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Collaboratore: Sergio Gilles Lacavalla - Notte Criminale

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Quanta droga c’è in questo libro! Come quella che ha fatto fuori Janis Joplin o Layne Staley<br />

oppure GG Allin. Mia Zapata invece sarà stuprata e lasciata morta strangolata in un fosso di<br />

Seattle – al ritorno dalla serata in ricordo di Stefanie Sargent delle 7 Year Bitch uccisa un<br />

anno primo dall’eroina. Ucciso anche Robert Johnson (avvelenato? Accoltellato? Ammazzato<br />

a colpi d’arma da fuoco?), mentre Nick Cave canta il suo dolente dark blues di ballate<br />

assassine. Si ripercorrono, nei tanti capitoli del libro, anche le vicende disgraziate e<br />

diaboliche dei Led Zeppelin (col decesso di John “Bonzo” Bonham, ancora con l’alcol),<br />

quelle dei Rolling Stones culminate nella morte di Brian Jones nella sua piscina e di un fan<br />

al concerto di Altamont. La terribile strage di Cielo Drive per mano della Family di Charles<br />

Manson che ha scovolto l’America è qui nella sua insensatezza. Come l’orrore assassino del<br />

back metal di Burzum e Dissection che ha messo a ferro e fuoco la Scandinavia. Le<br />

pistolettate del gangstarap si odono sulle strade a stelle e strisce. Ci sono poi la vita<br />

“fuorilegge” di Johnny Cash e la strada perduta di Hank Williams. E le esistenze<br />

scapestrate di Lou Reed, David Bowie, Iggy Pop e tante tante altre, sempre più scellerate,<br />

si susseguono in questo che è un diario di guerra, una discesa agli inferi, all’interno di<br />

tragedie greche e shakespeariane, in racconti noir; per oltre cinquecento fittissime pagine<br />

dove nessuno è innocente. Tutti colpevoli in questa mostra delle atrocità messa in scena<br />

per mostrare l’assurda crudeltà della vita e del rock’n’roll.<br />

Dalla quarta di copertina<br />

Padre, la dia a Johnny Cash». Glen Sherley, detenuto del carcere di massima sicurezza di<br />

Folsom, consegnò la sua canzone al cappellano della prigione. «la prego, gliela faccia<br />

ascoltare», aggiunse. Il prete guardò il nastro e fece di sì con la testa. «grazie Padre». Nel<br />

penitenziario, quello era un giorno speciale. il 13 gennaio del 1968, Johnny Cash salì sul<br />

palco della casa circondariale di Folsom. «Hello! i’m Johnny Cash», si presentò con la frase<br />

che sarebbe diventata consueta. i duemila detenuti lo salutarono esultando. le guardie<br />

tenevano i fucili col colpo in canna. Lui attaccò con Folsom Prison Blues, e quando cantò<br />

“But i shot a man in Reno, just to watch him die” (“Ma ho sparato a un uomo a Reno,<br />

giusto per vederlo morire”) le urla e gli applausi dei detenuti si alzarono di più, e con essi i<br />

fucili dei secondini.<br />

Seduto sul letto del Moonlight Motel, Jeffrey Lee Pierce posò la pistola del suo club vicino ai<br />

soldi. E attese con la televisione accesa. Come un fantasma della sconfitta americana che<br />

guarda le sue vittime disseminate sull’autostrada del blues.<br />

Uccidere verso un’alba illuminata dal Sole Nero. Uccidere per porsi «al di fuori dell’ordine di<br />

questo mondo». Uccidere come manifestazione di volontà di potenza in un ordine che<br />

sopprime i deboli e che chiede come prova anche quella di sacrificare una vita, così poco<br />

importante se è una vita stabilita dal cosmo del Demiurgo. L’8 agosto dopo l’assassinio, i<br />

Dissection suonano al Wacken Open Air in Germania.<br />

Alla Terza Divisione omicidi della 51esima strada, Sid confessò: «l’ho uccisa io perché sono<br />

un fottuto cane bastardo». Ma come sono andate le cose non lo sapeva neanche lui. Non

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