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Accesso vietato - Ordine dei Giornalisti dell' Emilia-Romagna

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I giornalisti contro le mafie<br />

mune e ha dovuto, e dovrà, fare i conti<br />

con le mafie e la criminalità organizzata.<br />

Il libro riassume in maniera precisa e<br />

puntuale come le mafie si siano inserite<br />

semplicemente, con la complicità di<br />

soggetti locali, nel tessuto sociale ed<br />

economico sammarinese, vista l’inquietante<br />

presenza in attività economiche di<br />

clan organizzati e famiglie del calibro<br />

<strong>dei</strong> Casalesi, <strong>dei</strong> Vallefuoco e degli<br />

Schiavone. Inoltre narra gli episodi di<br />

mafia che hanno coinvolto la Repubblica,<br />

ricostruiti attraverso le parole-testimonianze<br />

di magistrati impegnati in<br />

prima linea nella lotta alla criminalità<br />

organizzata e al riciclaggio.<br />

Antonio Amorosi e Cristian Abbondanza<br />

hanno invece affrontato il tema Tra<br />

la via <strong>Emilia</strong> e il clan, optando per l’ebook<br />

(legalitabooks.com). Abbondanza,<br />

presidente della Casa della legalità a<br />

Genova, è stato messo sotto protezione<br />

nel capoluogo ligure per le numerose<br />

minacce che ha ricevuto. Sono loro<br />

stessi a spiegare in cosa consista il lavoro<br />

di ricerca storico-cronistica: «Non è<br />

un’antologia sulle mafie. Non è nemmeno<br />

un manuale o un romanzo. Sono<br />

frammenti di realtà, di fatti... nomi e<br />

cognomi, società, storie e dati. È un filo<br />

di Arianna che lega contesti, episodi,<br />

società e persone. L’<strong>Emilia</strong>-<strong>Romagna</strong> è<br />

terra di mafia. Lo è da decenni. Non è<br />

una realtà ove le mafie hanno un controllo<br />

“militare” del territorio, bensì<br />

dove fanno i loro affari, quelli illeciti e<br />

quelli nell'ambito della cosiddetta “economia<br />

legale”. Parte della classe politica<br />

e imprenditoriale, centrata per lungo<br />

tempo su un monopolio impenetrabile e<br />

spregiudicato, ha garantito quel terreno<br />

fertile per permettere alle cosche di<br />

trovare uno spazio sicuro per i propri<br />

affari».<br />

Infine Giovanni Tizian, cronista da poco<br />

messo sotto contratto nonostante<br />

abbia dimostrato fiuto e qualità professionali<br />

da grande reporter. Da dicembre<br />

ha saputo di essere stato messo in regime<br />

di protezione per le sue rivelazioni<br />

circa gli intrecci commerciali ed economici<br />

sul nostro territorio che sono stati<br />

stretti da membri delle organizzazioni<br />

criminali. Di Tizian si può leggere Gotica,<br />

Ndrangheta mafia e camorra oltrepassano<br />

la linea (Round Robin editore),<br />

che studia e racconta la criminalità<br />

organizzata “invisibile” cioè quella<br />

del nord. «Si parte dagli anni ’70 - dice<br />

Giovanni Tizian - quindi ho messo in<br />

parallelo la mia emigrazione da ragazzino<br />

con un’emigrazione diversa, già<br />

vent’anni dopo. Tempi in cui le mafie<br />

consolidavano il loro potere economico,<br />

investivano seriamente in altri territori,<br />

stringendo quella rete di relazioni<br />

sociali che oggi li ha resi così forti». E<br />

questo è solo l’inizio della storia, raccontata<br />

con il supporto di elementi<br />

probanti, carte e dati, di un nord a molti<br />

sconosciuto, un nord che fa affari con<br />

i clan malavitosi da Rimini a Torino,<br />

dal Veneto alla Liguria e alla Lombardia.<br />

Tizian conosce perfettamente i rischi<br />

a cui si espone, figlio di un funzionario<br />

del Monte <strong>dei</strong> Paschi di Siena che<br />

ha pagato con la vita nel 1989 il suo<br />

piacere dell’onestà, ucciso a 36 anni in<br />

una terra insanguinata come quella della<br />

Locride.<br />

Ci disse una volta un collega dell’Ora di<br />

Palermo come la mafia odi gli archivi. È<br />

la ricostruzione storica, è il lavoro amanuense<br />

di chi mette insieme i tasselli di<br />

un puzzle che i clan cercano il più possibile<br />

di scomporre il lavoro che “rompe i<br />

cabasisi” alla criminalità organizzata.<br />

Quel lavoro che contraddistingue un cronista<br />

con la C maiuscola, che verifica le<br />

fonti, fa ricerca e scrive di fatti di cui si è<br />

ampiamente documentato.<br />

Tizian come Danilo Chirico e Alessio<br />

Magri è l’emblema di giornalisti-scrittori<br />

che non si piegano al silenzio e<br />

all’oblio, al contrario riaprono capitoli<br />

che solerti funzionari, per paura, si sono<br />

affrettati a chiudere, sigillare, congelare.<br />

Chirico e Magro hanno scritto Dimenticati.<br />

Vittime della ‘ndrangheta (Castelvecchi<br />

editore). (dc)<br />

A Tizian dico<br />

solo grazie<br />

inTERViSTA A MarCO BeTTiNi<br />

marco Bettini, prima di pubblicare<br />

nel ’94 il suo romanzo<br />

Pentito si era mai<br />

occupato di mafia?<br />

«Certo, in qualità di giornalista,<br />

mi occupavo proprio di criminalità<br />

organizzata. Erano anni difficili, allora di<br />

parlava di circa 2000 morti di mafia all’anno,<br />

contro i 600 di oggi. E poi era il periodo<br />

delle stragi».<br />

Che ricordi ha degli incontri che ebbe<br />

con il “pentito” del suo primo romanzo?<br />

«La maggior parte <strong>dei</strong> nostri incontri avvenne<br />

a Roma, poiché era ancora sotto<br />

servizio di protezione. Ricordo nell’estate<br />

del ‘93 una singolare coincidenza: ero in<br />

albergo quando scoppiarono gli ordigni di<br />

S. Giorgio al Velabro e S. Giovanni in Laterano.<br />

La mafia stava spostando i suoi obiettivi<br />

terroristici dai giudici e magistrati al<br />

patrimonio pubblico e ai normali cittadini».<br />

Cos’è cambiato da allora?<br />

«La mafia. Allora uccideva alla luce del<br />

giorno e il potere, per così dire, militare era<br />

preponderante. Adesso questo tipo di azione<br />

ha lasciato spazio a una penetrazione<br />

nella società diversa, più attenta<br />

alle dinamiche socio-economiche,<br />

i traffici sono cambiati<br />

ed è mutato il controllo territoriale».<br />

Già nel ’94 parlava di confini<br />

mafiosi travalicati, dunque<br />

di organizzazioni che si erano<br />

spostate in altre regioni.<br />

«Non era una novità, neppure<br />

a quel tempo. Non a caso il<br />

protagonista del mio romanzo<br />

viene mandato a lavorare alla<br />

“INcONTRAI uN pENTITO NEL ‘94,<br />

GIà ALLORA LA mAfIA AvEvA RAGGIuNTO<br />

I NOSTRI TERRITORI”. quESTO IL RAccONTO<br />

DEL cRONISTA E ScRITTORE<br />

Bombonato e Tizian<br />

dogana di Linate. Mi stupisce semmai come,<br />

di fronte a fatti evidenti, si continui in<br />

certe regioni a negare qualcosa di così palese.<br />

Una rimozione continua e totale che fa a<br />

pugni con la realtà del momento. Pensi agli<br />

affari d’oro che queste organizzazioni illegali<br />

possono fare, per esempio nei confronti<br />

delle imprese che trovano difficoltà ad<br />

avere finanziamenti bancari; pensi al gioco<br />

d’azzardo che in tempi di crisi impera:<br />

coincidenze che considero davvero molto<br />

pericolose. Senza contare quelle che sono<br />

situazioni geograficamente ideali per questo<br />

tipo di attività».<br />

Cioè?<br />

«La Riviera Adriatica rappresenta il terreno<br />

più fertile, questo enorme corpo vuoto d’inverno<br />

e pieno d’estate si presta ai traffici<br />

illeciti più disparati e a ospitare in modo<br />

confortevole molti latitanti».<br />

Perché oggi si minaccia un giornalista o<br />

uno scrittore?<br />

«Da un certo punto di vista è più importante<br />

farlo oggi rispetto a ieri. Mi spiego con un<br />

esempio. Vittime come Impastato hanno<br />

pagato l’aver gridato che il re era nudo. Si<br />

uccideva perché allora la mafia faceva della<br />

speciale<br />

loro negazione la propria ragione di vita.<br />

Ora questo fenomeno riguarda altre aree<br />

geografiche, là dove si denunciano presenze<br />

di traffici illegali. Si è importata questa<br />

situazione di pericolo. Ma è ancora più<br />

grave che queste organizzazioni si sentano<br />

tanto forti da poter provare ad … andare<br />

oltre».<br />

Ha mai avuto remore nell’affrontare temi<br />

così delicati?<br />

«Beh, se mi concede una battuta… nessuno<br />

mi ha chiesto di presentare il mio libro in<br />

Sicilia. Ma ricordo bene quando lo presentai<br />

in Sardegna. Assieme a me c’era un<br />

giudice che aveva emesso la prima sentenza<br />

di colpevolezza nei confronti di una donna<br />

per associazione di stampo mafioso. Gli<br />

chiesero se la mafia poteva esistere in Sardegna.<br />

E lui fu categorico: la mafia ha interessi<br />

economici ovunque, disse, ma il controllo<br />

militare del territorio in Sardegna non<br />

può esistere perché al mafioso che gli chiedesse<br />

il pizzo il sardo risponderebbe a fucilate».<br />

Ultima domanda: cronisti coraggiosi come<br />

Tizian, toccando certi argomenti, si<br />

sono esposti al pericolo ma anche all’invidia<br />

di colleghi. Le pare una cosa possibile?<br />

«Trovo la cosa addirittura sconcertante. È<br />

accaduto anche a Saviano. Mi chiedo chi<br />

sia quell’idiota che possa provare un sentimento<br />

del genere di fronte a chi è costretto<br />

a vivere sotto scorta. Sono malinconie, per<br />

usare un eufemismo, proprie di chi ha qualche<br />

nervo scoperto e ne subisce le conseguenze.<br />

A colleghi come Tizian io dico solo:<br />

grazie. E non posso che offrire solidarietà<br />

per quanto mi sia possibile».<br />

Diego Costa<br />

20 . GIORNALISTI / aprile 2012<br />

aprile 2012 / GIORNALISTI . 21<br />

Marco Bettini

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