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<strong>DEI</strong> <strong>SISTEMI</strong> <strong>MURARI</strong><br />

Faenza, 31 Marzo 1998<br />

DEGLI INTONACI<br />

DELLE FINITURE<br />

Luigi Vantangoli<br />

L’esperienza della tradizione<br />

Salubrità dei sistemi e dei materiali<br />

Il confronto con la tecnologia moderna


L’essere umano è una composizione di materie organiche, in massima parte liquidi.<br />

Per vivere assimila cibo, cioè carburante, che poi brucia unendolo con l’ossigeno. Questa reazione è di tipo<br />

esotermico, cioè genera calore; nel contempo avviene un forte rilascio di liquidi, che evaporando dalla superficie<br />

del corpo, genera un raffreddamento che contiene entro temperature ottimali il fisico.<br />

Avviene quindi uno scambio termoigrometrico con l’ambiente circostante.<br />

Per ottimizzare questo scambio il corpo umano si è circondato da una membrana semipermeabile, la pelle,<br />

che permette la fuoriuscita del vapore ma non permette l’ingresso di liquidi.<br />

Per ottenere il miglior funzionamento della macchina “corpo umano”, l’ambiente circostante deve permettere<br />

l’evacuazione e lo smaltimento del vapore acqueo emesso. Se questo non succede, si avvertono quei malesseri<br />

tipici che prova chi si trova occasionalmente nei climi umidi tropicali.<br />

Se si bloccasse completamente l’evacuazione del vapore, l’essere umano morirebbe.<br />

Noi viviamo, di norma circondati da tre pelli.<br />

La prima, il derma, abbiamo appena visto come sia la migliore membrana semipermeabile creata dalla natura.<br />

La seconda pelle ricopre il corpo umano per almeno due terzi della giornata, ed è costituita dagli abiti. Come<br />

la pelle vera, gli abiti devono lasciare permeare il vapore prodotto dal corpo. Tutti avranno provato<br />

l’esperienza di sudare e di soffrire di quel malessere appiccicoso indossando un impermeabile di tela cerata.<br />

Il motivo è semplice: il vapore emesso dal corpo non riesce a passare attraverso l’indumento impermeabile e<br />

si condensa, sotto forma di liquido, sull’esterno della prima pelle.<br />

La terza pelle, che solitamente ci circonda anch’essa per i due terzi della giornata, è l’involucro abitativo.<br />

Come le altre due pelli deve lasciar passare il vapore - ed in questo caso non sarà solo il vapore prodotto dai<br />

corpi contenuti, ma anche quello generato dalle attività domestiche - per non creare condizioni di insalubrità<br />

ed invivibilità dell’ambiente circoscritto.<br />

L’uomo,<br />

nel passaggio dalle caverne - ambienti naturali che spesso non presentavano certo condizioni di salubrità (ma<br />

allora c’era sicuramente un miglior spirito di adattamento, vista l’età media presunta di 20-30 anni) - agli involucri<br />

abitativi artificiali, ha sempre cercato di creare vani “permeabili” con l’ambiente esterno.<br />

Vuoi per esperienza, vuoi per fortuna, determinata dal fatto che fino al secolo scorso non c’erano materiali ottenuti<br />

per sintesi, dobbiamo ammettere che i sistemi costruttivi tradizionali si sono dimostrati efficaci nello<br />

svolgere il compito di terza pelle traspirante.<br />

Dalle case in pelle animale, alle case in legno, alle abitazioni in terra cruda, a quelle in terra cotta, tutte hanno<br />

funzionato egregiamente.<br />

I problemi sono nati con l’avvento dei materiali edili moderni, sia minerali - vedi cemento - che sintetici e organici<br />

- i derivati del petrolio - notoriamente poco traspiranti. Ad accelerare l’aggravamento della situazione è<br />

intervenuto il sempre più elevato costo della manodopera, che ha spinto il settore dell’edilizia alla ricerca<br />

ed alla produzione di materiali e tecniche applicative sempre più rapide.<br />

Si sono così persi i concetti del costruire “salubre” che venivano tramandati, senza subire alterazioni, da millenni,<br />

non per la scarsa capacità nel ricercare innovazioni, ma perché l’esperienza acquisita nei secoli evidenziava<br />

la perfetta armonia tra l’uomo ed il proprio involucro abitativo, enon necessitavano quindi<br />

cambiamenti.<br />

La necessità di velocizzare i tempi di costruzione per contenere i costi ha portato a costruire case con pareti<br />

esterne costituite da blocchi leggeri, cavi e porosi.<br />

La funzione portante, oggi, non è più assolta dal sistema mattone-malta, ma dallo scheletro in cemento armato.<br />

Contemporaneamente<br />

il cemento è entrato in modo massiccio come legante nelle malte per intonaco sostituendosi alla calce, per gli<br />

stessi motivi di economicità applicativa.<br />

Dovete sapere che esiste una precisa legge fisica che richiama l’acqua da un corpo più denso a quello<br />

meno denso, come se fosse attratta da una calamita.<br />

Quindi, se paragoniamo il sistema costruttivo tradizionale a quello moderno, abbiamo che il vapore, nel sistema<br />

tradizionale viene richiamato dal corpo più denso - costituito dal muro di mattoni pieno (massa<br />

Pagina 2


111<br />

evaporazione<br />

MURO TRADIZIONALE<br />

IN MATTONI PIENI<br />

Quello che succede quindi, è che<br />

non vi è più quel richiamo di vapore<br />

tra l’aria esterna e l’interno del muro.<br />

Vi è una barriera naturale,<br />

l’intonaco cementizio (vedi schema<br />

a lato) che, oltre ad avere una<br />

massa maggiore del muro, è notoriamente<br />

poco traspirante.<br />

Risultato: accumulo di vapore<br />

all’interno del muro con formazione<br />

di condense; resistenze termiche<br />

andate a quel paese.<br />

Quindi, sulla carta, abbiamo un sistema<br />

che rientra perfettamente nelle<br />

normative di contenimento energetico<br />

ma, nella pratica, no.<br />

Se a questo aggiungo i ponti termici<br />

creati dalla struttura in c.a., ho creato<br />

un ambiente dove vivranno meglio<br />

i pesci tropicali che non l’uomo.<br />

Se poi aggiungo un rivestimento isolante<br />

sintetico e poco traspirante, ho<br />

fatto bingo, ho creato l’ambiente naturale<br />

per gli ippopotami.<br />

Intonaci in CALCE<br />

110<br />

<br />

L u i g i<br />

V a n t a n g o l i<br />

evaporazione<br />

Pagina 3<br />

circa 1,8 - 2,2 kg/dmc) - a quello meno denso<br />

che è l’intonaco a calce (massa circa 1,3 -<br />

1,5 kg/dmc) e, successivamente sotto forma<br />

di vapore, dall’intonaco all’aria circostante<br />

che, come sappiamo, è molto più leggera<br />

dell’intonaco.<br />

Il muro resta sempre asciutto esplicando al<br />

massimo le capacità di resistenza termica.<br />

(vedi schema a lato)<br />

Se poi aggiungiamo a questo le proprietà di<br />

volano termico assunta dalla massa notevole<br />

del muro, ne deduciamo che abbiamo<br />

una macchina cibernetica perfetta, con il<br />

massimo rendimento e quindi il minor consumo<br />

energetico per riscaldarci in inverno e<br />

mantenerci freschi d’estate.<br />

Tutti voi conoscete bene il microclima di un<br />

palazzo antico, caldo d’inverno nonostante lo<br />

scarso riscaldamento e fresco in estate nonostante<br />

il caldo torrido esterno.<br />

Nel caso del sistema costruttivo moderno<br />

abbiamo solitamente un muro di mattoni alleggeriti<br />

che possiede una piccola massa<br />

(massa circa 1,3 - 1,7 kg/dmc) ed un intonaco<br />

cementizio con una massa ben maggiore<br />

(massa circa 1,9 - 2,2 kg/dmc).<br />

MURO IN MATTONI<br />

ALLEGGERITI<br />

<br />

L u i g i<br />

V a n t a n<br />

Intonaci in cemento<br />

non c'è<br />

evaporazione


LA PERMEABILITA’ AL VAPORE<br />

Ora parliamo di traspirabilità di materiali e del muro.<br />

Nella solita università tedesca, diversi anni fa, hanno calcolato che in un'abitazione abitata normalmente da<br />

quattro persone sono emessi, giornalmente, circa nove Lt d'acqua sotto forma di vapore; attività domestiche,<br />

bagni, cucina e camere da letto (ogni<br />

persona emette durante il sonno notturno da<br />

mezzo litro ad un litro di vapore acqueo).<br />

intonaco grezzo<br />

traspirante<br />

malta di<br />

finitura<br />

traspirante<br />

B Quest'acqua in parte fuoriesce attraverso le<br />

finestre ed in parte attraverso i muri.<br />

vapore<br />

Diversamente deve essere estratta dall'ap-<br />

A<br />

partamento con sistemi meccanici attraverso<br />

malta da<br />

rivestimento<br />

protettivo<br />

traspirante C condotti e tubazioni, come in alcuni casi d'edilizia<br />

moderna francese, costruita con si-<br />

allettamento<br />

stemi di cemento armato prefabbricato.<br />

vapore<br />

E' importante quindi capire come e perché i<br />

materiali che compongono un muro traspirino<br />

e debbono traspirare.<br />

evaporazione<br />

Vediamo brevemente cosa succede al passaggio<br />

del vapore attraverso diversi materiali.<br />

vapore<br />

Se eseguiamo una finitura traspirante, (vedi<br />

schema a lato) ad esempio un intonachino di<br />

calce, su di un intonaco di calce applicato a<br />

sua volta su di un muro tradizionale di mattoni,<br />

abbiamo un sistema che funziona<br />

PASSAGGIO DEL VAPORE D'ACQUA<br />

Luigi<br />

Vantangoli<br />

perfettamente sotto il profilo della migrazione<br />

di vapore attraverso il muro.<br />

ATTRAVERSO UN MURO CON<br />

RIVESTIMENTO PROTETTIVO TRASPIRANTE<br />

Se invece applichiamo una pittura sinteti-<br />

<br />

ca poco traspirante, su di un intonaco a calce,<br />

notoriamente molto traspirante, avremo un fenomeno<br />

di condensazione del vapore stesso<br />

dietro al rivestimento sintetico.<br />

La formazione di sacche di acqua (vedi schema<br />

a lato) nel rivestimento sintetico porta a sviluppare<br />

nuove patologie prima non esistenti.<br />

L’acqua sotto forma di liquido, al contrario del<br />

vapore acqueo che è notoriamente un gas, èin<br />

grado di disciogliere i sali contenuti normalmente<br />

nelle malte o nelle argille che compongono<br />

i mattoni.<br />

Questi sali, portati vicino alla superficie, cristallizzeranno<br />

creando degradi che interesseranno<br />

prima il rivestimento esterno e successivamente<br />

l’intonaco stesso.<br />

Nel caso di un intonaco cementizio, (vedi<br />

schema a lato) poco permeabile al vapore, applicato<br />

su di un muro antico (struttura generalmente<br />

molto permeabile al vapore) si svilupperanno<br />

patologie simili alle precedenti, che affioreranno<br />

in superficie anche dopo diversi anni,<br />

comportando costi di manutenzione straordinaria<br />

di muri ed intonaci molto elevati.<br />

Come misurare la permeabilità al vapore di un<br />

Pagina 4<br />

A<br />

vapore<br />

malta da<br />

a lle ttam ento<br />

vapore<br />

vapore<br />

intonaco<br />

grezzo<br />

tra spira nte<br />

malta di<br />

finitura<br />

intonaco<br />

tra spira nte<br />

rive stim ento<br />

protettivo<br />

NON TRASPIRANTE<br />

ACCUM ULO<br />

DI<br />

CONDENSA e<br />

sviluppo di sali<br />

NON C'E'<br />

evaporazione<br />

PASSAGGIO DEL VAPORE D'ACQUA<br />

ATTAVERSO UN MURO CON<br />

RIVESTIMENTO PROTETTIVO NON TRASPIRANTE<br />

C<br />

B<br />

Luigi <br />

Vantangoli


materiale.<br />

Ogni materiale, quindi, ha una propria capacità nel far passare più o meno vapore d'acqua, o meglio, oppone<br />

più o meno resistenza al passaggio del vapore.<br />

Come dare un valore a questa capacità di resistere. Si è pensato di utilizzare come termine di paragone<br />

l'aria. Però è importante che il rilievo sia fatto, per l’aria e per il materiale da controllare, nelle stesse condizioni<br />

ambientali, cioè con la stessa temperatura, la stessa umidità atmosferica e la stessa altitudine sul livello<br />

del mare. Sappiamo infatti che l’aria, se calda o fredda, se secca o umida, ha diversa capacità di opporre resistenza<br />

al passaggio del vapore.<br />

Questa capacità di resistere si chiama<br />

µ ,cioè la m greca.<br />

RESISTENZA<br />

µ è un numero puro perché è un rap-<br />

ALLA DIFFUSIONE DI VAPORE<br />

porto: tra il materiale che prendiamo<br />

in esame e l'aria, ovviamente nelle<br />

stesse condizioni ambientali. µ µ µ µ µ µ µ µ =<br />

OFFERTADAUNMATERIALE<br />

Vediamo per esempio la capacità di<br />

resistere al passaggio del vapore<br />

d'acqua di alcuni materiali che ci riguardano<br />

da vicino in questa esposizione.<br />

RESISTENZA<br />

ALLA DIFFUSIONE DI VAPORE OFFERTA<br />

DALL' ARIA NELLE MEDESIME CONDIZIONI<br />

ALCUNI VALORI DI µµµµ PER MATERIALI<br />

E M AN U FATTI IN ED ILIZIA<br />

<br />

Murature<br />

Materiale Densità<br />

Pagina 5<br />

kg/mc<br />

Murature in mattoni pieni e malta di cemento 120 2.000<br />

Murature in mattoni pieni e malta di calce 70 1.800<br />

Murature in mattoni forati e malta di cemento 20 600 - 1400<br />

M urature in pietra naturale e m alta di calce 5 - 25 1300 - 2000<br />

M urature in cem ento arm ato 100 - 150 2.400<br />

Murature in calcestruzzo alleggerito 50 - 100 800 - 1600<br />

Murature in gasbeton 10 - 20 400 - 800<br />

Intonaci e malte (legante + inerti) kg/mc<br />

Maltadicalce 10 1.600<br />

Malta di cemento 35 - 100 2.000<br />

Malta di calce e cemento 20 - 70 1.800<br />

Malta di calce e gesso 10 1.400<br />

Malta di solo gesso senza sabbia 10 1.200<br />

Finiture kg/lt<br />

Rivestimento acrilicoe polveri di quarzo 400 - 1800 1,70<br />

Rivestimento in calce e polveri di marmo 7 - 15 1,70<br />

Pittura acrilica 150 - 1600 1,50<br />

Tinta a calce 7 - 10 1,30<br />

Pittura silossanica 15 1,40<br />

µµµµ<br />

Luigi<br />

Vantangoli


Però la capacità di traspirazione di un corpo non dipende solamente dal µ ma anche dallo spessore del<br />

materiale che il vapore deve attraversare.<br />

E' ovvio che più è grande lo spessore e più tempo ci mette a passare il vapore d'acqua.<br />

Quindi la traspirazione di un materiale dipende direttamente dal µ e dallo spessore del materiale stesso. Questa<br />

moltiplicazione µ x spessore del materiale (espresso in metri) porta ad un valore internazionalmente<br />

conosciuto come Sd.<br />

Per calcolare la capacità di traspirazione di una sistema murario completo, costituito cioè dal muro portante,<br />

dagli intonaci (interno ed esterno) e dalle finiture sulle due superfici, dovremo sommare il valore Sd di ogni<br />

singolo manufatto.<br />

CENNI STORICI<br />

PER ESEM PIO:<br />

INTONACO DI CALCE E SABBIA<br />

µ µ µ µ = 10 X Spessore (in m.) 0,02<br />

Sd = 0,2<br />

Perché i sistemi costruttivi del passato sono andati così bene da giungere fino ai giorni nostri superando ogni<br />

tipo d'avversità?<br />

E’ ovvio come nell'antichità non esistessero laboratori che verificassero la qualità dei materiali e dei sistemi<br />

costruttivi.<br />

Vi era però il lento trascorrere del tempo. I ritmi di vita erano molto più rallentati di quelli odierni, ed era<br />

normale saper aspettare qualche decennio per vedere i risultati di una nuova metodologia costruttiva.<br />

Una volta trovati i sistemi migliori, si tramandavano naturalmente di generazione in generazione. L'impronta<br />

diversa era tutt’al più sul piano architettonico e decorativo, ma non a livello strutturale e tecnico.<br />

Va ricordato, purtroppo che, nella storia, i maggiori impulsi a cercare sistemi tecnologicamente migliorativi,<br />

sono pervenuti sempre dalla scienza militare.<br />

Le imponenti fortificazioni del passato richiedevano sempre la massima espressione della scienza delle costruzioni.<br />

Ancora oggi, la più rapida evoluzione della tecnologia proviene sempre dal settore militare e, successivamente,<br />

trasmessa al settore civile.<br />

I sistemi murari tradizionali sono composti da blocchi, di pietra naturale o di cotto - in qualche caso anche mattoni<br />

crudi essiccati al sole - e da malta legante composta prevalentemente da calce aerea, sabbie e cotto macinato.<br />

Poi vedremo meglio le composizioni.<br />

Nella storia non sono quasi mai esistiti muri esterni che non fossero protetti dall'intonaco.<br />

Pagina 6


Sin dalle origini i muri, costruiti con sassi ed argilla, erano protetti da strati d’argilla, spesso impastata con fibre<br />

vegetali o crine animali.<br />

L'abitudine di proteggere le strutture portanti era tale che, i greci prima ed i romani poi, erano soliti rivestire<br />

persino le superfici di marmo dei templi e delle statue esposte nelle piazze, con piccoli strati a base di<br />

calce e polveri di marmo.<br />

Sui muri di mattoni, nell’antichità, si era soliti riportare uno strato di malta composta da calce, sabbia e<br />

spesso anche granuli ottenuti dalla macinazione di coppi e mattoni - il famoso cocciopesto.<br />

Lo scopo di questi progenitori degli intonaci, se così possiamo chiamarli, era quello di proteggere le strutture<br />

portanti, in altre parole i muri esterni, dagli agenti atmosferici, sacrificandosi al loro posto.<br />

Per questo motivo oggi, nel restauro, si parla spesso di superfici di sacrificio, riferendosi a questi rivestimenti<br />

esterni delle facciate.<br />

Con il passare dei secoli, l'intonaco è andato sempre più raffinandosi nelle forme.<br />

Gli architetti non lo utilizzavano più solamente per proteggere le facciate, ma anche per inventare motivi architettonici<br />

che dessero valore e risalto al fabbricato, plasmando finte colonne, finti marmi, false cortine murarie<br />

di mattoni a vista o finte zoccolature bugnate ad imitazione della pietra naturale.<br />

La storia c’insegna che un intonaco, per durare a lungo, dovrebbe essere applicato in diversi e piccoli<br />

strati, e non in un solo ed unico.<br />

Senza dover arrivare ai sette famosi strati prescritti da Vitruvio - un architetto romano vissuto al tempo di Cristo,<br />

che per primo scrisse tutte le regole dell'arte edificatoria raccogliendole addirittura in dieci libri - un buon<br />

intonaco deve essere realizzato in almeno tre strati, in questo modo:<br />

Un primo rinzaffo leggero, per creare un buon aggancio alla muratura.<br />

Un arriccio, cioè un riporto di malta grezza dallo spessore di circa 1 -2 centimetri, applicato sul primo strato<br />

dopo aver eseguito le guide, se occorrono.<br />

Una mano di finitura sottile 1-2 millimetri che servirà a compattare le superfici, rendendole più resistenti<br />

all'aggressione degli agenti atmosferici e pronte per ricevere le finiture colorate.<br />

L'INTERAZIONE <strong>DEI</strong> MATERIALI<br />

L'enorme differenza di fondo, che c'è tra il sistema costruttivo tradizionale - cioè proveniente dalla tradizione<br />

storica - e quello moderno, è l'interazione che si attiva fra i materiali (sia di tipo chimico sia fisico) e fra le persone<br />

che partecipavano alla costruzione dell'edificio, e la mancanza di questa reciproca influenza nell'edificio<br />

moderno.<br />

L'intonaco di calce, a differenza di quello cementizio, ha una perfetta adesione al mattone non solo fisica, ma<br />

anche chimica.<br />

La finitura di calce, a sua volta, si sposa chimicamente con l'intonaco di calce, formando un corpo unico, indissolubile,<br />

e per questo molto duraturo nel tempo.<br />

Le stesse finiture in calce invece, e soprattutto le tinte che, non facendo “corpo”, risentono maggiormente della<br />

mancata adesione chimica al supporto, se applicate su intonaci moderni e cementizi, hanno una durata limitata<br />

nel tempo in quanto non formano quel corpo unico e solidale e sono maggiormente esposte ed aggredibili<br />

dagli agenti atmosferici.<br />

Le finiture moderne, d'origine sintetica, formano invece una pellicola, una pelle, che si attacca alla superficie<br />

grazie alla colla, la resina, contenuta nel prodotto. Quando questa “colla” invecchia, degradando con i raggi<br />

UV e gli agenti atmosferici in genere, il rivestimento sintetico perde elasticità e tende a mettere in evidenza le<br />

cavillature dell'intonaco distaccandosi poi in larghe foglie.<br />

Questo perché non è avvenuta alcuna reazione chimica con il supporto.<br />

Manca quindi l'interazione fra i materiali, e questo va a discapito della qualità e della durata.<br />

La necessità di specializzarsi sempre in modo più specifico porta gli applicatori ad avere una conoscenza generale<br />

delle varie lavorazioni sempre più limitata.<br />

Pagina 7


Chi costruisce il muro spesso non fa l'intonaco, e chi fa l'intonaco non applica la tinteggiatura.<br />

Così succede che, ogni volta che arriva lo specialista in cantiere, che conosce a perfezione il proprio lavoro,<br />

non si preoccupa di verificare se il supporto preparato da chi è venuto prima di lui, sia sano o costruito bene.<br />

Non è sua competenza.<br />

Altrettanto succede per i materiali.<br />

A differenza di una volta, infatti, i materiali moderni sono costruiti, provati, certificati e posti in opera senza tenere<br />

conto del contesto nel quale sono applicati, senza tenere conto se possono "lavorare" in sintonia con gli<br />

altri materiali, se s'integrano in modo armonioso nella costruzione o se creano e innescano nuove patologie.<br />

Vi porto l'esempio del pannello d'isolante termico sintetico, che ottiene risultati incredibili prestazionali in laboratorio<br />

e poi, una volta posto in opera ad esempio nell'intercapedine di un muro, crea una barriera al vapore<br />

che, oltre ad annullare l'effetto d'isolamento termico, genera magari muffe e batteri.<br />

Un altro esempio, più vicino a noi, consiste nel risarcire alcune parti di muri antichi utilizzando malta cementizia<br />

che, come tutti voi sapete, è estremamente rigida. E' come dare un pugno nello stomaco al muro che, da<br />

questo momento in poi, non "lavorerà" più in modo omogeneo, ripartendo quindi i carichi in modo diverso. Poi<br />

ci stupiamo se, dopo l'intervento, appaiono crepe e lesioni che prima non vi erano.<br />

I LEGANTI PER GLI INTONACI<br />

I leganti degli intonaci tradizionali sono, in ordine di scoperta:<br />

• il gesso<br />

• la calce aerea bagnata, cioè il grassello<br />

• calce aerea in polvere, cioè la calce idrata<br />

• la calce idraulica naturale<br />

• la calce idraulica sintetica<br />

• il cemento<br />

• la calce idraulica artificiale<br />

IL GESSO<br />

E' l'unico legante minerale a Ph acido. Tutti gli altri sono alcalini. Messo quindi a contatto con il ferro lo corrode<br />

invece di proteggerlo come succede per la calce ed il cemento.<br />

In natura si trova sotto forme diverse, dai cristalli lenticolari alle rose del deserto.<br />

In <strong>It</strong>alia lo troviamo in Emilia Romagna, Toscana, Sicilia.<br />

Scaldato a 120° - 180° C. perde una molecola d'acqua e si chiama semidrato, noto commercialmente come<br />

gesso da stucco o gesso da modellatori.<br />

Questo, miscelato con gesso crudo cristallino, tritato molto fine, dà origine alla scagliola.<br />

Portando la cottura a 200° - 300° C., perde completamente l'acqua di cristallizzazione e si trasforma in anidride<br />

(utilizzata per alcuni intonaci moderni e sottofondi per pavimenti).<br />

Gesso da stucco, Scagliola ed Anidride, impastati con l'acqua, fanno rapidamente presa riprendendosi le due<br />

molecole d'acqua e sviluppando un moderato calore.<br />

Oltre i 500° C. si ottiene il gesso Idraulico, o gesso Bruciato, o gesso Morto.<br />

Il Gesso è un prodotto molto igroscopico, cioè assorbe facilmente acqua crescendo contemporaneamente di<br />

volume.<br />

Deve quindi essere usato con molta cautela negli esterni e nelle parti umide.<br />

Pagina 8


LA CALCE AEREA<br />

Risale come scoperta a circa 6-7.000 anni orsono. Possiamo affermare che ha quindi subito un lungo collaudo<br />

dal tempo.<br />

La calce aerea si ottiene dalla cottura, in forni continui e verticali dalla caratteristica forma di tino, di calcare,<br />

il carbonato di calcio.<br />

La materia prima può essere costituita da ciottoli di fiume (che contengono normalmente più impurità - ma<br />

secondo alcuni luminari proprio queste impurità conferiscono maggiore qualità al grassello) o da materiale di<br />

cava (che dà origine appunto ad una calce più pura ma più indicata per l'industria siderurgica e per gli zuccherifici).<br />

LA COTTURA E LO SPEGNIMENTO<br />

La cottura in forni a legna garantisce una cottura a temperature idonee, data la bassa emissione di calorie<br />

del combustibile, e per questo motivo è preferita, se non addirittura pretesa, dalle Soprintendenze ai<br />

Beni Architettonici ed Ambientali italiane.<br />

Il Carbonato di Calcio (CaCo3), nella fase di cottura, perde peso e aumenta leggermente di volume, diventando<br />

Ossido di Calcio (CaO), cioè la calce viva.<br />

La cottura, in forni a legna, avviene tra i 900° ed i 1.100° C.; in forni a metano, carbone o gasolio può arrivare<br />

anche a 1.250° - 1.300° C., con il rischio però di snaturare il prodotto finito.<br />

108<br />

CO2<br />

Anid. C.<br />

H2 O<br />

Acqua<br />

Luigi<br />

Vantang Cottura a<br />

900-1000°C<br />

Ca O<br />

CALCE VIVA<br />

Ossido di Calcio<br />

Ca Co 3<br />

CALCARE<br />

Carbonato di Calcio<br />

H2 O<br />

Acqua<br />

Spegnimento<br />

Lo spegnimento della calce viva avviene in una specie di grossa betoniera dove viene introdotta anche l'acqua<br />

necessaria allo scopo. L'Ossido di calcio si trasforma così in Idrossido di calcio, cioè in Calce Aerea<br />

Spenta (Ca(OH)2).<br />

Durante lo spegnimento avviene una reazione chimica che produce calore, circa 150° C.<br />

La differenza che c'è tra la calce aerea in polvere, la calce idrata, e quella bagnata, il grassello, èsolonel<br />

diverso contenuto di acqua.<br />

Se aggiungiamo, infatti, al sasso di calce viva, solo il minimo necessario di acqua necessario per spegnerla<br />

chimicamente, otteniamo la Calce Aerea Idrata in polvere.<br />

Se continuiamo ad immettere acqua otteniamo il Grassello di Calce aerea.<br />

Il Grassello è posto in vasche o buche a stagionare.<br />

Pagina 9<br />

CO2<br />

Anid. C.<br />

H2 O<br />

Acqua<br />

Presa e<br />

indurimento<br />

Ca (OH) 2<br />

CALCE SPENTA<br />

Grassello o<br />

Calce Idrata<br />

Idrossido di Calcio


Durante la stagionatura non avviene alcun cambiamento dal punto di vista chimico, ma solo fisico. I cristalli<br />

dell'Idrossido di Calcio, cioè del grassello, che hanno una forma esagonale, da una situazione di perfetto disordine,<br />

si dispongono gradualmente e lentamente in tante file parallele, come tanti salsicciotti.<br />

A questo ordine microfisico corrisponde un materiale più compatto e tenace, molto più lavorabile con la cazzuola<br />

rispetto al grassello non stagionato.<br />

Sappiamo che il solito Vitruvio, circa 2.000 anni fa, prescriveva una stagionatura del grassello di 10 anni, prima<br />

dell'utilizzo.<br />

LA PRESA E L'INDURIMENTO DELLA CALCE AEREA<br />

La calce aerea bagnata, cioè Il grassello, fino a quando non èacontattoconl'aria,nonattivaalcunprocesso<br />

di presa ed indurimento.<br />

Una volta posta in opera invece, venendo a contatto con l'aria, o meglio, con l'Anidride Carbonica che è<br />

nell'aria, si attiva prima la presa e poi il processo di indurimento, chiamato Carbonatazione.<br />

Questo processo è molto lento in quanto, per ottenere 100 chili di calce carbonatata - cioè il Carbonato di<br />

Calcio o Calcare dal quale si era partiti per ottenere la calce -, occorrono 63 Kg d'Idrossido di Calcio (cioè<br />

di grassello) e ben 37 Kg d'Anidride Carbonica.<br />

Se pensiamo che nell'aria l'Anidride Carbonica è presente in percentuale bassissima, solo nella misura dello<br />

0,03%, possiamo spiegarci la lentezza di questo fenomeno.<br />

Abbiamo quindi visto come l'uomo, in una delle maggiori e meravigliose scoperte che abbia mai fatto, è in<br />

grado di trasformare la roccia, plasmandola e facendola tornare ancora roccia.<br />

Pagina 10


LE CALCI IDRAULICHE<br />

Come tante scoperte avvenute per caso, gli antichi romani videro che aggiungendo al grassello di calce aerea<br />

una sabbia d'origine vulcanica tipica dell'<strong>It</strong>alia Centrale, la pozzolana, la calce aerea stessa subiva una reazione<br />

diversa dal solito, molto più veloce. Addirittura la malta confezionata in questo modo induriva con la<br />

stessa acqua contenuta nel grassello, senza dover attendere di essere esposta all'aria.<br />

Era nata la calce idraulica, la calce idraulica artificiale.<br />

Cosa rende idraulica la calce aerea?<br />

Sono elementi acidi, provenienti dal sottosuolo attraverso le eruzioni vulcaniche, come l'Ossido di Silice,<br />

l'Ossido di Alluminio, l'Ossido di Ferro ecc. che, miscelati con la calce aerea spenta, danno origine a reazioni<br />

idrauliche.<br />

Da quel momento in poi lo sviluppo delle grandi opere edili subii un'accelerazione enorme.<br />

Finalmente si potevano fare getti di conglomerato anche di grande spessore, tanto la calce induriva<br />

contemporaneamente sia in superficie sia in profondità.<br />

Nella storia edificatoria si è utilizzato, nella composizione di malte e calcestruzzi, anche uno strano inerte<br />

artificiale che poi non è assolutamente inerte dal punto di vista chimico.<br />

Reagisce, infatti, con la calce aerea, mettendole a disposizione quegli stessi elementi acidi che abbiamo appena<br />

visto, cioè l'ossido di silice, alluminio e ferro.<br />

E' il famoso Cocciopesto, cioè l'argilla cotta e successivamente frantumata.<br />

Ebbene si, possiamo creare una calce idraulica artificiale se al grassello aggiungiamo il cocciopesto al<br />

momento del confezionamento in cantiere.<br />

Questa scoperta ha permesso ai Romani - ma sembra che loro copiassero questa tecnologia dalle civiltà mediorientali<br />

- di edificare con il calcestruzzo in tutta Europa, dal momento che l'argilla - materia prima necessaria<br />

per ottenere il cotto –eilcalcare–materiaprimadacuisiottienelacalce-sonopresentiinogni Paese, a<br />

differenza della pozzolana.<br />

Con calcestruzzo composto da calce, cocciopesto, pozzolana ed inerti vari si è costruito millenovecento anni<br />

orsono il Pantheon - monumento funerario di imperatori e re -, che ha una cupola di ben quarantatre metri di<br />

diametro, uno in più di San Pietro. Il calcestruzzo dei muri del Pantheon, oggi ha una resistenza a compressione<br />

che si aggira tra i 500 ed i 900 kg/cmq.<br />

Con gli stessi impasti di grassello, sabbia e cocciopesto o pozzolana, gli antichi romani hanno costituito il sottofondo<br />

in calcestruzzo per oltre 20.000 km di strade.<br />

CALCARE<br />

+<br />

OSSIDODI<br />

SILICIO<br />

OSSIDO DI<br />

FERRO<br />

OSSIDO DI<br />

ALLUMINIO<br />

+<br />

cottura<br />

900° c.<br />

cottura<br />

900° C.<br />

+ +<br />

CALCE IDRAULICA<br />

NATURALE<br />

acqua<br />

=<br />

CALCE SPENTA(GRASSELLO)<br />

OSSIDODI<br />

ALLUMINIO<br />

POZZOLANA<br />

POZZOLANA<br />

POZZOLANA<br />

o o COCCIOPESTO<br />

COCCIOPESTO<br />

CALCE IDRAULICA<br />

ARTIFICIALE<br />

Pagina 11<br />

OSSIDO DI<br />

SILICIO<br />

OSSIDODI<br />

FERRO<br />

Luigi <br />

Vantangoli<br />

Lo stesso<br />

Colosseo<br />

ha inferiormente<br />

un<br />

anello di<br />

fondazione<br />

dalla larghezza<br />

di<br />

circa50me<br />

dall'altezza<br />

di<br />

m.<br />

oltre 10<br />

In epoche<br />

successive i<br />

Romani<br />

scoprirono<br />

cave e miniere<br />

di calcare<br />

di colore<br />

più scuro,<br />

non più<br />

bianco, da<br />

cui ricavavano<br />

una<br />

calce che,


cotta nel solito modo, dava però origine ad un legante che faceva presa ed induriva con l'acqua e non più con<br />

l'aria.<br />

In pratica questo calcare aveva imprigionato in sé dell’argilla nel momento del raffreddamento della crosta terrestre,<br />

all’epoca del quaternario, dando origine a “marne argillose” che, guarda caso, offrono naturalmente la<br />

materia prima per ottenere una buona calce idraulica.<br />

E’ la calce idraulica naturale, la famosa Calce Mora, che ebbe sempre più utilizzo nel Medio Evo, fino a diventare<br />

il legante preferito dei grandi architetti del Rinascimento, Palladio in testa.<br />

La calce idraulica sintetica è invece nata con l'avvento del cemento, ed è ottenuta sfruttando gli scarti di produzione<br />

del cemento stesso. E’ quella calce presente in tutti i moderni cantieri e conosciuta per le scarse qualità<br />

meccaniche. Di solito viene usata come additivo del cemento nelle malte bastarde, per rallentare un po’ i<br />

tempi di presa del cemento<br />

e diminuire la rigidità che assumerebbe<br />

il manufatto, ma<br />

che non è possibile utilizzare<br />

%DIARGILLA PRESA<br />

da sola come legante.<br />

CALCI I<br />

(in misc.) GG.<br />

E' una "finta calce", prodotta<br />

con lo scarto del cemento e DEBOLMENTE IDRAULICHE 0,10 - 0,16 5,3 - 8,2 15 - 30<br />

con ancora l'aggiunta di un MEDIAMENTE IDRAULICHE 0,16 - 0,31 8,2 - 14,8 7 - 11<br />

pizzico di cemento e di gesso<br />

per conferirle un minimo PROPRIAMENTE IDRAULICHE 0,31 - 0,41 14,8 - 19,1 4 - 7<br />

di potere legante.<br />

IL CEMENTO<br />

EMINENTEMENTE IDRAULICHE 0,41 - 0,52 19,1 - 21,8 4<br />

CALCI LIMITI: CEMENTO A P.L. 0,52 - 0,65 21,8 - 26,8 4<br />

CEMENTO A P.R. 0,65 - 1,28 26,8 - 40 4<br />

dove I =<br />

Brevettato nel 1824 da un inglese, un certo Joseph Aspdin, viene ottenuto dalla cottura di Calcare miscelato<br />

con argille, in forni continui ed a temperature attorno ai 1.500° C.<br />

Il Clinker che ne deriva viene ancora miscelato con altri elementi, quali gesso, pozzolana e loppa di scarto della<br />

produzione della ghisa per dare origine rispettivamente ai Cementi Portland, Cementi Pozzolanici e Cementi<br />

d'Altoforno. Una diversa strada è utilizzata per fabbricare il Cemento Alluminoso, quello espansivo, ottenuto<br />

dalla cottura di Calcare miscelato alla Bauxite, il minerale da cui si ricava l'alluminio.<br />

La nota rigidità degli intonaci cementizi (elemento estremamente negativo per un manufatto esterno sottoposto<br />

a escursioni termiche che raggiungono anche i 70° C. nel corso dell’anno) e la scarsa traspirazione, hanno<br />

provocato un insieme di problematiche che però, data la diffusione massiccia nel mercato, di tali prodotti, vengono<br />

recepite come “normalità”.<br />

Altri elementi che differenziano il Cemento dalla Calce sono l’igroscopicità, cioè la capacità di trattenere l'acqua<br />

assorbita, la notevole rigidità e la massa molto più elevata della Calce stessa.<br />

Pagina 12<br />

Silice + Allumina<br />

Ossido di Calcio<br />

Luigi <br />

Vantangoli


CALCARE<br />

ARGILLA<br />

CALCARE<br />

BAUXITE<br />

+<br />

cottura<br />

1500° c.<br />

cottura<br />

1500° c.<br />

+ =<br />

Il cemento ha una presa idraulica molto più rapida di quella della calce.<br />

E questo è l'unico fattore che ha determinato il suo ingresso nella composizione degli intonaci moderni:<br />

il semplice motivo è perché permette di realizzare gli intonaci più rapidamente, contenendo i costi della<br />

manodopera che sono purtroppo sempre più elevati.<br />

GLI INERTI<br />

La loro pulizia, la composizione, la loro forma e la miscelazione fra le varie dimensioni sono determinanti, ripetiamo<br />

DETERMINANTI, per ottenere malte e calcestruzzi di qualità.<br />

Pensate che il solito Vitruvio prescriveva di lavarli almeno tre volte e con cura prima del loro utilizzo.<br />

Gli inerti posso essere prelevati dal fiume o dalla cava.<br />

I primi sono tondeggianti, i secondi invece spigolosi perché provengono dalla frantumazione di pezzi più grandi.<br />

Il diametro dell'inerte utilizzato nelle malte è fondamentale per ottenere un prodotto di buona qualità. Inerti<br />

piccoli richiedono maggiori quantità di legante:<br />

vediamo, infatti, che se compariamo un granulo<br />

dalle dimensioni ipotetiche di 2 millimetri per<br />

lato, che avrà quindi un volume di 8 millimetri<br />

cubi ed una superficie di 24 millimetri quadrati,<br />

con otto granuli dalle dimensioni di 1 mm per<br />

2<br />

lato, a parità di volume, cioè 8 mmc, la superficie<br />

raddoppia, d iventando 48 mmq e richie-<br />

2<br />

1<br />

1<br />

dendo quindi molto più legante per creare la<br />

2<br />

1<br />

stessa coesione.<br />

V =2x2x2= 8 V =1x1x1xn.8 =8<br />

S =2x2xn.6=24 S =1x1xn.6xn.8=48<br />

= CLINKER PORTLAND<br />

+<br />

Pagina 13<br />

+<br />

GESSO GESSO<br />

GESSO<br />

CEMENTO<br />

PORTLAND<br />

CEMENTO<br />

ALLUMINOSO<br />

+<br />

+<br />

LOPPA POZZOLANA<br />

CEMENTO<br />

ALTOFORNO<br />

+<br />

CEMENTO<br />

POZZOLANICO<br />

Luigi <br />

Vantangoli


%di<br />

peso<br />

100<br />

90<br />

80<br />

70<br />

60<br />

50<br />

40<br />

30<br />

20<br />

10<br />

discreta<br />

buona<br />

0 1 2 3 4 5 6 7 ∅<br />

in mm.<br />

GRANULOMETRIA<br />

DEGLI INERTI<br />

PER UNA MALTA DI CALCE<br />

Luigi<br />

Vantangoli <br />

Pagina 14<br />

E’ fondamentale quindi ottenere una buona curva<br />

granulometrica, cioè la giusta miscelazione fra diverse<br />

dimensioni di inerti, per ottenere un impasto dalla<br />

consistenza e dalle caratteristiche omogenee e migliori.<br />

Gli inerti piccoli andranno infatti a colmare i vuoti fra<br />

gli inerti più grossi, diminuendo le superfici da ricoprire<br />

con il legante.<br />

Bene, visti i leganti e gli inerti - o aggregati che siano - sappiamo come comporre le malte.<br />

Queste sono le malte per murature portanti, classificate secondo il d.m. del 20.11.87.<br />

CLASSE COMPONENTI<br />

RAPPORTI Rc<br />

VOLUMICI N/mmq<br />

M4 - IDRAULICA Calce Idraulica - Sabbia 1 3 2,5<br />

M4 - POZZOLANICA Calce Aerea Pozzolana Sabbia 1 3 2,5<br />

M4 - BASTARDA Cemento Calce Idraulica Sabbia 1 2 9 2,5<br />

M3 - BASTARDA Cemento Calce Idraulica Sabbia 1 1 5 5<br />

M2 - CEMENTIZIA Cemento Calce Idraulica Sabbia 1 0,5 4 8<br />

M1 - CEMENTIZIA Cemento - Sabbia 1 3 12<br />

Le malte, dopo aver assolta la funzione di allettare i componenti di una muratura tradizionale, abbiamo già visto<br />

come siano state usate anche per proteggere dagli assalti del tempo le strutture murarie stesse.<br />

Inizialmente si apportava un piccolo strato di malta, che poteva essere composta da calce aerea e polveri di<br />

marmo, o da calce aerea e frammenti di cocciopesto - sembra che le mura di Cartagine fossero così protette<br />

dai Fenici - .


Questo piccolo strato ha assunto nella storia il nome generico di Strato di sacrificio.<br />

Infatti si sacrificava per salvare la struttura portante dell'edificio, la cortina muraria.<br />

Ma, ripetiamo, lo strato di sacrificio non ricopriva solo i muri di mattoni o pietra, ma anche i bellissimi templi<br />

greci e romani (ne è stata trovata traccia sulle colonne della Valle dei Templi di Agrigento, ricostruite per anastilosi,<br />

nelle parti rimaste sepolte dal terreno per secoli).<br />

Cioè gli antichi avevano capito, meglio di noi, che la manutenzione preventiva comportava una miglior preservazione<br />

dell'edificio nel tempo.<br />

Gli architetti militari romani prescrivevano interventi di manutenzione ogni certo periodo di anni (dai 15 ai 30<br />

circa) già nel momento in cui terminavano e consegnavano le opere.<br />

I marmi bianchi dell'antichità venivano sovente ricoperti da scialbi composti da grassello e polveri di marmo e,<br />

guarda caso, pigmenti colorati. Già, perchè anche nel passato, consideravano il colore come fantasia di vita.<br />

Chi non sa che il Partenone era colorato, così come anche le state equestri nelle piazze romane.<br />

Nel tempo poi questo strato di sacrificio è andato raffinandosi.<br />

Tecniche rinascimentali e prerinascimentali portavano a rivestire le cortine murarie con un leggero strato di<br />

calce e polveri di cocciopesto che uniformava cromaticamente i diversi colori delle cortine murarie e le lasciava<br />

intravedere.<br />

Questa tecnica, sviluppata in diversi modi è detta della Sagramatura.<br />

Ingrossando un po’ lo strato di sacrificio gli operatori videro che potevano nascondere le eventuali imperfezioni<br />

della cortina muraria, creare superfici architettoniche, giocare, ingannare con false superfici e colori.<br />

Era nato l'Intonaco.<br />

Vedete come, per gioco e per necessità - spesso le imprese erano costrette a risparmiare anche allora - gli<br />

applicatori di intonaci e rifinitori di superfici si siano divertiti a creare le finte facciate di mattoni in faccia a vista,<br />

i finti marmi.<br />

In ogni caso rimaneva ben presente e lucido il concetto che questo strato corticale serviva a proteggere i muri<br />

sottostanti, e non a portarli, come si fa quasi oggi.<br />

Il muratore classico di oggi pensa: un buon intonaco deve essere forte e duro per resistere, e giù con il cemento.<br />

Niente di più sbagliato. Il cemento crea una massa troppo pesante e non fa passare il vapore del muro, come<br />

abbiamo già visto, ma, soprattutto, il cemento è rigido come il vetro. Niente di più sbagliato mettere un materiale<br />

rigido all'esterno, dove le sollecitazioni dovute alle escursioni termiche provocano dilatazioni e movimenti.<br />

La conseguenza è un insieme di patologie che porteranno poi ad un veloce degrado dell'intonaco stesso ed<br />

anche della muratura sottostante.<br />

Ancora più evidente è il problema degli spacchi e distacchi se applichiamo un intonaco cementizio su di un<br />

muro vecchio o antico che, per sua natura è una struttura "morbida".<br />

Quando si risarcisce e protegge un muro antico è importante intervenire con malte che abbiano la composizione<br />

uguale o simile per caratteristiche fisico-chimiche di quelle originali. Ricostruire una parte di muro antico<br />

con il cemento è come fare un trapianto di pelle utilizzando una lamiera di alluminio, invece che altra pelle.<br />

TECNICHE APPLICATIVE DEGLI INTONACI A CALCE<br />

Preparazione del supporto vecchio:<br />

La parete da intonacare deve essere ben pulita, esente da problemi di umidità per risalita capillare e da sali.<br />

Eventuali tracce di gesso devono essere rimosse completamente o quantomeno per diversi centimetri di profondità<br />

verso l'interno del muro.<br />

La parti di muro che devono essere risarcite, perché labenti o ammalorate, saranno ricostruite con la stessa<br />

malta di calce utilizzata per gli intonaci. Questa malta ha infatti caratteristiche fisico-chimiche molto simili od<br />

uguali a quella originale impiegata per costruire il muro.<br />

Pagina 15


Intervenendo in questo modo, evitiamo di procurare danni ed innescare future patologie ad un muro, come ad<br />

esempio lo sviluppo di sali, cosa invece che succede facilmente quando impieghiamo malta cementizia per riparare<br />

vecchi muri. Il cemento venduto oggi contiene quasi sempre dei sali che derivano dalle impurità delle<br />

materie prime impiegate per la produzione.<br />

La malta cementizia è notoriamente molto rigida e non si adatta a vecchie strutture costruite con malta di calce<br />

e sabbia o addirittura terra, molto più elastica e traspirante.<br />

Preparazione del supporto nuovo:<br />

Nel supporto nuovo cureremo la pulizia delle superfici con una veloce passata di spazzola e procederemo all'operazione<br />

di bagnatura con acqua ben pulita, abbondando sempre nella stagione calda<br />

Miscelazione dei materiali:<br />

MALTE A BASE DI GRASSELLO DI CALCE AEREA<br />

L'intonaco di calce aerea si presenta in sacchi preconfezionati di polietilene che contengono malta<br />

grezza, adatta per eseguire sia il primo rinzaffo che l'arriccio successivo, composta da grassello di<br />

calce ben stagionato e sabbia pulita ed in opportuna curva granulometrica.<br />

Il prodotto è già bagnato e non va aggiunta acqua.<br />

Il contenuto del sacco va svuotato in una betoniera, mescolato per pochi minuti per omogeneizzarlo e<br />

renderlo plastico, ed essere applicato con facilità.<br />

Evitare l’uso della molazza perché la miscelazione in questa attrezzatura macina gli inerti, rompendone<br />

la curva granulometrica e modificandone le caratteristiche.<br />

Se vogliamo rendere idraulica la malta grezza di grassello e sabbia grossa, non dobbiamo far altro<br />

che aggiungere la polvere di cocciopesto. Come abbiamo visto in precedenza, l'aggiunta del cocciopesto,<br />

che in questo caso potrà variare tra i due ed i sei chilogrammi per ogni confezione di malta<br />

grezza da trenta chili, provoca una reazione che trasforma la calce aerea in calce idraulica.<br />

Questa additivazione, importante per il primo rinzaffo, è sempre consigliata quando ci si trova davanti<br />

a superfici poco consistenti ,come muri antichi, oppure difficili per l'aggrappaggio, quali il cemento<br />

armato.<br />

L'additivazione con cocciopesto è necessaria anche quando è molto freddo e umido, condizioni queste<br />

che di solito inibiscono la presa e l'indurimento della calce aerea rallentandoli notevolmente.<br />

Un altro modo per accelerare la presa, durante la stagione fredda, della malta di calce che utilizzeremo<br />

per realizzare spigoli e fasce, ma da usare però con molta cautela e attenzione, è quello di additivare<br />

il contenuto del sacco di malta grezza con una cazzuola di cemento. Questa piccola quantità<br />

di cemento è più che sufficiente per far indurire fasce e spigoli nel giro di poche ore, permettendo agli<br />

applicatori di lavorare senza avere tempi morti<br />

La omogeneizzazione del materiale è ottenuta con pochi giri di betoniera.<br />

Quando il materiale è pronto, resta attaccato alla cazzuola rovesciata.<br />

Una volta omogeneizzata la malta grezza in betoniera, possiamo applicarla sia a mano che con le<br />

macchine in dotazione alle squadre specializzate. Questo è possibile grazie alla elevata plasticità,<br />

naturale, della malta di calce.<br />

MALTE A BASE DI CALCE IDRAULICA IN POLVERE<br />

La calce idraulica naturale si presenta in polvere e deve essere miscelata in betoniera con gli inerti<br />

ben puliti ed in opportuna curva granulometrica. Il rapporto di miscelazione è di circa 3–4quintalidi<br />

calce per metro cubo di sabbia, dipende dall’utilizzo della malta, dalla dimensione e dalla pulizia degli<br />

inerti.<br />

Il tempo giusto di omogeneizzazione si ha quando la malta resta attaccata alla cazzuola rovesciata.<br />

Pagina 16


L'applicazione<br />

Il rinzaffo.<br />

Come già dicevamo, è importante applicare un primo rinzaffo sottile alla parete da intonacare. Se ritenuto necessario,<br />

secondo le proprie abitudini, solo però per questa fase applicativa, è possibile aggiungere acqua<br />

nell'impasto per renderlo più liquido.<br />

I punti, le guide e gli spigoli.<br />

Terminato il rinzaffo è molto importante attendere la perfetta essiccazione dello stesso prima di procedere alle<br />

successive lavorazioni La malta di calce infatti privilegia l'adesione del successivo strato su quello applicato<br />

in precedenza già essiccato, a differenza della malta cementizia che deve essere assolutamente attaccata<br />

allo strato precedente mentre questo è ancora umido.<br />

I tempi per la essiccazione variano a seconda dell'assorbimento del supporto e delle condizioni atmosferiche.<br />

Diciamo che possono variare tra le poche ore in piena estate ad un giorno o due nella stagione fredda e umida.<br />

Ma attenzione! Se siamo in piena estate ed in giornate ventilate, prima di procedere alla seconda mano di rinzaffo<br />

possiamo e, anzi, dobbiamo bagnare con acqua la superficie del primo rinzaffo.<br />

L’arriccio<br />

Realizzati i punti, le guide e gli spigoli possiamo procedere ora all'arriccio, riportando uno spessore di uno o<br />

due centimetri per volta, per riempire gli spazi tra una guida e l'altra Con l'ausilio di una staggia di alluminio,<br />

spinta dal basso verso l'alto ed in movimento sincrono, toglieremo l'eccesso di spessore rispetto al piano ideale<br />

creato dalle fasce.<br />

E' possibile realizzare anche grossi spessori - anche otto o dieci centimetri - lavorando per mani successive<br />

da uno o due centimetri di spessore per volta.<br />

In questo caso è importante che le mani precedenti siano sempre essiccate, cioè sia intercorso un lasso di<br />

tempo di circa una giornata o due tra una mano e l'altra, a seconda della stagione.<br />

Dopo alcune ore, se si vuole, è possibile compattare le superfici con un frattazzo di legno.<br />

La malta grezza, di calce aerea, rimasta alla sera può essere ancora utilizzata con tranquillità il giorno seguente:<br />

è sufficiente coprire con un nailon, versando un po’ d'acqua sopra per far peso su di esso, il contenitore<br />

in cui l'abbiamo messa. Non essendo a contatto con l'aria la malta resterà fresca e pronta per l'utilizzo il<br />

giorno successivo dopo una breve rimescolata con la cazzuola o con la betoniera.<br />

Nel caso di applicazione di malta grezza di calce aerea con macchine applicatrici, non dovremo procedere al<br />

loro svuotamento ogni sera: sarà necessario solamente mettere la spingarda dentro una caldarella riempita di<br />

acqua e ricoprire la tramoggia della macchina con un nailon. La mattina seguente la macchina ripartirà, senza<br />

alcun problema, immediatamente, risparmiando i costosi tempi di attesa e di pulizia.<br />

La finitura.<br />

Terminato l'arriccio, dovremo attendere alcuni giorni prima di applicare la mano di finitura sottile, detta anche<br />

colletta, stabilitura, velo, a seconda della regione. Questo intervallo è indispensabile per permettere all'intonaco<br />

la prima maturazione. Durante questa prima maturazione si verificherà un calo di volume fisiologico dell'intonaco<br />

grezzo. L'acqua contenuta nella malta infatti evaporerà, lasciando dei vuoti.<br />

Dobbiamo impedire una troppo veloce evaporazione dell'acqua e quindi, se siamo in stagioni calde e ventilate,<br />

provvederemo a bagnare le superfici dell'intonaco grezzo una volta al giorno per almeno due o tre giorni.<br />

In questo modo eviteremo che l’intonaco appena realizzato perda consistenza e si polverizzi (nel gergo tecnico:<br />

“si bruci”) e garantiremo quindi una maturazione ottimale creando un intonaco molto tenace e consistente,<br />

che durerà molti decenni prima di deteriorarsi.<br />

Al termine di questa prima maturazione la superficie dell'intonaco grezzo presenterà diverse cavillature, dall'andamento<br />

generalmente parallelo tra loro, in senso orizzontale.<br />

Queste piccole setole non devono spaventare, fanno parte di un processo naturale.<br />

In seguito scompariranno perché ricucite chimicamente dallo strato di malta fine che applicheremo ora.<br />

Pagina 17


La malta fine, composta da grassello e sabbia fine, si presenta nelle stesse confezioni di polietilene della malta<br />

grezza. la differenza sta nella dimensione dell'inerte che è ovviamente molto più piccolo, e nella maggiore<br />

quantità di grassello immessa nella formulazione.<br />

Omogeneizzata velocemente in betoniera, o in una cassetta di plastica con l'ausilio di trapano con frusta, sarà<br />

applicata sull'intonaco grezzo - precedentemente bagnato se lavoriamo con stagione calda e ventilata - utilizzando<br />

una cazzuola americana di forma rettangolare od un frattazzo, stendendo uno strato di 1o2millimetri.<br />

Secondo le proprie abitudini è possibile applicare anche un secondo strato di malta fine su quello precedente<br />

mentre questo sta asciugando.<br />

Quando l'ultimo strato di finitura sta asciugando - indicativamente la superficie deve mostrarsi “appassita" per<br />

un trenta-quaranta per cento, lo levigheremo con un frattazzino dotato di spugna, aiutandoci con una pennellessa<br />

ed acqua ben pulita per "rinfrescare" le superfici troppo asciugate. In questo modo le faremo rinvenire e<br />

renderemo uniforme tutta la superficie.<br />

E' importante, dal punto di vista estetico, che l'applicazione della mano a finire sia realizzata senza interruzzioni<br />

durante la lavorazione.<br />

Nel caso di grandi superfici su facciate esterne è consigliabile, nel caso si debba interrompere la lavorazione,<br />

fermarsi in corrispondenza dei pluviali od di altri particolari architettonici quali marcapiani, lesene, ecc.<br />

A questo punto l'intonaco di calce, finito, è pronto per ricevere tutte le finiture colorate esistenti sul mercato, da<br />

quelle minerali di calce o con silicati, a quelle sintetiche, purché traspiranti.<br />

LE FINITURE<br />

Ora, dopo aver parlato di muri e di malte, affrontiamo il delicato argomento delle finiture.<br />

Le prime finiture, come abbiamo visto, erano costituite da scialbi di grassello, polveri di marmo o altri inerti, e<br />

pigmenti quali le terre naturali.<br />

Il massimo della raffinatezza per le finiture venne raggiunto nel Rinascimento, fu una gara fra le varie città importanti,<br />

in <strong>It</strong>alia ma anche nel resto dell'Europa, a chi faceva più belle ed artistiche le facciate.<br />

Si intrecciavano superfici in pietra ed in marmo con superfici intonacate colorate sia ad imitazione dei marmi,<br />

ma anche con colori propri.<br />

A Venezia trovò molto successo il Marmorino, finitura composta appunto da frammenti di marmo provenienti<br />

dalla bocciardatura dei marmi della facciata adiacente e grassello, lavorata, compressa e levigata fino ad assumere<br />

l'aspetto della Pietra d' Istria o del Marmo Greco, i marmi più presenti nelle facciate veneziane.<br />

Ma i veneziani non si accontentavano dei finti marmi, così presero a rivestire le facciate con la foglia d'oro, in<br />

segno di opulenza e magnificenza. Si racconta che verso la fine del '500 non fosse solo la Cà d'oro ad essere<br />

rivestita in oro, ma la maggior parte delle facciate che si specchiavano nel Canal Grande.<br />

Gli stessi veneziani avevano scoperto le eccezionali doti di elasticità dell’intonaco grezzo costituito da grassello<br />

e cocciopesto - infatti è l'intonaco più a basso modulo elastico che esista - e lo utilizzavano come sottofondo,<br />

in tutte le facciate o quasi, al Marmorino. Se andate a Venezia notatelo, è così in molti palazzi antichi.<br />

Il Marmorino invece ha dimostrato, di gran lunga, di essere il rivestimento esterno più resistente nella storia di<br />

tutti i tempi. La particolare lavorazione e la superficie resa quasi impermeabile alle intemperie, ha permesso<br />

ad intonaci di marmorino veneziano di resistere anche centinaia di anni.<br />

Ma la stessa superficie, guarda caso, la ritroviamo anche nella curia di Frascati, ex castello - in questo caso il<br />

Marmorino si chiama Stucco Romano - e, guarda caso ancora, nel castello di Corigliano Calabro - qui hanno<br />

agito sicuramente le influenze delle tradizioni greche.<br />

A Roma il Rinascimento ha portato ad avere palazzi dalle facciate incredibilmente belle e maestose; si giocava<br />

con i finti marmi, le finte cortine murarie gli inganni visivi ottenute dalle "brodature fatte con le Terre coloranti<br />

e, perchè no, anche con i marmi veri, provenienti dalle cave limitrofe alla città e, purtroppo dagli antichi e<br />

magnificenti monumenti romani dell'antichità.<br />

Il Colosseo fu considerato alla stregua di una cava e fu sistematicamente demolito. La famiglia dei nobili Barberini<br />

fu particolarmente attiva nello smontare queste vestigia del passato, vedi il famoso detto "ciò che non<br />

fecero i barbari lo fecero i Barberini".<br />

Pagina 18


Gli imbianchini del Rinascimento furono figure importantissime nell'eseguire le opere di rifinitura, in perfetta<br />

sintonia con gli architetti, erano dei veri e propri maestri d'arte.<br />

I colori degli sfondati, in abbinamento ai particolari architettonici dei rilievi, creavano movimenti di dimensioni e<br />

profondità.<br />

Verso la fine del '700 e primi '800 si videro anche colori tenui ispirantesi al cielo ed all'acqua, per alleggerire le<br />

moli dei palazzi che si perdevano così e confondevano con il cielo stesso, in un vibrare armonico delle superfici.<br />

Vi fu anche un periodo, con l'avvento dell'Illuminismo, in cui si decorticarono molte facciate, per mettere a nudo<br />

la struttura muraria ed esporre così la sua mole, la sua possenza, ma questa abitudine non era dell'esperienza<br />

storica, salvo rarissimi casi.<br />

Così alcuni di noi oggi sono convinti che la faccia a vista sia sempre esistita e che certi palazzi siano sempre<br />

stati così "nudi".<br />

Allora, vediamo come<br />

è composta una finitura<br />

minerale a calce,<br />

CARICHE<br />

LEGANTE<br />

diciamo la finitura<br />

MARMI O CARBONATI<br />

storica per eccellen-<br />

CALCE<br />

SILICI O QUARZI<br />

za, non ha importanzachesiaaspessore<br />

come un tonachino, o<br />

ADDITIVI<br />

che sia senza corpo<br />

RESINA ACRILICA<br />

come una Tinta al lat-<br />

RIVESTIMENTOOTINTA<br />

RESINA VINILICA<br />

te di calce.<br />

A CALCE (minerale)<br />

METILCELLULOSA<br />

Invece vediamo adesso<br />

come è composto<br />

un rivestimento<br />

sintetico - anche qui<br />

non ha importanza<br />

che sia a piccolo o grosso spessore -.<br />

BIANCO<br />

CALCE<br />

CARICHE<br />

MARMI O CARBONATI<br />

SILICI O QUARZI<br />

BIANCO<br />

MARMI O CARBONATI<br />

BIOSSIDO DI TITANIO<br />

RIVESTIMENTO O PITTURA<br />

SINTETICO<br />

Pagina 19<br />

PIGMENTI<br />

OSSIDI<br />

STABILI A U.V. E CALCE<br />

T ERRE NATURALI<br />

LEGANTE<br />

RESINA ACRILICA<br />

RESINA ACRILSILICONICA<br />

RESINA VINILICA<br />

PIGMENTI<br />

PIGMENTI ORGANICI<br />

TERRE NATURALI<br />

OSSIDI<br />

LATTE SCREMATO<br />

ADDITIVI<br />

COALESCENTI<br />

ANTIBATTERICI<br />

ANTIPELLE<br />

ANTISCHIUMA<br />

Luigi Vantangoli <br />

Luigi Vantangoli


Come avrete notato, nei prodotti a calce non vengono usati pigmenti organici, in quanto la loro resistenza alla<br />

forte alcalinità della calce stessa è molto limitata.<br />

E' invece interessante approfondire un momento il discorso sugli altri pigmenti coloranti che si dividono in Ossidi<br />

sintetici - quasi tutti derivati dal Ferro - e le Terre naturali.<br />

Le terre, come dice la parola stessa, vengono "cavate" proprio dal terreno.<br />

Normalmenteigiacimentisonoa1-3mdiprofondità, e quindi occorre prima di tutto un decorticamento del<br />

terreno, poi si raccoglie la Terra che, ovviamente, non è di una sola tonalità di colore, ma di diverse.<br />

Poi la terra viene portata in stabilimenti artigianali come quello che vedete e successivamente lavorata, depurata<br />

dai corpi estranei, macinata fine, cotta - o meglio "bruciata" per farle assumere altri colori, e poi rivenduta.<br />

Se potessimo osservare al microscopio di mineralogia i due titpi di pigmento, potremmo notare che la particella<br />

di Terra Naturale si lascia attraversare dai raggi di luce, è cioè un pigmento trasparente, mentre l'Ossido<br />

non permette il passaggio ai raggi di luce.<br />

Questa differenza la troviamo anche sulla facciata.<br />

La superficie colorata con terre naturali, applicate su fondo bianco riflettente, è una superficie trasparente, vibrante,<br />

mentre quella colorata con Ossidi è smorta, piatta.<br />

Se poi aggiungiamo al prodotto sintetico una carica coprente come il Biossido di Titanio, otteniamo una superficie<br />

"sorda", che non ci dice proprio niente, che è perfettamente anonima.<br />

Viste le diversità, proviamo a verificare nel tempo i diversi costi di manutenzione tra i due tipi di finitura, cioè il<br />

sintetico ed il minerale, per interventi di protezione delle facciate storiche.<br />

EFFETTO ICEBERG<br />

COSTI DELLA PRIMA ESECUZIONE<br />

FINITURE<br />

SINTETICHE<br />

FINITURE<br />

Come avete visto quindi, non è tutto oro ciò che luccica.<br />

Pagina 20<br />

FINITURE<br />

MINERALI<br />

IN CALCE<br />

O SILICATI<br />

Luigi<br />

Vantangoli <br />

COSTI DI<br />

MANUTENZIONE<br />

Maggiori costi dovuti<br />

a nuove patologie<br />

innescate<br />

dalla finitura sintetica


Luigi Vantangoli<br />

Bibliografia:<br />

"I dieci libri dell'Architettura". Vitruvio.<br />

"I quattro libri dell'Architettura". Palladio<br />

"Terre coloranti". Paolo Scarzella e Pietro Natale.<br />

"L'ultima frontiera" atti del seminario 24.10.88 - 24.01.89. Consorzio regionale degli I.A.C.P. del Veneto.<br />

"Calce e Cementi". Manuale Hoepli<br />

"L'imbianchino". Manuale Hoepli.<br />

"L'Industria <strong>It</strong>aliana del Cemento 7-8 1986<br />

"Bollettino d'Arte" Suppl. n.6 - Ministero dei Beni Culturali.<br />

"Paesaggio Urbano" 8 .1991<br />

I colori della città storica - Giorgio Forti<br />

Pagina 21

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