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altri palii e giostre - Quelli con Pescia nel cuore

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IL PALIO E LA GIOSTRA PER UNA CITTÀ: PESCIA<br />

A cura di Lando Silvestrini<br />

Quanto alla gara, che veniva effettuata <strong>nel</strong> pomeriggio del 7 febbraio, si chiamasse<br />

questa Bravìo, Palio e in seguito Giostra, i <strong>con</strong>correnti vi partecipavano sempre<br />

a titolo personale e non in rappresentanza di una parte della città. La passione<br />

popolare per questo tipo di manifestazione, quindi, non si sarebbe mai trasformata<br />

in rivalità di quartiere o di <strong>con</strong>trada, come è accaduto, appunto, a Siena.<br />

Mentre le manifestazioni religiose in onore di Santa Dorotea si svolgevano regolarmente<br />

ogni anno, il Palio, che <strong>con</strong>sisteva in una corsa di cavalli, veniva effettuato<br />

solo quando la situazione e<strong>con</strong>omica, politica e sanitaria lo permetteva.<br />

Inoltre, quando la festa non cadeva in tempo di Quaresima, caso questo possibile<br />

ma abbastanza raro.<br />

Nella settimana che precedeva l’appuntamento, un incaricato, denominato<br />

Contestabile, si recava a Firenze per l’acquisto del premio, <strong>con</strong>sistente in dieci braccia<br />

(circa sei metri) di panno lavorato di color scarlatto e di una banda di stoffa<br />

lilla, su cui, prima di essere cucita al panno, venivano dipinti il Giglio e il Delfino.<br />

Egli doveva poi occuparsi dell’asta su cui issare il drappo e del mezzo (carro e cavallo)<br />

per mostrare il trofeo anche prima della gara per le strade cittadine. <strong>Pescia</strong> a<br />

quei tempi <strong>con</strong>tava circa tremila anime.<br />

Il Contestabile, inoltre, aveva l’incarico di far dipingere su sei piccoli scudi di<br />

legno, da attaccare ai lati del carro, le armi dei vicari e dei podestà non più in carica,<br />

ma dei quali si doveva <strong>con</strong>servare la memoria.<br />

Nel pomeriggio del giorno 7, dunque, dalla Cancelleria (gli odierni uffici finanziari<br />

del Comune) partiva un piccolo corteo composto dalle autorità, dai rappresentanti<br />

delle arti e dai musici (trombetti, pifferi, cornamusini e raramente tamburini) i<br />

quali, se<strong>con</strong>do una curiosa esterofilia, venivano sempre reclutati da fuori. Seguivano<br />

i cavalli, maschi e arabi, vale a dire le “fuoriserie” del tempo, i quali non erano montati<br />

dai proprietari, bensì da giovani fantini dal soprannome curioso come Battilferro,<br />

Fracasso, Spazzacampagna, Sperandio e Saltavanti. Infine, partiva il carro <strong>con</strong> su issato<br />

il palio, seguito da nugoli di ragazzi curiosi e invadenti, che facevano a gara <strong>nel</strong><br />

raccogliere le nocciole lanciate da sopra il mezzo in segno di festa.<br />

Dopo aver fatto il suo bel giro per la città, il piccolo corteggio ritornava in Piazza<br />

e, mentre i cavalli raggiungevano il luogo della partenza, la gente, diventata ormai<br />

folla, rimaneva in trepidante attesa.<br />

Il percorso, che era detto “alla lunga”, iniziava da un punto nei pressi delle attuali<br />

Casacce, proseguiva per la via Regia (Galeotti), passava sotto la medievale porta<br />

Lucchese (abbattuta <strong>nel</strong> 1860), per arrivare <strong>nel</strong>la “Platea Magna”, dove, su un<br />

palco allestito per l’occasione, attendeva la giuria.<br />

Dopo la cerimonia di premiazione, veniva offerto a tutti i partecipanti un rinfresco<br />

a base di “pane magno” e pan pepato, annaffiati <strong>con</strong> “vino pinocchiato”, trebbiano<br />

e malvasia.<br />

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