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2. Gelichi S., Il castello di Harim - Archeologia Medievale Venezia

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<strong>castello</strong> <strong>Harim</strong> (Idli b Siria). Aggiornamenti sulla missione<br />

archeologica: la campagna <strong>di</strong> scavo 2000<br />

Sauro <strong>Gelichi</strong><br />

Introduzione<br />

Nell'ottobre del 2000 è proseguita la ricerca sul <strong>castello</strong> <strong>di</strong> <strong>Harim</strong>, durante la quale si sono perseguiti<br />

quegli obbiettivi già delineati in occasione della prima campagna archeologica sul sito (vd. GELICHI<br />

2000; IDEiM 2001) (Fig. 1).<br />

La missione, che nasce da una cooperazione italo-siriana (Università Ca' Foscari <strong>di</strong> <strong>Venezia</strong>- Direction<br />

Générale des Antiquités et des Musées de Damas - Syrie) ed è rivolta ad indagare le vicende storico-in-<br />

se<strong>di</strong>ative <strong>di</strong> questo <strong>castello</strong>, si propone anche <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>sporre un progetto <strong>di</strong> recupero ambientale ed ar-<br />

chitettonico dell'intero complesso. Cooperano a questa iniziativa anche le Università <strong>di</strong> Pisa e Ferrara.<br />

Le notizie storiche su <strong>Harim</strong> sono abbastanza controverse, anche nel momento in cui, passando sotto il<br />

controllo dei Crociati (1097-1098: RUNCIMANN 1966, p. 189), il <strong>castello</strong> entrò nel raggio <strong>di</strong> atten-<br />

zione delle fonti occidentali. Sicuramente il fortilizio rivestì un ruolo importante in occasione della pri-<br />

ma crociata, quando i Franchi, durante l'asse<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Antiochia, dovettero confrontarsi con le milizie <strong>di</strong><br />

<strong>Harim</strong> in prossimità del Ponte <strong>di</strong> Ferro (Djisr el-Ha<strong>di</strong>a, un passaggio sull'Oronte: DESCHAMPS<br />

1973, p. 89). Fino al 1149 il <strong>castello</strong> venne tenuto dai Crociati, ma le fonti risultano piuttosto ambigue<br />

sul fatto che i Musulmani, dopo la battaglia dell'Agev Sanguinis (1 119: DESCHAMPS 1973, p. 101) lo<br />

avessero rioccupato. Conquistato in forma definitiva da Nur Ad-Din nel 1164 (VAN BERCHEM, FA-<br />

TI0 1913-15, I, p. 233, nota 1; ELISSEEFF 1967, p. 200), il <strong>castello</strong> passò sotto il controllo della <strong>di</strong>-<br />

nastia ayubbide che lo governò, prima con il Sala<strong>di</strong>no (CAMERON LYONS, JACKSON 1982), poi<br />

con i suoi successori, attraverso dei governatori. Si hanno notizie <strong>di</strong> danni subiti in occasione dell'inva-<br />

sione mongola (VAM BERCHEM, FATIO 1913-1 5, I, p. 237); dopo questo erio odo, anche in ragione<br />

delle perdute funzioni militari, le notizie risultano piuttosto scarse, né si conoscono con precisione le<br />

motivazioni e il periodo in cui il <strong>castello</strong> dovette subire quel progressivo degrado che lo ha portato a li-<br />

vello <strong>di</strong> rudere (vd. VAN BERCHEM, FATIO, 1913-1 5, I, p. 237).<br />

Le con<strong>di</strong>zioni in cui si trova il <strong>castello</strong> non permettono un'agevole lettura delle varie fasi costruttive e<br />

una loro precisa attribuzione cronologica, anche se quanti se ne sono occupati (tra gli altri VAN BER-<br />

CHEM, FATIO 1913-15, I, pp. 231-232; KENNEDY 1994, p. 180) le hanno relazionate preferibil-<br />

mente con le architetture tipiche dell'epoca <strong>di</strong> Nur Ad-Din o anche più tarde (EDDE 199, p. 296). Tali<br />

ipotesi si basano essenzialmente su alcuni caratteri del muro <strong>di</strong> cinta, messo a confronto con la cittadella<br />

<strong>di</strong> Aleppo e con quella <strong>di</strong> Apamea (Qal' at al-Mu<strong>di</strong>q: KENNEDY 1994, p. 180) e anche sulla cronolo-<br />

gia <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> iscrizioni databili tra questo periodo e l'epoca mamelucca (VAN BERCHEM, FA-<br />

TI0 1913-15, I pp. 231-232; KOSARA s.d.). Al <strong>di</strong> là della giustezza <strong>di</strong> queste interpretazioni, resta in-


dubitabile che il <strong>castello</strong> si presenca come un palinsesto archicecconico, con almeno due principali fasi <strong>di</strong><br />

cince murarie e con una sequenza scorico-inse<strong>di</strong>aciva che inizia ben prima degli Ayubbi<strong>di</strong> e che prosegue<br />

oltre I'epoca mamelucca. Tra i risultati più interessanti della missione del 2001 vanno annoverare le in-<br />

dagini anche su depositi <strong>di</strong> età mamelucca ed otcomana, in gran parte rimossi in occasione dei primi re-<br />

stauri condotci sul cascello incorno agli anni '80 (KOSARA s.d.), che accescano comunque frequencazioni<br />

ruct'altro che cemporanee (sugli esici inse<strong>di</strong>acivi <strong>di</strong> quesco sico dopo l'epoca crociaca alcune informazioni<br />

<strong>di</strong> caraerere storico sono conrenute in VAN BERCHEM, FATIO 1913-1 5, I, p. 237 e KOSARA s.d.).<br />

Una prima incerprecazione della perio<strong>di</strong>zzazione (GELICHI 2000) deve essere, com'era owio, rivisca e<br />

non solo nei caracceri <strong>di</strong> deccaglio. Siamo inolcre ancora ben loncani da una definiciva comprensione<br />

delle fasi <strong>di</strong> occupazione del sito durante l'epoca post-classica: mancano del [urto informazioni sul pe-<br />

riodo compreso era la fine del IV e gli inizi del I11 millennio a. C. (il deposito più profondo indagato<br />

conciene materiali <strong>di</strong> questo periodo: iMAZZONI 2001, p. 44) e la piena epoca islamica e devono anco-<br />

ra essere messe a punco le scansioni cemporali e i caracceri delle occupazioni dall'XI-XII secolo fino ai<br />

nostri giorni (la fascia cronologica su cui si sta atcualmence lavorando).<br />

Lo scavo e una prima interpretazione della sequenza<br />

I1 cascello <strong>di</strong> <strong>Harim</strong> è costruiro sulla sommirà <strong>di</strong> un rilievo, in parce naturale e in parre artificiale, a for-<br />

ma <strong>di</strong> conoide pianeggiance, alco ca m 45. Si crova in prossimità <strong>di</strong> un abicaco dal quale è separato, sui<br />

laci sud ed esc, da un profondo fossaro tagliaco nella roccia. Negli anni '80 il cascello venne parzialmenre<br />

scavato (KOSARA s-d.) e restauri recenci hanno inceressaco la porra principale, il corridoio d'accesso, un<br />

bagno e il donjon (così definico già in VAN BERCHEM, FATIO 1913-15, I, p. 23 1, Fig. 139 D), cioè<br />

una scruccura forcificaca con caratceri residenziali ubicaca sulla sommicà esc del rilievo. Le pen<strong>di</strong>ci del ce11<br />

sono poi rivestite da un glacis che è meglio conservato sui versanti nord ed est.<br />

Un saggio praticato sul versance meri<strong>di</strong>onale ai pie<strong>di</strong> del ce11 (in un punco dove manca il glaczs: iMAZ-<br />

ZONI 200 1; iMAZZONI in GELICHI in stampa) ha messo in luce fasi <strong>di</strong> un'occupazione scabile daca-<br />

bile alla merà del I11 millennio, confermando quanro emergeva da precedenti sopralluoghi nel sito.<br />

Una conrinuicà <strong>di</strong> scanziamenco (a cui si deve accribuire in parre anche la formazione del deposiro) è<br />

congetcurabile, ma non esiscono al momento daci archeologici che ne evidenzino i caracceri. Non sono<br />

sufficienci a definirla i numerosi blocchi <strong>di</strong> riuso reimpiegaci nelle murature né le ceramiche <strong>di</strong> epoca<br />

romana e bizanrina crovare residue nei livelli <strong>di</strong> età islamica scavati sulla sommirà. Nel primo caso, era<br />

l'altro, si può pensare all'esiscenza <strong>di</strong> qualche e<strong>di</strong>ficio religioso o complesso residenziale nelle vicinanze<br />

piuccosco che sul ce11 scesso (conta KOSARA s.d.).<br />

In realrà la sequenza inizia, per quanro riguarda i resti murari ancora visibili e i dati archeologici derivati<br />

dall'analisi dei saggi finora aperti, con una serie <strong>di</strong> relicci struccurali e qualche livello d'uso (nell'ambien-<br />

ce 210 e in un saggio all'incerno del vano 19) che risultano cuccavia <strong>di</strong> incerca dacazione.<br />

Per quanco concerne i relitci scruccurali si cracca <strong>di</strong> una muracura, riconosciuta sul crinale esc del ce11<br />

(parzialmenre coperca dal glacis) e con andamento all'incirca rercilineo, che si connette con una sorca <strong>di</strong><br />

corre a pianra poligonale collocata in angolo tra i due versanci (quello orientale e meri<strong>di</strong>onale). Questa<br />

scruccura è palesemente coperca dal glacis ed obliterata dal donjon (vd. supra). Un aspecto che la caracte-<br />

rizza è il fatro <strong>di</strong> essere stata realizzara, quasi compleramenre, con blocchi a bugnaro, un particolare rec-<br />

nico-decorarivo che non si ritrova in altre muracure del <strong>castello</strong>, eccezion fatta per alcune porzioni del<br />

secondo muro <strong>di</strong> cinca (nella parce meri<strong>di</strong>onale) dove sono in palese funzione <strong>di</strong> reimpiego. Tuccavia I'u-


so del bugnato, in questi territori, viene riferito sia alle architetture d'epoca crociata che a quelle d'am-<br />

bito musulmano (MARINO 1997, pp. 67-70) e dunque anche questo elemento non ci aiuta nel preci-<br />

sare la nostra cronologia. L'appartenenza <strong>di</strong> questa struttura ad un periodo anteriore alla prima cinta <strong>di</strong><br />

mura (vd. in@) resta dunque del tutto ipotetica.<br />

Alcuni livelli, rinvenuti nell'ambiente 210 (Fig. 2) e nel saggio all'interno del vano 19, sono risultati pa-<br />

lesemente anteriori o contemporanei alla prima cinta <strong>di</strong> mura ancora conservata. Le associazioni cerami-<br />

che documentano, in ambedue i casi, nude, invetriate da cucina e smaltate ver<strong>di</strong> monocrome (su questo<br />

tipo in particolare vd. inza). Sembrano invece assenti le Fritwarel, fatto questo che, se non deve ritenersi<br />

casuale, deve orientarci per una datazione piuttosto alta <strong>di</strong> questi primi livelli scavaci (ultimo quarto XI -<br />

prima metà XII!). In questo caso potrebbero essere riferibili al periodo <strong>di</strong> occupazione crociata del sito.<br />

La fase posteriore attesta la realizzazione della prima cinta <strong>di</strong> mura ancora conservata in alzato, con la<br />

porta principale ubicata ad ovest (poi inglobata nel periodo successivo) e un altro accesso presente nella<br />

zona nord del <strong>castello</strong>. Si tratta <strong>di</strong> strutture che si legano perfettamente tra loro, che documentano una<br />

notevole omogeneità costruttiva (una cortina muraria <strong>di</strong> fattura molto semplice realizzata in blocchi <strong>di</strong><br />

calcare che si palesano come prevalentemente <strong>di</strong> recupero) e che sono allineate a formare un sistema<br />

unitario. Questa cerchia <strong>di</strong> mura segue la cresta della sommità del te11 e dunque assume una forma irre-<br />

golarmente ellittica. Su questa cortina si aprono torri molto semplici, aperte verso l'interno e in genere<br />

<strong>di</strong> modeste <strong>di</strong>mensioni, <strong>di</strong>verse tra <strong>di</strong> loro e <strong>di</strong>sposte a <strong>di</strong>stanza non regolare. Tra le torri, nella cortina<br />

muraria, si aprono finestre <strong>di</strong> forma rettangolare allungata senza strombature evidenti. Livelli in fase<br />

con questa cinta <strong>di</strong> mura (sempre dall'ambiente 210) restituiscono associazioni ceramiche dove compa-<br />

re anche Fritware I. Si può supporre che questa cinta <strong>di</strong> mura sia riferibile alle ricostruzioni operate a<br />

seguito della riconquista del sito da parte <strong>di</strong> Nur Ad-Din (dopo la metà del secolo XII).<br />

È verosimile che in questa fase si possa collocare anche la realizzazione <strong>di</strong> una qualche struttura abitativa<br />

nell'area del donjon, ma non abbiamo per il momento elementi per certificare questa ipotesi.<br />

Le attività seguenti sono caratterizzate dalla realizzazione <strong>di</strong> una serie cospicua <strong>di</strong> fabbriche, tra cui, la<br />

principale, un nuovo circuito <strong>di</strong> mura. La porta viene mantenuta nella stessa posizione della precedente,<br />

ma l'accesso è strutturato in forma più complessa, con la realizzazione <strong>di</strong> un percorso obbligato protetto<br />

da due torri. La nuova cerchia viene ad inglobare in molti punti quella più antica e lo spazio <strong>di</strong> risulta<br />

tra le due è poi frazionato con lo scopo <strong>di</strong> ottenere una serie <strong>di</strong> ambienti.<br />

È possibile che in questa stessa fase si sia proceduto anche alla costruzione del corridoio d'accesso volta-<br />

to, l'asse <strong>di</strong> transito che in senso est-ovest percorre tutto il <strong>castello</strong> fino ad arrivare al donjon e sul quale<br />

si aprivano tutta una serie <strong>di</strong> ambienti (alcuni ancora interrati) e <strong>di</strong> botteghe (questa è l'interpretazione<br />

<strong>di</strong> KOSARA s.d., in analogia con quanto presente nella cittadella <strong>di</strong> Aleppo). Sempre a questo Periodo è<br />

possibile attribuire l'e<strong>di</strong>ficazione del donjon, come lo ve<strong>di</strong>amo oggi, anche se i rapporti tra le strutture <strong>di</strong><br />

quest'ultimo e quelle appartenenti alla seconda cerchia sono in realtà piuttosto <strong>di</strong>fficili da cogliere, dal<br />

momento che l'unico punto in cui le due strutture si raccordano è stato compromesso da un recente in-<br />

tervento <strong>di</strong> restauro. I1 donjon attesta una serie <strong>di</strong> ambienti voltati, alcuni <strong>di</strong>chiaratamente <strong>di</strong> carattere<br />

residenziale, e un piccolo bagno al centro. Sul versante settentrionale questo complesso presenta, sul pa-<br />

ramento esterno, degli elementi decorativi del tipo a finte colonne (MARINO 1997, pp. 70-75), come<br />

si ritrovano, ad esempio, sulla torre del lato meri<strong>di</strong>onale e sulla torre d'entrata della cittadella <strong>di</strong> Aleppo.<br />

Anche tutta quanta l'area 200 (una serie <strong>di</strong> ambienti comunicanti ubicati sul versante nord-est del com-<br />

plesso poco prima del donjon) (Fig. 3) potrebbe essere stata sistemata in questo periodo; come in questo<br />

periodo dobbiamo assegnare la realizzazione <strong>di</strong> un bagno (in prossimità a sua volta dell'area 200) a cui


si accedeva dal corridoio voltato e una piccola moschea (scavata nel 2000). I1 bagno è composto da tre<br />

ambienti contigui. Un primo ambiente, prowisto <strong>di</strong> se<strong>di</strong>li e <strong>di</strong> una grande vasca in monolite (per l'ac-<br />

qua fredda), deve essere interpretato come spogliatoio; un secondo ambiente, a cui si accede tramite un<br />

piccolo corridoio contiguo, con pavimento che poggia su suspensurae in pietra e sulle cui pareti corrono<br />

tubi in laterizio, può essere interpretato come tepidariurn; infine un terzo ambiente, che ha le stesse ca-<br />

ratteristiche tecnico-costruttive del tepidariurn, per la sua vicinanza con la caldaia, può essere interpreta-<br />

to come caldzrium (per alcune sintetiche informazioni sugli bamrnam vd. SPINESI 1987, pp. 110-<br />

11 1). Di fronte a questo bagno si trova una piccola moschea (citata già in KOSARA s.d.), ancora riem-<br />

pita <strong>di</strong> terreno al momento del nostro intervento e completamente scavata nel 2000.<br />

Questa moschea, costituita da un semplice ambiente <strong>di</strong> forma rettangolare (m 7,85 x 2,93), è sud<strong>di</strong>visa<br />

in due vani separati da un gra<strong>di</strong>no. Sul lato più corto, quello orientale, è stato ricavato (ma successiva-<br />

mente) il rnirbab, al fianco del quale si trovano incise alcune iscrizioni inneggianti ad Allah. La funzione<br />

<strong>di</strong> questo ambiente come moschea non dovette durare a lungo. Gli utilizzi successivi <strong>di</strong> questo vano, a<br />

partire probabilmente già dall'epoca mamelucca, attestano un'alternanza <strong>di</strong> occupazioni sufficientemen-<br />

te stabili, alcune anche caratterizzate da attività <strong>di</strong> tipo artigianali ed altre molto meno strutturate che<br />

certificano solo delle frequentazioni occasionali.<br />

Le attività che possono ritenersi successive a quesre consistenti ristrutturazioni del <strong>castello</strong> sono da rife-<br />

rirsi ai processi <strong>di</strong> frazionamento degli ambienti (in qualche caso con murature in mattoni cru<strong>di</strong>) e <strong>di</strong><br />

riutilizzo degli spazi con funzioni ancora abitative e artigianali. Una calcara, ad esempio, è stata in<strong>di</strong>vi-<br />

duata nel centro del corridoio d'accesso al donjon <strong>di</strong>mostrandone oramai il completo inutilizzo e, nel<br />

contempo, il riuso del <strong>castello</strong> quale cava per materiali da costruzione. Dallo scavo della moschea emerge<br />

con chiarezza che i processi <strong>di</strong> abbandono non furono imme<strong>di</strong>ati. Esiste infatti una fase <strong>di</strong> occupazione<br />

<strong>di</strong> quesre strutture prima del loro completo abbandono ed interramento. Questo processo dovette awe-<br />

nire tra la tarda epoca mamelucca e l'età ottomana, ma al momento non può essere meglio precisato.<br />

Rilievo planimetrico e stu<strong>di</strong>o delle tecniche costruttive<br />

<strong>Il</strong> rilievo del complesso monumentale, che non esisteva (poco più che schizzi devono ritenersi la pianta<br />

allegata a VAN BERCHEM, FATI0 191 3-1 5, I, p. 230, figg. 139-140 e il <strong>di</strong>segno del Pirie-Gordon<br />

pubblicato in LAWRENCE 1936, Fig. 19), è stato quasi completato nel corso del 2000. Nel contempo<br />

sono proseguite le analisi <strong>di</strong> dettaglio delle murature superstiti in alzato, rivolte ad una migliore defini-<br />

zione della fasi costruttive e ad una prima caratterizzazione delle tecniche murarie documentabili ancora<br />

sul sito.<br />

È stato poi completato un primo censimento degli elementi <strong>di</strong> reimpiego utilizzati nelle murature. In<br />

questa prima fase sono stati censiti solamente quei blocchi che attesrano palesi tracce <strong>di</strong> decorazioni e<br />

che, per la loro collocaz~one e cronologia, devono ritenersi indubitabilmente riutilizzati in murature più<br />

recenti. La stragrande maggioranza <strong>di</strong> questi blocchi documenta delle decorazioni molto semplici, cioè<br />

cornici modanate (Fig. 4), anche se non manca qualche pezzo caratterizzato dalla presenza <strong>di</strong> motivi fi-<br />

gurati. In tutti i casi si tratta <strong>di</strong> palesi recuperi da costruzioni <strong>di</strong> epoca bizantina (V-VI secolo: STRUBE<br />

1996, passirn), la cui presenza è ampiamente documentata in tutra quanta l'area del massiccio calcareo<br />

(in generale sul fenomeno dell'inse<strong>di</strong>amento in quesro periodo: TCHALENKO 1953-1958; TATE<br />

1992). Per il momento non sono stati riconosciuti complessi architettonici in prossimità del sito <strong>di</strong><br />

<strong>Harim</strong> da cui potrebbero venire questi reimpieghi e dunque l'ipotesi più verosimile è che siano stati re-


cuperati da strutture non più esistenti in questo luogo perché totalmente smontate al momento della<br />

realizzazione del fortilizio.<br />

Infine sono state in<strong>di</strong>viduati e schedati per il momento cinque gruppi <strong>di</strong> iscrizioni in lingua araba. Una<br />

prima iscrizione si trova rimurata in prossimità dell'accesso principale, in una porzione della struttura<br />

palesemente <strong>di</strong> restauro recente. Una seconda iscrizione si trova inserita all'interno del fortilizio, sulla<br />

porta che da accesso ad un ambiente in fase con la seconda cerchia <strong>di</strong> mura. Una terza iscrizione, muti-<br />

la, si trova reimpiegata in un corridoio sotterraneo che, dalla sommità del <strong>castello</strong>, porta alle pen<strong>di</strong>ci<br />

del tell, in prossimità <strong>di</strong> una fonte d'acqua (lo stesso cunicolo che dovette visitare Lawrence nel 1909:<br />

LAWRENCE 1936, p. 223). Una quarta iscrizione è incisa sul fossato scavato nella roccia che <strong>di</strong>vide il<br />

te11 dal villaggio attuale (KOSARA s.d.). Una quinta serie <strong>di</strong> iscrizioni, già menzionate ed inneggianti<br />

ad Allah, sono grossolanamente incise <strong>di</strong> fianco al mihrab nella piccola moschea scavata proprio nel<br />

2000 (vd. supra). Altre iscrizioni antiche, tra cui una in greco, sono state identificate tra i reimpieghi.<br />

L'analisi delle strutture murarie condotta sin qui ha consentito <strong>di</strong> riconoscere alcune <strong>di</strong>fferenziazioni a<br />

livello <strong>di</strong> tecniche murarie tra fasi <strong>di</strong>verse del complesso, anche se la sostanziale unitarietà del materiale<br />

da costruzione impiegato (il calcare locale) e il consistente riutilizzo dei conci, rende estremamente <strong>di</strong>f-<br />

ficile un riconoscimento imme<strong>di</strong>ato dei <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> costruire presenti sul monumento.<br />

Una datazione delle varie fasi in<strong>di</strong>viduate, che si basi sui caratteri tipologici (la forma delle cinte mura-<br />

rie, delle torri, delle feritore etc.) o tecnico-costruttivi, è solo in<strong>di</strong>cativa, dal momento che i confronti<br />

restano quasi esclusivamente confinati ad un valutazione formale degli elementi costitutivi del comples-<br />

so architettonico o del paramento murario. Inoltre le fortifìcazioni musulmane non hanno fino ad oggi<br />

goduto <strong>di</strong> quell'interesse che, <strong>di</strong> converso, è stato rivolto alle fasi crociate dei castelli dell'area siro-pale-<br />

stinese (HILLEMBRAND 1999, pp. 467-509). Qualche in<strong>di</strong>cazione ulteriore <strong>di</strong>scende dalla contestua-<br />

lizzazione delle fasi <strong>di</strong> occupazione (riconosciute nei saggi <strong>di</strong> scavo) con i vari episo<strong>di</strong> costruttivi: questo<br />

è per il momento possibile soprattutto nell'area 210, dove sono stati indagati livelli d'uso anteriori, con-<br />

temporanei e posteriori alla prima cerchia <strong>di</strong> mura fino ad ora in<strong>di</strong>viduata (vd. supra). <strong>Il</strong> problema mag-<br />

giore in questo caso consiste nel fatto che abbiamo ancora modeste conoscenze sui caratteri della "cultu-<br />

ra materiale" del sito ed anche le associazioni ceramiche (insieme ai vetri gli unici manufatti sempre pre-<br />

senti nel record archeologico) sono collocabili in quadri cronologici relativamente ampi.<br />

Sono state riscontrate infine tracce <strong>di</strong> strutture in mattoni cru<strong>di</strong> che appartengono in genere a rifaci-<br />

menti collocabili in una fase d'occupazione post ayubbide (mamelucca o ottomana).<br />

I materiali<br />

Le sequenze in<strong>di</strong>viduate soprattutto nel saggio all'interno dell'ambiente 19 e nell'ambiente 210 hanno<br />

permesso <strong>di</strong> riconoscere delle prime associazioni <strong>di</strong> ceramiche e <strong>di</strong> vetri (per i vetri FERRI in GELICHI<br />

in stampa). Tra le ceramiche sono state identificate le tipologie più ricorrenti e si sono messe a confron-<br />

to con i materiali coevi già riconosciuti in queste aree. La maggioranza <strong>di</strong> queste ceramiche rientrano in<br />

tipologie già note, con l'eccezione <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> frammenti <strong>di</strong> forme aperte con rivestimenti monocro-<br />

mi ver<strong>di</strong>, le cui analisi hanno certificato la presenza <strong>di</strong> stagno nel rivestimento vetroso al piombo (e<br />

dunque devono essere ritenute a tutti gli effetti delle ceramiche smaltate monocrome). Questi fram-<br />

menti sono stati fino ad ora in<strong>di</strong>viduati nelle fasi più antiche dei due saggi in associazione con nude e<br />

invetriate da fuoco. Una provenienza locale non sembra incompatibile con i risultati delle analisi mine-<br />

ro-petrografìche (CAPELLI in GELICHI in stampa).


In generale i tipi ceramici più ricorrenti sono Frinuare e graffite policrome. Le Fritware rinvenute nei<br />

saggi, con l'eccezione <strong>di</strong> qualche esemplare, sono prevalentemente molto frammentarie e <strong>di</strong>fficili da <strong>di</strong>-<br />

stinguere tra i vari tipi (vd. TONGHINI 1998), peraltro tutti attestati, compreso tar<strong>di</strong> esemplari del<br />

periodo mamelucco.<br />

Le graffite policrome (Fig. 5) sono state trovate, per il momento, solo nei livelli superficiali dei sondaggi<br />

nelle aree 210 e 19 e all'interno della moschea, nelle fasi <strong>di</strong> riutilizzo dell'ambiente. Queste ceramiche<br />

sono caratterizzate da forme aperte con decori in genere vegetali o geometrici e l'uso <strong>di</strong> tre colori: il ver-<br />

de, il bruno e il giallo ferraccia. Insieme alle ceramiche graffìte compaiono anche le ingobbiate monocro-<br />

me. La collocazione stratigrafica conferma l'ipotesi che si tratta <strong>di</strong> prodotti non anteriori al XIII secolo.<br />

Le ceramiche invetriate si possono <strong>di</strong>videre in due categorie: le invetriate (in genere parziali) da fuoco,<br />

cioè recipienti come casseruole o olle ansate realizzate in impasti piuttosto fini; le invetriate da mensa<br />

monocrome (in genere forme aperte molto simili a quelle delle ingobbiate: vd. infia).<br />

Numerose sono anche le ceramiche nude, sia depurate (anfore, brocche etc.) (Fig. G), sia con impasti<br />

più grossolani e decorate in bruno. Si tratta, in quest'ultimo caso, <strong>di</strong> un tipo <strong>di</strong>ffuso in tutta l'area siro-<br />

palestinese (HiMGPW: JOHNS 1998). Come nel caso delle graffite queste ceramiche non sono state<br />

rinvenute ad <strong>Harim</strong> in contesti anteriori al XIII secolo.<br />

Nei livelli <strong>di</strong> epoca più tarda provengono anche numerose pipe in terracotta e bombe.<br />

I1 futuro <strong>di</strong> Harirn<br />

<strong>Il</strong> progetto su <strong>Harim</strong> si muove su <strong>di</strong>versi binari. Sul piano archeologico l'obbiettivo prioritario è quello<br />

<strong>di</strong> pervenire a buone sequenze stratigrafìche dei materiali e delle tecniche costruttive, sia per meglio da-<br />

tare le fasi inse<strong>di</strong>ative in<strong>di</strong>viduate, sia per realizzare una banca dati da relazionare, nel futuro, con conte-<br />

sti simili.<br />

Le vicende <strong>di</strong> questo <strong>castello</strong>, che si cercheranno <strong>di</strong> delineare nella lunga durata, saranno poi da mettere<br />

a confronto con lo sviluppo del territorio circostante. <strong>Harim</strong> costituì indubbiamente un fortilizio im-<br />

portante nel quadro del contesto geo-politico e militare <strong>di</strong> questi territori durante l'epoca crociata; ma,<br />

in momenti <strong>di</strong>versi, rappresentò (insieme al villaggio che gli si formò intorno) anche un centro demico-<br />

inse<strong>di</strong>ativo da stu<strong>di</strong>are nel quadro del popolamento d'epoca islamica <strong>di</strong> queste zone.<br />

Per quanto conservato a livello <strong>di</strong> rudere, il <strong>castello</strong> mantiene intatto gran parte del suo valore architet-<br />

tonico che andrà dunque, se possibile, ulteriormente recuperato e preservato per il futuro. I1 progetto <strong>di</strong><br />

restauro, iniziato dai siriani nei primi anni '80 ed ora interrotto, prevedeva la consewazio-<br />

ne <strong>di</strong> tutta una serie <strong>di</strong> strutture murarie e il ripristino <strong>di</strong> numerosi ambienti nel tempo danneggiati ed<br />

interrati. L'intervento archeologico sta interagendo con questo progetto, non solo nel senso <strong>di</strong> favorire<br />

l'ulteriore acquisizione <strong>di</strong> spazi attraverso la rimozione <strong>di</strong> depositi, ma anche nel fornire dati scientifici<br />

che, contribuendo alla storia del sito, ne contestualizzino meglio le finalità <strong>di</strong> recupero. In tal senso si<br />

sta prowedendo anche ad una analisi del contesto ambientale nel quale il "rudere" si trova inserito. Un<br />

piano <strong>di</strong> recupero dovrà tenerne conto se si vorrà inserire il futuro <strong>di</strong> <strong>Harim</strong> in un percorso <strong>di</strong> cono-<br />

scenza e <strong>di</strong> valorizzazione.


M. VAN BERCHEM, E. FATIO, Vqyage en Syrie, Le Caire 19 13-1 5.<br />

M. CAMERON LYONS, D.E.P. JACKSON, Sakz<strong>di</strong>n. The Politics of the Holy War, Cambridge 198<strong>2.</strong><br />

G. TCHALENKO, Wages antiques de h Syrie du nord, 1-111, Paris 1953-1958.<br />

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F& 3. Foto generale dell krea<br />

Fig. <strong>2.</strong> Ambiente 310, fisi anteriori alh<br />

prima cinta <strong>di</strong> mura.<br />

Fig. 4, Blocco con decorazione <strong>di</strong> epoca bimntìna<br />

riutilizzato nelk muratlrre del <strong>castello</strong>.


Fig. 5. Ceramica grafita po ficromn con decori in verde, giaflo-ferraccia e manganese W


Fig. G. Ceramica senza rivestimento (anfore, nn. 42 e 48 e brocca con filtro, n. 47).

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