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EDITORI MUSICALI,UNA PASSIONE LUNGA UN SECOLO - Siae

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VIVAVERDI IL GIORNALE DEGLI AUTORI E DEGLI <strong>EDITORI</strong><br />

4<br />

ARTE CINEMA LETTERATURA MUSICA TEATRO RADIO TELEVISIONE<br />

DISTRIBUZIONE GRATUITA - ANNO 77 - N° 4 - LUGLIO • AGOSTO 2005<br />

Società Italiana degli Autori ed Editori<br />

VIVAVERDI<br />

Il giornale degli Autori e degli Editori<br />

<strong>EDITORI</strong> <strong>MUSICALI</strong>,<strong><strong>UN</strong>A</strong> <strong>PASSIONE</strong> <strong>L<strong>UN</strong>GA</strong> <strong>UN</strong> <strong>SECOLO</strong><br />

ENDRIGO la sua ultima intervista VENICE DAYS autori di nuovo protagonisti<br />

CINEMA l'invasione dei festival COCCIANTE-PANELLA Giulietta e Romeo, l'opera rivive<br />

CONTARELLO - LAUZI - PAOLINI l'arte di scrivere e di raccontare<br />

ROMA EUROPA FESTIVAL 20 anni vissuti “contemporaneamente” SIAE un bilancio positivo<br />

BOLLETTINO SOCIALE le notizie dalla <strong>Siae</strong>, la partecipazione al Midem 2006<br />

Giulio Ricordi


ENDRIGO VISTO DA WALTER MOLINO<br />

Tratto dal libro di Albertarelli, Gedda, Ronza Tv Game, edizioni Lo Scarabeo


siae<br />

VIALE DELLA LETTERATURA 30<br />

ANGELO DELLA VALLE<br />

È IL NUOVO DIRETTORE GENERALE<br />

Il nuovo Direttore Generale della <strong>Siae</strong> ha svolto<br />

tutta la sua carriera all’interno della Società della<br />

quale è entrato a far parte, vincitore di un concorso<br />

pubblico, fin dal 1971. Dirigente dal 1981,<br />

prima come Vice Direttore del Servizio<br />

Ispettorato Centrale, poi Direttore della Sezione<br />

Musica-Emittenza, è stato nominato Capo della<br />

Segreteria della Presidenza e della Direzione<br />

generale nel 1992. Nel 1994 è divenuto Vice<br />

Direttore Generale, assumendo dal 1998 anche<br />

l’incarico di dirigere la Divisione Autori ed<br />

Editori. Divisione che comprende le Sezioni<br />

dedicate alla Musica, al Cinema, al Teatro-Radio<br />

-Televisione, alla Letteratura ed Arti Visive, alla<br />

Lirica e alla Multimedilità.<br />

La profonda esperienza nelle problematiche<br />

nazionali ed internazionali connesse alla tutela<br />

del diritto d’autore, è stata quindi acquisita sul<br />

campo, grazie all’impegno nei più disparati settori<br />

e soprattutto alla gestione dei rapporti con i<br />

grandi utilizzatori di opere tutelate. Questa esperienza<br />

costituisce uno strumento fondamentale<br />

per il piano di rilancio che il nuovo Direttore<br />

Generale ha immediatamente elaborato affinché<br />

la <strong>Siae</strong>, dopo un lungo periodo di difficoltà, possa<br />

recuperare rapidamente efficacia di risultati nell’attuale<br />

scenario nazionale, in quello comunitario<br />

ed internazionale.<br />

Le questioni che si presentano sono molteplici e<br />

vanno da quelle relative allo sfruttamento delle<br />

opere tramite le nuove tecnologie a quelle altrettanto<br />

complesse del ruolo che tutte le Società di<br />

autori devono assumere nel nuovo contesto<br />

europeo e internazionale.<br />

Soddisfare queste esigenze, coniugandole con<br />

una sempre più adeguata tutela economica delle<br />

opere e con un miglioramento dei servizi per gli<br />

autori e gli editori, è il compito principale che si<br />

pone il nuovo Direttore Generale. “Un altro tema<br />

molto importante – ha dichiarato Angelo Della<br />

Valle – è quello di comunicare a tutti gli aderenti,<br />

non solo come lavora la Società, ma anche quali<br />

sono le priorità da affrontare. Per questo scopo<br />

utilizzeremo non soltanto Vivaverdi e il sito web,<br />

ma ho in programma una serie di incontri con gli<br />

autori e gli editori nelle principali città italiane<br />

per parlare direttamente con loro, ascoltare le<br />

loro esigenze e confrontarsi sui problemi da<br />

risolvere”.<br />

© Foto Giuseppe Ziliotto


VIALE DELLA LETTERATURA 30<br />

GIORGIO ASSUMMA<br />

NUOVO PRESIDENTE DELLA SIAE<br />

Mercoledì 12 ottobre la settima Commissione<br />

(Istruzione, Beni Culturali, Ricerca scientifica,<br />

Spettacolo e Sport) del Senato e la settima<br />

Commissione Cultura della Camera hanno<br />

espresso parere favorevole alla nomina dell’avvocato<br />

Giorgio Assumma, già designato il 20 settembre<br />

dall’Assemblea degli Associati <strong>Siae</strong> alla<br />

presidenza della Società Italiana Autori ed<br />

Editori. Il Presidente della Repubblica Carlo<br />

Azeglio Ciampi, ha poi firmato il Decreto di<br />

nomina. Subito dopo la ratifica parlamentare, il<br />

neopresidente s’è così espresso: “Ora è fondamentale<br />

che la Società operi nella più ampia<br />

autonomia, naturalmente nel rispetto delle leggi<br />

e delle norme”. E a proposito dei suoi primi<br />

impegni, il presidente Giorgio Assumma ha<br />

indicato l’intenzione di voler mettersi al più presto<br />

al lavoro “per riformare lo statuto della<br />

Società italiana Autori ed Editori e la legge sul<br />

diritto d’autore, con la collaborazione delle forze<br />

politiche, nei punti in cui si occupa della <strong>Siae</strong>,<br />

proprio per dare una migliore definizione del<br />

ruolo pubblico”. L’altra priorità segnalata dal<br />

Presidente è racchiusa nell’esigenza “di potenziare<br />

la rete periferica della <strong>Siae</strong>” per “lavorare<br />

meglio, con l’attuale personale, per la tutela economica<br />

dei diritti e garantire dunque più introiti<br />

ad autori ed editori”.<br />

L’avvocato Giorgio Assumma era stato designato<br />

in prima votazione, pressochè all’unanimità (50<br />

voti su 51, una scheda nulla) Presidente della<br />

Società Italiana Autori ed Editori (<strong>Siae</strong>), nel<br />

corso dell’Assemblea della Società svoltasi lo<br />

scorso 20 settembre nella sede di Roma. Nato a<br />

Civitavecchia nel 1935, Giorgio Assumma è uno<br />

tra i più noti studiosi e avvocati di diritto d’autore<br />

e dello spettacolo. Docente all’Università Statale<br />

di Roma III in Diritto dell’Editoria, insegna<br />

anche Diritto dell’Unione Europea<br />

all’Università romana Lumsa. È Presidente<br />

della Fondazione Internazionale Perseus-<br />

Studi Internazionali per le comunicazioni<br />

sociali che, in collaborazione<br />

con l’Università Cattolica di<br />

Milano, è sede di corsi di promozione per gli<br />

autori dell’Audiovisivo. Direttore della collana<br />

“Diritto e Pratica nelle attività culturali informative<br />

e ricreative” dell’editore Cedam, l’avvocato<br />

Assumma è autore, insieme al professor Giuseppe<br />

Corasaniti, del Codice del Diritto e dello Spettacolo,<br />

edito dalla stessa Cedam. È Autore di altri numerosi<br />

testi sul diritto dello spettacolo e sul diritto<br />

d’autore e da sempre ha affrontato temi legati al<br />

mondo della cultura e dello spettacolo.<br />

Nel primo discorso pronunciato a braccio davanti<br />

all’Assemblea della Società che l’aveva designato,<br />

l’avvocato Assumma aveva confessato d’aver<br />

accettato la designazione – dopo qualche<br />

titubanza iniziale – “perché ho pensato<br />

alla <strong>Siae</strong> del passato, ai grandi uomini,<br />

alle grandi battaglie che hanno portato<br />

l’ente a primeggiare e a divenire un<br />

bene della collettività, di tutta la collettività<br />

nazionale, indipendentemente<br />

dalle qualifiche di autori, di editori, di<br />

produttori e questo patrimonio culturale.<br />

Ho pensato, non si può, o meglio<br />

si deve fare di tutto, per evi-<br />

VIVAVERDI<br />

tare che la <strong>Siae</strong> perda la sua autonomia sotto un<br />

ennesimo Commissariamento. Addirittura – mi<br />

si passi l’espressione – che finisca nel cestino<br />

dei rifiuti di un liquidatore, supportando questa<br />

possibilità con il fatto che la legge sul diritto<br />

d’autore, che attribuisce l’esclusiva alla <strong>Siae</strong> nella<br />

riscossione e nella gestione dei Diritti, non è più<br />

in linea con i princìpi dell’Unione Europea, cosa<br />

non vera e che dovremo però comunque contrastare”.<br />

3


VIVAsommario<br />

10<br />

18<br />

S E R V I Z I<br />

40<br />

37<br />

26<br />

30<br />

PERSONAGGI Endrigo, la sua ultima intervista 10<br />

A Sergio 13<br />

Esempio unico di talento puro 14<br />

Sergio faccia di pietra 15<br />

Quanto mi dai se mi sparo 16<br />

AUTORI IN MOSTRA per fortuna ritornano 18<br />

CINEMA A tutto Festival 20<br />

PERSONAGGI Contarello, racconti dal cuore 22<br />

INCHIESTA Editore musicale, una passione lunga un secolo 26<br />

OPERA CONTEMPORANEA Giulietta e Romeo. Riccardo, Pasquale, Verona, l’amore 30<br />

AUTORITRATTI Lauzi, scrivere per 26<br />

ROMAEUROPA FESTIVAL Vent’anni di nomadismo culturale 37<br />

PERSONAGGI Paolini, l’arte di raccontare 40<br />

TELEVISIONE A.A.A. Cercasi autori comici di talento 42<br />

DIALOGHISTI Italiano, lingua di doppiatori 46<br />

DISCOGRAFIA Indipendenti non per caso 58<br />

È un ritratto inconsueto, quello di Sergio Endrigo<br />

che riproduciamo in copertina, nello scatto eseguito<br />

da Mariacristina Di Giuseppe. Ci restituisce<br />

un' idea di sospensione, in un'immagine del cantautore,<br />

come sempre, elegante e colta, che<br />

coniuga la musica con la poesia e la letteratura<br />

italiana e internazionale. L'intervista che pubblichiamo<br />

all'interno è stata raccolta da Michele<br />

Bovi, caporedattore centrale del Tg2, il 28 agosto,<br />

prima della morte. È l'ultima intervista, rilasciata<br />

a Vivaverdi. Una testimonianza e un bilancio<br />

appassionato di oltre cinquant'anni di carriera di<br />

uno dei più celebrato capostipite della canzone<br />

d'autore italiana.<br />

Anno 77 – Nuova serie<br />

Numero 4<br />

Luglio-Agosto 2005<br />

Bimestrale<br />

Direzione, redazione<br />

e amministrazione<br />

Viale della Letteratura, 30<br />

00144 Roma<br />

Centralino: 06.59901<br />

Redazione: 06.5990.2795<br />

Fax: 06.5990.2882<br />

ufficio.editoriale@siae.it<br />

www.siae.it<br />

Direttore responsabile<br />

Alberto Ferrigolo<br />

Comitato editoriale<br />

Linda Brunetta, Gianni Minà<br />

Oscar Prudente, Mimmo Rafele<br />

Coordinamento editoriale<br />

Stefano Micocci<br />

V I V A V E R D I<br />

Redazione<br />

Daniela Caramel,<br />

Antonella Gargiulo (segr. redaz. e ricerca fotografica),<br />

Daniela Nicolai,<br />

Letizia Pozzo<br />

Progetto grafico e impaginazione<br />

B&T Communication Company


LA SIAE AL MIDEM 2006<br />

La Società degli Autori ed Editori, assieme alle associazioni dei produttori discografici Afi, Fimi, Pmi e Scf e<br />

all'Imaie, parteciperà con uno stand, denominato "Italia in musica", alla 40 a edizione del Midem (Mercato<br />

Musicale Internazionale, www.midem.com) che si terrà dal 22 al 26 gennaio 2006 presso il Palais des<br />

Festivals di Cannes. Il Midem è il più importante mercato internazionale in campo musicale. Alla 39° edizione,<br />

l'anno scorso, erano presenti 9.313 partecipanti provenienti da 92 diversi paesi, 4.367 società e 2.140<br />

espositori con 313 stand, per una superficie espositiva totale di 9.083 mq.<br />

Il modulo di iscrizione allo stand si trova alla pagina 78 del Bollettino sociale di questo numero di Vivaverdi.<br />

42<br />

22<br />

R U B R I C H E<br />

VIGNETTA Endrigo visto da Molino 1<br />

SIAE Angelo della Valle è il nuovo Direttore Generale 2<br />

L’avvocato Giorgio Assumma nuovo Presidente 3<br />

VIVANTEPRIME 6<br />

VIVANOVANTANOVENOVITÁ 8<br />

VIVAHANNO DETTO Finanziaria 2006, la lunga notte dello spettacolo 44<br />

VIVADALL’INTERNO <strong>Siae</strong> 2004, un bilancio lusinghiero 48<br />

Musica, fonografico e oltre. I dati <strong>Siae</strong> 2004 50<br />

Assemblea Cisac, diffendersi o attaccare? 52<br />

Fondo solidarietà <strong>Siae</strong>, la fase di studio è conclusa 53<br />

<strong>Siae</strong>-Fapav, intesa antipirateria 54<br />

VIVAGLOSSARIO Il diritto d’autore è morale 55<br />

VIVAEVENTI 56<br />

VIVANELMONDO Sui diritti on-line 59<br />

VIVACONCORSI 60<br />

VIVAINRETE La bibblioteca è on-line 62<br />

ULTIMO APPLAUSO 64<br />

BOLLETTINO SOCIALE 72<br />

58<br />

80<br />

E R R A T A C O R R I G E<br />

In riferimento all’articolo “La vita è tutta un ballo”<br />

pubblicato su Vivaverdi n° 3 (maggio-giugno 2005), si<br />

precisa che l’Autore della canzone Romagna mia è di<br />

Secondo Casadei e non di Raoul Casadei.<br />

A proposito dell’articolo sul maestro Morricone<br />

(Vivaverdi n° 3, maggio-giugno 2005), si precisa che<br />

la direzione artistica del progetto”Io, Ennio Morricone”<br />

era di Lilli Greco. Italo “Lilli” Greco (Sezze Romano,<br />

1934) è un pezzo di storia della musica leggera italiana:<br />

diplomato in pianoforte, è assunto alla Rca Italia<br />

nel 1958, dove lavora ininterrottamente fino al 1989.<br />

In qualità prima di assistente musicale e poi di produttore,<br />

realizza i grandi successi di artisti come Gianni<br />

Meccia, Edoardo Vianello, Rita Pavone, Jimmy<br />

Fontana, i Flippers e Nico Fidenco. Dopo aver curato<br />

alcune storiche incisioni di Patty Pravo, è in prima<br />

linea nella stagione dei cantautori e realizza i primi<br />

dischi di Antonello Venditti, Francesco De Gregori<br />

prodotti dalla It e poi dalla Rca, e di Paolo Conte. La<br />

lista delle canzoni alla cui realizzazione ha preso<br />

parte è infinita e va da La partita di pallone a I<br />

Watussi, da Il barattolo a Sapore di sale, da Io che<br />

amo solo te a Il mondo, da Che sarà ad<br />

Abbronzatissima, da La bambola a Tripoli 1969, da<br />

Pazza idea a Roma capoccia, da Niente da capire a<br />

Mexico e nuvole, da Ogni volta a Via con me.<br />

COVERMEDIA<br />

web: www.covermedia.com<br />

www.covermedia.info<br />

e-mail: cover@covermedia.com<br />

cover@covermedia.info<br />

Stampa<br />

Web color Srl<br />

Loc. Le Campora<br />

67038 Oricola (Aq)<br />

Registrazione alla Cancelleria del Tribunale<br />

di Roma n. 234 del 24.7.1948<br />

Questo giornale è pubblicato ai sensi della<br />

normativa della <strong>Siae</strong> e del Regolamento per<br />

l’esecuzione della legge 22 aprile 1941, n. 633,<br />

approvato con R. D. 18 maggio 1942, n. 1369<br />

Di questo numero sono state distribuite<br />

80.600 copie<br />

Chiuso in tipografia il 25 ottobre 2005<br />

Hanno collaborato a questo numero:<br />

Luca Barbarossa, Michele Bovi, Linda Brunetta,<br />

Daniela Caramel, Comitato di studio per le<br />

problematiche del Fondo di Solidarietà,<br />

Linda De Sanctis, Daniela d'Isa, Stefania<br />

Ercolani, Lisa Ginzburg, Giorgio Gosetti,<br />

Ugo Gregoretti, Bruno Lauzi, Sapo Matteucci,<br />

Stefano Micocci, Franco Migliacci, Gianni Minà,<br />

Franco Montini, Daniela Nicolai, Liliana Palermo,<br />

Vanessa Polselli, Letizia Pozzo,<br />

Giancarlo Pressenda, Oscar Prudente,<br />

Mimmo Rafele, Alberto Testa, Giuseppe Ziliotto<br />

In riferimento alle immagini pubblicate, l’editore<br />

e la direzione di Vivaverdi dichiarano la propria<br />

disponibilità all’assolvimento dei diritti di<br />

riproduzione per gli eventuali aventi diritto<br />

che non è stato possibile accertare<br />

Distribuzione gratuita<br />

P U B B L I C I T A ’<br />

F O T O C R E D I T I


VIVAanteprime<br />

a cura di Letizia Pozzo<br />

INCENDIO SCELSIANO NELLA CAPITALE<br />

Tra il 6 ottobre e il 14 maggio un Festival ricorda<br />

Giacinto Scelsi (1905-1988). In tutta Roma saranno<br />

eseguite le musiche del più mistico dei compositori italiani.<br />

Appassionato delle filosofie orientali Scelsi cercò<br />

lo spirito del suono. Sarà possibile ascoltare le sue<br />

composizioni in numerosi concerti all’Auditorium Parco<br />

della Musica, a Santa Cecilia, a Villa Medici,<br />

all’Università La Sapienza, al Teatro dell’Opera,<br />

all’Accademia americana. In programma un convegno<br />

sulla figura del musicista, pittore e poeta, dal titolo Tre<br />

per Scelsi, il 9, 10 e 11 dicembre all’Auditorium del<br />

Goethe Institut di Roma. Ogni serata un’esecuzione<br />

musicale. Per informazioni: www.scelsi.it<br />

ALLA CASA DEL CINEMA ARTE<br />

E DOCUMENTARI<br />

Incontri con registi italiani e stranieri alla Casa del cinema<br />

di Roma. Tra gli incontri è da segnalare il 14 dicembre<br />

quello con i fratelli Taviani e una rassegna speciale<br />

sul documentario da gennaio. Dal 25 al 27 novembre<br />

2005 si svolge la quarta edizione di Neverland -<br />

percorsi al digitale, tre giorni d’incontri internazionali e<br />

proiezioni (dalle ore 16 alle ore 24, ingresso gratuito)<br />

sulle tecnologie digitali nei mestieri dell’arte e della<br />

comunicazione. Curata da Enzo Aronica, la manifestazione<br />

è l’occasione per indagare se, come e quanto la<br />

tecnologia digitale sia in grado di incontrare le moderne<br />

arti visive. È una “bottega di idee” con incontri internazionali,<br />

occasione per anteprime, proiezioni, presentazioni<br />

di libri, di nuove iniziative e curiosità dal mondo.<br />

CANZONI INEDITE<br />

DA TUTTO IL MONDO<br />

IN CILE<br />

Un teatro all’aperto,<br />

un’arena con il respiro<br />

mondiale della musica di<br />

tutto il mondo, è lo scenario<br />

della XLVII edizione<br />

del Festival della canzone,<br />

il 26 e 27 febbraio 2006 a Viña del Mar (Cile).<br />

Sono selezionate canzoni inedite o pubblicate dopo il<br />

1° marzo 2005 provenienti da tutto il mondo. Viene<br />

scelta una sola canzone per ciascun Paese. Il Festival<br />

vuole incoraggiare la creatività degli autori e compositori<br />

di musica popolare e incentivare lo sviluppo e lo<br />

scambio culturale tra i partecipanti. Per informazioni:<br />

www.canal13.com<br />

EFFETTI SPECIALI AL FUTURE FILM FESTIVAL<br />

DI BOLOGNA<br />

L’ottava edizione del Future Film Festival (Bologna 18-<br />

22 gennaio 2006) è dedicata all’animazione e agli<br />

effetti speciali al servizio dell’arte. Il programma del<br />

Festival, diretto da Giulietta Fara e Oscar Cosulich, si<br />

annuncia più ricco, con più incontri, più retrospettive<br />

ed eventi speciali dedicati all’universo digitale. Tra gli<br />

avvenimenti sarà proposto un incontro con una scuola<br />

d’animazione europea. I docenti avranno la possibilità<br />

di far conoscere la struttura in cui operano, favorendo<br />

uno scambio culturale tra i diversi paesi.<br />

LA PIÙ GRANDE ORCHESTRA GIOVANILE<br />

AL DISMA DI RIMINI<br />

Scuola Musicafestival, la manifestazione di riferimento<br />

per chi fa musica a scuola, è giunta al suo<br />

sesto anno di vita (11-13 marzo 2005). A Rimini,<br />

all’interno del Disma Music show, sarà possibile<br />

ascoltare la più grande orchestra giovanile del<br />

mondo con oltre 1.300 elementi provenienti da<br />

ogni regione d’Italia. La nuova edizione propone<br />

una nuova sezione interamente dedicata alla musica<br />

elettronica. Il Premio Net Music 1.0 è indirizzato<br />

a tutte le scuole che si occupano di musica realizzata<br />

con strumenti informatici. La sezione “ricerca”<br />

verrà aperta per la prima volta anche alle scuole<br />

del Secondo Ciclo.<br />

COMENCINI E METHA AL TEATRO DEL MAGGIO<br />

Dopo il debutto italiano di Carlo Ponti jr (nella foto),<br />

il Maggio musicale fiorentino punta su Verdi con una<br />

delle sue opere più amate, La traviata. È in programma<br />

dal 25 novembre al 9 dicembre e segna<br />

l’esordio a Firenze del direttore d’orchestra italiano<br />

Renato Palombo. La regia è di Cristina Comencini.<br />

Dal 20 al 31 gennaio torna lo spettacolo cult del<br />

maggio musicale Turandot di Puccini diretto da<br />

Zubin Metha con l’allestimento di Zhang Yimou, il<br />

regista cinese di Lanterne rosse. Per i 250 anni<br />

dalla nascita di Mozart sono in cartellone concerti<br />

di Abbado e Muti. Marzo vedrà anche il debutto, al<br />

Teatro Comunale, di Andrea Boccelli in un concerto<br />

diretto da Steven Mercurio. Nel periodo natalizio<br />

l’appuntamento con la danza vede protagonista<br />

Roberto Bolle nella tragedia di Romeo e Giulietta su<br />

musica di Riz Ortolani.<br />

PIÙ LIBRI PIÙ LIBERI TRA ROMA E TORINO<br />

Delle circa 50 mila novità editoriali prodotte ogni anno<br />

in Italia solo 3 mila sono facilmente reperibili nelle librerie,<br />

best seller editi da case editrici che possono giovarsi<br />

di campagne di promozione molto incisive. Per<br />

creare una vetrina di tutte le altre novità editoriali è<br />

nata l’idea di Più libri più liberi, la Fiera nazionale della<br />

piccola e media editoria che da 3 anni si svolge a<br />

Roma al Palazzo dei Congressi dell’Eur, dall’8 all’11<br />

dicembre. Sarà possibile consultare oltre 150.000<br />

volumi. E gli 8 spazi, dal Caffé letterario a quello dei<br />

Ragazzi fino alle sale per le conferenze, offriranno un<br />

palinsesto di convegni, incontri, presentazioni e performance.<br />

L’edizione 2005 sarà teatro della presentazione<br />

del programma di Torino capitale mondiale del libro<br />

con Roma.


© Werner Maresch<br />

A PARMA SUONI CORSARI<br />

Si rialza il sipario sulla X edizione del festival internazionale<br />

Parma Jazz Frontiere (16, 17, 18 dicembre,<br />

Teatro al Parco). La kermesse musicale, organizzata<br />

dall’Associazione culturale ParmaFrontiere, conferma<br />

la capacità di essere un evento-laboratorio, terreno<br />

d’incontro di artisti e “cantiere” per dare vita a nuove<br />

creazioni. Il programma propone ospiti come Misha<br />

Alperin (Russia), John Taylor (Inghilterra), Sylvain<br />

Kassap e Hélène Labarrière (Francia), Pino Minafra<br />

Sud Ensemble (Italia). Sarà dato spazio anche alle produzioni<br />

originali con il concerto Suoni Corsari - Appunti<br />

a Pier Paolo Pasolini e il Progetto Sarabanda con i<br />

complessi bandistici diretti dal M° Marco Remondini<br />

(www.parmafrontiere.it).<br />

ADA GENTILE IN GIAPPONE<br />

Dopo i concerti di fine ottobre, la compositrice Ada<br />

Gentile sarà a Kagoshima (Giappone) il 9 novembre,<br />

per eseguire nella stagione dei concerti dell’Università<br />

il brano Come dal nulla (per clarinetto basso), poi l’11<br />

novembre all’Università di Cosenza, il 12 novembre, a<br />

Roma al Goethe Institut, il 18 Dicembre al Parco della<br />

Musica, Sala Sinopoli.<br />

NATALE CON IL PRESEPE VIVENTE<br />

DI BOLLANI E RIONDINO<br />

I pensieri delle statue di un presepe vivente diventano<br />

canzoni in un singolare spettacolo, La cantata dei pastori<br />

immobili,messo in scena da David Riondino e Stefano<br />

Bollani. Il primo si è occupato del testo e sarà sul palco<br />

in veste di narratore; il secondo è l’autore delle musiche<br />

che eseguirà al pianoforte. Il 20 dicembre lo spettacolo<br />

è in programma al Teatro Comunale di Russi (Ra), il 21<br />

Dicembre al Teatro comunale di Marmirolo (Mn), il 29<br />

Dicembre a Porto San Giorgio (Ap).<br />

FAENZA: I NOMADI AL MEI 2005<br />

I Nomadi, Domenico Procacci con la Fandango e<br />

Red Ronnie sono tra le conferme del Mei 2005 che<br />

si terrà a Faenza il 26 e 27 novembre con anteprima<br />

il 25 sera al Teatro Masini. Verranno assegnati<br />

nell’edizione 2005: “Premio Italiano Musica<br />

Indipendente”, “Premio per il Miglior Videoclip<br />

Indipendente”, assegnati attraverso una giuria di<br />

giornalisti, e il premio “Fuori dal Mucchio” per il<br />

miglior album di esordio e i premi per il videoclip<br />

“Videoclipped The Radio Stars” e “AudioCoop”. Il<br />

Mei, giunto alla nona edizione, è l’avvenimento più<br />

importante per la musica indipendente italiana con<br />

25 mila presenze, 300 espositori e 400 artisti dal<br />

vivo, un appuntamento per il mantenimento e la diffusione<br />

della “cultura” indipendente. Numerosi i<br />

convegni sullo sviluppo della musica. Informazioni:<br />

mei@lamiarete.com (infoline 0546.646012) o<br />

www.audiocoop.it<br />

FESTIVAL DELLA SCIENZA A GENOVA<br />

La terza edizione del Festival della Scienza, che si svolge<br />

dal 27 ottobre all’8 novembre a Genova, si occupa<br />

delle “frontiere” della ricerca contemporanea, dalla fisica<br />

(di particolare attualità per le celebrazioni del centenario<br />

einsteniano) alle neuroscienze. Cervello,<br />

coscienza, memoria, sogni, emozioni raccontati da un<br />

neurofisiologo, sulla base di una profonda conoscenza<br />

delle cellule nervose, sono messi in scena da Lella<br />

Costa in una conferenza-spettacolo intitolata Neuroni e<br />

anima. L’attrice ricorda la frase di Einstein: “La mente<br />

che si apre a una nuova idea non ritorna mai alla<br />

dimensione precedente”.<br />

VIVAVERDI<br />

7<br />

TIME ZONE, LA VIA DELLE MUSICHE POSSIBILI<br />

La ventesima edizione del festival di musica contemporanea<br />

Time Zone, sulla via delle musiche possibili”,<br />

si terrà a Bari tra il 28 ottobre e il 29 novembre. Oltre<br />

alla presentazione di Insen, raffinato saggio multimediale<br />

sulla ricerca di suono puro nell’intersezione dell’impianto<br />

classico con il pianoforte di Ryuichi<br />

Sakamoto e “macchine elettroniche” di Alva Noto, è da<br />

segnalare l’incontro di Giovanni Sollima con Mauro<br />

Pagani. Tra i meriti della manifestazione, aver unito<br />

percorsi di ricerca disomogenei che hanno contribuito<br />

a ridefinire la geografia dei generi musicali distinti ed<br />

ingabbiati negli anni 80.<br />

GIOVANNI ALLEVI A NEW YORK<br />

Il compositore e pianista marchigiano Giovanni Allevi<br />

sarà il 18 novembre in concerto alla Casa del Jazz a<br />

Roma, mentre il 3 dicembre si esibirà nella Sala Verdi<br />

del Conservatorio di Milano. Ma queste due date<br />

sono solo un’anticipazione del tour vero e proprio,<br />

che vedrà Allevi suonare in Italia e all’estero dal gennaio<br />

del 2006. È già fissata anche la data del 15<br />

maggio 2006, in cui Giovanni Allevi, dopo il successo<br />

ottenuto nel marzo di quest’anno, ritornerà a suonare<br />

al Blue Note di New York. Saranno proposti i brani<br />

del suo ultimo disco per pianoforte No Concept


VIVAnovantanovenovità<br />

a cura di Daniela Caramel<br />

LUCA NESTI<br />

LA GENERAZIONE<br />

DI BEPPE MOLLISI<br />

Number One<br />

Studio<br />

Siciliano di origine<br />

ma lodigiano di adozione,<br />

il cantautore<br />

Beppe Mollisi ha realizzato<br />

Generazione,<br />

il suo quarto album.<br />

Il disco contiene sei canzoni che parlano di storie<br />

personali e di affetti familiari e trattano tragedie<br />

della nostra epoca. Disco ricco di contenuti e di<br />

sentimenti tradotti in musica.<br />

BR<strong>UN</strong>O LAUZI<br />

IL CASO DEL<br />

POMPELMO<br />

LEVIGATO<br />

Bompiani<br />

Un noir surreale<br />

segna l’esordio<br />

letterario di Bruno<br />

Lauzi. In un racconto<br />

dove il rapporto<br />

spazio-tempo è inesistente,<br />

strani protagonisti,tratteggiati<br />

con ironia, si<br />

avventurano alla<br />

ricerca di una pietramisteriosamente<br />

scomparsa. L’autore li accompagna lungo un<br />

percorso in cui si alternano spunti filosofici intrisi<br />

di humor, nonsense, riferimenti a personaggi reali,<br />

per sorprendere con il gusto dell’irrazionale e<br />

strappare un sorriso.<br />

GIANNA NANNINI<br />

IO<br />

Rizzoli<br />

Gianna Nannini racconta<br />

sé stessa con lo<br />

stile abituale: grintoso,<br />

sincero, irrequieto,<br />

sempre coerente e<br />

ricco d’umanità. Senza<br />

falsi pudori o falsi<br />

moralismi, l’autrice<br />

racconta l’infanzia di<br />

bambina ribelle dall’istinto<br />

fuggiasco, della<br />

sua vocazione artistica,<br />

dei successi e dell’impegno<br />

sociale. Ma racconta anche le cadute, le<br />

profonde sofferenze, la forza di rialzarsi e ricominciare<br />

a vivere. Io è il ritratto di una donna e di<br />

un’artista che non ha mai tradito sé stessa: emozioni<br />

forti e un messaggio d’amore universale.<br />

HO CAMBIATO IDEA<br />

Camion<br />

Sony Music<br />

Ho cambiato idea è il<br />

secondo album di Luca<br />

Nesti, un disco in cui il cantautore<br />

toscano racconta<br />

con spontaneità vita ed<br />

emozioni. I 13 brani dell’album spaziano dalla protesta<br />

ai sentimenti, musica rock alternata a brani<br />

melodici, voce calda e intensa. Sostiene l’artista:<br />

“Canzoni che esprimono l’urgenza di non restare<br />

indifferenti, né davanti all’amore né davanti all’ingiustizia”,<br />

dove cambiare idea significa non accettare<br />

di venire omologati dalla banalità del quotidiano.<br />

ANTONIO<br />

RANALLI<br />

NOMADI<br />

Editori Riuniti<br />

I Nomadi, gruppo<br />

che ha fatto la storia<br />

della canzone<br />

italiana, protagonisti<br />

della rivoluzione<br />

culturale degli<br />

anni ’60, precursori<br />

della canzone di<br />

impegno politicosociale,<br />

punto di<br />

riferimento del<br />

rock italiano, sono<br />

tuttora esponenti<br />

di spicco della musica contemporanea. Il volume<br />

percorre i quarant’anni della loro carriera e ne racconta<br />

la storia attraverso l’analisi di tutti i dischi e<br />

molte testimonianze, senza trascurare esperienze<br />

umane e sociali, le iniziative di solidarietà che<br />

compongono un album dei ricordi.<br />

LUIGI GIACHINO<br />

IMMAGINANDO<br />

IN MUSICA<br />

Cartman<br />

Luigi Giachino, musicista<br />

torinese, dopo diverse<br />

esperienze di composizione<br />

libera si è dedicato al<br />

teatro, agli audiovisivi, alla<br />

Tv. Questo testo, prefato<br />

da Luis Bacalov, è stato<br />

scritto con l’intendimento<br />

di creare un legame tra il mondo musicale e quello<br />

dell’immagine, tradizionalmente distanti se non<br />

addirittura in conflitto. A metà tra uno strumento<br />

di studio e un manuale di consultazione.<br />

IL MONDO DI BINDI<br />

IN <strong>UN</strong> OMAGGIO POSTUMO<br />

Associazione Culturale Il Mio Mondo/Imaie<br />

Umberto Bindi, artista scomodo nel panorama culturale<br />

della musica italiana quanto compositore sensibile,<br />

raffinato e innovativo, ha pagato con l’emarginazione<br />

le proprie scelte. Per ricordare il suo talento e<br />

le emozioni che le sue canzoni trasmettono, è stato<br />

realizzato Davanti all’orizzonte, un album che contiene<br />

il live di tre dei suoi brani più celebri, l’inedito che<br />

dà il titolo al disco ed altri pezzi interpretati dagli<br />

Armonium. Un modo per restituirgli il posto che gli<br />

spetta nella storia della canzone d’autore italiana.<br />

MICHELE PIERACCINI<br />

PRONTO A SPICCARE<br />

IL VOLO<br />

Ichnosound<br />

Avere una voce rassomigliante<br />

a quella di un<br />

“grande” può rappresentare<br />

un biglietto da visita,<br />

ma anche trasformarsi in<br />

handicap. Con affetto e una buona dose di autoironia,<br />

Michele Pieraccini prende le distanze dal suo ispiratore,<br />

Renato Zero, e tenta di librarsi con un disco<br />

dal titolo emblematico, In volo. Dodici tracce per un<br />

artista che vuole dimostrare autonomia e identità.<br />

FRANCO MONTINI,<br />

PIERO SPILA<br />

<strong>UN</strong> ATTORE<br />

CONTRO:<br />

GIAN MARIA<br />

VOLONTE’<br />

RIZZOLI<br />

La figura di Gian Maria<br />

Volonté viene ricordata,<br />

a dieci anni dalla<br />

scomparsa, con un<br />

libro ed un Dvd (realizzato<br />

da Ferruccio<br />

Marotti) che ne ripercorrono<br />

la carriera artistica<br />

e raccolgono<br />

contributi e testimonianze<br />

di vari artisti,<br />

con un’intervista inedita con Adriano Sofri. Riemerge<br />

il ritratto di un uomo integerrimo, alieno da ogni compromesso,<br />

sempre “contro” ogni forma di emarginazione<br />

e ingiustizia. Artista “scomodo” che ha fatto<br />

dell’arte la ragione del suo impegno sociale e dell’impegno<br />

sociale la sua ragione di vita, mito che ha partecipato<br />

intensamente a una stagione difficile di<br />

un’Italia in trasformazione, punto di riferimento e<br />

maestro di vita la cui scomparsa prematura ha lasciato<br />

un grande vuoto nel panorama culturale italiano.


IRRIDUCIBILMENTE<br />

LOREDANA<br />

Edel Italia Srl<br />

Dopo una lunga assenza, Loredana Bertè torna a<br />

far sentire la propria voce. Il suo nuovo album,<br />

Babybertè, contiene 13 tracce i cui testi, ad eccezione<br />

delle tre cover, sono stati tutti scritti dalla<br />

cantante. Loredana ha registrato il disco “come si<br />

faceva una volta”, senza l’ausilio del digitale che fa<br />

perdere immediatezza e grinta, perché “il rock –<br />

sostiene – non è un’accozzaglia di suoni, ma un<br />

modo di essere, di stare al mondo”. Babybertè è<br />

dedicato “a tutti quelli che ancora credono nell’entusiasmo<br />

e nei poteri forti della musica”: canzoni<br />

da cui traspaiono rabbia e ricordi dolorosi, ma<br />

anche desiderio di ricominciare.<br />

<strong><strong>UN</strong>A</strong> NINFA DANZA<br />

CON LA POESIA DI<br />

TENCO<br />

Egea<br />

La poesia di cui era permeato<br />

l’universo musicale<br />

di Luigi Tenco si<br />

ripropone creando<br />

nuove emozioni, grazie<br />

alla riscoperta di alcuni<br />

manoscritti di cui la famiglia dell’artista scomparso<br />

nel 1967 ha concesso la pubblicazione. Nasce così<br />

Danza di una ninfa, album che, oltre ai brani più<br />

amati del suo repertorio, contiene quattro testi inediti<br />

di Luigi Tenco, che due sensibili musicisti jazz, Ada<br />

Montellanico ed Enrico Pieranunzi, hanno interpretato<br />

creandone anche le musiche. Intatta l’essenza dell’indimenticabile<br />

cantautore genovese.<br />

VINCENZO<br />

MOLLICA<br />

PRATT & CORTO<br />

Einaudi<br />

A dieci anni dalla<br />

scomparsa di<br />

Hugo Pratt,<br />

Vincenzo Mollica<br />

dedica all’amico,<br />

ideatore del mitico<br />

Corto<br />

Maltese, un libro<br />

di ricordi in cui<br />

racchiude interviste,<br />

disegni inediti,<br />

testimonianze<br />

e omaggi di<br />

amici e colleghi.<br />

Si delinea così il<br />

ritratto di un grande disegnatore che, attraverso il<br />

suo personaggio più famoso, ha reso indimenticabili<br />

i luoghi visitati nel corso dei suoi viaggi trasmettendo<br />

il senso dell’amore e della libertà che<br />

nascono dalla fantasia, dal desiderio di conoscenza<br />

e dallo spirito di avventura.<br />

FRANCESCA MUSUMECI<br />

PISANI – <strong>UN</strong> POETA PER COMPAGNO<br />

Cuecm<br />

Il gesto d’amore di una donna per il compagno<br />

d’una vita: raccogliere i versi più significativi di<br />

Raffaele Pisani, un poeta che ha fatto della poesia<br />

“l’unica vera ragione di vita”. Le opere mettono in<br />

risalto la personalità dell’autore, la musicalità della<br />

poesia dialettale partenopea, la continuità ideale<br />

con E. A. Mario e Salvatore Di Giacomo: un messaggio<br />

per comunicare l’amore per le tradizioni e<br />

l’identità culturale della propria terra, vera ricchezza<br />

da tramandare alle nuove generazioni.<br />

ENZO JANNACCI<br />

PAROLE E<br />

CANZONI<br />

Einaudi<br />

Un libro e un Dvd,<br />

curati da Vincenzo<br />

Mollica, offrono una<br />

panoramica dell’universo<br />

musicale di<br />

Enzo Jannacci. Il<br />

libro, Poetastrica, è<br />

un canzoniere ragionato<br />

raccolto dallo<br />

stesso artista, arricchito<br />

da suoi scritti<br />

originali, mentre nel<br />

Dvd sono racchiuse<br />

le registrazioni di alcune delle più significative interpretazioni,<br />

molte delle quali tratte dalle sue apparizioni<br />

televisive. Dal teatro cabarettistico alla canzone<br />

d’autore, l’opera è un percorso attraverso la<br />

carriera di un artista poliedrico che, col suo fare<br />

ironico e surreale, ha fatto sorridere, commosso e<br />

lanciato spunti di riflessione sulle vicende umane.<br />

GI<strong>UN</strong>I RUSSO,<br />

INDIMENTICABILE<br />

VOCE<br />

Nar International<br />

Voce intensa, tonalità<br />

sublimi, toccante<br />

e struggente spiritualità.<br />

A un anno<br />

dalla scomparsa,<br />

Giuni Russo viene<br />

ricordata con la<br />

pubblicazione di un<br />

cofanetto contenente<br />

il Dvd del concerto<br />

registrato il 10<br />

settembre 1984,<br />

nell’ambito del “Mediterranea Tour”, e la riedizione<br />

dell’album A casa di Ida Rubinstein, quello che segnò<br />

la svolta della sua carriera e la sua scelta di un linguaggio<br />

che conciliava musica colta e popolare.<br />

Omaggio postumo alla donna e all’artista che collaborò<br />

con Franco Battiato, il quale ne ricorda “il talento<br />

naturale”.<br />

VIVAVERDI<br />

9<br />

LAVIA – FERRAZ<br />

DALL’ARGENTINA<br />

AL BRASILE<br />

autoproduzione<br />

www.sergiolavia.com - www.dileneferraz.com<br />

L’allegra malinconia della musica latinoamericana, il<br />

ritmo coinvolgente, l’esaltazione del suono degli strumenti<br />

e della chitarra in particolare, fanno da sfondo<br />

all’album De Argentina ao Brasil, di Sergio Fabian<br />

Lavia e Dilene Ferraz. I due artisti hanno rielaborato<br />

brani tradizionali e inserito musiche d’autore e pezzi<br />

scritti da loro stessi: le loro voci si fondono con la<br />

musicalità dei testi e l’armonia delle note che richiamano<br />

la cultura latinoamericana.<br />

TUFFO NEL PASSATO<br />

CON LE MUSICHE<br />

DEI FRATELLI PANZUTI<br />

Music Media<br />

Music Scene<br />

I nomi di Dante e Virgilio<br />

Panzuti (quest’ultimo<br />

deceduto da un decennio)<br />

sono legati ad alcuni<br />

tra i più celebri esponenti<br />

del mondo della musica<br />

italiana (Natalino Otto,<br />

Vittorio Paltrinieri, Gorni<br />

Kramer, solo per citarne<br />

alcuni), rappresentativi<br />

dell’evoluzione musicale<br />

tra gli anni ’40 e ’50. Dai<br />

78 giri dell’epoca, gelosamente<br />

custoditi, Dante<br />

Panzuti ha voluto riprodurre<br />

in tre Cd i brani e<br />

le esecuzioni più significative,<br />

per tramandare<br />

emozioni, speranze e<br />

memoria di un periodo e<br />

di un patrimonio entrato<br />

a pieno titolo nella storia<br />

della canzone italiana.<br />

Con una piccola dimenticanza<br />

(eccesso di modestia):<br />

manca il brano<br />

Aprite le finestre, che nel<br />

1956 vinse Sanremo.<br />

IL NUOVO AUTORITRATTO<br />

DELLA ROCKSTAR DI CORREGGIO<br />

Warner Music Italia<br />

Nome e cognome, settimo album di inediti di Luciano<br />

Ligabue, esprime l’unicità che ogni individuo porta<br />

con sé così come l’unicità del cantante che si esprime<br />

attraverso la sua arte. Ligabue, che in ogni disco<br />

ha raccontato una parte di sé, anche questa volta<br />

mette a nudo la sua anima, con i cambiamenti portati<br />

dal tempo e con tutta la sincerità e la forza trainante<br />

del rock. Dieci tracce di sentimenti e ricordi ma,<br />

soprattutto, di immenso amore per la vita che non va<br />

mai presa “né poco né troppo sul serio”.


VIVAVERDI<br />

10<br />

personaggi<br />

SERGIO ENDRIGO/L’ULTIMA INTERVISTA<br />

L’UOMO CHE NON RIDE<br />

È <strong>UN</strong> POETA FELICE<br />

di Michele Bovi<br />

Al manifesto de L’Uomo che Ride di Victor<br />

Hugo, una mano anonima aggiungeva un<br />

“non”. E quell’Uomo che Non Ride era l’incipit<br />

della scenetta. Alighiero Noschese, il caposcuola<br />

inarrivabile di tutti i Max Giusti, Max Tortora,<br />

Maurizio Crozza, aveva fatto di Sergio Endrigo<br />

una delle macchiette più gettonate del suo<br />

repertorio. Lo imitava rasentando la perfezione<br />

senza nemmeno ricorrere a trucchi speciali,<br />

sporgendo in avanti il mento come il don Vito<br />

Corleone di Brando, l’espressione mesta, la<br />

fronte corrugata e gli occhi socchiusi, circondato<br />

da ballerine abbigliate a lutto e singhiozzanti,<br />

lui vestito di nero sibilava un po’ le “esse” e<br />

parafrasava “Lontano dagli occhi” intonando:<br />

“…non fate le corna, non fatemi torto, jella non<br />

porto ma rider non so”.<br />

E Sergio Endrigo masticava amaro: non sopportava<br />

quell’imitazione ma neanche si azzardava<br />

ad intervenire per lo scrupolo di frapporre<br />

censure e limitazioni al lavoro di un altro<br />

artista. Poi la goccia fatidica sopra il livello di<br />

guardia. “Nell’ennesima parodia televisiva –<br />

racconta Endrigo – la canzone presa di mira<br />

diventò “Ci vuole un fiore” e sempre circondato<br />

da ballerine in vedovanza, Noschese mi rappresentò<br />

cantando: “Per far la bara, ci vuole il<br />

morto”. Troppo! Con me in quel momento c’era<br />

Sergio Bernardini, il patron della Bussola in<br />

Versilia. Sapevo che qualche sera dopo avrebbe<br />

ospitato proprio Noschese. “Digli che se riprova<br />

a dipingermi come il protagonista della<br />

Patente di Pirandello appena lo incontro gli<br />

spacco la faccia!” E da quel giorno Alighiero…<br />

dimenticò di inserirmi nel suo repertorio…”<br />

Paura della nomea di menagramo?<br />

Terrore. Per un artista equivale alla morte civile.<br />

Un mio zio compositore di sinfonie incantevoli<br />

era stato praticamente messo al bando per una<br />

diceria del genere, ovviamente alimentata da<br />

concorrenti di scarso talento ma di spietata<br />

determinazione. Ricordo una volta in uno studio<br />

di registrazione della Rca che qualcuno lo nominò<br />

e subito un fonico si esibì nel più volgare dei<br />

gesti di scongiuro, incassando una raffica di<br />

improperi da parte mia.<br />

Mia Martini pagò una parcella terribile per gli<br />

effetti di quella maledizione…<br />

Uno stato di emarginazione totale: impresari,<br />

discografici, colleghi, molti sogghignavano partecipando<br />

a quel gioco circolare di calunnie dettagliate,<br />

altri si dimostravano realmente impauriti<br />

dal contatto anche soltanto visivo con quella<br />

povera ragazza marchiata come dispensatrice di<br />

calamità.<br />

Lei cosa fece per aiutarla?<br />

Restavo fuori dal coro e insultavo i coristi quando<br />

mi capitavano a tiro. Cercavo di trasmetterle soli-<br />

Foto Mariacristina Di Giuseppe<br />

Il maestro Jaques Brel e gli altri modelli della chanson francese; la squadra Ricordi con il<br />

centravanti Gino Paoli: le nozze magiche tra melodia e testo da Tajoli a De Gregori; i<br />

profili retorici e reali delle muse ispiratrici Teresa, Maddalena e Annamaria. Il bilancio<br />

sereno e appassionato di oltre 50 anni di carriera nell'ultima intervista con il più<br />

celebrato capostipite della canzone d'autore italiana, scomparso l’8 settembre e<br />

registrata per Vivaverdi il 28 agosto<br />

darietà, l’affetto per l’essere umano fragile, la<br />

stima per l’artista tangibile. La invitai a partecipare<br />

ad un mio progetto discografico: un album<br />

di canzoni venete in cui lei cantò due brani:<br />

Cecilia e Donna Lombarda. Al ritorno da uno dei<br />

miei periodici viaggi in Brasile le feci conoscere<br />

una canzone che sembrava scritta per la sua voce:<br />

Milho Verde. Le piacque, la incise: un’esecuzione<br />

soave e delicata come una farfalla rosa.<br />

Le chiacchiere sulla sfortuna non hanno coinvolto<br />

Sergio Endrigo, forse per la sua tempestività<br />

nell’intervenire su Noschese o forse perché<br />

quell’imitazione era così esilarante da palesare<br />

l’innocenza di contenuti e intenzioni. Ma l’immagine<br />

di artista e anche di uomo malinconico<br />

è sua compagna da sempre: per quei brani così<br />

intensi pur nella leggerezza della musica pop,<br />

per quelle interpretazioni così misurate nella<br />

compostezza scenica e melodica, per quei testi<br />

così garbatamente introspettivi pur nelle marcette<br />

per bambini sagaci. Cinquant’anni fa, al<br />

suo esordio, Sergio Endrigo per il pubblico di<br />

tutte le età era già un adulto.<br />

“Quando nel 1968 vinsi il Festival di Sanremo


Foto Mariacristina Di Giuseppe<br />

VIVAVERDI<br />

11


VIVAVERDI<br />

12<br />

personaggi Foto<br />

con Canzone per te il settimanale Epoca mi<br />

dedicò la copertina. La didascalia recitava:<br />

‘Trionfa a Sanremo un vecchio signore’. Avevo<br />

35 anni. Ma anche alcuni colleghi hanno talvolta<br />

espresso giudizi curiosi sul mio aspetto.<br />

Ricordo una simpatica e bella cantante che mi<br />

disse: sembri un ingegnere più che uno di noi.<br />

E Adriano Celentano commentò a Sanremo nel<br />

1970: sembri un cowboy tra i grattacieli ” .<br />

L’uomo Endrigo è effettivamente una persona<br />

seria, coerente, rigorosa e non di rado spigolosa.<br />

L’artista è quanto di meglio il nostro paese<br />

sia riuscito a produrre nell’ultimo mezzo secolo<br />

di canzoni d’autore. Un adulto – anche quando<br />

anagraficamente non lo era – che però ha sempre<br />

affascinato i giovani, un artista dal target<br />

transgenerazionale: Io che amo solo te nel 1963<br />

fece sognare e innamorare eserciti di ragazzini e<br />

sbarbine, ma quel 45 giri conquistò anche i loro<br />

genitori e i genitori dei genitori, più di Oscar<br />

Carboni, più di Alberto Rabagliati. “È vero,<br />

negli anni ’60 mi rivolgevo a tutto il pubblico,<br />

dai minori di 16 agli ultrasessantenni. Non c’era<br />

distinzione nella proposta musicale. E non mi<br />

riferisco soltanto alle mie proposte, ma anche a<br />

quelle di Paoli, di Gaber, di Meccia, di tutti gli<br />

altri cantautori, di compositori-cantanti come<br />

Fidenco e Vianello. Oggi l’industria fabbrica<br />

offerte per giovani a spettro ridotto, che producono<br />

steccati, che ritardano o arrestano la crescita<br />

culturale”.<br />

Meriti e colpe dei discografici, un tempo audaci<br />

e illuminati, oggi miopi e tremebondi…<br />

Luoghi comuni con tante verità e parecchie eccezioni.<br />

Ho incontrato anche a quell’epoca ostacoli:<br />

il direttore delle vendite della Rca, Pulvirenti, era<br />

contrario all’uscita di Io che amo solo te perché<br />

reputava l’introduzione orchestrale eccessivamente<br />

lunga e raffinata: troppi archi, poca ritmica.<br />

Ma io ho sempre detestato la batteria!<br />

Ostacoli comunque superati…<br />

Sì, i discografici di quegli anni erano abbastanza<br />

rispettosi della volontà dell’artista: tante proposte,<br />

molti suggerimenti, rarissime imposi-<br />

zioni. C’era dialogo continuo che spesso si trasformava<br />

in dibattito allargato ad altri colleghi.<br />

Alla Ricordi facevo ascoltare i miei pezzi a Luigi<br />

Tenco, a Giorgio Gaber e loro facevano altrettanto;<br />

c’erano Nanni Ricordi e il suo vice Franco<br />

Crepax che incoraggiavano il confronto.<br />

Però con l’Rca ci fu un litigio che sfociò nel<br />

divorzio…<br />

Volevano che incidessi la versione italiana di un<br />

brano di Udo Jurgens: Warum Nur Warum. Mi<br />

rifiutai, insistettero al limite della soperchieria,<br />

me ne andai.<br />

La versione italiana di Warum Nur Warum fu<br />

incisa dallo stesso Jurgens con il titolo Peccato<br />

che sia finita così …quasi una dedica<br />

all’Endrigo fuggito. E quella cover riscosse tra<br />

l’altro un invidiabile successo…<br />

Riconosco che era una canzone piacevole,<br />

magari anche adatta al mio repertorio. Ma non<br />

potevo e non dovevo accettare l’intimazione<br />

dell’azienda per non creare un precedente<br />

rischioso. Sono un cantautore ed era giusto che<br />

incidessi le mie canzoni. Già un anno prima<br />

avevo commesso quello che considero l’unico<br />

errore della mia carriera, ossia registrare Se le<br />

cose stanno così, un brano composto dal maestro<br />

Bacalov con le parole di Alessandro Fersen,<br />

regista teatrale di chiara fama. Il disco vendette<br />

oltre un milione di copie. Una sera ebbi occasione<br />

di conoscere Fersen: lui era circondato da<br />

giornalisti e si confessò quasi imbarazzato per<br />

aver confezionato un prodotto di così modesta<br />

portata culturale. Un punto di vista che mi ferì a<br />

morte. C’era poi un’altra ragione per rifiutare la<br />

canzone di Jurgens: Ennio Melis, il direttore<br />

dell’Rca, manifestava più attenzione per i cantautori<br />

giovani, Francesco De Gregori e<br />

Antonello Venditti in testa. Era percettibile,<br />

insomma, l’orientamento a riverniciare il parco<br />

artisti: il mio fu un contropiede.<br />

Dettato anche da un pizzico di gelosia?<br />

Per De Gregori? L’ho sempre e soltanto ammirato:<br />

è il cantautore italiano che preferisco.<br />

Perché?<br />

Perché si applica con successo nell’infondere<br />

dignità alle canzoni attraverso testi di poesia<br />

brillante. Dal suo lavoro sono nate frasi come:<br />

“Capelli bianchi che si fermarono a una fontana<br />

a pettinare gli anni”. E riesce a coniugare poesia<br />

e melodia con efficacia straordinaria. È un<br />

matrimonio difficile, ma quando si consuma<br />

affiorano pagine indelebili. Mi piace ricordare<br />

Fontana e Migliacci con la loro bellissima:<br />

“Paese mio che stai sulla collina, disteso come<br />

un vecchio addormentato”. Non basta un testo<br />

fascinoso, il più geniale dei compositori<br />

potrebbe mettere in musica l’Inferno di Dante<br />

con esiti grotteschi. Se un testo incontra la giusta<br />

melodia il risultato è garantito a prescindere<br />

da ogni significato. Ricordo un brano di quando<br />

avevo 13 anni. Lo cantava Luciano Tajoli: “Il<br />

mare non ama i bastimenti alle catene, se il<br />

mare a nessun altro vuole bene, perché deve<br />

volerne a me?”. Suonava alla perfezione, nonostante<br />

l’evanescenza concettuale. Potrei fare<br />

altri esempi come “La pioggia non bagna il<br />

nostro amore quando il cielo è blu” oppure “Il<br />

mondo non si è fermato mai un momento, la<br />

notte insegue sempre il giorno ed il giorno<br />

verrà”, frasi che stese su pagina hanno poco<br />

senso ma che sposate alle rispettive melodie<br />

acquisiscono un’energia portentosa.<br />

Sta dicendo che il valore intrinseco dei due componenti<br />

- musica e testo – è trascurabile ai sensi<br />

del risultato della combinazione?<br />

Intendo dire che la canzone non deve necessariamente<br />

essere impregnata di poesia. Capolavori<br />

come Pippo non lo sa, Maramao perché sei morto<br />

o Il pinguino innamorato non erano stati corretti<br />

in bozza da Carducci.<br />

Un’equidistanza sorprendente per essere il<br />

cantautore italiano più apparentato con la poesia,<br />

che ha trasformato in canzoni i versi di<br />

Rafael Alberti, di Gianni Rodari, di Pier Paolo<br />

Pasolini, che ha inciso album assieme a<br />

Giuseppe Ungaretti e a Vinicius De Moraes. A<br />

ricordargli materialmente il poeta brasiliano de<br />

Mariacristina Di Giuseppe


Foto Giuseppe Ziliotto<br />

A SERGIO<br />

di Franco Migliacci<br />

La dignità e la fierezza di un uomo onesto.<br />

L'umiltà che suscita rispetto e ammirazione.<br />

La buona musica che non diventa mai rumore.<br />

L'arte di cantare l'amarezza degli umori perduti<br />

con una dolcezza infinita.<br />

La discrezione che teme il successo esagerato.<br />

Il racconto della realtà con l'immaginazione di un<br />

poeta.<br />

Un buon samba della sua lontana Bahia, fatto di<br />

tristezza e di allegria.<br />

L'amicizia per sempre, quella che non si spegne<br />

neanche con l'assenza.<br />

La vita, amico, è l’arte dell’incontro c’è sempre<br />

Paco, il variopinto pappagallo che Vinicius gli<br />

regalò oltre trentacinque anni fa. Paco spizzica<br />

carote nella sua imponente gabbia accanto alla<br />

finestra: è il più in forma di tutti in questa calda<br />

e umida giornata romana di fine agosto.<br />

Endrigo lamenta una serie di acciacchi, lotta da<br />

qualche tempo contro i mulini a vento che gli<br />

insidiano la salute. Lo scorso 15 giugno ha compiuto<br />

72 anni, è vedovo da 11, vive con la figlia<br />

Claudia nella sua personale Arca di Noè che<br />

ospita oltre a Paco cani e micetti. Se il fisico è<br />

provato, lo spirito tiene botta: “Nessun rimpianto.<br />

Ho realizzato tutti i miei sogni, centrato<br />

i bersagli. Neanche troppo rammarico per i<br />

miei ultimi quattro album, strangolati da promozione<br />

inesperta e distribuzione inadeguata.<br />

Dico la verità: all’inizio non credevo che la mia<br />

carriera sarebbe durata tanto a lungo. Al mio<br />

esordio discografico, con Bolle di sapone, passavo<br />

davanti alle vetrine della Ricordi a Milano,<br />

dove il disco era esposto e mi chiedevo: ma perché<br />

mai qualcuno dovrebbe acquistare proprio<br />

il mio 45 giri?”<br />

Sergio Endrigo è nato a Pola, capoluogo<br />

dell’Istria prima di passare nel 1947 sotto l’amministrazione<br />

jugoslava. Infanzia e adolescenza<br />

in povertà, dopo la prematura morte del padre,<br />

Foto Mariacristina Di Giuseppe<br />

scalpellino del marmo, ma anche pittore e<br />

tenore autodidatta. Prima qualche mestiere<br />

improvvisato, poi l’avventura della musica: la<br />

prima chitarra, ingaggi come cantante e contrabbassista<br />

nelle orchestrine dei night-club, in<br />

seguito voce solista di un complesso di rango,<br />

quello del sassofonista Riccardo Rauchi. Nel<br />

1960 l’ingresso nell’ingegnosa area Ricordi, in<br />

squadra con Paoli, Tenco, Gaber, Jannacci,<br />

Bindi: la Juventus della canzone d’autore.<br />

Chi era il centravanti?<br />

Gino Paoli. Partì subito con canzoni bellissime,<br />

molte rimaste sconosciute. Il più apprezzato<br />

degli autori: ottimo per Mina, eccellente per<br />

Ornella Vanoni. Ma lui no, non volevano farlo<br />

cantare. Quel tono di voce così fuorischema,<br />

disallineato, poteva rivelarsi noioso, persino<br />

irritante. Meglio non tentare. Anche la mia voce<br />

risultava non conforme alla tipologia convenzionale:<br />

feci un’audizione alla Rai per cantare<br />

nell’Orchestra di Pippo Barzizza e venni scartato.<br />

Voce e stile eccessivamente “americanizzati”<br />

fu la motivazione del verdetto di condanna pronunciato<br />

dalla Commissione Ascolti. Poi, per<br />

Gino e per me, sappiamo come andò.<br />

Voi padri della canzone d’autore italiana a quali<br />

modelli vi ispiravate?<br />

Ci piaceva qualche fuoriclasse americano dello<br />

swing, tipo Nat King Cole. Tenco, che suonava<br />

anche il sax, adorava Paul Desmond. Bruno<br />

Lauzi era attratto dalle magie del musical alla<br />

VIVAVERDI<br />

13<br />

Gene Kelly, Bindi coglieva i frutti della sua formazione<br />

classica. Ma in prima battuta eravamo<br />

tutti affascinati dagli chansonnier francesi:<br />

dalla vecchia guardia di Charles Trénet ai più<br />

giovani Gilbert Bécaud, Charles Aznavour e<br />

soprattutto Georges Brassens. Io poi vivevo nell’incanto<br />

artistico di Jacques Brel, quei testi,<br />

quelle storie, quelle interpretazioni. Lo conobbi<br />

più tardi, a Roma nel 1964: era cordiale,<br />

sereno, gli confessai che senza la sua influenza<br />

non avrei mai potuto scrivere Viva Maddalena.<br />

Influenza a parte, qual è il metodo di scrittura di<br />

Sergio Endrigo?<br />

Scrivo alla chitarra. Parole e musica assieme. Il<br />

testo è fondamentale per stimolare la mia creatività.<br />

Se compongo soltanto la musica poi le<br />

parole non mi vengono più o mi fa difetto l’abilità<br />

per adattarle alla melodia. Accadde una volta<br />

a Napoli: scrissi di getto una traccia musicale<br />

che mi sembrava deliziosa. Non persi tempo a<br />

cercare le parole, telefonai a Sergio Bardotti che<br />

confezionò rapidamente un testo altrettanto<br />

ammaliante: Te lo leggo negli occhi. Divenne un<br />

successo per Dino.<br />

Perché non la cantò lei e comunque perché non<br />

l’ha mai incisa anche successivamente a Dino?<br />

Evidentemente in quel periodo avevo già il mio<br />

progetto discografico. La versione di Dino era<br />

perfetta, cosa avrei potuto aggiungere io a quel<br />

brano? Sono contento che l’abbia inciso recentemente<br />

Franco Battiato. La sua esecuzione è un


VIVAVERDI<br />

14<br />

personaggi<br />

omaggio importante, la mia sarebbe stata<br />

superflua.<br />

L’ispirazione di un testo è facilitata da un innamoramento?<br />

C’è stata sempre una Teresa, una<br />

Maddalena, un’Annamaria propellente della<br />

composizione?<br />

Nel mio caso soltanto un’Annamaria. Si chiamava<br />

così un’impiegata dell’Rca, musa ispiratrice<br />

anche per Io che amo solo te. All’inizio<br />

della mia carriera, quando cantavo nei nightclub,<br />

l’innamoramento era sistematico: le storie<br />

duravano circa 15 giorni, il tempo del contratto,<br />

lei era quasi sempre una frequentatrice<br />

abituale del locale, una spogliarellista, un’entreneuse,<br />

una guardarobiera. Amate molte,<br />

capita nessuna.<br />

Abbiamo già parlato di poesia e di verosimiglianza<br />

dei testi. Analizziamo le donne delle sue<br />

canzoni. Maddalena che regala notti bianche è<br />

la compagna ideale per un uomo?<br />

E’ la gioventù che regala notti bianche. Con<br />

Maddalena. Si comincia sempre con<br />

Maddalena, con l’attrazione sessuale. Non<br />

credo nella verginità, renderei obbligatorio il<br />

periodo di convivenza prima del matrimonio.<br />

Tantomeno credo nella donna per amico.<br />

Ingiungeva a Teresa di raccontare la verità sulle<br />

sue esperienze pregresse. Senza concederle il<br />

beneficio del dubbio o il velo di una pudica<br />

omissione…<br />

In amore ho stabilito il divieto di esibirsi in<br />

menzogne.<br />

Il protagonista di Via Broletto 34 era un uomo<br />

geloso o un paranoico?<br />

Un uomo geloso.<br />

Ma c’era bisogno di ucciderla?<br />

Convivevano. E lei lo tradiva spudoratamente.<br />

Mi ispirai ad un delittaccio di cronaca, conciato<br />

alla maniera di Brel.<br />

Brel continua ad influenzare le nuove generazioni?<br />

Avverto le tracce di Brel soltanto nei lavori dei<br />

Foto Mariacristina di Giuseppe<br />

grandi. I Quattro amici al bar di Paoli mi ricordano<br />

i tre giovani vitelloni che stornellavano gli<br />

sfottò la sera davanti al Circolo dei Notai: “I<br />

borghesi sono dei porconi più diventan vecchi<br />

meno sono buoni” e che da adulti si ritrovano a<br />

loro volta notai e Les Bourgeois. Anche la suggestiva<br />

I vecchi di Claudio Baglioni mi fa pensare<br />

a Brel e ai suoi commoventi Les Vieux.<br />

Alcuni autori delle recenti generazioni si<br />

mostrano attenti nella ricerca dell’opera dei<br />

Maestri: è fondamentale conoscere la storia se<br />

si vuol scrivere qualcosa che rimane; gli altri<br />

creano testi che diventano cenere nell’arco di<br />

un mese. Testi standardizzati e voci massificate,<br />

dal timbro esatto e saldamente intonate ma<br />

senza personalità, anonime. Natalino Otto e<br />

Achille Togliani, impeccabili per timbro e per<br />

intonazione, li riconoscevi fra un milione.<br />

Il modello di molti giovani cantautori è proprio<br />

Sergio Endrigo.<br />

Me ne sono accorto ed è quanto di più gratificante<br />

possa accadere ad un anziano signore –<br />

oggi Epoca potrebbe scriverlo con persuasione<br />

anagrafica – che per tutta la vita ha sperato di<br />

lasciare un’impronta del suo passaggio. I giovani<br />

mi coccolano con manifestazioni di stima,<br />

allestiscono concerti che esplorano il mio<br />

repertorio, incidono i miei brani, compilano<br />

album in mio onore: sono artisti già affermati<br />

come Vinicio Capossela, Sergio Cammariere,<br />

Tosca, Cristiano De André o in crescita inarrestabile<br />

come La Crus, il Parto delle Nuvole<br />

Pesanti o Simone Cristicchi che mi ha inoltre<br />

invitato a una partecipazione in voce per il suo<br />

ultimo lavoro. Ecco, quando ti senti di aver raggiunto<br />

il termine della strada e ti ritrovi circondato<br />

da una compagnia così vivace e grata, perdoni<br />

alla vita tutti gli oltraggi, anche il più invalidante,<br />

quello del deficit uditivo che a metà<br />

degli anni ’80 mi costrinse a ritirarmi dalle<br />

scene. Ero al festival di Sanremo, nel 1986: alle<br />

prove la mia esibizione era apparsa più che<br />

decorosa, poi in serata davanti al pubblico e alle<br />

telecamere dell’eurovisione, all’improvviso, il<br />

male. Non sentivo più l’orchestra e leggevo il<br />

ESEMPIO <strong>UN</strong>ICO DI TALENTO PURO<br />

di Luca Barbarossa<br />

La scomparsa di Sergio Endrigo mi addolora<br />

profondamente. Endrigo, per un autore di canzoni,<br />

resterà un esempio unico di talento puro, unito ad una<br />

sobrietà comportamentale, frutto di una grandissima<br />

dignità umana. Le sue canzoni sono indimenticabili.<br />

Tutti ci siamo ispirati a lui ed io personalmente mi sono<br />

sempre chiesto perché un così grande autore e<br />

interprete fosse dai più così poco celebrato. Una delle<br />

piaghe di questi nostri tempi distratti e frettolosi è<br />

l'esaltazione della mediocrità, una sorta di rumore di<br />

fondo che porta a non distinguere più la grandezza e la<br />

magia di certi suoni. Caro Sergio, io per fortuna non ti<br />

scopro adesso, le tue canzoni mi hanno accompagnato<br />

per molto tempo, e sono sicuro che lo faranno ancora,<br />

ma questo non fa che aumentare il vuoto che lasci.<br />

disagio negli occhi del direttore mentre la mortificazione<br />

mi stringeva alla gola. Non sono mai<br />

guarito del tutto, ma ci sono state fasi sensibili<br />

di miglioramento, durante le quali sono tornato<br />

ad esibirmi e ad incidere.<br />

Insomma il bilancio è in netto attivo, sono riconoscente<br />

verso il mio pubblico e i miei simili in<br />

generale. Oggi mi piacerebbe dire al povero<br />

Noschese che l’Uomo che Non Ride è comunque<br />

un uomo felice.


Bruno Lauzi e Sergio Endrigo<br />

assieme a Franco Simone nel 2003<br />

SERGIO FACCIA<br />

DI PIETRA<br />

di Bruno Lauzi<br />

Il ’65 non avrebbe finito di sorprendermi.<br />

Quello fu l’anno in cui m’imbattei in<br />

Maddalena, ovvero nell’irruzione della cultura<br />

mitteleuropea nel nostro asfittico mondo provinciale,<br />

nel ciclone Endrigo. Come i meteorologi<br />

danno un nome di donna alle tempeste, io<br />

non trovo altro nome da dare alla rivoluzione<br />

più radicale avvenuta nel nostro mondo di intimisti<br />

un po’ sfigati, in cui il disagio non sapeva<br />

trasformarsi in invettiva… Mi rendo conto che<br />

queste affermazioni possono apparire esagerate,<br />

ma, siamo onesti, nel nostro mondo,<br />

comunque delizioso, di gatte, di poeti, di stelline<br />

vicine vicine, di aulici concerti, fino ad allora<br />

c’eravamo accontentati di volare esangui<br />

quando improvvisamente la vita irruppe con la<br />

crudezza propria della cronaca nera, svelandoci<br />

impietosamente il delitto passionale di Via<br />

Broletto, al numero 34…<br />

“E’ tanto bella la bimba mia<br />

e giura sempre d’amarmi tanto<br />

ma quando io la bacio<br />

lei ride e parla d’altro<br />

o mangia noccioline…”<br />

…mangia noccioline? Quando mai la protagonista<br />

di una storia d’amore, la musa ispiratrice<br />

di noi cantautori, unici poeti autorizzati, era mai<br />

stata mostrata nella sua squallida verità di donnetta<br />

da quattro soldi, con la crudezza di un personaggio<br />

da film di Rossellini, anzi, di Germi,<br />

così poco “angelicata” da non meritarsi neppure<br />

l’onore di essere chiamata “puttana”?<br />

Certe situazioni passionali si risolvono senza<br />

strepiti operistici da tenori sfiatati ma con l’understatement<br />

proprio dei veri signori:<br />

“Se passate da Via Broletto al numero 34,<br />

potete anche gridare, fare quello che vi pare,<br />

l’amore mio non vi sentirà:<br />

ora dorme, e sul suo bel viso<br />

ha l’ombra di un sorriso<br />

ma proprio sopra il cuore<br />

ha un forellino rosso,<br />

rosso come un fiore…<br />

Sono stato io,<br />

mi perdoni Iddìo,<br />

ma sono un gentiluomo<br />

e a nessuno dirò il perché...”<br />

Qui c’è tutto l’Endrigo mitteleuropeo, siamo ai<br />

girotondi gelidi di Schnitzler, al Carné di Alba<br />

tragica, a L’uomo di paglia di Germi, appunto…<br />

Con Sergio per la prima volta la donna si fa<br />

carne e sangue, per una “squinzia” che muore<br />

c’è in arrivo la sulfurea Maddalena, “che regala<br />

notti bianche”. Oggi può sembrare ridicolo, ma<br />

una frase così violenta non s’era mai sentita.<br />

“Regalare notti bianche” era come scrivere<br />

“scopare” sui muri di una chiesa, né alla radio di<br />

Stato s’era mai udito nulla di più scandaloso…<br />

Ci davamo di gomito, noi ragazzetti che avevamo<br />

capito… Endrigo era il nostro Brel, e Viva<br />

Maddalena la nostra Amsterdam…, erano<br />

quelli i primi micidiali attacchi al perbenismo<br />

piccolo borghese!<br />

Come si usava nella cultura mitteleuropea, le<br />

rivoluzioni si facevano in marsina, erano signori<br />

come Freud, come Karl Kraus, come il “triestino”<br />

Joyce, che sconvolgevano il luogo comune,<br />

le solide e stolide certezze…<br />

Il dalmata Sergio, “faccia di pietra”, era della<br />

partita. Come capita spesso ai timidi sarebbe<br />

stato lui quello demandato dal destino a dare<br />

una spallata decisiva al sistema canzonettistico<br />

italiano, cui mancava sempre “una lira per fare<br />

un milione”… prigioniero di mille vorrei-manon-posso…<br />

perso in un abisso di prevedibilità.<br />

Mentre lui…<br />

…lui, così longanesianamente antiretorico, che<br />

sicuramente ama più l’Autunno dell’Estate, i<br />

giorni di pioggia più dei tramonti infuocati, le<br />

scogliere dalmate più delle lande sabbiose della<br />

insostenibile riviera romagnola dove regnano i<br />

bagnini infoiati ed i botoli ringhiosi che sfuggono<br />

a mamme dimentiche e scatenate…, lui che<br />

ha il silenzio ed il pudore scontroso come cifra<br />

di lettura, chissà cosa darebbe per potere come<br />

Anna Magnani ad un certo punto sbottare e lanciare<br />

un urlo, uno solo, ma di tale portata che<br />

quello di Munch appaia un innocuo sbadiglio…<br />

Purtroppo non sarà mai nelle sue corde, quando<br />

ragazzo sceglierà uno strumento sarà il contrabbasso,<br />

il meno “caciarone” ma senz’altro il<br />

più essenziale. I suoi cantanti preferiti? I “sussurratori”<br />

brasiliani, Joao Gilberto e Vinicius in<br />

testa…<br />

Si è detto comunista, ma non sarebbe mai stato<br />

capace con la sua educazione austro-ungarica di<br />

prevaricare il prossimo in nome di un’astrazione.<br />

Oggi poi non giurerei che quella sia ancora<br />

la sua scelta di campo, ora che la sua faccia di<br />

pietra sembra nascondere più beffarde ironie<br />

che rabbiose indignazioni, basta leggere il suo<br />

introvabile romanzo (pubblicato in Svizzera da<br />

una sua devota estimatrice), dal titolo Quanto<br />

mi dai se mi sparo? La trama è meno fantastica<br />

di quanto possa sembrare a prima vista: è la storia<br />

di un cantante che si vede sopravanzare da<br />

qualunque scalzacane di scarse qualità canore e<br />

di ancor minori qualità contenutistiche, e che<br />

dunque vive circondato da fenomeni che saranno<br />

pure passeggeri ma che comunque, susseguendosi<br />

una stagione dopo l’altra, gli rubano la<br />

scena e il meritato successo. Decide dunque di<br />

annunciare l’ultimo concerto, nel vero senso<br />

del termine…, promette che alla fine del concerto<br />

si sparerà! Immaginarsi cosa succederà: i<br />

biglietti andranno a ruba, gli sponsor si affolleranno<br />

disposti a pagare qualsiasi cifra per un<br />

30” di spot durante la ripresa televisiva, a sua<br />

volta venduta a peso d’oro a qualche rete internazionale…,<br />

insomma, un affare di miliardi coi<br />

quali il nostro eroe si dileguerà, alla fine, infischiandosene<br />

della parola data e della coerenza<br />

ideologica…<br />

Quanto distante dalla risposta che nel ’66 aveva<br />

dato a La donna del Sud, una mia canzone d’amore<br />

che non vedeva in Maria, emigrata al<br />

Nord, una vittima del capitalismo ma solo una<br />

bellezza da desiderare. Allora il mio disinteresse<br />

per la questione meridionale lo scandalizzò,<br />

tanto che scrisse una canzone a sua volta che, se<br />

non erro, intitolò Il treno del Sud che iniziava<br />

dicendo:<br />

“Il treno che viene dal Sud<br />

non porta soltanto Marie…”<br />

…chiaramente rimproverandomi…Ora penso<br />

che sarebbe più indulgente e spenderebbe<br />

volentieri insieme a lei i tanti miliardi accumulati<br />

con quel tiro giocato idealmente a tutti i<br />

sepolcri imbiancati che ci circondano…


VIVAVERDI<br />

16<br />

SERGIO ENDRIGO<br />

QUANTO MI DAI SE MI SPARO?<br />

di Gianni Minà<br />

personaggi<br />

C’è una generazione di poeti popolari che, dall’inizio<br />

degli anni ‘60, sulla scia di Domenico<br />

Modugno, hanno cambiato non solo la storia<br />

della canzone italiana, ma i modi stessi della<br />

comunicazione, del come dire le cose, anche le<br />

più semplici, e di come interpretare gli aneliti,<br />

le ansie, le contraddizioni, i sentimenti di una<br />

società che cambiava, con versi e linguaggi in<br />

cui tutti si riconoscessero, anche quelli che avevano<br />

scoperto la lingua italiana solo dieci anni<br />

prima con l’aiuto del maestro Manzi nella trasmissione<br />

televisiva Non è mai troppo tardi.<br />

Non a caso proprio Modugno nella canzone<br />

Piove, con la quale ottenne la sua seconda sfolgorante<br />

vittoria al Festival di Sanremo, dopo il<br />

trionfo di Nel blu dipinto di blu (volare), cantava...<br />

Vorrei trovare parole nuove... ma piove<br />

piove..., che rivelava proprio la testarda ricerca<br />

di molti di questi poeti popolari (poi chiamati<br />

cantautori) di un linguaggio diverso che raccontasse<br />

in musica i sentimenti della gente con<br />

espressioni reali, vere, del linguaggio parlato,<br />

ma non per questo tanto lontane dalla poesia.<br />

Sergio Endrigo, veneto malinconico e romantico<br />

che lavorando nei night club in Italia e all’estero<br />

aveva cercato di uscire dal suo mondo di<br />

provincia senza perderne la poetica, è uno di<br />

questi artisti. Amava gli chansonnier francesi<br />

(Montand, Mouloudji e Leo Ferré), ma più<br />

ancora cantastorie di versi amari come<br />

Brassens, perché come molti della sua generazione,<br />

era stato affascinato forse dall’esistenzialismo,<br />

una filosofia che aveva influenzato anche<br />

la produzione musicale degli artisti più sensibili<br />

della Francia del dopoguerra.<br />

Il libro con il quale Endrigo denudò la società dello spettacolo. Come Brel in Belgio,<br />

Serrat in Spagna, Chico Buarque, Veloso e Gil in Brasile, o Pablo Milanes e Silvio<br />

Rodriguez a Cuba, o come Dylan e altri negli Stati Uniti, in quella irripetibile metà degli<br />

anni '60, Sergio aveva voglia di mettere nelle sue canzoni le storie della sua vita e quelle<br />

degli altri come lui<br />

Ma Endrigo, come Brel in Belgio, Serrat in<br />

Spagna, Chico Buarque, Veloso e Gil in Brasile, o<br />

Pablo Milanes e Silvio Rodriguez a Cuba, o come<br />

Dylan e altri negli Stati Uniti, in quella irripetibile<br />

metà degli anni ‘60, aveva voglia di raccontare<br />

le storie della sua vita e quelle degli altri<br />

come lui, con parole, implicazioni ed atmosfere<br />

di una stagione che rifiutava la retorica, era sazia<br />

di buoni sentimenti, sentiva il pericolo di un<br />

mondo che aveva già dimenticato le efferatezze<br />

della guerra e, in Italia in particolare, non ne<br />

poteva più della oleografia della canzonetta, talvolta<br />

ipocrita e rassicurante, proprio come voleva<br />

la società democristiana del tempo.<br />

Anche l’amore per i poeti popolari di questa<br />

generazione era qualcosa che si viveva nella<br />

società e risentiva delle sue contraddizioni. Così<br />

quella razza di cantastorie, fu fatta di poeti che<br />

lo divennero naturalmente, quasi senza saperlo<br />

e senza bisogno di affrontare sempre argomenti<br />

impegnativi.<br />

Come dice Gianni Borgna nella sua Storia della<br />

canzone italiana, “(...) Questi cantautori avevano<br />

cantato spesso l’amore con insolita verità e<br />

crudezza, spesso più per andare contro corrente<br />

che per diffondere un vero messaggio”.<br />

Questa esigenza venne dopo, quando i più sensibili<br />

di loro sentirono il dovere di farsi inter-<br />

preti delle ansie giovanili e non solo di quelle.<br />

Alcune canzoni di Sergio Endrigo come Via<br />

Broletto e Viva Maddalena furono però anticonformiste<br />

e, in un certo senso, politiche,<br />

prima perfino che la sinistra se ne accorgesse.<br />

E quanto, un artista come Endrigo, rompesse i<br />

canoni tradizionali, lo dimostra la sorpresa per<br />

la sua vittoria a Sanremo in coppia con il grande<br />

cantautore brasiliano Roberto Carlos, interpretando<br />

Canzone per te, un brano scritto con<br />

Sergio Bardotti (intellettuale che si occupava<br />

delle prime collane letterarie stampate sul<br />

disco) e che fece il giro del mondo, malgrado<br />

Sergio non avesse il sorriso stereotipato di un<br />

vincente della canzone, ma il pudore, e a volte<br />

l’amarezza, di un cantastorie triste.<br />

La festa appena cominciata è già finita/Il cielo<br />

non è più con noi... E poi Il nostro amore era<br />

l’invidia di chi è solo/era il mio orgoglio, la tua<br />

allegria e ancora (il nostro amore) è stato tanto<br />

grande che non sa morire/per questo canto e<br />

canto te. E infine un verso memorabile per l’epoca:<br />

la solitudine che tu mi hai regalato io la<br />

coltivo come un fiore.<br />

Fu una delle canzoni che dopo quelle di<br />

Modugno, di Bindi (Arrivederci o Il nostro concerto)<br />

di Paoli divenne un classico in tutto il<br />

mondo. Non succedeva dal tempo della grande


canzone napoletana e, salvo poche eccezioni,<br />

non succederà più. Quella fioritura di talenti<br />

che produsse anche Tenco e Gaber, De André e<br />

Piero Ciampi, Lauzi e Jannacci, Meccia e Don<br />

Backy o Rino Gaetano, Dalla e Battisti e più<br />

avanti gli autori più marcatamente politici come<br />

De Gregori e Venditti, o quelli più romantici<br />

come Cocciante e Baglioni o più pasoliniani<br />

come Renato Zero, o quelli più etnici come i<br />

Bennato, o Pino Daniele, o Battiato si è estinta,<br />

negli anni ‘80, quelli di certa disco-music e<br />

della colonizzazione finale della peggior musica<br />

anglo-americana. Fu allora che molti di questi<br />

talenti furono giudicati artisti superati.<br />

Ma da cosa? Da chi? E perché? Se ancora adesso,<br />

i ragazzi che spesso non conoscono le facce<br />

di questi cantautori, strimpellano le loro canzoni<br />

quando si ritrovano insieme a scuola o sulla<br />

spiaggia. Perché preferiscono queste canzoni, o<br />

ballano quelle estive di Edoardo Vianello e non<br />

quelle più moderne, o in teoria, più alla moda?<br />

Per questo il romanzo Quanto mi dai se mi<br />

sparo?, scritto nel 1995 da Sergio Endrigo con<br />

un tono beffardo che rivela un gusto dell’ironia<br />

che solo i suoi amici più intimi conoscono, mi<br />

sembra una metafora azzeccata e pungente, un<br />

tentativo non banale di raccontare le miserie<br />

artistiche attuali della canzone italiana, dirci<br />

quasi la sua maleducazione dovuta a un’orda<br />

barbarica di note, imposte dalle multinazionali<br />

del disco che ormai hanno fagocitato tutte quelle<br />

italiane e che hanno confuso, disperso e<br />

ingiustamente emarginato tanti talenti italiani,<br />

in cambio di qualche buona proposta, (quasi<br />

sempre figlia della musica nera) annegata in un<br />

mare di banalità e stronzate.<br />

Il dialogo fra i dirigenti della casa discografica<br />

di Joe Birillo (in cui evidentemente Endrigo si<br />

riconosce) sulla produzione da immettere nel<br />

mercato e sul fastidio che Joe Birillo rappresenta<br />

con la proposta delle sue canzoni, è emblematico<br />

della pochezza di questo mondo, della<br />

sua abdicazione ad ogni scelta artistica autonoma,<br />

della sua stupida fede in un presunto mercato<br />

artificialmente creato e sulla prova che<br />

questi pseudo-managers sono, in Italia, salvo<br />

poche eccezioni, solo degli impiegati che eseguono<br />

ordini che vengono da Londra, da New<br />

York o da Miami e non devono neanche pensare<br />

come mettere nei negozi i titoli imposti, perché<br />

insieme ai prodotti, arrivano, dall’estero,<br />

anche le disposizioni per l’uso e la campagna<br />

pubblicitaria da fare.<br />

Il dialogo del vertice aziendale della casa discografica<br />

di Joe Birillo è ancora più beffardo, direi<br />

quasi triste, perche è vero, reale, non è un’esagerazione<br />

grottesca.<br />

Ed è anche il frutto di una critica spesso incolta<br />

e così appiattita sulla paura di non essere in, alla<br />

moda, da accettare come interessante, singolare<br />

e bella qualunque trash (immondizia) venga<br />

sparata dalla musica di lingua inglese o da quella<br />

fasulla imposta dai network commerciali o da<br />

dj in vendita al miglior offerente, convinti che<br />

cantautori della classe di Endrigo o Pino<br />

Daniele “rovinano l’umore della radio”.<br />

Così non credo sia soltanto il gusto dell’humor<br />

nero, tanto caro a Endrigo, che faccia chiedere<br />

al vecchio e prestigioso cantautore Joe Birillo<br />

che vuole adeguarsi ai modi sensazionalistici<br />

dei tempi:<br />

VIVAVERDI<br />

17<br />

Foto Mariacristina Di Giuseppe<br />

Quanto mi dai se mi sparo?<br />

È una scelta estrema che permette ad Endrigo di<br />

leggere beffardamente (come ha fatto per tutto<br />

il suo libro) la società della comunicazione in<br />

cui vive e nella quale (chissà perché?) pudore,<br />

buon gusto, decenza, ironia sono considerati<br />

retaggi di un’Italia provinciale, ancora non<br />

aperta all’Europa e dove prevalgono invece tic,<br />

riti e convinzioni secondo le quali l’annuncio<br />

del possibile suicidio di un maturo cantautore<br />

deluso, può non essere una tragedia, ma uno<br />

spettacolo e quindi un business.<br />

“No, non voglio parlar male degli italiani che mi<br />

hanno fatto vivere e lavorare per tutti questi<br />

anni. Il fatto è che ora sono distratti o lo sono<br />

diventati. Sono bombardati dai media, pensano<br />

di meno. (...) Non ce l’ho con i giovani, solo non<br />

mi piace l’uso che si fa di loro: consumismo<br />

spinto, superficialità, edonismo. A forza di farli<br />

inseguire beni di consumo si sta creando una<br />

società di futuri mostri”.<br />

Sono frasi di Joe Birillo per spiegare al proprio<br />

avvocato il suo gesto. Frasi che lo fanno apparire<br />

diverso e superato nella società dello spettacolo<br />

in cui vive. Nel suo beffardo esercizio di<br />

indovinare le reazioni che quella provocazione<br />

avrebbe suscitato, Endrigo-Birillo cerca di prevedere<br />

anche cosa avrebbero scritto, per un<br />

caso come quello, alcuni dei cosiddetti pensatori<br />

della nostra società.<br />

In questo parterre de roi, Sergio con molta<br />

magnanimità mette anche me, e con una capacità<br />

di sintesi che non credo di possedere, mi fa<br />

riassumere in due righe quello che in questo<br />

prologo ho detto in quattro pagine. Anche in<br />

questo, lo scrittore Endrigo, è stato geniale.


VIVAVERDI<br />

18<br />

autori in Mostra<br />

VENICE DAYS<br />

PER FORT<strong><strong>UN</strong>A</strong> RITORNANO<br />

di Giorgio Gosetti<br />

Spetta alla visione e alla tenacia di alcune persone,<br />

all’interno delle associazioni di categoria<br />

degli autori cinematografici italiani (Anac e<br />

autori dell’Api), nonché alla sensibilità prima<br />

del Direttore della Mostra di Venezia, Marco<br />

Müller, e poi del Presidente della Biennale,<br />

Davide Croff, se la sezione autonoma della<br />

Mostra denominata Giornate degli Autori sono<br />

diventate in appena due anni una delle realtà<br />

più vive e originali della grande kermesse<br />

lidense.<br />

Volendo fare un po’ di storia per i lettori non<br />

esperti, si può ricordare che questa scommessa<br />

partì nel mese di marzo (come utopia) e in<br />

quello di maggio (come progetto) del 2004<br />

avendo per obiettivo una realizzazione di lì a<br />

tre mesi, alla fine di agosto. Cuore della scommessa<br />

era creare, al gran teatro della Mostra,<br />

dove le novità si centellinano nei decenni, un<br />

fermento innovativo attraverso uno spazio di<br />

cinema, d’incontro e di scambio che ritornasse<br />

a far parlare chi il cinema lo crea, lo ama e lo<br />

sostiene come impresa e come forma d’arte. Le<br />

regole del gioco erano altrettanto chiare: elaborare<br />

un progetto diverso dai tradizionali<br />

percorsi del festival, trovare le risorse necessarie<br />

per affermare un’indipendenza non soltanto<br />

di facciata (quantunque con il prezioso supporto<br />

della Biennale e delle sue strutture),<br />

inventarsi modalità originali che evitassero di<br />

replicare quanto già esisteva.<br />

Tra le ovvie discussioni e polemiche di quei<br />

giorni ricordo con particolare piacere (mi fu di<br />

leale stimolo e mi aiutò a sbagliare di meno)<br />

l’obiezione di un autore – uno dei migliori del<br />

nostro cinema – che si opponeva al progetto<br />

dicendo, in buona sostanza: “C’è davvero bisogno<br />

di coinvolgere il nome degli autori per<br />

Nella foto<br />

della pagina accanto,<br />

Giorgio Gosetti<br />

Grande attività e fermento sotto i pergolati e le tende della Villa degli Autori nel corso<br />

della seconda edizione delle “Giornate degli Autori” alla Mostra del cinema del Lido di<br />

Venezia. Tra discussioni impegnate, chiacchiere amene e produttori stranieri e<br />

distributori intenti a siglare importanti affari per il mercato cinematografico<br />

internazionale…<br />

legittimare l’ego di un selezionatore che vuole<br />

firmare un proprio progetto nel cuore del<br />

Festival vero e proprio?”. Nelle stesse ore altri<br />

osservavano: “Ha senso riproporre un modello<br />

e una contrapposizione che fu fervido concime<br />

di novità al tempo della grande contestazione<br />

degli anni ‘60 e ‘70 (dalla Quinzaine des<br />

Réalisateurs di Cannes alle Giornate di Campo<br />

Santa Margherita di Venezia), oggi che questa<br />

contrapposizione non esiste ed è anzi il direttore<br />

della Mostra a sollecitare la novità?”.<br />

Obiezioni e interrogativi mi hanno – ci hanno<br />

– accompagnato a lungo mentre lavoravamo<br />

alle prime Giornate degli Autori.<br />

Un anno dopo mi sembra di poter dire, anche a<br />

nome del Presidente Roberto Barzanti, dei<br />

vicepresidenti Citto Maselli ed Emidio Greco,<br />

degli autori che si sono impegnati al nostro<br />

fianco, che abbiamo trovato risposte convincenti.<br />

La prima edizione andò bene, la <strong>Siae</strong> ne<br />

fu parte determinante e testimone attento, la<br />

stampa ci diede un confortante “via libera”, il<br />

piccolo miracolo di rendere concreta un’utopia<br />

venne realizzato. Non era solo cinema ciò che<br />

gli appassionati trovarono nel recinto dei<br />

dodici film da noi selezionati, non erano solo<br />

stanche chiacchiere quelle che si facevano nell’appartata<br />

(ma frequentatissima) “Villa degli<br />

Autori” dove stabilimmo un quartier generale<br />

tanto aperto e accogliente da essere utilizzato a<br />

tutte le ore (anche per dormirci da registi stranieri<br />

particolarmente nottambuli), non era<br />

ripetitivo un programma che fece scoprire un<br />

documentario – L’incubo di Darwin dell’austriaco<br />

Hubert Sauper – tanto bello da competere<br />

con film a soggetto di tutta Europa e capace,<br />

dopo Venezia, di fare il giro dei festival del<br />

mondo, delle sale di tutto il continente, fino a<br />

conquistare l’Oscar europeo nel dicembre<br />

scorso.<br />

Esattamente un anno dopo, le Giornate degli<br />

Autori sono tornate al Lido con 12 film (stavolta<br />

di tutto il mondo), due eventi speciali e due<br />

iniziative in accordo con la 62ma Mostra e con<br />

la Settimana della Critica in onore di due<br />

cineasti italiani troppo spesso dimenticati,<br />

Alberto Lattuada ed Elio Petri. Per rendere<br />

possibile l’edizione 2005, tutti i soggetti che<br />

avevano tenuto a battesimo il progetto, si sono<br />

detti pronti a confermare il proprio sostegno<br />

ed anzi a incrementarlo con uno sforzo tutto<br />

particolare: dalla Direzione Generale Cinema<br />

del Ministero alla Bnl e Lottomatica/Gioco del<br />

Lotto, da Raisat alla stessa <strong>Siae</strong> fino ad una<br />

serie di sponsor tecnici che hanno confermato<br />

la felice anomalia di un’iniziativa in cui il capitale<br />

privato o associativo è importante almeno<br />

quanto quello pubblico nella sua proficua<br />

scommessa sulla cultura. Perché alle Giornate<br />

le vere star erano per davvero i film e i registi,<br />

le idee e le discussioni, non i divi di un solo<br />

giorno. C’erano anche quelli (da Willem Dafoe<br />

a Nathalie Baye, da Teresa De Sio ad Anna


Bonaiuto) a fare festa con noi; c’erano i registi<br />

italiani a portare per mano i loro colleghi stranieri<br />

(da Giuliano Montaldo a Mario Monicelli,<br />

da Daniele Luchetti a Ugo Gregoretti); pulsavano<br />

i grandi temi della cultura e della visione o<br />

le grandi battaglie di categoria e di civiltà dei<br />

nostri tempi. Ma vinceva soprattutto un modo<br />

diverso di vivere il valore aggregativo e colllettivo<br />

di un festival di cinema: non tanto evento,<br />

non semplice passerella ma occasione di scoperta,<br />

confronto, dialogo. Che si realizza<br />

vedendo insieme i film, trovando il tempo per<br />

parlarne e per approfondire temi ed estetiche,<br />

non consumando la<br />

cultura in piatti slogan<br />

di supina accettazione<br />

o effimero<br />

affossamento.<br />

Insomma, facendo,<br />

con modi nuovi e<br />

sensibilità del<br />

tempo, ciò che una volta garantiva la popolarità<br />

e il valore di quest’arte nuova e dei suoi santuari<br />

dedicati (i festival appunto). E facendolo<br />

con sano divertimento, tra un concerto e una<br />

cena, tra una chiacchiera e un incontro, senza<br />

paura di argomenti in apparenza poco adatti<br />

all’onnivoro consumo festivaliero (Come si<br />

scrive una storia? Che valore ha la difesa della<br />

lingua nell’epoca delle diversità culturali?) e<br />

senza l’angoscia delle etichette e dei formalismi.<br />

Vedere le sale gonfie di pubblico, ascoltare le<br />

domande di spettatori normali e appassionati,<br />

partecipare all’entusiasmo o alle polemiche di<br />

cineasti che parlano a cineasti, faceva un effetto<br />

del tutto singolare anche a chi, come il sot-<br />

toscritto, ha fatto dell’organizzazione culturale<br />

un progetto e un mestiere e dunque ne ha già<br />

viste tante. Gli ingredienti sono rimasti pochi e<br />

semplici: un quartier generale che diventava<br />

rapidamente “casa aperta”, la visione e la discussione<br />

ritrovate come modo della percezione,<br />

uno schermo a cielo aperto per completare<br />

un percorso di cinema che nella sala chiusa<br />

cominciava a mattina, lunghe notti spese per il<br />

puro piacere dello stare insieme. Tutto il contrario<br />

di ciò che fa evento, di ciò che finisce<br />

sulle pagine dei giornali. Eppure su quei giornali<br />

ci siamo finiti, con frequenza ogni giorno<br />

più confortante e in tutto<br />

il mondo, grazie alla<br />

forza dei film e a un<br />

pugno di autori dai nomi<br />

sconosciuti che in pochi<br />

giorni sono diventate<br />

vere star del cinema<br />

internazionale. Capita<br />

così che il piccolo (ma grande e ambizioso)<br />

esordio in bianco e nero di un ventiseienne<br />

georgiano aiutato da un coraggioso produttore<br />

francese (13 di Gela Babluani) sia arrivato da<br />

ignoto a Venezia e ne sia uscito con il Premio<br />

De Laurentiis-Leone del Futuro per la migliore<br />

opera prima di tutta la Mostra; che un provinciale<br />

canadese del Québec, Jean-Marc Vallée<br />

con Crazy, sia sbarcato in Europa da Carneade<br />

e ne sia ripartito come l’autentico “caso” dell’anno,<br />

fino ad essere premiato – pochi giorni<br />

dopo, a Toronto – come miglior film canadese<br />

dell’anno, sicché è ora candidato all’Oscar. È<br />

accaduto che Pasquale Scimeca, il cui La passione<br />

di Giosuè l’ebreo rischiava di finire nel<br />

cono d’ombra del cinema invisibile, abbia<br />

infiammato la Mostra con la sua polemica alta<br />

e rigorosa sui temi dell’intolleranza e della diaspora.<br />

O che il documentario tutto pugliese di<br />

Davide Marengo, Craj-Domani, scritto, voluto<br />

e cantato da Teresa De Sio insieme a un gruppo<br />

di fantastici musicisti ottuagenari tra cui<br />

Matteo Salvatore, sia stato proiettato per un<br />

pubblico giubilante che applaudiva ogni<br />

sequenza, ogni canzone, fino a trascinare nell’entusiasmo<br />

la giuria di studenti di cinema che<br />

gli ha conferito il Premio Micciché per un<br />

esordio italiano di valore. Ma è l’insieme della<br />

selezione ad aver vinto – e per distacco – la<br />

volata dell’originalità e del rigore a questa<br />

Mostra 2005. Il giudizio – com’è ovvio – non ce<br />

lo diamo da soli, ma lo ricaviamo da commentatori<br />

non facili agli entusiasmi come i critici di<br />

Le Monde, Variety, il manifesto.<br />

Insomma, una selezione di autori per gli autori,<br />

magari intenta nella pensosa patina della<br />

“noia d’autore”? Non si direbbe proprio, a<br />

vedere le reazioni del pubblico, i commenti dei<br />

blog su Internet, il piacere con cui alcuni tra i<br />

più prestigiosi sensali internazionali di cinema<br />

(i sales agents, i produttori stranieri, i grandi<br />

distributori) hanno speso il loro soggiorno<br />

veneziano a fare affari, incontrare registi, discutere<br />

di possibili film sotto i pergolati e le<br />

tende della “Villa degli Autori”. In alcuni giorni<br />

sembrava che l’unico, autentico “mercato<br />

cinematografico” di Venezia si svolgesse intorno<br />

alla nostra sezioncina. Non ce ne siamo mai<br />

vergognati, piuttosto inorgogliti perché il cinema<br />

esiste davvero solo se circola, si vende, si<br />

compra, si progetta e si realizza.<br />

Giorgio Gosetti<br />

Delegato delle Giornate degli Autori<br />

VIVAVERDI<br />

19


VIVAVERDI<br />

20<br />

cinema<br />

L'IMPORTANZA DELLE RASSEGNE<br />

A TUTTO FESTIVAL<br />

di Franco Montini<br />

L'annuncio della nascita di un festival<br />

cinematografico a Roma, sponsorizzato<br />

dal Comune e voluto dal sindaco Veltroni,<br />

la cui prima edizione dovrebbe svolgersi<br />

dal 13 al 21 ottobre 2006, ha messo in<br />

fibrillazione il settore. L'appuntamento<br />

romano si annuncia come una kermesse<br />

ricca, con ambizioni internazionali, che<br />

rischia di diventare un concorrente<br />

pericoloso e in grado di scalfire perfino il<br />

prestigio della Biennale Cinema, da<br />

sempre il festival italiano più importante e<br />

l'unico davvero conosciuto nel mondo.<br />

Cresce il numero delle rassegne<br />

Non meraviglia, dunque, che al di là degli auguri<br />

di circostanza e delle generiche promesse di<br />

collaborazione emerse nella conferenza stampa<br />

nella quale, proprio durante la Biennale, Veltroni<br />

ha annunciato ufficialmente la nascita di<br />

“Cinema-Festa Internazionale di Roma” fra<br />

Nella foto, Alberto Barbera e<br />

(sotto) Felice Laudadio;<br />

nell’altra pagina Emanuela Martini<br />

e Daniele Segre<br />

Roma e Venezia sia già iniziata una sottile guerra<br />

non dichiarata, anche perché le date di svolgimento<br />

delle due manifestazioni sarebbero<br />

quanto mai ravvicinate.<br />

E pensare che proprio per evitare sovrapposizioni,<br />

doppioni, esasperate concorrenze, poco<br />

più di un anno fa, è nata l’Afic (Associazione<br />

Festival Italiani di Cinema), cui fanno capo una<br />

trentina di manifestazioni. “La nostra associazione<br />

– spiega Alberto Barbera, che ne è il presidente<br />

– si è costituita sul modello di un coordinamento<br />

europeo dei festival di cinema che<br />

esiste da una decina d’anni. Il nostro obiettivo è<br />

anche quello di incoraggiare lo scambio di<br />

esperienze e collaborazioni fra le varie iniziative;<br />

favorire la circuitazione dei film; proporci<br />

come interlocutore unico nei confronti del<br />

Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, che<br />

è il principale finanziatore di molte iniziative,<br />

anche per individuare dei criteri di assegnazione<br />

il più possibile trasparenti e condivisi. La<br />

scelta di svolgere la manifestazione di Roma in<br />

autunno – prosegue Barbera – mi lascia perplesso;<br />

perché non mi pare che esista un<br />

numero sufficiente di film, in particolare italiani,<br />

per alimentare due manifestazioni così<br />

grandi, senza contare che immediatamente<br />

dopo si svolgerebbe il Festival di Torino, che,<br />

Venezia a parte, è ormai il più importante<br />

appuntamento italiano. Inoltre sono assai dubbioso<br />

anche sul fatto che i media possano<br />

garantire adeguata copertura giornalistica a due<br />

manifestazione tanto ravvicinate”.<br />

Ma spostare le date del prossimo futuro festival<br />

di Roma è meno semplice di quanto possa<br />

apparire: il fatto è che i festival cinematografici<br />

italiani, fra grandi, piccoli e medi sono tanti,<br />

tantissimi. Esistono festival di ogni tipo: rassegne<br />

centrate sui generi (dalla commedia, al<br />

thriller, al noir); festival dedicati agli esordi; ai<br />

rapporti fra cinema e letteratura, cinema e pittura,<br />

cinema e cucina, cinema e montagna;<br />

festival monografici su attori e registi; festival<br />

retrospettivi su momenti determinanti della<br />

storia del cinema e ancora festival di documentari,<br />

cortometraggi, animazione, nuove tecnologie,<br />

perfino di trailer.<br />

Negli ultimi anni si è assistito ad una straordinaria<br />

proliferazione di iniziative, che, oltre che<br />

al Ministero, si appoggiano sui contributi degli<br />

Enti Locali. “Il successo dei festival – commenta<br />

Felice Laudadio, direttore del festival di<br />

Taormina e in passato di molte altre importanti<br />

iniziative compresa la Biennale Cinema – è<br />

frutto di varie concause, a cominciare dalla sparizione<br />

di quel tessuto di cineclub e cinema<br />

d’essai che offrivano spazio e visibilità al cinema<br />

d’autore. Poi c’è da considerare l’offerta<br />

della televisione: lo spazio dedicato al cinema<br />

da tutte le reti generaliste si è molto ridotto; i<br />

film di qualità sono diventati pochissimi e confinati<br />

in orari impossibili. Insomma per il pubblico<br />

dei cinefili, i festival stanno diventando<br />

l’unica occasione per consumare un certo cinema.<br />

Infine, fatto tutt’altro che secondario, i<br />

costi di un festival cinematografico sono assai<br />

più contenuti rispetto a manifestazioni che<br />

puntano sullo spettacolo dal vivo. Alla luce dei<br />

tagli sempre più consistenti sulla cultura, per<br />

un assessorato organizzare manifestazioni di<br />

teatro o musica è diventato proibitivo e, di conseguenza,<br />

si punta sul cinema”.<br />

“I festival – concorda Barbera – sono di fatto<br />

diventati un circuito alternativo, dove si possono<br />

scoprire film altrimenti invisibili, perché<br />

rifiutati da una distribuzione e da un mercato<br />

sempre più concentrati su un unico tipo di prodotto.<br />

Credo che in futuro i festival dovrebbero<br />

sviluppare questa missione e funzionare come<br />

una vera e propria rete”.<br />

“I festival continuano ad aumentare – fa notare<br />

Emanuela Martini, direttore del Bergamo Film


Meeting – grazie ad un crescente consenso di<br />

pubblico. Le proiezioni festivaliere nelle grandi<br />

città, come in provincia, come nei centri più<br />

piccoli e decentrati, sono sempre seguitissime.<br />

La cosa può sorprendere se si pensa che da un<br />

certo punto di vista, grazie alle nuove tecnologie<br />

(Dvd, Internet, telefonia) le possibilità di consumo<br />

si sono moltiplicate. Oggi ognuno di noi<br />

ha a portata di mano un patrimonio cinematografico<br />

vastissimo, ma di fronte a questa materia<br />

sterminata c’è bisogno di qualcuno che<br />

indirizzi le singole scelte; ebbene credo che i<br />

festival, soprattutto per ciò che riguarda personali<br />

e retrospettive, svolgano oggi questa<br />

importante funzione e non è un caso che lo spazio<br />

dedicato al cinema del passato sia in crescita<br />

in quasi tutte le manifestazioni”.<br />

Ma i festival di cinema che si organizzano in<br />

Italia sono davvero un numero esagerato che<br />

andrebbe ridotto? “Non ne sarei troppo convinto”<br />

risponde Maurizio Di Rienzo che con<br />

Peppe D’Antonio ha diretto la più recente edizione<br />

festival Linea d’ombra di Salerno e collabora<br />

con molte altre iniziative festivaliere.<br />

“Certamente – chiarisce Di Rienzo – esistono<br />

delle rassegne un po’ inutili, realizzate solo per<br />

elargire qualche premio e fornire visibilità a<br />

qualche assessore. Ma l’esistenza di tanti festival<br />

non rappresenta obbligatoriamente un fatto<br />

negativo. In molti piccoli centri sprovvisti di<br />

sale, i festival sono l’unica, irrepetibile occasione<br />

per tenere vivo l’amore per il cinema e il<br />

grande schermo. In tanti altri casi sono l’unica,<br />

irripetibile occasione per mostrare dei film che<br />

altrimenti resterebbero preclusi al pubblico di<br />

quella città. Quando mai gli abitanti di<br />

Marzameni, piccolo centro della Sicilia, dove si<br />

svolge annualmente un festival, avrebbero<br />

potuto vedere La storia del cammello che piange,<br />

il documentario italiano candidato quest’anno<br />

all’Oscar? Posso testimoniare, per<br />

avervi partecipato personalmente, che quella<br />

sera in piazza a vedere il film c’erano mille persone:<br />

lo ritengo un fatto culturale di grande<br />

importanza. In altri casi i festival sono l’occasione<br />

per mostrare documentari e cortometraggi,<br />

ovvero film che non hanno alcuna visibilità<br />

sul mercato. Se soprattutto d’estate, nei<br />

centri turistici, accanto alle sagre paesane e alle<br />

fiere della piadina, si organizzano anche rassegne<br />

di cinema, che semigratuitamente offrono<br />

film di qualità, personalmente ne sono felice e<br />

andrei piano nel chiedere cancellazioni”.<br />

Tuttavia, se da un lato il numero dei festival e<br />

dei frequentatori è in crescita, dall’altro l’interesse<br />

dei media nei confronti delle kermesse di<br />

cinema sta progressivamente scemando. A<br />

parte i grandi appuntamenti internazionali<br />

(Cannes, Venezia, Berlino) lo spazio che i maggiori<br />

quotidiani nazionali e le più importanti<br />

emittenti radio/televisive dedicano ai festival è<br />

davvero modesto. Come spiegare questo apparente<br />

paradosso? “Il fatto – risponde Emanuele<br />

Martini – non riguarda i festival in particolare,<br />

ma il cinema in genere. A parte qualche eccezione,<br />

nei giornali il cinema è ormai identificato<br />

come gossip e pettegolezzo. È molto cresciuto<br />

lo spazio dedicato alla presentazione dei pochi<br />

film evento e alle interviste con i divi, mentre<br />

sono stati ridotti drasticamente gli interventi<br />

critici. In poche parole si tende ad eliminare la<br />

riflessione sul cinema e poiché i festival, o<br />

almeno buona parte di essi, propongono una<br />

riflessione, ecco che i media tendono ad ignorarli”.<br />

Questo atteggiamento penalizza in particolare<br />

le manifestazioni che puntano sulle scoperte,<br />

le cinematografie emergenti, i nuovi<br />

autori. “Fino a qualche anno fa – ricorda<br />

Laudadio – i festival rappresentavano l’occasione<br />

per portare alla ribalta registi sconosciuti.<br />

Grazie ad ‘Europa Cinema’, che all’epoca<br />

dirigevo, un regista come Stephen Frears<br />

divenne famoso da un giorno all’altro. Oggi<br />

cose del genere non accadono più, non perché<br />

i festival hanno perso la capacità di individuare<br />

giovani autori meritevoli, ma semplicemente<br />

perché i critici non vengono più inviati a<br />

seguire le varie manifestazioni. È già tanto se le<br />

varie testate spediscono ai festival un cronista,<br />

il quale spesso non ha neanche la possibilità di<br />

vedere i film, ma si limita ad intervistare gli<br />

ospiti di turno, sempre che si tratti di star già<br />

note e celebrate. In questo modo il prezioso<br />

lavoro di ricerca dei festival viene semplicemente<br />

sprecato”.<br />

Ma c’è anche di più, prosegue Laudadio, “l’esasperata<br />

attenzione dei media nei confronti del<br />

divismo, obbliga i festival a stravolgere le proprie<br />

tradizioni per dare spazio alle star. Con un<br />

rischio ulteriore: gli attori famosi, o per lo meno<br />

i loro agenti, consapevoli dell’importanza di<br />

certe presenze ad una manifestazione, cominciano<br />

a chiedere cifre esorbitanti per intervenire<br />

in questo o quel festival. Il rischio è che anche<br />

da noi accada quello che è già avvenuto in<br />

Francia e che ha coinvolto personaggi del calibro<br />

di Catherine Deneuve e Gérard Depardieu, finiti<br />

sotto inchiesta per avere chiesto e ottenuto fondi<br />

in nero per presenziare a manifestazioni di<br />

cinema”. Sfuggire alla logica dell’evento, per<br />

costruire festival che siano realmente interessanti<br />

da un punto di vista culturale non è facile.<br />

“L’assessorato o lo sponsor privato che finanzia<br />

un’iniziativa – fa notare Barbera – vorrebbe che<br />

la manifestazione in oggetto ottenesse dai media<br />

un’attenzione a livello nazionale, ma la cosa è<br />

sempre più difficile, così il rischio concreto è<br />

quello di perdere progressivamente le risorse a<br />

disposizione. Sarebbe importante che finanziatori<br />

pubblici e privati di festival si convincessero<br />

dell’importanza di creare saldi legami con il territorio<br />

e con il pubblico locale, senza avere,<br />

come spesso accade, ambizioni esagerate”. I<br />

tagli alle risorse pubbliche sul Fus (Fondo Unico<br />

dello Spettacolo) certo non aiutano; ci sono<br />

festival anche importanti che negli ultimi anni<br />

hanno subito contrazioni pesanti. Il finanziamento<br />

del Bergamo Film Meeting è stato ridotto<br />

ad un quarto rispetto a quattro anni fa, passando<br />

da 80mila a 20mila euro. Stessa sorte per il<br />

Festival di Bellaria, dedicato da sempre al cinema<br />

indipendente italiano. In occasione dell’edizione<br />

2005 del festival adriatico, il coondirettore<br />

Daniele Segre ha lanciato l’allarme: “Stiamo<br />

assistendo ad una vera e propria ‘pulizia culturale’<br />

da parte del governo, a fronte di in panorama<br />

generale in cui i maggiori festival si appiattiscono<br />

sempre più sui ‘modelli Tv’ di totale omologazione.<br />

Bellaria ha un’importanza strategica<br />

poiché si propone come vetrina di un presente<br />

creativo, in cui i giovani possono lavorare insieme<br />

in varie laboratori di formazione. Tutti noi<br />

cineasti indipendenti abbiamo cominciato da<br />

qui. Eppure a causa dei drastici tagli, il futuro del<br />

festival è appeso ad un filo”. Purtroppo, verrebbe<br />

da aggiungere, come il futuro di tante altre<br />

meritorie iniziative culturali.


VIVAVERDI<br />

22<br />

personaggi<br />

UMBERTO CONTARELLO<br />

RACCONTI DAL CUORE<br />

di Alberto Ferrigolo<br />

È uno dei principali sceneggiatori italiani. Ha scritto film per Salvatores,<br />

Calogero, Zaccaro, Piccioni, Amelio, da solo o come co-autore. Arrivato a Roma,<br />

da Padova, assieme a Carlo Mazzacurati e Enzo Monteleone a metà anni '80. Ora<br />

un romanzo, che è già una sceneggiatura e sarà presto un film di Francesca<br />

Archibugi. Colloquio sul mestiere di scrittore per il cinema<br />

È la storia di un infarto. Il suo. E di una passione<br />

per la scenaggiatura. Poi è storia di amicizie,<br />

intense, diverse. Di una vita sentimentale caotica<br />

nella quale Alberto, il protagonista, tenta di<br />

mettere ordine andando a convivere con Carla.<br />

Ma la casa che li dovrebbe accogliere, la dimora<br />

della loro intimità, si trasforma presto in un<br />

grande appartamento freddo, vuoto, privo di<br />

orizzonti. Lo specchio del loro rapporto muto.<br />

Come il sesso. Prevale il tormento, “la voce”<br />

professionale di Alberto si affievolisce mentre<br />

crescono preoccupazioni e incombono agenti e<br />

produttori carichi di richieste. Alberto è assediato,<br />

e nel frangente arriva – “come il morso di<br />

una carpa sdentata” – l’’infarto.<br />

Per il protagonista è una frustata, un segnale,<br />

un grande punto interrogativo, una domanda<br />

aperta sul proprio futuro. La storia è anche<br />

quella di una generazione comoda e “irresponsabile”,<br />

che ha amato molto i lussi e poco le<br />

convenzioni, più gli amori intensi, travolgenti e<br />

appassionati che le fedeltà. E che, alla soglia<br />

della mezza età, si trova già con gli acciacchi a<br />

fare i conti con un passato che brucia.<br />

Un’autobiografia. Trama nella trama.<br />

Alberto è Umberto Contarello, padovano trapiatato<br />

a Roma da più di due decenni, classe<br />

1957, al suo romanzo d’esordio (Una questione<br />

di cuore, Feltrinelli, libro che s’è aggiudicato il<br />

Premio Berto e che sarà un film di Francesca<br />

Archibugi), ma con alle spalle un cursus honorum<br />

di scrittura di grande talento. È uno dei<br />

principali sceneggiatori italiani per il cinema<br />

(vedi box), di quella generazione che scrive film<br />

pluripremiati, amati e visti dal pubblico, e che<br />

contempla nomi come Gualtiero Rosella e Lucia<br />

Zei o Francesco Bruni, Enzo Monteleone,<br />

Doriana Leondeff, Lara Fremder, Claudio Fava<br />

e Monica Zappelli. Giovani sceneggiatori che<br />

hanno padri nobili in Vincenzo Cerami o<br />

Stefano Rulli e Sandro Petraglia. Gente che si<br />

ritrova e scrive insieme, si alterna e allo stesso<br />

tempo intreccia nella vita, nelle storie, nelle<br />

frequentazioni, nei lavori.<br />

Ora Contarello sta per cominciare a scrivere il<br />

nuovo film di Salvatores, “una storia che sappiamo<br />

sarà ambientata in una nave mercantile,<br />

una cosiddetta ‘carretta del mare’ e il cui titolo<br />

provvisorio è Il popolo dell’acqua. Un lavoro<br />

che si profila molto impegnativo” dice. A breve<br />

uscirà il film di Amelio, che ha scritto, e poi, da<br />

Una questione di cuore il film della Archibugi.<br />

Com’è passare dallo scrivere per il cinema a un<br />

romanzo? Com’è accaduto?<br />

Come sempre, per tutto quel che mi riguarda,<br />

non per caso. Anche se ho sempre nutrito un<br />

senso di sana soggezione verso la letteratura e<br />

nei confronti della parola scritta fine a se stessa:<br />

è un linguaggio che non chiede altro che quel<br />

che dà. Ho sempre letto con molta ammirazione<br />

tutti quegli scrittori che possedevano questa<br />

specie di talento, difficile da definire in astratto,<br />

ma che quando uno lo incontra sa bene di<br />

conoscere…<br />

E che cos’è?<br />

È la lingua.<br />

Cosa intendi per lingua?<br />

La personalità della lingua, anzi la voce. Forse la<br />

parola giusta è la voce.<br />

Di un libro cosa ti interessa di più?<br />

Quando leggo un libro – forse per una deformazione<br />

professionale al contrario, e per il<br />

WHO’S WHO<br />

UMBERTO CONTARELLO Nato a Padova nel 1958, Umberto Contarello è<br />

laureato in Lettere e Filosofia e lavora come sceneggiatore professionista<br />

dal 1982. Come autore di varietà tv è coautore di Fantastico 8 e come<br />

autore di fiction è cosceneggiatore della Piovra 7 e coautore del soggetto<br />

della Piovra 8. Per il cinema è coautore di soggetto e sceneggiatura di<br />

Marrakech Express per la regia di Gabriele Salavatores, finalista al premio<br />

Solinas; coautore di soggetto e sceneggiatura de Il toro (Leone d’Argento<br />

alla mostra di Venezia) Vesna va veloce, La lingua del santo (regia di Carlo<br />

Mazzacurati). Cosceneggiatore de Il carniere (finalista al Premio David di<br />

Donatello) e Un uomo per bene, entrambi per la regia di Maurizio Zaccaro.<br />

Autore di soggetto e sceneggiatura di Il metronotte per la regia di<br />

Francesco Calogero, Luce dei miei occhi per la regia di Giuseppe Piccioni.<br />

Autore della sceneggiatura de L’aria che respiro, tratto dalla vicenda del<br />

Petrolchimico di Porto Marghera e di Ovunque sei (regia Michele Placido).<br />

Coautore della sceneggiatura de La stella che non c’è (Gianni Amelio).<br />

mestiere che faccio passo molto tempo attorno<br />

all’architettura delle storie, alla loro composizione<br />

–, mi accorgo che la storia è in realtà quel<br />

che m’interessa meno. I libri che mi emozionano<br />

e attraggono, mi obbligano a un tempo separato<br />

dalle cose, sono i libri che hanno una voce.<br />

Più potente dell’intreccio, della drammaturgia<br />

che viene raccontata.<br />

La voce equivale alla bella scrittura?<br />

No, non so cosa sia la bella scrittura. So solo che<br />

esiste una scrittura che mi parla e una che non<br />

parla. Quando una scrittura mi parla la chiamo<br />

voce.<br />

In che modo ti parla?<br />

Difficilmente dei libri che mi fanno pensare o<br />

che mi emozionano saprei ricostruire a distanza<br />

di tempo i fili della narrazione. Quel che mi<br />

rimane dentro è una specie di intimità, cioè la<br />

sensazione che la scrittura veicola un qualcosa<br />

che è…<br />

…l’anima del libro…?<br />

Sì, è molto simile… Per me che ho una tradizione<br />

famigliare di storia orale, la voce, l’anima<br />

di un libro è una sorta di malìa. Come essere<br />

dinanzi a un narratore speciale del quale potresti<br />

restare ad ascoltare qualunque cosa, perché<br />

non ascolti quel che racconta ma la sua voce. Un<br />

libro potente per me è questo.<br />

La tua scrittura ha questa voce?<br />

Non ho mai minimamente immaginato, né<br />

pensato di avere una voce, né le capacità.<br />

Ognuno si misura naturalmente con quello che<br />

considera letteratura o considera cinema e si fa<br />

il proprio esame in base a dei modelli alti e non<br />

Foto Talos Buccellati


assi o deteriori. Non ho mai pensato di poter<br />

utilizzare quello che so fare e in un ambito che<br />

non fosse quello che, a fatica, dopo molti anni<br />

un pochettino ho imparato a fare.<br />

Com’è la tua scrittura?<br />

Non credo di essere uno di grandissima fantasia.<br />

Sono una persona che deve vivere un’esperienza,<br />

anche piccola, per poi dilatarne il confine<br />

o metterla in relazione con altre fino a comporre<br />

un filo che può assomigliare a una narrazione,<br />

a una storia.<br />

Quindi storie come parte del proprio vissuto…<br />

Come sempre. Penso che tutti i lavori che ho<br />

fatto sono sempre stati dei prolungamenti di<br />

cellule di cose che ho attraversato. Il segreto<br />

della mia piccola immaginazione sta un po’ nel<br />

lavorare in questo modo. In questo caso c’era<br />

una piccola cellula importante, perché una<br />

breve malattia ha la sua importanza, delle connotazioni<br />

esistenziali. Ho provato a lasciarmi<br />

andare a occhi chiusi su come poteva andare a<br />

finire quella storia di quell’individuo alle prese<br />

con questa ferita che gli arriva inaspettatamente<br />

in un momento non qualsiasi della sua vita.<br />

Bene, gli elementi ci son tutti, sbattiamo nel<br />

frullatore…, ma come si parte? Da dove si<br />

comincia a scrivere?<br />

Quando si hanno gli elementi per una storia,<br />

più che immaginare lo svolgimento, la cosa<br />

fondamentale è avere un senso musicale degli<br />

stessi, che ti fa dire se stanno bene, cantano<br />

bene insieme o stonano. Come per le prime<br />

note di una canzone…<br />

Cioè l’abbrivio, l’attacco o lead di un articolo…<br />

È la stessa cosa?<br />

Abbrivio, parola giustissima. Per raccontare il<br />

profilarsi del sintomo della malattia m’è venuta<br />

l’immagine della carpa, questo pesce che<br />

morde. È l’abbrivio. Finita questa fase non ho<br />

mai pensato d’aver scritto una cosa che potesse<br />

avere una copertina ed esser messa nello scaffale<br />

d’una libreria. Sono stati gli altri a dirmelo.<br />

Sono stati altri a riconoscere l’oggetto e a incoraggiarmi.<br />

Come spesso avviene sono gli altri a<br />

vedere qualcosa di te che tu non vedi. A dare un<br />

senso. Io spesso faccio ma non so cosa.<br />

Qui la storia è un’autobiografia, ma cosa significa<br />

invece scrivere per il cinema?<br />

C’è una grande differenza tra scrivere un’autobiografia<br />

e scrivere biografie. Personalmente,<br />

eccetto qualche raro caso, sin dall’origine dell’idea<br />

ho sempre raccontato in fin dei conti un<br />

pezzo, un frammento più o meno grande della<br />

biografia di qualcuno che conoscevo. Sotto<br />

mentite spoglie, trasfigurato, rimescolato, ma al<br />

fondo riesco solo a raccontare di persone che in<br />

qualche modo ho attraversato. Il livello di<br />

conoscenza non necessariamente deve esser<br />

profondo, ma per me un film è sempre la biografia<br />

di qualcuno. Persone che mi hanno<br />

risuonato dentro, con cui sono per un po’<br />

entrato in una sorta d’intimità.<br />

Qualche esempio?<br />

Il Toro, Marrakech Express, penso a Luce dei<br />

miei occhi, ma anche Ovunque sei, La lingua<br />

del santo. Tutte storie che nascono da una relazione<br />

tra me, i registi, gli autori con i quali ho<br />

avuto la fortuna di lavorare dall’inizio, quando<br />

proprio si fabbricava e si cominciava a tessere<br />

l’idea.<br />

Cosa ti piace delle storie?<br />

A me piacciono gli esseri umani, mi incuriosi


VIVAVERDI<br />

24<br />

personaggi<br />

scono, sono la cosa che mi diverte ancora di<br />

più. Non sono un appassionato di natura…,<br />

tolto il mare, dove sto bene, per il resto mi<br />

piacciono solo le persone…<br />

Ciacole, bar, incontri, piazze, fughe. Roba veneta…<br />

Sì, anche perché provengo da una grande tradizione<br />

famigliare. Mio padre, lui sì, era un grande<br />

affabulatore, un grandissimo attore che mi<br />

ha probabilmente trasmesso…, il codice famigliare…<br />

Quello della mia famiglia è un lessico<br />

della narrazione. Tutto passava di lì o si trasformava<br />

in narrazione.<br />

Quindi in una recita…<br />

Anche. Quindi in una performance… A partire<br />

da mio nonno Umberto, che era capocomico di<br />

una Compagnia drammatica, il modo di stare<br />

insieme in questa famiglia molto numerosa<br />

passava per il racconto orale. Io nasco da lì. E<br />

sono arrivato a questo mestiere – incosciamente<br />

– facendo fruttare quest’unica dote.<br />

Sei laureato in Filosofia, ha qualche significato?<br />

Ti ha dato vantaggi?<br />

Ho fatto Filosofia perché a quei tempi era la<br />

facoltà che allontanava di più ogni possibilità<br />

concreta di lavoro…, e quindi mi sembrava un<br />

modo bello, interessante, per passare quattro<br />

anni. Sono stati anni bellissimi…<br />

Tutto qui? Hai fatto poi scuole particolari?<br />

No, non ho fatto nulla.<br />

Come arrivi a fare lo sceneggiatore?<br />

Sono venuto a Roma poco dopo che da Padova<br />

s’erano trasferiti Carlo Mazzacurati e Enzo<br />

Monteleone, a metà anni 80, in totale e meraviglioso<br />

incanto per tutto quel che poteva succedere.<br />

Non ho ricordi di quel periodo nei quali<br />

noi vivessimo con una meta. Avevamo un desiderio,<br />

una curiosità, che era semplicemente<br />

quella di dire: “Ci piace il cinema”. E l’unico<br />

modo, il modo più semplice, che costa meno<br />

per provare a farlo è scrivere. Perché non devi<br />

scomodare nessuno e quindi, in totale leggerezza<br />

e divertimento, ci siamo messi a inventare<br />

un po’ di storie, a scribacchiarle, proporle di<br />

qua e di là, Quello che però ricordo di più era<br />

l’incanto di Roma, questo senso di libertà di<br />

stare in un altro posto, di iniziare una cosa che<br />

non si sapeva fare. Non ho ricordi di ansia da<br />

prestazione, di formalizzazione di una carriera.<br />

Tutto è avvenuto in maniera casuale. Poi uno<br />

può dire: a forza di cercare di fare una cosa, uno<br />

la fa.<br />

Hai fatto fatica?<br />

Non è un’espressione che userei. Poi è vero, ho<br />

fatto anche fatica, perché ho lavorato tanto,<br />

perché veniamo anche da una cultura in cui c’è<br />

un rigore dentro che si scontra con una pigrizia<br />

infinita. Poi ho imparato a darmi un metodo –<br />

io che sono una persona disordinata –, un<br />

metodo decente non perfetto, fantastico. Ho<br />

fatto la mia fatica ma mi verrebbe da ridere a<br />

parlarne.<br />

Come si comincia a “sgrezzare” una storia?<br />

Lavori da solo o con altri?<br />

Non esiste secondo me una figura fantasmatica<br />

dello sceneggiatore che lavora da solo. In Italia,<br />

come minimo, lavora con l’autore. Che è colui il<br />

quale si prende dall’inizio la responsabilità, e la<br />

condivide con lo scrittore, del dipanarsi dell’idea<br />

e del progetto di scrittura. E invece chi –<br />

come succede anche da noi ma più frequentemente<br />

in America –, acquisisce un prodotto a<br />

uno stato finito, non completo ma che ha caratteristiche<br />

definite come una sceneggiatura e<br />

lavora alla sua realizzazione, è più classificabile<br />

come un regista. Ma sono teorie del tutto indicative.<br />

Come avviene l’incontro sceneggiatore-autore?<br />

Per me è abbastanza usuale che mi venga in<br />

mente qualcosa che non è già una storia ma<br />

semmai un nucleo che, a orecchio, sento possa<br />

sprigionare una intensità sufficiente a reggere<br />

una trama. Quando sento di avere in mano un<br />

qualcosa che mi sembra contenga questa robustezza<br />

dentro, che non è inizialmente una robustezza<br />

di trama ma una robustezza di senso, di<br />

necessità, allora semplicemente penso quale<br />

sarebbe l’autore che mi piacerebbe vedere<br />

impegnato. Lo chiamo e gliela vado a raccontare.<br />

Questa è un modo. Poi ci sono gli approcci<br />

inversi. L’autore con un’idea più formata che<br />

mi chiede di entrarci: stabiliamo il livello di<br />

intensità e procediamo.<br />

Film, film-verità, documentari. Quale rapporto<br />

con la realtà?<br />

Adoro i documentari, non faccio il regista ma è<br />

una scuola, A parte che oggi la parola documentario<br />

ha per fortuna assunto diversi significati,<br />

ma per esempio ci sono adesso dei film di verità<br />

che contengono un mistero, una complessità,<br />

una inafferrabilità che è assolutamente paragonabile<br />

a un film cosiddetto di finzione… Quel<br />

che conta è lo sguardo. Se mi si passa il paragone,<br />

alla fine, così come per me in letteratura<br />

conta la voce, al cinema conta lo sguardo. È lo<br />

sguardo che trasforma la storia in un modo o in<br />

un altro, che gli fa prendere una piega o l’altra.<br />

In realtà una storia o un film è sempre la sintesi<br />

della relazione che passa tra l’autore e quella<br />

storia. Sullo schermo scorre sempre il risultato<br />

d’una relazione.<br />

Come nascono le tue storie?<br />

Non ho un’immaginazione pura, ho un’immaginazione<br />

che ha molto bisogno di nutrimento.<br />

A casa, da solo, guardando il soffitto, dormo.<br />

Non mi viene in mente assolutamente niente.<br />

Quelle poche cose che mi vengono in mente è<br />

perché ho sentito qualcosa, ho parlato con<br />

qualcuno. Spesso mi viene in mente qualcosa<br />

mentre parlo. La mia immaginazione nasce dal<br />

racconto orale. Da solo, se mi metto lì e mi dico<br />

“adesso penso ad una storia”, mi addormento.


Alle 5 del pomeriggio guardando la televisione<br />

– e ti garantisco che sono in grado di guardare<br />

programmi inauditi – ad un certo punto devo<br />

uscire, anche solo andare al bar a vedere che<br />

succede, chi c’è, cosa si fa.<br />

E cosa accade?<br />

Il problema è che non succede niente, non succede<br />

mai niente. Succede se provochi un po’<br />

che succeda qualcosa.<br />

A quale dei film alle cui sceneggiature hai collaborato<br />

sei più affezionato?<br />

Sono i film che mi fanno venire in mente<br />

momenti importanti o belli o significativi, che<br />

hanno accompagnato il tempo della lavorazione.<br />

La scrittura del Toro è stata una scrittura<br />

bellissima, sono stati bellissimi i sopralluoghi,<br />

l’incontro con Sandro Petraglia e Stefano Rulli,<br />

con Carlo Mazzacurati, che è un mio amico e<br />

con il quale lavorare è una fortuna. Perché lavorare<br />

con il tuo migliore amico, anche nei<br />

momenti di durezza, è quasi inaudito pensare<br />

perfino che ti paghino… Cosa c’è di più sublime<br />

che poter inventare una storia con un<br />

amico?<br />

Sono poi legatissimo a Luce dei miei occhi,<br />

perché è un film che anche se è stato frutto di<br />

una scrittura molto laboriosa, faticosa e per<br />

certi aspetti persino dolorosa, è però un film<br />

nato assieme a Giuseppe Piccioni da un materiale<br />

di vita che ci ha legato e nel quale ci potevamo<br />

riconoscere entrambi perché era un<br />

materiale molto intimo. Sono molto legato a La<br />

lingua del Santo, perché mi ha riportato assieme<br />

a Carlo Mazzacurati a rivedere e a riguardare<br />

il posto in cui siamo nati e cresciuti, Padova, e<br />

perché contiene anche un’idea di spensieratezza<br />

nell’affrontare durezze e sconfitte, un sentimento<br />

che mi è caro e sento vicino.<br />

E ai registi?<br />

Sono molto legato a questo prossimo film di<br />

Gianni Amelio, perché posso dire che era uno<br />

dei miei desideri, quasi un sogno non appena<br />

ho cominciato questo mestiere, di lavorare con<br />

lui. Il lavoro con lui è stata un’ulteriore possibilità<br />

per imparare un po’ meglio a fare il mio<br />

mestiere. Infatti non credo di poter dire “so<br />

fare lo sceneggiatore”: lo so fare forse ogni volta<br />

un po’ meglio, ma è l’intensità e la ricchezza, la<br />

profondità dei rapporti con chi realizzerà il film<br />

che ti fa fare i passi in avanti.<br />

Una continua “educazione sentimentale”…?<br />

Mi pare lo dica De André che scrivere una canzone<br />

è simile al gesto di un pescatore che butta<br />

la sua rete e che poi con molta tranquillità e<br />

serenità cerca di vedere che cosa rimane impigliato.<br />

Per me una storia è una sorta di inventario,<br />

nel senso che quando l’attenzione si focalizza<br />

su quella storia si sta scartando altro.<br />

Cosa t’ interessa di più in questo momento storico?<br />

Posso dire quello che vorrei fosse una storia.<br />

Quello che cerco in una storia per un film è<br />

sempre di più qualcosa che serva – non dico a<br />

capire – ma almeno a porsi delle buone<br />

domande su come stiamo al mondo oggi.<br />

Sapere come sono gli esseri umani che sono<br />

vicini a me, quelli a cui il mio amo può arrivare.<br />

Una storia per il cinema deve saper guardare un<br />

po’ dentro le persone. Un tempo ero più interessato<br />

al fare delle persone, al loro rapporto<br />

materiale con l’esistenza. Adesso voglio sapere<br />

cosa c’è, quale magma si muove dentro gli esseri<br />

umani.<br />

Che differenza c’è tra le storie per il cinema e<br />

storie per la televisione?<br />

Le storie per la Tv mi pare abbiano una possibilità<br />

molto buona – e che il cinema che facciamo<br />

noi fisiologicamente non è in grado di assolvere<br />

– di affrontare una grandissima questione di<br />

questo paese, che è la mancanza di memoria.<br />

Pensi che la Tv scavi di più del cinema? Che sia<br />

più aderente al passato? Un bel paradosso…<br />

Penso che la Tv, il racconto televisivo nel suo<br />

complesso (non amo la parola fiction) quando è<br />

ben fatto, e non sempre accade anche perché è<br />

difficile farlo bene, contribuisca a dar vita ad<br />

una sorta di Almanacco che ricostruisce in termini<br />

popolari – nel senso migliore e positivo – i<br />

fili della storia di questo paese. Non necessariamente<br />

della Grande Storia, ma è come se la Tv<br />

potesse mettere una pezza a questa specie di<br />

difficoltà di dare una cronologia alle esistenze<br />

collettive. Sono sicuro che oggi, se mi si chiedesse<br />

di avere uno sguardo cronologico sugli<br />

avvenimenti collettivi, magari anche quando si<br />

riferiscono a vicende private, farei molta diffi-<br />

coltà. La Tv mi sembra invece un buon modo,<br />

attraverso la narrazione, per ordinare questo<br />

tempo che s’accavalla come le onde e del quale<br />

non si riesce a districare la trama.<br />

Se dovessi pensare ad una storia per la televisione,<br />

una biografia, un personaggio, chi ti piacerebbe<br />

vedere rappresentato?<br />

La Tv che mi piacerebbe fare, che ha senso fare,<br />

è una Tv che racconti finalmente in modo bello,<br />

con un autore importante, una figura come<br />

Franco Basaglia, lo psichiatra veneziano che è<br />

una figura italiana enorme, conosciuta e appiattita,<br />

semplificata solo per elementi un po’ triti,<br />

stereotipati, e che invece ha aspetti biografici<br />

che raccontano anche la natura un po’ bella di<br />

questo paese. La Tv potrebbe poi raccontare<br />

anche figure più complesse, controverse. Il<br />

passo che il racconto televisivo deve fare è fidarsi<br />

della capacità del pubblico di divertirsi e<br />

appassionarsi a personaggi e figure più complessi<br />

di quelli che vengono normalmente scelti.<br />

E sullo schermo cosa scorre invece?<br />

È un periodo in cui si scelgono personaggi che<br />

riflettono un po’ anche il clima complessivo,<br />

ma c’è una proliferazione di sai e santità che mi<br />

sembra un po’ eccessiva…<br />

Vai molto al cinema? Un film che ritieni<br />

importante?<br />

Dipende molto dai periodi. Di solito quando<br />

lavoro molto ci vado un po’ meno. Posso però<br />

dire che il film per me più importante degli<br />

ultimi anni è la Venticinquesima ora di<br />

Spike Lee.<br />

Cosa contiene?<br />

Parla di una questione chiave, almeno per quella<br />

che grossolanamente posso chiamare la mia<br />

generazione insieme alle generazioni limitrofe:<br />

è la questione della responsabilità. Un film con<br />

una caratura epica fortissima e che con molto<br />

dolore ci dice anche una cosa atroce: che non<br />

c’è più per nessuno la possibilità di andare<br />

altrove rispetto al portato delle proprie responsabilità.<br />

Mi sovviene una bellissima poesia di<br />

Costantino Kavafis che si chiama La città e che<br />

dice: “Dovunque andrai la tua città ti verrà<br />

sempre dietro”. Ecco, nel finale l’idea di un<br />

padre che possa esistere per il proprio figlio un<br />

posto dove rifarsi una verginità, un’esistenza,<br />

dove poter cancellare la propria responsabilità<br />

– che è il nocciolo della cultura degli anni<br />

Settanta – muore. Il padre incarna quella cultura<br />

lì e il figlio invece non ce l’ha più.<br />

Avrai un ruolo nel film della Archibugi sul tuo<br />

romanzo?<br />

No, Francesca prenderà il romanzo e, come<br />

nella tradizione lo scriverà lei o con chi vorrà e<br />

farà il suo film dentro a quel romanzo. Mi sembra<br />

giusto che l’autore di un romanzo personale,<br />

con un rapporto anche di grande amicizia<br />

con Francesca, con una storia in parte vera, non<br />

ingombri, non crei ostacolo all’appropriazione<br />

del materiale.


VIVAVERDI<br />

26<br />

mestieri<br />

MUSICA<br />

EDITORE, <strong><strong>UN</strong>A</strong> <strong>PASSIONE</strong><br />

<strong>L<strong>UN</strong>GA</strong> <strong>UN</strong> <strong>SECOLO</strong><br />

di Oscar Prudente<br />

Condizione necessaria per la nascita di una<br />

canzone è che vi sia un autore che la scriva: la<br />

logica musicale è inoppugnabile, non concede<br />

scorciatoie. Meno chiaro, per i più, non esclusi<br />

gli stessi aspiranti autori, è in quale modo da<br />

questo concepimento la canzone, prodotto in<br />

sé astratto, riesca poi a prender forma e materializzarsi:<br />

in quale modo – con quale “levatrice”<br />

– trovi la sua strada nel mondo, ovvero nel<br />

mercato, diventando così un’opera concreta.<br />

La risposta è: l’editore. È lui “il mezzo”, il tramite<br />

della nascita di una canzone. È infatti l’editore<br />

che trasforma l’idea in un’opera in<br />

grado di essere diffusa nel mercato e quindi<br />

sfruttabile economicamente, a vantaggio dell’autore<br />

e anche proprio. Una professione viva<br />

fin dall’Ottocento, attraverso la diffusione<br />

della musica, ovvero all’epoca la stampa e il<br />

noleggio degli spartiti. Nel tempo, l’avvento<br />

della registrazione musicale ha cambiato le<br />

carte in tavola, e allo scenario si è aggiunta in<br />

seguito la figura del discografico: la crescente<br />

tendenza degli artisti ad essere contemporaneamente<br />

autori e interpreti ha infatti finito<br />

per complicare ulteriormente la situazione, per<br />

cui definire oggi quali siano esattamente i<br />

compiti dell’editore è meno facile di quanto<br />

non appaia…<br />

Tuttavia, per un giovane autore ignorare l’editore<br />

– bypassarlo – e rivolgersi direttamente ad<br />

un discografico sarebbe un errore grave, come<br />

spiega qui di seguito Filippo Sugar, presidente<br />

della Sugarmusic Publishing: “Se non si ha una<br />

realizzazione di qualche tipo (demo, provini,<br />

un accordo con un interprete) l’editore è l’unico<br />

interlocutore possibile: un discografico non<br />

ti dà nemmeno l’appuntamento”. E in ogni<br />

Di fianco, Filippo Sugar.<br />

Nella pagina accanto,<br />

in senso orario dal basso,<br />

Paolo Corsi, Chuck Rolando,<br />

Claudio Buja con<br />

Carmen Consoli<br />

e Toni Verona (foto piccola)<br />

Come nasce una canzone? Come si afferma? Basta scriverla e musicarla? E poi, chi la<br />

sostiene e la veicola? Breve inchiesta sul mestiere dell'editore musicale e sulla sua<br />

trasformazione, tra passato, presente e futuro: “Brutto no, ma faticoso sì”. Specie nell'era<br />

di Internet, tra diritti lesi e vilipesi. Il ruolo “primario” della <strong>Siae</strong>. Parlano i principali<br />

protagonisti del settore<br />

caso se te lo dà, è sempre meglio andarci in<br />

compagnia dell’editore, che ha pur sempre un<br />

certo appeal e anche un ruolo “fondamentale”,<br />

suggerisce ancora Sugar. “È stato importante<br />

soprattutto all’inizio: è il primo soggetto –<br />

diciamo imprenditoriale – che ha fatto della<br />

musica un lavoro, e che ha avuto come missione<br />

quella di divulgare la musica degli autori e farla<br />

arrivare a più persone possibile, anche creando<br />

modalità in base alle quali tale attività potesse<br />

essere remunerata, meccanismi che potessero<br />

offrire la possibilità agli autori di vivere della<br />

propria arte e quindi sollecitandoli anche a non<br />

aver paura delle proprie idee, incentivandoli ad<br />

avere creatività. Oggi in una certa misura l’editore<br />

è sempre a contatto con l’idea, che lo unisce<br />

all’autore, e lo sollecita ad avere la sensibilità<br />

di comprenderne il valore aiutando così l’autore<br />

stesso a dirigere il frutto della propria<br />

creatività verso il miglior approdo nel mare<br />

magnum del mercato”, continua Sugar.<br />

“Siamo gli immobiliaristi della canzone,<br />

abbiamo investito in terreno e chi costruisce lo<br />

fa come vuole: un palazzo, una casa di vetro,<br />

una piramide, un teepee indiano”, rilancia<br />

Chuck Rolando, direttore della Sony Music<br />

Publishing: “Siamo quelli del terreno su cui<br />

costruisci, investiamo sul diritto d’autore e la<br />

proprietà intellettuale”. Tempo fa l’editore era<br />

proprio una “fonte”, un intermediario fra chi<br />

cantava e chi scriveva o componeva e che,<br />

spesso e volentieri, non era affatto lo stesso<br />

artista: “Il nostro ruolo è sempre quello di<br />

gestire questo legame, ma avendo a che fare<br />

sempre di più con strutture e artisti autonomi<br />

– nel senso che fanno proprio tutto da sé –, la<br />

nostra funzione è più quella di instaurare un<br />

rapporto con loro più che creare un ponte tra<br />

loro e qualcun altro; vengono da noi o perché<br />

hanno bisogno di una verifica obbiettiva o<br />

anche – non va assolutamente dimenticato –<br />

perché la nostra forza multinazionale è, tra<br />

l’altro, anche quella di gestire un giro di incassi<br />

a livello mondiale”, sottolinea Rolando.<br />

Alla major rispondono le altre major. L’editore<br />

è più che altro un talent scout o, se si preferisce,<br />

“un ‘identificatore’ di talenti e un divulgatore<br />

delle opere attraverso anche dei mezzi di<br />

comunicazione nuovi, che non sono più quelli<br />

unicamente legati al successo del discografico”,<br />

afferma e spiega Paolo Corsi, amministratore<br />

delegato della Emi Music Publishing<br />

Italia: “L’editore nasce con la funzione di<br />

divulgatore dell’opera dell’ingegno. Poi, dopo


l’invenzione del disco, l’editore ha circoscritto<br />

il proprio campo d’azione alle figure degli<br />

autori e dei compositori, mentre il discografico<br />

si è concentrato sull’interprete, sempre con lo<br />

scopo di divulgare la musica, però attraverso<br />

un determinato supporto. La musica è sempre<br />

più diffusa: c’è sempre e comunque bisogno di<br />

chi interpreta le opere, ma soprattutto c’è<br />

bisogno di chi le compone e le scrive e non<br />

sempre le due figure coincidono. L’editore ha<br />

il compito di identificare, di scoprire e poi di<br />

divulgare, di rendere note al mondo le opere<br />

scritte dagli autori e dai compositori”.<br />

Claudio Buja, managing director della<br />

Universal Music Italia, pone invece l’accento<br />

sulla “tutela dell’opera” di cui l’editore è il proprietario<br />

insieme all’autore. Un aspetto “del<br />

quale ci si dimentica spesso”, sottolinea.<br />

“Mentre nell’Ottocento questa funzione era<br />

svolta dall’editore in maniera primaria perché<br />

accanto all’autore gli consentiva di rappresentare<br />

l’opera e quindi di diffonderla – spiega<br />

Buja –, ora il suo ruolo, anche se è stato ridimensionato<br />

dalla presenza del discografico, è<br />

pur sempre quello di tutelare l’opera, di svilupparla<br />

in tutti i suoi utilizzi”, compresi quei<br />

nuovi canali che non dipendono dallo sfruttamento<br />

di un master discografico. In questi casi<br />

esiste “la proprietà della canzone – ovvero il<br />

copyright – che è sempre dell’autore: ma l’au-<br />

tore ha al fianco nel 99% dei casi anche un<br />

editore, ovvero la persona che deve tutelarlo –<br />

impedendo gli utilizzi non consentiti – e diffondere<br />

la conoscenza della composizione non<br />

soltanto attraverso la realizzazione discografica,<br />

ma attraverso tutte quelle possibilità che ci<br />

sono per portare la canzone alla conoscenza del<br />

grande pubblico: che si tratti di una sincronizzazione<br />

pubblicitaria, di un digital right, un<br />

download attraverso Internet o la telefonia<br />

mobile”.<br />

Per i rappresentanti delle major, dunque, l’attività<br />

editoriale sembra concentrarsi sulla pura<br />

diffusione – e difesa – di un catalogo: altri tuttavia<br />

non possono permettersi delle limitazioni<br />

di questo genere. “L’individuazione di chi<br />

ha talento” rimane sempre la caratteristica<br />

principale di un editore anche per Toni<br />

Verona, general manager dell’Ala Bianca<br />

Group, etichetta indipendente specializzata<br />

nella canzone d’autore, secondo il quale tuttavia<br />

la distinzione fra editore e discografico,<br />

parallelamente a quella fra autore e interprete,<br />

è diventata negli anni assai labile: “Anni fa esisteva<br />

una netta divisione tra discografia ed editoria.<br />

Addirittura all’interno delle multinazionali<br />

c’erano bilanci separati, responsabili<br />

distinti che in taluni casi non sapevano nemmeno<br />

cosa facesse l’una parte rispetto all’altra,<br />

tant’è che certi artisti che firmavano discogra-<br />

VIVAVERDI<br />

27<br />

ficamente non apparivano editorialmente.<br />

“Oggi siamo tutti costretti a lavorare in una<br />

direzione completamente diversa, non solo<br />

perché siamo in una fase di rivoluzione tecnologica,<br />

ma perché il mercato è globalizzato”<br />

dice Verona. Occorre dunque parlare di “un<br />

imprenditore che deve essere in grado di lanciare<br />

dei progetti”.<br />

E l’attività imprenditoriale, sottolinea Anna<br />

Galletti, amministratore della Galletti-Boston,<br />

altra sigla indipendente, è cambiata negli ultimi<br />

anni grazie alle nuove tecnologie: “Sono<br />

cambiate le modalità per rendere più o meno<br />

nota una canzone” afferma. Per il resto, si tratta<br />

più di un’evoluzione pratica che concettuale:<br />

“Io vedo l’editore ancora come la persona –<br />

perché il rapporto umano è la cosa fondamentale<br />

– che crede in un autore, si appassiona in<br />

una canzone e cerca di portarla al successo. Il<br />

gusto stesso di scovare una qualche canzone<br />

nuova, un autore nuovo e mettercela tutta per<br />

cercare di portarla al successo, credo che questa<br />

fosse l’attività di una volta e lo è tuttora”.<br />

Franco Daldello, consigliere delegato della<br />

Peer Southern Productions, parla di una professione<br />

che nel corso degli anni non è cambiata<br />

fondamentalmente ma che è comunque a


VIVAVERDI<br />

28<br />

mestieri<br />

“doppio binario”: uno artistico – appunto la<br />

scoperta dei talenti – e un altro amministrativo:<br />

ovvero offrire all’autore “la massima assistenza<br />

affinché sia in Italia che all’estero i suoi<br />

proventi siano assicurati da una corretta<br />

amministrazione”. Chiude Alessandro Savasta,<br />

publishing manager delle Edizioni Suvini<br />

Zerboni, alle prese forse con il mercato più difficile<br />

di tutti, quello della musica “seria”: l’editore,<br />

a suo avviso, “deve dare la possibilità ad<br />

un giovane compositore di fare carriera”, al di<br />

là dell’occasionale passaggio in radio di qualche<br />

esecuzione. Per un catalogo contano “i<br />

nomi e le opere che possano rimanere nel<br />

tempo”.<br />

Il che non è facile, viste le condizioni del mercato<br />

e non solo in quello della musica classica,<br />

tanto che il contratto in esclusiva è diventato<br />

una rarità circoscritta ad artisti di ormai provato<br />

valore: “I rapporti sono molto elastici,<br />

nessuno è più in grado di garantire la sopravvivenza<br />

a un autore dandogli un fisso mensile<br />

per campare”, spiega Corsi; la regola è piuttosto<br />

quella dell’opera singola o dei contratti a<br />

tempo limitato, anche per volontà degli stessi<br />

artisti: “Prima c’erano vincoli contrattuali che<br />

facevano un po’ sorridere, contratti di 5 anni<br />

più 2, ovvero sette anni di accordo il che significava<br />

andare in pensione dopo tre accordi firmati”,<br />

ricorda Verona.<br />

“Tenere molti rapporti di esclusiva, che poi<br />

non portano a nulla, crea solo frustrazione.<br />

Quindi noi ne abbiamo pochi e quei pochi che<br />

abbiamo cerchiamo di farli lavorare al massimo”,<br />

conferma Sugar. Più possibilista Buja:<br />

“Accanto ad autori molto consolidati abbiamo<br />

autori giovani che stanno crescendo e che<br />

dovrebbero essere quelli che ci garantiscono lo<br />

sviluppo della nostra attività nei prossimi<br />

anni”. Più difficile invece è la situazione in<br />

mercati più di nicchia, come quello della<br />

musica da ballo, come spiega Galletti:<br />

“Esistono sia contratti di esclusiva con determinati<br />

autori, soprattutto di una certa levatura,<br />

sui quali si investe in maniera massiccia e<br />

soprattutto nel tempo; in altre occasioni invece<br />

si fanno contratti (Bollettini modello 112, ndr)<br />

opera per opera, soprattutto con i più giovani,<br />

anche perché occorre metterli alla prova. Nel<br />

settore della musica da ballo i brani sono molto<br />

Di fianco,<br />

Franco Daldello;<br />

nella pagina che segue,<br />

Alessandro Savasta<br />

e Anna Galletti<br />

lenti a partire, non è come nella musica dance<br />

che in sei mesi sai già se un pezzo funziona; il<br />

ciclo vitale di un’opera dance è sicuramente<br />

molto più breve rispetto a quello di un’opera<br />

da ballo su cui però devi insistere, devi promozionarla,<br />

devi lavorarci sopra per dei mesi, se<br />

non per degli anni”. Una delle difficoltà per le<br />

case editrici – dalla quale paradossalmente la<br />

figura dell’editore ne esce rafforzata – è che la<br />

struttura del mercato, e quindi dei diritti d’autore,<br />

sembra cambiata: il dominio indiscusso<br />

del vinile prima e del Cd poi appare assai meno<br />

solido, grazie all’avvento delle nuove tecnologie<br />

o del sempre maggiore utilizzo delle canzoni<br />

direttamente nelle pubblicità o nel cinema:<br />

tutti canali che evitano di passare per un discografico<br />

ma che per essere sfruttati hanno bisogno<br />

di un editore che sappia riconoscere le<br />

loro possibilità e utilizzarli per la promozione.<br />

Le strategie possibili sono diverse, come spiega<br />

Sugar: “Noi siamo anche editori di musica<br />

classica e nell’ambito della musica classica la<br />

cosa più importante è far arrivare un brano ad<br />

una esecuzione; dopodiché è ovviamente fondamentale<br />

la maggior diffusione possibile –<br />

dai dischi a qualsiasi altro mezzo, come le partiture.<br />

Anche nel caso della musica leggera è<br />

importante fare arrivare un brano ad una esecuzione,<br />

tuttavia in questo settore attualmente<br />

la stampa degli spartiti non ha più il valore che<br />

aveva 40 o 50 anni fa. Le possibilità possono<br />

essere varie: un progetto discografico, quindi<br />

portare quel brano ad un cantante, ad un artista;<br />

il cinema, che è una strada interessantissima;<br />

la televisione, qualsiasi mezzo di divulgazione<br />

che abbia la musica come parte del suo<br />

contenuto”.<br />

Trovare un ‘interprete adeguato per una canzone<br />

non è sempre semplice però, avverte<br />

Rolando, che addita l’esempio di Andrea<br />

Bocelli o Gianni Morandi: “È sempre più raro,<br />

anche se rimane una grande parte del nostro<br />

lavoro. Tra i giovani è più raro trovare un interprete<br />

puro, oppure trovi la via di mezzo: la<br />

Pausini, che vuole i brani da fuori ma vuol scrivere<br />

con chi glieli propone”.<br />

“La stampa della musica a favore dei musicisti<br />

che suonano dal vivo si fa sempre, è un veicolo<br />

promozionale”, afferma Corsi, che precisa: “La<br />

promozione più importante è nel circuito<br />

internazionale dei nostri consociati. Per esem-<br />

pio, quando ci dicono che c’è un interprete<br />

internazionale che sta cercando canzoni, noi<br />

promuoviamo le opere dei nostri autori per far<br />

sì che quell’artista le ascolti ”. Per quel che<br />

riguarda i canali offerti dalle nuove tecnologie,<br />

la difficoltà è quella di trovare degli strumenti<br />

che garantiscano la giusta remunerazione degli<br />

autori: “Fatta eccezione per iTunes che paga<br />

regolarmente, la norma sul digitale è la pirateria”,<br />

conferma Corsi, il quale sottolinea: “Chi<br />

utilizza la musica deve essere cosciente di dover<br />

pagare, e questo è un fatto di educazione su cui<br />

l’industria si deve impegnare fortemente con la<br />

<strong>Siae</strong> per spiegare perché questo sia giusto”.<br />

Per Buja la promozione è quasi un “porta a<br />

porta”: “Si contattano le case discografiche e<br />

gli interpreti, e si propongono canzoni in catalogo<br />

che possono essere considerate loro adatte.<br />

Ma abbiamo anche altri tipi di promozione:<br />

proponiamo il nostro repertorio attraverso le<br />

agenzie di pubblicità per un utilizzo di sincronizzazione<br />

pubblicitaria per campagne radiofoniche<br />

e televisive; inoltre attraverso un contatto<br />

che passa dall’ufficio ‘nuove tecnologie<br />

Universal’ cerchiamo di inserirlo in siti<br />

Internet o nella telefonia mobile, in maniera<br />

che ci si possa avvicinare alla canzone non<br />

necessariamente attraverso la sola produzione<br />

discografica”.<br />

“Una volta si andava alla casa discografica, e lì<br />

si chiudeva la questione”, ricorda Daldello:<br />

oggi invece occorre innanzitutto trovare un<br />

intreprete o registrare un demo, compito in cui<br />

l’editore può fare da intermediario, assumendo<br />

così anche un ruolo da produttore; ma in<br />

secondo luogo “ogni buon editore che si<br />

rispetti ha un archivio dati, un data base”,<br />

indirizzi – a volte migliaia – ai quali vengono<br />

inviati spartiti e basi midi. Una scelta obbligata,<br />

questa, per chi si occupa di musica – come<br />

quella da ballo – che verrà soprattutto eseguita<br />

dal vivo più che affidata solo ad un supporto<br />

discografico, spiega Galletti: “Abbiamo una<br />

mailing list di migliaia di nomi che è costante


mente aggiornata; si fanno migliaia di invii ma<br />

è un costo che riusciamo a sopportare; poi per i<br />

brani più significativi si registra il videoclip,<br />

esistono delle trasmissioni televisive che li<br />

mettono in onda, soprattutto – purtroppo –<br />

canali televisivi privati che hanno programmi<br />

specifici di musica da ballo e fanno passano i<br />

videoclip di orchestre. Ma al di là della musica<br />

da ballo ci occupiamo anche di altri settori,<br />

come il genere latino, salsa cubana, dominicana:<br />

in questo caso abbiamo delle modalità di<br />

promozione diverse, più simili a quelle della<br />

musica leggera. Questa promozione si rivolge<br />

soprattutto alle fiere salsere o ad altri eventi di<br />

quel genere e poi è diretta anche all’estero,<br />

come accade al settore in crescita della musica<br />

lounge-chillout”.<br />

Discorso analogo per il settore della musica<br />

classica: “Abbiamo una banca dati di oltre<br />

4mila indirizzi in tutto il mondo”, spiega<br />

Savasta, di qui il ricorso a mezzi di informazione<br />

come riviste specializzate o newsletter via<br />

Internet da inviare a tutti i potenziali clienti<br />

interessati ad eseguire – dal vivo o in studio –<br />

una particolare opera in catalogo.<br />

Quanto ai mezzi di comunicazione più importanti,<br />

“si occupano soprattutto di grandi eventi”,<br />

come indica Verona, che in Italia ne vede<br />

essenzialmente tre: Sanremo, il concerto del<br />

Primo Maggio, il Festivalbar (“l’unica compilation<br />

che vende”). Ma entrare nel circuito di chi<br />

può permettersi di partecipare a tali eventi non<br />

è affatto semplice, né per un editore né per un<br />

artista ancora da far conoscere al grande pubblico.<br />

Per questo Verona insiste sulla qualità<br />

del prodotto: “Il disco, come negli anni ’60 e<br />

’70, dovrebbe essere un po’ il punto d’arrivo e<br />

non di partenza del gruppo, dell’artista, della<br />

band, che soltanto dopo essersi collaudati con<br />

del Live ed essersi fatti conoscere con molta<br />

attività dal vivo e attraverso il web dovrebbero<br />

poter fare il passo successivo con dei dischi che<br />

abbiano dei contenuti interessanti non solo<br />

per una cerchia di aficionados in un territorio<br />

determinato, ma aprire un po’ le porte ad un<br />

mercato che possa guardare anche all’estero;<br />

un prodotto frutto di tutte le esperienze che si<br />

sono fatte, anche delle contaminazioni musicali<br />

e sonore che si sono vissute andando in<br />

giro a suonare”.<br />

Quello dell’editore è insomma un lavoro per il<br />

quale serve una precisa vocazione: l’editore “è<br />

innnamorato dell’autore, della canzone: una<br />

canzone rimane nel cuore dell’autore molto più<br />

a lungo di quanto rimanga il successo del disco<br />

nel cuore del discografico; finito quel successo<br />

il discografico deve farne subito un altro”, spiega<br />

Daldello, il quale sottolinea le difficoltà nei<br />

rapporti attuali fra i due settori: “Attualmente la<br />

nostra maggior preoccupazione è l’attacco sferrato<br />

da una parte della discografia, che tende ad<br />

abrogare l’articolo 180 (ovvero l’esclusività<br />

della percezione dei diritti d’autore alla <strong>Siae</strong>): i<br />

discografici, cosiddetti ‘utilizzatori dell’opera’,<br />

d’altra parte ci sono necessari, perché senza di<br />

loro la divulgazione dell’opera è difficile; opera<br />

che nello stesso tempo vorrebbero però pagare<br />

sempre di meno”.<br />

Insomma, una professione che ha davanti un<br />

futuro ancora roseo, nonostante la rivoluzione<br />

Internet abbia colto un po’ tutti di sorpresa,<br />

come spiega Rolando: “La musica sta diventando<br />

magari non protagonista come una volta,<br />

perché ce n’è troppa, ma è dappertutto: noi<br />

dobbiamo mantenerne la qualità e la gestione,<br />

lottare contro la pirateria”; proprio Internet e i<br />

digital rights, non legati alla vendita del supporto<br />

discografico, daranno maggiore impor-<br />

VIVAVERDI<br />

29<br />

tanza alla professione di editore, sostiene Buja.<br />

Per Galletti e Sugar a giocare un ruolo primario<br />

sarà proprio la <strong>Siae</strong>, se questa riuscirà a garantire<br />

remunerazioni “in linea con il maggior<br />

consumo di musica che esiste”: e “maggiori<br />

risorse per gli editori significano maggiori<br />

investimenti sulla creatività e gli artisti”.<br />

Sui controlli della <strong>Siae</strong> ritorna Daldello:<br />

“Purtroppo negli ultimi anni abbiamo notato<br />

una flessione dovuta ad una serie di ragioni: la<br />

più importante è il comportamento scorretto di<br />

molte orchestre, che suonano i successi di ieri e<br />

di oggi ma poi nei programmi scrivono i titoli di<br />

altre canzoni. La <strong>Siae</strong> è molto presente in periferia,<br />

ma è molto più occupata ad incassare che<br />

a controllare: incassa bene, ma controlla molto<br />

poco”. Ma la responsabilità è in parte anche<br />

degli stessi autori, continua Daldello: “Ormai<br />

svolgiamo un’attività a livello continentale e<br />

l’autore, per sapere quanto succede, dovrebbe<br />

frequentare maggiormente e stare a fianco degli<br />

editori. Saltando l’editore probabilmente non<br />

viene nemmeno a conoscenza dei problemi che<br />

riguardano la remunerazione del suo lavoro”.<br />

La disponibilità di risorse rimane, a detta di<br />

Savasta, il problema principale da affrontare:<br />

“Ogni volta si parla di tagli ai fondi destinati allo<br />

spettacolo e agli eventi di carattere culturale: i<br />

festival hanno pochi soldi e quindi fanno pochi<br />

concerti, chi esegue la musica contemporanea<br />

continua a chiederci sconti perché ha pochi<br />

soldi per pagare il noleggio, per pagare i solisti,<br />

per fare il concerto, per muoversi. Produrre è<br />

diventato molto costoso anche per noi”.<br />

Quello della musica contemporanea, conclude<br />

Savasta, appare per un editore un futuro “brutto<br />

no, ma faticoso sì”.


VIVAVERDI<br />

30<br />

opera<br />

GIULIETTA E ROMEO<br />

RICCARDO, PASQUALE, VERONA, L'AMORE<br />

di Stefano Micocci<br />

“Le pietre, l’aria, le persone e la città.<br />

Dal cielo scende l’aria e si fa respirare. Amore,<br />

vita, morte, questa è la città.<br />

Ma c’è nell’aria un odio che si può toccare.<br />

Verona, L’amore, Giulietta, L’amore, Romeo,<br />

Verona…”.<br />

Roma, che mai come stasera è Roma caput mundi.<br />

È il 16 settembre e sono le 21. Il cielo è coperto,<br />

minaccioso. L’atmosfera è unica, siamo al<br />

Colosseo, dentro il Colosseo. Solo Paul McCartney<br />

aveva avuto questo onore. C’è un palcoscenico<br />

montato, delle luci non ancora spettacolari che<br />

fremono per essere liberate da un maghetto francese,<br />

tal Jacques Rouveyrollis, che abbiamo conosciuto<br />

e apprezzato nei concerti di Cocciante ai<br />

tempi del tour La Grande Avventura. Una impeccabile<br />

organizzazione a cura di Friends e Partners,<br />

Comune di Roma, Airc, Telecom, la<br />

Soprintendenza Archeologica e il Ministero per i<br />

Beni e le Attività Culturali che hanno allestito una<br />

tribuna per i giornalisti, non solo italiani. E una<br />

platea di circa trecento invitati, “crema” della<br />

società civile, il pubblico più difficile del mondo!<br />

Ma non fa niente, a Cocciante piacciono le grandi<br />

avventure e altrettanto le sfide. Quella di Notre<br />

Dame de Paris è stata stravinta da Riccardo<br />

Cocciante e Pasquale Panella, quest’altra è appena<br />

partita: l’appuntamento è a Verona per la prima<br />

mondiale, il primo giugno 2007.<br />

La serata al Colosseo sembrerebbe un’anteprimalancio<br />

un po’ eccessiva e invece si propone un<br />

preciso obiettivo, è parte di un vero e proprio progetto:<br />

sarà devoluto a favore della ricerca sul cancro,<br />

all’Airc, 1 euro per ogni biglietto venduto al<br />

pubblico che assisterà alle rappresentazioni di<br />

Giulietta e Romeo nel lungo tour che toccherà le<br />

principali città del mondo fino al 2015. La prevendita<br />

dei biglietti è iniziata già in questo mese di<br />

Di fianco,<br />

Pasquale Lino Panella;<br />

nella pagina che segue,<br />

Riccardo Cocciante<br />

in una Foto di Michel Figuet<br />

Diretta-differita d'una visione, una pre-visione, un'anteprima assoluta della nuova opera<br />

di Riccardo Cocciante e Pasquale “Lino” Panella. Cocciante, da solo sul palcoscenico,<br />

interpreta tutti come un one man opera, mostra ai futuri attori cantanti come devono<br />

interpretare Giulietta, Romeo, Verona, le risse, la festa, l'amore, la morte, la storia infinita.<br />

Artista unico nel panorama italiano, è assistito spiritualmente in platea da Panella, che<br />

commenta per Vivaverdi l'eccezionale evento che ha luogo dentro il Colosseo<br />

settembre. Ma in questa notte di fine estate l’artista<br />

nato a Saigon, vissuto a Roma, Parigi, Miami e<br />

Dublino, ce la offre in anteprima, da solo sul<br />

palco, one man opera: come un gladiatore, lui con<br />

quel fisico solo apparentemente piccolo, in realtà<br />

è una forza della natura. Manca poco all’inizio del<br />

primo atto, Riccardo sta per interpretare Giulietta,<br />

naturalmente Romeo, ma anche Mercuzio e<br />

Tebaldo, Fra’ Lorenzo e Benvolio, i Montecchi e i<br />

Capuleti; le liti, l’affronto, l’odio, l’amore, la festa,<br />

la maledizione e la benedizione, le spade, la vita,<br />

le ferite, la morte. Tutto da solo. Tutto in una<br />

notte. Ed eccolo sul palco, raccoglie i primi<br />

applausi, e lui, candido per natura ma anche per<br />

scelta, si presenta dicendo con un fil di voce:<br />

“Tutto qua”.<br />

Al pubblico spetta il compito d’immaginare i ballerini<br />

e gli immancabili acrobati, le diverse scenografie,<br />

i cori, le facce dei futuri protagonisti, le<br />

lacrime in scena e quelle emozionate del pubblico<br />

degli adolescenti, gli applausi a scena aperta e<br />

tutto il resto: a tratti, le vedremo forse, le future<br />

immagini, proiettate sulle pietre sacre della storia,<br />

ma sarà frutto della nostra immaginazione, uno di<br />

quei piccoli miracoli che compiono gli artisti, o<br />

meglio, alcuni di loro: Richard Cocciante, nella<br />

sua carriera, ne ha fatto qualcuno in più.<br />

L’abbiamo visto e ascoltato all’Olympia di Parigi,<br />

nel gennaio del ’94, cantare in francese per i suoi<br />

parigini, ma anche cantare nella stessa città, per<br />

12.000 persone a distanza di pochi giorni, nel<br />

grande Auditorium della Città della Scienza, con il<br />

pubblico francese che gli richiedeva di cantare<br />

qualche pezzo nel suo italiano, per poi spellarsi le<br />

mani negli applausi, smentendo ogni pregiudizio<br />

culturale da parte loro, nei nostri confronti.<br />

E poi quel mese di Teatro Sistina a Roma: 40<br />

repliche del concerto de La grande Avventura,<br />

tutto-esaurito ogni sera, ai tempi in cui Gianni<br />

Marsili con Paddeu, rilanciavano il Teatro come<br />

luogo di musica, ideale per i cantautori . Ma oggi,<br />

dentro il Colosseo, è la sera dei miracoli, leggete<br />

cosa sta dicendo adesso Cocciante: “Buonasera…<br />

Tutto qua. Non c’è altro aggettivo che questo: che<br />

sia buona la sera… Il luogo è una meraviglia del<br />

mondo. E di questa meraviglia, tra poco romperemo<br />

il silenzio. Tutto il resto è semplice, è tutto<br />

qua: tra poco ci saranno la musica, le parole, il<br />

canto, la luce… la giovinezza spezzata. Che per un<br />

autore significa “maturità” . Giulietta e Romeo è<br />

anche questo: sopravvivere alla propria giovinezza<br />

innamorata perché qualcuno deve raccontarla o,<br />

meglio, cantarla… perché il canto rende infinita la<br />

vita. Questa non è un’anteprima ma la manifestazione<br />

d’un segreto, l’intimo incontro tra musica,<br />

parole e canto, quando scena e personaggi sono<br />

ancora un luminoso abbaglio. Un segreto che può<br />

essere svelato, ad alta voce, una volta sola… Tutto<br />

qua. Grazie infinite dal canto nel quale soltanto è<br />

infinita la vita, è infinito l’amore”.


VIVAVERDI<br />

31


VIVAVERDI<br />

32<br />

opera<br />

Prima di farci travolgere dal canto, parliamo con<br />

Pasquale Panella, autore del testo di Giulietta e<br />

Romeo, sì, prima Giulietta e poi Romeo…<br />

“Giulietta e Romeo è italiana di nascita, come<br />

novella che passa di mano da Luigi Da Porto a<br />

Masuccio Salernitano, a Matteo Bandello: una<br />

novella, non ancora teatro, superiore in Bandello<br />

al dramma di Shakespeare, una storia talmente<br />

congenita all’uomo. La perdita della giovinezza,<br />

l’amore tanto grande in quanto non dura. Questo<br />

“non durare” è tanto grande!”.<br />

Intanto Cocciante canta:<br />

Giulietta, perché?<br />

Romeo, perché?<br />

Perché questo amore<br />

Muore per amore<br />

Perché?<br />

Panella e Cocciante<br />

nel concerto al Colosseo<br />

del 16 settembre scorso<br />

Di fianco la locandina<br />

dell’opera contemporanea.<br />

Insistiamo con Pasquale Panella, l’uomo che dice:<br />

“se devo chiedere un parere autorevole, lo chiedo<br />

a me”, ma noi siamo abbastanza d’accordo con<br />

l’opinione che lui ha di lui. Chi lo conosce bene, sa<br />

che la sua natura simile a quella di Carmelo Bene,<br />

lo avrebbe portato a film suoi tipo Capricci o<br />

Nostra Signora Dei Turchi, a dischi suoi, a distanze<br />

eccessive dal pubblico di maggioranza. E allora<br />

un giorno ha deciso di scrivere canzoni, lui che<br />

avrebbe potuto scrivere un libro alla settimana!<br />

Cominciò con Enzo Carella, raggiungendo quasi<br />

da subito risultati originali, raffinati ma anche<br />

graditi dal pubblico. Provò a trottolare con Minghi<br />

con successo, mentre tutti conoscono Don<br />

Giovanni e gli altri dischi con Lucio Battisti. Notre<br />

Dame De Paris, non è una casualità, un colpo di<br />

genio, perchè aveva già scritto svariati esperimenti<br />

per una via italiana al musical, vere e proprie<br />

perle, ma di “bigiotteria”, perché è così che definisce<br />

il musical: tra i tanti anche un’Odissea per<br />

un Ulisse troppo vero come Carella, un artista<br />

viaggiatore, uno che a Itaca non è ancora tornato.<br />

“Il loro amore è un oltraggio al mondo e alla contemporaneità!<br />

Due che si amano stabiliscono la<br />

Foto Miki<br />

più assoluta, esclusiva contemporaneità d’essi<br />

soli, circondati da esseri risibili e inattuali.<br />

L’attualità è essere soli al mondo, soli in due, circondati<br />

da cattivi esempi. Chi si ama è un’offesa<br />

agli affari, all’amministrazione locale: sto parlando<br />

dell’amore in fiamme, dell’amore insensato,<br />

della vampa nascente, dell’incendio che sa d’esser<br />

doloso. I nostri amori in anticipo sulla vita, quelli<br />

che nascono di nascosto, non manifesti per istinto,<br />

occultati alle più vicine e basse e alle più lontane<br />

e alte gerarchie, l’amore che nessuna forza dell’intero<br />

arco parlamentare può rappresentare, che<br />

sfugge alla statistica e al sondaggio, all’analisi di<br />

mercato, quell’amore senza prodotto. Ma soprattutto,<br />

finalmente, senza futuro. L’abbiamo conosciuto,<br />

mi vorrei rovinare… parlare del primo<br />

amore, dell’amor primo… è importante che<br />

Romeo fantastichi all’inizio per Rosalina, ma lo<br />

sanno tutti, è il suo amore costruttivo ossia non è<br />

l’amore, è dicibile ossia è futuro, è arredamento, è<br />

casa, famiglia, figli e un buon lavoro, non è amore,<br />

è adeguatezza. Poi Giulietta, il crollo del futuro,<br />

l’ora è adesso, la breve eternità umana tra l’usignolo<br />

e l’allodola, gli uccellini di Shakespeare che<br />

qui, stasera, non ci sono, qui c’è il canto umano,<br />

l’usignolo è lui, l’allodola è lei… Giulietta e Romeo<br />

è storia nostra, di noi creature viventi, è storia<br />

nostra, mortale. Primo in questo senso, l’amore:<br />

che l’eventuale secondo o terzo e via non sono che<br />

parodia… tutta la vita lo è un po’, escluso quell’amore,<br />

primo come primo esempio senza dimostrazione.<br />

Tutti lo conoscono, anche chi non lo<br />

conobbe, perché lo ha sognato… dopo di che<br />

morimmo… fermami, non farmi più parlare…”.<br />

Infatti non parla più, si ferma. “L’amore ferma il<br />

mondo…” sussurra quasi segretamente.<br />

Cocciante canta i Montecchi:<br />

Cercate lite voi qui?<br />

La lite siamo<br />

Noi.<br />

E canta il Principe:<br />

Avete un rancore<br />

Che non sa la ragione<br />

Come fosse un amore…<br />

L’Artista, solo in scena, canta i Capuleti e i<br />

Montecchi insieme:<br />

Maledizione a Verona<br />

Benedizione a Verona<br />

Se l’odio vince, muore<br />

L’amore vince e muore<br />

Dice Panella: “L’amore breve che preferisce morire<br />

piuttosto che continuare ad essere, o diventare,<br />

‘mondo’. Quando ero più giovane, volavo con la<br />

mia auto, avrei voluto che non esistessero tragedie<br />

sulla terra non perché fossi buono ma perché non<br />

mi disturbassero. Correvo all’amore… ’il mondo’<br />

non poteva darmi che fastidio. C’è odio tra le due<br />

famiglie di Verona, un odio precedente alle sue<br />

ragioni, c’è il mondo, volano ‘parole d’aria’, non si<br />

sa perché, la ragione è nell’essere umano, e questi<br />

esseri umani la trovano: si odiano perché loro due<br />

si ameranno. Si ameranno? Sì. E, in quel momento,<br />

la parola politica, la parola affaristica diventerà<br />

tremante parola d’amore, fine a se stessa e delirata<br />

in due. E questo non va bene al mondo, è cosa dell’altro<br />

mondo: la stessa circolazione delle merci è<br />

frutto di una controversia, c’è chi ce le ha e chi<br />

vuole averle e c’è chi ne ha bisogno, e in mezzo<br />

cosa c’è? L’ingaggio di un duello, la contrattazione…<br />

L’amore è un abbaglio, rende ciechi e disinteressati<br />

se non all’amore. E’ una lotta tra due<br />

cecità, l’altra è quella dell’odio. L ’amore nascente,<br />

questa grande tentazione, questo squilibrato tentativo…<br />

ma siamo nel mondo… appare subito il<br />

suo acquirente: una morte sollecita… c’è convenienza…<br />

può sembrare incredibile, c’è convenienza<br />

anche per gli amanti. Diventano, anche<br />

loro, subito merce, alimenti del sogno, della leg-


Foto Armando Rotoletti<br />

genda, scena, novella, teatro, finzione della nostra<br />

morte innamorati. In musica. Parole d’aria dell’odio,<br />

parole d’aria dell’amore, arie musicali…”.<br />

Bella questa teoria di Panella, l’amore non muove<br />

il mondo, casomai lo ferma, e poi questo titolo,<br />

prima Giulietta e poi Romeo… Shakespeare non è<br />

nemmeno citato. In italiano questo titolo ha<br />

anch’esso una sonorità amorosa: Giulietta e<br />

Romeo sono già un abbraccio.<br />

“Sono due adolescenti, due bambini… due pazzi<br />

d’amore, le famiglie due maniche di stronzi, il<br />

mondo è quello che è, ossia altro da loro. Cosa<br />

credi che cerchino? Un posto nascosto, una notte,<br />

gli occhi negli occhi, chiusi… o lì, così, o in nessun<br />

posto. Tutto questo cos’è? Non è mondo,<br />

volendo, non è nemmeno vita. La vita, con le sue<br />

premure — dove, quando, come — è un intralcio,<br />

un ostacolo. L’amore abbatte il mondo come barriera,<br />

come spalliera d’edera oltre la quale non c’è<br />

altro che il posto per farlo, l’amore. Cosa vuole la<br />

voglia? Esaudirsi, spirare… Nei due duelli<br />

Tebaldo, il cugino di Giulietta, urla ‘questo lo<br />

scanno’ ossia Romeo, l’altro seme… di mezzo c’è<br />

Mercuzio… il seme sprecato, la giovinezza. Muore<br />

ammazzato per errore, come una figura metaforica<br />

tolta di mezzo, una ridondanza della giovinezza,<br />

un’iperbole. Romeo uccide Tebaldo perché lui ha<br />

ucciso Mercuzio, e questi due muoiono scivolando<br />

sul corpo di Romeo: giovinezza che se ne va. È il<br />

dramma dell’ovvio, la bella banalità: eccezionale è<br />

la sua messa in scena… è sempre un corpo a corpo<br />

con la banalità! Così per i duellanti, così per noi.<br />

Siamo tutti un po’ tiranni, eleviamo la banalità al<br />

rango di ministra delle cose del mondo, di ministra<br />

per lo spettacolo. Giulietta e Romeo, poi il<br />

nulla, un nulla che si fa strada torpidamente, con<br />

Foto Miki<br />

la spietata espansione della nebbia o del sipario.<br />

Un veleno assopisce Romeo che svanisce dormendo,<br />

lei si sveglia dalla sua narcosi, il cuore le batte<br />

e poi le scoppia, lei lo sente squarciarsi, lo induce<br />

a spaccarsi… È il momento dell’espansività: lei<br />

muore per l’esplosione del sentimento, il cuore,<br />

espanso, scoppia… tutto accade dentro, non c’è<br />

sangue né spadino, è la morte in sé, occulta e<br />

occultata come l’amore, la morte è l’amore, il<br />

petto di Giulietta è il più intimo palco nascosto, su<br />

questo palco di teatrale intimità forse già troppo<br />

esposta. Si vede che i due muoiono ma non si vede<br />

dove… e, finalmente, l’amore è eterno, diventa<br />

‘amor da morti’, ‘t’amo fino a morire’ va oltre,<br />

entra nel linguaggio, nella chiacchiera d’amore dei<br />

vivi in platea, se ne esce dal teatro, defluisce e va<br />

per strada, entra nel loro arredamento ma dura<br />

più della lavatrice e del tinello, entra come un tarlo<br />

nei mobili. L’opera è una deflagrazione, nella sua<br />

semplicità, è il racconto della fine, colpisce i protagonisti<br />

ma risparmia il pubblico. La morte di<br />

una ragazza è odorosa, aromatica, infinita, è una<br />

forma di vita altrui. È una canzone che, finendo,<br />

VIVAVERDI<br />

33<br />

non finisce più, alle volte, di ricominciare. E gli<br />

voglio bene a questa canzone, a questa forma<br />

breve, a questo dispiacere di perdere la giovinezza,<br />

dispiacere che essa insinua sempre coi suoi versi e<br />

la sua musica. Dispiacere insieme al sospetto,<br />

quale sospetto? Un dubbio forse… spezzata la giovinezza<br />

resta quel dubbio… quale? Un vero<br />

sospetto e un vero dubbio sono indicibili. E io<br />

non voglio dirli, anzi, più vanitosamente, non so<br />

dirli. Vorrei parlare a vanvera e, quanto lo vorrei,<br />

non avere recensori, per favore… a un certo punto<br />

la questione è tra te e il pubblico, tra te e te stesso<br />

quando, come adesso, sei in platea… tu, io…”.<br />

Due ore di canto estremo, Cocciante comincia a<br />

carburare, non è stanco, anzi felice per la sfida<br />

vinta, è la fine del secondo atto, incrocia il canto di<br />

Fra’ Lorenzo, dei Montecchi e dei Capuleti:<br />

Perché la vita invidia/ questo amore e l’uccide<br />

Questa vita, che è viva, uccide/ questo amore che<br />

muore qui<br />

L’amore che non vivrà mai/e che mai morirà<br />

Perché?


VIVAVERDI<br />

34<br />

BR<strong>UN</strong>O LAUZI<br />

SCRIVERE PER<br />

di Bruno Lauzi<br />

autoritratti<br />

Ognuno di noi vorrebbe lasciare una traccia del<br />

proprio passaggio sulla Terra e fino dagli albori<br />

della civiltà si ritrovano incisioni nelle caverne<br />

a testimoniare l’interesse dei nostri antenati a<br />

fissare nella pietra le prime immagini di un<br />

mondo fumigante, sorgente dai vapori primordiali<br />

raccontati da Stravinskj ne La saga della<br />

primavera… fino ad arrivare al quotidiano<br />

stillicidio di inutili ammassi di chiacchiere e<br />

“paparazzate” che a volte ci fanno amaramente<br />

pentire di doverli decifrare… La traccia che<br />

oggi lasciamo dietro di noi è spesso così poco<br />

lusinghiera che la bava di una lumaca dà<br />

miglior prova di sé…, ma nulla è perduto definitivamente<br />

finché esisterà l’eccezione,<br />

l’Artista cui è demandato il compito storico di<br />

raccontare la Vita con sublime maestria. Sono<br />

gli artisti che ci salvano dalla inutilità dei<br />

mediocri resoconti che ci sommergono: qua e<br />

là dalle pagine insospettabili di una qualche<br />

gazzetta si alza una voce e si è salvi…, ecco allora<br />

la penna sulfurea dei Longanesi, dei Flaiano,<br />

dei Montanelli che ci mostrano impietosamente<br />

la distanza tra il vero genio e il pennivendolo…,<br />

ed ecco nascere il Giornalismo,<br />

ovverosia l’arte di scrivere stringatamente per<br />

tutti gli assetati.<br />

Vi starete chiedendo, alla Totò: “Ma questo<br />

dove vuole arrivare?”<br />

Ammetto d’averla presa un po’ alla larga, d’altra<br />

parte quando mi è stato chiesto di scrivere<br />

su questa splendida rivista di me e delle mie<br />

imprese e farmi per una volta giornalista mi<br />

sono sentito una vocina nell’orecchio sibilarmi<br />

un imperativo che suonava come un “Radames<br />

discolpati!“ di antica memoria… in soldoni, ne<br />

sarei stato capace?<br />

“Diecimila battute”, mi offre impietosamente<br />

l’amico Oscar Prudente. Hai detto prospero!<br />

50 battute per 30 righe fanno circa 7 cartelle…,<br />

e questa è la prima…<br />

Avrete capito che per me scrivere è stato fin<br />

dall’inizio un gioco che solo per caso è diventa-<br />

Bruno Lauzi mentre<br />

legge il primo numero<br />

di Vivaverdi<br />

“Scrivete sempre in modo da essere voi stessi i primi a meravigliarvi di ciò che avete<br />

scritto, evitate le secche del luogo comune e soprattutto del politically correct, scoprite<br />

ciò che nascondete dentro di voi”. È il consiglio dato agli studenti da Bruno Lauzi. Ma<br />

anche il filo rosso di una vita intera trascorsa a comporre testi di canzoni, musica,<br />

poesie, romanzi. Fino all'ultimo caso editoriale: “Il caso del pompelmo levigato”, per<br />

l’appunto. Testimonianza su una nobile arte in prima persona<br />

to una professione. Fin da ragazzino, quando<br />

con gli altri compagni di sogni si progettava il<br />

futuro, ed il nostro quartiere, la Foce a Genova,<br />

stava inconsapevolmente diventando il centro<br />

di una piccola rivoluzione culturale che per<br />

comodità fu definita Scuola Genovese, io ero<br />

stato designato a diventarne lo storico, quello<br />

che l’avrebbe raccontata…<br />

Non chiedetemi perché, ma credo dipendesse<br />

dal fatto che la mia voce parve inadatta al<br />

canto, essendo simile piuttosto a quella del<br />

tipico vecchietto da film western. Il tempo ha<br />

fatto giustizia di questo preconcetto, così come<br />

ha dimostrato che la cosiddetta “scuola” non è<br />

mai esistita, per l’assenza contemporanea dei<br />

maestri e degli allievi: nessuno di noi ha mai<br />

incrociato, se non geograficamente, la vita dell’altro.<br />

Aveva ragione Pasolini quando in uno<br />

dei suoi Scritti corsari ebbe a dire: “Quando<br />

qualcuno non capisce, fabbrica scaffali…”.<br />

Non nego che uno dei miei sogni era quello di<br />

diventare Premio Nobel per la Letteratura,<br />

poiché una volta che si sogna bisogna farlo in<br />

grande, ma oggi, visti i criteri di assegnazione<br />

me n’è passata la voglia: pensate che non l’ebbero<br />

Proust, Kafka, Joyce, Borges…, credo<br />

neanche Ionesco, ma non sono certo.<br />

Comunque, sappiate che scrivere non è difficile,<br />

sempre che conosciate un congruo numero<br />

di vocaboli ed auspicabilmente il loro significato,<br />

e soprattutto la grammatica e le sue sfumature<br />

(è tremendo l’assassinio del<br />

Congiuntivo che si va perpetrando). Mentre a<br />

Varese davo una mano a correggere le bozze dei<br />

suoi libri, l’amico e maestro Piero Chiara mi<br />

spiegò che il problema appunto non era scrivere<br />

ma piuttosto “cancellare”, cioè togliere il<br />

superfluo, praticamente quasi tutto, un po’<br />

come fece Michelangelo con le sue sculture…<br />

(e con questo fa due cartelle…!).<br />

Nella mia già non breve vita ho scritto di tutto e<br />

su tutto. Lo scrittore è un logorroico silenzioso, si<br />

sente in dovere di interloquire su ogni argomento.<br />

Provate però a chiedergli perché, probabilmente<br />

non capirà la domanda, ritenuta superflua:<br />

oh bella!, si scrive perché è inevitabile, il<br />

bisogno di raccontare (“raccontare è raccontarsi”<br />

disse Jack London a suo tempo…, o era<br />

Steinbeck…, che importa? Come odio le citazioni<br />

alla Biagi…, non sapendole fare!) è insopprimibile<br />

e lo portiamo nel nostro Dna ed è ciò che<br />

ci differenzia dalle bestie. Stabilito questo punto,<br />

il problema sarà allora quale mezzo di trasporto<br />

utilizzare per far viaggiare le idee.<br />

Da ragazzo pensavo che vestire di parole la<br />

musica fosse il massimo della comunicazione<br />

possibile, un lavoro piacevole, come pescare le<br />

trote in un laghetto per la pesca sportiva, dove<br />

abboccano da sole, bastava non dimenticarsi<br />

che l’ascoltatore non è interessato alla poesia<br />

ma si contenta di quel che lo sembra, che<br />

“suona” così poetico da commuoverlo fino alle<br />

lacrime. Bastava buttare lì l’esca giusta, il binomio<br />

cuore/amore, ed era fatta! Portate nell’aria<br />

dalle musiche gradevoli e dagli arrangiamenti<br />

accattivanti di “mille violini suonati dal vento”<br />

le parole sono così volate leggere per qualche<br />

decennio della mia vita professionale, con<br />

grande soddisfazione per me e per coloro che


le ascoltarono con la necessaria ingenua partecipazione.<br />

Per coloro invece che non ci volevano “stare” e<br />

cercavano risposte epocali, una parte degli<br />

scrittori di canzonette, i miei colleghi “parolieri”<br />

si cimentarono in una gara a chi sosteneva<br />

le tesi più banalmente condivisibili, del tipo<br />

“siamo tutti fratelli”, “viva la pace, abbasso la<br />

guerra”… Non ci vuole molto per capire che,<br />

non avendo mai accettata simile logica stavo<br />

cominciando ad annoiarmi… e così, da un disgusto<br />

all’altro, sono arrivato alla fine della terza<br />

cartella… ma che fatica!<br />

Contrario ad ogni retorica ho sempre concepito<br />

i miei testi “amorosi” come dei bigliettini da<br />

passare sotto la porta di quella stanza chiusa in<br />

cui ogni mio ascoltatore è rinchiuso, vuoi per la<br />

sofferenza che la solitudine gli provoca, vuoi al<br />

contrario per godersi da solo la momentanea<br />

felicità… come monadi leibniziane il “pubblico”<br />

è una somma di singole anime assetate di<br />

condivisione, in attesa di conferme ai propri<br />

stati d’animo. Diventa così ovvio progettare il<br />

testo tenendo conto delle linee guida che tracciano<br />

i confini del “territorio dell’amore”,<br />

come argutamente l’ha definito Paolo Conte ne<br />

La giarrettiera rosa… e né più né meno di<br />

come avrei agito se avessi dovuto corteggiare<br />

una ragazza, io ho sempre cercato di meravigliare<br />

( “è del poeta il fin la meraviglia…”) con<br />

l’imprevedibilità del soggetto, con qualche<br />

sorpresa talmente nascosta da non sembrare<br />

neanche tale… Qualche esempio? Non sarebbe<br />

corretto farne, neppure nei miei propri<br />

riguardi, sarebbe una sorta di spionaggio industriale<br />

e sarebbe sciocco svelare, per un cuoco<br />

dei sentimenti, i segreti della “cottura”…<br />

È più facile parlare dei testi destinati a ritrarre<br />

il protagonista, colui che canterà poi quella<br />

precisa canzone. Un paio d’esempi: quando il<br />

comune amico Serge Reggiani mi presentò<br />

Georges Moustaki, mi annunciò la sua natura<br />

levantina che faceva di lui una specie di pastore<br />

errante nel Mediterraneo. Mi venne istintivo<br />

presentarlo agli italiani come uno “con questa<br />

faccia da straniero” (inventato, perdonatemi la<br />

civetteria, sei anni prima di “con quella faccia<br />

un po’ così…”). Ne risultò un successo così<br />

clamoroso che Georges definì il mio testo<br />

migliore dell’originale.<br />

La tormentata vita sentimentale della Vanoni<br />

mi suggerì per L’appuntamento la lapalissiana:<br />

”Ho sbagliato tante volte ormai, che lo so già<br />

che una volta in più che cosa può cambiare<br />

nella vita mia?”. L’Italia intera ne convenne…<br />

e i rendiconti <strong>Siae</strong> pure…<br />

Solo quel simpatico “naive” di Piero Focaccia<br />

avrebbe potuto essere creduto se avesse detto<br />

ad una signora ”fuggisca con me”, tanto che<br />

ero certo che avremmo bissato il grande successo<br />

di Permette signora quando gli scrissi<br />

Chi rovina gli Italiani (è la sua ignorantità):<br />

purtroppo non avevo calcolato che quasi nessuno<br />

si accorse dello strafalcione, a cominciare<br />

VIVAVERDI<br />

35<br />

dai discografici! Avevo tirato troppo la corda,<br />

c’è un limite a tutto.<br />

Per concludere il discorso vi offro un piccolo<br />

scoop in esclusiva per Vivaverdi. Sapete chi è il<br />

“piccolo uomo” che non deve andare via? Non<br />

ci vuole una zingara per indovinarlo, Concetta:<br />

quel tale sono io e l’esclamazione è di mia<br />

moglie Giovanna, gridata nel bel mezzo d’una<br />

sana lite coniugale… è da allora che pretende<br />

due ventiquattresimi su ogni pubblica esecuzione…<br />

così imparo ad essere rimasto!<br />

Tirando le conclusioni, i testi che ho più amato<br />

sono Il Poeta, Ritornerai, Se tu sapessi e Ti<br />

ruberò, nella prima parte di carriera, e Io e il<br />

mare (per Bindi), L’ufficio in riva al mare,<br />

Canzone per l’America, Almeno tu<br />

nell’Universo e soprattutto Il colore tuo, questi<br />

ultimi tre scritti sulle musiche di Maurizio<br />

Fabrizio, nella seconda parte. Il mio merito in<br />

certi casi è stato relativo: ci sono musiche che è<br />

impossibile “servire” male! Ma quanta poca<br />

musica valida è in circolazione di questi<br />

tempi… Io ho provato, come i librettisti<br />

d’Opera di un tempo, a provocarne la nascita<br />

scrivendo i testi prima che il compositore mi<br />

obbligasse a scelte forzate, scegliendo metriche<br />

e percorsi che lo obbligassero ad uscire dai<br />

canoni consueti e prevedibili, ed è stato proprio<br />

nel corso della creazione delle canzoni de<br />

Il dorso della balena scritte di concerto con<br />

Fabrizio che mi sono imbattuto involontariamente<br />

nella Poesia, quando mi sono accorto<br />

che in parallelo ai testi stavano nascendo versi


VIVAVERDI<br />

36<br />

“autonomi” che non avrebbero potuto venir<br />

musicati perché bastavano a sé stessi…<br />

Vorrei che si riflettesse di più sull’autonomia<br />

della Poesia, prima di dire la solita cavolata, e<br />

cioè che i testi delle canzoni sono anch’essi<br />

“poesia”. La Parola ha una sua musicalità che<br />

prescinde dall’accompagnamento musicale, il<br />

quale, se c’è, finisce inevitabilmente per svilirla,<br />

non nel senso che essa perda valore ma perché,<br />

dal momento della fusione con la Musica,<br />

essa stessa non potrà mai più conoscere la propria<br />

valenza… Mi rendo conto che il terreno è<br />

minato, per questo proverò a fare un esempio:<br />

come posso ormai sapere il valore del testo di<br />

Ritornerai se non posso liberarmi di quell’ossessivo<br />

ritmo da bolero raveliano?<br />

I sentimenti che susciterà nell’ascoltatore<br />

saranno in qualche maniera indecifrabili e la<br />

loro corretta fruizione dipenderà da fattori<br />

emotivi comunque circoscritti dalla struttura<br />

ritmica di sostegno. Liberando la Parola dalle<br />

pastoie di una convivenza forzata ci accorgeremo<br />

di esserci scavati una via di fuga dalla inevitabile<br />

banalità del “già ascoltato”. Ed ecco che<br />

scrivo:<br />

“Un altro giorno dato in pagamento/all’infame<br />

cambiale/<br />

fino all’esaurimento/del debito iniziale…”<br />

Cosa ci metti sotto,un valzer,un tango, un<br />

rock? E ancora:<br />

“Lampi d’estate/queste tue malcelate/quoti-<br />

diane dentate nella vita./Andarsene da qui/<br />

l’unica uscita/ma traversare la stanza/ è una<br />

salita”. Come si può musicare questa Poesia?<br />

Come si fa a farla piacere a tutti? Come farla<br />

accettare in società? Il fatto è che scrivere non<br />

è una vanità dello scrittore ma un suo bisogno<br />

profondo, è il suo Karma, il suo Destino, e se le<br />

canzoni ne sono l’aspetto più immediato ed<br />

ingenuo, mano a mano che si “cresce” anche il<br />

testo più concettoso finisce per sembrare un<br />

linguaggio troppo adolescenziale, e tu non ti<br />

diverti più…<br />

Così sono nati i miei primi tre libri di poesie (il<br />

quarto è in faticosa costruzione…), I mari<br />

interni e Riapprodi, unificati poi in un solo<br />

volume dal titolo Versi facili, ed Esercizi di<br />

sguardo, entrambi pubblicati dalle Edizioni<br />

Marittime , cioè da me…, introvabili se non<br />

sul mio sito: www.brunolauzi.com.<br />

Ora sono entrato in una fase nuova, che mi fa<br />

privilegiare la prosa, il racconto lungo o<br />

romanzo breve, come volete chiamarlo. Credo<br />

che questa scelta di linguaggio sarà definitiva,<br />

d’ora in avanti sarò destinato a raccontarmi per<br />

interposti personaggi. Onestamente ci ho<br />

messo vent’anni per arrivarci tra crisi di creatività<br />

e ripetuti abbandoni per scoramento, più<br />

un numero imprecisato di porte sbattute in<br />

faccia, e se non fosse stato per l’appoggio<br />

determinante di Franco Battiato che ne ha<br />

perorato la pubblicazione presso la Bompiani,<br />

il mio incredibile Il caso del pompelmo levigato<br />

sarebbe ancora posteggiato nel regno dei<br />

sogni… Perché l’ho definito incredibile?<br />

Perché ha sorpreso anche me che ho iniziato a<br />

scriverlo in un caldo e noioso pomeriggio<br />

dell’84 lasciandomi andare ad una sorta di<br />

“scrittura automatica” che si è andata sviluppando<br />

per germinazione spontanea.<br />

Ultimamente, invitato ad intervenire ad un<br />

seminario di scrittura creativa per giovani studenti,<br />

mi è venuto da affermare il seguente<br />

principio: “Scrivete sempre in modo da essere<br />

voi stessi i primi a meravigliarvi di ciò che<br />

avete scritto, evitate le secche del luogo comune<br />

e soprattutto del politically correct, scoprite<br />

ciò che nascondete dentro di voi”.<br />

Il successo crescente del libro sta a dimostrare<br />

che la fantasia non è morta, c’è ancora spazio<br />

lontano dai biechi calcoli dei venditori di<br />

fumo. A questo proposito non resta che rilevare<br />

la situazione penosa in cui versa ormai la<br />

musica cosiddetta “leggera” in tutto il mondo:<br />

sento di essere giunto in un porto sicuro, e<br />

sono lieto che mi abbiate dato l’opportunità di<br />

affermarlo. In 12.600 battute.


ROMAEUROPA FESTIVAL<br />

VENT’ANNI DI NOMADISMO CULTURALE<br />

di Vanessa Polselli<br />

Peony Pavillon<br />

(Peter Sellars,1998)<br />

anniversari<br />

È il 1986 quando Jean-Marie Drot, direttore<br />

dell’Accademia di Francia a Roma, forte della<br />

presenza di Monique Veaute, direttore artistico,<br />

propone a Giovanni Pieraccini di avviare<br />

un festival capace di portare a Roma il<br />

“contemporaneo”. La proposta, semplice in<br />

sé, non è però di facile attuazione perché se<br />

non tutti i compagni di Drot sono da subito<br />

d’accordo a lasciare che Villa Medici (sede<br />

dell’Accademia di Francia) perda i suoi connotati<br />

di edificio “esterno” e “separato” dalla<br />

vita romana per trasformarsi invece in un<br />

centro di fertili scambi e di incontri culturali<br />

intensi, da parte sua Roma è, negli anni<br />

Ottanta, tutt’altro che il trionfo della cultura<br />

internazionale e contemporanea, immersa<br />

com’era allora nella sua millenaria autosufficienza<br />

(questo ci aveva raccontato Federico<br />

Fellini). Tant’è vero che della necessità di<br />

aprire la città alle nuove tendenze e alle tensioni<br />

artistiche si fa, sin dall’inizio, interprete<br />

proprio lo stesso Comune di Roma. Nato<br />

quindi come ponte fra l’Italia e la Francia, il<br />

Festival ha, anno dopo anno, allargato i confini<br />

della città di Roma ad artisti provenienti<br />

da ogni parte del mondo, latori di una cultura<br />

e di una storia che resta, anche quando non<br />

ascoltata, manifestazione e racconto della<br />

nostra stessa storia.<br />

Senza mai aver avuto un luogo unico d’attività,<br />

ma allestendo di volta in volta i suoi spettacoli<br />

in svariati spazi, convenzionali o meno,<br />

il Festival ha fatto del nomadismo – a leggere<br />

le cose secondo una giusta prospettiva storica<br />

– un punto di forza perché non si è identificato<br />

con alcun luogo, mentre la sua identità e<br />

la sua riconoscibilità si sono legate sempre di<br />

più agli artisti ed agli spettacoli ospitati: un<br />

festival, dunque, come variegata e poliedrica<br />

comunità di sguardi e percorsi.<br />

1986-2005. A lasciar scorrere gli occhi lungo<br />

le annate, tra letteratura, arte visiva, musica,<br />

teatro, danza, cinema emerge subito la<br />

domanda a cui gli organizzatori hanno tentato<br />

di dare, di volta in volta, una risposta, sug-<br />

In questo 2005 il RomaEuropa Festival compie venti anni di vita, e due decenni sono in<br />

genere un intervallo di tempo più che sufficiente per definire l'identità di un'iniziativa e<br />

per verificarne le ragioni d'essere. Un excursus e un bilancio ripercorrendo quattro lustri<br />

di iniziative, spettacoli e appuntamenti culturali attraverso il cartellone di Villa Medici,<br />

sede dell'Accademia di Francia<br />

gerendo possibili percorsi e orizzonti visivi,<br />

giacché una risposta definitiva, si sa, non è<br />

mai possibile in quest’ambito: un festival,<br />

dunque, quale luogo del contemporaneo,<br />

parola difficile che, ambigua e onnivora,<br />

include senz’altro tutte quelle esperienze<br />

artistiche che hanno interpretato, raccontato<br />

o anche negato, ciascuna secondo i propri<br />

strumenti, la nostra società e la dimensione<br />

della nostra esistenza in essa, spesso sfaldando<br />

i confini dei linguaggi e ridisegnando l’estetica<br />

delle arti.<br />

Poiché il 1986 è l’anno della nascita – e come<br />

spesso avviene le rotte del viaggio sono già<br />

tracciate all’inizio –, gli eventi e gli artisti<br />

ospiti hanno una loro genetica importanza:<br />

sotto il titolo di “Barocchi e Tendenze”, filo<br />

rosso di quest’edizione, si declina un viaggio<br />

da una parte lungo le musiche e la cultura del<br />

Seicento e, dall’altra, lungo le esperienze<br />

artistiche che si muovono armonicamente fra<br />

i diversi linguaggi. “Barocco”, dunque, è il<br />

concerto presentato da Claudio Ambrosini ed<br />

il suo Ex Novo Ensemble, o l’incontro fra<br />

passato e presente consumato sul mito di<br />

Fedra ne Le Racine di Sylvano Bussotti, o<br />

anche la filologica interpretazione della<br />

musica di Rameau e Charpentier da parte de<br />

Les Arts Florissant, sicuramente uno dei<br />

migliori gruppi vocali e strumentali, a livello<br />

internazionale, di musica barocca.<br />

Superamento dei confini linguistici e attenzione<br />

alle nuove tendenze espressive si legge<br />

invece nella parola che cerca corpo, spazio e<br />

voce sulla scena (l’incontro fra la scrittura<br />

letteraria di Valerio Magrelli e quella scenica<br />

VIVAVERDI<br />

37<br />

di Giorgio Barberio Corsetti), o anche nel<br />

video che investiga se stesso in quanto arte (le<br />

opere presentate da Studio Azzurro, Mario<br />

Martone e Federico Tiezzi) o, ancora, nella<br />

musica che vive e si origina dal rapporto con<br />

la scena (le colonne sonore di Massimo<br />

Terracini, Fulvio Maras e Paolo Modugno).<br />

Accanto a queste esperienze leggiamo (nel<br />

programma) anche la presenza dell’estrosa e<br />

provocatoria coreografa Regine Chopinot,<br />

accanto a quella veramente trasversale di<br />

Philippe Decouflé, mentre la musica raggiunge<br />

il suo apogeo con Turangalîla, il canto<br />

d’amore dalle sonorità complesse ed innovative<br />

di Olivier Messiaen, presente al concerto<br />

con la sua partitura in mano, mentre<br />

l’Orchestra di Santa Cecilia la interpretava<br />

sotto la direzione di un misurato Kent<br />

Nagano.<br />

Teatro, musica, danza, arte: da questo 1986, il<br />

festival, negli anni, sembrerebbe non aver<br />

abdicato ai suoi principi costitutivi, nel bene<br />

e nel male, con spettacoli talvolta anche “difficili”<br />

o non perfettamente riusciti, ma<br />

comunque coerenti con tale linea artistica.<br />

Lunga è la teoria di artisti che hanno presentato<br />

in questi venti anni le loro visioni pericolose,<br />

dissacranti o irriverenti (talvolta<br />

anche fastidiose) al sedentario pubblico<br />

romano: tra questi, per cominciare dal teatro,<br />

Peter Sellars (1998, 1999, 2002, 2003),<br />

Robert Wilson (1998, 2001, 2002), e la<br />

Socìetas Raffaello Sanzio di Romeo<br />

Castellucci, sicuramente tre dei maggiori<br />

registi contemporanei e più volte ospiti del


VIVAVERDI<br />

38<br />

anniversari<br />

Festival: accanto alle opere di Sellars quali<br />

Peony Pavilion (1998), che parte da un testo del<br />

poeta cinese Tang Xianzu (XVI sec.), e The Story<br />

of a Soldier (1999), che traduce in epoca<br />

moderna, attraverso i latinos (gli immigrati<br />

messicani in America), il senso di esclusione<br />

vissuto da Stravinskij, ci sono il Woyzeck (2002)<br />

di Büchner, che Wilson ha costruito insieme<br />

alla musica di Tom Waits, espressione visiva,<br />

rarefatta e non retorica del sentimento, e<br />

Voyage au bout de la nuit (1999) della Socìetas<br />

Raffaello Sanzio, trascrizione in forma di dolorosa<br />

partitura vocale del celebre dramma di<br />

Céline. Ma queste sono solo alcune delle opere<br />

che hanno raccontato, con testi di tradizione,<br />

una storia tutta contemporanea, con un linguaggio<br />

che non ha concesso molto alle abitudini<br />

dello spettatore; e se scorriamo velocemente<br />

i cartelloni, saltano fuori i nomi del belga Jan<br />

Fabre (1987, 2001), che riunisce in sé i ruoli di<br />

regista, drammaturgo, coreografo e scenografo<br />

dando vita a un teatro personalissimo e provocatorio,<br />

in cui ogni materia e funzione del corpo<br />

si fanno linguaggio di scena; il gruppo catalano<br />

de La Fura dels Baus, nato alla fine degli anni<br />

Settanta come compagnia di strada e approdato<br />

poi ai più importanti palcoscenici internazionali,<br />

conservando sempre quella particolare<br />

vocazione alla scomoda denuncia oltre che al<br />

dialogo non convenzionale con lo spettatore;<br />

Giorgio Barberio Corsetti, presente nel cartellone<br />

del festival fin dalla prima edizione del<br />

1986 ed ospitato nel 2003 in un singolare esperimento<br />

drammaturgico in collaborazione con<br />

Giovanni Lindo Ferretti, ex leader dei CCCP;<br />

William Kentridge, che mescola animazione e<br />

spettacolo dal vivo, denunciando senza retorica<br />

la dura condizione di vita nel Sudafrica dell’apartheid;<br />

Alessandro Baricco o Stefano Benni,<br />

entrambi chiamati a mettersi in scena attraverso<br />

letture che chiedono alla parola di farsi spazio<br />

e spettacolo; Francesca Lattuada con il suo<br />

circo che racconta storie più che offrire solo<br />

numeri di acrobazia, o Bartabas, che attorno al<br />

cavallo ha costruito un altro modello di vita;<br />

Frank Castorf, infine, il cui sguardo crudelmente<br />

fisso su un mondo omologato denuncia<br />

la nevrosi quale condizione dominante ed abituale<br />

nella vita quotidiana.<br />

Il palcoscenico, zona franca, si è trasformato<br />

così nel luogo ideale per un attraversamento<br />

delle frontiere – nel senso linguistico ed artistico,<br />

geografico e sociale –, dove gli artisti mesco-<br />

lando in modo libero e denso di significato ogni<br />

forma e linguaggio, hanno cercato l’espressione<br />

ed il modo adatto a dare voce alle tensioni del<br />

mondo contemporaneo, alle sue contraddizioni,<br />

alla sua molteplicità di messaggi e di strumenti<br />

di comunicazione.<br />

Non a caso, infatti, alcune delle opere ospitate,<br />

soprattutto per la danza e per la musica, hanno<br />

presentato un uso strumentale o critico della<br />

tecnologia: tecnologia come mezzo per indagare<br />

e sperimentare le molteplici possibilità del<br />

suono (da Berio a Nono a Xenakis) oppure quale<br />

elemento che modifica il rapporto dell’uomo<br />

con il corpo e con lo spazio, agendo sulla percezione<br />

stessa – veicolo primo dell’esperienza.<br />

Alla danza soprattutto, ontologicamente, si<br />

mostra affidato in questo ultimo ventennio del<br />

ventesimo secolo il racconto del corpo – ovvero<br />

della vita in prima persona. E così le coreografie<br />

dicono di un corpo sempre in movimento<br />

oppure immobilizzato, apparentemente libero<br />

e pronto alle più estreme esperienze eppure<br />

spesso insensibile, insoddisfatto, incapace di<br />

avvicinare un altro corpo, di reagire al circostante;<br />

il corpo come zona di confine fra dentro<br />

e fuori, fra l’interiorità ed il mondo esterno,<br />

non più negato: esso è l’uomo stesso, nella sua<br />

totalità. Da Susanne Linke a Karin Saportà; dalla<br />

divertita danza senza “stile” di Jean Claude<br />

Gallotta a quella innovativa e colorata della<br />

Compagnie Montalvo-Hervieu; da Michael<br />

Clark e i DV8 a Jirí Kylián (cha ha abbattuto il<br />

tabù di una danza consacrata alla giovane età,<br />

creando una straordinaria compagnia di ultraquarantenni)<br />

e Angelin Preljocaj fino al White<br />

Oak Dance Project, compagnia di giovani danzatori<br />

guidata dalla grande esperienza di<br />

Mikhail Baryshnikov, e ai giovani – ma non<br />

troppo – gruppi italiani (Enzo Cosimi, Lucia<br />

Latour, Virgilio Sieni, Paola Rampone,<br />

Kinkaleri, Sosta Palmizi) per giungere poi a<br />

nomi che sembrerebbero abitare ormai soltanto<br />

i manuali quali Trisha Brown, Carolyn<br />

Carlson, Alain Platel, Merce Cunningham,<br />

William Forsythe, Maurice Bejart e Bill T. Jones.<br />

Il corpo recuperato dalla danza moderna, s’è<br />

detto, ma anche quello che dalla tradizione ha<br />

recuperato la propria ragione, i propri ritmi ed<br />

un immaginario ancestrale come è il caso del<br />

flamenco (1990, 1991, 1992, 1995, 1997 – con le<br />

compagnie di Blanca Del Rey, Cristina Hoyos,<br />

Joaquin Ruiz), o del patrimonio culturale asiatico,<br />

con il Balletto dell’Accademia Reale Khmer<br />

(1997) o con le interpretazioni del Ramayana da<br />

parte di compagnie indiane, tailandesi e balinesi<br />

– e qui lo spettacolo è anche rito.<br />

Scorrendo il programma, emerge tuttavia con<br />

evidenza come sia la musica a esser sempre il<br />

vero fulcro del festival, in una gamma di possibilità<br />

che comprende il repertorio classico contemporaneo<br />

come le avanguardie elettroniche,<br />

passando per le tradizioni popolari.<br />

Nato come festival di musica contemporanea –<br />

ha ospitato Bussotti (1986, 1988), Xenakis<br />

(1988, 1994), Maderna (1992), e poi Boulez<br />

(1987, 1988, 1991), Berio (1991, 1995), Heiner<br />

Goebbels (2000) e Michael Nyman (2001) –,<br />

negli anni RomaEuropa ha ampliato la propria<br />

programmazione fiino ad includere, accanto<br />

alle raffinate composizioni contemporanee,<br />

punto fermo per tutti i venti anni, le musiche<br />

del Novecento in molte delle sue declinazioni,<br />

compreso lo sterminato panorama dell’ultima<br />

musica elettronica: dal progetto intermusicale<br />

che ha affiancato Manu Dibango all’Orchestra<br />

Nazionale di Lille (nel 1989), all’apertura alle<br />

musiche del mondo con i primi concerti italiani<br />

di Cheb Khaled (1990), Angelique Kidjo<br />

(1990), Cesaria Evora (1992), Taraf de Haidjuk<br />

(1993), fino agli incontri singolari quali quello,<br />

rivoluzionario, tra Robert Wilson e Philip Glass<br />

(Monsters of Grace 2.1), quello, più meditato ed<br />

evocativo, tra Bill T. Jones e Max Roach, il più<br />

grande batterista vivente (Another History of<br />

Collage), o anche quello, tutto barocco, fra<br />

François Raffinot e Michael Nyman (Garden<br />

Party, 1990).<br />

E così, con il passare degli anni, RomaEuropa<br />

Festival una sua identità l’ha costruita, e crescendo,<br />

talvolta in modo discontinuo, ha sviluppato<br />

un percorso artistico che ha fatto della<br />

capitale un palcoscenico della modernità, sia<br />

essa quella accattivante, colorata e divertita, che<br />

quella più difficile della denuncia e della sperimentazione,<br />

rinnovando ogni anno la sfida<br />

piuttosto difficile presentata da un mondo<br />

dominato sempre più da una globalizzazione<br />

sorda ed egoista. Ma molto poco cosmopolita.


In alto, a seguire:<br />

Tèatre Zingaro (Bartabass, 1990);<br />

Compagnie Emile Dubois<br />

di Jaan-Caude Gallotta (1987);<br />

Endstation Amerika<br />

(Frank Castorf, 2001);<br />

Merce Cunningham<br />

Dance Company (2003);<br />

Woyzeck (Robert Wilson, 2002)<br />

Sotto, Martha Graam<br />

Dance Company (1996)


VIVAVERDI<br />

40<br />

personaggi<br />

MARCO PAOLINI<br />

L'ARTE DI RACCONTARE<br />

di Lisa Ginzburg<br />

Uno che ci pensa su. Che dopo zaffate di istinto,<br />

rapidissime, poi invece ragiona e sceglie lentamente.<br />

“Sarei un pazzo, se certa energia che mi<br />

rimanda il pubblico non la tenessi stretta, senza<br />

buttarla via”, dice. Ma anche se consapevolmente<br />

contento dei grandi successi degli ultimi anni<br />

(da Vajont in poi), Marco Paolini sente che è<br />

arrivato il momento di cambiare qualcosa.<br />

Anche questo, è il rigore professionale: cogliere<br />

i cambi di vento, quegli snodi che permettono di<br />

convogliare vecchie energie verso nuovi traguardi.<br />

Un lavoro-video su Venezia, ancora<br />

acerbo ma pieno di promesse. Letture esplorative<br />

di testi vari. Viaggi, alla ricerca di nuovi codici<br />

espressivi. Avendo sempre in mente i rischi<br />

da non correre. Scadere nella recitazione gratuita,<br />

per esempio. Non svalutare l’eccezionale<br />

talento di affabulatore imprestandolo a performances<br />

obbligate, troppo consuete. “I classici<br />

sono una cosa straordinaria, ma quando in cartellone<br />

ci sono soprattutto (quasi solo) quelli,<br />

qualcosa non va. Vuol dire che non c’è coraggio<br />

di sfidare altre interpretazioni del presente. Che<br />

l’invenzione non sta lavorando”. Niente rifacimenti,<br />

dunque. Se ha letto in modo mirabile<br />

Moby Dick (anni fa alla radio), ora per Paolini<br />

non è tempo di cimentarsi con altre grandi pagine<br />

della letteratura. Continuare a raccontare, sì:<br />

ma cose nuove, e in modo diverso.<br />

Il rapporto con la carta stampata resta sempre<br />

intenso. Dopo l’amore per il testo di Luigi<br />

Meneghello Libera nos a malo (amore fruttuosamente<br />

condiviso con Gabriele Vacis), ora Il<br />

sergente, ultimo spettacolo in cartellone, è frutto<br />

di una visitazione lunga e articolata del<br />

Informare l'opinione pubblica attraverso il teatro. E così il pubblico, più che un attore, ha<br />

finito con il considerarlo un giornalista. Lui non se la prende perché è conscio della<br />

differenza tra i due generi narrativi ed espressivi e perché “l'intervento del corpo cambia<br />

tutto”. Il significato profondo del “teatro civico”<br />

romanzo di Rigoni Stern. Per sondare il livello di<br />

“dicibilità” del testo, Paolini ha lavorato mettendo<br />

alla prova un suo pubblico scelto, molto<br />

ristretto, del quale si fida. Ma non funzionava.<br />

Così, rigoroso, paziente, ha ricominciato da<br />

capo. Viaggiando nella ex Unione Sovietica per<br />

respirare l’aria dei luoghi. Gli piaceva in generale<br />

che fosse un lavoro in grado di parlare non di<br />

un singolo, un sopravvissuto, un testimone, ma<br />

che descrivesse invece come non si sopravvive,<br />

la disumanità di una esperienza collettiva.<br />

Il punto di vista d’insieme è qualcosa che sembra<br />

percorrere l’intero filo della produzione teatrale<br />

di Paolini. Degli Album (si veda il box accanto),<br />

nuova creatura libraria dopo Teatro civico, è<br />

stato detto che sono una grande opera corale.<br />

Monologhi, molte storie sparse, ma il cui scorcio<br />

narrativo sembra dato piuttosto dall’occhio di<br />

un singolo. Ed ecco profilarsi un altro rischio da<br />

aggirare: non essere un autore ingombrante.<br />

Restituire i fatti, ma senza mettersi in primo<br />

piano. Tanto bene ci è riuscito, Marco Paolini,<br />

che gli succede di essere preso, anziché per un<br />

attore, per un giornalista. Lui non se la prende.<br />

Convinto come è della profonda differenza che<br />

esiste tra informazione e teatro (perché nel teatro<br />

c’è l’intervento del corpo, che cambia tutto).<br />

E convinto, ancora di più, del significato del fare<br />

un teatro “civico”. Lo straordinario impatto che<br />

Sopra, Marco Paolini in<br />

Il Sergente (foto di Monika Bulaj)<br />

e con I Mercanti di Liquore<br />

“Song n° 32” in una foto<br />

di Marco Caselli<br />

gli spettacoli di Paolini hanno sul pubblico (a<br />

cominciare da Vajont, l’”orazione civile” che<br />

sbancò lo share inchiodando davanti al piccolo<br />

schermo milioni di spettatori), dipende tra le<br />

altre cose da questo: dalla forza dirompente che<br />

si sprigiona da storie raccontate con un’intelligenza<br />

pari a una sapienza della fisicità. È contento<br />

dell’ottima qualità del suo repertorio<br />

video. Dipende, dice, dal vantaggio dell’autoprodursi<br />

(lavorare quindi da anni con una équipe<br />

di persone e un regista con i quali la fiducia è<br />

assoluta). E poi, quando si fa qualcosa di poco<br />

teatrale, è più facile “bucare lo schermo”. Il<br />

risultato video della diretta di uno spettacolo di<br />

teatro di narrazione, è sempre migliore rispetto<br />

a normali riprese di spettacoli. Fatto salvo che, a<br />

monte, è necessario (come fu nel caso di<br />

Vajont) un palinsesto televisivo abbastanza<br />

intelligente da dare spazio e giusto orario a trasmissioni<br />

del genere.<br />

Ma l’arte di raccontare, da dove arriva? In principio<br />

è stato raccontare storie ai bambini, e scoprire<br />

di attanagliare anche gli adulti. Dopodiché,<br />

inoltrarsi nella spirale complessa della struttura<br />

di una narrazione. Una spirale che deve essere<br />

capace di trasformarsi nella linea curva di un<br />

arco. Non è facile, trovare un linguaggio che<br />

segua la curvatura di una sequenza sintattica


GLI ALBUM DI MARCO PAOLINI<br />

TEATRO COME ROMANZO DI FORMAZIONE<br />

“Gli Album sono i cosiddetti binari morti. Scarti, roba da tagliare.<br />

Quelle cose che si buttano, ma si mettono da parte perché<br />

non si sa mai” dice Paolini nel prologo-descrizione che “apre”<br />

i primi due Dvd degli Album (Gli Album di Marco Paolini, Einaudi<br />

Stile libero). Usciti in maggio (la seconda parte a fine settembre),<br />

gli Album costituiscono, si potrebbe dire, un nuovo genere<br />

narrativo e visivo. In linea con l’intera produzione artistica di<br />

Paolini il teatro è raccontato, la grande storia è tagliata su<br />

misura del microracconto autobiografico; ma dal racconto,<br />

come in un gioco a spirale, si sviluppa un commento video,<br />

una propaggine di sequenza di immagini che potenzia le parole.<br />

La giuria del Premio Pieve di Santo Stefano dedicato ai<br />

diari, quest’anno ha deciso di dare una menzione speciale a<br />

Paolini. Lui però, ancora nella ripresa-prologo, ci tiene a precisare<br />

che gli Album non corrispondono alla forma-diario. Sono<br />

piuttosto autobiografia in diretta; meglio ancora, “una palestra<br />

per imparare a raccontare”. Le vicende si dipanano, lente e<br />

avvincenti, sempre giocando sul doppio binario di macro e<br />

microstoria. Questo di sicuro, non un binario morto. Se è vero<br />

che attraverso tali e tanti scorci il passare del tempo è affrontato<br />

con leggerezza, è perché le storie sono considerate con<br />

irriverenza verso quella che è la loro contestualizzazione nel<br />

mondo, e totale rispetto invece verso i dettagli.<br />

Linguaggio abilissimo, tutto costruito sui particolari. Gestualità<br />

di Paolini, e corrispondente commento visivo, che avvalora<br />

queste storie italiane ma che potrebbero essere universali.<br />

Silenzi che parlano, lunghi discorsi che nel fondo tacciono. La<br />

scoperta del teatro come romanzo di formazione. E dietro,<br />

come in un gioco di pannelli mobili, il ’68 e il lento tramontare<br />

di certo cattolicesimo giovanile, gli anni ’70 e la droga, lo<br />

sport, la scoperta dei lunghi viaggi come mito geografico-narrativo…<br />

Impariamo, riflettiamo, ricordiamo guardando gli<br />

Album. Ma senza lasciarci prendere dalla malinconia di una<br />

visita ai bauli di lettere e fotografie custoditi in soffitta. No.<br />

Rimaniamo spettatori allegramente. Perché c’è la musica, ci<br />

sono le immagini, ci sono le trovate scenico-attoriali del talento<br />

inesauribile di Marco Paolini a rendere tutto vivo, presente.<br />

Utile: come dovrebbero essere utili tutte le memorie davvero<br />

capaci di parlare. (Lisa Ginzburg)<br />

mente perfetta, in un mondo dove la sintassi è<br />

scomparsa e tutto è sincopato, paratattico. Dove<br />

ogni espressione è frammento, balbettìo,<br />

scheggia. Molti anni fa, Paolini partecipò a<br />

Livorno a uno stage tenuto da Wim Wenders. E<br />

da lui sentì dire una frase: “Le storie oggi, sono<br />

un surrogato della esistenza di Dio. Perché mettono<br />

ordine nel caos, visto che ormai viviamo in<br />

un linguaggio di schegge”. A quella frase, negli<br />

anni Marco Paolini ha ripensato moltissime<br />

volte. Nel polverone della illetteratezza, in questa<br />

babele di minimali schegge, ciò che più ha<br />

senso è opporre forze espressive centripete,<br />

radicate. Gli archi tesi della sintassi. Grandi racconti.<br />

Spazi da imparare a gestire, dosando la<br />

forza così da arrivare in fine con la stessa energia.<br />

Creando apici e affondi, silenzi e brusìi. I<br />

picchi e le valli di una storia. Un po’ come un<br />

Lawrence Sterne moderno, Paolini ha effettivamente<br />

il talento unico di aprire decine di excursus,<br />

inanellare parentesi su parentesi, contare<br />

sull’intelligenza di un pubblico che sappia insieme<br />

a lui inerpicarsi su per le chine degli antefatti<br />

e poi a precipizio ridiscendere lungo la deriva<br />

scivolosa degli accadimenti. Ogni teatro di narrazione,<br />

dice Paolini, deve saper essere una<br />

semplificazione. Ma proprio perché si tende a<br />

semplificare, è facile risultare dei demagoghi,<br />

persone molto amate per qualche tempo, ma<br />

segnate dal destino, presto o tardi, del ripudio.<br />

Per raccontare davvero, dunque, mantenersi<br />

semplici e sempre umili. Dissezionare le storie<br />

così da renderle racconti, ma sempre rimanendo<br />

in secondo piano, dietro di esse.<br />

Il futuro è pieno di spazio. Raccogliere e pubblicare<br />

gli Album ha voluto dire dare forma e confezionare<br />

un lungo passato, e liberarsene. Però<br />

vivere una pausa creativa senza enfatizzarla,<br />

senza isolarsi, restando autoironici e ricettivi, è<br />

una sfida che solo un’intelligenza pulsante, esigente,<br />

intransigente come quella di Marco<br />

Paolini può riuscire a fare. Di un silenzio tanto<br />

aperto e saggio, vedremo i frutti. Ma è difficile<br />

immaginare che non saranno buoni.<br />

Foto Angelo Radaelli


VIVAVERDI<br />

42<br />

intervista<br />

TELEVISIONE<br />

A.A.A. CERCASI AUTORI<br />

COMICI DI TALENTO<br />

di Linda Brunetta<br />

È uno di quegli annunci che tutti prenderemmo per falso, uno scherzo di uno di quei<br />

produttori un po' sadici che alla frase “Avrei un'idea divertentissima per la Tv” iniziano<br />

subito a grattarsi come se fossero assaliti da un'improvvisa allergia. Questa volta<br />

sembrerebbe invece un annuncio attendibile. Arriva da Paramount Comedy, nuovo canale<br />

tematico firmato Mtv Italia e trasmesso sul Canale 115 della piattaforma Sky. Parla Pietro<br />

Galeotti, curatore del “Cantiere della creatività”<br />

Il canale Paramount Comedy si propone di<br />

trasmettere serie, film, telefilm, show locali<br />

e internazionali, tutti scelti secondo il criterio<br />

del “divertimento intelligente e mai<br />

banale”. Incredibile! Esiste ancora qualcuno<br />

che ha il coraggio di usare la parola “intelligente”<br />

e non se ne vergogna. Evidentemente<br />

qualcuno che ha scoperto che esiste un pubblico<br />

ancora dotato di neuroni in azione e<br />

pronto a pagare pur di sfuggire ai boccheggianti<br />

reality di terza generazione sulla<br />

Famiglia Adams di Cellino San Marco.<br />

Paramount Comedy ha in progetto “Il<br />

Cantiere del Comedy”, un impegno nei confronti<br />

di chi vuole iniziare a fare parte del<br />

mondo della comicità in<br />

Queer eye<br />

e Absolutely Fab,<br />

serie Tv sul canale<br />

Paramount Comedy.<br />

Sotto, i loghi<br />

del canale<br />

Paramount Comedy<br />

modo attivo, come autore o come interprete.<br />

Per questo ha affidato a Pietro Galeotti,<br />

autore storico di Fabio Fazio, ma anche<br />

molto attivo sul piano delle battaglie e delle<br />

iniziative in favore della nostra professione<br />

di Autori (è fra i promotori del Premio<br />

Ideona), il compito di selezionare gli aspiranti<br />

scrittori e comici dando loro una possibilità<br />

di misurarsi ed esprimersi.<br />

Sul depliant illustrativo dell’iniziativa c’è<br />

scritto che gli scrittori comici di talento sono<br />

numerosi, ma non riescono ad imporre le<br />

proprie idee, perché si consumano mestamente<br />

nel lavoro di scalettatori di format o a<br />

trasformare in show i contratti delle star<br />

televisive.<br />

Questa drammatica visione dell’attività degli<br />

autori radiotelevisivi italiani è realistica<br />

secondo te?<br />

Lo dico con amarezza, per moltissimi autori<br />

è così. Con l’avvento del format, e il fatto che<br />

sono solo le case di produzione a stabilire le<br />

regole del gioco, la figura dell’autore si è<br />

progressivamente svilita. È vero che all’interno<br />

del format è possibile mettere un po’<br />

di creatività, ma è anche vero che se uno ha<br />

un progetto originale è difficile che qualcuno<br />

glielo produca.<br />

L’idea del “Cantiere” è tua o della<br />

Paramount?<br />

È mia. Ho proposto al<br />

direttore del recentissimo<br />

canale<br />

Paramount Comedy l’idea del<br />

Cantiere, che è un po’ figlia di<br />

Ideona, perché vuole rimettere al centro<br />

la figura dell’autore, almeno per quanto<br />

riguarda la televisione. Invece di fare la solita<br />

campagna acquisti di comici, e nella<br />

migliore delle ipotesi mettere insieme l’ennesimo<br />

show-catalogo, ho proposto di capovolgere<br />

l’approccio. Come per le case, anziché<br />

dal tetto, partiamo dalle fondamenta:<br />

mettiamo insieme una squadra di autori, che<br />

ragionino a prescindere dal cast, che svilup-


pino delle idee, dei caratteri, dei testi e poi<br />

cerchiamo degli attori in grado di interpretarli<br />

al meglio. Mi sembra che in questo<br />

modo ci siano più possibilità di dare un<br />

segno di originalità. Di solito avviene che si<br />

contatta il comico che si porta la sua squadra<br />

di autori di fiducia e si lavora sul suo repertorio<br />

per renderlo televisivo. È un problema<br />

che si ritorce anche sui comici stessi. Si<br />

ritrovano a fare Zelig , per esempio, dando<br />

fondo a tutto il loro repertorio per fare al più<br />

una stagione e per poi ritrovarsi quella successiva<br />

con un sacco di difficoltà. Lavorando<br />

sui contenuti si dovrebbe favorire anche chi<br />

va in onda, perché avrebbe materiale nuovo<br />

e qualche idea in più.<br />

Mi ricorda il modo di lavorare di parecchio<br />

tempo fa. Il nostro gruppo per esempio (La<br />

Tv delle Ragazze, Avanzi) lavorava insieme<br />

agli attori sui personaggi nuovi da mandare<br />

in onda, evitando il riferimento al loro eventuale<br />

repertorio teatrale o cabarettistico<br />

Se gli autori possono lavorare sull’idea del<br />

cantiere, luogo in cui si lavora insieme, ci<br />

possono essere più possibilità di sviluppo.<br />

Noi vogliamo dare all’autore il luogo dove<br />

mettere in pratica le sue idee, se sono percorribili.<br />

Trovo che sia un esperimento<br />

coraggioso: il canale mette a disposizione un<br />

contratto e la possibilità di produrre delle<br />

idee originali.<br />

La vostra ambizione è quella di trovare nuovi<br />

modi di far ridere o che altro?<br />

Uscire dal cliché in cui il comico ha un suo<br />

personaggio, ha un tormentone che ripete<br />

sei volte durante il monologo e poi esce di<br />

scena. A me, per esempio, piace molto lo<br />

sketch, se fatto bene con dei caratteri<br />

moderni. A mio avviso oggi la comicità non<br />

sta parlando delle persone reali, non sta<br />

parlando di noi. Si producono personaggi<br />

“regionali” o estremizzati, mentre si ride<br />

poco dei mestieri o di persone che incontriamo<br />

tutti i giorni.<br />

Non ritieni invece che manchi la satira, la<br />

satira politica?<br />

Non c’è più il gusto di indagare o prendere<br />

in giro il costume.<br />

Come è riuscito a fare Alberto Sordi, ad<br />

esempio?<br />

Esatto. Sordi si divertirebbe moltissimo a<br />

prendere in giro certe figure come il manager<br />

o la pierre, che non si sa esattamente che<br />

mestiere sia. Manca un pochino di sana<br />

ferocia sulla figura sociale, senza scivolare<br />

nella comicità grossolana che produce solo<br />

macchiette.<br />

Basta, quindi, con il comico “barzelletta”,<br />

senza carattere?<br />

Tutti i nuovi contenitori della comicità<br />

attuale, a parte Assolo (La 7), impongono i<br />

tre minuti: devi avere un buon ingresso, una<br />

buona battuta finale e tre tormentoni, non ti<br />

è richiesto proprio nient’altro, non puoi<br />

cesellare il personaggio. Devi far ridere dall’ingresso<br />

in scena, dal costume. Già lavorare<br />

su tempi un po’ più dilatati oggi sembrerebbe<br />

rivoluzionario. Per esempio sto lavorando<br />

con Teocoli. Nonostante il suo grande<br />

talento, tutti trovano sempre qualcosa da<br />

tagliare, come se 30 secondi in più fossero<br />

una minaccia, potrebbero essere invece un<br />

valore aggiunto.<br />

Pensi che esista una possibilità di essere<br />

lucidi e graffianti nei programmi di culto che<br />

manderete in onda? Come South Park,<br />

Mash, Absolutely Fab, che – pur non essendo<br />

nuovi – sono molto più satirici e divertenti<br />

di certe commedie anche americane<br />

attuali?<br />

Questo è il vero dramma, perché la rete ha<br />

una library immensa e qualificatissima. Non<br />

pretendo di raggiungere quella qualità, ma<br />

voglio provare a lavorare su una sit-com italiana<br />

che sia almeno un gradino più in alto di<br />

quelle che vanno in onda. Anche se per il<br />

momento forse è impossibile raggiungere il<br />

livello dei dialoghi delle sit-com americane,<br />

soprattutto se ci dicono che il pubblico non<br />

sarebbe in grado di capire…<br />

Ma se capisce la sit-com americana perché il<br />

pubblico non dovrebbe capire anche quella<br />

nostrana?<br />

Il paradosso è che lo stesso produttore<br />

manda South Park senza nessuna censura,<br />

mentre quello che produciamo noi ha mille<br />

incomprensibili filtri.<br />

Una bella premessa è proprio la totale libertà<br />

editoriale che promettete. È il requisito<br />

fondamentale per la comicità.<br />

Noi cerchiamo di dare una scossa. L’unica<br />

condizione per il momento è il basso costo.<br />

Se ci fosse un’idea buona garantiamo massima<br />

libertà sui contenuti. L’esperienza che<br />

abbiamo, sia te che io, è che quando si parte<br />

da un’idea, la sua realizzazione la fa trasformare<br />

completamente, perché passa attraverso<br />

il filtro del committente, dell’appaltante,<br />

di chi è di passaggio nei corridoi, di<br />

chiunque. Qui ci sono meno filtri e la possibilità<br />

di usare un linguaggio un po’ più<br />

moderno, che non vuol dire spregiudicato.<br />

Sta già arrivando molto materiale?<br />

Abbastanza. In genere sono tutte proposte<br />

molto orecchiate, ovviamente, da quello che<br />

c’è in tv, ma qualcosa di interessante c’è, e<br />

accettiamo proposte fino alla fine di settembre.<br />

Se Vivaverdi dovesse uscire in ritardo<br />

rispetto alla vostra dead line per l’invio dei<br />

testi, pensi che rifarete un’altra selezione<br />

l’anno prossimo?<br />

Penso che nella primavera del 2006 ci sarà<br />

un’altra tornata. Noi intanto con il gruppo<br />

che si formerà vogliamo iniziare a produrre<br />

qualcosa già da fine gennaio.<br />

Perché c’è un tetto di 35 anni per gli aspiranti<br />

autori? Siete sicuri che la comicità sia<br />

appannaggio di questa fascia d’età?<br />

Oltre quell’età si presume che uno abbia già<br />

cambiato mestiere o si sia già stabilizzato nel<br />

suo.<br />

Ho letto sul vostro sito che la prima cosa<br />

richiesta è la cessione totale dei diritti sulle<br />

proposte inviate, che ne farete di quelle che<br />

non utilizzate?<br />

Mi sono irritato anch’io, ma mi hanno spiegato<br />

una serie di ragioni legali per garantire<br />

la rete. Quello che posso garantire io è che se<br />

uno viene con un’idea, è sua e se va in onda<br />

verrà tutelato. L’emittente rivendicherà solo<br />

la sua parte di titolarità.<br />

E tutto il materiale che non verrà utilizzato?<br />

Ritorna indietro all’autore<br />

Non mi resta che farvi gli auguri per la<br />

riuscita dell’esperimento, che potrebbe far<br />

capire che una comicità libera fa più ridere:<br />

“Una rivoluzione copernicana rispetto al<br />

tradizionale modus operandi della televisione”<br />

annuncia il progetto.<br />

Per gli interessati consultare il sito:<br />

www.paramountcomedy.it


VIVAhanno detto<br />

a cura di Vivaverdi<br />

FINANZIARIA 2006<br />

LA <strong>L<strong>UN</strong>GA</strong> NOTTE<br />

DELLO SPETTACOLO<br />

I tagli del Governo al Fus rischiano di<br />

comportare anche una decurtazione delle<br />

entrate per il diritto d'autore? Con quali<br />

conseguenze per il mondo degli artisti e per<br />

la creatività artistica in genere?<br />

“Il Governo ha varato ieri la finanziaria da 20<br />

miliardi, che prevede un taglio degli oneri sociali sul<br />

lavoro dell'1% (2 miliardi di euro). Destinati alla<br />

correzione del deficit 11,5 miliardi. La copertura:<br />

taglio di 6,2 miliardi a carico delle amministrazioni<br />

statali, 2,5 nella sanità, 3 per gli enti locali e 1 nel<br />

pubblico impiego. In un decreto la stretta fiscale,<br />

dall'acconto Irap alle partecipazioni esenti”.<br />

Il Sole 24 Ore, 30 settembre 2005<br />

TELEGRAMMA DEL CDA SIAE<br />

AL PRESIDENTE AGIS<br />

Il Consiglio di Amministrazione della Società<br />

Italiana degli Autori ed Editori, riunito il 14 ottobre<br />

2005, esprime il proprio sostegno alla manifestazione<br />

a difesa della cultura e della creatività italiana,<br />

contro i preannunciati ed ulteriori tagli del Fus.<br />

Il taglio allo spettacolo rappresenta un grave vulnus<br />

economico per tutte le attività musicali, teatrali,<br />

cinematografiche e radiotelevisive. Gli autori ed<br />

editori italiani - protagonisti essenziali di ogni<br />

impresa culturale - ritengono che oltre a produrre<br />

effetti pesantemente negativi per tutte le attività<br />

spettacolistiche, con pesanti riflessi sul livello<br />

occupazionale del settore, inciderebbe sul progresso<br />

sociale e culturale del nostro Paese.<br />

L'investimento in arte, cultura e spettacolo dovrebbe,<br />

invece, essere al centro degli interessi dello Stato e dei<br />

cittadini, a salvaguardia non solo del lavoro, delle<br />

professioni, delle aziende, ma anche di ciò che<br />

dovrebbe stare più a cuore all'intera comunità:<br />

ritrovarsi e riconoscersi in una comune identità<br />

culturale.<br />

“La Mostra di Venezia? Probabilmente non si farà. Il<br />

Centro sperimentale di cinematografia? Dovrà<br />

sospendere l'attività didattica. La Cineteca<br />

nazionale? Sarà costretta a interrompere i progetti di<br />

restauro. Le Fondazioni liriche si limiteranno a<br />

pagare gli stipendi ai dipendenti. I teatri stabili e le<br />

compagnie di prosa rischiano l'inattività. Fantasie<br />

pessimistiche? Niente affatto, semplicemente sono le<br />

inevitabili conseguenze del taglio di 164 milioni di<br />

euro operato sul Fus (Fondo unico dello spettacolo)<br />

dalla Finanziaria approvata dal Governo.<br />

Il Fondo unico dello spettacolo è stato tagliato di oltre<br />

il 35%, passando da 464 a 300 milioni di euro.<br />

All'interno di questo taglio la quota a disposizione del<br />

cinema passerebbe da 84 milioni a 54 milioni, cui si<br />

aggiungerebbero altri 7,5 milioni di tagli ai fondi<br />

Lotto, che nel 2005 hanno messo a disposizione del<br />

cinema 8 milioni di euro e che nella previsione della<br />

Finanziaria il prossimo anno saranno ridotti a 500<br />

mila euro. La lirica, ipotizzando che la sua quota sul<br />

Fus restasse invariata, scenderebbe da 222 a 143<br />

milioni di euro. Le perdite della prosa, complessiva<br />

delle risorse provenienti dal Lotto, sarebbe di circa 30<br />

milioni di euro: da 89 a 69”.<br />

la Repubblica 4 ottobre 2005<br />

ALBERTO<br />

FRANCESCONI<br />

PRESIDENTE AGIS<br />

“Se questo Governo<br />

ritiene gli investimenti<br />

uno spreco ce lo dica<br />

chiaramente e ci<br />

prepareremo a investire<br />

le nostre risorse<br />

nell'ignoranza”.<br />

La Repubblica,<br />

4 ottobre 2005<br />

ENZO GENTILE<br />

VICEDIRETTORE AGIS<br />

“Nel 2005 c'è stato un taglio del 9% rispetto allo<br />

scorso anno con una percentuale di riduzione uguale<br />

sia per la musica, sia per il cinema, sia per il teatro.<br />

Sarebbe sbagliato però pensare a una disattenzione<br />

del Governo perché si tratta piuttosto di una<br />

tendenza generale a sottovalutare l'impegno di circa<br />

200 mila persone che lavorano in questo campo,<br />

spesso senza ammortizzatori sociali. Bisogna che lo<br />

spettacolo venga considerato un elemento strategico<br />

per il nostro Paese, non valutando i fondi come una<br />

elargizione, bensì come un investimento”.<br />

Il Tempo, 3 ottobre 2005<br />

Foto Contrasto<br />

GIGI PROIETTI<br />

“Non voglio mugugnare. Non so ancora quanto mi<br />

darà lo stato per il 2005 perché noi siamo privati e<br />

ci spetta una quota esigua; comunque ritengo che<br />

il mercato teatrale non possa seguire la legge della<br />

domanda e dell'offerta. Se io fossi nei panni delle<br />

istituzioni cercherei il massimo delle risorse, ma<br />

stabilirei anche regole chiare e automatiche per la<br />

loro distribuzione. Attualmente c'è troppa discrezionalità:<br />

ogni anno cambia tutto e la produzione<br />

è scoraggiata. I costi aumentano mentre i prezzi al<br />

botteghino devono calare per catturare il pubblico”.<br />

Il Tempo, 3 ottobre 2005<br />

LUCA DE FUSCO<br />

REGISTA E DIRETTORE STABILE DEL VENETO<br />

“Mi è stata comunicata la cifra che riceverò per il<br />

2005, ma non ancora corrisposta. Subirò una<br />

decurtazione del 4%, ma io ho già attuato la<br />

programmazione del 2006. Lo Stato ha tempi da<br />

terzo mondo e noi abbiamo tempi europei. Il<br />

problema è che, a prescindere dai tagli, le<br />

sovvenzioni non sono aggiornate al costo della vita.<br />

C'è poi il paradosso che alcune compagnie private<br />

hanno visto aumentare i loro contributi, al contrario<br />

degli stabili che si trovano nelle peggiori condizioni<br />

di cui si abbia memoria”.<br />

Il Tempo, 3 ottobre 2005<br />

DOMITIJ KITAJENKO<br />

DIRETTORE D'ORCHESTRA<br />

“Non riesco a capire come un governo non voglia<br />

dare soldi per la cultura di un Paese che è il centro<br />

della cultura in Europa. Avevo in programma<br />

concerti con il Maggio Fiorentino che sono spariti e<br />

quattro concerti alla Scala, di cui è rimasto uno solo.<br />

Ma l'Italia è simbolo di storia e cultura in tutto il<br />

mondo, e anche San Pietroburgo dove sono nato, è<br />

orgogliosa di essere la Venezia del Nord”.<br />

.Com, 12 ottobre 2005<br />

LUCIANO LIGABUE<br />

“Il futuro è pieno di guai per chi non sostiene la<br />

cultura. I film hanno bisogno di sostegno<br />

soprattutto per opere prime e opere di qualità che<br />

possono avere vita dura al botteghino”.<br />

la Repubblica, 15 ottobre 2005


ROCCO BUTTIGLIONE<br />

MINISTRO PER I BENI E LE ATTIVITÁ CULTURALI<br />

“Impossibile tenere aperti i musei con tagli per 198<br />

milioni di euro. Mi impegnerò per scongiurare questa<br />

autentica sciagura. È assurdo tagliare<br />

selvaggiamente sulla cultura. Quest'anno il turismo<br />

clturale è aumentato del 4% mentre i turisti in totale<br />

sono calati dell'1%. Con i musei chiusi o ad orario<br />

ridotto quanti stranieri verranno ancora in Italia?<br />

Sappiamo che le risorse sono quelle che sono e che<br />

dobbiamo fare meglio con meno, ma ci sono limiti<br />

oltre cui non si può andare. Oltre c'è l'abisso del<br />

degrado.Mi impegno a prosciugare ogni sacca di<br />

inefficienza e sprechi e propongo il sistema francese di<br />

autofinanziamento della cultura. Sono pronto ad<br />

aumentare i prezzi dei biglietti d'ingresso dei musei e<br />

a tassare ogni passaggio in Tv, Internet e cinema dei<br />

film. Lo Stato però non può far mancare così<br />

clamorosamente il suo contributo. (…) Non si deve<br />

pensare che si possa tagliare sulla cultura con<br />

maggiore facilità che altrove”.<br />

La Stampa, 4 ottobre 2005<br />

“Ci sono film già avviati che aspettano i soldi per<br />

continuare e per i quali quest'interruzione può significare<br />

la fine delle attività. Tutto il cinema italiano è<br />

arrabbiatissimo e anch'io lo sono. (…) E comunque<br />

sui tagli della Finanziaria ho lanciato tempestivamente<br />

un grido di allarme: se si prosegue su questa<br />

strada si rischia di liquidare il nostro patrimonio.<br />

Sarei costretto a chiudere un certo numero di archivi<br />

e di musei. Dunque, i tagli devono rientrare”.<br />

Il Sole 24 Ore, 9 ottobre 2005<br />

“Il settore della cultura è già stato tagliato e tagli<br />

ulteriori lo condannano a morte. E' quanto ho detto<br />

al Governo. La cultura è un corpo vivo, sono grato a<br />

chi lo capisce e meno a chi la butta in politica(…)<br />

la cultura non è di parte, appartiene a tutti”.<br />

la Repubblica, 14 ottobre 2005<br />

GIORGIO ALBERTAZZI<br />

“I tagli sono un provvedimento brutale. Questo<br />

Governo considera il teatro una spesa, uno spreco,<br />

non un investimento che lo Stato fa per i suoi<br />

cittadini. Questo Governo è incapace di vedere<br />

nella cultura un'identificazione di sé e per questo<br />

va criticato e combattuto anche con uno sciopero”.<br />

la Repubblica, 14 ottobre 2005<br />

ROBERTO BENIGNI<br />

“In Italia l'arte non interessa più. Non servono tagli<br />

ma molto tempo, denaro, talento, lavoro, e la cultura<br />

in Italia conta sempre meno. Tutto lo spettacolo e il<br />

cinema in particolare non interessano più, visto che<br />

non si dà loro alcun valore. (…) Si vede che mancano<br />

i fondi perché non c'è una fioritura dei giovani.<br />

Abbiamo così tanti grandi talenti che potrebbero<br />

girare il mondo ed è triste che ciò non accada”.<br />

Il Giornale dello Spettacolo, 7 ottobre 2005<br />

“La cultura è arrivata al fondo e ora le tagliano pure<br />

il Fondo. Del resto in questo Paese ormai tagliano<br />

tutto. Ora ci tagliano anche l'anima. Eppure è la<br />

cultura che ci fa venire voglia di vivere”.<br />

la Repubblica, 21 ottobre 2005<br />

SALVATORE ACCARDO<br />

“È agghiacciante. Quello che sta succedendo e che<br />

si prefigura con i tagli allo spettacolo è semplicemente<br />

un massacro. Per tutta la cultura, ma in<br />

particolare per i giovani. (…) So e parlo dei giovani<br />

musicisti, ma è un massacro che non investe<br />

solo la musica, investe tutto, il teatro, la danza, e<br />

sono le nuove generazioni a venir tagliate fuori.<br />

(…) Dobbiamo anche chiederci da dove viene<br />

tutto ciò. Una risposta arriva dal fatto che in<br />

Italia c'è sempre stata un'ignoranza smisurata<br />

sulla musica, non si insegna a scuola, e questa<br />

mancanza gravissima si ripercuote su chi ci governa<br />

che è portato a non capirne niente, non solo di<br />

musica ma anche di cultura. Non si diventa colti<br />

e curiosi per folgorazione divina: senza un'educazione<br />

adeguata nelle scuole siamo tutti fregati.<br />

E temo, inoltre, che così facendo le prossime due<br />

generazioni non potranno nemmeno sapere<br />

(e quindi gustare) cos'è la musica classica”.<br />

l'Unità, 7 ottobre 20055<br />

MARCO TULLIO GIORDANA<br />

“Non si tratta di chiedere elemosine, ma di<br />

considerare che i cittadini delegano allo Stato una<br />

serie di spese, dalle strade alla sanità, alla cultura<br />

e noi chiediamo soldi che ci spettano per gli<br />

investimenti che un Paese fa sul proprio futuro”.<br />

la Repubblica, 15 ottobre 2005<br />

MASSIMO GHINI<br />

“Dinanzi allo sconcerto per i tagli decretati dalla<br />

Finanziaria al Fondo unico dello Spettacolo, e che<br />

penalizzano, mortificano e di sicuro condannano a<br />

morte vasti settori dello spettacolo e della cultura<br />

italiani, mi vengono in mente le parole del<br />

Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi<br />

pronunciate pochi giorni or sono: 'Il grado di civiltà<br />

di un Paese si misura anche dal numero dei suoi<br />

teatri. È nel teatro che si rispecchia l'identità di un<br />

popolo'. Se nel teatro, nel cinema, nella musica si<br />

riducono con un taglio di 164 milioni a soli 300 i<br />

milioni di euro disponibili, le conseguenze disastrose<br />

ricadono prima di tutto sull'occupazione di<br />

migliaia e migliaia di operatori dello spettacolo,<br />

attori, registi, tecnici e personale delle scuole di formazione.<br />

Ma ricadono anche sulla 'qualità della<br />

vita' degli italiani, costretti a rinuciare ad una<br />

identità culturale e artistica frutto di una tradizione<br />

creativa riconosciuta e celebrata in tutto il mondo”.<br />

l'Unità, 7 ottobre 2005<br />

STHEPHÁNE LISSNER<br />

SOVRAINTENDENTE TEATRO LA SCALA<br />

“Se le cose restano così la stagione è a rischio. Ci<br />

dovrà essere un ridimensionamento. Non c'è solo il<br />

problema del Fus. C'è anche il probelma dei soci<br />

fondatori. Lo Statuto della Scala prevede che i soci<br />

fiinanzino la Scala pagando l'8% della<br />

contribuzione del Fus. C'è il rischio che i soci privati<br />

si pongano una domanda: perché dobbiamo pagare<br />

tanto se il Governo si ritira? Se non possiamo portare<br />

a termine la stagione di cui abbiamo già venduto<br />

biglietti e abbonamenti, si pone un problema con gli<br />

artisti, un problema di credibilità e di rispetto degli<br />

artisti. (…) Se un domani non possiamo rispettare<br />

questi impegni, se la Scala vuole invitare i migliori<br />

artisti mondiali, se si comincia a dire che la Scala<br />

non rispetta gli impegni, beh… Vuol dire che si<br />

aprono le porte per dire che la Scala è di serie B a<br />

livello internazionale. Vedremo per la stagione. Il<br />

punto è convincere il Governo a tornare sulla propria<br />

decisione. L'arte e la cultura rappresentano un<br />

collante e lo sviluppo della democrazia. È una<br />

battaglia che dobbiamo combattere tutti e che la<br />

Scala combatte da oltre 200 anni”.<br />

Corriere della Sera, 11 0tt0bre 2005


VIVAVERDI<br />

46<br />

ACCADEMICI E DIALOGHISTI TRA DIALETTI E TRADUZIONI<br />

ITALIANO, LINGUA DI DOPPIATORI<br />

di Letizia Pozzo<br />

rieti<br />

Cinematografia e Tv hanno un notevole peso<br />

tra i fattori di mutamento della lingua nazionale:<br />

su questo punto si sono trovati d’accordo sia<br />

gli universitari che i professionisti del settore,<br />

i doppiatori, protagonisti del convegno. “Se le<br />

ricerche indicano che in Italia il 50% della<br />

popolazione non legge nemmeno un libro l’anno<br />

e i ‘veri lettori’ non superano il 7%, è chiaro<br />

che il principale mezzo di unità linguistica<br />

nazionale è l’audiovisivo”.<br />

I dati li ha presentati Eleonora Di Fortunato<br />

dell’Aidac, la quale ha sottolineato come “il<br />

prodotto cinematografico in Italia sia per la<br />

maggior parte di origine straniera: viene doppiato<br />

e rappresenta il modello di tutti, anche<br />

degli autori italiani. Oggi i ritmi forzati imposti<br />

dalla ‘catena di doppiaggio’ e da una bassa qualità<br />

del prodotto iniziale hanno causato un precipitare<br />

della lingua verso zone che spesso toccano<br />

il ridicolo, come l’improbabile lingua dei<br />

tv-movies in cui strutture sintattiche classicheggianti<br />

si accompagnano a errori di grammatica<br />

in una lingua definita doppiaggese. È<br />

frequentissimo sentire in una versione italiana<br />

il verbo ‘contattare’ per ‘chiamare’, termini<br />

entrati nel linguaggio corrente; si tratta di<br />

un’omologazione linguistica che colpisce<br />

soprattutto i ragazzi dai 5 ai 13 anni – ha concluso<br />

Di Fortunato –, i quali passano gran parte<br />

del tempo tra videogiochi e Tv, dedicando alla<br />

lettura appena 7 minuti al giorno. Se il vocabolario<br />

di base dell’italiano è di 6-7.000 parole, i<br />

dialoghi dei cartoni animati non contengono<br />

più di 250 parole, sempre le stesse. I bambini<br />

finiscono con il diventare destinatari passivi di<br />

un codice di comunicazione deciso da adulti e<br />

Nella pagine accanto,<br />

da sinistra, Mario Paolinelli,<br />

Iean Paul Sarthou,<br />

Patrick Poivey,<br />

Eleonora Di Fortunato,<br />

Filippo Ottoni<br />

La nostra lingua è influenzata da film e fiction? Quali problemi pone la traduzione di<br />

dialetti ed espressioni gergali? Il doppiaggio può facilitare la circolazione dei prodotti<br />

cinematografici? L'Università di Leeds del Regno Unito, La Sapienza di Roma,<br />

l'Associazione Italiana Dialoghisti Adattatori Cinetelevisivi (Aidac) hanno promosso lo<br />

scorso settembre (17 e 18, Biblioteca Comunale Paroniana di Rieti) il primo convegno<br />

internazionale sul tema “Tradurre ‘voci’, tradurre voci locali”<br />

tutte le iniziative a difesa dei minori sembrano<br />

preoccuparsi più della pubblicità, del sesso e<br />

della violenza e non vedono invece il pericolo<br />

dell’analfabetismo dell’offerta<br />

televisiva”.<br />

Sui rischi della banalizzazione<br />

del linguaggio nei film destinati<br />

ad un vasto pubblico in<br />

Italia e in Francia, ha messo<br />

in guardia anche Jean-Louis<br />

Sartou del Syndicat national des auteurs et des<br />

compositeurs (Snac).<br />

In questo quadro l’uso di forme dialettali si<br />

aggiunge alle difficoltà abituali del doppiaggio.<br />

Dopo il successo de Il Padrino di Francis Ford<br />

Coppola del 1972, negli adattamenti si è<br />

cominciato a usare sistematicamente il dialetto<br />

per sottolineare caratteristiche etniche, sociali<br />

e perfino psicologiche del personaggio originale.<br />

Come ha ricordato Chiara Ferrari, docente<br />

dell’Università di Los Angeles, “il doppiaggio<br />

favorisce l’uso di un umorismo locale e<br />

anche di espressioni dialettali. The Nanny, la<br />

popolare serie televisiva ambientata a<br />

Manhattan, per esempio, ha perso – nella versione<br />

italiana intitolata La Tata –, i tratti linguistici<br />

delle proprie origini ebree per assu-<br />

mere i contorni di un’italo-americano di famiglia<br />

ciociara accompagnato da una lista completa<br />

di stereotipi”. Sergio Patou-Patucchi<br />

dell’Università Pio V, autore<br />

della ricerca sul tema La reale<br />

influenza dell’opera cinetelevisiva<br />

sulla lingua italiana<br />

parlata, preparata per il Cnr,<br />

ha sostenuto che “l’interpretazione<br />

dello stereotipo statunitense<br />

del Tipo-Umano-Italiano, una sorta di<br />

‘maschera’ della Nuova Commedia dell’Arte<br />

Cinematografica, deve essere reso in modo<br />

efficace nella versione doppiata con espressioni<br />

idiomatiche e giochi di parole”.<br />

“L’italiano è la lingua che parlano i doppiatori”,<br />

diceva Flaiano. Nel citarlo, Filippo Ottoni,<br />

“maestro” di dialoghi, ha spiegato le difficoltà<br />

di rendere certi personaggi caratterizzati dal<br />

linguaggio dialettale. Come nel caso della versione<br />

originale americana del film Big night,<br />

dove due immigrati si esprimono in un italiano<br />

inventato, ridicolo e grottesco perchè nessuno<br />

dei due attori conosce la nostra lingua. “Nelle<br />

scene in cui dovrebbero comunicare nella lingua<br />

madre, si abbandonano a una sorta di italianese<br />

degli immigrati, un gramelot nemme-


“ASINC”, NUOVA RIVISTA<br />

DEL DOPPIAGGIO<br />

Sta per venire alla luce una nuova rivista dedicata ai doppiatori<br />

al doppiaggio e ai tutti i problemi relativi, diretta<br />

dal giornalista Glauco Benigni. Per il momento metterà<br />

le sue radici sulla Rete con un aggiornamento quindicinale.<br />

La versione cartacea, invece, sarà realizzata con<br />

edizioni speciali dedicata a eventi particolari e manifestazioni<br />

significative, come possono essere – ad esempio<br />

– le “Giornate Professionali del Cinema” o il la Mostra del<br />

cinema di Venezia. Per questo motivo la periodicità della<br />

pubblicazione verrà stabilita di volta in volta. Gli intenti, il<br />

programma di massima, si possono leggere sul sito<br />

www.asinc.it: Il doppiaggio di un’opera audiovisiva si<br />

può fare in molti modi – è scritto –, ma farlo bene è difficile.<br />

Sono necessari tempo, talento e risorse. E poi è<br />

indispensabile, per l’Opera, gli Autori, gli Artisti, i Tecnici<br />

e l’Industria, che Qualcuno si impegni a valutarlo, perché<br />

se è vero che il doppiaggio degno di nota è quello che<br />

non si nota, bisogna pur mettere in grado il pubblico di<br />

coglierne armonie e disarmonie”. Per informazioni scrivere<br />

a: redazione@asinc.it<br />

no supportato da una precisa provenienza<br />

regionale – ha raccontato Ottoni –: si tratta di<br />

due fratelli emigrati in America dall’Italia per<br />

aprire un ristorante, i quali non potevano<br />

esprimersi in siciliano o napoletano senza<br />

venir identificati come mafiosi o camorristi.<br />

Bisognava farli esprimere in un altro dialetto<br />

che non rimandasse a tipologie criminali.<br />

Trovai così la soluzione utilizzando l’abruzzese,<br />

perchè l’Abruzzo è la regione italiana dalla<br />

quale provengono la maggior parte dei cuochi<br />

che sono sparsi un po’ ovunque per il mondo e<br />

che non rimanda a una tipologia sociale precisa.<br />

Il film ha così riscosso grande successo grazie<br />

ad un doppiaggio che ha confermato come<br />

si possa facilitare la circolazione dei film da un<br />

Paese con semplici soluzioni linguistiche più<br />

adatte al significato dell’opera”. Al di là delle<br />

questioni tecniche, le potenzialità del doppiaggio<br />

quale mezzo per esportare il nostro cinema,<br />

oltreché per importarlo, sono state esaminate<br />

nel corso di una tavola rotonda alla quale<br />

hanno partecipato Mario Paolinelli dell’Aidac,<br />

Lucia Bistoncini, direttore della Sezione cinema<br />

della <strong>Siae</strong>, Gregory Snegoff, dialoghista e<br />

attore americano e Glauco Benigni, direttore<br />

delle strategie tecnologiche della Rai.<br />

“Pochi sanno quanto sia complessa l’operazio-<br />

ne di travasare un ordine di idee in un altro,<br />

riadattandolo e reinterpretandolo, in definitiva<br />

ricreandolo – ha sostenuto Paolinelli –. È<br />

necessario, ad esempio, che le istituzioni europee<br />

rendano possibile la nascita di un’Agenzia<br />

internazionale del doppiaggio per capire la<br />

realtà produttiva di ogni paese, studiarne le<br />

risorse artistiche, predisporre piani formativi<br />

e strumenti contrattuali comuni, analizzare i<br />

flussi dell’import-export, offrire un punto di<br />

riferimento per aziende che intendano sponsorizzare<br />

la realizzazione del doppiaggio.<br />

Quanti film italiani potrebbero essere esportati<br />

all’estero con una buona edizione nella lingua<br />

del Paese al quale sono destinati?” si è chiesto<br />

Paolinelli auspicando anche una formazione<br />

universitaria per gli adattatori europei.<br />

“In Italia la <strong>Siae</strong> fa la sua parte per garantire<br />

economicamente il lavoro dei dialoghisti, considerati<br />

spesso autori ‘in ombra’, anche se – ha<br />

ricordato il direttore della sezione cinema della<br />

<strong>Siae</strong>, Lucia Bistoncini – fino agli anni ’90 la<br />

figura dell’adattatore non era ancora riconosciuta,<br />

mentre ora riceve un equo compenso.<br />

Occorrerebbe colmare il vuoto contrattuale tra<br />

adattatori e committenti magari con un riferimento<br />

ad un codice deontologico per valorizzare<br />

il diritto morale dell’autore troppo spesso<br />

nascosto dalle questioni economiche”.<br />

Greg Snegoff, attore e direttore di doppiaggio<br />

americano, ha detto che “in America un gran-<br />

de regista come Mel Brooks è stato pagato<br />

250.000 dollari per un doppiaggio di un film<br />

risultato poi un flop, quando un’ottima edizione<br />

sarebbe costata appena 50.000 dollari”. Un<br />

fatto che dimostra quanto poco sia ancora considerata<br />

la figura professionale del dialoghista.<br />

E Snegoff ha proposto di tentare un esperimento:<br />

doppiare gratuitamente un film italiano<br />

(che nessun produttore vorrebbe doppiare)<br />

in lingua inglese e francese per verificarne poi<br />

la possibilità di diffusione all’estero.<br />

Glauco Benigni, infine, ha esortato gli adattatori<br />

dicendo: “Voi autori del doppiaggio non<br />

sapete difendere il vostro lavoro. È come se<br />

voleste arare un campo con una cetra. Per fortuna<br />

la <strong>Siae</strong> non utilizza solo la cetra ed è organizzata<br />

in modo articolato per farvi pervenire<br />

un giusto compenso”. Il problema del doppiaggio<br />

deriverebbe, per il giornalista Rai, da<br />

una questione di appalti: “I prezzi sono perversi<br />

e con l’avvento della pay-tv bisognerebbe<br />

al più presto creare un Authority che regolamenti<br />

il settore e riconosca le traduzioni come<br />

una risorsa. Sono tutti autorizzati a vendere la<br />

benzina o il sale? No, esistono regole specifiche<br />

in ciascuno dei due settori. E allora perché<br />

chiunque si può improvvisare adattatore o traduttore?”


VIVAdall’interno<br />

SIAE 2004<br />

<strong>UN</strong> BILANCIO LUSINGHIERO<br />

Il bilancio della <strong>Siae</strong> per l’anno 2004 (che qui presentiamo<br />

in sintesi, ma che i lettori hanno l’opportunità di leggere<br />

in dettaglio in un apposita pubblicazione separata<br />

già inviata ai loro indirizzi) è uno dei migliori degli ultimi<br />

12 anni, non solo perché presenta un attivo di 3 milioni<br />

e 647 mila euro dopo le imposte, ma anche perché – in<br />

un momento di stagnazione dei consumi – la raccolta<br />

per diritto d’autore è stata incrementata del 2,5% rispetto<br />

all’anno precedente. Anche il comparto dei servizi<br />

per conto terzi (Agenzia dell’entrate, Enpals e Inps) evidenzia<br />

un risultato positivo, prima delle imposte, di<br />

2 .030.204 euro con un utile – dopo le imposte –<br />

di 128.362 euro. Il totale degli incassi per diritto d’autore<br />

(importo lordo) è stato di 523.253.029 euro.<br />

Nel settore della Musica gli incassi risultano sostanzialmente<br />

stabili, con un incremento dell 1,3% rispetto<br />

al 2003. Ma l’aumento effettivo è superiore se si considera<br />

che nel 2004, in ottemperanza a specifiche norme<br />

contabili, non è stato imputato un importo di 7,8 milioni<br />

di euro, che benché riferibile all’esercizio dello stesso<br />

2004, è stato contabilizzato all’atto dell’incasso avvenuto<br />

nei primi giorni del 2005.<br />

Ottimo il risultato degli incassi nel settore dei concerti,<br />

riviste e varietà, che registra un aumento del 7,7%,<br />

mentre gli incassi per i diritti di riproduzione meccanica<br />

(cioè per le opere musicali registrate su supporti) hanno<br />

subito un decremento del 3,3%, in relazione al calo<br />

delle vendite. Si tratta d’uno spostamento significativo,<br />

che riveste un notevole valore sociologico nel panorama<br />

della fruizione musicale: la musica e lo spettacolo<br />

dal vivo, infatti, attirano sempre di più il pubblico, mentre<br />

il settore discografico manifesta ancora la sua soffe-<br />

Un attivo di 3 milioni e 647 mila euro dopo le imposte, un incremento della raccolta per<br />

diritto d'autore del 2,5% sul 2003. Uno dei migliori risultati degli ultimi 12 anni. Lettura<br />

sintetica e per linee generali del Bilancio 2004 della Società degli Autori ed Editori<br />

renza, solo in parte compensata dalla vendita dei supporti<br />

videografici e, in particolare, dei Dvd cinematografici<br />

e musicali. Anche il ballo è stazionario, con un<br />

aumento della raccolta dei diritti pari all’1,6%.<br />

Il settore maggiormente connesso alle forme di diffusione<br />

più tecnologicamente avanzate, cioè la multimedialità,<br />

ha registrato un balzo del 58% rispetto all’esercizio<br />

del 2003, frutto soprattutto d’importanti accordi con<br />

grandi aziende telematiche e telefoniche. Questo settore<br />

sta, per altro, ottenendo risultati ancora migliori<br />

anche per l’anno in corso, grazie a ulteriori accordi e a<br />

un monitoraggio sempre più esteso degli utilizzi di<br />

opere tutelate.<br />

La sezione Dor presenta un aumento degli incassi del<br />

2%, mentre il Cinema registra un incremento del 20%<br />

rispetto all’anno precedente, considerando gli introiti dei<br />

diritti della copia privata video, che risentono positivamente<br />

delle nuove tariffe finalmente adeguatesi, anche<br />

nel nostro Paese, alla media europea. Per il cinema,<br />

bisogna segnalare positivamente anche il rinnovo degli<br />

accordi per equo compenso con le emittenti nazionali<br />

generaliste e la regolarizzazione di importanti emittenti<br />

satellitari, che hanno corrisposto anche compensi per<br />

attività pregresse.<br />

La sezione Opere Letterarie e Arti Figurative (Olaf)<br />

evidenzia una crescita degli incassi del 19,7%, in buona<br />

parte riferibili alla reprografia (diritti sulle fotocopie di<br />

opere tutelate) cresciuta del 16,9%. Anche l’andamento<br />

della raccolta per le voci tradizionali (opere letterarie e<br />

arti visiva) si segnala per un aumento del 23%.<br />

La sezione Lirica presenta un aumento del 12,6%,<br />

conseguente in buona parte anche alla maggiore diffusione<br />

delle utilizzazioni di “revisioni” e riadattamenti di<br />

opere di pubblico dominio.<br />

Nel settore dei Servizi per conto terzi, bisogna innanzitutto<br />

ricordare che le vigenti convenzioni con Enpals,<br />

Rai, Inps e Agenzia delle entrate, stipulate negli ultimi<br />

cinque anni hanno dato un apporto economico al bilancio<br />

di circa 46,7 milioni di euro annui, permettendo un<br />

consistente contributo all’ assorbimento dei costi della<br />

struttura aziendale. Il ruolo di questi servizi, inoltre, è<br />

essenziale per garantire una presenza capillare sul territorio<br />

che genera benefici rilevanti per la raccolta dei<br />

diritti d’autore. Nell’ambito dei servizi per l’Agenzia delle<br />

entrate, i proventi sono diminuiti di circa 2,2 milioni di<br />

euro, nonostante il maggior numero di accertamenti<br />

effettuato dalla <strong>Siae</strong>. La ragione sta nel fatto che, in


seguito agli accordi sottoscritti con l’Agenzia delle<br />

entrate, la misura dei conguagli a favore della <strong>Siae</strong> si è,<br />

nella sostanza, ridotta come diretta conseguenza del<br />

piano di contenimento della spesa pubblica cui devono<br />

attenersi tutti gli organismi pubblici.<br />

I servizi delegati da enti vari registrano un incremento<br />

dell’8,7%, mentre i proventi derivanti da interessi finanziari<br />

manifestano un aumento di 1,1 milioni di euro.<br />

Nell’ambito dei costi, è interessante notare che la <strong>Siae</strong><br />

ha già realizzato da alcuni anni una razionalizzazione<br />

generalizzata dei costi grazie al dimensionamento dei<br />

fabbisogni, alla definizione di condizioni di acquisto più<br />

favorevoli, alla concentrazione dei volumi, alla gestione<br />

di procedure competitive e alla rinegoziazione dei contratti<br />

preesistenti. Il risparmio nominale nell’ambito dei<br />

costi della produzione, dal 1998 al 2004, ammonta a<br />

circa 6,3 milioni di euro. In realtà, il risparmio effettivo è<br />

nettamente superiore se si tiene conto dell’inflazione<br />

nell’arco degli ultimi 6 anni e del radicale cambiamento<br />

della struttura operativa della Società, conseguente da<br />

un lato all’eliminazione dell’imposta sullo spettacolo, dall’altro<br />

all’introduzione, appunto, di nuovi servizi per<br />

conto terzi. Servizi che hanno richiesto un sensibile<br />

incremento qualitativo e quantitativo di risorse per lo<br />

svolgimento delle attività richieste da diversi committenti<br />

(Agenzia delle entrate, Enpals, Inps, Rai, ecc.).<br />

La <strong>Siae</strong> è riuscita in breve ad operare efficacemente<br />

una ristrutturazione della propria attività, compensando<br />

la fonte di reddito dell’imposta spettacolo, che incideva<br />

per 75 milioni di euro e riducendo significativamente i<br />

costi rispetto al valore della produzione.<br />

Nel 2004 i costi della produzione sono aumentati del<br />

4,2% rispetto al 2003, ma il valore della produzione è<br />

cresciuto del 5%: la struttura dei costi si è dunque sviluppata<br />

in corretta relazione con lo sviluppo del business,<br />

risultando inferiore alla crescita dei proventi.<br />

È importante, infine, ricordare brevemente l’iter di<br />

VIVAVERDI<br />

49<br />

approvazione del bilancio, che viene presentato dal<br />

Direttore generale al Consiglio d’Amministrazione che lo<br />

approva, previo parere del Collegio dei Revisori della<br />

<strong>Siae</strong> (Collegio il cui Presidente è nominato dal Ministero<br />

dell’Economia) e certificazione della Società di revisione<br />

Reconta Ernst &Young (certificazione che la <strong>Siae</strong> ha praticato<br />

volontariamente da anni). Successivamente il<br />

bilancio è stato approvato, il 28 giugno di quest’anno,<br />

dall’Assemblea degli Associati e quindi sottoposto alle<br />

Autorità di vigilanza, la Presidenza del Consiglio e il<br />

Ministero per i Beni e le Attività culturali. Il 21 luglio<br />

scorso il Ministro per i Beni e le Attività culturali, Rocco<br />

Bottiglione, ha pubblicamente dichiarato che i conti<br />

della <strong>Siae</strong> sono in ordine e che il suo bilancio presenta<br />

un attivo di 3 milioni e 647 mila euro; in seguito le<br />

Autorità vigilanti hanno approvato i bilancio consuntivo<br />

2004 e quello preventivo 2005, ratificando così positivamente<br />

la politica economica della Società.


zie anche all’ impennata di vendite dell’ iPod (il<br />

piccolo lettore di musica digitale prodotto dalla<br />

Apple Computer) che in pochi mesi ha superato i<br />

20 milioni di esemplari venduti) e all’introduzione<br />

dei sistemi di scaricamento legale come iTunes,<br />

con cui la <strong>Siae</strong> fin dal mese di novembre del<br />

2004 ha concluso un’importane contratto per la<br />

tutela dei brani scaricati. Quello digitale è, insomma,<br />

un mercato in crescita, dalle fortissime<br />

potenzialità, ma il rapporto Ifpi sottolinea come<br />

attualmente la quota dei profitti sia ancora<br />

all’1,5% del totale, anche se le previsioni segnalano<br />

aumenti a due cifre per i prossimi 5 anni.<br />

Tornando all’Italia, il calo dei prodotti musicali<br />

registrato nelle edicole, si può spiegare da un<br />

punto di vista più generale, non solo con la saturazione<br />

d’un bacino in forte crescita da anni, ma<br />

anche col boom delle vendite di libri abbinati a<br />

quotidiani e periodici, che sono entrati nelle edicole<br />

in diretta concorrenza con i supporti musicali,<br />

orientando diversamente le scelte dell’acquirente.<br />

L’altro fenomeno in espansione è rappresentato<br />

dalle vendite dei Dvd musicali, ma, se ci riferiamo<br />

alla spesa per la musica in generale, non<br />

possiamo non rilevare il grande balzo in avanti<br />

VIVAVERDI<br />

51<br />

della musica dal vivo, che nel 2004, secondo<br />

fonti dell’Assomusica, ha registrato 1,5 milioni di<br />

spettatori in più, con un incremento del 54,1%<br />

del totale degli incassi.<br />

D’altra parte il mercato discografico italiano, che<br />

l’Ifpi situa all’ottavo posto nel mondo, negli ultimi<br />

dieci anni presenta cadute e riprese. Dai 138,9<br />

milioni di pezzi venduti nel 1995, in tre anni si<br />

passa ai 101,4 del 1998, per risalire ai 112 del<br />

2000, con una media, fino al 2003 di 110 milioni<br />

di pezzi, per arrivare poi alla flessione del 2004.


VIVAdall’interno<br />

ASSEMBLEA GENERALE CISAC<br />

DIFENDERSI O ATTACCARE?<br />

di Alberto Testa<br />

Il 9 Giugno 2005 si è tenuta a Dublino, in Irlanda,<br />

l’Assemblea Generale della Cisac, la Confederazione<br />

Internazionale delle Società di Autori e Compositori.<br />

C’erano praticamente tutti, in rappresentanza degli autori<br />

e dei compositori, nonché degli editori, provenienti da<br />

tutto il mondo. Mi è sembrato giusto sentirmi forte, perché<br />

l’unione di tutte le forze creative sarà l’unica arma<br />

contro le infinite voglie di non tenere in considerazione il<br />

Diritto d’Autore. Certo, molti interventi hanno riguardato<br />

e preso in considerazione, in particolare, gli aspetti<br />

amministrativi di una simile organizzazione mondiale:<br />

approvazioni di Bilanci e lettura delle relazioni relative ad<br />

assemblee e incontri svoltisi in precedenza.<br />

Terminate le formalità – però – si sono trattati vari<br />

argomenti basilari: ecco qui di seguito e in queste poche<br />

righe il mio sintetico “rapporto”. Più che altro le mie sensazioni<br />

su quanto è stato detto a proposito di: difesa del<br />

diritto d’autore; lotta alla pirateria; salvaguardia delle<br />

diversità culturali; sviluppo e addestramento informatico<br />

nelle società autori; progetto mi3p: codice mondiale<br />

unico per ogni opera<br />

Questi argomenti sono stati trattati con molto calore e<br />

con interessamento di tutti. Alla prossima riunione spero,<br />

però, che verranno presentati dalle varie Società resoconti<br />

di “azioni compiute in proposito”, offrendo a tutti gli<br />

altri i suggerimenti per intraprendere le stesse “azioni”<br />

nel proprio paese.<br />

In tutto il mondo le dinamiche del lavoro degli autori sono in forte evoluzione e radicale<br />

cambiamento. L'occasione di una riunione internazionale della Confederazione delle<br />

Società di autori e compositori a Dublino evoca ad un autore alcuni interrogativi e<br />

altrettante considerazioni contenuti in questo breve “rapporto”<br />

Naturalmente sarà importante che tali informazioni vengano<br />

diffuse ben prima delle riunioni, in modo da aver già<br />

pronte osservazioni e risposte da parte dei vari delegati.<br />

E questo anche perché le leggi tra un paese e l’altro sono<br />

assai diverse e quel che è consentito là, può non essere<br />

consentito qui.<br />

Interessantissimo il Progetto di “Sviluppo e addestramento<br />

informatico” da diffondere fra tutte le Società di<br />

Autori al fine di preparare al meglio il personale e metterlo<br />

in grado di usare i mezzi più attuali. Questo progetto<br />

dev’esser coordinato dalla Cisac ma sviluppato – secondo<br />

i propri mezzi – da ogni Società.<br />

Su tale argomento sono d’accordo, ma penso che non<br />

dobbiamo limitarci a combattere gli attacchi che vengono<br />

fatti al Diritto d’Autore. Penso invece che dobbiamo<br />

essere noi Società di autori ad arrivare prima. Gli Autori<br />

sono creatori? E allora creiamo noi le armi di attacco a<br />

chi vuole espropriarci!<br />

Dobbiamo essere noi i primi hackers, naturalmente in<br />

positivo! Fare in modo che quando i ladri (di denaro e di<br />

cultura) tenteranno di arrivare, noi avremo già sviluppato<br />

altri sistemi per contrastarli e respingerli mettendoli in<br />

fuorigioco.<br />

Il Progetto mi3p che dovrebbe dare un codice ad ogni<br />

opera, spero che riguardi e tanga conto veramente di<br />

ogni opera depositata: musicale, letteraria, teatrale, cinematografica,<br />

visiva, tecnica…<br />

È una formula necessaria; per cui occorre accelerare al<br />

massimo tale procedura.<br />

Non sono molto abituato a questo tipo di riunioni e credo<br />

che – più che parlare – sia necessario agire. Da bravo<br />

autore di parole, ritengo che le parole siano troppo<br />

importanti per essere spese in arzigogoli. Perciò il mio<br />

resoconto finisce qui.<br />

Lasciatemi però ripetere: difendersi o attaccare ?<br />

Io vi ho detto come la penso. A voi la scelta.<br />

Alberto Testa, autore


FONDO DI SOLIDARIETÁ SIAE<br />

LA FASE DELLO STUDIO È CONCLUSA<br />

di ***<br />

Lettera del Comitato di Studio per le problematiche del Fondo di Solidarietà <strong>Siae</strong>,<br />

che ha da poco concluso i lavori e ha consegnato i risultati al Cda perché li faccia pervenire<br />

all'Assemblea con eventuali osservazioni e proposte<br />

Al momento abbiamo completato la prima fase dei<br />

lavori, rispondendo alle domande posteci<br />

dall’Assemblea che ci ha nominati con sua delibera del<br />

25/2/2004, e abbiamo consegnato il nostro elaborato<br />

al Consiglio di Amministrazione della <strong>Siae</strong> perché lo<br />

stesso CdA. lo faccia pervenire con le sue osservazioni<br />

ed eventuali proposte all’Assemblea.<br />

Per questo motivo riteniamo che una nostra eventuale<br />

anticipazione sui contenuti, prima che l’Assemblea<br />

possa esaminarli, sarebbe una mancanza di riguardo<br />

verso la stessa Assemblea alla quale non abbiamo<br />

ancora potuto fornire tutte le eventuali informazioni integrative.<br />

Questo Comitato, formato da componenti di pressoché<br />

tutte le Associazioni degli autori, editori e concessionari<br />

<strong>Siae</strong>, può senz’altro affermare di aver lavorato in completa<br />

armonia e serenità e di essere arrivato alle sue<br />

conclusioni all’unanimità, dopo un lavoro serio, approfondito<br />

e svolto con il comune intento di dare finalmente<br />

sistemazione definitiva agli annosi problemi del Fondo di<br />

Solidarietà, con una serie di provvedimenti che, se<br />

l’Assemblea concorderà sulla linea da noi proposta,<br />

potrebbero essere adottati entro pochi mesi, dopo l’ulteriore<br />

necessario completamento del nostro lavoro<br />

insieme con le sezioni <strong>Siae</strong> e i necessari approfondimenti<br />

giuridici, fiscali e finanziari per l’approntamento<br />

degli strumenti operativi definitivi.<br />

È con viva soddisfazione che noi tutti componenti di<br />

questo Comitato possiamo dichiarare che quando un<br />

certo numero di persone lavorano animate da spirito di<br />

servizio e con l’unico fine di tendere ad una conclusione<br />

positiva e condivisa è alla fine inevitabile, che si arrivi al<br />

risultato in perfetta armonia e addirittura, come avvenu-<br />

VIVAVERDI<br />

53<br />

to nel nostro caso, all’unanimità, pur partendo da posizioni<br />

iniziali variegate e molto differenziate.<br />

Desideriamo da ultimo ringraziare la <strong>Siae</strong> per il prezioso<br />

aiuto delle sue strutture e dei validissimi consulenti messici<br />

a disposizione.<br />

*** I componenti del Comitato di Studio per le problematiche<br />

del Fondo di Solidarietà <strong>Siae</strong>


Foto Giuseppe Ziliotto<br />

VIVAdall’interno<br />

SIAE E FAPAV<br />

<strong>UN</strong>'INTESA<br />

ANTIPIRATERIA<br />

Lo scorso 13 ottobre il Segretario Generale della<br />

Federazione Antipirateria Audiovisiva (Fapav), Luciano<br />

Daffarra e il Direttore generale della <strong>Siae</strong>, Angelo<br />

Della Valle, hanno firmato un importante protocollo<br />

d’intesa per rafforzare la tutela del diritto d’autore nel<br />

campo dell’audiovisivo e coordinare al meglio l’attività<br />

antipirateria.<br />

L’incontro, presso la Direzione Generale della <strong>Siae</strong> a<br />

Roma, si è svolto alla presenza di John Malcom,<br />

Direttore delle Operazioni Antipirateria della Mpa, la<br />

Motion Picture Association, organizzazione internazionale<br />

per la difesa delle opere cinematografiche e di<br />

Silvano Guariso, Sostituto del Presidente della <strong>Siae</strong>.<br />

Tra le misure di contrasto alla pirateria, presenti nel<br />

protocollo d’intesa l’avvio di campagne di comunicazione<br />

rivolte ai consumatori e in particolare agli stu-<br />

Foto Giuseppe Ziliotto<br />

L'importante protocollo, che rafforza l'azione di lotta alla contraffazione e la rende più<br />

efficace sul piano operativo, legislativo e tecnologico, è nato alla presenza di John<br />

Malcom, direttore delle operazioni antipirateria a livello mondiale della Motion Picture<br />

Association (Mpa)<br />

denti. John Malcom ha affermato che le attuali campagne<br />

di comunicazione antipairateria, sia negli Stati<br />

Uniti, sia in Europa e in Asia, non hanno dato i frutti<br />

sperati.<br />

Proprio per questa ragione, la <strong>Siae</strong>, con i partner<br />

dell’Emca (European Music Alliance) ha intrapreso una<br />

serie di contatti con il Ministero dell’Istruzione per<br />

avviare una campagna di sensibilizzazione al rispetto<br />

del diritto d’autore presso le scuole secondarie.<br />

La lotta alla pirateria audiovisiva nel nostro Paese ha<br />

dato notevoli risultati anche grazie alla collaborazione<br />

delle associazioni che tutelano autori, editori e produttori<br />

con le Forze dell’ordine. In base ai primi dati<br />

(inediti) disponibili per il 2005, forniti dal Ministero<br />

dell’Interno, nei primi quattro mesi dell’anno sono stati<br />

sequestrati complessivamente 1.433.269 prodotti<br />

audiovisivi contraffatti, tra apparecchiature per registrazione,<br />

Dvd, Cd, videocassette e musicassette. Il<br />

prodotto pirata in formato digitale, che è anche quello<br />

maggiormente soggetto alla contraffazione, ricopre<br />

all’incirca il 10-15% del mercato totale dell’audiovisivo<br />

in Italia. L’Mpa calcola che in tutto il mondo questo<br />

tipo di pirateria arrechi danni, solo per quanto riguarda<br />

i prodotti americani, per oltre tre miliardi di dollari<br />

l’anno, con pesanti ripercussioni per gli autori e per le<br />

aziende del settore, con ingenti perdite di posti di<br />

lavoro. John Malcom, dopo aver scambiato importanti<br />

informazioni con Della Valle sulle strategie della lotta<br />

alla pirateria, ha assicurato alla <strong>Siae</strong> la collaborazione<br />

della Mpa.


VIVAglossario<br />

a cura di Giancarlo Pressenda<br />

IL DIRITTO D'AUTORE È MORALE<br />

di Giancarlo Pressenda<br />

Vivaverdi pubblica a puntate questo glossario, che comprende alcuni tra i termini più<br />

utilizzati nel mondo della <strong>Siae</strong> e nel diritto d'autore. Talvolta si è privilegiata la semplicità<br />

e la sintesi rispetto al tecnicismo del linguaggio giuridico e anche all'approfondimento.<br />

L'attuale legge italiana sul diritto d'autore n. 633/1941 e successive modificazioni (si veda<br />

la “Biblioteca giuridica” all'indirizzo www.siae.it) è ovunque abbreviata nella sigla L. A.<br />

INTERNATIONAL STANDARD<br />

WORK CODE (ISWC)<br />

Nato nel 1995 l’ Iswc è un Codice alfanumerico<br />

Internazionale Iso (Organizzazione Internazionale per<br />

la Standardizzazione) che viene attribuito univocamente<br />

ad ogni opera musicale consentendone così<br />

l’immediata identificazione in tutto il mondo. Il codice<br />

Iswc è costituito dalla lettera T seguita da una<br />

sequenza di 9 cifre e conclusa da una cifra di controllo.<br />

Attualmente l’assegnazione dei codici Iswc è<br />

in corso di attuazione e la <strong>Siae</strong> svolge funzioni di<br />

Agenzia Regionale Iswc per il territorio italiano.<br />

INTERNATIONAL STANDARD<br />

RECORDING CODE (ISRC)<br />

L’Isrc, la cui nascita risale al 1989, è un codice alfanumerico<br />

internazionale Iso (Organizzazione<br />

Internazionale per la Standardizzazione) che viene<br />

attribuito univocamente ad ogni registrazione sonora<br />

o audiovisiva di musica. Mentre l’Iswc identifica quindi<br />

l’opera musicale ai fini della percezione e della<br />

distribuzione dei diritti d’autore, l’Isrc identifica univocamente<br />

a livello internazionale ciascuna singola<br />

registrazione ai fini della individuazione del produttore<br />

proprietario e della percezione e distribuzione del<br />

diritto connesso del produttore fonografico. Il codice<br />

Iscr è costituito da 12 caratteri. L’Agenzia internazionale<br />

per l’amministrazione dei codici Isrc è presso la<br />

Federazione Internazionale dell’Industria Fonografica<br />

(Ifpi) con sede a Londra, mentre l’Agenzia Nazionale<br />

per l’Italia è la Fimi (Federazione Industria Musicale<br />

Italiana) con sede a Milano.<br />

LICENZE LEGALI O OBBLIGATORIE<br />

Le licenze legali e le licenze obbligatorie costituiscono<br />

forme di limitazione al diritto esclusivo degli autori,<br />

consentite dalla Convenzione di Berna in via di<br />

eccezione. La licenza legale è una licenza di utilizzazione<br />

delle opere le cui condizioni non sono negoziate<br />

tra le parti (autore e suoi aventi causa da un lato<br />

ed utilizzatore dell’opera dall’altro) ma sono dettagliatamente<br />

stabilite dalla legge. Nella licenza obbligatoria<br />

invece la legge impone all’autore di rilasciare un<br />

determinato tipo di licenza (sottraendogli quindi il<br />

potere di rifiutarla) ma la determinazione del compenso<br />

rimane oggetto di negoziazione tra le parti.<br />

Gli istituti delle licenze legali ed obbligatorie sono<br />

conosciuti soprattutto dalla legislazione anglo americana<br />

in materia di copyright (particolarmente nota la<br />

licenza legale Usa in materia di riproduzione su<br />

disco delle opere musicali) mentre sono più rari nella<br />

legislazione europea che tende a salvaguardare per<br />

quanto possibile il diritto esclusivo degli autori.<br />

Tuttavia, anche nella legislazione italiana si possono<br />

ravvisare le caratteristiche delle licenze legali o<br />

obbligatorie per quelle utilizzazioni per le quali anziché<br />

il pieno diritto esclusivo viene riconosciuto agli<br />

autori solo un diritto a compenso<br />

(così ad esempio l’equo compenso dovuto agli autori<br />

ai sensi dell’art. 58 per l’esecuzione di opere radiodiffuse<br />

in pubblici esercizi può essere qualificato<br />

come una licenza obbligatoria mentre l’equo compenso<br />

previsto dall’art. 70 per la riproduzione di<br />

opere in antologie scolastiche presenta molte delle<br />

caratteristiche tipiche della licenza legale).<br />

MATRICE (MASTER RECORDING)<br />

La matrice di registrazione o master recording è la<br />

registrazione audio o video originaria dalla quale vengono<br />

poi tratte le copie da porre in circolazione. La<br />

matrice è di proprietà del Produttore e non può<br />

essere utilizzata senza la sua autorizzazione ai sensi<br />

dell’art. 72 L. A. I diritti del Produttore sulle registrazioni<br />

realizzate durano per 50 anni dalla data di fissazione<br />

della registrazione ai sensi dell’art. 75 L. A.<br />

(vedi anche “diritti connessi”).<br />

MORALE<br />

(DIRITTO MORALE D’AUTORE)<br />

Il sistema di tutela dell’autore apprestato dalla legge<br />

prevede accanto ai diritti di utilizzazione economica<br />

dell’opera, anche diritti morali d’autore che sono<br />

preordinati a proteggere la sensibilità e la personalità<br />

dell’autore e non hanno direttamente un contenuto<br />

economico. Tali sono, in primo luogo, il diritto di<br />

rivendicazione della paternità dell’opera, il diritto di<br />

opporsi a deformazioni, mutilazioni o danneggiamenti<br />

dell’opera che possano pregiudicare la sua reputazione<br />

o il suo onore, il diritto – ove previsto – alla<br />

menzione del nome dell’autore, il diritto di mantenere<br />

l’opera inedita. Poiché i diritti morali sono intimamente<br />

legati alla sensibilità e alla personalità dell’autore<br />

essi sono inalienabili e “personalissimi” e non<br />

possono essere esercitati da altri che dall’autore<br />

stesso. I diritti morali non hanno termini di durata e<br />

quindi non sono limitati nel tempo; dopo la morte<br />

dell’autore il diritto morale può essere esercitato dal<br />

coniuge o dai figli o, in mancanza, dai genitori o altri<br />

ascendenti e discendenti diretti. Ove sia richiesto da<br />

finalità pubbliche anche il Presidente del Consiglio<br />

può intervenire a tutela del diritto morale dell’autore.<br />

Al diritto morale d’autore sono dedicati gli articoli dal<br />

20 al 24 della L. A. ma tutto il corpo della legge sul<br />

diritto d’autore è in più punti permeato dal concetto<br />

del diritto morale. Gli articoli 168-170 della L. A. dettano<br />

inoltre alcune norme particolari per quanto<br />

attiene i giudizi relativi all’esercizio del diritto morale<br />

d’autore. Alcuni diritti di natura morale sono riconosciuti<br />

anche agli artisti interpreti ed esecutori, come<br />

il diritto alla menzione del nome nei limiti stabiliti dall’art.<br />

83 L. A. e il diritto di opporsi alla diffusione di<br />

esibizioni che possano essere pregiudizievoli per il<br />

loro onore o la loro reputazione (art. 81 L. A.).


VIVAeventi<br />

a cura dell'Ufficio organizzazione Eventi<br />

AREZZO, 12/17 LUGLIO<br />

AREZZO WAVE LOVE FESTIVAL<br />

Arezzo Wave si conferma uno degli eventi<br />

musicali internazionali più importanti per l’impegno<br />

multiculturale. Dal 12 al 17 luglio si<br />

sono alternati su dodici palchi artisti emergenti,<br />

selezionati dalla Fondazione Arezzo Wave, e<br />

artisti noti. Accanto al cartellone musicale<br />

anche spettacoli, laboratori e incontri d’arte,<br />

letteratura, cinema, teatro, fumetto e fotografia.<br />

La <strong>Siae</strong> era presente con il <strong>Siae</strong> Point,<br />

punto informativo al Main Stage dello Stadio<br />

Comunale dove si sono esibiti Elio e le Storie<br />

Tese, Motorhead, The Kills, Antony & The<br />

Johnsons, Negramaro e Afterhours. Sul Wake<br />

Up e lo Psycho Stage si sono alternati altri 19<br />

gruppi, selezionati tra i 1.570, che hanno partecipato<br />

al concorso nazionale Arezzo Wave<br />

Band e, per la prima volta, si sono esibite le<br />

band segnalate dalle testate specializzate.<br />

Nelle tre sale del Centro Affari e Convegni di<br />

Arezzo s’è svolto infine Elettrowave, un vero e<br />

proprio festival nel festival, meeting di cultura<br />

digitale che durante l’anno ha decretato i vincitori<br />

della lunga selezione nazionale<br />

Elettrowave Challenge. Nell’ambito della sezione<br />

Cult Wave gli incontri con i registi Emir<br />

Kusturica e Matteo Garrone e un’iniziativa in<br />

ricordo di Pasolini, a 30 anni dalla morte.<br />

ROMA, 17 SETTEMBRE<br />

LA NOTTE BIANCA AL BURCARDO<br />

Il 17 settembre scorso la <strong>Siae</strong> ha partecipato<br />

per il secondo anno a La Notte Bianca con l’apertura<br />

notturna del Museo Teatrale del<br />

Burcardo (nella foto Vanessa Gravina e Marco<br />

Marelli). Nonostante la pioggia incessante che<br />

ha disturbato la serata, nelle sale del Museo<br />

sono state organizzate visite guidate alla<br />

mostra Le viole di Eleonora Duse e alle collezioni<br />

di costumi, accessori e oggetti di scena<br />

appartenenti ai grandi nomi del teatro italiano.<br />

Nel Palazzetto di particolare pregio storico ed<br />

artistico, ben noto a esperti e a studiosi del<br />

teatro, è stata offerto un ampio programma di<br />

musica e poesia. Gli attori Vanessa Gravina e<br />

Marco Marelli nel recital Amore è fuoco hanno<br />

rappresentato i versi dei poeti – da Francesco<br />

Petrarca ad Alda Merini – che in ogni tempo<br />

hanno cantato l’amore e la passione. Il cantautore<br />

Andrea Parodi ha raccontato, attraverso<br />

le canzoni, gli incontri più significativi della sua<br />

carriera: quello con Maria Carta, Fabrizio De<br />

Andrè, la cantante israeliana Noa e il chitarrista<br />

Al Di Meola. Il gruppo etno-folk dei<br />

Mediterranti ha proposto i ritmi e i canti della<br />

tradizione mediterranea. Hanno potuto eseguire<br />

solo in parte il loro programma il trio<br />

Polimnia Ensamble, una delle formazioni di<br />

punta della Associazione Musikstrasse del<br />

Gruppo Editoriale Bixio, e i maestri Claudio<br />

Anguillara, Lorella Boldrini, Francesco D’Atri e<br />

Vincenzo Di Piro, fermati purtroppo dalla pioggia<br />

scrosciante. L’afflusso dei visitatori e l’apprezzamento<br />

ricevuto ha confermato la vocazione<br />

del Burcardo a essere ideale punto d’incontro<br />

e accoglienza per iniziative culturali e<br />

di diffusione del patrimonio artistico che la<br />

<strong>Siae</strong> istituzionalmente tutela.<br />

2-4 SETTEMBRE,<br />

BORDIGHERA JAZZ & BLUES<br />

Dal 2 al 4 settembre, presso i giardini Lowe di<br />

Bordighera, s’è svolta la rassegna “Bordighera<br />

Jazz & Blues”, giunta alla 13 a edizione (nella<br />

foto Filippo Gasparro con Expresso Blues<br />

Band). Realizzata dall’Associazione<br />

MusicaTeatro e presieduta da Enzo Bruno, la<br />

kermesse musicale ha ospitato artisti di fama<br />

internazionale come Ike Turner, Kid Creole e<br />

Kool and the Gang. Rinnovando una partnership<br />

che dura da anni, la <strong>Siae</strong> era presente con<br />

il <strong>Siae</strong> Point. Nel corso della serata conclusiva<br />

è stata consegnata la targa <strong>Siae</strong> 2005 al gruppo<br />

musicale Expresso Blues Band, come riconoscimento<br />

per i musicisti italiani emergenti.<br />

AULLA, 21-24 LUGLIO<br />

PREMIO L<strong>UN</strong>EZIA<br />

Si è svolta ad Aulla (Massa Carrara) la decima<br />

edizione del Premio Lunezia che il suo<br />

ideatore, Stefano De Martino, ha dedicato al<br />

valore musical-letterario delle canzone italiana.<br />

Il vincitore assoluto, Gianluca Grignani, ha<br />

ricevuto dal Direttore della sezione<br />

Organizzazione Eventi <strong>Siae</strong>, Filippo Gasparro<br />

(nella foto con Grignani) “l’Albero della creatività”,<br />

scultura in bronzo dell’artista Sandro<br />

Soravia, per l’album Il re del niente, mentre<br />

alla vincitrice della Sezione Giovani Autori di<br />

Testo, Elettra Fiorini (19 anni, di Arezzo), è<br />

stata assegnata dalla <strong>Siae</strong> una targa per la<br />

canzone Ho disegnato. Tra gli artisti che si<br />

sono esibiti nella serata finale del 24 condotta<br />

da Pippo Baudo, applauditissimi Grignani,<br />

Elisa, Andrea Parodi (la voce dei Tazenda ha<br />

vinto la prima edizione di una sezione dedicata<br />

alla musica Etno) ed Enrico Ruggeri. La<br />

Società era presente con il <strong>Siae</strong> Point.


TERMOLI, 23-24 SETTEMBRE<br />

SPAZIO D’AUTORE<br />

Il 23 e 24 settembre si è svolto a Termoli il<br />

concerto “Pax Mundi”. Due serate dedicate a<br />

Papa Giovanni Paolo II e alla sua alla figura<br />

spirituale. Il Premio “Spazio D’Autore 2005” è<br />

andato a Enrico Ruggeri e ai Nomadi. Il<br />

Premio speciale <strong>Siae</strong> è stato consegnato ai<br />

Cugini di Campagna (nella foto) dal direttore<br />

dell’Ufficio organizzazione Eventi, Filippo<br />

Gasparro, che ha illustrato le finalità del “progeto<br />

Emca” verso i giorvani. Tra i partecipanti<br />

alla due giorni musicale, Anna Tatangelo, Paul<br />

Moss, The Joyful Gospel Ensemble, Franco<br />

Fasano e i Matia Bazar. Il tema della musica<br />

come strumento di comunicazione sociale è<br />

stato al centro di un convegno presso la Sala<br />

Consiliare del Comune. Oltre al Sindaco, sono<br />

intervenuti Remo Di Giandomenico, Luigi<br />

Barion (Presidente Afi), Daniele Venturi<br />

(Presidente Papaboys), Filippo Gasparro<br />

(Dirigente <strong>Siae</strong>), Pino Scarpettini (Direttore<br />

Artistico della manifestazione) e il cantautore<br />

Roberto Bignoli. I rappresentanti di Afi e <strong>Siae</strong><br />

hanno sottolineato l’importanza dell’educazione<br />

dei giovani alla fruizione “legale” della musica,<br />

citando l’iniziativa internazionale condotta<br />

insieme a Imaie nell’ambito del “progetto<br />

Emca” (European Music Copyright Alliance)<br />

per l’educazione degli studenti delle scuole<br />

secondarie.<br />

BRUXELLES, 22 SETTEMBRE<br />

INCONTRO EUROPEO<br />

SUL PROGETTO EMCA<br />

Bruxelles ha ospitato nei giorni scorsi un significativo<br />

meeting dei partner europei del progetto<br />

Emca (European Music Copyright<br />

Alliance). L’iniziativa, cui aderiscono per l’Italia<br />

l’Afi (Associazione Fonografici Italiani), l’Imaie<br />

(Istituto per la tutela dei diritti degli Artisti<br />

Interpreti Esecutori) e la <strong>Siae</strong>, è sostenuta da<br />

organizzazioni e associazioni europee che rappresentano<br />

e tutelano i diritti degli autori, dei<br />

produttori discografici e degli artisti. In Italia, il<br />

progetto trova numerosi sostenitori, tra cui<br />

Fipi Italia, Musica & Dischi, Coram e Rai Trade.<br />

L’obiettivo dei partner è la realizzazione di iniziative<br />

nei confronti dei giovani studenti per<br />

educarli e spronarli alla fruizione “legale” della<br />

musica. Il progetto, che oltre l’Italia coinvolge<br />

Spagna, Germania, Inghilterra, Francia e<br />

Belgio, vede i rappresentanti Emca di ogni<br />

nazione impegnati in una prima fase sperimentale<br />

destinata a un certo numero di scuole<br />

medie, con la diretta partecipazione di studenti,<br />

insegnanti e genitori. L’incontro di Bruxelles<br />

ha consentito l’analisi congiunta delle attività<br />

educative svolte nelle varie nazioni nel primo<br />

biennio di attività e ha permesso ai partner la<br />

conoscenza diretta delle varie metodologie in<br />

uso e la ricerca di protocolli più adeguati e<br />

validi a livello internazionale. L’attività svolta<br />

dai partner italiani, coordinata da Isabella<br />

Longo e patrocinata dal Miur (Ministero<br />

dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) è<br />

VIVAVERDI<br />

57<br />

stata particolarmente apprezzata per la strategia<br />

di approccio e l’aspetto metodologico,<br />

opportunamente orientati – attraverso strumenti<br />

didattici multimediali – verso un pubblico<br />

particolarmente giovane. Si sta avviando in<br />

questi giorni l’attività parallela per il coinvolgimento<br />

di molti istituti scolastici nelle città di<br />

Milano, Roma e Palermo. Nel corso dell’incontro<br />

di Bruxelles è stata rilevata l’opportunità di<br />

una informativa diretta verso altre istituzioni<br />

internazionali, già presenti e attente ai programmi<br />

di sensibilizzazione contro la pirateria<br />

discografica e multimediale. I partner europei<br />

si ritroveranno il prossimo gennaio a Cannes,<br />

in occasione del Midem 2006, per ulteriori<br />

incontri programmatici.<br />

VIAREGGIO, 21-23 LUGLIO<br />

FESTIVAL TEATRO CANZONE<br />

GIORGIO GABER<br />

Dal 21 al 23 luglio si è svolta, nella Cittadella<br />

del Carnevale di Viareggio, la seconda edizione<br />

del Festival Teatro Canzone Giorgio Gaber,<br />

alla quale hanno partecipato numerosi ospiti.<br />

La Società era presente al Festival con il <strong>Siae</strong><br />

Point. La manifestazione, nata lo scorso anno<br />

e diventata subito appuntamento di grande<br />

rilievo, ha il duplice intento di promuovere e<br />

sostenere il Teatro Canzone come genere<br />

autonomo e specifico nella cultura teatrale italiana<br />

e sensibilizzare il pubblico, attraverso la<br />

testimonianza di grandi nomi dello spettacolo,<br />

sull’eredità lasciataci da Gaber. La <strong>Siae</strong> ha poi<br />

premiato i 5 finalisti del Concorso Teatro<br />

Canzone, che si propone di individuare artisti<br />

in grado di rappresentarne il genere: Rocco<br />

Papaleo, Osvaldo Ardenghi, Filippo Bessone,<br />

Simone Cristicchi e Bob Messini. Il 20 luglio<br />

ha aperto il Festival il convegno “Destra,<br />

Sinistra …o Giorgio Gaber?” con filosofi, politici<br />

e giornalisti, da Fausto Bertinotti a Mario<br />

Capanna, Vittorio Feltri, Giulio Giorello, Sandro<br />

Luporini, Valdo Spini, Andrea Tagliasacchi,<br />

coordinati da Curzio Maltese. Nell’ambito della<br />

manifestazione, la <strong>Siae</strong> ha voluto attribuire – a<br />

sorpresa – il premio più ambito (l’”Albero della<br />

Creatività”) a Francesco Guccini, che aderisce<br />

alla Società dal 1967.


VIVAVERDI<br />

58<br />

LA NUOVA PMI<br />

INDIPENDENTI<br />

NON PER CASO<br />

di Daniela d'Isa<br />

discografia<br />

Foto di gruppo<br />

della nuova associazione PMI<br />

Sotto, Caterina Caselli<br />

con Mario Limongelli<br />

Mario Limongelli è dal mese di luglio il presidente<br />

della nuova Associazione di produttori<br />

musicali indipendenti, Pmi, costituitasi dopo<br />

l’uscita dalla Fimi di circa 75 etichette.<br />

Limongelli, general manager di Nar<br />

International (label che annovera tra gli altri,<br />

artisti come Loredana Bertè, Povia, Milva,<br />

Toto Cutugno, Giorgio Faletti, Annalisa<br />

Minetti, Paolo Belli…), ex vice presidente<br />

Fimi, ha accettato la carica, come spiega in<br />

questa intervista, “per spirito di servizio” e<br />

perché è “un entusiasta del lavoro e della<br />

musica”: “La figura del produttore fonografico<br />

indipendente – sottolinea – deve essere conosciuta,<br />

purtroppo in sei anni che sono stato in<br />

Fimi non abbiamo mai avuto visibilità”.<br />

È per ragioni di visibilità che ve ne siete andati?<br />

È una delle ragioni, e direi che il vero errore di<br />

Fimi è non avercela accordata. Il vecchio statuto<br />

annoverava noi indipendenti come un<br />

“gruppo di lavoro”. Noi volevamo avere una<br />

nostra assemblea consultiva, pur riconoscendo<br />

sovrana l’assemblea Fimi. Poi volevamo un<br />

nostro presidente, un po’ come succede nella<br />

Confindustria per i piccoli industriali. Alla<br />

Fimi non andavano bene le nostre richieste:<br />

temevano che volessimo fare un’associazione<br />

dentro l’associazione ed è andata come è<br />

andata. Però noi cerchiamo il dialogo, abbiamo<br />

molti scopi ancora in comune e abbiamo<br />

chiesto di dialogare anche con Fimi.<br />

Qual è esattamente il lavoro del produttore<br />

discografico indipendente?<br />

Intanto lo chiamerei produttore musicale. Di<br />

qui a qualche anno il disco come supporto sarà<br />

solo un ricordo. Ed è per questo che noi indipendenti<br />

giudichiamo importante il ruolo<br />

della musica on line. Molti di noi si sono già<br />

attrezzati per vendere con Internet. Alcuni<br />

sono già operativi come Sugar, Edel e Do it<br />

yourself. Per quanto riguarda il nostro lavoro,<br />

Storia e ruolo del produttore fonografico. Colloquio con Mario Limongelli, presidente<br />

della nuova Associazione del produttori musicali indipendenti, costituitasi di recente<br />

dopo l'uscita di 75 etichette indipendenti dalla Fimi<br />

lei ha presente il ruolo del produttore cinematografico?<br />

Lavora su un copione, cerca gli<br />

attori, cerca un regista. Noi non abbiamo il<br />

copione, ma il provino di una canzone e da lì<br />

cerchiamo l’arrangiatore, il cantante, lo studio<br />

di registrazione e ci adoperiamo perché quella<br />

canzone diventi un successo. In una parola<br />

siamo degli “artigiani” della musica.<br />

Qual è il programma della Pmi?<br />

In estrema sintesi, vogliamo aiutare la produzione<br />

musicale indipendente trovando le<br />

risorse necessarie a promuovere la nostra<br />

creatività in Italia e all’estero. La creatività italiana<br />

c’è ed è più viva che mai. Certo la scoperta<br />

di nuovi talenti è faticosa e il margine di<br />

rischio è fortissimo, ma ne vale la pena.<br />

Ci sono poi scopi comuni a tutto il mondo<br />

della musica colpito come sappiamo da una<br />

preoccupante contrazione nelle vendite:<br />

penso alla lotta alla pirateria, alla richiesta di<br />

una legge sulla musica che da tanti anni si fa<br />

attendere…<br />

Che scadenze vi siete dati a breve?<br />

Vorrei poter nominare tutti i membri di Pmi,<br />

mi limiterò quindi a citare almeno il presidente<br />

onorario, personalità di spicco del<br />

mondo artistico musicale e imprenditoriale,<br />

Caterina Caselli Sugar e i due vice presidenti<br />

appena eletti: Paolo Franchini della Edel e<br />

Claudio Ferrante della Carosello. Ad oggi<br />

abbiamo avuto incontri interessanti e collabo-<br />

NASCE LA FEDERAZIONE<br />

SISTEMA MUSICA ITALIA<br />

Con un comunicato congiunto Luigi Barion,<br />

Presidente dell'Afi (Associazione Fonografici Italiani)<br />

ed Enzo Mazza, Presidente della Fimi (Federazione<br />

industria musicale italiana) il 7 ottobre scorso hanno<br />

annunciato che “è stato siglato un accordo che crea<br />

la Federazione tra le associazioni di categoria di<br />

Confindustria Afi e Fimi. La Federazione, che aggrega<br />

le due storiche rappresentanze dell'industria discografica,<br />

avrà l'obiettivo di unire in uno sforzo<br />

comune la tutela del settore in un momento di particolare<br />

trasformazione dell'industria musicale”<br />

rativi con la Scf (cui abbiamo conferito il<br />

mandato per la riscossione dei nostri diritti),<br />

con la <strong>Siae</strong>, con la Rai. Al presidente<br />

Petruccioli abbiamo chiesto, in vista di<br />

Sanremo, “pari dignità” rispetto alle altre<br />

associazioni e ho buone speranze anche perché<br />

all’incontro era presente il direttore artistico<br />

di Sanremo Gianmarco Mazzi, che conosce<br />

molto bene le nostre esigenze. A<br />

Petruccioli e al direttore di Raiuno Del Noce,<br />

con Caterina Caselli abbiamo chiesto anche se<br />

è possibile studiare la possibilità di una striscia<br />

quotidiana notturna con la quale spiegare<br />

il ruolo del produttore musicale indipendente<br />

e farne vedere il lavoro. Al Governo italiano<br />

chiediamo di investire nei giovani, anche con<br />

delle agevolazioni (ce ne sono per il cinema e<br />

l’editoria): per esempio potrebbe esserci un<br />

abbattimento fiscale sull’opera prima…<br />

Vogliamo dialogare con tutte le istituzioni che<br />

operano nel nostro settore, vogliamo incontrare<br />

il mondo della politica, quello della<br />

scuola, le società di collecting, gli organizzatori<br />

di concerti.<br />

Il mio desiderio, in realtà, è radunare sotto<br />

un’unica bandiera tutti produttori indipendenti.<br />

Sa che all’estero gli indipendenti sono<br />

molto più uniti? Pensi che in Inghilterra l’associazione<br />

che li raccoglie conta oltre 700<br />

aziende… Se anche noi, mantenendo ognuno<br />

la propria identità, ci accordassimo, potessimo<br />

contare di più arrivando a coprire una<br />

quota di mercato attorno al 25%...


VIVAdal mondo<br />

LE LICENZE MULTIMEDIALI E LA COMMISSIONE EUROPEA<br />

SUI DIRITTI ON-LINE<br />

di Stefania Ercolani<br />

Lo studio attribuisce il ritardo nello sviluppo dell’offerta<br />

musicale on-line nell’Unione Europea rispetto agli Usa,<br />

trascurando di considerare che un analogo ritardo, se<br />

non maggiore, esiste negli Usa rispetto all’Europa (e al<br />

Giappone) per quanto riguarda i servizi di musica attraverso<br />

i telefoni cellulari. L’analisi dei mercati musicali<br />

on-line parte quindi da un assunto parziale e non esplora,<br />

come pure sarebbe stato necessario e utile, i fattori<br />

tecnologici – quale il livello di penetrazione della banda<br />

larga –, che pure hanno un rilievo prevalente ai fini della<br />

diffusione dei servizi via Internet. Manca inoltre<br />

un’adeguata valutazione delle differenze tra le utilizzazioni<br />

non interattive, come il simulcasting e lo streaming,<br />

e quelle on-demand, la più importante delle quali è<br />

rappresentata dallo scaricamento di brani sul Pc o su<br />

apparecchi dedicati come I-Pod della Apple.<br />

Lo studio è anche cosparso di errori fattuali e denota<br />

una certa confusione tra la gestione collettiva dei<br />

diritti d’autore e quella dei diritti connessi. Tuttavia,<br />

esso rappresenta un passo avanti nella comprensione<br />

delle finalità dell’amministrazione collettiva dei diritti<br />

rispetto a recenti prese di posizione della Direzione<br />

Generale Concorrenza dell’Ue, che ha qualificato come<br />

auspicabile o addirittura necessaria la concorrenza tra<br />

le società degli autori per attirare i clienti dai vari paesi<br />

della Comunità. Questa posizione ignora il rischio che il<br />

mercato unico europeo si traduca in concreto in una<br />

corsa al ribasso delle tariffe per l’uso delle opere, poiché<br />

ogni utilizzatore su scala sovranazionale avrebbe la<br />

possibilità di scegliere il paese dove le tariffe sono più<br />

basse o – peggio ancora – dove le modeste dimensioni<br />

o il cattivo funzionamento della società locale possono<br />

facilitare l’evasione dei diritti.<br />

La vertenza comunitaria sull’Accordo di Santiago,<br />

sul quale le società basavano le licenze multiterritoriali<br />

(ormai bocciato dall’autorità antitrust Europea), ha almeno<br />

sensibilizzato la Commissione sulla difesa dei diritti<br />

d’autore. Lo studio riconosce quindi che l’unica forma di<br />

concorrenza “sana” tra le società degli autori è quella<br />

per l’acquisizione degli associati. Questo significa che<br />

ciascuna società deve, da una parte, consentire ai suoi<br />

Ancora una volta la musica su Internet è al centro del dibattito europeo, questa volta non<br />

per la lotta allo scambio illegale di file musicali o per il lancio di nuovi prodotti ma per lo<br />

studio pubblicato dalla Commissione Europea il 7 luglio scorso, che tratta della gestione<br />

collettiva dei diritti d'autore e dei diritti connessi<br />

iscritti di ritirare il mandato per i diritti sulle utilizzazioni<br />

on-line, lasciando a ciascuno di essi la scelta della società<br />

che meglio corrisponda alle sue esigenze; dall’altra,<br />

le stesse società devono organizzarsi in modo da poter<br />

offrire licenze multiterritoriali per le utilizzazioni via<br />

Internet le quali sono, strutturalmente, transfrontaliere.<br />

Questi due obiettivi sono condivisibili; i problemi<br />

nascono però quando lo studio passa ad esaminare gli<br />

strumenti per raggiungerli, proponendo un radicale stravolgimento<br />

della rete di contratti di rappresentanza reciproca<br />

tra le società, quella rete che ha assicurato la<br />

legalità dello sfruttamento delle opere mediante una<br />

sola licenza comprendente le opere di tutto il mondo.<br />

Infatti, lo studio propone che i repertori attualmente<br />

gestiti dalle società nazionali siano affidati ad un numero<br />

ridotto di società (due o tre, al massimo quattro).<br />

Ciascun utilizzatore on-line dovrebbe quindi ottenere più<br />

di una licenza per il suo servizio, corrispondendo alle<br />

società abilitate i diritti in funzione delle dimensioni e<br />

della appetibilità dei repertori che ciascuna di esse<br />

amministra a livello europeo o mondiale. Se questa ipotesi<br />

si concretizzasse, nel medio periodo, dovrebbe<br />

sparire la licenza unica e dovrebbe sparire la parità di<br />

trattamento delle opere amministrate collettivamente.<br />

Le reazioni degli ambienti interessati allo studio della<br />

Commissione sono state numerose e variegate.<br />

Scontato, come c’era da aspettarsi, il favore delle maggiori<br />

associazioni europee di utilizzatori per una opzione<br />

che privilegi la libertà di scelta dell’utilizzatore tra le<br />

società di gestione, con la correlata concorrenza sulla<br />

tariffe per diritto d’autore.<br />

Le società europee, dopo aver analizzato lo studio<br />

evidenziandone le lacune e gli errori fattuali, hanno<br />

adottato un atteggiamento costruttivo, decidendo di<br />

VIVAVERDI<br />

59<br />

raccogliere la sfida ed elaborare una propria opzione,<br />

che individui una nuova articolazione delle licenze per le<br />

utilizzazioni on-line, compatibile con i principi comunitari<br />

della concorrenza e, al tempo stesso, garantista circa il<br />

livello delle tariffe. Questo significa dare agli aventi diritto<br />

la libertà di scegliere la loro società e agli utilizzatori<br />

la possibilità di ottenere la licenza anche in un paese<br />

diverso da quello dove hanno la sede d’affari; ciò richiede<br />

l’instaurazione di una sorta di “collaborazione competitiva”<br />

e quindi virtuosa tra le società, che comporterà<br />

prevedibilmente che solo le società più attrezzate<br />

possano svolgere il ruolo di sportello per il rilascio delle<br />

licenze paneuropea, anche per conto dei repertori stranieri.<br />

Spetta alle società stesse elaborare i criteri e i<br />

requisiti in base ai quali una società di amministrazione<br />

collettiva dei diritti possa ottenere dalle altre e/o dai<br />

titolari dei diritti il mandato per le utilizzazioni on-line.<br />

L’introduzione di criteri e requisiti che una società<br />

deve soddisfare per la rappresentanza dei diritti on-line<br />

non esclude che società di minori dimensioni continuino<br />

ad avere un ruolo preciso e importante per le utilizzazioni<br />

a livello nazionale, ad esempio attraverso la telefonia<br />

mobile. Le società nazionali potranno altresì assicurare<br />

la ripartizione dei diritti sulla base del principio del<br />

paese di destinazione del servizio, in modo che anche<br />

in futuro sia rispettato il principio di territorialità dei diritti<br />

d’autore e non sia compromessa la tutela dei repertori<br />

locali, a salvaguardia della diversità culturale.<br />

Il funzionamento del nuovo modello di rappresentanza<br />

tra società è fondamentale per il futuro dell’amministrazione<br />

dei diritti on-line, un mercato che attualmente<br />

costituisce una frazione non rilevante del giro di affari<br />

delle società ma che sta gia assumendo un ruolo cruciale,<br />

visto l’orientamento del pubblico a forme di fruizione<br />

alternative a quelle tradizionali.


VIVAconcorsi<br />

a cura di Daniela Nicolai<br />

Tutte le segnalazioni di concorsi e premi riportate in queste pagine sono fatte a scopo puramente informativo<br />

e senza alcuna responsabilità da parte della <strong>Siae</strong>. Per i testi integrali dei bandi e per conoscere le modalità di<br />

partecipazione è necessario rivolgersi agli organizzatori delle singole manifestazioni. Gli organizzatori di<br />

premi e concorsi sono pregati di inviare, a corredo del bando o del regolamento, un’illustrazione e, se<br />

possibile, una rassegna stampa relativa alla manifestazione, nonché una comunicazione circa i risultati della<br />

stessa. I concorsi che compaiono in questa rubrica saranno pubblicati anche in una apposita sezione del sito<br />

Internet della <strong>Siae</strong> insieme a quelli che non è stato possibile segnalare a causa dei tempi redazionali.<br />

TALENTI JAZZ MARTINA 2005<br />

Il concorso nazionale per gruppi jazz emergenti è organizzato<br />

dall’Associazione culturale Antiphonae con il<br />

patrocinio del Comune di Martina Franca. Alla selezione<br />

sono ammessi gruppi da uno a sei elementi i cui componenti<br />

non abbiano già inciso, sia a proprio nome che<br />

in altre formazioni. Per partecipare al concorso occorre<br />

inviare, fra l’altro, un Cd con due brani: il primo dovrà<br />

necessariamente essere Estate di Bruno Martino, mentre<br />

il secondo dovrà necessariamente essere originale,<br />

composto da uno o più componenti del gruppo; tutto il<br />

materiale richiesto dal bando dovrà essere inviato,<br />

entro il 3 dicembre 2005, a: Concorso “Talenti Jazz -<br />

Martina 2005”, c/o Pasquale Mega, Via Lelio Fanelli 65,<br />

74015 Martina Franca (Ta). Il gruppo vincitore sarà premiato<br />

con 1.500 euro. Per chiarimenti e per richiedere<br />

il bando telefonare al numero 335.5912037 oppure<br />

inviare una e mail a assoanti@virgilio.it, sito Internet<br />

www.antiphonae.it.<br />

PREMIO IL LITORALE<br />

Il Centro Culturale Ronchi Apuana bandisce il Premio<br />

nazionale di poesia e narrativa Il Litorale, giunto all’ottava<br />

edizione. Il concorso si articola in cinque sezioni:<br />

poesia singola, silloge, volume edito di poesie, narrativa<br />

o racconto, giovani. Gli elaborati dovranno pervenire<br />

entro il 31 dicembre 2005 al centro Ronchi<br />

Apuana, Casella Postale n.42, Ufficio Postale di<br />

Ronchi, 54039 Ronchi (Ms). È prevista una quota di<br />

partecipazione. Per informazioni rivolgersi al numero<br />

0585.245485, e mail il.litorale@virgilio.it. Il bando si<br />

può consultare sul sito www.literary.it.<br />

PREMIO VALENTE FAUSTINI<br />

Con il patrocinio della Banca di Piacenza e con il contributo<br />

del Comune di Piacenza, il comitato organizzatore<br />

bandisce la ventottesima edizione del Premio nazionale<br />

di poesia dialettale Valente Faustini. Si può partecipare<br />

con non più di una poesia scritta in un dialetto parlato<br />

nel territorio nazionale. Ogni copia dovrà essere corredata<br />

da una traduzione letterale. Gli elaborati e il materiale<br />

richiesto dal bando devono pervenire, entro il 31<br />

dicembre 2005, alla segreteria del premio, presso<br />

Famiglia Piasinteina, Palazzo Fogliari, via San Giovanni<br />

7, 29100 Piacenza. Al primo classificato andrà un premio<br />

di 500 euro. Per informazioni: tel. 0523.328394,<br />

e mail segreteria@premiofaustini.it.<br />

DRINKING SONGS<br />

La fondazione olandese Jan Vermulst bandisce un<br />

concorso per canzoni dedicate al buon bere. I testi<br />

devono essere in inglese, francese, tedesco, spagnolo<br />

o latino. Il premio per il primo classificato è di<br />

1.000 euro. Le partiture dovranno essere inviate<br />

entro il 31 dicembre 2005 a Drinking Songs<br />

Composition Competition, P.O. box 347, 1180 AH<br />

Amstelveen, The Netherlands e, in busta chiusa, il<br />

proprio motto o pseudonimo e i propri dati anagrafici<br />

a Stichting Jan Vermulst, Aarle-Rixtelseweg 14, 5707<br />

GM Helmond, The Netherlands oppure all’indirizzo di<br />

posta elettronica info@janvermulst.org. Per ulteriori<br />

informazioni si può consultare il sito www.222.janvermulst.org<br />

o inviare una e mail a info@janvermulst.org<br />

oppure janvermulst@janvermulst.nl.<br />

PREMIO LETTERARIO<br />

CITTÀ DI OFFIDA – JOYCE LUSSU<br />

È indetto il premio nazionale annuale di narrativa “Città<br />

di Offida – Joyce Lussu” riservato a volumi di racconti.<br />

Potranno concorrere gli autori di raccolte (composte da<br />

almeno 5 racconti in lingua italiana) pubblicati in prima<br />

edizione dal gennaio 2004 al dicembre 2005. Le case<br />

editrici che intendano far partecipare opere da loro pubblicate,<br />

dovranno inviare 10 copie, entro il 31 gennaio<br />

2006, a: Premio Città di Offida Joyce Lussu, Comune di<br />

Offida, Corso Serpente Aureo 66, 63035 Offida (Ap).<br />

All’autore dell’opera vincitrice verrà assegnato un premio<br />

di 3.000 euro. Per ulteriori informazioni: tel.<br />

0736.888706, e mail biblioteca@comune.offida.ap.it.<br />

THE JOHN DRYDEN<br />

TRANSLATION COMPETITION<br />

Entro il 12 febbraio 2006 è possibile iscriversi alla<br />

John Dryden Translation Competition organizzata dalla<br />

British Comparative Literature Association e dal British<br />

Centre for Literary Translation della University of East<br />

Anglia. Saranno premiate le migliori traduzioni da qualsiasi<br />

lingua in inglese di opere di poesia, prosa o<br />

dramma. I testi non devono superare le 25 pagine. È<br />

prevista una quota di iscrizione. Per ulteriori informazioni:<br />

Dr. Jean Boase-Beier, John Dryden<br />

Translation Competition, School of Literature and<br />

Creative Writing, University of East Anglia, Norwich,<br />

NR4 7TJ England, e mail transcomp@uea.ac.uk, sito<br />

Internet www.bcla.org.<br />

CONCORSO MICHELE PITTALUGA<br />

Il Comitato Permanente Promotore del Concorso<br />

Internazionale di Chitarra Classica Michele Pittaluga -<br />

Premio Città di Alessandria, organizza il 7° Concorso<br />

Internazionale di Composizione per Chitarra Classica.<br />

Tema del concorso è la composizione di un’opera per<br />

chitarra con flauto, o violino o arpa della durata da 9 a<br />

15 minuti. Per iscriversi i concorrenti dovranno inviare il<br />

materiale richiesto dal bando alla segreteria del concorso,<br />

Piazza Garibaldi 16, 15100 Alessandria; fax<br />

0131.235507, tel. 0131.251207, www.pittaluga.org,<br />

concorso@pittaluga.org. La scadenza per l’inoltro delle<br />

domande è il 31 marzo 2006. È prevista una quota di<br />

iscrizione. L’autore della composizione prima classificata<br />

riceverà un premio di 3.000 euro.<br />

COUPS DE VENTS<br />

Il Conseil Général du Nord et le Conseil Général du<br />

Pas - de - Calais organizzano il concorso internazionale<br />

di composizione per orchestra sinfonica nell’ambito<br />

della biennale di Lille Coups de vents. Il concorso è<br />

aperto a tutti. La data limite per l’iscrizione è il 3 aprile<br />

2006. Le opere presentate, di durata compresa fra gli<br />

8 e i 10 minuti, dovranno essere inedite, manoscritte o<br />

stampate in formato A3. Non sono ammesse trascrizioni.<br />

Il materiale, come richiesto nel bando, dovrà essere<br />

inviato a: Coups de vents, Concours International de<br />

Composition, Domaine Musiques, 2 rue des Buisses,<br />

F59000 Lille. All’opera prima classificata sarà attribuito<br />

un premio di 10.000 euro. Il modulo di iscrizione si può<br />

scaricare dal sito www.coupsdevents.com.<br />

Per informazioni: Tel : + 33 (0)3 20 63 65 98,<br />

e mail: coupsdevents@domaine-musiques.com.


CONCORSO LEO WATCHER<br />

L’Accademia musicale estiva di Villa Bernocchi e la Pro<br />

loco di Premeno in collaborazione con il Teatro<br />

Filodrammatici di Milano bandiscono la prima edizione<br />

del premio di drammaturgia Leo Watcher per opere teatrali<br />

di genere comico-brillante. I testi potranno avere un<br />

massimo di 6 personaggi e dovranno essere inediti e<br />

mai rappresentati. Non sono ammesse opere tradotte o<br />

adattamenti di testi narrativi o drammaturgici. Il testo vincitore<br />

verrà messo in scena dal teatro Filodrammatici.<br />

Gli elaborati devono pervenire, insieme al materiale<br />

richiesto dal bando, entro il 10 aprile a: Concorso Leo<br />

Watcher, via Roma 9, 28818 Premeno (Vb). Per informazioni:<br />

tel. 0323.587043, e mail villabernocchi@yahoo.it,<br />

sito Internet www.comune.premeno.vb.it.<br />

MUSICA E ARTE<br />

L’Associazione culturale Musica e Arte bandisce il<br />

Concorso di Composizione Musica e Arte, aperto a tutti<br />

gli allievi di Conservatori o istituti musicali italiani e agli<br />

studenti di musicologia delle Università italiane. La<br />

seconda edizione del Concorso riguarda composizioni<br />

inedite, mai eseguite e mai premiate per soprano ed<br />

orchestra da camera della durata massima di 10 minuti.<br />

Le partiture dovranno essere inviate entro il 26 febbraio<br />

a Associazione culturale Musica e Arte, Via<br />

Cosimo Giustizi 9, 00151 Roma. Il bando completo è<br />

disponibile sul sito www.musicaearte.it. Per informazioni:<br />

tel. 06.58209051, e mail concorso@musicaearte.it.<br />

PREMIAZIONI<br />

PIRANDELLO IN BREVE<br />

L’Assodartetotale comunica che il concorso “Pirandello<br />

in breve 2004” per testi teatrali su Internet è stato vinto<br />

da Antonio Iavazzo con Il nettare e il colibrì.<br />

MUSICA SENZA PAROLE<br />

Il concorso “Musica senza parole” 2004 è stato vinto<br />

dal brano Melodie Rouge di Aichino-Peretti. Il premio<br />

alla carriera fisarmonicista è andato a Athos Bassissi,<br />

quello per “La ragazza con la fisarmonica” a Emanuela<br />

Torrini, il premio “I solisti nella musica da ballo” a<br />

Fiorenzo Tassinari, il trofeo alla carriera “Orchestra” a<br />

Raoul Casadei, il premio “Orchestra rivelazione dell’anno”<br />

a Barbara la donna di cuori e infine il trofeo alla carriera<br />

“Autore” a Edoardo Vianello.<br />

PARCO NAZIONALE DELLE CINQUE TERRE<br />

Paolo Boggio, compositore di Vercelli, è il vincitore del<br />

secondo concorso nazionale di composizione “Parco<br />

Nazionale delle Cinque Terre” con l’opera di teatro musicale<br />

La verità sul caso Colemar.<br />

PREMIO LETTERARIO I FIUMI<br />

I vincitori della settima edizione del premio letterario “I<br />

Fiumi” sono Sergio Cardinali per la poesia, Marco<br />

Tombeni per la narrativa, Salvino Lorefice per il teatro e<br />

Maurizio Elba per la musica leggera. Il premio “Cultura<br />

e futuro” riservato ai ragazzi è andato a Luca Sassi e<br />

Matteo Frasson.<br />

CORTOPOTERE 2005<br />

Il concorso Cortopotere 2005 ha assegnato i seguenti<br />

premi: miglior cortometraggio di fiction a Il dolore degli<br />

altri di Laura Chiassone; miglior documentario a Tratti<br />

indosso di Valeria Spera; miglior opera di ricerca a<br />

Frammenti di risveglio di Fabrizio Personeni. Premio<br />

della direzione artistica a Aspettando il treno di<br />

Chaterine McGlivray e premio del pubblico a Post it di<br />

Michele Rho. I premi del concorso provinciale sono<br />

andati a Enjoy the silence di Beppe Manzi; Nausea contrattualista<br />

di Michele Caedei; Tim e Tom di Simone<br />

Maffioletti e Alessio Girella.<br />

PREMIO DI POESIA<br />

COLUCCIO SALUTATI<br />

I vincitori del premio internazionale di poesia Coluccio<br />

Salutati sono, per la sezione A Giovanni Buzi per la lirica<br />

Sguardo e per la sezione Giovani Anastasia Bullo per la<br />

lirica Tramonto. La medaglia del Presidente della<br />

Repubblica è andata a Mario Luzi alla memoria. Secondi<br />

e terzi classificati: per la sezione A Maurizio Fabbian<br />

con Una vita nuova e Sara Ferraglia con Straniero in<br />

piazza Duomo; per la sezione Giovani Valentina Colonna<br />

con Sorrideva la luna e Selene Favuzzi con Filo<br />

Invisibile.<br />

PREMIO PELTUINUM<br />

La giuria del Premio di poesia, narrativa e grafica<br />

Peltuinum ha scelto i vincitori dell’edizione 2005. Per la<br />

sezione poesia in lingua italiana è risultata vincitrice<br />

Antonietta Tafuri; per la sezione narrativa (racconto)<br />

Romana Morelli; per la sezione narrativa per l’infanzia<br />

Vanes Ferlini. Per la sezione grafica non sono stati<br />

assegnati premi.<br />

ROCCO RODIO<br />

Il quarto concorso europeo di composizione per organo<br />

Rocco Rodio si è concluso con l’assegnazione dei<br />

seguenti premi: per la sezione organo solista è stato<br />

assegnato il 2° premio ex-aequo a Gianandrea Paletta<br />

per Rocket e Ezko Kikoutchi per Chaine; per la sezione<br />

musica sacra per la liturgia è stato assegnato il 2° premio<br />

ex-aequo a Carlo Tommasi per Canto Notturno e<br />

Giuseppe Mignemi per Virgo Genitrix.<br />

RINASCITA PIEDILUCO<br />

Il quinto concorso letterario europeo organizzato dall’associazione<br />

Rinascita Piediluco è stato vinto da Giuliana<br />

Sanvitale. Al secondo posto Igea Frezza Federici e al<br />

terzo Giuseppe Gentili.<br />

VIVAVERDI<br />

61<br />

BALLABELLARADIO FESTIVAL<br />

La sesta edizione del Ballabellaradio Festival si è conclusa<br />

a Rimini con la vittoria dei Teta con il brano Senza<br />

parole; secondi classificati i Motel Woodoo con<br />

Solamente adesso. Al terzo posto i Fever Dream con<br />

Fall down a star.<br />

PREMIO RIVIERA<br />

Il concorso letterario Premio Riviera ha assegnato i<br />

seguenti riconoscimenti: segnalazione della giuria per<br />

una poesia inedita a Giorgina Busca Cernetti; riconoscimento<br />

speciale della giuria a Tiziana Zago. Primo classificato<br />

per la sezione poesia inedita: Katia Marionni.<br />

Primo classificato per la sezione poesia edita Graziano<br />

Ciacchini. Il premio per una novella inedita è andato a<br />

Sergio Firpo e il riconoscimento speciale della giuria a<br />

Maddalena Fioretti. Il premio Mariele Ventre è andato a<br />

Gabriella Schiara. Il premio per una lirica inedita sul<br />

Garda è andato a Maria Francesca Giovelli.


VIVAin rete<br />

LA BIBLIOTECA È ON-LINE<br />

a cura di Maria Rosaria Grifone<br />

Una delle metafore ricorrenti per descrivere<br />

Internet è quella della biblioteca: proprio come una<br />

biblioteca, la Rete contiene infatti una quantità<br />

enorme di documenti, ha i suoi cataloghi e i suoi<br />

strumenti di ricerca. A differenza di una biblioteca<br />

reale, però, Internet sembra non avere limiti nella<br />

capacità di contenere informazioni. Addentrarsi nel<br />

web alla ricerca di bibliografie, cataloghi, periodici<br />

e testi può apparire, perciò, un’operazione vasta e<br />

complessa. Cercare con successo tra i cataloghi<br />

e i documenti disponibili in Internet, tuttavia, non<br />

presenta difficoltà maggiori rispetto alla ricerca di<br />

un testo in una grande biblioteca.<br />

D’altronde, ogni biblioteca, per sua natura, è una<br />

realtà dinamica sia per la continua acquisizione di<br />

pubblicazioni e materiali di consultazione di varia<br />

specie, sia per i servizi che mette a disposizione<br />

dell’utenza e che la rendono non chiusa in se stessa<br />

ma aperta verso l’esterno.<br />

Se la biblioteca intesa in senso tradizionale è un<br />

insieme di documenti cartacei raccolti in un luogo<br />

ben preciso, quindi fruibili da coloro che possono<br />

recarsi sul posto, la biblioteca digitale, invece, è<br />

una raccolta di testi in formato elettronico, resa<br />

disponibile attraverso Internet e quindi consultabile<br />

da chi utilizza un computer e un collegamento alla<br />

rete. Una raccolta digitale consente, dunque, di<br />

superare le barriere spaziali e temporali e di accedere<br />

all’informazione ricercata in tempi veloci e da<br />

qualsiasi luogo.<br />

I siti delle singole biblioteche sono ormai molto<br />

numerosi. Generalmente offrono informazioni sulla<br />

biblioteca stessa, sulla sua collocazione, sugli<br />

orari di accesso, sulla qualità e sulla consistenza<br />

delle collezioni. Sempre più spesso, inoltre, le<br />

biblioteche – grandi e piccole, pubbliche e private<br />

– danno la possibilità agli utenti di consultare on<br />

line i cataloghi. In alcuni casi è previsto un supporto<br />

agli utenti nella ricerca delle informazioni bibliografiche<br />

attraverso l’interazione diretta (via mail,<br />

forum o chat) con bibliotecari esperti. Talvolta,<br />

particolarmente in ambito universitario, è possibile<br />

trovare anche servizi avanzati come la prenotazione<br />

del prestito di un volume o l’attivazione di procedure<br />

per il prestito interbibliotecario. Esistono,<br />

poi, diversi repertori di siti bibliotecari che posso-<br />

no essere consultati per scoprire l’indirizzo nel<br />

web della biblioteca che si sta cercando o per<br />

individuare quali biblioteche in una certa area geografica<br />

sono dotate di servizi di rete.<br />

Il migliore repertorio di Opac (acronimo di Online<br />

Public Access Catalog) italiani – il sistema, cioè,<br />

che permette la consultazione gratuita di cataloghi<br />

in rete – è ospitato sul sito dell’Associazione<br />

Italiana Biblioteche (www.aib.it). Il repertorio è suddiviso<br />

in due sezioni, una dedicata ai cataloghi collettivi<br />

nazionali e una relativa ai cataloghi collettivi<br />

regionali, provinciali, comunali e ai cataloghi di singole<br />

biblioteche. Per ciascun Opac vengono forniti<br />

brevi note informative e una serie di link alle pagine<br />

di ricerca e a quelle eventuali di istruzioni per<br />

l’uso. Oltre al repertorio, l’Aib ha realizzato il Meta-<br />

Opac Azalai Italiano (Mai). Si tratta di un sistema di<br />

interrogazione unificato dei cataloghi bibliotecari<br />

italiani su Internet che permette di inviare una<br />

medesima ricerca a più Opac contemporaneamente.<br />

Mai permette di selezionare in anticipo quali<br />

cataloghi interrogare (in base alla collocazione<br />

geografica o al tipo di biblioteca) e poi fornisce<br />

una maschera in cui è possibile specificare i<br />

termini di ricerca. Il risultato dell’interrogazione<br />

viene composto in un’unica pagina<br />

web che mostra l’output di ogni<br />

catalogo, completo di pulsanti e collegamenti<br />

per visualizzare la scheda<br />

bibliografica o per raffinare la ricerca.<br />

Un altro strumento per interrogare<br />

via Internet i cataloghi delle biblioteche<br />

italiane è offerto dal Servizio<br />

Bibliotecario Nazionale<br />

(http://opac.sbn.it/) a cura dell’Istituto Centrale<br />

per il Catalogo Unico delle Biblioteche Italiane e<br />

per le informazioni bibliografiche (Iccu). Biblioteche<br />

Italiane (http://wwwbiblio.polito.it/it/documentazione/biblioit.html)<br />

è un ulteriore repertorio di siti<br />

bibliotecari. Costruito e gestito dal sistema bibliotecario<br />

del Politecnico di Torino, raccoglie l’elenco<br />

di tutte le biblioteche italiane ed europee, universitarie<br />

e non, presenti nel web. Grazie ad una<br />

mappa interattiva della penisola e al data base<br />

organizzato per regioni, permette di accedere ai<br />

siti Internet delle biblioteche universitarie e di altri<br />

enti pubblici e privati sparsi su tutto il territorio<br />

nazionale.<br />

La Biblioteca nazionale centrale di Roma<br />

(Bncr) partecipa al Servizio Bibliotecario Nazionale<br />

(Sbn) dal 1988 e con la Biblioteca dell’Istituto di<br />

Archeologia e Storia dell’Arte forma un Polo Sbn. I<br />

dati bibliografici dei documenti acquisiti sono<br />

periodicamente trasferiti nel Catalogo online, a cui<br />

è possibile accedere attraverso il sito<br />

www.bncrm.librari.beniculturali.it/. Il Catalogo contiene<br />

le accessioni della Bncr dal 1988 e della<br />

Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte dal<br />

1998, oltre a recuperi di cataloghi precedenti relativi<br />

a documenti posseduti dalle due biblioteche.<br />

La Biblioteca nazionale centrale di Roma ha il<br />

compito di raccogliere e conservare la produzione<br />

editoriale italiana a livello nazionale e locale (che<br />

riceve in virtù della legge per la consegna degli<br />

stampati e delle pubblicazioni), documentare la<br />

principale produzione estera ed in particolare quella<br />

dedicata al nostro Paese, produrre servizi bibliografici<br />

nazionali, diffondere e rendere disponibile il<br />

proprio patrimonio. Attualmente la Biblioteca<br />

conserva oltre sei milioni di volumi e un<br />

patrimonio audiovisivo e multimediale in<br />

continuo incremento. Dal sito della<br />

Bncr è possibile entrare nella<br />

Biblioteca Nonantolana Virtuale che<br />

permette agli studiosi di consultare<br />

a distanza il corpus dei manoscritti<br />

medievali della Biblioteca dell’abbazia<br />

di Nonantola, smembrata nel<br />

corso dei secoli, di cui si conservano<br />

45 codici nella Biblioteca nazionale centrale<br />

di Roma.<br />

Il catalogo on line della Biblioteca Nazionale<br />

Centrale di Firenze (www.bncf.firenze.sbn.it) consente<br />

di interrogare una base dati di circa un milione<br />

di registrazioni bibliografiche. La Biblioteca dispone<br />

di un patrimonio di oltre 5.300.000 volumi,<br />

oltre a periodici, incunaboli, manoscritti, edizioni<br />

del XVI secolo e autografi. Il catalogo in linea comprende<br />

tutte le monografie italiane pubblicate a<br />

partire dal 1984, tutti i periodici le cui pubblicazioni<br />

hanno avuto inizio dal 1988, tutte le monografie<br />

straniere pubblicate dal 1989, tutte le opere (italia-


ne o straniere) pervenute in Biblioteca dal 1989,<br />

per acquisto, dono, cambio o altro, indipendentemente<br />

dall’anno di stampa.<br />

La Bncf è impegnata da molti anni in progetti italiani<br />

ed europei per la costituzione della biblioteca<br />

digitale ed ha realizzato un’importante massa di<br />

documenti digitali, ricercando soluzioni per i problemi<br />

connessi al trattamento dell’immagine, allo<br />

studio dei formati e alla salvaguardia e alla tutela<br />

dell’originale. La BNCF è anche sede pilota nella<br />

creazione del Servizio Bibliotecario Nazionale<br />

(SBN). Il Progetto Galileo realizzato dalla Biblioteca<br />

Nazionale Centrale di Firenze si propone, inoltre,<br />

di sviluppare un modello integrato di sistema informativo<br />

applicato ad un importante fondo di manoscritti.<br />

Il fondo galileiano della Bncf, in cui sono<br />

raccolti quasi tutti gli autografi di Galilei fino ad<br />

oggi conosciuti, rappresenta una delle documentazioni<br />

più importanti della storia della scienza fra<br />

‘600 e ‘700. Obiettivo finale del progetto – oltre<br />

alla creazione di una base di dati e immagini dell’intero<br />

fondo galileiano della Bncf ed al completamento<br />

delle trascrizioni dei documenti inediti – è<br />

la creazione di uno strumento che consenta sia la<br />

catalogazione di altri fondi di manoscritti di notevole<br />

complessità, sia la ricerca in rete.<br />

Dopo quelle di Roma e di Firenze, la Biblioteca<br />

Nazionale “Vittorio Emanuele III” di Napoli è la<br />

maggiore biblioteca italiana, con un patrimonio di<br />

oltre due milioni di libri, senza contare manoscritti,<br />

papiri e periodici. Dal 2002 il catalogo della Bnn è<br />

consultabile in Internet collegandosi al sito<br />

www.bnnonline.it. Il database bibliografico comprende<br />

tutti i documenti acquisiti dalla biblioteca a<br />

partire dal 1990 e quelli, di data anteriore, inseriti<br />

nel catalogo in linea attraverso lavori di recupero<br />

del retrospettivo, mediante riversamenti o nuove<br />

schedature. Oltre a poter effettuare la ricerca<br />

attraverso un modulo di interrogazione flessibile e<br />

che permette raffinamenti progressivi, l’utente<br />

remoto può ricevere attraverso la posta elettronica<br />

i risultati delle proprie interrogazioni. Una sezione<br />

del sito è dedicata, inoltre, alla Biblioteca digitale<br />

che viene periodicamente incrementata ed<br />

aggiornata. Tra i testi e i documenti digitalizzati è<br />

possibile trovare i manoscritti autografi dei “Canti”<br />

di Giacomo Leopardi.<br />

Un passo importante verso un sistema organico di<br />

accesso al patrimonio librario italiano è rappresentato<br />

dalla recente nascita del sito www.internetculturale.sbn.it.<br />

Il progetto, promosso dalla Direzione<br />

Generale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali del<br />

Ministero per i Beni e le Attività Culturali, è stato<br />

realizzato dall’Istituto Centrale per il Catalogo<br />

VIVAVERDI<br />

63<br />

Foto Giuseppe Ziliotto<br />

Unico delle Biblioteche Italiane e per le informazioni<br />

bibliografiche (Iccu). Attraverso il sito, l’utente<br />

può fare ricerche bibliografiche nelle oltre 2.300<br />

biblioteche collegate, ma anche consultare on line<br />

i documenti e i volumi digitalizzati, tra cui manoscritti<br />

e partiture musicali. In particolare, il sito<br />

offre una versione aggiornata del catalogo collettivo<br />

Sbn che consente di interrogare in modo integrato<br />

15 milioni di record bibliografici presenti nei<br />

cataloghi centrali e locali delle biblioteche e degli<br />

istituti culturali italiani. Il sito offre ad ogni utente,<br />

sia esso uno specialista, un appassionato o un<br />

curioso, la possibilità di avviare una ricerca secondo<br />

le proprie esigenze, accedendo sia alle informazioni<br />

bibliografiche sia ai contenuti digitali; per<br />

questi ultimi, a partire dall’autunno, è prevista l’attivazione<br />

di un sistema di e-commerce. La vera<br />

novità di Internet Culturale è rappresentata, però,<br />

dalla possibilità di svolgere visite virtuali a veri luoghi<br />

della cultura, navigare all’interno di mostre,<br />

visitare rassegne specifiche su alcuni degli autori<br />

più importanti del panorama letterario e musicale<br />

italiano e, nella sezione “Viaggi nel testo”, consultare<br />

percorsi monografici strutturati per ipertesti<br />

che illustrano la vita e l’opera di importanti personalità<br />

della musica e della letteratura italiana.<br />

Grazie all’innovativa impostazione di Internet<br />

Culturale, le ricerche bibliografiche forse non verranno<br />

più considerate un’attività da iniziati, destinata<br />

solo ai bibliotecari o ai ricercatori, ma saranno<br />

finalmente ritenute una parte importante del bagaglio<br />

culturale di tutti.


l’ultimo applauso<br />

SERGIO CITTI<br />

<strong>UN</strong> POETA DI BORGATA<br />

di Daniela d'Isa<br />

Lo scrittore Vincenzo Cerami ha ricordato che Pier<br />

Paolo Pasolini diceva “che le persone più intelligenti<br />

che conosceva erano Moravia e Sergio”.<br />

Sergio è Sergio Citti, regista, “l’anima poetica<br />

della borgata romana” con quella tipica sensibilità<br />

di certi romani, come è stato ricordato, scomparso<br />

martedì 11 ottobre dopo lunga malattia e sofferenza<br />

all’età di 72 anni. Ed era anche un uomo<br />

che, come certi vecchi che non hanno più nulla da<br />

perdere, diceva le cose in faccia e per come erano.<br />

“Mi mancherà molto – ha dichiarato ancora<br />

Cerami a Maria Pia Fusco di Repubblica –, è un<br />

perzzo importante della mia vita. Ho conosciuto<br />

Sergio in contemporanea con Pasolini. E dopo la<br />

morte di Pier Paolo l’amicizia è diventata più stretta,<br />

ho scritto Ostia, Casotto, Storie scellerate,<br />

quasi tutti i suoi film. Non aveva la struttura borghese<br />

dell’artista, quando pensava a una storia<br />

aveva una visione religiosa, quasi mitologica, face-<br />

va pensare al preborghese, ai racconti picareschi.<br />

Come Pasolini non raccontava il mondo borghese,<br />

ne rifiutava il linguaggio, ma se per Pier Paolo era<br />

un’operazione intellettuale e poetica, per Sergio<br />

era naturale. I detrattori l.o chiamavano naif e a<br />

volte era una forma di razzismo”.<br />

Sergio Citti ha condensato nella sua persona e nel<br />

suo cinema spiazzante e fuori da qualsiasi canone<br />

il sottoproletariato urbano diseredato e spesso<br />

incattivito ma non per questo disumanizzato.<br />

Proprio per questo Pasolini lo aveva voluto non<br />

solo come aiuto regista ma anche come consulente<br />

per il dialetto romanesco in quasi tutti i suoi film<br />

a partire dal primo, Accattone, di cui il fratello di<br />

Sergio, Franco, fu l’indimenticabile protagonista.<br />

Fellini gli chiese di curare i dialoghi delle Notti di<br />

Cabiria, Bolognini quelli di La notte brava e La<br />

giornata balorda, Bertolucci quelli del suo film d’<br />

esordio La commare secca. E poi una lunga stagione<br />

produttiva, significativa e ricca di titoli.<br />

Sergio Citti sul set di<br />

Fratella e sorello<br />

“Con la morte di Sergio Citti – ha detto il Sindaco<br />

di Roma Walter Veltroni – Roma, e non solo, perde<br />

uno tra i più sensibili protagonisti della sua vita<br />

culturale, del suo impegno civile. Perde, soprattutto,<br />

un ‘punto di vista’ della societa’ che ha fatto<br />

discutere e crescere diverse generazioni’’. (V.V)<br />

Foto Pamela Gentile


© American Cinematographer<br />

TONINO DELLI COLLI,<br />

MAESTRO DI FOTOGRAFIA<br />

Tonino era un ragazzetto che sognava di fare il cinema.<br />

Suo padre, guardia giurata ai cancelli di<br />

Cinecittà, era riuscito a infiltrarlo nella squadra di un<br />

importante direttore di fotografia, con modestissime<br />

mansioni. Poco più che un piccolo facchino.<br />

Un sabato, finito di girare, nel riportare come sempre<br />

la macchina da presa in magazzino Tonino<br />

inciampò e la pesante “Mitchell” cadde per terra.<br />

Per fortuna non c’era anima viva e soltanto il lunedì<br />

successivo si sarebbe scoperto l’accaduto, l’entità<br />

del danno e l’identità dell’autore. E la vocazione cinematografica<br />

del piccolo apprendista sarebbe stata<br />

stroncata sul nascere. Così Tonino passò la domenica<br />

rannicchiato su una panca della basilica di San<br />

Giovanni in Laterano immerso nella preghiera: “Dio<br />

fa che la macchina non si sia rotta!”. E a dire<br />

Paternoster e Avemarie.<br />

Fu esaudito. Il lunedì la “Mitchell” funzionava benissimo<br />

e Tonino potè diventare, a poco a poco, quel<br />

maestro della fotografia che abbiamo tutti ammirato<br />

e amato. Soprattutto amato per quel che mi riguarda,<br />

perché l’aneddoto dickensiano che ho riferito fu<br />

la prima cosa che Tonino mi raccontò quando ci<br />

conoscemmo, e io concepii di colpo una simpatia<br />

incontenibile per quel piccoletto, dalla voce ironica e<br />

dal ghigno scanzonato: stavo per cominciare il mio<br />

primo film e Tonino ne avrebbe diretto la fotografia.<br />

Aveva appena finito di girare Accattone e dopo i miei<br />

Nuovi Angeli lo aspettavano Mamma Roma e La<br />

ricotta. Alfredo Bini, il produttore intuendo lo straordinario<br />

talento non ancora pienamente espresso e<br />

riconosciuto, da operatore “mattoliano” lo aveva<br />

promosso operatore “pasoliniano”, con un intermezzo<br />

minore gregorettiano.<br />

Fu il mio primo precettore cinematografico. Bini, diffidando<br />

(non a torto) dei miei difetti di esordiente,<br />

me lo aveva messo alle costole come un carabiniere.<br />

“Ogni tanto arriva qualche bellimbusto che pretende<br />

de riinventà er cinema” mi diceva, sfottendomi<br />

col suo romanesco tuscolanense, quando proponevo<br />

qualche soluzione che a lui pareva incongrua o<br />

strampalata. Oppure, se impiegavo troppo tempo<br />

nel preparare una sequenza: “Ricordate qual è il<br />

primo dovere del regista: portà ogni giorno er quadruccio<br />

a casa!”. Er quadruccio era la pellicola<br />

impressionata; portarlo a casa voleva dire rispettare<br />

ogni giorno il piano di produzione.<br />

Poi, dopo quel film (del 1961) le nostre strade non<br />

si sono più incrociate, ma l’amicizia è rimasta salda,<br />

viva e complice e i precetti del mio maestro non li ho<br />

mai dimenticati. E per quasi cinquant’anni ho portato<br />

sempre il quadruccio a casa ... (Ugo Gregoretti)<br />

SANDRO BOLCHI,<br />

SIGNORE DEL ROMANZO TV<br />

Sì, è banale, ma è anche terribilmente vero: con<br />

Sandro Bolchi è morta la televisione, quella nata<br />

negli anni ’50 e già da un pezzo soppiantata dalla<br />

tivvù. La televisione che al suo apparire aveva sbalordito<br />

l’Italia, e che nel giro di pochi anni era già<br />

un fenomeno sociale straordinario, la televisione<br />

che faceva chiudere i cinema, che univa le famiglie<br />

di uno stesso pianerottolo (spesso di un intero<br />

palazzo) davanti all’unico apparecchio disponibile.<br />

Televisione come gigantesco strumento educativo<br />

di massa e, al tempo stesso, straordinaria macchina<br />

di intrattenimento. Autentica cultura popolare,<br />

prodotta da autentici intellettuali.<br />

Susanna Bolchi, unica figlia di Sandro, che mi ha<br />

consegnato una testimonianza tenerissima su suo<br />

padre, ricorda di avere fatto l’esame di maturità<br />

sui testi critici dei Promessi Sposi studiati a fondo,<br />

sottolineati, chiosati da suo padre prima di cominciare<br />

anche solo a pensare di potere “sceneggia-<br />

VIVAVERDI<br />

65<br />

re” il capolavoro di Manzoni.<br />

“Qualche critico – ricorda Susanna – lo accusò di<br />

essere stato troppo aderente al testo, praticamente<br />

‘illustrativo’; lui non capiva, anzi lo condiderava<br />

un complimento. ‘Illustrare’ il romanzo era il massimo<br />

risultato a cui tendeva”.<br />

Ma in quella ‘illustrazione’ c’era un’enorme spessore<br />

culturale, la ‘rilettura’ del testo, che qualche critico<br />

ingenuo avrebbe voluto vedere in una superficiale<br />

revisione della trama; Bolchi la operava in<br />

profondità, nelle strutture della narrazione, nel<br />

ritmo del racconto, nella scelta e nella direzione<br />

degli attori. Veniva dal teatro, Bolchi, e, con l’umiltà<br />

e l’inconsapevolezza dei veri innovatori, andava<br />

già oltre il cinema. Faceva, appunto, la televisione,<br />

luogo deputato del romanzo popolare, del feuilleton<br />

nel senso nobile del termine (Balzac, Eugène<br />

Sue), del racconto a puntate (Dostojevskij). Non a<br />

caso nella filmografia di Bolchi ci sono due grandi<br />

romanzi del grande autore russo, I fratelli<br />

Karamazov e I demoni.<br />

E attraverso la televisione fece conoscere agli italiani<br />

grandi capolavori della nostra letteratura,<br />

alcuni poco conosciuti, come Il mulino del Po o Il<br />

cappello del prete, o mai raccontati per immagini,<br />

come appunto I promessi sposi. Fino al più moderno<br />

dei grandi classici, La coscienza di Zeno,<br />

romanzo difficile e in un certo senso labirintico, di<br />

cui ricordo invece il nitore della messa in scena e<br />

una geniale idea di cast: affidare il ruolo del protagonista<br />

a Johnny Dorelli.<br />

Ho chiesto a Susanna Bolchi, diventata una della<br />

più affermate e intelligenti produttrici di fiction televisiva,<br />

come suo padre aveva vissuto la mutazione<br />

genetica dalla televisione alla tivvù. “Con grande<br />

serenità”, mi ha risposto. Era troppo intelligente,<br />

Bolchi, e troppo interno ai modi di produzione televisivi,<br />

per non capire quanto fosse inevitabile questo<br />

passaggio. Con tutto il suo corteo di mediocrità,<br />

di nevrosi da Auditel, di ‘industrializzazione’ di<br />

una produzione che lui aveva sempre, giustamente,<br />

considerato ‘artistica’. “Guardava le fiction che<br />

hanno preso il posto degli ‘sceneggiati’ senza<br />

alcun disprezzo o nostalgia per una passata età<br />

dell’oro, ma con lo spirito aperto e critico di sempre.<br />

Continuando fino all’ultimo a lavorare a nuove<br />

idee, a nuove proposte”.<br />

Il grande rimpianto è che la tivvù gli abbia negato<br />

di realizzare i suoi ultimi, grandi progetti: I Viceré<br />

e La morte di Ivan Iljc. “Della sceneggiatura del<br />

romanzo di De Roberto dissero: ci sono troppe<br />

carrozze”, ricorda con una punta di amarezza<br />

Susanna. Del capolavoro di Tolstoj, con tutta probabilità,<br />

dissero che era troppo triste…<br />

Immagino il tuo sorriso di fronte a tanta disarmante<br />

pochezza, maestro Bolchi, mi alzo in piedi e ti<br />

batto le mani, anche a nome di tutti quelli che<br />

fanno la tivvù cercando di non dimenticare la grande<br />

lezione della televisione…<br />

Sandro Bolchi è scomparso la mattina del 2 agosto<br />

scorso a Roma. (Mimmo Rafele)


l’ultimo applauso<br />

L’EREDITÀ ARTISTICA<br />

DI LAURA CARLI<br />

© Radio Vaticano<br />

A 98 anni, nella casa di riposo Zangheri della sua<br />

Forlì, se n’è andata Laura Carli (per l’anagrafe<br />

Laura Russo), per decenni prestigiosa protagonista<br />

del teatro di prosa italiano e figura indimenticabile,<br />

nella maturità, degli sceneggiati televisivi<br />

della Rai, che allora erano quasi sempre tratti da<br />

importanti opere letterarie. Figlia della proprietaria<br />

della ditta di feltri Bonavita, e quindi parente di<br />

Mario Bonavita, il primo “cantautore” italiano,<br />

Laura Carli aveva esordito nel teatro nel 1932 e<br />

ben presto era diventata una prima attrice, recitando<br />

con alcuni dei padri della prosa italiana:<br />

Gandusio, Ruggeri, Benassi, Donadio, Calindri e<br />

Giulio Stival, cioè tutti i maestri della recitazione<br />

prima dell’era di Gassman, Buazzelli, Strehler,<br />

Ronconi ecc.<br />

Nel ’50 e nel ’51 era stata anche direttrice del<br />

Teatro dei Satiri di Roma. Aveva poi lavorato con<br />

vari teatri stabili italiani ed era stata anche voce<br />

recitante nel Persefone alla Scala. Lunghissimo il<br />

suo impegno negli sceneggiati Rai e nel doppiaggio<br />

cinematografico, dove la sua eredità è stata presa<br />

dal figlio Carlo Baccarini, grande maestro del genere,<br />

mentre la sua eredità artistica è stata raccolta<br />

dalla nipote, Maria Laura, diventata negli ultimi anni<br />

la stella del musical italiano. Era stata anche scultrice<br />

con busti in creta di colleghi e parenti, che ha<br />

lasciato al Museo del Teatro di Forlì. Dal 1987 si<br />

era ritirata nella casa di riposo Zangheri, nella sua<br />

terra di Romagna, dove fino all’ultimo ha ricevuto<br />

molti amici e compagni di avventure teatrali, fra i<br />

quali Valeria Valeri e Massimo Foschi. Nel ’92 aveva<br />

pubblicato un libro di memorie intitolato Mi piace<br />

parlare (di me). (Gianni Minà)<br />

AUSTIN FORTE,<br />

L’UOMO DALLA “TROMBA D’ORO”<br />

Mi ha salutata con una battuta scherzosa quella<br />

notte, come era nel suo stile ed io mi sono addormentata<br />

sorridendo, la mattina seguente era in<br />

coma: emorragia cerebrale invasiva. È morto quello<br />

stesso giorno, il 26 maggio.<br />

Musicista, compositore, pittore. Nel 1959 a<br />

Viareggio viene indetto il concorso “Tromba d’oro”,<br />

Austin partecipa e lo vince per quattro anni consecutivi<br />

e così il titolo di “Tromba d’oro italiana” lo<br />

accompagna per tutta la vita. Nacque ad Orsogna<br />

(Chieti), ma presto si trasferì a Napoli con la famiglia,<br />

il padre Alberto era professore di trombone al<br />

teatro San Carlo di Napoli e lui studiò la tromba in<br />

tenerissima età. I suoi maestri lo consideravano<br />

un bambino prodigio, infatti era ancora un bambino<br />

quando vestito da balilla suonò l’attenti in piazza<br />

del Plebiscito in occasione della venuta a<br />

Napoli di Hitler e Mussolini.<br />

Presto non gli bastò la musica per esprimere la sua<br />

sensibilità artistica e iniziò a percorrere una strada<br />

parallela: la pittura. Entrambe lo portarono al successo.<br />

“La musica, la pittura sono il mio lavoro.<br />

L’Arte è il mio mestiere ed è il mio modo di avere<br />

rapporti con il mondo: la possibilità di capire e farmi<br />

capire è solo questa!” dirà Austin in un’intervista.<br />

Giovanissimo ha suonato con orchestre come<br />

quella di Angelini, Petralia, Segurini mentre cominciava<br />

a dipingere con il maestro Ruggiero e si perfezionava<br />

successivamente alla scuola di Galante,<br />

Casciaro, Carignani, Tafuri. Nel ’52 vinse il concorso<br />

come prima tromba al teatro San Carlo di<br />

Napoli ma vi restò per poco perché il suo spirito<br />

libero lo portò a formare una sua orchestra con i<br />

più famosi solisti del momento. Debuttò alla<br />

Bussola di Viareggio e Sergio Bernardini, col pubblico<br />

del suo famoso locale, ne decretò il successo.<br />

Poi arrivò il momento delle grandi tourné all’estero:<br />

Sud America, San Paolo, Caracas e alcuni<br />

anni più tardi il Carnegie Hall di New York.<br />

Ma la nostalgia lo riportava sempre in Italia e qui<br />

nel ’61 vinse il Festival di Napoli con la splendida<br />

canzone Credere cantata da Nunzio Gallo e Milva,<br />

e nello stesso anno un’altra vittoria gli arrise:<br />

Canzonissima con Sedici anni, interpretata da<br />

Nunzio Gallo.<br />

Partecipò sempre nella rosa dei primi posti ad<br />

altre edizioni di Canzonissima e a vari Festival di<br />

Napoli e Sanremo con canzoni di successo. Ormai<br />

lo chiamavano il “trombautore” per le sue musiche<br />

e arrangiamenti. Questa definizione lo faceva sorridere<br />

ma gli piaceva.<br />

Era spiritoso e autoironico. Alla domanda di un<br />

giornalista, in occasione di una sua personale di<br />

pittura, se avrebbe mai abbandonato la tromba<br />

per il pennello rispose: “Mai! Sono stato abbandonato<br />

da tre donne. Dicevano che amavo la tromba<br />

più di loro. È vero, io dormo con la tromba. Per<br />

me è una missione totale!”<br />

Nel ’59 iniziò una collaborazione artistica con<br />

Roberto Murolo che è durata negli anni. Con lui<br />

scrisse anche varie canzoni tra cui Ricordati di<br />

Napoli dalla quale fu tratto l’omonimo film. E furono<br />

diversi i film per cui scrisse delle musiche: Il<br />

successo, Il sorpasso, Avventura a Capri, Il figlioccio<br />

del padrino, La duchessa di S. Lucia.<br />

Tra gli incontri che ha spesso ricordato con entusiasmo<br />

c’è quello con Xavier Cugat ed Abbe Lane,<br />

con i quali nacque una collaborazione per alcuni<br />

film, con Totò e con Ingrid Bergman che incontrò


a St. Tropez. Lei gli chiese di suonare Il tempo<br />

passa e va, motivo conduttore di Casablanca e da<br />

quel giorno questa bellissima musica fece parte<br />

del suo repertorio. È stato più volte ospite di trasmissioni<br />

televisive tra cui Domenica in, Pronto<br />

Raffaella, Ieri, oggi e domani, Sereno variabile,<br />

Adesso musica…<br />

Nell’85 ad Ischia in occasione degli “Incontri del<br />

cinema” gli fu consegnato da parte delle Industrie<br />

Discografiche e dell’Ente del Turismo Napoletano il<br />

“Disco d’Oro”. I suoi album sono veri e propri concerti<br />

per tromba. Ha sempre amato Napoli e la<br />

canzone Papule nun murì era il suo canto d’amore<br />

e di speranza per questa città composto in occasione<br />

del sisma del 1980. E poi ancora Io t’ho<br />

incontrata a Napoli, Si tuorne a Napule scritta con<br />

Roberto Murolo, Napoli capitale.<br />

Era un uomo entusiasta della vita e pieno di idee.<br />

Negli anni ’60 creò a Napoli l’edizione musicale e<br />

discografica “Carfor” che era frequentata dai grandi<br />

calibri del momento come Bonagura, Tito<br />

Manlio, Zanfagna, Pugliese, Russo… Come scrissero<br />

di lui, “musica e pittura erano le rotaie del<br />

suo incontenibile artistico furore”. Ha tenuto per<br />

anni una sua Galleria a Napoli, nella centrale<br />

Piazza Carità: il “Centro d’Arte A. F. 22” con esposizione<br />

permanente. Ha esposto all’Hotel Hilton di<br />

New York e in numerose città italiane tra cui<br />

Milano “Galleria Montenapoleone”, Roma “Galleria<br />

Fidia” e “La Marguttiana”, e ancora Palermo,<br />

Napoli, Capri, Sorrento… E proprio a Sorrento, nel<br />

’76, ricevette una targa d’oro con la quale fu proclamato<br />

“Pittore dell’anno” oltre alla coppa “Oscar<br />

della Pittura 1976” e molti altri riconoscimenti tra i<br />

quali il “Premio Napoli” in un concorso di pittura<br />

estemporanea al Maschio Angioino nel ’59.<br />

Disse di lui Domenico Rea: “Estravagante, tormentata<br />

personalità quella di Austin Forte… Egli avverte<br />

insieme il sentimento della solitudine e in acceso<br />

contrasto quello della socialità. Le sue scene<br />

pittoriche apparentemente di massa contengono<br />

creature che pur nella confusione coltivano una<br />

propria personale vicenda, una propria solitudine”.<br />

La vita artistica e privata di Austin è stata movimentata.<br />

Un matrimonio fallito alle spalle, poi la<br />

cantante jazz Maria Kelly, sua compagna nella vita<br />

e nell’arte per molti anni, e infine il nostro incontro<br />

nel ’93. Ci siamo rivisti nel ’94, anzi lui mi ha cercata<br />

perché sapeva che ero in un momento molto<br />

triste dalla mia vita, era così allegro, umano, stravagante,<br />

tenero, sicuro di sé… Mi ha aiutata, e dal<br />

momento che ero un’attrice ho cominciato a condurre<br />

i suoi spettacoli. Avevo 25 anni meno di lui<br />

ma presto ci siamo innamorati e così è cominciata<br />

la nostra vivace vita insieme. Sono tante le cose<br />

che abbiamo realizzato in undici anni. Presto ha<br />

riconosciuto in me delle capacità pittoriche, le ha<br />

incoraggiate ed è stato il mio grande maestro.<br />

Nel ’96 abbiamo effettuato la nostra prima mostra<br />

a Napoli al Circolo Artistico Politecnico. Poi ha<br />

avuto un’idea originale: ha voluto restituire alla<br />

Canzone Napoletana un’atmosfera di riflessione<br />

riproponendo il valore della poesia ed è nato un<br />

nostro album Napoli versi e musica in cui parole e<br />

suoni viaggiano paralleli. Ha ideato due manifestazioni<br />

sostenute dalla Regione Campania che abbiamo<br />

portato avanti negli anni: “Napoli Capitale” e il<br />

“Gran Premio Vesuvio d’Oro” in cui accanto ad artisti<br />

di prestigio venivano premiati giovani talenti,<br />

perché Austin amava e incoraggiava i giovani.<br />

Non era proprio facile vivergli accanto, perché lui<br />

non era un uomo comune: volitivo, capriccioso,<br />

VIVAVERDI<br />

67<br />

geniale, superstizioso, autoironico, brillante, geloso,<br />

istintivo, passionale…, tutto in lui era estremo.<br />

Negli anni abbiamo trovato un equilibrio, e la certezza<br />

del nostro amore irrinunciabile al di là di<br />

ogni bufera ci ha portati al grande passo. Ci<br />

siamo sposati il 25 Marzo del 2004. È stato l’anno<br />

più bello della nostra vita insieme, ormai placati<br />

e sereni, con una nuova felicità nel cuore e pieni di<br />

speranza siamo andati incontro all’incognito domani.<br />

Ora spesso, e con una luce nuova mi tornano<br />

alla mente le parole della sua canzone Sedici anni:<br />

“Non piangere perché il tuo tempo non ha incontrato<br />

il mio, tu sei il domani, io l’oggi che va…”!<br />

(Liliana Palermo)


l’ultimo applauso<br />

PIETRO CONSAGRA,<br />

L’ARTE A DUE DIMENSIONI<br />

Ad accoglierlo a Roma fu lo studio in via Margutta<br />

del prezioso, munifico amico-rivale Renato<br />

Guttuso. Pietro Consagra arrivava da Mazzara del<br />

Vallo in una Roma che appena uscita dal dopoguerra,<br />

fremeva nella voglia di rinnovarsi. Nello<br />

studio fascinoso del suo conterraneo si creò,<br />

attraverso le ferventi discussioni sulla “rinascita”<br />

della pittura, i suoi primi amici: Turcato, Leoncillo,<br />

Morlotti, Birolli, Dorazio, Guerrini, Accardi. Figlio di<br />

un “girovago”, cresciuto in una casa proprio fuori<br />

dal paese di quella terra sanguigna e terrestre che<br />

è la Sicilia, grazie “all’andazzo scombinato della<br />

vita del padre”, lo scultore, come scrisse, rifiutò la<br />

vita che gli si prospettava. Scelse lo studio e<br />

soprattutto il disegno, e intanto maturava anche l’idea<br />

di uscire da quell’isolamento.<br />

Nel ’44 arrivò a Roma al seguito delle truppe alleate:<br />

trovò aiuto nel Partito comunista, a cui era già<br />

iscritto, e poi in Guttuso con cui creò un sodalizio<br />

strettissimo, destinato però a finire con una dolorosa<br />

frattura. In quegli anni fervidi di idee di rinnovamento,<br />

accesi da mille dibattiti e ricchi di voglia<br />

di creare, la disciplina di partito a uno come lui<br />

non poteva che andare stretta, così come la linea<br />

del realismo socialista di cui Guttuso era custode<br />

e portavoce.<br />

La rottura arrivò dopo un viaggio a Parigi e l’incontro<br />

con le opere di Picasso, Léger, Giacometti.<br />

Così il 15 marzo del 1947 con Accardi, Attardi,<br />

Dorazio, Guerrini, Perilli, Sanfilippo, Turcato,<br />

Consagra, fondò il gruppo “Forma”. Nacque così<br />

la sua scelta per l’astrazione che indagò lungo<br />

tutta la vita fino alla morte. La sua scultura, diceva,<br />

nasceva dal disegno e si costruiva attraverso<br />

il disegno: ”Il disegno contiene in sé tutta la mia<br />

scultura”. Studiando il costruttivismo l’artista scopre<br />

la bidimensionalità dell’opera. “Ho scartato la<br />

tridimensionalità della scultura perché la frontalità,<br />

e quindi il carattere bidimensionale, mi è apparso<br />

subito come il più ricco di apertura. La frontalità è<br />

nata dentro di me come alternativa al totem, cioè<br />

alla scultura che doveva sorgere al centro di uno<br />

spazio ideale”.<br />

Per tutti gli anni Cinquanta e i primi Sessanta, la<br />

sua fu una scultura rigorosamente bidimensionale,<br />

che si svolse in cicli chiamati dall’artista Colloqui.<br />

Poi arrivarono i Ferri trasparenti, i Piani sospesi e i<br />

Piani appesi e con la Pop Art il colore, i rossi, i<br />

gialli, i verdi. E poi i marmi, il granito blu del<br />

Brasile, il diaspro nero, il bianco di Macedonia per<br />

gli Addossati, due lastre di forma simile ma di<br />

materiale e colore diverso accostate l’una all’altra.<br />

Indimenticabile l’idea di Città frontale realizzata in<br />

cemento bicolore, bianco e nero, nella scultura<br />

alta diciotto metri che creò per la fiumara riarsa di<br />

Tusa, in Sicilia, come la stella d’acciaio chiamata<br />

La porta del Belice che, rifacendosi a un sogno di<br />

Goethe, fu progetta per la Gibellina ricostruita<br />

dopo il terremoto: alta 24 metri, ancora oggi<br />

accoglie i visitatori e veglierà su di lui, che – per<br />

espresso desiderio – ha voluto essere sepolto proprio<br />

a Gibellina.<br />

Pietro Consagra è morto a Milano il 16 luglio all’età<br />

di 85 anni dopo lunga malattia. (Linda De<br />

Sanctis)<br />

GIANPIERO BIANCHI,<br />

IL TEATRO DELL’INCANTESIMO<br />

Attore e uomo di teatro di grande personalità, varesino<br />

nato nel 1945, interprete duttile e brillante,<br />

Giampiero Bianchi aveva alternato ruoli del repertorio<br />

classico a spettacoli ispirati al costume e all’attualità,<br />

profondendo in ogni personaggio la sua<br />

energia e la sua grande sensibilità. Molto dotato per<br />

il genere brillante, Bianchi – come ebbe a dire Ugo<br />

Ronfani – amava rimettersi in discussione e confrontarsi<br />

con testi a volte scomodi, come Drive di Paula<br />

Vogel o pungenti e sottili come Piccoli crimini coniugali<br />

di Eric Emmanuel Schmitt. La sua carriera teatrale<br />

si lega al Teatro Stabile di Genova, per il quale<br />

ha lavorato dal 1967 al 1976, ma non trascura<br />

intermezzi cinematografici e televisivi. Con la sua<br />

partecipazione alla fiction Incantesimo, in onda su<br />

Raidue, si era imposto di recente anche all’attenzione<br />

del grande pubblico. Nel corso della sua lunga<br />

carriera, Bianchi ha lavorato con registi come<br />

Gabriele Lavia, Antonio Calenda, Sergio Fantoni,<br />

Valter Malosti. Con Giuseppe Cederna e Marco<br />

Cavicchioli aveva partecipato alla creazione dello<br />

spettacolo Gol! Tacalabala per la regia di Giorgio<br />

Gallione, che raccoglie riflessioni sul calcio ad<br />

opera di scrittori, poeti, giornalisti e calciatori.<br />

Giampiero Bianchi è deceduto il 16 luglio scorso.<br />

(D. N.)<br />

LEONILDO MARCHESELLI,<br />

L’INVENTORE DELLA FILUZZI<br />

Il 24 giugno 2005 è morto Leonildo Marcheselli,<br />

considerato il “papà” della filuzzi, un particolare tipo<br />

di ballo liscio che si è diffuso nel secolo scorso<br />

nelle balere bolognesi frequentate dai “filuzziani”.<br />

Questi erano i giovani ballerini dell’alta borghesia<br />

che “filavano”, ovvero si spostavano da una balera<br />

all’altra cercando di attirare l’attenzione delle ragazze<br />

con movimenti coreutici spettacolari. Leonildo<br />

Marcheselli nacque a Longara di Calderara di Reno<br />

il 20 luglio 1912, da una famiglia contadina. Fin da<br />

bambino si interessò alla musica e apprese a suonare<br />

vari strumenti musicali, dall’ocarina all’organetto<br />

e il mandolino con i maestri Ferri e Tonelli. Negli<br />

anni Trenta formò un trio filuzziano col quale si esibì<br />

nei locali bolognesi finché nel 1938 entrò a far<br />

parte del Quartetto Bolognese dell’Allegria specializzato<br />

nell’eseguire partiture sinfoniche di propria elaborazione.<br />

Grazie al Quartetto, Marcheselli uscì dal<br />

mondo delle balere e delle serenate ed entrò nell’ambiente<br />

professionale dell’orchestrale, prendendo<br />

parte a trasmissioni radiofoniche e incidendo dischi<br />

con la Durium. Negli anni Settanta la filuzzi cedette<br />

il passo al liscio romagnolo di Casadei, di maggior


impatto commerciale, ma continuò ad essere<br />

apprezzata nelle serate di ballo dei festival e delle<br />

riunioni estive. Leonildo Marcheselli è autore di oltre<br />

600 brani di musica da ballo: valzer, polke, mazurke,<br />

tanghi e filuzzi, fra cui ricordiamo Pgr, Fiocchi di<br />

neve, Giulietta, Vispa Teresa, Valzer del cuore.<br />

(Daniela Nicolai)<br />

MATTEO SALVATORE,<br />

CANTORE POLITICO E SOCIALE<br />

Lo scorso 27 agosto, all’età di 80 anni, il cantautore<br />

pugliese Matteo Salvatore è morto. Nato ad<br />

Apricena (in provincia di Foggia) nel 1925, ebbe<br />

un’infanzia poverissima durante la quale conobbe la<br />

fame e l’emarginazione. Dopo aver provato svariati<br />

mestieri, conobbe un violinista cieco, il maestro<br />

Pizzicoli, dal quale apprese a suonare e ad eseguire<br />

il repertorio delle serenate napoletane, bagaglio<br />

indispensabile per il mestiere di musicista da strada.<br />

Si trasferì prima a Benevento e poi a Roma,<br />

dove, vivendo in una baracca con moglie e figlia, si<br />

guadagnò da vivere suonando canzoni napoletane<br />

nei ristoranti dei quartieri alti. Qui venne notato dal<br />

regista Giuseppe De Santis che gli chiese di registrare<br />

canzoni popolari pugliesi per il film Uomini e<br />

lupi. Matteo Salvatore compose quattro ballate e le<br />

consegnò al regista, come ebbe ad affermare,<br />

“spacciandole per canti popolari”. È il suo primo<br />

passo come “autore”, anche se avviene, come tanti<br />

altri eventi della sua vita in maniera controversa e<br />

discutibile. Sempre nei locali della capitale, venne<br />

scoperto da Claudio Villa, che lo portò con sé in<br />

alcune tournée all’estero. Queste esperienze lo<br />

introdussero nel mondo dell’industria discografica,<br />

in un settore di nicchia come quello della musica<br />

popolare che tuttavia conobbe, negli anni Settanta,<br />

un momento di grande interesse e diffusione.<br />

Scoperto dagli intellettuali e apprezzato dai musicologi,<br />

divenne l’emblema di un certo modo di raccontare<br />

il Sud attraverso la ballata politico-sociale in<br />

cui, con la sua voce originalissima, dal timbro<br />

acuto, raccontava storie d’amore e di miseria, di<br />

allegria e di tristezza ispirate alla vita quotidiana e<br />

alle sofferenze della gente del popolo. Incide il suo<br />

primo Lp, Il lamento dei mendicanti a Milano nel<br />

1966 mentre è del 1972 Le quattro stagioni, 50<br />

canzoni incise per la Rca-Amico.<br />

Di carattere diffidente e spigoloso, Matteo<br />

Salvatore non ebbe rapporti facili con i suoi produttori<br />

e con i media. Ad allontanarlo dal mondo della<br />

discografia ci fu anche la vicenda poco chiara della<br />

morte della sua compagna, che lo portò anche in<br />

carcere. Poi di nuovo la miseria e il tentativo di ritornare<br />

sulla scena con incisioni e tournée autogestite.<br />

Ammirato da molti cantautori meridionali della<br />

nuova generazione, che lo ritengono un maestro,<br />

Matteo Salvatore ha saputo raccontare la sua terra<br />

con una grande forza poetica. Nel 2001 ha collaborato<br />

al libro edito da Stampa Alternativa La luna<br />

aggira il mondo e voi dormite a cura di Angelo<br />

Cavallo, nel quale rievoca le incredibili vicende della<br />

sua vita picaresca e racconta il suo modo di espri-<br />

mere attraverso la musica la cultura popolare.<br />

(Daniela Nicolai)<br />

VIVAVERDI<br />

69<br />

HENGHEL GUALDI,<br />

<strong>UN</strong> GRANDE TRA I GRANDI DEL JAZZ<br />

Virtuoso del clarinetto, il jazzista Henghel Gualdi è<br />

scomparso la notte del 15 giugno. 81 anni, di<br />

Correggio, Gualdi si iscrisse al conservatorio Achille<br />

Peri di Reggio Emilia dove si diplomò in clarinetto.<br />

Durante la guerra, affascinato dalle grandi orchestre<br />

americane di Glenn Miller e Tommy Dorsey, si<br />

avvicinò alla musica Jazz e all’improvvisazione. La<br />

popolarità di Gualdi oltrepassò l’Italia. In America<br />

collaborò con i più grandi musicisti come Bill<br />

Coleman, Chet Baker, Count Basie, Gerry Mulligan,<br />

Paquito D’Rivera, Sidney Bechet, Albert Nicholas, ha<br />

suonato con Louis Armstrong e con Lionel<br />

Hampton, Teddy Wilson e Joe Venuti.<br />

Celebre una sua tournée negli Stati Uniti con<br />

Luciano Pavarotti. Ha scritto oltre mille brani musicali,<br />

inciso 20 album discografici e 5 colonne sonore<br />

di film per il regista Pupi Avati, continuando la<br />

sua attività di solista in Italia e all’estero con grandi<br />

musicisti come Andrea Griminelli e Romeo<br />

Tuduraky, collaborando inoltre con la C. B. Band<br />

Orchestra. Gualdi è stato una figura di musicista<br />

che ormai non esiste più: quello che ha fatto una<br />

lunga gavetta e molti anni di ‘orchestrale’ suonando<br />

nelle balere di tutt’Italia il liscio e i ‘classici’, ma<br />

sempre con il jazz nel cuore.<br />

Negli anni ‘80 ricevette un premio intitolato a Benny<br />

Goodman proprio per la sua tecnica al clarinetto,<br />

ma Gualdi non se n’è mai vantato. “La sala da ballo<br />

mi ha dato da mangiare, ho dovuto fare questa professione,<br />

ma il jazz l’ho sempre avuto nel cuore”,<br />

amava ripetere il clarinettista che negli ultimi anni<br />

insegnava ai ragazzi in vari seminari. La notizia<br />

della sua scomparsa ha destato molta commozione<br />

a Bologna, dove era conosciuto per i suoi concerti<br />

sia in luoghi<br />

istituzionali che nei jazz club. “E’ stato sicuramente<br />

il più grande clarinettista della sua generazione, più<br />

di tanti altri più noti – dice Gilberto Baroni del Chet<br />

Baker club – forse la paura dell’aereo gli ha impedito<br />

di suonare di più negli Stati Uniti. Per i giovani ha<br />

fatto molto, suonando spesso con la Dams Jazz<br />

Orchestra che ha tenuto a battesimo”.<br />

Gualdi aveva partecipato anche a molti festival, tra<br />

cui Umbria Jazz, ed aveva diretto orchestre in molti<br />

programmi televisivi. “Con il suo concerto ho sempre<br />

chiuso il cartellone della stagione – ha ricordato<br />

Giovanni Serrazanetti della Cantina Bentivoglio – ma<br />

quest’anno non è successo, e mi dispiace molto.<br />

Lui suonava solo le note giuste, come diceva<br />

Parker, era uno straordinario musicista’’. (V.V)


ORGANI SOCIALI<br />

Produttori<br />

International Dean Film Srl<br />

Adriano De Micheli (V. Pres.)<br />

Racing Pictures Srl Alessandro Fracassi<br />

Warner Bros Italia SpA<br />

Paolo Ferrari<br />

SEZIONE DOR<br />

Autori<br />

Flavio Andreini<br />

Linda Brunetta Caprini (V. Pres.)<br />

Roberto Cavosi<br />

Michele Mirabella<br />

Marco Posani<br />

Biagio Proietti (Pres.)<br />

Concessionari<br />

Antonia Brancati Srl Antonia Brancati<br />

D’Arborio Sirovich Paola Paola Perilli<br />

SEZIONE OLAF<br />

Autori<br />

Luciana Gravina<br />

Mario Lunetta<br />

Alessandro Occhipinti (V. Pres.)<br />

Natale Antonio Rossi<br />

Editori<br />

Adelphi S.p.A. Francesca Sintini<br />

Edumond Lemonnier SpA<br />

Barbara Favata<br />

Principato Giuseppe Casa Editrice SpA -<br />

Girolamo Potestà (Pres.)<br />

R.C.S. Libri SPA Alberta Locati<br />

SEZIONE LIRICA<br />

Autori<br />

Marco Betta<br />

Lorenzo Ferrero (Pres.)<br />

Dario Oliveri<br />

Editori<br />

B&W Italia Srl Giancarlo Lucariello<br />

Sonzogno Casa Musicale Sas Piero Ostali<br />

Sugar Music SpA Teresita Beretta (V. Pres.)<br />

COLLEGIO DEI REVISORI<br />

Presidente Giancarlo Settimi<br />

Giuseppe Dell’Acqua<br />

Andrea Malfaccini<br />

Silvio Necchi<br />

Carlo Pontesilli<br />

Supplenti<br />

Riccardo Acernese<br />

Benito Di Troia<br />

CONTROLLO INTERNO<br />

Franco Tonucci<br />

DIRETTORE GENERALE<br />

Angelo Della Valle<br />

NUMERI UTILI<br />

DIREZIONE GENERALE<br />

centralino 06 59901<br />

fax centrale 06 59647050/52<br />

SEZIONE CINEMA<br />

tel. 06 59902062/2322<br />

fax 06 59902006<br />

cinema@siae.it<br />

SEZIONE DOR<br />

(Opere drammatiche e<br />

radiotelevisive)<br />

tel. 06 59902243/2743<br />

fax 06 59902758<br />

dor@siae.it<br />

Linea diretta con la Sezione<br />

DOR tel. 06 59902090<br />

(dalle 9.00 alle 12.30)<br />

SEZIONE LIRICA<br />

tel. 06 59902250<br />

fax 06 59902247<br />

lirica@siae.it<br />

Linea diretta con la Sezione<br />

Lirica tel. 06 59902251<br />

SEZIONE MUSICA<br />

tel. 06 59902257<br />

06 59902275/2593<br />

fax 06 59902280<br />

musica@siae.it<br />

Centro di Consulenza<br />

Musicale Pitagora<br />

tel. 06 59902591<br />

pitagora@siae.it<br />

(apertura al pubblico e<br />

consulenze telefoniche dirette:<br />

mercoledì e giovedì dalle 9.30<br />

alle 12.30)<br />

UFFICIO ACCORDI PER I<br />

DIRITTI DI ESECUZIONE<br />

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fax 06 59902205<br />

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bollettino sociale<br />

SEZIONE OLAF<br />

(Opere Letterarie e Arti Figurative)<br />

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CINEMATOGRAFICO<br />

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CON IL PUBBLICO<br />

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dal lunedì al venerdì<br />

dalle 9.00 alle 12.30 -<br />

martedì e giovedì anche<br />

dalle 14.30 alle 16.00)<br />

UFFICIO DI GESTIONE<br />

DEL FONDO<br />

DI SOLIDARIETA’<br />

tel. 06 59902355/2352<br />

fax 06 59902633<br />

BIBLIOTECA E RACCOLTA<br />

TEATRALE DEL BURCARDO<br />

tel. 06 6819471<br />

fax 06 68194727<br />

Roma - via del sudario, 44<br />

biblioteca.burcardo@siae.it<br />

www.theatrelibrary.org<br />

(apertura al pubblico:<br />

dal lunedì al venerdì<br />

dalle 9.00 alle 13.30)

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