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Beatrice Rosso Spatafora e i Luna (XV secolo) - Mediterranea ...

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M.A. RUSSO<br />

30 novembre, dichiara al Vescovo di Cefalù di ritenerla nulla e di<br />

volersi appellare alla Sede Apostolica 59 .<br />

Il volume del processo non riporta il prevedibile appello di Carlo il<br />

quale non può accettare una sentenza che, ratificando la sua impotentia<br />

coeundi, rende nullo il matrimonio con la moglie. Il fortuito rinvenimento<br />

dei fascicoli processuali nei volumi 2176 60 e 3530 dell’Archivio<br />

Moncada permette di affermare che l’appello venne quanto<br />

meno avviato, anche se il conte, che il 13 aprile 1475 aveva nominato<br />

il nobile Francesco Sottile di Palermo suo procuratore per comparire<br />

di fronte all’arcivescovo e rappresentarlo nella questione con <strong>Beatrice</strong><br />

61 , nel 1476 rinunciò a procedere.<br />

Il piccolo fascicolo conservato fuori posto, volutamente o casualmente,<br />

nel volume 2176 raccoglie, infatti, dieci testimonianze, del 10,<br />

11 e 12 ottobre 1475, chiamate in causa per vanificare le accuse di<br />

impotenza che <strong>Beatrice</strong> muoveva al marito. I testi, a dimostrazione della<br />

virilità del conte, raccontano, con linguaggio e immagini colorite, diversi<br />

episodi avvenuti a Caltabellotta, Bivona, Sambuca, in cui Carlo «se conferre<br />

ad carnaliter cognoscendum quandam mulierem». Il copione<br />

seguito dai testimoni, di cui tre nobili e un notaio evidentemente legati<br />

a Carlo, appare scritto con l’unico scopo di dimostrare la capacità del<br />

conte di compiere l’atto sessuale; per riuscire nell’intento le prescelte<br />

sono quasi sempre vergini munite dell’immancabile camicia bianca che<br />

viene mostrata ai testimoni come prova tangibile dell’avvenuto «atto carnale».<br />

E non manca anche chi si spinge oltre e arriva a lodare “l’abilità”<br />

di Carlo che ha dimostrato di potere adempiere ai suoi doveri coniugali<br />

al meglio, così come, del resto, «deve fare ogni uomo di casa». Non vengono<br />

omessi particolari che servano a cancellare ogni dubbio che possa<br />

nuocere all’immagine dell’uomo Carlo e che, nello stesso tempo, restituendogli<br />

la virilità, contribuiscano a costruire per <strong>Beatrice</strong> l’immagine<br />

denigratoria di donna che non sapeva cogliere “le virtù” del marito o non<br />

sapeva stimolarne gli appetiti 62 .<br />

59 Asp, Moncada, 701. Per altri casi di processi<br />

per abbandono del tetto coniugale e<br />

annullamenti di matrimoni, cfr. P. Sardina,<br />

La sessualità femminile in Sicilia fra<br />

trasgressione, mercificazione e violenza<br />

(secc. XII-<strong>XV</strong>), «Archivio Storico Siracusano»,<br />

s. III, XIII (1999), pp. 75-78.<br />

60 Si ringrazia il dott. Antonino Marrone.<br />

61 Asp, Moncada, 836, cc. 99r-101r.<br />

62 Così vengono raccontate le diverse avventure<br />

del conte: un giorno si era recato<br />

da una donna accompagnato da un servo<br />

che, dopo avere atteso per tre ore che<br />

uscisse dalla casa, gli aveva chiesto: «chi<br />

aviti fatto tanto?» e Carlo gli aveva<br />

risposto: «l’haiu futtutu dui voti». Non<br />

convinto di quanto gli aveva riferito il<br />

conte, il servo era andato dalla donna e le<br />

aveva chiesto: «per tua fè dimmi la viritati<br />

quanti voti ti fuctiu lu conti arsira?»; la<br />

risposta aveva superato anche la dichiarazione<br />

di Carlo: sotto giuramento la donna<br />

aveva dichiarato di averlo conosciuto carnalmente<br />

per tre volte. Un’altra volta si<br />

era recato a casa di una donna di Caltabellotta<br />

con un nobile messinese che<br />

dichiara di avere sentito come i due «muntaru<br />

supra lu lectu et lu dictu conti fari

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