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PG1 - Carpidiem

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INDICE<br />

1 UN NUOVO MODELLO DI PIANO ................................................................... 2<br />

2 IL CONTESTO DI AREA VASTA ...................................................................... 7<br />

2.1 Una visione europea.....................................................................................................................7<br />

2.2 I principali caratteri del territorio.................................................................................................10<br />

2.3 Il Piano territoriale regionale.......................................................................................................10<br />

2.4 Il piano paesistico regionale........................................................................................................11<br />

2.5 Il piano provinciale di coordinamento..........................................................................................12<br />

2.6 Carpi e i comuni contermini ........................................................................................................14<br />

3 Una città pianificata ............................................................................................................16<br />

3.1 Piani e sviluppo urbano ..............................................................................................................16<br />

3.2 La proposta del Prg del ’94 .........................................................................................................32<br />

3.3 Gli indirizzi per la ridefinizione del Prg .........................................................................................34<br />

3.4 Le varianti di anticipazione..........................................................................................................36<br />

4. Le analisi del piano..............................................................................................................38<br />

4.1 La città storica e la crescita urbana .............................................................................................38<br />

4.2 La struttura demografica e il patrimonio edilizio ..........................................................................56<br />

4.3 La struttura economica-produttiva ..............................................................................................64<br />

4.4 La mobilità e il traffico ................................................................................................................67<br />

4.5 La città consolidata.....................................................................................................................75<br />

4.6 La città dei servizi.......................................................................................................................76<br />

4.8 Patrimonio edilizio rurale ............................................................................................................88<br />

5 IL PROGETTO DI PIANO ............................................................................. 90<br />

5.1 Gli elaborati del piano.................................................................................................................90<br />

5.2 La città storica............................................................................................................................91<br />

5.3 La città consolidata.....................................................................................................................95<br />

5.4 La città da trasformare ...............................................................................................................97<br />

5.5 La città da riqualificare .............................................................................................................100<br />

5.6 La mobilità ...............................................................................................................................105<br />

5.7 La città dei servizi.....................................................................................................................111<br />

5.8 I sistemi ambientali ..................................................................................................................117<br />

5.9 Il territorio rurale......................................................................................................................122<br />

6 La contabilità del piano .....................................................................................................131<br />

7 Il rapporto con la pianificazione sovraordinata.................................................................138<br />

Nota alla lettura<br />

La relazione del piano sintetizza il lavoro di conoscenza e indagine del territorio di Carpi svolto dall’Amministrazione comunale e dai suoi<br />

consulenti nel corso degli ultimi anni. Si tratta di un meticoloso e approfondito processo analitico ed interpretativo che ha guidato le fasi<br />

di formazione del piano, di cui i testi presentati danno conto e testimonianza, con integrazioni e modifiche di aggiornamento e di<br />

editing.<br />

In particolare, i capitoli ed i paragrafi 1, 2.1, 3.2, 3.3 sono tratti dagli “Indirizzi per la ridefinizione del Prg di Carpi” (Comune di Carpi,<br />

novembre 1998). I paragrafi 2.2, 2.3, 2.4, 2.5, 2.6, 2.7, 3.1, 4.1, 4.2 dai Quaderni del Piano n.4 “La città oggi” (Comune di Carpi,<br />

pubblicazione a cura dell’Assessorato alle politiche del territorio, aprile 1997). I paragrafi 4.3 e 4.4 dai Quaderni del Piano n.1 “La<br />

domanda di spazi” (Comune di Carpi, pubblicazione a cura dell’Assessorato alle politiche del territorio, luglio 1994). Il paragrafo 4.5 dai<br />

Quaderni del Piano n. 2 “Studi relativi alla integrità fisica del territorio ” (Comune di Carpi, pubblicazione a cura dell’Assessorato alle<br />

politiche del territorio, dicembre 1994)<br />

I RESTANTI CAPITOLI E PARAGRAFI SONO STATI SCRITTI APPOSITAMENTE PER LA RELAZIONE DI PIANO. PER MAGGIORI<br />

APPROFONDIMENTI E ARTICOLAZIONI SI RIMANDA NATURALMENTE AI DOCUMENTI ED AI TESTI ORIGINARI.<br />

1


In riferimento allo scenario di area vasta è possibile esplicitare gli indirizzi programmatici assunti<br />

dall’Amministrazione Comunale per la redazione del proprio strumento urbanistico. Il nuovo modello di Piano è<br />

riassumibile in nove punti: città a sviluppo sostenibile; città recuperata; città riconoscibile; città fruibile; città<br />

verde; città bella; città tecnologica; città equa; città partecipata.<br />

Carpi, città a sviluppo sostenibile<br />

I processi sociali ed economici che identificano lo scenario di area vasta di Carpi individuano, un’occasione<br />

straordinaria per programmare lo sviluppo futuro della Carpi del 2000, essendo l’elemento di maggior forza<br />

del nostro territorio proprio la sua collocazione territoriale all’interno del sistema metropolitano policentrico<br />

regionale ed in particolare dell’area centrale Modena, Reggio, Scandiano, Sassuolo e Correggio. D’altro canto<br />

proprio una tale strategicità di collocazione e la conseguente pressione insediativa, trasportistica e produttiva<br />

che si eserciteranno su quest’area individuano l’assoluta necessità, ben oltre le semplici affermazioni di<br />

principio, di governare e regolamentare lo sviluppo all’interno di una logica di sostenibilità così come<br />

evidenziato dai recenti documenti dell’Unione Europea a riguardo delle zone territoriali a più elevato rischio<br />

di impatto ambientale. Tutto ciò considerato va peraltro evidenziato anche il fenomeno di fine dei grandi<br />

processi migratori – produttivi verso città ed aree forti della pianura e, più in generale, la crisi dei fenomeni<br />

quantitativi di accrescimento.<br />

Le due dinamiche non sono in contrapposizione, ma evidenziano la necessità di sostituire alle politiche<br />

insediative e produttive della crescita tout-court un approccio qualitativo al Piano, a dimensionamento<br />

equilibrato, puntando da un lato al recupero e miglioramento dei tessuti esistenti della città edificata e del<br />

territorio extraurbano e dall’altro a politiche di sviluppo delle nuove aree di espansione soggette a precise<br />

regole di compatibilizzazione ambientale (permeabilità terreni, piantumazione alberi ed arbusti,<br />

concentrazione dei volumi edificabili, altezze contenute degli edifici) trasparenti ed uguali per tutti i tipi edilizi<br />

simili. Le considerazioni che giustificano il perseguimento di questo indirizzo programmatico si riferiscono a:<br />

la necessità di garantire il minor spreco di suolo possibile garantendo, comunque un mantenimento<br />

di destinazioni a verde (pubblico e privato) all’interno dei nuovi comparti di trasformazione di almeno il 60 -<br />

70 % del territorio. Il verde viene così assunto come fattore primario dell’equilibrio ecosistemico città-<br />

territorio, inteso, cioè, come valore in sé, per i benefici effetti di rigenerazione ambientale che produce sulle<br />

risorse aria, acqua e suolo; non più solamente, dunque, come elemento di interesse per la sua potenziale<br />

fruizione a servizio dei cittadini;<br />

la necessità di dare preminenza alle politiche del recupero e del riuso delle zone urbane e delle aree<br />

dismesse o in via di dismissione e del territorio extraurbano a seguito dell’attenuazione del processo della<br />

crescita urbana espansiva della città;<br />

la ragione etica di concepire il Piano esclusivamente come strumento di governo del suolo e di<br />

miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini e non come “occasione di affari” per favorire a dismisura i<br />

2


processi della rendita fondiaria causa primaria della “sperequazione” di trattamento tra i diversi proprietari<br />

dei terreni<br />

Carpi, città recuperata<br />

L’indirizzo programmatico ha diretto riferimento alle politiche che il Piano vuole attivare sulle aree industriali<br />

dismesse o in via di dismissione ed in riferimento al recupero del patrimonio insediativo posto nel territorio<br />

extraurbano. Nel caso delle aree dismesse l’intendimento del Piano è quello sia di recuperarne uso e<br />

funzionalità che di avviare un processo più esteso di riqualificazione delle zone urbane entro cui tali aree<br />

dismesse ricadono, il più delle volte localizzate in situazioni urbanisticamente strategiche per l’intero contesto<br />

urbano. Rappresentano le cosiddette “aree molli” dei tessuti insediati a causa di una loro perdita di<br />

funzionalità e per effetto di una contemporanea elevata progressione alla trasformazione. Fa in qualche<br />

modo parte delle politiche del recupero urbano anche l’obiettivo volto a recuperare, all’interno dei tessuti<br />

edificati, una polifunzionalità di usi integrabili e compatibili; tale obiettivo, peraltro già realizzato in tante<br />

situazioni del tessuto cittadino di Carpi per effetto di normative del PRG vigente già volte in questo senso, è<br />

regolamentato attraverso meccanismi semplici che non “ingessano” la possibilità degli Usi ammissibili entro<br />

un’elencazione tanto minuta e rigida quanto difficilmente gestibile. La classificazione e regolamentazione<br />

degli Usi e delle trasformazioni d’uso cerca di favorire tutte quelle modificazioni d’uso volte a rompere la<br />

rigida monofunzionalità dello zoning residenziale per una integrazione funzionale e formale dei tessuti che<br />

risulti essere più rispondente alla qualità ambientale dell’abitare e ad una mitigazione dei fenomeni di<br />

congestionamento veicolare causati dal traffico di spostamento. Nell’attuazione dei nuovi quartieri<br />

residenziali inoltre si garantirà un’integrazione degli Usi compatibili (residenza, terziario, artigianato di<br />

servizio, servizi) articolata e flessibile (da decidersi al momento dell’attuazione tenendo conto anche delle<br />

tendenze del mercato). Sul versante della riqualificazione degli insediamenti sparsi posti sul territorio<br />

extraurbano già la realtà carpigiana presenta una situazione di tendenza orientata a favorire il recupero degli<br />

insediamenti rurali non più destinati all’agricoltura. Obiettivo del Piano è quello di confermare tale linea<br />

tendenziale nei suoi aspetti positivi e conformi agli intendimenti della L.R. 6/95, migliorando al contempo le<br />

connotazioni e valenze della riqualificazione ambientale degli spazi liberi e la ricerca delle soluzioni<br />

ecocompatibili delle tecnologie edilizie.<br />

Carpi, città riconoscibile<br />

L’obiettivo della città riconoscibile è strettamente correlato al concetto della memoria dei luoghi, alla<br />

necessità cioè di identificare, salvaguardare e promuovere le peculiarità proprie, fisico-geografiche e storico-<br />

culturali di Carpi. E’ proprio al fine di una precisa definizione dei caratteri peculiari e riconoscibili dei luoghi<br />

che il Piano già ha assunto il punto di vista ambientale come criterio di riferimento, verifica e<br />

regolamentazione dei processi attuativi della pianificazione urbanistica e che ha approfondito, articolato e<br />

specificato le disposizioni del Piano Paesaggistico Regionale in riferimento ad indirizzi, direttive e prescrizioni.<br />

Una individuazione e classificazione interpretativa degli elementi presenti ha condotto inoltre alla definizione<br />

delle Unità di Paesaggio di rango comunale. L’articolazione per Unità di Paesaggio orienterà la valorizzazione<br />

dell’identità storica e dell’aspetto morfologico dei diversi siti integrando l’approccio squisitamente<br />

3


funzionalista delle zone omogenee con quello formale delle scienze ecologiche. Le Unità di Paesaggio urbane<br />

evidenzieranno la riconoscibilità del tessuto storico di Carpi al fine di una riappropriazione e reidentificazione<br />

nella memoria dei luoghi e delle tradizioni più vere ed antiche (si pensi all’importanza di questo percorso per<br />

i giovani); le Unità di Paesaggio extraurbane identificheranno la memoria e lo spazio del paesaggio agrario e<br />

di quello fruitivo per lo svago ed il tempo libero.<br />

Carpi, città fruibile<br />

L’obiettivo della “città fruibile” è strettamente collegabile a quello della “città ecologica” in quanto riferibile<br />

alla possibilità concreta da parte dei cittadini di fruire dei servizi ed in particolare degli spazi verdi. Appunto<br />

sul versante dello spazio pubblico a destinazione verde il Piano assume l’obiettivo di incrementare il valore<br />

standard previsto dalla legge regionale per riferirsi alle soglie presenti nelle città europee, in particolare<br />

individuando intorno alla città carpigiana una cintura verde di parchi urbani a parziale fruizione pubblica. Sul<br />

versante della mobilità pubblica si individuano in particolare due indirizzi del Piano:<br />

- il rafforzare il trasporto pubblico contenendo il traffico veicolare di attraversamento urbano;<br />

- il favorire la realizzazione delle piste ciclabili e dei percorsi agroturistici.<br />

Una politica di contenimento del traffico veicolare urbano che fluidifichi le situazioni a più elevato<br />

congestionamento e favorisca la diffusione dei mezzi di trasporto meno inquinanti risulta avere oggi<br />

riferimenti di fattibilità meno utopistici del passato; diviene importante a tal fine individuare scelte di Piano di<br />

contenimento del traffico veicolare di attraversamento urbano con soluzioni volte a trasferire all’esterno del<br />

centro edificato il traffico di passaggio. In riferimento alle piste ciclabili e pedonali si individua come<br />

prioritaria una politica di consolidamento e completamento del progetto già da tempo avviato<br />

dall’Amministrazione volta a realizzare percorsi che dal centro capoluogo si diramino, preferibilmente lungo<br />

sentieri naturalistici e corsi d’acqua, verso i Comuni posti all’intorno di Carpi e percorsi urbani di<br />

riqualificazione dei tessuti insediati e dei viali di attraversamento della città. Il Piano dei Servizi indica la<br />

presenza delle diverse strutture pubbliche presenti sul territorio carpigiano definendone la rete delle relazioni<br />

per consentirne la fruizione pubblica da parte degli utenti specifici e dei cittadini.<br />

Carpi, città verde<br />

L’obiettivo del Piano riferito alla necessità di programmare il prossimo decennio delle trasformazioni urbane a<br />

Carpi in un ottica di sviluppo sostenibile si esplicita in modo significativo nelle scelte ecologiche, volte in<br />

particolare ad adeguare la realtà carpigiana a quella delle realtà europee a più elevato tenore di qualità<br />

ambientale. Una prima politica rilevante per la città verde è quella volta a ridurre il consumo di suolo per<br />

effetto dei processi insediativi. Conseguentemente a ciò occorre garantire la realizzazione nei nuovi<br />

insediamenti di una consistente quota di verde di rigenerazione ambientale ben oltre la quota standard di<br />

verde fruibile prevista dalla legislazione vigente. Un’altra politica rilevante per la città ecologica è quella volta<br />

ad incrementare la quota di permeabilità dei suoli urbani ed a favorire la piantumazione di nuovi alberi ed<br />

arbusti all’interno dei nuovi insediamenti previsti. Ciò è garantito introducendo in normativa il rispetto di<br />

indici di permeabilità e piantumazione. Anche nella definizione delle regole della progettazione edilizia il<br />

Piano indica linee specifiche di inserimento ambientale che potranno meglio essere riprese in sede di<br />

4


Regolamento Edilizio comunale. In particolare il Piano individa la priorità di realizzazione degli interventi<br />

edilizi laddove è garantita un’adeguata funzionalità delle strutture di servizio dello smaltimento fognario<br />

nonchè di quelle soluzioni tecniche in grado di evitare la commistione tra scariche liquidi ed acque superficiali<br />

o di falda e la separazione tra gli scarichi delle acque nere da quelli delle acque bianche. Politiche ecologiche<br />

del Piano riguardano, infine, anche il sistema di progettazione delle nuove infrastrutture stradali al fine di<br />

realizzare, insieme all’infrastruttura stradale, una progettazione integrata di corridoi ecologici con funzioni di<br />

mitigazione degli impatti, di miglioramento ambientale dei contesti territoriali attraversati e di potenziale<br />

network biologico tra città e campagna.<br />

Carpi, città bella<br />

L’obiettivo della città bella coinvolge direttamente i processi della sistemazione urbanistica degli spazi e quelli<br />

della progettazione architettonica degli insediamenti. In riferimento alla qualità progettuale dei nuovi<br />

insediamenti, il rispetto delle regole ecologiche già rappresenta un primo elemento di indirizzo e riferimento<br />

che potrà essere ripreso e meglio specificato in sede di Regolamento Edilizio. In riferimento alla<br />

riqualificazione dei tessuti della città consolidata ed al recupero degli edifici esistenti il Piano parte dal<br />

riconoscimento della situazione della realtà di fatto ed individua linee di riqualificazione che devono<br />

comportare il coinvolgimento e la compartecipazione degli operatori e dei proprietari privati; è così<br />

individuabile un sistema di opportunità per chi, intervenendo, sia in grado di garantire il raggiungimento di<br />

elevati standard di qualità ambientale.<br />

Carpi, città tecnologica<br />

Le politiche per la città’ sostenibile sono attente ai fattori ecologici, ma anche alle questioni riferite alle<br />

innovazioni tecnologiche ed, in particolare, alla capacita’ delle attivita’ produttive di essere un punto costante<br />

di riferimento e di traino per l’economia del territorio. Carpi non rinuncia a cogliere questa sfida ed, anzi,<br />

proprio di fronte agli scenari di sviluppo della “Regione Globale” indicati dal Piano Territoriale Regionale, il<br />

Piano dovrà assumere l’obiettivo di consolidare, orientare e valorizzare il sistema produttivo e direzionale<br />

verso prospettive ed efficienza di livello internazionale. A tal fine si ritiene fondamentale dare un avvio<br />

sistematico ad un processo di concertazione programmatica e tecnica con l’Amministrazione Provinciale ed i<br />

Comuni contermini non trascurando legami e interazioni con il territorio reggiano storicamente e<br />

strettamente collegato a Carpi. L’attivazione di un tale processo di concertazione programmatica potrebbe<br />

dare l’avvio ad un tavolo istituzionale di lavoro che renda efficacemente operativi i principi qui assunti. In<br />

riferimento all’obiettivo di consolidamento e riqualificazione della struttura produttiva locale il Piano individua<br />

azioni volte a:<br />

- consolidare la struttura attuale, favorendo i trasferimenti delle industrie nocive e la<br />

riqualificazione delle zone industriali tramite politiche di verdificazione e deimpermeabilizzazione<br />

degli spazi costruiti;<br />

- garantire il dimensionamento contenuto della nuova edificazione produttiva riservandolo<br />

primariamente al fabbisogno di ampliamento e/o trasferimento delle realtà produttive locali;<br />

5


- consolidare la struttura agricola esistente rinunciando a nuovi processi di intensivizzazione e<br />

Carpi, città’ equa<br />

favorendo il sistema produttivo alternativo dell’agriturismo e dell’agricoltura biologica.<br />

L’obiettivo della “città’ equa” risulta essere estremamente importante al fine di garantire una vera alternativa<br />

di fattibilità del Piano alle politiche dell’esproprio generalizzato che risultano oggi non più cosi’ facilmente<br />

perseguibili e realizzabili come in passato. Il Piano assume, infatti, un approccio perequativo che investe<br />

nelle fasi di attuazione il mondo dei privati trattando però in modo egalitario tutti coloro che risultano essere<br />

nelle medesime condizioni disciplinari e geografiche. Tale nuovo modello perequativo accoglie<br />

favorevolmente il principio sancito dalle sentenze n. 5/80 e n. 179/1999 della Corte Costituzionale che<br />

evidenzia come, all’interno di un medesimo contesto urbano, debba essere riconosciuto, a tutte le proprietà,<br />

il valore corrispondente di suolo urbanizzato, perché proprio questa risulta essere la destinazione d’uso<br />

prevalente di contesto. La perequazione assume che tale valore, esteso contemporaneamente a tutte le<br />

situazioni, debba essere dipendente da medesime condizioni geografico-paesistiche (stesso pregio<br />

ambientale) o da medesime condizioni giuridico-disciplinari (stesso trattamento per aree già considerate<br />

urbanisticamente nel PRG vigente). In tal modo, stabilendo un criterio di indifferenza localizzativa delle scelte<br />

del Piano per tutti i proprietari posti nelle medesime condizioni, risulta, di conseguenza, che tutte le aree<br />

considerate possiedano lo stesso valore di mercato indipendentemente dalla loro effettiva destinazione<br />

d’uso. L’effetto perequativo, nel lungo periodo, può produrre un effetto benefico di riduzione dei valori di<br />

mercato delle aree edificabili. Per ciò che riguarda la Pubblica Amministrazione, l’aver garantito un’egalitaria<br />

valorizzazione e distribuzione del valore di mercato delle aree, consente di acquisire vaste zone da destinare<br />

ad utilizzazione pubblica tramite cessione gratuita senza dover ricorrere alle procedure espropriative. Una<br />

politica perequativa risulta, in sostanza, estremamente interessante e vantaggiosa:<br />

- per effetto del trattamento egualitario di tutti i proprietari;<br />

- per ragioni riferite al contenimento degli indici edificatori;<br />

- per la possibilità’ di destinare vaste superfici a spazi pubblici o a verde;<br />

- per la possibilità’ per l’Amministrazione di acquisire gratuitamente tali vaste aree di servizi e<br />

verde senza dover procedere alla pratica dell’esproprio.<br />

Le politiche della “città equa” sono molto importanti al fine di garantire il raggiungimento dell’obiettivo dello<br />

sviluppo sostenibile del territorio carpigiano in quanto definisce un’equa ripartizione di benefici e limitazioni<br />

tra tutti i soggetti, pubblici o privati, interessati dalle scelte del Piano. Se la sostenibilità definisce una<br />

condizione di utilizzazione delle risorse limitate affinché’ le stesse siano poi disponibili per le generazioni<br />

future, e’ evidente che qualsiasi tipo di impedimento e regolamentazione, per essere credibile e proponibile,<br />

deve essere equamente ripartito tra tutti i soggetti che si trovano nelle medesime condizioni. Per questa<br />

ragione l’equità del Piano e’ anche presupposto fondante la sua reale ed efficace sostenibilità.<br />

6


2.1 Una visione europea<br />

La realtà della globalizzazione e la conseguente assunzione di logiche di competitività di mercato appaiono<br />

essere gli elementi più significativi con cui la pianificazione territoriale ed urbanistica del terzo millennio<br />

dovranno necessariamente fare i conti , sia che si tratti di pianificazione di scala vasta che di scelte<br />

urbanistiche di livello locale. E’ in atto, proprio in questo lustro di secolo, il ridisegno complessivo delle<br />

funzioni territoriali dei diversi luoghi, delineatosi dall’epoca della rivoluzione industriale, e stabilizzatosi nel<br />

tempo fino a conformare l’attuale status gerarchico delle nostre città e dei rispettivi contesti geografici.<br />

Come tutte le rivoluzioni epocali anche quella presente potrà sconvolgere i meccanismi economici e sociali da<br />

tempo consolidati e produrre di conseguenza nuovi effetti di marginalizzazione produttiva e danni ambientali<br />

difficilmente recuperabili a breve termine.<br />

Proprio globalizzazione e competizione di mercato rischiano di trasformarsi da fattori di sviluppo a<br />

meccanismi di aggressione della flessibilità del lavoro, del “Welfare sociale” e della regolamentazione<br />

urbanistica della città. In una situazione siffatta proporre uno strumento di pianificazione diviene atto di<br />

grande coraggio amministrativo se non si assume una visione completa dello sviluppo della città coniugando<br />

dimensione economica e dimensione sociale, fattori di competitività e bisogni della persona. Anche a Carpi<br />

l’occasione del PRG può avviare un grande dibattito programmatico sul proprio futuro, in cui la città sappia<br />

investire le sue risorse economiche, morali ed intellettuali acquisite negli anni. L’orizzonte europeo a cui oggi<br />

più che mai la realtà carpigiana ed emiliana in genere si affaccia evidenzia un ruolo potenzialmente<br />

strategico per l’economia della comunità.<br />

In tale scenario europeo la pianura padana, una delle zone più insediate d’Europa, appartenente alla regione<br />

dell’Arco Alpino - che si estende longitudinalmente da Monaco a Bologna e latitudinalmente da Lione a<br />

Venezia - assurge ad area strategica dello sviluppo europeo della mitteleuropa. Essa rappresenta un ambito<br />

importante dell’interconnessione meridionale Est-Ovest e del collegamento Nord-Sud tra l’Europa stessa ed i<br />

paesi del bacino mediterraneo. Nel complessivo sistema dell’intermodalità trasportistica, punto di forza<br />

attuale e futuro dell’area, navigazione e ferrovia dovranno divenire la struttura portante del sistema verso cui<br />

dirottare il trasporto su gomma già oggi insopportabile in termini di sicurezza e di costi ambientali.<br />

In particolare l’area emiliano-romagnola, oggi ancora felicemente supportata e strutturata dal sistema<br />

produttivo della piccola – media impresa , che da sempre ne ha costituito la peculiare forza e vitalità, dovrà<br />

però nel tempo aprirsi ad una nuova fase di sviluppo, per proiettarsi direttamente sulla scena europea ed<br />

internazionale. E proprio sul versante degli scenari programmatici e degli strumenti della pianificazione<br />

territoriale che i piani sovraordinati (regionale e provinciali) dovranno misurarsi con le nuove problematiche e<br />

gli approcci innovativi. Ciò può avvenire già all’interno del progetto del Sistema Metropolitano Policentrico<br />

Regionale laddove gli enti sovraordinati sappiano rinunciare al tradizionale dirigismo gerarchico per attivare,<br />

nel quadro del nuovo assetto organizzativo delle pubbliche amministrazioni, una rinnovata ed organica<br />

concertazione e collaborazione tra enti diversi e tra pubblico e privato.<br />

7


2.2 I principali caratteri del territorio<br />

Carpi situata nella Pianura Padana, 16 Km a Nord di Modena, a 26 metri sopra il livello del mare, su una<br />

delle strade, la statale 413 Modena-Mantova, perpendicolare alla Via Emilia, che congiunge la media pianura<br />

emiliana al Po. La lunghezza massima del territorio comunale, da nord a sud, è di 18 km, è pari invece a 15<br />

km la larghezza massima.<br />

Il territorio è definito a est dal fiume Secchia e dai Comuni di Novi, Cavezzo, Soliera e Campogalliano della<br />

Provincia di Modena. Mentre a ovest i confini sono definiti dal Cavo Tresinaro e dai Comuni di Correggio, San<br />

Martino in Rio, Rio Saliceto e Fabbrico della Provincia di Reggio Emilia.<br />

La superficie di 13.156 ettari ne fa uno dei comuni più grandi della Provincia di Modena. L'entità della sua<br />

popolazione, 60.790 abitanti (censimento 1991), colloca Carpi al secondo posto nella provincia di Modena.<br />

Circa il 90% degli abitanti risiede nel centro capoluogo che ha una superficie urbanizzata di circa 700 ha e<br />

una densità di 1,3 abitanti per ettaro.<br />

Il territorio urbano è costruito intorno a un centro storico di notevoli dimensioni (circa 100 ha) costituitosi,<br />

nella struttura che risulta ancora oggi in forma sufficientemente integra, intorno alla fine del XIV secolo; il<br />

centro storico contiene, a tutt'oggi, importanti funzioni urbane, oltre a essere il centro commerciale primario<br />

della città.<br />

Il territorio comunale è attraversato per tutta la sua estensione, da sud a nord, della ferrovia Modena-<br />

Mantova-Verona. Il lato ovest del territorio urbanizzato è lambito dall'Autostrada A22 Modena-Brennero,<br />

mentre una strada storica (la statale 468) attraversa il tessuto urbano collegando Reggio Emilia a S.Felice,<br />

fino a Ferrara.<br />

Carpi, dal punto di vista geografico-economico, è inserita nel sistema territoriale policentrico della Pianura<br />

Padana, costituito da un elevato numero di città di medie dimensioni, come è noto sufficientemente<br />

interrelate fra loro.<br />

2.3 Il Piano territoriale regionale<br />

Il Piano Territoriale Regionale (1990) individua alcuni temi pertanto:<br />

- l'ambiente e la sua qualificazione e protezione, il controllo dei rischi ambientali;<br />

- lo sviluppo economico, con il rafforzamento dei distretti con servizi di terziario superiore di<br />

carattere settoriale e di carattere aziendale;<br />

- la qualificazione del territorio con la rilettura delle reti e dei sistemi insediativi e la qualificazione<br />

dell'ambiente urbano.<br />

- Le diverse esigenze espresse dal Comune di Carpi in relazione al P.T.R. e alle proposte della<br />

Provincia possono essere così riassunte:<br />

- integrazione dell'area carpigiana nel sistema regionale e potenziamento dei sistemi di relazione,<br />

consolidamento e qualificazione dell'apparato produttivo;<br />

- rafforzamento dell'armatura urbana e suburbana (strategia di polarizzazione e integrazione dei<br />

sistemi insediativi);<br />

- valorizzazione della qualità ambientale e paesaggistica nella pianificazione.<br />

10


Occorre chiarire che se, giustamente, Carpi viene collocato nel quadrilatero forte di Modena-Sassuolo-Reggio<br />

Emilia, Carpi è anche "distretto" che ha valenza nazionale ed europea nel settore del tessile-abbigliamento<br />

che vede nell'asse industriale Campogalliano-Carpi-Novi la maggiore concentrazione.<br />

2.4 Il piano paesistico regionale<br />

A seguito della Legge n. 431 del 1985, la Regione Emilia Romagna adottava, alla fine del 1986, il Piano<br />

Territoriale Paesistico Regionale (PTPR).<br />

La completezza degli elementi di conoscenza ha reso possibile l'estensione del Piano all'intera superficie<br />

territoriale della Regione.<br />

Non meno significativa è la corretta ripartizione dei compiti tra Regione, Provincie, Comuni e per i diversi<br />

ordini di prescrizioni che vanno da quella normativa con valore cogente immediato, a quella direttiva e,<br />

infine, a quella di indirizzo di massima per le scelte nei confronti dei livelli di pianificazione provinciale e<br />

comunale.<br />

Ma è soprattutto nella definizione degli oggetti, degli ambiti, delle modalità della tutela e della gestione<br />

paesistica, che il Piano Territoriale Paesistico Regionale ha interpretato al meglio quello che era necessario<br />

fare per la "salute" del territorio.<br />

- Le zone e gli elementi costitutivi del territorio regionale che vengono tutelati dal Piano<br />

Territoriale Paesistico Regionale si possono suddividere in quattro grandi gruppi:<br />

- le zone e gli elementi strutturanti il territorio. In questo gruppo rientrano il sistema del crinale<br />

appenninico, il sistema costiero, quello delle acque superficiali, le zone di particolare rilievo<br />

paesaggistico, i boschi e le aree agricole;<br />

- le zone e gli elementi di grande interesse storico e archeologico. I grandi e piccoli complessi<br />

archeologici; quelli non ancora completamente esplorati; le zone della pianura centuriata; i quasi<br />

2.000 insediamenti urbani di valore storico e artistico; le zone caratterizzate da particolari forme<br />

insediative;<br />

- le zone e gli elementi di rilievo naturalistico. Con questa dizione sono individuati i biotopi e i<br />

monumenti naturali;<br />

- le zone che per problemi di franosità e pendenza del suolo ne richiedono una limitazione d'uso.<br />

Per quanto riguarda la realtà territoriale del Comune di Carpi, alcuni vincoli erano in parte già contenuti nella<br />

variante generale al Piano regolatore del 1978.<br />

I vincoli di Prg andavano infatti dalla individuazione puntuale delle aree archeologiche fino alla specifica<br />

normativa per la tutela dei fabbricati di interesse storico-artistico presenti nel territorio agricolo oltre,<br />

naturalmente, alla salvaguardia degli elementi vegetazionali di pregio; ciò anche a dimostrazione della<br />

sensibilità culturale che sta, ed è stata, alla base di una corretta pianificazione territoriale abbastanza<br />

consolidata.<br />

Al di là di questi aspetti di carattere generale, vediamo più nel dettaglio il riscontro del Piano paesistico<br />

regionale nella realtà del nostro territorio.<br />

Il Piano paesistico suddivide in due grandi categorie gli elementi fondamentali da sottoporre a tutela presenti<br />

sul territorio carpigiano:<br />

11


le zone e gli elementi strutturanti la forma del territorio che, per la realtà locale riguardano<br />

principalmente i corsi d'acqua attraverso la individuazione di:<br />

- zone di tutela dei caratteri ambientali,<br />

- invasi e alvei di piena ordinaria,<br />

- zone di tutela dei corpi idrici superficiali e sotterranei;<br />

le zone e gli elementi di particolare interesse storico, caratterizzati sia dalla presenza di notevoli e<br />

significativi elementi storico/archeologici che da insediamenti storici, con l'individuazione di:<br />

- aree di concentrazione di materiali archeologici (con due livelli di vincolo),<br />

- zone di tutela degli elementi della centuriazione,<br />

- insediamenti urbani storici e strutture insediative storiche non urbane.<br />

La particolare situazione del Comune di Carpi ha consentito, non essendo stata inattiva e avulsa da<br />

qualunque cultura di tutela del paesaggio e del territorio, di recepire il Piano paesistico regionale, non solo e<br />

non tanto come fatto impositivo quanto come ulteriore contributo alla valorizzazione del territorio,<br />

cogliendone gli elementi significativi necessari a quel cambiamento di cultura amministrativa tanto<br />

necessaria per dare sostanza alle enunciazioni di principio.<br />

2.5 Il piano provinciale di coordinamento<br />

Il Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) prevede una serie di prescrizioni rivolte alla pianificazione<br />

delle Province e dei Comuni al fine di approfondire la conoscenza del territorio negli aspetti della tutela<br />

ambientale.<br />

La Provincia di Modena con l’elaborazione del Piano Territoriale di Coordinamento Territoriale ed in<br />

collaborazione con i Comuni, ha effettuato uno studio volto alla individuazione di obiettivi e finalità della<br />

trasformazione del territorio in accordo con il Piano Regionale.<br />

Le disposizioni del piano tutelano:<br />

l’identità culturale del territorio<br />

l’integrità fisica del territorio<br />

Un ruolo importante nella stesura del PTCP ha avuto l’individuazione delle “Unità di paesaggio” (UP),<br />

definizione che riguarda aree “omogenee” dal punto di vista del paesaggio agrario e che tiene conto di<br />

diversi fattori: morfologici, storici, ecc.<br />

Sono cosi state individuate 26 Unità di Paesaggio; di cui tre sono riferite al territorio carpigiano:<br />

Piana della bonifica recente nei territori di Novi di Modena e a nord di Carpi<br />

Paesaggio perifluviale del fiume Secchia nella fascia di bassa e media pianura<br />

Pianura di Carpi, Soliera e Campogalliano.<br />

Particolare importanza ha avuto lo studio del paesaggio agrario che ha consentito di estendere la tutela degli<br />

ambiti agricoli di particolare interesse paesistico - ambientale. In definitiva, il PTCP ha individuato ulteriori<br />

zone da sottoporre alla disciplina dell’art. 19; di cui 3 riguardano il territorio di Carpi:<br />

- Valli di Carpi e Noi di Modena<br />

- Prati di Cortile<br />

12


- Azienda agricola Merighi<br />

Il Piano Regionale aveva inoltre affidato alla pianificazione sub - regionale l’individuazione e la tutela di<br />

alcuni elementi quali: dossi, calanchi, crinali, ecc.<br />

La tutela delle zone di interesse storico o naturalistico è stata effettuata attraverso l’individuazione di:<br />

Aree di “interesse storico - archeologico”<br />

con la schedatura di tutti i siti in cui sia stata rilevata la presenza di materiale archeologico;<br />

Zone di tutela degli elementi della centuriazione<br />

tratti consistenti della centuriazione sono stati individuati proprio nel territorio carpigiano;<br />

Insediamenti urbani e non urbani storici<br />

in particolare per il comune di Carpi, sono i terreni interessati dalle bonifiche storiche, ed in particolare dalla<br />

“ Parmigiana- Moggia con il Collettore delle Acque basse Modenesi.<br />

L’individuazione della viabilità storica era affidata alle Province, che con l’ausilio della cartografia IGM ha<br />

rilevato le infrastrutture viarie di rilevanza storica che comprendono oltre a quella principale anche quella di<br />

minore importanza, lasciando ai Comuni il compito di verifica e disciplina.<br />

I Comuni sono tenuti inoltre ad individuare nei propri territori elementi che rivestono particolare interesse<br />

storico - testimoniale quali: teatri storici, ville, giardini, cimiteri, parchi, ponti, tabernacoli, ecc.<br />

Il Piano Regionale disciplina i territori con elevate qualità ambientali quali ecosistemi, biotopi, rarità<br />

geologiche. La provincia di Modena ha individuato ulteriori 21 ambiti da assoggettare a tutela: per il comune<br />

di Carpi è stata inserita “l’oasi faunistica Borsari”.<br />

Particolare attenzione è stata data alla tutela dell’integrità fisica del territorio ed alle trasformazioni che<br />

derivano dall’instabilità o permeabilità dei suoli.<br />

Inoltre la Provincia di Modena ha già sviluppato un sistema di aree naturali protette (Parchi regionali, Riserve<br />

naturali, Aree naturali protette) ed in particolare con il PTCP sollecita i Comuni ad individuare nei territori di<br />

propria competenza aree di “riequilibrio ecologico” definendone consistenza, norme e modalità di gestione.<br />

Area di Carpi<br />

Le elaborazioni svolte per la stesura del piano hanno tenuto conto oltre che degli aspetti ambientali anche<br />

quelli economici, dei sistemi delle infrastrutture, dei servizi, ecc. che hanno permesso di evidenziare i punti di<br />

forza e di debolezza del territorio modenese; ciò ha permesso, inoltre, di definire gli obiettivi strategici da<br />

perseguire nei prossimi anni per un equilibrato sviluppo del territorio.<br />

L’area di Carpi, che comprende anche i comuni di Novi, Soliera a Campogalliano, contribuisce allo sviluppo<br />

del sistema provinciale attraverso il comparto del tessile – abbigliamento.<br />

Il comparto tessile, infatti, costituisce, in particolare per il comune di Carpi il principale ambito di<br />

specializzazione.<br />

L’attività agricola si inserisce nello sviluppo dell’area con funzioni produttive orientate soprattutto alla<br />

viticoltura ed altre colture permanenti e come funzione di salvaguardia dell’equilibrio tra città e campagna.<br />

Il sistema socio – economico dell’area si basa sullo sviluppo del sistema del tessile attraverso:<br />

una valorizzazione del mercato internazionale<br />

un potenziamento dell’area come distretto industriale<br />

13


la riconversione delle fasce imprenditoriali deboli<br />

la globalizzazione e crescita strutturale del sistema locale<br />

La città di Carpi si pone come centro di funzioni urbane rivolte alle imprese del distretto tessile ed in<br />

particolare come Centro – Servizi, servizi finanziari, consulenza, ecc. e come nodo principale della rete degli<br />

“Sportelli Unici” con funzione di coordinamento ed organizzazione del servizio.<br />

Per il perseguimento di tali strategie il PTCP:<br />

- privelegia strategie imprenditoriali<br />

- rafforza il legame delle imprese tessili con le imprese a monte del processo produttivo<br />

- introduce politiche di immagine, strategie di marketing, attraverso forme consortili e di integrazione<br />

tra imprese<br />

- incentiva l’attività di Centri di Servizio ed una “riconversione ecologica” delle imprese<br />

- organizza fenomeni di localizzazione delle attività industriali<br />

- valorizza i circuiti turistici.<br />

2.6 Carpi e i comuni contermini<br />

La collocazione di Carpi nel territorio regionale a ridosso del confine della provincia di Reggio Emilia, ma con<br />

un'autonoma capacità di polo di attrazione non solo economico di un ampio territorio limitrofo, indussero la<br />

Regione Emilia Romagna a costituire nel 1975 un comprensorio interprovinciale, pensato come un utile<br />

tramite (o elemento intermedio) di riequilibrio fra la congestionata fascia della via Emilia e la zona della<br />

bassa pianura vicina al Po, soggetta a fenomeni di emarginazione e degrado.<br />

L'assetto e le spontanee tendenze successive non consentirono al Comprensorio di svolgere questo ruolo,<br />

essendo esso stesso condizionato e coinvolto in una sempre maggiore unidirezionalità di sviluppo verso le<br />

aree forti di Reggio e soprattutto di Modena. La stessa struttura amministrativa, interna al "Comprensorio<br />

Carpi-Correggio", pose degli ostacoli a una funzione riequilibratrice essendo di per sé sbilanciata verso la<br />

parte sud del "Comprensorio" (comprendente i due Comuni maggiori di Carpi e di Correggio) e, in particolar<br />

modo, gravitante attorno al "polo" principale del Comune di Carpi (capoluogo del Comprensorio).<br />

Episodi spontanei di notevole sviluppo occasionale, dovuti al minore costo delle aree, e comunque ben<br />

raccordate alla realtà carpigiana presenti a nord-ovest (Comune di Fabbrico), oppure a nord-est (Comune di<br />

Novi e la zona adiacente al Comprensorio Mirandolese), o a est, lungo la provinciale Sorbarese, nella frazione<br />

di Limidi di Soliera, non servirono a cambiare la sostanza del quadro complessivo, pur costituendo un punto<br />

di appoggio per un eventuale cambiamento di tendenza pianificato.<br />

Esaminando la cartografia e la morfologia degli insediamenti urbani, "...appare subito evidente come Carpi<br />

sia il centro ideale e il fulcro di una porzione di circonferenza che infili uno dopo l'altro da nord-est a sud-<br />

ovest, come tante perle di una medesima collana, tutti i rimanenti Comuni..." dell'ex "Comprensorio Carpi-<br />

Correggio"; ma non solo, anche realtà non facenti parte del Comprensorio, come il Comune di Soliera, o con<br />

più ampio raggio come i Comuni di Cavezzo e Campogalliano rientrano in questo contesto gravitazionale e<br />

attrattivo.<br />

14


Senza farsi distrarre dal paragone, questo ci deve far capire come lo schema radiocentrico polarizzato sia alla<br />

base dello stato attuale di reciproca relazione fra i centri urbani, schema che pone i centri minori in un<br />

rapporto di subordinazione verso il centro maggiore, e che favorisce i fenomeni di concentrazione e di<br />

crescita non equilibrata. In sostanza con questo schema il territorio si trova sempre più suddiviso in zone<br />

privilegiate e zone trascurate, in quanto i fattori spontanei di sviluppo sono costretti a dirigersi verso le<br />

direzioni tradizionali e non, omogeneamente e indifferentemente, verso tutti i punti del territorio (fra questi<br />

fattori vi sono l'accessibilità alle maggiori arterie di comunicazione, l'appetibilità delle localizzazioni industriali<br />

prima e residenziali dopo, il grado di fruibilità dei servizi e la loro varietà).<br />

Un esempio significativo è rappresentato dal pendolarismo. Alcuni Comuni ne sono affetti in modo più<br />

massiccio, e questi sono proprio i tre Comuni reggiani minori (Rolo, Rio Saliceto e San Martino in Rio).<br />

Sbilanciato principalmente verso Modena, Reggio Emilia e Bologna, Carpi rappresenta il polo maggiore di<br />

arrivo dei moti pendolari interni al bacino di influenza stesso. Anche le direttrici di espansione degli abitati<br />

urbani, e per certe realtà anche alcuni nuclei frazionali, si sono "appoggiate" alle strade principali dirette<br />

verso i Comuni limitrofi più attrattivi.<br />

15


3.1 Piani e sviluppo urbano<br />

Affrontiamo adesso, analizzandoli in maniera specifica e puntuale, i gli strumenti pianificatori più significativi<br />

(omettendo di affrontare quelli che abbiamo ritenuto poco sintomatici oppure quelli che non hanno avuto un<br />

riflesso concreto sulla città) e che la storia urbanistica carpigiana ci ha trasmesso o perché, sulla base della<br />

loro lettura, è possibile comprendere quanto questi strumenti abbiano inciso nella realtà odierna e quali e<br />

quanti risvolti stiano alla base delle decisioni prese o quali contraddizioni essi hanno prodotto nel tessuto<br />

urbanistico della città. Si tratta in realtà, come vedremo, di spaccati della "vita programmatoria e<br />

pianificatoria" nel Comune di Carpi dal 1930 a oggi.<br />

I vari Piani Regolatori (anche se alcuni, impropriamente, chiamati tali rispetto al concetto attuale) sono stati<br />

"scomposti" e verificati i commenti, i giudizi, le pressioni, la cultura e la storia del periodo in modo da<br />

comprendere maggiormente le motivazioni di certe scelte e di certi atteggiamenti. Potremmo affermare che<br />

solo cinque sono gli strumenti di piano di una certa rilevanza e che possiamo considerare tali anche se, come<br />

vedremo, sono stati molti di più quelli redatti (varianti parziali alla cartografia, varianti di normativa, varianti<br />

conseguenti all'approvazione di progetti di opere pubbliche, variantine dovute a errori cartografici, ecc.) e<br />

che, in alcuni casi, sono intervenuti in maniera così incisiva e massiccia da modificare la stessa pianificazione<br />

generale.<br />

Ancor prima di esaminare i singoli piani regolatori e le loro varianti, occorre ricordare che la<br />

"istituzionalizzazione della disciplina dell'urbanistica italiana" avviene successivamente alla redazione del<br />

Piano di Firenze, dopo l'Unità d'Italia, a opera di Giuseppe Poggi il quale, avvalendosi della legge<br />

sull'esproprio per pubblica utilità del 1865 e di un vecchio regolamento del Granducato di Toscana, nel 1867<br />

redigeva uno dei pochi piani urbanistici coordinati italiani, individuando nuove espansioni e definendo i<br />

provvedimenti da attuare sulle aree già edificate.<br />

Il piano del 1935<br />

"La descrizione del fascismo come stagione di grande fervore edilizio, e Mussolini visto come costruttore e<br />

artefice della rinascita italiana, sono chiaramente degli artifizi retorici; questi tuttavia, per taluni importanti<br />

aspetti, non sono lontani dal cogliere nel segno.".<br />

Mussolini fu il principale artefice del fascismo come sistema politico e il promotore di una vastissima attività<br />

costruttiva che incluse la realizzazione ex-novo di dodici nuove città in Italia, fra il 1928 e il 1940. Con questo<br />

tipo di città, il fascismo sembrava promettere un nuovo, brillante futuro, con condizioni igieniche di vita<br />

modernissime e con un'accresciuta produttività agricola e industriale. Se queste erano, sommariamente, le<br />

basi per la costruzione delle nuove città, non meno significative e interessanti erano quelle d'intervento sulle<br />

città esistenti. Nell'Italia dei primi decenni del '900, fino a quando non verrà emanata nel 1942 la legge<br />

urbanistica nazionale, lo scopo del Piano Regolatore non era quello di esercitare un controllo complessivo<br />

sullo sviluppo del sistema urbano bensì quello di permettere l'esecuzione di opere pubbliche o<br />

16


l'ammodernamento di parti della città edificata. Poiché si trattava di una semplice misura amministrativa (per<br />

di più facoltativa) la sua validità aveva un tempo determinato e il suo ambito d'intervento era circoscritto alla<br />

sola area urbana. Lo Stato, sollecitato dalle gravi condizioni di insalubrità in cui versano molte città italiane,<br />

emana leggi di finanziamento per concorrere al risanamento dei centri urbani condizionando i Comuni a<br />

presentare un'apposito piano urbanistico (è questo il motivo per cui molti Piani regolatori si chiameranno "di<br />

risanamento"). Inoltre si giunse, anche per una questione d'immagine, a proporre (e "imporre") di dare<br />

un'impronta di urbanistica "del regime" a moltissime città; alcune con interventi massicci (demolizioni<br />

sistematiche di quartieri e rioni popolari come a Roma), altre con interventi di "cesello", non sempre<br />

realizzati, ma quasi tutti definiti come "Piano (o Progetto) di risanamento edilizio". Più in generale, sia le città<br />

nuove che gli interventi sulle città esistenti sembrano essere soltanto un aspetto di quel più ampio<br />

programma fascista orientato verso il futuro;<br />

Anche Carpi è "avvolta, trascinata e influenzata" da questo tipo di ventata ideologica e moralizzatrice<br />

tendente a rimettere in discussione duemila anni di storia urbanistica, anche se l'intervento, data l'esigua<br />

dimensione cittadina, è estremamente contenuto e parziale, ma dove la "grandezza" delle opere del regime<br />

sono anch'esse significative.<br />

Un fatto è indiscutibile e imprescindibile, dal momento che anche la città di Carpi versa in condizioni<br />

igieniche precarie determinato dalla cattiva manutenzione o, in alcuni casi, dalla inesistente rete di scolo<br />

fognario; la risoluzione del problema viene ribaltato sui cittadini obbligati alla realizzazione dei cosidetti<br />

"pozzi neri" (che, conseguentemente, divengono numerosissimi).<br />

Al di là di queste specifiche considerazioni, per riuscire a ottenere finanziamenti statali e rispondere in<br />

maniera fattiva al degrado crescente nella città e per "realizzare una città consona ai canoni impartiti dal<br />

regime", nel 1935 un carpigiano residente a Torino, l'architetto Alfio Guaitoli fu incaricato di redigere un<br />

"piano di risanamento", ma degli studi e del Progetto di Piano conseguente non se ne fece nulla, in termini<br />

attuativi; altro non fu che una esercitazione accademica di un piano redatto sulla scia delle linee guida dei<br />

piani fascisti di città più importanti.<br />

Il Piano dell'architetto Guaitoli è redatto su uno studio precedente dell'ingegnere Domenico Malaguti,<br />

dipendente comunale, che aveva lavorato su un piano del centro storico, commissionato dal Podestà per<br />

intervenire sulla staticità dell'espansione, ancora limitata al centro antico e di cui suggerisce, in accordo con<br />

la prima proposta comunale, un intervento di ristrutturazione radicale.<br />

Da una lettura attenta del Piano di Risanamento è chiara la trasposizione che viene fatta, per Carpi, della<br />

cosidetta "teoria del diradamento" introdotta dallo storico Gustavo Giovannoni; l'architetto Guaitoli tiene<br />

conto dei concetti filosofici, ma, nella stesura del Piano, lo fa in una maniera molto ideologica, sommaria e<br />

accademica e poco consona alla realtà paesana di Carpi, semmai più vicina all'impostazione di tanti piani di<br />

regime che vogliono calare dall'alto le previsioni per un futuro assetto della città, senza confrontarsi con i<br />

reali problemi, con le diversificazioni e le effettive caratteristiche presenti negli usi e nei costumi della città.<br />

La proposta che ne viene fuori è basata su una serie di sventramenti, abbattimenti articolati per<br />

allargamento rettifiche delle strade, demolizioni e isolamento di alcuni monumenti (il Duomo), rifacimento<br />

totale di quegli edifici localizzati nei punti cruciali del centro, allorché"...gli edifici previsti per la ricostruzione<br />

delle zone demolite sono ideati con forme architettoniche sobrie, spoglie di ricercatezza e con un carattere<br />

17


prevalentemente moderno in cui sono stati sposati quegli elementi caratteristici locali così che il passaggio<br />

fra le parti nuove e quelle vecchie risulti non troppo aspro."<br />

E' però interessante e significativo leggere la proposta progettuale, al di là della sua realizzazione, per<br />

capirne la metodologia e la tematica che il regime intendeva applicare alla realtà carpigiana, anche se la<br />

disciplina urbanistica, nascendo per pianificare solamente l'edificato, si svilupperà per dilatarsi a tutto il<br />

territorio comunale o, addirittura come adesso, a pianificare il paesaggio in direzione dell'ambiente naturale.<br />

Il "progetto per il risanamento edilizio della Città di Carpi", con caratteristiche più da piano di ristrutturazione<br />

che di risanamento, anche se includeva opere che inducevano a interventi igienici drastici sui fabbricati<br />

esistenti, prevedeva l'abbattimento e la ricostruzione ex novo, di interi comparti nel centro storico<br />

ipotizzando inoltre la localizzazione nello stesso centro antico di una serie di funzioni primarie a cominciare<br />

dal fulcro commerciale all'ingresso di Corso Alberto Pio sulla direttrice di via Berengario o, addirittura, la<br />

realizzazione di un nuovo mercato, con le relative strade di accesso, tra le vie XX Settembre e viale Carducci,<br />

allontanandolo dalla Piazzetta delle Erbe (piazza Garibaldi) per far posto agli sventramenti e dare la<br />

sensazione di maggior respiro all'ingresso del centro della città antica. La caratteristica di questo piano stava,<br />

infatti, nell'accentuato sventramento previsto e se la sua realizzazione fosse stata attuata, avrebbe<br />

certamente mutato il volto di Carpi, principalmente nel centro storico. Per contro è significativo che il solo<br />

episodio connesso al Piano di Risanamento, attuato proprio nel 1935, riguardi il modesto ampliamento di via<br />

Borgo Fortino, a spese del giardino del Palazzo Lugli-Grisauti. L'atterramento di alcuni edifici del centro<br />

storico, il "raddrizzamento" dell'angolo di Piazza Garibaldi e la creazione di un viale, per seguire la corrente<br />

razionalista in voga nel periodo, non furono (fortunatamente) realizzati. Più che di un piano vero e proprio si<br />

può parlare, quindi, di grossi interventi sull'esistente, e di "grandi" progetti per infrastrutture e servizi a uso<br />

dell'intera città. Il Piano consisteva, in maniera dettagliata, nella demolizione di una grande area occupata da<br />

vecchi fabbricati esistenti, tra le vie XX Settembre e via Giordano Bruno (di fronte alla odierna area della<br />

bocciofila) per la creazione di un grande giardino pubblico all'italiana, la via Aldo Manunzio, in questo modo,<br />

veniva annullata per metà. Contemporaneamente era stata prevista la realizzazione di nuove costruzioni sul<br />

lato est della stessa via XX Settembre con un nuovo lungo edificio, oltre a un altro posto in angolo con corso<br />

Fanti (attuale corso Cabassi).<br />

Un ulteriore giardino era previsto dietro la Torre della Sagra, ricavato dalla demolizione di un edificio<br />

esistente e con la realizzazione di un nuovo fabbricato da porsi in angolo tra via Santa Maria in Castello e<br />

viale Carducci, per organizzare l'area della "casa del balilla". Altro intervento di rilievo era l'abbattimento dei<br />

fabbricati esistenti sul lato ovest di via Duomo per "ripulire" il lato est della Cattedrale e riportarla allo<br />

splendore iniziale. Altre demolizioni massiccie erano previste tra via Aldrovandi e via Sbrilanci, sostituite da<br />

nuovi fabbricati che, circondando l'isolato, si arretravano per consentire l'allargamento di via Matteotti e della<br />

stessa via Aldrovandi; in questo modo si sarebbero perdute alcune tra le più antiche e tipiche costruzioni<br />

della vecchia Carpi.<br />

A sud, un'ulteriore demolizione, avrebbe consentito la realizzazione di un nuovo edificio a forma di elle,<br />

prospiciente Piazzale Ramazzini e in angolo con Corso Roma; l'obiettivo era quello di creare un'immagine<br />

diversa dell'ingresso alla città per chi proveniva da Modena. A nord, invece, era stata prevista una grande<br />

area per la realizzazione di nuove case popolari che, attraverso la costruzione di una nuova strada che si<br />

19


icongiungeva con la via vicinale Pola, consentiva l'edificazione di 12 nuovi fabbricati con un'ampia area<br />

verde circostante; purtroppo anche questa ipotesi del Piano non andrà in attuazione dal momento che anche<br />

le nuove "case del Duce" del 1941-42, saranno collocate sempre a nord dell'urbano, ma sull'attuale via<br />

Pezzana.<br />

Il Piano vuole inoltre organizzare un sistema di circolazione basato sulla distinzione tra rete principale e di<br />

passaggio e viabilità di collegamento urbano, allo scopo di deviare il traffico di attraversamento dal centro<br />

antico e favorire l'accessibilità alle zone centrali attraverso l'allargamento di alcune strade.<br />

Opera pesantemente sull'area interna al perimetro dei viali circondariali con diversi tipi di interventi ma con<br />

finalità di bonifica sociale per la creazione di un nuovo centro rappresentativo e commerciale; gli obiettivi e i<br />

risultati sono scontati: allontanamento della popolazione residente nelle aree più povere, trasformazione<br />

formale e funzionale delle parti più degradate della città, introduzione di ordine e gerarchizzazione sociale<br />

finalizzata, anche attraverso il progetto di nuovi austeri edifici ed elementi di verde urbano (la cui funzione è<br />

prima di tutto di decoro), a separare i ceti meno abbienti dalla locale borghesia, ricca e produttiva, in<br />

funzione della ricerca di una complessiva nuova immagine per la città. Infine, sempre a vantaggio<br />

dell'immagine del regime sulla città, chi proveniva dalla stazione ferroviaria si sarebbe trovato di fronte a una<br />

grande "rotatoria" circondata da giardini all'italiana, posta all'incrocio tra il viale della Stazione e i paralleli<br />

viali Nicolò Biondo e Carducci.<br />

Il Prg Airaldi<br />

La descrizione contenuta in questo capitolo e la particolare attenzione che viene attribuita al cosidetto Piano<br />

Airaldi deriva dal fatto che esso rappresenta non solo il primo vero strumento di pianificazione territoriale di<br />

Carpi, ma anche l'armatura, positiva o negativa, su cui si sono appoggiate, o si appoggeranno, varianti<br />

parziali e varianti.<br />

E' indubbio, comunque, che tutti gli strumenti pianificatori di cui l'amministrazione comunale si è dotata negli<br />

anni più recenti si sono misurati e confrontati con questo cosiddetto "Piano base".<br />

Il Piano Regolatore Generale di Carpi, definito comunemente "Piano Airaldi", viene adottato nel 1959 e sarà<br />

uno dei primi tre Piani regolatori generali dell'Emilia Romagna, dal momento che Carpi viene inserito in una<br />

lista, redatta dal Ministero dei Lavori Pubblici, dei Comuni obbligati a dotarsi di un Piano regolatore generale.<br />

Il contesto in cui si inseriscono le analisi per la redazione del piano regolatore è quello della ricostruzione<br />

post bellica e di uno sviluppo urbanistico indefinito dovuto alla legge urbanistica del 1942 (80) che consente<br />

ai Comuni di organizzare il territorio anche in mancanza di un Piano regolatore.<br />

Occorre anche sottolineare che il momento economico di grande effervescenza fa di Carpi un luogo di<br />

attrazione di popolazione operaia (forte immigrazione dal sud ma anche dai comuni limitrofi). Inoltre, in base<br />

alla legge urbanistica chi lottizza non ha nessun obbligo di partecipare ai costi di sviluppo della città, mentre<br />

l'amministrazione comunale è caricata dalle pesanti condizioni imposte dal libero mercato delle aree.<br />

Così le nuove lottizzazioni, per la continua richiesta di nuovi lotti edificabili in conseguenza dell'accresciuta<br />

popolazione, si sviluppano prive di servizi essenziali, continuando a dipendere in tutto e per tutto dalla città<br />

storica; proprio in quest'ultima parte di città inizia un processo di terziarizzazione, mentre le funzioni<br />

20


abitative tendono a spostarsi nelle nuove residenze costruite all'interno delle lottizzazioni collocate all'esterno<br />

del perimetro dei viali.<br />

In soli 6 anni (dal 1952 al 1958) la popolazione aumentò di ben 4.000 abitanti. In questo contesto di crescita<br />

di popolazione, di costruzioni su aree attigue all'urbano e con pseudo-lottizzazioni che parcellizzano<br />

l'edificazione sul territorio, di pressioni degli industriali per realizzare capannoni anche in zone agricole,<br />

l'Amministrazione comunale affida finalmente nel 1956 all'architetto Luigi Airaldi la redazione del PRG con la<br />

logica, come avviene per altre realtà, che fino a quando non si ha sviluppo, il Piano non si fa, non si realizza<br />

perché appare inutile. Il piano fu approvato nel 1967 (dopo 8 anni).<br />

I punti fondamentali di indirizzo del Prg possono essere così riassunti:<br />

- rete stradale esterna alla città,<br />

- strade di penetrazione,<br />

- viabilità interna,<br />

- suddivisione del territorio comunale in zone,<br />

- specificazione degli ambiti del vecchio nucleo cittadino che richiedono una sistemazione e uno studio<br />

particolare. Il piano viene elaborato con un concetto di pianificazione trentennale, basandosi su dati relativi a<br />

una serie storica assai breve (dal 1952 al 1958) per determinare l'incremento demografico e quindi il<br />

fabbisogno.<br />

La zona industriale assorbe altri 106 ettari.<br />

In questo modo il fabbisogno totale di aree di espansione diventa di 246 ettari; 240 di questi ettari vengono<br />

previsti nell'immediato intorno del capoluogo perché<br />

Per quanto riguarda la viabilità, questa "...ripropone, con centro geometrico nel centro storico, lo schema a<br />

maglia quadrangolare della zona storica.La maglia quadrangolare con i lati di identico valore assume il<br />

significato di circonvallazione di contenimento del nucleo abitato e pertanto di linea di separazione frazone<br />

agricole e zone urbane ... all'interno vengono mantenute per il traffico locale condizioni convergenti<br />

radiocentriche."<br />

Manca dunque una gerarchizzazione della viabilità, sia interna alle aree edificate che alle zone di espansione.<br />

La preoccupazione principale del progettista è infatti quella di ristrutturare la viabilità intercomunale e di<br />

portarla, attraverso appositi collegamenti, sul tracciato della nuova circonvallazione.<br />

La zonizzazione operata dal piano prevede tre ampie categorie di zone:<br />

- residenziali<br />

- per insediamenti produttivi<br />

- per insediamenti di servizio.<br />

La zona residenziale si articola in zona intensiva, semi-intensiva, mista, per l'edilizia sovvenzionata e infine in<br />

zona semi-estensiva, dando però una grande preponderanza alle zone miste e alle semi-intensive. Più<br />

precisamente, la zona intensiva coincide praticamente con il centro storico; non esistono indici di cubatura,<br />

ma prescrizioni di distanze e altezze massime, contiene alcune norme vincolistiche nei confronti di edifici<br />

notevoli. La fascia ovest, parzialmente inedificata, viene indicata come zona commerciale; la normativa è<br />

così ampia da offrire la possibilità di indici volumetrici pari a 13 mc/mq. Nella zona semi-intensiva è prevista<br />

una densità massima di 3,5 mc/mq (successivamente ridotta a 3 mc/mq a seguito dell'applicazione della<br />

21


Legge n. 765 del 1967). L'indice, relativamente elevato, non verrà quasi mai utilizzato appieno, dal momento<br />

che prolificano le tipologie unifamiliari e bifamiliari, maggiormente richieste dal mercato edilizio. Le zone<br />

miste rappresentano l'originalità del Prg Airaldi, sopratutto per la loro estensione: in queste zone è previsto<br />

sia l'insediamento residenziale che quello produttivo. Con l'istituzione delle zone miste si pensava di facilitare<br />

l'insediamento e l'espansione delle attività produttive industriali e artigianali presenti sul territorio; così<br />

facendo si istituzionalizzava il modello di crescita urbana che si era già affermato prima dell'entrata in vigore<br />

del Piano.<br />

In realtà, più che consentire l'organizzazione del lavoro collegata con la residenza, questo modello<br />

insediativo consentiva l'indifferente localizzazione delle attività produttive sul territorio.<br />

Le zone per insediamenti produttivi sono suddivise in zone per industrie non nocive e zone per industrie<br />

insalubri di 1à classe. La prima (compatibile con la residenza e meno inquinante) viene localizzata a est della<br />

stazione ferroviaria. La presenza della ferrovia, che la separa dal resto della città, non favorirà lo sviluppo di<br />

quest'area, anche perchè le attività produttive potevano localizzarsi nelle zone miste con minori costi e con<br />

più ampia scelta. La seconda (più inquinante) è individuata a nord del capoluogo fra la ferrovia e la Statale<br />

Modena-Mantova, in aperta campagna. Anche questa previsione non verrà mai attuata, considerato che le<br />

pur numerose industrie chimiche e meccaniche (tintorie e fonderie) riescono a insediarsi o in zona agricola o<br />

addirittura in zona mista. Le attrezzature di servizio sono dimensionate secondo standard insufficienti.<br />

Oltre a questa carenza di previsioni quantitative, che si cercherà di sanare successivamente attraverso<br />

varianti o convenzioni particolari con i lottizzanti, ci sono le localizzazioni puntuali sul territorio urbano. Le<br />

aree, infatti, vengono reperite all'interno delle zone di nuova espansione senza una logica di continuità e di<br />

integrazione fra sevizi.<br />

L'ottica infine, in cui si pone il Piano nei confronti del territorio agricolo, rispecchia gli schemi culturali del<br />

periodo per cui la stessa zona agricola è vista come zona di riserva e di possibile futura espansione. La<br />

normativa prevede un utilizzo immediato anche per quelle attività non al servizio dell'agricoltura con un<br />

indice di utilizzo pari a 0,2 mc/mq; l'indice, anche se indubbiamente basso, consentiva ai possessori di un<br />

ampio fondo agricolo di insediarvi anche un'attività produttiva.<br />

Il piano Airaldi e il centro storico<br />

Di fronte a un centro storico che va lentamente degradandosi, in cui il dissesto della struttura edilizia è<br />

accelerato dalla prospettiva di più alti guadagni indotti da interventi di trasformazioni d'uso (dovuti alla<br />

pressione del terziario) e di sostituzione edilizia - espellendo attività non pregiate come la residenza e le<br />

piccole attività artigianali - il Piano regolatore avanza tre ipotesi fondamentali:<br />

la definizione di un nuovo sistema viario per decongestionare il traffico urbano;<br />

l'imposizione del vincolo conservativo ad alcune parti del vecchio edificato;<br />

la demolizione di edifici ritenuti, evidentemente, meno importanti e pregiati.<br />

Si potrebbe affermare, cogliendo la sinteticità di questi propositi, che si tratta di un intervento di<br />

conservazione puntuale e, fondamentalmente, scenografica basata sui principi della salvaguardia dei<br />

22


monumenti, ma non ancora aperta alla visione della complessità dell'area storica, sia sotto l'aspetto<br />

morfologico che sotto quello strutturale e tipologico.<br />

Il centro storico, che nel 1956 rappresentava quasi il 40% del territorio edificato, è inteso invece nella<br />

proposta progettuale come luogo deputato ad assolvere ai bisogni terziari della nuova città; per questo viene<br />

"catalogato" come zona intensiva.<br />

La normativa comprendeva anche un elenco di edifici di particolare pregio che venivano sottoposti a vincolo<br />

di conservazione (spesso superficiale), ricalcando i concetti espressi dalle leggi di salvaguardia del 1939.<br />

Il Piano individua, inoltre, su una delle fasce tangenti il centro, una zona commerciale e direzionale; la<br />

proposta era così impegnativa da prevedere il ricorso a un piano di viabilità automobilistica complessiva<br />

tendente ad agevolare gli spostamenti all'interno del centro stesso. Per raggiungere questo obiettivo il Piano<br />

prevede numerosi allineamenti di strade, oltre al loro collegamento per snellirne la mobilità veicolare; ne<br />

deriva la conseguente proposta di abbattimento di quegli edifici che impediscono il raccordo viario; nella<br />

logica della "città disegnata e progettata" sono previste demolizioni di interi fabbricati nelle loro parti interne<br />

per creare nuovi spazi pubblici.<br />

Le demolizioni più significative (contenute nella stesura iniziale) erano quelle dell'isolato di Borgofortino che,<br />

abbattuto completamente, avrebbe consentito di ricavare, nella parte prospiciente viale Carducci, la nuova<br />

stazione delle autocorriere; l'altra consistente demolizione era prevista dietro l'abside della chiesa di San<br />

Nicolò per far posto alla costruzione di una scuola superiore collegata alle due scuole già esistenti.<br />

Di segno decisamente diverso (quasi progettuale) è l'ulteriore demolizione prevista attorno al Duomo, per<br />

eliminare quelle "superfetazioni" realizzate nel corso dei secoli e per riportarlo, in tutta la sua interezza, a<br />

una lettura formale e quindi al suo "splendore" iniziale; conseguentemente si sarebbero demolite parte dei<br />

fabbricati lungo la via Loschi e via Cesare Battisti in entrambe le direzioni per consentire l'allargamento della<br />

strada e per creare un cannocchiale visivo sull'abside del Duomo, attraverso l'abbattimento del fronte dei<br />

fabbricati di via Fontana; questa operazione avrebbe favorito il collegamento della via Cesare Battisti con<br />

viale De Amicis e l'attuale viale Manzoni. Anche via Santa Chiara è interessata all'opera di "slargo" viario con<br />

la demolizione dell'intero fabbricato posto in angolo con corso Manfredo Fanti e una piccola propaggine a<br />

ovest del fabbricato in angolo con via Brennero. Per rendere più funzionale l'intera area, il Piano prevedeva<br />

la costruzione, sul perimetro dell'intero isolato, in coerenza con la tipicità del tessuto carpigiano, di un lungo<br />

porticato sotto i fabbricati esistenti.<br />

Gli altri "cannocchiali" significativi previsti dal Piano erano:<br />

da piazzale Re Astolfo proseguendo su via Matteotti, attraverso l'abbattimento dei fabbricati posti nella parte<br />

ovest della stessa strada, arrivavano a collegare via Sbrilanci;<br />

da via Berengario lungo via Rovighi fino a via San Francesco, con notevoli demolizioni di fabbricati<br />

significativi (la via Rovighi avrebbe perduto in questo modo la sua caratteristica di strada medioevale).<br />

Anche l'attuale via Trento Trieste è interessata all'adeguamento viario con la "limatura" di alcuni edifici e la<br />

soppressione di un antico fabbricato quattrocentesco posto in angolo tra la sopraddetta via e via San<br />

Francesco, proprio di fronte alla chiesa, per proseguire fino a piazzale Ramazzini, con una strada di dieci<br />

metri, mentre a nord-ovest, in angolo con via Berengario, si abbatteva il fabbricato per creare un "invito" alla<br />

24


più importante via Ciro Menotti. Inoltre, interessata dall'adeguamento viario, con relativa demolizione, è<br />

anche via Nova, per tutta la sua lunghezza, da via Mazzini a via Aldrovandi, sul lato ovest.<br />

In ultimo vengono ipotizzati interventi sul tessuto della città storica attraverso i cosidetti "tagli orizzontali";<br />

questi sono operati sulla via Bernardino da Siena da corso Alberto Pio al viale Guido Fassi, da corso Roma a<br />

viale Giosuè Carducci e da Piazza Garibaldi, lungo la via Aldrovandi, allo stesso viale Carducci.<br />

I portici sono sempre stati un elemento che caratterizza molte città dell'Emilia Romagna ed è per questo che<br />

il Piano ne propone la realizzazione anche dove la storia urbanistica non li aveva mai previsti; ne troviamo<br />

che circondano l'isolato di piazza Garibaldi, che si snodano lungo la via Sbrilanci e su tutta la via Aldrovandi<br />

ma anche lungo la parte terminale di via Matteotti, abbattendo gli antichi portici medioevali (fortunatamente<br />

ancora esistenti) oppure intervenendo con collegamenti tra corso Alberto Pio e via Nova o sotto il Portico del<br />

Grano, quasi a proseguire via Mazzini, fino a via Rovighi.<br />

Di tutte le proposte contenute nella stesura iniziale del Piano regolatore, nel piano approvato rimangono,<br />

anche se ancora significativi, ridotti interventi di demolizione (mai attuati).<br />

Rimangono invece le previsioni dei portici aggiunti a interi isolati e rimane anche l'impostazione culturale<br />

complessiva data al piano dallo stesso Airaldi.<br />

La variante per la zona industriale del 1968 e la successiva riorganizzazione del 1976<br />

Nella stesura originale del Prg Airaldi del 1959 erano indicate due zone industriali di cui una ubicata a est<br />

della ferrovia di 350.000 mq per industrie non nocive e una ubicata a nord del centro abitato dell'estensione<br />

di 500.000 mq, per industrie grandi e insalubri.<br />

Su osservazione del Consiglio Superiore dei LL.PP., in data 28 novembre 1962, il Consiglio Comunale<br />

deliberava, nelle sue controdeduzioni, di modificare il Prg nei termini e nei modi in cui esso fu poi<br />

definitivamente approvato (D.P.R. 22 gennaio 1967), vale a dire trasformando la zona industriale a nord in<br />

zona mista e collocando al lato della tangenziale ovest due distinte zone per attività sportive e ricreative.<br />

La zona industriale a est della ferrovia si dimostrò insufficiente e poco appetibile dal momento che in sei anni<br />

(dal 1959 al 1965), pur in presenza di un'effervescente imprenditoria locale, non si era concretizzata alcuna<br />

iniziativa manifatturiera.<br />

Fu così che l'Amministrazione comunale deliberò, nell'agosto del 1965, di variare la zona produttiva<br />

destinandola ad area PEEP e, contestualmente, presentò il Piano PEEP per l'intero territorio comunale.<br />

Pertanto rimaneva valida, sull'intero territorio comunale, solo la zona per industrie insalubri di prima classe,<br />

ma dal momento che le tipologie industriali locali, quali la maglieria e la metalmeccanica, non avevano<br />

caratteristiche insalubri, veniva meno la previsione di aree esclusivamente produttive per cui il progettista<br />

incaricato sostenne nella relazione della variante al Prg per la zona produttiva.<br />

Fino ad allora la richiesta di aree industriali venne soddisfatta dalla disponibilità di zone miste le quali si<br />

stavano rapidamente esaurendo per il notevole incremento dello sviluppo industriale degli anni che vanno<br />

dal 1953 al 1967; infatti le industrie erano intervenute su una superficie territoriale di quasi 700.000 mq.<br />

Sono indubbiamente queste le ragioni, assieme alle sollecitazioni delle categorie imprenditoriali locali, che<br />

25


fanno richiedere l'autorizzazione al competente organo ministeriale, da parte dell'Amministrazione comunale,<br />

per una variante al Prg per "la individuazione di una nuova area industriale".<br />

Nel giugno 1968 il Consiglio Comunale adotta la "Variante numero uno" al Prg che si riferisce alla<br />

individuazione della nuova zona industriale ovest;<br />

Dopo pochi anni (1976) il Comune stabilisce di assumere un atteggiamento più deciso e rigoroso per<br />

rispondere alle numerosissime richieste di assegnazione di aree produttive adottando una variante al Prg per<br />

l'intera Zona industriale ovest.<br />

La variante parziale viene a collocarsi nel periodo di elaborazione della Variante generale al Prg e per questo<br />

non entra nel merito del dimensionamento ma si limita a "riprogettare" l'intera zona industriale<br />

distinguendola, per omogeneità, in tre differenti zone produttive, tre zone a servizi e alcune aree a verde<br />

pubblico, contrariamente alla precedente variante che aveva individuato un'unica e indifferente area<br />

produttiva.<br />

Alla variante al Prg per la zona industriale seguì il PIP (Piano per gli Insediamenti Produttivi); la decisione di<br />

procedere all'esproprio attraverso lo strumento PIP nasce non solo per acquisire nuove aree per fronteggiare<br />

la "legittima" richiesta degli operatori di Carpi ma anche per realizzare il corretto prosieguo di quel processo<br />

di programmazione urbanistica avviato proprio con la variante parziale e che senza un intervento deciso della<br />

pubblica amministrazione non sarebbe stata resa possibile.<br />

Le cinque varianti parziali del 1976<br />

Durante la fase di studio della variante generale, maturò l'esigenza da parte dell'Amministrazione comunale<br />

di approntare urgentemente una serie di varianti parziali che riguardavano problemi contingenti, ma non per<br />

questo di scarso rilievo per l'intero territorio comunale.<br />

Le varianti parziali erano così importanti, per i temi trattati, da incidere in maniera sostanziale sullo sviluppo<br />

urbanistico della città tanto erano profondamente modificatori del territorio, sia per dimensione che per<br />

localizzazione; l'anticipazione sarebbe stata poi recepita integralmente nella successiva variante generale.<br />

Su progetto dell'architetto Amedeo Magnani, poi progettista ed estensore della variante generale, si<br />

adottarono le cinque varianti parziali che riguardavano:<br />

a) variante per la zona a vincolo cimiteriale.<br />

Il cimitero urbano (inaugurato il 27 agosto 1826), collocato tra il centro storico e la periferia urbana era stato<br />

notevolmente ampliato dal dopoguerra al '74 sia a nord che a ovest per tutta la lunghezza dei lati<br />

perimetrali; col passare degli anni, e per l'aumento considerevole della popolazione sull'intero territorio, il<br />

cimitero mostra di avere una potenzialità di assorbimento limitata nel tempo e si trova nella condizione di<br />

non avere spazi per ulteriori ampliamenti data la particolare ubicazione (vicinanza dell'edificato costruito<br />

principalmente negli anni '50 e '60) che ne impedisce il rispetto delle distanze previste dalla legislazione<br />

sanitaria. La variante individua in piena zona agricola una vasta area a nord dell'abitato frazionale di Fossoli<br />

per il nuovo cimitero urbano; l'area è adiacente all'ex campo di concentramento.<br />

b) Variante zona produttiva per autotrasportatori e magazzini.<br />

26


Lo sviluppo industriale verificatosi a Carpi alla fine degli anni '50 e per tutti gli anni '60, rivolto soprattutto<br />

all'esportazione e alla movimentazione delle merci sul territorio comunale e nazionale, vide il proliferare di<br />

numerose ditte di autotrasporto e spedizionieri piccoli e grandi che si localizzarono in maniera indifferenziata<br />

sul territorio urbano (principalmente nelle cosiddette zone miste).<br />

L'insieme di questi fattori indusse l'Amministrazione comunale a individuare, con la variante, una vasta area<br />

all'intersezione tra la statale 468 e la ferrovia, a nord dell'abitato dove collocare le aziende di autotrasporto e<br />

gli spedizionieri.<br />

Nella variante è prevista anche la collocazione di tutti quei servizi che necessitano ad attività di questo tipo,<br />

compresa un'ampia zona ferroviaria in cui sia possibile realizzare uno scalo merci collegato funzionalmente<br />

con le ditte di spedizione.<br />

c) Variante della zona per attrezzature tecnico-distributiva ( stazione autocorriere).<br />

La variante riguarda il reperimento di una zona da destinare alla stazione delle autocorriere e ai servizi a<br />

essa collegati, compreso il deposito delle corriere, che garantiscano la maggior parte dei collegamenti<br />

pubblici tra Carpi e i Comuni del territorio circostante. A questa data non esiste una vera e propria stazione<br />

delle autocorriere ma solamente un grosso deposito di pullman, in un capannone privato in pieno centro<br />

storico, da cui arrivano e partono i collegamenti pubblici con le frazioni e i Comuni limitrofi.<br />

d) Variante per la zona residenziale a S. Croce.<br />

Le motivazioni contenute nella variante possono essere così riassunte:<br />

- esiste una domanda individuata e controllata dall'amministrazione comunale per una edificazione a<br />

case singole. Questa tipologia è la più richiesta e la più idonea, nell'ambito sociale della frazione, da<br />

consentire, nel caso di ricerca di alloggi da parte degli abitanti delle case sparse, l'insediamento nella<br />

frazione anziché nel capoluogo;<br />

- il terreno, già di proprietà comunale, è immediatamente disponibile per l'edificazione, consentendo un<br />

risparmio, anche nel tempo, per la sua acquisizione;<br />

- la realizzazione dei lotti edificabili consentirà la realizzazione di 75-80 alloggi inoltre l'intervento si<br />

collocherà in adiacenza a un nucleo residenziale, appena attuato, con le stesse caratteristiche<br />

tipologiche;<br />

- l'unità strutturale della frazione potrà essere ricomposta attraverso la realizzazione di un asse viario<br />

che, mettendo in comunicazione diretta i due nuclei residenziali in via di formazione, serva da<br />

supporto a un centro di quartiere, da individuarsi in posizione centrale (ma che la variante non<br />

contempla).<br />

e) Variante alla zona di rispetto dell'abitato e delle strade.<br />

L'opportunità di introdurre zone di rispetto all'abitato, si configura come una vera e propria variante al Prg.<br />

Con la variante vengono anche ampliate le zone di rispetto dalle principali strade, e più precisamente: la<br />

strada statale 413 Modena-Mantova, la strada statale 468 per Correggio, la strada provinciale Carpi-<br />

Ravarino, la strada provinciale per Guastalla.<br />

27


La variante generale al Prg del 1978<br />

Alla fine del 1972 l'amministrazione comunale, dopo la variante parziale alla zona industriale, altre sette<br />

"variantine" e l'avvio delle cinque varianti parziali, matura l'intenzione di una revisione profonda degli<br />

strumenti urbanistici di cui si è finora dotata e sceglie la via di una Variante Generale al Piano regolatore.<br />

La stesura della Variante Generale al Prg viene affidata all'architetto Amedeo Magnani di Reggio Emilia.<br />

La Variante si muove su criteri di ridimensionamento dell'espansione, del recupero del costruito e della<br />

ristrutturazione in termini qualitativi dell'abitato.<br />

La proposta urbanistica opera anche su di un ridimensionamento normativo che prevede la sostanziale<br />

riduzione degli indici di cubatura (portati generalmente dai 3 mc./mq., del Prg Airaldi, ai 2 mc./mq.) in quasi<br />

tutte le zone, a esclusione di quelle lottizzazioni convenzionate in cui rimaneva fermo l'indice precedente<br />

(comunemente 3,5 mc./mq.); si diminuiscono le altezze massime raggiungibili, introducendo il rapporto di<br />

visuale libera; si aumentano le distanze di rispetto sia dai confini di proprietà che dalle strade e dagli spazi<br />

pubblici.<br />

La parte relativa al recupero del Centro Storico verrà però stralciata in quanto non conforme ai dettami<br />

previsti dalla legge regionale 47/78 e adottata successivamente.<br />

Sinteticamente riportiamo una descrizione sommaria dei temi contenuti nella Variante generale nei suoi<br />

elementi essenziali:<br />

- viabilità e trasporti;<br />

- aree ambientali e unità residenziali;<br />

- centro storico;<br />

- poli urbani programmati;<br />

- edilizia residenziale;<br />

- servizi e attrezzature;<br />

- territorio agricolo;<br />

- industria e artigianato.<br />

a) Viabilità e trasporti: semplificazione del sistema stradale, senza diminuirne la funzionalità, con la<br />

realizzazione di due soli sovrapassi alla ferrovia di cui uno a nord per collegare, una volta superata la<br />

ferrovia, attraverso il naturale proseguimento della tangenziale e una nuova strada trasversale, sia la Statale<br />

413 per Mantova che la Statale 468 per Finale Emilia, l'altro a sud-est per il collegamento dell'asse Catellani-<br />

Lama con la provinciale per Limidi.<br />

Nella Variante è inoltre previsto l'adeguamento a sud della Traversa San Giorgio per collegare la tangenziale<br />

con la Statale per Modena; più a ovest un nuovo tronco stradale, partendo dalla Statale 468 si allaccia alla<br />

via Fornaci per collegare Campogalliano. Per la viabilità urbana il Piano rinvia il problema alle aree ambientali<br />

considerando che all'interno si trova una viabilità prettamente di quartiere che è servita da una rete stradale<br />

periferica funzionale a raccordarsi alla grande viabilità.<br />

Nello specifico per quanto attiene alla viabilità, delle previsioni del precedente Piano "Airaldi" sostanzialmente<br />

poche vengono confermate: dei cinque cavalcaferrovia previsti, solo due vengono mantenuti e questo<br />

perché si rigetta la previsione della circonvallazione a est della città, nel tentativo di gerarchizzare la viabilità<br />

28


comunale. L'asse della circonvallazione a ovest, assume il ruolo di spina portante della viabilità comunale e<br />

diviene elemento di razionalizzazione di tutto l'assetto urbano: raccoglie, attraverso la bretella di<br />

circonvallazione a sud, la strada statale Modena-Mantova; sostituisce, portando fuori dall'abitato, la strada<br />

statale per Correggio, sulla quale si innesta l'ingresso dell'autostrada del Brennero. Su questo asse, in<br />

prossimità dell'ingresso autostradale, si localizza un centro commerciale e direzionale oltre a una nuova zona<br />

artigianale, mentre una nuova zona scolastica e sportiva è posta in posizione baricentrica rispetto all'urbano,<br />

con funzione di filtro tra la zona residenziale a est e la zona industriale a ovest. Si cerca anche di<br />

razionalizzare la viabilità interna all'edificato, dividendola in viabilità interna ed esterna alle aree ambientali<br />

(intese come quartieri), la prima con lo scopo preminente di servizio alla residenza, la seconda intesa come<br />

viabilità di scorrimento a scala urbana.<br />

b) Aree ambientali e unità residenziali: l'istituzione di undici aree ambientali di cui sei a destinazione<br />

residenziale e tre a carattere prevalente agricolo, oltre a due di tipo produttivo, suddividono il territorio<br />

comunale. Alle aree ambientali appena descritte se ne aggiunge una dodicesima definita AU (Attrezzature<br />

Urbane) posta tra la zona industriale e la città destinata a contenere la zona "distributivo-commerciale" e la<br />

zona sportiva e scolastica con valenza urbana-territoriale. All'interno di ogni area ambientale residenziale<br />

sono previsti fulcri urbani destinati a ricevere scuole, centri commerciali di vicinato, chiese, centri civici, ecc.<br />

in modo da consentirgli di vivere in piena autonomia (una piccola città nella città).<br />

c) Centro storico: rappresenta il 5,76% dell'intera superficie edificata del capoluogo, con una popolazione<br />

residente pari a meno di un decimo della popolazione totale del Comune. La proposta di Variante generale<br />

(poi stralciata) individuava otto isolati su cui era necessario adottare piani particolareggiati, di iniziativa<br />

pubblica o privata, per l'urgenza di una ristrutturazione dovuta allo stato di degrado in cui si trovano. Inoltre<br />

vengono fissati criteri per l'inserimento di nuove funzioni direzionali, per (si sostiene) bilanciare le varie<br />

funzioni coesistenti con il centro storico Il criterio complessivo è quindi quello di "conservazione culturale e<br />

sociale", annullando le indicazioni di demolizione, piuttosto traumatiche, e la generalizzata possibilità di<br />

intervento con nuove costruzioni che il Piano Airaldi conteneva.<br />

d) Poli urbani programmati: sono considerati i veri punti focali della struttura urbana a cui spetta l'attivazione<br />

del processo di riqualificazione. Questi poli vengono individuati sugli assi viabilistici principali per una facile<br />

accessibilità e una maggiore connessione con la città. Tra questi figura la "zona distributiva speciale" che<br />

dovrà assolvere al ruolo di centro rappresentativo delle attività produttive (le cosidette aziende-vetrina) ma<br />

anche attrezzature ricettivo-alberghiere, uffici direzionali e un centro congressi.<br />

e) Edilizia residenziale: considerato che la densità abitativa molto spesso non raggiunge quella<br />

corrispondente alla utilizzazione massima consentita dalle norme, si ritiene necessario intervenire con una<br />

politica delle aree che consenta l'abbattimento della rendita fondiaria e incentivi la costruzione di alloggi per<br />

le categorie socialmente più deboli, tra cui gli anziani e le giovani coppie, con uno sviluppo dell'edilizia<br />

economica e popolare sovvenzionata o convenzionata. L'obiettivo è quello di spostare nelle frazioni la<br />

costruzione di case singole in modo da allentare sul capoluogo la pressione immobiliare di nuovo spazio<br />

edificabile.<br />

f) Servizi e attrezzature: le previsioni del piano si avvicinava a 30 metri quadrati per abitante contro una<br />

disponibilità effettiva di 12 mq./abitante. Ma il problema di fondo che viene affrontato è quello di una<br />

29


integrazione e di una omogeneizzazione nella distribuzione territoriale di queste attrezzature. Si fissano raggi<br />

di attrazione e, nel caso di zone sottoservite o nell'impossibilità di reperire nuove aree nel quartiere, si<br />

individuano compensazioni con aree limitrofe (purtroppo siamo ancora lontani dai criteri degli standard<br />

europei per cui si parla solo di raggi di attrazione e non di accessibilità a un'area in rapporto alla popolazione<br />

realmente servita).<br />

g) Territorio agricolo: considerato sotto l'aspetto produttivo e residenziale, viene considerato alla stregua di<br />

una valvola di sfogo per la residenza, a servizio della produzione agricola, attraverso il recupero delle<br />

innumerevoli case abbandonate (una proposta sarà oggetto di una variante agli artt. 30 e 31 delle norme<br />

tecniche di attuazione della Variante generale) per disincentivare la costruzione di nuovi edifici rurali.<br />

h) Industria e artigianato: demandando alla variante specifica per la zona industriale il dimensionamento e le<br />

caratteristiche insediative per le attività produttive maggiori, la Variante generale si sofferma e si occupa<br />

principalmente delle aree artigianali. Alle zone artigianali la Variante assegna aree che dovranno essere<br />

opportunamente attrezzate, ritenendo inopportuno prevederne un dimensionamento quantitativo e<br />

rimandando l'attuazione a una fase successiva.<br />

La salvaguardia e il recupero del Centro storico nella Variante del 1982<br />

Un discorso a parte va fatto sulla politica d'intervento che si prospetta nella variante per il centro storico;<br />

l'obiettivo è quello del recupero alla residenza dell'edificato.<br />

La variante al Prg per il centro storico di Carpi, firmata anch'essa (come la Variante generale al Prg)<br />

dall'architetto Amedeo Magnani adottata nel 1982 dopo due anni dall'approvazione della Variante Generale,<br />

si attiene alla procedura distintiva in categorie richiesta dalla legge regionale, classificando gli edifici secondo<br />

le previste classi tipologiche. Il "tipo edilizio" si configura come forma base riconoscibile e come schema<br />

comune a una determinata categoria di edifici che si distingue dalle altre per aspetti formali e strutturali di<br />

serie. Il Piano suddivide gli edifici e i cortili del centro storico in "Unità Edilizie", assegnando a ciascun corpo<br />

di fabbrica l'area scoperta di pertinenza e separandolo dagli altri utilizzando criteri come l'unità funzionale,<br />

distributiva, tipologica e stilistica. A ogni Unità Edilizia, a seconda del valore storico-testimoniale del<br />

manufatto, viene associata una categoria di intervento conservativo.<br />

In questo modo, e con questi criteri di classificazione, il centro storico viene interamente tutelato.<br />

Il centro storico viene inoltre suddiviso in isolati, attribuendo a ciascuno una destinazione prevalente:<br />

residenziale, di servizio pubblico, direzionale, commerciale o mista residenza-servizio.<br />

Viene, inoltre, garantita la possibilità di insediamenti terziari in ogni parte del centro storico; negli stessi<br />

isolati residenziali è prevista la destinazione terziaria fino al massimo del 40% del volume dell'immobie. Si<br />

riconferma così, seppur con una certa limitazione, la destinazione prevalentemente terziaria del centro<br />

storico ipotizzata dal Piano Airaldi.<br />

La conservazione dell'edificato viene affidata a una caratterizzazione degli edifici, operata secondo parametri<br />

storico-artistici che subordinano ogni singolo intervento;<br />

Infine, la filosofia che guida la normativa è incentrata su tre obiettivi specifici: il recupero della funzione<br />

residenziale, il nuovo ruolo dei servizi e delle funzioni pubbliche, la qualificazione delle funzioni economiche.<br />

31


La variante alle norme tecniche per le zone agricole<br />

La variante alla normativa di Prg per le zone agricole viene adottata nel marzo 1990 e rappresenta l'ultimo<br />

intervento di una certa consistenza sul Prg redatto dall'arch. Magnani; di fatto la variante non interviene solo<br />

sulla normativa ma determina anche scelte di carattere cartografico, anche se direttamente o indirettamente<br />

legate alla zona agricola, come, per esempio, le zone destinate alla viabilità e alle sue fasce di rispetto o le<br />

stesse zone di interesse archeologico.<br />

L'incarico per la redazione della variante alla normativa per le zone agricole viene affidato agli architetti<br />

Casarini e Marchi.<br />

Gli obiettivi specifici della variante sono sommariamente individuati nell'ulteriore sviluppo produttivo del<br />

territorio agricolo e riguardano:<br />

- lo sviluppo dell'attività produttiva attraverso il mantenimento e il potenziamento della<br />

popolazione nelle campagne con il recupero e il riutilizzo di tutti gli edifici esistenti non solo a<br />

fini residenziali ma anche a usi extra residenziali;<br />

- la valorizzazione, il recupero e una nuova formazione di sistemi vegetazionali all'interno dei<br />

singoli insediamenti rurali;<br />

- il recupero del paesaggio agrario e la valorizzazione ambientale attraverso il riformarsi della<br />

compagine vegetazionale e faunistica di tipo naturale e la costituzione di corridoi ecologici.<br />

La classificazione del territorio agricolo viene demandata alla futura variante generale al Piano regolatore<br />

non variando la delimitazione della zona agricola tuttora esistente e in vigore.<br />

3.2 La proposta del Prg del ’94<br />

Scopo del presente capitolo è quello di procedere ad una disamina degli elaborati della proposta di Piano<br />

Regolatore ‘94 predisposta dai competenti uffici dell’Amministrazione Comunale e dai consulenti a suo tempo<br />

incaricati.<br />

Il percorso di preparazione del PRG ha avuto inizio all’inizio degli anni ‘90 con la predisposizione degli studi di<br />

base di analisi del territorio; la metodologia allora scelta fu quella di far precedere la proposta di Piano da<br />

una serie di approfondimenti sulle condizioni fisiche del territorio, sull’andamento socio-economico della<br />

realtà carpigiana, sui dati relativi al sistema della mobilità, oltre che da una lettura dell’attuazione del Piano<br />

Regolatore attualmente ancora vigente. Tale lavoro di analisi consentì la precisazione dei vincoli esistenti sul<br />

territorio, la quantificazione di massima e teorica della domanda degli spazi, della mobilità, della qualità<br />

ambientale; ed è culminato nella proposta di PRG presentata pubblicamente nel giugno del 1994,<br />

accompagnata poi dalla pubblicazione dei materiali di analisi e dai “Quaderni” tematici appositamente curati<br />

a fini divulgativi.<br />

In estrema sintesi, due paiono essere i tipi di problemi che la proposta del PRG ‘94 ha messo in evidenza: il<br />

primo di natura giuridica che pone questioni ostative alla sua approvabilità, il secondo riferito alla reale<br />

fattibilità attuativa dello strumento urbanistico.<br />

32


La questione maggiormente problematica e’ quella riferita all’attuazione del PRG: e’ qui che la proposta<br />

rivela l’intrinseca sua debolezza.<br />

L’approccio nuovo dello strumento urbanistico scommette sul coinvolgimento di responsabilita’ da parte dei<br />

privati, in base a principi di equità, garantiti e coordinati dall’Ente pubblico. Da una regolamentazione<br />

dirigistica si e’ dunque passati ad un sistema di “regole certe e trasparenti”, ad uno “spazio del privato” con<br />

cui l’Amministrazione dovrà venire in concertazione. A ciò portano inevitabilmente le sentenze della Corte<br />

Costituzionale di questi ultimi anni sia in materia di espropri che di decadenza quinquennale dei vincoli<br />

pubblicistici non altrimenti realizzati.<br />

I problemi di fattibilità attuativa risultano l’ostacolo maggiore della proposta del PRG ‘94 che, avendo assunto<br />

una strategia attuativa di tipo prevalentemente pubblicistico, si scontra con problemi di fattibilità finanziaria<br />

e di impiego di risorse umane.<br />

Lo sforzo da compiere riguarda un nuovo ruolo dell’Amministrazione Comunale, di controllo, indirizzo e<br />

programmazione delle fasi di attuazione del Piano e non di sostituzione del privato.<br />

Prima questione: i Piani Particolareggiati di tipo pubblicistico<br />

Il Piano è articolato per Comparti di attuazione preventiva di cui quelli di tipo pubblicistico risultano essere<br />

circa 40 (per una Superficie Territoriale di circa mq. 9.270.000). L’Amministrazione di Carpi nell’ultimo<br />

ventennio è stata in grado di realizzare solo 15 Piani di questo tipo.<br />

Seconda questione: irrealizzabilità della prassi espropriativa<br />

La questione precedente si rileva ancor più grave quando la si consideri dal punto di vista della reale<br />

capacità espropriativa da parte dell’Amministrazione Comunale, presupposto essenziale per poter procedere<br />

all’attuazione di un Piano Particolareggiato di iniziativa pubblica.<br />

La capacità espropriativa riscontrabile a Carpi nel ventennio ’80-’97 in relazione ai Piani Particolareggiati di<br />

iniziativa pubblica evidenzia che:<br />

- sono stati espropriati 30 ettari dei 36 previsti per le politiche residenziali di edilizia PEEP (83% di<br />

realizzazione);<br />

- sono stati espropriati e realizzati i 39 ettari previsti per gli interventi PIP della zona industriale (100% di<br />

realizzazione);<br />

- sono stati espropriati 54 ettari dei 79 previsti per le politiche dei Servizi sociali (68% di realizzazione);<br />

- sono stati espropriati 11 ettari dei 39 previsti per le politiche del Verde (28% di realizzazione).<br />

Il confronto dei dati del ventennio 1980-’97 con le scelte della proposta di PRG ‘94 (assunto a valenza<br />

ventennale, anche se, coerentemente con la legge regionale, occorrerebbe riferire i dati ad un arco di tempo<br />

decennale) evidenzia una situazione globalmente sovradimensionata, sia in termini di superfici investite che<br />

in riferimento alle prospettive di fattiva realizzazione degli interventi:<br />

- nel raddoppio delle previsioni produttive (da ettari 39 ad ettari 75);<br />

- nel triplicamento delle previsioni residenziali (da ettari 36 ad ettari 113);<br />

- nel quintuplicamento delle previsioni di servizi e verde (da ettari 118 ad ettari 655).<br />

In riferimento alla capacità realizzativa del Comune si evidenzierebbe, dunque, la necessità di garantire una<br />

politica espropriativa che incrementi di oltre il 500% la quantità di superfici da investire (da ettari 134 ad<br />

33


ettari 853) e, limitandosi alle sole aree dei servizi e del verde, dovrebbe raggiungere quasi il 1000% (da<br />

ettari 65 ad ettari 655).<br />

3.3 Gli indirizzi per la ridefinizione del Prg<br />

Il Comune di Carpi ha provveduto ad approntare nel novembre 1998, quale anticipazione del PRG, uno<br />

Schema Strutturale finalizzato a definire gli obiettivi strategici da raggiungere con il Piano, in linea con la<br />

proposta regionale di riforma urbanistica della legge 47 e con le opzioni del Piano Territoriale di<br />

Coordinamento Provinciale.<br />

L’Amministrazione ha così voluto cogliere questa occasione per avviare un grande dibattito<br />

programmatico sul futuro della città, al quale potessero partecipare tutte le sue componenti, con le proprie<br />

risorse economiche, morali ed intellettuali acquisite negli anni.<br />

La realtà della globalizzazione e la conseguente competitività di mercato sono gli elementi più significativi<br />

con cui la pianificazione territoriale ed urbanistica del futuro dovrà confrontarsi, sia a scala vasta che a scala<br />

locale; in questi anni stanno infatti cambiando le funzioni territoriali, già consolidate da decenni, di molte<br />

nostre città e la relativa gerarchia a livello non solo nazionale.<br />

Il progetto di Sistema Metropolitano Policentrico Regionale, redatto negli anni ’80 ed oggi rielaborato dalla<br />

Regione Emilia Romagna, deve garantire la riorganizzazione dei servizi territoriali e locali, per affrontare le<br />

nuove sfide e garantire le scale ottimali di governo e di gestione.<br />

Diviene così strategico per Carpi partecipare alla definizione del nuovo P.T.R.ed adeguarsi al P.T.C.P.<br />

provinciale, contribuendo alla costruzione di una “Emilia Romagna regione globale”, capace di affrontare la<br />

competizione europea.<br />

Non va dimenticata infatti la collocazione geografica della città ed il sistema di connessioni internazionali che<br />

la vede centrale rispetto alle direttrici Milano-Roma, Modena-Brennero, Costa Adriatica-Costa tirrenica.<br />

Inoltre Carpi è parte del sistema mediano della Regione ed ha relazioni con un territorio che va<br />

dallAppennino al Po ed oltre sino al lago di Garda, area fortemente sviluppata, ma che è caratterizzata da<br />

delicate risorse ambientali, culturali, turistiche da salvaguardare e valorizzare. La densità abitativa, la<br />

capacità produttiva, oltre che il sistema delle connessioni infrastrutturali la legano in particolare ai poli urbani<br />

limitrofi (Modena, Reggio,Mantova), come ambito ricettore esso stesso, nodo importante sulla direttrice del<br />

Brennero per il transito delle persone ed trasporto delle merci dalle città emiliane poste a sud. Da qui la<br />

necessità di completare e potenziare adeguatamente le interconnessioni veloci – stradali e ferroviarie –di<br />

Carpi con le due ciità capoluogo, con lo scalo merci di Dinazzano-Marzaglia, con la fermata medio padana<br />

dell’Alta Velocità a Reggio, con la città di Modena tramite un servizio di metropolitana veloce.<br />

Questi scenari, queste problematiche, e il dibattito che ne è derivato, hanno offerto l’occasione di “pensare<br />

alto” sulle strategie e sul ruolo di Carpi del prossimo millennio.<br />

Il Masterplan ha voluto perciò coscientemente ribaltare il modello di discussione del Piano, rendendo<br />

esplicite all’opinione pubblica le principali opzioni sul tappeto e costringendo tecnici e politici a misurarsi su<br />

queste grandi questioni.<br />

34


Si sono così evidenziate le scelte strutturali di fondo del processo pianificatorio del territorio che si<br />

riferiscono ai tre scenari strategici: le politiche infrastrutturali e le comunicazioni, le politiche ambientali e le<br />

politiche insediative.<br />

Le politiche infrastrutturali e delle comunicazioni riguardano la collocazione di Carpi nel contesto<br />

europeo e nazionale e la sua capacità di essere elemento di relazione e di traino nel sistema dell’Emilia<br />

occidentale.<br />

Le politiche ambientali esaltano i sistemi della diversità e delle identità dei luoghi per promuovere indirizzi e<br />

soluzioni di conservazione e valorizzazione delle risorse disponibili.<br />

Le politiche insediative evidenziano la necessità di un approccio di sostenibilità ambientale al territorio che<br />

coniughi ambiente e sviluppo in modo innovativo per la città, i in un contesto di relazioni con i centri<br />

capoluogo di Modena e Reggio con l’individuazione di funzioni di specializzazione terziarie-direzionali.<br />

3.4 Le varianti di anticipazione<br />

In coerenza con gli “Indirizzi per la ridefinizione del Prg” (1998), l’Amministrazione comunale ha anticipato<br />

alcune scelte urbanistiche ritenute strategiche ed urgenti, già previste come detto nello schema strutturale<br />

urbanistico e ambientale del Masterplan.<br />

Si tratta di alcune scelte relative all’assetto industriale e artigianale, nonché delle specifiche prescrizioni<br />

relative alle aree commerciali ai sensi della LR 14/99, per dare risposta alle necessità di potenziamento e<br />

riqualificazione del settore produttivo locale.<br />

Nuove aree industriali e artigianali<br />

Si tratta della previsione di cinque nuove aree (introdotte con variante del marzo 2000, attualmente in fase<br />

di controdeduzione), per complessivi 24,1 ha.<br />

Ambito della strada statale romana nord.<br />

Interessa una superficie di 5 ha, posta ad ovest della zona per autotrasportatori, ad integrazione e<br />

completamento dell’area produttiva esistente.<br />

Ambito di via Pola<br />

Si tratta di un’area di circa 2,4 ha, posta fra la via Pola e la zona produttiva esistente ad est della stessa, di<br />

completamento della zona artigianale esistente.<br />

Ambito di via Cavata<br />

La variante interessa un’area di circa 3,6 ha, posta in fregio alla via Cavata, finalizzata alla realizzazione della<br />

nuova sede della Cantina sociale di Carpi, attualmente localizzata in viale De Amicis , con gravi problemi<br />

logistici e di accessibilità.<br />

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Ambito di via Lama – Molise<br />

Si tratta di un’area di circa 6,8 ha, posta fra via Lama, Molise e Liguria, ad est della zona produttiva<br />

esistente, che verrà quindi completata con la variante in oggetto.<br />

Ambito della strada statale romana nord<br />

La variante è relativa ad un’area di circa 6,3 ha, delimitata a nord e a sud da due zone industriali di<br />

completamento esistenti, da potenziare e completare.<br />

Variante di adeguamento alla LR 14/99 in materia di attività commerciali<br />

In questo caso si tratta di un adempimento (adottato con variante del luglio 2000) per adeguarsi alle<br />

previsioni della legge regionale che recepisce il D.lgs 114/98. La variante risponde a tre obiettivi.<br />

- introdurre nel PRG vigente l’impianto di norme generali che disciplinano il settore del commercio ai sensi<br />

della vigente legislazione nazionale e regionale: l’articolazione delle tipologie dimensionali e<br />

merceologiche delle strutture di vendita e le relative norme sulle dotazioni necessarie in matreria di<br />

standard e di parcheggi pertinenziali;<br />

- rimuovere dal piano vigente alcune limitazioni normative obsolete che impediscono interventi di<br />

razionalizzazione e ammodernamento della rete;<br />

- aprire la strada ad un’organica politica di sviluppo del settore che risulta dettata nelle diverse zone del<br />

territorio comunale nel nuovo piano.<br />

37


4.1 La città storica e la crescita urbana<br />

Mentre la storia del territorio carpigiano è densa di vicende significative, almeno per quanto riguarda il<br />

tessuto agricolo che dopo la colonizzazione romana (I sec. a.C. - III sec. d.C), è invece "poco consistente" la<br />

parte relativa alla storia urbanistica della città che, pur nascendo e sviluppandosi non come struttura rurale<br />

ma come realtà urbana, vede nella sua collocazione (notevole distanza dalla via Emilia) e nella relativa<br />

potenza e grandezza dei suoi Signori quell'esiguo, anche se significativo, sviluppo urbanistico che hanno<br />

invece città limitrofe come Modena o Mantova. È chiaro però che Carpi non nasce quale derivazione di un<br />

nucleo contadino, ma è nel reticolo urbano la riconoscibilità di un'impostazione urbanistica tipica di molte<br />

città dell'Italia settentrionale.<br />

Un discorso a parte deve essere fatto per quanto riguarda la lettura del territorio carpigiano attraverso la<br />

cartografia che fino al 1840 mostra un differente grado di scientificità, disomogeneità nel segno e nei<br />

soggetti rappresentati dapprima con i "cabrei" poi con le mappature dei "periti agrimensori"; del resto<br />

dall'iconografia storica degli insediamenti, delle infrastrutture e dell'ambiente è possibile ricostruire i caratteri<br />

specifici delle conformazioni e delle evoluzioni urbane.<br />

Il dettaglio della rappresentazione, la capacità evocativa delle immagini e la confrontabilità con la realtà<br />

attuale divengono allora le coordinate principali di riferimento. é in questo periodo che l'Istituto Geografico<br />

Militare Austriaco pubblica, alla scala 1: 86.400, nel 1849 le "carte topografiche del Ducato di Modena". Le<br />

carte, tutte divise in fogli assemblabili, da un lato realizzano la prima copertura topografica omogenea<br />

dell'odierno territorio comunale e provinciale, dall'altro dimostrano con chiarezza il disegno egemonico e<br />

militare dell'Austria nell'Italia centro-settentrionale. Il disegno si fa più rigoroso nella codificazione del<br />

simbolo che classifica sistematicamente insediamenti umani, edilizia sparsa, viabilità e mette in risalto la<br />

presenza di elementi vegetazionali di una certa importanza come le alberature, i boschi e la risaie. Dopo<br />

l'unità d'Italia (1861), con l'entrata in vigore della legge del primo marzo 1886 viene istituito il Nuovo Catasto<br />

Terreni per tutto il territorio nazionale: si tratta del primo strumento omogeneo di rilevazione e<br />

configurazione della proprietà fondiaria. La novità è rappresentata dalla prima rilevazione cartografica<br />

catastale per i territori dell'ex Ducato Estense che eranocompletamente privi di catasti geometrico-<br />

particellari. Il Nuovo Catasto Terreni estremizza la rappresentazione articellare a scapito degli elementi<br />

descrittivi, riducendo al minimo il fattore cromatico e realizzando un arido reticolo grafico.<br />

Carpi diviene "vera e propria realtà urbanistica" (se escludiamo alcuni rari esempi, anche se estremamente<br />

significativi, interni alle mura) solo dopo l'avvento della rivoluzione industriale, con timidi compositi approcci<br />

programmatori, e dopo la realizzazione della ferrovia ma, in maniera determinata e travolgente, come<br />

vedremo nei capitoli successivi, solo dopo l'ultimo conflitto mondiale.<br />

Contrariamente ad altre realtà limitrofe, come la stessa Modena, che ha avuto una storia urbanistica e<br />

pianificatoria più antica, più ricca e articolata che va dal "Regno degli Estensi" ai grossi interventi di epoca<br />

settecentesca, oppure alla riorganizzazione urbanistica della fine dell'Ottocento, fino ai grandi Piani<br />

38


Regolatori del 1904, del 1923 a quello del 1958 (che assecondò le linee di sviluppo "spontaneo" mediante un<br />

sistema viario radiocentrico, accentuando le funzioni e il peso delle principali direttrici di espansione e i cui<br />

esempi sono ancora ampiamente evidenti) fino all'ultimo piano del 1989, Carpi non ha subito grossi<br />

sconvolgimenti urbani. Alla fine del XIX secolo, in concomitanza con la proclamazione dell'unità d'Italia, la<br />

città è ancora racchiusa all'interno delle mura urbane. Rari sono gli interventi che incidono direttamente sul<br />

tessuto urbano e urbanistico della città, fatta eccezione per gli interventi del periodo rinascimentale o il<br />

timido sviluppo edilizio dopo l'abbattimento delle mura agli inizi del XX secolo con un intervento pubblico su<br />

area comunale più di tipo lottizzatorio che pianificatorio. Da allora alla fine della seconda guerra mondiale, la<br />

città conosce un parziale sviluppo a ovest e a sud mentre, più consistente, anche se modesto, verso est.<br />

Alla formazione della struttura urbana attuale ha contribuito, in massima parte, lo sviluppo avvenuto nella<br />

seconda metà del XX secolo. La variazione delle superfici delle aree urbanizzate dalla fine del secolo ad oggi<br />

non è stato solo un fenomeno carpigiano ma di molte altre realtà non localizzate sulla via Emilia; sta di fatto<br />

che la città di Carpi, rispetto ai 52 ettari di superficie occupata nell'urbano, alla fine del secolo scorso, da<br />

edifici pubblici e privati, cortili e orti, strade e giardini, è passata attualmente (1995) a superare oltre 1.410<br />

ettari. Sulla base del materiale storiografico e cartografico, predisposto e ordinato negli uffici e negli archivi<br />

comunali, si è cercato di sintetizzare la genesi e lo sviluppo storico-urbanistico del territorio e della città di<br />

Carpi in alcune fasi significative.<br />

Dalla fondazione alla fine dell'800 e all'arrivo della ferrovia<br />

Il nucleo più antico dell'abitato è la chiesa di S. Maria che la tradizione vuole eretta da Astolfo nel VIII<br />

secolo, successivamente trasformata nell'attuale oratorio della Sagra.<br />

Chiaramente individuabile nella suddivisione del territorio è la struttura romana della centuriazione, tipica<br />

delle località emiliane che venivano destinate alle colonie dei militari, nell'orditura regolare della sua maglia<br />

ruotata fino a coincidere, all'incirca, con l'asse eliotermico; le tracce di questa colonizzazione, quando non<br />

sono state cancellate dall'impadulamento dell'età tardo-antica, sono ancora facilmente leggibili nella<br />

permanenza di percorsi stradali e canali di scolo delle acque.<br />

Di chiara impostazione medioevale, con il castello del X secolo (castrum Carpense), sono i primi borghi<br />

esterni sorti sulle direttrici viarie: a nord-est borgo Inferiore, poi S. Antonio, a sud-est borgo Superiore, poi<br />

Borgofortino (XII secolo). Tra il XIII e il XIV si insedia a sud-ovest il convento e la chiesa dei francescani in<br />

una zona già in parte urbanizzata. La sistemazione del Castel Noglioso e di Borgo Nuovo a occidente avviene<br />

a cavallo tra la fine del XIII e la metà del XIV secolo.<br />

Tra le terre concesse in feudo a Giberto Pio nel 1387 dall'imperatore, fu compreso anche Gargallo che<br />

nell'atto di investitura così" viene citato: "Gargallum ubi olim fuit Castrum". Di quell'antica fortificazione<br />

rimane oggi solo la torre detta "della Stoffa" collocata nel limite sud del territorio di antica pertinenza dei Pio.<br />

Il comparto urbano di Carpi nel secolo XV era del tutto consolidato e Alberto III Pio (1491-1527), signore<br />

della città, non ampliò altre aree, ma intervenne, modificando l'immagine della città con nuove strutture di<br />

servizio chiaramente monumentali. Alcune opere ecclesiastico-conventuali del suo governo sono notevoli:<br />

dalla partecipazione all'edificazione del convento di S. Chiara (1490) alla ristrutturazione in forma<br />

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monumentale della chiesa di San Nicolò (1493) fino all'edificazione del nuovo convento dei Servi di Maria<br />

(1495) nell'angolo nord-orientale della città. Inoltre vi sono altri interventi minori a favore del convento di S.<br />

Francesco, della chiesa di S. Maria della Rosa (la Rotonda) e di confraternite e pie associazioni. Anche Santa<br />

Maria in Castello venne interessata dal fervore edilizio di Alberto che ne ordinò la riduzione, allineando la<br />

facciata alla torre campanaria mentre sul lato settentrionale dello spazio della grande piazza un tempo<br />

adibito a giardini e scuderie, iniziò la costruzione della nuova Collegiata (il Duomo).<br />

Le opere civili di questo prospero e acuto Signore, sono estremamente significative dal momento che<br />

intervenne trasformando il complesso dell'antico castello attraverso il collegamento, tra loro, di alcuni vecchi<br />

edifici in modo da fargli assumere la conformazione di un palazzo squisitamente rinascimentale, sede della<br />

corte del principe.<br />

Tale impronta, di apertura rinascimentale, viene data nel 1444 quando, a fianco della Sagra, sorge il palazzo<br />

di Giberto Pio detto "Castelvecchio".<br />

L'ultima operazione urbanistica di Alberto III fu quella di costruire una cinta muraria bastionata (1507-1520)<br />

per proteggere i borghi sorti attorno ai nuovi complessi conventuali periferici. Il settore nord-ovest della<br />

città, delimitato dall'attuale asse costituito da Corso Alberto Pio e dal suo prolungamento oltre la Piazza<br />

Martiri, impostato per larghi isolati quadrati e rettangolari, è anch'esso di sapore rinascimentale.<br />

Baldassarre Peruzzi (1481-1536), architetto del Signore di Carpi, può essere in parte responsabile della<br />

scansione e l'organizzazione degli spazi della città attraverso l'individuazione di un centro amministrativo e<br />

commerciale quale derivazione dell'accampamento romano. Il grande architetto senese intervenne nella<br />

realtà carpigiana non solo sotto l'aspetto urbanistico ma anche in maniera diretta sia su edifici civili che<br />

religiosi, prendendo come modelli edifici antichi.<br />

Con l'abbattimento delle fortificazioni interne, diventate inutili e ingombranti, scompare la "Cittadella" e le<br />

sue case medioevali sono in gran parte demolite, così da alterarne profondamente anche l'aspetto viario.<br />

Successivamente viene ribaltato il concetto "urbano" del castello con la creazione del cortile interno al<br />

castello stesso (ispirato ad idee di scuola bramantesca a cui forse non fu estraneo lo stesso Peruzzi) e la<br />

definizione del "Borgo Gioioso", arricchito successivamente del portico del Mercato del Grano, il cui principio<br />

ispiratore si concretizzava in una voluta continuità con quanto già esisteva dalla metà del XV secolo per gli<br />

edifici che componevano la grande piazza, comprendenti il regolare fronte porticato del "Portico Lungo" e<br />

che erano stati eretti da nobili famiglie con precisa struttura planimetrica a corpo chiuso e allineamento a<br />

schiera.<br />

La realizzazione di Borgonovo e di Borgogioioso, la costruzione di chiese monumentali, la ristrutturazione del<br />

castello (divenuto il Palazzo del Signore) che, con la sua facciata classicheggiante e peruzziana, definisce il<br />

lato orientale della piazza diventata "forum" della città rinascimentale, e la moderna cinta muraria<br />

bastionata, lunga quasi quattro chilometri, determinano l'ossatura urbana di Carpi, che rimarrà nella sua<br />

quasi totalità immutata fin'oltre la metà dell'Ottocento.<br />

Il sistema fognario era affidato al Canale di Carpi; le sue diramazioni all'interno della cinta muraria, realizzate<br />

fra il 1546 e il 1562 su progetto di un religioso matematico (e pagato dalla comunità carpigiana, avendo, tra<br />

gli altri scopi, quello di servire i mulini lungo il suo percorso) raccoglievano liquami e acque piovane che<br />

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defluivano dall'abitato all'altezza del luogo che fu comunemente detto "Pallamaio" dove i rami del canale<br />

tornavano a unirsi in un unico corso.<br />

Divenuti gli Este i nuovi signori di Carpi, si interrompe la incessante attività nel campo delle opere pubbliche<br />

che aveva caratterizzato l'età di Alberto III Pio. Carpi diviene, in questo periodo, struttura periferica di uno<br />

Stato più vasto. I pochi interventi urbanistici degli Este sono soprattutto di natura amministrativo-militare e<br />

riguardano la sistemazione interna dell'antica Cittadella, oppure nuove opere di fortificazione della cinta<br />

muraria, o regolano con atti propriamente amministrativi la vita cittadina.<br />

Le frequenti ordinanze ducali (gride) sulla salvaguardia degli argini e delle chiuse, sulle spese per la loro<br />

manutenzione e sulle pene per i contadini che facevano deviare acqua dal Canale con scavi abusivi, si<br />

spiegano con la scarsità dell'acqua che vi scorreva e con la conseguente difficoltà di garantirne l'utilizzo sia<br />

per scopi irrigui che come risorsa energetica per il funzionamento dei mulini che, a partire dal XV secolo,<br />

cominceranno a essere installati un pò ovunque sul percorso: a Panzano, a Gargallo, a Santa Croce, alle Pile<br />

di Cibeno, ma anche all'interno delle mura dove se ne contano addirittura tre.<br />

Tuttavia l'azione degli Este in tutela dell'economia della città rimane significativa; dal potenziamento di<br />

strutture come l'Albergo della Posta, la definizione di nuove gabelle dei Dazi, la creazione di un monte della<br />

farina, o l'impiantare botteghe per la lavorazione della seta, testimoniano un clima di relativa prosperità in<br />

cui Carpi vive verso la fine del XVI secolo.<br />

Non esisteva acquedotto e l'acqua era reperita attraverso pozzi freatici costruiti, principalmente, all'interno<br />

dei fabbricati. Rari e preziosi erano, invece, alcuni pozzi artesiani, tipici della provincia modenese, che<br />

fornivano acqua potabile pubblica anche se leggermente ferrosa.<br />

Nel 1606 viene ultimata, utilizzando il vecchio modello di Baldassare Peruzzi, la chiesa colleggiata che<br />

conclude a nord, la piazza grande con effetto scenografico. La completezza della sistemazione plateale<br />

terminerà solo nel 1861 con la realizzazione del Teatro su progetto dell'architetto Claudio Rossi (restaurato<br />

nel 1979 dall'arch. modenese Manfredi Rossi).<br />

Da parte del Duca Francesco III d'Este, nel 1768 viene introdotta la cosiddetta riforma "illuminata" che<br />

consiste nel parificare le terre del Clero a tutti gli altri proprietari terrieri attraverso il pagamento dei relativi<br />

tributi; la riforma, però, non lese le proprietà dei grandi ordini religiosi, come i Francescani, ma sopratutto<br />

non riuscì" ad eliminare l'altra larga fetta di rendita passiva rappresentata dalla proprietà nobiliare.<br />

L'intervento napoleonico ha poco peso sulla struttura urbanistica della città se si escludono alcune norme di<br />

carattere igienico-sanitario e la progettazione del nuovo cimitero urbano, previsto all'esterno della cinta<br />

muraria e che verrà terminato soltanto nel 1826.<br />

Successivamente, con la formazione del Regno Italico e con la realizzazione di un nuovo catasto censuario, è<br />

possibile apprendere che la proprietà fondiaria carpigiana era distribuita tra sole 26 famiglie di origine nobile<br />

che possedevano ben 23.264 biolche carpigiane (circa 70.000.000 di metri quadrati); seguivano altre<br />

famiglie borghesi e di ebrei, mentre la Chiesa possedeva 1.435 biolche (più di 4 milioni di metri quadrati ).<br />

La raggiunta stabilità amministrativa consentirà di approntare piani di intervento sulla città e, in<br />

ottemperanza alle norme emanate dal Governo centrale, anche a Carpi si istituisce una "delegazione<br />

d'Ornato" che ha, tra i suoi compiti, quello di vigilare sull'attività edilizia dei privati. Gli obiettivi, gli indirizzi e<br />

gli orientamenti della Delegazione, sono quelli della ricerca di un decoro esteriore e la simmetria delle<br />

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facciate più in vista; ma non tutto quello che si è prefissata viene realizzato, anche perchéè i lavori sono a<br />

carico dei proprietari, e, in taluni casi, per il raggiungimento dei dichiarati ottusi obiettivi prefissati, si arriva a<br />

cancellare numerose testimonianze della Carpi medioevale e rinascimentale.<br />

L'arricchito ceto borghese, spesso di estrazione agricola o commerciale, a seguito della fiorente economia<br />

locale in crescita costante, con l'aumento del proprio capitale e del benessere individuale, rivolge il proprio<br />

interesse al rinnovo delle abitazioni urbane.<br />

Il potere pubblico rivolge invece la propria attenzione alla pavimentazione dei portici (per molti tratti ancora<br />

in terra battuta), e porta a compimento l'impresa della selciatura di tutta la Piazza Grande (oggi Piazza dei<br />

Martiri). Tra il 1840 e il 1858 si rinnova il Portico Lungo con lastroni di marmo rosato di Verona. Gli interessi<br />

dell'amministrazione comunale sono anche rivolti a progettare strutture per il miglioramento delle condizioni<br />

igienico-sanitarie, tra cui il macello pubblico e il potenziamento delle fogne, come vedremo più nel dettaglio,<br />

successivamente.<br />

Carpi festeggia l'annessione di Modena al Regno Sabaudo, con l'inaugurazione del nuovo Teatro comunale.<br />

Se, come dicevamo precedentemente, il teatro è la prima opera pubblica che vede la luce con l'avvento<br />

dell'Unità d'Italia, la seconda opera è certamente quella di carattere più economico-sociale che urbanistico,<br />

anche se influirà in maniera determinante sul tessuto urbanistico dell'intera città, della realizzazione della<br />

ferrovia, elemento indispensabile nel neonato Stato per la formazione di un mercato nazionale per lo<br />

spostamento delle merci e delle persone.<br />

Il 28 dicembre 1872 si inaugura il tratto ferroviario Modena-Reggiolo-Gonzaga. Questa data segna l'inizio di<br />

una serie di operazioni urbanistiche ma che ci danno una lettura puntuale di ciò che è avvenuto. L'ingegnere<br />

Alessandrini, progettista del collegamento tra la ferrovia e le mura (in quel momento ancora integre) adotta<br />

la soluzione, in quel tempo assai usata, che prevede la demolizione di parte delle mura e la creazione di un<br />

viale alberato.<br />

La città è un grosso centro inserito in un'economia agricola senza una spiccata imprenditoria industriale ma<br />

che, proprio per la diffusione della lavorazione del truciolo, si distingue dalle altre piccole realtà limitrofe<br />

della bassa padana.<br />

A est delle mura e parallelamente a esse, viene realizzata (da una tavola di Gaetano Vellani del 1851) una<br />

strada che collegava la via Postale di Modena-via Nuova a sud con la Strada della Mirandola-via dei Tre<br />

Ponti, chiamata Strada nuova di Porta S. Antonio, successivamente definita Strada Circondariale di Levante e<br />

via Provinciale Motta. Nella città, ancora racchiusa dalle mura, il degrado del patrimonio edilizio è sempre più<br />

appariscente e la "Commissione d'Ornato", ereditata dalla precedente amministrazione, si occupa di<br />

provvedimenti per la salvaguardia e l'intervento sulle strutture più fatiscenti. Se nel 1861 gli abitanti di Carpi<br />

sono 17.040 e la superficie occupata dall'edificazione, raccolta ancora all'interno delle mura, è di 52 ettari, ai<br />

censimenti 1871 e 1881 sono rispettivamente 17.724 e 18.856 passando alla fine del secolo XIX (censimento<br />

1901) a 22.876 abitanti con oltre 105 ettari urbanizzati ed edificati. L'industria del "truciolo" (lavorazione<br />

della paglia intrecciata di salice o di pioppo per la confezione, principalmente, di cappelli) oggi scomparsa,<br />

fiorentissima fino alla metà dell'800 e nei primi decenni del '900, ha radici addirittura nel '400, quando si<br />

presume le abbia dato origine il carpigiano Nicolò Biondo. Nel '500 i prodotti del "truciolo" (cappelli, trecce e<br />

ornamenti) erano già venduti a Modena, Ferrara, Bologna, Ravenna, Loreto, Firenze e Pesaro. L'industria era<br />

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tanto fiorente che alla fine del 1.500 i contadini trascuravano per essa la terra; per ovviare al problema fu<br />

emanato un ordine che vietava di far "lavori di paglia dal 20 giugno alla fine di luglio".<br />

Per tutto il XVIII secolo il settore dei cappelli, tra crisi cicliche e riprese successive, si evolve, tanto che alla<br />

fine dell'800 quella straordinaria produzione occupava stabilmente, o saltuariamente, dalle seimila alle<br />

dodicimila persone. é indubbio che dall'inaugurazione, nel 1871, della linea ferroviaria si siano intensificati i<br />

traffici economici per la rapidità, la speditezza e la quantità di merci che il nuovo mezzo poteva trasportare.<br />

Nel frattempo anche l'agricoltura prosperava, soprattutto nella produzione vitivinicola e nell'allevamento del<br />

bestiame. Il locale istituto di credito, la Cassa di Risparmio di Carpi fondata nel 1843, iniziò ad operare con<br />

crediti sia all'industria che all'agricoltura alla luce dell'afflusso crescente dei depositi dei grandi e piccoli<br />

risparmiatori.<br />

La crescita fuori dalla cinta muraria (1900 - 1910)<br />

Tra la fine dell'ottocento e l'inizio del '900 assistiamo anche a Carpi a una serie di trasformazioni urbanistiche<br />

che, seppure ricomposte diversamente dallo schema generale in uso in questo periodo, riguardano la storia<br />

di quasi tutte le città italiane: il collegamento con la stazione ferroviaria, la demolizione della fortificazioni<br />

urbane, spesso sostituite da viali di circonvallazione, l'urbanizzazione della zona compresa tra la ferrovia e la<br />

vecchia cinta muraria, la realizzazione di giardini pubblici, l'edificazione di strutture di servizio e di produzione<br />

lungo il perimetro dei nuovi viali. Dentro la città agli inizi del secolo, per rinnovare l'organizzazione aziendale<br />

con una visione più moderna e produttiva per la lavorazione del truciolo, sorgono i grandi stabilimenti, con<br />

caratteri propriamente industriali, negli spazi liberi ma senza alterare l'aspetto complessivo del tessuto<br />

urbano. Il potere economico si manifestava adesso attraverso le sue ciminiere che svettavano al di sopra di<br />

tutti gli altri "simboli cittadini". Ma è proprio per concentrare le fasi della produzione in grandi stabilimenti e<br />

la conseguente necessità di nuovi spazi per gli opifici, ma anche per dare risposta alla richiesta di villini per la<br />

nuova borghesia imprenditoriale e alla fame di alloggi per gli operai che diviene significativo, in questo<br />

periodo, l'atterramento delle cinquecentesche mura Estensi. Le mura racchiudevano da quasi quattrocento<br />

anni qualunque espansione della città; alla fine del secolo XIX Carpi arriva a una condizione limite di<br />

addensamento da non riuscire a dare risposta alle pressioni dei nuovi nuclei familiari che reclamavano nuove<br />

abitazioni. Il contrasto tra l'asfissia e la concentrazione nel nucleo urbano e l'ampiezza del territorio aperto<br />

all'intorno, era una realtà troppo appetibile e provocatoria, anche alla luce dell'industrializzazione e della<br />

maggior quantità di ceti borghesi ricchi di soldi da investire in operazioni immobiliari. La necessità<br />

comunemente sentita di abbattere le mura e di procedere all'espansione della città, venne infine soddisfatta<br />

nel 1904.<br />

L’abbattimento, motivato da ragioni imputate alla indispensabile necessità di far raggiungere migliori<br />

condizioni igieniche alle case adiacenti alle fortificazioni e per una migliore aerazione e insolazione,<br />

consentirà il primo sviluppo edilizio (più che urbanistico) della città verso est, tra gli attuali viali Carducci e<br />

Nicolò Biondo.<br />

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È proprio con il primo atterramento delle mura, iniziato nel 1904 che inizia la vera espansione della città.<br />

Prima in maniera timida con lo sviluppo a est verso la ferrovia, che diverrà, successivamente, il vero limite<br />

all'espansione urbana.<br />

I primi insediamenti si sviluppano nel triangolo nord-est tra la via Darfo Dallai, l'attuale viale Ludovico Ariosto<br />

e la stessa linea ferroviaria. Gli assi principali sono a croce; il primo parallelo, ricalcando perpendicolarmente<br />

l'asse del decumanius della centuriazione romana, partendo dalla piazza principale, si sviluppa fino a Piazza<br />

Garibaldi (allora piazza delle Erbe), il secondo, parallelo al quintarius, si protrae, invece, da corso Fanti<br />

all'attuale corso Cabassi fino a superare la "Barriera Fanti" per arrivare fino alla stazione ferroviaria.<br />

Sulla base di un progetto del 1906 viene realizzata una strada (l'attuale viale Carducci) che si "appoggia" sul<br />

sedime delle vecchie mura e del fossato a est, e che si collegava in più punti con la Strada Circondariale di<br />

Levante che proseguiva, fin dal 1872, sovrapassando i binari ferroviari, verso il quartiere di Cibeno,<br />

collegandosi poi alla Strada Provinciale Motta subito dopo la Barriera Fanti; le interconnessioni tra il nuovo<br />

viale e la strada circondariale sono numerose per il naturale prolungamento delle vie Bellentanina, via Del<br />

Monte, via Borgofortino, contrada Aldrovandi, contrada Sigonio.<br />

L'abbattimento delle mura consente verso la fine del primo decennio del secolo di edificare sul bastione<br />

cinquecentesco di sud-est tra via Garagnani e via Volturno fino alla via Mentana con un'area più consistente,<br />

verso est, che va dalle attuali vie Bernardino Loschi e Fratelli Rosselli fino a via Galasso Alghisi. Una ulteriore<br />

propaggine si sviluppa a sud-ovest, al di là del "Baluardo San Francesco", allora ancora esistente, lungo<br />

l'attuale via Milazzo. L'ultimo significativo sviluppo avviene oltre le mura e il "Baluardo San Nicolò" ancora in<br />

piedi, verso ovest, tra l'attuale via Tre Febbraio, la via Baldassarre Peruzzi e la via San Giacomo; oltre queste<br />

piccole aree edificate si trova, naturalmente, piena campagna. I fabbricati che si costruiscono in queste zone<br />

sono di forma semplice e "povera" sia dal punto di vista economico che formale e stilistico, se escludiamo<br />

alcuni isolati villini borghesi che si trovavano (e si trovano) lungo l'attuale viale Carducci che hanno, pur nella<br />

loro eleganza formale, caratteristiche estetiche che si alternano tra il liberty e l'eclettismo accademico (alcuni<br />

esempi decorativi sono chiaramente riconoscibili anche in alcune facciate di edifici del centro storico).<br />

Non meno importante, per l'intervento sul tessuto urbano, è l'impegno che viene ad avere il nascente<br />

movimento cooperativo sulla spinta delle idee operaiste e associative (socialiste, cattoliche, mazziniane) o il<br />

sorgere, anche a Carpi, della Camera del Lavoro.<br />

Il processo di industrializzazione, legato alla lavorazione del "truciolo", vede in questo decennio uno dei suoi<br />

maggiori sviluppi, anche in ambito europeo.<br />

L'espansione verso la ferrovia, i primi quartieri a progettazione unitaria (1911-1945)<br />

La nuova società cittadina, composta principalmente da braccianti e cariolanti che, uniti in cooperative<br />

costituite principalmente all'inizio del secolo, ha necessità di lavoro e premono sullo Stato perché dia una<br />

risposta adeguata dal momento che le manifatture non possono assorbire tutta la manodopera che, attratta<br />

da facili guadagni o da un tenore di vita migliore, ha portato in città numerose famiglie contadine.<br />

La risposta dello Stato non si fa attendere e la soluzione viene trovata dapprima con l'abbattimento delle<br />

mura e dei baluardi rimaste in piedi e con il recupero dei mattoni per essere utilizzato come materiale da<br />

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costruzione per le case delle nuove famiglie, successivamente poi con grandi opere di bonifica nelle parti di<br />

territorio ancora malsano e paludoso e inoltre nella realizzazione di una rete interminabile di canalizzazioni; a<br />

questo proposito venne fondato un grande consorzio di bonifica che prende il nome di "Bonificazione<br />

Parmigiana Moglia" per l'ampio territorio interessato che andava dall'area mantovana a quella reggiana fino<br />

alla bassa modenese.<br />

Ma il primo vero intervento di vaste proporzioni dei braccianti e degli scariolanti è proprio, come dicevamo,<br />

quello relativo alla demolizione delle mura; iniziata in maniera massiccia agli inizi del secolo (1904), fu<br />

completata alla fine del 1912. A differenza di altre realtà, l'occasione della demolizione della cinta muraria<br />

non è colta a Carpi per determinare un nuovo disegno organico della città: l'espansione avviene in modo<br />

abbastanza casuale.<br />

A un'espansione leggera a nord e a sud, sul sedime delle mura, fa riscontro un'espansione più consistente a<br />

est: l'area acquistata dal comune nel 1920 dall'ingegner Pallotti è il primo esempio di "intervento pianificato"<br />

o, addirittura, di una prima elaborazione di "Piano Regolatore". L'espansione di una parte della città al di<br />

fuori della cerchia dei viali circondariali avviene secondo un progetto unitario che prevede la formazione di<br />

strade e di lotti edificabili su un'area di 6 ettari coltivata a vigneto e arborata.<br />

Contestuale alla lottizzazione si realizza il secondo tratto della ferrovia che collega Carpi e Correggio con<br />

Reggio Emilia intersecandosi sulla linea Modena-Mantova-Verona all'altezza del Foro Boario. L'intervento è<br />

legato alla forte presenza di attività industriali che conferiscono a Carpi un ruolo non secondario al suo<br />

futuro sviluppo produttivo.<br />

Inizia l'espansione a ovest, nell'area di sedime della mura, fino a "riempire" gli interstizi lasciati liberi dallo<br />

sviluppo precedente principalmente tra le attuali vie Galileo Galilei e Guido Fassi a est, via Volta e via Tre<br />

Febbraio a ovest.<br />

Nel 1912 all'incremento della popolazione e alla conseguente necessità di abitazioni viene provveduto anche<br />

mediante l'ampliamento e l'innalzamento dei fabbricati esistenti nel centro storico, a opera dei privati.<br />

Contemporaneamente una serie di villini per le "nuove famiglie benestanti" vengono edificati lungo l'attuale<br />

via Catellani la cui conformazione, sinusoidale, segue il tracciato delle vecchie mura e del fossato. Nel<br />

decennio che va dal 1918 al 1928, pur in presenza dell'avvento del regime fascista, si registra una continuità<br />

con le trasformazioni intraprese dalle Amministrazioni moderate e socialiste dell'età giolittiana; il segno più<br />

evidente è dato dai tentativi di definizione del nuovo perimetro urbano dopo l'abbattimento delle mura e<br />

della localizzazione delle infrastrutture e dei servizi indispensabili per la città. Un ulteriore sviluppo, di forma<br />

triangolare, avviene oltre la ferrovia Modena-Mantova verso Cibeno, lungo la via Provinciale Motta,<br />

collegando l'esistente mulino della Pila; ma il più significativo è quello che fronteggia la stazione ferroviaria<br />

per tutta la sua lunghezza. In quest'area gli interventi sono principalmente di tipo produttivo, infatti il<br />

raccordo con la ferrovia è necessario e vitale per il trasporto delle merci.<br />

La edificazione di strutture specialistiche (l'ospedale, il parco della Rimembranza, il campo polisportivo, ecc.),<br />

nonché quelle legate ad attività produttive, trovano collocazione sia all'interno della città che a ridosso della<br />

stazione ferroviaria e delle "porte" rimaste integre o in quegli spazi lasciati liberi da quelle abbattute.<br />

Alla metà del 1920 sono ormai completamente urbanizzati i viali di circonvallazione con i primi esempi di<br />

villini (alcuni in stile liberty o di linee eclettiche) alternati a complessi artigianali e industriali. Il concetto<br />

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edificatorio che sta alla base di queste aree, ricalcando altre esperienze europee dell'Art Nouveau, è di uno<br />

sviluppo inteso come "città-giardino" (anche se rappresenta un esempio ristrettissimo e poco significativo<br />

nella realtà carpigiana ).<br />

Alla drammatica situazione degli alloggi economici, uno dei seri problemi della città, anche in relazione alla<br />

crescente disoccupazione, l'amministrazione podestarile cerca di porre rimedio con un piano di costruzioni<br />

che si concentrano nell'area a levante del vecchio centro fino alla strada ferrata.<br />

Non esistono criteri di sviluppo urbanistico organico (se escludiamo il progetto di risanamento del 1935, ma<br />

di cui non si farà uso) e una lettura anche superficiale delle direttrici urbane dell'espansione ci da<br />

immediatamente la sensazione di interventi a tutto campo e in ogni direzione; solo il cimitero urbano, fino<br />

alla fine della seconda guerra mondiale, farà da barriera invalicabile all'espansione verso sud e ovest.<br />

Tra la prima e la seconda guerra mondiale comincia la trasformazione a parco pubblico della grande area<br />

antistante Porta Mantova il parco "delle Rimembranze” e successivamente si realizza il nuovo ospedale. Si<br />

registra, in questo periodo storico, un fatto singolare e curioso.<br />

Con le opere di bonifica realizzate tra il 1920 e il 1930 viene realizzata, il Canale di Carpi, elemento<br />

essenziale per secoli della vita economica e sociale del Comune<br />

La struttura urbana della città del 1940 non contiene sostanziali modifiche e novità rispetto a quella del 1933<br />

e, anche se vi si avvertono segni di future lottizzazioni, essa appare statica all'interno del nuovo perimetro<br />

costituitosi con le realizzazioni degli anni '20.<br />

Poco significativa, per non dire insignificante, è l'edificazione e lo sviluppo urbano prima della seconda<br />

guerra mondiale, fatta eccezione per quei pochi edifici del regime collocati, come dicevamo, principalmente a<br />

nord e a sud della città. Nonostante gli interventi pubblici, Carpi, sotto il profilo della cultura e degli<br />

interventi pianificatori sulla città, non "esce" dai confini del grosso comune agricolo e l'impronta fascista non<br />

si qualifica con decise inversioni di tendenza rispetto al passato.<br />

Dal dopoguerra al 1960: la parcellizzazione della crescita e l'abbandono del centro storico<br />

A partire dal 1945, nel quadro della ricostruzione postbellica, si delinea lo sviluppo reale della città;<br />

l'espansione avviene in ogni direzione.<br />

La parcellizzazione delle proprietà e l'edificazione di tipologie unifamiliari, sorrette da una fitta rete stradale a<br />

maglie ortogonali, è pressoché continua. Le linee di sviluppo sono improntate, come dicevamo, su assi<br />

ortogonali, con la ricerca di una maglia semplice e regolare.<br />

Nel periodo fra la fine della seconda guerra mondiale (1945) e il 1960, la popolazione passa da 35.000 a<br />

45.000 abitanti dando luogo a una rilevante espansione, in gran parte al di fuori dei ristretti confini che<br />

detterà, nel 1959, il neonato Piano Regolatore Generale, lungo le principali arterie stradali verso sud sud-<br />

ovest e nord nord-ovest. La città cresce come aggregazione di vari nuclei adiacenti al centro storico che,<br />

dietro l'apparenza del quartiere di casette con giardino, nascondono la realtà di una fondamentale attività<br />

produttiva.<br />

Bastano poche cifre per dare l'esatta proporzione della tumultuosa crescita della città: mentre nel 1950 si<br />

costruisce a Carpi un solo nuovo edificio, nel 1959 ne sorgono ben 406, portando complessivamente a 1.601<br />

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il numero di fabbricati costruiti nel decennio (1951-1960) con 2.885 abitazioni; parallelamente la dimensione<br />

media del lotto residenziale, che nel 1950 è di mille metri quadrati, nel 1959 si riduce mediamente a meno di<br />

cinquecento metri quadrati, contestualmente la dimensione media del lotto destinato ad attività produttive<br />

passa dai tremila metri quadrati del 1953 ai mille metri quadrati del 1957.<br />

Per quanto riguarda le varie zone della città, il primo elemento evidente che balza agli occhi è la continuità<br />

che si comincia a intravedere tra i settori est e ovest, che porterà poi, verso la fine degli anni '50, alla logica<br />

conclusione di quell'asse di sviluppo urbano avulso da qualunque regola; punto di riferimento diviene allora<br />

l'appena adottato Prg.<br />

A partire proprio dagli anni cinquanta, a seguito della grande espansione urbana, il rapporto con il sistema<br />

fognario, ancora costituito da vecchi cunicoli in mattoni di argilla cotta, spesso senza pavimento di fondo,<br />

diviene precario, principalmente per fattori igienici, imponendo all'amministrazione comunale l'ulteriore<br />

copertura di ampi tratti del Canale di Carpi.<br />

L'opera di copertura, iniziata nel 1950, verrà portata a termine un decennio più tardi contemporaneamente<br />

all'ampliamento del lago di decantazione ricavato in località San Marino per consentire la depurazione<br />

naturale delle acque, prima della loro immissione nel sistema irriguo del territorio settentrionale.<br />

E’ in questo periodo di grandi cambiamenti dell'assetto urbano e territoriale che viene affidato l'incarico per il<br />

primo vero Piano Regolatore Generale, all'architetto milanese Luigi Airaldi. Il Prg viene adottato dal Consiglio<br />

Comunale nel 1959 ma approvato definitivamente dopo otto anni (1967) dai competenti uffici del Ministero<br />

dei Lavori Pubblici.<br />

Il dopoguerra vede il passaggio dal settore del truciolo a quello della produzione della maglieria; possiamo<br />

affermare che si trattò di una "esplosione" che avvenne sui valori depositati negli anni del truciolo e che<br />

hanno determinato e formato una mentalità e un'orientamento generale congeniale alla struttura produttiva<br />

e organizzativa del nuovo boom.<br />

Si sviluppa il settore legno-mobilio grazie alla dinamica positiva della domanda interna, domanda che si<br />

caratterizza, per tutti gli anni '50, in seguito alla progressiva industrializzazione, all'inurbamento e allo<br />

sviluppo dell'edilizia residenziale. Alla fine degli anni cinquanta si consolida il settore della maglieria, ovvero<br />

all'improvvisazione dei pionieri del tessile abbigliamento, subentra la ricerca metodica di strumenti per<br />

comprendere le regole del mercato per qualificare i processi produttivi e migliorarne l'offerta.<br />

Nel frattempo si consolida il modello di produzione decentrata come base dell'organizzazione produttiva del<br />

settore.<br />

Gli anni sessanta: rappresentano il decennio della grande espansione. Potremmo rappresentarla come<br />

un'estensione radiale che, partendo dalle aree edificate del decennio precedente, avviene indistintamente "a<br />

macchia d'olio o a pelle di leopardo" in ogni direzione possibile<br />

La caratteristica che accomuna le piccole o medie lottizzazioni è l'organizzazione, per così dire, urbanistica;<br />

dall'orditura di una maglia viaria, spesso di cinque-sei metri di larghezza senza marciapiedi e parcheggi, che<br />

serve singoli appezzamenti, alle dimensioni degli stessi lotti che variano, normalmente, dai trecento ai<br />

quattrocento metri quadrati. La lottizzazione "fa da padrone" nel paesaggio urbano, anche se mutano<br />

sostanzialmente le richieste fatte dall'amministrazione comunale ai privati attraverso le convenzioni,<br />

52


obbligando i lottizzanti, prima timidamente, poi in maniera più decisa e determinata, a concorrere per una<br />

partecipazione negli oneri di urbanizzazione.<br />

Questo tipo di crescita della città, costituito da interi quartieri edificati con fabbricati singoli, ha comportato<br />

una serie di implicazioni negative dal punto di vista urbanistico dal momento che la polverizzazione<br />

dell'intervento edificatorio ha avuto ripercussioni sui costi indotti della città a cominciare da quelli dei servizi<br />

fino a quelli del paesaggio.<br />

A sud-est si completano le aree ancora libere poste tra le vie Galasso, Alghisi e Loschi, il Foro Boario fino ai<br />

confini della ferrovia Modena-Mantova, iniziando a inglobare la sede della ferrovia Carpi-Reggio Emilia ormai<br />

in disuso e in fase di smantellamento.<br />

Ulteriore completamento è quello che avviene tra le vie Nuova Levante, Nicolò Biondo e Cimitero Israelitico<br />

fino a lambire la sede della ferrovia Reggio Emilia-Correggio-Carpi. I due assi di via Ugo da Carpi e la strada<br />

provinciale per Modena contengono il primo sviluppo a sud, come propaggine allo stadio.<br />

Più a sud-ovest, in un'area di notevoli dimensioni posta tra la via Nuova Ponente (oggi via Lenin) e la via<br />

Ugo da Carpi fino alla Canalina Carpigiana e la via Cattani, che costituisce il nucleo più sostanzioso della<br />

"lottizzazione", nell'accezione più deleteria del termine, data dalla sua esasperata parcellizzazione, si<br />

costruiscono le cosidette "case del fine settimana" edificate tra il sabato e la domenica, dopo il lavoro<br />

settimanale in fabbrica, direttamente dai cittadini che si improvvisano manovali e muratori e dove tutta la<br />

famiglia partecipa alla realizzazione<br />

Accanto a questa edificazione minuta, inizia la realizzazione dei piccoli (da quattro a sei alloggi) o medi<br />

condomini, che però non superano i ventiquattro appartamenti.<br />

Ancora più a sud, isolate dal resto della città e in aperta campagna, sull'asse della strada Provinciale per<br />

Modena, si edificano due grandi fabbriche di maglieria. A ovest si completa l'area tra la via S. Giacomo e la<br />

via Peruzzi fino all'altezza dell'ospedale, mentre a nord-ovest due grossi insediamenti si assestano a ridosso<br />

della strada Statale Romana Nord fino alla via Messori a sud e la via Genova a nord.<br />

Sempre a nord del centro storico, ma in posizione più centrale, si interviene dietro i tre fabbricati del "Duce";<br />

l'area è tra le più "povere" sia in termini di dimensioni dei lotti (da 150 a 300 mq.) che di materiali da<br />

costruzione; la rete viaria è così esigua, in termini di dimensioni, che le attuali esigenze delle auto<br />

consentono il passaggio in un solo senso di marcia. L'esigua striscia di fabbricati prospiciente viale De Amicis,<br />

viene completata sempre a nord, fino a viale Manzoni e oltre, fino a costituire un nucleo composito a ridosso<br />

della linea ferroviaria. Al di là della ferrovia, lungo via Roosevelt, si realizza una propaggine con un ulteriore<br />

piccolo quartiere a forma di "H" rovesciata tra la via Martiri di Fossoli e la via Bonasi.<br />

Il Comune di Carpi è tra i primi a dotarsi, nel 1965, di un PEEP (Piano per l'Edilizia Economica e Popolare)<br />

esteso all'intero territorio comunale; successivamente approvato nel 1967 e variato, complessivamente, nel<br />

1985.<br />

La necessità di rispondere alla sempre più pressante richiesta di alloggi e case a valori più bassi rispetto a<br />

quelli praticati dal mercato privato, porta a progettare e dare attuazione ai primi interventi, di edilizia<br />

economica e popolare nel territorio comunale.<br />

Più significativo e interessante, per la moderna concezione urbanistica e tipologica data all'intervento, è il<br />

Piano particolareggiato e planivolumetrico di un'area specifica del Piano Peep di Carpi progettato dallo stesso<br />

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estensore del Piano regolatore, l'architetto Luigi Airaldi, nel comprensorio sud-ovest della città. L'uso<br />

equilibrato degli spazi occupati dalle abitazioni condominiali (parte a tipologia in linea e a schiera, parte a<br />

torre) in rapporto alle aree verdi, ai parcheggi e ai percorsi viari e pedonali, fanno di quest'area un esempio<br />

significativo di sana e saggia progettazione.<br />

Alla fine degli anni sessanta, la realizzazione dell'autostrada A22 Modena Brennero è un ulteriore<br />

accelerazione di questo processo produttivo ed edilizio che vedrà i suoi effetti dirompenti negli anni<br />

successivi.<br />

La popolazione sale a 54 mila abitanti e le abitazioni (censimento 1971) sono circa 20 mila.<br />

Sempre di più il mercato italiano dimostra interesse alle confezioni di maglieria e la produzione carpigiana<br />

risulta largamente competitiva rispetto a quella prodotta in industrie della Lombardia, proprio per il tipo di<br />

organizzazione produttiva fondata sul lavoro a domicilio che consente una struttura del lavoro ottimale sul<br />

piano del profitto (come, del resto, era già avvenuto per l'industria del truciolo). Si assiste, nel settore della<br />

maglieria e delle confezioni, al boom del prolificare di piccole aziende, principalmente a conduzione familiare;<br />

la crescita mantiene livelli elevati anche se i tassi di sviluppo registrano una progressiva diminuzione.<br />

E’ a ridosso del settore del mobile che si sviluppa, nell'area carpigiana, il settore macchine per la lavorazione<br />

del legno che rappresenta la concentrazione più significativa nell'ambito del territorio regionale. Il 50% della<br />

produzione è destinato all'export, con prodotti caratterizzati da una forte componente tradizionale (seghe a<br />

nastro e circolari, levigatrici e combinate).<br />

Gli anni settanta: il boom della crescita<br />

E’ il periodo della grande viabilità e delle altre grandi infrastrutture urbane ed extraurbane.<br />

La presenza dell'autostrada, con la relativa barriera, la nuova grande viabilità che facilita l'accesso fin dentro<br />

la città, l'uso sempre più massiccio della ferrovia per lo smistamento delle merci sul territorio nazionale ed<br />

europeo favoriscono il vero e grande boom di Carpi, sia sotto l'aspetto di crescita produttiva che urbana. A<br />

sud-est, una vasta area residenziale costituisce l'asse portante delle cosiddette "zone miste" che vanno dalla<br />

via Lama alla via Nuova Levante (attuale via Aldo Moro) fino alla via Carlo Sigonio a est e via Provinciale per<br />

Modena a ovest (attuale via Carlo Marx). Con questo considerevole intervento edificatorio, inglobando<br />

completamente il tracciato della linea ferroviaria Reggio Emilia-Correggio-Carpi, si annulla qualunque segno<br />

sul territorio che ricordi il passaggio della ferrovia. Dall'altra parte di via Lama, verso sud, si realizza la prima<br />

vera grande area artigianale, in alternativa alla soppressa area oltre la ferrovia verso est.<br />

Si completano gli interventi edificatori iniziati nel decennio precedente, principalmente lungo gli assi di via<br />

Ugo da Carpi e la Provinciale per Modena a sud-est, lungo la via Cristoforo Colombo, via Bollitora e via<br />

Cattani; si interviene più a ovest con due lottizzazioni di medie dimensioni e si completa l'area Peep,<br />

progettata dall'architetto Luigi Airaldi, oltre al quartiere posto tra via Peruzzi e via Berengario a ovest della<br />

città.<br />

Ancora più a nord si completano con le molte lottizzazioni private, le aree rimaste libere ai margini delle vie<br />

Remesina e Pezzana, fino a lambire la linea ferroviaria. Lo sviluppo si proietta anche oltre la ferrovia sia a<br />

nord-est che a sud-est, favorito dal decollo di un'area, di proprietà comunale, che dà vita all'attuazione del<br />

54


Peep di via Giulio Cesare. L'espansione verso le aree periferiche porta all'abbandono, sempre più massiccio,<br />

delle vecchie case del centro storico, o quelle della primissima periferia urbana.<br />

Se negli anni '50 e '60, il traguardo da raggiungere per ogni famiglia è la casa, negli anni '70, l'obiettivo è<br />

l'auto; questo mezzo non trova, certamente, la città adeguata alle nuove esigenze che questo impone.<br />

Verso la metà degli anni '70, dopo oltre tre anni di lavori, si conclude il potenziamento e l'ampliamento (per<br />

alcuni tratti si tratterà di nuovo percorso) della strada Statale Romana n. 413, con la formazione di quattro<br />

corsie di marcia che, assieme alla via Cattani e alla via Lama, costituiscono le tangenziali di distribuzione del<br />

traffico cittadino, divenendo principalmente assi di arroccamento della viabilità interna per l'entrata e l'uscita<br />

dal centro cittadino, oltre, naturalmente, a servire il traffico esterno di attraversamento e di penetrazione.<br />

Gli anni ottanta: la città pubblica e i progetti unitari<br />

E’ il periodo degli interventi pianificatori puntuali, di buona qualità: i quartieri Peep, la zona industriale e le<br />

zone artigianali.<br />

La tangenziale ovest rappresenta il nuovo confine artificiale dell'urbano, portando al completamento degli<br />

interstizi lasciati liberi dalle precedenti lottizzazioni.<br />

L'amministrazione comunale avvia un processo di riqualificazione e recupero edilizio principalmente sui suoi<br />

fabbricati del centro storico a dimostrazione della necessità del riuso di un patrimonio edilizio, sulla scorta<br />

delle esperienze bolognesi del 1970 e favorita dalla legge n. 513 del 1977 ma, principalmente attraverso una<br />

convenzione con diversi istituti di credito locali che consente di abbattere il tasso di interesse sul<br />

finanziamento accordato, indipendentemente dal titolo di proprietà, sulla base del numero di alloggi<br />

progettati e recuperati, favorendo così l'accesso al credito agevolato da parte del privato.<br />

Agli incentivi e agli interventi specifici dell'amministrazione comunale, si debbono aggiungere i consistenti<br />

contributi del "Piano decennale per l'edilizia residenziale" in attuazione della legge n. 457 del 1978.<br />

Complessivamente, nel decennio tra gli interventi di recupero e quelli di nuova costruzione, a seguito dei<br />

finanziamenti delle leggi richiamate precedentemente, vengono realizzati, o recuperati, anche con il<br />

contributo dei privati, circa 700 alloggi. La popolazione, alla fine del decennio, supera i 60 mila abitanti.<br />

I piani Peep, come risposta popolare alla fame di alloggi a basso costo, sono consistenti, all'inizio con case<br />

singole e, successivamente con piccoli condomini, fino ad arrivare ai grandi condomini che per Carpi<br />

significano al massimo dai 40 ai 50 alloggi per fabbricato condominiale.<br />

Accanto alla villetta a schiera si moltiplicano, nel primo quinquennio, i piccoli condomini di medie dimensioni<br />

che, alla fine degli anni ottanta, lasceranno il posto ai grandi fabbricati condominiali.<br />

Questo periodo vede ridursi notevolmente il numero delle piccole imprese costruttrici, il consolidarsi delle<br />

medie e grosse imprese edili con maggiori specificazioni sul ruolo svolto sul mercato e l'apparire di imprese<br />

immobiliari con notevoli disponibilità finanziarie, in genere reperite nel contesto economico locale, vale a dire<br />

con capitali provenienti dall'attività industriale del tessile abbigliamento e non reinvestiti nell'attività<br />

produttiva vera e propria, ma comunque rimanenti nel territorio carpigiano.<br />

E’ anche il periodo della realizzazione dei servizi e delle grandi infrastrutture progettate negli anni del<br />

decennio precedente.<br />

55


I primi anni ottanta vedono segnare il passo agli investimenti economici di ogni tipo. Nel settore tessile<br />

abbigliamento si interrompe il trend espansivo, l'occupazione si stabilizza sui livelli di inizio periodo e per la<br />

prima volta si registra una diminuzione del numero delle imprese. Sia la domanda che l'offerta del settore<br />

tessile abbigliamento sono interessate da cambiamenti strutturali che dipendono sia dalla modifica dei gusti<br />

dei consumatori ma anche dall'aumento della concorrenza da parte dei paesi a più basso costo del lavoro e<br />

dal rallentamento nella domanda di prodotti di abbigliamento.<br />

I sintomi di ripresa a metà degli anni '80, spingono gli operatori economici ad adottare strategie industriali<br />

che comportano impegni finanziari molto più rilevanti che nel passato, trovando maggiori ostacoli proprio<br />

nella zona di Carpi, per la presenza di un tessuto produttivo basato sulle piccole imprese.<br />

Al censimento 1991 della popolazione, gli occupati nel settore trainante, il tessile/abbigliamento,<br />

raggiungono le 11.203 unità.<br />

4.2 La struttura demografica e il patrimonio edilizio<br />

Popolazione residente<br />

Al lungo periodo di crescita costante e sostenuta, che aveva portato già alla metà degli anni settanta la<br />

popolazione di Carpi oltre la soglia dei 60.000 abitanti, fa seguito un periodo di stagnazione demografica.<br />

Al censimento del 1991 la popolazione raggiunge i 60.701 abitanti con una variazione del tutto inconsistente<br />

rispetto al dato anagrafico dei 15 anni precedenti.<br />

La crescita zero della popolazione si associa inoltre ad una ridotta escursione, se non a un progressivo<br />

esaurirsi almeno fino alla metà degli anni ottanta, dei valori assoluti delle componenti positive e negative,<br />

naturali e migratorie, del saldo demografico.<br />

Il peso di Carpi in termini di popolazione si riduce ulteriormente, seppur per valori minimi (dal 10,17% del<br />

1981 al 10,06% del 1991), rispetto agli altri comuni della provincia di Modena che presentano una maggiore<br />

dinamicità di sviluppo (+1,47% tra i due censimenti).<br />

A fronte di un saldo naturale costantemente negativo, l’andamento migratorio presenta valori positivi anche<br />

se non crescenti. Secondo le informazioni fornite dagli ufficiali comunali, l’immigrazione a Carpi è stata<br />

caratterizzata nel periodo recente anche da flussi provenienti da paesi extracomunitari. Tuttavia l’entità di<br />

tali flussi risulta ancora abbastanza contenuta: 216 cittadini provenienti da paesi extracomunitari nel 1990<br />

che diminuiscono a 142 nel 1991.<br />

La popolazione anziana, in presenza di un saldo naturale negativo, raggiunge il 17,3%, contro il 13,9% del<br />

1981, quella di età inferiore ai 15 anni riduce la propria incidenza sul totale dal 17,8% del 1981 all’11,4%<br />

del 1991.<br />

Gli indici di ricambio generazionale, che spiegano le dinamiche della popolazione in riferimento alle classi di<br />

età terminali, confermano la presenza di un progressivo processo di invecchiamento della popolazione:<br />

- l’indice di ricambio semplice, che esprime il rapporto tra giovani e anziani, declina decisamente a<br />

favore di questi ultimi passando dal 127,4% del 1981 al 65,8% del 1991;<br />

56


- l’indice di ricambio congiunturale, pur mantenendosi al di sopra del valore di soglia del 100%, si<br />

riduce dal 152,5% al 111,9%.<br />

E’ da sottolineare come l’andamento degli indici di ricambio generazionale non solo esprime la misura delle<br />

modificazioni strutturali della popolazione ma rappresenta anche una prima indicazione dal punto di vista<br />

economico delle tensioni che potrebbero verificarsi sul mercato del lavoro: la mancanza di un ricambio<br />

generazionale consistente può provocare nel medio periodo una drastica riduzione dell’offerta di mano<br />

d’opera. Tuttavia, se il dato strutturale appare sotto questo punto di vista abbastanza preoccupante per<br />

una realtà come quella di Carpi priva di gravi tensioni occupazionali, l’indice congiunturale, che indica la<br />

presenza di una minima superiorità dei nuovi entrati sul mercato del lavoro rispetto alle uscite,<br />

ridimensiona l’entità del fenomeno almeno nel breve periodo. Per quanto consistente infatti, nel quadro di<br />

scarsa dinamicità evidenziato, l’invecchiamento della popolazione si mantiene fortunatamente al di sotto dei<br />

valori temuti: i giovani tra 0 e 19 anni nel 1981 erano 23.361; dieci anni dopo i giovani tra 10 e 39 anni<br />

sono 24.807.<br />

La differenza positiva di 1.446 abitanti in giovane età segnala una presenza aggiuntiva nel contingente di<br />

popolazione dovuta al movimento migratorio, probabilmente motivata da turn-over occupazionale, che ha<br />

limitato consistentemente l’invecchiamento naturale della popolazione.<br />

La struttura della popolazione per condizione professionale registra l’assenza di processi di rinnovamento:<br />

insieme agli studenti, a conferma della progressiva tendenza all’elevazione del livello di scolarizzazione<br />

dell’intera popolazione, i ritirati dal lavoro vedono crescere sensibilmente la loro incidenza relativa sul<br />

complesso delle condizioni professionali e non professionali rispetto al precedente decennio.<br />

Sono modificazioni tuttavia, quelle intervenute nella struttura della popolazione per condizione<br />

professionale, di scarsa entità: la popolazione in condizione professionale resta pari al 50% circa dell’intera<br />

popolazione, le donne confermano una incidenza di poco inferiore al 45% sul complesso degli attivi.<br />

Anche il rapporto tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti si mantiene inalterato tra i due censimenti<br />

con una crescita tuttavia significativa degli imprenditori e liberi professionisti, che compensa la riduzione dei<br />

lavoratori in proprio, e una crescita dei quadri e impiegati che bilancia la riduzione degli operai.<br />

Il centro storico sembra essere caratterizzato, seppur ancora debolmente, dai fenomeni maturi dei più<br />

grandi centri urbani: insieme a una più elevata quota di anziani e di popolazione non attiva, raccoglie i<br />

segmenti di occupati a più alta qualificazione, per titolo di studio e posizione nella professione. I ragazzi fino<br />

a 14 anni registrano una presenza relativamente più consistente nelle aree esterne del territorio comunale: è<br />

questo il segno di una pericolosa chiusura della parte più antica della città alle coppie giovani.<br />

Relativamente alla distribuzione delle tipologie familiari, infatti, il centro storico registra una scarsa<br />

presenza di coppie con figli (in particolare, coppie con bambini, il 4,2% contro il 5,7% dell’intero comune,<br />

coppie con ragazzi, il 7,6% contro il 14,2%, coppie con giovani il 13,1% contro il 19,7%) mentre mostra<br />

un’elevata incidenza di persone sole e in particolare di anziani soli (il 20,8% contro il 10,1% dell’intero<br />

comune).<br />

58


Famiglie e abitazioni<br />

Come è noto nel comune di Carpi si registra una relativa saturazione della domanda di alloggi, come<br />

dimostrato anche dall’andamento dell’attività edilizia: il numero di fabbricati progettati è passato dai 197<br />

del 1981 ai 60 del 1988 con una diminuzione di circa il 70%. Più forte è stato il calo delle superfici utili e<br />

di quelle abitabili progettate, diminuite nello stesso periodo rispettivamente di circa l’87% e l’85%. E’<br />

evidente che questi dati risultano comunque influenzati dall’andamento congiunturale del settore delle<br />

costruzioni che ha conosciuto nell’ultimo periodo un forte rallentamento del suo tasso di attività.<br />

Tali indicazioni sono confermate anche dal confronto dei dati censuari del 1981 con i dati del 1991:<br />

a. il numero delle abitazioni occupate è cresciuto dell’11,7% sia per il contributo derivante dalle<br />

nuove costruzioni sia per la riduzione delle case non occupate del 35%;<br />

occupati;<br />

b. i vani disponibili sono cresciuti del 14,4% per gli alloggi occupati e ridotti del 35,2% per i non<br />

c. il numero delle famiglie aumenta considerevolmente passando dai 20.201 nuclei del 1981 ai<br />

22.523 del 1991.<br />

Un quadro parziale delle condizioni abitative può essere ricavato confrontando alcuni semplici indici ricavati<br />

sempre dalle informazioni censuarie. La dimensione media delle abitazioni è cresciuta passando da un valore<br />

di 4,34 stanze del 1981 al 4,65 del 1991 con un incremento del 7.3%, mentre il rapporto tra abitazioni non<br />

occupate e occupate è passato dal 12,4% al 7,2%.<br />

Il rapporto tra abitazioni e numero di famiglie è diminuito leggermente (-4,4%), mantenendosi comunque<br />

superiore all’unità ed evidenziando come la pur contenuta crescita della popolazione abbia provocato un<br />

aumento più che proporzionale dei nuclei familiari. Cresce invece il numero di stanze per famiglia (+2,6%).<br />

Il progressivo invecchiamento della popolazione evidenzia nuovi e diversificati fabbisogni abitativi. Si assiste<br />

ad un parziale spostamento della domanda verso segmenti qualitativamente e dimensionalmente più elevati<br />

- case più grandi e con standard di servizi più elevati - contemporaneamente al permanere di sacche di<br />

povertà abitativa derivanti o dall’esistenza di alloggi fortemente degradati o dal livello troppo elevato dei<br />

fitti in relazione al reddito disponibile di alcune fasce sociali - giovani ed anziani in particolare.<br />

Un aspetto rilevante è costituito dal processo di frammentazione dei nuclei di maggiore dimensione:<br />

l’incidenza di nuclei composti da meno di quattro componenti passa da due terzi a tre quarti del complesso,<br />

mentre i nuclei composti da una sola persona, dai 2.626 del 1981, diventano 4.285 nel 1991. Di questi<br />

ultimi oltre la metà è costituita da persone anziane.<br />

La formazione di nuovi nuclei nel Comune di Carpi appare elevata non solo rispetto al dato regionale, dove il<br />

fenomeno è rallentato dal decremento della popolazione residente, ma anche rispetto agli altri comuni della<br />

provincia. Nel territorio comunale le dimensioni dei nuclei familiari si riducono via via a partire dalle aree<br />

esterne verso il centro storico dove il 35,8% delle famiglie è composta da un solo componente.<br />

Nella distribuzione per aggregazioni territoriali della residenza, il centro urbano presenta il più alto tasso di<br />

utilizzazione del patrimonio edilizio, una più elevata incidenza della proprietà in uso e una tipologia di<br />

alloggi fortemente omogenea per taglio dimensionale (3-4 vani abitabili) ed epoca di costruzione. Il centro<br />

storico presenta una significativa incidenza dell’affitto, anche se contenuta rispetto ad altre situazioni<br />

territoriali: 22,6% del patrimonio abitativo di Carpi contro il 27,3% dell’Italia settentrionale e il 25,3% medio<br />

59


nazionale. Il centro storico è inoltre caratterizzato da un alto tasso di coabitazione e da una dimensione<br />

media degli alloggi ridotta.<br />

Nelle frazioni si sovrappongono infine i caratteri del patrimonio edilizio rurale con la più recente edificazione<br />

anche pubblica.<br />

L’utilizzo parziale del patrimonio residenziale a fini non abitativi è ancora contenuto e da ricollegare più alla<br />

persistenza di attività produttive marginali che alla crescita di terziario.<br />

Il rapporto tra stanze destinate ad altro uso e stanze destinate ad abitazione è infatti crescente dal centro<br />

alla periferia: 17 stanze su mille nel centro storico, 18 nel centro urbano, 35 nel resto del comune.<br />

Nell’analisi della distribuzione del patrimonio edilizio non occupato si rivela un preoccupante grado di<br />

non utilizzazione - e probabilmente di maggior degrado - del patrimonio antico di maggiori dimensioni ossia,<br />

presumibilmente, di quello a più alto valore di testimonianza storica. Anche quest’ultimo dato, insieme ad<br />

altri già evidenziati, spingono a rivolgere una attenzione particolare ai processi di trasformazione futura del<br />

centro storico che assumono dimensioni quantitativamente e qualitativamente rilevanti.<br />

Un’ultima notazione riguarda la distribuzione delle famiglie per numero di componenti e dimensione degli<br />

alloggi occupati. Nonostante gli elevati valori medi di superficie e stanze per abitante, si verificano ancora<br />

accanto a fenomeni di sottoutilizzo situazioni di sovraffollamento.<br />

4.3 La struttura economica-produttiva<br />

Nel 1991 a Carpi, nell’industria manifatturiera ed in quella delle costruzioni, sono state censite 2824 imprese,<br />

con 2913 unità locali e 16880 addetti. Negli anni ottanta il settore secondario cittadino è stato interessato da<br />

una fase di ristrutturazione produttiva, manifestatasi soprattutto attraverso un processo di selezione delle<br />

unità produttive, che ha portato all’eliminazione di quelle che non hanno manifestato una adeguata capacità<br />

di reazione all’insorgere delle difficoltà che sono sopravvenute nell’economia regionale e nazionale.<br />

L’incapacità di un numero rilevante di imprese dimostratesi non in grado di adattarsi ai mutamenti<br />

intervenuti sui mercati e quindi costrette a cessare l’attività, non sembra tuttavia aver determinato una crisi<br />

produttiva delle stesse proporzioni, almeno a giudicare dalla dinamica occupazionale.<br />

Tra il 1981 ed il 1991 il numero delle imprese a Carpi si è ridotto di 741 unità, quello delle unità<br />

locali di 738, mentre l’occupazione è calata di 686 addetti; in termini relativi a fronte di una diminuzione di<br />

circa il 20% del numero delle imprese e delle unità locali si è avuto una riduzione degli addetti del 4%. Il<br />

calo occupazionale ha interessato particolarmente l’industria delle costruzioni, nella quale si concentra circa<br />

la metà del calo totale degli addetti; l’industria manifatturiera contribuisce, ovviamente per l’altra metà.<br />

All’interno di quest’ultima sono, tuttavia, emerse tendenze settoriali di differente intensità; in particolare,<br />

considerando le due industrie maggiormente presenti a livello cittadino, quella del tessile-abbigliamento e<br />

quella meccanica, si rileva che mentre la prima, pur facendo registrare una contrazione del numero di unità<br />

produttive rilevante, mantiene sostanzialmente stabile l’occupazione (con un calo di 33 addetti pari allo 0,3<br />

del loro numero nel 1981), nell’industria meccanica gli addetti si riducono di 467, cioè del 16%.<br />

Soprattutto nel settore del tessile-abbigliamento - che dell’industria manifatturiera cittadina<br />

rappresenta l’80% delle imprese e delle unità locali ed oltre il 70% dell’occupazione - i processi di<br />

64


istrutturazione hanno quindi, assunto principalmente la fisionomia di processi di riorganizzazione, che<br />

sembrano essere stati attuati principalmente attraverso politiche che hanno portato ad un elevamento della<br />

dimensione media delle imprese .<br />

Nell’insieme dell’industria il numero medio di addetti per impresa passato da 5 a 6 unità; la crescita<br />

dimensionale ha interessato principalmente l’industria manifatturiera, mentre nelle costruzione la dimensione<br />

media delle imprese è rimasta sostanzialmente stazionaria. Queste tendenze si intrecciano con una<br />

evoluzione delle tipologie di impresa. Tra il 1981 ed il 1991 è diminuito di oltre il 30% il numero delle<br />

imprese artigiane, mentre quello delle imprese industriale è aumentato del 50%; conseguentemente mentre<br />

alla prima data le imprese artigiane costituivano circa il 90% del totale, all’ultimo censimento risultavano<br />

poco più dei tre quarti.<br />

La forma giuridica delle imprese<br />

Nel 1991 continuano ad essere prevalenti le società non di capitale, che complessivamente raccolgono l’<br />

80% del totale; le tipologie prevalenti sono costituite dalle ditte individuali e dalle società in nome collettivo,<br />

che sono le forme giuridiche in cui si concentrano rispettivamente il 46% ed il 21% del numero totale delle<br />

imprese.<br />

Tra il 20% delle imprese costituite come società di capitali la tipologia prevalente è costituita dalle<br />

Srl, che costituiscono il 16% del totale.<br />

L’elemento di maggiore interesse che emerge dall’esame delle forme giuridiche delle imprese lo si<br />

ricava, tuttavia, dalle modificazioni intervenuta nella distribuzione per tipologia tra il 1981 ed il 1991.<br />

Nell’arco di questi 10 anni tre tipologie hanno fatto registrare una contrazione del numero di imprese: le<br />

imprese individuali che si riducono di 1139 unità ( pari al 46% della loro consistenza iniziale ), le società<br />

semplici con una riduzione di 240 unità (- 41%) e le Spa che perdono 13 unità (-21%). Per contro<br />

aumentano consistentemente in numero ed in percentuale soprattutto le Snc (+ 288 unita, + 93%) e le Srl<br />

(+ 328 unità, +275%).<br />

In sintesi tra i due censimenti si verificano due fenomeni di grande rilievo: aumenta<br />

considerevolmente il numero ed il peso sul totale delle società di capitale; tra le società non di capitale<br />

acquisiscono maggior rilievo, anche qui assoluto e relativo, le Snc.<br />

Entrambi questi fenomeni sono in parte riconducibili alla nascita di imprese nuove; per l’altra parte -<br />

verosimilmente per quella quantitativamente più rilevante - sono, tuttavia, dovuti a trasformazioni della<br />

forma giuridica che hanno accompagnato le modificazioni organizzative e gestionali avvenute in un certo<br />

numero di imprese esistenti. La diffusione delle società di capitale da un lato può essere ricondotta, ad una<br />

qualche maturazione della cultura finanziaria degli imprenditori, che in queste forme societarie intravedono<br />

lo strumento per una migliore e più razionale gestione delle risorse; dall’altro, essa può riflettere la<br />

preoccupazione degli stessi imprenditori che - superata la fase di avvio dell’impresa ed ottenuto un certo<br />

suo consolidamento - si sono proposti di svincolare il destino del patrimonio personale dai rischi dell’impresa.<br />

Il tipo di produzione<br />

65


Le elaborazioni sulle informazioni raccolte con i censimenti, consentono di distinguere le imprese a seconda<br />

che producano o meno in serie. Il forte calo del numero complessivo di imprese è dovuto esclusivamente alla<br />

riduzione delle imprese che producono beni e oggetti non in serie, mentre è cresciuto il numero di quelle che<br />

realizzano produzioni in serie.<br />

Tra le imprese industriali è cresciuto il numero sia di quelle che lavorano in serie che di quelle che<br />

non lavorano su catalogo, ma all’aumento complessivo hanno concorso soprattutto queste ultime. Nel caso<br />

delle imprese artigiane il saldo negativo complessivo è il risultato di un aumento consistente del numero di<br />

quelle che producono in serie e di una riduzione ancora più rilevante di quelle che producono non in serie.<br />

Come avviene anche per gli altri aspetti dell’evoluzione strutturale dell’economia carpigiana, anche<br />

per questo ora considerato, la dinamica complessiva è, in parte predominante, determinata dalle tra-<br />

sformazioni che avvengono nel settore del tessile-abbigliamento.<br />

Distinguendo i due comparti che compongono il settore, si osserva che le imprese che producono in<br />

serie aumentano esclusivamente nel comparto delle confezioni e che tale aumento riguarda le sole imprese<br />

artigiane che producono accessori ed articoli vari di vestiario.<br />

Questi processi sembrano indicare un impegno del distretto carpigiano all’adattamento ai mutati<br />

contesti competitivi ed all’evoluzione della domanda, attraverso l’accentuazione della modalità di produzione<br />

tipica dell’industria, senza tuttavia rinunciare alla ricerca di un equilibrio tra prezzo e qualità dei beni<br />

prodotti. Dal quadro appena tratteggiato sembra, in sostanza emerge una conferma di quanto già<br />

evidenziato in altre ricerche, e cioè che anche nel distretto di Carpi si sta affermando una tendenza alla<br />

differenziazione e personalizzazione del prodotto solo nella fase finale del processo di produzione, mentre<br />

nelle fasi a monte si è alla ricerca dei vantaggi di economie di scala ottenibili con la produzione in serie.<br />

L’innovazione tecnologica<br />

Per le imprese che realizzano produzioni in serie è possibile esaminare la loro permeabilità alle tecnologie. In<br />

specifico è possibile conoscere la percentuale di esse che risultavano totalmente meccanizzate nel 1981 e<br />

totalmente automatizzate nel 1991.<br />

Nel 1981 il processo di meccanizzazione dei cicli produttivi poteva ritenersi praticamente completato:<br />

il 92% del totale delle imprese con lavorazioni in serie risultava aver totalmente meccanizzato la produzione.<br />

Mentre agli inizi degli anni ottanta la tecnologia meccanica - prescindendo dal livello innovativo<br />

prevalente - può ritenersi aver saturato la struttura produttiva carpigiana, al principio degli anni novanta la<br />

diffusione massiccia dell’automazione - che fa perno su un paradigma in cui centrali sono le tecnologie<br />

elettroniche - sembra essere ancora ad uno stadio iniziale. Nel complesso le imprese che hanno<br />

completamente automatizzata la produzione sono 70 di cui 59 artigiane ed 11 industriali; in termini relativi<br />

questi numeri si rapportano ai relativi totali nelle percentuali rispettivamente del 6,1%, del 6,5% e del 4,3%.<br />

Nelle imprese del tessile la quota delle imprese totalmente automatizzate è dell’8% mentre in quello delle<br />

confezioni è del 4%.<br />

66


In linea generale si può: da un lato osservare che se, anche da altri indizi, dovesse risultare che il<br />

distretto carpigiano accusa un deficit nell’adozione delle tecnologie elettroniche le conseguenze potrebbero<br />

essere particolarmente negative soprattutto in quei comparti come la tessitura e la maglieria che essendo<br />

relativamente più capital intensive possono ottenere maggiori recuperi di produttività dall’automazione;<br />

dall’altro richiamare l’attenzione su ciò che emerge dalla documentazione disponibile sul livello di innovazione<br />

del settore tessile-abbigliamento. Dall’indagine Istat sulla diffusione dell’innovazione tecnologica si ricava che<br />

la propensione all’innovazione ha coinvolto i due terzi delle imprese regionali del comparto tessile -<br />

collocando il settore leggermente al di sotto della media dell’industria manifatturiera - e solo una impresa<br />

su due nel comparto dell’abbigliamento. Dal raffronto con il tasso di innovazione medio nazionale, il tes-<br />

sile/abbigliamento dell’Emilia-Romagna sembra accusare una maggiore pigrizia all’innovazione, soprattutto<br />

nel settore tessile nel quale il tasso regionale di innovazione delle imprese è più basso di quello medio<br />

italiano di circa tre punti percentuali.<br />

A determinare questa situazione dell’Emilia-Romagna concorrono principalmente due fattori di ordine<br />

diverso: uno di carattere strutturale e l’altro maggiormente riconducibile alla sfera dei comportamenti<br />

imprenditoriali.<br />

Sembra infatti esservi sottovalutazione da parte degli imprenditori locali dell’importanza dei fenomeni<br />

innovativi. Difatti, la percentuale di imprese non innovatrici che ha motivato tale decisione convinta di<br />

produrre un bene che non richiede innovazioni è, a livello regionale, del 25% e 40% rispettivamente per il<br />

comparto del tessile e per quello dell’abbigliamento, contro percentuali notevolmente più basse a livello<br />

nazionale.<br />

L’altro elemento i cui effetti si intrecciano con questo, è rinvenibile nella struttura dimensionale delle imprese<br />

regionali, che presenta una più accentuata frammentazione. Difatti, elaborazioni su informazioni disponibili<br />

solo con riferimento alla situazione nazionale, mostrano l’esistenza di una relazione positiva tra dimensione<br />

delle imprese e tasso di innovazione.<br />

4.4 La mobilità e il traffico<br />

Lo stato di fatto della rete<br />

Il territorio comunale di Carpi è interessato attualmente da una serie di assi stradali principali, che servono il<br />

traffico di media e lunga percorrenza:<br />

- l'autostrada A22, in direzione Nord-Sud, che collega l'autostrada A1 con il Brennero e attraversa<br />

longitudinalmente il territorio comunale col quale è collegata dal casello di Carpi, posto a Sud-Ovest<br />

rispetto all'area urbana;<br />

- l'asse SS 413, in direzione Nord-Sud, che collega Modena con Mantova e che, nell'area urbana di Carpi,<br />

si innesta sulla tangenziale; questo asse serve anche da collegamento tra la frazione di Fossoli ed il<br />

capoluogo;<br />

67


-<br />

68


-<br />

69


- la SS 468 in direzione Nord-Sud, che collega Reggio Emilia con Verona e che, attualmente, attraversa le<br />

aree urbane centrali del capoluogo;<br />

- la SP 13, in direzione Nord-Sud che collega Campogalliano con la SS 413 e successivamente con la SS<br />

468; questa strada interessa l'area Sud del territorio comunale e quindi svolge anche le funzioni di<br />

collegamento tra la frazione di Gargallo ed il capoluogo;<br />

- la SP 12, in direzione Nord-Sud, che interessa solamente l'estremo lembo orientale del territorio<br />

comunale e collega la SS 413 con la SS 468, passando per il limitrofo comune di Soliera e per la frazione<br />

di Cortile;<br />

- la SP 1, in direzione Est-Ovest, che collega la SS 12 - Abetone - Brennero, con la provincia di Reggio<br />

Emilia, attraversando l'area urbana di Carpi; questa strada collega anche la frazione di Migliarina con il<br />

capoluogo.<br />

La rete è quindi caratterizzata da tre assi principali di collegamento intercomunale (SS 413, SS 468 e SP 1)<br />

che attraversano il territorio carpigiano e si intersecano in corrispondenza dell'area urbana. La realizzazione<br />

della tangenziale B. Losi ha consentito di portare il tracciato della SS 413 ai margini dell'area urbana, mentre<br />

il traffico sulla SP 1 in direzione Est-Ovest utilizza l'asse della tangenziale e Via Cattani per circuitare<br />

attraverso la periferia urbana. Per quanto riguarda invece il traffico in transito sulla SS 468, in direzione<br />

Nord-Sud, quest'ultimo, dovendo necessariamente utilizzare il passaggio a livello di Viale Manzoni - Via<br />

Roosvelt, interessa attualmente anche la rete viaria urbana, passando ai margini del centro storico.<br />

Tutta la rete viaria cittadina risulta ancora organizzata secondo una griglia a maglie ortogonali introdotta<br />

dalla centuriazione romana e mantenuta anche per le espansioni recenti; all'interno di questa griglia<br />

indifferenziata si possono comunque individuare gli assi che attualmente svolgono il ruolo di collegamento<br />

fra le diverse zone urbane e fra queste ed il territorio esterno:<br />

- la tangenziale B. Losi che, oltre a costituire l'attraversamento urbano della SS 413, disimpegna anche<br />

tutti gli assi principali di direzione Est-Ovest;<br />

- l'asse costituito dalle Vie Cattani e Lama di Quartirolo, che collegano la tangenziale alla SP 1 in direzione<br />

di Limidi;<br />

- l'asse di Via Roosvelt - Viale N. Biondo e le parallele Vie Ugo da Carpi e C. Marx, che, oltre ad individuare<br />

l'attraversamento urbano della SS 468, collegano la zona Nord, oltre la ferrovia, con il centro storico e<br />

con il resto dell'area urbana;<br />

- l'asse di Via III Febbraio - Viale Cipressi, che garantisce il collegamento Nord-Sud sul lato Ovest del<br />

centro storico;<br />

- l'asse Guastalla - Viale Manzoni, che collega la tangenziale con Via Roosvelt e quindi serve il traffico<br />

proveniente da Nord-Ovest e diretto verso le zone centrali ed anche quello proveniente da Nord-Est e<br />

diretto alla zona produttiva;<br />

- l'asse di Via Peruzzi, che serve la stazione autocorriere e l'adiacente struttura scolastica;<br />

- l'asse di Via Lenin - Via Nuova Ponente, che costituisce il principale collegamento fra la zona industriale<br />

ed il centro storico;<br />

- il sistema di adduzione e circuitazione attorno al centro storico, costituito da Viale Cavallotti, Viale<br />

Carducci, Viale Petrarca, Viale De Amicis, Viale Galilei, Viale Fassi e Viale Catellani;<br />

70


- l'asse di Via Lago di Bracciano - Via Pezzana che attualmente serve soprattutto il traffico delle<br />

autovetture tra le zone ad Est e ad Ovest della ferrovia.<br />

La mobilità generale<br />

L’Amministrazione Comunale di Carpi ha provveduto alla redazione del Piano Urbano del Traffico anche se<br />

questa non è stato adottato, ai sensi dell’art. 36 del Nuovo Codice della l fine di raggiungere questi obiettivi:<br />

- adeguare gli strumenti di pianificazione comunale e sovracomunale alla normativa<br />

- operare una sintesi delle analisi, delle problematiche e delle proposte d’intervento in materia di mobilità<br />

per un periodo biennale, e mediante successivi aggiornamenti (piano processo) attuare un disegno<br />

strategico di lungo periodo.<br />

A livello regionale il principale riferimento è dato poi dalla legge n. 15 del 1994 che promuove la<br />

riorganizzazione della mobilità urbana<br />

Il Piano del traffico è strutturato secondo il livello generale (PGTU) e funge da quadro di riferimento per il<br />

livelli attuativi, definiti dai piani particolareggiati e dai progetti esecutivi.<br />

Obiettivi generali del PUT sono:<br />

- la sicurezza del traffico attraverso la riduzione dell’incidentalità<br />

- il contenimento dell’inquinamento acustico ed atmosferico<br />

- l’accessibilità e la fruibilità pedonale e ciclabile<br />

- l’accessibilità veicolare privata e collettiva<br />

- l’efficacia ed efficienza dei sistemi di mobilità attraverso il miglioramento dei tempi di percorrenza e il<br />

contenimento delle distanze fra le diverse relazioni origine-destinazione<br />

I principali elementi costitutivi del Piano sono:<br />

- analisi della domanda di mobilità nelle sue componenti<br />

- analisi dell’offerta (caratteristiche dei sistemi infrastrutturali esistenti)<br />

- valutazione del grado di rispondenza dei sistemi considerati alle esigenze della domanda<br />

- definizione degli obiettivi<br />

- individuazione delle linee d’intervento<br />

- stesura di progetti e indicazioni di regolamentazione<br />

Le valutazioni quantitative si basano principalmente sull’uso dei dati ricavati dalle diverse indagini effettuate<br />

negli ultimi anni, riguardanti in particolare l’area urbana; per una verifica delle condizioni di circolazione,<br />

specie in uno scenario di progetto, è stato utilizzato un modello informatico di simulazione.<br />

In particolare si sono così valutati i dati esistenti sulla mobilità:<br />

- matrice-origine-destinazione degli spostamenti;<br />

- flussi veicolari in corrispondenza sia dei principali accessi all’area urbana che sulla rete principale;<br />

71


- domanda di sosta in ora di punta e in ora notturna.<br />

Importante è stata la valutazione, operata dal PUT, delle principali infrastrutture viarie esistenti sul territorio<br />

quali la S.S. 413 Modena-Mantova, la S.S. 468 Correggio-Cavezzo e la S.P. 13 Campogalliano-Bomporto.<br />

Una considerazione meritano sia l’autostrada A22 Modena-Brennero, con il relativo casello posto a sud-ovest<br />

della città, sia la ferrovia Modena-Mantova che, tangente alla città, ne ha condizionato lo sviluppo fino ai<br />

nostri giorni.<br />

Con importanti implicazioni dal punto di vista viabilistico è la struttura “a maglia” regolare secondo la quale si<br />

è sviluppata quasi tutta la città, e nella quale emergono due assi di scorrimento nettamente più importanti:<br />

via Bruno Losi ad ovest e via Lama-Cattani a sud.<br />

Per favorire la riduzione del traffico veicolare privato il PUT segnala l’importanza di estendere la rete delle<br />

piste ciclabili, che ora copre solo una parte del territorio urbano, ma che con la realizzazione della rete di<br />

progetto, comprensiva delle piste nelle zone di riqualificazione e di espansione del PRG, progettate<br />

contestualmente agli ambiti, permetterebbe spostamenti veloci in una città di pianura di piccole dimensioni.<br />

Un’altra indagine sviluppata dal PUT in modo approfondito, attraverso rilevamenti recenti, riguarda l’offerta<br />

di sosta nell’area centrale, confrontabile con la domanda che ha un andamento tipico delle zone con alta<br />

concentrazione di terziario e servizi.<br />

Un obbiettivo che il PUT persegue è quello di realizzare i flussi di traffico per ridurre l’incidentalità, che<br />

raggiunge il suo massimo in punti ben precisi della rete viaria.<br />

Il PUT, come previsto dall’attuale normativa, è uno strumento di pianificazione a breve termine e deve<br />

prevedere per lo più interventi attuabili sulle dotazioni infrastrutturali esistenti.<br />

Fondamentale è comunque il suo apporto di dati e di analisi che insieme alla riclassificazione della viabilità<br />

sulla base del Nuovo Codice della Strada, permettono di risolvere i problemi presenti, attraverso interventi<br />

più efficaci, nel medio e lungo periodo che il PRG deve individuare e proporre.<br />

Dove il PUT fornisce il suo contributo più importante è nella soluzione dei problemi puntuali quali ad esempio<br />

gli incroci fra i vari assi. Abbandonato il principio del sistema semaforico quale soluzione generalizzata,<br />

vengono introdotte, ove possibile le rotatorie che a fronte di un certo periodo d’adattamento da parte degli<br />

automobilisti offrono il vantaggio di uno smaltimento costante del traffico, specie se realizzate con un<br />

diametro delle stesse, che ove possibile, sarà pari a quello dell’unica rotonda già realizzata, sulla via Losi, e<br />

che ha dimostrato la sua efficacia.<br />

Questa soluzione funge anche da deterrente alla velocità troppo elevata e così troviamo nel nuovo PRG un<br />

vero e proprio sistema di rotatorie sulla nuova tangenziale che risolve anche il problema di deflusso del<br />

traffico dal casello autostradale e dalla Traversa S.Giorgio ideale congiunzione con le Statali per Modena e<br />

Correggio, nonché l’i9ntersezione della S.S. Romana Sud con le due più importanti vie di accesso da sud, via<br />

dei Mulini e via Marx.<br />

72


La mobilità locale<br />

Al fine di formulare proposte di riqualificazione urbanistica e ambientale della viabilità della città consolidata,<br />

sono state redatte alcune analisi tematiche ed interpretative dello stato di fatto urbanistico e ambientale<br />

(Elaborati A5).<br />

Lettura storica della struttura urbana<br />

La tavola descrive la struttura urbana di Carpi legandola ad una lettura della stratificazione storica delle<br />

tipologie edilizie residenziali e produttive. La città contenuta all’interno dell’attuale perimetro del centro<br />

storico fino ai primi del Novecento, conosce la prima espansione al di fuori delle mura all’inizio del secolo. Ma<br />

la vera trasformazione urbana avviene a ridosso della seconda guerra mondiale, quando si assiste<br />

all’espansione nel territorio agricolo della città secondo il modello dell’aggiunta spontanea, con la tipologia<br />

prevalente dell’edificio monofamiliare isolato sul lotto. Contemporaneamente la città cresce per parti secondo<br />

il modello dell’addizione pianificata (sia pubblica che privata), con piani particolareggiati di edilizia pubblica e<br />

convenzioni con i privati. Il modello insediativo prevalente rimane comunque quello dell’edificio isolato su<br />

lotto. Alla struttura minuta della città residenziale si affianca quella diffusa del sistema dei servizi di<br />

quartiere, che costituiscono oggi il connettivo e il sistema delle centralità attorno ai quali ruotano gli<br />

insediamenti. La struttura produttiva minuta ha seguito il modello dell’addizione pubblica e privata, con<br />

insediamenti di piccoli e media dimensione.<br />

La città della residenza e della produzione<br />

La tavola descrive la stratificazione e la frammistione dei differenti modelli insediativi all’interno della città. Al<br />

di fuori del tessuto storico la città risulta strutturata secondo le regole del tessuto a medio – bassa densità,<br />

con abitazioni mono – bifamiliari isolate su lotto accanto al modello della palazzina plurifamiliare. Questa<br />

struttura urbana si giustifica con la lettura delle regole insediative del Piano Airaldi (1959), con il quale Carpi<br />

si è sviluppata per zone miste e residenziali semi – intensive e con una plurifunzionalità dominante. Questa<br />

regola ha governato lo sviluppo e la crescita della città praticamente fino ad oggi, pur con la differenziazione<br />

del modello insediativo in alcune parti urbane. Lungo le principali linee della centuriazione ed i corrispondenti<br />

percorsi storici di impianto urbano (via Cattani, via Lenin, via Marx, via Moro, via Manzoni, via Remesina, via<br />

Pezzana, via Roosevelt), la città è cresciuta con densità maggiori, con edifici allineati prevalentemente lungo<br />

strada. Accanto a questa struttura sono leggibili alcuni episodi di progettazione unitaria, soprattutto di<br />

natura pubblica. La struttura produttiva diffusa vede la presenza di un grosso comparto unitario a sud, di<br />

una diffusione delle strutture produttive miste al commercio lungo via Alghisi, di un comparto a nord<br />

attestato su via Roosevelt, nonché della grande zona produttiva di matrice contemporanea ad ovest, a<br />

ridosso dell’autostrada.<br />

La città pubblica. Il sistema dei servizi e del verde<br />

L’analisi qualitativa (per le quantità specifiche e di dettaglio relative ai servizi urbani e di quartiere si veda il<br />

capitolo 4.7 “La città dei servizi”), mette in luce la struttura della città pubblica, che si articola attorno alla<br />

73


dotazione del verde di quartiere, alla rete di alberature lungo le principali arterie urbane e al sistema dei<br />

servizi urbani e di quartiere.<br />

L’analisi evidenzia una buona diffusione dei servizi di quartiere e di verde nella parte meridionale della città,<br />

sostanzialmente legata alla presenza di episodi urbani a carattere unitario, il consolidarsi di un sistema di<br />

servizi a scala urbana nella parte occidentale della città che penetra attraverso il Parco delle rimembranze<br />

fino al centro storico. Una minore diffusione di verde e servizi nelle aree comprese fra via Manzoni e via<br />

Magazzeno, alcuni episodi di verde e servizi più consistenti nella parte settentrionale della città. La rete delle<br />

alberature risulta più capillare, segnando le linee di antica centuriazione, il perimetro del centro storico,<br />

alcune strade di quartiere e il sistema della tangenziale di via Bruno Losi.<br />

La città del commercio: struttura e accessibilità di vicinato<br />

La tavola individua la diffusione della struttura commerciale della città e sottolinea i percorsi nei quali si<br />

rileva una maggiore concentrazione dei servizi privati di tipo commerciale. Dall’analisi emerge una<br />

sostanziale carenza di grande strutture commerciali e una maggiore diffusione delle strutture di media e<br />

piccola dimensione. Prevale infatti la rete degli esercizi di vicinato (inferiori ai 250 mq), diffusa all’interno dei<br />

tessuti urbani, spesso attestata lungo le arterie di comunicazione di scala urbana e in corrispondenza delle<br />

maggiori densità edilizie attestate su strada. La scarsa diffusione del commercio all’interno della città<br />

consolidata è legata alla predominanza del modello insediativo a medio - bassa densità, difficilmente<br />

compatibile con la struttura commerciale.<br />

Gerarchia e classificazione della viabilità esistente della città consolidata<br />

L’analisi effettuata evidenzia la struttura viabilistica esistente (autostrada, grande viabilità di collegamento<br />

urbano e provinciale, viabilità urbana di scorrimento, viabilità di quartiere, viabilità locale) ed i collegamenti<br />

della città consolidata con il territorio circostante, documentando in particolare il rapporto fra la viabilità ed i<br />

tessuti esistenti. La rete risulta sufficientemente gerarchizzata solo in alcune parti della città, mentre<br />

differenti tipologie di flussi si sovrappongono per buona parte della rete. In particolare, i collegamenti interni<br />

ai quartieri non risultano particolarmente differenziati dalla rete di strade locali, soprattutto in relazione al<br />

tipo di sezione della strada, al suo disegno generale, al suo equipaggiamento ambientale.<br />

Sintesi della struttura urbana<br />

La tavola rappresenta una prima sintesi interpretativa di lettura della città consolidata, osservando<br />

congiuntamente il sistema della città privata, il sistema della città pubblica (del verde e dei servizi in<br />

particolare), il sistema della mobilità.<br />

74


4.5 La città consolidata<br />

Le analisi condotte<br />

Le scelte del Prg per la “città consolidata” si fondano su analisi mirate, tutte rappresentate in scala 1:<br />

10.000, finalizzate cioè alla definizione di una normativa il più possibile appropriata, di seguito descritte in<br />

modo sintetico. L’analisi integrata dei caratteri omogeneità edilizia e urbanistica, morfologica e funzionale è<br />

stata effettuata su tavole e cartografie direttamente elaborate utilizzando i database del SIT, oppure<br />

attraverso indagini e letture sui tessuti utilizzando parametri di tecnica urbanistica e/o rilievi diretti.<br />

A3.1 Formazione storica e strumenti attuativi<br />

Si tratta di una analisi della città elaborata attraverso cartografia storica, convenzioni, lottizzazioni, piani<br />

particolareggiati, piani regolatori, licenze e concessioni edilizie, mettendo in evidenza le diverse fasi<br />

dell’evoluzione storica-urbana e indicazione degli strumenti attuativi. La tavola descrive la struttura urbana di<br />

Carpi legandola ad una lettura della stratificazione storica delle tipologie edilizie e produttive.<br />

A3.2 Tipologia urbanistica<br />

La tavola descrive la stratificazione e la frammistionedei modelli insediativi della città. Si tratta di un’analisi<br />

elaborata attraverso l’identificazione di modelli urbanistici caratterizzanti i tessuto urbano carpigiano, lettura<br />

della struttura viaria in relazione agli isolati, alla viabilità storica di più antica formazione, alle preesistenze.<br />

Globalmente la carta di sintesi rivela come la gran parte del territorio urbanizzato sia caraterizzato da tessuti<br />

e tipologia urbanistica monotoni e indifferenziati; individuati sulla tavola anche gli assi viari storici o viabilità<br />

“primaria” anche di impianto recente.<br />

A3.3 Tipologia edilizia<br />

Si tratta di un analisi analoga a quella condotta tradizionalmente per le zone storiche, relativa però alla città<br />

moderna. Sono individuati sei tipi edilizi residenziali principali, un tipo caratterizzato da varie funzioni<br />

integrate, due tipologie di attrezzature e servizi, due tipologie industriale e una di edifici con giardino.<br />

L’obiettivo è quello di individuare il tipo ricorrente, che , insieme ai parametri e alle classificazioni individuati<br />

dalle analisi precedenti, contribuisce a definire la forma e la struttura delle differenti parti di città.<br />

A3.4 La città del commercio<br />

La tavola individua la diffusione della struttura commerciale della città e sottolinea le aste in cui si rileva una<br />

maggiore concentrazione dei servizi privati a disposizione dei residenti. Emerge una grande carenza delle<br />

grandi strutture commerciali destinate alla vendita con il solo episodio di via Peruzzi e una maggiore<br />

diffusione, seppure limitate, di strutture di media dimensione; prevale invece la rete del commercio di<br />

vicinato, diffuso all’interno dei tessuti urbani, spesso attestato lungo le principali arterie di comunicazione di<br />

scala urbana e in corrispondenza delle densità edilizie maggiori e delle tipologie edilizie in linea attestate su<br />

strada, adatte a ricevere funzioni di servizio privato al piano terreno.<br />

75


A3.5 Densità Edilizia<br />

Sono state individuate tre soglie di densità edilizie fondiaria (0 a 0,3 mq/mq e oltre i0,6 mq/mq). La<br />

conoscenza della densità edilizia è indispensabile per due motivi: si tratta di uno dei parametri fondamentali<br />

per individuare le caratteristiche dei tessuti urbani; è un parametro necessario per la nuova disciplina di Prg,<br />

in particolare per le nuove costruzioni “di completamento” e per le demolizioni e ricostruzioni, se si vogliono<br />

garantire interventi congruenti con il tessuto circostante e con qualche margine di ampliamento rispetto agli<br />

edifici esistenti.<br />

A3.6 Rapporto di copertura<br />

Si tratta di una analisi che ha le stesse finalità della due analisi precedenti, ma che serve anche per<br />

disciplinare eventuali aumenti della permeabilità media dei tessuti considerati. Sono state prese in<br />

considerazione tre soglie di rapporto di copertura, sempre fondiario (fino a 0,3 e oltre 0,6 mq/mq).<br />

A3.7 Incrocio tra densità fondiaria e rapporto di copertura<br />

L’analisi, sempre al fine di giungere ad una definizione dei tessuti urbani, evidenzia quattro tipi di<br />

insediamento valutati dal solo punto di vista quantitativo (una prima direzione nella definizione dei tessuti<br />

urbani), ottenuti incrociando le tre tipologie più ricorrenti di rapporto di copertura ( 0,40) e le quattro tipologie più ricorrenti di densità ( di 5).<br />

4.6 La città dei servizi<br />

Nella disciplina urbanistica il termine “standard” è stato introdotto per identificare con una parola un<br />

concetto relativo all’uso del suolo: il riequilibrio tra funzioni private e pubbliche. Principio che, pur essendo<br />

finalizzato al miglioramento delle qualità insediative, è di difficile accettazione in contesti economico-sociali<br />

ove sono legittime le modifiche “spontanee” del territorio, ovvero le modifiche dettate dai meccanismi di<br />

rendita, sia essa assoluta o differenziale.<br />

Pertanto l’accezione originaria di standard urbanistico si traduce in un obiettivo da perseguire: lo sviluppo<br />

territoriale che tenga conto di un ventaglio di esigenze complesse, che non si limiti al soddisfacimento delle<br />

sole necessità abitative e produttivo-commerciali, ma assicuri un equilibrio tra queste e gli spazi da destinare<br />

ai servizi collettivi, sociali e ricreativi.<br />

La quantificazione dello standard però, da destinare al singolo abitante, non sempre è stata sufficiente a<br />

garantire un miglioramento delle condizioni abitative: molto spesso i piani regolatori rispettano sulla carta il<br />

soddisfacimento delle quantità, conteggiando aree che aspettano di essere acquisite ormai da tempo,<br />

trasformando le aiuole stradali in verde pubblico, segnalando quali servizi a verde o a parcheggi aree di<br />

nessuna utilità pubblica perché ai margini delle città se non in termini di terreno agricolo addirittura.<br />

Questo tipo di pratica urbanistica è espressione di una sensibilità progettuale limitata, ma è anche il risultato<br />

dell’applicazione di indicazioni legislative del tutto mancanti di una definizione qualitativa dei servizi,<br />

soprattutto in termini localizzativi, funzionali e di manufatto edilizio.<br />

76


Al contrario, la migliore urbanistica italiana ha continuato a proporre soluzioni evolutive e aggiornate, anche<br />

forzando le legislazioni regionali. Se oggi ci troviamo con ipotesi di riforma largamente condivise, è proprio<br />

perché queste sono maturate nei piani, nella concreta sperimentazione della pratica urbanistica.<br />

Nasce quindi la necessità di garantire realmente, e non solo formalmente, l’obiettivo che gli standard<br />

rappresentano, con modalità di acquisizione che superino il ricorso all’esproprio, sempre più inapplicabile. Le<br />

problematiche sono note: la decadenza quinquennale dei vincoli urbanistici, le indennità espropriative<br />

commisurate ai valori di mercato, le sempre più ridotte capacità finanziarie delle amministrazioni comunali,<br />

hanno via via affievolito la “salvaguardia pubblicistica” così forte all’inizio degli anni settanta, vale a dire la<br />

possibilità di espropriare facilmente, raggiungendo rapidamente l’obiettivo posto dal decreto del ’68.<br />

A Carpi questa situazione è stata affrontata attraverso una acquisizione per compensazione delle aree degli<br />

standard: dal “doppio regime”, cioè dalla alternativa tra una cessione compensativa, a fronte di possibilità<br />

insediative ridotte da concentrare su una minima parte.<br />

Rispetto però a trent’anni fa sono radicalmente cambiati fabbisogni sociali e comportamenti culturali della<br />

popolazione, ma anche alcune scelte urbanistiche hanno subito una evoluzione che non può non riflettersi<br />

sugli strumenti da utilizzare. Per fare un esempio la situazione dell’edilizia scolastica è quasi dovunque così<br />

sovradimensionata rispetto alla popolazione scolastica, che i piani hanno in generale rinunciato a previsioni<br />

aggiuntive per questo servizio.<br />

La riforma del decreto del ’68 non può essere disgiunta dalla più generale riforma urbanistica, che, com’è<br />

noto, nella situazione italiana deve essere non solo riforma degli strumenti e delle procedure della<br />

pianificazione, ma anche riforma del regime giuridico degli immobili. Non ci dovrà quindi più essere una<br />

“legge ponte” e un successivo decreto, ma un unico, organico provvedimento di riforma.<br />

Analisi e quantificazioni dello stato di fatto<br />

Le analisi sullo stato di fatto del sistema urbano dei servizi del Comune di Carpi sono state condotte, in<br />

collaborazione con i diversi settori dell’amministrazione, per la verifica del soddisfacimento degli standard<br />

regionali di cui all’art. 46 della L.R. 47/78 e successive varianti.<br />

Per gli standard residenziali e urbani si sono considerate aree di proprietà pubblica e solo in sporadici casi<br />

sono state computate aree private, comunque utilizzate a destinazione pubblica.<br />

L'esito dell'analisi condotta ha evidenziato una dotazione complessiva di standard residenziali pari a 23,3<br />

mq/ab, circa 1.409.582 mq rapportati ai 60.573 abitanti residenti al 31 dicembre 1999.<br />

La presente relazione metodologica ha definito i criteri di valutazione quantitativi e qualitativi relativi alla<br />

situazione di fatto. In questo senso le tradizionali analisi svolte per la verifica della normativa suddetta sono<br />

state integrate da valutazioni urbanistiche più complesse, volte alla valutazione del livello qualitativo<br />

ambientale generale del sistema esistente dei sevizi.<br />

In modo particolare si sono fatte delle valutazioni preliminari sulla classificazione del Prg vigente relativa alle<br />

aree verdi, uniformando per la maggior parte dei casi il verde pubblico e attrezzato di quartiere con quello di<br />

interesse generale, attrezzato e non. Dallo stato di fatto non emerge, infatti, una differenza funzionale tra<br />

queste aree tale da giustificare una diversa classificazione. Si sono inoltre declassate alcune aree a standard<br />

77


di quartiere destinate a verde in quanto non considerate propriamente idonee allo svolgimento della funzione<br />

pubblica: aree con dimensioni molto ridotte e non ampliabili, soprattutto se in prossimità di assi viari<br />

fortemente trafficati, assi ferroviari, aree di rispetto cimiteriale e dei corsi d’acqua. Per tale tipologia di verde<br />

è stato comunque valutato il ruolo svolto di collegamento dei tessuti urbani.<br />

Il dato comunale è stato così depurato delle aree suddette per avere una corretta quantificazione dello<br />

standard residenziale.<br />

Il valore ottenuto corrisponde maggiormente alle disposizioni legislative regionali dell’art. 46 della Legge<br />

Regionale 47/78 e successive integrazioni. La verifica condotta dello stato di fatto è relativa sia ai servizi di<br />

quartiere che a quelli urbani sulla base dei minimi regionali (L.R. 47/78: 30 mq/ab per i primi, 17,5 mq/ab<br />

per i secondi vedi tabella seguente).<br />

SERVIZI DI QUARTIERE<br />

zone G art. 13 della L.R. 47/78<br />

78<br />

ATTREZZATURE GENERALI<br />

zone F art. 13 della L.R. 47/78<br />

Attrezzature di interesse comune 4 mq/ab (1)<br />

Attrezzature generali urbane<br />

attrezzature tecnologiche<br />

servizi per la mobilità<br />

Civili (comprensive di strutture per anziani)<br />

Religiose<br />

sedi amministrative pubbliche<br />

attrezzature sportive e per lo spettacolo sportivo<br />

attrezzature per l'ordine pubblico e la sicurezza<br />

attrezzature aeroportuali<br />

cimiteri<br />

Istruzione dell'obbligo 6 mq/ ab (1) Attrezzature per l'istruzione<br />

superiore<br />

1 mq/ab (2)<br />

asili nido<br />

materne<br />

elementari<br />

medie inferiori<br />

scuole superiori<br />

Verde attrezzato 16 mq/ ab (1) Verde urbano 15 mq/ ab (2)<br />

parchi di quartiere<br />

parchi urbani<br />

verde sportivo<br />

parco territoriale<br />

Parcheggi pubblici 4 mq/ ab (1)<br />

Attrezzature sanitarie 1,5 mq/ ab (2)<br />

Parcheggi residenziali ospedale<br />

(1)<br />

L.R. 47/78 art. 46<br />

(2)<br />

L.N. 765/67 e D.I. 1444/68<br />

Servizi di quartiere<br />

II dato complessivo, precedentemente ricordato, evidenzia una condizione di fatto ottimale, pari a 23,3<br />

mq/ab di standard regionali.(vedi tabella 4.7.a)<br />

La situazione, però, non si presenta in modo omogeneo nel contesto comunale, né territorialmente né<br />

tipologicamente. Il dato che emerge dalla valutazione della dotazione complessiva di servizi è infatti<br />

soddisfacente nelle frazioni, meno nel centro urbano. Il valore degli standard residenziali nelle frazioni è<br />

infatti pari a 34,5 mq/ab (corrispondenti a circa 382.955 mq. rapportati agli 11.098 abitanti residenti):<br />

come si può notare, le frazioni superano il fabbisogno minimo (sia di quartiere che urbano).


Lo stesso non si può dire per il centro urbano che denuncia ancora un fabbisogno da colmare rispetto alla<br />

legislazione regionale: sia in termini quantitativi, poiché si registrano 20,8 mq/ab (corrispondenti a circa<br />

1.026.627 mq. rapportati ai 49.475 abitanti residenti), sia in termini di qualità tipologica.<br />

Nonostante complessivamente, il livello di offerta territoriale risulti soddisfacente, il grado di integrazione<br />

funzionale presente nell’insieme dei servizi della città è inferiore.<br />

La divisione del centro urbano in zone statistiche ha portato però ad una visione troppo frammentata e poco<br />

rispondente al reale rapporto tra abitanti e standard. La capacità di mediazione tra situazioni molto<br />

differenziate di valori pro capite può essere in parte sfruttata per una valutazione fatta per settori urbani,<br />

corrispondenti ad aggregazioni di zone statistiche fatte secondo una logica di reale continuità fisica<br />

maggiormente rispondenti ad accettabili bacini d’utenza in termini di fruizione degli standard. Nel caso del<br />

centro storico e della zona industriale le zone statistiche sono state ridotte proprio per mettere in evidenza le<br />

problematiche peculiari di queste aree. I sette settori urbani sono:<br />

C.S. Centro Storico<br />

I Magazzeno<br />

II Cibeno e Due Ponti<br />

III Zona Centrale e Zona Sportiva<br />

IV Bollitora<br />

V Quartirolo<br />

Ind Zona Industriale<br />

individuabili nella tavola 4.7.b.<br />

Il dato che emerge dalla valutazione, a completa realizzazione del Piano della dotazione complessiva di<br />

servizi, è infatti più soddisfacente rispetto a quello di singole zone statistiche, rimarcando le grosse carenze<br />

solo nei settori I e V.(vedi tabella 4.7a)<br />

Verde esistente<br />

Il verde sia urbano, per quanto concerne lo stato attuale, si presenta con una dotazione sul territorio<br />

comunale che risulta essere di 1,2 mq/ab (corrispondenti a 70.396 mq.), prossimi al soddisfacimento del<br />

fabbisogno minimo regionale pari a 16 mq/ab; tuttavia si tratta di un dato notevolmente inferiore ai 31<br />

mq/ab, compresivi dei 15 mq/ab della L. 765/67, obiettivo del futuro Piano Regolatore.<br />

Si riconferma una notevole differenza tra il centro urbano, pari a 9,8 mq/ab (corrispondenti a circa 485.202<br />

mq.), molto inferiori allo standard minimo regionale (16 mq/ab) e le frazioni, 20,1 mq/ab (corrispondenti a<br />

223.194 mq.) superiori al fabbisogno di legge.<br />

Se escludiamo il settore IV della Bollitora che supera se pur di poco i valori minimi imposti dalla legge<br />

regionale, nel resto del centro urbano si riscontra una generalizzata carenza. Ben diversa la situazione nelle<br />

frazioni specialmente per San Marino, Santa Croce, Gargallo e Cortile. Complessivamente le aree di verde per<br />

attrezzature sportive rappresentano il 36% del totale.<br />

79


Istruzione esistente<br />

La situazione delle attrezzature destinate all’istruzione dell’obbligo (asili nido, materne, elementari e medie<br />

inferiori), è pari a 3,8 mq/ab (corrispondenti a circa 233.019 mq.), rispetto al minimo regionale di 6 mq/ab.<br />

Per questa categoria sono state prese in considerazione solamente le strutture che attualmente rivestono<br />

tale funzione, non quelle dismesse; si sono aggiunte alle strutture pubbliche quelle private, in quanto<br />

anch’esse concorrono a soddisfare tale funzione.<br />

Questa carenza è imputabile, più che ad esigenze di nuove strutture, alla necessità di razionalizzazione di<br />

quelle esistenti ed in particolare alla necessità di ampliare le aree di pertinenza di alcune di esse, per<br />

riequilibrare il rapporto tra superficie coperta e scoperta.<br />

In generale, l’analisi ha posto in evidenza la necessità di adeguare le strutture alle nuove esigenze<br />

organizzative del sistema scolastico dell’obbligo: ridefinizione dei cicli scolastici, la gestione a “tempo pieno”,<br />

che prevede la realizzazione di strutture collaterali quali mense; il prolungamento dell’età dell’obbligo<br />

scolastico, che richiede maggiori spazi; e la concentrazione dei plessi scolastici in poli integrati comprendenti<br />

scuole dell’infanzia, elementari e medie. L’emanazione del Decreto Ministeriale n.72 del 22 marzo 1999, ha<br />

ripristinato la normativa che prevede, “comprese le sezioni di scuola materna”, la costituzione di classi-<br />

sezioni con non più di venti alunni. Questi adeguamenti tendono ad aggravare la situazione della zona nord<br />

di Carpi, dove si riscontrano richieste inevase.<br />

Da questo dato risulta che per gli attuali abitanti le strutture esistenti sono insufficienti. Date quindi le ipotesi<br />

insediative introdotte dal nuovo Prg, il soddisfacimento degli standard dovrà essere garantito da nuove<br />

strutture opportunamente collocate rispetto alle attuali.<br />

Il centro urbano, per lo stato di fatto, ha una dotazione di 4,2 mq/ab (corrispondenti a 233.548 mq.), il<br />

centro urbano nonostante il valore di riferimento è ben dotato specialmente nel centro storico, il settore<br />

della Bollitora e quello del Magazzeno, molto carenti invece sono il settore centrale data la vicinanza con il<br />

centro storico ed il settore di Quartirolo. Per quest’ultimo si può comprendere la necessità di essere dotato in<br />

futuro di strutture scolastiche dalle tavole 4.7c relative ai raggi di influenza.<br />

Nelle frazioni lo standard, a seguito di una forte razionalizzazione delle strutture, è pari a 2,3 mq/ab<br />

(corrispondenti a 25.41 mq.) molto inferiore allo standard regionale; solamente a Fossoli, Budrione e Santa<br />

Croce sono ancora presenti strutture per l’istruzione. La maggior parte delle scuole delle frazioni, infatti,<br />

sono dismesse in nome di una maggior qualità scolastica, facendo confluire così la popolazione scolastica<br />

soprattutto nelle strutture del centro urbano.<br />

Attrezzature di interesse comune esistente<br />

Per quanto riguarda le attrezzature collettive, civili e religiose, la situazione complessiva soddisfa pienamente<br />

il fabbisogno: 5,1 mq/ab (corrispondenti a 310.402mq.), rispetto ai 4 mq/ab richiesti dalla legge regionale.<br />

Essa tuttavia distingue le attrezzature collettive in civili e religiose: scorporando il dato precedente, troviamo<br />

una carenza complessiva delle attrezzature “civili” nel centro urbano, dove si registrano 2,5 mq/ab<br />

(corrispondenti a 153.412 mq.), lievemente inferiori ai 2,8 mq/ab richiesti; al contrario nelle frazioni lo<br />

standard è lievemente superiore (2,9 mq/ab corrispondenti a 31.663 mq.).<br />

82


Molto diversa è la situazione complessiva delle attrezzature religiose 2,6 mq/ab (corrispondenti a 156.990<br />

mq.),più del doppio rispetto allo standard regionale di 1,2 mq/ab, non tanto nel centro urbano, dove si<br />

calcolano 1,5 mq/ab (corrispondenti a 73.523 mq.), ma nelle frazioni lo si supera abbondantemente, 7,5<br />

mq/ab (corrispondenti a 83.467 mq.).<br />

Parcheggi esistenti<br />

L’analisi ha tenuto conto di tutti gli spazi urbani destinati a parcheggio di uso pubblico a servizio di<br />

insediamenti residenziali, sia urbanistici di quartiere che fisiologici alla stessa esistenza del singolo<br />

insediamento. Non sono stati conteggiati i parcheggi privati in quanto integrati direttamente nell’ambito del<br />

complesso residenziale e di sola fruizione privata, quindi non utili per la verifica dello standard regionale. Non<br />

sono stati computati, inoltre, i parcheggi pubblici specialistici, di servizio cioè a specifiche attrezzature<br />

urbane quali: zone industriali, centri commerciali, centri terziari (appartenenti in genere alle attrezzature di<br />

servizio, ma non considerati nella verifica degli standard di quartiere in quanto non a diretto uso della<br />

residenza).<br />

La situazione riguardante i parcheggi, sia del centro urbano che delle frazioni, si presenta critica, dato che il<br />

fabbisogno complessivo procapite è di 2,6 mq/ab, corrispondenti a 157.765 mq: 2,8 mq/ab per il centro<br />

urbano e 1,7 mq/ab per le frazioni.<br />

Nel centro storico la situazione si presenta non grave dal punto di vista del rapporto superficie-abitanti (2,1<br />

mq/ab), soprattutto se si tiene conto che nel settore centrale il rapporto raggiunge 6,3 mq/ab. Si potrebbe<br />

prevedere per i centri storici a considerare nullo il fabbisogno di parcheggi pubblici, massimizzando invece<br />

quello dei parcheggi privati e prevedendo, ai margini esterni, parcheggi di attestamento destinati non tanto<br />

ai residenti quanto agli utilizzatori delle funzioni insediate nel centro; ciò al fine di una generalizzata<br />

pedonalizzazione dei centri storici e per eliminare gradualmente le automobili, quale fondamentale misura di<br />

riqualificazione.<br />

Servizi urbani<br />

La dotazione di servizi urbani è stata verificata sulla base dell’articolazione fatta sia dalla legge nazionale<br />

765/67 che dal decreto interministeriale 1444/68, i quali considerano, ai fini del soddisfacimento minimo<br />

procapite di 17,5 mq/ab, le sole voci di verde (15 mq/ab), istruzione superiore (pari a 1 mq/ab) e<br />

attrezzature sanitarie (1,5 mq/ab). Oltre a queste sono state individuate, cartograficamente, altre<br />

attrezzature urbane in quanto forniscono anch’esse un servizio per l’intero comune: attrezzature per la<br />

viabilità e i parcheggi; di erogazione diretta di servizi; di ricovero e cimiteriali; ricreative-sportive e<br />

tecnologiche.<br />

La caratteristica propria dei servizi urbani è quella di non essere legati ad una fruizione strettamente<br />

collegata alla vicinanza della residenza, bensì di essere rivolti all’intera popolazione urbana.<br />

La riclassificazione, precedentemente ricordata, delle aree verdi, che costituiscono la voce dominante dei<br />

servizi urbani, ha portato a denunciare una grave carenza di aree destinate a verde urbano, pari a 3 mq/ab<br />

corrispondenti a 188.013 mq. Per l’istruzione superiore la situazione risulta favorevole, con una dotazione<br />

procapite di circa 1,8 mq/ab, superiore ai minimi di legge previsti in 1,5 mq/ab. Per quanto riguarda le<br />

83


attrezzature sanitarie, il dato è soddisfacente (1,2 mq/ab) rispetto allo standard minimo della legge<br />

nazionale (1 mq/ab). La quantità procapite complessiva è di 6 mq/ab (circa 370.053 mq.), inferiore ai 17,5<br />

mq/ab richiesti. Se ne deduce un fabbisogno considerevole non soddisfatto, pari ai due terzi dell’attuale<br />

dotazione.<br />

4.8 Patrimonio edilizio rurale<br />

Gli edifici posti in territorio extraurbano sono valutati dal piano sulla base delle specificità relative alla loro<br />

collocazione sul territorio ed alla loro appartenenza o meno a tipologie rurali ricorrenti nella nostra pianura,<br />

così da evidenziare, per ognuno, caratterist6iche peculiari, delle quali tenere conto in una logica di<br />

conservazione, recupero e riutilizzo di tale patrimonio.<br />

Supporto fondamentale per un’operazione tanto importante è il censimento, effettuato negli anni ‘85-’87, di<br />

tutti gli edifici rurali, raggruppati in insediamenti rurali, intesi come parti edificate dei terreni agricoli.<br />

Partendo da un rilievo diretto su tutto il territorio comunale, si è provveduto ad individuare il perimetro di<br />

ogni insediamento, sulla base delle relazioni esistenti fra i vari edifici che li compongono; inoltre per ognuno<br />

di tali fabbricati è stata redatta un’apposita scheda contenente tutte le specifiche caratteristiche<br />

architettoniche e d’impianto.<br />

Da questo censimento è emersa l’esistenza di due tipologie ricorrenti, che pur nelle molteplici variazioni,<br />

hanno costituito la base del patrimonio edilizio rurale esistente fino a quasi i nostri giorni.<br />

Definiti tali modelli “a corpi funzionali contigui” (“a porta morta”) e “a corpi funzionali separati”, si è rilevato<br />

che essi costituivano la maggioranza degli edifici esistenti.<br />

A queste due tipologie si affiancano un certo numero di edifici di pregio, classificati come emergenze<br />

architettoniche, che, pur diversi per epoca e funzione, eccellono per qualità architettoniche, complessità del<br />

manufatto e per l’integrità planimetrica.<br />

Un altro numero limitato di fabbricati è definito interessante dal punto di vista morfologico-testimoniale;<br />

infine si sono individuati per esclusione edifici senza tipologia agricola, frutto quasi tutti dell’intensa<br />

edificazione del dopoguerra che ha importato modelli urbani in zone rurali.<br />

Individuato con un numero progressivo ogni insediamento rurale, si è operata un’analisi approfondita sul<br />

modello “a porta morta”, sino a definire questo edificio unitario come sommatoria di moduli strutturali che,<br />

aggregati in maniera differente, da tre a sei, concorrono sempre a definire la composizione base formata da<br />

abitazione, portico e stalla.<br />

Il PRG prevede una precisa gerarchia delle modalità d’intervento, con diverse possibilità di recupero a<br />

seconda del pregio degli edifici e della loro classificazione tipologica, così come compare nell’apposito<br />

allegato 5 alla normativa:<br />

- gli edifici classificati come emergenze architettoniche possono essere recuperati solo mediante restauro<br />

scientifico;<br />

- gli edifici importanti per integrità architettonica o caratteri tipologici originali comportano un intervento di<br />

restauro e risanamento conservativo;<br />

88


- gli edifici con tipologia conservata in modo integro o con modifiche perfettamente inserite all’interno dei<br />

processi dell’architettura tradizionale, oppure con modifiche che hanno portato ad una parziale<br />

manomissione nella forma e nei materiali, possono essere recuperati con un intervento di<br />

ristrutturazione con vincolo;<br />

- gli edifici privi di tipologia agricola possono essere recuperati attraverso la ristrutturazione semplice.<br />

Inoltre il PRG indica quelle che sono le possibilità di recupero ad usi diversi da quelli agricoli per i vari tipi di<br />

edifici.<br />

Il PRG prevede la possibilità di recupero a fini residenziali secondo questi principi:<br />

- negli edifici con tipologia a corpi contigui sono ricavabili tanti alloggi quanti sono i moduli;<br />

- negli edifici con tipologia a corpi separati sono ricavabili tanti alloggi quanti sono gli edifici e comunque<br />

almeno tre.<br />

Per entrambe le tipologie il numero degli alloggi può essere aumentato con la redazione di un Piano<br />

Urbanistico Attuativo che dimostri il rispetto delle caratteristiche tipologiche e morfologiche dei manufatti.<br />

Sono altresì ammesse funzioni terziarie purché complementari alla residenza e comunque viene sempre<br />

fissata una dotazione minima di posti auto e di spazi accessori alla residenza.<br />

Questa impostazione normativa, ricca di potenzialità, vuole permettere il recupero di edifici in zona agricola<br />

invertendo la tendenza prevalente negli ultimi decenni, costituita dall’abbandono di molti fabbricati che, in<br />

mancanza anche della minima manutenzione, sono arrivati alla completa rovina, oppure il recupero di alcuni<br />

di essi fatto attraverso interventi che non hanno tenuto conto delle peculiarità architettoniche e che quindi<br />

hanno prodotto effetti altrettanto devastanti.<br />

89


5.1 Gli elaborati del piano<br />

Elaborati di analisi:<br />

A1 Tavola di inquadramento territoriale<br />

- Sistema delle principali connessioni territoriali dell’Arco-subalpino<br />

- Sistema delle principali connessioni territoriali Regionali<br />

A2 Elaborati riferiti alla città storica<br />

- Rilievo centro storico catastale piano terra in scala 1:1.000<br />

- Rilievo centro storico catastale primo piano in scala 1:1.000<br />

- Cartografie storiche<br />

- Modelli tipologici dei fabbricati a tipologia riconoscibile<br />

A3 Elaborati riferiti alla città consolidata<br />

- Formazione storica e strumenti attuativi<br />

- Tipologia urbanistica<br />

- Tipologia edilizia<br />

- La città del commercio<br />

- Densità Edilizia<br />

- Rapporto di copertura<br />

- Incrocio tra densità fondiaria e rapporto di copertura<br />

A4 Elaborati riferiti alla struttura fisica del territorio in scala 1:50.000<br />

- Carta idrogeomorfologica<br />

- Carta litologica<br />

- Caratteristiche pedologiche<br />

- Grado di infiltrazione<br />

- Carta della profondità media dei livelli freatici<br />

- Carta della vulnerabilità naturale per infiltrazione<br />

- Elementi di pericolosità puntuali e diffusi<br />

- Unità geomorfologiche<br />

A5 Elaborati riferiti al sistema della mobilità<br />

Elaborati programmatici:<br />

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<strong>PG1</strong> Relazione di Piano<br />

PG2a Piano dei servizi del centro urbano in scala 1:10.000<br />

PG2b Piano dei servizi delle frazioni in scala 1:10.000<br />

PG3 Unità di paesaggio di rango comunale in scala 1:25.000<br />

PG4 Proposte per il sistema ambientale in scala 1:20.000<br />

PG5a Relazione geologica generale<br />

PG5b Relazione geologica contenente le prescrizioni per i nuovi insediamenti<br />

PG6a Proposte per il sistema infrastrutturale di breve-medio periodo in scala 1:10.000<br />

PG6b Proposte per il sistema infrastrutturale di lungo periodo in scala 1:10.000<br />

PG7a-b Individuazione tipologica dei fabbricati nel territorio comunale in scala 1:10.000<br />

PG7c Individuazione tipologica dei fabbricati della città storica in scala 1:2.000<br />

PG8a Classificazione del territorio sulla base di condizioni di fatto e di diritto per l’applicazione del principio<br />

perequativo e confine del Territorio urbanizzato (centro urbano) in scala 1:10.000<br />

PG8b Classificazione del territorio sulla base di condizioni di fatto e di diritto per l’applicazione del principio<br />

perequativo e confine del Territorio urbanizzato (frazioni) in scala 1:10.000<br />

Elaborati prescrittivi:<br />

PS1 Norme di attuazione<br />

PS2 Azzonamento del territorio comunale in scala 1:5.000<br />

PS3 Disciplina Particolareggiata del territorio urbano storico in scala 1:2.000<br />

5.2 La città storica<br />

L’insediamento storico del Comune di Carpi ricomprende la città storica che corrisponde alla parte del<br />

territorio comunale compresa nel perimetro delimitato dai viali De Amicis, Carducci, Garagnani, Catellani,<br />

Fassi e Galilei, prendendo a riferimento le mura cittadine demolite agli inizi del secolo, nonché gli edifici di<br />

intersse storico – architettonico e testimoniale antecedenti al 1945 ed esterni alla città storica.<br />

La proposta si inserisce quindi in conformità e continuità con il “progetto di conservazione” delineato dalla<br />

legislazione nazionale e regionale, riprendendo sostanzialmente l’analisi tipologica svolta dall’arch. Feletti per<br />

la proposta di Prg 1994.<br />

La variante per il centro storico vigente (1982 - 1984) si atteneva nella sostanza alle procedure e alle<br />

modalità fissate con la legge regionale di riferimento. La proposta del nuovo piano conserva la struttura della<br />

variante vigente, con qualche semplificazione e modifica suggerita dall’esperienza gestionale e dalle<br />

problematiche emerse nel corso dell’attuazione degli interventi. Non rinunciando per quasto a conservare e<br />

valorizzare il centro storico (il “cuore” di Carpi) per le sue valenze storiche, architettoniche e culturali.<br />

Il progetto per la città storica del Prg 2000 si articola sviluppando tre temi principali:<br />

91


a la disciplina particolareggiata della città storica prende origine dalla classificazione tipologica<br />

(individuando i tipi come sintesi di struttura, forma e funzione) dei manufatti esistenti;<br />

b per ognuna delle tipologie individuate sono specificate le destinazioni d’uso ammesse (le funzioni sono<br />

quelle generali e corrispondono agli usi definiti per tutta la città), nel rispetto delle categorie di<br />

intervento definite edificio per edificio; le modalità di intervento risultano inoltre semplificate rispetto alla<br />

disciplina particolareggiata vigente, eliminando alcune categorie già “utilizzate” (ripristino edilizio e<br />

ripristino tipologico), o ritenute di difficile applicazione (ristrutturazione storico – urbanistica e<br />

ristrutturazione speciale A,B,C), nonché di alcune sottocategorie del restauro (tipo A e B)<br />

c la politica funzionale proposta mantiene e rafforza le funzioni residenziali (motore qualitativo della<br />

conservazione e valorizzazione della città storica), affiancata dalla proposta di rivitalizzazione le<br />

commercio di vicinato: il piano individua infatti percorsi commerciali da potenziare (consentendo gli usi<br />

commerciali anche al primo piano degli edifici), anche attraverso la realizzazione di gallerie integrate di<br />

esercizi. Si tratta in particolare del percorso commerciale Corso Fanti/Corso Cabassi; Piazza Martiri/Corso<br />

Alberto Pio/p.za Garibaldi/Corso Roma; Via Berengario; via Sbrillanci; via Aldrovandi; via S.Francesco;<br />

via P.Guaitoli;<br />

L‘obiettivo di classificare tutte le unità di spazio componenti la città storica, nell’urbano e nell’extraurbano in<br />

base alle loro rilevate caratteristiche tipologico-strutturali e formali, ed al grado di significatività e di<br />

permanenza delle stesse, ha portato ad identificare classi e raggruppamenti di classi. L’identificazione per<br />

classi consente di definire un orientamento progettuale per l’applicazione delle diverse categorie di<br />

intervento a cui ogni fabbricato risulta soggetto, fermo stante che la progettazione degli edifici individuati<br />

con tipologia deve essere accompagnata da una analisi del fabbricato e degli spazi aperti, che ne individui la<br />

genesi storico-morfologica, le parti incongrue, le alterazioni strutturali spaziali e distributive interne e di<br />

facciata, gli elementi di pregio, ecc., insieme al rilievo metrico e fotografico. Gli elementi tipo morfologici<br />

saranno individuati in base alle schede raccolte nell’elaborato A5, da specificare, in sede di progettazione,<br />

dagli appositi rilievi metrici e fotografici soprarichiamati. Tali rilievi potranno costituire elemento sufficiente<br />

per giustificare una differente classificazione tipologica del fabbricato rispetto a quanto indicato nella tavola<br />

programmatica PG7. Rimane cogente, invece, la classificazione del fabbricato secondo le categorie di<br />

intervento indicate nella tavola PS3.<br />

La classificazione tipologica degli edifici risulta la seguente:<br />

unità edilizie residenziali prenovecentesche originarie :<br />

a fronte mono/bicellulare (A);<br />

a fronte bi/tricellulare (B);<br />

a fronte bi/tricellulare (C);<br />

a fronte pluricellulare (D);<br />

a fronte pluricellulare a corte (E).<br />

unità edilizie residenziali prenovecentesche non originarie (trasformate) :<br />

parzialmente trasformata (pt);<br />

oggetto di fusioni o addizioni (fa);<br />

unità edilizie speciali prenovecentesche originarie o di ristrutturazione :<br />

a struttura unitaria (SU);<br />

a struttura modulare (SM);<br />

a struttura modulare complessa (SMC);<br />

93


ad impianto singolare o non ripetuto (IS).<br />

unità edilizie residenziali novecentesche originarie :<br />

a fronte monocellulare (An);<br />

a fronte monocellulare con elemento distributivo aggiunto (A1n);<br />

a fronte bicellulare (Bn);<br />

a fronte tricellulare (Cn);<br />

a fronte pluricellulare (Dn).<br />

di complessivo pregio architettonico (N).<br />

unità edilizie residenziali novecentesche trasformate :<br />

-di ristrutturazione (Nr);<br />

unità edilizie speciali novecentesche originarie o di ristrutturazione :<br />

a capannone (Kn);<br />

a struttura unitaria (SUn);<br />

a struttura modulare (SMn);<br />

ad impianto singolare o non ripetuto (ISn);<br />

unità edilizie eterogenee:<br />

eterogenea (ue).<br />

unità edilizie in territorio urbano ed extraurbano:<br />

-con elementi di interesse morfologico testimoniale (mt)<br />

-extraurbana di complessivo e rilevante pregio architettonico (ER)<br />

-rurale di interesse storico-testimoniale con caratteristiche tipologiche originarie tipo A (SA)<br />

-rurale di interesse storico-testimoniale con caratteristiche tipologiche originarie tipo B (SB)<br />

-rurale di interesse storico-testimoniale con caratterist. tipol. parzialmente trasformate (PA, PB)<br />

Le destinazioni d’uso ammesse per ogni unità edilizia sono come detto specificate in funzione<br />

dell’appartenenza alle classi tipologiche individuate.<br />

Per caratteristiche tipologiche si sono intese le caratteristiche strutturali, distributive e compositive che<br />

consentono di ricondurre le diverse unità edilizie ad un unico tipo, nel quale tali caratteristiche si pongono<br />

come regole conformative.<br />

Nell’identificazione delle predette caratteristiche si sono considerati in particolare:<br />

- il numero dei moduli o cellule del fronte di edificazione, a tutti i piani ovvero al piano tipo<br />

assunto quale riferimento maggiormente significativo;<br />

- il numero dei moduli o cellule della profondità di edificazione, a tutti i piani ovvero al piano tipo assunto<br />

quale riferimento maggiormente significativo;<br />

- il numero di piani dell’altezza di edificazione;<br />

- la composizione dei prospetti;<br />

- la posizione, la collocazione e la conformazione degli elementi di collegamento verticali;<br />

- la posizione, la collocazione e la conformazione degli elementi di collegamento orizzontali, a tutti<br />

i piani ovvero al piano tipo assunto quale riferimento maggiormente significativo;<br />

- eventuali altri elementi peculiarmente ricorrenti;<br />

- il modello di aggregazione di più unità edilizie.<br />

Sono infine state definite unità minima d’intervento quali complessi costituiti da corpi di fabbrica e spazi<br />

liberi, individuati nella tavola di piano, comprendenti, in ragione della varietà tipologica, una o più unità<br />

edilizie. Per ogni intervento edilizio è prescritta di norma la presentazione di un progetto unitario a cui farà<br />

riferimento un’unica concessione. Quando per suddivisioni di proprietà all’interno dell’unità minima<br />

94


d’intervento, o per la complessità della medesima, non sia possibile pervenire ad un’unica concessione, il<br />

piano consente interventi da considerarsi fasi di un intervento unitario. Il livello minimo di tali interventi è<br />

riferito in questi casi alla suddivisione della proprietà o all’individuazione delle singole unità edilizie.<br />

5.3 La città consolidata<br />

Sono di seguito descritti i tessuti della città consolidata individuati con il progetto del Piano, esplicitando gli<br />

obiettivi e le finalità per ogni tessuto.<br />

Le politiche di manutenzione ordinaria della città consolidata sono riferite a tessuti insediativi specifici di<br />

appartenenza definiti da una serie di parametri omogenei, quali la tipologia edilizia ed urbanistica, la<br />

morfologia delle aree libere, l’indice edificatorio, la permeabilità ed il verde. Il Piano consente interventi di<br />

nuova edificazione sui lotti liberi e di ampliamento fino al raggiungimento della saturazione dell’indice a<br />

seconda della diversa appartenenza a detti tessuti di modo che sia garantita l’equità di trattamento e la<br />

qualità del paesaggio urbano a tutti coloro che si trovano insediati all’interno del medesimo tessuto.<br />

Tessuto dell’insediamento novecentesco di prima espansione<br />

Si tratta di un tessuto posto a ridosso del centro storico, presenta un impianto a matrice insediativa storica<br />

destinato in maggior parte a funzione residenziale integrata ad usi diversi (terziario, commercio e servizi). Il<br />

tessuto è caratterizzato da densità fondiarie di medio-alta entità, da impermeabilizzazione del terreno medio-<br />

alta e da media accessibilità viabilistica. La struttura morfologica è caratterizzata da edificazione organizzata<br />

a filo strada attestata prevalentemente sulla viabilità perimetrale dell’insediamento storico urbano<br />

corrispondente al tracciato delle mura antiche. Sono riscontrabili numerosi episodi di sostituzione e/o nuova<br />

costruzione, all’interno dei lotti, caratterizzati da edifici con alto indice di cubatura avvenuti negli Anni<br />

Sessanta-Settanta. La struttura morfologica è inoltre caratterizzata dalla presenza di unità edilizie<br />

ottocentesche e/o dei primi del novecento ormai completamente inglobate nel tessuto urbano, classificate<br />

puntualmente ed appartenenti alla città storica.<br />

Tessuto edificati delle frazioni lungo la viabilita’ storica extraurbana<br />

Si tratta di un tessuto edificato delle frazioni cresciuto ed organizzato prevalentemente lungo gli assi della<br />

viabilità storica principale. E’ caratterizzato da elevata monofunzionalità residenziale, dalla regolarità della<br />

struttura morfologica di tipo speculare rispetto all’asse viario. Il tipo di edificazione è avvenuto<br />

prevalentemente in assenza regole urbanistiche definite, spesso come episodi di testata di comparti di<br />

lottizzazioni più o meno recenti. Le densità fondiarie risultano a bassa entità volumetrica ed a bassa<br />

impermeabilizzazione, mentre la presenza della viabilità principale rende tali tessuti a medio/alta<br />

accessibilità. Per questo tessuto il Piano prevede le modalità di intervento dalla manutenzione qualitativa,<br />

con l’individuazione puntuale degli edifici di interesse tipologico-architettonico da salvaguardare.<br />

95


Tessuto a maglia reticolare regolare e a pettine<br />

Si tratta di un tessuto di saturazione e completamento organizzato sul principio dell’addizione per<br />

lottizzazioni, con tipologie differenti e funzioni integrate, caratterizzati da elevata monofunzionalità<br />

residenziale, carenza di zone per servizi, attrezzature e verde pubblico. La struttura morfologica è<br />

caratterizzata da paesaggio ripetitivo su modello reticolare con assi primari originanti l’insediamento. Si<br />

manifestano problemi di mobilità interna alle lottizzazioni, dovuta alla geometria prevalente della maglia<br />

stradale reticolare. Sono evidenziabili tre tipi di tessuto: quello del primo insediamento quantitativo degli<br />

anni ‘50 con struttura morfologica caratterizzata da scarsa gerarchizzazione infrastrutturale e con episodi<br />

anche recenti di sostituzione o accorpamento, il tessuto abitativo regolare è prevalentemente organizzato su<br />

modello reticolare con assi primari originanti l’insediamento e su lotti di modeste dimensioni (


sul territorio e da diversa relazione architettonica rispetto alla struttura viaria ed agli allineamenti su strada.<br />

Spesso gli interventi unitari sono finalizzati alla realizzazione di edilizia residenziale pubblica, caratterizzati da<br />

disegno svincolato dalla griglia complessiva della città, ma capace di definire una propria gerarchia<br />

viabilistica e una propria geometria di disegno del suolo urbano, indipendentemente dalle tipologie insediate.<br />

Edifici residenziali con giardino o con parco<br />

Edilizie residenziali con spazi a giardino, parco, orto, caratterizzati da bassa densità, tipologia in prevalenza<br />

unifamiliare (edifici di nessun pregio, assenza di tipologia, giardino di varia dimensione, di nessuna<br />

particolare importanza ma che si vuole mantenere quale superficie verde/libera da costruzioni) e unità<br />

edilizie residenziali con spazi a giardino, parco, orto, caratterizzati da bassa densità, tipologia in prevalenza<br />

unifamiliare e generalmente pregio storico-architettonico-testimoniale o comunque con presenza di tipologia,<br />

(giardino di dimensione varia, non sempre importante, ma che concorre o potrà concorrere a valorizzare il<br />

fabbricato e l’intorno urbano). Tali edifici sono localizzati anche in territorio extraurbano.<br />

Tessuti polifunzionali<br />

Si tratta di un tessuto esistente misto caratterizzato dall’integrazione tra attività produttive, attività<br />

artigianali, attività commerciali e funzioni residenziali. Sono riscontrabili densità fondiarie di media entità,<br />

una impermeabilizzazione dei suoli consistente ed una accessibilità interna ai tessuti medio/alta. La tipologia<br />

edilizia prevalente è il capannone artigianale di medie e piccole dimensioni.<br />

Tessuti produttivi<br />

Si tratta di un tessuto esistente a prevalente destinazione produttiva industriale, caratterizzati dalla presenza<br />

di grandi strutture per la produzione industriale. Sono caratterizzati da terreni a bassa permeabilità con<br />

accessibilità medio/alta. La tipologia prevalente sono le grandi strutture per la produzione industriale.<br />

5.4 La città da trasformare<br />

La città da trasformare è quella parte di città per cui il nuovo PRG prevede nuovi insediamenti relativi sia ad<br />

aree libere interne ai tessuti urbani , sia aree libere periurbane, sia aree già edificate, ma dismesse da<br />

recuperare.<br />

Si tratta di 39 aree che interessano una superficie complessiva di 315 ha, delle quali 31 sono aree di<br />

trasformazione insediativa, in cui sono previsti insediamenti integrati residenziali e terziari, una è un’area di<br />

trasformazione di insediamento produttivo in via di dismissione, due sono aree produttive, tre produttive<br />

polifunzionali ed infine due sono aree direzionali-commerciali.<br />

Sulla base della loro collocazione nel contesto urbano e della loro classificazione il nuovo Piano prevede per<br />

ogni tipologia identiche regole urbanistico-ecologiche di trasformazione in modo oggettivo e trasparente, tra<br />

cui la definizione di indici urbanistico-ecologici (indice di utilizzazione territoriale o fondiaria, altezze massime,<br />

indici di permeabilità, densità arborea ed arbustiva).<br />

97


La tripartizione dell’area in Superficie edificabile SE, Verde privato condominiale VC, Verde pubblico di<br />

cessione VP (o la bipartizione in SE e VP per l’area di trasformazione produttiva in via di dismissione, per le<br />

nuove aree produttive e per le aree produttive polifunzionali), nonché la presenza di una quota “flessibile”<br />

degli usi previsti, da definire in sede d’attuazione degli interventi che definirà la necessaria scelta funzionale,<br />

sono scelte significative dell’impostazione di questo PRG.<br />

La prima tipologia di aree è costituita dalla Zona di trasformazione di insediamenti produttivi dismessi (tipo<br />

a), rappresentata da un unico caso collocato nel tessuto urbano di Carpi e riferito ad un complesso<br />

industriale tessile degli anni ’50, con un’area complessiva di quasi quattro ettari, che è stato inglobato dalla<br />

crescita successiva della città e per il quale sarebbe opportuno il trasferimento in un’altra area .<br />

Per questa area di trasformazione è prevista la bipartizione ER/VP con una percentuale, rispettivamente del<br />

60 e 40% con una percentuale della funzione abitativa non inferiore al 40% della SE; nell’area del VP è<br />

prevista un’eventuale quota di Edilizia Residenziale Pubblica ERP pari all’8% del verde.<br />

Il numero massimo dei piani previsti è pari a 7 e l’indice di utilizzazione territoriale UT è di 5000 mq/ha; per<br />

quanto riguarda le regole ecologiche, sono previsti 50 alberi e 100 arbusti per ettaro di terreno con un indice<br />

di permeabilità dello stesso superiore al 70%.<br />

La seconda tipologia di aree, la più numerosa, è data dalle Zone di trasformazione insediativa (tipo b), che,<br />

rappresentate da cinque aree poste nel tessuto del centro urbano e da diciotto in quello delle frazioni - già<br />

destinate in parte a residenza da precedenti strumenti urbanistici - perseguono l’obiettivo di garantire<br />

l’accrescimento qualitativo dei contesti abitativi di appartenenza.<br />

Per esse il PRG prevede una percentuale di SE del 40% per le prime e del 50% per le seconde con una<br />

quota di VC del 20% o del 10% ed una quota costante di VP del 40%.<br />

La quota della funzione abitativa deve essere superiore al 40% della SE, con un numero massimo di 4 piani<br />

ed un indice UT di 2000mq/ha ai quali si aggiungono eventualmente 500mq/ha di ERP per le aree nel centro<br />

urbano.<br />

Nel verde pubblico sono previsti 50 alberi e 100 cespugli per ettaro con una permeabilità superiore al 70% ,<br />

uguale a quella prevista nel VC.<br />

Il terzo tipo di aree è costituto dalle Zone di trasformazione insediativo-ambientale (tipo c), che, con<br />

un’estensione totale di 102 ha, sono poste a cintura del centro urbano con il duplice scopo di completare con<br />

la loro SE il bordo edificato della città dotandolo al contempo di un’ampia cintura di verde mediante la<br />

creazione di parchi, boschi urbani, zone attrezzate per lo sport ed il tempo libero.<br />

In queste aree è prevista una quota edificatoria SE ridotta al 25% della superficie territoriale con una UT di<br />

1500 mq/ha ed una funzione abitativa superiore al 40%, a fronte di una quota di verde condominiale VC del<br />

20% e di verde pubblico del 55% con un’eventuale quota di ERP del 5%.<br />

Questa superficie verde sarà piantumata con 80 alberi e 120 cespugli per ettaro ed avrà una permeabilità<br />

del VC superiore al 70% e del VP oltre il 90% (che scende al 40% nel caso si realizzino su queste aree<br />

servizi di standard).<br />

98


Le aree produttive previste sono invece due, entrambe poste ad ovest di Carpi, ideale ampliamento di zone<br />

esistenti e permettono di insediare attività produttive industriali ed artigianali realizzando<br />

contemporaneamente un sistema di aree verdi tali da garantire il miglioramento qualitativo degli<br />

insediamenti.<br />

Con una superficie totale di 41 ettari, su un’area di concentrazione dell’edificazione pari al 60% , con un<br />

indice UT di 0.4 mq/mq, prevedono un VP pari al 40% della ST, caratterizzato da un indice di permeabilità<br />

superiore al 90% che scende al 40% nel caso si realizzino servizi di standard; a completare questi spazi<br />

concorrono 50 alberi e 100 arbusti per ettaro.<br />

Le zone di trasformazione produttive polifunzionali consentono d’insediare interventi misti per garantire una<br />

molteplicità di usi in alcune zone particolari della città, con la sola esclusione di utilizzi residenziali (ad<br />

eccezione dell’alloggio del custode). Il tutto accompagnato da un sistema di aree verdi tali da garantire il<br />

miglioramento qualitativo degli insediamenti.<br />

Di queste quattro aree, due sono collocate ai bordi del centro urbano e due nelle frazioni, con una superficie<br />

totale di 32 ettari e sono caratterizzate da una bipartizione al 50% di SE e VP; nella prima è prevista<br />

un’edificazione con un indice UT di 0,4 mq/mq.<br />

Nel verde pubblico dovrà invece essere garantito maggiore del 90% che si riduce al 40% nel caso si<br />

realizzino servizi di standard.<br />

Le zone di trasformazione direzionali-commerciali infine sono previste da questo PRG per insediare funzioni<br />

terziarie e direzionali ad elevata strategicità territoriale attraverso un insieme di interventi progettuali di<br />

buona qualità inseriti all’interno di un sistema di aree verdi di pregio.<br />

Queste due aree sono poste nella zona a sud-ovest della città, servite da un importante sistema viario che<br />

vede la presenza del casello dell’autostrada, la Statale per Correggio e la parte iniziale della Tangenziale<br />

Losi, che insieme ne hanno determinato la scelta per funzioni strategiche a scala non solo comunale.<br />

La tripartizione vede la previsione di una SE del 40%, di un VC del 20% e di un VP del 40%; sul primo tipo<br />

di verde deve essere raggiunta una permeabilità maggiore del 70%, mentre sul secondo superiore al 90%<br />

(oltre al 40% se se si realizzano servizi di standard); per entrambi deve essere effettuata una piantumazione<br />

di 80 alberi e 120 arbusti per ettaro.<br />

5.5 La città da riqualificare<br />

La Legge Regionale 19/’98 apre delle possibilità per avviare o portare a termine processi di riqualificazione<br />

attraverso l’individuazione di un ”nuovo oggetto della pianificazione comunale”: gli ambiti della<br />

riqualificazione urbana.<br />

Lo sviluppo economico e sociale degli scorsi decenni ha portato ad una strutturazione quantitativamente<br />

sufficiente dell’economia; infatti, sottoposto ad una intensa domanda di trasformazione degli spazi<br />

urbanizzati a modifiche della distribuzione e delle caratteristiche della popolazione, ad un forte impulso delle<br />

attività economiche il comune ha dovuto rispondere con infrastrutture sostanzialmente adeguate e con un<br />

100


governo attento dei processi urbanistici. Carpi è, quindi, una città che si è sviluppata e trasformata<br />

nell’ambito di un processo di pianificazione urbanistica sostanzialmente continuativo<br />

Sia all’interno del centro storico, che nell’urbano non sono presenti vere e proprie sacche di degrado edilizio,<br />

urbanistico, ambientale e socio – economico.<br />

Per questi motivi, e dall’analisi di altri elementi, si è preferito intendere la “riqualificazione” come occasione<br />

di riconnettere ed integrare parti di città attraverso operazioni che tendessero al superamento di barriere<br />

(ferrovia), all’innalzamento di standard urbanistici, recupero edilizio e urbanistico di alcuni isolati, sia in<br />

centro storico che nell’urbano.<br />

Un primo problema affrontato è stato definire il numero e l’ampiezza dei suddetti Ambiti in cui definire le<br />

aree oggetto di Programmi.<br />

In relazione al bando ed agli indirizzi strategici e dal documento di Indirizzi per la ridefinizione del Prg di<br />

Carpi (1998), si è ritenuto opportuno partecipare ai finanziamenti regionali individuando Ambiti e Programmi<br />

di riqualificazione urbana che costituiranno elemento strategico di pianificazione del nuovo Piano Regolatore<br />

Generale. Da tale punto di vista, alcuni di questi Programmi costituiranno variante urbanistica rispetto agli<br />

obiettivi che il vecchio PRG si poneva; va peraltro ricordato che la deliberazione di Consiglio Comunale degli<br />

stessi ambiti e dei relativi programmi di riqualificazione trasmessa ed approvata in Provincia costituisce<br />

condizione sufficiente per garantire la legittimità urbanistica delle nuove destinazioni d’uso previste.<br />

L’ambito che si ritiene necessariamente più strategico, per rilevanza e complessità delle politiche<br />

urbanistiche, ambientali e sociali presenti, si riferisce ad una zona che comprende l’intero Centro Storico e<br />

l’area limitrofa posta ad est della ferrovia, occupa un’area di circa 1270 ettari ed interessa una popolazione<br />

di 5000 abitanti.<br />

Per il Centro Storico si evidenziano i problemi di riqualificazione, recupero urbano, ricomposizione degli spazi<br />

pubblici e privati, rivitalizzazione delle funzioni e della fruizione culturale e del tempo libero ed in genere del<br />

ri-abitare edilizio.<br />

Nella zona ferroviaria si evidenziano problemi di riqualificazione di spazi e fabbricati dismessi,<br />

rifunzionalizzazione di ruoli di eccellenza della stazione in ragione delle politiche regionali legate al nuovo<br />

sistema dell’alta velocità e del servizio ferroviario regionale, reinvenzione di spazi verdi a servizio del Centro<br />

Storico (parco urbano della zona posta ad est della ferrovia, “cannocchiale visivo” sul Castello e sugli edifici<br />

storici più antichi), individuazione di politiche di edilizia residenziale pubblica. La realizzazione del parco<br />

urbano ed il raggiungimento degli obiettivi riferiti all’edilizia residenziale pubblica risultano possibili tramite le<br />

politiche urbanistiche del nuovo piano che identifica l’area come soggetta a trasformazione ambientale con le<br />

regole della perequazione urbanistica.<br />

La realizzazione delle politiche di riqualificazione dell’area della stazione può trovare specifica attivazione<br />

proprio tramite il presente programma di riqualificazione urbana.<br />

Si ritiene, infine, necessario considerare l’Ambito in forma unitaria in quanto non solo le diverse politiche<br />

descritte potranno trovare un rafforzamento e sviluppo dall’integrazione reciproca delle aree della stazione e<br />

del centro storico, ma anche perché, in tal modo, si ribadisce l’importanza di garantire progetti di<br />

interconnessione che spezzino l’isolamento della parte orientale della cottà così percepita in ragione della<br />

frattura fisica che l’esistenza della ferrovia Modena – Verona ha sedimentato nel tempo ed ancora oggi<br />

101


produce. In tale direzione si evidenzia l’importanza della realizzazione del sottopasso posto a sud dell’Ambito<br />

e di tutte quelle altre connessioni (piste ciclo-pedonali, ponticelli, gallerie commerciali all’altezza del<br />

fabbricato della stazione…) che serviranno ad “abbattere il muro” della parte orientale della città<br />

riconnettendola a quella occidentale.<br />

Questo ambito contiene, per la sua complessità ed integrazione, 5 Programmi di Riqualificazione così<br />

suddivisi per ordine di priorità:<br />

- area ferroviaria<br />

- cantina sociale<br />

- citta’ dei bambini<br />

- borgo s. antonio<br />

- zona nova – aldrovandi<br />

Dei citati programmi 3 costituiscono variante ai vigenti strumenti urbanistici; sono recepiti dal presente<br />

Piano.<br />

Il secondo ambito di riqualificazione, caratterizzato dal non avere una continuità spaziale, occupa un’area di<br />

circa 180 ettari ed interessa una popolazione di circa 1400 abitanti. Si compone di 3 programmi così<br />

suddivisi:<br />

- zona roosevelt - guaitoli<br />

- zona pezzana<br />

- zona flavio gioia – cistoforo colombo<br />

In queste aree sono manifesti processi di degrado e/o situazioni in carenza di standard urbanistici ed<br />

ambientali. Le modalità di intervento previste sono quelle tipiche della città edificata (intervento diretto) con<br />

possibilità particolari nel campo della riqualificazione urbana laddove soggetti privati spontaneamente<br />

vogliano raggrupparsi in consorzi attuativi di intervento coi quali l’Amministrazione Comunale potrebbe<br />

stipulare convenzioni specifiche volte a favorire le trasformazioni fisiche ed il miglioramento qualitativo degli<br />

spazi e della viabilità anche attraverso forme di scomputo di oneri di urbanizzazione.<br />

area ferroviaria<br />

Il programma in oggetto, recepito totalmente dalle previsioni del nuovo prg, per favorire sia lo sviluppo della<br />

parte ad est della città, sia l’area circostante la stazione ferroviaria prevede una pluralità di interventi:<br />

- realizzazione di un sottopasso (già oggetto di finanziamento da parte del comune e di studi di fattibilità)<br />

all’estremità sud dell’area in oggetto, con la eliminazione del relativo passaggio a livello.<br />

- realizzazione di un parco urbano ad est della ferrovia , che con la facilità di accesso dovuta al nuovo<br />

sottopasso, sarebbe a servizio anche del centro storico.<br />

- recupero dei fabbricati a servizio della stazione, oggi in gran parte dismessi, come area da adibirsi a<br />

parcheggi di interscambio.<br />

- edificazione di edilizia residenziale pubblica e privata.<br />

- sistemazione dei giardini e del viale di accesso alla stazione (in parte finanziato)<br />

102


cantina sociale<br />

L’area oggetto del programma è delimitata dalle vie De Amicis e Ariosto.<br />

L’area di intervento coinvolge un comparto produttivo insediatesi ai margini della città storica, nei primi anni<br />

del novecento, in un’area conseguente all’abbattimento delle mura, ed è costituito da un solo edificio,<br />

realizzato a cavallo degli anni ’30 e successivamente ampliato con strutture finalizzate agli scopi produttivi<br />

dell’area.<br />

Posta all’interno della città edificata ed in prossimità sia del centro storico che del nodo ferroviario<br />

rappresenta un’occasione per la città, proprio per la sua collocazione strategica, per fornire un recupero di<br />

qualità abitativa e di standard di verde.<br />

citta’ dei bambini<br />

Il comune di Carpi ha già da tempo, attivato una serie di iniziative volte alla costituzione di una “Città<br />

sostenibile per i bambini e le bambine”.<br />

I Programmi di Riqualificazione Urbana possono essere un’occasione per pianificare e progettare luoghi,<br />

spazi, opportunità idonei ai ragazzi.<br />

Partendo dall’individuazione di un’area da destinarsi a sede per il “laboratorio della città delle bambine e dei<br />

bambini”, l’area dell’ex foro Boario, il programma offrirà delle occasioni per sviluppare una rete di “micro-<br />

municipalità”, una pluralità di occasioni di attività diversificate dove i luoghi identificabili, sicuri offrano ai<br />

bambini la possibilità di legami con la natura, eseguire piccole attività produttive, studiare, aggregarsi<br />

socialmente ecc. Il programma dovrà quindi indicare, luoghi (scuole, biblioteca, ludoteca, ecc.), spazi<br />

(parchi, giardini, ecc.), percorsi (piste ciclabili, strade, sentieri, ecc.) da progettare, disegnare, attrezzare,<br />

collegare con la stretta “partecipazione” dei bambini.<br />

borgo s. antonio – ex bocciofila malatesta<br />

Gli isolati del “Borgo” sono caratterizzati da strade molto strette a testimonianza di un impianto risalente al<br />

XV secolo e dalla presenza di case a schiera lungo i lati maggiori, palazzi ottocenteschi lungo corso Cabassi<br />

ed hanno relazioni visuali e prospettiche con alcune emergenze architettoniche e spazi urbani collettivi.<br />

Uno studio di fattibilità per “ la riqualificazione degli assi di accesso ed attraversamento del centro storico… “<br />

approvato nel 1994 era strettamente legato alla formazione di un piano di recupero dell’ex Borgo S.<br />

Antonio.<br />

Infatti, nonostante alcuni interventi di “restauro e risanamento conservativo” che hanno interessato un<br />

esiguo numero di edifici (soprattutto quelli prospettanti su corso Cabassi), esistono numerosi fabbricati in<br />

precarie condizioni, altri, vuoti, sono in attesa di progetti. Possiamo considerare gli edifici del Borgo, pur<br />

costituendo la schiera più intatta e concentrata del centro storico, tra quelli che sono stati più investiti da<br />

processi di degrado.<br />

103


A servizio di quest’area è da considerarsi il recupero a verde pubblico, del suolo occupato dall’ex bocciofila<br />

Malatesta (considerando anche il recupero degli edifici dismessi), oggi adibito a parcheggio.<br />

Infine si prevede il rifacimento dell’esistente parcheggio, di recente costruzione, situato alle spalle<br />

dell’edificio postale, rivelatosi essere insufficiente per soddisfare le esigenze del centro storico, considerando<br />

la possibilità di ampliarlo mediante dei piani interrati.<br />

via aldrovandi – nova<br />

Gli isolati compresi nel Programma di Riqualificazione sono individuati dalle strade: via Nova, via Matteotti,<br />

via Mazzini, via Aldrovandi, via Sbrillanci, corso Carducci e piazza Garibaldi. L’area in oggetto, situata nel<br />

cuore del centro storico ha relazioni visuali e prospettiche con alcune emergenze architettoniche e spazi<br />

urbani collettivi (Castello, Teatro, ecc.).<br />

Nonostante alcuni interventi di “restauro e risanamento conservativo” che hanno interessato un esiguo<br />

numero di edifici, esistono numerosi fabbricati in precarie condizioni.<br />

Il programma di riqualificazione prevede:<br />

- Interventi di Recupero Edilizio ed Urbanistico per rivalutare la funzione residenziale;<br />

- Salvaguardia dei residenti con interventi e procedure atti ad agevolare le classi meno abbienti;<br />

- Manutenzione ed ammodernamento delle urbanizzazioni primarie;<br />

- Risanamento e sostituzione delle infrastrutture a rete (Enel, Telecom, ecc.);<br />

- Rifacimento della pavimentazione stradale e arredo urbano;<br />

Interventi questi che, grazie agli eventuali finanziamenti dei P.R.U., potrebbero così essere attuati,<br />

contribuendo così alla riqualificazione dell’intera area.<br />

Nell’ambito di una maggiore dotazione di parcheggi, è prevista la demolizione di un capannone industriale in<br />

via Nova ed il riutilizzo a tale scopo dell’area di risulta e della relativa pertinenza.<br />

zona roosevelt – guaitoli<br />

Il programma comprende gli isolati posti a nord-est del centro individuati dalle strade: Via Roosevelt, via<br />

Bonasi, Via Martiri di Fossoli.<br />

Il loro impianto urbanistico, risalente all’immediato dopoguerra, è stato completato solo di recente.<br />

L’edilizia è costituita prevalentemente da edifici unifamiliari su lotti di piccole dimensioni, è compresa nel<br />

programma anche una vasta area scoperta adibita a vivaio.<br />

Il programma prevede un intervento di razionalizzazione del tessuto edilizio attraverso la valorizzazione della<br />

maglia viaria esistente, e promuovendo interventi di concentrazione dei volumi esistenti, riprogettando le<br />

aree verdi.<br />

104


zona pezzana<br />

Sono oggetto di questo programma gli isolati posti immediatamente a nord-ovest del centro storico<br />

individuati dalle strade: via Pezzana, via Manzoni, via Prampolini, via Degli Esposti.<br />

L’impianto urbanistico risale agli anni 50 - 60.<br />

L’edilizia è costituita prevalentemente da edifici uni-bifamiliari su lotti di piccole dimensioni, è compresa nel<br />

programma il complesso di edifici per abitazione di valore storico-testimoniale noto come “le case del Duce”.<br />

Il programma prevede un intervento di razionalizzazione del tessuto edilizio attraverso la valorizzazione della<br />

maglia viaria esistente, e promuovendo interventi di concentrazione dei volumi esistenti, riprogettando le<br />

aree verdi.<br />

zona flavio gioia – cristoforo colombo<br />

Sono oggetto di questo programma gli isolati posti a sud del centro storico individuati dalle strade: via Lenin,<br />

via Pascoli, via Colombo e parte di via Usodimare.<br />

L’impianto urbanistico risale ad una lottizzazione degli anni 60.<br />

L’edilizia è costituita prevalentemente da edifici unifamiliari su lotti di piccole dimensioni, sono comprese nel<br />

programma due aree dismesse .<br />

Il programma prevede un intervento di razionalizzazione del tessuto edilizio attraverso la valorizzazione della<br />

maglia viaria esistente, e promuovendo interventi di concentrazione dei volumi esistenti, riprogettando le<br />

aree verdi.<br />

5.6 La mobilità<br />

La mobilità generale<br />

Nell’affrontare il difficile tema della viabilità futura di Carpi si sono definiti diversi scenari che vanno dal breve<br />

al lungo periodo, in modo da offrire una soluzione ai problemi contingenti, ma anche proporre un diverso<br />

modello per il futuro della città.<br />

In questo modo, partendo dai problemi che il Piano Urbano del Traffico rileva come urgenti, si è arrivati alla<br />

definizione di un nuovo modello di viabilità a scala urbana che vede nella realizzazione di una nuova<br />

tangenziale ovest una tappa fondamentale.<br />

Con questa opera non si vuole semplicemente alleggerire l’esistente via Losi dal traffico crescente che<br />

lambisce il centro urbano, a pochi metri dalle abitazioni che negli ultimi venti anni sono cresciute fino al suo<br />

bordo orientale.<br />

La nuova tangenziale vuole essere l’occasione per risolvere per la prima volta il problema del collegamento di<br />

Carpi con il nord-est del territorio provinciale, aggravatosi negli ultimi anni, anche a causa dell’accresciuta<br />

importanza economica di questo comprensorio, che ha generato nuovi flussi di traffico, pesante ed<br />

automobilistico, che vede nella nostra città un punto cruciale di destinazione e di passaggio, diretto al casello<br />

105


autostradale di Carpi dell’Autobrennero, a Modena lungo la Statale Sud e alla vicina provincia di Reggio<br />

Emilia.<br />

Se si considera che parte di questo traffico in attraversamento da nord-est sceglie la Statale Motta e via<br />

Roosvelt a Cibeno col relativo passaggio a livello per proseguire su via Manzoni fino alla tangenziale Losi, si<br />

capisce quanto sia precaria questa situazione che è supportata da strade già insufficienti per il traffico<br />

automobilistico dei residenti, specie nelle ore di punta.<br />

Ecco allora che la scelta di realizzare la nuova tangenziale mediante il prolungamento dell’attuale via<br />

dell’Industria fino ad incontrare la Bretella Nord fra via provinciale Motta e la statale Romana nord, della<br />

quale è stato approntato il progetto esecutivo – dimostra la volontà di affrontare i problemi a grande scala,<br />

offrendo una soluzione completa di particolari, quali le rotatorie che si susseguono lungo il suo tracciato, che<br />

vogliono favorire lo scorrimento del traffico rispetto ai numerosi incroci semaforici esistenti attualmente sulla<br />

via Losi.<br />

Anche il progetto che vede il prolungamento ed il potenziamento dell’attuale via Cavata vuole offrire una<br />

gronda nord-sud ad oriente della città, che permette di dragare il traffico dei quartieri al di là della ferrovia.<br />

L’unico limite è la mancata scelta alla scala sovracomunale di una strada alternativa alla statale Romana Sud<br />

di collegamento Carpi-Modena. Tre sono le opzioni ad oggi delineabili:<br />

il potenziamento della Romana Sud;<br />

Il potenziamento della via Bella Rosa (opzione timidamente avanzata dal PTCP);<br />

lo sfruttamento del corridoio dell’Autostrada per realizzare una viabilità complanare (che avrebbe il pregio di<br />

collegarsi direttamente con il sistema della tangenziale modenese e con le bretella Modena-Sassuolo).<br />

Questa mancata scelta ha come conseguenza diretta l’impossibilità di definire in modo efficace lo sbocco del<br />

sistema di attraversamento nord-sud creato con il potenziamento della via Cavata, che si rinnesta su via<br />

Marx, con una sezione particolarmente ristretta, delimitata com’è da un doppio filare di alberi, quasi ad<br />

anticipare quella che la situazione che si trova ad affrontare chi percorre la SS Romana Sud verso Modena. Si<br />

tratta di una decisione che non può essere definita alla scala locale ma d’intesa con la Provincia ed i comuni<br />

interessati (Campogalliano in particolare)<br />

Per quanto riguarda il sistema del ferro il piano recepisce il rafforzamento del collegamento ferroviario con<br />

Modena, che per effetto della realizzazione dell’alta velocità potrà trasformarsi in un servizio di collegamento<br />

di tipo metropolitano (Sfr). Altrettanto strategico appare il rafforzamento della linea esistente Modena-<br />

Verona, che il piano auspica promuovendo la realizzazione del potenziamento dell’attuale stazione<br />

ferroviaria, con uno specifico PRU, il cui studio è stato finanziato dalla Regione.<br />

La mobilità locale<br />

Per quanto riguarda le proposte di riqualificazione urbanistica e ambientale della viabilità della città<br />

consolidata, lo studio specialistico di supporto al piano redatto, anche sulla base del Piano Urbano del<br />

Traffico precedentemente ricordato, ha affrontato prioritariamente la problematica della rigerarchizzazione<br />

106


della viabilità, individuando nella forma della città la sovrapposizione di tre strutture reticolari: la rete della<br />

città costruita (costituita dalla sovrapposizione degli spazi costruiti, degli spazi aperti e degli spazi di<br />

relazione), la rete del verde e dei servizi pubblici (le alberature pubbliche e private, il sistema degli spazi<br />

aperti pubblici e verdi), la rete delle infrastrutture (la trama delle strade e la ferrovia).<br />

Lo studio ha individuato sette temi di interesse, tradotti in appositi elaborati metodologici e progettuali.<br />

Le due tavole principali dello Studio, relative alla proposta di rigerarchizzazione del sistema della viabilità (di<br />

breve – medio periodo e di lungo periodo), sono state riassorbite all’interno degli elaborati programmatici del<br />

piano (PG6a e PG6b).<br />

Per completezza, sono di seguito descritti, oltre alle due tavole programmatiche di piano PG6a e PG6b, i più<br />

generali temi progettuali e programmatici individuati per la riqualificazione della viabilità della città<br />

consolidata.<br />

Gerarchia della viabilità della città consolidata (proposte di breve – medio periodo)<br />

La tavola descrive gli interventi previsti per la definizione di uno scenario di riassetto e rigerarchizzazione<br />

della viabilità comunale di breve e medio periodo, in coerenza con le previsioni e le prescizioni contenute<br />

nell’azzonamento del piano, al fine di definire ed orientare le priorità degli interventi e delle opere pubbliche.<br />

La tavola mette in luce il nuovo sistema della grande viabilità previsto dal piano (la nuova bretella nord<br />

collegata alla prosecuzione di via dell’Industria), rafforzato da due strade di gronda (via B.Losi e via Cavata)<br />

con funzione di raccordo fra la grande viabilità di scorrimento e le strade interquartieri<br />

Le strade interquartieri strutturano le stanze principali del sistema della viabilità urbana (da riqualificare e<br />

potenziare anche dal punto di vista ambientale e paesaggistico), al cui interno è definito il sistema delle<br />

strade di quartiere, che individuano le possibile isole ambientali (aree all’interno delle quali promuovere<br />

politiche di regolazione del traffico, zone a 30 km/orari, ecc.). Le strade locali rappresentano infine i collettori<br />

terminali a servizio dei singoli insediamenti.<br />

Particolare attenzione è stata posta al sistema dei sottopassi e dei punti di permeabilità fra i settori urbani<br />

separati dalla ferrovia. I sottopassi sono differenziati in due tipologie: di quartiere e urbani a seconda del<br />

servizio che viene loro attribuito e della loro localizzazione e posizione rispetto al sistema urbano<br />

complessivo: via Due Ponti come sottopasso di quartiere; Cimitero Israelitico, via Pezzana/Lago di Bracciano,<br />

via Manzoni come sottopassi urbani.<br />

Gerarchia della viabilità della città consolidata (proposte di lungo periodo)<br />

La tavola rappresenta lo scenario di lungo periodo: si tratta di una proposta programmatica ambiziosa, che<br />

andrà verificata con l’attuazione e il monitoraggio degli interventi prioritari definiti con lo scenario di breve e<br />

medio periodo e con le disponibilità finanziarie che l’Amministrazione comunale riuscirà ad attivare.<br />

La proposta programmatica prevede la chiusura orientale e meridionale del sistema della viabilità di<br />

scorrimento (con un nuovo nodo sulla SS 418 per Modena) e la ridefinizione dei sistemi di attraversamento<br />

della ferrovia (confermando via Manzoni e riaprendo via A.Moro come sottopassi urbani e declassando a<br />

sottopassi di quartiere via Pezzana – Lago di Bracciano, via Due Ponti, via Cimitero Israelitico). Anche in<br />

questo caso il sistema delle stanze principali della viabilità urbana è definito dalle strade interquartieri,<br />

107


108


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mentre le strade di quartiere delimitano le possibili isole ambientali. Per le strade locali sono infine<br />

programmate alcune chiusure al fine di rispettare la gerarchizzazione prevista dalla normativa vigente,<br />

seguendo peraltro un modello distributivo e funzionale già presente in città (il sistema delle sottovie e delle<br />

strade residenziali a fondo chiuso).<br />

Proposte di riqualificazione eco – morfologica della viabilità della città consolidata<br />

Il tema è relativo alla ridefinizione del sistema delle grandi mura verdi, costituito dal sistema del verde di<br />

mitigazione e compensazione delle nuove infrastrutture viabilistiche di grande scorrimento previste, nonché<br />

delle mura verdi interne (in parte esistenti), sulla viabilità di scorrimento urbana (via B. Losi e via Cavata). La<br />

potenzialità ambientale e paesaggistica rappresentata dai due sistemi appare elevata, soprattutto nell’offrire<br />

la possibilità di mediare il rapporto fra interno ed esterno della città e di contenere la forma degli<br />

insediamenti all’interno di un perimetro riconoscibile e marcato.<br />

La città consolidata risulta altresì articolata in un sistema di stanze verdi, che si appoggia sulla conservazione<br />

e il rafforzamento delle alberature esistenti sulla viabilità interquartieri. Sulla viabilità di quartiere vengono<br />

invece appoggiate le isole ambientali, all’interno delle quali le strade locali (opportunamente alberate e<br />

riqualificate) svolgono un ruolo di connessione minuta del sistema del verde (pubblico e privato). La<br />

gerarchia ambientale proposta definisce veri e propri settori urbani interconnessi da fasce ambientali di<br />

fruizione del verde, dal momento che grazie alla struttura della città esistente e della natura delle<br />

trasformazioni proposte dal piano i maggiori spazi aperti si collocano a ridosso della viabilità interquartiere.<br />

In questo quadro vanno infine collocati gli ambiti di riqualificazione della viabilità urbana (viali alberati da<br />

risagomare e riqualificare) e il verde di nuova previsione all’interno delle aree di trasformazione.<br />

Proposte di riqualificazione urbanistico – ambientale (proposte di breve – medio periodo e di lungo periodo<br />

Il tema, in stretto rapporto con la definizione degli scenari di rigerarchizzazione della viabilità urbana, ha il<br />

fine di relazionare gli scenari delineati con gli interventi puntuali da attivare. Per le strade di scorrimento<br />

veloce sono previsti interventi di realizzazione di controviali per evitare la chiusura delle strade locali che vi si<br />

aprono, nonché la riprogettazione di punti di incrocio (per i quali prevedere possibilmente delle piccole<br />

rotatorie). Per le strade di scorrimento urbano e interquartieri sono suggeriti interventi di restringimento<br />

della carreggiata (per dare continuità ai percorsi ciclo – pedonali e agli attraversamenti), nonché la<br />

realizzazione di sole di traffico. Così per le strade di quartiere, per le quali deve essere assicurata la<br />

percorribilità dei veicoli ma anche la fruizione da parte dei pedoni degli spazi aperti e del sistema dei percorsi<br />

ciclo – pedonali, sono prevedibili interventi di restringimento della carreggiata, la realizzazione di chicanes e<br />

di dossi, per facilitare il rallentamento dei veicoli e l’attraversamento pedonale. Nelle strade locali le politiche<br />

le politiche di intervento dovranno concentrarsi nel cambiamento sostanziale della natura della strada,<br />

trasformandola in strada di vero e proprio servizio alla residenza, risezionandola per ricavare alberature e<br />

parcheggi ove possibile e trattandola con materiali differenti.<br />

Progetto delle isole ambientali. Scenari esemplificativi (settore meridionale e settore settentrionale)<br />

Si tratta di prime simulazioni progettuali esemplificative della metodologia di riqualificazione urbanistica e<br />

ambientale proposta . Per i due settori urbani individuati sono infatti suggerite politiche di limitazione del<br />

110


traffico, di ridefinizione della caratteristiche morfologiche e ambientali della viabilità, di ripavimentazione del<br />

suolo e arredo urbano, ecc., come delineato nelle proposte di riqualificazione.<br />

5.7 La città dei servizi<br />

La quantificazione dello stato di diritto è stata condotta secondo le modalità precedentemente ricordate, nel<br />

paragrafo dello stato di fatto.<br />

La capacità insediativa residua è stata calcolata conteggiando tutti i lotti liberi a destinazione residenziale<br />

maggiori di 600 mq. (lotto minimo d’intervento secondo le N.T.A. vigente) negli ambiti di completamento del<br />

Prg, unitamente a tutte le aree di espansione residenziale sottoposte a piani attuativi adottati, con<br />

convenzione in atto, e non adottati.<br />

Conclusa la fase di pregresso, la modalità di calcolo della popolazione teorica delle aree di nuova espansione<br />

rappresenta una questione assai dibattuta negli ultimi anni, soprattutto a causa della generale inadeguatezza<br />

della legislazione regionale in materia. La possibilità di utilizzare un indice di affollamento di 1<br />

abitante/stanza è peraltro prevista anche dalla ormai datata legge urbanistica della Regione Emilia Romagna,<br />

che indica in 0,75 abitanti/stanza l’indice di affollamento di riferimento, portando in pratica a 120 mc il<br />

parametro di riferimento per gli abitanti insediabili nei nuovi interventi.<br />

Macrozone<br />

Abitanti<br />

al 31/12/'99<br />

C. Storico 2.527<br />

I 10.513<br />

II 7.609<br />

III 12.243<br />

IV 9.643<br />

V 6.926<br />

Ind. 14<br />

Totale Urbano 49.475<br />

Budrione 847<br />

Cortile 1.080<br />

Fossoli 3.259<br />

Gargallo 1.182<br />

Migliarina 1.428<br />

S. Croce 1.382<br />

S. Marino 1.920<br />

Totale Frazioni 11.098<br />

TOTALE 60.573<br />

Servizi di quartiere<br />

Totale Prg<br />

pregresso Prg Magnani Ambiti Trasform.<br />

Magnani<br />

Lotti<br />

Liberi<br />

-<br />

223<br />

105<br />

174<br />

-<br />

20<br />

-<br />

522<br />

-<br />

-<br />

89<br />

24<br />

77<br />

52<br />

23<br />

265<br />

788<br />

P.P.<br />

Adottati<br />

317<br />

263<br />

2.075<br />

695<br />

1.300<br />

-<br />

-<br />

4.648<br />

159<br />

-<br />

-<br />

171<br />

-<br />

92<br />

-<br />

421<br />

5.070<br />

P.P. non<br />

Adottati<br />

-<br />

1.299<br />

-<br />

539<br />

497<br />

366<br />

-<br />

2.701<br />

-<br />

-<br />

-<br />

-<br />

-<br />

-<br />

-<br />

-<br />

2.701<br />

111<br />

317<br />

1.785<br />

2.179<br />

1.408<br />

1.796<br />

386<br />

-<br />

7.872<br />

159<br />

-<br />

89<br />

195<br />

77<br />

144<br />

23<br />

686<br />

8.558<br />

nuovi<br />

ambiti<br />

-<br />

72<br />

2.937<br />

310<br />

1.170<br />

1.300<br />

-<br />

5.790<br />

117<br />

335<br />

738<br />

125<br />

407<br />

293<br />

467<br />

2.481<br />

8.272<br />

Totale<br />

Ambiti<br />

Trasform.<br />

Abitanti<br />

Teorici<br />

E.R.P. TOTALE<br />

-<br />

-<br />

534<br />

318<br />

246<br />

144<br />

-<br />

1.242<br />

-<br />

-<br />

-<br />

-<br />

-<br />

-<br />

-<br />

-<br />

1.242<br />

-<br />

72<br />

3.471<br />

628<br />

1.416<br />

1.444<br />

-<br />

7.032<br />

117<br />

335<br />

738<br />

125<br />

407<br />

293<br />

467<br />

2.481<br />

9.514<br />

2.844<br />

12.371<br />

13.260<br />

14.279<br />

12.856<br />

8.757<br />

14<br />

64.379<br />

1.122<br />

1.415<br />

4.086<br />

1.501<br />

1.912<br />

1.818<br />

2.410<br />

14.266<br />

78.645


112


113


114


A fronte della situazione attuale, caratterizzata da una carenza di aree a standard, l’attuazione complessiva<br />

delle previsioni di piano, senza alcuna riclassificazione delle stesse, porterebbe lo standard residenziale a<br />

livelli soddisfacenti (2.966.052 mq., corrispondenti a 37,7 mq/ab) (vedi tabella 5.7a).<br />

Questi valori derivano, in minima parte dalla riconferma di aree vincolate a standard dal vigente piano, ma<br />

soprattutto l’acquisizione di aree pubbliche avverrebbe mediante modalità compensative, delle zone di<br />

trasformazione: insediativa, insediativo-ambientale e di insediamenti produttivi dismessi o in via di<br />

dismissione.<br />

Vi è comunque un dato importante da sottolineare, riguardante le zone di trasformazione di insediamenti<br />

produttivi dismessi o in via di dismissione, cioè un area inserita nel tessuto abitativo, che attraverso la<br />

riqualificazione funzionale, da produttiva diventa residenziale. L’amministrazione riesce ad acquisire così un<br />

aree, circa 15.875 mq., da destinare a verde pubblico o parcheggi, al centro di un settore urbano<br />

attualemente molto edificato.<br />

Verde di progetto<br />

Quantificando la sola offerta di Prg di aree a verde di quartiere si raggiunge una dotazione procapite molto<br />

al di sopra dello standard minimo, 1.723.833 mq corrispondenti ad una dotazione procapite pari a 21,9<br />

mq/ab. Anche se complessivamente si supera il fabbisogno, nel centro urbano la dotazione procapite è<br />

20,2 mq/ab.<br />

Nelle frazioni il valore del verde di quartiere, con i 29,8 mq/ab, è quasi doppio del fabbisogno minimo<br />

imposto dalla legge regionale, riuscendo così a raggiungere uno scopo che il Piano si era prefissato, quello di<br />

non privilegiare esclusivamente l’accentramento della popolazione e dei servizi nei centri urbani capoluogo<br />

depauperando così il patrimonio frazionale delle nostre città in modo significativo. Come si può constatare il<br />

Piano propone una politica alternativa a questa tendenza tuttora in atto anche nel nostro Comune ed<br />

individua le frazioni geografiche come occasioni di riequilibrio territoriale insediativo per favorire non solo la<br />

loro sopravvivenza, ma anche una loro specializzazione e peculiarità particolare. Le frazioni si caratterizzano<br />

come entità strutturate sufficentemente dal punto di vista dei servizi e conservanti tutta la loro significatività<br />

ed autonomia frazionale.<br />

Istruzione di progetto<br />

Relativamente all’istruzione l’obiettivo del Piano dei Servizi consiste nel potenziarne la dotazione nel<br />

sistema scolastico formativo, individuando pertanto le aree necessarie alla razionalizzazione delle strutture<br />

esistenti e anche le aree per le nuove localizzazioni che si rendono necessarie. Queste, in particolare,<br />

saranno grossi poli scolastici integrati, localizzati in tre punti della città: nel settore urbano di Cibeno, dove lo<br />

sviluppo urbanistico residenziale previsto dal Piano sarà elevato, si potrebbe ampliare il plesso scolastico<br />

esistente, anche perchè facilmente raggiungibile dalle frazioni di S. Marino e Cortile; mentre nel settore<br />

centrale, si potrà prevedere la costruzione di un nuovo polo scolastico, integrato con le scuole superiori<br />

attualemente presenti in via Peruzzi, decongestionando quello di via Magazzeno. Gli interventi che però<br />

115


sembrano i più necessari nei prossimi anni, come appare anche dalle tavole dei raggi d’influenza, sono quelli<br />

di via Moro ed eventualmente di via Sigonio.<br />

Nelle frazioni l’unico intervento di potenziamento delle strutture esistenti realmente perseguibile è quello per<br />

Fossoli.<br />

Tali nuove localizzazioni di 238.851 mq sono state urbanisticamente posizionate in modo da permettere una<br />

progettazione integrata che qualifica i nuovi spazi urbani che sorgeranno, permettendo di diventare<br />

elemento di caratterizzazione di un intero quartiere, per esempio di nuove piazze e spazi pubblici di<br />

aggregazione, in stretta relazione urbana con l’esistente e con le nuove aree a verde pubblico.<br />

Attrezzature collettive di progetto<br />

Per le attrezzature civili la previsione complessiva è di 5,4 mq/ab, superiore ai 4 mq/ab previsti dalla<br />

legge. L’amministrazione, prevedendo la necessità di dotare maggiormente la città di strutture sociali e<br />

assistenziali, specialmente per anziani, ha recentemente variato l’attuale Piano Regolatore, espandendo dove<br />

possibile le strutture ricreative e progettando nuove strutture assistenziali per anziani, che attualmente sono<br />

in fase di realizzazione. Tali attrezzature, inoltre, sono distribuite in maniera molto omogenea su tutto il<br />

territorio del centro urbano. Anche a completa realizzazione del Piano queste aree sono in grado di<br />

soddisfare lo standard minimo di legge. (vedi tabella 5.7a)<br />

Parcheggi di progetto<br />

Per i parcheggi, a piano attuato, si raggiungerà lo standard minimo (circa 4,4 mq/ab corrispondenti a<br />

343.406 mq) raddoppiando così la dotazione di aree destinate a parcheggio rispetto allo stato di fatto<br />

(185.641 mq.). Tale valore è stato ottenuto sommando alle aree esistenti quelle destinate a parcheggio dal<br />

pregresso di Prg ’78 e dalle nuove zone di trasformazione. Questo ha permesso non solo di colmare un<br />

deficit così elevato, ma di riuscire a distribuire su tutto il centro urbano, anche in quelle zone densamente<br />

popolate, un fabbisogno che in futuro probabilmente sarà sempre più necessario.<br />

Servizi urbani<br />

Nel loro insieme i servizi urbani ammontano a 1.135.221 mq, con una dotazione di piano regolatore pari a<br />

14,4 mq/ab, cui fa riscontro un’offerta molto elevata di aree a verde urbano, pari a 899.286 mq (11,4<br />

mq/ab). Tale valore è stato ottenuto sommando alle aree esistenti quelle di progetto della Zona Sportiva<br />

Ovest e di cessione degli ambiti di trasformazione delle zone produttive e direzionali-commerciali.<br />

Oltre però alla dotazione di verde urbano vi sono altre tipi di verde classificati sempre come zona omogenea<br />

F, come si può vedere nella cartografia delle tavole prescrittive, queste aree anche se non computato dal<br />

punto di vista di standard, concorrono però dal punto di vista ambientale organicamente con le nuove<br />

previsioni per il verde territoriale.<br />

Le aree verdi si possono raggruppare in tre categorie:<br />

116


1 verde di ambientazione stradale: vale a dire l’ambito territoriale all’interno del quale dovranno<br />

essere realizzate attrezzature e sistemazioni finalizzate alla riduzione e alla mitigazione degli<br />

impianti ambientali determinati dal traffico.<br />

2 verde di riequilibrio ambientale: il verde all’interno delle zone di rispetto cimiteriale o a bordo di<br />

fiumi, torrenti e canali<br />

3 Parco territoriale: riguarda un’area posta a nord del centro urbano nella zona del campo di<br />

Fossoli, fortemente caratterizzate da elementi significativi dal punto di vista storico, ambientale<br />

e paesaggistico. La peculiare singolarità di questo ambito è quella riferita alla memoria storica<br />

del campo di concentramento ed alla presenza di elementi di rinaturalizzazione del paesaggio<br />

agrario presente. Da questo punto di vista la sistemazione ambientale della zona della discarica<br />

potrà ulteriormente rappresentare un’occasione di progettazione ecologica dell’ambito senza<br />

dover al contempo limitare la vocazione naturale di questi suoli che rimane comunque quella<br />

agricola. La memoria storica e la peculiarità paesaggistica costituiscono occasioni di<br />

valorizzazione e differenziazione dell'ambito. La vocazione di parco territoriale-urbano a servizio<br />

diretto di un sistema di percorsi fruitivi ippo-ciclo-pedonali, insieme alla conferma dell’attività<br />

agricola di tipo tradizionale non intensiva, sembra definire dunque l’identità propria e le<br />

potenzialità di valorizzazione di questa zona.<br />

Sommando i 71 ettari di verde di quartiere esistente, con 101 ettari di progetto, con i 7 ettari di verde<br />

urbano esistente esistenti, con i 82 ettari di progetto, con i 38 ettari di verde di ambientazione stradale e i 12<br />

ettari di rigenerazione ambientale: otteniamo complessivamente 311 ettari, portando lo standard<br />

complessivo del verde a 40 mq/ab. Inoltre potremmo aggiungere il parco territoriale con i 204 ettari<br />

porterebbe lo standard a 65 mq/ab.<br />

5.8 I sistemi ambientali<br />

L’integrazione tra piano e ambiente verso la sostenibilità<br />

Se l’evoluzione della cultura e della prassi urbanistica mostra una continua maturazione verso i temi della<br />

sostenibilità delle scelte, è con il nuovo PRG che si sancisce la stretta interazione tra urbanistica ed<br />

ambiente.<br />

Da una parte confermando e perfezionando le strategie del Masterplan dall’altra ulteriormente specificando<br />

aspetti e tematiche ecologiche che entrano a pieno titolo a far parte del “campo di attenzione e competenza”<br />

della disciplina.<br />

Lo sforzo costante si è orientato verso la continua ricerca delle modalità operative per prevenire ad una<br />

effettiva intersezione tra questioni generalmente trattate come antitetiche, portatrici di interessi differenti,<br />

che hanno trovato nel nuovo PRG una ricomposizione.<br />

117


Le ragioni della nuova stagione ambientale ed urbanistica risiedono nella consapevolezza del ruolo affatto<br />

marginale affidato agli strumenti di pianificazione urbanistica, consapevoli che la qualità ambientale di un<br />

luogo dipende anche dalle strategie e scelte di uso del suolo e della morfologia urbana.<br />

Le politiche e le scelte del PRG orientato alla sostenibilità ambientale, vengono di seguito sintetizzate.<br />

La costruzione del verde attraverso lo strumento della perequazione.<br />

L’impostazione che permea il processo di pianificazione ha portato ad affrontare, il più possibile a monte, il<br />

rapporto tra ambiente e sviluppo e, pur essendo evidente la complessità dell’operazione, emerge la ricerca di<br />

reale fattibilità delle scelte che si sostanzia nel superamento dell’esclusivo utilizzo del meccanismo<br />

espropriativo per l’acquisizione del verde, in favore di un coinvolgimento dei privati nella realizzazione dello<br />

stesso. Evidentemente tale approccio consente di risolvere la distanza tra il verde delle tavole di PRG e il<br />

“verde reale”: se la città si sviluppa, contestualmente cresce il verde.<br />

Riduzione del consumo di suolo e salvaguardia della capacità di rigenerazione ecologica dei fattori aria,<br />

acqua e suolo.<br />

Le scelte operative si basano su dimensionamento attento delle previsioni delle nuove aree edificabili,<br />

ottenute attraverso i principi, funzioni, modalità attuative dei comparti perequati individuati al fine di<br />

ottenere, sia nel centro urbano che nelle frazioni, sia il completamento del tessuto esistente sia la creazione<br />

di un bordo urbano ben definito, attraverso la riqualificazione del sistema del verde e delle attrezzature di<br />

quartiere.<br />

All’interno dei comparti di trasformazione previsti viene garantita una consistente quota di verde di<br />

rigenerazione ambientale, ben oltre la quota standard di verde prevista dalla legislazione vigente. Tale<br />

obiettivo è ottenuto concentrando la superficie edificatoria su una percentuale della superficie territoriale che<br />

va dal 25% al 50%, destinando il resto a verde pubblico, privato e a standard urbanistici.<br />

Il verde pubblico da cessione gratuita assume quindi un rilievo da porsi al servizio di tutta la città.<br />

Queste scelte importanti vanno ad aggiungersi a quelle che hanno portato ad individuare alcune aree<br />

soggette a programmi di riqualificazione urbana che permettano il mantenimento ed il miglioramento del<br />

“capitale fisso sociale” col recupero di aree da riqualificare a dismesse in pieno territorio urbano o ai margini<br />

di esso che arriva ad interessare anche tratti di viabilità urbana soggetti ad interventi di carattere<br />

morfologico e funzionale (risagomatura della sede stradale in funzione di un diverso rapporto tra mobilità<br />

veicolare e pedonale, con la prevalenza di quest’ultima, sistemazione degli spazi pubblici e privati,<br />

ridefinizione degli usi urbani degli edifici frontestanti, ecc..)<br />

Incremento della permeabilità dei suoli urbani e loro utilizzazione a prato con presenze significative di alberi,<br />

arbusti e siepi.<br />

Si sono introdotti, in norma, sia per la “città consolidata”, che per la città da trasformare indici di<br />

permeabilità contestualizzati che, applicati alle zone di trasformazione, garantiscono una consistente quota di<br />

superficie permeabile rispetto alla loro superficie territoriale, nonché un indice di piantumazione che prevede,<br />

per le nuove edificazioni, l’obbligatorietà di garantire una superficie arboreo – arbustiva non inferiore a 50<br />

alberi e 100 arbusti per ettaro.<br />

Incremento del verde privato per favorire processi di rigenerazione ambientale.<br />

118


All’interno delle Aree di Trasformazione, una quota (dal 10% al 20% della superficie territoriale), viene<br />

destinata a “verde condominiale”. Il verde privato rappresenta una nuova categoria rispetto al tradizionale<br />

verde pertinenziale: esso è un verde condominiale di natura privatistica regolamentato da convenzioni, su<br />

cui è possibile realizzare anche un minimo di attrezzature di servizio per la qualificazione degli insediamenti<br />

e per una eventuale fruizione allargata. Il verde privato tradizionale, di pertinenza delle proprietà edilizie,<br />

dovrà essere ricavato all’interno dell’area destinata alla concentrazione dei volumi edificabili.<br />

Introduzione degli obiettivi di sostenibilità ambientale all’interno delle fasi preliminari della progettazione<br />

esecutiva delle opere edilizie.<br />

Per ogni Area di Trasformazione si è attuato uno studio di valutazione preventiva delle potenzialità eco –<br />

ambientali presenti e delle interferenza possibili a seguito della realizzazione dell’intervento, così da<br />

identificare gli spazi interni più adatti all’edificazione, nonché alla conformazione delle aree a verde, pubblico<br />

e/o privato, così da definire regole prestazionali da osservare in sede di Piano attuativo. Per gli aspetti<br />

ecologico – ambientali, nei criteri generali di intervento della città da trasformare, vengono esplicitati i<br />

parametri e gli indici (di permeabilità, di piantumazione) da rispettare nell’attuazione degli interventi, nonché<br />

regole di impianto ambientale ed ecologico.<br />

Inserimento ambientale e paesaggistico delle infrastrutture stradali e ferroviarie<br />

La valutazione strategica in sede di PRG degli impatti atmosferici ed acustici ha comportato una<br />

progettazione dei nuovi assi della viabilità in una logica ambientale .<br />

Così il tracciato della nuova tangenziale ottenuta prolungando l’esistente via dell’Industria è stato studiato e<br />

progettato a scala urbanistica integrando aspetti tecnici ed aspetti ambientali ed ecologici .<br />

Anche per via Cavata, che per un certo tratto è lontana dal centro abitato e che allungata e potenziata<br />

diviene il più importante asse di collegamento ad est della città, si è scelto una norma che obbliga ad una<br />

progettazione e realizzazione contemporanea delle opere di mitigazione ed inserimento paesaggistico<br />

contenuta nelle fasce di ambientazione, da espropriarsi .<br />

Integrazione tra insediamenti e reti tecnologiche<br />

La realizzazione di qualsiasi intervento edilizio è correlata alla presenza ed alla funzionalità delle<br />

infrastrutture fognarie, mentre per i nuovi insediamenti è prevista la necessità di realizzare la rete fognaria in<br />

forma separata. Particolare attenzione viene dedicata al rapporto tra situazioni di criticità delle reti e<br />

limitazioni alle trasformazioni del tessuto consolidato (servito da una rete mista), concesse (ed incentivate)<br />

solo se viene garantita la diminuzione delle aree impermeabili e, dunque, il carico immesso nel sistema<br />

fognario misto.<br />

Contenimento del traffico veicolare favorendo l’utilizzo di mezzi di trasporto meno inquinanti, fluidificando il<br />

traffico, riducendo gli attraversamenti urbani e facilitando la sosta regolamentata.<br />

La scelta del prolungamento della tangenziale fino a collegarsi con la nuova bretella, che a nord sovrappassa<br />

la linea ferroviaria, è prioritaria per ottenere che il flusso veicolare, attualmente costretto ad attraversare la<br />

via Losi, possa passare a settentrione e lontano dalla città.<br />

Questo permette poi che la via Losi stessa sia alleggerita di gran parte del traffico attuale, così da ridurre<br />

l’impatto sulla residenza che negli ultimi decenni si è inopportunamente lasciata crescere fino al suo bordo<br />

orientale.<br />

119


Mentre il Piano Urbano del Traffico non è stato ancora applicato, si recuperano le sue scelte puntuali per<br />

fluidificare il traffico automobilistico sostituendo al sistema semaforico generalizzato di oggi, un insieme di<br />

rotatorie che evitano, specie nelle ore di punta, accumulo e picchi nell’inquinamento.<br />

Inoltre, la scelta di assumere come prioritario il completamento della rete delle piste ciclabili va nella<br />

direzione del mezzo alternativo all’auto privata; per la prima volta una parte della città viene progettata<br />

contestualmente ad un sistema organico di nuovi assi ciclabili.<br />

Il disegno della nuova viabilità si prefigge di risolvere il problema degli attraversamenti urbani, potendo così<br />

riorganizzare il sistema viario esistente liberato da traffici impropri: riorganizzazione che, tra i diversi temi,<br />

affronta anche quello delle zone 30 km/h, isole prevalentemente residenziali protette dal traffico.<br />

Integrazione tra funzioni ed usi sia per evitare rischi di monofunzionalità, che fenomeni di<br />

congestionamento.<br />

Viene regolata l’integrazione degli usi tramite un mix funzionale (residenza, terziario, artigianato, servizi)<br />

attraverso la definizione di una percentuale minima necessaria (minimo di quota residenziale e minimo di<br />

presenza di altri usi), tuttavia flessibile nel dosaggio poiché demandata all’atto del Piano esecutivo. Unica<br />

limitazione alla flessibilità funzionale deriva da ragioni ambientali: condizionando i cambi di destinazione al<br />

livello di “carico urbanistico” presumibilmente indotto da diversi usi, il Piano si orienta verso una flessibilità<br />

controllata.<br />

Assunzione di criteri di equità di trattamento giuridico tra i proprietari nelle medesime condizioni per<br />

localizzazioni e per scelta di Piano.<br />

Essa rappresenta un obiettivo di rilevante interesse non solo urbanistico, ma anche in tema di sostenibilità.<br />

Attraverso lo strumento della perequazione, che determina un’equa ripartizione dei benefici e delle limitazioni<br />

tra tutti i soggetti, pubblici o privati, interessati alle scelte di Piano, non solo si affronta uno spinoso<br />

problema squisitamente disciplinare, ma si verifica una delle condizioni dello sviluppo sostenibile.<br />

Il modello perequativo adottato tratta equamente tutti i diversi proprietari che si trovino nelle medesime<br />

condizioni giuridiche (per il residuo del PRG ’84) o nelle medesime condizioni localizzative (per le nuove<br />

aree): stesse regole di attuazione, stessi vincoli, stessi indici edificatori.<br />

Tutti i singoli proprietari ricadenti all’interno di una stessa zona beneficiano del trattamento perequato a<br />

seconda delle quantità di superficie territoriale di appartenenza (pro-quota) ed indipendentemente dalla<br />

destinazione d’uso specifica ivi realizzabile.<br />

Le politiche per il sistema ambientale.<br />

Oltre all’intreccio tra urbanistica ed ecologia, che ha ampliato il campo di attenzione del PRG, proponendo le<br />

scelte localizzative e normative sopra esplicitate, l’attenzione si è orientata alla ricerca delle politiche, delle<br />

indicazioni programmatiche rivolte agli enti pubblici territorialmente competenti. Si tratta di una tavola (pag.<br />

94 “Proposta per il sistema ambientale”), non direttamente cogente per i privati, ma che rappresenta<br />

l’impegno che la Pubblica Amministrazione assume in favore della risoluzione/miglioramento delle questioni<br />

di carattere ambientale.<br />

Attorno ai seguenti quattro campi di attenzione fondamentali ruotano le politiche per il sistema ambientale:<br />

Ambiente da qualificare: le risorse esistenti, in cui vengono individuati le politiche inerenti il miglioramento<br />

del sistema del verde pubblico e privato in città, nonché sistema ecologico, naturalistico e storico –<br />

120


121


archeologico caratterizzante il territorio extraurbano, composto da emergenze quali biotopi, zone umide,<br />

sistemi vegetazionali di interesse, ambiti fluviali, siti archeologici e complessi di carattere storico –<br />

architettonico;<br />

Ambiente da progettare: le risorse previste, in cui le politiche attengono alla crescita quali – quantitativa di<br />

ambiente. Ne fanno parte le nuove aree di ambientazione viaria e ferroviaria, l’anello verde della<br />

circonvallazione interna alla città, il verde pubblico e privato dei comparti di trasformazione, i boschi urbani,<br />

nonché la nuova configurazione qualitativa degli ambiti agricoli a valenza ambientale e paesaggistica;<br />

Ambiente da riqualificare: la fragilità, in cui le politiche sono mirate alla individuazione di azioni di<br />

mitigazione, limitazione de i carichi insediativi e di rimozione delle principali cause inquinanti. I temi trattati si<br />

riferiscono alle interferenze tra insediamenti e rete fognaria, elettrodotti, pozzi di captazione idropotabile,<br />

vulnerabilità degli acquiferi e ambiti soggetti ad esondazioni;<br />

Ambiente da connettere: le reti ambientali di fruizione, im cui le politiche sono volte a migliorare ed<br />

aumentare la “rete artificiale”, la “rete verde” e la “rete blu” al fine di mettere a sistema gli spazi aperti, i<br />

sevizi, le risorse ambientali creando, così, quella massa critica determinante per la vitalità, la diversità e la<br />

fruizione del sistema ambientale complessivo. Un’agenda programmatica che rende palese la necessità di un<br />

coinvolgimento di soggetti, competenze, strumenti, azioni differenziate: tutte, però, accomunate dalla<br />

finalizzazione alla strategia della città sostenibile.<br />

5.9 Il territorio rurale<br />

Questo territorio comprende le zone esterne alla città consolidata ed alla città della trasformazione che sono<br />

destinate prevalentemente all’esercizio delle attività agricole e soggette al rispetto di vincoli ambientali in<br />

riferimento alle specifiche situazioni di pregio naturalistico e paesaggistico presenti. Proprio in riferimento a<br />

tali specificità ambientali sono individuabili attività complementari d’uso e valorizzazione del territorio, che<br />

bene si integrano con quelle propriamente agrarie. Si intendono sia le attività riferibili alla fruizione del<br />

sistema paesaggistico per lo svago, lo sport ed il tempo libero, sia le attività riferite alla ricerca ed alla<br />

valorizzazione dei sistemi didattico-culturali, di cui la storia dei nostri paesaggi è così ricca ed antica, sia lo<br />

sviluppo di quelle attività produttive integrative dell’agricoltura tradizionale riferite all’agricoltura biologica ed<br />

alla coltivazione dei prodotti sani e naturali. Il recupero del patrimonio edilizio esistente, come indicato ed<br />

auspicato dalla legislazione regionale di riferimento (LR 6/1995), si pone, inoltre, come elemento centrale e<br />

significativo per l’attivazione di politiche di tutela, riqualificazione e valorizzazione di questo territorio<br />

extraurbano.<br />

Agricoltura ed ambiente risultano in tal modo integrati in un processo di simbiosi in un ecosistema dove<br />

l’ambiente può esprimere appieno le sue connotazioni di tutela del patrimonio storico e di impronta ecologica<br />

dei paesaggi succedutesi nel tempo e conseguentemente l’agricoltura viene ricondotta ai suoi più propri e<br />

naturali compiti di trasformazione non intensiva ma ecosostenibile del territorio. Inoltre il PRG evidenzia<br />

alcuni criteri a cui nuovi interventi edilizi e recuperi di edifici dovranno essere realizzati rispettando le<br />

122


caratteristiche tipiche degli edifici agricoli propri della pianura carpigiana (descritti negli allegati 3,4,5 delle<br />

Norme d’Attuazione del nuovo PRG).<br />

La struttura della normativa del territorio extraurbano è articolata su differenti livelli di lettura ed<br />

applicazione.<br />

Una classificazione per quattro zone differentemente individuate a seconda delle specifiche caratteristiche<br />

morfologiche, ambientali ed agrarie:<br />

- le zone agricole normali;<br />

- le zone agricole periurbane;<br />

- le zone agricole a valenza storico-paesaggistica;<br />

- le zone agricole a valenza naturalistico-fluviale.<br />

Lo scopo di tale classificazione è quello di definire la specifica peculiarità dei diversi siti o “unità” presenti e<br />

differenti all’interno del territorio comunale: ciò che va ricercato ed evidenziato all’interno di ogni unità è la<br />

compresenza e poliedricità degli elementi e delle situazioni che ne caratterizzano complessità ed identità. Al<br />

pari dei tessuti della città consolidata un tale approccio metodologico consente di superare l’impostazione<br />

tradizionale di suddivisione del territorio per zone funzionali omogenee.<br />

Una definizione dei vincoli di tutela paesaggistica recanti prescrizioni derivate dal PTCP di Modena e<br />

riguardanti:<br />

- le zone di tutela dei caratteri ambientali di bacini e corsi d’acqua;<br />

- gli invasi ed alvei di bacini e corsi d’acqua;<br />

- le zone di particolare interesse paesaggistico-ambientale;<br />

- i dossi di ambito fluviale recente e i paleodossi;<br />

- le aree di accertata e rilevante consistenza archeologica e di concentrazione di materiali archeologici;<br />

- le zone e gli elementi dell’impianto storico della centuriazione;<br />

- gli insediamenti urbani e storici e strutture insediative storiche non urbane;<br />

- i terreni interessati da bonifiche storiche di pianura;<br />

- gli elementi di interesse storico e testimoniale (viabilità storica);<br />

- le strutture di interesse storico e testimoniale;<br />

- le zone di tutela naturalistica;<br />

La classificazione per zone<br />

Una definizione di unità paesaggistiche in cui la politica agraria può svolgere la sua funzione di fattore<br />

primario della produzione, integrata, al contempo, da nuove opportunità di sviluppo economico<br />

ecosostenibile e da rinnovate funzioni della tutela del territorio, ha portato a riconoscere e suddividere in<br />

quattro zone l’ambito oggetto di studio:<br />

123


Zona Agricola normale<br />

Tali aree sono destinate all’esercizio delle attività dirette o connesse all’agricoltura. Sono ammesse qui nuove<br />

costruzioni se riferite espressamente alla pratica agronomica del territorio e se effettuate da soggetti aventi i<br />

requisiti di imprenditore agricolo a titolo principale e cioè le abitazioni rurali, gli impianti, le infrastrutture e le<br />

attrezzature necessarie alla produzione agricola, i fabbricati e le strutture di servizio dell’azienda agricola, gli<br />

allevamenti aziendali ed interaziendali e gli allevamenti di tipo intensivo se previsti da strumenti di scala<br />

sovraordinata.<br />

Zona Agricola periurbana<br />

Tali aree costituiscono zone di filtro e transizione tra i sistemi insediati ed il territorio extraurbano. Svolgono<br />

una funzione duplice di tutela dell’abitato dalle attività intensive ed incompatibili del settore produttivo<br />

agricolo e di protezione del territorio e della naturalità dei luoghi dall’espansione urbana. Su tali aree può<br />

essere praticata l’attività agronomica con esclusione degli allevamenti zootecnici di tipo intensivo e la<br />

realizzazione di lagoni di accumulo per liquami. Gli impianti produttivi e le aziende di tipo aziendale ed<br />

interaziendale devono essere realizzati ad una distanza di almeno 300 mt dai centri urbanizzati.<br />

Per la particolare natura di questa fascia di transizione tra sistema agrario ed urbano, si prevede la<br />

possibilità di realizzare un’attività di orticoltura di tipo sociale per gli anziani e, comunque, non legata alla<br />

produzione intensiva di aziende agricole.<br />

Zona Agricola a valenza storico-paesaggistica<br />

Sono quelle aree agricole che pur conservando e sviluppando la loro vocazione produttiva, conservano i<br />

caratteri originari del paesaggio agrario della pianura carpigiana.<br />

Sono identificate sia dal PTCP che dalle Unità di Paesaggio comunali allegate (tav. PG3).<br />

Per tali zone si vuole conservare le caratteristiche tipiche del paesaggio agrario integrandolo con nuove<br />

possibilità fruitive ed economiche derivanti dalle valenze storico-paesaggistiche presenti.<br />

In queste aree è consentito l’insediamento di nuove aziende agricole solo se di tipo non intensivo e<br />

comunque per favorire un’agricoltura integrata atta a migliorare il paesaggio e l’ambiente, fruizione di<br />

percorsi agro-naturalistici, agricoltura biologica, agriturismo e turismo rurale.<br />

In tali atte si deve tendere al mantenimento ed alla ricostruzione dei viali alberati, filari o gruppi di alberi,<br />

coltivazioni specializzate.<br />

Sono comprese inoltre attività sportive-ricreative quali laghetti, attività hobbystiche e di maneggio sportivo.<br />

Zona Agricola a valenza naturalistico-fluviale<br />

Si caratterizza dalla presenza di corsi d’acqua integrata da fasce di rispetto di rispetto e di valorizzazione<br />

delle zone d’acqua.<br />

In queste zone sono vietati interventi di trasformazione che alterino i caratteri e gli equilibri naturali<br />

dell’habitat presente; è consentita un’attività agricola di tipo non intensivo in grado di valorizzare anche la<br />

potenzialità fruitivo-turistica mediante la promozione delle attività agroturistiche e del turismo rurale, le<br />

attività sportive-ricreative, attività hobbystiche, di maneggio sportivo ecc… e l’individuazione di percorsi<br />

124


fruitivi fluviali ed ippo-ciclo-pedonali. In tali aree, inoltre, si deve tendere alla ricostruzione di parte del<br />

patrimonio boschivo tipico della bassa pianura degli ambienti fluviali.<br />

Vincoli territoriali di salvaguardia<br />

I vincoli desunti dallo strumento sovraordinato –il PTCP- sono considerati in fase di elaborazione del Piano;<br />

essi sono strettamente legati dall’evoluzione e modifica dello stesso strumento al quale specificatamente si<br />

rimanda.<br />

I vincoli specifici di Piano che derivano o dal recepimento ed approfondimento dai vincoli sovraordinati o<br />

dall’individuazione di nuovi elementi recanti specifiche prescrizioni, sono riportati sulle tavole di PRG e si<br />

riferiscono agli aspetti di seguito elencati.<br />

Le zone di tutela dei caratteri ambientali di bacini e corsi d’acqua (art.17 P.T.C.P.)<br />

In queste zone è vietata:<br />

- l’edificazione di nuovi manufatti, l’apertura di discariche, il deposito di sostanze pericolose, il lagunaggio dei<br />

liquami prodotti da allevamenti al di fuori di appositi lagoni;<br />

- la realizzazione di linee di comunicazione nel caso non siano previste in strumenti di pianificazione di scala<br />

sovraordinata. E’, invece, sempre consentita la realizzazione di linee di rilevanza meramente locale evitando<br />

che esse corrano parallelamente ai corsi d’acqua;<br />

- la realizzazione di nuovi allevamenti intensivi;<br />

Al contrario, in queste zone, il Piano incentiva:<br />

- la costituzione di parchi fluviali che ricomprendano ambienti i cui caratteri naturali siano ben conservati;<br />

- la riattivazione o la ricostituzione di ambienti umidi, il ripristino e la protezione degli ecosistemi relittuali;<br />

il mantenimento di aree demaniali e di proprietà pubblica al lato dei corsi d’acqua e la realizzazione di opere<br />

di sistemazione idraulica;<br />

- gli interventi finalizzati a ridurre la vulnerabilità degli insediamenti e delle infrastrutture, il recupero e<br />

mantenimento di condizioni di naturalità, garantendo la continuità ecologica del sistema fluviale;<br />

- la progressiva riduzione e rimozione dei fattori di degrado ambientale e paesaggistico presenti assieme alla<br />

salvaguardia e valorizzazione delle pertinenze storiche lungo i corpi idrici.<br />

Nelle zone di tutela dei caratteri ambientali di bacini e corsi d’acqua sono, in via generale, sempre consentiti:<br />

l’utilizzazione agricola del suolo e l’allevamento non intensivo, la realizzazione di strade della larghezza<br />

massima di m 4,00 , di annessi rustici ed aziendali secondo le esigenze degli imprenditori agricoli;<br />

la realizzazione di infrastrutture tecniche di bonifica e di difesa idraulica e la realizzazione di impianti tecnici<br />

di modesta entità;<br />

- i sistemi di coltivazione purché non siano utilizzati fertilizzanti, fitofarmaci e altri presidi chimici.<br />

Invasi ed alvei di bacini e corsi d’acqua (art.18 P.T.C.P.)<br />

In queste zone sono vietati i seguenti interventi:<br />

- attività di trasformazione dello stato dei luoghi ad eccezione degli interventi volti alla ricostituzione degli<br />

equilibri naturali;<br />

- l’apertura di discariche pubbliche e private nonché di impianti di smaltimento rifiuti.<br />

125


Al contrario, in queste zone sono consentite esclusivamente:<br />

- interventi di manutenzione e di risanamento conservativo, dei manufatti edilizi aventi interesse storico-<br />

artistico;<br />

- l’estrazione di materiali litoidi dagli invasi dei corsi d’acqua per il solo mantenimento delle condizioni di<br />

sicurezza idraulica e per garantire la funzionalità delle opere pubbliche di bonifica e di irrigazione.<br />

Zone di particolare interesse paesaggistico – ambientale (art.19 P.T.C.P.)<br />

Tali zone comprendono ambiti territoriali caratterizzati da rilevanti componenti vegetazionali o geologiche e<br />

dalla compresenza di diverse valenze, storiche ed antropiche che ne determinano l’interesse paesitico.<br />

In particolare, in queste zone, sono ammessi i seguenti interventi alle condizioni di seguito evidenziate:<br />

- La realizzazione delle linee di comunicazione viaria e/o ferroviaria, purché siano previste in strumenti di<br />

pianificazione nazionali, regionali e provinciali o di rilievo locale;<br />

- L’ampliamento degli edifici esistenti , in quanto questi siano insufficienti o inidonei ad esigenze d’uso a<br />

valenza collettiva, nonché la realizzazione di parchi, di percorsi pedonali e per mezzi di trasporto non<br />

motorizzati, di zone alberate di nuovo impianto all’interno delle zone agricole a valenza storico-paesaggistica<br />

ed a valenza naturalistico-fluviale. Le eventuali attrezzature realizzate in tali ambiti saranno sempre mobili<br />

od amovibili e precarie.<br />

Nelle aree a valenza paesaggistico ambientale sono, in via generale, sempre consentiti:<br />

gli interventi sui manufatti edilizi esistenti e per il completamento delle opere in corso;<br />

l’ordinaria utilizzazione agricola del suolo e l’allevamento non intensivo e la realizzazione di strade poderali<br />

ed interpoderali della larghezza massima di m 4,00<br />

la realizzazione di infrastrutture tecniche di bonifica e di difesa idraulica e la realizzazione di impianti tecnici<br />

di modesta entità, nonché le relative attività di esercizio e manutenzione;<br />

sono altresì incentivati i sistemi di coltivazione ambientale, purchè non siano utilizzati fertilizzanti,<br />

fitofarmaci e altri presidi chimici.<br />

Dossi di ambito fluviale recente e paleodossi (art.20 P.T.C.P.)<br />

I dossi costituiscono elementi di connotazione degli insediamenti storici e concorrono a definire la struttura<br />

planiziale, sia come ambiti di pertinenza fluviale, sia come elementi di rilevanza idraulica che influiscono sul<br />

comportamento delle acque di esondazione.<br />

I dossi, individuati con apposita simbologia nelle tavole di azzonamento del PRG, sono così classificati:<br />

dossi di ambito fluviale recente, coincidenti con le sedi degli attuali alvei fluviali principali;<br />

paleodossi di modesta rilevanza percettiva e/o storico testimoniale e/o idraulica.<br />

Nelle aree interessate dai paleodossi sono vietati i seguenti interventi:<br />

Nuove discariche per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani nonché impianti di smaltimento o di stoccaggio,<br />

salvo che detti impianti ricadano all’interno di aree produttive esistenti e che risultino idoneamente<br />

attrezzate;<br />

126


- Le attività produttive, qualora possano pregiudicare la qualità e la protezione della risorsa idrica, e le<br />

attività estrattive.<br />

- Nelle aree interessate da dossi l’eventuale nuova edificazione è soggetta alle seguenti condizioni e<br />

prescrizioni:<br />

- sono consentiti nuovi insediamenti di tipo residenziale e produttivo; questi ultimi purché compatibili<br />

con la struttura idraulica. Le nuove edificazioni dovranno porsi preferibilmente all’interno delle aree<br />

già insediate, ovvero in stretta continuità con le stesse;<br />

- dovrà essere conservato l’assetto morfologico originario.<br />

Aree di accertata e rilevante consistenza archeologica e di concentrazione dei materiali archeologici (art.21A<br />

P.T.C.P.)<br />

Tali ambiti sono finalizzati a tutelare i beni di interesse storico ed archeologico e riguardano presenze<br />

archeologiche accertate, vincolate in forza di leggi nazionali o regionali, ovvero di strumenti pianificatori di<br />

Stato, Regione ed enti locali.<br />

I siti archeologici sono ripartiti nelle seguenti categorie:<br />

a) “Aree di accertata e rilevante consistenza archeologica”;<br />

b) “Aree di concentrazione di materiali archeologici o di segnalazione di rinvenimenti” .<br />

In tali aree sono ammesse esclusivamente le attività di studio, ricerca scavo, restauro, inerenti i beni<br />

archeologici , mentre sono vietate le nuove edificazioni; gli interventi ammessi sul patrimonio edilizio<br />

esistente sono quelli della manutenzione qualitativa, ad eccezione della ristrutturazione semplice e con<br />

vincolo parziale.<br />

Inoltre:<br />

- Nelle zone a) sono ammesse tutte le opere necessarie alla conduzione agraria, salvo l’accertamento di<br />

preesistenze archeologiche che comporteranno una riclassificazione urbanistica dell’area o<br />

l’individuazione di aree di rispetto.<br />

- Le zone classificate b) sono assoggettate a “controllo archeologico preventivo”. Ogni trasformazione<br />

urbanistica ed edilizia comportante movimenti di terreno e scavi di qualsiasi natura è subordinata alla<br />

esecuzione di ricerche preliminari.<br />

Zone ed elementi di tutela dell’impianto storico della centuriazione (art.21B P.T.C.P.)<br />

Tali ambiti sono finalizzati a tutelare gli elementi della centuriazione ed alla salvaguardia e valorizzazione del<br />

paesaggio agricolo riconducibile alla divisione agraria romana.<br />

Sono state individuate sulla tavola di azzonamento PS2 le seguenti categorie:<br />

a) “zone di tutela degli elementi della centuriazione”;<br />

b) “elementi della centuriazione”, intendendosi per tali: le strade, le strade poderali ed interpoderali, i<br />

canali di scolo e di irrigazione;<br />

In queste zone di norma è vietato, in pratica, sopprimere i tracciati di strade, strade poderali ed<br />

interpoderali nonché eliminare i canali di scolo e/o di irrigazione.<br />

Sono ammessi i seguenti interventi alle condizioni di seguito evidenziate:<br />

127


- nelle zone di tutela della centuriazione, è vietato alterare gli elementi della centuriazione e qualsiasi<br />

intervento deve possibilmente riprendere l’orientamento degli elementi lineari della centuriazione;<br />

b) ogni intervento di nuova edificazione dev’essere: coerente con l’organizzazione territoriale, la direzione<br />

degli assi centuriali presenti in loco e dev’essere accorpato urbanisticamente e paesaggisticamente con<br />

l’edificazione preesistente;<br />

- l’ordinaria utilizzazione agricola del suolo e l’allevamento non intensivo e la realizzazione di strade<br />

poderali ed interpoderali della larghezza massima di m 4,00;<br />

- la realizzazione di infrastrutture tecniche di bonifica e di difesa idraulica nonché la realizzazione di<br />

impianti tecnici di modesta entità.<br />

Insediamenti urbani storici e strutture insediative storiche non urbane (art.22 P.T.C.P.)<br />

Il presente PRG ha provveduto a definire l’esatta perimetrazione degli insediamenti urbani storici e delle<br />

strutture insediative storiche non urbane.<br />

Terreni interessati da bonifiche storiche di pianura (art.23B P.T.C.P.)<br />

Negli ambiti così individuati, occorre evitare:<br />

la modifica dei tracciati dei canali di bonifica e/o il loro interramento;<br />

l’eliminazione di strade, strade poderali ed interpoderali, quando affiancate ai canali di bonifica;<br />

l’abbattimento di filari alberati;<br />

la rimozione di manufatti idraulici direttamente correlati al funzionamento idraulico dei canali di bonifica<br />

nonché la demolizione dei manufatti idraulici di interesse storico;<br />

Anche gli interventi di nuova edificazione saranno coerenti con l’organizzazione territoriale e saranno di<br />

norma accorpate con l’edificazione preesistente. Dovranno, poi, essere salvaguardate le sagome<br />

volumetriche di ingombro e le caratteristiche dei fronti mentre negli interventi di tipo conservativo dovranno<br />

essere utilizzati materiali con caratteristiche identiche o simili a quelle originarie.<br />

Elementi di interesse storico e testimoniale: viabilità storica (art.24A P.T.C.P.)<br />

Sono state individuate le strutture ed infrastrutture storicamente correlate alla viabilità storica extraurbana.<br />

In particolare, gli interventi di manutenzione ed ampliamento della sede stradale di norma dovranno essere<br />

realizzati a condizione che non siano soppressi gli elementi di arredo e pertinenze di pregio presenti, quali<br />

filari alberati, maestà e tabernacoli, ponti realizzati in muratura ed elementi simili.<br />

In ogni caso, gli eventuali interventi stradali modificativi del tracciato storico dovranno garantire la<br />

riconoscibilità storica complessiva del percorso; dovrà altresì essere garantita la manutenzione dei tratti<br />

stradali non modificati dal nuovo percorso.<br />

Lungo la viabilità storica dei tratti che conservano le pavimentazioni naturali quali le strade poderali ed<br />

interpoderali, è vietato il transito dei mezzi motorizzati nei percorsi fuori strada, salvo i mezzi necessari alle<br />

attività agricole, zootecniche e forestali.<br />

128


Strutture di interesse storico e testimoniale (art.24C P.T.C.P.)<br />

Tali strutture, in base alle loro caratteristiche architettonico-decorative e morfologico strutturali, sono state<br />

classificate in schede apposite evidenziando proposte per il loro recupero e valorizzazione.<br />

Zone di tutela naturalistica (art.25 P.T.C.P.)<br />

In tali aree è ammesso l’esercizio dell’agricoltura, delle attività zootecniche ed ittiche, di tipo non intensivo<br />

qualora di nuovo impianto.<br />

In tale ambito sono ammessi esclusivamente le attività e le trasformazioni seguenti:<br />

- gli interventi di manutenzione, risanamento, restauro di manufatti esistenti nonché i mutamenti d’uso<br />

degli stessi per funzioni di vigilanza didattiche culturali, ovvero a funzioni di ricerca scientifica e studio;<br />

- l’utilizzazione agricola del suolo e l’attività zootecnica sui suoli già adibiti a tali utilizzazioni, e sono vietati i<br />

cambiamenti di destinazione produttiva che comportino la conversione del bosco, dei prati pascoli e dei prati<br />

stabili in altre qualità di coltura, nonché gli interventi di manutenzione e di ristrutturazione degli edifici<br />

esistenti connessi alla attività agricola;<br />

- l’esercizio delle attività ittiche già in atto;<br />

- la raccolta e l’asportazione delle specie floreali spontanee nonché l’esercizio della attività venatoria<br />

- le attività escursionistiche.<br />

Nelle zone di tutela naturalistica non possono essere introdotte specie di animali selvatiche e vegetali<br />

spontanee non autoctone.<br />

Sono incentivati i sistemi di coltivazione dell’agricoltura ambientale, purché non siano utilizzati fertilizzanti,<br />

fitofarmaci e altri presidi chimici e alla coltivazione forestale dei seminativi ritirati dalla coltivazione e per il<br />

miglioramento delle caratteristiche naturali delle aree.<br />

129


130


Le tabelle seguenti, suddivise per tipi e per frazioni, indicano le grandezze significative in insediamenti,<br />

servizi e parametri ambientali che l’attuazione del nuovo PRG comporterà per la città di Carpi. Si tratta di<br />

quantificazioni ottenute tramite misurazioni informatiche.<br />

Le cinque tabelle di seguito riportate si riferiscono una sintesi complessiva dei valori degli insediamenti e dei<br />

servizi (in Superficie Territoriale e la 5° in stanze equivalenti) sull’intero territorio comunale.<br />

insediamenti<br />

Gli insediamenti urbani esistenti, considerati al lordo delle aree libere e dei residui di cubatura non<br />

utilizzati all’interno degli specifici tessuti, e considerati comprensivi delle aree a servizi, assommano<br />

complessivamente a 1.697 ettari, il 12,9 % dell’intero territorio comunale.<br />

Gli insediamenti urbani di progetto (719 ettari) rappresentano il 5,5 % dell’aumento complessivo della<br />

nuova dimensione della città; al netto dei servizi solo 349 ettari sono per aree da trasformare residenziali<br />

e produttive, di cui 57 rappresentano un pregresso del PRG del 1978.<br />

Inoltre di questi 351 ettari di aree di trasformazione, per effetto delle regole ecologiche applicate ai<br />

nuovi comparti di intervento, 207 ettari (il 60%) sono a destinazione di verde pubblico o privato.<br />

In sostanza le nuove previsioni insediative e produttive del Piano, decurtate delle rispettive zone a verde<br />

pubblico e privato si riducono circa a 144 ettari, che corrisponde al 6 % del totale degli insediamenti<br />

urbani complessivi (ha. 2.416).<br />

I dimensionamento complessivo del piano è di 19.672 stanze equivalenti: va però rilevato che si tratta di<br />

residenza integrata comprensiva di quote di terziario ed artigianato di servizio compatibili con le<br />

destinazioni abitative che possono, a seconda delle esigenze di mercato che nel tempo si<br />

manifesteranno, coprire fino ad una percentuale del 60% delle 19.672 nuove stanze equivalenti. Una<br />

stima realistica dell’attuazione porta a rendere fattibile una previsione del 20% di terziario integrato alla<br />

residenza, riducendo così le stanze residenziali effettive a circa 16.000.<br />

Le regole ecologiche applicate ai nuovi insediamenti produttivi comportano che dei complessivi 156 ettari<br />

servizi<br />

di superficie territoriale di progetto, circa la metà sarà destinata a verde. Ciò significa che la quota di 275<br />

ettari di aree produttive esistenti sarà effettivamente aumentata del solo 28% (78 ettari).<br />

I servizi esistenti alla data attuale assommano complessivamente a 765 ettari che costituiscono il 45%<br />

del totale degli insediamenti urbani; i servizi previsti assommano a circa 362 ettari (il 50% del totale<br />

degli insediamenti urbani di progetto). Ad essi, però, vanno aggiunti i servizi per verde pubblico e privato<br />

che si ricaveranno dalle aree di trasformazione (200 ettari), per un totale di 562 ettari che<br />

rappresentano quasi il 77% del totale degli insediamenti urbani di progetto.<br />

Una quota così consistente di nuovi servizi di quartiere ed urbani comporta una modifica sostanziale del<br />

rapporto insediamenti/servizi.<br />

131


In particolare una suddivisione dei servizi per attrezzature, mobilità e verde ed un confronto tra la<br />

situazione esistente e quella di progetto è utile per definire la nuova configurazione dei servizi che andrà<br />

delineandosi a Carpi con l’attuazione del Piano.<br />

attrezz. urbane e di quart.<br />

esistenti 196 di progetto 86 totale 272<br />

mobilità<br />

esistenti<br />

verde ambientazione str.<br />

491 di progetto 17 totale 508<br />

esistenti<br />

verde riequilibrio amb.<br />

- di progetto 43 totale 43<br />

esistenti - di progetto 13 totale 13___<br />

totale servizi<br />

esistenti 765 di progetto 362 totale 1.127<br />

- mentre la situazione di fatto esistente riscontra una suddivisione dei servizi a netta preponderanza<br />

della mobilità (comprensiva del verde di arredo stradale, aiuole spartitraffico ecc...) con circa il 64%<br />

del totale servizi, la situazione di progetto ribalta i rapporti a favore del verde che assomma ad oltre il<br />

95% del totale servizi;<br />

- complessivamente il rapporto interno ai servizi tra attrezzature, mobilità e verde risulterà perciò, a<br />

trasformazioni urbanistiche attuate, così ripartito: attrezzature pari al 34% (dato attuale 26%),<br />

mobilità pari al 39% (dato attuale 64%), verde pari al 27% (dato attuale 10%). Le zone verdi<br />

divengono quantitativamente le più alte in termini di valori numerici crescendo in percentuale di circa<br />

il 345%.<br />

- Significativo risulta essere, infine, il contributo che il nuovo Piano, sul versante delle politiche del<br />

verde e della mitigazione ambientale, richiede alle aree private ( 56 ettari, il 15% del verde di<br />

progetto).<br />

ambiente<br />

Oltre alle politiche sul verde descritte nei paragrafi precedenti significative dal punto di vista quantitativo<br />

risultano anche le altre politiche ambientali riferite in particolare alla permeabilità dei suoli ed alla presenza<br />

di nuove piantumazioni di alberi ed arbusti.<br />

Le regole indicate dall’indice di permeabilità per la città di trasformazione evidenziano una valore di 168<br />

ettari permeabili a fronte di una superficie territoriale di circa 349 ettari (48%).<br />

Notevole risulta l’accrescimento di nuove piantumazioni in città per effetto delle regole che prevedono la<br />

messa a dimora di nuovi alberi ed arbusti. Ai circa 25.000 alberi presenti oggi in città (computati per stima<br />

tramite lettura di foto aeree attribuendo un valore medio di piantumazione alle differenti tipologie di verde<br />

individuato nella tavola PG4 Proposte per il sistema ambientale) si assommeranno circa 32.000 nuovi<br />

alberi e 56.000 nuovi arbusti.<br />

132


Di questi 23.000 alberi e 38.000 arbusti si otterranno dagli interventi di trasformazione residenziale e<br />

produttiva mentre 9.000 alberi e 18.000 arbusti dagli interventi sui servizi e sulle aree di ambientazione<br />

stradale e ferroviaria.<br />

133


Tabella 6.1 – Sintesi quantificazioni insediamenti e servizi urbani ed extraurbani e di<br />

progetto<br />

Quantificazioni in ettari PRG. 2000<br />

Superficie %<br />

A. Insediamenti urbani esistenti<br />

1. Città consolidata e Centro Storico 885 6,7%<br />

2. Mobilità* e verde di arredo stradale 491 3,7%<br />

3. Verde di quartiere e urbano 124 0,9%<br />

4. Altri servizi di quartiere e urbani 197 1,5%<br />

TOTALE Insediamenti urbani esistenti 1.697 12,9%<br />

B. Insediamenti urbani di progetto 0,0%<br />

1. Aree da trasformare** 349 2,7%<br />

2. Mobilità* 17 0,1%<br />

3. Altro verde di quartiere e urbano 66 0,5%<br />

4. Altri servizi di quartiere e urbani 249 1,9%<br />

5. Verde di ambientazione stradale 43 0,3%<br />

TOTALE Insediamenti urbani di progetto 724 5,5%<br />

TOTALE Insediamenti urbani (A + B) 2.421 18,4%<br />

C. Territorio Extraurbano<br />

Extraurbano 10.735 81,6%<br />

TOTALE Comunale (A + B + C) 13.156 100%<br />

* comprende le infrastrutture per viabilità stradale e ferroviaria<br />

** comprende esclusivamente la SE e l'ERP<br />

134


Tabella 6.2 – Sintesi quantificazioni servizi urbani esistenti e di progetto<br />

135<br />

PRG 2000<br />

SERVIZI (in ettari) Superficie<br />

Esistente Progetto Totale<br />

Attrezzature di quartiere e urbane 196 76 272<br />

Verde pubblico 78 213 291<br />

Verde di ambientazione stradale - 43 43<br />

Verde di riqualificazione ambientale - 13 13<br />

Mobilità* 491 17 508<br />

TOTALE Servizi 765 362 1.127<br />

* Comprende le infrastrutture per la viabilità stradale e ferroviaria<br />

Tabella 6.3 – Sintesi quantificazioni insediamenti urbani esistenti e di progetto<br />

PRG 2000<br />

INSEDIAMENTI (in ettari) SUPERFICIE<br />

Esistente Progetto di cui Se * di cui verde Totale<br />

Residenziali 885 193 75 93 1.078<br />

Produttivi + Polifunzionali 261 74 41 33 335<br />

Direzionali-Commerciali 14 82 33 33 96<br />

TOTALE Insediamenti 1.160 349 149 159 1.509<br />

* Ricomprende l'eventuale area di ERP


Tabella 6.4 – Sintesi quantificazioni verde esistente e di progetto<br />

TAB. 6.4 - QUANTIFICAZIONE VERDE (in ettari)<br />

136<br />

PRG 2000<br />

Superficie<br />

Verde pubblico esistente 78<br />

Verde pubblico di progetto da espropriare 29<br />

Verde pubblico ottenuto dalle aree di trasformazione 184<br />

TOTALE verde pubblico esistente e di progetto 291<br />

Verde privato delle aree di trasformazione 52<br />

Verde privato delle aree sportive esistenti 29<br />

TOTALE verde privato esistenti e di progetto 81<br />

Verde di ambientazione stradale di progetto 43<br />

Verde di riqualificazione ambientale 13<br />

TOTALE verde stradale e di riequilibrio 56<br />

TOTALE VERDE 428


Tabella 6.4 – Dimensionamento del Prg 2000<br />

Pregresso da Prg '78<br />

A) P.P. adottati ST/Sf SC stanze equiv.<br />

sassone 4.313 5.607 140<br />

frarica 11.543 10.504 263<br />

mulino pile 11.713 10.659 266<br />

p.e.e.p. 3 ponti 67.442 64.003 1.600<br />

ex-cremeria 9.068 11.788 295<br />

pru madera 7.453 12.670 317<br />

cantina pioppa 11.426 10.398 260<br />

mozar-nuova ponente 7.372 6.709 168<br />

p.p. via cuneo 33.174 31.482 787<br />

bollitora 14.541 13.800 345<br />

via fornaci 8.450 3.662 92<br />

gargallo 8.983 6.829 171<br />

L.L. inseriti in convenzione 39.428 986<br />

TOTALE 195.478 227.539 5.688<br />

B) P.P. non adottati Sf SC stanze equiv.<br />

ex industriale speciale 62.000 56.420 1.411<br />

p.l. via brunelleschi 32.930 42.809 1.070<br />

area cantina sociale 10.950 14.235 356<br />

area v.le cavallotti 5.627 7.315 183<br />

TOTALE 111.507 120.779 3.019<br />

C) Lotti Liberi Sf SC stanze equiv.<br />

L.L. nei tessuti 43001 35.436 886<br />

TOTALE 43.001 35.436 886<br />

TOTALE PREGRESSO '78 (A + B + C) 349.986 383.754 9.594<br />

Città da riqualificare<br />

D) P.R.U. Sf SC stanze equiv.<br />

programma 1 33.760 6.752 169<br />

programma 4 35.109 7.022 176<br />

programma 5 43.509 43.509 1.088<br />

E.R.P. 222<br />

TOTALE città da riqualificare 33.760 6.752 391<br />

Città da trasformare<br />

E) Zone ST SC stanze equiv.<br />

dismesse 39.687 19.844 496<br />

insediative c. urbano 305.614 61.123 1.528<br />

insediative frazioni 559.596 111.919 2.798<br />

ambientali 1.024.321 153.648 3.841<br />

E.R.P. C. urbano - 15.335 383<br />

E.R.P. AMBIENTALI - 25.608 640<br />

TOTALE città da trasformare 1.929.218 387.477 9.687<br />

TOTALE (A + B + C + D + E) 2.312.964 777.982 19.672<br />

137


Nella predisposizione del Piano si è reso necessario dare atto delle interferenze con i Piani sovracomunali<br />

evidenziate nell’apposita cartografia allegata alla presente relazione.<br />

La necessità di apportare modifiche agli strumenti sovracomunali è consentita dalla vigente normativa in<br />

materia di piani paesistici, sia a livello regionale che provinciale.<br />

La Regione Emilia Romagna con deliberazione consigliare n. 2620 del 29.6.1989 ha adottato il proprio piano<br />

territoriale paesistico regionale, successivamente approvato con deliberazione del consiglio regionale n. 1338<br />

del 28.1.1993, inoltre ai sensi dell’articolo 2 della Legge Regionale 6/95 la Provincia, ai sensi dell’articolo 15<br />

della legge nazionale 142/90 ha predisposto il proprio Piano territoriale di coordinamento Provinciale.<br />

La Provincia di Modena ha infatti adottato con delibere del consiglio Provinciale n. 72 del 25.2.1998 e n. 51<br />

del 3.3.1999 il proprio P.T.C.P., approvato con delibere di giunta regionale 1864 del 26.10.1998 e n. 2489<br />

del 21.12.1999.<br />

Si è quindi provveduto ad individuare nella tavola allegata le aree che differiscono con le previsioni del PTCP.<br />

Prescrizioni recepite in cartografia e normativa di Prg<br />

In relazione ai seguenti adempimenti richiesti dal PTCP lo strumento urbanistico di Carpi propone di recepirli<br />

direttamente in normativa di PRG.<br />

Artt. 17-18-19-20-21-22-23-24-25 Vincoli paesistici – PTCP<br />

Sono stati recepiti ed adattati, ove previsto, sia nella tavola di azzonamento del PRG che in normativa tutti i<br />

vincoli paesistici previsti dal PTCP.<br />

Art. 46 Parametri urbanistici – PTCP<br />

Sono adottati dal PRG i parametri della SU, SA, SC, Alloggio, Capacità Insediativa, TU, TPU, TDU, SP, SI e<br />

relative misurazioni quantitative.<br />

Art. 47 Equità delle scelte urbanistiche – PTCP<br />

Il PRG assume la perequazione urbanistica come criterio primario di riferimento delle aree di trasformazione<br />

della città in espansione ed assume un criterio di equità diffusa per tutti i tessuti della città consolidata.<br />

Art. 48 Territorio extraurbano – PTCP<br />

Al fine di contenere il carico urbanistico complessivo del territorio extraurbano in conseguenza della politica<br />

di recupero diffuso dei fabbricati agricoli ivi posti, la normativa di PRG limita il potenziale di Unità Immobiliari<br />

residenziali ricavabili dal recupero stesso.<br />

E’ stato progettato in PRG e regolamentato normativamente l’obbligatorietà di realizzare opere di mitigazione<br />

ed inserimento ambientale delle nuove infrastrutture della viabilità di valenza territoriale ed urbana.<br />

138


Art. 49 Aree agricole periurbane – PTCP<br />

Per evitare il rischio di ulteriori sfrangiamenti di margini urbani consolidati il PRG vieta l’insediamento di<br />

nuove aree di trasformazione urbana a sud del canale identificato specificatamente dalla tav. 11 del PTCP.<br />

Prescrizioni da recepire in fase di attuazione del Piano<br />

In relazione ai seguenti adempimenti richiesti dal PTCP lo strumento urbanistico di Carpi si propone che<br />

queste siano a carico dei Piani Urbanistici Attuativi (PUA):<br />

Art. 42 Qualità e quantità delle acque superficiali sotterranee - PTCP<br />

vietare lo scarico in Secchia e Panaro di qualsiasi nuova attività industriale potenzialmente idroesigente e/o<br />

idroinquinante;<br />

prevedere drenaggio totale acque meteoriche (bianche e nere)<br />

Art. 43 Sostenibilità insediamenti rispetto criticità idraulica - PTCP<br />

verifica del livello di vulnerabilità idraulica dei nuovi insediamenti con indicazione di limitazioni e misure di<br />

controllo<br />

Art.44 Sostenibilità insediamenti rispetto capacità smaltimento reti idriche - PTCP<br />

dimostrazione della capacità di smaltimento delle reti tecnologiche a servizio dei nuovi insediamenti riguardo<br />

ai collettori fognari, agli impianti di depurazione, alla rete scolante, all’obbligo di effettuare le opere<br />

tecnologiche necessarie per il rilascio dell’autorizzazione a presentare il PUA.<br />

Art.48 Territorio extraurbano - PTCP<br />

Nel caso di riuso di attività produttive artigianali obbligo di elaborazione di studi di apporfondimento sul<br />

sistema ambientale e paesaggistico e sulla mobilità.<br />

Ambiti difformi dall’indicazione del PTCP<br />

Aree di Trasformazione che interferiscono con gli articoli 19 e 17 del PTCP<br />

Si tratta di ambiti limitati sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo:<br />

Aree di trasformazione ambientale (Marchiona) localizzata ai margini sud del territorio edificato ricompresa<br />

tra via Mulini e via C. Marx. L’area ricade a ridosso del margine urbano consolidato (di cui alla tavola 11 del<br />

PTCP) per i quali il PTCP richiede articolo 49.3 di evitare ulteriori erosioni o sfrangiamenti.<br />

139


In realtà l’area ricompresa tra via C. Marx e via dei Mulini risulta edificata su tre lati (Nord, Sud ed Ovest) la<br />

proposta del Pano consente di ridisegnare e rimarginare il lato meridionale con la realizzazione di un sistema<br />

di verde, pubblico e privato.<br />

Area di trasformazione residenziali ambientali (Lama e Griduzza) e l’area di trasformazione polifunzionale<br />

(Romana Nord) localizzate ai margini del territorio urbanizzato, risultano interessate marginalmente dai<br />

vincoli di cui all’articolo 17 del PTCP Zone di tutela dei caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d’acqua. In<br />

tutti i casi però le regole di suddivisione del suolo previste dal Piano hanno localizzato il verde pubblico o<br />

privato nelle aree di interferenza con i vincoli sovraordinati.<br />

Zone per la viabilità che interferiscono con il vincolo di cui all’articolo 17 del PTCP<br />

Strada di gronda di via Cavata potenziamento e riqualificazione di via Cavata si tratta di un tratto limitato<br />

(circa 250 mt.) di una viabilità che il Piano prevede di potenziare e completare che ricade all’interno di cui<br />

all’articolo 17. In ragione dell’importanza e della strategicità che il Piano attribuisce a questa proposta (una<br />

strada di gronda a servizio degli insediamenti ad est della ferrovia), il Piano propone (ai sensi dell’articolo 40<br />

della legge regionale 20/2000) di attivare uno specifico accordo di programma tra Regione, Provincia e<br />

Comune sull’intero asse di via Cavata. L’asse di via Cavata risulta peraltro come direttrice secondaria<br />

esistente di relazione e sostegno ai sistemi insediativi provinciali da potenziare e o qualificare (Tavola 9.1 del<br />

PTCP).<br />

Nuova bretella Nord si tratta di un tracciato di rilevanza e interesse strategico del nuovo Piano, finalizzato ad<br />

evitare l’attraversamento dei tessuti urbani centrali da parte di tutte le provenienze di nord est, dirette in<br />

particolare al casello dell’A22, collegandolo con la prosecuzione di via dell’Industria (nuova tangenziale<br />

occidentale). Anche in questo caso peraltro si tratta di una direttrice infrastrutturale secondaria prevista dal<br />

PTCP, di relazione e sostegno ai sistemi insediativi provinciali da potenziare e o qualificare (Tavola 9.1 del<br />

PTCP).<br />

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