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VIA MORETTO - Comune di Brescia

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corazione interna dell’e<strong>di</strong>ficio venne ampiamente cancellata dalle trasformazioni<br />

ottocentesche, ad eccezione <strong>di</strong> alcuni ambienti che ancora conservano stucchi e<br />

affreschi del XVIII secolo. Il palazzo appartenne nell’Ottocento anche ai conti<br />

Bettoni Cazzago e attualmente alla famiglia Lechi.<br />

Prima che la famiglia Avogadro si estinguesse, le gallerie e i saloni <strong>di</strong> questa ricca<br />

<strong>di</strong>mora accoglievano una delle più rilevanti collezioni d’arte nell’ambito dell’Italia<br />

settentrionale. Questo prezioso patrimonio era stato incrementato soprattutto<br />

da Luigi Avogadro, che ere<strong>di</strong>tando l’amore per l’arte del padre Scipione,<br />

aveva costituito un corpus <strong>di</strong> 500 opere. La quadreria pervenne poi alla famiglia<br />

Fenaroli, che la trasferì quasi completamente nella villa <strong>di</strong> Rezzato. Alla fine dell’Ottocento<br />

il patrimonio pittorico delle due famiglie, che comprendeva ormai<br />

numerosi <strong>di</strong>pinti d’arte moderna e importanti pezzi antichi, venne <strong>di</strong>sperso in seguito<br />

alla famosa asta del 1882. La per<strong>di</strong>ta della documentazione relativa all’asta<br />

(<strong>di</strong>strutta dal bombardamento aereo del 1945) non consente <strong>di</strong> valutare pienamente<br />

il valore anche economico delle opere che facevano parte della raccolta ma la<br />

conoscenza <strong>di</strong> alcuni autori certamente presenti – Moretto, Romanino, Reni, Velasquez,<br />

Rubens, Van Dyck, Ceruti – rende evidente l’intelligenza delle scelte<br />

collezionistiche compiute dai proprietari. Alcune opere del Ceruti vennero acquistate<br />

dai conti Salvadego e assunsero il nome <strong>di</strong> “ciclo <strong>di</strong> Padernello”, dal nome<br />

del castello bresciano dove furono trasferite. Alcune <strong>di</strong> queste tele sono ora conservate<br />

presso la Pinacoteca Tosio Martinengo.<br />

Nell’ultimo tratto <strong>di</strong> via Moretto, in corrispondenza dei civici 86-87, sono presenti<br />

due portali marmorei <strong>di</strong> identiche proporzioni, che pur nella linea essenziale e<br />

nelle ridotte <strong>di</strong>mensioni, <strong>di</strong>mostrano una certa pre<strong>di</strong>lezione per i rivestimenti pregiati,<br />

assai <strong>di</strong>ffusa non solo presso l’aristocrazia ma anche presso le famiglie borghesi<br />

bresciane. La bellezza del marmo e della pietra utilizzata nelle <strong>di</strong>more citta<strong>di</strong>ne<br />

non mancava <strong>di</strong> affascinare i visitatori che si intrattenevano a <strong>Brescia</strong> per<br />

qualche giorno. Nel suo manoscritto intitolato Crudezze. Viaggio in Francia e in<br />

Italia (1611) il viaggiatore inglese Thomas Coryat ricorda che durante la breve<br />

sosta a <strong>Brescia</strong> l’avevano colpito proprio i molti palazzi signorili, “per lo più costruiti<br />

con pietra e non con mattoni, come in molte altre città d’Italia”.<br />

Proseguendo la passeggiata in via Moretto, lungo le murature esterne che raccordano<br />

la chiesa <strong>di</strong> Sant’Alessandro agli e<strong>di</strong>fici dell’ex caserma “Serafino Gnutti”,<br />

sono visibili frammenti <strong>di</strong> affresco (10), che riproducono un motivo ad archetti<br />

rosso acceso ed una scena più complessa, in cui una figura angelica con vesti viola<br />

ed ali rosse, recante in mano un elemento vegetale, si rivolge ad una seconda<br />

figura <strong>di</strong>sposta all’interno <strong>di</strong> un clipeo circolare che pare forse un Cristo pantocratore.<br />

La staticità delle figure ed il particolare cromatismo concorrono a datare<br />

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