Accesso vietato - Ordine dei Giornalisti dell' Emilia-Romagna
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fOrUM GiOVaNi<br />
L'impegno civile e la cultura antimafia<br />
Trecento ragazzi a una cena di<br />
sottoscrizione: pasti preparati<br />
da loro che in poco finiscono,<br />
soldi raccolti per finanziare<br />
le attività associative e<br />
una serata di concerti con gruppi musicali<br />
delle superiori. Era il 22 gennaio. La<br />
festa si è svolta nei locali della “chiesa<br />
nuova” di via Murri, a Bologna. L’occasione<br />
era la nascita del presidio (intitolato<br />
al giornalista Mauro Rostagno, ucciso<br />
a 46 anni in un agguato mafioso il 26<br />
settembre 1988) degli studenti medi bolognesi<br />
di Libera - Associazioni, nomi e<br />
numeri contro le mafie.<br />
I membri del “presidio Rostagno” li abbiamo<br />
incontrati il 6 marzo alla Uisp<br />
<strong>Emilia</strong> - <strong>Romagna</strong>, che li ospita nella sua<br />
sede. Ragazzi tra i 16 e i 19 anni che<br />
studiano negli istituti Bassi, Boldrini,<br />
Copernico, Fermi, Galvani, Minghetti,<br />
Renzi, Righi e Sabin. La riunione ha<br />
come ordine del giorno l’impegno <strong>dei</strong><br />
giovani contro le mafie. «Ogni presidio<br />
o coordinamento di Libera - afferma<br />
Camilla, 17 anni, del liceo classico Minghetti<br />
- ha il nome di una vittima di<br />
mafia. Noi abbiamo scelto Rostagno».<br />
«Non è da tutti - aggiunge Giorgio, 18<br />
anni, del liceo scientifico Righi - fare<br />
l’università a Trento e finire a lavorare a<br />
Trapani. Rostagno era poliedrico: un leader<br />
civile, un giornalista. Questo ce lo<br />
avvicina, perché anche noi proviamo a<br />
fare denuncia e informazione». La scelta<br />
è frutto anche dell’attualità: «È un caso<br />
non risolto - precisa Paola, 16 anni, del<br />
liceo classico Galvani - e il processo è<br />
stato riaperto il 2 febbraio 2011».<br />
‘Ndrine nel reggiano, a Parma e Piacenza;<br />
Casalesi a Modena con propaggini a<br />
Rimini, Ferrara e Bologna: ci si chiede<br />
come un giornalista locale possa far<br />
percepire al lettore un fenomeno ritenuto,<br />
dai più, estraneo al territorio. «Si de-<br />
C’è gente come me<br />
che vuol fare delle cose<br />
uN DIbATTITO cON GLI STuDENTI bOLOGNESI ADERENTI A LIbERA<br />
E RIuNITI IN uN pRESIDIO INTITOLATO A mAuRO ROSTAGNO<br />
ve parlare di cose concrete - sostiene<br />
Andrea, 18 anni, anche lui del Galvani -.<br />
Se senti che a Bologna ci sono ristoranti<br />
che riciclano denaro sporco, io continuo<br />
comunque ad andare, il sabato sera, in<br />
un posto qualunque. Ho un dubbio, resta<br />
la supposizione. Poi scopri il caso di<br />
Regina Margherita, chiusa per infiltrazione<br />
mafiosa, dove ho mangiato un<br />
sacco di volte e ti senti quasi sporco, un<br />
cretino, a non aver capito nulla». «Occorre<br />
descrivere le forme che il fenomeno<br />
mafioso prende - precisa Camilla -<br />
mostrare le diversità rispetto allo stereotipo<br />
che si ha del mafioso e quali sono i<br />
meccanismi criminali qui al nord. Così<br />
si riesce a creare quella percezione».<br />
Tra i fenomeni locali c’è il narcotraffico.<br />
Il rapporto 2009 su Consumo e dipendenze<br />
da sostanze in <strong>Emilia</strong>-<strong>Romagna</strong><br />
dell’Osservatorio regionale sulle dipendenze<br />
mostra che oltre il 34 per cento<br />
della popolazione emiliano-romagnola<br />
tra i 15 e i 64 anni dichiara di aver usato<br />
cannabis almeno una volta. Tradotto in<br />
numeri sono 416 mila persone. «Ci sono<br />
mille motivi - dice ancora Andrea - per<br />
non pensare che con quei soldi finanzi le<br />
mafie. L’idea di essere una pedina di<br />
questo gioco non mi piace: un motivo in<br />
più per non farmi le canne. Persone che<br />
fumano con cui ne ho parlato mi danno<br />
ragione, ma non cambiano. Allora uno<br />
pensa che legalizzare toglierebbe alle<br />
mafie una fetta anche grossa di fondi. E<br />
che sconfiggerebbe un po’ d’ipocrisia.<br />
Non sarebbe risolutivo, ma creerebbe<br />
una coscienza».<br />
Si pensa a una serata fuori andando,<br />
dopo aver preso la patente, in una discoteca<br />
della riviera. E se s’incappa in un<br />
locale che fa riciclaggio o spaccio?<br />
«Penso che se uno dovesse porsi sempre<br />
questi problemi - afferma Alberto, 17<br />
anni, del liceo scientifico Renzi - non<br />
uscirebbe di casa. Però da un punto di<br />
vista etico e morale, informarsi sarebbe<br />
la cosa migliore». «Infatti - interviene<br />
Paola - ci piacerebbe fare un elenco <strong>dei</strong><br />
locali di cui si conoscono gli interessi<br />
loschi». «Se per uscire devi porti un<br />
problema etico - chiude Fabia, 16 anni,<br />
del liceo scientifico Fermi - alla fine<br />
pensi che lo Stato non stia facendo abbastanza<br />
per contrastare le mafie. Che ci<br />
sia un po’ di menefreghismo».<br />
Disinteresse e impegno. Parliamo del<br />
“capitale sociale” dell’<strong>Emilia</strong>-<strong>Romagna</strong>.<br />
Nella “Relazione annuale sulla ‘ndrangheta”<br />
della Commissione Parlamentare<br />
d’inchiesta sul fenomeno della criminalità<br />
organizzata mafiosa o similare del<br />
2008 si affermava che in <strong>Emilia</strong>-<strong>Romagna</strong>,<br />
regione pur «invasa dalle famiglie<br />
calabresi […] il tessuto sociale e democratico<br />
fortemente strutturato ha fatto da<br />
barriera ed ha impedito un radicamento<br />
in profondità». Ma questo basta? «Se<br />
viviamo di passato - riconosce Giorgio<br />
- si rischia. La Regione però si sta muovendo:<br />
qui si è reagito, con una legge<br />
regionale che dà l’idea di voler prevenire».<br />
«Ciò nonostante - obietta Camilla -<br />
molti non si sentono toccati. Un esempio?<br />
Coinvolgiamo 9 scuole ma siamo<br />
pochi studenti a partecipare».<br />
C’è il rischio dello scoramento tipico<br />
della politica “dal basso”. E si finisce a<br />
parlare di Sciascia, citando A ciascuno il<br />
suo. Commentiamo il personaggio di<br />
Laurana, che s’appassiona a un caso di<br />
duplice omicidio scoprendo i retroscena<br />
del delitto per poi sparire, alla fine del<br />
romanzo e essere definito cretino da un<br />
compaesano. Discutiamo i dati di Ossigeno<br />
per l’informazione, l’osservatorio<br />
Fnsi-Odg sui cronisti minacciati: intimidazioni<br />
a 324 giornalisti nel 2011, a 32<br />
nei primi due mesi del 2012. «La gente<br />
che denuncia indica che la spinta in tal<br />
Gli studenti in Piazza Maggiore contro la mafia (foto Amelii)<br />
senso è forte - riflette Virginia, 17 anni,<br />
del liceo classico Galvani -. Aumentano<br />
le minacce, ed è grave, ma forse vuol<br />
dire che ci sono più giornalisti che parlano<br />
di mafia. Forse il dato non va letto in<br />
modo del tutto negativo». Arrivano riflessioni<br />
sulla “vocazione” all’antimafia<br />
come “ossessione positiva”, per dirla citando<br />
la scrittrice afroamericana Octavia<br />
Butler. «In realtà - si anima Giorgio -<br />
quello che fai non sono solo affari tuoi.<br />
“A ciascuno il suo” è una logica non vera.<br />
C’è gente che sente il bisogno di denunciare,<br />
e che crede nel proprio lavoro.<br />
Il caso di Tizian lo dimostra: con lui i<br />
giornalisti hanno fatto quadrato. Forse se<br />
queste persone non avessero un ritorno<br />
personale magari non lo farebbero. Solo<br />
che qui “il ritorno” non riguarda solo il<br />
singolo».<br />
Impegno civile e ritorno personale. Le<br />
loro riflessioni mettono in discussione<br />
qualche stereotipo sul concetto di “sacrificio”.<br />
«A me viene in mente Gaber. Ho<br />
maturato un’opinione sul valore della libertà<br />
come partecipazione e come conoscenza.<br />
Perché per essere libera di fare le<br />
mie scelte - dice Camilla - devo conoscere».<br />
«Anche solo diffondere i prodotti di<br />
Libera Terra tra molti genitori che non ne<br />
speciale<br />
sapevano nulla - afferma Virginia - mi ha<br />
fatto sentire bene». «Io nel leggere i giornali<br />
- riflette Fabia , ho pensato che potevo<br />
migliorare proprio informandomi».<br />
«A me non va bene quello che mi succede<br />
intorno - sbotta Alberto - e devo fare di<br />
tutto perché cambi. Quindi forse è una<br />
necessità mia, egoistica». «Mi dà fastidio<br />
- tira le somme Giorgio - che certe cose<br />
alla gente non interessino. Non posso<br />
obbligare le persone, anche se penso che<br />
facciano male a disinteressarsi. Posso<br />
però rendermi conto che c’è altra gente<br />
che come me vuol fare delle cose».<br />
Vittorio Martone<br />
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