Accesso vietato - Ordine dei Giornalisti dell' Emilia-Romagna
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G ALTRI ORIzzONTI<br />
Scrivere<br />
in positivo<br />
Ragionare invece di strillare, informare<br />
anziché allarmare. Lo chiedevamo<br />
ai giornalisti stranieri noi<br />
italiani quando emigravamo in massa, lo<br />
domandano oggi a noi gli immigrati. È<br />
poco, è molto. Comunicare l'immigrazione<br />
- sottotitolo Guida pratica per gli<br />
operatori <strong>dell'</strong>informazione - mira a questo<br />
obiettivo. È uscito a febbraio grazie<br />
al lavoro della cooperativa bolognese<br />
Lai-momo (editrice della rivista Africa e<br />
Mediterraneo) e del Centro studi e ricerche<br />
Idos, lo stesso che prepara ogni anno<br />
il fondamentale Dossier statistico immigrazione.<br />
A sostenerlo due ministeri<br />
(Lavoro e Interno) con il finanziamento<br />
del Fondo europeo per l’integrazione di<br />
cittadini <strong>dei</strong> Paesi terzi. Un manuale che<br />
riprende le avvertenze date dall’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> giornalisti e dalla Fnsi con la Carta<br />
di Roma del 2008 (che infatti è spesso<br />
citata).<br />
Parlare in positivo è la raccomandazione<br />
dell’Unione Europea e di altre organizzazioni<br />
internazionali. Ed è lo spirito che<br />
anima il volume perché, come precisa<br />
Natale Forlani (direttore generale<br />
dell’Immigrazione e delle politiche di<br />
integrazione presso il ministero del Lavoro)<br />
«appare necessario garantire<br />
un’informazione obiettiva e priva di stereotipi<br />
e pregiudizi».<br />
Dopo l’introduzione e una sitografia ragionata,<br />
il volume (160 pagine, colorate<br />
e illustrate) si divide in 6 sezioni. Si apre<br />
con lo scenario migratorio poi il quadro<br />
legislativo e una sintesi comparata degli<br />
immigrati in Europa. Il quinto capitolo<br />
presenta una galleria di casi riusciti di<br />
integrazione, infine il glossario con una<br />
cinquantina di voci. Il quarto capitolo<br />
offre una breve ricostruzione su «i media<br />
italiani e l'immigrazione» ed è ovviamente<br />
quello che qui più ci interessa.<br />
Secondo una ricerca del 2010, resa nota<br />
proprio dall'Osservatorio sulla Carta di<br />
Roma il quadro d’insieme è questo: si<br />
uNA GuIDA pER I mEDIA: cOmE cOmuNIcARE<br />
IN mODO cORRETTO E ObIETTIvO<br />
IL fENOmENO DELL’ImmIGRAzIONE<br />
parla di migranti al 52,8 per cento in<br />
articoli di cronaca nera o giudiziaria; al<br />
34% in relazione al dibattito normativo;<br />
al 5,3% quando ci sono sbarchi di migranti;<br />
al 7.9% per questioni legate a<br />
cultura e temi connessi al migrare. Secondo<br />
Mario Morcellini (preside di<br />
Scienze della comunicazione a La Sapienza<br />
di Roma) è un’immagine congelata<br />
del fenomeno. In tv è peggio: la<br />
cronaca nera sale al 58,7%. «I giornalisti<br />
contribuiscono a una gigantografia della<br />
paura per la quale l’immigrato resta legato<br />
alla criminalità» spiega Morcellini.<br />
Il capitolo approfondisce anche le “buone<br />
notizie”, le linee guida (della Carta di<br />
Roma) per un'informazione corretta e<br />
ricostruisce come le migrazioni sono<br />
state narrate da tv, radio e carta stampata<br />
(anche con interessanti esperienze locali),<br />
il ruolo di alcuni osservatori sui media,<br />
la nascita <strong>dei</strong> media multiculturali e<br />
dell’Ansi (con un accenno alle scritture<br />
migranti e uno sguardo sui nuovi media<br />
soprattutto in rapporto alle cosiddette<br />
G-2, seconde generazioni, che però preferiscono<br />
definirsi “nuovi italiani” visto<br />
che nascono o crescono qui) per chiudere<br />
con una sintetica bibliografia-filmografia.<br />
Un capitolo ricco di informazioni ma<br />
ovviamente in 20 pagine molto resta<br />
fuori. Anche perché intorno alla rappresentazione<br />
giornalistica <strong>dei</strong> migranti si<br />
aggrovigliano questioni strategiche. I siglomani<br />
potrebbero parlare del nodo<br />
Mirmix: migrazioni, intercultura, razzismi,<br />
meticciato, identità, xenofobia. Temi<br />
diversi ma evidentemente intrecciati<br />
con la cronaca nera come con i diritti,<br />
l’economia, la scuola, la politica, il diffuso<br />
malessere sociale. Questioni complesse<br />
che richiederebbero inchieste e<br />
ragionamenti invece di slogan e titoli<br />
“sparati”. Su molti media italiani le cronache<br />
sono ansiogene quando parlano di<br />
migranti mentre le pagine culturali o di<br />
costume sono rilassate (w la cucina etnica,<br />
w le treccine rasta, w la musica meticcia,<br />
w lo sport “colorato”). A volte<br />
girando pagina si rischia quasi un effetto<br />
schizofrenico. Ma si sa che le cronache<br />
giocano un ruolo predominante nell’opinione<br />
pubblica.<br />
Fra gli sguardi meno banali valeva forse<br />
sottolineare l’intelligente eccezione di<br />
“Italieni” sulla rivista Internazionale: è<br />
una testatina ironica con la quale il settimanale<br />
racconta il nostro Paese visto da<br />
fuori ma con questa dizione sono state<br />
etichettate anche le pagine affidate a<br />
giornalisti di origini straniere che vivono<br />
in Italia. Non necessariamente gli articoli<br />
erano attinenti allo specifico della migrazione<br />
ma questo particolare sguardo<br />
favoriva comunicazioni e scambi culturali<br />
meno ristretti del consueto. Egualmente<br />
era utile evidenziare che alcuni<br />
recenti documenti – ripresi anche dalla<br />
nostra rivista – hanno chiesto che «i<br />
media rispettino il popolo rom»; a volte<br />
i cosiddetti nomadi sono in Italia da decine<br />
o centinaia di anni eppure vengono<br />
considerati eterni stranieri.<br />
Chi si sente italiano ma curioso del mondo<br />
potrebbe prendere per biglietto da<br />
visita la frase (in un box, anzi in una<br />
“orecchietta” del libro) dello storico Joseph<br />
Ki-Zerbo: «Quando si è profondamente<br />
radicati si è pronti a tutte le aperture,<br />
porosi a tutti i soffi del mondo».<br />
Daniele Barbieri<br />
una sera apro la posta e mi trovo<br />
una serie di email da Facebook,<br />
tutte provenienti da una testata<br />
giornalistica. La prima commenta una<br />
foto pubblicata la mattina stessa. La seconda<br />
mi chiede di poterla utilizzare per<br />
scopi giornalistici. La terza mi ringrazia<br />
pubblicamente per averla inviata alla testata.<br />
In un pomeriggio è successo tutto,<br />
senza che io sapessi nulla e dessi la mia<br />
approvazione. Passi che c’era la neve e<br />
dalla redazione era impossibile muoversi<br />
per documentare quanto stesse succedendo.<br />
Apprezzabile il tentativo di chiedermi<br />
di poterla utilizzare. Ma il risultato<br />
è: mi hanno fregato la foto su Facebook<br />
e mi hanno pure pubblicamente ringraziato,<br />
con tanto di nome e cognome,<br />
per averla “spontaneamente” inviata.<br />
Col “nevone” ci han fregato le foto<br />
Chiacchierando tra i reduci del grande<br />
“nevone” della <strong>Romagna</strong>, mi è capitato<br />
di sentire altre storie come la mia. Nei<br />
giorni dell’emergenza neve, infatti, Facebook<br />
pullulava di foto: la propria casa,<br />
la vista dal balcone, la macchina sommersa,<br />
la tenuta da “pinguino” con la<br />
pala in mano. A più di una persona è<br />
capitato che queste foto pubblicate su<br />
Facebook, improvvisamente e a loro totale<br />
insaputa, siano finite su siti web di<br />
meteo e news. Insomma: il mio non è un<br />
caso isolato. E seppur io non sia<br />
un’esperta di social network, ma solo<br />
una giornalista e un’utente critica e curiosa,<br />
è nata questa riflessione.<br />
You tube è diverso da facebook<br />
Ogni giorno sui vari social network milioni<br />
di persone pubblicano notizie su di<br />
loro: informazioni, pensieri, esperienze,<br />
video, foto. I social network sono tanti e<br />
diversi tra loro: per alcuni sai “di sparare<br />
nella rete”, in altri ti aspetti di comunicare<br />
solo con la cerchia di persone che<br />
ti sei scelto e che hai “approvato”. Certo<br />
esistono le impostazioni della privacy,<br />
ma pare non bastino neppure le più restrittive,<br />
esistono i gruppi dove l’accesso<br />
i social network sono<br />
il supermarket delle notizie?<br />
IL GIORNALISmO NELL’ERA DELLA cOmuNIcAzIONE GLObALE,<br />
TRA fONTI, vIOLAzIONI E DEONTOLOGIA<br />
è più chiuso ed esiste il “condividi”. Ma<br />
se quei contenuti sono utilizzati a fini<br />
giornalistici, è un’altra storia.<br />
I social network come free supermarket<br />
di news<br />
E qui entriamo in campo noi, i professionisti<br />
dell’informazione. Quasi tutti siamo<br />
anche utenti: abbiamo una pagina<br />
Facebook, un account Twitter, uno su<br />
Linkedin, ecc. E come utenti leggiamo<br />
quotidianamente tonnellate di informazioni<br />
di ogni tipo e abbiamo accesso a<br />
video e foto.<br />
E tutto questo senza muoverci dal computer,<br />
oppure semplicemente collegandoci<br />
con lo smartphone. Con i tagli<br />
all’editoria di cui siamo vittime ormai da<br />
anni e che, nella migliore delle ipotesi, ci<br />
tengono inchiodati alle scrivanie, si direbbe<br />
manna dal cielo! Un bel supermercato<br />
di notizie, di cui magari l’80%<br />
è spazzatura, ma il 20% è buono, ed è<br />
pure bell’è pronto e gratis. Si fa copia e<br />
incolla. Et voilà! Si potrebbe pensare<br />
che i social network siano il paradiso del<br />
giornalista. E probabilmente qualcuno<br />
lo pensa realmente. E lo pensa perché<br />
evita accuratamente di porsi un problema:<br />
la deontologia.<br />
Il confine tra diritto di cronaca e deontologia<br />
Oggi internet ha cambiato le regole: le<br />
fonti non sono più quelle orali e scritte,<br />
c’è anche il web. Con internet il modo di<br />
comunicare e condividere le informazioni<br />
è più facile, veloce e di immediato<br />
accesso. Ma non per questo tutto è di<br />
dominio pubblico e utilizzabile a fini<br />
giornalistici. E il punto è: qual è il confine<br />
tra il diritto di cronaca e la deontologia?<br />
Cioè se vedo una notizia, una foto<br />
in Internet sono autorizzato a scriverne?<br />
Certo se chi scrive è un personaggio<br />
pubblico, il discorso è diverso: in molti<br />
bypassano anche gli uffici stampa e comunicano<br />
direttamente con i followers e<br />
la stampa. Oppure per esempio, durante<br />
l’emergenza neve molti sindaci hanno<br />
usato la propria pagina Facebook come<br />
veicolo di comunicazione con la cittadinanza<br />
e la stampa, fornendo un ottimo<br />
servizio. Ma qui parliamo di personaggi<br />
pubblici, spesso con pubblici profili.<br />
Ci sono le violazioni ma mancano le<br />
leggi<br />
In realtà, in tutto questo esiste un problema<br />
reale: il web è ancora oggi, quantomeno<br />
in Italia, terra di nessuno. Non<br />
esiste al momento una legislazione specifica<br />
a riguardo. Di fatto l’utente non è<br />
informato <strong>dei</strong> rischi che corre e il giornalista<br />
senza scrupoli approfitta di questa<br />
zona d’ombra. Oggi è riconosciuta<br />
una violazione del copyright: non è possibile<br />
utilizzare quei contenuti perché<br />
sono proprietà di chi li pubblica. Ma io<br />
direi che probabilmente c’è anche una<br />
violazione della privacy: perché il contenuto<br />
oltre a essere mio tecnicamente<br />
(perché magari ho scattato la foto), è<br />
mio “personalmente” perché ci sono io<br />
nella foto (diritto all’immagine). Buona<br />
norma sarebbe quella di chiedere di<br />
utilizzare i contenuti <strong>dei</strong> social network<br />
ai proprietari, aspettare una risposta e<br />
poi, in caso affermativo, pubblicarli.<br />
Molti fanno opera di “sciacallaggio” e<br />
sperano che l’utente non se ne accorga.<br />
Altri chiedono, ma non aspettano la risposta:<br />
la cronaca richiede immediatezza.<br />
Ma sula pelle di chi? Certo, gli<br />
utenti andrebbero informati meglio, ma<br />
ovviamente se la legge non lo impone,<br />
nessun social network ne ha interesse.<br />
Ai giornalisti spetta il compito di agire<br />
con correttezza deontologica e capire<br />
che esiste, perché c’è, un confine tra il<br />
diritto di cronaca e il rispetto della privacy.<br />
fabiola fenili<br />
fabiola.fenili@gmail.com<br />
36 . GIORNALISTI / aprile 2012 aprile 2012 / GIORNALISTI . 37