VIA MORETTO - Comune di Brescia

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l’attenzione per la presenza di un balcone di gusto barocco e di un settore leggermente rialzato sopra il portale d’ingresso (facciata a T rovesciato), come nell’assetto originario dell’attiguo palazzo Avogadro. All’interno dell’edificio un grande scalone e due vaste sale decorate con stucchi ed affreschi ad effetto illusionistico testimoniano i fasti settecenteschi della famiglia Martinengo Colleoni, il cui archivio privato, ricco di testimonianze sulla gestione dei possedimenti bresciani, si trova attualmente custodito presso la Civica Biblioteca Angelo Maj di Bergamo. Proseguendo sul lato destro della strada, si raggiunge il prospetto monumentale di palazzo Bettoni Cazzago già Avogadro (9), al civico 84. Eretto intorno alla metà del Seicento, appartenne alla famiglia Avogadro, che in virtù di un lascito ricevuto nel 1485 venne ad abitare nella zona di Sant’Alessandro. Originari della Val Trompia, gli Avogadro avevano ottenuto potere e ricchezza esercitando la carica di advocati ecclesiae brixiensis, dalla quale trassero anche il nome. I fratelli Francesco e Gerolamo Avogadro commissionarono la costruzione di questo sontuoso palazzo, che risulta fra i primi in ambito cittadino ad esibire la caratteristica facciata a T rovesciato: come nel Palazzo Martinengo Palatino, il prospetto dell’edificio presenta una parte centrale più elevata sopra il portale d’ingresso, Palazzo del Tribunale già Martinengo Colleoni 61
in corrispondenza del salone al piano superiore. In palazzo Avogadro la porzione emergente a livello del tetto era ingentilita da un fastigio con statue marmoree, asportate fra il 1833 e il 1840. Il massiccio portale, sovrastato da un balcone sorretto da poderosi mensoloni, si configura come una delle testimonianze più significative del gusto barocco, mescolando il bugnato delle modanature alla rappresentazione di protomi leonine e di festoni vegetali. Sulla ghiera dell’arco è presente uno stemma a scudo, bordato da festoni di frutta. Superato l’androne, si penetra nel portico scandito da colonne tuscaniche, la cui prospettiva culmina scenograficamente nel lontano giardino, arricchito da una fontana a grotta visibile dalla strada. Le sale del palazzo, spesso dilatate da finte architetture dipinte nella volta, presentano affreschi che alludono alle divinità del pantheon greco e romano, con qualche apertura a temi geografici (la rappresentazione delle quattro parti del mondo conosciuto) e a episodi che si prestavano ad una interpretazione allegorica (Difesa della Verità dalla Menzogna). Ai numerosi artisti attivi fra XVII e XVIII secolo (Pietro Avogadro, allievo di Pompeo Ghitti; Carlo Molinari; Pietro Maggi) si aggiunsero successivamente Giuseppe Teosa e Alessandro Sala. Nella prima metà del XIX secolo, infatti, l’edificio venne restaurato dal nuovo proprietario Clateo Franzini, che affidò la progettazione dell’intervento all’architetto Luigi Donegani. Assecondando l’orientamento neoclassico allora imperante, la magnificenza barocca del palazzo venne ricondotta a canoni di equilibrio e di misura, livellando in altezza la facciata ed eliminando le statue che coronavano il fastigio, forse trasferite in palazzo Avogadro-Fenaroli a Palazzo del Tribunale già Martinengo Colleoni: stemma nobiliare 62 Rezzato, dove rimasero per qualche tempo. Anche la de-
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