14.06.2013 Views

Il vescovo mons. Carlo Agostini nel 50° della morte

Il vescovo mons. Carlo Agostini nel 50° della morte

Il vescovo mons. Carlo Agostini nel 50° della morte

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

ANTONIO MICHIELI<br />

<strong>Il</strong> <strong>vescovo</strong><br />

<strong>mons</strong>. <strong>Carlo</strong> <strong>Agostini</strong><br />

<strong>nel</strong> <strong>50°</strong> <strong>della</strong> <strong>morte</strong><br />

(28 dicembre 1952)<br />

Padova 2002


Introduzione<br />

Era il 28 dicembre 1952 quando don Gino Spavento, segretario<br />

del patriarca <strong>Agostini</strong>, intonò il Te Deum di gloria a<br />

Dio <strong>nel</strong> momento in cui colui che egli chiamava "il mio santo<br />

patriarca" chiudeva <strong>nel</strong> palazzo patriarcale di Venezia la<br />

sua terrena esistenza. Mons. Agosti n i era giunto a Venezia<br />

<strong>nel</strong>l'aprile del 1949 e aveva iniziato subito la sua pastorale<br />

attività con un programma che il suo successore, il card.<br />

Roncalli (poi papa Giovanni XXIII), definì così: «Qui ci vogliono<br />

quattro patriarchi per attuarlo!». Ammalatosi <strong>nel</strong> luglio<br />

del 1952 con delle eruzioni cutanee, <strong>nel</strong> settembre successivo<br />

gli fu diagnosticata la malattia mortale: tubercolosi<br />

surrenale. Di giorno in giorno perdeva le forze finché non<br />

fu capace neppure di celebrare la messa. Per avere qualche<br />

ora di respiro, alzarsi da letto, fare quattro passi e ricevere<br />

qualche persona, doveva, oltre le medicine, prendere anche<br />

un grosso cucchiaio di sale da cucina amarissimo. Con l'inverno<br />

si ritirò tra la cucina e un salottino, dato che le rendite<br />

patriarcali non bastavano a riscaldare tutto il palazzo.<br />

Aveva sopra la talare uno scialle nero veneziano, perché<br />

non era più capace di sopportare il mantello, per lui troppo<br />

pesante. Così lo vedemmo noi, suoi ex segretari di Padova,<br />

quando lo salutammo come nuovo cardinale, annunciato il<br />

15 novembre 1952. Accogliendoci ci disse: (Nedete, non<br />

penso alla porpora cardinalizia, ma al panno di morto». Resterà<br />

commovente il suo telegramma al papa, dopo aver ricevuto<br />

la nomina: «Vostra santità mi chiama al cardinalato<br />

ma il Signore, come spero, mi chiama al cielo. Beneditemi,<br />

Padre santo!». L'ultim'o mese di vita fu sempre a letto e<br />

quando sentì di aggravarsi (si faceva leggere dal cameriere<br />

ogni giorno il bollettino medico pubblicato sul Gazzettino)


4<br />

chiese di ricevere solennemente il viatico e la santa unzione.<br />

Era il giovedì del ritiro spirituale e quindi cento sacerdoti,<br />

radunati in San Marco, accompagnarono il Santissimo Sacramento<br />

al patriarca che <strong>nel</strong> suo letto di <strong>morte</strong> volle fare la<br />

sua solenne professione di fede, chiedere perdono a tutti e<br />

ricevere con profonda devozione gli ultimi sacramenti.<br />

Non aveva ancora finito il suo ministero episcopale. Mi<br />

raccontò commosso padre Andrea Eccher, allora ministro<br />

provinciale del Minori conventuali, che aveva assistito alla<br />

cerimonia: «Mi aveva fatto chiamare dal suo segretario. Assistei<br />

alla commovente cerimonia del santo viatico, aspettai<br />

che il patriarca facesse il suo ringraziamento al Signore e<br />

poi mi fece sedere al suo capezzale e subito mi supplicò di<br />

poterlo aiutare perché voleva erigere a Mestre, in una zona<br />

molto popolata, una nuova parrocchia che voleva dedicare<br />

al Cuore Immacolato di Maria. Non potei certo rifiutarmi di<br />

aiutare quel <strong>vescovo</strong> che, morente, aveva ancora l'ansia pastorale<br />

per la salvezza delle anime. Ottenuto il mio consenso<br />

suonò subito il campa<strong>nel</strong>lo e apparve il cancelliere patriarcale<br />

con decreto già pronto per questa erezione a cura<br />

dei Minori conventuali, cui apposi la mia firmali . Così padre<br />

Eccher.<br />

Fino all'ultimo <strong>mons</strong>. <strong>Agostini</strong> pensò a quello che fu ,<br />

durante tutto il suo episcopato, il suo pensiero dominante:<br />

salverò le anime se costituirò per loro le necessarie parrocchie.<br />

Ai solenni funerali che seguirono in San Marco il 2<br />

gennaio 1953, fu scelto il <strong>vescovo</strong> di Padova, <strong>mons</strong>. Girolamo<br />

Bortignon, per il discorso funebre. Egli sintetizzò tutta<br />

una vita di sacerdote e di pastore d'anime degna di ammirazione,<br />

d'insegnamento e di perpetuo ricordo: «Memoria illius<br />

in benedictione eritli (il suo ricordo resterà in benedizione).<br />

Tale discorso, apparso poi <strong>nel</strong> bollettino diocesano, fu<br />

anche la traccia del ritiro spirituale fatto a noi sacerdoti padovani<br />

dallo stesso <strong>mons</strong>. Bortignon.<br />

L'autore


<strong>Il</strong> cuore del suo cuore<br />

Mons. <strong>Carlo</strong> <strong>Agostini</strong> entrò a Padova 1'8 maggio 1932, in<br />

un pomeriggio dominato da una pioggia scrosciante. Dopo<br />

una preghiera <strong>nel</strong>la basilica del Santo per invocare la protezione<br />

del nostro santo sul suo episcopato, con un corteo di macchine<br />

raggiunse la cattedrale per il rito del possesso. La sua<br />

prima messa in diocesi la volle celebrare il lunedì 9 maggio<br />

proprio <strong>nel</strong>la chiesa del seminario che volle chiamare, a imitazione<br />

di san Gregorio Barbarigo, "cuore del mio cuore".<br />

<strong>Il</strong> vangelo ci ha rivolto una paterna esortazione e ci ha donato<br />

un giorno di vacanza!<br />

"Cuore del suo cuore". Egli tenne fede al suo proposito.<br />

Per il seminario minore di Thiene, oltre all'inizio dell'anno scolastico,<br />

era sempre presente una volta al mese: di solito al pomeriggio,<br />

durante il quale sostava prima col rettore, il venerando<br />

<strong>mons</strong>. Marco Fabris, e poi ci raccoglieva in cappella per la<br />

sua esortaziOne e la sua benedizione.<br />

, Qualche volta si fermava tutto il giorno visitandoci a scuola<br />

e assistendo alle varie interrogazioni dei professori. Ci salutava<br />

poi in refettorio, all'ora di pranzo. Restava al seminario minore<br />

la festa di san Luigi, celebrando la messa prelatizia al mattino,<br />

assistendo poi alla messa solenne e al pomeriggio ai vespri e al<br />

panegirico del santo.<br />

Così veniva alla conclusione dell'anno scolastico e alla lettura<br />

dei risultati dei "pensi" autunnali.<br />

Non mancava mai la sua visita durante la cosiddetta "villeggiatura<br />

autunnale" al Barcon dove per noi celebrava la messa<br />

rivolgendoci il suo discorso.<br />

In seminario maggiore le sue visite erano frequentissime.<br />

Ogni mese in cappella la sua esortazione a tutti. Quasi ogni<br />

settimana il colloquio con il rettore e di quando in quando le vi-


6<br />

Mons. <strong>Agostini</strong> tra i docenti e gli studenti<br />

del seminario maggiore, davanti alla<br />

statua di san Gregorio Barbarigo<br />

site alle scuole sia del liceo che di teologia. Durante i ventun<br />

giorni degli esami annuali, ogni giorno passava due ore per assistere<br />

agli esami, specialmente per le ultime classi di teologia.<br />

Prima <strong>della</strong> tonsura e di ogni ordinazione ci riceveva personalmente<br />

e ci interrogava specialmente se fossimo compresi<br />

del passo che facevamo, se avessimo difficoltà o altro e ci dava<br />

la sua esortazione e la sua benedizione. Si intratteneva spesso<br />

anche con i professori.<br />

Resterà famosa la sua visita pastorale in seminario, fatta<br />

come <strong>nel</strong>le parrocchie: un questionario cui dovettero rispondere<br />

i superiori e i riti religiosi consueti allora per le visite pastorali<br />

alle parrocchie.<br />

Si sentiva dawero che il <strong>vescovo</strong> era l'anima del seminario,<br />

anche dal devoto rispetto con cui i superiori e i docenti parlavano<br />

del <strong>vescovo</strong> e ci comunicavano le sue pratiche esortazioni.


---<br />

La parrocchia<br />

Se mi si chiedesse quale fosse la fondamentale preoccupazione<br />

pastorale, di <strong>mons</strong>. <strong>Agostini</strong>, affermerei che fino all'ultimo<br />

fu la sua sollecitudine per le parrocchie.<br />

Voleva che fossero vive <strong>nel</strong>le varie espressioni <strong>della</strong> vita<br />

parrocchiale: la pietà, l'amministrazione dei sacramenti, la diligenza<br />

<strong>nel</strong> tenere l'archivio parrocchiale, l'esattezza <strong>nel</strong>le amministrazioni,<br />

lo zelo per l'Azione cattolica e prima di tutto il<br />

"santo catechismo ai fanciulli ", ai vari rami di Azione cattolica<br />

e agli adulti <strong>nel</strong> pomeriggio delle domeniche.<br />

Per questo resteranno famose le sue visite pastorali dove<br />

esaminava tutto di persona e ascoltando singolarmente tutti i<br />

ragazzi <strong>della</strong> "dottrina cristiana". Era dawero molto esigente.<br />

«Ma - mi diceva qualche volta - vedi: si tratta <strong>della</strong> salvezza<br />

delle anime e solo una parrocchia attiva e bene organizzata<br />

può portare le anime a Gesù».<br />

Le sue visite pastorali volevano essere quasi uno stimolo a<br />

rivedere metodi e organismi e a suscitare sempre più lo zelo<br />

dei sacerdoti e dei laici.<br />

Chi leggesse i suoi famosi questionari cosÌ dettagliati e minuziosi<br />

coglierà l'impressione di come il <strong>vescovo</strong> faceva sentire<br />

la sua ansia pastorale per il bene delle anime e quanti indirizzi<br />

pratici donava ai parroci per lo svolgimento del loro sacro ministero.<br />

Nelle varie osservazioni che mandava poi alle parrocchie<br />

dopo la sua visita troviamo un codice di sapienza pastorale.<br />

Non dimenticava mai di inculcare le spirito di pietà, suggerendo<br />

le forme allora in uso prima <strong>della</strong> riforma liturgica del<br />

Concilio: il santo rosario, la via crucis, le varie novene per le<br />

feste più solenni, le devozioni più care al popolo cristiano quali<br />

il mese di maggio per la Madonna, il mese di giugno per il Sa-


8<br />

cro Cuore, le visite al Santissimo Sacramento; incoraggiando le<br />

pie Unioni intese a favorire la pietà quali l'Apostolato <strong>della</strong> preghiera,<br />

le varie confraternite, specialmente quella del Santissimo<br />

Sacramento. Raccomandava i libri di pietà che aiutavano i<br />

fedeli alla preghiera e alla meditazione delle verità eterne: libri<br />

che fecero tanto bene a quei tempi, specialmente le "Massime<br />

eterne" di sant'Alfonso, che potrebbero giovare tanto anche ai<br />

nostri giorni.<br />

In diciassette anni di servizio episcopale a Padova terminò<br />

ben due visite pastorali a tutte le parrocchie e istituti e non<br />

poté finire la terza perché promosso a Venezia.<br />

Molte furono le parrocchie erette dal <strong>vescovo</strong> <strong>Agostini</strong>.<br />

Diceva: «Dà al popolo il suo sacerdote e lo salverai <strong>nel</strong>la<br />

sua fede». Da soli tre anni era a Padova quando intraprese<br />

l'erezione delle nuove parrocchie alla periferia <strong>della</strong> città che<br />

stava oramai estendendosi fuori le vecchie mura.<br />

Erigere una parrocchia voleva dire non solo far sorgere una<br />

nuova comunità di fedeli, ma anche dotarla di chiesa, canonica<br />

e opere parrocchiali come il patronato e la "casa <strong>della</strong> dottrina<br />

cristiana" .<br />

Nella povertà degli anni '30 era dawero un'ardua impresa.<br />

Ma la sua confidenza in Dio non venne mai meno.<br />

Concepito il grande progetto, si affiancò alcuni generosi e<br />

attivi sacerdoti e <strong>nel</strong> 1935, <strong>nel</strong> teatro del seminario, convocò<br />

non solo il clero, ma anche tutte le autorità civili <strong>della</strong> città e<br />

<strong>della</strong> provincia, con un rappresentante del governo, e annunciò<br />

solennemente il suo programma chiedendo l'aiuto di tutti<br />

per un'impresa improrogabile.<br />

Tra coloro che l'aiutarono a cercare fondi per l'opera bisogna<br />

ricordare <strong>mons</strong>. Giuseppe Mistrello, amministratore del seminario,<br />

e <strong>mons</strong>. Francesco Dalla Zuanna, segretario <strong>della</strong><br />

Giunta diocesana di Azione cattolica, che si adoperarono indefessamente<br />

presso banche, enti e privati per cercare i fondi necessari.<br />

<strong>Il</strong> <strong>vescovo</strong> stesso divenne il cassiere.<br />

Quante volte gli impresari mi telefonavano: «Chieda al Vescovo<br />

se possiamo venire»! Ed era sempre per saldare fatture.<br />

Planimetrie e disegni erano sì visti dalla commissione di arte<br />

sacra, ma l'ultima e definitiva parola era la sua.


Mons.<br />

<strong>Agostini</strong><br />

inizia una<br />

delle sue<br />

numerose<br />

visite<br />

pastorali<br />

Quante sere abbiamo passato vicini a lui, sui grandi tavoli<br />

del vescovado, per esaminare tutti i progetti: guardava le proposte<br />

<strong>della</strong> commissione e aggiungeva poi le sue osservazioni e<br />

i suoi decreti.<br />

Aveva redatto 35 regole per la costruzione delle chiese<br />

nuove perché potessero essere dawero accoglienti, funzionanti<br />

e decorose. Molti poi i suoi personali sopralluoghi durante<br />

quelle costruzioni, capace perfino di montare sulle scale e controllare<br />

con gli impresari che tutto fosse in regola, ammirando i<br />

9


.. -<br />

La grande prudenza del <strong>vescovo</strong><br />

In un tempo di così tremende divisioni tra fascisti e antifascisti,<br />

tra pacifisti e fautori di guerre, il <strong>vescovo</strong> tenne una prudenza<br />

pastorale degna di rispetto. Egli era awerso al modo di agire<br />

dei fascisti, diametralmente contrario all'entrata in guerra.<br />

Quel famoso lO giugno 1940 sperava fino alla fine che<br />

Mussolini non scendesse in guerra. Gli ero vicino quando udimmo<br />

l'urlo <strong>della</strong> folla radunata in piazza Spalato quando fu dichiarata<br />

la guerra: ne provò grande dolore e i suoi occhi si inumidirono<br />

di pianto.<br />

Venendo a trovare noi giovani preti per gli esercizi spirituali<br />

in seminario, scoppiò in un fragoroso pianto quando disse:<br />

«Dovrò scegliere tra voi dei cappellani militari. Poveri figli<br />

miei!». Custodiva con cura le lettere che i cappellani militari gli<br />

mandavano e li accoglieva con tanta gioia alloro ritorno. Con<br />

le autorità tenne sempre un contegno così superiore, così prudente<br />

che poté ottenere favori anche grandi, come la liberazione<br />

di sacerdoti imprigionati come partigiani e come la vita anche<br />

di qualche condannato a <strong>morte</strong>.<br />

Finita la guerra si adoprò a salvare tutti i fascisti condannati<br />

a <strong>morte</strong> e ottenne che a Padova non si istituissero i tristemente<br />

famosi "tribunali popolari" nei quali venivano condannati a<br />

<strong>morte</strong> senza processo tanti, solo perché avevano militato, anche<br />

con rettitudine, <strong>nel</strong> fascismo.<br />

Così, proprio come rispetto alla sua persona, fu a me concesso<br />

di visitare ogni giorno le carceri cittadine e di fare assistenza<br />

spirituale ai condannati a <strong>morte</strong>.<br />

Dopo i tremendi bombardamenti aerei, era il primo ad accorrere<br />

nei luoghi devastati e a confortare e benedire, e poi in<br />

cattedrale a presiedere le solenni esequie alle tante vittime dei<br />

bombardamenti.


12<br />

L'abside<br />

degli<br />

Eremitani<br />

dopo il<br />

bombardamento<br />

dell'11<br />

marzo<br />

1944<br />

Prudente sì, ma era sempre pronto anche a esporsi quando<br />

ne vedeva la necessità.<br />

Ricorderò sempre il discorso fortissimo, da lui tenuto in<br />

cattedrale dopo il bombardamento dell' 11 marzo 1944, quando<br />

furono colpite le chiese degli Eremitani e di San Benedetto.<br />

Quella volta volle legger mi il testo prima di pronunciarlo.<br />

Gli risposi: «È molto forte, ma è la pura verità".<br />

Ne ebbe come risposta il bombardamento <strong>della</strong> cattedrale<br />

la notte del 20 marzo successivo.


Così dimostrò la sua fortezza a favore dei partigiani vittime<br />

<strong>della</strong> "banda" del maggiore Carità detenuti a Palazzo Giusti,<br />

che venivano barbaramente torturati.<br />

Venuto a sapere da don Ugo Orso che là si operavano questi<br />

gravi episodi, ne informò direttamente Mussolini che era a<br />

Gardone. Questi mandò subito un generale in vescovado,<br />

ascoltò il <strong>vescovo</strong> e fece sì che il <strong>vescovo</strong> stesso potesse visitare<br />

palazzo Giusti. Fu allora che <strong>mons</strong>. <strong>Agostini</strong> raccomandò quei<br />

nostri fratelli all'umanità dei carcerieri e ottenne che io potessi<br />

celebrare per loro la messa il giorno di Pasqua e la domenica<br />

seguente.<br />

Tornò pure personalmente a palazzo Giusti da me accompagnato<br />

alla vigilia <strong>della</strong> liberazione per liberare alcuni sacerdoti<br />

ancora detenuti: purtroppo, dopo una grande discussione<br />

con il tedesco comandante delle SS, non poté ottenere che insulti<br />

alla sua persona e a tutti i sacerdoti che per il tedesco sa-<br />

13


14<br />

Mons.<br />

<strong>Agostini</strong><br />

tenne<br />

un veemente<br />

discorso di<br />

condanna<br />

del bombar- .<br />

damento<br />

del 1944<br />

rebbero stati "tutti partigiani". La fortuna volle che dopo qualche<br />

ora tutto si sfasciò.<br />

Però, me mori di questa sollecitudine del <strong>vescovo</strong>, due di<br />

quei detenuti, liberati da quell'inferno, prima di tornare alle loro<br />

case si presentarono in vescovado a ringraziare il <strong>vescovo</strong> e,<br />

dato che vennero nominati subito vicequestori, mi dettero il<br />

permesso di portare aiuti umanitari ai primi fascisti che in gran<br />

massa vennero stipati <strong>nel</strong>le carceri cittadine.<br />

<strong>Il</strong> <strong>vescovo</strong> continuò la sua opera a favore dei nuovi carcerati,<br />

molti dei quali non avevano commesso alcun delitto, ma erano<br />

solo stati iscritti al Partito Fascista.<br />

Prima del primo processo a loro intentato volle parlare con<br />

il procuratore del tribunale giudicante, l'awocato Marcozzi, e si<br />

adoperò perché non fosse fatta giustizia sommaria e si usasse<br />

vera cristiana umanità.<br />

Così pure col suo aiuto, data la grande massa di detenuti<br />

stipati come bestie nei carceri cittadini, mi aiutò a far sorgere<br />

<strong>nel</strong>la grande caserma adiacente alla chiesa di San Benedetto<br />

un campo di concentramento per rendere più vivibile la vita di<br />

quanti attendevano i processi.


Le solenni celebrazioni<br />

Moltissime sono state le celebrazioni solenni presiedute dal<br />

<strong>vescovo</strong> <strong>Agostini</strong> durante il suo episcopato. Ne ricordo le principali.<br />

Le feste del centenario <strong>della</strong> <strong>morte</strong> di sant'Antonio: le solenni<br />

funzioni al Santo <strong>nel</strong> giugno 1932 con il cardinale legato;<br />

<strong>nel</strong> 1933 un congresso eucaristico e <strong>nel</strong> 1934 un congresso<br />

mariano, già programmati dal <strong>vescovo</strong> Dalla Costa in onore di<br />

sant' Antonio.<br />

<strong>Il</strong> primo congresso eucaristico da lui voluto, organizzato e<br />

celebrato fu quello degli anni 1939-40. Furono fatti congressi<br />

zonali, sempre ben riusciti e chiusi solennemente dalla presenza<br />

e dalla parola del <strong>vescovo</strong>. <strong>Il</strong> congresso ebbe il suo culmine<br />

veramente grandioso <strong>nel</strong>l'aprile 1940. Furono invitati oratori<br />

di fama, tra cui don Primo Mazzolari e il card. <strong>Carlo</strong> Salotti,<br />

che diceva al <strong>vescovo</strong>: «<strong>Il</strong> suo non è un congresso diocesano,<br />

ma nazionale», tanta è stata l'affluenza delle diverse categorie<br />

<strong>nel</strong>le catechesi e <strong>nel</strong>le solenni ore di adorazione. <strong>Il</strong> congresso fu<br />

chiuso con la presenza del card. Piazza con una solenne e<br />

grandiosa processione dalla cattedrale al Prato <strong>della</strong> Valle, gremito<br />

come non mai.<br />

Tutto per infervorare il popolo <strong>nel</strong>la pietà eucaristica.<br />

E finita la guerra volle un altro congresso eucaristico, questa<br />

volta presieduto dal card. <strong>Il</strong>defonso Schuster, arci<strong>vescovo</strong> di<br />

Milano (ora beato). Anche questo fu concluso solennemente in<br />

Prato <strong>della</strong> Valle con un infervorato discorso del <strong>vescovo</strong>: «Fortunata<br />

diocesi, fortunato <strong>vescovo</strong>!». Degno di ricordo è il grande<br />

congresso catechistico del 1938 in occasione del centenario<br />

<strong>della</strong> nascita di san <strong>Carlo</strong> Borromeo, terminato con un pellegrinaggio<br />

a Milano alla tomba del santo.<br />

Degne di memoria furono le solenni consacrazioni episco-


16<br />

In alto, l'arrivo<br />

del delegato<br />

pontificio,<br />

accolto da<br />

<strong>mons</strong>. <strong>Agostini</strong>,<br />

al congresso<br />

eucaristico<br />

diocesano del<br />

1933.<br />

A lato,<br />

pali di nostri venerati sacerdoti: <strong>nel</strong> 1934 <strong>mons</strong>. Giovanni Battista<br />

Girardi, prefetto degli studi del seminario, nominato <strong>vescovo</strong><br />

di Pavia; <strong>nel</strong> 1936 l'arciprete di Conselve, <strong>mons</strong>. Guido<br />

Mazzocco, <strong>vescovo</strong> di Adria - Rovigo; <strong>nel</strong> 1940 il rettore del<br />

seminario, <strong>mons</strong>. Vittorio De Zanche, <strong>vescovo</strong> di Montefeltro;<br />

<strong>nel</strong> 1944 <strong>mons</strong>. Giuseppe Stella, parroco di San Tomaso e<br />

presidente <strong>della</strong> Giunta diocesana di Azione cattolica nominato<br />

<strong>vescovo</strong> di La Spezia; e <strong>nel</strong> 1948 <strong>mons</strong>. Giovanni Battista Dal<br />

Prà, arciprete di Conselve, <strong>vescovo</strong> a Terni e Narni.


La personalità di <strong>mons</strong>. <strong>Agostini</strong><br />

LA SUA GIORNATA<br />

Tra le giornate di un <strong>vescovo</strong> di una diocesi grande come la<br />

nostra, sono certo più le movimentate che le ordinarie. Però<br />

<strong>mons</strong>. <strong>Agostini</strong> finché poteva dava alle sue giornate quel ritmo<br />

che fu sempre a lui consueto, dato che prima di venire a Padova<br />

fu sempre in seminario a Treviso.<br />

Nato <strong>nel</strong> 1888 a San Martino di Lupari, crebbe in una famiglia<br />

di onesti commercianti di olio.<br />

Giovanetto, per la sua puntualità e frequenza alla chiesa e<br />

al catechismo attirò l'attenzione del suo arciprete, il quale gli<br />

mise dinanzi l'idea <strong>della</strong> vocazione sacerdotale. Egli vi acconsentì<br />

di buon grado e fu subito ammesso al seminario di Treviso.<br />

Nell'agosto del 1903 fu eletto papa il trevigiano Giuseppe<br />

Sarto, patriarca di Venezia. Nel 1907 fu costituita presso il collegio<br />

Capranica a Roma una borsa di studio per un seminarista<br />

di Treviso quale omaggio al Santo Padre, e il <strong>vescovo</strong> <strong>mons</strong>.<br />

Giacinto Andrea Longhin vi mandò il chierico <strong>Carlo</strong> <strong>Agostini</strong><br />

che divenne alunno dell'università Gregoriana. Nel dicembre<br />

1909 conseguì la laurea in filosofia presso l'Accademia di San<br />

Tomaso e <strong>nel</strong> 1911 quella in teologia universa alla Gregoriana.<br />

<strong>Il</strong> papa Pio X ebbe tratti di bontà tutta particolare per il<br />

chierico suo conterraneo: sempre, a principio e a fine anno<br />

scolastico, lo voleva ricevere in udienza privata per incoraggiarlo<br />

e per premiarlo del risultato dei suoi studi. Gli faceva qualche<br />

regaletto e in <strong>morte</strong> del suo papà il papa gli diede anche un<br />

sussidio in denaro.<br />

<strong>Il</strong> suo <strong>vescovo</strong> ottenne dal papa il permesso di ordinario sacerdote<br />

a soli 22 anni <strong>nel</strong> duomo di San Donà di Piave <strong>nel</strong><br />

1910 e, appena laureato, lo volle subito insegnante in semina-


18<br />

rio prima in sacra scrittura e storia ecclesiastica e poi <strong>nel</strong> 1913<br />

insegnante di teologia morale, cattedra che tenne fino alla sua<br />

nomina a <strong>vescovo</strong> di Padova.<br />

Fu sempre a fianco del suo <strong>vescovo</strong>, che egli chiamava già<br />

allora "il mio santo <strong>vescovo</strong> <strong>mons</strong>. Longhin", e il Longhin lo<br />

presentò a Padova con queste parole: «<strong>Il</strong> caro e diletto mio figlio<br />

<strong>mons</strong>. <strong>Carlo</strong> <strong>Agostini</strong>».<br />

Nel 1924 venne fatto canonico <strong>della</strong> Cattedrale e <strong>nel</strong> 1925<br />

rettore del seminario di Treviso.<br />

Come pastore di anime, fu per 18 mesi parroco a San Biagio<br />

di Callalta per essere esonerato dal servizio militare e continuare<br />

così a insegnare in seminario.<br />

Possiamo ben dire che il seminario fu sempre la sua vita.<br />

Così il metodo <strong>della</strong> vita del seminario divenne anche il metodo<br />

<strong>della</strong> vita di <strong>vescovo</strong>.<br />

AI mattino per tempo era pronto in cappella per la meditazione,<br />

la celebrazione <strong>della</strong> santa messa e la recita del divino ufficio.<br />

Poco dopo le 8 era <strong>nel</strong> suo studio al lavoro, in preparazione<br />

alle udienze che iniziavano alle ore 9 e duravano fino alle<br />

13, ma finché non avesse ricevuto l'ultimo sacerdote non si andava<br />

a pranzo.<br />

A tavola dimenticava per quanto era possibile quello che<br />

aveva sentito <strong>nel</strong>le udienze, teneva altri discorsi e ascoltava il<br />

giornale radio.<br />

A tavola sempre sobrietà: un primo e un secondo e, fuori<br />

del sabato, c'era anche un frutto.<br />

<strong>Il</strong> dolce era riservato alle feste più solenni e sempre casalingo.<br />

Tassativo un solo bicchiere di vino bianco e non più.<br />

Preferiva invece un po' di caffelatte alle lO e alle 16.<br />

Subito dopo il pranzo si andava insieme in cappella per<br />

una breve visita al Santissimo Sacramento, dove egli poi ritornava<br />

dopo tre quarti d'ora di riposo pomeridiano; e rimaneva<br />

in cappella per la recita del breviario e l'adorazione.<br />

Alle 16 sempre un passeggio per le vie <strong>della</strong> città per 40<br />

minuti, quando non andava a far visita al rettore del seminario<br />

e a qualche sacerdote malato o ai conventi di clausura. Verso le<br />

20 la cena, seguita poi dal santo rosario in cappella assieme ai<br />

domestici.


Una<br />

delle foto<br />

ufficiali<br />

di <strong>mons</strong>.<br />

<strong>Carlo</strong><br />

<strong>Agostini</strong><br />

<strong>vescovo</strong><br />

di<br />

Al rosario aggiungeva anche le novene solenni dell'Immacolata,<br />

Natale, Pentecoste con l'esposizione del Santissimo e la<br />

benedizione eucaristica. Poi si ritirava.<br />

Era esatto <strong>nel</strong>la confessione settimanale, al venerdì, da<br />

<strong>mons</strong>. Prosdocimo Cerato.<br />

Quando questi non poteva venire, si recava sempre a confessarsi<br />

dal venerato padre Leopoldo, da lui stimato come un<br />

santo.<br />

19


20<br />

Era edificante vedere come padre Leopoldo appena vedeva<br />

il <strong>vescovo</strong> si inginocchiava con entrambi i ginocchi e poi lo accompagnava<br />

<strong>nel</strong>la solita celletta delle confessioni.<br />

Ricordo l'ultima visita fatta al caro padre, si può dire alla vigilia<br />

<strong>della</strong> <strong>morte</strong>. Era il 24 luglio 1942. Padre Leopoldo era a<br />

letto, molto grave. Appena vide il <strong>vescovo</strong> al suo capezzale si<br />

turbò, pensando troppo onore per lui essere visitato dal <strong>vescovo</strong>,<br />

e chiese subito «benedizione, benedizione». <strong>Il</strong> <strong>vescovo</strong> gli<br />

disse: «Padre si calmi: stia tranquillo, la benedico di cuore». E<br />

padre Leopoldo si fece il segno <strong>della</strong> croce e volle baciare<br />

l'a<strong>nel</strong>lo al <strong>vescovo</strong> ringraziandolo.<br />

Quando morÌ padre Leopoldo, il <strong>vescovo</strong> era al suo periodo<br />

di riposo ai Colli Alti e si fece rappresentare dal vicario generale<br />

ai solenni funerali. Però ogni anno il <strong>vescovo</strong> si recava a<br />

pregare sulla tomba di padre Leopoldo, allora <strong>nel</strong> cimitero cittadino.<br />

SEMPRE PREPARATO ALLA MORTE<br />

Prepararsi alla <strong>morte</strong> fu un suo pensiero costante. Anche a<br />

me, appena arrivato in vescovado, raccomandò: «Se mi ammalo<br />

gravemente prometti mi di awisarmi perché voglio prepararmi<br />

a ben morire».<br />

E mi ricordava come, quando fu eletto <strong>vescovo</strong> di Padova,<br />

un sacerdote, ora defunto, don Luigi Dalla Costa, gli mandò un<br />

biglietto con scritto: «lo le faccio l'augurio più santo e prezioso:<br />

faccia una buona <strong>morte</strong>».<br />

E dawero il Signore lo esaudì, perché <strong>mons</strong>. <strong>Agostini</strong> poté<br />

prepararsi dawero santamente al suo incontro con il Signore.<br />

Appena awisato del suo malore gravissimo, si faceva leggere<br />

ogni giorno dal servitore quanto i giornali scrivevano sulla<br />

sua salute, temendo che qualcuno per pietà lo ingannasse.<br />

Aveva diviso le sue giornate con le ore fisse <strong>della</strong> preghiera:<br />

il santo rosario e la via crucis, oltre naturalmente finché<br />

poté, la recita del divino ufficio e la santa messa o la comunione<br />

quando non poté più celebrare.<br />

E dava a tutti le sue ultime parole, piene di fede e di bontà,<br />

come è toccato anche a me che, inginocchiato al capezzale del<br />

suo letto di <strong>morte</strong>, ha benedetto con parole commoventissime.


Padova sempre <strong>nel</strong> suo cuore<br />

Quando ricevette il telegramma <strong>della</strong> sua nomina a patriarca<br />

di Venezia, corse subito davanti al tabernacolo in cappella<br />

per dire al Signore lo strazio del suo cuore per dover lasciare<br />

questa sua cara diocesi, che era diventata la sua vera famiglia e<br />

<strong>nel</strong>l'ultima lettera pastorale cosÌ ha scritto: «Quanto a me vi assicuro<br />

costante l'affetto e la preghiera. E voi pure accompagnatemi<br />

con le vostre preghiere e quando Dio decreterà la fine<br />

<strong>della</strong> mia vita quaggiù, stringetevi in spirito attorno a me, che<br />

vi fui e vi continuerò a essere padre, perché il Signore mi conceda<br />

il riposo <strong>nel</strong>la pace eterna dei suoi eletti, tra i quali possiate<br />

essere anche tutti voi, mio gaudio e mia corona».<br />

Egli dal cielo certo ha pregato e prega per la nostra cara<br />

diocesi, che ha avuto come successori di <strong>mons</strong>. <strong>Agostini</strong> vescovi<br />

quali <strong>mons</strong>. Girolamo Bortignon, <strong>mons</strong>. Filippo Franceschi e<br />

<strong>mons</strong>. Antonio Mattiazzo, veri e instancabili pastori di anime,<br />

emuli tutti di san Gregorio Barbarigo, il santo al quale tutti hanno<br />

guardato <strong>nel</strong> loro santo e indefesso ministero.<br />

Queste mie povere parole, che dedico con filiale affetto<br />

al mio amatissimo <strong>vescovo</strong> <strong>mons</strong>. Antonio Mattiazzo, non<br />

presumono di essere una solenne commemorazione del<br />

grande <strong>vescovo</strong> <strong>mons</strong>. <strong>Carlo</strong> <strong>Agostini</strong>, ma soltanto un segno<br />

del perenne affetto e <strong>della</strong> più viva riconoscenza al <strong>vescovo</strong><br />

che mi ha consacrato sacerdote e mi ha avviato con paterna<br />

bontà e pastorale sapienza <strong>nel</strong>le vie del sacro ministero.


22<br />

Mons. <strong>Agostini</strong> <strong>nel</strong>l'agosto del 1943 ai Colli Alti di<br />

Solagna. <strong>Il</strong> sacerdote alla sua destra è <strong>mons</strong>. Antnr,inU<br />

Michieli a quei tempi suo<br />

"maestro di camera"<br />

Mons. Antonio Michieli, nato a Padova (San Benedetto)<br />

<strong>nel</strong> 1915, è stato ordinato sacerdote <strong>nel</strong> 1938. Da giovane<br />

prete è stato per vari anni accanto a <strong>mons</strong>. <strong>Agostini</strong> come<br />

"maestro di camera". Parroco di San Benedetto dal 1947 al<br />

1967 e quindi arciprete e abate mitrato di Piove di Sacco, e<br />

vicario foraneo del Piovese, <strong>nel</strong> 1991 ha rinunciato alla parrocchia<br />

ed è stato nominato canonico onorario <strong>della</strong> cattedrale<br />

e cappellano alla casa di riposo di Piove.


Indice<br />

Introduzione pago 3<br />

<strong>Il</strong> cuore del suo cuore pago 5<br />

La parrocchia pago 7<br />

La grande prudenza del <strong>vescovo</strong> pago <strong>Il</strong><br />

Le solenni celebrazioni pag.15<br />

La personalità di <strong>mons</strong>. <strong>Agostini</strong> pag.17<br />

Padova sempre <strong>nel</strong> suo cuore pag.21

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!