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Beatrice Rosso Spatafora e i Luna (XV secolo) - Mediterranea ...

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442<br />

M.A. RUSSO<br />

che prendesse «medichini che guastassiro lu corpu». Ella, però, aveva<br />

negato la mancanza di virilità di Carlo dicendo che non era vero,<br />

«macari lu fussi, chi questa gilusia chi eu aiu» avrebbe detto <strong>Beatrice</strong><br />

«nun li haviria!» A riprova poi della virilità di Carlo la teste avrebbe<br />

anche sentito molte donne con le quali il conte «habuit rem carnalem»;<br />

logica conclusione, dunque: «dictus dominus comes fuit et est potens<br />

in re venerea, solitus easdem mulieres carnaliter conoscere ut quilibet<br />

vir potens» 64 .<br />

Un’altra donna di Giuliana, Giovanna, oltre a confermare la<br />

richiesta della contessa di «medicini di putiri imprinari», fornisce un<br />

racconto dell’aborto chiamando in causa un’altra teste; ricorda che un<br />

giorno si era recata a Caltabellotta per visitare la «cuntissa vecchia» e<br />

lì aveva sentito dire che la «cuntissa giovane», dunque <strong>Beatrice</strong>, si<br />

«havia disirtato» 65 e udendo ciò «sindi andao a lu letto undi la ditta<br />

signura cuntissa era culcata intra lu quali letto etiam era madonna<br />

Isabella familiari di la ditta signura cuntissa et addimandao ipsa testimonia<br />

como stava la ditta signora cuntissa, ipsa madonna Isabella li<br />

rispusi chi si havia disirtato»; la teste, allora, avrebbe chiesto, se si<br />

conoscesse il sesso del feto e Isabella Peralta avrebbe risposto:<br />

«dichinu chi fu fimmina».<br />

Isabella Peralta, ovviamente, conferma la versione e dichiara di<br />

aver visto personalmente <strong>Beatrice</strong> prendere medicamenti e di essere a<br />

conoscenza che quando questa era tornata dai «bagni» di Sciacca si<br />

era voluta sottoporre a visita da due ostetriche che le avevano confermato<br />

la sua gravidanza; la notizia aveva reso felice la donna che, in<br />

un secondo momento, «si havia desertato».<br />

Ci sono poi coloro che, come Allegranza moglie di Salvo de Brixa o<br />

Antonia moglie di Andrea de Alduino di Giuliana, raccontano che «pri<br />

sapiri si ipsa fussi prena» aveva chiamato in causa una donna esperta<br />

«chi voglia gittari l’occhi»; la donna «gittato chi l’appi l’occhio riferio ad<br />

ipsa testimonia como la ditta cuntissa era prena di figlia fimmina di<br />

pocu tempu». La notizia era stata accolta con «gran piaciri» dalla nobildonna.<br />

Anche Agata, moglie di Antonio Randazzo di Giuliana, avrebbe<br />

avuto riferito dalla stessa contessa che aveva abortito una figlia femmina<br />

e ricorda come questa in precedenza le avesse chiesto di portarle<br />

al castello una «iudia mammana» che le consigliasse «alcuna medichina<br />

pri la quali putissi fari figlioli». La “medicina” si concretizza nella<br />

testimonianza di Thufania, vedova di Giacomo lo sciacchitano, che<br />

64 Asp, Moncada, 3530.<br />

65 Disirtàri o disertàri: «disfare, guastare,<br />

distruggere» (V. Mortillaro, Nuovo Dizionario<br />

Siciliano – Italiano, Palermo, 1862,<br />

rist. Palermo, 1970, p. 295). Sulla pratica<br />

dell’aborto nel tardo Medioevo, cfr. C.<br />

Opitz, La vita quotidiana delle donne nel<br />

tardo Medioevo (1250-1500), in G. Duby,<br />

M. Perrot, Storia delle donne in Occidente.<br />

Il Medioevo, a cura di C. Klapisch-Zuber,<br />

Laterza, Roma-Bari, 1994, pp. 356-362.

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