Mensile di informazione - Anno LXI - N° 4 - Centro Studi Sanguis ...

Via Narni, 29 - 00181 Roma - Mensile di informazione - Anno LXI - N° 4 - Aprile 2012
Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro: Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale
D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB - Roma - Una copia € 1,00

NEL SEGNO
DEL SANGUE
Mensile della Unione Sanguis Christi
dei Missionari
del Preziosissimo Sangue
Anno LXI - N° 4
Aprile 2012
Direttore Responsabile
Michele Colagiovanni, cpps
Stampa e fotocomposizione
Stab. Tipolit. Ugo Quintily S.p.A.
Viale Enrico Ortolani, 149/151
00125 Zona Industriale di Acilia - Roma
Tel. 06/52169299 (multilinea con r.a.)
Redazione e Amministrazione
00181 Roma - Via Narni, 29
Tel. e Fax: 06/78.87.037
e-mail: piaunione@gmail.com
http://www.csscro.it
http://www.sangasparedelbufalo.it
Abbonamento annuo
ordinario: € 9,50
sostenitore: € 15,00
estero: $ 22,00
C.C.P. n. 391003
Autorizzazione Trib. Roma
n. 229/84 in data 8-6-1984.
Iscriz. Registro Naz. della Stampa
(Legge 8-8-1981, n. 416, Art. 11)
al n. 2704, vol. 28, foglio 25,
in data 27-11-1989
Finito di stampare
nel mese di Aprile 2012
Questa rivista è iscritta
all’Associazione
Stampa Periodica Italiana
SOMMARIO
EDITORIALE
Quanti arzigogoli per fare quello che gli pare di Michele Colagiovanni 99
ATTUALITÀ
Nella metropolitana di Mauro Silvestri 103
Salvare vite umane di Clara Salpietro 115
MISSIONI
Il carcerato redento di Giuseppe Montenegro 105
SPIRITUALITÀ
Sussidi - Il Sangue di Cristo
ci guarisce dalle nostre pazzie di Rosario Pacillo 107
INCONTRO DI PREGHIERA
Il sangue di Cristo e la comunità cristiana di Vincenzo Mauro 111
STORIA
Il Preziosissimo sangue e la politica di Michele Colagiovanni 117
NOTIZIE
ROMA - Workshop sul movimento laicale del Preziosissimo
Sangue o Unio Sanguis Christi di Michele Colagiovanni 120
ANIMAZIONI GIOVANILE E VOCAZIONALE:
Grumo Nevano (NA) 4-11 marzo
a cura del gruppo animazione giovanile e vocazionale 122
PERSONE
Intervista a don Dino Gioia di Simone Masone 124
UMORISMO
Il lato comico di Comik 127
UNIONE SANGUIS CHRISTI
Direttore
Michele Colagiovanni, cpps
Redattori
Italia Accordino, Claudio Amici,
Anna Calabrese, Maria Damiano,
Gabriella Dumo, Aldo Gnignera,
Stefania Iovine, Giovanni Lucii,
A. Maria Mascitelli, Vincenzo Mauro,
Noemi Proietti, Angela Rencricca,
Emanuela Sabellico, Mauro Silvestri,
Carla Taddei.
Grafica: Elena Castiglione
Foto: Archivio USC
CENTRO STUDI SANGUIS CHRISTI
Direttore
Tullio Veglianti, cpps

Nel Segno del Sangue Editoriale
Quanti arzigogoli
per fare
quello che gli pare!
di Michele Colagiovanni
Due ricercatori italiani,
Fran cesca Minerva, e
Al berto Giubilini, in
un loro studio hanno accertato
che un bambino regolarmente
partorito, vivo e vitale, per un
tempo ab bastanza lungo resta
nel me desimo stadio evolutivo
che se restasse nel grem bo
materno. Di per sé non sembra
una grande scoperta, al giudizio
di un profano come me. La definirei
anzi una constatazione
degna di Jacques de La Palice,
dal quale viene il termine “lapalissiano”,
cioè verità fin troppo
evidente perché la si debba
dimostrare. Il bambino che frigna
sul lettino della sala parto,
o nelle braccia della levatrice di
un qualunque villaggio, è appena
uscito dal grembo materno e
quindi la differenza non può che
essere la stessa che subisce un
adulto passando con le proprie
gambe da una stanza di casa
all’altra.
Eppure l’articolo dei due studiosi,
pubblicato sulla rivista
99

Editoriale Nel Segno del Sangue
scientifica Journal of Medical
Ethic, ha fat to scalpore; ha
suscitato un vero rimbombo nel
mondo intero. Perché? La motivazione
sta nel fatto che, dallo
status biologico si fa discendere
lo status giuridico del soggetto.
In altre parole – fanno notare i
due studiosi – se la legge consente
di eliminare il bambino
che è ancora nel grembo materno,
di per sé la possibilità
dovrebbe estendersi per alcuni
giorni anche al neonato.
L’indignazione attorno alla
notizia viene in genere attribuita
agli ambienti cattolici e ai
movimenti pro-life indipendentemente
dalla fede. Ci sa rebbe
motivo di inor goglire al pensiero
di far parte di tale “schieramento”,
sempre pronto a inorridire
quando si fa violenza alla
vita umana e ai bambini in particolare.
Si tratta di un sentimento
che promana, per il cristiano,
anche dalla sequela di Cristo,
che – da Dio che era – per l’uomo
si è fatto uomo, intransigente
fino a sacrificare se stesso per
rivelarci il valore di cui siamo
portatori. Un valore che non perdiamo
neppure quando cediamo
al peccato, visto Gesù si è sacrificato
per salvarci «mentre eravamo
peccatori».
A sorpresa la rivista Medical
Ethics, che ha ospitato la dissertazione
dei due studiosi, è stata
bersagliata di critiche; anche
dagli abortisti, sicché Al berto
Giubilini e Francesca Minerva
hanno sentito il bisogno di pre-
100
cisare la loro posizione: non
intendevano dire che si poteva
praticare l’aborto anche sul
bambino steso sopra il lettino
della sala parto, il giorno stesso
della nascita o nelle settimane
seguenti. Si trattava, per loro,
solo di provocazione per alimentare
una riflessione ac ca -
demica sulla equiparabilità di
un neonato a un feto, al quale
potrebbe essere tolta la vita per
le stesse ragioni che legittimano
l’aborto intrauterino.
Scrivono ancora: «Quello
che le persone hanno capito era
che fossimo a favore di uccidere
la gente. Questo, ov viamente,
non era quanto sug gerivamo. Ed
è facile rendersene conto leggendo
la nostra tesi nel contesto
storico del dibattito sull’argomento.
[…]. Personalmente non
siamo d’accordo con quanto è
stato detto dai media per spiegare
ciò che pensiamo».
Ci farebbe molto piacere la
precisazione, se non fosse diretta
– con ogni evidenza – esclusivamente
agli abortisti più
scaltriti, per tranquillizzarli.
Questi, infatti, giudicano l’indagine
e la sua divulgazione un
autogoal. Non a torto temono
conseguenze gravissime per il
loro fronte che, spavaldo, ha
sempre sostenuto la liceità dell’aborto
e la sua totale liberalizzazione.
Con un linguaggio soft
erano riusciti a togliere ogni
remora, ogni senso di colpa gli
operatori del settore. Si sentivano
come una squadra che ha la
partita in tasca e ecco che questi
studiosi, con un autogoal, rimettono
il risultato in pericolo.
Il fronte abortista tutto desidera
fuorché parole e ragionamenti
che restituiscano il senso
alle azioni connesse con l’azione
abortiva Perfino la parola
aborto ormai suonava obsoleta,
sostituita da una più blanda
locuzione come “interruzione
volontaria della gravidanza».
Meglio ancora con un acronimo:
IVG.
L’intervento a gamba tesa di
Giubilini e Mi nerva, al di là delle
loro intenzioni, che erano
dirette a una ulteriore conquista
di libertà, ha fatto invece il
giuoco degli antiabortisti! Sarà
vero? Pare di sì e possiamo
dimostrarlo, perché la ve rità ha
sempre il vantaggio di non aver
nulla da nascondere. Basta
esporre le cose come stanno e
smascherano i sofismi.
A1 (in teso co me il bimbo
venuto al la luce) du rante un
tempo X è in tutto simile a A2
(inteso come il bimbo nel grembo
materno). Questa affermazione
non dovrebbe produrre
nessun effetto, di per sé. Però, in
tempo di aborto, suscita il giusto
dilemma. Se non vi è alcuna
differenza tra il bimbo nel
grembo materno e lo stesso
bimbo partorito, si dovrebbe
poter decidere l’aborto sia dell’uno
che dell’altro, purché si
riscontrino le motivazioni (che
sono le stesse in entrambe le
ipotesi) previste dalla legge.

Nel Segno del Sangue Editoriale
Direte: ma questo ragionamento
sembra favorevole all’estensione
della pratica abortiva
anche post partum! È vero, e
era nelle intenzioni dei due studiosi,
che confidavano proprio
su tale logica per dimostrare l’espandibilità
della “conquista
civile”. Ma avevano fatto male i
loro conti. Il dilemma, infatti, è
reversibile. Per essere scientifico
dovrebbe dare lo stesso risultato.
5 x 10 fa cinquanta, proprio
come 10 x 5. Invertiamo
ora i termini del dilemma che
era parso favorevole agli abortisti.
Se l’uccisione del bimbo
venuto al la luce non è consentito
dalla legge, perché do vrebbe
essere possibile a danno del
bimbo assolutamente identico
che è nel grembo ma terno?
Oplà! Già! Perché? Si capisce
allora che urge, per gli abortisti,
trovare un quid che segni
un discrimine, perché nessuno
degli abortisti vorrebbe passare
per macellaio di esseri umani,
ma anzi vuole gli applausi
dovuti a un benefattore. Ecco
dunque il frutto benefico del
progetto (forse maligno) dei due
studiosi. Contro le loro stesse
intenzioni sono andati a infrangersi
con la Concordia carica di
milioni di nascituri e neonati
destinati allo sterminio, contro
uno scoglio imprevisto, davanti
al Giglio della laicità asettica.
Volevano fare il famoso “inchino”
al Giglio impolluto della
scienza! Altro che Giglio!
Macelleria infantile. Sia che si
101
compia dentro il grembo sia che
venga perpetrata post partum, è
un orrore raccapricciante.
Troppo ingenui quei due studiosi!
Troppo ingenuo il direttore
del Journal of Medical Ethic.
Gli abortisti più scaltri si sono
mobilitati contro di loro, Sarebbe
stato meglio non divulgare la
no tizia con tanto di apparato
scientifico. Va a ri muovere le
certezze ormai acquisite grazie
al l’imbonimento quo tidiano che
de nigrava gli antiabortisti e
spargeva fumogeni so pra i pronunciamenti
della Chiesa Cattolica.
Si stava così bene! Si abortiva
senza rimorso, senza me -
die vali angosce, era meno che
togliersi un dente!
Adesso gli abortisti più perspicaci
arrivano a dichiararlo
pubblicamente: «Attenti, compagni,
così diamo ragione alla
Chiesa Cattolica!». Temono,
infatti, l’effetto finestra. Di che
si tratta? Una volta c’era la pubblicità
di un detersivo. La ditta
produttrice invitava a fare la
prova finestra per convincersi
che si tratta del miglior prodotto
sul mercato. All’uscita dei panni
dalla lavatrice si portavano
alla finestra e si constatava, alla
luce del sole, che davvero il
pulito era il più pulito e i colori
erano rimasti più brillanti di prima,
tornati stupendi come un’anima
dopo il battesimo.
Ebbene: gli abortisti fin ora
hanno privilegiato porte e finestre
chiuse. Guai a chi chiamava
bambini gli ospiti dell’utero
materno, guai a mostrare al pubblico
il prodotto delle sedute
abortive in camera operatoria,
guai a pretendere la sepoltura
per i corpicini abortiti. Adesso,
l’indagine dei dottori Giubilini
e Mi nerva dicono che questo
ge nere di panni che escono
sono proprio gli stessi che stavano
dentro la lavatrice. E chi
butta una maglietta con l’acqua
sporca non può illudersi a lungo:
ha buttato il bambino.
Tornano in auge i termini
esorcizzati, le parole svuotate
del loro significato e con esse i
traumi nelle donne che abortiscono;
tornano i complessi di
colpa che erano in via di estinzione!
Ecco allora il motivo della
dissociazione degli abortisti
intelligenti. Come Rita Guma,
per esempio, che così aggredisce
verbalmente Giubilini e Mi -
nerva: «Dire che feto e neonato
sono egualmente “esseri umani”
significa affermare che il feto è
un “essere”, non un “essere po -
ten ziale”. Ma se è un "essere",
ha ragione la Chiesa, perché
sopprimere un essere u ma no, ad
esempio con un aborto, è definibile
solo co me omicidio; non
riesco ad immaginare altra definizione
che questa». Onore alla
coerenza, anche se poi la contesta..
Un termine alternativo non
esiste e se lo creano ad hoc
compiono una forzatura, un
trucco che si vede, come definire
il cancro «grave patologia»
quando tutti sanno che è un ter-

Editoriale Nel Segno del Sangue
mine convenzionale per definire
il cancro. E allora? Allora siamo
al palo di partenza: si deve
trovare il discrimine tra il prima
e il dopo l’uscita del »feto» [termine
politicamente corretto»]
dal corpo della madre. Bisogna
trovare un appiglio che faccia
diventare quel bambino una
semplice maglietta infantile alla
quale un intervento del tutto
legale impedisce di diventare
bambino. Attenti dunque a non
fargli varcare l’oblò della lavatrice!
Volendo, po trebbe bastare un
decreto legge che obbligasse
tutti a chiamare “essere umano
potenziale” il bambino nel
grembo e “essere umano neo -
nato” il feto venuto alla luce.
Ma forse, a pensarci, non tutti
rimarrebbero convinti. Ci vuole
qualcosa di più evoluto, di più
complesso.
Rita Guma scrive: «La differenza
tra la bioetica laica e la
bioetica cattolica sembra semplicemente
evaporata come una
goccia d'acqua su un fornello
acceso». Eh già. Dire che nel
varcare la soglia del grembo un
essere umano potenziale diventa
all’istante un essere umano
vero e proprio, è una panzana.
Se così stanno le cose l’etica laica
è davvero una goccia di saliva,
schizzata con le parole di chi
la proclamava e finita sul fornellino
di Giubilini e Mi ner va,
102
che lo avevano acceso per far
evaporare l’etica cattolica! Che
disdetta!
La Guma è terrorizzata al
pensiero di doversi inchinare
alla tesi cattolica e ammettere
che lo studio prodotto da Giubilini
e Minerva ha una forza
coercitiva irresistibile. Continua
desolata: «Si torna a quello che
dice l'attuale Papa: “L’amore di
Dio non fa differenza fra il neoconcepito
ancora nel grembo di
sua madre e il bambino o il giovane
o l’uomo maturo o l’anziano”».
Queste parole che Rita
trova repellenti e che noi troviamo
bellissime, stabiliscono su
solide fondamenta i «diritti
[davvero] civili»!
In soccorso della Guma arriva
Gabriella Gatti, dell'Università
di Siena, neonatologa e psicoterapeuta.
Sostiene che il feto
diventa «essere umano» con il
primo raggio di luce. Infatti il
feto, che come dicono è “essere
umano potenziale”, quindi non
essere umano in atto, incomincia
a esistere come umano allorché
il suo hard disc vuoto incomincia
a registrare le prime
esperienze esistenziali.
Che trovata geniale, degna
dell’essere umano computerizzato!
Non va oltre le informazioni
che egli stesso mette nel -
l’hard disk! Comunque, discussioni
di ormai, rispetto al progresso
laicista più radicale. Già
si parla e si attua legalmente l’aborto
postnatale fino ai dodici
anni! È stato escogitato il motto
«eutanasia caritatevole». Autorizza
l’eliminazione dei nati
entro i dodici anni se portatori
di patologie inguaribili e invalidanti.
Il cosiddetto Protocollo
di Groningen, ne prevede alcuni
casi, naturalmente ammantati di
estremo rigore metodologico,
per meglio ma scherare la
sostanza del problema: «Mi è
lecito decidere di eliminare
questo essere umano nella presunzione
che la sua vita non
possa raggiungere un livello
accettabile di felicità».
Solo le modalità dell’esecuzione
ormai distinguono questa
prassi da quella nazista. Nei
campi di sterminio si agiva con
sadismo, divertendosi alle spalle
delle vittime. Nelle camere
operatorio si segue una procedura
molto rigorosa, asettica,
dove non ci si diverte a sopprimere
un essere umano, ma neppure
si prova pietà per lui, al di
là dell’iniettargli un liquido
soporifero, perché non soffra
nell’andarsene, scacciato per il
suo bene. Quanti arzigogoli
intellettuali per fare ciò che
vogliamo senza rimorso. Dove
è andato a finire l’ammissione
che l’aborto è un dramma?
Adesso è diventata colpa resuscitare
almeno un po’ di rammarico.

Nel Segno del Sangue Attualità
La banchina della stazione
della metropolitana
non è particolarmente
affollata stamattina. Il consueto
campionario di umanità: studenti,
impiegati assonnati, donne,
tre ragazzi punk con quelle
curiose capigliature da indiano
e il volto segnato dai piercing,
una coppia di innamorati, un
prete africano che si riconosce
dal colletto e dal crocifisso sul
bavero del giaccone. Tutti si
preparano ad affrontare il cammino
in salita di una giornata
faticosa. Un gruppetto di studenti
scherza e ride a voce alta,
quasi a non voler pensare alle
ore di lezione che li aspettano,
alle interrogazioni, al compito
in classe.
La scritta rossa lampeggiante
del tabellone luminoso segnala
il treno in arrivo. Scende qual-
103
che passeggero e molti entrano
nei vagoni illuminati da una
luce algida che da sola dà la
sensazione di freddo e induce a
stringersi le sciarpe al collo.
Almeno stamattina non stiamo
scomodi: non c’è l’affollamento
di certi giorni e non siamo
costretti l’uno vicino all’altro,
con i movimenti legati da giacconi
e cappotti, stretti in una
vicinanza forzata.
Molti leggono: alcuni i giornali
distribuiti gratuitamente
all’ingresso della stazione,
pochi i giornali acquistati in edicola,
altri i libri, i titoli sono
quelli presenti nella lista dei più
venduti del momento. Gli studenti
continuano a scherzare a
voce alta raccontando dei loro
insegnanti e delle lezioni della
giornata; i due ragazzi innamorati
abitano il loro mondo incan-
Nella
metropolitana
di Mauro Silvestri
tato; qualcuno guarda nel vuoto
mentre alla fermata successiva
entrano due ragazzi medio
orientali muniti di clarinetto e
chitarra con tanto di amplificatore
che tentano di guadagnarsi
l’approvazione dei viaggiatori e
qualche loro moneta, intonando
un’improbabile melodia napoletana.
Accanto a me un uomo di età
fra i 55 e i 60 anni, un mio
coetaneo. Jeans e giaccone
azzurro, consunto, uno zaino.
Capelli brizzolati un po’ scomposti,
baffi grigi. Volto segnato
dalle rughe, quasi una carta geografica,
la mappa di una vita
faticosa. È un operaio, un artigiano:
lo si vede dalle mani callose
e sformate, testimoni mute
e pure eloquenti del lavoro
manuale; all’anulare sinistro la
fede matrimoniale. Ma ora fra

Attualità Nel Segno del Sangue
quelle mani c’è un libretto con
la copertina verde plastificata,
flessibile. Pagine fini, giallo
ocra, scritte fitte, i capoversi a
lettere grandi di colore rosso,
segnalibro a nastro. Inequivocabilmente
un libro di preghiere
mantenuto a distanza dagli
occhi, segno di una presbiopia
che non si vuole arrendere alla
correzione delle lenti.
L’uomo è assorto nella lettura:
si percepisce la sua attenzione,
quasi un legame fisico con
quel libretto. Gli occhi un po’
sporgenti sembrano accarezzare
lievemente lo scritto insieme
alle dita che si poggiano con
delicatezza inaspettata sulle
pagine fini e quasi impalpabili.
Sì, quest’uomo sta pregando:
probabilmente la liturgia delle
ore. In questo momento, su un
treno della metropolitana che
corre, è al cospetto del suo Dio
e sta parlando con lui.
Penso a quanti in questo
momento stanno pregando come
quest’uomo, penso ai monaci
nei loro sai bianchi che giorno e
notte cantano le lodi di Dio, penso
ai veli delle suore di clausura
frusciare nei monasteri silenziosi,
ai preti che sull’altare levano
in alto il calice pronunciando le
parole inaudite della consacrazione,
alle donne che sgranano i
loro rosari davanti alla statua
104
della Madonna, ai bambini
che recitano incerti le prime
preghiere. Ma anche
agli ebrei che da 4.000 anni
ripetono incessantemente il
loro Shema Israel, testimoni
indomiti nella storia della
presenza del Dio unico.
E ai tanti uomini di buona
volontà che, anche senza
aver conosciuto la Rivelazione,
tentano con le loro forze
di volgere gli occhi verso l’alto a
scrutare il cielo. Anche oggi, in
un mondo che sembra secolarizzato,
in ogni istante un flusso
incessante di preghiere sale verso
il cielo: preghiere di domanda,
di lode, di ringraziamento,
grida di dolore o di gioia che
chiedono di essere raccolte ed
ascoltate.
E penso ai tanti luoghi che
gli uomini hanno riservato alla
preghiera e all’incontro con
Dio. Penso alle grandi cattedrali,
alle abbazie, alle basiliche
imponenti, alle chiesette di
montagna, ai santuari, alle sinagoghe,
ma anche alla tenda del
convegno degli anni dell’esodo
di Israele, al Tempio di Gerusalemme,
alle moschee, ai templi
induisti. Da sempre gli uomini
hanno cercato di edificare una
dimora per il loro Dio, spesso
costruendovi attorno le città,
come avvenne nel medioevo.
Hanno profuso energie e ingenti
ricchezze perché la bellezza
dei templi rispecchiasse in qualche
modo quella divina; la perizia
di ingegneri e architetti ha
cercato di rappresentare l’altezza
e la profondità vertiginosa
del divino; anche la semplicità e
la luce di una chiesetta di montagna
evocano la purezza e la
limpidezza di Dio.
Io credo che Dio apprezzi e
gradisca questi sforzi di ospitalità
che gli uomini compiono
per lui, spesso riflettendo su di
lui la stessa aspirazione di stabilità
e di bellezza che sentono
dentro di sé. Ma è pure vero che
Dio ci “spiazza” perché preferisce
abitare nel nostro cuore. Ce
lo ha detto Simone, il pescatore
di Galilea che Gesù ha costituito
come Pietro, pescatore di
uomini: “Voi venite impiegati
come pietre vive per la costruzione
di un edificio spirituale,
per un sacerdozio santo, per
offrire sacrifici spirituali graditi
a Dio, per mezzo di Gesù Cristo”
(1 Pt 2, 5).
E allora è certo che oggi Dio
abiti volentieri nel cuore di quest’uomo
che prega nella metropolitana
che corre sferragliando
verso la prossima stazione, certo
che vi dimori non meno realmente
che nei tanti edifici di
pietra che gli uomini hanno edificato
per lui.
L’uomo chiude il libro, poi
abbassa le palpebre e rimane
così, ad occhi chiusi. Non sta
dicendo nulla: è in ascolto. Passa
qualche minuto. Poi la voce
registrata annuncia la prossima
fermata: l’uomo si scuote, ripone
il libro nello zaino e si prepara
a scendere. Mi viene quasi
voglia di fermarlo e di chiedergli
di raccontarmi del suo colloquio
con Dio. Ma poi, mi dico,
che cosa può dirmi di più di
quello che ho visto? La vettura
si ferma e l’uomo scende insieme
agli altri viaggiatori, lo zaino
sulle spalle, il passo svelto. E
mentre le porte si richiudono e il
treno riparte, l’azzurro del giaccone
consunto si perde in lontananza
fra un nugolo di persone.

Nel Segno del Sangue Missioni
Èesperienza comune: la
vita è costellata di fallimenti
e conquiste, miserie
e atti di eroismo. Le potenzialità
degli esseri u mani sono
imprevedibili e sconfinate. Chi
avrebbe mai pensato che il
ladrone sulla croce avrebbe parlato
a quel modo, a Gesù, riconoscendone
la divinità?
In Tanzania c’è un carcere in
ogni città. Vige una norma ferrea.
Il carcere non deve pesare
sulla collettività. È come un'azienda
che deve raggiungere
l’autosufficienza. Questo significa
che ogni carcerato deve
pro durre quanto costa il suo
mantenimento.
In genere l’ospite conmtinua
a svolgere in prigione il mestiere
che esercitava quando era
libero. Naturalmente il guada-
105
Il carcerato redento
di Giuseppe Montenegro
gno va a beneficio dell’amministrazione
carceraria. Chi in
libertà non faceva nulla, in carcere
viene destinato a svolgere
compiti che tutti devono saper
fare: per esempio la pulizia
degli ambienti; o altro di facile
apprendimento, come la coltivazione
dei campi. Il tutto deve
avvenire nel massimo ordine.
Di tanto in tanto è prevista
un’ispezione eseguita da personalità
religiose e civili. In genere
si ascoltano lamentele e aspirazioni
dei carcerati. Si fa poi
una rapida verifica per accertarsi
che le lamentele abbiano un
fondamento. In tal caso si provvede
a appianarle bonariamente,
se di poco conto, oppure con
intervento disciplinare.
Un giovane carcerato era
assiduo alla partecipazione della
Messa che ogni mese ci era permesso
di celebrare. Mi disse un
giorno che gli era stata comminata
una pena di tre anni perché,
ottenuto il permesso di tagliare
un certo numero di al beri di
legno pregiato (meninga) aveva
provato a fare il furbo abbattendone
molti di più, pregustando il
forte guadagno. Era un ottimo
falegname e in carcere lavorava
secondo il suo mestiere.
Ogni anno, nel corso di una
festa nazionale, nello stadio si
svolgeva una festa campionaria
di tutti i prodotti della zona e
partecipava anche il carcere.
Una commissione assegnava i
premi di categoria: artigianato,
prodotti agricoli e così via. Il
carcere partecipava sia al concorso
per l’artigianato che per la
produzione ortofrutticola.

Missioni Nel Segno del Sangue
Anche noi Missionari partecipavamo,
soprattutto per l’artigianato,
esponendo i prodotti
dei nostri laboratori. I mobili
migliori finivano in mostra.
I carcerati arrivavano sempre
primi. Era lodata la loro precisione,
forse anche perché non
avevano troppe distrazioni...
Ma soprattutto per il contributo
essenziale che dava quel giovane
carcerato condannato a tre
anni per aver tagliato più alberi
di quanti gliene erano stati concessi.
Noi dovevamo accontentarci
del secondo posto!
Tornato un giorno a celebrare
la messa in prigione, mi congratulai
con gli ospiti per la loro
bra vura in ogni campo delle
attività che svolgevano, ripagate
dai premi. Notai sul volto dei
presenti grande fierezza.
Li esortai a continuare a dare
attestati delle loro capacità per
far ben sperare riguardo al comportamento
che avrebbero tenuto
tornati in libertà, vivendo onestamente
con le loro famiglie.
A fine messa il giovane artista
dei mobili mi volle parlare.
Mi chiese di trovargli un posto
di lavoro appena sarebbe uscito
dal carcere. Gli promisi che l’avremmo
assunto nella nostra
falegnameria con contratto a
tempo indeterminato. Fu contento
e ogni volta che andavo a
celebrare in carcere ci ricordavamo
a vicenda la promessa.
Attendeva con ansia di tornare a
vivere in libertà.
106
Quando finalmente uscì dal
carcere mi venne a trovare. Aveva
rivisto la moglie e i figli, i
genitori e l’intera parentela. Il
giorno stesso fu assunto nella
nostra falegnameria, che in
pochi mesi fece segnare un balzo
sostanziale nella qualità del
prodotto. Avemmo delle commissioni
anche dal Governo
locale.
Dopo un anno decidemmo di
nominare l’ex carcerato insegnante
dei giovani apprendisti.
Svolse con molta competenza
questo nuovo compito. Nelle
competizioni annuali si poteva
dire che il primo posto era assicurato.
L’uomo che aveva provato la
durezza del carcere era diventato
una persona realizzata, un
punto di riferimento sia nel
lavoro che nella vita.
Un giorno mi volle parlare di
un progetto che portava in cuore.
Aspirava a compiere un passo
ulteriore, che gli assicurasse
un reddito maggiore, per provvedere
meglio alla sua famiglia.
Voleva tornare ad essere impresario
nella vendita di legname
pregiato da tagliare nei boschi,
Era il lavoro che esercitava prima
di entrare in carcere.
Lo guardai profondamente
negli occhi e gli suggerii di fare
un passo alla volta per superare
la tentazione del facile guadagno
e finire di nuovo negli
ingranaggi che lo avrebbero
ricondotto in prigione. Mi rispo-
se che aveva capito e si attenne
ai miei suggerimenti.
Per evitare la tentazione di
appropriarsi ingiustamente dei
beni dello Stato, avrebbe continuato
il suo lavoro e con un
poco di aiuto da parte dei Missionari
avrebbe anche pagato le
licenze per tagliare gli alberi nel
bosco. Per un anno tutto andò
bene. Il legname me lo portava e
veniva pagato immediatamente
per investire in nuove concessioni.
Se ciascuno coltiva bene i
doni che ha ricevuto dal Signore
raccoglie frutti abbondanti. In
pochi anni l’ex carcerato riuscì a
comprarsi un camion di seconda
mano e a mettere da parte un
capitale che gli consentì di
sostenere la sua famiglia e di
tenere una squadra di lavoratori
alle proprie dipendenze… A
questo punto mi chiese di potere
lasciare il lavoro perché aveva
già formato degli ottimi falegnami
e non poteva più avere tempo
per controllare i suoi lavoratori.
Questo ex carcerato è diventato
uno dei più ricchi della
zona. La sua onestà era riconosciuta
da tutti. Venne a ringraziarmi,
perché diceva che senza
l’aiuto dei Missionari sarebbe
senz’altro tornato in galera per
disperazione!
Era finalmente felice e sempre
disponibile a fare del bene
agli altri. Quando seppe che
ritornavo in Italia, volle comprare
la mia macchina che ha
tenuto come un portafortuna!

Nel Segno del Sangue Sussidi
Sussidi
di Rosario Pacillo
Il Sangue di Cristo
ci guarisce
dalle nostre pazzie
CANTO INIZIALE
S. La grazia e la salvezza di Cristo, Medico celeste, venuto a guarire la mente e il cuore di ogni uomo sia,
fratelli e sorelle carissime, con tutti voi.
T. E con il tuo spirito.
Il sacerdote introduce brevemente la preghiera.
Dal Vangelo secondo Marco
(5, 1-15a)
Intanto giunsero all’altra riva del mare, nella
regione dei Gerasèni. Come scese dalla barca, gli
venne incontro dai sepolcri un uomo posseduto da
uno spirito immondo. Egli aveva la sua dimora nei
sepolcri e nessuno più riusciva a tenerlo legato
neanche con catene, perché più volte era stato
legato con ceppi e catene, ma aveva sempre spezzato
le catene e infranto i ceppi, e nessuno più
riusciva a domarlo. Continuamente, notte e giorno,
tra i sepolcri e sui monti, gridava e si percuoteva
con pietre. Visto Gesù da lontano, accorse, gli
si gettò ai piedi, e urlando a gran voce disse: “Che
hai tu in comune con me, Gesù, Figlio del Dio
altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!”.
Gli diceva infatti: “Esci, spirito
immondo, da quest’uomo!”. E gli domandò:
“Come ti chiami?”. “Mi chiamo Legione, gli
rispose, perché siamo in molti”. E prese a scongiurarlo
con insistenza perché non lo cacciasse
107

Sussidi Nel Segno del Sangue
fuori da quella regione. Ora c’era là, sul monte, un numeroso branco di porci al pascolo. E gli spiriti lo
scongiurarono: “Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi”. Glielo permise. E gli spiriti immondi
uscirono ed entrarono nei porci e il branco si precipitò dal burrone nel mare; erano circa duemila e affogarono
uno dopo l’altro nel mare. I mandriani allora fuggirono, portarono la notizia in città e nella campagna
e la gente si mosse a vedere che cosa fosse accaduto. Giunti che furono da Gesù, videro l’indemoniato
seduto, vestito e sano di mente.
TESTI PATRISTICI
1. Dagli Inni di Prudenzio
(9, 52-54)
“Nell’orto di un sepolcro un pazzo, abituato a
soccombere al peso delle catene, spinto da furia
selvaggia, uscì fuori e appena si accorse che Gesù
era vicino, corse a supplicarlo”.
2. Dalla Città di Dio
di S. Agostino (19, 4, 2)
“A quel punto si alienano la ragione e l’intelligenza
quando si offuscano per una qualche malattia
e si diviene pazzi? Quando i pazzi furiosi dicono
e compiono parole e azioni assurde, spesso disdicevoli
alla loro buona intenzione e al loro comportamento,
sia che li vediamo o anche solo li pensiamo,
se ci soffermiamo a riflettere seriamente, a
mala pena possiamo trattenere le lagrime e spesso
nemmeno ci riusciamo… Quando è sconvolta la
mente e offuscata la coscienza si compiono movimenti
e gesti degni di pietà che ci fanno rabbrividire”.
3. Dal Commento al Vangelo
di S. Giovanni di S. Agostino (7, 2)
“La gioia di coloro che sono nell’abbondanza è
come quella di pazzi. Il pazzo nella sua insania
solitudine è contento e ride, mentre chi è sano piange
per lui. Così, noi che siamo guariti per aver
accolto la medicina che ci viene dal Cielo, noi che
eravamo pazzi e siamo guariti perché non amiamo
più le cose che amavamo, gemiamo rivolti a Dio
per quelli che ancora sono pazzi. Dio è abbastanza
potente per guarire anche loro…”.
108

Nel Segno del Sangue Sussidi
109
4. Dal l’Esposizione sui Salmi di S. Agostino (39, 8)
“Beato l’uomo che non è rivolto alla follia menzognera. Perché il Salmo dice che è menzognera la follia?
Perché tu ti inganni quando credi buono tutto ciò che vedi. Tu non sei sano, sei reso pazzo dall’eccesso
dalla febbre, perché ciò che ami non è sempre veramente buono. Lodi che guida il carro nelle corse, gridi
al suo passaggio, impazzisci per lui. E’ vanità, è una follia menzognera. Non c’è, dici, niente di più piacevole.
Se in voi c’è misericordia, pregate per lui…”.
5. Dai Discorsi di S. Agostino (229/E,2)
“Che cosa ci sarebbe potuto essere di più scellerato che uccidere il Creatore che si è fatto per noi creatura?
Che cosa un pazzo avrebbe potuto commettere di più grave che uccidere il proprio medico? Eppure
anche questo venne perdonato. Avete infierito, avete sparso sangue innocente; ora credete e bevete quel
che avete sparso... Quelli uccidevano il medico ed il medico con il suo Sangue preparava per gli uccisori
la medicina”.
6. Dall’Elogio alla pazzia di Erasmo da Rotterdam (c. 65)
“Cristo stesso, che pure è la sapienza del Padre, per soccorrere alle follie umane, si fece stolto anche
lui. E non volle redimerci altrimenti che con la follia della croce, per mezzo di apostoli idioti e ottusi, ai
quali a bella posta prescrisse l’insipienza, invitandoli all’esempio dei fanciulli, dei gigli, della senape e dei
passerini, tutti così stupidi e privi d’intelligenza”.
Il sacerdote aiuta la riflessione con un breve pensiero, al termine del quale, ognuno in silenzio può riflettere
a tutte quelle scelte che ha sempre ritenute giuste e normali e che forse, alla luce della verità evangelica,
possono essere ritenute delle vere pazzie.

Sussidi Nel Segno del Sangue
PREGHIERE LIBERE
Ad ogni intenzione rispondiamo con il ritornello:
PADRE NOSTRO
110
“Prigionieri del male,
sento di impazzire, Signore.
Guariscimi nel tuo Sangue,
Follia d’Amore”.
Ti adoriamo, Signore Gesù,
Amore infinito del Padre,
impazzito d’amore per noi
che da sempre mi hai pensato
nel mio peccato mi hai cercato
nelle mie follie mi hai perdonato.
Noi, chiusi al tuo amore,
siamo impazziti,
correndo dietro alle cose create.
Ti chiediamo di darci la vera sapienza,
di riconoscerla nella follia della Croce,
di seguirla nella stoltezza del tuo Vangelo
di abbandonarci alla pazzia dell’amore
del tuo Sangue versato per noi,
tuoi accusatori e crocifissori,
per diventare anche noi,
folli per gli uomini
ma sani di mente per te,
unico, vero, ed universale Sapiente.
AMEN
Al termine dell’incontro prendiamo dinanzi al Signore un impegno:
durante la settimana posso fermarmi un momento a pregare dinanzi al Crocifisso e considerare se è stato
più pazzo Gesù a donare per noi il suo Sangue sulla Croce o gli uomini ad ucciderlo? Ed io da che
parte mi metto?

Nel Segno del Sangue Incontro di preghiera
Canto
Esposizione eucaristica
Annuncio della parola
111
INCONTRO DI PREGHIERA aprile 2012
Il sangue di Cristo
e la comunità cristiana di Vincenzo Mauro
Il sangue di Cristo è strettamente legato all’esperienza cristiana individuale e comunitaria:
esso è versato da Cristo per riconciliare con Dio tutta l’umanità. Attraverso il sangue
si attua l’iniziativa di Dio, che in Gesù ha voluto unire a sé l’umanità in un’alleanza nuova
e definitiva.

Nel Segno del Sangue Incontro di preghiera
Molteplici sono i suoi significati: non è solo segno dell’amore di Cristo per noi, immagine
della violenza che il Regno di Dio subisce nella storia, ma è anche forza rigeneratrice,
energia vitale. La comunità cristiana è chiamata a vivere in pienezza l’unione con il
sangue di Cristo, per poter penetrare il mistero della persona di Cristo e della sua missione.
Contemplare e vivere il mistero del sangue prezioso significa essere in Gesù, condividere
la sua vita nell’ottica della piena riconciliazione del mondo a Dio. Il mistero del sangue
ci sarà rivelato in pienezza quando saremo davanti a Dio, alla fine dei tempi: di quella
condizione beata lo stesso sangue è segno attuativo e prefigurativo.
Il dono del sangue ha tutti caratteri del dono dello Spirito: entrambi i doni sono versati
nei nostri cuori, ci uniscono a Gesù, ci introducono nell’alleanza eterna, ci rendono
capaci di amare, vivi e vivificanti.
La comunione con Cristo deve portare all’obbedienza: “Fate questo in memoria di me”
(Lc 22, 19; 1 Cor 11, 24 s). Accogliere il sangue di Cristo comporta anche camminare con
Cristo, cooperare con la sua opera, lasciarsi sottrarre al potere del male per riconoscere il
Padre, creatore del cielo e della terra.
L’unione al sangue di Cristo è missione e responsabilità per tutta la Chiesa, ma in particolare
per noi che, per vocazione specifica, ci relazioniamo con questo mistero.
L’esperienza e la contemplazione del sangue prezioso, che viviamo nei nostri gruppi,
devono essere considerate
un dono, che Dio ci
ha concesso per il nostro
bene e per il bene di tutta
la comunità cristiana. I
doni di Dio sono sempre
per tutto il popolo: sono
conferiti ad alcuni in
misura maggiore, ma
sempre per il bene di tutti.
Nel segno del sangue,
siamo chiamati a cooperare
alla riconciliazione
del mondo con Dio:
questa missione richiede
persone forti e perseveranti,
che proclamino
con forza a tutto il popolo il dono salvifico del sangue di Gesù, versato per amore.
Attualizzazione
112
Annunziare il sangue di Cristo significa proclamare la via del bene umano in Dio, della
riconciliazione e della pace nel mondo.
L’esperienza prevalente che il mondo di oggi ha del sangue è quella del sangue versa-

Nel Segno del Sangue Incontro di preghiera
to per odio: a questa immagine
dobbiamo contrapporre l’immagine
del sangue di Gesù
versato per amore.
Il peccato assume oggi proporzioni
sempre più radicali e
distruttive: non possiamo rimanere
indifferenti al male, ma
dobbiamo contribuire al superamento
del peccato, dentro e
fuori di noi, attraverso il sangue
di Cristo che è stato sparso
proprio per questo scopo di
redenzione. La forza vitale per
affrontare questa missione, la
luce che ci guiderà sarà lo
stesso sangue prezioso: esso
vivifica la fame e la sete della
giustizia, accresce le energie
degli operatori di pace, nutre
l’inventiva e l’iniziativa di
coloro che si fanno carico di
trasformare il mondo sull’esempio
di Gesù.
La costruzione della comunità nel segno del sangue di Cristo passa per la celebrazione
del mistero: una celebrazione non sterile e ritualistica, ma una vera e propria comunione
con il mistero, che ci possa plasmare e trasformare in nuove creature, anche attraverso una
intensa vita sacramentale.
In questo modo potremo vivere la nostra esperienza del sangue preziosissimo con
dono, vocazione e missione.
Canto
113
Piste di riflessione
Sappiamo riconoscere i molteplici significati del sangue di Cristo, non solo segno del
suo amore, ma anche forza vitale rigeneratrice?
Sappiamo opporci e reagire al male e al peccato, innanzi tutto dentro noi stessi, illuminati
e guidati dal sangue di Cristo?
Il sangue di Cristo è dono, vocazione e missione. Viviamo l’esperienza del sangue prezioso,
nostra vocazione specifica, come un dono concessoci per il nostro bene e per il
bene di tutta la comunità cristiana?

Incontro di preghiera Nel Segno del Sangue
Benedizione eucaristica
Canto finale
114
Ci uniamo ora a tutta la Chiesa per offrire al Padre il dono preziosissimo
del sangue di Cristo, nostra gloria, salvezza e risurrezione.
Eterno Padre, noi ti offriamo con Maria, Madre del Redentore del genere
umano, il sangue che Gesù sparse con amore nella passione e ogni giorno
offre in sacrificio nella celebrazione dell’Eucaristia.
In unione alla vittima immolata per la salvezza del mondo, ti offriamo le
azioni della giornata in espiazione dei nostri peccati, per la conversione dei
peccatori, per le anime sante del purgatorio e per i bisogni della santa
Chiesa. E in modo particolare:
Generale: Perché molti giovani sappiano accogliere la chiamata di Cristo a
seguirlo nel sacerdozio e nella vita religiosa.
Missionaria: Perché il Cristo risorto sia segno di sicura speranza per uomini
e donne del Continente africano.

Nel Segno del Sangue Attualità
Una medaglia d’oro al
valor militare, la nomina
nel 2010 a Cavaliere della
Repubblica conferita direttamente
dal presidente della
Repubblica, Giorgio Na -
po litano, ma anche 16 missioni
(tra cui Africa e
Mozambico) in teatri operativi
e su tutto l’esperienza
nella bonifica da ordigni
esplosivi. Il luogotenente
Nicola Sgherzi, pugliese di
Vico del Gargano, in provincia
di Foggia, è questo e
tanto altro: è soprattutto
un’istituzione e un punto di
riferimento per i militari
della brigata Pinerolo, che
sta operando nel Libano del
Sud al comando del generale
Carlo Lamanna.
115
Salvare vite umane:
questa la missione
del luogotenente
Nicola Sgherzi
Sgherzi, in servizio presso
l’11° reggimento Genio Guastatori
di stanza a Foggia, in
territorio libanese fa parte del
team EOD (Explosive Ordnance
Disposal) che si occupa del-
di Clara Salpietro
l’attività di bonifica lungo la
Blue Line, la linea di demarcazione
tra Libano e Israele.
Lo incontriamo a Shama nella
base del contingente italiano
e come un libro aperto inizia a

Attualità Nel Segno del Sangue
raccontare delle tante volte in
cui è riuscito a salvare vite umane.
Il racconto inizia con la
Bosnia. “Era il 1996, il contingente
italiano era appena arrivato
e l’attività di bonifica era la
priorità, in quanto la gente non
sapeva che molte zone erano
minate e quindi era facile saltare
su una mina”, esordisce il
luogotenente Sgherzi.
“Un giorno una signora –
prosegue – ha messo il piede su
un ordigno ed è stata investita
dall’esplosione, che le ha tranciato
una gamba. Ricordo che
c’era circa mezzo metro di
neve, la donna urlava e i militari
degli altri contingenti non
sapevano come fare per prestarle
aiuto. Appena sono arrivato
sul posto, subito mi sono avventurato
nella zona minata, mettendo
i piedi sulle orme che aveva
lasciato la donna. I miei colleghi
urlavano che erano impaz-
116
zito, ma io sapevo cosa stavo
facendo, sapevo bene che se
facevo lo stesso percorso della
signora non mi sarebbe successo
niente. La signora pesava 80
chili e quindi dove c’erano le
sue orme non potevano esserci
mine, altrimenti sarebbero
esplose prima”.
“Ho raggiunto la donna – ci
dice il luogotenente tra le lacrime
– me la sono caricata sulle
spalle, ho preso la gamba che
stava a circa un metro di distanza
da lei e l’ho portata fuori da
quel posto. Questa esperienza
mi ha lasciato un segno, ancora
oggi quando la racconto mi
commuovo”.
“Il giorno dopo per le strade
di Sarajevo – aggiunge – la gente
diceva: grazie italiani. Erano
tutti riconoscenti per quello che
avevamo fatto. Per aver salvato
quella donna mi è stata conferita
la medaglia d’oro al valor
militare”.
Ma le buone azioni del luogotenente
Nicola Sgherzi non
finiscono qui, dalla Bosnia passiamo
al Kosovo.
“Nel 1999 ero in missione in
Kosovo – ricorda Sgherzi -, lungo
la strada che portava al
comando della Brigata incontravo
sempre una signora insieme
ai suoi figli. Un giorno la signora
mi ha fermato e mi ha fatto
capire di seguirla a casa sua.
Entrato dentro casa ho trovato il
marito crivellato di colpi e legato
con un filo ad una bomba a
mano. Io e altri genieri abbiamo
tagliato il filo, disinnescato la
bomba a mano e seppellito il
corpo”.
Sono tante le storie nell’archivio
della memoria del luogotenente
Sgherzi, che si ripromette
di raccontarle ai tre nipotini
dal prossimo giugno, mese
in cui lascerà il servizio attivo e
dedicherà più tempo agli affetti
personali.

Nel Segno del Sangue Storia
Il Preziosissimo sangue
e la politica
di Michele Colagiovanni
Chi. letto il titolo, si aspetta
un discorso impegnativo,
lasci stare. Passi
oltre. Più volte abbiamo parlato
del sangue come una magnifica
icona di un sistema sociale ben
funzionante. Qui il lettore troverà
una rievocazione quasi scherzosa
di due “furbate” di don
Giovanni Merlini. Mi riferisco
alle proposte che fece in tempi
diversi al papa amico, Pio IX:
una andata a buon fine e l’altra
no. Buffo è che la proposta
riuscita può essere giudicata
discutibile, mentre quella fallita
resta tuttora auspicabile. Racconta
il tutto lo stesso Merlini a
Maria De Mattias.
Il 19 agosto 1856, da Roma,
le scrisse in Acuto: «In Secreto
a Lei. Ho detto al Santo Padre
se si sente ispirato di fare un
proposito di metter la festa del
Preziosissimo Sangue per tutta
la Chiesa doppio di Prima Classe
con l'Ottava come nel Corpus
Domini in caso che la Chiesa
greca si riunisca alla latina, e
finisca lo Scisma. Mi sono oc -
cupato dell'ufficio e Messa propria,
e l'ho mandato ai Riti per
l'approvazione per noi; e così si
avrà pronto quando Gesù vorrà
come sopra onorato il Prezioso
suo Sangue col farci la grazia di
veder ritornata la Chiesa greca
alla latina. La domanda, è vero,
è un poco ardita, ma che non
117
può il Prezioso Sangue? E sta
anche bene che Gesù Cristo si
riaccolga tante anime di sperse
nello scisma e che gli costano
Sangue. Preghiamoci assai, e ci
faccia pregare senza dire di ciò
che ho suggerito al Santo
Padre» 1 .
Di passi per la unificazione
delle due Chiese si parlava dal
tempo di Gregorio XVI. Sarebbe
piaciuto a Zinaida Volkonskij,
ma non si sa quanto fosse
desiderata dallo Zar Nicola. Se
ne sarebbe voluto occupare, una
quindicina di anni prima, il missionario
del Preziosissimo San-
gue don Carlo Gazola.
Questi, dopo oltre un
decennio di militanza
nella Casa di Missione
di Benevento, per
motivi di salute, nel
1839 era uscito e, con
l’appoggio en tusiasta
di don Innocenzo Betti,
superiore di quella co -
munità, aveva im boc -
cato la car riera prelatizia
nel la Curia romana.
A dire il vero don Ga -
zola teneva troppo al
risultato; di conseguenza
si mostrava ec -
cessiva mente ce devole
e, su va ri punti anche
di rilevanza teo logica,
propendeva per gli
Ortodossi2 .
Il Merlini, invece, si affidava
ai meriti del Sangue di Cristo,
sulla base di una precedente
esperienza, famosissima, che
aveva prodotto l’estensione della
festa del Preziosissimo Sangue
alla Chiesa universale con il
decreto apostolico Redempti
sumus.
Il Merlini, nella citata lettera
a Maria De Mattias, rievocava
in modo sintetico l’episodio,
met tendolo in relazione con il
nuovo, tutto ancora da giocare.
Le scriveva: «In tempo che il
Santo Padre stava a Napoli3 , in
occasione di Republica (1849),

Storia Nel Segno del Sangue
suggerii se avesse voluto mettere
la festa del Preziosissimo
San gue in tutta la Chiesa qualora
per la Festa [nostra] del Preziosissimo
Sangue terminasse la
Republica. Cessò la vigilia a
Vespro [della nostra festa], ed il
Santo Padre subito ordinò il
decreto. Preghiamo perché an -
che questa volta Gesù faccia la
sua. Può e ci ama. Dunque…» 4 .
Avendo richiamato alla me -
mo ria la caduta della Repubblica
Romana, in vista della cui
proclamazione Pio IX aveva la -
sciato Roma e chiesto asilo al re
di Napoli, fornisco qui alcuni
dettagli archivistici minori, ma
sempre interessanti, su quegli
eventi.
Come è noto il segretario di
Stato Giacomo Antonelli, chiese
l’intervento dei governi cattolici
europei e perfino quello della
Repubblica Francese, che poi
finì per svolgere il ruolo di primo
attore. Il presidente francese,
Carlo Luigi Napoleone Bo -
na parte, aspirava a riconquistare
la corona imperiale con l’appoggio
del voto cattolico. Cessata
la Repubblica (che fu detta
Romana benché i maggiori suoi
promotori (Mazzini, Garibaldi…)
e sostenitori (Goffredo
Ma meli) non fossero romani ma
provenienti da ogni dove. Lo
spirito dell’unità nazionale li
autorizzava a questo, come la
cattolicità della Chiesa autorizzava
l’Antonelli a rivolgersi
all’intero mondo cattolico per
debellare una istituzione ostile
alla Chiesa, la Repubblica.
Il Merlini dice che essa «cessò
la vigilia a Vespro». Il tempismo
della caduta della Repubblica
può forse essere interpretato
come una preferenza di Dio per il
118
governo pontificio e un segno
della sua ostilità verso la Repubblica?
Certamente no! Non è
parimenti deducibile il favore di
Dio in congiunture nelle quali la
parte schierata con il papa soccombe:
per esempio i referendum
sul divorzio e sull’aborto. Di certo,
sul piano della fede, Dio voleva
che il Sangue del Figlio suo
fatto uomo fosse onorato con la
purificazione della vita e gradì
l’estensione della festa alla Chiesa
universale, come in occasione
del trionfo della legalizzazione
del divorzio e poi dell’aborto
continuò a gradire matrimoni saldi
e rispetto per la vita finfin dal
primo istante.
Tornando alla storia, solo
teoricamente il Papa sarebbe
potuto tornare in sede domenica
1° luglio in una Roma ammorbata
dal puzzo delle polveri
esplose. Occorreva che si sedassero
troppe situazioni agitate.
Lo Stato fu affidato a un governo
provvisorio di tre car dinali.
Il 9 agosto il Ministero dell’Interno
e di Polizia fu af fi dato a
Domenico Savelli. «E non è a
dire quanto egli pren des se a
cuore le incumbenze [sic] svariate
e molte del nuovo ca rico» 5 .
Il 12 marzo 1850 Domenico
Savelli scriveva al cardinale
Antonelli, a Portici: «Notifico a
Vostra Eminenza Reverendissima
che dalla Vigilanza sugli
emi grati nella Repubblica di
San Marino si è venuto a conoscere
che sugli ultimi del decorso
mese giunsero colà quattro
casse in danaro con direzione
come si crede al marchese Guiccioli
di Ravenna, che quel giorno
che giunsero i denari si dette
un pranzo suntuosissimo in un
Ca sino propinquo a quella città
con l’intervento di tutti li emigrati
durante il quale si tennero
delle sentinelle in poca distanza
dal Casino, per precauzione che
sembra fosse diretta ad evitare
qualche sorpresa. Durante il
banchetto vi furono delle dimostrazioni
di giubilo e gli evviva
alla Re pubblica Romana e di
San Marino» 6 .
Gli emigrati erano persone
sfuggite all’arresto o condannate
all’esilio. Sembrava al Savelli
che in tali notizie vi fosse dell’esagerazione,
tuttavia non gli
era parso giusto tenerlo occulto
al Segretario di Stato, tanto più
che il fatto restava vero nella
sostanza. Il denaro era arrivato
effettivamente a San Marino, il
banchetto vi era stato e vi aveva
partecipato un certo numero «di
de ma goghi» soliti a riunirsi «la
sera in conversazioni in casa del
mar chese Guiccioli». Si trattava
di «persone di sentimenti abbastanza
noti». Commentava il
Savelli: «Non sembra però che
colà si tenti, almeno per ora, di
organizzare cosa alcuna contro
il legittimo Governo Pontificio».
Assicurava la massima
sor veglianza: «Non si lasciano
poi di continuare a vigilare at -
ten tamente per scuoprire le
mene della Setta, qualora s’intraprendessero,
ed ho motivo di
credere che ne sarei istrutto a
tempo debito».
Il 19 marzo 1850 l’Antonelli
informò il Savelli di aver già
avvertito il Signor Esterházy
ministro d’Austria, che provvedesse
«con misure energiche a
siffatto disordine». Il Savelli
informava a sua volta la Commissione
Governativa di Stato
riguardo alla questione. Vi erano
buone disposizioni da parte

Nel Segno del Sangue Storia
del governo della Repubblica di
San Marino verso la Santa Sede:
si diceva che vi fosse il consenso
a che si entrasse nel territorio,
anche con la forza, se necessario,
per verificare se sussisteva
quanto riportato da voci.
Dopo queste informazioni il
Savelli da Roma informava
ancora l’Antonelli su quattro
casse di documenti «rinvenute
murate nella casa di Domizio
Barberi, che assicurava di averle
ricevute «dall’emigrato Tito
Savelli, già deputato Bolognese,
a capo delle requisizioni durante
i tempi della cessata anarchia».
Si trattava di carte molto
delicate.
Commentava il ministro dell’Interno:
«Se in qualunque
epoca tali carte fossero state
date in pasto al pubblico dai
nemici dell’ordine, oh quante
vittime si sarebbono[sic] sagrificate!
Oh quanti odj ereditarj si
sarebbono propagati da nutrire,
se non una guerra civile, certamente
delle fazioni, ed in modo
speciale nelle Romagne» 7 .
Domenico Savelli assicurava
l’Antonelli: «Dal mio lato non
si riposa né giorno né notte per
stare al giorno delle mene settarie
e può ben essere persuasa la
lodata Eminenza Vostra Reverendissima
di tutto l’impegno e
la energia per raggiungerle» 8 . E
ancora: «Tutte le misure che
potranno riconoscersi opportune
per sorprendere ed abbattere
le mene settarie, e per assicurare
l’ordine pubblico, sia pur si -
cu ra l’Eminenza Vostra Reverendissima
che saranno da me
indistintamente adottate qualunque
sia il grado e le qualità delle
persone che si scoprissero
avervi parte» 9 .
119
L’Antonelli approvava tanto
zelo. Scriveva: «Se la Polizia
deve in ogni tempo mostrarsi
attiva ed operosa, oggi lo si rende
tanto più necesario per la
prossima venuta del Santo
Padre. Amo ritenere che la
Com missione Governativa le
avrà già annunciato tale sovrana
determinazione e la lista ove si
ferma il Santo Padre e lo stradale
che terrà. Nondimeno voglio
lo stesso aggiungerlene la conferma
indicandole che la Santità
Sua da Terracina si portarà [sic]
a Frosinone, di là a Velletri e da
questa città alla Capitale. A
meno di straordinarj eventi conta
essere in Terracina il 6 del
prossimo aprile. Interessa quindi
tutta la sua sollecitudine a
porgere alle rispettive Polizie
del predetto stradale gli opportuni
eccitamenti anche, ove
occorra, con l’invio di qualche
straordinario ministro. Sarebbe
un vero scandalo se per negligenza
avvenisse qualche disordine,
anche il più lieve, in simile
circostanza. A lei resta affidata
una parte così gelosa».
In effetti qualunque moto
ostile verso il papa sarebbe stato
am pli ficato, anche comprensibilmente,
dagli sconfitti re -
pub blicani. Invece il papa fu
ovunque accolto con grandi
manifestazioni di giubilo, che
non necessariamente dovevano
essere rivolte all’indirizzo del
governo. Il patriottismo dello
Stato Pontificio era la religione.
Purtroppo la seconda opportunità,
nono stante le preghiere
assidue del Merlini, di Maria De
Mattias e di quelli (uomini e
donne) da loro invitati a unirsi,
non ottenne il risultato bramato.
Nessuno, però, potrebbe legitti-
mamente dedurre – da ciò – che
a Dio stesse più a cuore la caduta
della Seconda Repubblica
Romana che la riunione della
Chiesa Ortodossa alla Cattolica;
o che sia più facile un accordo
politico che una intesa teologica.
La verità è che in politica
possono esistere anche accordi
truffaldini, dai quali Dio può
ricavare qualcosa di buono,
mentre sul piano teologico gli
accordi non sono consentiti,
perché si tratta di verità che
riguardano Dio e vanno solo
rispettate, senza alcuna possibilità
di manipolazione.
Del resto tali verità sono una
sola: l’amore. Questo è il solo
comandamento. Si tratta di verità
tale che non solo non è impedita
da qualche divergenza dottrinale,
che anzi di fronte alle
divergenze ancor di più ha
modo di attuarsi.
Note
1 G. MERLINI, Lettere a Maria De
Mattias, I, Roma 1973, pp 194-195.
2 Cfr Il caso Carlo Gazola: da Missionario
a protagonista della Causa
unitaria italiana, su ISdR, 2-
2003, pp 99s o il volume di prossima
uscita sul notevole personaggio.
3 Qui intende dire nel Regno di
Napoli. In realtà l’incontro avvenne
a Gaeta.
4 G. MERLINI, Lettere a Maria De
Mattias, I, Roma 1973, p 195.
5
STEFANO CICCOLINI, Intorno a
Domenico Savelli: Cardinale Diacono
di S. Maria in Aquiro, Tipografia
Monaldi, Roma 1865, p 26.
6 ASV, Gaeta-Portici, 1848-1850,
R. 165 F 5.. Allegata vi è la nota
delle posizioni, in numero di quarantasette,
alcune delle quali costituite
da più volumi per centinaia di
pagine.
7 Ivi, 15 marzo 1850, f 48.
8 Ivi, f 53.
9 Ivi, 59-59v.

Notizie Nel Segno del Sangue
Notizie
ROMA
Workshop sul movimento
laicale del Preziosissimo
Sangue o Unio Sanguis Christi
(Continuazione dal numero precedente)
BENEVENTO. È stata rifondata
la Pia Unione, istituita e
diretta da don Giuseppe Rinaldi
con grande successo. Dopo la
morte di don Rinaldi si era
estinta o meglio dispersa. Ora si
sta ricostituendo. Ogni venerdì
dalle 17,30 alle 19,00 si recita la
Coroncina e si partecipa alla
messa con opportuna omelia
sulle tematiche della spiritualità
del Sangue di Cristo. L’ultimo
venerdì del mese dalle 20,30
alle 21,30 vi è l’adorazione guidata,
seguita dall’adorazione
silenziosa.
Anche le iscrizioni alle 4000
messe perpetue fa parte del
movimento devozionale, perché
il suffragio dei defunti è il definitivo
servizio che il Sangue di
Cristo rende alla nostra anima
purificandola e degna di salire
al cielo.
Il Mese di Luglio è solennizzato
con la recita quotidiana
della Coroncina, seguita dalla
messa con omelia su un aspetto
della devozione. Anche la Quaresima
viene vissuta con speciale
rapporto alla Redenzione.
L’esposizione in chiesa dello
stendardo funge da richiamo
mnemonico. La festa del Preziosissimo
Sangue non si celebra
per la coincidenza con la
120
festa della Madonna delle Grazie,
ma associare la festa mariana
con il Sangue di Cristo
diventa inevitabile e doveroso...
CESENA: Non si fa quasi
nulla di specifico. Il mese di
luglio è stato ripreso da poco.
Una certa attività a favore degli
extracomunitari si svolge sicuramente
in rapporto alla destinazione
universale del Sangue
della Redenzione. Il vescovo ha
voluto che nella nostra chiesa si
celebrasse per polacchi, rumeni,
nigeriani... Forse è di ostacolo
alla formazione di un gruppo
dedicato al Sangue di Cristo la
presenza di numerosi gruppi
ecclesiali, quali: Comunione e
Liberazione, Neocatecumenali,
Rinnovamento dello Spirito...
FIRENZE. La spiritualità
del Sangue di Cristo ruota attorno
all’Eucaristia. Gli iscritti alla
USC sono ottantacinque. La
presenza mensile ruota attorno
alle cinquanta persone. Le
tematiche svolte variano di
anno in anno. L’anno scorso
furono le parole dell’Eucaristia,
mentre quest’anno sarà presa in
considerazione la celebrazione
eucaristica.
L’attività è a cura del parroco,
ma in sua assenza la comunità si
presta con spirito di sussidiarietà.
Anche tra i laici vi sono «persone
in gamba» capaci di avvicendarsi
con i sacerdoti.
Nella festa dei San Gaspare
si accolgono i nuovi iscritti. La
celebrazione mensile dell’ulti-
mo venerdì del mese è caratterizzata
dalla comunione sotto le
due specie, bevendo al calice.
Nelle altre occasioni, con la forma
dell'intenzione.
Il gruppo organizza anche un
pellegrinaggio annuale e gli
esercizi spirituali. Quest’anno,
probabilmente, la meta sarà Siena.
L’adorazione Eucaristica è
frequente. Si pratica nei tridui in
preparazione alla festa di San
Gaspare e Maria De Mattias e in
tutto il mese del Preziosissimo
Sangue. Il triduo preparatorio
alla festa non manca, pur se
molte persone sono già in ferie.
L’associazione è impegnata
anche in gesti concreti di solidarietà,
unitamente alla comunità
parrocchiale. Ogni venerdì vengono
serviti pasti caldi. In questa
occasione il gruppo degli
aderenti si incrementa perché
partecipano persone specializzate
nella preparazione del cibo.
Funziona anche un centro di
ascolto e un “Gruppo pro Guatemala”.
La spiritualità del Preziosissimo
Sangue è collegata con il
concetto di riconciliazione.
Que sto significa disponibilità
alle confessioni tutti i giorni. Si
segnalano: la Veglia Missionaria,
la Veglia dei Martiri, la Via
Crucis interparrocchiale, il
Rosario interparrocchiale, la
Festa del Corpo e Sangue di
Cristo anticipata ai primi di
Giugno, Famiglie USC, Giovani
Sposi USC, Giovani USC.

Nel Segno del Sangue Notizie
La parrocchia, dedicata al
Pre ziosissimo Sangue, non
man ca di diffondere la propria
spiritualità all’interno della diocesi.
MESSINA. Nella Casa di
Missione più recente si fa Adorazione
tutti i venerdì. L’esposizione
si fa con la messa del mattino.
A conclusione vi è la Messa
della sera accompagnata da
un’ora di adorazione comunitaria
su tematiche specifiche. Altri
momenti particolari sono il triduo
del Preziosissimo Sangue e
la Festa di San Gaspare. Particolare
cura è assegnata alla pratica
della Via Crucis.
Poiché purtroppo la città è
infettata dalla Mafia la Caritas
parrocchiale e altre cellule operative
operano azione di prevenzione
e recupero. Questa azione è
denominata Cammino di legalità.
Vengono spesso chiamati grandi
testimoni del contrasto alla malavita
organizzata: per esempio
don Luigi Ciotti, un colonnello
dei carabinieri... È stata fondata
l’Associazione “Addio Pizzo”,
che incoraggia i cittadini a rifiutare
l’estorsione da parte delle
organizzazioni malavitose che
tengono in scacco la popolazione,
soprattutto gli imprenditori e i
piccoli esercenti... Questa associazione
cerca una sede autonoma.
La Caritas offre un centro di
ascolto sulle povertà della zona,
in stretto collegamento con la
Caritas diocesana, anche mettendo
in rete l’attività.
121
La parrocchia conta molti
extracomunitari. Per lo più sono
musulmani e grazie alla offerta
di assistenza si avvicinano alla
parrocchia.
PUTIGNANO. La comunità
di Putignano è presente in tre
luoghi affidati alla propria cura:
la Rettoria di Santa Maria la
Gre ca, la Parrocchia e la Comunità
Terapeutica. Il gruppo di
Padre Pio ha in qualche modo
distolto dal nome specifico di
USC, anche se l’idea iniziale
era esattamente l’opposto: utilizzare
il Santo delle Stimmate
per avvicinare al mistero del
Sangue di Cristo.
Il Gruppo Sanguis impegnato
nel promuovere la donazione,
mette al centro Cristo come primo
donatore.
In tutte le messe domenicali
si attua la comunione sotto le
due specie. Da quest’anno viene
proposto un sussidio che consente
di penetrare meglio la
nostra spiritualità.
Il Mese del Preziosissimo
San gue è celebrato in giugno
perché la popolazione è ancora
numerosa nella case. A luglio
già molti sono via per le ferie.
In parrocchia però resta la prima
domenica di luglio, come da tradizione.
Un bel richiamo costante al
Sangue di Gesù lo offre la vetrata
che è sull’ingresso principale
della chiesa: mostra il Pellicano,
simbolo di Gesù Eucaristia, e
altre immagini ugualmente ricavate
dalla Bibbia sempre incentrate
sul tema del Sangue della
Salvezza. È in progetto la realizzazione
di un’altra vetrata
dedicata alle Sette Effusioni. Se
ne riparlerà quanmdo sarà realizzata.
Né è estraneo alla problematica
della redenzione spirituale
l’impegno che i Missionari de -
di cano al recupero dei tossicodipendenti;
anzi, nessun recupero
sociale meglio di questo e -
sprime quanto sia sbagliato ri -
cer care un senso della vita in -
trinsecamente illusorio e quanto
valga quindi imboccare la strada
giusta mediante la conversione.
La spiritualità im mette valori
forti per i quali oc corre af -
frontare le difficoltà con realismo.
Ciò non esclude i sussidi
medici, ovviamente.
A Putignano funziona anche
il gruppo Missioni Estere. Naturalmente
vengono festeggiati
San Gaspare e Santa Maria De
Mattias.
m. c.
(2 - continua)

Notizie Nel Segno del Sangue
Animazioni giovanile e vocazionale:
Grumo Nevano (NA)
4 – 11 Marzo
“Tu sei il figlio mio, l’amato:
in te ho posto il mio compiacimento”
(Mc 1,11)
Ognuno desidera amare ed
essere amato ed è quindi giusto
impegnare la nostra vita a questo
scopo. Siamo nati per amare
eppure questo amore a volte
sembra davvero non esistere …
che meravigliosa scoperta è rendersi
conto che è l’amore stesso
che si offre a noi e che nient’altro
dobbiamo fare se non aprire
il cuore e riempirci di lui.
Le fatiche di una settimana di
animazione nel paese di Gru-
122
mo Nevano (NA) saranno valse
a far comprendere ai tanti giovani
che abbiamo incontrato
questa meravigliosa realtà? “Tu
sei l’amato”: questo è il grido
che abbiamo desiderato far
risuonare nei cuori di chi ha
ricevuto la nostra testimonianza.
In ogni attività, dalle visite
alle scuole all’incontro per strada,
dalle preghiere in Chiesa ai
momenti di condivisione tra le
mura domestiche, dall’animazione
G.O.M. con i bambini agli
incontri giovani, dalla consolazione
del Sacramento della
Riconciliazione alle allegre
chiacchierate, in ogni gesto, in
ogni sguardo, in ogni sorriso
c’era il desiderio di far risuona-
re quelle dolci parole: tu sei l’amato.
Anche gli incontri di catechesi
per i giovani erano finalizzati
a portare questo annuncio e
l’hanno fatto attraverso un cammino.
Il primo incontro ha cer-
cato di dare risposta alla domanda
fondamentale di senso: “chi
sono io?”, ovvero come mi giudica
il mondo e come giudico
me stesso, lanciando uno
sguardo sulle nostre paure e sui
nostri sogni. Nel secondo incontro
abbiamo posto la
nostra attenzione su una decisione:
“che vita scegli?”, perché
noi siamo esseri liberi e la vita
dipende anche dalle nostre scelte.
Nel terzo incontro il cammi-

Nel Segno del Sangue Notizie
no raggiunge il suo apice con la
visione di ciò che accade quando
si sceglie la vita vera, che è
Gesù: scopri di essere amato. In
questo incontro, a cui ha preso
parte il Gruppo Giovani di Frattamaggiore
nato dalle animazioni
missionarie, i ragazzi prima
lontani dalla Chiesa hanno dato
testimonianza della loro conversione
ai tanti giovani presenti.
Nei loro occhi brilla la
gioia, interiorizzata imparando
a vivere la stessa vita di prima
con uno sguardo diverso,
con un’attenzione maggiore a
se stessi e agli altri, imparando
a fare tutto questo insieme:
come Chiesa.
La settimana ha trovato continuazione
nella serata dedicata
al Sacramento della Riconciliazione
grazie al quale si sperimenta
l’effettiva consolazione
che nasce dall’essere perdonati
e salvati perché figli amati. La
Via Crucis di venerdì sera, predicata
dall’equipe missionaria,
attraversando le strade del paese
123
ha scosso Grumo Nevano meditando
sul più grande gesto d’amore
che Gesù ha fatto: la sua
morte in croce per noi.Sabato
sera il tempo si è fermato dinanzi
all’evento conclusivo e più
forte dell’intera predicazione:
la Solenne Veglia Eucaristica in
cui, davanti a Gesù, vivo e presente
in mezzo a noi nel Sacramento
dell’Eucarestia, abbiamo
meditato su ciò che ancora ci
tiene legati e ci impedisce di
seguire pienamente il Signore; è
stato un sabato sera diverso,
vissuto all’insegna dell’Amore e
in compagnia di Colui che ci
ama più di ogni altra cosa al
mondo.
C’è un’ultima nota lieta che
vorrei sottolineare ed è la presenza
all’interno dell’equipe
missionaria di due famiglie:
hanno offerto parte delle loro
ferie per testimoniare anch’essi
che l’amore di Dio non ha confini
e penetra con semplicità
nella vita di ogni uomo, in qualunque
modo egli scelga di
viverla.
Non c’è limite all’Amore e
non c’è limite alla gioia che
nasce in chi è innamorato. Un
piccolo seme è stato gettato a
Grumo Nevano, la risposta delle
persone e soprattutto dei giovani
è stata sorprendente e di questo
rendiamo grazie a Dio. La speranza
è che questo seme possa
germogliare e portare frutto: un
frutto che diffonda il dolce profumo
dell’essere Amato.
Gruppo animazione
giovanile e vocazionale

Persone Nel Segno del Sangue
Don Dino, era il 1966 quando
con don Giuseppe Montenegro
sbarcaste a Dar Es
Salaam. Cosa ricorda di quel
periodo? Come è nata la
volontà di evangelizzare proprio
in Tanzania?
La volontà di metterci a di -
sposizione per la missione in
Tanzania era nata già precedentemente
nella vita di seminario,
in quanto avevamo istituito un
circolo missionario. Quando poi
la Provincia italiana dei Missionari
del Prez.mo Sangue maturò
la decisione di avere delle missioni
proprie all’estero, ci mettemmo
in comunicazione con
l’ufficio centrale di Propaganda
Fide, il dicastero della Santa
Sede per la diffusione del cristianesimo.
Ci proposero due
mete: Mozambico e Tanzania.
124
Intervista
a don Dino Gioia
di Simone Masone
Don Dino Gioia è un missionario del Preziosissimo Sangue, fondatore della missione
in Tanzania insieme con don Giuseppe Montenegro, attuale padre provinciale
della Congregazione istituita da San Gaspare del Bufalo.
Mi confrontai con don Giuseppe
Montenegro e notammo che
il Mozambico era ancora un
paese sotto giogo coloniale e
dunque, andando in missione lì
e pur avendo dei piccoli privilegi
da parte dello Stato, col tempo
avremmo avuto problemi di
relazioni. Scegliemmo la Tanzania,
dove la richiesta ci proveniva
dal vescovo di Dodoma,
attuale capitale del Paese, che
aveva tutta la parte occidentale
della sua diocesi scoperta. Ci
preparammo in Inghilterra con
la lingua inglese e nel maggio
del 1966 partimmo alla volta del
continente africano. Sbarcammo
a Dar Es Salaam il giorno
dell’Ascensione e dopo aver
conosciuto il vescovo, ci trasferimmo
in una parrocchia a nord
di Dodoma per studiare la lingua
swahili. Dopo due mesi di
scuola, ci fu affidata una parrocchia,
guidata da un sacerdote
africano e un italiano che ci aiutarono
nello studio della cultura
e delle tradizioni locali. L’11
febbraio 1967 ci trasferimmo a
Manyoni, nostra prima comunità:
trovammo una casa in affitto
in città, acquistammo un’automobile,
costruimmo la prima
canonica accanto alla chiesetta
e iniziammo ad andare nei villaggi
a est per incontrare gente.
Quali i primi impegni?
Il primo nostro impegno è
stato quello di formare una
comunità e stabilire un contatto
con i capi religiosi del luogo per
iniziare a collaborare. Era un
impegno di evangelizzazione e
di promozione umana per comprendere
le principali necessità

Nel Segno del Sangue Persone
della gente locale. Questo ci ha
fatto comprendere che il nostro
sviluppo futuro sarebbe stato
quello di creare comunità religiose,
ma anche di avere dei
servizi che potessero aiutare nel
campo educativo - attraverso
scuole, asili - e poi nel campo
sanitario con la costruzione di
125
dispensari e ambulatori. Dopo i
primi cinque anni sotto la diocesi
di Dodoma, passammo sotto
la giurisdizione religiosa di Singida.
Alla comunità di Manyoni
si aggiunsero Itigi e Chibumagwa.
Man mano iniziammo a
spostarci verso est e aprimmo il
Seminario Minore di Miyuji a
Dodoma e poi quello Maggiore
a Morogoro per gli studi filosofici
e teologici. Fu creato anche
a Dar Es Salaam questo punto di
raccolta, la Procura, per accogliere
volontari e per avere un
punto di riferimento per gli aiuti
provenienti dall’estero. Siamo
cresciuti nel tempo. Anche per
quanto riguarda lo studio dei
nostri missionari, fino al 1998
tutti i nostri seminaristi venivano
mandati a studiare in Italia.
Oggi abbiamo invece i nostri
seminari a Morogoro, dove è
sorta anche una buona università
per gli studi filosofici e teologici.
Cooperazione con laici e
con altri istituti religiosi. Il
vostro lavoro rientra in un
discorso ben più ampio di collaborazione
con altre congregazioni
o associazioni presenti
sul territorio?
Il nostro servizio è sempre
stato legato allo sviluppo del
Paese attraverso la scuola e la
sanità. Questo concetto ha permesso
la nascita dell’ospedale
“Saint Gaspar” di Itigi, diversi
dispensari di missione e anche
scuole di formazione e apprendistato.
In tutti questi anni
abbiamo anche lavorato in
cooperazione con laici volontari
provenienti dall’Italia. Quasi
tutte le nostre strutture sono opera
di un laico italiano, l’ingegnere
Vincenzo Forlenza, che ha
speso tanti anni della sua vita in
Tanzania e si è dovuto ritirare
per problemi di salute. Inoltre,

Persone Nel Segno del Sangue
abbiamo avuto il sostegno di
strutture e istituti già preesistenti
della Chiesa Cattolica: la
nostra esperienza, infatti, si è
basata sull’ascolto di chi è stato
prima di noi e sulla visione di
cosa era stato realizzato in precedenza.
Il nostro impegno
come missionari del Prez.mo
Sangue si lega, dunque, ad un
anello di tutta la cooperazione
della Chiesa Cattolica su questo
territorio. Bisogna tuttavia sottolineare
il grande impegno economico
della Provincia italiana
della Congregazione: non ci è
mai mancato l’aiuto per lo sviluppo
interno dell’istituto e per
le opere a favore della gente.
Da una prima evangelizzazione
ad una nuova fase.
Come è cambiata la missione
dagli anni Sessanta? Qual è la
situazione attuale in Tanzania?
Oggi, a differenza di 45 anni
fa, la funzione pionieristica del
missionario non è più richiesta
perché c’è una forza locale che
sta crescendo e alla quale bisogna
trasmettere le responsabilità.
Noi siamo arrivati all’inizio
dell’indipendenza del Paese,
che era già organizzato politicamente
come repubblica presidenziale
con un solo partito.
Dopo gli anni ’80 è arrivato il
multipartitismo. Oggi c’è uno
sviluppo molto avanzato che in
alcune zone del paese si livella
agli standard del mondo sviluppato,
mentre in altre restano
situazioni gravi di arretratezza.
126
Anche il sistema scolastico ha
fatto i suoi progressi: l’80% della
popolazione ha un’istruzione;
quella elementare è abbastanza
scaduta per mancanza di materiali
e maestri, mentre si riscontra
una grande richiesta di formazione
per le scuole superiori.
Purtroppo lo sforzo del governo
non è sufficiente a garantire l’istruzione
pubblica gratuita per
tutti e quindi c’è una forte
domanda di servizi scolastici e
sanitari privati. Ricordo che il
primo presidente e padre fondatore
della Tanzania, Julius Kambarage
Nyerere, diceva sempre:
“Le nostre povertà sono due:
intellettuale e materiale. La
seconda povertà non sarà mai
debellata se non si sconfiggerà
prima quella intellettuale”. Lo
sforzo c’è, ma non è sempre
all’altezza delle necessità. La
popolazione è molto giovane,
ma ha difficoltà a trovare sbocchi
occupazionali dopo gli studi,
anche perché c’è poca creatività
dal punto di vista professionale.
C’è un posto al quale si sente
particolarmente legato?
Il primo amore è stato Manyoni
dove abbiamo realizzato le
prime case e le prime attività.
Successivamente sono stato sei
anni a Chibumagwa, per poi
ritornare ancora una volta a
Manyoni. Dopo un anno sabbatico
in Italia, sono andato a Itigi
per essere parroco e poi direttore
dell’ospedale “Saint Gaspar”.
In ogni posto lasci sempre un
po’ di te stesso, soprattutto per il
contatto umano meraviglioso
che si instaura con la gente.
Anche quando c’erano difficoltà
da superare dal punto di vista
politico e religioso.
Nel mese di ottobre, dopo
45 anni di lavoro in Tanzania,
è ritornato in Italia. Vuole
dire qualcosa ai suoi confratelli
e ai tanti benefattori che
hanno sostenuto da sempre le
vostre attività?
Il mio invito è che coloro che
hanno collaborato in passato non
vengano scoraggiati da fatti o
impressioni che possono creare
sfiducia nel futuro di questa missione
e di questa opera. Sia i
benefattori che l’Istituto abbiano
sempre il coraggio di dare una
mano affinché lo sviluppo possa
crescere con naturalità. Ai miei
confratelli tanzaniani la scio il
ricordo di un esempio che possono
imitare. Per quanto ri guarda il
futuro, invece, posso solo dire
che, seppur lontani, resteranno
nel mio raggio di impegno, aiuto
e solidarietà per non far sentire la
mia mancanza. I motivi per i
quali sono tornato in Italia sono
legati solo alla salute precaria e
dunque non sento di poter dare
ancora il massimo. Tutto quello
che ab biamo realizzato in passato
e stiamo realizzando attualmente
cercherò di trasmetterlo,
come conoscenza e impegno, a
chi prenderà il mio posto. Questo
è il segno più importante di vita,
speranza e continuità nella missione.

Nel Segno del Sangue Umorismo
Il lato comico di Comik
127
SUGGERIMENTO
La dottoressa Rita Guma, insegnante, esperta di informatica e di diritti, è una sorta di Sibilla Gumana.
Auspica, nel fronte laico, la capacità di formulare un’etica oggettiva per sottrarsi – afferma
testualmente – «ai deliri di quella [etica] religiosa senza cadere nel baratro di teorizzazioni virtualmente
sterminatorie, esponendo il pensiero laico all’accusa fatale di essere fondamentalmente omicida».
Così sentenzia la Sibilla. Più modestamente replichiamo che un’etica oggettiva che metta al
riparo dall’accusa di fondamentalismo omicida è “non uccidere”. Qualsiasi altra formula che consenta
di uccidere qualcuno che è vivo non solo non mette al riparo, ma conferma l’accusa di fondamentalismo
omicida, specialmente se il fronte è unitario, come insegna e auspica, delirando, la
Sibilla Gumana.
IRONIA DELLA SORTE
L’accusa dalla quale la dottoressa Guma vuol mettere al riparo il fronte laico (ella dice) «proviene
- ironia della sorte - proprio da quel mondo cattolico la cui dottrina, per venti secoli, si è basata sul
non riconoscere dignità umana al diverso da sé (comportandosi di conseguenza, con allegra spensieratezza,
verso ebrei, eretici, donne, indios eccetera; cioè milioni di morti)». Rita Guma ricostruisce
la storia della Chiesa con la stessa «allegra spensieratezza» con la quale tratta la sintassi. Vediamo.
La sintassi: mentre vuole prendere la difesa di ebrei, eretici, donne, indios eccetera, dopo averli
enumerati aggiunge: «cioè milioni di morti!». Un po’ più di rispetto per quei popoli e categorie!
E anche per la storia. Nonostante le sue colpe di “comportamento”, non di dottrina, dottoressa) il
Cristianesimo ha operato la più grande rivoluzione sociale dell’umanità, che configura la civiltà più
avanzata che sia stata immaginata, fondata sull’amore (da non confondere con la ginnastica sessuale).
La Chiesa possiede e professa tale dottrina e la questione dell’aborto ne offre la prova: rispetto
per l’uomo dall’inizio alla fine. Quanto alla visione del mondo: «Non c'è più giudeo né greco;
non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti siete uno in Cristo Gesù».
LA SIBILLA GUMANA
Come tutti sanno la Sibilla Cumana era abbastanza incomprensibile e incoerente nei suoi vaticini.
Li scriveva criptati su foglie che poi gettava al vento. Abitava nell’antro di Cuma. Rita Guma, che fa
bignamini della storia, si annida in un antro chiamato blog, scrive su foglie chiamate post e le consegna
al vento chiamato internet. Uno degli ultimi vaticini Gumani così rimbomba: «Se si nega che
alla nascita succeda qualcosa che trasforma un essere potenziale in un essere attuale e che questo
qualcosa è l'attivazione della realtà psichica, inesistente nell'utero, è conseguente che si legittima
un pensiero delirante: o si considera vivo un morto, come nel caso della Englaro, la cui vita psichica
era terminata, o si ritiene non-vivo (e perciò sopprimibile) un neonato». Rita Guma qui non
solo segnala la necessità che succeda qualcosa per poter definire “essere umano attuale”, un “essere
umano potenziale” ma indica anche il qualcosa che succede, secondo lei, e il momento in cui
succede. Sostiene che la materia che considera “essere umano potenziale”, cioè poco meno che
niente mentre resta nel grembo “materno”, grazie a una scintilla che accende la psiche, diventa
“essere umano attuale”. E diventa intangibile. Solo i trogloditi cattolici e pochi altri ritengono che
al momento del parto, non succede altro che il venire alla luce di un essere umano nato al mondo
nove mesi prima. Ecco perché alcuni non provano alcuna emozione nel sopprimere un “essere
umano potenziale”. A differenza di loro non ha la psiche! Ha testa, braccia, gambe, è vivo, ma non
ha la psiche. Come chiameremo l’atto che lo uccide?