UN MODELLO DI FESTA SEICENTESCA alla giostra, aveva luogo ogni anno una sfida letteraria fatta <strong>con</strong> dei cartelli. Per <strong>con</strong>to del Saracino, a cui di volta in volta prendeva nomi fascinosi come Cor di Diaccio (1635); Albumagor (1654); Euromauro (1674) e Fiamma d’oro (1677) o mitologici come Arione (1639) e Nettuno (1640) e addirittura Delfino di <strong>Pescia</strong> (1636 e 1638), gli organizzatori facevano pubblicare e affiggere ai soliti luoghi le sfide o inviti in cui il Barbaro sosteneva una tesi e sfidava ogni cavaliere a provarne il <strong>con</strong>trario. Coloro che accettavano la sfida dovevano, dunque, rispondere scrivendo su <strong>altri</strong> cartelli, nei quali davano saggio del loro acume, cultura e gusto, ribattendo gli argomenti dello sfidante. Questi cartelli, che i padrini <strong>con</strong>segnavano ai giudici prima della giostra, terminavano spesso <strong>con</strong> poesie, scritte <strong>nel</strong> modo enfatico del più prolisso e altisonante stile barocco, indirizzate alle bellissime dame pesciatine. Le poesie erano sempre firmate <strong>con</strong> nomi fascinosi come Soliman Sultano, Amore e Morte, Indiano Etiope… o leggendari come Anchise, Troiano, Perseo, Adone… e a volte curiosi come Cavaliere del Basso Amore, Lucido Amante, Buona Speranza e Adoratore del Neo. Il carattere spettacolare <strong>con</strong>naturato alla giostra, dunque, è a buon livello e si cerca <strong>con</strong> nuovi accorgimenti di migliorarlo ulteriormente. Per esempio si sostituis<strong>con</strong>o le lance tradizionali <strong>con</strong> altre già intaccate e munite di tre piccole punte metalliche in modo da facilitarne la rottura al momento dell’impatto col Saracino. Colui che, oltre a colpire nei punti giusti, riesce a rompere la lancia, ha il punteggio raddoppiato. Nelle ultime edizioni della giostra rompere la lancia diverrà addirittura obbligatorio. Non tutto però va per il verso giusto perché alcuni <strong>con</strong>correnti si presentano in lizza senza le ricche livree imposte dalle riforme “ma <strong>con</strong> sottane da donna o d’altra sorte (…) <strong>con</strong> semplici giubbe da Turco, <strong>con</strong> sciugatori legati alle braccia (…) <strong>con</strong> armature o maniche di maglia”. Altri furbescamente vanno ad iscriversi <strong>con</strong> ricchi abiti che poi si tolgono poco prima della gara per timore di sciuparli in eventuali capitomboli. Altri ancora gareggiano senza la maschera sul viso che è obbligatoria proprio perché siamo in periodo di carnevale. Per impedire simili irregolarità si pubblicano dei bandi minacciosi ed <strong>altri</strong> ancora ne vengono affissi per coloro che, <strong>con</strong> la scusa di essere dei gentiluomini o padrini dei <strong>con</strong>correnti, ardis<strong>con</strong>o di salire sul palco per “mettere bocca” <strong>nel</strong> verdetto dei giudici. In questi cartelli si avverte che sono pronte per loro ben quattordici lire di multa, oltre alla permanenza in carcere fino al termine della gara e il Bargello (capo della polizia) non guarderà in faccia a nessuno. Così almeno è scritto nei bandi, ma verrà rispettato? 27
IL PALIO E LA GIOSTRA PER UNA CITTÀ: PESCIA A cura di Lando Silvestrini La Piazza Grande durante la Giostra del Saracino in un disegno di Enrico Parrini. Tratto da “Pianta di <strong>Pescia</strong> a penna in piano e prospettiva” (1621) presso il Museo Civico di <strong>Pescia</strong>. 28