EDITORI MUSICALI,UNA PASSIONE LUNGA UN SECOLO - Siae
EDITORI MUSICALI,UNA PASSIONE LUNGA UN SECOLO - Siae
EDITORI MUSICALI,UNA PASSIONE LUNGA UN SECOLO - Siae
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VIVAVERDI IL GIORNALE DEGLI AUTORI E DEGLI <strong>EDITORI</strong><br />
4<br />
ARTE CINEMA LETTERATURA MUSICA TEATRO RADIO TELEVISIONE<br />
DISTRIBUZIONE GRATUITA - ANNO 77 - N° 4 - LUGLIO • AGOSTO 2005<br />
Società Italiana degli Autori ed Editori<br />
VIVAVERDI<br />
Il giornale degli Autori e degli Editori<br />
<strong>EDITORI</strong> <strong>MUSICALI</strong>,<strong><strong>UN</strong>A</strong> <strong>PASSIONE</strong> <strong>L<strong>UN</strong>GA</strong> <strong>UN</strong> <strong>SECOLO</strong><br />
ENDRIGO la sua ultima intervista VENICE DAYS autori di nuovo protagonisti<br />
CINEMA l'invasione dei festival COCCIANTE-PANELLA Giulietta e Romeo, l'opera rivive<br />
CONTARELLO - LAUZI - PAOLINI l'arte di scrivere e di raccontare<br />
ROMA EUROPA FESTIVAL 20 anni vissuti “contemporaneamente” SIAE un bilancio positivo<br />
BOLLETTINO SOCIALE le notizie dalla <strong>Siae</strong>, la partecipazione al Midem 2006<br />
Giulio Ricordi
ENDRIGO VISTO DA WALTER MOLINO<br />
Tratto dal libro di Albertarelli, Gedda, Ronza Tv Game, edizioni Lo Scarabeo
siae<br />
VIALE DELLA LETTERATURA 30<br />
ANGELO DELLA VALLE<br />
È IL NUOVO DIRETTORE GENERALE<br />
Il nuovo Direttore Generale della <strong>Siae</strong> ha svolto<br />
tutta la sua carriera all’interno della Società della<br />
quale è entrato a far parte, vincitore di un concorso<br />
pubblico, fin dal 1971. Dirigente dal 1981,<br />
prima come Vice Direttore del Servizio<br />
Ispettorato Centrale, poi Direttore della Sezione<br />
Musica-Emittenza, è stato nominato Capo della<br />
Segreteria della Presidenza e della Direzione<br />
generale nel 1992. Nel 1994 è divenuto Vice<br />
Direttore Generale, assumendo dal 1998 anche<br />
l’incarico di dirigere la Divisione Autori ed<br />
Editori. Divisione che comprende le Sezioni<br />
dedicate alla Musica, al Cinema, al Teatro-Radio<br />
-Televisione, alla Letteratura ed Arti Visive, alla<br />
Lirica e alla Multimedilità.<br />
La profonda esperienza nelle problematiche<br />
nazionali ed internazionali connesse alla tutela<br />
del diritto d’autore, è stata quindi acquisita sul<br />
campo, grazie all’impegno nei più disparati settori<br />
e soprattutto alla gestione dei rapporti con i<br />
grandi utilizzatori di opere tutelate. Questa esperienza<br />
costituisce uno strumento fondamentale<br />
per il piano di rilancio che il nuovo Direttore<br />
Generale ha immediatamente elaborato affinché<br />
la <strong>Siae</strong>, dopo un lungo periodo di difficoltà, possa<br />
recuperare rapidamente efficacia di risultati nell’attuale<br />
scenario nazionale, in quello comunitario<br />
ed internazionale.<br />
Le questioni che si presentano sono molteplici e<br />
vanno da quelle relative allo sfruttamento delle<br />
opere tramite le nuove tecnologie a quelle altrettanto<br />
complesse del ruolo che tutte le Società di<br />
autori devono assumere nel nuovo contesto<br />
europeo e internazionale.<br />
Soddisfare queste esigenze, coniugandole con<br />
una sempre più adeguata tutela economica delle<br />
opere e con un miglioramento dei servizi per gli<br />
autori e gli editori, è il compito principale che si<br />
pone il nuovo Direttore Generale. “Un altro tema<br />
molto importante – ha dichiarato Angelo Della<br />
Valle – è quello di comunicare a tutti gli aderenti,<br />
non solo come lavora la Società, ma anche quali<br />
sono le priorità da affrontare. Per questo scopo<br />
utilizzeremo non soltanto Vivaverdi e il sito web,<br />
ma ho in programma una serie di incontri con gli<br />
autori e gli editori nelle principali città italiane<br />
per parlare direttamente con loro, ascoltare le<br />
loro esigenze e confrontarsi sui problemi da<br />
risolvere”.<br />
© Foto Giuseppe Ziliotto
VIALE DELLA LETTERATURA 30<br />
GIORGIO ASSUMMA<br />
NUOVO PRESIDENTE DELLA SIAE<br />
Mercoledì 12 ottobre la settima Commissione<br />
(Istruzione, Beni Culturali, Ricerca scientifica,<br />
Spettacolo e Sport) del Senato e la settima<br />
Commissione Cultura della Camera hanno<br />
espresso parere favorevole alla nomina dell’avvocato<br />
Giorgio Assumma, già designato il 20 settembre<br />
dall’Assemblea degli Associati <strong>Siae</strong> alla<br />
presidenza della Società Italiana Autori ed<br />
Editori. Il Presidente della Repubblica Carlo<br />
Azeglio Ciampi, ha poi firmato il Decreto di<br />
nomina. Subito dopo la ratifica parlamentare, il<br />
neopresidente s’è così espresso: “Ora è fondamentale<br />
che la Società operi nella più ampia<br />
autonomia, naturalmente nel rispetto delle leggi<br />
e delle norme”. E a proposito dei suoi primi<br />
impegni, il presidente Giorgio Assumma ha<br />
indicato l’intenzione di voler mettersi al più presto<br />
al lavoro “per riformare lo statuto della<br />
Società italiana Autori ed Editori e la legge sul<br />
diritto d’autore, con la collaborazione delle forze<br />
politiche, nei punti in cui si occupa della <strong>Siae</strong>,<br />
proprio per dare una migliore definizione del<br />
ruolo pubblico”. L’altra priorità segnalata dal<br />
Presidente è racchiusa nell’esigenza “di potenziare<br />
la rete periferica della <strong>Siae</strong>” per “lavorare<br />
meglio, con l’attuale personale, per la tutela economica<br />
dei diritti e garantire dunque più introiti<br />
ad autori ed editori”.<br />
L’avvocato Giorgio Assumma era stato designato<br />
in prima votazione, pressochè all’unanimità (50<br />
voti su 51, una scheda nulla) Presidente della<br />
Società Italiana Autori ed Editori (<strong>Siae</strong>), nel<br />
corso dell’Assemblea della Società svoltasi lo<br />
scorso 20 settembre nella sede di Roma. Nato a<br />
Civitavecchia nel 1935, Giorgio Assumma è uno<br />
tra i più noti studiosi e avvocati di diritto d’autore<br />
e dello spettacolo. Docente all’Università Statale<br />
di Roma III in Diritto dell’Editoria, insegna<br />
anche Diritto dell’Unione Europea<br />
all’Università romana Lumsa. È Presidente<br />
della Fondazione Internazionale Perseus-<br />
Studi Internazionali per le comunicazioni<br />
sociali che, in collaborazione<br />
con l’Università Cattolica di<br />
Milano, è sede di corsi di promozione per gli<br />
autori dell’Audiovisivo. Direttore della collana<br />
“Diritto e Pratica nelle attività culturali informative<br />
e ricreative” dell’editore Cedam, l’avvocato<br />
Assumma è autore, insieme al professor Giuseppe<br />
Corasaniti, del Codice del Diritto e dello Spettacolo,<br />
edito dalla stessa Cedam. È Autore di altri numerosi<br />
testi sul diritto dello spettacolo e sul diritto<br />
d’autore e da sempre ha affrontato temi legati al<br />
mondo della cultura e dello spettacolo.<br />
Nel primo discorso pronunciato a braccio davanti<br />
all’Assemblea della Società che l’aveva designato,<br />
l’avvocato Assumma aveva confessato d’aver<br />
accettato la designazione – dopo qualche<br />
titubanza iniziale – “perché ho pensato<br />
alla <strong>Siae</strong> del passato, ai grandi uomini,<br />
alle grandi battaglie che hanno portato<br />
l’ente a primeggiare e a divenire un<br />
bene della collettività, di tutta la collettività<br />
nazionale, indipendentemente<br />
dalle qualifiche di autori, di editori, di<br />
produttori e questo patrimonio culturale.<br />
Ho pensato, non si può, o meglio<br />
si deve fare di tutto, per evi-<br />
VIVAVERDI<br />
tare che la <strong>Siae</strong> perda la sua autonomia sotto un<br />
ennesimo Commissariamento. Addirittura – mi<br />
si passi l’espressione – che finisca nel cestino<br />
dei rifiuti di un liquidatore, supportando questa<br />
possibilità con il fatto che la legge sul diritto<br />
d’autore, che attribuisce l’esclusiva alla <strong>Siae</strong> nella<br />
riscossione e nella gestione dei Diritti, non è più<br />
in linea con i princìpi dell’Unione Europea, cosa<br />
non vera e che dovremo però comunque contrastare”.<br />
3
VIVAsommario<br />
10<br />
18<br />
S E R V I Z I<br />
40<br />
37<br />
26<br />
30<br />
PERSONAGGI Endrigo, la sua ultima intervista 10<br />
A Sergio 13<br />
Esempio unico di talento puro 14<br />
Sergio faccia di pietra 15<br />
Quanto mi dai se mi sparo 16<br />
AUTORI IN MOSTRA per fortuna ritornano 18<br />
CINEMA A tutto Festival 20<br />
PERSONAGGI Contarello, racconti dal cuore 22<br />
INCHIESTA Editore musicale, una passione lunga un secolo 26<br />
OPERA CONTEMPORANEA Giulietta e Romeo. Riccardo, Pasquale, Verona, l’amore 30<br />
AUTORITRATTI Lauzi, scrivere per 26<br />
ROMAEUROPA FESTIVAL Vent’anni di nomadismo culturale 37<br />
PERSONAGGI Paolini, l’arte di raccontare 40<br />
TELEVISIONE A.A.A. Cercasi autori comici di talento 42<br />
DIALOGHISTI Italiano, lingua di doppiatori 46<br />
DISCOGRAFIA Indipendenti non per caso 58<br />
È un ritratto inconsueto, quello di Sergio Endrigo<br />
che riproduciamo in copertina, nello scatto eseguito<br />
da Mariacristina Di Giuseppe. Ci restituisce<br />
un' idea di sospensione, in un'immagine del cantautore,<br />
come sempre, elegante e colta, che<br />
coniuga la musica con la poesia e la letteratura<br />
italiana e internazionale. L'intervista che pubblichiamo<br />
all'interno è stata raccolta da Michele<br />
Bovi, caporedattore centrale del Tg2, il 28 agosto,<br />
prima della morte. È l'ultima intervista, rilasciata<br />
a Vivaverdi. Una testimonianza e un bilancio<br />
appassionato di oltre cinquant'anni di carriera di<br />
uno dei più celebrato capostipite della canzone<br />
d'autore italiana.<br />
Anno 77 – Nuova serie<br />
Numero 4<br />
Luglio-Agosto 2005<br />
Bimestrale<br />
Direzione, redazione<br />
e amministrazione<br />
Viale della Letteratura, 30<br />
00144 Roma<br />
Centralino: 06.59901<br />
Redazione: 06.5990.2795<br />
Fax: 06.5990.2882<br />
ufficio.editoriale@siae.it<br />
www.siae.it<br />
Direttore responsabile<br />
Alberto Ferrigolo<br />
Comitato editoriale<br />
Linda Brunetta, Gianni Minà<br />
Oscar Prudente, Mimmo Rafele<br />
Coordinamento editoriale<br />
Stefano Micocci<br />
V I V A V E R D I<br />
Redazione<br />
Daniela Caramel,<br />
Antonella Gargiulo (segr. redaz. e ricerca fotografica),<br />
Daniela Nicolai,<br />
Letizia Pozzo<br />
Progetto grafico e impaginazione<br />
B&T Communication Company
LA SIAE AL MIDEM 2006<br />
La Società degli Autori ed Editori, assieme alle associazioni dei produttori discografici Afi, Fimi, Pmi e Scf e<br />
all'Imaie, parteciperà con uno stand, denominato "Italia in musica", alla 40 a edizione del Midem (Mercato<br />
Musicale Internazionale, www.midem.com) che si terrà dal 22 al 26 gennaio 2006 presso il Palais des<br />
Festivals di Cannes. Il Midem è il più importante mercato internazionale in campo musicale. Alla 39° edizione,<br />
l'anno scorso, erano presenti 9.313 partecipanti provenienti da 92 diversi paesi, 4.367 società e 2.140<br />
espositori con 313 stand, per una superficie espositiva totale di 9.083 mq.<br />
Il modulo di iscrizione allo stand si trova alla pagina 78 del Bollettino sociale di questo numero di Vivaverdi.<br />
42<br />
22<br />
R U B R I C H E<br />
VIGNETTA Endrigo visto da Molino 1<br />
SIAE Angelo della Valle è il nuovo Direttore Generale 2<br />
L’avvocato Giorgio Assumma nuovo Presidente 3<br />
VIVANTEPRIME 6<br />
VIVANOVANTANOVENOVITÁ 8<br />
VIVAHANNO DETTO Finanziaria 2006, la lunga notte dello spettacolo 44<br />
VIVADALL’INTERNO <strong>Siae</strong> 2004, un bilancio lusinghiero 48<br />
Musica, fonografico e oltre. I dati <strong>Siae</strong> 2004 50<br />
Assemblea Cisac, diffendersi o attaccare? 52<br />
Fondo solidarietà <strong>Siae</strong>, la fase di studio è conclusa 53<br />
<strong>Siae</strong>-Fapav, intesa antipirateria 54<br />
VIVAGLOSSARIO Il diritto d’autore è morale 55<br />
VIVAEVENTI 56<br />
VIVANELMONDO Sui diritti on-line 59<br />
VIVACONCORSI 60<br />
VIVAINRETE La bibblioteca è on-line 62<br />
ULTIMO APPLAUSO 64<br />
BOLLETTINO SOCIALE 72<br />
58<br />
80<br />
E R R A T A C O R R I G E<br />
In riferimento all’articolo “La vita è tutta un ballo”<br />
pubblicato su Vivaverdi n° 3 (maggio-giugno 2005), si<br />
precisa che l’Autore della canzone Romagna mia è di<br />
Secondo Casadei e non di Raoul Casadei.<br />
A proposito dell’articolo sul maestro Morricone<br />
(Vivaverdi n° 3, maggio-giugno 2005), si precisa che<br />
la direzione artistica del progetto”Io, Ennio Morricone”<br />
era di Lilli Greco. Italo “Lilli” Greco (Sezze Romano,<br />
1934) è un pezzo di storia della musica leggera italiana:<br />
diplomato in pianoforte, è assunto alla Rca Italia<br />
nel 1958, dove lavora ininterrottamente fino al 1989.<br />
In qualità prima di assistente musicale e poi di produttore,<br />
realizza i grandi successi di artisti come Gianni<br />
Meccia, Edoardo Vianello, Rita Pavone, Jimmy<br />
Fontana, i Flippers e Nico Fidenco. Dopo aver curato<br />
alcune storiche incisioni di Patty Pravo, è in prima<br />
linea nella stagione dei cantautori e realizza i primi<br />
dischi di Antonello Venditti, Francesco De Gregori<br />
prodotti dalla It e poi dalla Rca, e di Paolo Conte. La<br />
lista delle canzoni alla cui realizzazione ha preso<br />
parte è infinita e va da La partita di pallone a I<br />
Watussi, da Il barattolo a Sapore di sale, da Io che<br />
amo solo te a Il mondo, da Che sarà ad<br />
Abbronzatissima, da La bambola a Tripoli 1969, da<br />
Pazza idea a Roma capoccia, da Niente da capire a<br />
Mexico e nuvole, da Ogni volta a Via con me.<br />
COVERMEDIA<br />
web: www.covermedia.com<br />
www.covermedia.info<br />
e-mail: cover@covermedia.com<br />
cover@covermedia.info<br />
Stampa<br />
Web color Srl<br />
Loc. Le Campora<br />
67038 Oricola (Aq)<br />
Registrazione alla Cancelleria del Tribunale<br />
di Roma n. 234 del 24.7.1948<br />
Questo giornale è pubblicato ai sensi della<br />
normativa della <strong>Siae</strong> e del Regolamento per<br />
l’esecuzione della legge 22 aprile 1941, n. 633,<br />
approvato con R. D. 18 maggio 1942, n. 1369<br />
Di questo numero sono state distribuite<br />
80.600 copie<br />
Chiuso in tipografia il 25 ottobre 2005<br />
Hanno collaborato a questo numero:<br />
Luca Barbarossa, Michele Bovi, Linda Brunetta,<br />
Daniela Caramel, Comitato di studio per le<br />
problematiche del Fondo di Solidarietà,<br />
Linda De Sanctis, Daniela d'Isa, Stefania<br />
Ercolani, Lisa Ginzburg, Giorgio Gosetti,<br />
Ugo Gregoretti, Bruno Lauzi, Sapo Matteucci,<br />
Stefano Micocci, Franco Migliacci, Gianni Minà,<br />
Franco Montini, Daniela Nicolai, Liliana Palermo,<br />
Vanessa Polselli, Letizia Pozzo,<br />
Giancarlo Pressenda, Oscar Prudente,<br />
Mimmo Rafele, Alberto Testa, Giuseppe Ziliotto<br />
In riferimento alle immagini pubblicate, l’editore<br />
e la direzione di Vivaverdi dichiarano la propria<br />
disponibilità all’assolvimento dei diritti di<br />
riproduzione per gli eventuali aventi diritto<br />
che non è stato possibile accertare<br />
Distribuzione gratuita<br />
P U B B L I C I T A ’<br />
F O T O C R E D I T I
VIVAanteprime<br />
a cura di Letizia Pozzo<br />
INCENDIO SCELSIANO NELLA CAPITALE<br />
Tra il 6 ottobre e il 14 maggio un Festival ricorda<br />
Giacinto Scelsi (1905-1988). In tutta Roma saranno<br />
eseguite le musiche del più mistico dei compositori italiani.<br />
Appassionato delle filosofie orientali Scelsi cercò<br />
lo spirito del suono. Sarà possibile ascoltare le sue<br />
composizioni in numerosi concerti all’Auditorium Parco<br />
della Musica, a Santa Cecilia, a Villa Medici,<br />
all’Università La Sapienza, al Teatro dell’Opera,<br />
all’Accademia americana. In programma un convegno<br />
sulla figura del musicista, pittore e poeta, dal titolo Tre<br />
per Scelsi, il 9, 10 e 11 dicembre all’Auditorium del<br />
Goethe Institut di Roma. Ogni serata un’esecuzione<br />
musicale. Per informazioni: www.scelsi.it<br />
ALLA CASA DEL CINEMA ARTE<br />
E DOCUMENTARI<br />
Incontri con registi italiani e stranieri alla Casa del cinema<br />
di Roma. Tra gli incontri è da segnalare il 14 dicembre<br />
quello con i fratelli Taviani e una rassegna speciale<br />
sul documentario da gennaio. Dal 25 al 27 novembre<br />
2005 si svolge la quarta edizione di Neverland -<br />
percorsi al digitale, tre giorni d’incontri internazionali e<br />
proiezioni (dalle ore 16 alle ore 24, ingresso gratuito)<br />
sulle tecnologie digitali nei mestieri dell’arte e della<br />
comunicazione. Curata da Enzo Aronica, la manifestazione<br />
è l’occasione per indagare se, come e quanto la<br />
tecnologia digitale sia in grado di incontrare le moderne<br />
arti visive. È una “bottega di idee” con incontri internazionali,<br />
occasione per anteprime, proiezioni, presentazioni<br />
di libri, di nuove iniziative e curiosità dal mondo.<br />
CANZONI INEDITE<br />
DA TUTTO IL MONDO<br />
IN CILE<br />
Un teatro all’aperto,<br />
un’arena con il respiro<br />
mondiale della musica di<br />
tutto il mondo, è lo scenario<br />
della XLVII edizione<br />
del Festival della canzone,<br />
il 26 e 27 febbraio 2006 a Viña del Mar (Cile).<br />
Sono selezionate canzoni inedite o pubblicate dopo il<br />
1° marzo 2005 provenienti da tutto il mondo. Viene<br />
scelta una sola canzone per ciascun Paese. Il Festival<br />
vuole incoraggiare la creatività degli autori e compositori<br />
di musica popolare e incentivare lo sviluppo e lo<br />
scambio culturale tra i partecipanti. Per informazioni:<br />
www.canal13.com<br />
EFFETTI SPECIALI AL FUTURE FILM FESTIVAL<br />
DI BOLOGNA<br />
L’ottava edizione del Future Film Festival (Bologna 18-<br />
22 gennaio 2006) è dedicata all’animazione e agli<br />
effetti speciali al servizio dell’arte. Il programma del<br />
Festival, diretto da Giulietta Fara e Oscar Cosulich, si<br />
annuncia più ricco, con più incontri, più retrospettive<br />
ed eventi speciali dedicati all’universo digitale. Tra gli<br />
avvenimenti sarà proposto un incontro con una scuola<br />
d’animazione europea. I docenti avranno la possibilità<br />
di far conoscere la struttura in cui operano, favorendo<br />
uno scambio culturale tra i diversi paesi.<br />
LA PIÙ GRANDE ORCHESTRA GIOVANILE<br />
AL DISMA DI RIMINI<br />
Scuola Musicafestival, la manifestazione di riferimento<br />
per chi fa musica a scuola, è giunta al suo<br />
sesto anno di vita (11-13 marzo 2005). A Rimini,<br />
all’interno del Disma Music show, sarà possibile<br />
ascoltare la più grande orchestra giovanile del<br />
mondo con oltre 1.300 elementi provenienti da<br />
ogni regione d’Italia. La nuova edizione propone<br />
una nuova sezione interamente dedicata alla musica<br />
elettronica. Il Premio Net Music 1.0 è indirizzato<br />
a tutte le scuole che si occupano di musica realizzata<br />
con strumenti informatici. La sezione “ricerca”<br />
verrà aperta per la prima volta anche alle scuole<br />
del Secondo Ciclo.<br />
COMENCINI E METHA AL TEATRO DEL MAGGIO<br />
Dopo il debutto italiano di Carlo Ponti jr (nella foto),<br />
il Maggio musicale fiorentino punta su Verdi con una<br />
delle sue opere più amate, La traviata. È in programma<br />
dal 25 novembre al 9 dicembre e segna<br />
l’esordio a Firenze del direttore d’orchestra italiano<br />
Renato Palombo. La regia è di Cristina Comencini.<br />
Dal 20 al 31 gennaio torna lo spettacolo cult del<br />
maggio musicale Turandot di Puccini diretto da<br />
Zubin Metha con l’allestimento di Zhang Yimou, il<br />
regista cinese di Lanterne rosse. Per i 250 anni<br />
dalla nascita di Mozart sono in cartellone concerti<br />
di Abbado e Muti. Marzo vedrà anche il debutto, al<br />
Teatro Comunale, di Andrea Boccelli in un concerto<br />
diretto da Steven Mercurio. Nel periodo natalizio<br />
l’appuntamento con la danza vede protagonista<br />
Roberto Bolle nella tragedia di Romeo e Giulietta su<br />
musica di Riz Ortolani.<br />
PIÙ LIBRI PIÙ LIBERI TRA ROMA E TORINO<br />
Delle circa 50 mila novità editoriali prodotte ogni anno<br />
in Italia solo 3 mila sono facilmente reperibili nelle librerie,<br />
best seller editi da case editrici che possono giovarsi<br />
di campagne di promozione molto incisive. Per<br />
creare una vetrina di tutte le altre novità editoriali è<br />
nata l’idea di Più libri più liberi, la Fiera nazionale della<br />
piccola e media editoria che da 3 anni si svolge a<br />
Roma al Palazzo dei Congressi dell’Eur, dall’8 all’11<br />
dicembre. Sarà possibile consultare oltre 150.000<br />
volumi. E gli 8 spazi, dal Caffé letterario a quello dei<br />
Ragazzi fino alle sale per le conferenze, offriranno un<br />
palinsesto di convegni, incontri, presentazioni e performance.<br />
L’edizione 2005 sarà teatro della presentazione<br />
del programma di Torino capitale mondiale del libro<br />
con Roma.
© Werner Maresch<br />
A PARMA SUONI CORSARI<br />
Si rialza il sipario sulla X edizione del festival internazionale<br />
Parma Jazz Frontiere (16, 17, 18 dicembre,<br />
Teatro al Parco). La kermesse musicale, organizzata<br />
dall’Associazione culturale ParmaFrontiere, conferma<br />
la capacità di essere un evento-laboratorio, terreno<br />
d’incontro di artisti e “cantiere” per dare vita a nuove<br />
creazioni. Il programma propone ospiti come Misha<br />
Alperin (Russia), John Taylor (Inghilterra), Sylvain<br />
Kassap e Hélène Labarrière (Francia), Pino Minafra<br />
Sud Ensemble (Italia). Sarà dato spazio anche alle produzioni<br />
originali con il concerto Suoni Corsari - Appunti<br />
a Pier Paolo Pasolini e il Progetto Sarabanda con i<br />
complessi bandistici diretti dal M° Marco Remondini<br />
(www.parmafrontiere.it).<br />
ADA GENTILE IN GIAPPONE<br />
Dopo i concerti di fine ottobre, la compositrice Ada<br />
Gentile sarà a Kagoshima (Giappone) il 9 novembre,<br />
per eseguire nella stagione dei concerti dell’Università<br />
il brano Come dal nulla (per clarinetto basso), poi l’11<br />
novembre all’Università di Cosenza, il 12 novembre, a<br />
Roma al Goethe Institut, il 18 Dicembre al Parco della<br />
Musica, Sala Sinopoli.<br />
NATALE CON IL PRESEPE VIVENTE<br />
DI BOLLANI E RIONDINO<br />
I pensieri delle statue di un presepe vivente diventano<br />
canzoni in un singolare spettacolo, La cantata dei pastori<br />
immobili,messo in scena da David Riondino e Stefano<br />
Bollani. Il primo si è occupato del testo e sarà sul palco<br />
in veste di narratore; il secondo è l’autore delle musiche<br />
che eseguirà al pianoforte. Il 20 dicembre lo spettacolo<br />
è in programma al Teatro Comunale di Russi (Ra), il 21<br />
Dicembre al Teatro comunale di Marmirolo (Mn), il 29<br />
Dicembre a Porto San Giorgio (Ap).<br />
FAENZA: I NOMADI AL MEI 2005<br />
I Nomadi, Domenico Procacci con la Fandango e<br />
Red Ronnie sono tra le conferme del Mei 2005 che<br />
si terrà a Faenza il 26 e 27 novembre con anteprima<br />
il 25 sera al Teatro Masini. Verranno assegnati<br />
nell’edizione 2005: “Premio Italiano Musica<br />
Indipendente”, “Premio per il Miglior Videoclip<br />
Indipendente”, assegnati attraverso una giuria di<br />
giornalisti, e il premio “Fuori dal Mucchio” per il<br />
miglior album di esordio e i premi per il videoclip<br />
“Videoclipped The Radio Stars” e “AudioCoop”. Il<br />
Mei, giunto alla nona edizione, è l’avvenimento più<br />
importante per la musica indipendente italiana con<br />
25 mila presenze, 300 espositori e 400 artisti dal<br />
vivo, un appuntamento per il mantenimento e la diffusione<br />
della “cultura” indipendente. Numerosi i<br />
convegni sullo sviluppo della musica. Informazioni:<br />
mei@lamiarete.com (infoline 0546.646012) o<br />
www.audiocoop.it<br />
FESTIVAL DELLA SCIENZA A GENOVA<br />
La terza edizione del Festival della Scienza, che si svolge<br />
dal 27 ottobre all’8 novembre a Genova, si occupa<br />
delle “frontiere” della ricerca contemporanea, dalla fisica<br />
(di particolare attualità per le celebrazioni del centenario<br />
einsteniano) alle neuroscienze. Cervello,<br />
coscienza, memoria, sogni, emozioni raccontati da un<br />
neurofisiologo, sulla base di una profonda conoscenza<br />
delle cellule nervose, sono messi in scena da Lella<br />
Costa in una conferenza-spettacolo intitolata Neuroni e<br />
anima. L’attrice ricorda la frase di Einstein: “La mente<br />
che si apre a una nuova idea non ritorna mai alla<br />
dimensione precedente”.<br />
VIVAVERDI<br />
7<br />
TIME ZONE, LA VIA DELLE MUSICHE POSSIBILI<br />
La ventesima edizione del festival di musica contemporanea<br />
Time Zone, sulla via delle musiche possibili”,<br />
si terrà a Bari tra il 28 ottobre e il 29 novembre. Oltre<br />
alla presentazione di Insen, raffinato saggio multimediale<br />
sulla ricerca di suono puro nell’intersezione dell’impianto<br />
classico con il pianoforte di Ryuichi<br />
Sakamoto e “macchine elettroniche” di Alva Noto, è da<br />
segnalare l’incontro di Giovanni Sollima con Mauro<br />
Pagani. Tra i meriti della manifestazione, aver unito<br />
percorsi di ricerca disomogenei che hanno contribuito<br />
a ridefinire la geografia dei generi musicali distinti ed<br />
ingabbiati negli anni 80.<br />
GIOVANNI ALLEVI A NEW YORK<br />
Il compositore e pianista marchigiano Giovanni Allevi<br />
sarà il 18 novembre in concerto alla Casa del Jazz a<br />
Roma, mentre il 3 dicembre si esibirà nella Sala Verdi<br />
del Conservatorio di Milano. Ma queste due date<br />
sono solo un’anticipazione del tour vero e proprio,<br />
che vedrà Allevi suonare in Italia e all’estero dal gennaio<br />
del 2006. È già fissata anche la data del 15<br />
maggio 2006, in cui Giovanni Allevi, dopo il successo<br />
ottenuto nel marzo di quest’anno, ritornerà a suonare<br />
al Blue Note di New York. Saranno proposti i brani<br />
del suo ultimo disco per pianoforte No Concept
VIVAnovantanovenovità<br />
a cura di Daniela Caramel<br />
LUCA NESTI<br />
LA GENERAZIONE<br />
DI BEPPE MOLLISI<br />
Number One<br />
Studio<br />
Siciliano di origine<br />
ma lodigiano di adozione,<br />
il cantautore<br />
Beppe Mollisi ha realizzato<br />
Generazione,<br />
il suo quarto album.<br />
Il disco contiene sei canzoni che parlano di storie<br />
personali e di affetti familiari e trattano tragedie<br />
della nostra epoca. Disco ricco di contenuti e di<br />
sentimenti tradotti in musica.<br />
BR<strong>UN</strong>O LAUZI<br />
IL CASO DEL<br />
POMPELMO<br />
LEVIGATO<br />
Bompiani<br />
Un noir surreale<br />
segna l’esordio<br />
letterario di Bruno<br />
Lauzi. In un racconto<br />
dove il rapporto<br />
spazio-tempo è inesistente,<br />
strani protagonisti,tratteggiati<br />
con ironia, si<br />
avventurano alla<br />
ricerca di una pietramisteriosamente<br />
scomparsa. L’autore li accompagna lungo un<br />
percorso in cui si alternano spunti filosofici intrisi<br />
di humor, nonsense, riferimenti a personaggi reali,<br />
per sorprendere con il gusto dell’irrazionale e<br />
strappare un sorriso.<br />
GIANNA NANNINI<br />
IO<br />
Rizzoli<br />
Gianna Nannini racconta<br />
sé stessa con lo<br />
stile abituale: grintoso,<br />
sincero, irrequieto,<br />
sempre coerente e<br />
ricco d’umanità. Senza<br />
falsi pudori o falsi<br />
moralismi, l’autrice<br />
racconta l’infanzia di<br />
bambina ribelle dall’istinto<br />
fuggiasco, della<br />
sua vocazione artistica,<br />
dei successi e dell’impegno<br />
sociale. Ma racconta anche le cadute, le<br />
profonde sofferenze, la forza di rialzarsi e ricominciare<br />
a vivere. Io è il ritratto di una donna e di<br />
un’artista che non ha mai tradito sé stessa: emozioni<br />
forti e un messaggio d’amore universale.<br />
HO CAMBIATO IDEA<br />
Camion<br />
Sony Music<br />
Ho cambiato idea è il<br />
secondo album di Luca<br />
Nesti, un disco in cui il cantautore<br />
toscano racconta<br />
con spontaneità vita ed<br />
emozioni. I 13 brani dell’album spaziano dalla protesta<br />
ai sentimenti, musica rock alternata a brani<br />
melodici, voce calda e intensa. Sostiene l’artista:<br />
“Canzoni che esprimono l’urgenza di non restare<br />
indifferenti, né davanti all’amore né davanti all’ingiustizia”,<br />
dove cambiare idea significa non accettare<br />
di venire omologati dalla banalità del quotidiano.<br />
ANTONIO<br />
RANALLI<br />
NOMADI<br />
Editori Riuniti<br />
I Nomadi, gruppo<br />
che ha fatto la storia<br />
della canzone<br />
italiana, protagonisti<br />
della rivoluzione<br />
culturale degli<br />
anni ’60, precursori<br />
della canzone di<br />
impegno politicosociale,<br />
punto di<br />
riferimento del<br />
rock italiano, sono<br />
tuttora esponenti<br />
di spicco della musica contemporanea. Il volume<br />
percorre i quarant’anni della loro carriera e ne racconta<br />
la storia attraverso l’analisi di tutti i dischi e<br />
molte testimonianze, senza trascurare esperienze<br />
umane e sociali, le iniziative di solidarietà che<br />
compongono un album dei ricordi.<br />
LUIGI GIACHINO<br />
IMMAGINANDO<br />
IN MUSICA<br />
Cartman<br />
Luigi Giachino, musicista<br />
torinese, dopo diverse<br />
esperienze di composizione<br />
libera si è dedicato al<br />
teatro, agli audiovisivi, alla<br />
Tv. Questo testo, prefato<br />
da Luis Bacalov, è stato<br />
scritto con l’intendimento<br />
di creare un legame tra il mondo musicale e quello<br />
dell’immagine, tradizionalmente distanti se non<br />
addirittura in conflitto. A metà tra uno strumento<br />
di studio e un manuale di consultazione.<br />
IL MONDO DI BINDI<br />
IN <strong>UN</strong> OMAGGIO POSTUMO<br />
Associazione Culturale Il Mio Mondo/Imaie<br />
Umberto Bindi, artista scomodo nel panorama culturale<br />
della musica italiana quanto compositore sensibile,<br />
raffinato e innovativo, ha pagato con l’emarginazione<br />
le proprie scelte. Per ricordare il suo talento e<br />
le emozioni che le sue canzoni trasmettono, è stato<br />
realizzato Davanti all’orizzonte, un album che contiene<br />
il live di tre dei suoi brani più celebri, l’inedito che<br />
dà il titolo al disco ed altri pezzi interpretati dagli<br />
Armonium. Un modo per restituirgli il posto che gli<br />
spetta nella storia della canzone d’autore italiana.<br />
MICHELE PIERACCINI<br />
PRONTO A SPICCARE<br />
IL VOLO<br />
Ichnosound<br />
Avere una voce rassomigliante<br />
a quella di un<br />
“grande” può rappresentare<br />
un biglietto da visita,<br />
ma anche trasformarsi in<br />
handicap. Con affetto e una buona dose di autoironia,<br />
Michele Pieraccini prende le distanze dal suo ispiratore,<br />
Renato Zero, e tenta di librarsi con un disco<br />
dal titolo emblematico, In volo. Dodici tracce per un<br />
artista che vuole dimostrare autonomia e identità.<br />
FRANCO MONTINI,<br />
PIERO SPILA<br />
<strong>UN</strong> ATTORE<br />
CONTRO:<br />
GIAN MARIA<br />
VOLONTE’<br />
RIZZOLI<br />
La figura di Gian Maria<br />
Volonté viene ricordata,<br />
a dieci anni dalla<br />
scomparsa, con un<br />
libro ed un Dvd (realizzato<br />
da Ferruccio<br />
Marotti) che ne ripercorrono<br />
la carriera artistica<br />
e raccolgono<br />
contributi e testimonianze<br />
di vari artisti,<br />
con un’intervista inedita con Adriano Sofri. Riemerge<br />
il ritratto di un uomo integerrimo, alieno da ogni compromesso,<br />
sempre “contro” ogni forma di emarginazione<br />
e ingiustizia. Artista “scomodo” che ha fatto<br />
dell’arte la ragione del suo impegno sociale e dell’impegno<br />
sociale la sua ragione di vita, mito che ha partecipato<br />
intensamente a una stagione difficile di<br />
un’Italia in trasformazione, punto di riferimento e<br />
maestro di vita la cui scomparsa prematura ha lasciato<br />
un grande vuoto nel panorama culturale italiano.
IRRIDUCIBILMENTE<br />
LOREDANA<br />
Edel Italia Srl<br />
Dopo una lunga assenza, Loredana Bertè torna a<br />
far sentire la propria voce. Il suo nuovo album,<br />
Babybertè, contiene 13 tracce i cui testi, ad eccezione<br />
delle tre cover, sono stati tutti scritti dalla<br />
cantante. Loredana ha registrato il disco “come si<br />
faceva una volta”, senza l’ausilio del digitale che fa<br />
perdere immediatezza e grinta, perché “il rock –<br />
sostiene – non è un’accozzaglia di suoni, ma un<br />
modo di essere, di stare al mondo”. Babybertè è<br />
dedicato “a tutti quelli che ancora credono nell’entusiasmo<br />
e nei poteri forti della musica”: canzoni<br />
da cui traspaiono rabbia e ricordi dolorosi, ma<br />
anche desiderio di ricominciare.<br />
<strong><strong>UN</strong>A</strong> NINFA DANZA<br />
CON LA POESIA DI<br />
TENCO<br />
Egea<br />
La poesia di cui era permeato<br />
l’universo musicale<br />
di Luigi Tenco si<br />
ripropone creando<br />
nuove emozioni, grazie<br />
alla riscoperta di alcuni<br />
manoscritti di cui la famiglia dell’artista scomparso<br />
nel 1967 ha concesso la pubblicazione. Nasce così<br />
Danza di una ninfa, album che, oltre ai brani più<br />
amati del suo repertorio, contiene quattro testi inediti<br />
di Luigi Tenco, che due sensibili musicisti jazz, Ada<br />
Montellanico ed Enrico Pieranunzi, hanno interpretato<br />
creandone anche le musiche. Intatta l’essenza dell’indimenticabile<br />
cantautore genovese.<br />
VINCENZO<br />
MOLLICA<br />
PRATT & CORTO<br />
Einaudi<br />
A dieci anni dalla<br />
scomparsa di<br />
Hugo Pratt,<br />
Vincenzo Mollica<br />
dedica all’amico,<br />
ideatore del mitico<br />
Corto<br />
Maltese, un libro<br />
di ricordi in cui<br />
racchiude interviste,<br />
disegni inediti,<br />
testimonianze<br />
e omaggi di<br />
amici e colleghi.<br />
Si delinea così il<br />
ritratto di un grande disegnatore che, attraverso il<br />
suo personaggio più famoso, ha reso indimenticabili<br />
i luoghi visitati nel corso dei suoi viaggi trasmettendo<br />
il senso dell’amore e della libertà che<br />
nascono dalla fantasia, dal desiderio di conoscenza<br />
e dallo spirito di avventura.<br />
FRANCESCA MUSUMECI<br />
PISANI – <strong>UN</strong> POETA PER COMPAGNO<br />
Cuecm<br />
Il gesto d’amore di una donna per il compagno<br />
d’una vita: raccogliere i versi più significativi di<br />
Raffaele Pisani, un poeta che ha fatto della poesia<br />
“l’unica vera ragione di vita”. Le opere mettono in<br />
risalto la personalità dell’autore, la musicalità della<br />
poesia dialettale partenopea, la continuità ideale<br />
con E. A. Mario e Salvatore Di Giacomo: un messaggio<br />
per comunicare l’amore per le tradizioni e<br />
l’identità culturale della propria terra, vera ricchezza<br />
da tramandare alle nuove generazioni.<br />
ENZO JANNACCI<br />
PAROLE E<br />
CANZONI<br />
Einaudi<br />
Un libro e un Dvd,<br />
curati da Vincenzo<br />
Mollica, offrono una<br />
panoramica dell’universo<br />
musicale di<br />
Enzo Jannacci. Il<br />
libro, Poetastrica, è<br />
un canzoniere ragionato<br />
raccolto dallo<br />
stesso artista, arricchito<br />
da suoi scritti<br />
originali, mentre nel<br />
Dvd sono racchiuse<br />
le registrazioni di alcune delle più significative interpretazioni,<br />
molte delle quali tratte dalle sue apparizioni<br />
televisive. Dal teatro cabarettistico alla canzone<br />
d’autore, l’opera è un percorso attraverso la<br />
carriera di un artista poliedrico che, col suo fare<br />
ironico e surreale, ha fatto sorridere, commosso e<br />
lanciato spunti di riflessione sulle vicende umane.<br />
GI<strong>UN</strong>I RUSSO,<br />
INDIMENTICABILE<br />
VOCE<br />
Nar International<br />
Voce intensa, tonalità<br />
sublimi, toccante<br />
e struggente spiritualità.<br />
A un anno<br />
dalla scomparsa,<br />
Giuni Russo viene<br />
ricordata con la<br />
pubblicazione di un<br />
cofanetto contenente<br />
il Dvd del concerto<br />
registrato il 10<br />
settembre 1984,<br />
nell’ambito del “Mediterranea Tour”, e la riedizione<br />
dell’album A casa di Ida Rubinstein, quello che segnò<br />
la svolta della sua carriera e la sua scelta di un linguaggio<br />
che conciliava musica colta e popolare.<br />
Omaggio postumo alla donna e all’artista che collaborò<br />
con Franco Battiato, il quale ne ricorda “il talento<br />
naturale”.<br />
VIVAVERDI<br />
9<br />
LAVIA – FERRAZ<br />
DALL’ARGENTINA<br />
AL BRASILE<br />
autoproduzione<br />
www.sergiolavia.com - www.dileneferraz.com<br />
L’allegra malinconia della musica latinoamericana, il<br />
ritmo coinvolgente, l’esaltazione del suono degli strumenti<br />
e della chitarra in particolare, fanno da sfondo<br />
all’album De Argentina ao Brasil, di Sergio Fabian<br />
Lavia e Dilene Ferraz. I due artisti hanno rielaborato<br />
brani tradizionali e inserito musiche d’autore e pezzi<br />
scritti da loro stessi: le loro voci si fondono con la<br />
musicalità dei testi e l’armonia delle note che richiamano<br />
la cultura latinoamericana.<br />
TUFFO NEL PASSATO<br />
CON LE MUSICHE<br />
DEI FRATELLI PANZUTI<br />
Music Media<br />
Music Scene<br />
I nomi di Dante e Virgilio<br />
Panzuti (quest’ultimo<br />
deceduto da un decennio)<br />
sono legati ad alcuni<br />
tra i più celebri esponenti<br />
del mondo della musica<br />
italiana (Natalino Otto,<br />
Vittorio Paltrinieri, Gorni<br />
Kramer, solo per citarne<br />
alcuni), rappresentativi<br />
dell’evoluzione musicale<br />
tra gli anni ’40 e ’50. Dai<br />
78 giri dell’epoca, gelosamente<br />
custoditi, Dante<br />
Panzuti ha voluto riprodurre<br />
in tre Cd i brani e<br />
le esecuzioni più significative,<br />
per tramandare<br />
emozioni, speranze e<br />
memoria di un periodo e<br />
di un patrimonio entrato<br />
a pieno titolo nella storia<br />
della canzone italiana.<br />
Con una piccola dimenticanza<br />
(eccesso di modestia):<br />
manca il brano<br />
Aprite le finestre, che nel<br />
1956 vinse Sanremo.<br />
IL NUOVO AUTORITRATTO<br />
DELLA ROCKSTAR DI CORREGGIO<br />
Warner Music Italia<br />
Nome e cognome, settimo album di inediti di Luciano<br />
Ligabue, esprime l’unicità che ogni individuo porta<br />
con sé così come l’unicità del cantante che si esprime<br />
attraverso la sua arte. Ligabue, che in ogni disco<br />
ha raccontato una parte di sé, anche questa volta<br />
mette a nudo la sua anima, con i cambiamenti portati<br />
dal tempo e con tutta la sincerità e la forza trainante<br />
del rock. Dieci tracce di sentimenti e ricordi ma,<br />
soprattutto, di immenso amore per la vita che non va<br />
mai presa “né poco né troppo sul serio”.
VIVAVERDI<br />
10<br />
personaggi<br />
SERGIO ENDRIGO/L’ULTIMA INTERVISTA<br />
L’UOMO CHE NON RIDE<br />
È <strong>UN</strong> POETA FELICE<br />
di Michele Bovi<br />
Al manifesto de L’Uomo che Ride di Victor<br />
Hugo, una mano anonima aggiungeva un<br />
“non”. E quell’Uomo che Non Ride era l’incipit<br />
della scenetta. Alighiero Noschese, il caposcuola<br />
inarrivabile di tutti i Max Giusti, Max Tortora,<br />
Maurizio Crozza, aveva fatto di Sergio Endrigo<br />
una delle macchiette più gettonate del suo<br />
repertorio. Lo imitava rasentando la perfezione<br />
senza nemmeno ricorrere a trucchi speciali,<br />
sporgendo in avanti il mento come il don Vito<br />
Corleone di Brando, l’espressione mesta, la<br />
fronte corrugata e gli occhi socchiusi, circondato<br />
da ballerine abbigliate a lutto e singhiozzanti,<br />
lui vestito di nero sibilava un po’ le “esse” e<br />
parafrasava “Lontano dagli occhi” intonando:<br />
“…non fate le corna, non fatemi torto, jella non<br />
porto ma rider non so”.<br />
E Sergio Endrigo masticava amaro: non sopportava<br />
quell’imitazione ma neanche si azzardava<br />
ad intervenire per lo scrupolo di frapporre<br />
censure e limitazioni al lavoro di un altro<br />
artista. Poi la goccia fatidica sopra il livello di<br />
guardia. “Nell’ennesima parodia televisiva –<br />
racconta Endrigo – la canzone presa di mira<br />
diventò “Ci vuole un fiore” e sempre circondato<br />
da ballerine in vedovanza, Noschese mi rappresentò<br />
cantando: “Per far la bara, ci vuole il<br />
morto”. Troppo! Con me in quel momento c’era<br />
Sergio Bernardini, il patron della Bussola in<br />
Versilia. Sapevo che qualche sera dopo avrebbe<br />
ospitato proprio Noschese. “Digli che se riprova<br />
a dipingermi come il protagonista della<br />
Patente di Pirandello appena lo incontro gli<br />
spacco la faccia!” E da quel giorno Alighiero…<br />
dimenticò di inserirmi nel suo repertorio…”<br />
Paura della nomea di menagramo?<br />
Terrore. Per un artista equivale alla morte civile.<br />
Un mio zio compositore di sinfonie incantevoli<br />
era stato praticamente messo al bando per una<br />
diceria del genere, ovviamente alimentata da<br />
concorrenti di scarso talento ma di spietata<br />
determinazione. Ricordo una volta in uno studio<br />
di registrazione della Rca che qualcuno lo nominò<br />
e subito un fonico si esibì nel più volgare dei<br />
gesti di scongiuro, incassando una raffica di<br />
improperi da parte mia.<br />
Mia Martini pagò una parcella terribile per gli<br />
effetti di quella maledizione…<br />
Uno stato di emarginazione totale: impresari,<br />
discografici, colleghi, molti sogghignavano partecipando<br />
a quel gioco circolare di calunnie dettagliate,<br />
altri si dimostravano realmente impauriti<br />
dal contatto anche soltanto visivo con quella<br />
povera ragazza marchiata come dispensatrice di<br />
calamità.<br />
Lei cosa fece per aiutarla?<br />
Restavo fuori dal coro e insultavo i coristi quando<br />
mi capitavano a tiro. Cercavo di trasmetterle soli-<br />
Foto Mariacristina Di Giuseppe<br />
Il maestro Jaques Brel e gli altri modelli della chanson francese; la squadra Ricordi con il<br />
centravanti Gino Paoli: le nozze magiche tra melodia e testo da Tajoli a De Gregori; i<br />
profili retorici e reali delle muse ispiratrici Teresa, Maddalena e Annamaria. Il bilancio<br />
sereno e appassionato di oltre 50 anni di carriera nell'ultima intervista con il più<br />
celebrato capostipite della canzone d'autore italiana, scomparso l’8 settembre e<br />
registrata per Vivaverdi il 28 agosto<br />
darietà, l’affetto per l’essere umano fragile, la<br />
stima per l’artista tangibile. La invitai a partecipare<br />
ad un mio progetto discografico: un album<br />
di canzoni venete in cui lei cantò due brani:<br />
Cecilia e Donna Lombarda. Al ritorno da uno dei<br />
miei periodici viaggi in Brasile le feci conoscere<br />
una canzone che sembrava scritta per la sua voce:<br />
Milho Verde. Le piacque, la incise: un’esecuzione<br />
soave e delicata come una farfalla rosa.<br />
Le chiacchiere sulla sfortuna non hanno coinvolto<br />
Sergio Endrigo, forse per la sua tempestività<br />
nell’intervenire su Noschese o forse perché<br />
quell’imitazione era così esilarante da palesare<br />
l’innocenza di contenuti e intenzioni. Ma l’immagine<br />
di artista e anche di uomo malinconico<br />
è sua compagna da sempre: per quei brani così<br />
intensi pur nella leggerezza della musica pop,<br />
per quelle interpretazioni così misurate nella<br />
compostezza scenica e melodica, per quei testi<br />
così garbatamente introspettivi pur nelle marcette<br />
per bambini sagaci. Cinquant’anni fa, al<br />
suo esordio, Sergio Endrigo per il pubblico di<br />
tutte le età era già un adulto.<br />
“Quando nel 1968 vinsi il Festival di Sanremo
Foto Mariacristina Di Giuseppe<br />
VIVAVERDI<br />
11
VIVAVERDI<br />
12<br />
personaggi Foto<br />
con Canzone per te il settimanale Epoca mi<br />
dedicò la copertina. La didascalia recitava:<br />
‘Trionfa a Sanremo un vecchio signore’. Avevo<br />
35 anni. Ma anche alcuni colleghi hanno talvolta<br />
espresso giudizi curiosi sul mio aspetto.<br />
Ricordo una simpatica e bella cantante che mi<br />
disse: sembri un ingegnere più che uno di noi.<br />
E Adriano Celentano commentò a Sanremo nel<br />
1970: sembri un cowboy tra i grattacieli ” .<br />
L’uomo Endrigo è effettivamente una persona<br />
seria, coerente, rigorosa e non di rado spigolosa.<br />
L’artista è quanto di meglio il nostro paese<br />
sia riuscito a produrre nell’ultimo mezzo secolo<br />
di canzoni d’autore. Un adulto – anche quando<br />
anagraficamente non lo era – che però ha sempre<br />
affascinato i giovani, un artista dal target<br />
transgenerazionale: Io che amo solo te nel 1963<br />
fece sognare e innamorare eserciti di ragazzini e<br />
sbarbine, ma quel 45 giri conquistò anche i loro<br />
genitori e i genitori dei genitori, più di Oscar<br />
Carboni, più di Alberto Rabagliati. “È vero,<br />
negli anni ’60 mi rivolgevo a tutto il pubblico,<br />
dai minori di 16 agli ultrasessantenni. Non c’era<br />
distinzione nella proposta musicale. E non mi<br />
riferisco soltanto alle mie proposte, ma anche a<br />
quelle di Paoli, di Gaber, di Meccia, di tutti gli<br />
altri cantautori, di compositori-cantanti come<br />
Fidenco e Vianello. Oggi l’industria fabbrica<br />
offerte per giovani a spettro ridotto, che producono<br />
steccati, che ritardano o arrestano la crescita<br />
culturale”.<br />
Meriti e colpe dei discografici, un tempo audaci<br />
e illuminati, oggi miopi e tremebondi…<br />
Luoghi comuni con tante verità e parecchie eccezioni.<br />
Ho incontrato anche a quell’epoca ostacoli:<br />
il direttore delle vendite della Rca, Pulvirenti, era<br />
contrario all’uscita di Io che amo solo te perché<br />
reputava l’introduzione orchestrale eccessivamente<br />
lunga e raffinata: troppi archi, poca ritmica.<br />
Ma io ho sempre detestato la batteria!<br />
Ostacoli comunque superati…<br />
Sì, i discografici di quegli anni erano abbastanza<br />
rispettosi della volontà dell’artista: tante proposte,<br />
molti suggerimenti, rarissime imposi-<br />
zioni. C’era dialogo continuo che spesso si trasformava<br />
in dibattito allargato ad altri colleghi.<br />
Alla Ricordi facevo ascoltare i miei pezzi a Luigi<br />
Tenco, a Giorgio Gaber e loro facevano altrettanto;<br />
c’erano Nanni Ricordi e il suo vice Franco<br />
Crepax che incoraggiavano il confronto.<br />
Però con l’Rca ci fu un litigio che sfociò nel<br />
divorzio…<br />
Volevano che incidessi la versione italiana di un<br />
brano di Udo Jurgens: Warum Nur Warum. Mi<br />
rifiutai, insistettero al limite della soperchieria,<br />
me ne andai.<br />
La versione italiana di Warum Nur Warum fu<br />
incisa dallo stesso Jurgens con il titolo Peccato<br />
che sia finita così …quasi una dedica<br />
all’Endrigo fuggito. E quella cover riscosse tra<br />
l’altro un invidiabile successo…<br />
Riconosco che era una canzone piacevole,<br />
magari anche adatta al mio repertorio. Ma non<br />
potevo e non dovevo accettare l’intimazione<br />
dell’azienda per non creare un precedente<br />
rischioso. Sono un cantautore ed era giusto che<br />
incidessi le mie canzoni. Già un anno prima<br />
avevo commesso quello che considero l’unico<br />
errore della mia carriera, ossia registrare Se le<br />
cose stanno così, un brano composto dal maestro<br />
Bacalov con le parole di Alessandro Fersen,<br />
regista teatrale di chiara fama. Il disco vendette<br />
oltre un milione di copie. Una sera ebbi occasione<br />
di conoscere Fersen: lui era circondato da<br />
giornalisti e si confessò quasi imbarazzato per<br />
aver confezionato un prodotto di così modesta<br />
portata culturale. Un punto di vista che mi ferì a<br />
morte. C’era poi un’altra ragione per rifiutare la<br />
canzone di Jurgens: Ennio Melis, il direttore<br />
dell’Rca, manifestava più attenzione per i cantautori<br />
giovani, Francesco De Gregori e<br />
Antonello Venditti in testa. Era percettibile,<br />
insomma, l’orientamento a riverniciare il parco<br />
artisti: il mio fu un contropiede.<br />
Dettato anche da un pizzico di gelosia?<br />
Per De Gregori? L’ho sempre e soltanto ammirato:<br />
è il cantautore italiano che preferisco.<br />
Perché?<br />
Perché si applica con successo nell’infondere<br />
dignità alle canzoni attraverso testi di poesia<br />
brillante. Dal suo lavoro sono nate frasi come:<br />
“Capelli bianchi che si fermarono a una fontana<br />
a pettinare gli anni”. E riesce a coniugare poesia<br />
e melodia con efficacia straordinaria. È un<br />
matrimonio difficile, ma quando si consuma<br />
affiorano pagine indelebili. Mi piace ricordare<br />
Fontana e Migliacci con la loro bellissima:<br />
“Paese mio che stai sulla collina, disteso come<br />
un vecchio addormentato”. Non basta un testo<br />
fascinoso, il più geniale dei compositori<br />
potrebbe mettere in musica l’Inferno di Dante<br />
con esiti grotteschi. Se un testo incontra la giusta<br />
melodia il risultato è garantito a prescindere<br />
da ogni significato. Ricordo un brano di quando<br />
avevo 13 anni. Lo cantava Luciano Tajoli: “Il<br />
mare non ama i bastimenti alle catene, se il<br />
mare a nessun altro vuole bene, perché deve<br />
volerne a me?”. Suonava alla perfezione, nonostante<br />
l’evanescenza concettuale. Potrei fare<br />
altri esempi come “La pioggia non bagna il<br />
nostro amore quando il cielo è blu” oppure “Il<br />
mondo non si è fermato mai un momento, la<br />
notte insegue sempre il giorno ed il giorno<br />
verrà”, frasi che stese su pagina hanno poco<br />
senso ma che sposate alle rispettive melodie<br />
acquisiscono un’energia portentosa.<br />
Sta dicendo che il valore intrinseco dei due componenti<br />
- musica e testo – è trascurabile ai sensi<br />
del risultato della combinazione?<br />
Intendo dire che la canzone non deve necessariamente<br />
essere impregnata di poesia. Capolavori<br />
come Pippo non lo sa, Maramao perché sei morto<br />
o Il pinguino innamorato non erano stati corretti<br />
in bozza da Carducci.<br />
Un’equidistanza sorprendente per essere il<br />
cantautore italiano più apparentato con la poesia,<br />
che ha trasformato in canzoni i versi di<br />
Rafael Alberti, di Gianni Rodari, di Pier Paolo<br />
Pasolini, che ha inciso album assieme a<br />
Giuseppe Ungaretti e a Vinicius De Moraes. A<br />
ricordargli materialmente il poeta brasiliano de<br />
Mariacristina Di Giuseppe
Foto Giuseppe Ziliotto<br />
A SERGIO<br />
di Franco Migliacci<br />
La dignità e la fierezza di un uomo onesto.<br />
L'umiltà che suscita rispetto e ammirazione.<br />
La buona musica che non diventa mai rumore.<br />
L'arte di cantare l'amarezza degli umori perduti<br />
con una dolcezza infinita.<br />
La discrezione che teme il successo esagerato.<br />
Il racconto della realtà con l'immaginazione di un<br />
poeta.<br />
Un buon samba della sua lontana Bahia, fatto di<br />
tristezza e di allegria.<br />
L'amicizia per sempre, quella che non si spegne<br />
neanche con l'assenza.<br />
La vita, amico, è l’arte dell’incontro c’è sempre<br />
Paco, il variopinto pappagallo che Vinicius gli<br />
regalò oltre trentacinque anni fa. Paco spizzica<br />
carote nella sua imponente gabbia accanto alla<br />
finestra: è il più in forma di tutti in questa calda<br />
e umida giornata romana di fine agosto.<br />
Endrigo lamenta una serie di acciacchi, lotta da<br />
qualche tempo contro i mulini a vento che gli<br />
insidiano la salute. Lo scorso 15 giugno ha compiuto<br />
72 anni, è vedovo da 11, vive con la figlia<br />
Claudia nella sua personale Arca di Noè che<br />
ospita oltre a Paco cani e micetti. Se il fisico è<br />
provato, lo spirito tiene botta: “Nessun rimpianto.<br />
Ho realizzato tutti i miei sogni, centrato<br />
i bersagli. Neanche troppo rammarico per i<br />
miei ultimi quattro album, strangolati da promozione<br />
inesperta e distribuzione inadeguata.<br />
Dico la verità: all’inizio non credevo che la mia<br />
carriera sarebbe durata tanto a lungo. Al mio<br />
esordio discografico, con Bolle di sapone, passavo<br />
davanti alle vetrine della Ricordi a Milano,<br />
dove il disco era esposto e mi chiedevo: ma perché<br />
mai qualcuno dovrebbe acquistare proprio<br />
il mio 45 giri?”<br />
Sergio Endrigo è nato a Pola, capoluogo<br />
dell’Istria prima di passare nel 1947 sotto l’amministrazione<br />
jugoslava. Infanzia e adolescenza<br />
in povertà, dopo la prematura morte del padre,<br />
Foto Mariacristina Di Giuseppe<br />
scalpellino del marmo, ma anche pittore e<br />
tenore autodidatta. Prima qualche mestiere<br />
improvvisato, poi l’avventura della musica: la<br />
prima chitarra, ingaggi come cantante e contrabbassista<br />
nelle orchestrine dei night-club, in<br />
seguito voce solista di un complesso di rango,<br />
quello del sassofonista Riccardo Rauchi. Nel<br />
1960 l’ingresso nell’ingegnosa area Ricordi, in<br />
squadra con Paoli, Tenco, Gaber, Jannacci,<br />
Bindi: la Juventus della canzone d’autore.<br />
Chi era il centravanti?<br />
Gino Paoli. Partì subito con canzoni bellissime,<br />
molte rimaste sconosciute. Il più apprezzato<br />
degli autori: ottimo per Mina, eccellente per<br />
Ornella Vanoni. Ma lui no, non volevano farlo<br />
cantare. Quel tono di voce così fuorischema,<br />
disallineato, poteva rivelarsi noioso, persino<br />
irritante. Meglio non tentare. Anche la mia voce<br />
risultava non conforme alla tipologia convenzionale:<br />
feci un’audizione alla Rai per cantare<br />
nell’Orchestra di Pippo Barzizza e venni scartato.<br />
Voce e stile eccessivamente “americanizzati”<br />
fu la motivazione del verdetto di condanna pronunciato<br />
dalla Commissione Ascolti. Poi, per<br />
Gino e per me, sappiamo come andò.<br />
Voi padri della canzone d’autore italiana a quali<br />
modelli vi ispiravate?<br />
Ci piaceva qualche fuoriclasse americano dello<br />
swing, tipo Nat King Cole. Tenco, che suonava<br />
anche il sax, adorava Paul Desmond. Bruno<br />
Lauzi era attratto dalle magie del musical alla<br />
VIVAVERDI<br />
13<br />
Gene Kelly, Bindi coglieva i frutti della sua formazione<br />
classica. Ma in prima battuta eravamo<br />
tutti affascinati dagli chansonnier francesi:<br />
dalla vecchia guardia di Charles Trénet ai più<br />
giovani Gilbert Bécaud, Charles Aznavour e<br />
soprattutto Georges Brassens. Io poi vivevo nell’incanto<br />
artistico di Jacques Brel, quei testi,<br />
quelle storie, quelle interpretazioni. Lo conobbi<br />
più tardi, a Roma nel 1964: era cordiale,<br />
sereno, gli confessai che senza la sua influenza<br />
non avrei mai potuto scrivere Viva Maddalena.<br />
Influenza a parte, qual è il metodo di scrittura di<br />
Sergio Endrigo?<br />
Scrivo alla chitarra. Parole e musica assieme. Il<br />
testo è fondamentale per stimolare la mia creatività.<br />
Se compongo soltanto la musica poi le<br />
parole non mi vengono più o mi fa difetto l’abilità<br />
per adattarle alla melodia. Accadde una volta<br />
a Napoli: scrissi di getto una traccia musicale<br />
che mi sembrava deliziosa. Non persi tempo a<br />
cercare le parole, telefonai a Sergio Bardotti che<br />
confezionò rapidamente un testo altrettanto<br />
ammaliante: Te lo leggo negli occhi. Divenne un<br />
successo per Dino.<br />
Perché non la cantò lei e comunque perché non<br />
l’ha mai incisa anche successivamente a Dino?<br />
Evidentemente in quel periodo avevo già il mio<br />
progetto discografico. La versione di Dino era<br />
perfetta, cosa avrei potuto aggiungere io a quel<br />
brano? Sono contento che l’abbia inciso recentemente<br />
Franco Battiato. La sua esecuzione è un
VIVAVERDI<br />
14<br />
personaggi<br />
omaggio importante, la mia sarebbe stata<br />
superflua.<br />
L’ispirazione di un testo è facilitata da un innamoramento?<br />
C’è stata sempre una Teresa, una<br />
Maddalena, un’Annamaria propellente della<br />
composizione?<br />
Nel mio caso soltanto un’Annamaria. Si chiamava<br />
così un’impiegata dell’Rca, musa ispiratrice<br />
anche per Io che amo solo te. All’inizio<br />
della mia carriera, quando cantavo nei nightclub,<br />
l’innamoramento era sistematico: le storie<br />
duravano circa 15 giorni, il tempo del contratto,<br />
lei era quasi sempre una frequentatrice<br />
abituale del locale, una spogliarellista, un’entreneuse,<br />
una guardarobiera. Amate molte,<br />
capita nessuna.<br />
Abbiamo già parlato di poesia e di verosimiglianza<br />
dei testi. Analizziamo le donne delle sue<br />
canzoni. Maddalena che regala notti bianche è<br />
la compagna ideale per un uomo?<br />
E’ la gioventù che regala notti bianche. Con<br />
Maddalena. Si comincia sempre con<br />
Maddalena, con l’attrazione sessuale. Non<br />
credo nella verginità, renderei obbligatorio il<br />
periodo di convivenza prima del matrimonio.<br />
Tantomeno credo nella donna per amico.<br />
Ingiungeva a Teresa di raccontare la verità sulle<br />
sue esperienze pregresse. Senza concederle il<br />
beneficio del dubbio o il velo di una pudica<br />
omissione…<br />
In amore ho stabilito il divieto di esibirsi in<br />
menzogne.<br />
Il protagonista di Via Broletto 34 era un uomo<br />
geloso o un paranoico?<br />
Un uomo geloso.<br />
Ma c’era bisogno di ucciderla?<br />
Convivevano. E lei lo tradiva spudoratamente.<br />
Mi ispirai ad un delittaccio di cronaca, conciato<br />
alla maniera di Brel.<br />
Brel continua ad influenzare le nuove generazioni?<br />
Avverto le tracce di Brel soltanto nei lavori dei<br />
Foto Mariacristina di Giuseppe<br />
grandi. I Quattro amici al bar di Paoli mi ricordano<br />
i tre giovani vitelloni che stornellavano gli<br />
sfottò la sera davanti al Circolo dei Notai: “I<br />
borghesi sono dei porconi più diventan vecchi<br />
meno sono buoni” e che da adulti si ritrovano a<br />
loro volta notai e Les Bourgeois. Anche la suggestiva<br />
I vecchi di Claudio Baglioni mi fa pensare<br />
a Brel e ai suoi commoventi Les Vieux.<br />
Alcuni autori delle recenti generazioni si<br />
mostrano attenti nella ricerca dell’opera dei<br />
Maestri: è fondamentale conoscere la storia se<br />
si vuol scrivere qualcosa che rimane; gli altri<br />
creano testi che diventano cenere nell’arco di<br />
un mese. Testi standardizzati e voci massificate,<br />
dal timbro esatto e saldamente intonate ma<br />
senza personalità, anonime. Natalino Otto e<br />
Achille Togliani, impeccabili per timbro e per<br />
intonazione, li riconoscevi fra un milione.<br />
Il modello di molti giovani cantautori è proprio<br />
Sergio Endrigo.<br />
Me ne sono accorto ed è quanto di più gratificante<br />
possa accadere ad un anziano signore –<br />
oggi Epoca potrebbe scriverlo con persuasione<br />
anagrafica – che per tutta la vita ha sperato di<br />
lasciare un’impronta del suo passaggio. I giovani<br />
mi coccolano con manifestazioni di stima,<br />
allestiscono concerti che esplorano il mio<br />
repertorio, incidono i miei brani, compilano<br />
album in mio onore: sono artisti già affermati<br />
come Vinicio Capossela, Sergio Cammariere,<br />
Tosca, Cristiano De André o in crescita inarrestabile<br />
come La Crus, il Parto delle Nuvole<br />
Pesanti o Simone Cristicchi che mi ha inoltre<br />
invitato a una partecipazione in voce per il suo<br />
ultimo lavoro. Ecco, quando ti senti di aver raggiunto<br />
il termine della strada e ti ritrovi circondato<br />
da una compagnia così vivace e grata, perdoni<br />
alla vita tutti gli oltraggi, anche il più invalidante,<br />
quello del deficit uditivo che a metà<br />
degli anni ’80 mi costrinse a ritirarmi dalle<br />
scene. Ero al festival di Sanremo, nel 1986: alle<br />
prove la mia esibizione era apparsa più che<br />
decorosa, poi in serata davanti al pubblico e alle<br />
telecamere dell’eurovisione, all’improvviso, il<br />
male. Non sentivo più l’orchestra e leggevo il<br />
ESEMPIO <strong>UN</strong>ICO DI TALENTO PURO<br />
di Luca Barbarossa<br />
La scomparsa di Sergio Endrigo mi addolora<br />
profondamente. Endrigo, per un autore di canzoni,<br />
resterà un esempio unico di talento puro, unito ad una<br />
sobrietà comportamentale, frutto di una grandissima<br />
dignità umana. Le sue canzoni sono indimenticabili.<br />
Tutti ci siamo ispirati a lui ed io personalmente mi sono<br />
sempre chiesto perché un così grande autore e<br />
interprete fosse dai più così poco celebrato. Una delle<br />
piaghe di questi nostri tempi distratti e frettolosi è<br />
l'esaltazione della mediocrità, una sorta di rumore di<br />
fondo che porta a non distinguere più la grandezza e la<br />
magia di certi suoni. Caro Sergio, io per fortuna non ti<br />
scopro adesso, le tue canzoni mi hanno accompagnato<br />
per molto tempo, e sono sicuro che lo faranno ancora,<br />
ma questo non fa che aumentare il vuoto che lasci.<br />
disagio negli occhi del direttore mentre la mortificazione<br />
mi stringeva alla gola. Non sono mai<br />
guarito del tutto, ma ci sono state fasi sensibili<br />
di miglioramento, durante le quali sono tornato<br />
ad esibirmi e ad incidere.<br />
Insomma il bilancio è in netto attivo, sono riconoscente<br />
verso il mio pubblico e i miei simili in<br />
generale. Oggi mi piacerebbe dire al povero<br />
Noschese che l’Uomo che Non Ride è comunque<br />
un uomo felice.
Bruno Lauzi e Sergio Endrigo<br />
assieme a Franco Simone nel 2003<br />
SERGIO FACCIA<br />
DI PIETRA<br />
di Bruno Lauzi<br />
Il ’65 non avrebbe finito di sorprendermi.<br />
Quello fu l’anno in cui m’imbattei in<br />
Maddalena, ovvero nell’irruzione della cultura<br />
mitteleuropea nel nostro asfittico mondo provinciale,<br />
nel ciclone Endrigo. Come i meteorologi<br />
danno un nome di donna alle tempeste, io<br />
non trovo altro nome da dare alla rivoluzione<br />
più radicale avvenuta nel nostro mondo di intimisti<br />
un po’ sfigati, in cui il disagio non sapeva<br />
trasformarsi in invettiva… Mi rendo conto che<br />
queste affermazioni possono apparire esagerate,<br />
ma, siamo onesti, nel nostro mondo,<br />
comunque delizioso, di gatte, di poeti, di stelline<br />
vicine vicine, di aulici concerti, fino ad allora<br />
c’eravamo accontentati di volare esangui<br />
quando improvvisamente la vita irruppe con la<br />
crudezza propria della cronaca nera, svelandoci<br />
impietosamente il delitto passionale di Via<br />
Broletto, al numero 34…<br />
“E’ tanto bella la bimba mia<br />
e giura sempre d’amarmi tanto<br />
ma quando io la bacio<br />
lei ride e parla d’altro<br />
o mangia noccioline…”<br />
…mangia noccioline? Quando mai la protagonista<br />
di una storia d’amore, la musa ispiratrice<br />
di noi cantautori, unici poeti autorizzati, era mai<br />
stata mostrata nella sua squallida verità di donnetta<br />
da quattro soldi, con la crudezza di un personaggio<br />
da film di Rossellini, anzi, di Germi,<br />
così poco “angelicata” da non meritarsi neppure<br />
l’onore di essere chiamata “puttana”?<br />
Certe situazioni passionali si risolvono senza<br />
strepiti operistici da tenori sfiatati ma con l’understatement<br />
proprio dei veri signori:<br />
“Se passate da Via Broletto al numero 34,<br />
potete anche gridare, fare quello che vi pare,<br />
l’amore mio non vi sentirà:<br />
ora dorme, e sul suo bel viso<br />
ha l’ombra di un sorriso<br />
ma proprio sopra il cuore<br />
ha un forellino rosso,<br />
rosso come un fiore…<br />
Sono stato io,<br />
mi perdoni Iddìo,<br />
ma sono un gentiluomo<br />
e a nessuno dirò il perché...”<br />
Qui c’è tutto l’Endrigo mitteleuropeo, siamo ai<br />
girotondi gelidi di Schnitzler, al Carné di Alba<br />
tragica, a L’uomo di paglia di Germi, appunto…<br />
Con Sergio per la prima volta la donna si fa<br />
carne e sangue, per una “squinzia” che muore<br />
c’è in arrivo la sulfurea Maddalena, “che regala<br />
notti bianche”. Oggi può sembrare ridicolo, ma<br />
una frase così violenta non s’era mai sentita.<br />
“Regalare notti bianche” era come scrivere<br />
“scopare” sui muri di una chiesa, né alla radio di<br />
Stato s’era mai udito nulla di più scandaloso…<br />
Ci davamo di gomito, noi ragazzetti che avevamo<br />
capito… Endrigo era il nostro Brel, e Viva<br />
Maddalena la nostra Amsterdam…, erano<br />
quelli i primi micidiali attacchi al perbenismo<br />
piccolo borghese!<br />
Come si usava nella cultura mitteleuropea, le<br />
rivoluzioni si facevano in marsina, erano signori<br />
come Freud, come Karl Kraus, come il “triestino”<br />
Joyce, che sconvolgevano il luogo comune,<br />
le solide e stolide certezze…<br />
Il dalmata Sergio, “faccia di pietra”, era della<br />
partita. Come capita spesso ai timidi sarebbe<br />
stato lui quello demandato dal destino a dare<br />
una spallata decisiva al sistema canzonettistico<br />
italiano, cui mancava sempre “una lira per fare<br />
un milione”… prigioniero di mille vorrei-manon-posso…<br />
perso in un abisso di prevedibilità.<br />
Mentre lui…<br />
…lui, così longanesianamente antiretorico, che<br />
sicuramente ama più l’Autunno dell’Estate, i<br />
giorni di pioggia più dei tramonti infuocati, le<br />
scogliere dalmate più delle lande sabbiose della<br />
insostenibile riviera romagnola dove regnano i<br />
bagnini infoiati ed i botoli ringhiosi che sfuggono<br />
a mamme dimentiche e scatenate…, lui che<br />
ha il silenzio ed il pudore scontroso come cifra<br />
di lettura, chissà cosa darebbe per potere come<br />
Anna Magnani ad un certo punto sbottare e lanciare<br />
un urlo, uno solo, ma di tale portata che<br />
quello di Munch appaia un innocuo sbadiglio…<br />
Purtroppo non sarà mai nelle sue corde, quando<br />
ragazzo sceglierà uno strumento sarà il contrabbasso,<br />
il meno “caciarone” ma senz’altro il<br />
più essenziale. I suoi cantanti preferiti? I “sussurratori”<br />
brasiliani, Joao Gilberto e Vinicius in<br />
testa…<br />
Si è detto comunista, ma non sarebbe mai stato<br />
capace con la sua educazione austro-ungarica di<br />
prevaricare il prossimo in nome di un’astrazione.<br />
Oggi poi non giurerei che quella sia ancora<br />
la sua scelta di campo, ora che la sua faccia di<br />
pietra sembra nascondere più beffarde ironie<br />
che rabbiose indignazioni, basta leggere il suo<br />
introvabile romanzo (pubblicato in Svizzera da<br />
una sua devota estimatrice), dal titolo Quanto<br />
mi dai se mi sparo? La trama è meno fantastica<br />
di quanto possa sembrare a prima vista: è la storia<br />
di un cantante che si vede sopravanzare da<br />
qualunque scalzacane di scarse qualità canore e<br />
di ancor minori qualità contenutistiche, e che<br />
dunque vive circondato da fenomeni che saranno<br />
pure passeggeri ma che comunque, susseguendosi<br />
una stagione dopo l’altra, gli rubano la<br />
scena e il meritato successo. Decide dunque di<br />
annunciare l’ultimo concerto, nel vero senso<br />
del termine…, promette che alla fine del concerto<br />
si sparerà! Immaginarsi cosa succederà: i<br />
biglietti andranno a ruba, gli sponsor si affolleranno<br />
disposti a pagare qualsiasi cifra per un<br />
30” di spot durante la ripresa televisiva, a sua<br />
volta venduta a peso d’oro a qualche rete internazionale…,<br />
insomma, un affare di miliardi coi<br />
quali il nostro eroe si dileguerà, alla fine, infischiandosene<br />
della parola data e della coerenza<br />
ideologica…<br />
Quanto distante dalla risposta che nel ’66 aveva<br />
dato a La donna del Sud, una mia canzone d’amore<br />
che non vedeva in Maria, emigrata al<br />
Nord, una vittima del capitalismo ma solo una<br />
bellezza da desiderare. Allora il mio disinteresse<br />
per la questione meridionale lo scandalizzò,<br />
tanto che scrisse una canzone a sua volta che, se<br />
non erro, intitolò Il treno del Sud che iniziava<br />
dicendo:<br />
“Il treno che viene dal Sud<br />
non porta soltanto Marie…”<br />
…chiaramente rimproverandomi…Ora penso<br />
che sarebbe più indulgente e spenderebbe<br />
volentieri insieme a lei i tanti miliardi accumulati<br />
con quel tiro giocato idealmente a tutti i<br />
sepolcri imbiancati che ci circondano…
VIVAVERDI<br />
16<br />
SERGIO ENDRIGO<br />
QUANTO MI DAI SE MI SPARO?<br />
di Gianni Minà<br />
personaggi<br />
C’è una generazione di poeti popolari che, dall’inizio<br />
degli anni ‘60, sulla scia di Domenico<br />
Modugno, hanno cambiato non solo la storia<br />
della canzone italiana, ma i modi stessi della<br />
comunicazione, del come dire le cose, anche le<br />
più semplici, e di come interpretare gli aneliti,<br />
le ansie, le contraddizioni, i sentimenti di una<br />
società che cambiava, con versi e linguaggi in<br />
cui tutti si riconoscessero, anche quelli che avevano<br />
scoperto la lingua italiana solo dieci anni<br />
prima con l’aiuto del maestro Manzi nella trasmissione<br />
televisiva Non è mai troppo tardi.<br />
Non a caso proprio Modugno nella canzone<br />
Piove, con la quale ottenne la sua seconda sfolgorante<br />
vittoria al Festival di Sanremo, dopo il<br />
trionfo di Nel blu dipinto di blu (volare), cantava...<br />
Vorrei trovare parole nuove... ma piove<br />
piove..., che rivelava proprio la testarda ricerca<br />
di molti di questi poeti popolari (poi chiamati<br />
cantautori) di un linguaggio diverso che raccontasse<br />
in musica i sentimenti della gente con<br />
espressioni reali, vere, del linguaggio parlato,<br />
ma non per questo tanto lontane dalla poesia.<br />
Sergio Endrigo, veneto malinconico e romantico<br />
che lavorando nei night club in Italia e all’estero<br />
aveva cercato di uscire dal suo mondo di<br />
provincia senza perderne la poetica, è uno di<br />
questi artisti. Amava gli chansonnier francesi<br />
(Montand, Mouloudji e Leo Ferré), ma più<br />
ancora cantastorie di versi amari come<br />
Brassens, perché come molti della sua generazione,<br />
era stato affascinato forse dall’esistenzialismo,<br />
una filosofia che aveva influenzato anche<br />
la produzione musicale degli artisti più sensibili<br />
della Francia del dopoguerra.<br />
Il libro con il quale Endrigo denudò la società dello spettacolo. Come Brel in Belgio,<br />
Serrat in Spagna, Chico Buarque, Veloso e Gil in Brasile, o Pablo Milanes e Silvio<br />
Rodriguez a Cuba, o come Dylan e altri negli Stati Uniti, in quella irripetibile metà degli<br />
anni '60, Sergio aveva voglia di mettere nelle sue canzoni le storie della sua vita e quelle<br />
degli altri come lui<br />
Ma Endrigo, come Brel in Belgio, Serrat in<br />
Spagna, Chico Buarque, Veloso e Gil in Brasile, o<br />
Pablo Milanes e Silvio Rodriguez a Cuba, o come<br />
Dylan e altri negli Stati Uniti, in quella irripetibile<br />
metà degli anni ‘60, aveva voglia di raccontare<br />
le storie della sua vita e quelle degli altri<br />
come lui, con parole, implicazioni ed atmosfere<br />
di una stagione che rifiutava la retorica, era sazia<br />
di buoni sentimenti, sentiva il pericolo di un<br />
mondo che aveva già dimenticato le efferatezze<br />
della guerra e, in Italia in particolare, non ne<br />
poteva più della oleografia della canzonetta, talvolta<br />
ipocrita e rassicurante, proprio come voleva<br />
la società democristiana del tempo.<br />
Anche l’amore per i poeti popolari di questa<br />
generazione era qualcosa che si viveva nella<br />
società e risentiva delle sue contraddizioni. Così<br />
quella razza di cantastorie, fu fatta di poeti che<br />
lo divennero naturalmente, quasi senza saperlo<br />
e senza bisogno di affrontare sempre argomenti<br />
impegnativi.<br />
Come dice Gianni Borgna nella sua Storia della<br />
canzone italiana, “(...) Questi cantautori avevano<br />
cantato spesso l’amore con insolita verità e<br />
crudezza, spesso più per andare contro corrente<br />
che per diffondere un vero messaggio”.<br />
Questa esigenza venne dopo, quando i più sensibili<br />
di loro sentirono il dovere di farsi inter-<br />
preti delle ansie giovanili e non solo di quelle.<br />
Alcune canzoni di Sergio Endrigo come Via<br />
Broletto e Viva Maddalena furono però anticonformiste<br />
e, in un certo senso, politiche,<br />
prima perfino che la sinistra se ne accorgesse.<br />
E quanto, un artista come Endrigo, rompesse i<br />
canoni tradizionali, lo dimostra la sorpresa per<br />
la sua vittoria a Sanremo in coppia con il grande<br />
cantautore brasiliano Roberto Carlos, interpretando<br />
Canzone per te, un brano scritto con<br />
Sergio Bardotti (intellettuale che si occupava<br />
delle prime collane letterarie stampate sul<br />
disco) e che fece il giro del mondo, malgrado<br />
Sergio non avesse il sorriso stereotipato di un<br />
vincente della canzone, ma il pudore, e a volte<br />
l’amarezza, di un cantastorie triste.<br />
La festa appena cominciata è già finita/Il cielo<br />
non è più con noi... E poi Il nostro amore era<br />
l’invidia di chi è solo/era il mio orgoglio, la tua<br />
allegria e ancora (il nostro amore) è stato tanto<br />
grande che non sa morire/per questo canto e<br />
canto te. E infine un verso memorabile per l’epoca:<br />
la solitudine che tu mi hai regalato io la<br />
coltivo come un fiore.<br />
Fu una delle canzoni che dopo quelle di<br />
Modugno, di Bindi (Arrivederci o Il nostro concerto)<br />
di Paoli divenne un classico in tutto il<br />
mondo. Non succedeva dal tempo della grande
canzone napoletana e, salvo poche eccezioni,<br />
non succederà più. Quella fioritura di talenti<br />
che produsse anche Tenco e Gaber, De André e<br />
Piero Ciampi, Lauzi e Jannacci, Meccia e Don<br />
Backy o Rino Gaetano, Dalla e Battisti e più<br />
avanti gli autori più marcatamente politici come<br />
De Gregori e Venditti, o quelli più romantici<br />
come Cocciante e Baglioni o più pasoliniani<br />
come Renato Zero, o quelli più etnici come i<br />
Bennato, o Pino Daniele, o Battiato si è estinta,<br />
negli anni ‘80, quelli di certa disco-music e<br />
della colonizzazione finale della peggior musica<br />
anglo-americana. Fu allora che molti di questi<br />
talenti furono giudicati artisti superati.<br />
Ma da cosa? Da chi? E perché? Se ancora adesso,<br />
i ragazzi che spesso non conoscono le facce<br />
di questi cantautori, strimpellano le loro canzoni<br />
quando si ritrovano insieme a scuola o sulla<br />
spiaggia. Perché preferiscono queste canzoni, o<br />
ballano quelle estive di Edoardo Vianello e non<br />
quelle più moderne, o in teoria, più alla moda?<br />
Per questo il romanzo Quanto mi dai se mi<br />
sparo?, scritto nel 1995 da Sergio Endrigo con<br />
un tono beffardo che rivela un gusto dell’ironia<br />
che solo i suoi amici più intimi conoscono, mi<br />
sembra una metafora azzeccata e pungente, un<br />
tentativo non banale di raccontare le miserie<br />
artistiche attuali della canzone italiana, dirci<br />
quasi la sua maleducazione dovuta a un’orda<br />
barbarica di note, imposte dalle multinazionali<br />
del disco che ormai hanno fagocitato tutte quelle<br />
italiane e che hanno confuso, disperso e<br />
ingiustamente emarginato tanti talenti italiani,<br />
in cambio di qualche buona proposta, (quasi<br />
sempre figlia della musica nera) annegata in un<br />
mare di banalità e stronzate.<br />
Il dialogo fra i dirigenti della casa discografica<br />
di Joe Birillo (in cui evidentemente Endrigo si<br />
riconosce) sulla produzione da immettere nel<br />
mercato e sul fastidio che Joe Birillo rappresenta<br />
con la proposta delle sue canzoni, è emblematico<br />
della pochezza di questo mondo, della<br />
sua abdicazione ad ogni scelta artistica autonoma,<br />
della sua stupida fede in un presunto mercato<br />
artificialmente creato e sulla prova che<br />
questi pseudo-managers sono, in Italia, salvo<br />
poche eccezioni, solo degli impiegati che eseguono<br />
ordini che vengono da Londra, da New<br />
York o da Miami e non devono neanche pensare<br />
come mettere nei negozi i titoli imposti, perché<br />
insieme ai prodotti, arrivano, dall’estero,<br />
anche le disposizioni per l’uso e la campagna<br />
pubblicitaria da fare.<br />
Il dialogo del vertice aziendale della casa discografica<br />
di Joe Birillo è ancora più beffardo, direi<br />
quasi triste, perche è vero, reale, non è un’esagerazione<br />
grottesca.<br />
Ed è anche il frutto di una critica spesso incolta<br />
e così appiattita sulla paura di non essere in, alla<br />
moda, da accettare come interessante, singolare<br />
e bella qualunque trash (immondizia) venga<br />
sparata dalla musica di lingua inglese o da quella<br />
fasulla imposta dai network commerciali o da<br />
dj in vendita al miglior offerente, convinti che<br />
cantautori della classe di Endrigo o Pino<br />
Daniele “rovinano l’umore della radio”.<br />
Così non credo sia soltanto il gusto dell’humor<br />
nero, tanto caro a Endrigo, che faccia chiedere<br />
al vecchio e prestigioso cantautore Joe Birillo<br />
che vuole adeguarsi ai modi sensazionalistici<br />
dei tempi:<br />
VIVAVERDI<br />
17<br />
Foto Mariacristina Di Giuseppe<br />
Quanto mi dai se mi sparo?<br />
È una scelta estrema che permette ad Endrigo di<br />
leggere beffardamente (come ha fatto per tutto<br />
il suo libro) la società della comunicazione in<br />
cui vive e nella quale (chissà perché?) pudore,<br />
buon gusto, decenza, ironia sono considerati<br />
retaggi di un’Italia provinciale, ancora non<br />
aperta all’Europa e dove prevalgono invece tic,<br />
riti e convinzioni secondo le quali l’annuncio<br />
del possibile suicidio di un maturo cantautore<br />
deluso, può non essere una tragedia, ma uno<br />
spettacolo e quindi un business.<br />
“No, non voglio parlar male degli italiani che mi<br />
hanno fatto vivere e lavorare per tutti questi<br />
anni. Il fatto è che ora sono distratti o lo sono<br />
diventati. Sono bombardati dai media, pensano<br />
di meno. (...) Non ce l’ho con i giovani, solo non<br />
mi piace l’uso che si fa di loro: consumismo<br />
spinto, superficialità, edonismo. A forza di farli<br />
inseguire beni di consumo si sta creando una<br />
società di futuri mostri”.<br />
Sono frasi di Joe Birillo per spiegare al proprio<br />
avvocato il suo gesto. Frasi che lo fanno apparire<br />
diverso e superato nella società dello spettacolo<br />
in cui vive. Nel suo beffardo esercizio di<br />
indovinare le reazioni che quella provocazione<br />
avrebbe suscitato, Endrigo-Birillo cerca di prevedere<br />
anche cosa avrebbero scritto, per un<br />
caso come quello, alcuni dei cosiddetti pensatori<br />
della nostra società.<br />
In questo parterre de roi, Sergio con molta<br />
magnanimità mette anche me, e con una capacità<br />
di sintesi che non credo di possedere, mi fa<br />
riassumere in due righe quello che in questo<br />
prologo ho detto in quattro pagine. Anche in<br />
questo, lo scrittore Endrigo, è stato geniale.
VIVAVERDI<br />
18<br />
autori in Mostra<br />
VENICE DAYS<br />
PER FORT<strong><strong>UN</strong>A</strong> RITORNANO<br />
di Giorgio Gosetti<br />
Spetta alla visione e alla tenacia di alcune persone,<br />
all’interno delle associazioni di categoria<br />
degli autori cinematografici italiani (Anac e<br />
autori dell’Api), nonché alla sensibilità prima<br />
del Direttore della Mostra di Venezia, Marco<br />
Müller, e poi del Presidente della Biennale,<br />
Davide Croff, se la sezione autonoma della<br />
Mostra denominata Giornate degli Autori sono<br />
diventate in appena due anni una delle realtà<br />
più vive e originali della grande kermesse<br />
lidense.<br />
Volendo fare un po’ di storia per i lettori non<br />
esperti, si può ricordare che questa scommessa<br />
partì nel mese di marzo (come utopia) e in<br />
quello di maggio (come progetto) del 2004<br />
avendo per obiettivo una realizzazione di lì a<br />
tre mesi, alla fine di agosto. Cuore della scommessa<br />
era creare, al gran teatro della Mostra,<br />
dove le novità si centellinano nei decenni, un<br />
fermento innovativo attraverso uno spazio di<br />
cinema, d’incontro e di scambio che ritornasse<br />
a far parlare chi il cinema lo crea, lo ama e lo<br />
sostiene come impresa e come forma d’arte. Le<br />
regole del gioco erano altrettanto chiare: elaborare<br />
un progetto diverso dai tradizionali<br />
percorsi del festival, trovare le risorse necessarie<br />
per affermare un’indipendenza non soltanto<br />
di facciata (quantunque con il prezioso supporto<br />
della Biennale e delle sue strutture),<br />
inventarsi modalità originali che evitassero di<br />
replicare quanto già esisteva.<br />
Tra le ovvie discussioni e polemiche di quei<br />
giorni ricordo con particolare piacere (mi fu di<br />
leale stimolo e mi aiutò a sbagliare di meno)<br />
l’obiezione di un autore – uno dei migliori del<br />
nostro cinema – che si opponeva al progetto<br />
dicendo, in buona sostanza: “C’è davvero bisogno<br />
di coinvolgere il nome degli autori per<br />
Nella foto<br />
della pagina accanto,<br />
Giorgio Gosetti<br />
Grande attività e fermento sotto i pergolati e le tende della Villa degli Autori nel corso<br />
della seconda edizione delle “Giornate degli Autori” alla Mostra del cinema del Lido di<br />
Venezia. Tra discussioni impegnate, chiacchiere amene e produttori stranieri e<br />
distributori intenti a siglare importanti affari per il mercato cinematografico<br />
internazionale…<br />
legittimare l’ego di un selezionatore che vuole<br />
firmare un proprio progetto nel cuore del<br />
Festival vero e proprio?”. Nelle stesse ore altri<br />
osservavano: “Ha senso riproporre un modello<br />
e una contrapposizione che fu fervido concime<br />
di novità al tempo della grande contestazione<br />
degli anni ‘60 e ‘70 (dalla Quinzaine des<br />
Réalisateurs di Cannes alle Giornate di Campo<br />
Santa Margherita di Venezia), oggi che questa<br />
contrapposizione non esiste ed è anzi il direttore<br />
della Mostra a sollecitare la novità?”.<br />
Obiezioni e interrogativi mi hanno – ci hanno<br />
– accompagnato a lungo mentre lavoravamo<br />
alle prime Giornate degli Autori.<br />
Un anno dopo mi sembra di poter dire, anche a<br />
nome del Presidente Roberto Barzanti, dei<br />
vicepresidenti Citto Maselli ed Emidio Greco,<br />
degli autori che si sono impegnati al nostro<br />
fianco, che abbiamo trovato risposte convincenti.<br />
La prima edizione andò bene, la <strong>Siae</strong> ne<br />
fu parte determinante e testimone attento, la<br />
stampa ci diede un confortante “via libera”, il<br />
piccolo miracolo di rendere concreta un’utopia<br />
venne realizzato. Non era solo cinema ciò che<br />
gli appassionati trovarono nel recinto dei<br />
dodici film da noi selezionati, non erano solo<br />
stanche chiacchiere quelle che si facevano nell’appartata<br />
(ma frequentatissima) “Villa degli<br />
Autori” dove stabilimmo un quartier generale<br />
tanto aperto e accogliente da essere utilizzato a<br />
tutte le ore (anche per dormirci da registi stranieri<br />
particolarmente nottambuli), non era<br />
ripetitivo un programma che fece scoprire un<br />
documentario – L’incubo di Darwin dell’austriaco<br />
Hubert Sauper – tanto bello da competere<br />
con film a soggetto di tutta Europa e capace,<br />
dopo Venezia, di fare il giro dei festival del<br />
mondo, delle sale di tutto il continente, fino a<br />
conquistare l’Oscar europeo nel dicembre<br />
scorso.<br />
Esattamente un anno dopo, le Giornate degli<br />
Autori sono tornate al Lido con 12 film (stavolta<br />
di tutto il mondo), due eventi speciali e due<br />
iniziative in accordo con la 62ma Mostra e con<br />
la Settimana della Critica in onore di due<br />
cineasti italiani troppo spesso dimenticati,<br />
Alberto Lattuada ed Elio Petri. Per rendere<br />
possibile l’edizione 2005, tutti i soggetti che<br />
avevano tenuto a battesimo il progetto, si sono<br />
detti pronti a confermare il proprio sostegno<br />
ed anzi a incrementarlo con uno sforzo tutto<br />
particolare: dalla Direzione Generale Cinema<br />
del Ministero alla Bnl e Lottomatica/Gioco del<br />
Lotto, da Raisat alla stessa <strong>Siae</strong> fino ad una<br />
serie di sponsor tecnici che hanno confermato<br />
la felice anomalia di un’iniziativa in cui il capitale<br />
privato o associativo è importante almeno<br />
quanto quello pubblico nella sua proficua<br />
scommessa sulla cultura. Perché alle Giornate<br />
le vere star erano per davvero i film e i registi,<br />
le idee e le discussioni, non i divi di un solo<br />
giorno. C’erano anche quelli (da Willem Dafoe<br />
a Nathalie Baye, da Teresa De Sio ad Anna
Bonaiuto) a fare festa con noi; c’erano i registi<br />
italiani a portare per mano i loro colleghi stranieri<br />
(da Giuliano Montaldo a Mario Monicelli,<br />
da Daniele Luchetti a Ugo Gregoretti); pulsavano<br />
i grandi temi della cultura e della visione o<br />
le grandi battaglie di categoria e di civiltà dei<br />
nostri tempi. Ma vinceva soprattutto un modo<br />
diverso di vivere il valore aggregativo e colllettivo<br />
di un festival di cinema: non tanto evento,<br />
non semplice passerella ma occasione di scoperta,<br />
confronto, dialogo. Che si realizza<br />
vedendo insieme i film, trovando il tempo per<br />
parlarne e per approfondire temi ed estetiche,<br />
non consumando la<br />
cultura in piatti slogan<br />
di supina accettazione<br />
o effimero<br />
affossamento.<br />
Insomma, facendo,<br />
con modi nuovi e<br />
sensibilità del<br />
tempo, ciò che una volta garantiva la popolarità<br />
e il valore di quest’arte nuova e dei suoi santuari<br />
dedicati (i festival appunto). E facendolo<br />
con sano divertimento, tra un concerto e una<br />
cena, tra una chiacchiera e un incontro, senza<br />
paura di argomenti in apparenza poco adatti<br />
all’onnivoro consumo festivaliero (Come si<br />
scrive una storia? Che valore ha la difesa della<br />
lingua nell’epoca delle diversità culturali?) e<br />
senza l’angoscia delle etichette e dei formalismi.<br />
Vedere le sale gonfie di pubblico, ascoltare le<br />
domande di spettatori normali e appassionati,<br />
partecipare all’entusiasmo o alle polemiche di<br />
cineasti che parlano a cineasti, faceva un effetto<br />
del tutto singolare anche a chi, come il sot-<br />
toscritto, ha fatto dell’organizzazione culturale<br />
un progetto e un mestiere e dunque ne ha già<br />
viste tante. Gli ingredienti sono rimasti pochi e<br />
semplici: un quartier generale che diventava<br />
rapidamente “casa aperta”, la visione e la discussione<br />
ritrovate come modo della percezione,<br />
uno schermo a cielo aperto per completare<br />
un percorso di cinema che nella sala chiusa<br />
cominciava a mattina, lunghe notti spese per il<br />
puro piacere dello stare insieme. Tutto il contrario<br />
di ciò che fa evento, di ciò che finisce<br />
sulle pagine dei giornali. Eppure su quei giornali<br />
ci siamo finiti, con frequenza ogni giorno<br />
più confortante e in tutto<br />
il mondo, grazie alla<br />
forza dei film e a un<br />
pugno di autori dai nomi<br />
sconosciuti che in pochi<br />
giorni sono diventate<br />
vere star del cinema<br />
internazionale. Capita<br />
così che il piccolo (ma grande e ambizioso)<br />
esordio in bianco e nero di un ventiseienne<br />
georgiano aiutato da un coraggioso produttore<br />
francese (13 di Gela Babluani) sia arrivato da<br />
ignoto a Venezia e ne sia uscito con il Premio<br />
De Laurentiis-Leone del Futuro per la migliore<br />
opera prima di tutta la Mostra; che un provinciale<br />
canadese del Québec, Jean-Marc Vallée<br />
con Crazy, sia sbarcato in Europa da Carneade<br />
e ne sia ripartito come l’autentico “caso” dell’anno,<br />
fino ad essere premiato – pochi giorni<br />
dopo, a Toronto – come miglior film canadese<br />
dell’anno, sicché è ora candidato all’Oscar. È<br />
accaduto che Pasquale Scimeca, il cui La passione<br />
di Giosuè l’ebreo rischiava di finire nel<br />
cono d’ombra del cinema invisibile, abbia<br />
infiammato la Mostra con la sua polemica alta<br />
e rigorosa sui temi dell’intolleranza e della diaspora.<br />
O che il documentario tutto pugliese di<br />
Davide Marengo, Craj-Domani, scritto, voluto<br />
e cantato da Teresa De Sio insieme a un gruppo<br />
di fantastici musicisti ottuagenari tra cui<br />
Matteo Salvatore, sia stato proiettato per un<br />
pubblico giubilante che applaudiva ogni<br />
sequenza, ogni canzone, fino a trascinare nell’entusiasmo<br />
la giuria di studenti di cinema che<br />
gli ha conferito il Premio Micciché per un<br />
esordio italiano di valore. Ma è l’insieme della<br />
selezione ad aver vinto – e per distacco – la<br />
volata dell’originalità e del rigore a questa<br />
Mostra 2005. Il giudizio – com’è ovvio – non ce<br />
lo diamo da soli, ma lo ricaviamo da commentatori<br />
non facili agli entusiasmi come i critici di<br />
Le Monde, Variety, il manifesto.<br />
Insomma, una selezione di autori per gli autori,<br />
magari intenta nella pensosa patina della<br />
“noia d’autore”? Non si direbbe proprio, a<br />
vedere le reazioni del pubblico, i commenti dei<br />
blog su Internet, il piacere con cui alcuni tra i<br />
più prestigiosi sensali internazionali di cinema<br />
(i sales agents, i produttori stranieri, i grandi<br />
distributori) hanno speso il loro soggiorno<br />
veneziano a fare affari, incontrare registi, discutere<br />
di possibili film sotto i pergolati e le<br />
tende della “Villa degli Autori”. In alcuni giorni<br />
sembrava che l’unico, autentico “mercato<br />
cinematografico” di Venezia si svolgesse intorno<br />
alla nostra sezioncina. Non ce ne siamo mai<br />
vergognati, piuttosto inorgogliti perché il cinema<br />
esiste davvero solo se circola, si vende, si<br />
compra, si progetta e si realizza.<br />
Giorgio Gosetti<br />
Delegato delle Giornate degli Autori<br />
VIVAVERDI<br />
19
VIVAVERDI<br />
20<br />
cinema<br />
L'IMPORTANZA DELLE RASSEGNE<br />
A TUTTO FESTIVAL<br />
di Franco Montini<br />
L'annuncio della nascita di un festival<br />
cinematografico a Roma, sponsorizzato<br />
dal Comune e voluto dal sindaco Veltroni,<br />
la cui prima edizione dovrebbe svolgersi<br />
dal 13 al 21 ottobre 2006, ha messo in<br />
fibrillazione il settore. L'appuntamento<br />
romano si annuncia come una kermesse<br />
ricca, con ambizioni internazionali, che<br />
rischia di diventare un concorrente<br />
pericoloso e in grado di scalfire perfino il<br />
prestigio della Biennale Cinema, da<br />
sempre il festival italiano più importante e<br />
l'unico davvero conosciuto nel mondo.<br />
Cresce il numero delle rassegne<br />
Non meraviglia, dunque, che al di là degli auguri<br />
di circostanza e delle generiche promesse di<br />
collaborazione emerse nella conferenza stampa<br />
nella quale, proprio durante la Biennale, Veltroni<br />
ha annunciato ufficialmente la nascita di<br />
“Cinema-Festa Internazionale di Roma” fra<br />
Nella foto, Alberto Barbera e<br />
(sotto) Felice Laudadio;<br />
nell’altra pagina Emanuela Martini<br />
e Daniele Segre<br />
Roma e Venezia sia già iniziata una sottile guerra<br />
non dichiarata, anche perché le date di svolgimento<br />
delle due manifestazioni sarebbero<br />
quanto mai ravvicinate.<br />
E pensare che proprio per evitare sovrapposizioni,<br />
doppioni, esasperate concorrenze, poco<br />
più di un anno fa, è nata l’Afic (Associazione<br />
Festival Italiani di Cinema), cui fanno capo una<br />
trentina di manifestazioni. “La nostra associazione<br />
– spiega Alberto Barbera, che ne è il presidente<br />
– si è costituita sul modello di un coordinamento<br />
europeo dei festival di cinema che<br />
esiste da una decina d’anni. Il nostro obiettivo è<br />
anche quello di incoraggiare lo scambio di<br />
esperienze e collaborazioni fra le varie iniziative;<br />
favorire la circuitazione dei film; proporci<br />
come interlocutore unico nei confronti del<br />
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, che<br />
è il principale finanziatore di molte iniziative,<br />
anche per individuare dei criteri di assegnazione<br />
il più possibile trasparenti e condivisi. La<br />
scelta di svolgere la manifestazione di Roma in<br />
autunno – prosegue Barbera – mi lascia perplesso;<br />
perché non mi pare che esista un<br />
numero sufficiente di film, in particolare italiani,<br />
per alimentare due manifestazioni così<br />
grandi, senza contare che immediatamente<br />
dopo si svolgerebbe il Festival di Torino, che,<br />
Venezia a parte, è ormai il più importante<br />
appuntamento italiano. Inoltre sono assai dubbioso<br />
anche sul fatto che i media possano<br />
garantire adeguata copertura giornalistica a due<br />
manifestazione tanto ravvicinate”.<br />
Ma spostare le date del prossimo futuro festival<br />
di Roma è meno semplice di quanto possa<br />
apparire: il fatto è che i festival cinematografici<br />
italiani, fra grandi, piccoli e medi sono tanti,<br />
tantissimi. Esistono festival di ogni tipo: rassegne<br />
centrate sui generi (dalla commedia, al<br />
thriller, al noir); festival dedicati agli esordi; ai<br />
rapporti fra cinema e letteratura, cinema e pittura,<br />
cinema e cucina, cinema e montagna;<br />
festival monografici su attori e registi; festival<br />
retrospettivi su momenti determinanti della<br />
storia del cinema e ancora festival di documentari,<br />
cortometraggi, animazione, nuove tecnologie,<br />
perfino di trailer.<br />
Negli ultimi anni si è assistito ad una straordinaria<br />
proliferazione di iniziative, che, oltre che<br />
al Ministero, si appoggiano sui contributi degli<br />
Enti Locali. “Il successo dei festival – commenta<br />
Felice Laudadio, direttore del festival di<br />
Taormina e in passato di molte altre importanti<br />
iniziative compresa la Biennale Cinema – è<br />
frutto di varie concause, a cominciare dalla sparizione<br />
di quel tessuto di cineclub e cinema<br />
d’essai che offrivano spazio e visibilità al cinema<br />
d’autore. Poi c’è da considerare l’offerta<br />
della televisione: lo spazio dedicato al cinema<br />
da tutte le reti generaliste si è molto ridotto; i<br />
film di qualità sono diventati pochissimi e confinati<br />
in orari impossibili. Insomma per il pubblico<br />
dei cinefili, i festival stanno diventando<br />
l’unica occasione per consumare un certo cinema.<br />
Infine, fatto tutt’altro che secondario, i<br />
costi di un festival cinematografico sono assai<br />
più contenuti rispetto a manifestazioni che<br />
puntano sullo spettacolo dal vivo. Alla luce dei<br />
tagli sempre più consistenti sulla cultura, per<br />
un assessorato organizzare manifestazioni di<br />
teatro o musica è diventato proibitivo e, di conseguenza,<br />
si punta sul cinema”.<br />
“I festival – concorda Barbera – sono di fatto<br />
diventati un circuito alternativo, dove si possono<br />
scoprire film altrimenti invisibili, perché<br />
rifiutati da una distribuzione e da un mercato<br />
sempre più concentrati su un unico tipo di prodotto.<br />
Credo che in futuro i festival dovrebbero<br />
sviluppare questa missione e funzionare come<br />
una vera e propria rete”.<br />
“I festival continuano ad aumentare – fa notare<br />
Emanuela Martini, direttore del Bergamo Film
Meeting – grazie ad un crescente consenso di<br />
pubblico. Le proiezioni festivaliere nelle grandi<br />
città, come in provincia, come nei centri più<br />
piccoli e decentrati, sono sempre seguitissime.<br />
La cosa può sorprendere se si pensa che da un<br />
certo punto di vista, grazie alle nuove tecnologie<br />
(Dvd, Internet, telefonia) le possibilità di consumo<br />
si sono moltiplicate. Oggi ognuno di noi<br />
ha a portata di mano un patrimonio cinematografico<br />
vastissimo, ma di fronte a questa materia<br />
sterminata c’è bisogno di qualcuno che<br />
indirizzi le singole scelte; ebbene credo che i<br />
festival, soprattutto per ciò che riguarda personali<br />
e retrospettive, svolgano oggi questa<br />
importante funzione e non è un caso che lo spazio<br />
dedicato al cinema del passato sia in crescita<br />
in quasi tutte le manifestazioni”.<br />
Ma i festival di cinema che si organizzano in<br />
Italia sono davvero un numero esagerato che<br />
andrebbe ridotto? “Non ne sarei troppo convinto”<br />
risponde Maurizio Di Rienzo che con<br />
Peppe D’Antonio ha diretto la più recente edizione<br />
festival Linea d’ombra di Salerno e collabora<br />
con molte altre iniziative festivaliere.<br />
“Certamente – chiarisce Di Rienzo – esistono<br />
delle rassegne un po’ inutili, realizzate solo per<br />
elargire qualche premio e fornire visibilità a<br />
qualche assessore. Ma l’esistenza di tanti festival<br />
non rappresenta obbligatoriamente un fatto<br />
negativo. In molti piccoli centri sprovvisti di<br />
sale, i festival sono l’unica, irrepetibile occasione<br />
per tenere vivo l’amore per il cinema e il<br />
grande schermo. In tanti altri casi sono l’unica,<br />
irripetibile occasione per mostrare dei film che<br />
altrimenti resterebbero preclusi al pubblico di<br />
quella città. Quando mai gli abitanti di<br />
Marzameni, piccolo centro della Sicilia, dove si<br />
svolge annualmente un festival, avrebbero<br />
potuto vedere La storia del cammello che piange,<br />
il documentario italiano candidato quest’anno<br />
all’Oscar? Posso testimoniare, per<br />
avervi partecipato personalmente, che quella<br />
sera in piazza a vedere il film c’erano mille persone:<br />
lo ritengo un fatto culturale di grande<br />
importanza. In altri casi i festival sono l’occasione<br />
per mostrare documentari e cortometraggi,<br />
ovvero film che non hanno alcuna visibilità<br />
sul mercato. Se soprattutto d’estate, nei<br />
centri turistici, accanto alle sagre paesane e alle<br />
fiere della piadina, si organizzano anche rassegne<br />
di cinema, che semigratuitamente offrono<br />
film di qualità, personalmente ne sono felice e<br />
andrei piano nel chiedere cancellazioni”.<br />
Tuttavia, se da un lato il numero dei festival e<br />
dei frequentatori è in crescita, dall’altro l’interesse<br />
dei media nei confronti delle kermesse di<br />
cinema sta progressivamente scemando. A<br />
parte i grandi appuntamenti internazionali<br />
(Cannes, Venezia, Berlino) lo spazio che i maggiori<br />
quotidiani nazionali e le più importanti<br />
emittenti radio/televisive dedicano ai festival è<br />
davvero modesto. Come spiegare questo apparente<br />
paradosso? “Il fatto – risponde Emanuele<br />
Martini – non riguarda i festival in particolare,<br />
ma il cinema in genere. A parte qualche eccezione,<br />
nei giornali il cinema è ormai identificato<br />
come gossip e pettegolezzo. È molto cresciuto<br />
lo spazio dedicato alla presentazione dei pochi<br />
film evento e alle interviste con i divi, mentre<br />
sono stati ridotti drasticamente gli interventi<br />
critici. In poche parole si tende ad eliminare la<br />
riflessione sul cinema e poiché i festival, o<br />
almeno buona parte di essi, propongono una<br />
riflessione, ecco che i media tendono ad ignorarli”.<br />
Questo atteggiamento penalizza in particolare<br />
le manifestazioni che puntano sulle scoperte,<br />
le cinematografie emergenti, i nuovi<br />
autori. “Fino a qualche anno fa – ricorda<br />
Laudadio – i festival rappresentavano l’occasione<br />
per portare alla ribalta registi sconosciuti.<br />
Grazie ad ‘Europa Cinema’, che all’epoca<br />
dirigevo, un regista come Stephen Frears<br />
divenne famoso da un giorno all’altro. Oggi<br />
cose del genere non accadono più, non perché<br />
i festival hanno perso la capacità di individuare<br />
giovani autori meritevoli, ma semplicemente<br />
perché i critici non vengono più inviati a<br />
seguire le varie manifestazioni. È già tanto se le<br />
varie testate spediscono ai festival un cronista,<br />
il quale spesso non ha neanche la possibilità di<br />
vedere i film, ma si limita ad intervistare gli<br />
ospiti di turno, sempre che si tratti di star già<br />
note e celebrate. In questo modo il prezioso<br />
lavoro di ricerca dei festival viene semplicemente<br />
sprecato”.<br />
Ma c’è anche di più, prosegue Laudadio, “l’esasperata<br />
attenzione dei media nei confronti del<br />
divismo, obbliga i festival a stravolgere le proprie<br />
tradizioni per dare spazio alle star. Con un<br />
rischio ulteriore: gli attori famosi, o per lo meno<br />
i loro agenti, consapevoli dell’importanza di<br />
certe presenze ad una manifestazione, cominciano<br />
a chiedere cifre esorbitanti per intervenire<br />
in questo o quel festival. Il rischio è che anche<br />
da noi accada quello che è già avvenuto in<br />
Francia e che ha coinvolto personaggi del calibro<br />
di Catherine Deneuve e Gérard Depardieu, finiti<br />
sotto inchiesta per avere chiesto e ottenuto fondi<br />
in nero per presenziare a manifestazioni di<br />
cinema”. Sfuggire alla logica dell’evento, per<br />
costruire festival che siano realmente interessanti<br />
da un punto di vista culturale non è facile.<br />
“L’assessorato o lo sponsor privato che finanzia<br />
un’iniziativa – fa notare Barbera – vorrebbe che<br />
la manifestazione in oggetto ottenesse dai media<br />
un’attenzione a livello nazionale, ma la cosa è<br />
sempre più difficile, così il rischio concreto è<br />
quello di perdere progressivamente le risorse a<br />
disposizione. Sarebbe importante che finanziatori<br />
pubblici e privati di festival si convincessero<br />
dell’importanza di creare saldi legami con il territorio<br />
e con il pubblico locale, senza avere,<br />
come spesso accade, ambizioni esagerate”. I<br />
tagli alle risorse pubbliche sul Fus (Fondo Unico<br />
dello Spettacolo) certo non aiutano; ci sono<br />
festival anche importanti che negli ultimi anni<br />
hanno subito contrazioni pesanti. Il finanziamento<br />
del Bergamo Film Meeting è stato ridotto<br />
ad un quarto rispetto a quattro anni fa, passando<br />
da 80mila a 20mila euro. Stessa sorte per il<br />
Festival di Bellaria, dedicato da sempre al cinema<br />
indipendente italiano. In occasione dell’edizione<br />
2005 del festival adriatico, il coondirettore<br />
Daniele Segre ha lanciato l’allarme: “Stiamo<br />
assistendo ad una vera e propria ‘pulizia culturale’<br />
da parte del governo, a fronte di in panorama<br />
generale in cui i maggiori festival si appiattiscono<br />
sempre più sui ‘modelli Tv’ di totale omologazione.<br />
Bellaria ha un’importanza strategica<br />
poiché si propone come vetrina di un presente<br />
creativo, in cui i giovani possono lavorare insieme<br />
in varie laboratori di formazione. Tutti noi<br />
cineasti indipendenti abbiamo cominciato da<br />
qui. Eppure a causa dei drastici tagli, il futuro del<br />
festival è appeso ad un filo”. Purtroppo, verrebbe<br />
da aggiungere, come il futuro di tante altre<br />
meritorie iniziative culturali.
VIVAVERDI<br />
22<br />
personaggi<br />
UMBERTO CONTARELLO<br />
RACCONTI DAL CUORE<br />
di Alberto Ferrigolo<br />
È uno dei principali sceneggiatori italiani. Ha scritto film per Salvatores,<br />
Calogero, Zaccaro, Piccioni, Amelio, da solo o come co-autore. Arrivato a Roma,<br />
da Padova, assieme a Carlo Mazzacurati e Enzo Monteleone a metà anni '80. Ora<br />
un romanzo, che è già una sceneggiatura e sarà presto un film di Francesca<br />
Archibugi. Colloquio sul mestiere di scrittore per il cinema<br />
È la storia di un infarto. Il suo. E di una passione<br />
per la scenaggiatura. Poi è storia di amicizie,<br />
intense, diverse. Di una vita sentimentale caotica<br />
nella quale Alberto, il protagonista, tenta di<br />
mettere ordine andando a convivere con Carla.<br />
Ma la casa che li dovrebbe accogliere, la dimora<br />
della loro intimità, si trasforma presto in un<br />
grande appartamento freddo, vuoto, privo di<br />
orizzonti. Lo specchio del loro rapporto muto.<br />
Come il sesso. Prevale il tormento, “la voce”<br />
professionale di Alberto si affievolisce mentre<br />
crescono preoccupazioni e incombono agenti e<br />
produttori carichi di richieste. Alberto è assediato,<br />
e nel frangente arriva – “come il morso di<br />
una carpa sdentata” – l’’infarto.<br />
Per il protagonista è una frustata, un segnale,<br />
un grande punto interrogativo, una domanda<br />
aperta sul proprio futuro. La storia è anche<br />
quella di una generazione comoda e “irresponsabile”,<br />
che ha amato molto i lussi e poco le<br />
convenzioni, più gli amori intensi, travolgenti e<br />
appassionati che le fedeltà. E che, alla soglia<br />
della mezza età, si trova già con gli acciacchi a<br />
fare i conti con un passato che brucia.<br />
Un’autobiografia. Trama nella trama.<br />
Alberto è Umberto Contarello, padovano trapiatato<br />
a Roma da più di due decenni, classe<br />
1957, al suo romanzo d’esordio (Una questione<br />
di cuore, Feltrinelli, libro che s’è aggiudicato il<br />
Premio Berto e che sarà un film di Francesca<br />
Archibugi), ma con alle spalle un cursus honorum<br />
di scrittura di grande talento. È uno dei<br />
principali sceneggiatori italiani per il cinema<br />
(vedi box), di quella generazione che scrive film<br />
pluripremiati, amati e visti dal pubblico, e che<br />
contempla nomi come Gualtiero Rosella e Lucia<br />
Zei o Francesco Bruni, Enzo Monteleone,<br />
Doriana Leondeff, Lara Fremder, Claudio Fava<br />
e Monica Zappelli. Giovani sceneggiatori che<br />
hanno padri nobili in Vincenzo Cerami o<br />
Stefano Rulli e Sandro Petraglia. Gente che si<br />
ritrova e scrive insieme, si alterna e allo stesso<br />
tempo intreccia nella vita, nelle storie, nelle<br />
frequentazioni, nei lavori.<br />
Ora Contarello sta per cominciare a scrivere il<br />
nuovo film di Salvatores, “una storia che sappiamo<br />
sarà ambientata in una nave mercantile,<br />
una cosiddetta ‘carretta del mare’ e il cui titolo<br />
provvisorio è Il popolo dell’acqua. Un lavoro<br />
che si profila molto impegnativo” dice. A breve<br />
uscirà il film di Amelio, che ha scritto, e poi, da<br />
Una questione di cuore il film della Archibugi.<br />
Com’è passare dallo scrivere per il cinema a un<br />
romanzo? Com’è accaduto?<br />
Come sempre, per tutto quel che mi riguarda,<br />
non per caso. Anche se ho sempre nutrito un<br />
senso di sana soggezione verso la letteratura e<br />
nei confronti della parola scritta fine a se stessa:<br />
è un linguaggio che non chiede altro che quel<br />
che dà. Ho sempre letto con molta ammirazione<br />
tutti quegli scrittori che possedevano questa<br />
specie di talento, difficile da definire in astratto,<br />
ma che quando uno lo incontra sa bene di<br />
conoscere…<br />
E che cos’è?<br />
È la lingua.<br />
Cosa intendi per lingua?<br />
La personalità della lingua, anzi la voce. Forse la<br />
parola giusta è la voce.<br />
Di un libro cosa ti interessa di più?<br />
Quando leggo un libro – forse per una deformazione<br />
professionale al contrario, e per il<br />
WHO’S WHO<br />
UMBERTO CONTARELLO Nato a Padova nel 1958, Umberto Contarello è<br />
laureato in Lettere e Filosofia e lavora come sceneggiatore professionista<br />
dal 1982. Come autore di varietà tv è coautore di Fantastico 8 e come<br />
autore di fiction è cosceneggiatore della Piovra 7 e coautore del soggetto<br />
della Piovra 8. Per il cinema è coautore di soggetto e sceneggiatura di<br />
Marrakech Express per la regia di Gabriele Salavatores, finalista al premio<br />
Solinas; coautore di soggetto e sceneggiatura de Il toro (Leone d’Argento<br />
alla mostra di Venezia) Vesna va veloce, La lingua del santo (regia di Carlo<br />
Mazzacurati). Cosceneggiatore de Il carniere (finalista al Premio David di<br />
Donatello) e Un uomo per bene, entrambi per la regia di Maurizio Zaccaro.<br />
Autore di soggetto e sceneggiatura di Il metronotte per la regia di<br />
Francesco Calogero, Luce dei miei occhi per la regia di Giuseppe Piccioni.<br />
Autore della sceneggiatura de L’aria che respiro, tratto dalla vicenda del<br />
Petrolchimico di Porto Marghera e di Ovunque sei (regia Michele Placido).<br />
Coautore della sceneggiatura de La stella che non c’è (Gianni Amelio).<br />
mestiere che faccio passo molto tempo attorno<br />
all’architettura delle storie, alla loro composizione<br />
–, mi accorgo che la storia è in realtà quel<br />
che m’interessa meno. I libri che mi emozionano<br />
e attraggono, mi obbligano a un tempo separato<br />
dalle cose, sono i libri che hanno una voce.<br />
Più potente dell’intreccio, della drammaturgia<br />
che viene raccontata.<br />
La voce equivale alla bella scrittura?<br />
No, non so cosa sia la bella scrittura. So solo che<br />
esiste una scrittura che mi parla e una che non<br />
parla. Quando una scrittura mi parla la chiamo<br />
voce.<br />
In che modo ti parla?<br />
Difficilmente dei libri che mi fanno pensare o<br />
che mi emozionano saprei ricostruire a distanza<br />
di tempo i fili della narrazione. Quel che mi<br />
rimane dentro è una specie di intimità, cioè la<br />
sensazione che la scrittura veicola un qualcosa<br />
che è…<br />
…l’anima del libro…?<br />
Sì, è molto simile… Per me che ho una tradizione<br />
famigliare di storia orale, la voce, l’anima<br />
di un libro è una sorta di malìa. Come essere<br />
dinanzi a un narratore speciale del quale potresti<br />
restare ad ascoltare qualunque cosa, perché<br />
non ascolti quel che racconta ma la sua voce. Un<br />
libro potente per me è questo.<br />
La tua scrittura ha questa voce?<br />
Non ho mai minimamente immaginato, né<br />
pensato di avere una voce, né le capacità.<br />
Ognuno si misura naturalmente con quello che<br />
considera letteratura o considera cinema e si fa<br />
il proprio esame in base a dei modelli alti e non<br />
Foto Talos Buccellati
assi o deteriori. Non ho mai pensato di poter<br />
utilizzare quello che so fare e in un ambito che<br />
non fosse quello che, a fatica, dopo molti anni<br />
un pochettino ho imparato a fare.<br />
Com’è la tua scrittura?<br />
Non credo di essere uno di grandissima fantasia.<br />
Sono una persona che deve vivere un’esperienza,<br />
anche piccola, per poi dilatarne il confine<br />
o metterla in relazione con altre fino a comporre<br />
un filo che può assomigliare a una narrazione,<br />
a una storia.<br />
Quindi storie come parte del proprio vissuto…<br />
Come sempre. Penso che tutti i lavori che ho<br />
fatto sono sempre stati dei prolungamenti di<br />
cellule di cose che ho attraversato. Il segreto<br />
della mia piccola immaginazione sta un po’ nel<br />
lavorare in questo modo. In questo caso c’era<br />
una piccola cellula importante, perché una<br />
breve malattia ha la sua importanza, delle connotazioni<br />
esistenziali. Ho provato a lasciarmi<br />
andare a occhi chiusi su come poteva andare a<br />
finire quella storia di quell’individuo alle prese<br />
con questa ferita che gli arriva inaspettatamente<br />
in un momento non qualsiasi della sua vita.<br />
Bene, gli elementi ci son tutti, sbattiamo nel<br />
frullatore…, ma come si parte? Da dove si<br />
comincia a scrivere?<br />
Quando si hanno gli elementi per una storia,<br />
più che immaginare lo svolgimento, la cosa<br />
fondamentale è avere un senso musicale degli<br />
stessi, che ti fa dire se stanno bene, cantano<br />
bene insieme o stonano. Come per le prime<br />
note di una canzone…<br />
Cioè l’abbrivio, l’attacco o lead di un articolo…<br />
È la stessa cosa?<br />
Abbrivio, parola giustissima. Per raccontare il<br />
profilarsi del sintomo della malattia m’è venuta<br />
l’immagine della carpa, questo pesce che<br />
morde. È l’abbrivio. Finita questa fase non ho<br />
mai pensato d’aver scritto una cosa che potesse<br />
avere una copertina ed esser messa nello scaffale<br />
d’una libreria. Sono stati gli altri a dirmelo.<br />
Sono stati altri a riconoscere l’oggetto e a incoraggiarmi.<br />
Come spesso avviene sono gli altri a<br />
vedere qualcosa di te che tu non vedi. A dare un<br />
senso. Io spesso faccio ma non so cosa.<br />
Qui la storia è un’autobiografia, ma cosa significa<br />
invece scrivere per il cinema?<br />
C’è una grande differenza tra scrivere un’autobiografia<br />
e scrivere biografie. Personalmente,<br />
eccetto qualche raro caso, sin dall’origine dell’idea<br />
ho sempre raccontato in fin dei conti un<br />
pezzo, un frammento più o meno grande della<br />
biografia di qualcuno che conoscevo. Sotto<br />
mentite spoglie, trasfigurato, rimescolato, ma al<br />
fondo riesco solo a raccontare di persone che in<br />
qualche modo ho attraversato. Il livello di<br />
conoscenza non necessariamente deve esser<br />
profondo, ma per me un film è sempre la biografia<br />
di qualcuno. Persone che mi hanno<br />
risuonato dentro, con cui sono per un po’<br />
entrato in una sorta d’intimità.<br />
Qualche esempio?<br />
Il Toro, Marrakech Express, penso a Luce dei<br />
miei occhi, ma anche Ovunque sei, La lingua<br />
del santo. Tutte storie che nascono da una relazione<br />
tra me, i registi, gli autori con i quali ho<br />
avuto la fortuna di lavorare dall’inizio, quando<br />
proprio si fabbricava e si cominciava a tessere<br />
l’idea.<br />
Cosa ti piace delle storie?<br />
A me piacciono gli esseri umani, mi incuriosi
VIVAVERDI<br />
24<br />
personaggi<br />
scono, sono la cosa che mi diverte ancora di<br />
più. Non sono un appassionato di natura…,<br />
tolto il mare, dove sto bene, per il resto mi<br />
piacciono solo le persone…<br />
Ciacole, bar, incontri, piazze, fughe. Roba veneta…<br />
Sì, anche perché provengo da una grande tradizione<br />
famigliare. Mio padre, lui sì, era un grande<br />
affabulatore, un grandissimo attore che mi<br />
ha probabilmente trasmesso…, il codice famigliare…<br />
Quello della mia famiglia è un lessico<br />
della narrazione. Tutto passava di lì o si trasformava<br />
in narrazione.<br />
Quindi in una recita…<br />
Anche. Quindi in una performance… A partire<br />
da mio nonno Umberto, che era capocomico di<br />
una Compagnia drammatica, il modo di stare<br />
insieme in questa famiglia molto numerosa<br />
passava per il racconto orale. Io nasco da lì. E<br />
sono arrivato a questo mestiere – incosciamente<br />
– facendo fruttare quest’unica dote.<br />
Sei laureato in Filosofia, ha qualche significato?<br />
Ti ha dato vantaggi?<br />
Ho fatto Filosofia perché a quei tempi era la<br />
facoltà che allontanava di più ogni possibilità<br />
concreta di lavoro…, e quindi mi sembrava un<br />
modo bello, interessante, per passare quattro<br />
anni. Sono stati anni bellissimi…<br />
Tutto qui? Hai fatto poi scuole particolari?<br />
No, non ho fatto nulla.<br />
Come arrivi a fare lo sceneggiatore?<br />
Sono venuto a Roma poco dopo che da Padova<br />
s’erano trasferiti Carlo Mazzacurati e Enzo<br />
Monteleone, a metà anni 80, in totale e meraviglioso<br />
incanto per tutto quel che poteva succedere.<br />
Non ho ricordi di quel periodo nei quali<br />
noi vivessimo con una meta. Avevamo un desiderio,<br />
una curiosità, che era semplicemente<br />
quella di dire: “Ci piace il cinema”. E l’unico<br />
modo, il modo più semplice, che costa meno<br />
per provare a farlo è scrivere. Perché non devi<br />
scomodare nessuno e quindi, in totale leggerezza<br />
e divertimento, ci siamo messi a inventare<br />
un po’ di storie, a scribacchiarle, proporle di<br />
qua e di là, Quello che però ricordo di più era<br />
l’incanto di Roma, questo senso di libertà di<br />
stare in un altro posto, di iniziare una cosa che<br />
non si sapeva fare. Non ho ricordi di ansia da<br />
prestazione, di formalizzazione di una carriera.<br />
Tutto è avvenuto in maniera casuale. Poi uno<br />
può dire: a forza di cercare di fare una cosa, uno<br />
la fa.<br />
Hai fatto fatica?<br />
Non è un’espressione che userei. Poi è vero, ho<br />
fatto anche fatica, perché ho lavorato tanto,<br />
perché veniamo anche da una cultura in cui c’è<br />
un rigore dentro che si scontra con una pigrizia<br />
infinita. Poi ho imparato a darmi un metodo –<br />
io che sono una persona disordinata –, un<br />
metodo decente non perfetto, fantastico. Ho<br />
fatto la mia fatica ma mi verrebbe da ridere a<br />
parlarne.<br />
Come si comincia a “sgrezzare” una storia?<br />
Lavori da solo o con altri?<br />
Non esiste secondo me una figura fantasmatica<br />
dello sceneggiatore che lavora da solo. In Italia,<br />
come minimo, lavora con l’autore. Che è colui il<br />
quale si prende dall’inizio la responsabilità, e la<br />
condivide con lo scrittore, del dipanarsi dell’idea<br />
e del progetto di scrittura. E invece chi –<br />
come succede anche da noi ma più frequentemente<br />
in America –, acquisisce un prodotto a<br />
uno stato finito, non completo ma che ha caratteristiche<br />
definite come una sceneggiatura e<br />
lavora alla sua realizzazione, è più classificabile<br />
come un regista. Ma sono teorie del tutto indicative.<br />
Come avviene l’incontro sceneggiatore-autore?<br />
Per me è abbastanza usuale che mi venga in<br />
mente qualcosa che non è già una storia ma<br />
semmai un nucleo che, a orecchio, sento possa<br />
sprigionare una intensità sufficiente a reggere<br />
una trama. Quando sento di avere in mano un<br />
qualcosa che mi sembra contenga questa robustezza<br />
dentro, che non è inizialmente una robustezza<br />
di trama ma una robustezza di senso, di<br />
necessità, allora semplicemente penso quale<br />
sarebbe l’autore che mi piacerebbe vedere<br />
impegnato. Lo chiamo e gliela vado a raccontare.<br />
Questa è un modo. Poi ci sono gli approcci<br />
inversi. L’autore con un’idea più formata che<br />
mi chiede di entrarci: stabiliamo il livello di<br />
intensità e procediamo.<br />
Film, film-verità, documentari. Quale rapporto<br />
con la realtà?<br />
Adoro i documentari, non faccio il regista ma è<br />
una scuola, A parte che oggi la parola documentario<br />
ha per fortuna assunto diversi significati,<br />
ma per esempio ci sono adesso dei film di verità<br />
che contengono un mistero, una complessità,<br />
una inafferrabilità che è assolutamente paragonabile<br />
a un film cosiddetto di finzione… Quel<br />
che conta è lo sguardo. Se mi si passa il paragone,<br />
alla fine, così come per me in letteratura<br />
conta la voce, al cinema conta lo sguardo. È lo<br />
sguardo che trasforma la storia in un modo o in<br />
un altro, che gli fa prendere una piega o l’altra.<br />
In realtà una storia o un film è sempre la sintesi<br />
della relazione che passa tra l’autore e quella<br />
storia. Sullo schermo scorre sempre il risultato<br />
d’una relazione.<br />
Come nascono le tue storie?<br />
Non ho un’immaginazione pura, ho un’immaginazione<br />
che ha molto bisogno di nutrimento.<br />
A casa, da solo, guardando il soffitto, dormo.<br />
Non mi viene in mente assolutamente niente.<br />
Quelle poche cose che mi vengono in mente è<br />
perché ho sentito qualcosa, ho parlato con<br />
qualcuno. Spesso mi viene in mente qualcosa<br />
mentre parlo. La mia immaginazione nasce dal<br />
racconto orale. Da solo, se mi metto lì e mi dico<br />
“adesso penso ad una storia”, mi addormento.
Alle 5 del pomeriggio guardando la televisione<br />
– e ti garantisco che sono in grado di guardare<br />
programmi inauditi – ad un certo punto devo<br />
uscire, anche solo andare al bar a vedere che<br />
succede, chi c’è, cosa si fa.<br />
E cosa accade?<br />
Il problema è che non succede niente, non succede<br />
mai niente. Succede se provochi un po’<br />
che succeda qualcosa.<br />
A quale dei film alle cui sceneggiature hai collaborato<br />
sei più affezionato?<br />
Sono i film che mi fanno venire in mente<br />
momenti importanti o belli o significativi, che<br />
hanno accompagnato il tempo della lavorazione.<br />
La scrittura del Toro è stata una scrittura<br />
bellissima, sono stati bellissimi i sopralluoghi,<br />
l’incontro con Sandro Petraglia e Stefano Rulli,<br />
con Carlo Mazzacurati, che è un mio amico e<br />
con il quale lavorare è una fortuna. Perché lavorare<br />
con il tuo migliore amico, anche nei<br />
momenti di durezza, è quasi inaudito pensare<br />
perfino che ti paghino… Cosa c’è di più sublime<br />
che poter inventare una storia con un<br />
amico?<br />
Sono poi legatissimo a Luce dei miei occhi,<br />
perché è un film che anche se è stato frutto di<br />
una scrittura molto laboriosa, faticosa e per<br />
certi aspetti persino dolorosa, è però un film<br />
nato assieme a Giuseppe Piccioni da un materiale<br />
di vita che ci ha legato e nel quale ci potevamo<br />
riconoscere entrambi perché era un<br />
materiale molto intimo. Sono molto legato a La<br />
lingua del Santo, perché mi ha riportato assieme<br />
a Carlo Mazzacurati a rivedere e a riguardare<br />
il posto in cui siamo nati e cresciuti, Padova, e<br />
perché contiene anche un’idea di spensieratezza<br />
nell’affrontare durezze e sconfitte, un sentimento<br />
che mi è caro e sento vicino.<br />
E ai registi?<br />
Sono molto legato a questo prossimo film di<br />
Gianni Amelio, perché posso dire che era uno<br />
dei miei desideri, quasi un sogno non appena<br />
ho cominciato questo mestiere, di lavorare con<br />
lui. Il lavoro con lui è stata un’ulteriore possibilità<br />
per imparare un po’ meglio a fare il mio<br />
mestiere. Infatti non credo di poter dire “so<br />
fare lo sceneggiatore”: lo so fare forse ogni volta<br />
un po’ meglio, ma è l’intensità e la ricchezza, la<br />
profondità dei rapporti con chi realizzerà il film<br />
che ti fa fare i passi in avanti.<br />
Una continua “educazione sentimentale”…?<br />
Mi pare lo dica De André che scrivere una canzone<br />
è simile al gesto di un pescatore che butta<br />
la sua rete e che poi con molta tranquillità e<br />
serenità cerca di vedere che cosa rimane impigliato.<br />
Per me una storia è una sorta di inventario,<br />
nel senso che quando l’attenzione si focalizza<br />
su quella storia si sta scartando altro.<br />
Cosa t’ interessa di più in questo momento storico?<br />
Posso dire quello che vorrei fosse una storia.<br />
Quello che cerco in una storia per un film è<br />
sempre di più qualcosa che serva – non dico a<br />
capire – ma almeno a porsi delle buone<br />
domande su come stiamo al mondo oggi.<br />
Sapere come sono gli esseri umani che sono<br />
vicini a me, quelli a cui il mio amo può arrivare.<br />
Una storia per il cinema deve saper guardare un<br />
po’ dentro le persone. Un tempo ero più interessato<br />
al fare delle persone, al loro rapporto<br />
materiale con l’esistenza. Adesso voglio sapere<br />
cosa c’è, quale magma si muove dentro gli esseri<br />
umani.<br />
Che differenza c’è tra le storie per il cinema e<br />
storie per la televisione?<br />
Le storie per la Tv mi pare abbiano una possibilità<br />
molto buona – e che il cinema che facciamo<br />
noi fisiologicamente non è in grado di assolvere<br />
– di affrontare una grandissima questione di<br />
questo paese, che è la mancanza di memoria.<br />
Pensi che la Tv scavi di più del cinema? Che sia<br />
più aderente al passato? Un bel paradosso…<br />
Penso che la Tv, il racconto televisivo nel suo<br />
complesso (non amo la parola fiction) quando è<br />
ben fatto, e non sempre accade anche perché è<br />
difficile farlo bene, contribuisca a dar vita ad<br />
una sorta di Almanacco che ricostruisce in termini<br />
popolari – nel senso migliore e positivo – i<br />
fili della storia di questo paese. Non necessariamente<br />
della Grande Storia, ma è come se la Tv<br />
potesse mettere una pezza a questa specie di<br />
difficoltà di dare una cronologia alle esistenze<br />
collettive. Sono sicuro che oggi, se mi si chiedesse<br />
di avere uno sguardo cronologico sugli<br />
avvenimenti collettivi, magari anche quando si<br />
riferiscono a vicende private, farei molta diffi-<br />
coltà. La Tv mi sembra invece un buon modo,<br />
attraverso la narrazione, per ordinare questo<br />
tempo che s’accavalla come le onde e del quale<br />
non si riesce a districare la trama.<br />
Se dovessi pensare ad una storia per la televisione,<br />
una biografia, un personaggio, chi ti piacerebbe<br />
vedere rappresentato?<br />
La Tv che mi piacerebbe fare, che ha senso fare,<br />
è una Tv che racconti finalmente in modo bello,<br />
con un autore importante, una figura come<br />
Franco Basaglia, lo psichiatra veneziano che è<br />
una figura italiana enorme, conosciuta e appiattita,<br />
semplificata solo per elementi un po’ triti,<br />
stereotipati, e che invece ha aspetti biografici<br />
che raccontano anche la natura un po’ bella di<br />
questo paese. La Tv potrebbe poi raccontare<br />
anche figure più complesse, controverse. Il<br />
passo che il racconto televisivo deve fare è fidarsi<br />
della capacità del pubblico di divertirsi e<br />
appassionarsi a personaggi e figure più complessi<br />
di quelli che vengono normalmente scelti.<br />
E sullo schermo cosa scorre invece?<br />
È un periodo in cui si scelgono personaggi che<br />
riflettono un po’ anche il clima complessivo,<br />
ma c’è una proliferazione di sai e santità che mi<br />
sembra un po’ eccessiva…<br />
Vai molto al cinema? Un film che ritieni<br />
importante?<br />
Dipende molto dai periodi. Di solito quando<br />
lavoro molto ci vado un po’ meno. Posso però<br />
dire che il film per me più importante degli<br />
ultimi anni è la Venticinquesima ora di<br />
Spike Lee.<br />
Cosa contiene?<br />
Parla di una questione chiave, almeno per quella<br />
che grossolanamente posso chiamare la mia<br />
generazione insieme alle generazioni limitrofe:<br />
è la questione della responsabilità. Un film con<br />
una caratura epica fortissima e che con molto<br />
dolore ci dice anche una cosa atroce: che non<br />
c’è più per nessuno la possibilità di andare<br />
altrove rispetto al portato delle proprie responsabilità.<br />
Mi sovviene una bellissima poesia di<br />
Costantino Kavafis che si chiama La città e che<br />
dice: “Dovunque andrai la tua città ti verrà<br />
sempre dietro”. Ecco, nel finale l’idea di un<br />
padre che possa esistere per il proprio figlio un<br />
posto dove rifarsi una verginità, un’esistenza,<br />
dove poter cancellare la propria responsabilità<br />
– che è il nocciolo della cultura degli anni<br />
Settanta – muore. Il padre incarna quella cultura<br />
lì e il figlio invece non ce l’ha più.<br />
Avrai un ruolo nel film della Archibugi sul tuo<br />
romanzo?<br />
No, Francesca prenderà il romanzo e, come<br />
nella tradizione lo scriverà lei o con chi vorrà e<br />
farà il suo film dentro a quel romanzo. Mi sembra<br />
giusto che l’autore di un romanzo personale,<br />
con un rapporto anche di grande amicizia<br />
con Francesca, con una storia in parte vera, non<br />
ingombri, non crei ostacolo all’appropriazione<br />
del materiale.
VIVAVERDI<br />
26<br />
mestieri<br />
MUSICA<br />
EDITORE, <strong><strong>UN</strong>A</strong> <strong>PASSIONE</strong><br />
<strong>L<strong>UN</strong>GA</strong> <strong>UN</strong> <strong>SECOLO</strong><br />
di Oscar Prudente<br />
Condizione necessaria per la nascita di una<br />
canzone è che vi sia un autore che la scriva: la<br />
logica musicale è inoppugnabile, non concede<br />
scorciatoie. Meno chiaro, per i più, non esclusi<br />
gli stessi aspiranti autori, è in quale modo da<br />
questo concepimento la canzone, prodotto in<br />
sé astratto, riesca poi a prender forma e materializzarsi:<br />
in quale modo – con quale “levatrice”<br />
– trovi la sua strada nel mondo, ovvero nel<br />
mercato, diventando così un’opera concreta.<br />
La risposta è: l’editore. È lui “il mezzo”, il tramite<br />
della nascita di una canzone. È infatti l’editore<br />
che trasforma l’idea in un’opera in<br />
grado di essere diffusa nel mercato e quindi<br />
sfruttabile economicamente, a vantaggio dell’autore<br />
e anche proprio. Una professione viva<br />
fin dall’Ottocento, attraverso la diffusione<br />
della musica, ovvero all’epoca la stampa e il<br />
noleggio degli spartiti. Nel tempo, l’avvento<br />
della registrazione musicale ha cambiato le<br />
carte in tavola, e allo scenario si è aggiunta in<br />
seguito la figura del discografico: la crescente<br />
tendenza degli artisti ad essere contemporaneamente<br />
autori e interpreti ha infatti finito<br />
per complicare ulteriormente la situazione, per<br />
cui definire oggi quali siano esattamente i<br />
compiti dell’editore è meno facile di quanto<br />
non appaia…<br />
Tuttavia, per un giovane autore ignorare l’editore<br />
– bypassarlo – e rivolgersi direttamente ad<br />
un discografico sarebbe un errore grave, come<br />
spiega qui di seguito Filippo Sugar, presidente<br />
della Sugarmusic Publishing: “Se non si ha una<br />
realizzazione di qualche tipo (demo, provini,<br />
un accordo con un interprete) l’editore è l’unico<br />
interlocutore possibile: un discografico non<br />
ti dà nemmeno l’appuntamento”. E in ogni<br />
Di fianco, Filippo Sugar.<br />
Nella pagina accanto,<br />
in senso orario dal basso,<br />
Paolo Corsi, Chuck Rolando,<br />
Claudio Buja con<br />
Carmen Consoli<br />
e Toni Verona (foto piccola)<br />
Come nasce una canzone? Come si afferma? Basta scriverla e musicarla? E poi, chi la<br />
sostiene e la veicola? Breve inchiesta sul mestiere dell'editore musicale e sulla sua<br />
trasformazione, tra passato, presente e futuro: “Brutto no, ma faticoso sì”. Specie nell'era<br />
di Internet, tra diritti lesi e vilipesi. Il ruolo “primario” della <strong>Siae</strong>. Parlano i principali<br />
protagonisti del settore<br />
caso se te lo dà, è sempre meglio andarci in<br />
compagnia dell’editore, che ha pur sempre un<br />
certo appeal e anche un ruolo “fondamentale”,<br />
suggerisce ancora Sugar. “È stato importante<br />
soprattutto all’inizio: è il primo soggetto –<br />
diciamo imprenditoriale – che ha fatto della<br />
musica un lavoro, e che ha avuto come missione<br />
quella di divulgare la musica degli autori e farla<br />
arrivare a più persone possibile, anche creando<br />
modalità in base alle quali tale attività potesse<br />
essere remunerata, meccanismi che potessero<br />
offrire la possibilità agli autori di vivere della<br />
propria arte e quindi sollecitandoli anche a non<br />
aver paura delle proprie idee, incentivandoli ad<br />
avere creatività. Oggi in una certa misura l’editore<br />
è sempre a contatto con l’idea, che lo unisce<br />
all’autore, e lo sollecita ad avere la sensibilità<br />
di comprenderne il valore aiutando così l’autore<br />
stesso a dirigere il frutto della propria<br />
creatività verso il miglior approdo nel mare<br />
magnum del mercato”, continua Sugar.<br />
“Siamo gli immobiliaristi della canzone,<br />
abbiamo investito in terreno e chi costruisce lo<br />
fa come vuole: un palazzo, una casa di vetro,<br />
una piramide, un teepee indiano”, rilancia<br />
Chuck Rolando, direttore della Sony Music<br />
Publishing: “Siamo quelli del terreno su cui<br />
costruisci, investiamo sul diritto d’autore e la<br />
proprietà intellettuale”. Tempo fa l’editore era<br />
proprio una “fonte”, un intermediario fra chi<br />
cantava e chi scriveva o componeva e che,<br />
spesso e volentieri, non era affatto lo stesso<br />
artista: “Il nostro ruolo è sempre quello di<br />
gestire questo legame, ma avendo a che fare<br />
sempre di più con strutture e artisti autonomi<br />
– nel senso che fanno proprio tutto da sé –, la<br />
nostra funzione è più quella di instaurare un<br />
rapporto con loro più che creare un ponte tra<br />
loro e qualcun altro; vengono da noi o perché<br />
hanno bisogno di una verifica obbiettiva o<br />
anche – non va assolutamente dimenticato –<br />
perché la nostra forza multinazionale è, tra<br />
l’altro, anche quella di gestire un giro di incassi<br />
a livello mondiale”, sottolinea Rolando.<br />
Alla major rispondono le altre major. L’editore<br />
è più che altro un talent scout o, se si preferisce,<br />
“un ‘identificatore’ di talenti e un divulgatore<br />
delle opere attraverso anche dei mezzi di<br />
comunicazione nuovi, che non sono più quelli<br />
unicamente legati al successo del discografico”,<br />
afferma e spiega Paolo Corsi, amministratore<br />
delegato della Emi Music Publishing<br />
Italia: “L’editore nasce con la funzione di<br />
divulgatore dell’opera dell’ingegno. Poi, dopo
l’invenzione del disco, l’editore ha circoscritto<br />
il proprio campo d’azione alle figure degli<br />
autori e dei compositori, mentre il discografico<br />
si è concentrato sull’interprete, sempre con lo<br />
scopo di divulgare la musica, però attraverso<br />
un determinato supporto. La musica è sempre<br />
più diffusa: c’è sempre e comunque bisogno di<br />
chi interpreta le opere, ma soprattutto c’è<br />
bisogno di chi le compone e le scrive e non<br />
sempre le due figure coincidono. L’editore ha<br />
il compito di identificare, di scoprire e poi di<br />
divulgare, di rendere note al mondo le opere<br />
scritte dagli autori e dai compositori”.<br />
Claudio Buja, managing director della<br />
Universal Music Italia, pone invece l’accento<br />
sulla “tutela dell’opera” di cui l’editore è il proprietario<br />
insieme all’autore. Un aspetto “del<br />
quale ci si dimentica spesso”, sottolinea.<br />
“Mentre nell’Ottocento questa funzione era<br />
svolta dall’editore in maniera primaria perché<br />
accanto all’autore gli consentiva di rappresentare<br />
l’opera e quindi di diffonderla – spiega<br />
Buja –, ora il suo ruolo, anche se è stato ridimensionato<br />
dalla presenza del discografico, è<br />
pur sempre quello di tutelare l’opera, di svilupparla<br />
in tutti i suoi utilizzi”, compresi quei<br />
nuovi canali che non dipendono dallo sfruttamento<br />
di un master discografico. In questi casi<br />
esiste “la proprietà della canzone – ovvero il<br />
copyright – che è sempre dell’autore: ma l’au-<br />
tore ha al fianco nel 99% dei casi anche un<br />
editore, ovvero la persona che deve tutelarlo –<br />
impedendo gli utilizzi non consentiti – e diffondere<br />
la conoscenza della composizione non<br />
soltanto attraverso la realizzazione discografica,<br />
ma attraverso tutte quelle possibilità che ci<br />
sono per portare la canzone alla conoscenza del<br />
grande pubblico: che si tratti di una sincronizzazione<br />
pubblicitaria, di un digital right, un<br />
download attraverso Internet o la telefonia<br />
mobile”.<br />
Per i rappresentanti delle major, dunque, l’attività<br />
editoriale sembra concentrarsi sulla pura<br />
diffusione – e difesa – di un catalogo: altri tuttavia<br />
non possono permettersi delle limitazioni<br />
di questo genere. “L’individuazione di chi<br />
ha talento” rimane sempre la caratteristica<br />
principale di un editore anche per Toni<br />
Verona, general manager dell’Ala Bianca<br />
Group, etichetta indipendente specializzata<br />
nella canzone d’autore, secondo il quale tuttavia<br />
la distinzione fra editore e discografico,<br />
parallelamente a quella fra autore e interprete,<br />
è diventata negli anni assai labile: “Anni fa esisteva<br />
una netta divisione tra discografia ed editoria.<br />
Addirittura all’interno delle multinazionali<br />
c’erano bilanci separati, responsabili<br />
distinti che in taluni casi non sapevano nemmeno<br />
cosa facesse l’una parte rispetto all’altra,<br />
tant’è che certi artisti che firmavano discogra-<br />
VIVAVERDI<br />
27<br />
ficamente non apparivano editorialmente.<br />
“Oggi siamo tutti costretti a lavorare in una<br />
direzione completamente diversa, non solo<br />
perché siamo in una fase di rivoluzione tecnologica,<br />
ma perché il mercato è globalizzato”<br />
dice Verona. Occorre dunque parlare di “un<br />
imprenditore che deve essere in grado di lanciare<br />
dei progetti”.<br />
E l’attività imprenditoriale, sottolinea Anna<br />
Galletti, amministratore della Galletti-Boston,<br />
altra sigla indipendente, è cambiata negli ultimi<br />
anni grazie alle nuove tecnologie: “Sono<br />
cambiate le modalità per rendere più o meno<br />
nota una canzone” afferma. Per il resto, si tratta<br />
più di un’evoluzione pratica che concettuale:<br />
“Io vedo l’editore ancora come la persona –<br />
perché il rapporto umano è la cosa fondamentale<br />
– che crede in un autore, si appassiona in<br />
una canzone e cerca di portarla al successo. Il<br />
gusto stesso di scovare una qualche canzone<br />
nuova, un autore nuovo e mettercela tutta per<br />
cercare di portarla al successo, credo che questa<br />
fosse l’attività di una volta e lo è tuttora”.<br />
Franco Daldello, consigliere delegato della<br />
Peer Southern Productions, parla di una professione<br />
che nel corso degli anni non è cambiata<br />
fondamentalmente ma che è comunque a
VIVAVERDI<br />
28<br />
mestieri<br />
“doppio binario”: uno artistico – appunto la<br />
scoperta dei talenti – e un altro amministrativo:<br />
ovvero offrire all’autore “la massima assistenza<br />
affinché sia in Italia che all’estero i suoi<br />
proventi siano assicurati da una corretta<br />
amministrazione”. Chiude Alessandro Savasta,<br />
publishing manager delle Edizioni Suvini<br />
Zerboni, alle prese forse con il mercato più difficile<br />
di tutti, quello della musica “seria”: l’editore,<br />
a suo avviso, “deve dare la possibilità ad<br />
un giovane compositore di fare carriera”, al di<br />
là dell’occasionale passaggio in radio di qualche<br />
esecuzione. Per un catalogo contano “i<br />
nomi e le opere che possano rimanere nel<br />
tempo”.<br />
Il che non è facile, viste le condizioni del mercato<br />
e non solo in quello della musica classica,<br />
tanto che il contratto in esclusiva è diventato<br />
una rarità circoscritta ad artisti di ormai provato<br />
valore: “I rapporti sono molto elastici,<br />
nessuno è più in grado di garantire la sopravvivenza<br />
a un autore dandogli un fisso mensile<br />
per campare”, spiega Corsi; la regola è piuttosto<br />
quella dell’opera singola o dei contratti a<br />
tempo limitato, anche per volontà degli stessi<br />
artisti: “Prima c’erano vincoli contrattuali che<br />
facevano un po’ sorridere, contratti di 5 anni<br />
più 2, ovvero sette anni di accordo il che significava<br />
andare in pensione dopo tre accordi firmati”,<br />
ricorda Verona.<br />
“Tenere molti rapporti di esclusiva, che poi<br />
non portano a nulla, crea solo frustrazione.<br />
Quindi noi ne abbiamo pochi e quei pochi che<br />
abbiamo cerchiamo di farli lavorare al massimo”,<br />
conferma Sugar. Più possibilista Buja:<br />
“Accanto ad autori molto consolidati abbiamo<br />
autori giovani che stanno crescendo e che<br />
dovrebbero essere quelli che ci garantiscono lo<br />
sviluppo della nostra attività nei prossimi<br />
anni”. Più difficile invece è la situazione in<br />
mercati più di nicchia, come quello della<br />
musica da ballo, come spiega Galletti:<br />
“Esistono sia contratti di esclusiva con determinati<br />
autori, soprattutto di una certa levatura,<br />
sui quali si investe in maniera massiccia e<br />
soprattutto nel tempo; in altre occasioni invece<br />
si fanno contratti (Bollettini modello 112, ndr)<br />
opera per opera, soprattutto con i più giovani,<br />
anche perché occorre metterli alla prova. Nel<br />
settore della musica da ballo i brani sono molto<br />
Di fianco,<br />
Franco Daldello;<br />
nella pagina che segue,<br />
Alessandro Savasta<br />
e Anna Galletti<br />
lenti a partire, non è come nella musica dance<br />
che in sei mesi sai già se un pezzo funziona; il<br />
ciclo vitale di un’opera dance è sicuramente<br />
molto più breve rispetto a quello di un’opera<br />
da ballo su cui però devi insistere, devi promozionarla,<br />
devi lavorarci sopra per dei mesi, se<br />
non per degli anni”. Una delle difficoltà per le<br />
case editrici – dalla quale paradossalmente la<br />
figura dell’editore ne esce rafforzata – è che la<br />
struttura del mercato, e quindi dei diritti d’autore,<br />
sembra cambiata: il dominio indiscusso<br />
del vinile prima e del Cd poi appare assai meno<br />
solido, grazie all’avvento delle nuove tecnologie<br />
o del sempre maggiore utilizzo delle canzoni<br />
direttamente nelle pubblicità o nel cinema:<br />
tutti canali che evitano di passare per un discografico<br />
ma che per essere sfruttati hanno bisogno<br />
di un editore che sappia riconoscere le<br />
loro possibilità e utilizzarli per la promozione.<br />
Le strategie possibili sono diverse, come spiega<br />
Sugar: “Noi siamo anche editori di musica<br />
classica e nell’ambito della musica classica la<br />
cosa più importante è far arrivare un brano ad<br />
una esecuzione; dopodiché è ovviamente fondamentale<br />
la maggior diffusione possibile –<br />
dai dischi a qualsiasi altro mezzo, come le partiture.<br />
Anche nel caso della musica leggera è<br />
importante fare arrivare un brano ad una esecuzione,<br />
tuttavia in questo settore attualmente<br />
la stampa degli spartiti non ha più il valore che<br />
aveva 40 o 50 anni fa. Le possibilità possono<br />
essere varie: un progetto discografico, quindi<br />
portare quel brano ad un cantante, ad un artista;<br />
il cinema, che è una strada interessantissima;<br />
la televisione, qualsiasi mezzo di divulgazione<br />
che abbia la musica come parte del suo<br />
contenuto”.<br />
Trovare un ‘interprete adeguato per una canzone<br />
non è sempre semplice però, avverte<br />
Rolando, che addita l’esempio di Andrea<br />
Bocelli o Gianni Morandi: “È sempre più raro,<br />
anche se rimane una grande parte del nostro<br />
lavoro. Tra i giovani è più raro trovare un interprete<br />
puro, oppure trovi la via di mezzo: la<br />
Pausini, che vuole i brani da fuori ma vuol scrivere<br />
con chi glieli propone”.<br />
“La stampa della musica a favore dei musicisti<br />
che suonano dal vivo si fa sempre, è un veicolo<br />
promozionale”, afferma Corsi, che precisa: “La<br />
promozione più importante è nel circuito<br />
internazionale dei nostri consociati. Per esem-<br />
pio, quando ci dicono che c’è un interprete<br />
internazionale che sta cercando canzoni, noi<br />
promuoviamo le opere dei nostri autori per far<br />
sì che quell’artista le ascolti ”. Per quel che<br />
riguarda i canali offerti dalle nuove tecnologie,<br />
la difficoltà è quella di trovare degli strumenti<br />
che garantiscano la giusta remunerazione degli<br />
autori: “Fatta eccezione per iTunes che paga<br />
regolarmente, la norma sul digitale è la pirateria”,<br />
conferma Corsi, il quale sottolinea: “Chi<br />
utilizza la musica deve essere cosciente di dover<br />
pagare, e questo è un fatto di educazione su cui<br />
l’industria si deve impegnare fortemente con la<br />
<strong>Siae</strong> per spiegare perché questo sia giusto”.<br />
Per Buja la promozione è quasi un “porta a<br />
porta”: “Si contattano le case discografiche e<br />
gli interpreti, e si propongono canzoni in catalogo<br />
che possono essere considerate loro adatte.<br />
Ma abbiamo anche altri tipi di promozione:<br />
proponiamo il nostro repertorio attraverso le<br />
agenzie di pubblicità per un utilizzo di sincronizzazione<br />
pubblicitaria per campagne radiofoniche<br />
e televisive; inoltre attraverso un contatto<br />
che passa dall’ufficio ‘nuove tecnologie<br />
Universal’ cerchiamo di inserirlo in siti<br />
Internet o nella telefonia mobile, in maniera<br />
che ci si possa avvicinare alla canzone non<br />
necessariamente attraverso la sola produzione<br />
discografica”.<br />
“Una volta si andava alla casa discografica, e lì<br />
si chiudeva la questione”, ricorda Daldello:<br />
oggi invece occorre innanzitutto trovare un<br />
intreprete o registrare un demo, compito in cui<br />
l’editore può fare da intermediario, assumendo<br />
così anche un ruolo da produttore; ma in<br />
secondo luogo “ogni buon editore che si<br />
rispetti ha un archivio dati, un data base”,<br />
indirizzi – a volte migliaia – ai quali vengono<br />
inviati spartiti e basi midi. Una scelta obbligata,<br />
questa, per chi si occupa di musica – come<br />
quella da ballo – che verrà soprattutto eseguita<br />
dal vivo più che affidata solo ad un supporto<br />
discografico, spiega Galletti: “Abbiamo una<br />
mailing list di migliaia di nomi che è costante
mente aggiornata; si fanno migliaia di invii ma<br />
è un costo che riusciamo a sopportare; poi per i<br />
brani più significativi si registra il videoclip,<br />
esistono delle trasmissioni televisive che li<br />
mettono in onda, soprattutto – purtroppo –<br />
canali televisivi privati che hanno programmi<br />
specifici di musica da ballo e fanno passano i<br />
videoclip di orchestre. Ma al di là della musica<br />
da ballo ci occupiamo anche di altri settori,<br />
come il genere latino, salsa cubana, dominicana:<br />
in questo caso abbiamo delle modalità di<br />
promozione diverse, più simili a quelle della<br />
musica leggera. Questa promozione si rivolge<br />
soprattutto alle fiere salsere o ad altri eventi di<br />
quel genere e poi è diretta anche all’estero,<br />
come accade al settore in crescita della musica<br />
lounge-chillout”.<br />
Discorso analogo per il settore della musica<br />
classica: “Abbiamo una banca dati di oltre<br />
4mila indirizzi in tutto il mondo”, spiega<br />
Savasta, di qui il ricorso a mezzi di informazione<br />
come riviste specializzate o newsletter via<br />
Internet da inviare a tutti i potenziali clienti<br />
interessati ad eseguire – dal vivo o in studio –<br />
una particolare opera in catalogo.<br />
Quanto ai mezzi di comunicazione più importanti,<br />
“si occupano soprattutto di grandi eventi”,<br />
come indica Verona, che in Italia ne vede<br />
essenzialmente tre: Sanremo, il concerto del<br />
Primo Maggio, il Festivalbar (“l’unica compilation<br />
che vende”). Ma entrare nel circuito di chi<br />
può permettersi di partecipare a tali eventi non<br />
è affatto semplice, né per un editore né per un<br />
artista ancora da far conoscere al grande pubblico.<br />
Per questo Verona insiste sulla qualità<br />
del prodotto: “Il disco, come negli anni ’60 e<br />
’70, dovrebbe essere un po’ il punto d’arrivo e<br />
non di partenza del gruppo, dell’artista, della<br />
band, che soltanto dopo essersi collaudati con<br />
del Live ed essersi fatti conoscere con molta<br />
attività dal vivo e attraverso il web dovrebbero<br />
poter fare il passo successivo con dei dischi che<br />
abbiano dei contenuti interessanti non solo<br />
per una cerchia di aficionados in un territorio<br />
determinato, ma aprire un po’ le porte ad un<br />
mercato che possa guardare anche all’estero;<br />
un prodotto frutto di tutte le esperienze che si<br />
sono fatte, anche delle contaminazioni musicali<br />
e sonore che si sono vissute andando in<br />
giro a suonare”.<br />
Quello dell’editore è insomma un lavoro per il<br />
quale serve una precisa vocazione: l’editore “è<br />
innnamorato dell’autore, della canzone: una<br />
canzone rimane nel cuore dell’autore molto più<br />
a lungo di quanto rimanga il successo del disco<br />
nel cuore del discografico; finito quel successo<br />
il discografico deve farne subito un altro”, spiega<br />
Daldello, il quale sottolinea le difficoltà nei<br />
rapporti attuali fra i due settori: “Attualmente la<br />
nostra maggior preoccupazione è l’attacco sferrato<br />
da una parte della discografia, che tende ad<br />
abrogare l’articolo 180 (ovvero l’esclusività<br />
della percezione dei diritti d’autore alla <strong>Siae</strong>): i<br />
discografici, cosiddetti ‘utilizzatori dell’opera’,<br />
d’altra parte ci sono necessari, perché senza di<br />
loro la divulgazione dell’opera è difficile; opera<br />
che nello stesso tempo vorrebbero però pagare<br />
sempre di meno”.<br />
Insomma, una professione che ha davanti un<br />
futuro ancora roseo, nonostante la rivoluzione<br />
Internet abbia colto un po’ tutti di sorpresa,<br />
come spiega Rolando: “La musica sta diventando<br />
magari non protagonista come una volta,<br />
perché ce n’è troppa, ma è dappertutto: noi<br />
dobbiamo mantenerne la qualità e la gestione,<br />
lottare contro la pirateria”; proprio Internet e i<br />
digital rights, non legati alla vendita del supporto<br />
discografico, daranno maggiore impor-<br />
VIVAVERDI<br />
29<br />
tanza alla professione di editore, sostiene Buja.<br />
Per Galletti e Sugar a giocare un ruolo primario<br />
sarà proprio la <strong>Siae</strong>, se questa riuscirà a garantire<br />
remunerazioni “in linea con il maggior<br />
consumo di musica che esiste”: e “maggiori<br />
risorse per gli editori significano maggiori<br />
investimenti sulla creatività e gli artisti”.<br />
Sui controlli della <strong>Siae</strong> ritorna Daldello:<br />
“Purtroppo negli ultimi anni abbiamo notato<br />
una flessione dovuta ad una serie di ragioni: la<br />
più importante è il comportamento scorretto di<br />
molte orchestre, che suonano i successi di ieri e<br />
di oggi ma poi nei programmi scrivono i titoli di<br />
altre canzoni. La <strong>Siae</strong> è molto presente in periferia,<br />
ma è molto più occupata ad incassare che<br />
a controllare: incassa bene, ma controlla molto<br />
poco”. Ma la responsabilità è in parte anche<br />
degli stessi autori, continua Daldello: “Ormai<br />
svolgiamo un’attività a livello continentale e<br />
l’autore, per sapere quanto succede, dovrebbe<br />
frequentare maggiormente e stare a fianco degli<br />
editori. Saltando l’editore probabilmente non<br />
viene nemmeno a conoscenza dei problemi che<br />
riguardano la remunerazione del suo lavoro”.<br />
La disponibilità di risorse rimane, a detta di<br />
Savasta, il problema principale da affrontare:<br />
“Ogni volta si parla di tagli ai fondi destinati allo<br />
spettacolo e agli eventi di carattere culturale: i<br />
festival hanno pochi soldi e quindi fanno pochi<br />
concerti, chi esegue la musica contemporanea<br />
continua a chiederci sconti perché ha pochi<br />
soldi per pagare il noleggio, per pagare i solisti,<br />
per fare il concerto, per muoversi. Produrre è<br />
diventato molto costoso anche per noi”.<br />
Quello della musica contemporanea, conclude<br />
Savasta, appare per un editore un futuro “brutto<br />
no, ma faticoso sì”.
VIVAVERDI<br />
30<br />
opera<br />
GIULIETTA E ROMEO<br />
RICCARDO, PASQUALE, VERONA, L'AMORE<br />
di Stefano Micocci<br />
“Le pietre, l’aria, le persone e la città.<br />
Dal cielo scende l’aria e si fa respirare. Amore,<br />
vita, morte, questa è la città.<br />
Ma c’è nell’aria un odio che si può toccare.<br />
Verona, L’amore, Giulietta, L’amore, Romeo,<br />
Verona…”.<br />
Roma, che mai come stasera è Roma caput mundi.<br />
È il 16 settembre e sono le 21. Il cielo è coperto,<br />
minaccioso. L’atmosfera è unica, siamo al<br />
Colosseo, dentro il Colosseo. Solo Paul McCartney<br />
aveva avuto questo onore. C’è un palcoscenico<br />
montato, delle luci non ancora spettacolari che<br />
fremono per essere liberate da un maghetto francese,<br />
tal Jacques Rouveyrollis, che abbiamo conosciuto<br />
e apprezzato nei concerti di Cocciante ai<br />
tempi del tour La Grande Avventura. Una impeccabile<br />
organizzazione a cura di Friends e Partners,<br />
Comune di Roma, Airc, Telecom, la<br />
Soprintendenza Archeologica e il Ministero per i<br />
Beni e le Attività Culturali che hanno allestito una<br />
tribuna per i giornalisti, non solo italiani. E una<br />
platea di circa trecento invitati, “crema” della<br />
società civile, il pubblico più difficile del mondo!<br />
Ma non fa niente, a Cocciante piacciono le grandi<br />
avventure e altrettanto le sfide. Quella di Notre<br />
Dame de Paris è stata stravinta da Riccardo<br />
Cocciante e Pasquale Panella, quest’altra è appena<br />
partita: l’appuntamento è a Verona per la prima<br />
mondiale, il primo giugno 2007.<br />
La serata al Colosseo sembrerebbe un’anteprimalancio<br />
un po’ eccessiva e invece si propone un<br />
preciso obiettivo, è parte di un vero e proprio progetto:<br />
sarà devoluto a favore della ricerca sul cancro,<br />
all’Airc, 1 euro per ogni biglietto venduto al<br />
pubblico che assisterà alle rappresentazioni di<br />
Giulietta e Romeo nel lungo tour che toccherà le<br />
principali città del mondo fino al 2015. La prevendita<br />
dei biglietti è iniziata già in questo mese di<br />
Di fianco,<br />
Pasquale Lino Panella;<br />
nella pagina che segue,<br />
Riccardo Cocciante<br />
in una Foto di Michel Figuet<br />
Diretta-differita d'una visione, una pre-visione, un'anteprima assoluta della nuova opera<br />
di Riccardo Cocciante e Pasquale “Lino” Panella. Cocciante, da solo sul palcoscenico,<br />
interpreta tutti come un one man opera, mostra ai futuri attori cantanti come devono<br />
interpretare Giulietta, Romeo, Verona, le risse, la festa, l'amore, la morte, la storia infinita.<br />
Artista unico nel panorama italiano, è assistito spiritualmente in platea da Panella, che<br />
commenta per Vivaverdi l'eccezionale evento che ha luogo dentro il Colosseo<br />
settembre. Ma in questa notte di fine estate l’artista<br />
nato a Saigon, vissuto a Roma, Parigi, Miami e<br />
Dublino, ce la offre in anteprima, da solo sul<br />
palco, one man opera: come un gladiatore, lui con<br />
quel fisico solo apparentemente piccolo, in realtà<br />
è una forza della natura. Manca poco all’inizio del<br />
primo atto, Riccardo sta per interpretare Giulietta,<br />
naturalmente Romeo, ma anche Mercuzio e<br />
Tebaldo, Fra’ Lorenzo e Benvolio, i Montecchi e i<br />
Capuleti; le liti, l’affronto, l’odio, l’amore, la festa,<br />
la maledizione e la benedizione, le spade, la vita,<br />
le ferite, la morte. Tutto da solo. Tutto in una<br />
notte. Ed eccolo sul palco, raccoglie i primi<br />
applausi, e lui, candido per natura ma anche per<br />
scelta, si presenta dicendo con un fil di voce:<br />
“Tutto qua”.<br />
Al pubblico spetta il compito d’immaginare i ballerini<br />
e gli immancabili acrobati, le diverse scenografie,<br />
i cori, le facce dei futuri protagonisti, le<br />
lacrime in scena e quelle emozionate del pubblico<br />
degli adolescenti, gli applausi a scena aperta e<br />
tutto il resto: a tratti, le vedremo forse, le future<br />
immagini, proiettate sulle pietre sacre della storia,<br />
ma sarà frutto della nostra immaginazione, uno di<br />
quei piccoli miracoli che compiono gli artisti, o<br />
meglio, alcuni di loro: Richard Cocciante, nella<br />
sua carriera, ne ha fatto qualcuno in più.<br />
L’abbiamo visto e ascoltato all’Olympia di Parigi,<br />
nel gennaio del ’94, cantare in francese per i suoi<br />
parigini, ma anche cantare nella stessa città, per<br />
12.000 persone a distanza di pochi giorni, nel<br />
grande Auditorium della Città della Scienza, con il<br />
pubblico francese che gli richiedeva di cantare<br />
qualche pezzo nel suo italiano, per poi spellarsi le<br />
mani negli applausi, smentendo ogni pregiudizio<br />
culturale da parte loro, nei nostri confronti.<br />
E poi quel mese di Teatro Sistina a Roma: 40<br />
repliche del concerto de La grande Avventura,<br />
tutto-esaurito ogni sera, ai tempi in cui Gianni<br />
Marsili con Paddeu, rilanciavano il Teatro come<br />
luogo di musica, ideale per i cantautori . Ma oggi,<br />
dentro il Colosseo, è la sera dei miracoli, leggete<br />
cosa sta dicendo adesso Cocciante: “Buonasera…<br />
Tutto qua. Non c’è altro aggettivo che questo: che<br />
sia buona la sera… Il luogo è una meraviglia del<br />
mondo. E di questa meraviglia, tra poco romperemo<br />
il silenzio. Tutto il resto è semplice, è tutto<br />
qua: tra poco ci saranno la musica, le parole, il<br />
canto, la luce… la giovinezza spezzata. Che per un<br />
autore significa “maturità” . Giulietta e Romeo è<br />
anche questo: sopravvivere alla propria giovinezza<br />
innamorata perché qualcuno deve raccontarla o,<br />
meglio, cantarla… perché il canto rende infinita la<br />
vita. Questa non è un’anteprima ma la manifestazione<br />
d’un segreto, l’intimo incontro tra musica,<br />
parole e canto, quando scena e personaggi sono<br />
ancora un luminoso abbaglio. Un segreto che può<br />
essere svelato, ad alta voce, una volta sola… Tutto<br />
qua. Grazie infinite dal canto nel quale soltanto è<br />
infinita la vita, è infinito l’amore”.
VIVAVERDI<br />
31
VIVAVERDI<br />
32<br />
opera<br />
Prima di farci travolgere dal canto, parliamo con<br />
Pasquale Panella, autore del testo di Giulietta e<br />
Romeo, sì, prima Giulietta e poi Romeo…<br />
“Giulietta e Romeo è italiana di nascita, come<br />
novella che passa di mano da Luigi Da Porto a<br />
Masuccio Salernitano, a Matteo Bandello: una<br />
novella, non ancora teatro, superiore in Bandello<br />
al dramma di Shakespeare, una storia talmente<br />
congenita all’uomo. La perdita della giovinezza,<br />
l’amore tanto grande in quanto non dura. Questo<br />
“non durare” è tanto grande!”.<br />
Intanto Cocciante canta:<br />
Giulietta, perché?<br />
Romeo, perché?<br />
Perché questo amore<br />
Muore per amore<br />
Perché?<br />
Panella e Cocciante<br />
nel concerto al Colosseo<br />
del 16 settembre scorso<br />
Di fianco la locandina<br />
dell’opera contemporanea.<br />
Insistiamo con Pasquale Panella, l’uomo che dice:<br />
“se devo chiedere un parere autorevole, lo chiedo<br />
a me”, ma noi siamo abbastanza d’accordo con<br />
l’opinione che lui ha di lui. Chi lo conosce bene, sa<br />
che la sua natura simile a quella di Carmelo Bene,<br />
lo avrebbe portato a film suoi tipo Capricci o<br />
Nostra Signora Dei Turchi, a dischi suoi, a distanze<br />
eccessive dal pubblico di maggioranza. E allora<br />
un giorno ha deciso di scrivere canzoni, lui che<br />
avrebbe potuto scrivere un libro alla settimana!<br />
Cominciò con Enzo Carella, raggiungendo quasi<br />
da subito risultati originali, raffinati ma anche<br />
graditi dal pubblico. Provò a trottolare con Minghi<br />
con successo, mentre tutti conoscono Don<br />
Giovanni e gli altri dischi con Lucio Battisti. Notre<br />
Dame De Paris, non è una casualità, un colpo di<br />
genio, perchè aveva già scritto svariati esperimenti<br />
per una via italiana al musical, vere e proprie<br />
perle, ma di “bigiotteria”, perché è così che definisce<br />
il musical: tra i tanti anche un’Odissea per<br />
un Ulisse troppo vero come Carella, un artista<br />
viaggiatore, uno che a Itaca non è ancora tornato.<br />
“Il loro amore è un oltraggio al mondo e alla contemporaneità!<br />
Due che si amano stabiliscono la<br />
Foto Miki<br />
più assoluta, esclusiva contemporaneità d’essi<br />
soli, circondati da esseri risibili e inattuali.<br />
L’attualità è essere soli al mondo, soli in due, circondati<br />
da cattivi esempi. Chi si ama è un’offesa<br />
agli affari, all’amministrazione locale: sto parlando<br />
dell’amore in fiamme, dell’amore insensato,<br />
della vampa nascente, dell’incendio che sa d’esser<br />
doloso. I nostri amori in anticipo sulla vita, quelli<br />
che nascono di nascosto, non manifesti per istinto,<br />
occultati alle più vicine e basse e alle più lontane<br />
e alte gerarchie, l’amore che nessuna forza dell’intero<br />
arco parlamentare può rappresentare, che<br />
sfugge alla statistica e al sondaggio, all’analisi di<br />
mercato, quell’amore senza prodotto. Ma soprattutto,<br />
finalmente, senza futuro. L’abbiamo conosciuto,<br />
mi vorrei rovinare… parlare del primo<br />
amore, dell’amor primo… è importante che<br />
Romeo fantastichi all’inizio per Rosalina, ma lo<br />
sanno tutti, è il suo amore costruttivo ossia non è<br />
l’amore, è dicibile ossia è futuro, è arredamento, è<br />
casa, famiglia, figli e un buon lavoro, non è amore,<br />
è adeguatezza. Poi Giulietta, il crollo del futuro,<br />
l’ora è adesso, la breve eternità umana tra l’usignolo<br />
e l’allodola, gli uccellini di Shakespeare che<br />
qui, stasera, non ci sono, qui c’è il canto umano,<br />
l’usignolo è lui, l’allodola è lei… Giulietta e Romeo<br />
è storia nostra, di noi creature viventi, è storia<br />
nostra, mortale. Primo in questo senso, l’amore:<br />
che l’eventuale secondo o terzo e via non sono che<br />
parodia… tutta la vita lo è un po’, escluso quell’amore,<br />
primo come primo esempio senza dimostrazione.<br />
Tutti lo conoscono, anche chi non lo<br />
conobbe, perché lo ha sognato… dopo di che<br />
morimmo… fermami, non farmi più parlare…”.<br />
Infatti non parla più, si ferma. “L’amore ferma il<br />
mondo…” sussurra quasi segretamente.<br />
Cocciante canta i Montecchi:<br />
Cercate lite voi qui?<br />
La lite siamo<br />
Noi.<br />
E canta il Principe:<br />
Avete un rancore<br />
Che non sa la ragione<br />
Come fosse un amore…<br />
L’Artista, solo in scena, canta i Capuleti e i<br />
Montecchi insieme:<br />
Maledizione a Verona<br />
Benedizione a Verona<br />
Se l’odio vince, muore<br />
L’amore vince e muore<br />
Dice Panella: “L’amore breve che preferisce morire<br />
piuttosto che continuare ad essere, o diventare,<br />
‘mondo’. Quando ero più giovane, volavo con la<br />
mia auto, avrei voluto che non esistessero tragedie<br />
sulla terra non perché fossi buono ma perché non<br />
mi disturbassero. Correvo all’amore… ’il mondo’<br />
non poteva darmi che fastidio. C’è odio tra le due<br />
famiglie di Verona, un odio precedente alle sue<br />
ragioni, c’è il mondo, volano ‘parole d’aria’, non si<br />
sa perché, la ragione è nell’essere umano, e questi<br />
esseri umani la trovano: si odiano perché loro due<br />
si ameranno. Si ameranno? Sì. E, in quel momento,<br />
la parola politica, la parola affaristica diventerà<br />
tremante parola d’amore, fine a se stessa e delirata<br />
in due. E questo non va bene al mondo, è cosa dell’altro<br />
mondo: la stessa circolazione delle merci è<br />
frutto di una controversia, c’è chi ce le ha e chi<br />
vuole averle e c’è chi ne ha bisogno, e in mezzo<br />
cosa c’è? L’ingaggio di un duello, la contrattazione…<br />
L’amore è un abbaglio, rende ciechi e disinteressati<br />
se non all’amore. E’ una lotta tra due<br />
cecità, l’altra è quella dell’odio. L ’amore nascente,<br />
questa grande tentazione, questo squilibrato tentativo…<br />
ma siamo nel mondo… appare subito il<br />
suo acquirente: una morte sollecita… c’è convenienza…<br />
può sembrare incredibile, c’è convenienza<br />
anche per gli amanti. Diventano, anche<br />
loro, subito merce, alimenti del sogno, della leg-
Foto Armando Rotoletti<br />
genda, scena, novella, teatro, finzione della nostra<br />
morte innamorati. In musica. Parole d’aria dell’odio,<br />
parole d’aria dell’amore, arie musicali…”.<br />
Bella questa teoria di Panella, l’amore non muove<br />
il mondo, casomai lo ferma, e poi questo titolo,<br />
prima Giulietta e poi Romeo… Shakespeare non è<br />
nemmeno citato. In italiano questo titolo ha<br />
anch’esso una sonorità amorosa: Giulietta e<br />
Romeo sono già un abbraccio.<br />
“Sono due adolescenti, due bambini… due pazzi<br />
d’amore, le famiglie due maniche di stronzi, il<br />
mondo è quello che è, ossia altro da loro. Cosa<br />
credi che cerchino? Un posto nascosto, una notte,<br />
gli occhi negli occhi, chiusi… o lì, così, o in nessun<br />
posto. Tutto questo cos’è? Non è mondo,<br />
volendo, non è nemmeno vita. La vita, con le sue<br />
premure — dove, quando, come — è un intralcio,<br />
un ostacolo. L’amore abbatte il mondo come barriera,<br />
come spalliera d’edera oltre la quale non c’è<br />
altro che il posto per farlo, l’amore. Cosa vuole la<br />
voglia? Esaudirsi, spirare… Nei due duelli<br />
Tebaldo, il cugino di Giulietta, urla ‘questo lo<br />
scanno’ ossia Romeo, l’altro seme… di mezzo c’è<br />
Mercuzio… il seme sprecato, la giovinezza. Muore<br />
ammazzato per errore, come una figura metaforica<br />
tolta di mezzo, una ridondanza della giovinezza,<br />
un’iperbole. Romeo uccide Tebaldo perché lui ha<br />
ucciso Mercuzio, e questi due muoiono scivolando<br />
sul corpo di Romeo: giovinezza che se ne va. È il<br />
dramma dell’ovvio, la bella banalità: eccezionale è<br />
la sua messa in scena… è sempre un corpo a corpo<br />
con la banalità! Così per i duellanti, così per noi.<br />
Siamo tutti un po’ tiranni, eleviamo la banalità al<br />
rango di ministra delle cose del mondo, di ministra<br />
per lo spettacolo. Giulietta e Romeo, poi il<br />
nulla, un nulla che si fa strada torpidamente, con<br />
Foto Miki<br />
la spietata espansione della nebbia o del sipario.<br />
Un veleno assopisce Romeo che svanisce dormendo,<br />
lei si sveglia dalla sua narcosi, il cuore le batte<br />
e poi le scoppia, lei lo sente squarciarsi, lo induce<br />
a spaccarsi… È il momento dell’espansività: lei<br />
muore per l’esplosione del sentimento, il cuore,<br />
espanso, scoppia… tutto accade dentro, non c’è<br />
sangue né spadino, è la morte in sé, occulta e<br />
occultata come l’amore, la morte è l’amore, il<br />
petto di Giulietta è il più intimo palco nascosto, su<br />
questo palco di teatrale intimità forse già troppo<br />
esposta. Si vede che i due muoiono ma non si vede<br />
dove… e, finalmente, l’amore è eterno, diventa<br />
‘amor da morti’, ‘t’amo fino a morire’ va oltre,<br />
entra nel linguaggio, nella chiacchiera d’amore dei<br />
vivi in platea, se ne esce dal teatro, defluisce e va<br />
per strada, entra nel loro arredamento ma dura<br />
più della lavatrice e del tinello, entra come un tarlo<br />
nei mobili. L’opera è una deflagrazione, nella sua<br />
semplicità, è il racconto della fine, colpisce i protagonisti<br />
ma risparmia il pubblico. La morte di<br />
una ragazza è odorosa, aromatica, infinita, è una<br />
forma di vita altrui. È una canzone che, finendo,<br />
VIVAVERDI<br />
33<br />
non finisce più, alle volte, di ricominciare. E gli<br />
voglio bene a questa canzone, a questa forma<br />
breve, a questo dispiacere di perdere la giovinezza,<br />
dispiacere che essa insinua sempre coi suoi versi e<br />
la sua musica. Dispiacere insieme al sospetto,<br />
quale sospetto? Un dubbio forse… spezzata la giovinezza<br />
resta quel dubbio… quale? Un vero<br />
sospetto e un vero dubbio sono indicibili. E io<br />
non voglio dirli, anzi, più vanitosamente, non so<br />
dirli. Vorrei parlare a vanvera e, quanto lo vorrei,<br />
non avere recensori, per favore… a un certo punto<br />
la questione è tra te e il pubblico, tra te e te stesso<br />
quando, come adesso, sei in platea… tu, io…”.<br />
Due ore di canto estremo, Cocciante comincia a<br />
carburare, non è stanco, anzi felice per la sfida<br />
vinta, è la fine del secondo atto, incrocia il canto di<br />
Fra’ Lorenzo, dei Montecchi e dei Capuleti:<br />
Perché la vita invidia/ questo amore e l’uccide<br />
Questa vita, che è viva, uccide/ questo amore che<br />
muore qui<br />
L’amore che non vivrà mai/e che mai morirà<br />
Perché?
VIVAVERDI<br />
34<br />
BR<strong>UN</strong>O LAUZI<br />
SCRIVERE PER<br />
di Bruno Lauzi<br />
autoritratti<br />
Ognuno di noi vorrebbe lasciare una traccia del<br />
proprio passaggio sulla Terra e fino dagli albori<br />
della civiltà si ritrovano incisioni nelle caverne<br />
a testimoniare l’interesse dei nostri antenati a<br />
fissare nella pietra le prime immagini di un<br />
mondo fumigante, sorgente dai vapori primordiali<br />
raccontati da Stravinskj ne La saga della<br />
primavera… fino ad arrivare al quotidiano<br />
stillicidio di inutili ammassi di chiacchiere e<br />
“paparazzate” che a volte ci fanno amaramente<br />
pentire di doverli decifrare… La traccia che<br />
oggi lasciamo dietro di noi è spesso così poco<br />
lusinghiera che la bava di una lumaca dà<br />
miglior prova di sé…, ma nulla è perduto definitivamente<br />
finché esisterà l’eccezione,<br />
l’Artista cui è demandato il compito storico di<br />
raccontare la Vita con sublime maestria. Sono<br />
gli artisti che ci salvano dalla inutilità dei<br />
mediocri resoconti che ci sommergono: qua e<br />
là dalle pagine insospettabili di una qualche<br />
gazzetta si alza una voce e si è salvi…, ecco allora<br />
la penna sulfurea dei Longanesi, dei Flaiano,<br />
dei Montanelli che ci mostrano impietosamente<br />
la distanza tra il vero genio e il pennivendolo…,<br />
ed ecco nascere il Giornalismo,<br />
ovverosia l’arte di scrivere stringatamente per<br />
tutti gli assetati.<br />
Vi starete chiedendo, alla Totò: “Ma questo<br />
dove vuole arrivare?”<br />
Ammetto d’averla presa un po’ alla larga, d’altra<br />
parte quando mi è stato chiesto di scrivere<br />
su questa splendida rivista di me e delle mie<br />
imprese e farmi per una volta giornalista mi<br />
sono sentito una vocina nell’orecchio sibilarmi<br />
un imperativo che suonava come un “Radames<br />
discolpati!“ di antica memoria… in soldoni, ne<br />
sarei stato capace?<br />
“Diecimila battute”, mi offre impietosamente<br />
l’amico Oscar Prudente. Hai detto prospero!<br />
50 battute per 30 righe fanno circa 7 cartelle…,<br />
e questa è la prima…<br />
Avrete capito che per me scrivere è stato fin<br />
dall’inizio un gioco che solo per caso è diventa-<br />
Bruno Lauzi mentre<br />
legge il primo numero<br />
di Vivaverdi<br />
“Scrivete sempre in modo da essere voi stessi i primi a meravigliarvi di ciò che avete<br />
scritto, evitate le secche del luogo comune e soprattutto del politically correct, scoprite<br />
ciò che nascondete dentro di voi”. È il consiglio dato agli studenti da Bruno Lauzi. Ma<br />
anche il filo rosso di una vita intera trascorsa a comporre testi di canzoni, musica,<br />
poesie, romanzi. Fino all'ultimo caso editoriale: “Il caso del pompelmo levigato”, per<br />
l’appunto. Testimonianza su una nobile arte in prima persona<br />
to una professione. Fin da ragazzino, quando<br />
con gli altri compagni di sogni si progettava il<br />
futuro, ed il nostro quartiere, la Foce a Genova,<br />
stava inconsapevolmente diventando il centro<br />
di una piccola rivoluzione culturale che per<br />
comodità fu definita Scuola Genovese, io ero<br />
stato designato a diventarne lo storico, quello<br />
che l’avrebbe raccontata…<br />
Non chiedetemi perché, ma credo dipendesse<br />
dal fatto che la mia voce parve inadatta al<br />
canto, essendo simile piuttosto a quella del<br />
tipico vecchietto da film western. Il tempo ha<br />
fatto giustizia di questo preconcetto, così come<br />
ha dimostrato che la cosiddetta “scuola” non è<br />
mai esistita, per l’assenza contemporanea dei<br />
maestri e degli allievi: nessuno di noi ha mai<br />
incrociato, se non geograficamente, la vita dell’altro.<br />
Aveva ragione Pasolini quando in uno<br />
dei suoi Scritti corsari ebbe a dire: “Quando<br />
qualcuno non capisce, fabbrica scaffali…”.<br />
Non nego che uno dei miei sogni era quello di<br />
diventare Premio Nobel per la Letteratura,<br />
poiché una volta che si sogna bisogna farlo in<br />
grande, ma oggi, visti i criteri di assegnazione<br />
me n’è passata la voglia: pensate che non l’ebbero<br />
Proust, Kafka, Joyce, Borges…, credo<br />
neanche Ionesco, ma non sono certo.<br />
Comunque, sappiate che scrivere non è difficile,<br />
sempre che conosciate un congruo numero<br />
di vocaboli ed auspicabilmente il loro significato,<br />
e soprattutto la grammatica e le sue sfumature<br />
(è tremendo l’assassinio del<br />
Congiuntivo che si va perpetrando). Mentre a<br />
Varese davo una mano a correggere le bozze dei<br />
suoi libri, l’amico e maestro Piero Chiara mi<br />
spiegò che il problema appunto non era scrivere<br />
ma piuttosto “cancellare”, cioè togliere il<br />
superfluo, praticamente quasi tutto, un po’<br />
come fece Michelangelo con le sue sculture…<br />
(e con questo fa due cartelle…!).<br />
Nella mia già non breve vita ho scritto di tutto e<br />
su tutto. Lo scrittore è un logorroico silenzioso, si<br />
sente in dovere di interloquire su ogni argomento.<br />
Provate però a chiedergli perché, probabilmente<br />
non capirà la domanda, ritenuta superflua:<br />
oh bella!, si scrive perché è inevitabile, il<br />
bisogno di raccontare (“raccontare è raccontarsi”<br />
disse Jack London a suo tempo…, o era<br />
Steinbeck…, che importa? Come odio le citazioni<br />
alla Biagi…, non sapendole fare!) è insopprimibile<br />
e lo portiamo nel nostro Dna ed è ciò che<br />
ci differenzia dalle bestie. Stabilito questo punto,<br />
il problema sarà allora quale mezzo di trasporto<br />
utilizzare per far viaggiare le idee.<br />
Da ragazzo pensavo che vestire di parole la<br />
musica fosse il massimo della comunicazione<br />
possibile, un lavoro piacevole, come pescare le<br />
trote in un laghetto per la pesca sportiva, dove<br />
abboccano da sole, bastava non dimenticarsi<br />
che l’ascoltatore non è interessato alla poesia<br />
ma si contenta di quel che lo sembra, che<br />
“suona” così poetico da commuoverlo fino alle<br />
lacrime. Bastava buttare lì l’esca giusta, il binomio<br />
cuore/amore, ed era fatta! Portate nell’aria<br />
dalle musiche gradevoli e dagli arrangiamenti<br />
accattivanti di “mille violini suonati dal vento”<br />
le parole sono così volate leggere per qualche<br />
decennio della mia vita professionale, con<br />
grande soddisfazione per me e per coloro che
le ascoltarono con la necessaria ingenua partecipazione.<br />
Per coloro invece che non ci volevano “stare” e<br />
cercavano risposte epocali, una parte degli<br />
scrittori di canzonette, i miei colleghi “parolieri”<br />
si cimentarono in una gara a chi sosteneva<br />
le tesi più banalmente condivisibili, del tipo<br />
“siamo tutti fratelli”, “viva la pace, abbasso la<br />
guerra”… Non ci vuole molto per capire che,<br />
non avendo mai accettata simile logica stavo<br />
cominciando ad annoiarmi… e così, da un disgusto<br />
all’altro, sono arrivato alla fine della terza<br />
cartella… ma che fatica!<br />
Contrario ad ogni retorica ho sempre concepito<br />
i miei testi “amorosi” come dei bigliettini da<br />
passare sotto la porta di quella stanza chiusa in<br />
cui ogni mio ascoltatore è rinchiuso, vuoi per la<br />
sofferenza che la solitudine gli provoca, vuoi al<br />
contrario per godersi da solo la momentanea<br />
felicità… come monadi leibniziane il “pubblico”<br />
è una somma di singole anime assetate di<br />
condivisione, in attesa di conferme ai propri<br />
stati d’animo. Diventa così ovvio progettare il<br />
testo tenendo conto delle linee guida che tracciano<br />
i confini del “territorio dell’amore”,<br />
come argutamente l’ha definito Paolo Conte ne<br />
La giarrettiera rosa… e né più né meno di<br />
come avrei agito se avessi dovuto corteggiare<br />
una ragazza, io ho sempre cercato di meravigliare<br />
( “è del poeta il fin la meraviglia…”) con<br />
l’imprevedibilità del soggetto, con qualche<br />
sorpresa talmente nascosta da non sembrare<br />
neanche tale… Qualche esempio? Non sarebbe<br />
corretto farne, neppure nei miei propri<br />
riguardi, sarebbe una sorta di spionaggio industriale<br />
e sarebbe sciocco svelare, per un cuoco<br />
dei sentimenti, i segreti della “cottura”…<br />
È più facile parlare dei testi destinati a ritrarre<br />
il protagonista, colui che canterà poi quella<br />
precisa canzone. Un paio d’esempi: quando il<br />
comune amico Serge Reggiani mi presentò<br />
Georges Moustaki, mi annunciò la sua natura<br />
levantina che faceva di lui una specie di pastore<br />
errante nel Mediterraneo. Mi venne istintivo<br />
presentarlo agli italiani come uno “con questa<br />
faccia da straniero” (inventato, perdonatemi la<br />
civetteria, sei anni prima di “con quella faccia<br />
un po’ così…”). Ne risultò un successo così<br />
clamoroso che Georges definì il mio testo<br />
migliore dell’originale.<br />
La tormentata vita sentimentale della Vanoni<br />
mi suggerì per L’appuntamento la lapalissiana:<br />
”Ho sbagliato tante volte ormai, che lo so già<br />
che una volta in più che cosa può cambiare<br />
nella vita mia?”. L’Italia intera ne convenne…<br />
e i rendiconti <strong>Siae</strong> pure…<br />
Solo quel simpatico “naive” di Piero Focaccia<br />
avrebbe potuto essere creduto se avesse detto<br />
ad una signora ”fuggisca con me”, tanto che<br />
ero certo che avremmo bissato il grande successo<br />
di Permette signora quando gli scrissi<br />
Chi rovina gli Italiani (è la sua ignorantità):<br />
purtroppo non avevo calcolato che quasi nessuno<br />
si accorse dello strafalcione, a cominciare<br />
VIVAVERDI<br />
35<br />
dai discografici! Avevo tirato troppo la corda,<br />
c’è un limite a tutto.<br />
Per concludere il discorso vi offro un piccolo<br />
scoop in esclusiva per Vivaverdi. Sapete chi è il<br />
“piccolo uomo” che non deve andare via? Non<br />
ci vuole una zingara per indovinarlo, Concetta:<br />
quel tale sono io e l’esclamazione è di mia<br />
moglie Giovanna, gridata nel bel mezzo d’una<br />
sana lite coniugale… è da allora che pretende<br />
due ventiquattresimi su ogni pubblica esecuzione…<br />
così imparo ad essere rimasto!<br />
Tirando le conclusioni, i testi che ho più amato<br />
sono Il Poeta, Ritornerai, Se tu sapessi e Ti<br />
ruberò, nella prima parte di carriera, e Io e il<br />
mare (per Bindi), L’ufficio in riva al mare,<br />
Canzone per l’America, Almeno tu<br />
nell’Universo e soprattutto Il colore tuo, questi<br />
ultimi tre scritti sulle musiche di Maurizio<br />
Fabrizio, nella seconda parte. Il mio merito in<br />
certi casi è stato relativo: ci sono musiche che è<br />
impossibile “servire” male! Ma quanta poca<br />
musica valida è in circolazione di questi<br />
tempi… Io ho provato, come i librettisti<br />
d’Opera di un tempo, a provocarne la nascita<br />
scrivendo i testi prima che il compositore mi<br />
obbligasse a scelte forzate, scegliendo metriche<br />
e percorsi che lo obbligassero ad uscire dai<br />
canoni consueti e prevedibili, ed è stato proprio<br />
nel corso della creazione delle canzoni de<br />
Il dorso della balena scritte di concerto con<br />
Fabrizio che mi sono imbattuto involontariamente<br />
nella Poesia, quando mi sono accorto<br />
che in parallelo ai testi stavano nascendo versi
VIVAVERDI<br />
36<br />
“autonomi” che non avrebbero potuto venir<br />
musicati perché bastavano a sé stessi…<br />
Vorrei che si riflettesse di più sull’autonomia<br />
della Poesia, prima di dire la solita cavolata, e<br />
cioè che i testi delle canzoni sono anch’essi<br />
“poesia”. La Parola ha una sua musicalità che<br />
prescinde dall’accompagnamento musicale, il<br />
quale, se c’è, finisce inevitabilmente per svilirla,<br />
non nel senso che essa perda valore ma perché,<br />
dal momento della fusione con la Musica,<br />
essa stessa non potrà mai più conoscere la propria<br />
valenza… Mi rendo conto che il terreno è<br />
minato, per questo proverò a fare un esempio:<br />
come posso ormai sapere il valore del testo di<br />
Ritornerai se non posso liberarmi di quell’ossessivo<br />
ritmo da bolero raveliano?<br />
I sentimenti che susciterà nell’ascoltatore<br />
saranno in qualche maniera indecifrabili e la<br />
loro corretta fruizione dipenderà da fattori<br />
emotivi comunque circoscritti dalla struttura<br />
ritmica di sostegno. Liberando la Parola dalle<br />
pastoie di una convivenza forzata ci accorgeremo<br />
di esserci scavati una via di fuga dalla inevitabile<br />
banalità del “già ascoltato”. Ed ecco che<br />
scrivo:<br />
“Un altro giorno dato in pagamento/all’infame<br />
cambiale/<br />
fino all’esaurimento/del debito iniziale…”<br />
Cosa ci metti sotto,un valzer,un tango, un<br />
rock? E ancora:<br />
“Lampi d’estate/queste tue malcelate/quoti-<br />
diane dentate nella vita./Andarsene da qui/<br />
l’unica uscita/ma traversare la stanza/ è una<br />
salita”. Come si può musicare questa Poesia?<br />
Come si fa a farla piacere a tutti? Come farla<br />
accettare in società? Il fatto è che scrivere non<br />
è una vanità dello scrittore ma un suo bisogno<br />
profondo, è il suo Karma, il suo Destino, e se le<br />
canzoni ne sono l’aspetto più immediato ed<br />
ingenuo, mano a mano che si “cresce” anche il<br />
testo più concettoso finisce per sembrare un<br />
linguaggio troppo adolescenziale, e tu non ti<br />
diverti più…<br />
Così sono nati i miei primi tre libri di poesie (il<br />
quarto è in faticosa costruzione…), I mari<br />
interni e Riapprodi, unificati poi in un solo<br />
volume dal titolo Versi facili, ed Esercizi di<br />
sguardo, entrambi pubblicati dalle Edizioni<br />
Marittime , cioè da me…, introvabili se non<br />
sul mio sito: www.brunolauzi.com.<br />
Ora sono entrato in una fase nuova, che mi fa<br />
privilegiare la prosa, il racconto lungo o<br />
romanzo breve, come volete chiamarlo. Credo<br />
che questa scelta di linguaggio sarà definitiva,<br />
d’ora in avanti sarò destinato a raccontarmi per<br />
interposti personaggi. Onestamente ci ho<br />
messo vent’anni per arrivarci tra crisi di creatività<br />
e ripetuti abbandoni per scoramento, più<br />
un numero imprecisato di porte sbattute in<br />
faccia, e se non fosse stato per l’appoggio<br />
determinante di Franco Battiato che ne ha<br />
perorato la pubblicazione presso la Bompiani,<br />
il mio incredibile Il caso del pompelmo levigato<br />
sarebbe ancora posteggiato nel regno dei<br />
sogni… Perché l’ho definito incredibile?<br />
Perché ha sorpreso anche me che ho iniziato a<br />
scriverlo in un caldo e noioso pomeriggio<br />
dell’84 lasciandomi andare ad una sorta di<br />
“scrittura automatica” che si è andata sviluppando<br />
per germinazione spontanea.<br />
Ultimamente, invitato ad intervenire ad un<br />
seminario di scrittura creativa per giovani studenti,<br />
mi è venuto da affermare il seguente<br />
principio: “Scrivete sempre in modo da essere<br />
voi stessi i primi a meravigliarvi di ciò che<br />
avete scritto, evitate le secche del luogo comune<br />
e soprattutto del politically correct, scoprite<br />
ciò che nascondete dentro di voi”.<br />
Il successo crescente del libro sta a dimostrare<br />
che la fantasia non è morta, c’è ancora spazio<br />
lontano dai biechi calcoli dei venditori di<br />
fumo. A questo proposito non resta che rilevare<br />
la situazione penosa in cui versa ormai la<br />
musica cosiddetta “leggera” in tutto il mondo:<br />
sento di essere giunto in un porto sicuro, e<br />
sono lieto che mi abbiate dato l’opportunità di<br />
affermarlo. In 12.600 battute.
ROMAEUROPA FESTIVAL<br />
VENT’ANNI DI NOMADISMO CULTURALE<br />
di Vanessa Polselli<br />
Peony Pavillon<br />
(Peter Sellars,1998)<br />
anniversari<br />
È il 1986 quando Jean-Marie Drot, direttore<br />
dell’Accademia di Francia a Roma, forte della<br />
presenza di Monique Veaute, direttore artistico,<br />
propone a Giovanni Pieraccini di avviare<br />
un festival capace di portare a Roma il<br />
“contemporaneo”. La proposta, semplice in<br />
sé, non è però di facile attuazione perché se<br />
non tutti i compagni di Drot sono da subito<br />
d’accordo a lasciare che Villa Medici (sede<br />
dell’Accademia di Francia) perda i suoi connotati<br />
di edificio “esterno” e “separato” dalla<br />
vita romana per trasformarsi invece in un<br />
centro di fertili scambi e di incontri culturali<br />
intensi, da parte sua Roma è, negli anni<br />
Ottanta, tutt’altro che il trionfo della cultura<br />
internazionale e contemporanea, immersa<br />
com’era allora nella sua millenaria autosufficienza<br />
(questo ci aveva raccontato Federico<br />
Fellini). Tant’è vero che della necessità di<br />
aprire la città alle nuove tendenze e alle tensioni<br />
artistiche si fa, sin dall’inizio, interprete<br />
proprio lo stesso Comune di Roma. Nato<br />
quindi come ponte fra l’Italia e la Francia, il<br />
Festival ha, anno dopo anno, allargato i confini<br />
della città di Roma ad artisti provenienti<br />
da ogni parte del mondo, latori di una cultura<br />
e di una storia che resta, anche quando non<br />
ascoltata, manifestazione e racconto della<br />
nostra stessa storia.<br />
Senza mai aver avuto un luogo unico d’attività,<br />
ma allestendo di volta in volta i suoi spettacoli<br />
in svariati spazi, convenzionali o meno,<br />
il Festival ha fatto del nomadismo – a leggere<br />
le cose secondo una giusta prospettiva storica<br />
– un punto di forza perché non si è identificato<br />
con alcun luogo, mentre la sua identità e<br />
la sua riconoscibilità si sono legate sempre di<br />
più agli artisti ed agli spettacoli ospitati: un<br />
festival, dunque, come variegata e poliedrica<br />
comunità di sguardi e percorsi.<br />
1986-2005. A lasciar scorrere gli occhi lungo<br />
le annate, tra letteratura, arte visiva, musica,<br />
teatro, danza, cinema emerge subito la<br />
domanda a cui gli organizzatori hanno tentato<br />
di dare, di volta in volta, una risposta, sug-<br />
In questo 2005 il RomaEuropa Festival compie venti anni di vita, e due decenni sono in<br />
genere un intervallo di tempo più che sufficiente per definire l'identità di un'iniziativa e<br />
per verificarne le ragioni d'essere. Un excursus e un bilancio ripercorrendo quattro lustri<br />
di iniziative, spettacoli e appuntamenti culturali attraverso il cartellone di Villa Medici,<br />
sede dell'Accademia di Francia<br />
gerendo possibili percorsi e orizzonti visivi,<br />
giacché una risposta definitiva, si sa, non è<br />
mai possibile in quest’ambito: un festival,<br />
dunque, quale luogo del contemporaneo,<br />
parola difficile che, ambigua e onnivora,<br />
include senz’altro tutte quelle esperienze<br />
artistiche che hanno interpretato, raccontato<br />
o anche negato, ciascuna secondo i propri<br />
strumenti, la nostra società e la dimensione<br />
della nostra esistenza in essa, spesso sfaldando<br />
i confini dei linguaggi e ridisegnando l’estetica<br />
delle arti.<br />
Poiché il 1986 è l’anno della nascita – e come<br />
spesso avviene le rotte del viaggio sono già<br />
tracciate all’inizio –, gli eventi e gli artisti<br />
ospiti hanno una loro genetica importanza:<br />
sotto il titolo di “Barocchi e Tendenze”, filo<br />
rosso di quest’edizione, si declina un viaggio<br />
da una parte lungo le musiche e la cultura del<br />
Seicento e, dall’altra, lungo le esperienze<br />
artistiche che si muovono armonicamente fra<br />
i diversi linguaggi. “Barocco”, dunque, è il<br />
concerto presentato da Claudio Ambrosini ed<br />
il suo Ex Novo Ensemble, o l’incontro fra<br />
passato e presente consumato sul mito di<br />
Fedra ne Le Racine di Sylvano Bussotti, o<br />
anche la filologica interpretazione della<br />
musica di Rameau e Charpentier da parte de<br />
Les Arts Florissant, sicuramente uno dei<br />
migliori gruppi vocali e strumentali, a livello<br />
internazionale, di musica barocca.<br />
Superamento dei confini linguistici e attenzione<br />
alle nuove tendenze espressive si legge<br />
invece nella parola che cerca corpo, spazio e<br />
voce sulla scena (l’incontro fra la scrittura<br />
letteraria di Valerio Magrelli e quella scenica<br />
VIVAVERDI<br />
37<br />
di Giorgio Barberio Corsetti), o anche nel<br />
video che investiga se stesso in quanto arte (le<br />
opere presentate da Studio Azzurro, Mario<br />
Martone e Federico Tiezzi) o, ancora, nella<br />
musica che vive e si origina dal rapporto con<br />
la scena (le colonne sonore di Massimo<br />
Terracini, Fulvio Maras e Paolo Modugno).<br />
Accanto a queste esperienze leggiamo (nel<br />
programma) anche la presenza dell’estrosa e<br />
provocatoria coreografa Regine Chopinot,<br />
accanto a quella veramente trasversale di<br />
Philippe Decouflé, mentre la musica raggiunge<br />
il suo apogeo con Turangalîla, il canto<br />
d’amore dalle sonorità complesse ed innovative<br />
di Olivier Messiaen, presente al concerto<br />
con la sua partitura in mano, mentre<br />
l’Orchestra di Santa Cecilia la interpretava<br />
sotto la direzione di un misurato Kent<br />
Nagano.<br />
Teatro, musica, danza, arte: da questo 1986, il<br />
festival, negli anni, sembrerebbe non aver<br />
abdicato ai suoi principi costitutivi, nel bene<br />
e nel male, con spettacoli talvolta anche “difficili”<br />
o non perfettamente riusciti, ma<br />
comunque coerenti con tale linea artistica.<br />
Lunga è la teoria di artisti che hanno presentato<br />
in questi venti anni le loro visioni pericolose,<br />
dissacranti o irriverenti (talvolta<br />
anche fastidiose) al sedentario pubblico<br />
romano: tra questi, per cominciare dal teatro,<br />
Peter Sellars (1998, 1999, 2002, 2003),<br />
Robert Wilson (1998, 2001, 2002), e la<br />
Socìetas Raffaello Sanzio di Romeo<br />
Castellucci, sicuramente tre dei maggiori<br />
registi contemporanei e più volte ospiti del
VIVAVERDI<br />
38<br />
anniversari<br />
Festival: accanto alle opere di Sellars quali<br />
Peony Pavilion (1998), che parte da un testo del<br />
poeta cinese Tang Xianzu (XVI sec.), e The Story<br />
of a Soldier (1999), che traduce in epoca<br />
moderna, attraverso i latinos (gli immigrati<br />
messicani in America), il senso di esclusione<br />
vissuto da Stravinskij, ci sono il Woyzeck (2002)<br />
di Büchner, che Wilson ha costruito insieme<br />
alla musica di Tom Waits, espressione visiva,<br />
rarefatta e non retorica del sentimento, e<br />
Voyage au bout de la nuit (1999) della Socìetas<br />
Raffaello Sanzio, trascrizione in forma di dolorosa<br />
partitura vocale del celebre dramma di<br />
Céline. Ma queste sono solo alcune delle opere<br />
che hanno raccontato, con testi di tradizione,<br />
una storia tutta contemporanea, con un linguaggio<br />
che non ha concesso molto alle abitudini<br />
dello spettatore; e se scorriamo velocemente<br />
i cartelloni, saltano fuori i nomi del belga Jan<br />
Fabre (1987, 2001), che riunisce in sé i ruoli di<br />
regista, drammaturgo, coreografo e scenografo<br />
dando vita a un teatro personalissimo e provocatorio,<br />
in cui ogni materia e funzione del corpo<br />
si fanno linguaggio di scena; il gruppo catalano<br />
de La Fura dels Baus, nato alla fine degli anni<br />
Settanta come compagnia di strada e approdato<br />
poi ai più importanti palcoscenici internazionali,<br />
conservando sempre quella particolare<br />
vocazione alla scomoda denuncia oltre che al<br />
dialogo non convenzionale con lo spettatore;<br />
Giorgio Barberio Corsetti, presente nel cartellone<br />
del festival fin dalla prima edizione del<br />
1986 ed ospitato nel 2003 in un singolare esperimento<br />
drammaturgico in collaborazione con<br />
Giovanni Lindo Ferretti, ex leader dei CCCP;<br />
William Kentridge, che mescola animazione e<br />
spettacolo dal vivo, denunciando senza retorica<br />
la dura condizione di vita nel Sudafrica dell’apartheid;<br />
Alessandro Baricco o Stefano Benni,<br />
entrambi chiamati a mettersi in scena attraverso<br />
letture che chiedono alla parola di farsi spazio<br />
e spettacolo; Francesca Lattuada con il suo<br />
circo che racconta storie più che offrire solo<br />
numeri di acrobazia, o Bartabas, che attorno al<br />
cavallo ha costruito un altro modello di vita;<br />
Frank Castorf, infine, il cui sguardo crudelmente<br />
fisso su un mondo omologato denuncia<br />
la nevrosi quale condizione dominante ed abituale<br />
nella vita quotidiana.<br />
Il palcoscenico, zona franca, si è trasformato<br />
così nel luogo ideale per un attraversamento<br />
delle frontiere – nel senso linguistico ed artistico,<br />
geografico e sociale –, dove gli artisti mesco-<br />
lando in modo libero e denso di significato ogni<br />
forma e linguaggio, hanno cercato l’espressione<br />
ed il modo adatto a dare voce alle tensioni del<br />
mondo contemporaneo, alle sue contraddizioni,<br />
alla sua molteplicità di messaggi e di strumenti<br />
di comunicazione.<br />
Non a caso, infatti, alcune delle opere ospitate,<br />
soprattutto per la danza e per la musica, hanno<br />
presentato un uso strumentale o critico della<br />
tecnologia: tecnologia come mezzo per indagare<br />
e sperimentare le molteplici possibilità del<br />
suono (da Berio a Nono a Xenakis) oppure quale<br />
elemento che modifica il rapporto dell’uomo<br />
con il corpo e con lo spazio, agendo sulla percezione<br />
stessa – veicolo primo dell’esperienza.<br />
Alla danza soprattutto, ontologicamente, si<br />
mostra affidato in questo ultimo ventennio del<br />
ventesimo secolo il racconto del corpo – ovvero<br />
della vita in prima persona. E così le coreografie<br />
dicono di un corpo sempre in movimento<br />
oppure immobilizzato, apparentemente libero<br />
e pronto alle più estreme esperienze eppure<br />
spesso insensibile, insoddisfatto, incapace di<br />
avvicinare un altro corpo, di reagire al circostante;<br />
il corpo come zona di confine fra dentro<br />
e fuori, fra l’interiorità ed il mondo esterno,<br />
non più negato: esso è l’uomo stesso, nella sua<br />
totalità. Da Susanne Linke a Karin Saportà; dalla<br />
divertita danza senza “stile” di Jean Claude<br />
Gallotta a quella innovativa e colorata della<br />
Compagnie Montalvo-Hervieu; da Michael<br />
Clark e i DV8 a Jirí Kylián (cha ha abbattuto il<br />
tabù di una danza consacrata alla giovane età,<br />
creando una straordinaria compagnia di ultraquarantenni)<br />
e Angelin Preljocaj fino al White<br />
Oak Dance Project, compagnia di giovani danzatori<br />
guidata dalla grande esperienza di<br />
Mikhail Baryshnikov, e ai giovani – ma non<br />
troppo – gruppi italiani (Enzo Cosimi, Lucia<br />
Latour, Virgilio Sieni, Paola Rampone,<br />
Kinkaleri, Sosta Palmizi) per giungere poi a<br />
nomi che sembrerebbero abitare ormai soltanto<br />
i manuali quali Trisha Brown, Carolyn<br />
Carlson, Alain Platel, Merce Cunningham,<br />
William Forsythe, Maurice Bejart e Bill T. Jones.<br />
Il corpo recuperato dalla danza moderna, s’è<br />
detto, ma anche quello che dalla tradizione ha<br />
recuperato la propria ragione, i propri ritmi ed<br />
un immaginario ancestrale come è il caso del<br />
flamenco (1990, 1991, 1992, 1995, 1997 – con le<br />
compagnie di Blanca Del Rey, Cristina Hoyos,<br />
Joaquin Ruiz), o del patrimonio culturale asiatico,<br />
con il Balletto dell’Accademia Reale Khmer<br />
(1997) o con le interpretazioni del Ramayana da<br />
parte di compagnie indiane, tailandesi e balinesi<br />
– e qui lo spettacolo è anche rito.<br />
Scorrendo il programma, emerge tuttavia con<br />
evidenza come sia la musica a esser sempre il<br />
vero fulcro del festival, in una gamma di possibilità<br />
che comprende il repertorio classico contemporaneo<br />
come le avanguardie elettroniche,<br />
passando per le tradizioni popolari.<br />
Nato come festival di musica contemporanea –<br />
ha ospitato Bussotti (1986, 1988), Xenakis<br />
(1988, 1994), Maderna (1992), e poi Boulez<br />
(1987, 1988, 1991), Berio (1991, 1995), Heiner<br />
Goebbels (2000) e Michael Nyman (2001) –,<br />
negli anni RomaEuropa ha ampliato la propria<br />
programmazione fiino ad includere, accanto<br />
alle raffinate composizioni contemporanee,<br />
punto fermo per tutti i venti anni, le musiche<br />
del Novecento in molte delle sue declinazioni,<br />
compreso lo sterminato panorama dell’ultima<br />
musica elettronica: dal progetto intermusicale<br />
che ha affiancato Manu Dibango all’Orchestra<br />
Nazionale di Lille (nel 1989), all’apertura alle<br />
musiche del mondo con i primi concerti italiani<br />
di Cheb Khaled (1990), Angelique Kidjo<br />
(1990), Cesaria Evora (1992), Taraf de Haidjuk<br />
(1993), fino agli incontri singolari quali quello,<br />
rivoluzionario, tra Robert Wilson e Philip Glass<br />
(Monsters of Grace 2.1), quello, più meditato ed<br />
evocativo, tra Bill T. Jones e Max Roach, il più<br />
grande batterista vivente (Another History of<br />
Collage), o anche quello, tutto barocco, fra<br />
François Raffinot e Michael Nyman (Garden<br />
Party, 1990).<br />
E così, con il passare degli anni, RomaEuropa<br />
Festival una sua identità l’ha costruita, e crescendo,<br />
talvolta in modo discontinuo, ha sviluppato<br />
un percorso artistico che ha fatto della<br />
capitale un palcoscenico della modernità, sia<br />
essa quella accattivante, colorata e divertita, che<br />
quella più difficile della denuncia e della sperimentazione,<br />
rinnovando ogni anno la sfida<br />
piuttosto difficile presentata da un mondo<br />
dominato sempre più da una globalizzazione<br />
sorda ed egoista. Ma molto poco cosmopolita.
In alto, a seguire:<br />
Tèatre Zingaro (Bartabass, 1990);<br />
Compagnie Emile Dubois<br />
di Jaan-Caude Gallotta (1987);<br />
Endstation Amerika<br />
(Frank Castorf, 2001);<br />
Merce Cunningham<br />
Dance Company (2003);<br />
Woyzeck (Robert Wilson, 2002)<br />
Sotto, Martha Graam<br />
Dance Company (1996)
VIVAVERDI<br />
40<br />
personaggi<br />
MARCO PAOLINI<br />
L'ARTE DI RACCONTARE<br />
di Lisa Ginzburg<br />
Uno che ci pensa su. Che dopo zaffate di istinto,<br />
rapidissime, poi invece ragiona e sceglie lentamente.<br />
“Sarei un pazzo, se certa energia che mi<br />
rimanda il pubblico non la tenessi stretta, senza<br />
buttarla via”, dice. Ma anche se consapevolmente<br />
contento dei grandi successi degli ultimi anni<br />
(da Vajont in poi), Marco Paolini sente che è<br />
arrivato il momento di cambiare qualcosa.<br />
Anche questo, è il rigore professionale: cogliere<br />
i cambi di vento, quegli snodi che permettono di<br />
convogliare vecchie energie verso nuovi traguardi.<br />
Un lavoro-video su Venezia, ancora<br />
acerbo ma pieno di promesse. Letture esplorative<br />
di testi vari. Viaggi, alla ricerca di nuovi codici<br />
espressivi. Avendo sempre in mente i rischi<br />
da non correre. Scadere nella recitazione gratuita,<br />
per esempio. Non svalutare l’eccezionale<br />
talento di affabulatore imprestandolo a performances<br />
obbligate, troppo consuete. “I classici<br />
sono una cosa straordinaria, ma quando in cartellone<br />
ci sono soprattutto (quasi solo) quelli,<br />
qualcosa non va. Vuol dire che non c’è coraggio<br />
di sfidare altre interpretazioni del presente. Che<br />
l’invenzione non sta lavorando”. Niente rifacimenti,<br />
dunque. Se ha letto in modo mirabile<br />
Moby Dick (anni fa alla radio), ora per Paolini<br />
non è tempo di cimentarsi con altre grandi pagine<br />
della letteratura. Continuare a raccontare, sì:<br />
ma cose nuove, e in modo diverso.<br />
Il rapporto con la carta stampata resta sempre<br />
intenso. Dopo l’amore per il testo di Luigi<br />
Meneghello Libera nos a malo (amore fruttuosamente<br />
condiviso con Gabriele Vacis), ora Il<br />
sergente, ultimo spettacolo in cartellone, è frutto<br />
di una visitazione lunga e articolata del<br />
Informare l'opinione pubblica attraverso il teatro. E così il pubblico, più che un attore, ha<br />
finito con il considerarlo un giornalista. Lui non se la prende perché è conscio della<br />
differenza tra i due generi narrativi ed espressivi e perché “l'intervento del corpo cambia<br />
tutto”. Il significato profondo del “teatro civico”<br />
romanzo di Rigoni Stern. Per sondare il livello di<br />
“dicibilità” del testo, Paolini ha lavorato mettendo<br />
alla prova un suo pubblico scelto, molto<br />
ristretto, del quale si fida. Ma non funzionava.<br />
Così, rigoroso, paziente, ha ricominciato da<br />
capo. Viaggiando nella ex Unione Sovietica per<br />
respirare l’aria dei luoghi. Gli piaceva in generale<br />
che fosse un lavoro in grado di parlare non di<br />
un singolo, un sopravvissuto, un testimone, ma<br />
che descrivesse invece come non si sopravvive,<br />
la disumanità di una esperienza collettiva.<br />
Il punto di vista d’insieme è qualcosa che sembra<br />
percorrere l’intero filo della produzione teatrale<br />
di Paolini. Degli Album (si veda il box accanto),<br />
nuova creatura libraria dopo Teatro civico, è<br />
stato detto che sono una grande opera corale.<br />
Monologhi, molte storie sparse, ma il cui scorcio<br />
narrativo sembra dato piuttosto dall’occhio di<br />
un singolo. Ed ecco profilarsi un altro rischio da<br />
aggirare: non essere un autore ingombrante.<br />
Restituire i fatti, ma senza mettersi in primo<br />
piano. Tanto bene ci è riuscito, Marco Paolini,<br />
che gli succede di essere preso, anziché per un<br />
attore, per un giornalista. Lui non se la prende.<br />
Convinto come è della profonda differenza che<br />
esiste tra informazione e teatro (perché nel teatro<br />
c’è l’intervento del corpo, che cambia tutto).<br />
E convinto, ancora di più, del significato del fare<br />
un teatro “civico”. Lo straordinario impatto che<br />
Sopra, Marco Paolini in<br />
Il Sergente (foto di Monika Bulaj)<br />
e con I Mercanti di Liquore<br />
“Song n° 32” in una foto<br />
di Marco Caselli<br />
gli spettacoli di Paolini hanno sul pubblico (a<br />
cominciare da Vajont, l’”orazione civile” che<br />
sbancò lo share inchiodando davanti al piccolo<br />
schermo milioni di spettatori), dipende tra le<br />
altre cose da questo: dalla forza dirompente che<br />
si sprigiona da storie raccontate con un’intelligenza<br />
pari a una sapienza della fisicità. È contento<br />
dell’ottima qualità del suo repertorio<br />
video. Dipende, dice, dal vantaggio dell’autoprodursi<br />
(lavorare quindi da anni con una équipe<br />
di persone e un regista con i quali la fiducia è<br />
assoluta). E poi, quando si fa qualcosa di poco<br />
teatrale, è più facile “bucare lo schermo”. Il<br />
risultato video della diretta di uno spettacolo di<br />
teatro di narrazione, è sempre migliore rispetto<br />
a normali riprese di spettacoli. Fatto salvo che, a<br />
monte, è necessario (come fu nel caso di<br />
Vajont) un palinsesto televisivo abbastanza<br />
intelligente da dare spazio e giusto orario a trasmissioni<br />
del genere.<br />
Ma l’arte di raccontare, da dove arriva? In principio<br />
è stato raccontare storie ai bambini, e scoprire<br />
di attanagliare anche gli adulti. Dopodiché,<br />
inoltrarsi nella spirale complessa della struttura<br />
di una narrazione. Una spirale che deve essere<br />
capace di trasformarsi nella linea curva di un<br />
arco. Non è facile, trovare un linguaggio che<br />
segua la curvatura di una sequenza sintattica
GLI ALBUM DI MARCO PAOLINI<br />
TEATRO COME ROMANZO DI FORMAZIONE<br />
“Gli Album sono i cosiddetti binari morti. Scarti, roba da tagliare.<br />
Quelle cose che si buttano, ma si mettono da parte perché<br />
non si sa mai” dice Paolini nel prologo-descrizione che “apre”<br />
i primi due Dvd degli Album (Gli Album di Marco Paolini, Einaudi<br />
Stile libero). Usciti in maggio (la seconda parte a fine settembre),<br />
gli Album costituiscono, si potrebbe dire, un nuovo genere<br />
narrativo e visivo. In linea con l’intera produzione artistica di<br />
Paolini il teatro è raccontato, la grande storia è tagliata su<br />
misura del microracconto autobiografico; ma dal racconto,<br />
come in un gioco a spirale, si sviluppa un commento video,<br />
una propaggine di sequenza di immagini che potenzia le parole.<br />
La giuria del Premio Pieve di Santo Stefano dedicato ai<br />
diari, quest’anno ha deciso di dare una menzione speciale a<br />
Paolini. Lui però, ancora nella ripresa-prologo, ci tiene a precisare<br />
che gli Album non corrispondono alla forma-diario. Sono<br />
piuttosto autobiografia in diretta; meglio ancora, “una palestra<br />
per imparare a raccontare”. Le vicende si dipanano, lente e<br />
avvincenti, sempre giocando sul doppio binario di macro e<br />
microstoria. Questo di sicuro, non un binario morto. Se è vero<br />
che attraverso tali e tanti scorci il passare del tempo è affrontato<br />
con leggerezza, è perché le storie sono considerate con<br />
irriverenza verso quella che è la loro contestualizzazione nel<br />
mondo, e totale rispetto invece verso i dettagli.<br />
Linguaggio abilissimo, tutto costruito sui particolari. Gestualità<br />
di Paolini, e corrispondente commento visivo, che avvalora<br />
queste storie italiane ma che potrebbero essere universali.<br />
Silenzi che parlano, lunghi discorsi che nel fondo tacciono. La<br />
scoperta del teatro come romanzo di formazione. E dietro,<br />
come in un gioco di pannelli mobili, il ’68 e il lento tramontare<br />
di certo cattolicesimo giovanile, gli anni ’70 e la droga, lo<br />
sport, la scoperta dei lunghi viaggi come mito geografico-narrativo…<br />
Impariamo, riflettiamo, ricordiamo guardando gli<br />
Album. Ma senza lasciarci prendere dalla malinconia di una<br />
visita ai bauli di lettere e fotografie custoditi in soffitta. No.<br />
Rimaniamo spettatori allegramente. Perché c’è la musica, ci<br />
sono le immagini, ci sono le trovate scenico-attoriali del talento<br />
inesauribile di Marco Paolini a rendere tutto vivo, presente.<br />
Utile: come dovrebbero essere utili tutte le memorie davvero<br />
capaci di parlare. (Lisa Ginzburg)<br />
mente perfetta, in un mondo dove la sintassi è<br />
scomparsa e tutto è sincopato, paratattico. Dove<br />
ogni espressione è frammento, balbettìo,<br />
scheggia. Molti anni fa, Paolini partecipò a<br />
Livorno a uno stage tenuto da Wim Wenders. E<br />
da lui sentì dire una frase: “Le storie oggi, sono<br />
un surrogato della esistenza di Dio. Perché mettono<br />
ordine nel caos, visto che ormai viviamo in<br />
un linguaggio di schegge”. A quella frase, negli<br />
anni Marco Paolini ha ripensato moltissime<br />
volte. Nel polverone della illetteratezza, in questa<br />
babele di minimali schegge, ciò che più ha<br />
senso è opporre forze espressive centripete,<br />
radicate. Gli archi tesi della sintassi. Grandi racconti.<br />
Spazi da imparare a gestire, dosando la<br />
forza così da arrivare in fine con la stessa energia.<br />
Creando apici e affondi, silenzi e brusìi. I<br />
picchi e le valli di una storia. Un po’ come un<br />
Lawrence Sterne moderno, Paolini ha effettivamente<br />
il talento unico di aprire decine di excursus,<br />
inanellare parentesi su parentesi, contare<br />
sull’intelligenza di un pubblico che sappia insieme<br />
a lui inerpicarsi su per le chine degli antefatti<br />
e poi a precipizio ridiscendere lungo la deriva<br />
scivolosa degli accadimenti. Ogni teatro di narrazione,<br />
dice Paolini, deve saper essere una<br />
semplificazione. Ma proprio perché si tende a<br />
semplificare, è facile risultare dei demagoghi,<br />
persone molto amate per qualche tempo, ma<br />
segnate dal destino, presto o tardi, del ripudio.<br />
Per raccontare davvero, dunque, mantenersi<br />
semplici e sempre umili. Dissezionare le storie<br />
così da renderle racconti, ma sempre rimanendo<br />
in secondo piano, dietro di esse.<br />
Il futuro è pieno di spazio. Raccogliere e pubblicare<br />
gli Album ha voluto dire dare forma e confezionare<br />
un lungo passato, e liberarsene. Però<br />
vivere una pausa creativa senza enfatizzarla,<br />
senza isolarsi, restando autoironici e ricettivi, è<br />
una sfida che solo un’intelligenza pulsante, esigente,<br />
intransigente come quella di Marco<br />
Paolini può riuscire a fare. Di un silenzio tanto<br />
aperto e saggio, vedremo i frutti. Ma è difficile<br />
immaginare che non saranno buoni.<br />
Foto Angelo Radaelli
VIVAVERDI<br />
42<br />
intervista<br />
TELEVISIONE<br />
A.A.A. CERCASI AUTORI<br />
COMICI DI TALENTO<br />
di Linda Brunetta<br />
È uno di quegli annunci che tutti prenderemmo per falso, uno scherzo di uno di quei<br />
produttori un po' sadici che alla frase “Avrei un'idea divertentissima per la Tv” iniziano<br />
subito a grattarsi come se fossero assaliti da un'improvvisa allergia. Questa volta<br />
sembrerebbe invece un annuncio attendibile. Arriva da Paramount Comedy, nuovo canale<br />
tematico firmato Mtv Italia e trasmesso sul Canale 115 della piattaforma Sky. Parla Pietro<br />
Galeotti, curatore del “Cantiere della creatività”<br />
Il canale Paramount Comedy si propone di<br />
trasmettere serie, film, telefilm, show locali<br />
e internazionali, tutti scelti secondo il criterio<br />
del “divertimento intelligente e mai<br />
banale”. Incredibile! Esiste ancora qualcuno<br />
che ha il coraggio di usare la parola “intelligente”<br />
e non se ne vergogna. Evidentemente<br />
qualcuno che ha scoperto che esiste un pubblico<br />
ancora dotato di neuroni in azione e<br />
pronto a pagare pur di sfuggire ai boccheggianti<br />
reality di terza generazione sulla<br />
Famiglia Adams di Cellino San Marco.<br />
Paramount Comedy ha in progetto “Il<br />
Cantiere del Comedy”, un impegno nei confronti<br />
di chi vuole iniziare a fare parte del<br />
mondo della comicità in<br />
Queer eye<br />
e Absolutely Fab,<br />
serie Tv sul canale<br />
Paramount Comedy.<br />
Sotto, i loghi<br />
del canale<br />
Paramount Comedy<br />
modo attivo, come autore o come interprete.<br />
Per questo ha affidato a Pietro Galeotti,<br />
autore storico di Fabio Fazio, ma anche<br />
molto attivo sul piano delle battaglie e delle<br />
iniziative in favore della nostra professione<br />
di Autori (è fra i promotori del Premio<br />
Ideona), il compito di selezionare gli aspiranti<br />
scrittori e comici dando loro una possibilità<br />
di misurarsi ed esprimersi.<br />
Sul depliant illustrativo dell’iniziativa c’è<br />
scritto che gli scrittori comici di talento sono<br />
numerosi, ma non riescono ad imporre le<br />
proprie idee, perché si consumano mestamente<br />
nel lavoro di scalettatori di format o a<br />
trasformare in show i contratti delle star<br />
televisive.<br />
Questa drammatica visione dell’attività degli<br />
autori radiotelevisivi italiani è realistica<br />
secondo te?<br />
Lo dico con amarezza, per moltissimi autori<br />
è così. Con l’avvento del format, e il fatto che<br />
sono solo le case di produzione a stabilire le<br />
regole del gioco, la figura dell’autore si è<br />
progressivamente svilita. È vero che all’interno<br />
del format è possibile mettere un po’<br />
di creatività, ma è anche vero che se uno ha<br />
un progetto originale è difficile che qualcuno<br />
glielo produca.<br />
L’idea del “Cantiere” è tua o della<br />
Paramount?<br />
È mia. Ho proposto al<br />
direttore del recentissimo<br />
canale<br />
Paramount Comedy l’idea del<br />
Cantiere, che è un po’ figlia di<br />
Ideona, perché vuole rimettere al centro<br />
la figura dell’autore, almeno per quanto<br />
riguarda la televisione. Invece di fare la solita<br />
campagna acquisti di comici, e nella<br />
migliore delle ipotesi mettere insieme l’ennesimo<br />
show-catalogo, ho proposto di capovolgere<br />
l’approccio. Come per le case, anziché<br />
dal tetto, partiamo dalle fondamenta:<br />
mettiamo insieme una squadra di autori, che<br />
ragionino a prescindere dal cast, che svilup-
pino delle idee, dei caratteri, dei testi e poi<br />
cerchiamo degli attori in grado di interpretarli<br />
al meglio. Mi sembra che in questo<br />
modo ci siano più possibilità di dare un<br />
segno di originalità. Di solito avviene che si<br />
contatta il comico che si porta la sua squadra<br />
di autori di fiducia e si lavora sul suo repertorio<br />
per renderlo televisivo. È un problema<br />
che si ritorce anche sui comici stessi. Si<br />
ritrovano a fare Zelig , per esempio, dando<br />
fondo a tutto il loro repertorio per fare al più<br />
una stagione e per poi ritrovarsi quella successiva<br />
con un sacco di difficoltà. Lavorando<br />
sui contenuti si dovrebbe favorire anche chi<br />
va in onda, perché avrebbe materiale nuovo<br />
e qualche idea in più.<br />
Mi ricorda il modo di lavorare di parecchio<br />
tempo fa. Il nostro gruppo per esempio (La<br />
Tv delle Ragazze, Avanzi) lavorava insieme<br />
agli attori sui personaggi nuovi da mandare<br />
in onda, evitando il riferimento al loro eventuale<br />
repertorio teatrale o cabarettistico<br />
Se gli autori possono lavorare sull’idea del<br />
cantiere, luogo in cui si lavora insieme, ci<br />
possono essere più possibilità di sviluppo.<br />
Noi vogliamo dare all’autore il luogo dove<br />
mettere in pratica le sue idee, se sono percorribili.<br />
Trovo che sia un esperimento<br />
coraggioso: il canale mette a disposizione un<br />
contratto e la possibilità di produrre delle<br />
idee originali.<br />
La vostra ambizione è quella di trovare nuovi<br />
modi di far ridere o che altro?<br />
Uscire dal cliché in cui il comico ha un suo<br />
personaggio, ha un tormentone che ripete<br />
sei volte durante il monologo e poi esce di<br />
scena. A me, per esempio, piace molto lo<br />
sketch, se fatto bene con dei caratteri<br />
moderni. A mio avviso oggi la comicità non<br />
sta parlando delle persone reali, non sta<br />
parlando di noi. Si producono personaggi<br />
“regionali” o estremizzati, mentre si ride<br />
poco dei mestieri o di persone che incontriamo<br />
tutti i giorni.<br />
Non ritieni invece che manchi la satira, la<br />
satira politica?<br />
Non c’è più il gusto di indagare o prendere<br />
in giro il costume.<br />
Come è riuscito a fare Alberto Sordi, ad<br />
esempio?<br />
Esatto. Sordi si divertirebbe moltissimo a<br />
prendere in giro certe figure come il manager<br />
o la pierre, che non si sa esattamente che<br />
mestiere sia. Manca un pochino di sana<br />
ferocia sulla figura sociale, senza scivolare<br />
nella comicità grossolana che produce solo<br />
macchiette.<br />
Basta, quindi, con il comico “barzelletta”,<br />
senza carattere?<br />
Tutti i nuovi contenitori della comicità<br />
attuale, a parte Assolo (La 7), impongono i<br />
tre minuti: devi avere un buon ingresso, una<br />
buona battuta finale e tre tormentoni, non ti<br />
è richiesto proprio nient’altro, non puoi<br />
cesellare il personaggio. Devi far ridere dall’ingresso<br />
in scena, dal costume. Già lavorare<br />
su tempi un po’ più dilatati oggi sembrerebbe<br />
rivoluzionario. Per esempio sto lavorando<br />
con Teocoli. Nonostante il suo grande<br />
talento, tutti trovano sempre qualcosa da<br />
tagliare, come se 30 secondi in più fossero<br />
una minaccia, potrebbero essere invece un<br />
valore aggiunto.<br />
Pensi che esista una possibilità di essere<br />
lucidi e graffianti nei programmi di culto che<br />
manderete in onda? Come South Park,<br />
Mash, Absolutely Fab, che – pur non essendo<br />
nuovi – sono molto più satirici e divertenti<br />
di certe commedie anche americane<br />
attuali?<br />
Questo è il vero dramma, perché la rete ha<br />
una library immensa e qualificatissima. Non<br />
pretendo di raggiungere quella qualità, ma<br />
voglio provare a lavorare su una sit-com italiana<br />
che sia almeno un gradino più in alto di<br />
quelle che vanno in onda. Anche se per il<br />
momento forse è impossibile raggiungere il<br />
livello dei dialoghi delle sit-com americane,<br />
soprattutto se ci dicono che il pubblico non<br />
sarebbe in grado di capire…<br />
Ma se capisce la sit-com americana perché il<br />
pubblico non dovrebbe capire anche quella<br />
nostrana?<br />
Il paradosso è che lo stesso produttore<br />
manda South Park senza nessuna censura,<br />
mentre quello che produciamo noi ha mille<br />
incomprensibili filtri.<br />
Una bella premessa è proprio la totale libertà<br />
editoriale che promettete. È il requisito<br />
fondamentale per la comicità.<br />
Noi cerchiamo di dare una scossa. L’unica<br />
condizione per il momento è il basso costo.<br />
Se ci fosse un’idea buona garantiamo massima<br />
libertà sui contenuti. L’esperienza che<br />
abbiamo, sia te che io, è che quando si parte<br />
da un’idea, la sua realizzazione la fa trasformare<br />
completamente, perché passa attraverso<br />
il filtro del committente, dell’appaltante,<br />
di chi è di passaggio nei corridoi, di<br />
chiunque. Qui ci sono meno filtri e la possibilità<br />
di usare un linguaggio un po’ più<br />
moderno, che non vuol dire spregiudicato.<br />
Sta già arrivando molto materiale?<br />
Abbastanza. In genere sono tutte proposte<br />
molto orecchiate, ovviamente, da quello che<br />
c’è in tv, ma qualcosa di interessante c’è, e<br />
accettiamo proposte fino alla fine di settembre.<br />
Se Vivaverdi dovesse uscire in ritardo<br />
rispetto alla vostra dead line per l’invio dei<br />
testi, pensi che rifarete un’altra selezione<br />
l’anno prossimo?<br />
Penso che nella primavera del 2006 ci sarà<br />
un’altra tornata. Noi intanto con il gruppo<br />
che si formerà vogliamo iniziare a produrre<br />
qualcosa già da fine gennaio.<br />
Perché c’è un tetto di 35 anni per gli aspiranti<br />
autori? Siete sicuri che la comicità sia<br />
appannaggio di questa fascia d’età?<br />
Oltre quell’età si presume che uno abbia già<br />
cambiato mestiere o si sia già stabilizzato nel<br />
suo.<br />
Ho letto sul vostro sito che la prima cosa<br />
richiesta è la cessione totale dei diritti sulle<br />
proposte inviate, che ne farete di quelle che<br />
non utilizzate?<br />
Mi sono irritato anch’io, ma mi hanno spiegato<br />
una serie di ragioni legali per garantire<br />
la rete. Quello che posso garantire io è che se<br />
uno viene con un’idea, è sua e se va in onda<br />
verrà tutelato. L’emittente rivendicherà solo<br />
la sua parte di titolarità.<br />
E tutto il materiale che non verrà utilizzato?<br />
Ritorna indietro all’autore<br />
Non mi resta che farvi gli auguri per la<br />
riuscita dell’esperimento, che potrebbe far<br />
capire che una comicità libera fa più ridere:<br />
“Una rivoluzione copernicana rispetto al<br />
tradizionale modus operandi della televisione”<br />
annuncia il progetto.<br />
Per gli interessati consultare il sito:<br />
www.paramountcomedy.it
VIVAhanno detto<br />
a cura di Vivaverdi<br />
FINANZIARIA 2006<br />
LA <strong>L<strong>UN</strong>GA</strong> NOTTE<br />
DELLO SPETTACOLO<br />
I tagli del Governo al Fus rischiano di<br />
comportare anche una decurtazione delle<br />
entrate per il diritto d'autore? Con quali<br />
conseguenze per il mondo degli artisti e per<br />
la creatività artistica in genere?<br />
“Il Governo ha varato ieri la finanziaria da 20<br />
miliardi, che prevede un taglio degli oneri sociali sul<br />
lavoro dell'1% (2 miliardi di euro). Destinati alla<br />
correzione del deficit 11,5 miliardi. La copertura:<br />
taglio di 6,2 miliardi a carico delle amministrazioni<br />
statali, 2,5 nella sanità, 3 per gli enti locali e 1 nel<br />
pubblico impiego. In un decreto la stretta fiscale,<br />
dall'acconto Irap alle partecipazioni esenti”.<br />
Il Sole 24 Ore, 30 settembre 2005<br />
TELEGRAMMA DEL CDA SIAE<br />
AL PRESIDENTE AGIS<br />
Il Consiglio di Amministrazione della Società<br />
Italiana degli Autori ed Editori, riunito il 14 ottobre<br />
2005, esprime il proprio sostegno alla manifestazione<br />
a difesa della cultura e della creatività italiana,<br />
contro i preannunciati ed ulteriori tagli del Fus.<br />
Il taglio allo spettacolo rappresenta un grave vulnus<br />
economico per tutte le attività musicali, teatrali,<br />
cinematografiche e radiotelevisive. Gli autori ed<br />
editori italiani - protagonisti essenziali di ogni<br />
impresa culturale - ritengono che oltre a produrre<br />
effetti pesantemente negativi per tutte le attività<br />
spettacolistiche, con pesanti riflessi sul livello<br />
occupazionale del settore, inciderebbe sul progresso<br />
sociale e culturale del nostro Paese.<br />
L'investimento in arte, cultura e spettacolo dovrebbe,<br />
invece, essere al centro degli interessi dello Stato e dei<br />
cittadini, a salvaguardia non solo del lavoro, delle<br />
professioni, delle aziende, ma anche di ciò che<br />
dovrebbe stare più a cuore all'intera comunità:<br />
ritrovarsi e riconoscersi in una comune identità<br />
culturale.<br />
“La Mostra di Venezia? Probabilmente non si farà. Il<br />
Centro sperimentale di cinematografia? Dovrà<br />
sospendere l'attività didattica. La Cineteca<br />
nazionale? Sarà costretta a interrompere i progetti di<br />
restauro. Le Fondazioni liriche si limiteranno a<br />
pagare gli stipendi ai dipendenti. I teatri stabili e le<br />
compagnie di prosa rischiano l'inattività. Fantasie<br />
pessimistiche? Niente affatto, semplicemente sono le<br />
inevitabili conseguenze del taglio di 164 milioni di<br />
euro operato sul Fus (Fondo unico dello spettacolo)<br />
dalla Finanziaria approvata dal Governo.<br />
Il Fondo unico dello spettacolo è stato tagliato di oltre<br />
il 35%, passando da 464 a 300 milioni di euro.<br />
All'interno di questo taglio la quota a disposizione del<br />
cinema passerebbe da 84 milioni a 54 milioni, cui si<br />
aggiungerebbero altri 7,5 milioni di tagli ai fondi<br />
Lotto, che nel 2005 hanno messo a disposizione del<br />
cinema 8 milioni di euro e che nella previsione della<br />
Finanziaria il prossimo anno saranno ridotti a 500<br />
mila euro. La lirica, ipotizzando che la sua quota sul<br />
Fus restasse invariata, scenderebbe da 222 a 143<br />
milioni di euro. Le perdite della prosa, complessiva<br />
delle risorse provenienti dal Lotto, sarebbe di circa 30<br />
milioni di euro: da 89 a 69”.<br />
la Repubblica 4 ottobre 2005<br />
ALBERTO<br />
FRANCESCONI<br />
PRESIDENTE AGIS<br />
“Se questo Governo<br />
ritiene gli investimenti<br />
uno spreco ce lo dica<br />
chiaramente e ci<br />
prepareremo a investire<br />
le nostre risorse<br />
nell'ignoranza”.<br />
La Repubblica,<br />
4 ottobre 2005<br />
ENZO GENTILE<br />
VICEDIRETTORE AGIS<br />
“Nel 2005 c'è stato un taglio del 9% rispetto allo<br />
scorso anno con una percentuale di riduzione uguale<br />
sia per la musica, sia per il cinema, sia per il teatro.<br />
Sarebbe sbagliato però pensare a una disattenzione<br />
del Governo perché si tratta piuttosto di una<br />
tendenza generale a sottovalutare l'impegno di circa<br />
200 mila persone che lavorano in questo campo,<br />
spesso senza ammortizzatori sociali. Bisogna che lo<br />
spettacolo venga considerato un elemento strategico<br />
per il nostro Paese, non valutando i fondi come una<br />
elargizione, bensì come un investimento”.<br />
Il Tempo, 3 ottobre 2005<br />
Foto Contrasto<br />
GIGI PROIETTI<br />
“Non voglio mugugnare. Non so ancora quanto mi<br />
darà lo stato per il 2005 perché noi siamo privati e<br />
ci spetta una quota esigua; comunque ritengo che<br />
il mercato teatrale non possa seguire la legge della<br />
domanda e dell'offerta. Se io fossi nei panni delle<br />
istituzioni cercherei il massimo delle risorse, ma<br />
stabilirei anche regole chiare e automatiche per la<br />
loro distribuzione. Attualmente c'è troppa discrezionalità:<br />
ogni anno cambia tutto e la produzione<br />
è scoraggiata. I costi aumentano mentre i prezzi al<br />
botteghino devono calare per catturare il pubblico”.<br />
Il Tempo, 3 ottobre 2005<br />
LUCA DE FUSCO<br />
REGISTA E DIRETTORE STABILE DEL VENETO<br />
“Mi è stata comunicata la cifra che riceverò per il<br />
2005, ma non ancora corrisposta. Subirò una<br />
decurtazione del 4%, ma io ho già attuato la<br />
programmazione del 2006. Lo Stato ha tempi da<br />
terzo mondo e noi abbiamo tempi europei. Il<br />
problema è che, a prescindere dai tagli, le<br />
sovvenzioni non sono aggiornate al costo della vita.<br />
C'è poi il paradosso che alcune compagnie private<br />
hanno visto aumentare i loro contributi, al contrario<br />
degli stabili che si trovano nelle peggiori condizioni<br />
di cui si abbia memoria”.<br />
Il Tempo, 3 ottobre 2005<br />
DOMITIJ KITAJENKO<br />
DIRETTORE D'ORCHESTRA<br />
“Non riesco a capire come un governo non voglia<br />
dare soldi per la cultura di un Paese che è il centro<br />
della cultura in Europa. Avevo in programma<br />
concerti con il Maggio Fiorentino che sono spariti e<br />
quattro concerti alla Scala, di cui è rimasto uno solo.<br />
Ma l'Italia è simbolo di storia e cultura in tutto il<br />
mondo, e anche San Pietroburgo dove sono nato, è<br />
orgogliosa di essere la Venezia del Nord”.<br />
.Com, 12 ottobre 2005<br />
LUCIANO LIGABUE<br />
“Il futuro è pieno di guai per chi non sostiene la<br />
cultura. I film hanno bisogno di sostegno<br />
soprattutto per opere prime e opere di qualità che<br />
possono avere vita dura al botteghino”.<br />
la Repubblica, 15 ottobre 2005
ROCCO BUTTIGLIONE<br />
MINISTRO PER I BENI E LE ATTIVITÁ CULTURALI<br />
“Impossibile tenere aperti i musei con tagli per 198<br />
milioni di euro. Mi impegnerò per scongiurare questa<br />
autentica sciagura. È assurdo tagliare<br />
selvaggiamente sulla cultura. Quest'anno il turismo<br />
clturale è aumentato del 4% mentre i turisti in totale<br />
sono calati dell'1%. Con i musei chiusi o ad orario<br />
ridotto quanti stranieri verranno ancora in Italia?<br />
Sappiamo che le risorse sono quelle che sono e che<br />
dobbiamo fare meglio con meno, ma ci sono limiti<br />
oltre cui non si può andare. Oltre c'è l'abisso del<br />
degrado.Mi impegno a prosciugare ogni sacca di<br />
inefficienza e sprechi e propongo il sistema francese di<br />
autofinanziamento della cultura. Sono pronto ad<br />
aumentare i prezzi dei biglietti d'ingresso dei musei e<br />
a tassare ogni passaggio in Tv, Internet e cinema dei<br />
film. Lo Stato però non può far mancare così<br />
clamorosamente il suo contributo. (…) Non si deve<br />
pensare che si possa tagliare sulla cultura con<br />
maggiore facilità che altrove”.<br />
La Stampa, 4 ottobre 2005<br />
“Ci sono film già avviati che aspettano i soldi per<br />
continuare e per i quali quest'interruzione può significare<br />
la fine delle attività. Tutto il cinema italiano è<br />
arrabbiatissimo e anch'io lo sono. (…) E comunque<br />
sui tagli della Finanziaria ho lanciato tempestivamente<br />
un grido di allarme: se si prosegue su questa<br />
strada si rischia di liquidare il nostro patrimonio.<br />
Sarei costretto a chiudere un certo numero di archivi<br />
e di musei. Dunque, i tagli devono rientrare”.<br />
Il Sole 24 Ore, 9 ottobre 2005<br />
“Il settore della cultura è già stato tagliato e tagli<br />
ulteriori lo condannano a morte. E' quanto ho detto<br />
al Governo. La cultura è un corpo vivo, sono grato a<br />
chi lo capisce e meno a chi la butta in politica(…)<br />
la cultura non è di parte, appartiene a tutti”.<br />
la Repubblica, 14 ottobre 2005<br />
GIORGIO ALBERTAZZI<br />
“I tagli sono un provvedimento brutale. Questo<br />
Governo considera il teatro una spesa, uno spreco,<br />
non un investimento che lo Stato fa per i suoi<br />
cittadini. Questo Governo è incapace di vedere<br />
nella cultura un'identificazione di sé e per questo<br />
va criticato e combattuto anche con uno sciopero”.<br />
la Repubblica, 14 ottobre 2005<br />
ROBERTO BENIGNI<br />
“In Italia l'arte non interessa più. Non servono tagli<br />
ma molto tempo, denaro, talento, lavoro, e la cultura<br />
in Italia conta sempre meno. Tutto lo spettacolo e il<br />
cinema in particolare non interessano più, visto che<br />
non si dà loro alcun valore. (…) Si vede che mancano<br />
i fondi perché non c'è una fioritura dei giovani.<br />
Abbiamo così tanti grandi talenti che potrebbero<br />
girare il mondo ed è triste che ciò non accada”.<br />
Il Giornale dello Spettacolo, 7 ottobre 2005<br />
“La cultura è arrivata al fondo e ora le tagliano pure<br />
il Fondo. Del resto in questo Paese ormai tagliano<br />
tutto. Ora ci tagliano anche l'anima. Eppure è la<br />
cultura che ci fa venire voglia di vivere”.<br />
la Repubblica, 21 ottobre 2005<br />
SALVATORE ACCARDO<br />
“È agghiacciante. Quello che sta succedendo e che<br />
si prefigura con i tagli allo spettacolo è semplicemente<br />
un massacro. Per tutta la cultura, ma in<br />
particolare per i giovani. (…) So e parlo dei giovani<br />
musicisti, ma è un massacro che non investe<br />
solo la musica, investe tutto, il teatro, la danza, e<br />
sono le nuove generazioni a venir tagliate fuori.<br />
(…) Dobbiamo anche chiederci da dove viene<br />
tutto ciò. Una risposta arriva dal fatto che in<br />
Italia c'è sempre stata un'ignoranza smisurata<br />
sulla musica, non si insegna a scuola, e questa<br />
mancanza gravissima si ripercuote su chi ci governa<br />
che è portato a non capirne niente, non solo di<br />
musica ma anche di cultura. Non si diventa colti<br />
e curiosi per folgorazione divina: senza un'educazione<br />
adeguata nelle scuole siamo tutti fregati.<br />
E temo, inoltre, che così facendo le prossime due<br />
generazioni non potranno nemmeno sapere<br />
(e quindi gustare) cos'è la musica classica”.<br />
l'Unità, 7 ottobre 20055<br />
MARCO TULLIO GIORDANA<br />
“Non si tratta di chiedere elemosine, ma di<br />
considerare che i cittadini delegano allo Stato una<br />
serie di spese, dalle strade alla sanità, alla cultura<br />
e noi chiediamo soldi che ci spettano per gli<br />
investimenti che un Paese fa sul proprio futuro”.<br />
la Repubblica, 15 ottobre 2005<br />
MASSIMO GHINI<br />
“Dinanzi allo sconcerto per i tagli decretati dalla<br />
Finanziaria al Fondo unico dello Spettacolo, e che<br />
penalizzano, mortificano e di sicuro condannano a<br />
morte vasti settori dello spettacolo e della cultura<br />
italiani, mi vengono in mente le parole del<br />
Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi<br />
pronunciate pochi giorni or sono: 'Il grado di civiltà<br />
di un Paese si misura anche dal numero dei suoi<br />
teatri. È nel teatro che si rispecchia l'identità di un<br />
popolo'. Se nel teatro, nel cinema, nella musica si<br />
riducono con un taglio di 164 milioni a soli 300 i<br />
milioni di euro disponibili, le conseguenze disastrose<br />
ricadono prima di tutto sull'occupazione di<br />
migliaia e migliaia di operatori dello spettacolo,<br />
attori, registi, tecnici e personale delle scuole di formazione.<br />
Ma ricadono anche sulla 'qualità della<br />
vita' degli italiani, costretti a rinuciare ad una<br />
identità culturale e artistica frutto di una tradizione<br />
creativa riconosciuta e celebrata in tutto il mondo”.<br />
l'Unità, 7 ottobre 2005<br />
STHEPHÁNE LISSNER<br />
SOVRAINTENDENTE TEATRO LA SCALA<br />
“Se le cose restano così la stagione è a rischio. Ci<br />
dovrà essere un ridimensionamento. Non c'è solo il<br />
problema del Fus. C'è anche il probelma dei soci<br />
fondatori. Lo Statuto della Scala prevede che i soci<br />
fiinanzino la Scala pagando l'8% della<br />
contribuzione del Fus. C'è il rischio che i soci privati<br />
si pongano una domanda: perché dobbiamo pagare<br />
tanto se il Governo si ritira? Se non possiamo portare<br />
a termine la stagione di cui abbiamo già venduto<br />
biglietti e abbonamenti, si pone un problema con gli<br />
artisti, un problema di credibilità e di rispetto degli<br />
artisti. (…) Se un domani non possiamo rispettare<br />
questi impegni, se la Scala vuole invitare i migliori<br />
artisti mondiali, se si comincia a dire che la Scala<br />
non rispetta gli impegni, beh… Vuol dire che si<br />
aprono le porte per dire che la Scala è di serie B a<br />
livello internazionale. Vedremo per la stagione. Il<br />
punto è convincere il Governo a tornare sulla propria<br />
decisione. L'arte e la cultura rappresentano un<br />
collante e lo sviluppo della democrazia. È una<br />
battaglia che dobbiamo combattere tutti e che la<br />
Scala combatte da oltre 200 anni”.<br />
Corriere della Sera, 11 0tt0bre 2005
VIVAVERDI<br />
46<br />
ACCADEMICI E DIALOGHISTI TRA DIALETTI E TRADUZIONI<br />
ITALIANO, LINGUA DI DOPPIATORI<br />
di Letizia Pozzo<br />
rieti<br />
Cinematografia e Tv hanno un notevole peso<br />
tra i fattori di mutamento della lingua nazionale:<br />
su questo punto si sono trovati d’accordo sia<br />
gli universitari che i professionisti del settore,<br />
i doppiatori, protagonisti del convegno. “Se le<br />
ricerche indicano che in Italia il 50% della<br />
popolazione non legge nemmeno un libro l’anno<br />
e i ‘veri lettori’ non superano il 7%, è chiaro<br />
che il principale mezzo di unità linguistica<br />
nazionale è l’audiovisivo”.<br />
I dati li ha presentati Eleonora Di Fortunato<br />
dell’Aidac, la quale ha sottolineato come “il<br />
prodotto cinematografico in Italia sia per la<br />
maggior parte di origine straniera: viene doppiato<br />
e rappresenta il modello di tutti, anche<br />
degli autori italiani. Oggi i ritmi forzati imposti<br />
dalla ‘catena di doppiaggio’ e da una bassa qualità<br />
del prodotto iniziale hanno causato un precipitare<br />
della lingua verso zone che spesso toccano<br />
il ridicolo, come l’improbabile lingua dei<br />
tv-movies in cui strutture sintattiche classicheggianti<br />
si accompagnano a errori di grammatica<br />
in una lingua definita doppiaggese. È<br />
frequentissimo sentire in una versione italiana<br />
il verbo ‘contattare’ per ‘chiamare’, termini<br />
entrati nel linguaggio corrente; si tratta di<br />
un’omologazione linguistica che colpisce<br />
soprattutto i ragazzi dai 5 ai 13 anni – ha concluso<br />
Di Fortunato –, i quali passano gran parte<br />
del tempo tra videogiochi e Tv, dedicando alla<br />
lettura appena 7 minuti al giorno. Se il vocabolario<br />
di base dell’italiano è di 6-7.000 parole, i<br />
dialoghi dei cartoni animati non contengono<br />
più di 250 parole, sempre le stesse. I bambini<br />
finiscono con il diventare destinatari passivi di<br />
un codice di comunicazione deciso da adulti e<br />
Nella pagine accanto,<br />
da sinistra, Mario Paolinelli,<br />
Iean Paul Sarthou,<br />
Patrick Poivey,<br />
Eleonora Di Fortunato,<br />
Filippo Ottoni<br />
La nostra lingua è influenzata da film e fiction? Quali problemi pone la traduzione di<br />
dialetti ed espressioni gergali? Il doppiaggio può facilitare la circolazione dei prodotti<br />
cinematografici? L'Università di Leeds del Regno Unito, La Sapienza di Roma,<br />
l'Associazione Italiana Dialoghisti Adattatori Cinetelevisivi (Aidac) hanno promosso lo<br />
scorso settembre (17 e 18, Biblioteca Comunale Paroniana di Rieti) il primo convegno<br />
internazionale sul tema “Tradurre ‘voci’, tradurre voci locali”<br />
tutte le iniziative a difesa dei minori sembrano<br />
preoccuparsi più della pubblicità, del sesso e<br />
della violenza e non vedono invece il pericolo<br />
dell’analfabetismo dell’offerta<br />
televisiva”.<br />
Sui rischi della banalizzazione<br />
del linguaggio nei film destinati<br />
ad un vasto pubblico in<br />
Italia e in Francia, ha messo<br />
in guardia anche Jean-Louis<br />
Sartou del Syndicat national des auteurs et des<br />
compositeurs (Snac).<br />
In questo quadro l’uso di forme dialettali si<br />
aggiunge alle difficoltà abituali del doppiaggio.<br />
Dopo il successo de Il Padrino di Francis Ford<br />
Coppola del 1972, negli adattamenti si è<br />
cominciato a usare sistematicamente il dialetto<br />
per sottolineare caratteristiche etniche, sociali<br />
e perfino psicologiche del personaggio originale.<br />
Come ha ricordato Chiara Ferrari, docente<br />
dell’Università di Los Angeles, “il doppiaggio<br />
favorisce l’uso di un umorismo locale e<br />
anche di espressioni dialettali. The Nanny, la<br />
popolare serie televisiva ambientata a<br />
Manhattan, per esempio, ha perso – nella versione<br />
italiana intitolata La Tata –, i tratti linguistici<br />
delle proprie origini ebree per assu-<br />
mere i contorni di un’italo-americano di famiglia<br />
ciociara accompagnato da una lista completa<br />
di stereotipi”. Sergio Patou-Patucchi<br />
dell’Università Pio V, autore<br />
della ricerca sul tema La reale<br />
influenza dell’opera cinetelevisiva<br />
sulla lingua italiana<br />
parlata, preparata per il Cnr,<br />
ha sostenuto che “l’interpretazione<br />
dello stereotipo statunitense<br />
del Tipo-Umano-Italiano, una sorta di<br />
‘maschera’ della Nuova Commedia dell’Arte<br />
Cinematografica, deve essere reso in modo<br />
efficace nella versione doppiata con espressioni<br />
idiomatiche e giochi di parole”.<br />
“L’italiano è la lingua che parlano i doppiatori”,<br />
diceva Flaiano. Nel citarlo, Filippo Ottoni,<br />
“maestro” di dialoghi, ha spiegato le difficoltà<br />
di rendere certi personaggi caratterizzati dal<br />
linguaggio dialettale. Come nel caso della versione<br />
originale americana del film Big night,<br />
dove due immigrati si esprimono in un italiano<br />
inventato, ridicolo e grottesco perchè nessuno<br />
dei due attori conosce la nostra lingua. “Nelle<br />
scene in cui dovrebbero comunicare nella lingua<br />
madre, si abbandonano a una sorta di italianese<br />
degli immigrati, un gramelot nemme-
“ASINC”, NUOVA RIVISTA<br />
DEL DOPPIAGGIO<br />
Sta per venire alla luce una nuova rivista dedicata ai doppiatori<br />
al doppiaggio e ai tutti i problemi relativi, diretta<br />
dal giornalista Glauco Benigni. Per il momento metterà<br />
le sue radici sulla Rete con un aggiornamento quindicinale.<br />
La versione cartacea, invece, sarà realizzata con<br />
edizioni speciali dedicata a eventi particolari e manifestazioni<br />
significative, come possono essere – ad esempio<br />
– le “Giornate Professionali del Cinema” o il la Mostra del<br />
cinema di Venezia. Per questo motivo la periodicità della<br />
pubblicazione verrà stabilita di volta in volta. Gli intenti, il<br />
programma di massima, si possono leggere sul sito<br />
www.asinc.it: Il doppiaggio di un’opera audiovisiva si<br />
può fare in molti modi – è scritto –, ma farlo bene è difficile.<br />
Sono necessari tempo, talento e risorse. E poi è<br />
indispensabile, per l’Opera, gli Autori, gli Artisti, i Tecnici<br />
e l’Industria, che Qualcuno si impegni a valutarlo, perché<br />
se è vero che il doppiaggio degno di nota è quello che<br />
non si nota, bisogna pur mettere in grado il pubblico di<br />
coglierne armonie e disarmonie”. Per informazioni scrivere<br />
a: redazione@asinc.it<br />
no supportato da una precisa provenienza<br />
regionale – ha raccontato Ottoni –: si tratta di<br />
due fratelli emigrati in America dall’Italia per<br />
aprire un ristorante, i quali non potevano<br />
esprimersi in siciliano o napoletano senza<br />
venir identificati come mafiosi o camorristi.<br />
Bisognava farli esprimere in un altro dialetto<br />
che non rimandasse a tipologie criminali.<br />
Trovai così la soluzione utilizzando l’abruzzese,<br />
perchè l’Abruzzo è la regione italiana dalla<br />
quale provengono la maggior parte dei cuochi<br />
che sono sparsi un po’ ovunque per il mondo e<br />
che non rimanda a una tipologia sociale precisa.<br />
Il film ha così riscosso grande successo grazie<br />
ad un doppiaggio che ha confermato come<br />
si possa facilitare la circolazione dei film da un<br />
Paese con semplici soluzioni linguistiche più<br />
adatte al significato dell’opera”. Al di là delle<br />
questioni tecniche, le potenzialità del doppiaggio<br />
quale mezzo per esportare il nostro cinema,<br />
oltreché per importarlo, sono state esaminate<br />
nel corso di una tavola rotonda alla quale<br />
hanno partecipato Mario Paolinelli dell’Aidac,<br />
Lucia Bistoncini, direttore della Sezione cinema<br />
della <strong>Siae</strong>, Gregory Snegoff, dialoghista e<br />
attore americano e Glauco Benigni, direttore<br />
delle strategie tecnologiche della Rai.<br />
“Pochi sanno quanto sia complessa l’operazio-<br />
ne di travasare un ordine di idee in un altro,<br />
riadattandolo e reinterpretandolo, in definitiva<br />
ricreandolo – ha sostenuto Paolinelli –. È<br />
necessario, ad esempio, che le istituzioni europee<br />
rendano possibile la nascita di un’Agenzia<br />
internazionale del doppiaggio per capire la<br />
realtà produttiva di ogni paese, studiarne le<br />
risorse artistiche, predisporre piani formativi<br />
e strumenti contrattuali comuni, analizzare i<br />
flussi dell’import-export, offrire un punto di<br />
riferimento per aziende che intendano sponsorizzare<br />
la realizzazione del doppiaggio.<br />
Quanti film italiani potrebbero essere esportati<br />
all’estero con una buona edizione nella lingua<br />
del Paese al quale sono destinati?” si è chiesto<br />
Paolinelli auspicando anche una formazione<br />
universitaria per gli adattatori europei.<br />
“In Italia la <strong>Siae</strong> fa la sua parte per garantire<br />
economicamente il lavoro dei dialoghisti, considerati<br />
spesso autori ‘in ombra’, anche se – ha<br />
ricordato il direttore della sezione cinema della<br />
<strong>Siae</strong>, Lucia Bistoncini – fino agli anni ’90 la<br />
figura dell’adattatore non era ancora riconosciuta,<br />
mentre ora riceve un equo compenso.<br />
Occorrerebbe colmare il vuoto contrattuale tra<br />
adattatori e committenti magari con un riferimento<br />
ad un codice deontologico per valorizzare<br />
il diritto morale dell’autore troppo spesso<br />
nascosto dalle questioni economiche”.<br />
Greg Snegoff, attore e direttore di doppiaggio<br />
americano, ha detto che “in America un gran-<br />
de regista come Mel Brooks è stato pagato<br />
250.000 dollari per un doppiaggio di un film<br />
risultato poi un flop, quando un’ottima edizione<br />
sarebbe costata appena 50.000 dollari”. Un<br />
fatto che dimostra quanto poco sia ancora considerata<br />
la figura professionale del dialoghista.<br />
E Snegoff ha proposto di tentare un esperimento:<br />
doppiare gratuitamente un film italiano<br />
(che nessun produttore vorrebbe doppiare)<br />
in lingua inglese e francese per verificarne poi<br />
la possibilità di diffusione all’estero.<br />
Glauco Benigni, infine, ha esortato gli adattatori<br />
dicendo: “Voi autori del doppiaggio non<br />
sapete difendere il vostro lavoro. È come se<br />
voleste arare un campo con una cetra. Per fortuna<br />
la <strong>Siae</strong> non utilizza solo la cetra ed è organizzata<br />
in modo articolato per farvi pervenire<br />
un giusto compenso”. Il problema del doppiaggio<br />
deriverebbe, per il giornalista Rai, da<br />
una questione di appalti: “I prezzi sono perversi<br />
e con l’avvento della pay-tv bisognerebbe<br />
al più presto creare un Authority che regolamenti<br />
il settore e riconosca le traduzioni come<br />
una risorsa. Sono tutti autorizzati a vendere la<br />
benzina o il sale? No, esistono regole specifiche<br />
in ciascuno dei due settori. E allora perché<br />
chiunque si può improvvisare adattatore o traduttore?”
VIVAdall’interno<br />
SIAE 2004<br />
<strong>UN</strong> BILANCIO LUSINGHIERO<br />
Il bilancio della <strong>Siae</strong> per l’anno 2004 (che qui presentiamo<br />
in sintesi, ma che i lettori hanno l’opportunità di leggere<br />
in dettaglio in un apposita pubblicazione separata<br />
già inviata ai loro indirizzi) è uno dei migliori degli ultimi<br />
12 anni, non solo perché presenta un attivo di 3 milioni<br />
e 647 mila euro dopo le imposte, ma anche perché – in<br />
un momento di stagnazione dei consumi – la raccolta<br />
per diritto d’autore è stata incrementata del 2,5% rispetto<br />
all’anno precedente. Anche il comparto dei servizi<br />
per conto terzi (Agenzia dell’entrate, Enpals e Inps) evidenzia<br />
un risultato positivo, prima delle imposte, di<br />
2 .030.204 euro con un utile – dopo le imposte –<br />
di 128.362 euro. Il totale degli incassi per diritto d’autore<br />
(importo lordo) è stato di 523.253.029 euro.<br />
Nel settore della Musica gli incassi risultano sostanzialmente<br />
stabili, con un incremento dell 1,3% rispetto<br />
al 2003. Ma l’aumento effettivo è superiore se si considera<br />
che nel 2004, in ottemperanza a specifiche norme<br />
contabili, non è stato imputato un importo di 7,8 milioni<br />
di euro, che benché riferibile all’esercizio dello stesso<br />
2004, è stato contabilizzato all’atto dell’incasso avvenuto<br />
nei primi giorni del 2005.<br />
Ottimo il risultato degli incassi nel settore dei concerti,<br />
riviste e varietà, che registra un aumento del 7,7%,<br />
mentre gli incassi per i diritti di riproduzione meccanica<br />
(cioè per le opere musicali registrate su supporti) hanno<br />
subito un decremento del 3,3%, in relazione al calo<br />
delle vendite. Si tratta d’uno spostamento significativo,<br />
che riveste un notevole valore sociologico nel panorama<br />
della fruizione musicale: la musica e lo spettacolo<br />
dal vivo, infatti, attirano sempre di più il pubblico, mentre<br />
il settore discografico manifesta ancora la sua soffe-<br />
Un attivo di 3 milioni e 647 mila euro dopo le imposte, un incremento della raccolta per<br />
diritto d'autore del 2,5% sul 2003. Uno dei migliori risultati degli ultimi 12 anni. Lettura<br />
sintetica e per linee generali del Bilancio 2004 della Società degli Autori ed Editori<br />
renza, solo in parte compensata dalla vendita dei supporti<br />
videografici e, in particolare, dei Dvd cinematografici<br />
e musicali. Anche il ballo è stazionario, con un<br />
aumento della raccolta dei diritti pari all’1,6%.<br />
Il settore maggiormente connesso alle forme di diffusione<br />
più tecnologicamente avanzate, cioè la multimedialità,<br />
ha registrato un balzo del 58% rispetto all’esercizio<br />
del 2003, frutto soprattutto d’importanti accordi con<br />
grandi aziende telematiche e telefoniche. Questo settore<br />
sta, per altro, ottenendo risultati ancora migliori<br />
anche per l’anno in corso, grazie a ulteriori accordi e a<br />
un monitoraggio sempre più esteso degli utilizzi di<br />
opere tutelate.<br />
La sezione Dor presenta un aumento degli incassi del<br />
2%, mentre il Cinema registra un incremento del 20%<br />
rispetto all’anno precedente, considerando gli introiti dei<br />
diritti della copia privata video, che risentono positivamente<br />
delle nuove tariffe finalmente adeguatesi, anche<br />
nel nostro Paese, alla media europea. Per il cinema,<br />
bisogna segnalare positivamente anche il rinnovo degli<br />
accordi per equo compenso con le emittenti nazionali<br />
generaliste e la regolarizzazione di importanti emittenti<br />
satellitari, che hanno corrisposto anche compensi per<br />
attività pregresse.<br />
La sezione Opere Letterarie e Arti Figurative (Olaf)<br />
evidenzia una crescita degli incassi del 19,7%, in buona<br />
parte riferibili alla reprografia (diritti sulle fotocopie di<br />
opere tutelate) cresciuta del 16,9%. Anche l’andamento<br />
della raccolta per le voci tradizionali (opere letterarie e<br />
arti visiva) si segnala per un aumento del 23%.<br />
La sezione Lirica presenta un aumento del 12,6%,<br />
conseguente in buona parte anche alla maggiore diffusione<br />
delle utilizzazioni di “revisioni” e riadattamenti di<br />
opere di pubblico dominio.<br />
Nel settore dei Servizi per conto terzi, bisogna innanzitutto<br />
ricordare che le vigenti convenzioni con Enpals,<br />
Rai, Inps e Agenzia delle entrate, stipulate negli ultimi<br />
cinque anni hanno dato un apporto economico al bilancio<br />
di circa 46,7 milioni di euro annui, permettendo un<br />
consistente contributo all’ assorbimento dei costi della<br />
struttura aziendale. Il ruolo di questi servizi, inoltre, è<br />
essenziale per garantire una presenza capillare sul territorio<br />
che genera benefici rilevanti per la raccolta dei<br />
diritti d’autore. Nell’ambito dei servizi per l’Agenzia delle<br />
entrate, i proventi sono diminuiti di circa 2,2 milioni di<br />
euro, nonostante il maggior numero di accertamenti<br />
effettuato dalla <strong>Siae</strong>. La ragione sta nel fatto che, in
seguito agli accordi sottoscritti con l’Agenzia delle<br />
entrate, la misura dei conguagli a favore della <strong>Siae</strong> si è,<br />
nella sostanza, ridotta come diretta conseguenza del<br />
piano di contenimento della spesa pubblica cui devono<br />
attenersi tutti gli organismi pubblici.<br />
I servizi delegati da enti vari registrano un incremento<br />
dell’8,7%, mentre i proventi derivanti da interessi finanziari<br />
manifestano un aumento di 1,1 milioni di euro.<br />
Nell’ambito dei costi, è interessante notare che la <strong>Siae</strong><br />
ha già realizzato da alcuni anni una razionalizzazione<br />
generalizzata dei costi grazie al dimensionamento dei<br />
fabbisogni, alla definizione di condizioni di acquisto più<br />
favorevoli, alla concentrazione dei volumi, alla gestione<br />
di procedure competitive e alla rinegoziazione dei contratti<br />
preesistenti. Il risparmio nominale nell’ambito dei<br />
costi della produzione, dal 1998 al 2004, ammonta a<br />
circa 6,3 milioni di euro. In realtà, il risparmio effettivo è<br />
nettamente superiore se si tiene conto dell’inflazione<br />
nell’arco degli ultimi 6 anni e del radicale cambiamento<br />
della struttura operativa della Società, conseguente da<br />
un lato all’eliminazione dell’imposta sullo spettacolo, dall’altro<br />
all’introduzione, appunto, di nuovi servizi per<br />
conto terzi. Servizi che hanno richiesto un sensibile<br />
incremento qualitativo e quantitativo di risorse per lo<br />
svolgimento delle attività richieste da diversi committenti<br />
(Agenzia delle entrate, Enpals, Inps, Rai, ecc.).<br />
La <strong>Siae</strong> è riuscita in breve ad operare efficacemente<br />
una ristrutturazione della propria attività, compensando<br />
la fonte di reddito dell’imposta spettacolo, che incideva<br />
per 75 milioni di euro e riducendo significativamente i<br />
costi rispetto al valore della produzione.<br />
Nel 2004 i costi della produzione sono aumentati del<br />
4,2% rispetto al 2003, ma il valore della produzione è<br />
cresciuto del 5%: la struttura dei costi si è dunque sviluppata<br />
in corretta relazione con lo sviluppo del business,<br />
risultando inferiore alla crescita dei proventi.<br />
È importante, infine, ricordare brevemente l’iter di<br />
VIVAVERDI<br />
49<br />
approvazione del bilancio, che viene presentato dal<br />
Direttore generale al Consiglio d’Amministrazione che lo<br />
approva, previo parere del Collegio dei Revisori della<br />
<strong>Siae</strong> (Collegio il cui Presidente è nominato dal Ministero<br />
dell’Economia) e certificazione della Società di revisione<br />
Reconta Ernst &Young (certificazione che la <strong>Siae</strong> ha praticato<br />
volontariamente da anni). Successivamente il<br />
bilancio è stato approvato, il 28 giugno di quest’anno,<br />
dall’Assemblea degli Associati e quindi sottoposto alle<br />
Autorità di vigilanza, la Presidenza del Consiglio e il<br />
Ministero per i Beni e le Attività culturali. Il 21 luglio<br />
scorso il Ministro per i Beni e le Attività culturali, Rocco<br />
Bottiglione, ha pubblicamente dichiarato che i conti<br />
della <strong>Siae</strong> sono in ordine e che il suo bilancio presenta<br />
un attivo di 3 milioni e 647 mila euro; in seguito le<br />
Autorità vigilanti hanno approvato i bilancio consuntivo<br />
2004 e quello preventivo 2005, ratificando così positivamente<br />
la politica economica della Società.
zie anche all’ impennata di vendite dell’ iPod (il<br />
piccolo lettore di musica digitale prodotto dalla<br />
Apple Computer) che in pochi mesi ha superato i<br />
20 milioni di esemplari venduti) e all’introduzione<br />
dei sistemi di scaricamento legale come iTunes,<br />
con cui la <strong>Siae</strong> fin dal mese di novembre del<br />
2004 ha concluso un’importane contratto per la<br />
tutela dei brani scaricati. Quello digitale è, insomma,<br />
un mercato in crescita, dalle fortissime<br />
potenzialità, ma il rapporto Ifpi sottolinea come<br />
attualmente la quota dei profitti sia ancora<br />
all’1,5% del totale, anche se le previsioni segnalano<br />
aumenti a due cifre per i prossimi 5 anni.<br />
Tornando all’Italia, il calo dei prodotti musicali<br />
registrato nelle edicole, si può spiegare da un<br />
punto di vista più generale, non solo con la saturazione<br />
d’un bacino in forte crescita da anni, ma<br />
anche col boom delle vendite di libri abbinati a<br />
quotidiani e periodici, che sono entrati nelle edicole<br />
in diretta concorrenza con i supporti musicali,<br />
orientando diversamente le scelte dell’acquirente.<br />
L’altro fenomeno in espansione è rappresentato<br />
dalle vendite dei Dvd musicali, ma, se ci riferiamo<br />
alla spesa per la musica in generale, non<br />
possiamo non rilevare il grande balzo in avanti<br />
VIVAVERDI<br />
51<br />
della musica dal vivo, che nel 2004, secondo<br />
fonti dell’Assomusica, ha registrato 1,5 milioni di<br />
spettatori in più, con un incremento del 54,1%<br />
del totale degli incassi.<br />
D’altra parte il mercato discografico italiano, che<br />
l’Ifpi situa all’ottavo posto nel mondo, negli ultimi<br />
dieci anni presenta cadute e riprese. Dai 138,9<br />
milioni di pezzi venduti nel 1995, in tre anni si<br />
passa ai 101,4 del 1998, per risalire ai 112 del<br />
2000, con una media, fino al 2003 di 110 milioni<br />
di pezzi, per arrivare poi alla flessione del 2004.
VIVAdall’interno<br />
ASSEMBLEA GENERALE CISAC<br />
DIFENDERSI O ATTACCARE?<br />
di Alberto Testa<br />
Il 9 Giugno 2005 si è tenuta a Dublino, in Irlanda,<br />
l’Assemblea Generale della Cisac, la Confederazione<br />
Internazionale delle Società di Autori e Compositori.<br />
C’erano praticamente tutti, in rappresentanza degli autori<br />
e dei compositori, nonché degli editori, provenienti da<br />
tutto il mondo. Mi è sembrato giusto sentirmi forte, perché<br />
l’unione di tutte le forze creative sarà l’unica arma<br />
contro le infinite voglie di non tenere in considerazione il<br />
Diritto d’Autore. Certo, molti interventi hanno riguardato<br />
e preso in considerazione, in particolare, gli aspetti<br />
amministrativi di una simile organizzazione mondiale:<br />
approvazioni di Bilanci e lettura delle relazioni relative ad<br />
assemblee e incontri svoltisi in precedenza.<br />
Terminate le formalità – però – si sono trattati vari<br />
argomenti basilari: ecco qui di seguito e in queste poche<br />
righe il mio sintetico “rapporto”. Più che altro le mie sensazioni<br />
su quanto è stato detto a proposito di: difesa del<br />
diritto d’autore; lotta alla pirateria; salvaguardia delle<br />
diversità culturali; sviluppo e addestramento informatico<br />
nelle società autori; progetto mi3p: codice mondiale<br />
unico per ogni opera<br />
Questi argomenti sono stati trattati con molto calore e<br />
con interessamento di tutti. Alla prossima riunione spero,<br />
però, che verranno presentati dalle varie Società resoconti<br />
di “azioni compiute in proposito”, offrendo a tutti gli<br />
altri i suggerimenti per intraprendere le stesse “azioni”<br />
nel proprio paese.<br />
In tutto il mondo le dinamiche del lavoro degli autori sono in forte evoluzione e radicale<br />
cambiamento. L'occasione di una riunione internazionale della Confederazione delle<br />
Società di autori e compositori a Dublino evoca ad un autore alcuni interrogativi e<br />
altrettante considerazioni contenuti in questo breve “rapporto”<br />
Naturalmente sarà importante che tali informazioni vengano<br />
diffuse ben prima delle riunioni, in modo da aver già<br />
pronte osservazioni e risposte da parte dei vari delegati.<br />
E questo anche perché le leggi tra un paese e l’altro sono<br />
assai diverse e quel che è consentito là, può non essere<br />
consentito qui.<br />
Interessantissimo il Progetto di “Sviluppo e addestramento<br />
informatico” da diffondere fra tutte le Società di<br />
Autori al fine di preparare al meglio il personale e metterlo<br />
in grado di usare i mezzi più attuali. Questo progetto<br />
dev’esser coordinato dalla Cisac ma sviluppato – secondo<br />
i propri mezzi – da ogni Società.<br />
Su tale argomento sono d’accordo, ma penso che non<br />
dobbiamo limitarci a combattere gli attacchi che vengono<br />
fatti al Diritto d’Autore. Penso invece che dobbiamo<br />
essere noi Società di autori ad arrivare prima. Gli Autori<br />
sono creatori? E allora creiamo noi le armi di attacco a<br />
chi vuole espropriarci!<br />
Dobbiamo essere noi i primi hackers, naturalmente in<br />
positivo! Fare in modo che quando i ladri (di denaro e di<br />
cultura) tenteranno di arrivare, noi avremo già sviluppato<br />
altri sistemi per contrastarli e respingerli mettendoli in<br />
fuorigioco.<br />
Il Progetto mi3p che dovrebbe dare un codice ad ogni<br />
opera, spero che riguardi e tanga conto veramente di<br />
ogni opera depositata: musicale, letteraria, teatrale, cinematografica,<br />
visiva, tecnica…<br />
È una formula necessaria; per cui occorre accelerare al<br />
massimo tale procedura.<br />
Non sono molto abituato a questo tipo di riunioni e credo<br />
che – più che parlare – sia necessario agire. Da bravo<br />
autore di parole, ritengo che le parole siano troppo<br />
importanti per essere spese in arzigogoli. Perciò il mio<br />
resoconto finisce qui.<br />
Lasciatemi però ripetere: difendersi o attaccare ?<br />
Io vi ho detto come la penso. A voi la scelta.<br />
Alberto Testa, autore
FONDO DI SOLIDARIETÁ SIAE<br />
LA FASE DELLO STUDIO È CONCLUSA<br />
di ***<br />
Lettera del Comitato di Studio per le problematiche del Fondo di Solidarietà <strong>Siae</strong>,<br />
che ha da poco concluso i lavori e ha consegnato i risultati al Cda perché li faccia pervenire<br />
all'Assemblea con eventuali osservazioni e proposte<br />
Al momento abbiamo completato la prima fase dei<br />
lavori, rispondendo alle domande posteci<br />
dall’Assemblea che ci ha nominati con sua delibera del<br />
25/2/2004, e abbiamo consegnato il nostro elaborato<br />
al Consiglio di Amministrazione della <strong>Siae</strong> perché lo<br />
stesso CdA. lo faccia pervenire con le sue osservazioni<br />
ed eventuali proposte all’Assemblea.<br />
Per questo motivo riteniamo che una nostra eventuale<br />
anticipazione sui contenuti, prima che l’Assemblea<br />
possa esaminarli, sarebbe una mancanza di riguardo<br />
verso la stessa Assemblea alla quale non abbiamo<br />
ancora potuto fornire tutte le eventuali informazioni integrative.<br />
Questo Comitato, formato da componenti di pressoché<br />
tutte le Associazioni degli autori, editori e concessionari<br />
<strong>Siae</strong>, può senz’altro affermare di aver lavorato in completa<br />
armonia e serenità e di essere arrivato alle sue<br />
conclusioni all’unanimità, dopo un lavoro serio, approfondito<br />
e svolto con il comune intento di dare finalmente<br />
sistemazione definitiva agli annosi problemi del Fondo di<br />
Solidarietà, con una serie di provvedimenti che, se<br />
l’Assemblea concorderà sulla linea da noi proposta,<br />
potrebbero essere adottati entro pochi mesi, dopo l’ulteriore<br />
necessario completamento del nostro lavoro<br />
insieme con le sezioni <strong>Siae</strong> e i necessari approfondimenti<br />
giuridici, fiscali e finanziari per l’approntamento<br />
degli strumenti operativi definitivi.<br />
È con viva soddisfazione che noi tutti componenti di<br />
questo Comitato possiamo dichiarare che quando un<br />
certo numero di persone lavorano animate da spirito di<br />
servizio e con l’unico fine di tendere ad una conclusione<br />
positiva e condivisa è alla fine inevitabile, che si arrivi al<br />
risultato in perfetta armonia e addirittura, come avvenu-<br />
VIVAVERDI<br />
53<br />
to nel nostro caso, all’unanimità, pur partendo da posizioni<br />
iniziali variegate e molto differenziate.<br />
Desideriamo da ultimo ringraziare la <strong>Siae</strong> per il prezioso<br />
aiuto delle sue strutture e dei validissimi consulenti messici<br />
a disposizione.<br />
*** I componenti del Comitato di Studio per le problematiche<br />
del Fondo di Solidarietà <strong>Siae</strong>
Foto Giuseppe Ziliotto<br />
VIVAdall’interno<br />
SIAE E FAPAV<br />
<strong>UN</strong>'INTESA<br />
ANTIPIRATERIA<br />
Lo scorso 13 ottobre il Segretario Generale della<br />
Federazione Antipirateria Audiovisiva (Fapav), Luciano<br />
Daffarra e il Direttore generale della <strong>Siae</strong>, Angelo<br />
Della Valle, hanno firmato un importante protocollo<br />
d’intesa per rafforzare la tutela del diritto d’autore nel<br />
campo dell’audiovisivo e coordinare al meglio l’attività<br />
antipirateria.<br />
L’incontro, presso la Direzione Generale della <strong>Siae</strong> a<br />
Roma, si è svolto alla presenza di John Malcom,<br />
Direttore delle Operazioni Antipirateria della Mpa, la<br />
Motion Picture Association, organizzazione internazionale<br />
per la difesa delle opere cinematografiche e di<br />
Silvano Guariso, Sostituto del Presidente della <strong>Siae</strong>.<br />
Tra le misure di contrasto alla pirateria, presenti nel<br />
protocollo d’intesa l’avvio di campagne di comunicazione<br />
rivolte ai consumatori e in particolare agli stu-<br />
Foto Giuseppe Ziliotto<br />
L'importante protocollo, che rafforza l'azione di lotta alla contraffazione e la rende più<br />
efficace sul piano operativo, legislativo e tecnologico, è nato alla presenza di John<br />
Malcom, direttore delle operazioni antipirateria a livello mondiale della Motion Picture<br />
Association (Mpa)<br />
denti. John Malcom ha affermato che le attuali campagne<br />
di comunicazione antipairateria, sia negli Stati<br />
Uniti, sia in Europa e in Asia, non hanno dato i frutti<br />
sperati.<br />
Proprio per questa ragione, la <strong>Siae</strong>, con i partner<br />
dell’Emca (European Music Alliance) ha intrapreso una<br />
serie di contatti con il Ministero dell’Istruzione per<br />
avviare una campagna di sensibilizzazione al rispetto<br />
del diritto d’autore presso le scuole secondarie.<br />
La lotta alla pirateria audiovisiva nel nostro Paese ha<br />
dato notevoli risultati anche grazie alla collaborazione<br />
delle associazioni che tutelano autori, editori e produttori<br />
con le Forze dell’ordine. In base ai primi dati<br />
(inediti) disponibili per il 2005, forniti dal Ministero<br />
dell’Interno, nei primi quattro mesi dell’anno sono stati<br />
sequestrati complessivamente 1.433.269 prodotti<br />
audiovisivi contraffatti, tra apparecchiature per registrazione,<br />
Dvd, Cd, videocassette e musicassette. Il<br />
prodotto pirata in formato digitale, che è anche quello<br />
maggiormente soggetto alla contraffazione, ricopre<br />
all’incirca il 10-15% del mercato totale dell’audiovisivo<br />
in Italia. L’Mpa calcola che in tutto il mondo questo<br />
tipo di pirateria arrechi danni, solo per quanto riguarda<br />
i prodotti americani, per oltre tre miliardi di dollari<br />
l’anno, con pesanti ripercussioni per gli autori e per le<br />
aziende del settore, con ingenti perdite di posti di<br />
lavoro. John Malcom, dopo aver scambiato importanti<br />
informazioni con Della Valle sulle strategie della lotta<br />
alla pirateria, ha assicurato alla <strong>Siae</strong> la collaborazione<br />
della Mpa.
VIVAglossario<br />
a cura di Giancarlo Pressenda<br />
IL DIRITTO D'AUTORE È MORALE<br />
di Giancarlo Pressenda<br />
Vivaverdi pubblica a puntate questo glossario, che comprende alcuni tra i termini più<br />
utilizzati nel mondo della <strong>Siae</strong> e nel diritto d'autore. Talvolta si è privilegiata la semplicità<br />
e la sintesi rispetto al tecnicismo del linguaggio giuridico e anche all'approfondimento.<br />
L'attuale legge italiana sul diritto d'autore n. 633/1941 e successive modificazioni (si veda<br />
la “Biblioteca giuridica” all'indirizzo www.siae.it) è ovunque abbreviata nella sigla L. A.<br />
INTERNATIONAL STANDARD<br />
WORK CODE (ISWC)<br />
Nato nel 1995 l’ Iswc è un Codice alfanumerico<br />
Internazionale Iso (Organizzazione Internazionale per<br />
la Standardizzazione) che viene attribuito univocamente<br />
ad ogni opera musicale consentendone così<br />
l’immediata identificazione in tutto il mondo. Il codice<br />
Iswc è costituito dalla lettera T seguita da una<br />
sequenza di 9 cifre e conclusa da una cifra di controllo.<br />
Attualmente l’assegnazione dei codici Iswc è<br />
in corso di attuazione e la <strong>Siae</strong> svolge funzioni di<br />
Agenzia Regionale Iswc per il territorio italiano.<br />
INTERNATIONAL STANDARD<br />
RECORDING CODE (ISRC)<br />
L’Isrc, la cui nascita risale al 1989, è un codice alfanumerico<br />
internazionale Iso (Organizzazione<br />
Internazionale per la Standardizzazione) che viene<br />
attribuito univocamente ad ogni registrazione sonora<br />
o audiovisiva di musica. Mentre l’Iswc identifica quindi<br />
l’opera musicale ai fini della percezione e della<br />
distribuzione dei diritti d’autore, l’Isrc identifica univocamente<br />
a livello internazionale ciascuna singola<br />
registrazione ai fini della individuazione del produttore<br />
proprietario e della percezione e distribuzione del<br />
diritto connesso del produttore fonografico. Il codice<br />
Iscr è costituito da 12 caratteri. L’Agenzia internazionale<br />
per l’amministrazione dei codici Isrc è presso la<br />
Federazione Internazionale dell’Industria Fonografica<br />
(Ifpi) con sede a Londra, mentre l’Agenzia Nazionale<br />
per l’Italia è la Fimi (Federazione Industria Musicale<br />
Italiana) con sede a Milano.<br />
LICENZE LEGALI O OBBLIGATORIE<br />
Le licenze legali e le licenze obbligatorie costituiscono<br />
forme di limitazione al diritto esclusivo degli autori,<br />
consentite dalla Convenzione di Berna in via di<br />
eccezione. La licenza legale è una licenza di utilizzazione<br />
delle opere le cui condizioni non sono negoziate<br />
tra le parti (autore e suoi aventi causa da un lato<br />
ed utilizzatore dell’opera dall’altro) ma sono dettagliatamente<br />
stabilite dalla legge. Nella licenza obbligatoria<br />
invece la legge impone all’autore di rilasciare un<br />
determinato tipo di licenza (sottraendogli quindi il<br />
potere di rifiutarla) ma la determinazione del compenso<br />
rimane oggetto di negoziazione tra le parti.<br />
Gli istituti delle licenze legali ed obbligatorie sono<br />
conosciuti soprattutto dalla legislazione anglo americana<br />
in materia di copyright (particolarmente nota la<br />
licenza legale Usa in materia di riproduzione su<br />
disco delle opere musicali) mentre sono più rari nella<br />
legislazione europea che tende a salvaguardare per<br />
quanto possibile il diritto esclusivo degli autori.<br />
Tuttavia, anche nella legislazione italiana si possono<br />
ravvisare le caratteristiche delle licenze legali o<br />
obbligatorie per quelle utilizzazioni per le quali anziché<br />
il pieno diritto esclusivo viene riconosciuto agli<br />
autori solo un diritto a compenso<br />
(così ad esempio l’equo compenso dovuto agli autori<br />
ai sensi dell’art. 58 per l’esecuzione di opere radiodiffuse<br />
in pubblici esercizi può essere qualificato<br />
come una licenza obbligatoria mentre l’equo compenso<br />
previsto dall’art. 70 per la riproduzione di<br />
opere in antologie scolastiche presenta molte delle<br />
caratteristiche tipiche della licenza legale).<br />
MATRICE (MASTER RECORDING)<br />
La matrice di registrazione o master recording è la<br />
registrazione audio o video originaria dalla quale vengono<br />
poi tratte le copie da porre in circolazione. La<br />
matrice è di proprietà del Produttore e non può<br />
essere utilizzata senza la sua autorizzazione ai sensi<br />
dell’art. 72 L. A. I diritti del Produttore sulle registrazioni<br />
realizzate durano per 50 anni dalla data di fissazione<br />
della registrazione ai sensi dell’art. 75 L. A.<br />
(vedi anche “diritti connessi”).<br />
MORALE<br />
(DIRITTO MORALE D’AUTORE)<br />
Il sistema di tutela dell’autore apprestato dalla legge<br />
prevede accanto ai diritti di utilizzazione economica<br />
dell’opera, anche diritti morali d’autore che sono<br />
preordinati a proteggere la sensibilità e la personalità<br />
dell’autore e non hanno direttamente un contenuto<br />
economico. Tali sono, in primo luogo, il diritto di<br />
rivendicazione della paternità dell’opera, il diritto di<br />
opporsi a deformazioni, mutilazioni o danneggiamenti<br />
dell’opera che possano pregiudicare la sua reputazione<br />
o il suo onore, il diritto – ove previsto – alla<br />
menzione del nome dell’autore, il diritto di mantenere<br />
l’opera inedita. Poiché i diritti morali sono intimamente<br />
legati alla sensibilità e alla personalità dell’autore<br />
essi sono inalienabili e “personalissimi” e non<br />
possono essere esercitati da altri che dall’autore<br />
stesso. I diritti morali non hanno termini di durata e<br />
quindi non sono limitati nel tempo; dopo la morte<br />
dell’autore il diritto morale può essere esercitato dal<br />
coniuge o dai figli o, in mancanza, dai genitori o altri<br />
ascendenti e discendenti diretti. Ove sia richiesto da<br />
finalità pubbliche anche il Presidente del Consiglio<br />
può intervenire a tutela del diritto morale dell’autore.<br />
Al diritto morale d’autore sono dedicati gli articoli dal<br />
20 al 24 della L. A. ma tutto il corpo della legge sul<br />
diritto d’autore è in più punti permeato dal concetto<br />
del diritto morale. Gli articoli 168-170 della L. A. dettano<br />
inoltre alcune norme particolari per quanto<br />
attiene i giudizi relativi all’esercizio del diritto morale<br />
d’autore. Alcuni diritti di natura morale sono riconosciuti<br />
anche agli artisti interpreti ed esecutori, come<br />
il diritto alla menzione del nome nei limiti stabiliti dall’art.<br />
83 L. A. e il diritto di opporsi alla diffusione di<br />
esibizioni che possano essere pregiudizievoli per il<br />
loro onore o la loro reputazione (art. 81 L. A.).
VIVAeventi<br />
a cura dell'Ufficio organizzazione Eventi<br />
AREZZO, 12/17 LUGLIO<br />
AREZZO WAVE LOVE FESTIVAL<br />
Arezzo Wave si conferma uno degli eventi<br />
musicali internazionali più importanti per l’impegno<br />
multiculturale. Dal 12 al 17 luglio si<br />
sono alternati su dodici palchi artisti emergenti,<br />
selezionati dalla Fondazione Arezzo Wave, e<br />
artisti noti. Accanto al cartellone musicale<br />
anche spettacoli, laboratori e incontri d’arte,<br />
letteratura, cinema, teatro, fumetto e fotografia.<br />
La <strong>Siae</strong> era presente con il <strong>Siae</strong> Point,<br />
punto informativo al Main Stage dello Stadio<br />
Comunale dove si sono esibiti Elio e le Storie<br />
Tese, Motorhead, The Kills, Antony & The<br />
Johnsons, Negramaro e Afterhours. Sul Wake<br />
Up e lo Psycho Stage si sono alternati altri 19<br />
gruppi, selezionati tra i 1.570, che hanno partecipato<br />
al concorso nazionale Arezzo Wave<br />
Band e, per la prima volta, si sono esibite le<br />
band segnalate dalle testate specializzate.<br />
Nelle tre sale del Centro Affari e Convegni di<br />
Arezzo s’è svolto infine Elettrowave, un vero e<br />
proprio festival nel festival, meeting di cultura<br />
digitale che durante l’anno ha decretato i vincitori<br />
della lunga selezione nazionale<br />
Elettrowave Challenge. Nell’ambito della sezione<br />
Cult Wave gli incontri con i registi Emir<br />
Kusturica e Matteo Garrone e un’iniziativa in<br />
ricordo di Pasolini, a 30 anni dalla morte.<br />
ROMA, 17 SETTEMBRE<br />
LA NOTTE BIANCA AL BURCARDO<br />
Il 17 settembre scorso la <strong>Siae</strong> ha partecipato<br />
per il secondo anno a La Notte Bianca con l’apertura<br />
notturna del Museo Teatrale del<br />
Burcardo (nella foto Vanessa Gravina e Marco<br />
Marelli). Nonostante la pioggia incessante che<br />
ha disturbato la serata, nelle sale del Museo<br />
sono state organizzate visite guidate alla<br />
mostra Le viole di Eleonora Duse e alle collezioni<br />
di costumi, accessori e oggetti di scena<br />
appartenenti ai grandi nomi del teatro italiano.<br />
Nel Palazzetto di particolare pregio storico ed<br />
artistico, ben noto a esperti e a studiosi del<br />
teatro, è stata offerto un ampio programma di<br />
musica e poesia. Gli attori Vanessa Gravina e<br />
Marco Marelli nel recital Amore è fuoco hanno<br />
rappresentato i versi dei poeti – da Francesco<br />
Petrarca ad Alda Merini – che in ogni tempo<br />
hanno cantato l’amore e la passione. Il cantautore<br />
Andrea Parodi ha raccontato, attraverso<br />
le canzoni, gli incontri più significativi della sua<br />
carriera: quello con Maria Carta, Fabrizio De<br />
Andrè, la cantante israeliana Noa e il chitarrista<br />
Al Di Meola. Il gruppo etno-folk dei<br />
Mediterranti ha proposto i ritmi e i canti della<br />
tradizione mediterranea. Hanno potuto eseguire<br />
solo in parte il loro programma il trio<br />
Polimnia Ensamble, una delle formazioni di<br />
punta della Associazione Musikstrasse del<br />
Gruppo Editoriale Bixio, e i maestri Claudio<br />
Anguillara, Lorella Boldrini, Francesco D’Atri e<br />
Vincenzo Di Piro, fermati purtroppo dalla pioggia<br />
scrosciante. L’afflusso dei visitatori e l’apprezzamento<br />
ricevuto ha confermato la vocazione<br />
del Burcardo a essere ideale punto d’incontro<br />
e accoglienza per iniziative culturali e<br />
di diffusione del patrimonio artistico che la<br />
<strong>Siae</strong> istituzionalmente tutela.<br />
2-4 SETTEMBRE,<br />
BORDIGHERA JAZZ & BLUES<br />
Dal 2 al 4 settembre, presso i giardini Lowe di<br />
Bordighera, s’è svolta la rassegna “Bordighera<br />
Jazz & Blues”, giunta alla 13 a edizione (nella<br />
foto Filippo Gasparro con Expresso Blues<br />
Band). Realizzata dall’Associazione<br />
MusicaTeatro e presieduta da Enzo Bruno, la<br />
kermesse musicale ha ospitato artisti di fama<br />
internazionale come Ike Turner, Kid Creole e<br />
Kool and the Gang. Rinnovando una partnership<br />
che dura da anni, la <strong>Siae</strong> era presente con<br />
il <strong>Siae</strong> Point. Nel corso della serata conclusiva<br />
è stata consegnata la targa <strong>Siae</strong> 2005 al gruppo<br />
musicale Expresso Blues Band, come riconoscimento<br />
per i musicisti italiani emergenti.<br />
AULLA, 21-24 LUGLIO<br />
PREMIO L<strong>UN</strong>EZIA<br />
Si è svolta ad Aulla (Massa Carrara) la decima<br />
edizione del Premio Lunezia che il suo<br />
ideatore, Stefano De Martino, ha dedicato al<br />
valore musical-letterario delle canzone italiana.<br />
Il vincitore assoluto, Gianluca Grignani, ha<br />
ricevuto dal Direttore della sezione<br />
Organizzazione Eventi <strong>Siae</strong>, Filippo Gasparro<br />
(nella foto con Grignani) “l’Albero della creatività”,<br />
scultura in bronzo dell’artista Sandro<br />
Soravia, per l’album Il re del niente, mentre<br />
alla vincitrice della Sezione Giovani Autori di<br />
Testo, Elettra Fiorini (19 anni, di Arezzo), è<br />
stata assegnata dalla <strong>Siae</strong> una targa per la<br />
canzone Ho disegnato. Tra gli artisti che si<br />
sono esibiti nella serata finale del 24 condotta<br />
da Pippo Baudo, applauditissimi Grignani,<br />
Elisa, Andrea Parodi (la voce dei Tazenda ha<br />
vinto la prima edizione di una sezione dedicata<br />
alla musica Etno) ed Enrico Ruggeri. La<br />
Società era presente con il <strong>Siae</strong> Point.
TERMOLI, 23-24 SETTEMBRE<br />
SPAZIO D’AUTORE<br />
Il 23 e 24 settembre si è svolto a Termoli il<br />
concerto “Pax Mundi”. Due serate dedicate a<br />
Papa Giovanni Paolo II e alla sua alla figura<br />
spirituale. Il Premio “Spazio D’Autore 2005” è<br />
andato a Enrico Ruggeri e ai Nomadi. Il<br />
Premio speciale <strong>Siae</strong> è stato consegnato ai<br />
Cugini di Campagna (nella foto) dal direttore<br />
dell’Ufficio organizzazione Eventi, Filippo<br />
Gasparro, che ha illustrato le finalità del “progeto<br />
Emca” verso i giorvani. Tra i partecipanti<br />
alla due giorni musicale, Anna Tatangelo, Paul<br />
Moss, The Joyful Gospel Ensemble, Franco<br />
Fasano e i Matia Bazar. Il tema della musica<br />
come strumento di comunicazione sociale è<br />
stato al centro di un convegno presso la Sala<br />
Consiliare del Comune. Oltre al Sindaco, sono<br />
intervenuti Remo Di Giandomenico, Luigi<br />
Barion (Presidente Afi), Daniele Venturi<br />
(Presidente Papaboys), Filippo Gasparro<br />
(Dirigente <strong>Siae</strong>), Pino Scarpettini (Direttore<br />
Artistico della manifestazione) e il cantautore<br />
Roberto Bignoli. I rappresentanti di Afi e <strong>Siae</strong><br />
hanno sottolineato l’importanza dell’educazione<br />
dei giovani alla fruizione “legale” della musica,<br />
citando l’iniziativa internazionale condotta<br />
insieme a Imaie nell’ambito del “progetto<br />
Emca” (European Music Copyright Alliance)<br />
per l’educazione degli studenti delle scuole<br />
secondarie.<br />
BRUXELLES, 22 SETTEMBRE<br />
INCONTRO EUROPEO<br />
SUL PROGETTO EMCA<br />
Bruxelles ha ospitato nei giorni scorsi un significativo<br />
meeting dei partner europei del progetto<br />
Emca (European Music Copyright<br />
Alliance). L’iniziativa, cui aderiscono per l’Italia<br />
l’Afi (Associazione Fonografici Italiani), l’Imaie<br />
(Istituto per la tutela dei diritti degli Artisti<br />
Interpreti Esecutori) e la <strong>Siae</strong>, è sostenuta da<br />
organizzazioni e associazioni europee che rappresentano<br />
e tutelano i diritti degli autori, dei<br />
produttori discografici e degli artisti. In Italia, il<br />
progetto trova numerosi sostenitori, tra cui<br />
Fipi Italia, Musica & Dischi, Coram e Rai Trade.<br />
L’obiettivo dei partner è la realizzazione di iniziative<br />
nei confronti dei giovani studenti per<br />
educarli e spronarli alla fruizione “legale” della<br />
musica. Il progetto, che oltre l’Italia coinvolge<br />
Spagna, Germania, Inghilterra, Francia e<br />
Belgio, vede i rappresentanti Emca di ogni<br />
nazione impegnati in una prima fase sperimentale<br />
destinata a un certo numero di scuole<br />
medie, con la diretta partecipazione di studenti,<br />
insegnanti e genitori. L’incontro di Bruxelles<br />
ha consentito l’analisi congiunta delle attività<br />
educative svolte nelle varie nazioni nel primo<br />
biennio di attività e ha permesso ai partner la<br />
conoscenza diretta delle varie metodologie in<br />
uso e la ricerca di protocolli più adeguati e<br />
validi a livello internazionale. L’attività svolta<br />
dai partner italiani, coordinata da Isabella<br />
Longo e patrocinata dal Miur (Ministero<br />
dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) è<br />
VIVAVERDI<br />
57<br />
stata particolarmente apprezzata per la strategia<br />
di approccio e l’aspetto metodologico,<br />
opportunamente orientati – attraverso strumenti<br />
didattici multimediali – verso un pubblico<br />
particolarmente giovane. Si sta avviando in<br />
questi giorni l’attività parallela per il coinvolgimento<br />
di molti istituti scolastici nelle città di<br />
Milano, Roma e Palermo. Nel corso dell’incontro<br />
di Bruxelles è stata rilevata l’opportunità di<br />
una informativa diretta verso altre istituzioni<br />
internazionali, già presenti e attente ai programmi<br />
di sensibilizzazione contro la pirateria<br />
discografica e multimediale. I partner europei<br />
si ritroveranno il prossimo gennaio a Cannes,<br />
in occasione del Midem 2006, per ulteriori<br />
incontri programmatici.<br />
VIAREGGIO, 21-23 LUGLIO<br />
FESTIVAL TEATRO CANZONE<br />
GIORGIO GABER<br />
Dal 21 al 23 luglio si è svolta, nella Cittadella<br />
del Carnevale di Viareggio, la seconda edizione<br />
del Festival Teatro Canzone Giorgio Gaber,<br />
alla quale hanno partecipato numerosi ospiti.<br />
La Società era presente al Festival con il <strong>Siae</strong><br />
Point. La manifestazione, nata lo scorso anno<br />
e diventata subito appuntamento di grande<br />
rilievo, ha il duplice intento di promuovere e<br />
sostenere il Teatro Canzone come genere<br />
autonomo e specifico nella cultura teatrale italiana<br />
e sensibilizzare il pubblico, attraverso la<br />
testimonianza di grandi nomi dello spettacolo,<br />
sull’eredità lasciataci da Gaber. La <strong>Siae</strong> ha poi<br />
premiato i 5 finalisti del Concorso Teatro<br />
Canzone, che si propone di individuare artisti<br />
in grado di rappresentarne il genere: Rocco<br />
Papaleo, Osvaldo Ardenghi, Filippo Bessone,<br />
Simone Cristicchi e Bob Messini. Il 20 luglio<br />
ha aperto il Festival il convegno “Destra,<br />
Sinistra …o Giorgio Gaber?” con filosofi, politici<br />
e giornalisti, da Fausto Bertinotti a Mario<br />
Capanna, Vittorio Feltri, Giulio Giorello, Sandro<br />
Luporini, Valdo Spini, Andrea Tagliasacchi,<br />
coordinati da Curzio Maltese. Nell’ambito della<br />
manifestazione, la <strong>Siae</strong> ha voluto attribuire – a<br />
sorpresa – il premio più ambito (l’”Albero della<br />
Creatività”) a Francesco Guccini, che aderisce<br />
alla Società dal 1967.
VIVAVERDI<br />
58<br />
LA NUOVA PMI<br />
INDIPENDENTI<br />
NON PER CASO<br />
di Daniela d'Isa<br />
discografia<br />
Foto di gruppo<br />
della nuova associazione PMI<br />
Sotto, Caterina Caselli<br />
con Mario Limongelli<br />
Mario Limongelli è dal mese di luglio il presidente<br />
della nuova Associazione di produttori<br />
musicali indipendenti, Pmi, costituitasi dopo<br />
l’uscita dalla Fimi di circa 75 etichette.<br />
Limongelli, general manager di Nar<br />
International (label che annovera tra gli altri,<br />
artisti come Loredana Bertè, Povia, Milva,<br />
Toto Cutugno, Giorgio Faletti, Annalisa<br />
Minetti, Paolo Belli…), ex vice presidente<br />
Fimi, ha accettato la carica, come spiega in<br />
questa intervista, “per spirito di servizio” e<br />
perché è “un entusiasta del lavoro e della<br />
musica”: “La figura del produttore fonografico<br />
indipendente – sottolinea – deve essere conosciuta,<br />
purtroppo in sei anni che sono stato in<br />
Fimi non abbiamo mai avuto visibilità”.<br />
È per ragioni di visibilità che ve ne siete andati?<br />
È una delle ragioni, e direi che il vero errore di<br />
Fimi è non avercela accordata. Il vecchio statuto<br />
annoverava noi indipendenti come un<br />
“gruppo di lavoro”. Noi volevamo avere una<br />
nostra assemblea consultiva, pur riconoscendo<br />
sovrana l’assemblea Fimi. Poi volevamo un<br />
nostro presidente, un po’ come succede nella<br />
Confindustria per i piccoli industriali. Alla<br />
Fimi non andavano bene le nostre richieste:<br />
temevano che volessimo fare un’associazione<br />
dentro l’associazione ed è andata come è<br />
andata. Però noi cerchiamo il dialogo, abbiamo<br />
molti scopi ancora in comune e abbiamo<br />
chiesto di dialogare anche con Fimi.<br />
Qual è esattamente il lavoro del produttore<br />
discografico indipendente?<br />
Intanto lo chiamerei produttore musicale. Di<br />
qui a qualche anno il disco come supporto sarà<br />
solo un ricordo. Ed è per questo che noi indipendenti<br />
giudichiamo importante il ruolo<br />
della musica on line. Molti di noi si sono già<br />
attrezzati per vendere con Internet. Alcuni<br />
sono già operativi come Sugar, Edel e Do it<br />
yourself. Per quanto riguarda il nostro lavoro,<br />
Storia e ruolo del produttore fonografico. Colloquio con Mario Limongelli, presidente<br />
della nuova Associazione del produttori musicali indipendenti, costituitasi di recente<br />
dopo l'uscita di 75 etichette indipendenti dalla Fimi<br />
lei ha presente il ruolo del produttore cinematografico?<br />
Lavora su un copione, cerca gli<br />
attori, cerca un regista. Noi non abbiamo il<br />
copione, ma il provino di una canzone e da lì<br />
cerchiamo l’arrangiatore, il cantante, lo studio<br />
di registrazione e ci adoperiamo perché quella<br />
canzone diventi un successo. In una parola<br />
siamo degli “artigiani” della musica.<br />
Qual è il programma della Pmi?<br />
In estrema sintesi, vogliamo aiutare la produzione<br />
musicale indipendente trovando le<br />
risorse necessarie a promuovere la nostra<br />
creatività in Italia e all’estero. La creatività italiana<br />
c’è ed è più viva che mai. Certo la scoperta<br />
di nuovi talenti è faticosa e il margine di<br />
rischio è fortissimo, ma ne vale la pena.<br />
Ci sono poi scopi comuni a tutto il mondo<br />
della musica colpito come sappiamo da una<br />
preoccupante contrazione nelle vendite:<br />
penso alla lotta alla pirateria, alla richiesta di<br />
una legge sulla musica che da tanti anni si fa<br />
attendere…<br />
Che scadenze vi siete dati a breve?<br />
Vorrei poter nominare tutti i membri di Pmi,<br />
mi limiterò quindi a citare almeno il presidente<br />
onorario, personalità di spicco del<br />
mondo artistico musicale e imprenditoriale,<br />
Caterina Caselli Sugar e i due vice presidenti<br />
appena eletti: Paolo Franchini della Edel e<br />
Claudio Ferrante della Carosello. Ad oggi<br />
abbiamo avuto incontri interessanti e collabo-<br />
NASCE LA FEDERAZIONE<br />
SISTEMA MUSICA ITALIA<br />
Con un comunicato congiunto Luigi Barion,<br />
Presidente dell'Afi (Associazione Fonografici Italiani)<br />
ed Enzo Mazza, Presidente della Fimi (Federazione<br />
industria musicale italiana) il 7 ottobre scorso hanno<br />
annunciato che “è stato siglato un accordo che crea<br />
la Federazione tra le associazioni di categoria di<br />
Confindustria Afi e Fimi. La Federazione, che aggrega<br />
le due storiche rappresentanze dell'industria discografica,<br />
avrà l'obiettivo di unire in uno sforzo<br />
comune la tutela del settore in un momento di particolare<br />
trasformazione dell'industria musicale”<br />
rativi con la Scf (cui abbiamo conferito il<br />
mandato per la riscossione dei nostri diritti),<br />
con la <strong>Siae</strong>, con la Rai. Al presidente<br />
Petruccioli abbiamo chiesto, in vista di<br />
Sanremo, “pari dignità” rispetto alle altre<br />
associazioni e ho buone speranze anche perché<br />
all’incontro era presente il direttore artistico<br />
di Sanremo Gianmarco Mazzi, che conosce<br />
molto bene le nostre esigenze. A<br />
Petruccioli e al direttore di Raiuno Del Noce,<br />
con Caterina Caselli abbiamo chiesto anche se<br />
è possibile studiare la possibilità di una striscia<br />
quotidiana notturna con la quale spiegare<br />
il ruolo del produttore musicale indipendente<br />
e farne vedere il lavoro. Al Governo italiano<br />
chiediamo di investire nei giovani, anche con<br />
delle agevolazioni (ce ne sono per il cinema e<br />
l’editoria): per esempio potrebbe esserci un<br />
abbattimento fiscale sull’opera prima…<br />
Vogliamo dialogare con tutte le istituzioni che<br />
operano nel nostro settore, vogliamo incontrare<br />
il mondo della politica, quello della<br />
scuola, le società di collecting, gli organizzatori<br />
di concerti.<br />
Il mio desiderio, in realtà, è radunare sotto<br />
un’unica bandiera tutti produttori indipendenti.<br />
Sa che all’estero gli indipendenti sono<br />
molto più uniti? Pensi che in Inghilterra l’associazione<br />
che li raccoglie conta oltre 700<br />
aziende… Se anche noi, mantenendo ognuno<br />
la propria identità, ci accordassimo, potessimo<br />
contare di più arrivando a coprire una<br />
quota di mercato attorno al 25%...
VIVAdal mondo<br />
LE LICENZE MULTIMEDIALI E LA COMMISSIONE EUROPEA<br />
SUI DIRITTI ON-LINE<br />
di Stefania Ercolani<br />
Lo studio attribuisce il ritardo nello sviluppo dell’offerta<br />
musicale on-line nell’Unione Europea rispetto agli Usa,<br />
trascurando di considerare che un analogo ritardo, se<br />
non maggiore, esiste negli Usa rispetto all’Europa (e al<br />
Giappone) per quanto riguarda i servizi di musica attraverso<br />
i telefoni cellulari. L’analisi dei mercati musicali<br />
on-line parte quindi da un assunto parziale e non esplora,<br />
come pure sarebbe stato necessario e utile, i fattori<br />
tecnologici – quale il livello di penetrazione della banda<br />
larga –, che pure hanno un rilievo prevalente ai fini della<br />
diffusione dei servizi via Internet. Manca inoltre<br />
un’adeguata valutazione delle differenze tra le utilizzazioni<br />
non interattive, come il simulcasting e lo streaming,<br />
e quelle on-demand, la più importante delle quali è<br />
rappresentata dallo scaricamento di brani sul Pc o su<br />
apparecchi dedicati come I-Pod della Apple.<br />
Lo studio è anche cosparso di errori fattuali e denota<br />
una certa confusione tra la gestione collettiva dei<br />
diritti d’autore e quella dei diritti connessi. Tuttavia,<br />
esso rappresenta un passo avanti nella comprensione<br />
delle finalità dell’amministrazione collettiva dei diritti<br />
rispetto a recenti prese di posizione della Direzione<br />
Generale Concorrenza dell’Ue, che ha qualificato come<br />
auspicabile o addirittura necessaria la concorrenza tra<br />
le società degli autori per attirare i clienti dai vari paesi<br />
della Comunità. Questa posizione ignora il rischio che il<br />
mercato unico europeo si traduca in concreto in una<br />
corsa al ribasso delle tariffe per l’uso delle opere, poiché<br />
ogni utilizzatore su scala sovranazionale avrebbe la<br />
possibilità di scegliere il paese dove le tariffe sono più<br />
basse o – peggio ancora – dove le modeste dimensioni<br />
o il cattivo funzionamento della società locale possono<br />
facilitare l’evasione dei diritti.<br />
La vertenza comunitaria sull’Accordo di Santiago,<br />
sul quale le società basavano le licenze multiterritoriali<br />
(ormai bocciato dall’autorità antitrust Europea), ha almeno<br />
sensibilizzato la Commissione sulla difesa dei diritti<br />
d’autore. Lo studio riconosce quindi che l’unica forma di<br />
concorrenza “sana” tra le società degli autori è quella<br />
per l’acquisizione degli associati. Questo significa che<br />
ciascuna società deve, da una parte, consentire ai suoi<br />
Ancora una volta la musica su Internet è al centro del dibattito europeo, questa volta non<br />
per la lotta allo scambio illegale di file musicali o per il lancio di nuovi prodotti ma per lo<br />
studio pubblicato dalla Commissione Europea il 7 luglio scorso, che tratta della gestione<br />
collettiva dei diritti d'autore e dei diritti connessi<br />
iscritti di ritirare il mandato per i diritti sulle utilizzazioni<br />
on-line, lasciando a ciascuno di essi la scelta della società<br />
che meglio corrisponda alle sue esigenze; dall’altra,<br />
le stesse società devono organizzarsi in modo da poter<br />
offrire licenze multiterritoriali per le utilizzazioni via<br />
Internet le quali sono, strutturalmente, transfrontaliere.<br />
Questi due obiettivi sono condivisibili; i problemi<br />
nascono però quando lo studio passa ad esaminare gli<br />
strumenti per raggiungerli, proponendo un radicale stravolgimento<br />
della rete di contratti di rappresentanza reciproca<br />
tra le società, quella rete che ha assicurato la<br />
legalità dello sfruttamento delle opere mediante una<br />
sola licenza comprendente le opere di tutto il mondo.<br />
Infatti, lo studio propone che i repertori attualmente<br />
gestiti dalle società nazionali siano affidati ad un numero<br />
ridotto di società (due o tre, al massimo quattro).<br />
Ciascun utilizzatore on-line dovrebbe quindi ottenere più<br />
di una licenza per il suo servizio, corrispondendo alle<br />
società abilitate i diritti in funzione delle dimensioni e<br />
della appetibilità dei repertori che ciascuna di esse<br />
amministra a livello europeo o mondiale. Se questa ipotesi<br />
si concretizzasse, nel medio periodo, dovrebbe<br />
sparire la licenza unica e dovrebbe sparire la parità di<br />
trattamento delle opere amministrate collettivamente.<br />
Le reazioni degli ambienti interessati allo studio della<br />
Commissione sono state numerose e variegate.<br />
Scontato, come c’era da aspettarsi, il favore delle maggiori<br />
associazioni europee di utilizzatori per una opzione<br />
che privilegi la libertà di scelta dell’utilizzatore tra le<br />
società di gestione, con la correlata concorrenza sulla<br />
tariffe per diritto d’autore.<br />
Le società europee, dopo aver analizzato lo studio<br />
evidenziandone le lacune e gli errori fattuali, hanno<br />
adottato un atteggiamento costruttivo, decidendo di<br />
VIVAVERDI<br />
59<br />
raccogliere la sfida ed elaborare una propria opzione,<br />
che individui una nuova articolazione delle licenze per le<br />
utilizzazioni on-line, compatibile con i principi comunitari<br />
della concorrenza e, al tempo stesso, garantista circa il<br />
livello delle tariffe. Questo significa dare agli aventi diritto<br />
la libertà di scegliere la loro società e agli utilizzatori<br />
la possibilità di ottenere la licenza anche in un paese<br />
diverso da quello dove hanno la sede d’affari; ciò richiede<br />
l’instaurazione di una sorta di “collaborazione competitiva”<br />
e quindi virtuosa tra le società, che comporterà<br />
prevedibilmente che solo le società più attrezzate<br />
possano svolgere il ruolo di sportello per il rilascio delle<br />
licenze paneuropea, anche per conto dei repertori stranieri.<br />
Spetta alle società stesse elaborare i criteri e i<br />
requisiti in base ai quali una società di amministrazione<br />
collettiva dei diritti possa ottenere dalle altre e/o dai<br />
titolari dei diritti il mandato per le utilizzazioni on-line.<br />
L’introduzione di criteri e requisiti che una società<br />
deve soddisfare per la rappresentanza dei diritti on-line<br />
non esclude che società di minori dimensioni continuino<br />
ad avere un ruolo preciso e importante per le utilizzazioni<br />
a livello nazionale, ad esempio attraverso la telefonia<br />
mobile. Le società nazionali potranno altresì assicurare<br />
la ripartizione dei diritti sulla base del principio del<br />
paese di destinazione del servizio, in modo che anche<br />
in futuro sia rispettato il principio di territorialità dei diritti<br />
d’autore e non sia compromessa la tutela dei repertori<br />
locali, a salvaguardia della diversità culturale.<br />
Il funzionamento del nuovo modello di rappresentanza<br />
tra società è fondamentale per il futuro dell’amministrazione<br />
dei diritti on-line, un mercato che attualmente<br />
costituisce una frazione non rilevante del giro di affari<br />
delle società ma che sta gia assumendo un ruolo cruciale,<br />
visto l’orientamento del pubblico a forme di fruizione<br />
alternative a quelle tradizionali.
VIVAconcorsi<br />
a cura di Daniela Nicolai<br />
Tutte le segnalazioni di concorsi e premi riportate in queste pagine sono fatte a scopo puramente informativo<br />
e senza alcuna responsabilità da parte della <strong>Siae</strong>. Per i testi integrali dei bandi e per conoscere le modalità di<br />
partecipazione è necessario rivolgersi agli organizzatori delle singole manifestazioni. Gli organizzatori di<br />
premi e concorsi sono pregati di inviare, a corredo del bando o del regolamento, un’illustrazione e, se<br />
possibile, una rassegna stampa relativa alla manifestazione, nonché una comunicazione circa i risultati della<br />
stessa. I concorsi che compaiono in questa rubrica saranno pubblicati anche in una apposita sezione del sito<br />
Internet della <strong>Siae</strong> insieme a quelli che non è stato possibile segnalare a causa dei tempi redazionali.<br />
TALENTI JAZZ MARTINA 2005<br />
Il concorso nazionale per gruppi jazz emergenti è organizzato<br />
dall’Associazione culturale Antiphonae con il<br />
patrocinio del Comune di Martina Franca. Alla selezione<br />
sono ammessi gruppi da uno a sei elementi i cui componenti<br />
non abbiano già inciso, sia a proprio nome che<br />
in altre formazioni. Per partecipare al concorso occorre<br />
inviare, fra l’altro, un Cd con due brani: il primo dovrà<br />
necessariamente essere Estate di Bruno Martino, mentre<br />
il secondo dovrà necessariamente essere originale,<br />
composto da uno o più componenti del gruppo; tutto il<br />
materiale richiesto dal bando dovrà essere inviato,<br />
entro il 3 dicembre 2005, a: Concorso “Talenti Jazz -<br />
Martina 2005”, c/o Pasquale Mega, Via Lelio Fanelli 65,<br />
74015 Martina Franca (Ta). Il gruppo vincitore sarà premiato<br />
con 1.500 euro. Per chiarimenti e per richiedere<br />
il bando telefonare al numero 335.5912037 oppure<br />
inviare una e mail a assoanti@virgilio.it, sito Internet<br />
www.antiphonae.it.<br />
PREMIO IL LITORALE<br />
Il Centro Culturale Ronchi Apuana bandisce il Premio<br />
nazionale di poesia e narrativa Il Litorale, giunto all’ottava<br />
edizione. Il concorso si articola in cinque sezioni:<br />
poesia singola, silloge, volume edito di poesie, narrativa<br />
o racconto, giovani. Gli elaborati dovranno pervenire<br />
entro il 31 dicembre 2005 al centro Ronchi<br />
Apuana, Casella Postale n.42, Ufficio Postale di<br />
Ronchi, 54039 Ronchi (Ms). È prevista una quota di<br />
partecipazione. Per informazioni rivolgersi al numero<br />
0585.245485, e mail il.litorale@virgilio.it. Il bando si<br />
può consultare sul sito www.literary.it.<br />
PREMIO VALENTE FAUSTINI<br />
Con il patrocinio della Banca di Piacenza e con il contributo<br />
del Comune di Piacenza, il comitato organizzatore<br />
bandisce la ventottesima edizione del Premio nazionale<br />
di poesia dialettale Valente Faustini. Si può partecipare<br />
con non più di una poesia scritta in un dialetto parlato<br />
nel territorio nazionale. Ogni copia dovrà essere corredata<br />
da una traduzione letterale. Gli elaborati e il materiale<br />
richiesto dal bando devono pervenire, entro il 31<br />
dicembre 2005, alla segreteria del premio, presso<br />
Famiglia Piasinteina, Palazzo Fogliari, via San Giovanni<br />
7, 29100 Piacenza. Al primo classificato andrà un premio<br />
di 500 euro. Per informazioni: tel. 0523.328394,<br />
e mail segreteria@premiofaustini.it.<br />
DRINKING SONGS<br />
La fondazione olandese Jan Vermulst bandisce un<br />
concorso per canzoni dedicate al buon bere. I testi<br />
devono essere in inglese, francese, tedesco, spagnolo<br />
o latino. Il premio per il primo classificato è di<br />
1.000 euro. Le partiture dovranno essere inviate<br />
entro il 31 dicembre 2005 a Drinking Songs<br />
Composition Competition, P.O. box 347, 1180 AH<br />
Amstelveen, The Netherlands e, in busta chiusa, il<br />
proprio motto o pseudonimo e i propri dati anagrafici<br />
a Stichting Jan Vermulst, Aarle-Rixtelseweg 14, 5707<br />
GM Helmond, The Netherlands oppure all’indirizzo di<br />
posta elettronica info@janvermulst.org. Per ulteriori<br />
informazioni si può consultare il sito www.222.janvermulst.org<br />
o inviare una e mail a info@janvermulst.org<br />
oppure janvermulst@janvermulst.nl.<br />
PREMIO LETTERARIO<br />
CITTÀ DI OFFIDA – JOYCE LUSSU<br />
È indetto il premio nazionale annuale di narrativa “Città<br />
di Offida – Joyce Lussu” riservato a volumi di racconti.<br />
Potranno concorrere gli autori di raccolte (composte da<br />
almeno 5 racconti in lingua italiana) pubblicati in prima<br />
edizione dal gennaio 2004 al dicembre 2005. Le case<br />
editrici che intendano far partecipare opere da loro pubblicate,<br />
dovranno inviare 10 copie, entro il 31 gennaio<br />
2006, a: Premio Città di Offida Joyce Lussu, Comune di<br />
Offida, Corso Serpente Aureo 66, 63035 Offida (Ap).<br />
All’autore dell’opera vincitrice verrà assegnato un premio<br />
di 3.000 euro. Per ulteriori informazioni: tel.<br />
0736.888706, e mail biblioteca@comune.offida.ap.it.<br />
THE JOHN DRYDEN<br />
TRANSLATION COMPETITION<br />
Entro il 12 febbraio 2006 è possibile iscriversi alla<br />
John Dryden Translation Competition organizzata dalla<br />
British Comparative Literature Association e dal British<br />
Centre for Literary Translation della University of East<br />
Anglia. Saranno premiate le migliori traduzioni da qualsiasi<br />
lingua in inglese di opere di poesia, prosa o<br />
dramma. I testi non devono superare le 25 pagine. È<br />
prevista una quota di iscrizione. Per ulteriori informazioni:<br />
Dr. Jean Boase-Beier, John Dryden<br />
Translation Competition, School of Literature and<br />
Creative Writing, University of East Anglia, Norwich,<br />
NR4 7TJ England, e mail transcomp@uea.ac.uk, sito<br />
Internet www.bcla.org.<br />
CONCORSO MICHELE PITTALUGA<br />
Il Comitato Permanente Promotore del Concorso<br />
Internazionale di Chitarra Classica Michele Pittaluga -<br />
Premio Città di Alessandria, organizza il 7° Concorso<br />
Internazionale di Composizione per Chitarra Classica.<br />
Tema del concorso è la composizione di un’opera per<br />
chitarra con flauto, o violino o arpa della durata da 9 a<br />
15 minuti. Per iscriversi i concorrenti dovranno inviare il<br />
materiale richiesto dal bando alla segreteria del concorso,<br />
Piazza Garibaldi 16, 15100 Alessandria; fax<br />
0131.235507, tel. 0131.251207, www.pittaluga.org,<br />
concorso@pittaluga.org. La scadenza per l’inoltro delle<br />
domande è il 31 marzo 2006. È prevista una quota di<br />
iscrizione. L’autore della composizione prima classificata<br />
riceverà un premio di 3.000 euro.<br />
COUPS DE VENTS<br />
Il Conseil Général du Nord et le Conseil Général du<br />
Pas - de - Calais organizzano il concorso internazionale<br />
di composizione per orchestra sinfonica nell’ambito<br />
della biennale di Lille Coups de vents. Il concorso è<br />
aperto a tutti. La data limite per l’iscrizione è il 3 aprile<br />
2006. Le opere presentate, di durata compresa fra gli<br />
8 e i 10 minuti, dovranno essere inedite, manoscritte o<br />
stampate in formato A3. Non sono ammesse trascrizioni.<br />
Il materiale, come richiesto nel bando, dovrà essere<br />
inviato a: Coups de vents, Concours International de<br />
Composition, Domaine Musiques, 2 rue des Buisses,<br />
F59000 Lille. All’opera prima classificata sarà attribuito<br />
un premio di 10.000 euro. Il modulo di iscrizione si può<br />
scaricare dal sito www.coupsdevents.com.<br />
Per informazioni: Tel : + 33 (0)3 20 63 65 98,<br />
e mail: coupsdevents@domaine-musiques.com.
CONCORSO LEO WATCHER<br />
L’Accademia musicale estiva di Villa Bernocchi e la Pro<br />
loco di Premeno in collaborazione con il Teatro<br />
Filodrammatici di Milano bandiscono la prima edizione<br />
del premio di drammaturgia Leo Watcher per opere teatrali<br />
di genere comico-brillante. I testi potranno avere un<br />
massimo di 6 personaggi e dovranno essere inediti e<br />
mai rappresentati. Non sono ammesse opere tradotte o<br />
adattamenti di testi narrativi o drammaturgici. Il testo vincitore<br />
verrà messo in scena dal teatro Filodrammatici.<br />
Gli elaborati devono pervenire, insieme al materiale<br />
richiesto dal bando, entro il 10 aprile a: Concorso Leo<br />
Watcher, via Roma 9, 28818 Premeno (Vb). Per informazioni:<br />
tel. 0323.587043, e mail villabernocchi@yahoo.it,<br />
sito Internet www.comune.premeno.vb.it.<br />
MUSICA E ARTE<br />
L’Associazione culturale Musica e Arte bandisce il<br />
Concorso di Composizione Musica e Arte, aperto a tutti<br />
gli allievi di Conservatori o istituti musicali italiani e agli<br />
studenti di musicologia delle Università italiane. La<br />
seconda edizione del Concorso riguarda composizioni<br />
inedite, mai eseguite e mai premiate per soprano ed<br />
orchestra da camera della durata massima di 10 minuti.<br />
Le partiture dovranno essere inviate entro il 26 febbraio<br />
a Associazione culturale Musica e Arte, Via<br />
Cosimo Giustizi 9, 00151 Roma. Il bando completo è<br />
disponibile sul sito www.musicaearte.it. Per informazioni:<br />
tel. 06.58209051, e mail concorso@musicaearte.it.<br />
PREMIAZIONI<br />
PIRANDELLO IN BREVE<br />
L’Assodartetotale comunica che il concorso “Pirandello<br />
in breve 2004” per testi teatrali su Internet è stato vinto<br />
da Antonio Iavazzo con Il nettare e il colibrì.<br />
MUSICA SENZA PAROLE<br />
Il concorso “Musica senza parole” 2004 è stato vinto<br />
dal brano Melodie Rouge di Aichino-Peretti. Il premio<br />
alla carriera fisarmonicista è andato a Athos Bassissi,<br />
quello per “La ragazza con la fisarmonica” a Emanuela<br />
Torrini, il premio “I solisti nella musica da ballo” a<br />
Fiorenzo Tassinari, il trofeo alla carriera “Orchestra” a<br />
Raoul Casadei, il premio “Orchestra rivelazione dell’anno”<br />
a Barbara la donna di cuori e infine il trofeo alla carriera<br />
“Autore” a Edoardo Vianello.<br />
PARCO NAZIONALE DELLE CINQUE TERRE<br />
Paolo Boggio, compositore di Vercelli, è il vincitore del<br />
secondo concorso nazionale di composizione “Parco<br />
Nazionale delle Cinque Terre” con l’opera di teatro musicale<br />
La verità sul caso Colemar.<br />
PREMIO LETTERARIO I FIUMI<br />
I vincitori della settima edizione del premio letterario “I<br />
Fiumi” sono Sergio Cardinali per la poesia, Marco<br />
Tombeni per la narrativa, Salvino Lorefice per il teatro e<br />
Maurizio Elba per la musica leggera. Il premio “Cultura<br />
e futuro” riservato ai ragazzi è andato a Luca Sassi e<br />
Matteo Frasson.<br />
CORTOPOTERE 2005<br />
Il concorso Cortopotere 2005 ha assegnato i seguenti<br />
premi: miglior cortometraggio di fiction a Il dolore degli<br />
altri di Laura Chiassone; miglior documentario a Tratti<br />
indosso di Valeria Spera; miglior opera di ricerca a<br />
Frammenti di risveglio di Fabrizio Personeni. Premio<br />
della direzione artistica a Aspettando il treno di<br />
Chaterine McGlivray e premio del pubblico a Post it di<br />
Michele Rho. I premi del concorso provinciale sono<br />
andati a Enjoy the silence di Beppe Manzi; Nausea contrattualista<br />
di Michele Caedei; Tim e Tom di Simone<br />
Maffioletti e Alessio Girella.<br />
PREMIO DI POESIA<br />
COLUCCIO SALUTATI<br />
I vincitori del premio internazionale di poesia Coluccio<br />
Salutati sono, per la sezione A Giovanni Buzi per la lirica<br />
Sguardo e per la sezione Giovani Anastasia Bullo per la<br />
lirica Tramonto. La medaglia del Presidente della<br />
Repubblica è andata a Mario Luzi alla memoria. Secondi<br />
e terzi classificati: per la sezione A Maurizio Fabbian<br />
con Una vita nuova e Sara Ferraglia con Straniero in<br />
piazza Duomo; per la sezione Giovani Valentina Colonna<br />
con Sorrideva la luna e Selene Favuzzi con Filo<br />
Invisibile.<br />
PREMIO PELTUINUM<br />
La giuria del Premio di poesia, narrativa e grafica<br />
Peltuinum ha scelto i vincitori dell’edizione 2005. Per la<br />
sezione poesia in lingua italiana è risultata vincitrice<br />
Antonietta Tafuri; per la sezione narrativa (racconto)<br />
Romana Morelli; per la sezione narrativa per l’infanzia<br />
Vanes Ferlini. Per la sezione grafica non sono stati<br />
assegnati premi.<br />
ROCCO RODIO<br />
Il quarto concorso europeo di composizione per organo<br />
Rocco Rodio si è concluso con l’assegnazione dei<br />
seguenti premi: per la sezione organo solista è stato<br />
assegnato il 2° premio ex-aequo a Gianandrea Paletta<br />
per Rocket e Ezko Kikoutchi per Chaine; per la sezione<br />
musica sacra per la liturgia è stato assegnato il 2° premio<br />
ex-aequo a Carlo Tommasi per Canto Notturno e<br />
Giuseppe Mignemi per Virgo Genitrix.<br />
RINASCITA PIEDILUCO<br />
Il quinto concorso letterario europeo organizzato dall’associazione<br />
Rinascita Piediluco è stato vinto da Giuliana<br />
Sanvitale. Al secondo posto Igea Frezza Federici e al<br />
terzo Giuseppe Gentili.<br />
VIVAVERDI<br />
61<br />
BALLABELLARADIO FESTIVAL<br />
La sesta edizione del Ballabellaradio Festival si è conclusa<br />
a Rimini con la vittoria dei Teta con il brano Senza<br />
parole; secondi classificati i Motel Woodoo con<br />
Solamente adesso. Al terzo posto i Fever Dream con<br />
Fall down a star.<br />
PREMIO RIVIERA<br />
Il concorso letterario Premio Riviera ha assegnato i<br />
seguenti riconoscimenti: segnalazione della giuria per<br />
una poesia inedita a Giorgina Busca Cernetti; riconoscimento<br />
speciale della giuria a Tiziana Zago. Primo classificato<br />
per la sezione poesia inedita: Katia Marionni.<br />
Primo classificato per la sezione poesia edita Graziano<br />
Ciacchini. Il premio per una novella inedita è andato a<br />
Sergio Firpo e il riconoscimento speciale della giuria a<br />
Maddalena Fioretti. Il premio Mariele Ventre è andato a<br />
Gabriella Schiara. Il premio per una lirica inedita sul<br />
Garda è andato a Maria Francesca Giovelli.
VIVAin rete<br />
LA BIBLIOTECA È ON-LINE<br />
a cura di Maria Rosaria Grifone<br />
Una delle metafore ricorrenti per descrivere<br />
Internet è quella della biblioteca: proprio come una<br />
biblioteca, la Rete contiene infatti una quantità<br />
enorme di documenti, ha i suoi cataloghi e i suoi<br />
strumenti di ricerca. A differenza di una biblioteca<br />
reale, però, Internet sembra non avere limiti nella<br />
capacità di contenere informazioni. Addentrarsi nel<br />
web alla ricerca di bibliografie, cataloghi, periodici<br />
e testi può apparire, perciò, un’operazione vasta e<br />
complessa. Cercare con successo tra i cataloghi<br />
e i documenti disponibili in Internet, tuttavia, non<br />
presenta difficoltà maggiori rispetto alla ricerca di<br />
un testo in una grande biblioteca.<br />
D’altronde, ogni biblioteca, per sua natura, è una<br />
realtà dinamica sia per la continua acquisizione di<br />
pubblicazioni e materiali di consultazione di varia<br />
specie, sia per i servizi che mette a disposizione<br />
dell’utenza e che la rendono non chiusa in se stessa<br />
ma aperta verso l’esterno.<br />
Se la biblioteca intesa in senso tradizionale è un<br />
insieme di documenti cartacei raccolti in un luogo<br />
ben preciso, quindi fruibili da coloro che possono<br />
recarsi sul posto, la biblioteca digitale, invece, è<br />
una raccolta di testi in formato elettronico, resa<br />
disponibile attraverso Internet e quindi consultabile<br />
da chi utilizza un computer e un collegamento alla<br />
rete. Una raccolta digitale consente, dunque, di<br />
superare le barriere spaziali e temporali e di accedere<br />
all’informazione ricercata in tempi veloci e da<br />
qualsiasi luogo.<br />
I siti delle singole biblioteche sono ormai molto<br />
numerosi. Generalmente offrono informazioni sulla<br />
biblioteca stessa, sulla sua collocazione, sugli<br />
orari di accesso, sulla qualità e sulla consistenza<br />
delle collezioni. Sempre più spesso, inoltre, le<br />
biblioteche – grandi e piccole, pubbliche e private<br />
– danno la possibilità agli utenti di consultare on<br />
line i cataloghi. In alcuni casi è previsto un supporto<br />
agli utenti nella ricerca delle informazioni bibliografiche<br />
attraverso l’interazione diretta (via mail,<br />
forum o chat) con bibliotecari esperti. Talvolta,<br />
particolarmente in ambito universitario, è possibile<br />
trovare anche servizi avanzati come la prenotazione<br />
del prestito di un volume o l’attivazione di procedure<br />
per il prestito interbibliotecario. Esistono,<br />
poi, diversi repertori di siti bibliotecari che posso-<br />
no essere consultati per scoprire l’indirizzo nel<br />
web della biblioteca che si sta cercando o per<br />
individuare quali biblioteche in una certa area geografica<br />
sono dotate di servizi di rete.<br />
Il migliore repertorio di Opac (acronimo di Online<br />
Public Access Catalog) italiani – il sistema, cioè,<br />
che permette la consultazione gratuita di cataloghi<br />
in rete – è ospitato sul sito dell’Associazione<br />
Italiana Biblioteche (www.aib.it). Il repertorio è suddiviso<br />
in due sezioni, una dedicata ai cataloghi collettivi<br />
nazionali e una relativa ai cataloghi collettivi<br />
regionali, provinciali, comunali e ai cataloghi di singole<br />
biblioteche. Per ciascun Opac vengono forniti<br />
brevi note informative e una serie di link alle pagine<br />
di ricerca e a quelle eventuali di istruzioni per<br />
l’uso. Oltre al repertorio, l’Aib ha realizzato il Meta-<br />
Opac Azalai Italiano (Mai). Si tratta di un sistema di<br />
interrogazione unificato dei cataloghi bibliotecari<br />
italiani su Internet che permette di inviare una<br />
medesima ricerca a più Opac contemporaneamente.<br />
Mai permette di selezionare in anticipo quali<br />
cataloghi interrogare (in base alla collocazione<br />
geografica o al tipo di biblioteca) e poi fornisce<br />
una maschera in cui è possibile specificare i<br />
termini di ricerca. Il risultato dell’interrogazione<br />
viene composto in un’unica pagina<br />
web che mostra l’output di ogni<br />
catalogo, completo di pulsanti e collegamenti<br />
per visualizzare la scheda<br />
bibliografica o per raffinare la ricerca.<br />
Un altro strumento per interrogare<br />
via Internet i cataloghi delle biblioteche<br />
italiane è offerto dal Servizio<br />
Bibliotecario Nazionale<br />
(http://opac.sbn.it/) a cura dell’Istituto Centrale<br />
per il Catalogo Unico delle Biblioteche Italiane e<br />
per le informazioni bibliografiche (Iccu). Biblioteche<br />
Italiane (http://wwwbiblio.polito.it/it/documentazione/biblioit.html)<br />
è un ulteriore repertorio di siti<br />
bibliotecari. Costruito e gestito dal sistema bibliotecario<br />
del Politecnico di Torino, raccoglie l’elenco<br />
di tutte le biblioteche italiane ed europee, universitarie<br />
e non, presenti nel web. Grazie ad una<br />
mappa interattiva della penisola e al data base<br />
organizzato per regioni, permette di accedere ai<br />
siti Internet delle biblioteche universitarie e di altri<br />
enti pubblici e privati sparsi su tutto il territorio<br />
nazionale.<br />
La Biblioteca nazionale centrale di Roma<br />
(Bncr) partecipa al Servizio Bibliotecario Nazionale<br />
(Sbn) dal 1988 e con la Biblioteca dell’Istituto di<br />
Archeologia e Storia dell’Arte forma un Polo Sbn. I<br />
dati bibliografici dei documenti acquisiti sono<br />
periodicamente trasferiti nel Catalogo online, a cui<br />
è possibile accedere attraverso il sito<br />
www.bncrm.librari.beniculturali.it/. Il Catalogo contiene<br />
le accessioni della Bncr dal 1988 e della<br />
Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte dal<br />
1998, oltre a recuperi di cataloghi precedenti relativi<br />
a documenti posseduti dalle due biblioteche.<br />
La Biblioteca nazionale centrale di Roma ha il<br />
compito di raccogliere e conservare la produzione<br />
editoriale italiana a livello nazionale e locale (che<br />
riceve in virtù della legge per la consegna degli<br />
stampati e delle pubblicazioni), documentare la<br />
principale produzione estera ed in particolare quella<br />
dedicata al nostro Paese, produrre servizi bibliografici<br />
nazionali, diffondere e rendere disponibile il<br />
proprio patrimonio. Attualmente la Biblioteca<br />
conserva oltre sei milioni di volumi e un<br />
patrimonio audiovisivo e multimediale in<br />
continuo incremento. Dal sito della<br />
Bncr è possibile entrare nella<br />
Biblioteca Nonantolana Virtuale che<br />
permette agli studiosi di consultare<br />
a distanza il corpus dei manoscritti<br />
medievali della Biblioteca dell’abbazia<br />
di Nonantola, smembrata nel<br />
corso dei secoli, di cui si conservano<br />
45 codici nella Biblioteca nazionale centrale<br />
di Roma.<br />
Il catalogo on line della Biblioteca Nazionale<br />
Centrale di Firenze (www.bncf.firenze.sbn.it) consente<br />
di interrogare una base dati di circa un milione<br />
di registrazioni bibliografiche. La Biblioteca dispone<br />
di un patrimonio di oltre 5.300.000 volumi,<br />
oltre a periodici, incunaboli, manoscritti, edizioni<br />
del XVI secolo e autografi. Il catalogo in linea comprende<br />
tutte le monografie italiane pubblicate a<br />
partire dal 1984, tutti i periodici le cui pubblicazioni<br />
hanno avuto inizio dal 1988, tutte le monografie<br />
straniere pubblicate dal 1989, tutte le opere (italia-
ne o straniere) pervenute in Biblioteca dal 1989,<br />
per acquisto, dono, cambio o altro, indipendentemente<br />
dall’anno di stampa.<br />
La Bncf è impegnata da molti anni in progetti italiani<br />
ed europei per la costituzione della biblioteca<br />
digitale ed ha realizzato un’importante massa di<br />
documenti digitali, ricercando soluzioni per i problemi<br />
connessi al trattamento dell’immagine, allo<br />
studio dei formati e alla salvaguardia e alla tutela<br />
dell’originale. La BNCF è anche sede pilota nella<br />
creazione del Servizio Bibliotecario Nazionale<br />
(SBN). Il Progetto Galileo realizzato dalla Biblioteca<br />
Nazionale Centrale di Firenze si propone, inoltre,<br />
di sviluppare un modello integrato di sistema informativo<br />
applicato ad un importante fondo di manoscritti.<br />
Il fondo galileiano della Bncf, in cui sono<br />
raccolti quasi tutti gli autografi di Galilei fino ad<br />
oggi conosciuti, rappresenta una delle documentazioni<br />
più importanti della storia della scienza fra<br />
‘600 e ‘700. Obiettivo finale del progetto – oltre<br />
alla creazione di una base di dati e immagini dell’intero<br />
fondo galileiano della Bncf ed al completamento<br />
delle trascrizioni dei documenti inediti – è<br />
la creazione di uno strumento che consenta sia la<br />
catalogazione di altri fondi di manoscritti di notevole<br />
complessità, sia la ricerca in rete.<br />
Dopo quelle di Roma e di Firenze, la Biblioteca<br />
Nazionale “Vittorio Emanuele III” di Napoli è la<br />
maggiore biblioteca italiana, con un patrimonio di<br />
oltre due milioni di libri, senza contare manoscritti,<br />
papiri e periodici. Dal 2002 il catalogo della Bnn è<br />
consultabile in Internet collegandosi al sito<br />
www.bnnonline.it. Il database bibliografico comprende<br />
tutti i documenti acquisiti dalla biblioteca a<br />
partire dal 1990 e quelli, di data anteriore, inseriti<br />
nel catalogo in linea attraverso lavori di recupero<br />
del retrospettivo, mediante riversamenti o nuove<br />
schedature. Oltre a poter effettuare la ricerca<br />
attraverso un modulo di interrogazione flessibile e<br />
che permette raffinamenti progressivi, l’utente<br />
remoto può ricevere attraverso la posta elettronica<br />
i risultati delle proprie interrogazioni. Una sezione<br />
del sito è dedicata, inoltre, alla Biblioteca digitale<br />
che viene periodicamente incrementata ed<br />
aggiornata. Tra i testi e i documenti digitalizzati è<br />
possibile trovare i manoscritti autografi dei “Canti”<br />
di Giacomo Leopardi.<br />
Un passo importante verso un sistema organico di<br />
accesso al patrimonio librario italiano è rappresentato<br />
dalla recente nascita del sito www.internetculturale.sbn.it.<br />
Il progetto, promosso dalla Direzione<br />
Generale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali del<br />
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, è stato<br />
realizzato dall’Istituto Centrale per il Catalogo<br />
VIVAVERDI<br />
63<br />
Foto Giuseppe Ziliotto<br />
Unico delle Biblioteche Italiane e per le informazioni<br />
bibliografiche (Iccu). Attraverso il sito, l’utente<br />
può fare ricerche bibliografiche nelle oltre 2.300<br />
biblioteche collegate, ma anche consultare on line<br />
i documenti e i volumi digitalizzati, tra cui manoscritti<br />
e partiture musicali. In particolare, il sito<br />
offre una versione aggiornata del catalogo collettivo<br />
Sbn che consente di interrogare in modo integrato<br />
15 milioni di record bibliografici presenti nei<br />
cataloghi centrali e locali delle biblioteche e degli<br />
istituti culturali italiani. Il sito offre ad ogni utente,<br />
sia esso uno specialista, un appassionato o un<br />
curioso, la possibilità di avviare una ricerca secondo<br />
le proprie esigenze, accedendo sia alle informazioni<br />
bibliografiche sia ai contenuti digitali; per<br />
questi ultimi, a partire dall’autunno, è prevista l’attivazione<br />
di un sistema di e-commerce. La vera<br />
novità di Internet Culturale è rappresentata, però,<br />
dalla possibilità di svolgere visite virtuali a veri luoghi<br />
della cultura, navigare all’interno di mostre,<br />
visitare rassegne specifiche su alcuni degli autori<br />
più importanti del panorama letterario e musicale<br />
italiano e, nella sezione “Viaggi nel testo”, consultare<br />
percorsi monografici strutturati per ipertesti<br />
che illustrano la vita e l’opera di importanti personalità<br />
della musica e della letteratura italiana.<br />
Grazie all’innovativa impostazione di Internet<br />
Culturale, le ricerche bibliografiche forse non verranno<br />
più considerate un’attività da iniziati, destinata<br />
solo ai bibliotecari o ai ricercatori, ma saranno<br />
finalmente ritenute una parte importante del bagaglio<br />
culturale di tutti.
l’ultimo applauso<br />
SERGIO CITTI<br />
<strong>UN</strong> POETA DI BORGATA<br />
di Daniela d'Isa<br />
Lo scrittore Vincenzo Cerami ha ricordato che Pier<br />
Paolo Pasolini diceva “che le persone più intelligenti<br />
che conosceva erano Moravia e Sergio”.<br />
Sergio è Sergio Citti, regista, “l’anima poetica<br />
della borgata romana” con quella tipica sensibilità<br />
di certi romani, come è stato ricordato, scomparso<br />
martedì 11 ottobre dopo lunga malattia e sofferenza<br />
all’età di 72 anni. Ed era anche un uomo<br />
che, come certi vecchi che non hanno più nulla da<br />
perdere, diceva le cose in faccia e per come erano.<br />
“Mi mancherà molto – ha dichiarato ancora<br />
Cerami a Maria Pia Fusco di Repubblica –, è un<br />
perzzo importante della mia vita. Ho conosciuto<br />
Sergio in contemporanea con Pasolini. E dopo la<br />
morte di Pier Paolo l’amicizia è diventata più stretta,<br />
ho scritto Ostia, Casotto, Storie scellerate,<br />
quasi tutti i suoi film. Non aveva la struttura borghese<br />
dell’artista, quando pensava a una storia<br />
aveva una visione religiosa, quasi mitologica, face-<br />
va pensare al preborghese, ai racconti picareschi.<br />
Come Pasolini non raccontava il mondo borghese,<br />
ne rifiutava il linguaggio, ma se per Pier Paolo era<br />
un’operazione intellettuale e poetica, per Sergio<br />
era naturale. I detrattori l.o chiamavano naif e a<br />
volte era una forma di razzismo”.<br />
Sergio Citti ha condensato nella sua persona e nel<br />
suo cinema spiazzante e fuori da qualsiasi canone<br />
il sottoproletariato urbano diseredato e spesso<br />
incattivito ma non per questo disumanizzato.<br />
Proprio per questo Pasolini lo aveva voluto non<br />
solo come aiuto regista ma anche come consulente<br />
per il dialetto romanesco in quasi tutti i suoi film<br />
a partire dal primo, Accattone, di cui il fratello di<br />
Sergio, Franco, fu l’indimenticabile protagonista.<br />
Fellini gli chiese di curare i dialoghi delle Notti di<br />
Cabiria, Bolognini quelli di La notte brava e La<br />
giornata balorda, Bertolucci quelli del suo film d’<br />
esordio La commare secca. E poi una lunga stagione<br />
produttiva, significativa e ricca di titoli.<br />
Sergio Citti sul set di<br />
Fratella e sorello<br />
“Con la morte di Sergio Citti – ha detto il Sindaco<br />
di Roma Walter Veltroni – Roma, e non solo, perde<br />
uno tra i più sensibili protagonisti della sua vita<br />
culturale, del suo impegno civile. Perde, soprattutto,<br />
un ‘punto di vista’ della societa’ che ha fatto<br />
discutere e crescere diverse generazioni’’. (V.V)<br />
Foto Pamela Gentile
© American Cinematographer<br />
TONINO DELLI COLLI,<br />
MAESTRO DI FOTOGRAFIA<br />
Tonino era un ragazzetto che sognava di fare il cinema.<br />
Suo padre, guardia giurata ai cancelli di<br />
Cinecittà, era riuscito a infiltrarlo nella squadra di un<br />
importante direttore di fotografia, con modestissime<br />
mansioni. Poco più che un piccolo facchino.<br />
Un sabato, finito di girare, nel riportare come sempre<br />
la macchina da presa in magazzino Tonino<br />
inciampò e la pesante “Mitchell” cadde per terra.<br />
Per fortuna non c’era anima viva e soltanto il lunedì<br />
successivo si sarebbe scoperto l’accaduto, l’entità<br />
del danno e l’identità dell’autore. E la vocazione cinematografica<br />
del piccolo apprendista sarebbe stata<br />
stroncata sul nascere. Così Tonino passò la domenica<br />
rannicchiato su una panca della basilica di San<br />
Giovanni in Laterano immerso nella preghiera: “Dio<br />
fa che la macchina non si sia rotta!”. E a dire<br />
Paternoster e Avemarie.<br />
Fu esaudito. Il lunedì la “Mitchell” funzionava benissimo<br />
e Tonino potè diventare, a poco a poco, quel<br />
maestro della fotografia che abbiamo tutti ammirato<br />
e amato. Soprattutto amato per quel che mi riguarda,<br />
perché l’aneddoto dickensiano che ho riferito fu<br />
la prima cosa che Tonino mi raccontò quando ci<br />
conoscemmo, e io concepii di colpo una simpatia<br />
incontenibile per quel piccoletto, dalla voce ironica e<br />
dal ghigno scanzonato: stavo per cominciare il mio<br />
primo film e Tonino ne avrebbe diretto la fotografia.<br />
Aveva appena finito di girare Accattone e dopo i miei<br />
Nuovi Angeli lo aspettavano Mamma Roma e La<br />
ricotta. Alfredo Bini, il produttore intuendo lo straordinario<br />
talento non ancora pienamente espresso e<br />
riconosciuto, da operatore “mattoliano” lo aveva<br />
promosso operatore “pasoliniano”, con un intermezzo<br />
minore gregorettiano.<br />
Fu il mio primo precettore cinematografico. Bini, diffidando<br />
(non a torto) dei miei difetti di esordiente,<br />
me lo aveva messo alle costole come un carabiniere.<br />
“Ogni tanto arriva qualche bellimbusto che pretende<br />
de riinventà er cinema” mi diceva, sfottendomi<br />
col suo romanesco tuscolanense, quando proponevo<br />
qualche soluzione che a lui pareva incongrua o<br />
strampalata. Oppure, se impiegavo troppo tempo<br />
nel preparare una sequenza: “Ricordate qual è il<br />
primo dovere del regista: portà ogni giorno er quadruccio<br />
a casa!”. Er quadruccio era la pellicola<br />
impressionata; portarlo a casa voleva dire rispettare<br />
ogni giorno il piano di produzione.<br />
Poi, dopo quel film (del 1961) le nostre strade non<br />
si sono più incrociate, ma l’amicizia è rimasta salda,<br />
viva e complice e i precetti del mio maestro non li ho<br />
mai dimenticati. E per quasi cinquant’anni ho portato<br />
sempre il quadruccio a casa ... (Ugo Gregoretti)<br />
SANDRO BOLCHI,<br />
SIGNORE DEL ROMANZO TV<br />
Sì, è banale, ma è anche terribilmente vero: con<br />
Sandro Bolchi è morta la televisione, quella nata<br />
negli anni ’50 e già da un pezzo soppiantata dalla<br />
tivvù. La televisione che al suo apparire aveva sbalordito<br />
l’Italia, e che nel giro di pochi anni era già<br />
un fenomeno sociale straordinario, la televisione<br />
che faceva chiudere i cinema, che univa le famiglie<br />
di uno stesso pianerottolo (spesso di un intero<br />
palazzo) davanti all’unico apparecchio disponibile.<br />
Televisione come gigantesco strumento educativo<br />
di massa e, al tempo stesso, straordinaria macchina<br />
di intrattenimento. Autentica cultura popolare,<br />
prodotta da autentici intellettuali.<br />
Susanna Bolchi, unica figlia di Sandro, che mi ha<br />
consegnato una testimonianza tenerissima su suo<br />
padre, ricorda di avere fatto l’esame di maturità<br />
sui testi critici dei Promessi Sposi studiati a fondo,<br />
sottolineati, chiosati da suo padre prima di cominciare<br />
anche solo a pensare di potere “sceneggia-<br />
VIVAVERDI<br />
65<br />
re” il capolavoro di Manzoni.<br />
“Qualche critico – ricorda Susanna – lo accusò di<br />
essere stato troppo aderente al testo, praticamente<br />
‘illustrativo’; lui non capiva, anzi lo condiderava<br />
un complimento. ‘Illustrare’ il romanzo era il massimo<br />
risultato a cui tendeva”.<br />
Ma in quella ‘illustrazione’ c’era un’enorme spessore<br />
culturale, la ‘rilettura’ del testo, che qualche critico<br />
ingenuo avrebbe voluto vedere in una superficiale<br />
revisione della trama; Bolchi la operava in<br />
profondità, nelle strutture della narrazione, nel<br />
ritmo del racconto, nella scelta e nella direzione<br />
degli attori. Veniva dal teatro, Bolchi, e, con l’umiltà<br />
e l’inconsapevolezza dei veri innovatori, andava<br />
già oltre il cinema. Faceva, appunto, la televisione,<br />
luogo deputato del romanzo popolare, del feuilleton<br />
nel senso nobile del termine (Balzac, Eugène<br />
Sue), del racconto a puntate (Dostojevskij). Non a<br />
caso nella filmografia di Bolchi ci sono due grandi<br />
romanzi del grande autore russo, I fratelli<br />
Karamazov e I demoni.<br />
E attraverso la televisione fece conoscere agli italiani<br />
grandi capolavori della nostra letteratura,<br />
alcuni poco conosciuti, come Il mulino del Po o Il<br />
cappello del prete, o mai raccontati per immagini,<br />
come appunto I promessi sposi. Fino al più moderno<br />
dei grandi classici, La coscienza di Zeno,<br />
romanzo difficile e in un certo senso labirintico, di<br />
cui ricordo invece il nitore della messa in scena e<br />
una geniale idea di cast: affidare il ruolo del protagonista<br />
a Johnny Dorelli.<br />
Ho chiesto a Susanna Bolchi, diventata una della<br />
più affermate e intelligenti produttrici di fiction televisiva,<br />
come suo padre aveva vissuto la mutazione<br />
genetica dalla televisione alla tivvù. “Con grande<br />
serenità”, mi ha risposto. Era troppo intelligente,<br />
Bolchi, e troppo interno ai modi di produzione televisivi,<br />
per non capire quanto fosse inevitabile questo<br />
passaggio. Con tutto il suo corteo di mediocrità,<br />
di nevrosi da Auditel, di ‘industrializzazione’ di<br />
una produzione che lui aveva sempre, giustamente,<br />
considerato ‘artistica’. “Guardava le fiction che<br />
hanno preso il posto degli ‘sceneggiati’ senza<br />
alcun disprezzo o nostalgia per una passata età<br />
dell’oro, ma con lo spirito aperto e critico di sempre.<br />
Continuando fino all’ultimo a lavorare a nuove<br />
idee, a nuove proposte”.<br />
Il grande rimpianto è che la tivvù gli abbia negato<br />
di realizzare i suoi ultimi, grandi progetti: I Viceré<br />
e La morte di Ivan Iljc. “Della sceneggiatura del<br />
romanzo di De Roberto dissero: ci sono troppe<br />
carrozze”, ricorda con una punta di amarezza<br />
Susanna. Del capolavoro di Tolstoj, con tutta probabilità,<br />
dissero che era troppo triste…<br />
Immagino il tuo sorriso di fronte a tanta disarmante<br />
pochezza, maestro Bolchi, mi alzo in piedi e ti<br />
batto le mani, anche a nome di tutti quelli che<br />
fanno la tivvù cercando di non dimenticare la grande<br />
lezione della televisione…<br />
Sandro Bolchi è scomparso la mattina del 2 agosto<br />
scorso a Roma. (Mimmo Rafele)
l’ultimo applauso<br />
L’EREDITÀ ARTISTICA<br />
DI LAURA CARLI<br />
© Radio Vaticano<br />
A 98 anni, nella casa di riposo Zangheri della sua<br />
Forlì, se n’è andata Laura Carli (per l’anagrafe<br />
Laura Russo), per decenni prestigiosa protagonista<br />
del teatro di prosa italiano e figura indimenticabile,<br />
nella maturità, degli sceneggiati televisivi<br />
della Rai, che allora erano quasi sempre tratti da<br />
importanti opere letterarie. Figlia della proprietaria<br />
della ditta di feltri Bonavita, e quindi parente di<br />
Mario Bonavita, il primo “cantautore” italiano,<br />
Laura Carli aveva esordito nel teatro nel 1932 e<br />
ben presto era diventata una prima attrice, recitando<br />
con alcuni dei padri della prosa italiana:<br />
Gandusio, Ruggeri, Benassi, Donadio, Calindri e<br />
Giulio Stival, cioè tutti i maestri della recitazione<br />
prima dell’era di Gassman, Buazzelli, Strehler,<br />
Ronconi ecc.<br />
Nel ’50 e nel ’51 era stata anche direttrice del<br />
Teatro dei Satiri di Roma. Aveva poi lavorato con<br />
vari teatri stabili italiani ed era stata anche voce<br />
recitante nel Persefone alla Scala. Lunghissimo il<br />
suo impegno negli sceneggiati Rai e nel doppiaggio<br />
cinematografico, dove la sua eredità è stata presa<br />
dal figlio Carlo Baccarini, grande maestro del genere,<br />
mentre la sua eredità artistica è stata raccolta<br />
dalla nipote, Maria Laura, diventata negli ultimi anni<br />
la stella del musical italiano. Era stata anche scultrice<br />
con busti in creta di colleghi e parenti, che ha<br />
lasciato al Museo del Teatro di Forlì. Dal 1987 si<br />
era ritirata nella casa di riposo Zangheri, nella sua<br />
terra di Romagna, dove fino all’ultimo ha ricevuto<br />
molti amici e compagni di avventure teatrali, fra i<br />
quali Valeria Valeri e Massimo Foschi. Nel ’92 aveva<br />
pubblicato un libro di memorie intitolato Mi piace<br />
parlare (di me). (Gianni Minà)<br />
AUSTIN FORTE,<br />
L’UOMO DALLA “TROMBA D’ORO”<br />
Mi ha salutata con una battuta scherzosa quella<br />
notte, come era nel suo stile ed io mi sono addormentata<br />
sorridendo, la mattina seguente era in<br />
coma: emorragia cerebrale invasiva. È morto quello<br />
stesso giorno, il 26 maggio.<br />
Musicista, compositore, pittore. Nel 1959 a<br />
Viareggio viene indetto il concorso “Tromba d’oro”,<br />
Austin partecipa e lo vince per quattro anni consecutivi<br />
e così il titolo di “Tromba d’oro italiana” lo<br />
accompagna per tutta la vita. Nacque ad Orsogna<br />
(Chieti), ma presto si trasferì a Napoli con la famiglia,<br />
il padre Alberto era professore di trombone al<br />
teatro San Carlo di Napoli e lui studiò la tromba in<br />
tenerissima età. I suoi maestri lo consideravano<br />
un bambino prodigio, infatti era ancora un bambino<br />
quando vestito da balilla suonò l’attenti in piazza<br />
del Plebiscito in occasione della venuta a<br />
Napoli di Hitler e Mussolini.<br />
Presto non gli bastò la musica per esprimere la sua<br />
sensibilità artistica e iniziò a percorrere una strada<br />
parallela: la pittura. Entrambe lo portarono al successo.<br />
“La musica, la pittura sono il mio lavoro.<br />
L’Arte è il mio mestiere ed è il mio modo di avere<br />
rapporti con il mondo: la possibilità di capire e farmi<br />
capire è solo questa!” dirà Austin in un’intervista.<br />
Giovanissimo ha suonato con orchestre come<br />
quella di Angelini, Petralia, Segurini mentre cominciava<br />
a dipingere con il maestro Ruggiero e si perfezionava<br />
successivamente alla scuola di Galante,<br />
Casciaro, Carignani, Tafuri. Nel ’52 vinse il concorso<br />
come prima tromba al teatro San Carlo di<br />
Napoli ma vi restò per poco perché il suo spirito<br />
libero lo portò a formare una sua orchestra con i<br />
più famosi solisti del momento. Debuttò alla<br />
Bussola di Viareggio e Sergio Bernardini, col pubblico<br />
del suo famoso locale, ne decretò il successo.<br />
Poi arrivò il momento delle grandi tourné all’estero:<br />
Sud America, San Paolo, Caracas e alcuni<br />
anni più tardi il Carnegie Hall di New York.<br />
Ma la nostalgia lo riportava sempre in Italia e qui<br />
nel ’61 vinse il Festival di Napoli con la splendida<br />
canzone Credere cantata da Nunzio Gallo e Milva,<br />
e nello stesso anno un’altra vittoria gli arrise:<br />
Canzonissima con Sedici anni, interpretata da<br />
Nunzio Gallo.<br />
Partecipò sempre nella rosa dei primi posti ad<br />
altre edizioni di Canzonissima e a vari Festival di<br />
Napoli e Sanremo con canzoni di successo. Ormai<br />
lo chiamavano il “trombautore” per le sue musiche<br />
e arrangiamenti. Questa definizione lo faceva sorridere<br />
ma gli piaceva.<br />
Era spiritoso e autoironico. Alla domanda di un<br />
giornalista, in occasione di una sua personale di<br />
pittura, se avrebbe mai abbandonato la tromba<br />
per il pennello rispose: “Mai! Sono stato abbandonato<br />
da tre donne. Dicevano che amavo la tromba<br />
più di loro. È vero, io dormo con la tromba. Per<br />
me è una missione totale!”<br />
Nel ’59 iniziò una collaborazione artistica con<br />
Roberto Murolo che è durata negli anni. Con lui<br />
scrisse anche varie canzoni tra cui Ricordati di<br />
Napoli dalla quale fu tratto l’omonimo film. E furono<br />
diversi i film per cui scrisse delle musiche: Il<br />
successo, Il sorpasso, Avventura a Capri, Il figlioccio<br />
del padrino, La duchessa di S. Lucia.<br />
Tra gli incontri che ha spesso ricordato con entusiasmo<br />
c’è quello con Xavier Cugat ed Abbe Lane,<br />
con i quali nacque una collaborazione per alcuni<br />
film, con Totò e con Ingrid Bergman che incontrò
a St. Tropez. Lei gli chiese di suonare Il tempo<br />
passa e va, motivo conduttore di Casablanca e da<br />
quel giorno questa bellissima musica fece parte<br />
del suo repertorio. È stato più volte ospite di trasmissioni<br />
televisive tra cui Domenica in, Pronto<br />
Raffaella, Ieri, oggi e domani, Sereno variabile,<br />
Adesso musica…<br />
Nell’85 ad Ischia in occasione degli “Incontri del<br />
cinema” gli fu consegnato da parte delle Industrie<br />
Discografiche e dell’Ente del Turismo Napoletano il<br />
“Disco d’Oro”. I suoi album sono veri e propri concerti<br />
per tromba. Ha sempre amato Napoli e la<br />
canzone Papule nun murì era il suo canto d’amore<br />
e di speranza per questa città composto in occasione<br />
del sisma del 1980. E poi ancora Io t’ho<br />
incontrata a Napoli, Si tuorne a Napule scritta con<br />
Roberto Murolo, Napoli capitale.<br />
Era un uomo entusiasta della vita e pieno di idee.<br />
Negli anni ’60 creò a Napoli l’edizione musicale e<br />
discografica “Carfor” che era frequentata dai grandi<br />
calibri del momento come Bonagura, Tito<br />
Manlio, Zanfagna, Pugliese, Russo… Come scrissero<br />
di lui, “musica e pittura erano le rotaie del<br />
suo incontenibile artistico furore”. Ha tenuto per<br />
anni una sua Galleria a Napoli, nella centrale<br />
Piazza Carità: il “Centro d’Arte A. F. 22” con esposizione<br />
permanente. Ha esposto all’Hotel Hilton di<br />
New York e in numerose città italiane tra cui<br />
Milano “Galleria Montenapoleone”, Roma “Galleria<br />
Fidia” e “La Marguttiana”, e ancora Palermo,<br />
Napoli, Capri, Sorrento… E proprio a Sorrento, nel<br />
’76, ricevette una targa d’oro con la quale fu proclamato<br />
“Pittore dell’anno” oltre alla coppa “Oscar<br />
della Pittura 1976” e molti altri riconoscimenti tra i<br />
quali il “Premio Napoli” in un concorso di pittura<br />
estemporanea al Maschio Angioino nel ’59.<br />
Disse di lui Domenico Rea: “Estravagante, tormentata<br />
personalità quella di Austin Forte… Egli avverte<br />
insieme il sentimento della solitudine e in acceso<br />
contrasto quello della socialità. Le sue scene<br />
pittoriche apparentemente di massa contengono<br />
creature che pur nella confusione coltivano una<br />
propria personale vicenda, una propria solitudine”.<br />
La vita artistica e privata di Austin è stata movimentata.<br />
Un matrimonio fallito alle spalle, poi la<br />
cantante jazz Maria Kelly, sua compagna nella vita<br />
e nell’arte per molti anni, e infine il nostro incontro<br />
nel ’93. Ci siamo rivisti nel ’94, anzi lui mi ha cercata<br />
perché sapeva che ero in un momento molto<br />
triste dalla mia vita, era così allegro, umano, stravagante,<br />
tenero, sicuro di sé… Mi ha aiutata, e dal<br />
momento che ero un’attrice ho cominciato a condurre<br />
i suoi spettacoli. Avevo 25 anni meno di lui<br />
ma presto ci siamo innamorati e così è cominciata<br />
la nostra vivace vita insieme. Sono tante le cose<br />
che abbiamo realizzato in undici anni. Presto ha<br />
riconosciuto in me delle capacità pittoriche, le ha<br />
incoraggiate ed è stato il mio grande maestro.<br />
Nel ’96 abbiamo effettuato la nostra prima mostra<br />
a Napoli al Circolo Artistico Politecnico. Poi ha<br />
avuto un’idea originale: ha voluto restituire alla<br />
Canzone Napoletana un’atmosfera di riflessione<br />
riproponendo il valore della poesia ed è nato un<br />
nostro album Napoli versi e musica in cui parole e<br />
suoni viaggiano paralleli. Ha ideato due manifestazioni<br />
sostenute dalla Regione Campania che abbiamo<br />
portato avanti negli anni: “Napoli Capitale” e il<br />
“Gran Premio Vesuvio d’Oro” in cui accanto ad artisti<br />
di prestigio venivano premiati giovani talenti,<br />
perché Austin amava e incoraggiava i giovani.<br />
Non era proprio facile vivergli accanto, perché lui<br />
non era un uomo comune: volitivo, capriccioso,<br />
VIVAVERDI<br />
67<br />
geniale, superstizioso, autoironico, brillante, geloso,<br />
istintivo, passionale…, tutto in lui era estremo.<br />
Negli anni abbiamo trovato un equilibrio, e la certezza<br />
del nostro amore irrinunciabile al di là di<br />
ogni bufera ci ha portati al grande passo. Ci<br />
siamo sposati il 25 Marzo del 2004. È stato l’anno<br />
più bello della nostra vita insieme, ormai placati<br />
e sereni, con una nuova felicità nel cuore e pieni di<br />
speranza siamo andati incontro all’incognito domani.<br />
Ora spesso, e con una luce nuova mi tornano<br />
alla mente le parole della sua canzone Sedici anni:<br />
“Non piangere perché il tuo tempo non ha incontrato<br />
il mio, tu sei il domani, io l’oggi che va…”!<br />
(Liliana Palermo)
l’ultimo applauso<br />
PIETRO CONSAGRA,<br />
L’ARTE A DUE DIMENSIONI<br />
Ad accoglierlo a Roma fu lo studio in via Margutta<br />
del prezioso, munifico amico-rivale Renato<br />
Guttuso. Pietro Consagra arrivava da Mazzara del<br />
Vallo in una Roma che appena uscita dal dopoguerra,<br />
fremeva nella voglia di rinnovarsi. Nello<br />
studio fascinoso del suo conterraneo si creò,<br />
attraverso le ferventi discussioni sulla “rinascita”<br />
della pittura, i suoi primi amici: Turcato, Leoncillo,<br />
Morlotti, Birolli, Dorazio, Guerrini, Accardi. Figlio di<br />
un “girovago”, cresciuto in una casa proprio fuori<br />
dal paese di quella terra sanguigna e terrestre che<br />
è la Sicilia, grazie “all’andazzo scombinato della<br />
vita del padre”, lo scultore, come scrisse, rifiutò la<br />
vita che gli si prospettava. Scelse lo studio e<br />
soprattutto il disegno, e intanto maturava anche l’idea<br />
di uscire da quell’isolamento.<br />
Nel ’44 arrivò a Roma al seguito delle truppe alleate:<br />
trovò aiuto nel Partito comunista, a cui era già<br />
iscritto, e poi in Guttuso con cui creò un sodalizio<br />
strettissimo, destinato però a finire con una dolorosa<br />
frattura. In quegli anni fervidi di idee di rinnovamento,<br />
accesi da mille dibattiti e ricchi di voglia<br />
di creare, la disciplina di partito a uno come lui<br />
non poteva che andare stretta, così come la linea<br />
del realismo socialista di cui Guttuso era custode<br />
e portavoce.<br />
La rottura arrivò dopo un viaggio a Parigi e l’incontro<br />
con le opere di Picasso, Léger, Giacometti.<br />
Così il 15 marzo del 1947 con Accardi, Attardi,<br />
Dorazio, Guerrini, Perilli, Sanfilippo, Turcato,<br />
Consagra, fondò il gruppo “Forma”. Nacque così<br />
la sua scelta per l’astrazione che indagò lungo<br />
tutta la vita fino alla morte. La sua scultura, diceva,<br />
nasceva dal disegno e si costruiva attraverso<br />
il disegno: ”Il disegno contiene in sé tutta la mia<br />
scultura”. Studiando il costruttivismo l’artista scopre<br />
la bidimensionalità dell’opera. “Ho scartato la<br />
tridimensionalità della scultura perché la frontalità,<br />
e quindi il carattere bidimensionale, mi è apparso<br />
subito come il più ricco di apertura. La frontalità è<br />
nata dentro di me come alternativa al totem, cioè<br />
alla scultura che doveva sorgere al centro di uno<br />
spazio ideale”.<br />
Per tutti gli anni Cinquanta e i primi Sessanta, la<br />
sua fu una scultura rigorosamente bidimensionale,<br />
che si svolse in cicli chiamati dall’artista Colloqui.<br />
Poi arrivarono i Ferri trasparenti, i Piani sospesi e i<br />
Piani appesi e con la Pop Art il colore, i rossi, i<br />
gialli, i verdi. E poi i marmi, il granito blu del<br />
Brasile, il diaspro nero, il bianco di Macedonia per<br />
gli Addossati, due lastre di forma simile ma di<br />
materiale e colore diverso accostate l’una all’altra.<br />
Indimenticabile l’idea di Città frontale realizzata in<br />
cemento bicolore, bianco e nero, nella scultura<br />
alta diciotto metri che creò per la fiumara riarsa di<br />
Tusa, in Sicilia, come la stella d’acciaio chiamata<br />
La porta del Belice che, rifacendosi a un sogno di<br />
Goethe, fu progetta per la Gibellina ricostruita<br />
dopo il terremoto: alta 24 metri, ancora oggi<br />
accoglie i visitatori e veglierà su di lui, che – per<br />
espresso desiderio – ha voluto essere sepolto proprio<br />
a Gibellina.<br />
Pietro Consagra è morto a Milano il 16 luglio all’età<br />
di 85 anni dopo lunga malattia. (Linda De<br />
Sanctis)<br />
GIANPIERO BIANCHI,<br />
IL TEATRO DELL’INCANTESIMO<br />
Attore e uomo di teatro di grande personalità, varesino<br />
nato nel 1945, interprete duttile e brillante,<br />
Giampiero Bianchi aveva alternato ruoli del repertorio<br />
classico a spettacoli ispirati al costume e all’attualità,<br />
profondendo in ogni personaggio la sua<br />
energia e la sua grande sensibilità. Molto dotato per<br />
il genere brillante, Bianchi – come ebbe a dire Ugo<br />
Ronfani – amava rimettersi in discussione e confrontarsi<br />
con testi a volte scomodi, come Drive di Paula<br />
Vogel o pungenti e sottili come Piccoli crimini coniugali<br />
di Eric Emmanuel Schmitt. La sua carriera teatrale<br />
si lega al Teatro Stabile di Genova, per il quale<br />
ha lavorato dal 1967 al 1976, ma non trascura<br />
intermezzi cinematografici e televisivi. Con la sua<br />
partecipazione alla fiction Incantesimo, in onda su<br />
Raidue, si era imposto di recente anche all’attenzione<br />
del grande pubblico. Nel corso della sua lunga<br />
carriera, Bianchi ha lavorato con registi come<br />
Gabriele Lavia, Antonio Calenda, Sergio Fantoni,<br />
Valter Malosti. Con Giuseppe Cederna e Marco<br />
Cavicchioli aveva partecipato alla creazione dello<br />
spettacolo Gol! Tacalabala per la regia di Giorgio<br />
Gallione, che raccoglie riflessioni sul calcio ad<br />
opera di scrittori, poeti, giornalisti e calciatori.<br />
Giampiero Bianchi è deceduto il 16 luglio scorso.<br />
(D. N.)<br />
LEONILDO MARCHESELLI,<br />
L’INVENTORE DELLA FILUZZI<br />
Il 24 giugno 2005 è morto Leonildo Marcheselli,<br />
considerato il “papà” della filuzzi, un particolare tipo<br />
di ballo liscio che si è diffuso nel secolo scorso<br />
nelle balere bolognesi frequentate dai “filuzziani”.<br />
Questi erano i giovani ballerini dell’alta borghesia<br />
che “filavano”, ovvero si spostavano da una balera<br />
all’altra cercando di attirare l’attenzione delle ragazze<br />
con movimenti coreutici spettacolari. Leonildo<br />
Marcheselli nacque a Longara di Calderara di Reno<br />
il 20 luglio 1912, da una famiglia contadina. Fin da<br />
bambino si interessò alla musica e apprese a suonare<br />
vari strumenti musicali, dall’ocarina all’organetto<br />
e il mandolino con i maestri Ferri e Tonelli. Negli<br />
anni Trenta formò un trio filuzziano col quale si esibì<br />
nei locali bolognesi finché nel 1938 entrò a far<br />
parte del Quartetto Bolognese dell’Allegria specializzato<br />
nell’eseguire partiture sinfoniche di propria elaborazione.<br />
Grazie al Quartetto, Marcheselli uscì dal<br />
mondo delle balere e delle serenate ed entrò nell’ambiente<br />
professionale dell’orchestrale, prendendo<br />
parte a trasmissioni radiofoniche e incidendo dischi<br />
con la Durium. Negli anni Settanta la filuzzi cedette<br />
il passo al liscio romagnolo di Casadei, di maggior
impatto commerciale, ma continuò ad essere<br />
apprezzata nelle serate di ballo dei festival e delle<br />
riunioni estive. Leonildo Marcheselli è autore di oltre<br />
600 brani di musica da ballo: valzer, polke, mazurke,<br />
tanghi e filuzzi, fra cui ricordiamo Pgr, Fiocchi di<br />
neve, Giulietta, Vispa Teresa, Valzer del cuore.<br />
(Daniela Nicolai)<br />
MATTEO SALVATORE,<br />
CANTORE POLITICO E SOCIALE<br />
Lo scorso 27 agosto, all’età di 80 anni, il cantautore<br />
pugliese Matteo Salvatore è morto. Nato ad<br />
Apricena (in provincia di Foggia) nel 1925, ebbe<br />
un’infanzia poverissima durante la quale conobbe la<br />
fame e l’emarginazione. Dopo aver provato svariati<br />
mestieri, conobbe un violinista cieco, il maestro<br />
Pizzicoli, dal quale apprese a suonare e ad eseguire<br />
il repertorio delle serenate napoletane, bagaglio<br />
indispensabile per il mestiere di musicista da strada.<br />
Si trasferì prima a Benevento e poi a Roma,<br />
dove, vivendo in una baracca con moglie e figlia, si<br />
guadagnò da vivere suonando canzoni napoletane<br />
nei ristoranti dei quartieri alti. Qui venne notato dal<br />
regista Giuseppe De Santis che gli chiese di registrare<br />
canzoni popolari pugliesi per il film Uomini e<br />
lupi. Matteo Salvatore compose quattro ballate e le<br />
consegnò al regista, come ebbe ad affermare,<br />
“spacciandole per canti popolari”. È il suo primo<br />
passo come “autore”, anche se avviene, come tanti<br />
altri eventi della sua vita in maniera controversa e<br />
discutibile. Sempre nei locali della capitale, venne<br />
scoperto da Claudio Villa, che lo portò con sé in<br />
alcune tournée all’estero. Queste esperienze lo<br />
introdussero nel mondo dell’industria discografica,<br />
in un settore di nicchia come quello della musica<br />
popolare che tuttavia conobbe, negli anni Settanta,<br />
un momento di grande interesse e diffusione.<br />
Scoperto dagli intellettuali e apprezzato dai musicologi,<br />
divenne l’emblema di un certo modo di raccontare<br />
il Sud attraverso la ballata politico-sociale in<br />
cui, con la sua voce originalissima, dal timbro<br />
acuto, raccontava storie d’amore e di miseria, di<br />
allegria e di tristezza ispirate alla vita quotidiana e<br />
alle sofferenze della gente del popolo. Incide il suo<br />
primo Lp, Il lamento dei mendicanti a Milano nel<br />
1966 mentre è del 1972 Le quattro stagioni, 50<br />
canzoni incise per la Rca-Amico.<br />
Di carattere diffidente e spigoloso, Matteo<br />
Salvatore non ebbe rapporti facili con i suoi produttori<br />
e con i media. Ad allontanarlo dal mondo della<br />
discografia ci fu anche la vicenda poco chiara della<br />
morte della sua compagna, che lo portò anche in<br />
carcere. Poi di nuovo la miseria e il tentativo di ritornare<br />
sulla scena con incisioni e tournée autogestite.<br />
Ammirato da molti cantautori meridionali della<br />
nuova generazione, che lo ritengono un maestro,<br />
Matteo Salvatore ha saputo raccontare la sua terra<br />
con una grande forza poetica. Nel 2001 ha collaborato<br />
al libro edito da Stampa Alternativa La luna<br />
aggira il mondo e voi dormite a cura di Angelo<br />
Cavallo, nel quale rievoca le incredibili vicende della<br />
sua vita picaresca e racconta il suo modo di espri-<br />
mere attraverso la musica la cultura popolare.<br />
(Daniela Nicolai)<br />
VIVAVERDI<br />
69<br />
HENGHEL GUALDI,<br />
<strong>UN</strong> GRANDE TRA I GRANDI DEL JAZZ<br />
Virtuoso del clarinetto, il jazzista Henghel Gualdi è<br />
scomparso la notte del 15 giugno. 81 anni, di<br />
Correggio, Gualdi si iscrisse al conservatorio Achille<br />
Peri di Reggio Emilia dove si diplomò in clarinetto.<br />
Durante la guerra, affascinato dalle grandi orchestre<br />
americane di Glenn Miller e Tommy Dorsey, si<br />
avvicinò alla musica Jazz e all’improvvisazione. La<br />
popolarità di Gualdi oltrepassò l’Italia. In America<br />
collaborò con i più grandi musicisti come Bill<br />
Coleman, Chet Baker, Count Basie, Gerry Mulligan,<br />
Paquito D’Rivera, Sidney Bechet, Albert Nicholas, ha<br />
suonato con Louis Armstrong e con Lionel<br />
Hampton, Teddy Wilson e Joe Venuti.<br />
Celebre una sua tournée negli Stati Uniti con<br />
Luciano Pavarotti. Ha scritto oltre mille brani musicali,<br />
inciso 20 album discografici e 5 colonne sonore<br />
di film per il regista Pupi Avati, continuando la<br />
sua attività di solista in Italia e all’estero con grandi<br />
musicisti come Andrea Griminelli e Romeo<br />
Tuduraky, collaborando inoltre con la C. B. Band<br />
Orchestra. Gualdi è stato una figura di musicista<br />
che ormai non esiste più: quello che ha fatto una<br />
lunga gavetta e molti anni di ‘orchestrale’ suonando<br />
nelle balere di tutt’Italia il liscio e i ‘classici’, ma<br />
sempre con il jazz nel cuore.<br />
Negli anni ‘80 ricevette un premio intitolato a Benny<br />
Goodman proprio per la sua tecnica al clarinetto,<br />
ma Gualdi non se n’è mai vantato. “La sala da ballo<br />
mi ha dato da mangiare, ho dovuto fare questa professione,<br />
ma il jazz l’ho sempre avuto nel cuore”,<br />
amava ripetere il clarinettista che negli ultimi anni<br />
insegnava ai ragazzi in vari seminari. La notizia<br />
della sua scomparsa ha destato molta commozione<br />
a Bologna, dove era conosciuto per i suoi concerti<br />
sia in luoghi<br />
istituzionali che nei jazz club. “E’ stato sicuramente<br />
il più grande clarinettista della sua generazione, più<br />
di tanti altri più noti – dice Gilberto Baroni del Chet<br />
Baker club – forse la paura dell’aereo gli ha impedito<br />
di suonare di più negli Stati Uniti. Per i giovani ha<br />
fatto molto, suonando spesso con la Dams Jazz<br />
Orchestra che ha tenuto a battesimo”.<br />
Gualdi aveva partecipato anche a molti festival, tra<br />
cui Umbria Jazz, ed aveva diretto orchestre in molti<br />
programmi televisivi. “Con il suo concerto ho sempre<br />
chiuso il cartellone della stagione – ha ricordato<br />
Giovanni Serrazanetti della Cantina Bentivoglio – ma<br />
quest’anno non è successo, e mi dispiace molto.<br />
Lui suonava solo le note giuste, come diceva<br />
Parker, era uno straordinario musicista’’. (V.V)
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