ore 17.35<br />
S<strong>al</strong>uto di Agnieszka Stachurska, figlia di <strong>Andrzej</strong> <strong>Tomaszewski</strong><br />
Durante il recente Congresso Europeo della Cultura tenutosi a Breslavia, i partecipanti <strong>al</strong>le discussioni<br />
si sono chiesti se il potere ricorra ancora <strong>al</strong>la cultura come a una mod<strong>al</strong>ità <strong>al</strong>ternativa<br />
per instillare o rafforzare ideologie. Si sono chiesti cioè se - <strong>al</strong> pari di ciò che accadeva nel Medioevo<br />
- l’Europa sia il motore o anche solo un centro di diffusione di cultura, di tradizioni, di<br />
consuetudini, t<strong>al</strong>volta persino di lingue. In un’ “Europa comune” c’è spazio per la diversità cultur<strong>al</strong>e?<br />
Ovvero: esiste una cultura tot<strong>al</strong>mente sovranazion<strong>al</strong>e?<br />
L’Europa è quello specifico territorio sul qu<strong>al</strong>e nella seconda metà del XX secolo ha avuto luogo<br />
un “cambiamento di nazion<strong>al</strong>ità” del patrimonio architettonico appartenente a uno spazio storico<br />
comune. La questione di come relazionarsi a un t<strong>al</strong>e “comune patrimonio storico”, tanto di occorrenze<br />
architettoniche quanto di beni mobili, è <strong>al</strong> centro delle relazioni intereuropee. Robert<br />
Schuman nel 1953, nel corso di una sua lezione <strong>al</strong>l’università di Magonza, constatò come “Non<br />
ci sarà mai <strong>al</strong>cuna cultura sintetica paneuropea. La rifiuteremmo, anche se si dimostrasse possibile.<br />
Le peculiarità loc<strong>al</strong>i, siano queste lingua, legge, arte o educazione, devono rimanere intatte.<br />
L’Europa non sarebbe l’Europa senza la varietà europea”. L’idea di un’unità tra le varietà<br />
e le plur<strong>al</strong>ità ha ispirato mio padre nei suoi lavori teorici dedicati <strong>al</strong>la tutela e <strong>al</strong> restauro dei<br />
beni cultur<strong>al</strong>i.<br />
Mio padre riteneva che occorresse dedicare particolare attenzione <strong>al</strong>le occorrenze presenti nelle<br />
zone in cui fossero rinvenibili tracce cultur<strong>al</strong>i lasciate in Polonia dai tedeschi, dagli austriaci,<br />
dagli it<strong>al</strong>iani ma anche a quelle lasciate dai polacchi nei territori di confine sulla frontiera sudorient<strong>al</strong>e.<br />
Era convinto che occorresse considerare queste tracce nel loro complesso, come un<br />
patrimonio comune. E che fosse necessario tutelarle, d<strong>al</strong> momento che erano divenute parte di<br />
un patrimonio sovranazion<strong>al</strong>e, europeo. Caratteristica fondament<strong>al</strong>e dell’Europa è appunto questo<br />
“patrimonio ereditato”. Un patrimonio un tempo estraneo, ma oggi - grazie <strong>al</strong>la scomparsa<br />
delle frontiere - divenuto “nostro”: “D<strong>al</strong> momento che l’arte non è nazion<strong>al</strong>e, ma europea”.<br />
L’arte è sempre stata internazion<strong>al</strong>e, creata com’era pro publico bono, tuttavia per un certo lasso<br />
di tempo è rimasta in vigore un’ “ottica nazion<strong>al</strong>e”, attraverso cui venivano osservate le occorrenze<br />
“<strong>al</strong>trui”. Mio padre dedicò tutte le sue ricerche a questo fenomeno, chiedendosi come ci<br />
si debba rapportare nei confronti di un patrimonio che, pur senza essere “nostro”, ci pone comunque<br />
degli obblighi.<br />
Per patrimonio cultur<strong>al</strong>e non dobbiamo intendere solo i monumenti conservati su un determinato<br />
territorio e in una specifica regione. Si tratta in primo luogo di una sfera simbolica, ancorché <strong>al</strong><br />
giorno d’oggi lo si possa intendere anche come un prodotto da collocare sul mercato.<br />
E’ pertanto necessario cambiare il nostro atteggiamento nei confronti del patrimonio cultur<strong>al</strong>e.<br />
Oggi come oggi, tutelare questo patrimonio significa saper conciliare una consapevole gestione<br />
del suo potenzi<strong>al</strong>e con le teorie del restauro e le sfide della modernità. La tutela dei monumenti<br />
va inscritta in un contesto più ampio, delimitato non solo d<strong>al</strong>l’intervento mecenatesco dello stato<br />
o dei privati, ma anche d<strong>al</strong>le regole di gestione del territorio, siano queste loc<strong>al</strong>i o europee, nonché<br />
d<strong>al</strong>la educazione civica e soci<strong>al</strong>e.<br />
La garanzia di un’efficace tutela del patrimonio cultur<strong>al</strong>e di città e regioni storiche in una sistema<br />
di libero mercato consiste in un intelligente compromesso tra le esigenze del patrimonio in questione<br />
e quelle della sfera economica. Ho in mente in primo luogo il turismo, un fenomeno che<br />
in larghissima misura deriva d<strong>al</strong> contesto del patrimonio cultur<strong>al</strong>e. Si tratta di riuscire a conciliare<br />
la tutela dei beni cultur<strong>al</strong>i con le esigenze della quotidianità e con le leggi dell’economia. Il turismo<br />
in Europa costituisce un ambito particolare nel contesto più ampio della politica di tutela<br />
dei beni cultur<strong>al</strong>i.<br />
L’Europa mediev<strong>al</strong>e fu fonte di diffusione di un’arte univers<strong>al</strong>e, sovranazion<strong>al</strong>e, comune retaggio<br />
dell’Occidente cristiano. A favorirne l’omogeneità fu l’estrema mobilità dei suoi committenti<br />
e degli esecutori, che percorrevano l’intero continente. Nei territori sottoposti a cristianizzazione<br />
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