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Bruno Cartosio Mito e storia - Università degli studi di Bergamo

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ango <strong>di</strong> interpreti esemplari - simbolici - del destino espansionistico della nazione, da Davy Crockett a Kit<br />

Carson, a Buffalo Bill. Questo processo - i mo<strong>di</strong> della costruzione e del prolungamento del mito della<br />

frontiera, l’introduzione delle varianti nel corso del tempo, le con<strong>di</strong>zioni della produzione materiale dei miti e<br />

della loro <strong>di</strong>ffusione - è interamente analizzabile in quanto tale, come <strong>di</strong>mostrano le opere <strong>di</strong> Richard Slotkin.<br />

Uno dei tratti caratteristici, forse il dominante, <strong>di</strong> tale processo è stato la sua promozionalità, il suo essere<br />

calato in una logica <strong>di</strong> funzionalità sociale-ideologica alle prospettive <strong>di</strong> conquista del continente. Il che non<br />

equivale a <strong>di</strong>re che esso sia stato semplice o lineare, né che la sua ricezione da parte del pubblico popolare<br />

sia stata univoca.<br />

Il processo si arricchì strada facendo <strong>di</strong> tutte le possibilità materiali <strong>di</strong> produzione che l’evoluzione<br />

sociale e tecnica offriva, dal libro al libro economico a grande <strong>di</strong>ffusione, alle arti figurative, all’illustrazione<br />

sulla stampa perio<strong>di</strong>ca, agli spettacoli <strong>di</strong> massa. E, com’è ovvio, ognuna delle modalità <strong>di</strong> produzione e<br />

circolazione dettò a sua volta particolari specificità narrative e visuali, in sostanza alterando<br />

progressivamente il messaggio e l’immagine complessiva e fissando varianti anche significative nel <strong>di</strong>scorso.<br />

Inoltre, soprattutto per quanto riguardava i romanzi, la stessa evoluzione della composizione sociale, in<br />

particolare nelle città d’immigrazione, portava sempre più alla lettura i ceti popolari e quin<strong>di</strong>, nella lettura,<br />

domande e aspettative non previste, con effetti altrettanto impreve<strong>di</strong>bili: in sostanza, le <strong>di</strong>verse componenti<br />

del pubblico - a cui arrivavano anche altri messaggi <strong>di</strong> segno culturale e politico <strong>di</strong>verso dall’interno delle<br />

proprie comunità e a cui l’industria culturale offriva anche romanzi <strong>di</strong> ambientazione urbana - piegavano a sé<br />

e alle proprie visuali il messaggio, l’avventura, gli stessi stereotipi razziali <strong>di</strong> cui erano impregnati i racconti <strong>di</strong><br />

ambientazione western. In altre parole, dalla sostanziale uniformità ideologica <strong>di</strong> questi ultimi non<br />

<strong>di</strong>scendeva meccanicamente l’uniformazione ideologica dei suoi maggiori consumatori.( xxv ) La<br />

promozionalità del messaggio non impedì sempre il raggiungimento <strong>di</strong> livelli espressivi elevati e complessi.<br />

Tuttavia, a volte, l’aspetto propagan<strong>di</strong>stico o ideologicamente subalterno <strong>di</strong> per sé assente dalle opere -<br />

penso soprattutto ai pittori <strong>di</strong> Taos e <strong>di</strong> Santa Fe, <strong>di</strong> cui si <strong>di</strong>scuterà più avanti - fu sovrimposto alle opere<br />

stesse dai loro committenti e dai loro utilizzatori a fini commerciali. A testimonianza, potremmo concludere,<br />

del fatto che se il mito è parola, e la parola è sociale, il mito non nasce, né vive nel vuoto, ma nel pieno della<br />

società e della cultura in cui è prodotto e utilizzato. Di nuovo: il mito sarà “astorico”, ma la sua elaborazione<br />

avviene interamente nella <strong>storia</strong>, nel fitto dei rapporti sociali <strong>di</strong> produzione e <strong>di</strong> potere. In tutti i casi, fino al<br />

rovesciamento storiografico <strong>degli</strong> anni recenti, molto raramente il <strong>di</strong>scorso sull’Ovest è stato “libero” dalle<br />

implicazioni a cui ho fatto riferimento nelle pagine precedenti.<br />

i . Frederick J. Turner, The Significance of the Frontier in American History, in Id., The Frontier in<br />

American History, New York, Henry Holt, 1953 (1920) (La frontiera nella <strong>storia</strong> americana, Bologna, Il<br />

Mulino, 1959); Theodore Roosevelt a Turner , 10 febbraio 1894, cit. in Ray A. Billington, The Genesis of the<br />

Frontier Thesis: A Study in Historical Creativity, San Marino, Cal., The Huntington Library, 1971, pp. 82-3.<br />

ii . La cit. è dalla recensione <strong>di</strong> Turner all’opera <strong>di</strong> Roosevelt, in “The Dial” (August 1889) riportata in<br />

R.A. Billington, The Genesis of the Frontier Thesis, cit., pp. 39-40. Si vedano anche Edmund Morris, The<br />

Rise of Theodore Roosevelt, New York, Coward, McCann & Geoghegan, 1979, pp. 465-66 e Richard<br />

Slotkin, Nostalgia and Progress: Theodore Roosevelt’s Myth of the Frontier, in “American Quarterly”, Vol. 33,<br />

N. 5 (Winter 1981), pp. 608-37.<br />

iii . Richard Slotkin, The Fatal Environment: The Myth of the Frontier in the Age of Industrialization,<br />

1800-1890, New York, Harper, 1994, p. 20.<br />

iv . Samuel S. Hall, Kit Carson, Jr., the Crack Shot of the West (1875), cit. in Philip Durham, Dime<br />

Novels: An American Heritage, in “The Western Humanities Review”, Vol. IX, N. 1(Winter 1955), p. 43.<br />

v . Roland Barthes, Miti d’oggi, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1994, p. 224.<br />

vi . Ivi, p. 192.<br />

vii . Ivi, p. 223.<br />

viii . Ibidem.<br />

ix . Michail Bachtin, Epos e romanzo, in Id., Estetica e romanzo, a cura <strong>di</strong> Clara Strada Janovic,<br />

Torino, Einau<strong>di</strong>, 1979, p. 462: “L’idealizzazione del passato nei generi letterari alti ha un carattere ufficiale.<br />

Tutte le espressioni esterne della forza e della verità dominanti (<strong>di</strong> tutto ciò che è compiuto) sono<br />

organizzate entro la categoria assiologico-gerarchica del passato, nell’immagine della lontananza (dal gesto<br />

e dalla veste allo stile, tutto è simbolo del potere)”. Come si vedrà, la lontananza, nel nostro caso, sarà<br />

spaziale e non temporale: l’Ovest lontano nello spazio viene trattato come se fosse lontano nel tempo,<br />

appartenente a un passato concluso, quin<strong>di</strong> narrabile secondo le modalità dell’epica. Ancora Bachtin: “Nel<br />

mondo epico non c’è posto per alcuna incompiutezza, apertura, problematicità”.<br />

x . R. Barthes, Miti d’oggi, cit., p. 223-24.<br />

xi . Alex Nemerov, “Doing the ‘Old America’”: The Image of the American West, 1880-1920, in William<br />

H. Truettner, ed., The West as America: Reinterpreting Images of the Frontier, 1820-1920, Washington,<br />

Smithsonian Institution Press, 1991, pp. 285-343.

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