Giacomo Puccini II atto. [file PDF 1,19 MB] - Comitato Nazionale ...
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La rivelazione del genio<br />
La composizione prevede un’articolazione interna in tre sezioni, del tipo A-B-A’,<br />
e il finale è preceduto da una stretta in cui viene utilizzato il sistro, unico caso in<br />
tutta la produzione pucciniana. Il brano è incorniciato da sezioni a pieno coro, sostenute<br />
dall’orchestra, che provocano un senso di magnificenza, mentre al centro<br />
sono collocate le parti per baritono solo, in netto contrasto con le prime per il maggior<br />
senso di intimità, ottenuto mediante un’orchestrazione più leggera, che affida<br />
ai legni il compito di accompagnare la voce cantante. Questo elemento sarà poi ripreso<br />
anche nella Messa, in particolare nel «Gloria», in cui figurano pagine liriche<br />
altamente riflessive rispetto al fasto del tema originale (si pensi al «Gratias agimus<br />
tibi» per tenore solo).<br />
La parte affidata al baritono solo consta di due sezioni: «Precibus nostris» (Mi<br />
maggiore; 2/4, con un breve passaggio in Fa maggiore) e «Tu cælestium» (Si bemolle<br />
maggiore, 3/4). <strong>Puccini</strong> sfrutta al massimo la tessitura della voce solista, che<br />
si eleva sino al Fa e Sol acuti, ed assegna ai legni il compito di sostenere il canto, in<br />
modo da conferire una maggiore pateticità all’intonazione della preghiera. Nel «Tu<br />
cælestium» l’autore utilizza un ritmo acefalo, scandito dagli archi in un tempo di<br />
3/4, che crea un ponte di collegamento tra questo brano e la ripetizione della prima<br />
strofa del mottetto a pieno coro, mentre i legni forniscono ancora una volta il<br />
supporto melodico alla voce. La composizione si chiude con una nuova esposizione<br />
del versetto iniziale a pieno coro e orchestra e con l’«Alleluja», nello stesso tempo<br />
e tonalità d’inizio (La bemolle maggiore, ).<br />
L’uso del cromatismo in alcuni passaggi – chiaro segno del wagnerismo che si<br />
stava diffondendo in Italia – e l’attenzione per l’ampiezza della melodia, presenti nel<br />
Mottetto «Plaudite populi», rimarranno delle costanti di tutta la successiva produzione<br />
pucciniana.<br />
***<br />
L’autografo dell’Adagetto è conservato all’Istituto Musicale Boccherini di Lucca, ed<br />
è composto da due fogli pentagrammati che comprendono trentadue battute di musica.<br />
L’organico impiegato è il seguente: due flauti, due oboi, due clarinetti, due fagotti,<br />
due corni in Fa (ma è scritta la parte di un solo corno), violini primi e secondi,<br />
viole, violoncelli e contrabbassi. 10<br />
Non si conosce la data precisa della composizione, ma l’ipotesi più probabile è<br />
quella che <strong>Puccini</strong> lo abbia scritto negli anni tra il 1881 e il 1883. Secondo Dieter<br />
Schickling, che ha condotto un’analisi dell’autografo, infatti, il tipo di carta pentagrammata<br />
corrisponde a quello impiegato dall’autore durante il periodo di studi al<br />
Conservatorio di Milano, e sarebbe lo stesso impiegato per Le Villi. 11<br />
Il brano, in Fa maggiore e 2/4, è caratterizzato da un tema che si snoda nell’arco<br />
di una quinta sui gradi forti della scala (Fa-Do), esposto prima dalla viola e in<br />
10 Ivi, pp. 117-118. Per l’esecuzione di questa sera il brano è stato completato da Riccardo<br />
Chailly.<br />
11 Ibidem.<br />
domenica 18 giugno 2006<br />
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