Giacomo Puccini II atto. [file PDF 1,19 MB] - Comitato Nazionale ...
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La rivelazione del genio<br />
maggiori, dalla tonica, Si ♭, alla sensibile abbassata, La ♭ (era stato il primo fra i tanti<br />
dotti riferimenti alla chiesa di cui l’opera abbonda), fino al piombare dell’intera<br />
orchestra a tutta forza sul quarto grado alterato, Mi (un percorso delle fondamentali<br />
posto quindi su tre gradi della scala per toni interi). La sequenza è estremamente<br />
violenta, e i tre accordi – prima che il testo stabilisca la loro relazione<br />
con Scarpia – hanno determinato un clima d’inquietudine e terrore, ulteriormente<br />
accentuato dall’intervallo di quinta diminuita fra la prima e l’ultima triade (il diabolus<br />
in musica dei teorici medievali) che si è già legato, nell’inconscio dello spettatore,<br />
agli interni della chiesa di Sant’Andrea della Valle, dove si agita con affanno<br />
l’evaso Angelotti.<br />
Difficile negare lo statuto anticlericale della strategia attuata da <strong>Puccini</strong> e dai suoi<br />
librettisti, specie se si guarda a come si sviluppa l’azione dal momento in cui Scarpia<br />
entra in chiesa, interrompendo la gioiosa attesa del «doppio soldo» da parte<br />
della torma di chierichetti che danzano nel luogo sacro, guidati dal sagrestano-corifeo.<br />
È coup de théâtre magistrale che marca una netta cesura fra la prima e la seconda<br />
parte dell’<strong>atto</strong>, introducendo un clima di pressioni e sospetti, nonché di argute<br />
perfidie. La lunga attesa del suo ingresso – annunciato, più volte, dal tema che<br />
lo mantiene costantemente al centro dell’azione – serve ad accrescere l’interesse per<br />
la sua figura (si pensi quali risultati questa tecnica avrebbe poi conseguito in Butterfly,<br />
ma soprattutto in Turandot), e fornisce un’ulteriore prova di come <strong>Puccini</strong><br />
abbia intenzionalmente f<strong>atto</strong> convergere su di lui la drammaturgia musicale.<br />
«Un tal baccano in chiesa! Bel rispetto!»: già, ma quale rispetto? Quello che guida<br />
l’infoiato capo della feroce polizia codina verso la cappella degli Attavanti, certo<br />
del f<strong>atto</strong> suo? Un rispetto f<strong>atto</strong> di delazioni, torture ed esecuzioni capitali? Ricordiamo<br />
che, come si apprenderà nella scena cruciale dell’<strong>atto</strong> secondo, Scarpia è<br />
avvezzo a soddisfare i suoi morbosi appetiti sessuali scambiando la vita di un prigioniero<br />
politico per un amplesso con una bella parente stretta, e guardiamolo mentre<br />
s’aggira quasi fiutando le tracce della sua preda, ma senza dimenticare che tutti<br />
i personaggi d’apparato condividono la sua prospettiva, anche se lo temono. Soprattutto<br />
il sagrestano che, non appena scorge il paniere vuoto (lo aveva nascosto,<br />
con la speranza di mangiare il «cibo prelibato» in esso contenuto) fornisce subito<br />
al poliziotto informazioni preziose, consentendogli di intuire al volo come sono andate<br />
le cose («la provvista – del sacrista / d’Angelotti fu la preda!»). Ma il sant’uomo<br />
non è certo una vittima, anzi: dopo aver ammonito Cavaradossi in precedenza<br />
(«Scherza coi fanti / e lascia stare i santi»), ed essersi rattristato, rientrando giubilante<br />
per la presunta vittoria delle truppe antinapoleoniche, di non poter ‘contristare<br />
un miscredente’ e guadagnarsi perciò un’indulgenza, scorge Tosca rientrare in<br />
Chiesa e approfitta per svignarsela, non senza aver biasimato ancora una volta le<br />
tendenze etiche e politiche del pittore («Chi sa dove sia? / l’eretico e con chi? / Svanì,<br />
sgattaiolò / per sua stregoneria.»). 12<br />
12 Non tutti i versi di Giacosa e Illica furono musicati da <strong>Puccini</strong>, e dalla partitura manca il verso<br />
«l’eretico e con chi?», così come molti di quelli riportati nei testi dei brani in questo volume (pp.<br />
41-49).<br />
domenica 18 giugno 2006<br />
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