Capitolo VIII Con il pallone di fianco - OnEdit
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Tratto dal libro<br />
Una Storia, tante storie<br />
<strong>di</strong> Tito Delton<br />
<strong>Capitolo</strong> <strong>VIII</strong><br />
<strong>Con</strong> <strong>il</strong> <strong>pallone</strong> <strong>di</strong> <strong>fianco</strong><br />
La primavera si fa attendere, <strong>il</strong> freddo infatti è ancora intenso pur se<br />
non pizzica come è accaduto nei mesi scorsi e la galaverna della notte<br />
ha lasciato scie <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà sui bor<strong>di</strong> dell’asfalto, ciò nonostante tre<br />
ragazzetti, imbacuccati nelle loro tute e nei caschi protettivi, a cavallo<br />
delle rispettive biciclette da corsa si prof<strong>il</strong>ano, sagome inconfon<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i,<br />
sulla statale dei Laghi, quel percorso che i “corridori” conoscono<br />
proprio bene e che comprende Giaveno, lo scollinamento del Colle<br />
Braida dopo Valgioie, lo sfioro della Sacra <strong>di</strong> San Michele e la <strong>di</strong>scesa<br />
fino all’incrocio dei due laghi per riprendere verso Trana. Quando mi<br />
passano accanto, scz… scz… scz, senti solo lo sfrecciare s<strong>il</strong>enzioso<br />
dei tubolari mentre loro viaggiano compatti sullo stradone che,<br />
giungendo dal bivio Giaveno–Avigliana, porta a Sangano. Li vedo<br />
girare a sinistra e portarsi fuori paese sulle prime brevi rampe che<br />
salgono a Reano, verso V<strong>il</strong>larbasse; sull’ultimo tornante, con una<br />
curva a gomito che porta sul piano i tre giovanotti sanno <strong>di</strong> essere<br />
all’ultima fatica ché, dopo, ci sarà solo <strong>di</strong>scesa sino a Rivoli, a Torino.<br />
Quello che regge la f<strong>il</strong>a, <strong>il</strong> più grosso dei tre, “spara” una serie <strong>di</strong><br />
coman<strong>di</strong>, incomprensib<strong>il</strong>i per chiunque data l’afonia dettata dalla<br />
fatica, ma intelligib<strong>il</strong>i per gli altri suoi compagni che iniziano una<br />
serie <strong>di</strong> scatti. Il più bravo, o <strong>il</strong> più fresco, dopo pochi metri ha già<br />
messo cinque o sei macchine tra lui e gli altri e continua a pestare sui<br />
pedali. Li vedo scomparire tra la vegetazione, brulla per la stagione,<br />
ma comunque una muraglia per densità. Pochi minuti dopo, all’altezza<br />
<strong>di</strong> Corbiglia, frazione <strong>di</strong> V<strong>il</strong>larbasse, sui primi contrafforti della<br />
collina morenica che circonda ad ovest Torino, li scorgo <strong>di</strong> nuovo,<br />
viaggiano ormai in scioltezza, tutti ricompattati, ad<strong>di</strong>rittura<br />
chiacchierano con le mani alzate dal manubrio: l’allenamento “serio”<br />
è finito, non resta che tornare a casa, prima che faccia buio, per una<br />
bella doccia ristoratrice.<br />
Ma perché parlare <strong>di</strong> un semplice allenamento con la bici, una bici che<br />
sarà anche da corsa ma che se è solo un allenamento fatto in tre non<br />
crea alcun fascino, non attrae nemmeno quei pochi automob<strong>il</strong>isti che,<br />
come me, stanno andando verso casa?<br />
La risposta è persino troppo banale: <strong>il</strong> ricordo. Rivedo in quei ragazzi<br />
un amico che ha frequentato l’ambiente e <strong>di</strong> cui, ancora oggi, serba<br />
una struggente malinconia. Rivedo la sua gioventù e la mia,<br />
ovviamente, pur se in<strong>di</strong>rizzata ad altri obiettivi, rivedo specialmente i<br />
sessant’anni della nostra vita e del calcio giovan<strong>il</strong>e e d<strong>il</strong>ettantistico<br />
a Torino e <strong>di</strong>ntorni
Tratto dal libro<br />
Una Storia, tante storie<br />
<strong>di</strong> Tito Delton<br />
suoi racconti fatti con semplicità, senza commistioni auliche con<br />
chicchessia, ripenso, infine, a quelle comuni “riunioni” in cui si tirava<br />
tar<strong>di</strong> la sera per sentire Catullo Ciacci che, prima <strong>di</strong> parlare <strong>di</strong> “bici” e<br />
<strong>di</strong> calcio giovan<strong>il</strong>e, era un rito, inneggiava al suo Toro, ai suoi granata<br />
del momento e l’immagine <strong>di</strong> Toni Marrocu mi si presenta nitida e<br />
dettagliata.<br />
Marrocu, nato a Torino anche se <strong>il</strong> cognome gli consegna delle origini<br />
sarde, non ha mai giocato al calcio, né da bambino né da gran<strong>di</strong>cello,<br />
salvo rari “scontri” in età quasi matura, ma ha<br />
coltivato una passione grande grande per <strong>il</strong><br />
ciclismo che ha praticato da d<strong>il</strong>ettante prima<br />
<strong>di</strong> unirla al calcio organizzato quando le<br />
conoscenze e i desideri… fam<strong>il</strong>iari lo<br />
in<strong>di</strong>rizzarono a scegliersi un impegno fisso e<br />
consentire che <strong>il</strong> ciclismo <strong>di</strong>ventasse, più che<br />
altro, una scorribanda amatoriale lungo le<br />
splen<strong>di</strong>de sponde del Po.<br />
Ma le belle immagini <strong>di</strong> quei “tempi eroici”<br />
non si inari<strong>di</strong>scono, non scompaiono per<br />
niente dalla mente <strong>di</strong> Antonio. Anzi, mi <strong>di</strong>ce:<br />
“Pare ieri che correvo la mia prima corsa<br />
con la maglia grigia a strisce ver<strong>di</strong> del<br />
“Vanchiglietta” o, qualche anno dopo, con quella biancoverde della<br />
“Gimca-Covolo”, per finire, anche e soprattutto per questioni <strong>di</strong><br />
lavoro, con le maglie biancoblu della “Lancia”.<br />
Bei tempi, certo per le tante primavere in meno, ma anche per le<br />
sod<strong>di</strong>sfazioni che la bici gli dava, per quegli arrivi in corso Peschiera,<br />
poco prima <strong>di</strong> piazza Sabotino, tra una marea <strong>di</strong> gente che si assiepava<br />
nei controviali, dove un applauso non si negava manco al<br />
novantaseiesimo, l’ultimo cioè, che arrivava dopo mezz’ora, ma,<br />
orgoglioso, non era “fuori tempo massimo”. E la Torino-Ronco<br />
Canavese, con quella maledetta salita in cui <strong>il</strong> solito Aldo Bianco<br />
svettava per primo, salvo beccarle regolarmente all’arrivo in volata<br />
dal compagno <strong>di</strong> squadra Giulio Di Muro? E la Torino-Bardonecchia<br />
che vinse <strong>il</strong> suo compagno Ernesto Fantone, quel ragazzo che, fattosi<br />
uomo, si vide togliere dalla vita la figlia e <strong>il</strong> suo fidanzato morti<br />
nell’incen<strong>di</strong>o del cinema Statuto e ne rimase segnato per sempre?<br />
Poi <strong>il</strong> “Gran Premio Città <strong>di</strong> Asti” che Marrocu, gli pare <strong>di</strong> ricordare<br />
nell’e<strong>di</strong>zione del ’58, si fece sfuggire per un soffio mentre era in fuga<br />
con un certo Costantino Car<strong>di</strong>a e a quattro ch<strong>il</strong>ometri dall’arrivo, dalle<br />
parti dello sta<strong>di</strong>o astigiano, una maledetta foratura vanificò <strong>il</strong> suo<br />
sforzo. Car<strong>di</strong>a proseguì, ma <strong>il</strong> continuo voltarsi per verificare la<br />
situazione gli procurò <strong>il</strong> congiungimento con altri tre avversari che lo<br />
beffarono in volata. Ci fu perfino un bel litigio a fine corsa, tra Car<strong>di</strong>a<br />
e Marrocu, quando quest’ultimo seppe che l’altro si era fatto fregare<br />
sessant’anni della nostra vita e del calcio giovan<strong>il</strong>e e d<strong>il</strong>ettantistico<br />
a Torino e <strong>di</strong>ntorni
Tratto dal libro<br />
Una Storia, tante storie<br />
<strong>di</strong> Tito Delton<br />
come un pirla: <strong>il</strong> premio della vincita (cinquem<strong>il</strong>a lire!) era andato<br />
altrove e Antonio non si dava pace per la grande occasione persa;<br />
avevano “concordato la volata” e poi si sarebbero <strong>di</strong>visi <strong>il</strong> premio.<br />
Erano cinquem<strong>il</strong>a lire del ’58, mica un pacchetto <strong>di</strong> patatine, bellezza!<br />
Di queste cose, con Catullo e con gli amici, se ne raccontarono in<br />
quantità, come, per un certo periodo degli anni ottanta, si finì per<br />
parlare, sera dopo sera, settimana dopo settimana, <strong>di</strong> una società che<br />
stava assumendo contorni da prim’attrice e che era, ormai, considerata<br />
un punto <strong>di</strong> riferimento per coloro che volevano le cose “fatte bene”:<br />
si parlava del “Barcanova”.<br />
A scontornare le vicende del “Barcanova”, a rendere autonoma una<br />
storia che si prefigurava molto interessante, era stato, sì, Toni Marrocu<br />
e sua moglie Anna, anche lei una vera appassionata del calcio in tutte<br />
le salse, con i loro accenni a quel titolo, a quel campionato, a quella<br />
particolare gara finita sei a sei in via Centallo, ma, poco alla volta, si<br />
erano focalizzati i racconti dei tanti ex giocatori, <strong>di</strong> quel certo<br />
<strong>di</strong>rigente o ex allenatore che venivano, ogni tanto, a trovare Ciacci e<br />
che, ogni tanto, battevano <strong>il</strong> chiodo su una gara fantastica, su una<br />
“Coppa Primavera” con ventim<strong>il</strong>a spettatori paganti al “Comunale”,<br />
con una storia “nuova” che nuova era soltanto per chi non c’era mai<br />
stato prima, attorno a quel tavolo.<br />
Dopo che Catullo Ciacci se ne andò in cielo, non riprendemmo più le<br />
nostre solite chiacchierate attorno a due formaggi, un bel salame<br />
marchigiano e due bottiglie <strong>di</strong> barbaresco, no, non ci vedemmo quasi<br />
più tutti assieme, ma continuammo, quelle storie, ad approfon<strong>di</strong>rle<br />
sugli spalti dei tanti e tanti campetti <strong>di</strong> periferia che siamo riusciti a<br />
frequentare.<br />
In questo modo è scaturita una storia del tutto particolare che ha<br />
avuto, quale doveroso epicentro, <strong>il</strong> “Barcanova”.<br />
La Stura, la Barca, Bertolla, “roba <strong>di</strong>stanta”, <strong>di</strong>cevano ancora nel<br />
1945 coloro che spiegavano ad uno sconosciuto interlocutore dove<br />
potevano trovarsi quei luoghi. E <strong>di</strong>fatti <strong>il</strong> torrente Stura (qualcuno mi<br />
deve ancora spiegare perché un “fiume”, alla cui confluenza con <strong>il</strong> Po<br />
è largo oltre cento metri, si deve chiamare torrente!) segnava un<br />
confine abissale tra la città e quella “barriera”, la Regione Barca come<br />
la toponomastica comunale chiamava <strong>il</strong> luogo, che veniva raggiunta<br />
solo da traghetti <strong>di</strong> fortuna, mentre <strong>il</strong> ponte non era ancora stato<br />
ricostruito e quello più vicino era a qualche ch<strong>il</strong>ometro. I “lavandai”<br />
della Barca e, soprattutto, <strong>di</strong> Bertolla avevano quasi <strong>il</strong> monopolio <strong>di</strong><br />
quei passaggi obbligati che, tuttavia, tra breve scompariranno con la<br />
ricostruzione del ponte vero e proprio.<br />
“In un isolamento che non si poteva chiamare “dorato” ma che,<br />
comunque, veniva vissuto dai citta<strong>di</strong>ni locali con una sorta <strong>di</strong><br />
compiacimento per i loro commerci che “tiravano”, per le loro, pur<br />
sessant’anni della nostra vita e del calcio giovan<strong>il</strong>e e d<strong>il</strong>ettantistico<br />
a Torino e <strong>di</strong>ntorni
Tratto dal libro<br />
Una Storia, tante storie<br />
<strong>di</strong> Tito Delton<br />
piccole, industrie che davano lavoro sicuro, anche due realtà sportive<br />
erano nate, da decenni, e si erano sempre <strong>di</strong>spiegate sul territorio con<br />
vera baldanza”. Sembra <strong>il</strong> “bollettino del maresciallo Diaz”, mentre è<br />
soltanto la descrizione <strong>di</strong> un ambiente che un giornale dell’epoca, <strong>il</strong><br />
“Paese Sportivo”, metteva nero su bianco al momento <strong>di</strong> presentare<br />
quello che sarà un torneo <strong>di</strong> calcio d’eccellenza: la “Coppa Primavera”<br />
ideata dal “Barcanova” e dal suo presidente Brusasco nel 1948.<br />
La società era nata nel 1920, aveva fatto giocare le sue squadre un po’<br />
in FIGC, con i d<strong>il</strong>ettanti, e un po’ nell’ULIC con le squadre dei<br />
giovani (pare errato, per quei tempi, chiamarle “giovan<strong>il</strong>i” in quanto ci<br />
giocavano ragazzi <strong>di</strong> quattor<strong>di</strong>ci a <strong>fianco</strong> <strong>di</strong> giovanotti <strong>di</strong> ventuno!) ed<br />
era vissuta sulla passione <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> volenterosi in cui spiccava<br />
un certo Giovanni Necco, detto anche Nekita, uno dei tanti Necco, dei<br />
vari Gribaudo, dei molti Pampione che affolleranno la contrada.<br />
Giovanni Necco con <strong>il</strong> fratello Francesco, Cichin, e con, ovviamente,<br />
alcuni altri appassionati, praticamente rifondarono la società che negli<br />
anni della guerra aveva completamente smesso <strong>di</strong> mandare in campo<br />
le sue vecchie squadre. Vestirono i soliti colori rossoblu e<br />
continuarono a chiamarla “Unione Sportiva Barca”, proprio come si<br />
chiamava <strong>il</strong> rione, anzi la “Regione Barca”, tanto per darvi un’idea <strong>di</strong><br />
cosa fossero le periferie <strong>di</strong> Torino. Alla riunione della rifondazione,<br />
come ci racconta Renato Tavella in un suo saggio, “erano presenti i<br />
signori Raviola, Pellegrino, Beccuti, Agostini, Bosco, Vittonetto,<br />
Monticone, Boffa, Necco (vari!), Def<strong>il</strong>ippi, Coda, Mazzucchetti,<br />
M<strong>il</strong>one, Taricco, Nicco, Scarafiotti, Rocchia, Benedetto del Vascello,<br />
Boero, Pairotti, Brino, Minozzi, Fiore, Matta, Miccoli, Ceresero,<br />
Ciocchetti, Vaschetto e Scapino”. Una marea <strong>di</strong> gente per una sola<br />
squadra e per un piccolo campo, proprio <strong>di</strong>etro alla parrocchia <strong>di</strong> via<br />
Damiano Chiesa. Ma già nel 1946 le cose cominciarono a farsi<br />
notevoli. Dapprima si trovò una nuova sede sociale che, anno dopo<br />
anno, cambiò varie volte ma sempre nella “Regione”, quin<strong>di</strong> venne<br />
in<strong>di</strong>viduato anche <strong>il</strong> campo, <strong>il</strong> leggendario campo su un terreno <strong>di</strong> via<br />
Centallo messo a <strong>di</strong>sposizione dalla famiglia Rosso, che si mantenne<br />
tale sino al 2004 quando la società dovette fare le valige e unirsi ad un<br />
altro club. Ma questa è storia del poi, ora an<strong>di</strong>amo a quei primi passi<br />
del dopoguerra.<br />
E l’inaugurazione del nuovo impianto, con la solita corda a <strong>di</strong>videre<br />
giocatori e pubblico, avvenne in pompa magna con tanto <strong>di</strong> fascia<br />
tricolore e inno nazionale. Alla partita iniziale venne chiamato <strong>il</strong><br />
vicino <strong>di</strong> casa, <strong>il</strong> “Bertolla”, che rif<strong>il</strong>ò quattro pere ai rossoblu ma si…<br />
giocò la partecipazione alla prima e<strong>di</strong>zione della “Coppa Primavera”<br />
<strong>di</strong> due anni dopo.<br />
Pochi mesi, comunque, ed era già ora <strong>di</strong> crisi in quanto i principali<br />
finanziatori, un certo Raviola e un certo Beccuti, lasciarono <strong>il</strong> club: in<br />
sessant’anni della nostra vita e del calcio giovan<strong>il</strong>e e d<strong>il</strong>ettantistico<br />
a Torino e <strong>di</strong>ntorni
Tratto dal libro<br />
Una Storia, tante storie<br />
<strong>di</strong> Tito Delton<br />
tutti i sensi! In “braghe <strong>di</strong> tela” per la mancanza <strong>di</strong> sol<strong>di</strong>ni e con molta<br />
confusione per <strong>il</strong> futuro che non si proponeva roseo.<br />
Ancora una volta ci pensò <strong>il</strong> Nekita, Giovanni Necco, che prese al<br />
balzo una conoscenza, fattasi nel frattempo amicizia, e cooptò Gino<br />
Brusasco, in quel momento in odore <strong>di</strong> maglia granata del Torino, e lo<br />
convinse a <strong>di</strong>ventare <strong>il</strong> presidente del Barca. Fu una vera svolta<br />
sportiva. Gran<strong>di</strong> idee, promozione per i giovani del borgo, e, subito<br />
dopo, l’istituzione <strong>di</strong> un torneo che per qualche decina <strong>di</strong> e<strong>di</strong>zioni sarà<br />
una vetrina per gli amatori del<br />
calcio spettacolo, la “Coppa<br />
Primavera”. In quella prima<br />
e<strong>di</strong>zione, in cui la società era<br />
<strong>di</strong>ventata con l’arrivo <strong>di</strong><br />
Brusasco “Unione Sportiva<br />
Barcanova”, vennero invitate<br />
società dal nome strano, o,<br />
comunque, affini alla politica,<br />
all’industria o, forse, alla storia.<br />
Parteciparono, state a leggere,<br />
squadre come <strong>il</strong> G. S. Unità,<br />
probab<strong>il</strong>i <strong>di</strong>pendenti del giornale<br />
comunista, U. S. Snia,<br />
dopolavoristi dell’importante<br />
industria tess<strong>il</strong>e, A. C. Pelnova,<br />
forse un’azienda <strong>di</strong> pellami, G.<br />
S. Pietro Micca (?) e poi le<br />
rinomate U. S. Volpianese, la<br />
vicina G. S. Parcosparta, un A. C. Amatori e <strong>il</strong> Barcanova stesso.<br />
E’ gustoso annotare, e statene certi che è un segno <strong>di</strong> considerazione<br />
per <strong>il</strong> Barcanova, che <strong>il</strong> Comitato d’Onore era formato da gente come<br />
Giglio Panza, <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> Paese Sportivo (da non confondere con<br />
Piemonte Sportivo che nascerà un decennio dopo), Giuseppe Vernate<br />
e Francesco Berta, del Cenisia ma anche in FIGC, Domenico<br />
Accossato, <strong>il</strong> grande, consentitemi, Domenico Accossato scomparso<br />
poco tempo fa, Maggiorino Allasia, titolare del bar “Maggiorino” <strong>di</strong><br />
via S. Francesco d’Assisi, vero covo per tutti, e <strong>di</strong>co proprio tutti gli<br />
sportivi che “contavano” in città, Domenico Giari, dell’AIA regionale,<br />
Antonio De F<strong>il</strong>ippi, titolare del ristorante omonimo e punto <strong>di</strong> ristoro<br />
per “quelli della Barca che avevano fame <strong>di</strong> cose buone”, come <strong>di</strong>ceva<br />
una sua pubblicità e molti altri che sono anonimi, oggi, soltanto<br />
perché <strong>il</strong> tempo mi ha fregato e non ne ricordo più le sembianze.<br />
L’anno dopo ancora la “Coppa Primavera”, questa volta con la<br />
partecipazione <strong>di</strong> squadre come <strong>il</strong> M<strong>il</strong>an (che vinse), come l’Aurora <strong>di</strong><br />
Mondovì, la Sampdoria <strong>di</strong> Genova, <strong>il</strong> Ciriè che veleggiava in Serie C,<br />
ma <strong>il</strong> fatto eclatante fu una delle tante esondazioni della Stura che,<br />
sessant’anni della nostra vita e del calcio giovan<strong>il</strong>e e d<strong>il</strong>ettantistico<br />
a Torino e <strong>di</strong>ntorni
Tratto dal libro<br />
Una Storia, tante storie<br />
<strong>di</strong> Tito Delton<br />
quella volta, sommerse <strong>il</strong> campo <strong>di</strong> via Centallo sotto trenta centimetri<br />
<strong>di</strong> fango. Cosa fare? Manco un minimo dubbio, Accossato, Benedetto,<br />
Pampione (Michele), Cichin Necco, Bosco, Gribaudo (Giovanni) e,<br />
ovviamente, tutti i loro colleghi si rimboccarono le maniche e a forza<br />
<strong>di</strong> pale e carriole portarono via <strong>il</strong> fango e, con quella “scusa”,<br />
costruirono anche una bella rete <strong>di</strong> recinzione interna che <strong>di</strong>videsse gli<br />
atleti dagli spettatori: <strong>il</strong> campo del “Barca” era più bello <strong>di</strong> prima,<br />
molto più bello <strong>di</strong> prima!<br />
Sono <strong>di</strong> quelle stagioni le visite <strong>di</strong> Ferruccio Novo, in<strong>di</strong>menticato<br />
presidente del “Grande Torino”, <strong>di</strong> Vittorio Pozzo, <strong>il</strong> Commissario<br />
Tecnico dei due titoli mon<strong>di</strong>ali vinti e dell’oro olimpico del ’36, <strong>di</strong><br />
Carlo Bergoglio, <strong>il</strong> famoso Carlin <strong>di</strong> Tuttosport al campo <strong>di</strong> via<br />
Centallo e non erano visite <strong>di</strong> curiosità perché lì, in quel rettangolo <strong>di</strong><br />
gioco, andavano in scena alcuni dei più bei spettacoli <strong>di</strong> calcio<br />
giovan<strong>il</strong>e e d<strong>il</strong>ettantistico che si ricor<strong>di</strong>.<br />
Dopo quelle intense annate anche Gino Brusasco non vuole più avere<br />
grossi pesi sulle spalle e propone alla presidenza Aldo Ferrari, un<br />
commerciante del centro città che, tuttavia, dopo una sola stagione<br />
lascia <strong>il</strong> bastone <strong>di</strong> comando a Lorenzo Curtino, con un consigliere<br />
che sarà uno delle colonne portanti del club, quel Paolo Gribaudo,<br />
<strong>di</strong>ventato a sua volta presidente in due <strong>di</strong>verse occasioni.<br />
Come succede a tante realtà sportive d<strong>il</strong>ettantistiche, comunque,<br />
arrivano anche i perio<strong>di</strong> grigi in cui pare che niente possa porre<br />
rime<strong>di</strong>o a squadre senza mordente, a risultati bislacchi, ad “ari<strong>di</strong>tà” <strong>di</strong><br />
cassa. Si decide, anche, <strong>di</strong> sospendere la Coppa Primavera in attesa <strong>di</strong><br />
tempi migliori e si naviga a vista, in attesa <strong>di</strong> qualche approdo<br />
consistente. Verso la fine degli anni cinquanta, pare <strong>di</strong> essere arrivati<br />
nel porto giusto. Si propone un certo signor Deorsola, un<br />
commerciante all’ingrosso che, tuttavia, oltre alla presidenza,<br />
pretende, in considerazione dell’aiuto economico che fornisce, anche<br />
<strong>il</strong> cambio della denominazione sociale: è la volta dell’Unione Sportiva<br />
Deorsola-Barca. Ma non è finita, perché Deorsola cambia pure i colori<br />
sociali che <strong>di</strong>ventano giallo canarino.<br />
Pazienza, <strong>di</strong>cono i “vecchi”, basta riemergere. Ed infatti nei tre<br />
campionati, Prima Divisione, Ragazzi e Giovanissimi, a cui partecipa<br />
<strong>il</strong> “Deorsola-Barca” non si otterranno cose stratosferiche, ma un<br />
qualcosa <strong>di</strong> decoroso consente <strong>di</strong> affermare che la strada giusta per<br />
rinver<strong>di</strong>re i fasti è questa. Sbagliato. Do<strong>di</strong>ci mesi dopo <strong>il</strong> suo ingresso<br />
in società, Deorsola e la sua <strong>di</strong>tta si tirano fuori e al Barcanova è come<br />
prima, anzi, peggio <strong>di</strong> prima.<br />
Ci si rivolge, ancora una volta, ai soliti noti che hanno sempre “tirato<br />
<strong>il</strong> gruppo”, a quelli del borgo, <strong>di</strong> una “Regione Barca” che sa fare da<br />
sé. E presidente viene nominato quel gran signore che risponde al<br />
nome <strong>di</strong> Paolo Gribaudo, uno che tutti alla Barca conoscono ed<br />
apprezzano. Vice sono nominati Carreggio e Audenino.<br />
sessant’anni della nostra vita e del calcio giovan<strong>il</strong>e e d<strong>il</strong>ettantistico<br />
a Torino e <strong>di</strong>ntorni
Tratto dal libro<br />
Una Storia, tante storie<br />
<strong>di</strong> Tito Delton<br />
“Era ora”, <strong>di</strong>cono alcuni, ma si sbagliano. Gribaudo e l’amico<br />
Galuppi, con <strong>il</strong> quale si è misurato in tanti anni <strong>di</strong> avventure sportive,<br />
intendono riprendersi alla grande. Mettono insieme un bel gruppo <strong>di</strong><br />
boys, gente del calibro <strong>di</strong> Sib<strong>il</strong>la, Pasquino, Scarafiotti, Paporello, Bo,<br />
Beltrame, Gariglio, Canetti, Della Casa, Sala<strong>di</strong>ni e Fenzi, che quasi<br />
andavano a vincere in Prima Divisione, ma è l’intero gruppo delle<br />
squadre che non va oltre ad un decoroso risultato generale. Inoltre<br />
anche Gribaudo va a capitare in un momento <strong>di</strong> grande lavoro per la<br />
sua azienda e, seppure a malincuore, lascia. Starà sempre al <strong>fianco</strong> del<br />
sodalizio, ma non può permettersi <strong>il</strong> bastone <strong>di</strong> comando che pretende<br />
tempo, tempo e ancora tempo a <strong>di</strong>sposizione.<br />
Arriva Mario Ghiradello alla presidenza, ma sono i momenti che la<br />
“parrocchia” non passa granché e pur con un <strong>di</strong>rettivo <strong>di</strong> qualità, i<br />
risultati sportivi latitano. Sono, comunque, della partita, con<br />
Ghirardello, i fedeli Audenino, Careggio, Lana, Giovanni Nicco,<br />
Galuppi e molti altri, mentre fa la sua prima apparizione nei “quadri”<br />
Gioacchino Cascione, <strong>il</strong> sic<strong>il</strong>iano della Barca che si ostina a parlare<br />
piemontese e non ne azzecca una giusta: lo si vedrà per i seguenti<br />
quarant’anni al botteghino <strong>di</strong> via Centallo e lo si apprezzerà per la sua<br />
de<strong>di</strong>zione alla causa. Anche questa volta non centra <strong>il</strong> “bollettino del<br />
maresciallo Diaz”, ma rende bene l’idea.<br />
Come si sarà potuto notare, è un banale tran-tran che la società<br />
assorbe ma non <strong>di</strong>gerisce. Non <strong>di</strong>gerisce al punto che verso metà anni<br />
sessanta, entra <strong>di</strong> nuovo in crisi. Come ho scritto m<strong>il</strong>iar<strong>di</strong> <strong>di</strong> volte e me<br />
ne scuso per la ripetizione, sono i cicli negativi delle società<br />
d<strong>il</strong>ettantistiche, cui manco <strong>il</strong> “Barca” si sottrae.<br />
Ma proprio nel mezzo del guado, quando non si sa se è meglio un<br />
passo avanti o due in<strong>di</strong>etro, si fa vedere una persona che cambierà<br />
totalmente, ma proprio da cima a fondo, le sorti del club: arriva<br />
Angelo Pampione.<br />
Detta così, parrebbe la solita solfa, ma è meglio andare a leggersi<br />
qualche cosa <strong>di</strong> dettagliato e poi sparare giu<strong>di</strong>zi.<br />
Pampione era rossoblu da sempre, era nato nella “regione”, aveva gli<br />
amici quasi tutti lì, ma non si era ancora inserito nella società perché <strong>il</strong><br />
lavoro lo portava, sempre, in giro per l’Italia. Ad<strong>di</strong>rittura abitava a<br />
Varese con tutta la famiglia.<br />
Tuttavia, quando qualcuno gli raccontò che le cose, al “Barcanova”,<br />
stavano precipitando, che non esisteva manco <strong>il</strong> classico lesso <strong>di</strong><br />
carducciana memoria, che, come scrive Tavella su Pampione, “non<br />
avevano manco l’un<strong>di</strong>cesimo giocatore da mandare in campo”,<br />
Angelo ne parlò in casa e in accordo con la signora Elda, la moglie,<br />
decise <strong>di</strong> dare una mano alla “sportiva” della sua terra.<br />
Sapevano, i Pampione, che stavano ormai per ritornare a Torino, che i<br />
progetti <strong>di</strong> lavoro si erano trasformati in modo tale da pensare, anche,<br />
ad un impegno con i rossoblu. E così successe, a metà del 1962<br />
sessant’anni della nostra vita e del calcio giovan<strong>il</strong>e e d<strong>il</strong>ettantistico<br />
a Torino e <strong>di</strong>ntorni
Tratto dal libro<br />
Una Storia, tante storie<br />
<strong>di</strong> Tito Delton<br />
accettò la presidenza e, come ho scritto altrove, “partì <strong>il</strong> treno<br />
rossoblu che, finora, non si è mai fermato”.<br />
In quel momento <strong>il</strong> <strong>di</strong>rettivo della società era formato da Paolo<br />
Gribaudo e Valerio Gallocchio alla vice presidenza, dai consiglieri<br />
Carreggio, Racca, De Maria, Cascione, Lelli, Car<strong>di</strong>nale, M<strong>il</strong>one,<br />
Viano, Carli, i fratelli Galuppi, Croveri, Gambero, Battista Gallocchio,<br />
Grasso, Torre e Rosso. Per la <strong>di</strong>rezione tecnica si era ancora una volta<br />
chiamato <strong>il</strong> Nekita, con Bo, Paschero e Scarafiotti a dargli una mano.<br />
Gran bel gruppo, in numeri e qualità per chi conosce o ha conosciuto<br />
questa gente.<br />
Che fossero tornati i tempi dell’era Brusasco lo si era notato subito in<br />
quel settembre quando venne istituito <strong>il</strong> NAGC alla “Barca”, uno dei<br />
primi dopo quelli del “Baci”, del Toro e della Juve e dal ritorno, nella<br />
Pasqua che precedette l’inse<strong>di</strong>amento <strong>di</strong> Pampione <strong>di</strong> cui ormai si<br />
conosceva <strong>il</strong> suo arrivo, della “Coppa Primavera”. Fu indubbiamente<br />
l’anno della spinta, ma fatta con pazienza, con forza, sì, ma dosata per<br />
non ottenere scossoni deb<strong>il</strong>itanti.<br />
Pampione si <strong>di</strong>mostra grande in ogni occasione, sia organizzativa,<br />
tecnica o anche solo comportamentale. Dopo una brevissima parentesi<br />
in cui deve obbligatoriamente assentarsi torna sul ponte <strong>di</strong> comando<br />
per portare in società allenatori <strong>di</strong> valore come Marchiò, Selva,<br />
Cavallo e, soprattutto, riesce ad accaparrarsi Leo Polchini che così<br />
bene ha fatto e stava facendo allo “Spartanova”. Polchini, come oggidì<br />
avviene quasi sempre, si porta appresso un gruppo <strong>di</strong> giocatori<br />
rossoneri, Masetto, Moderiano, Valentino Carbone, Camposeo e non<br />
avviene una rottura tra Enria e Pampione stesso, soltanto perché <strong>il</strong><br />
presidente “barcanovino” trova un accordo con lo “Sparta” come<br />
saprà fare, sempre, con tutte le società con le quali avrà da<br />
collaborare. Nasce in quei giorni la nomea, meritata, <strong>di</strong> un Pampione<br />
vero signore, inten<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> calcio e <strong>di</strong> calciatori, organizzatore dalla<br />
mano ferrea ma, comunque comprensiva.<br />
In quella prima formazione allenata da Polchini, venivano schierati i<br />
fratelli Tagliarino, Sartore, Trombini, capitano e attuale <strong>di</strong>rettore<br />
sportivo della società, Vigna, Tavella, Carli e i quattro appena sopra<br />
citati: una formazione <strong>di</strong> quelle “storiche” per <strong>il</strong> club <strong>di</strong> via Centallo.<br />
Poco dopo è giunta l’ora dei festeggiamenti. Il Barcanova ha compiuto<br />
cinquant’anni e in quel 1970 anche la “Coppa Primavera” si rifà <strong>il</strong><br />
trucco con partecipazioni <strong>di</strong> lusso. Ne scrive, sulle pagine <strong>di</strong> “La<br />
Stampa”, anche Giovanni Arpino, un mito piemontese per la cultura e<br />
per lo sport, che Tavella riporta nel suo saggio: “Viviamo in tempi <strong>di</strong><br />
strambe kermesse, sia che ci si dondoli sui trattori motocrossistici, sia<br />
che si assista, in ogni angolo del mondo, ad ogni tipo <strong>di</strong> cantagiro,<br />
m<strong>il</strong>le ch<strong>il</strong>ometri, carreras, seigiorni, circuiti, festivals del motore e<br />
dello scontro. Il Grande Barnum parasportivo ha un suo calendario<br />
clamoroso ed allettante. Ma le manifestazioni autentiche, dove non<br />
sessant’anni della nostra vita e del calcio giovan<strong>il</strong>e e d<strong>il</strong>ettantistico<br />
a Torino e <strong>di</strong>ntorni
Tratto dal libro<br />
Una Storia, tante storie<br />
<strong>di</strong> Tito Delton<br />
c’è trucco, dove <strong>il</strong> gesto atletico non è mai da confondersi con la<br />
recita e l’esibizionismo fine a se stesso, sono piuttosto rare. La Coppa<br />
Primavera è tra queste: coerente, specifica, sobria fino all’osso. Chi<br />
non sa <strong>di</strong> calcio non può fiutarne <strong>il</strong> clima”.<br />
E in questo tipo <strong>di</strong> clima, appare come allenatore un certo Tito<br />
Beltrame che, smessi i panni del giocatore barcanovino, si <strong>di</strong>mostrerà<br />
un “mister” con i fiocchi, salvo, nelle ultime stagioni del secondo<br />
m<strong>il</strong>lennio riciclarsi come <strong>di</strong>rigente federale e venire apprezzato anche<br />
in quella veste. S<strong>il</strong>vio Scarafiotti è sempre con i più piccini ad<br />
insegnare calcio, ma a sorprendere è ancora <strong>il</strong> Nekita, al secolo<br />
Giovanni Necco, a cui viene confermato <strong>il</strong> compito <strong>di</strong> <strong>di</strong>rettore<br />
tecnico. <strong>Con</strong> Pampione presidente, Brusasco presidente onorario, ci<br />
sono i “soliti” Paolo Gribaudo, Nicodemo Boscolo, i fratelli<br />
Gallocchio e la solita schiera numerosa <strong>di</strong> amici fidati.<br />
Ma Pampione, come in quella storiella che racconta “dell’occhio del<br />
padrone che ingrassa <strong>il</strong> cavallo”, vede lungo, lontano lontano ed ha<br />
capito che non basta fare una telefonata da casa o dall’ufficio a quel<br />
tal <strong>di</strong>rigente o a quel tal allenatore, per far funzionare al meglio le<br />
cose, Pampione si impegna in prima persona e mentre delega ad altri,<br />
forse al figlio Mimmo che sta crescendo bene, le questioni <strong>di</strong> lavoro<br />
personali, al campo del “Barca” è sempre presente. Tutti i giorni,<br />
sette giorni su sette. I risultati si vedono presto. Titoli regionali con le<br />
varie squadre giovan<strong>il</strong>i, gli Juniores, per esempio, nel 1976, oppure gli<br />
Allievi nel 1977, collaborazioni importanti con Torino e Juventus<br />
dalle quali ottiene dei prestiti <strong>di</strong> valore, adatti a rinforzare le squadre<br />
ma anche ad attirare le nuove leve che a Torino e <strong>di</strong>ntorni sanno ormai<br />
dove porre l’occhio: insomma se negli anni cinquanta, a Torino, era<br />
svettato <strong>il</strong> “Cenisia”, negli anni sessanta lo “Spartanova”, adesso e per<br />
un bel po’ sarà <strong>il</strong> turno del “Barcanova”. Ovvio che altri club aff<strong>il</strong>ino<br />
gli artigli, ve<strong>di</strong> <strong>il</strong> “Beinasco” <strong>di</strong> Bitossi e Ronco, ma se parliamo della<br />
sola Torino la classifica è quella che vi ho descritto.<br />
Negli anni susseguenti, sono sempre i successi eclatanti a far sorridere<br />
la <strong>di</strong>rigenza rossoblu e <strong>di</strong>eci vittorie consecutive in quel premio<br />
chiamato “Oscar”, una sorta <strong>di</strong> classifica tra le migliori società della<br />
provincia, ideata dagli amici Frassinelli e Sburlati con un punteggio<br />
del tutto particolare che somma i valori <strong>di</strong> tutte le squadre <strong>di</strong> ciascuna<br />
società iscritta in FIGC, non sono solo “caramelle”; come anche l’aver<br />
vinto <strong>il</strong> “SuperOscar”, torneo pre campionato <strong>di</strong> elite, per sette volte<br />
dal 1981 al 2000 ed essersi ripetuta nel 2002 con la nuova<br />
denominazione <strong>di</strong> “BarcanovaSalus” va considerato alla stregua <strong>di</strong> un<br />
successo eclatante.<br />
All’epoca <strong>di</strong> Pampione arrivano pezzi da novanta, come Ercole Rabitti<br />
nel 1984, a <strong>di</strong>rigere <strong>il</strong> settore tecnico al posto del Nekita che va a<br />
godersi un meritato riposo e alcuni giocatori, ceduti alle squadre<br />
sessant’anni della nostra vita e del calcio giovan<strong>il</strong>e e d<strong>il</strong>ettantistico<br />
a Torino e <strong>di</strong>ntorni
Tratto dal libro<br />
Una Storia, tante storie<br />
<strong>di</strong> Tito Delton<br />
professionistiche, raggiungono vette <strong>di</strong> r<strong>il</strong>ievo: Padovano, <strong>Con</strong>tratto,<br />
Gatti e Cappellino per citarne alcuni.<br />
Dopo tutto questo palmares, dopo aver ottenuto posizioni <strong>di</strong> prestigio,<br />
proprio mentre si è all’apice del calcio giovan<strong>il</strong>e piemontese, in un<br />
freddo pomeriggio <strong>di</strong> febbraio del 1986, si sparge la notizia che è<br />
mancato Angelo Pampione.<br />
Non è che Pampione fosse ammalato, che avesse nascosto un male<br />
incurab<strong>il</strong>e o altre <strong>di</strong>avolerie sim<strong>il</strong>i, macché, una banale, maledetta<br />
caduta sul terreno ghiacciato del suo piccolo sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> via Centallo,<br />
proprio davanti agli spogliatoi e avvenuta una decina <strong>di</strong> giorni<br />
ad<strong>di</strong>etro, gli aveva creato delle gravi complicazioni respiratorie, forse<br />
la frattura <strong>di</strong> qualche costola, tali da togliergli la vita.<br />
Non è solo <strong>il</strong> “Barcanova” in lutto, lo è tutto <strong>il</strong> mondo sportivo<br />
citta<strong>di</strong>no, quello delle istituzioni, della stampa, dei me<strong>di</strong>a.<br />
Le parole che seguono non vogliono essere una sorta <strong>di</strong> incensatura,<br />
men che meno l'agiografia <strong>di</strong> un personaggio del calcio giovan<strong>il</strong>e che<br />
ha segnato (e come li ha segnati!) gli anni in cui è vissuto. Non<br />
vogliono esserlo perché Angelo Pampione, modesto e schivo, non lo<br />
avrebbe desiderato. Sappiamo anche che mi bacchetterebbe per queste<br />
poche righe che sto scrivendo, perché <strong>il</strong> mitico, grande Presidente del<br />
Barcanova proprio non aveva mai voglia <strong>di</strong> "apparire". Era uno che<br />
faceva, non uno che <strong>di</strong>ceva che si sarebbe dovuto fare. Era un uomo<br />
dall'intelligenza fina, che soltanto i veri signori, nella vita come nello<br />
sport, non ti facevano mai pesare, non ti si "opponevano", non ti prevaricavano.<br />
Mai.<br />
E' fac<strong>il</strong>e cadere nel patetico quando si tratteggia qualcuno che non c'è<br />
più, quando si tenta <strong>di</strong> descriverne <strong>il</strong> buon carattere con poche righe,<br />
ma se anche riterrete <strong>di</strong> intravedere sembianze deformi, vi pregherei <strong>di</strong><br />
passare oltre: è tutto vero!<br />
Negli anni della sua vita sportiva, e parlo solo <strong>di</strong> sport, Pampione si<br />
impose. Nei consessi, nelle frequenti riunioni con altri colleghi delle<br />
società torinesi consorelle che mai si stancava <strong>di</strong> promuovere per<br />
valutare miglioramenti, per significare appoggi aggregativi, la sua<br />
leggera parlata cispadana, <strong>il</strong> suo pacato interloquire, i suoi interventi<br />
sempre mirati erano <strong>di</strong>venuti una costante. Mai che alzasse la voce,<br />
mai che si accalorasse, era convincente comunque.<br />
Un giorno, durante una visita al “suo” campo, mi <strong>di</strong>sse: "Sa caro<br />
amico -non siamo mai riusciti a darci del tu, come, d’altronde,<br />
avveniva tra le persone <strong>di</strong> una certa stagione della vita – qual’ è una<br />
delle mie più gran<strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazioni? Ricevere la telefonata, a volte<br />
ogni settimana, a volte una volta <strong>il</strong> mese, dei miei ex giocatori che<br />
sono passati a gran<strong>di</strong> mete. Mi basta, mi riempie <strong>di</strong> tenerezza e mi fa<br />
considerare che, forse, ho lavorato bene". Si riferiva, per esempio, a<br />
<strong>Con</strong>tratto che dalla Fiorentina o dalla Nazionale gli telefonava ogni<br />
sessant’anni della nostra vita e del calcio giovan<strong>il</strong>e e d<strong>il</strong>ettantistico<br />
a Torino e <strong>di</strong>ntorni
Tratto dal libro<br />
Una Storia, tante storie<br />
<strong>di</strong> Tito Delton<br />
domenica mattina, perché era certo <strong>di</strong> trovarlo al campo, per salutarlo,<br />
semplicemente per salutarlo. Questo era un uomo per bene.<br />
Dice Renato Tavella, lo scrittore che cito sovente perché oltre ad<br />
essere stato un giocatore rossoblu è stato anche <strong>il</strong> biografo della<br />
società, nel suo solito saggio: “La figura <strong>di</strong> Angiolino era già mitica<br />
quand’era in vita, ora che non c’è più è leggenda. E sostituire una<br />
leggenda è impossib<strong>il</strong>e”.<br />
Parrebbe, ma i “soliti noti della Regione” hanno saputo andare a<br />
lezione in quegl’anni dalla persona giusta e quin<strong>di</strong> torna ancora una<br />
volta Paolo Gribaudo a prendere le briglie del club. <strong>Con</strong> lui c’è anche<br />
Mimmo Pampione, <strong>il</strong> figlio del presidente, ed ha tempo da vendere,<br />
ormai, anche Domenico Accossato che, in pensione, si rende<br />
<strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e a continuare l’opera con maggiore lena <strong>di</strong> prima, se<br />
necessita. E necessita proprio per non rompere… <strong>il</strong> f<strong>il</strong>o, per proseguire<br />
con lo stesso entusiasmo, anche se acciaccati nel morale.<br />
Ecco allora arrivare un titolo regionale nella categoria Giovanissimi, è<br />
<strong>il</strong> 1990, ecco che la Coppa Primavera raggiunge la sua ventottesima<br />
e<strong>di</strong>zione e la finale, allo Sta<strong>di</strong>o Comunale, si <strong>di</strong>sputa davanti a<br />
ventim<strong>il</strong>a spettatori.<br />
Quel decennio, quin<strong>di</strong>, si chiude con buoni risultati tecnici per <strong>il</strong><br />
“Barcanova”, mentre in giro per <strong>il</strong> globo è la solita tiritera <strong>di</strong> guai.<br />
Nel 1983, <strong>il</strong> 13 febbraio dell’83, si scatena l’inferno nel cinema<br />
Statuto <strong>di</strong> via Cibrario a Torino. Dapprima viene data la notizia che un<br />
incen<strong>di</strong>o si è sv<strong>il</strong>uppato nel cinema, ma non si accenna a feriti o a<br />
morti. Uno pensa, danno un f<strong>il</strong>m me<strong>di</strong>ocre, “La capra”, ci sarà stata<br />
poca gente. Ma è domenica, una domenica pomeriggio e in sala sono<br />
in tanti, come in tutti i cinema citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> quelle giornate festive.<br />
Poi si sparge la voce che ci sono già cinque o sei vittime ed allora in<br />
molti sono a chiedersi dove possa essere la propria figlia o quel nonno<br />
col nipotino. La frenesia per la paura monta, sono in tanti che non<br />
avendo notizie dei propri fam<strong>il</strong>iari si avvicinano alla sala. E’ un<br />
<strong>di</strong>sastro <strong>di</strong> proporzioni enormi, la più grande trage<strong>di</strong>a dopo i<br />
bombardamenti della seconda guerra mon<strong>di</strong>ale: i morti saranno 64!<br />
Fra loro anche due bambini, Andrea <strong>di</strong> un<strong>di</strong>ci anni e Giuseppina <strong>di</strong><br />
sette. Questo b<strong>il</strong>ancio, comunque, arriva soltanto più tar<strong>di</strong>, al<br />
momento c’è la “liquefazione”, letteralmente, dell’intera sala e <strong>di</strong> un<br />
garage situato a <strong>fianco</strong>. Raccolgo da “La Stampa” una scarna cronaca<br />
fatta in occasione <strong>di</strong> una ricorrenza: “La storia del rogo allo Statuto è<br />
presto raccontata. Ore 18,10 scoppia l’incen<strong>di</strong>o, le uscite <strong>di</strong> sicurezza<br />
sono chiuse, i materiali sono sbagliati, i gas che si sv<strong>il</strong>uppano<br />
uccidono quasi all’istante, un gruppo fugge nei bagni e muore lì, uno<br />
sopra l’altro, pochi riescono a uscire. E’ accaduto allo Statuto,<br />
poteva accadere in decine <strong>di</strong> altri luoghi”.<br />
sessant’anni della nostra vita e del calcio giovan<strong>il</strong>e e d<strong>il</strong>ettantistico<br />
a Torino e <strong>di</strong>ntorni
Tratto dal libro<br />
Una Storia, tante storie<br />
<strong>di</strong> Tito Delton<br />
Ad una notizia devastante, una forse triste ma, comunque, quasi<br />
doverosa. Nel 1985 lo zoo <strong>di</strong> corso Casale chiude.<br />
Non più giraffe e manco un ippopotamo a risvegliare la meraviglia dei<br />
bambini torinesi. Non più quella giraffa che aveva leccato la faccia<br />
alla bambina del portinaio <strong>di</strong> via Alfieri con una lingua “lunga un<br />
metro” ed era scappata via gridando, non più quell’ippopotamo che<br />
mentre usciva dal suo riparo e si immetteva nello spazio all’aperto del<br />
proprio recinto, sgaghizzava a ripetizione irrorando quattro o cinque<br />
persone che si erano avvicinate un po’ troppo al cordolo <strong>di</strong> protezione.<br />
Comunque è stata una decisione giusta, perché in tal modo si sono<br />
sistemate tutte le bestie in cattività dentro a parchi meglio attrezzati in<br />
giro per la penisola. Peccato per i più giovani che, se non saranno<br />
fortunati da potersi permettere un safari in Africa, dovranno<br />
accontentarsi d’ora in poi <strong>di</strong> qualche f<strong>il</strong>mato del National Geographic<br />
per vedere come è fatto un licaone o un bra<strong>di</strong>po tridatt<strong>il</strong>o.<br />
L’anno dopo, invece, lo spettro <strong>di</strong> Hiroshina cade sulle nostre teste.<br />
Nell’Unione Sovietica, in quella regione chiamata Ucraina (lo stato<br />
nazionale è ancora <strong>di</strong> là da venire), a non molti ch<strong>il</strong>ometri da Kiev,<br />
esiste una citta<strong>di</strong>na dal nome assolutamente sconosciuto, credo, anche<br />
ai connazionali russi: Cernobyl! Impareremo a pronunciarlo subito<br />
perché nella mattina del 26 apr<strong>il</strong>e <strong>di</strong> quel 1986 esplode un reattore<br />
della locale centrale elettronucleare, provocando la fusione del<br />
nocciolo e la fuoriuscita <strong>di</strong> una ingente quantità <strong>di</strong> materiale<br />
ra<strong>di</strong>oattivo. Come, un <strong>di</strong> poi, ci è stato spiegato un’infinità <strong>di</strong> volte<br />
non c’è alcuna possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> intervenire per mettere in sicurezza la<br />
falla che è enorme e gravissima; l’uomo, per quante protezioni si<br />
metta addosso, se interviene o si avvicina in quei primi momenti è<br />
condannato ad una morte sicura. Ed allora quegli elicotteristi, quei<br />
tecnici, quegli operai che, per primi, tentarono <strong>di</strong> raffreddare <strong>il</strong><br />
reattore o che gettarono le prime tonnellate <strong>di</strong> sabbia sulla costruzione<br />
vanno considerati dei gran<strong>di</strong>ssimi eroi, anche se nessuno (ed erano in<br />
molti a sapere!) aveva detto loro che sarebbero andati incontro a morte<br />
certa, come poi è avvenuto realmente. Nessuno <strong>di</strong> quei ragazzi,<br />
nessuno <strong>di</strong> quegli eroi sono sopravissuti.<br />
Quando le autorità sovietiche si decidono ad informare la propria<br />
popolazione, le autorità sanitarie delle nazioni confinanti e l’intera<br />
Europa, <strong>il</strong> tempo trascorso è notevole ed i danni arrecati saranno<br />
enormi. Dopo quattro giorni, quattro lunghi maledetti giorni, vengono<br />
evacuate oltre centocinquantam<strong>il</strong>a persone abitanti nei <strong>di</strong>ntorni <strong>di</strong><br />
Cernobyl, ma la nube ra<strong>di</strong>oattiva che si è formata sopra alla centrale<br />
<strong>di</strong>venta impressionante con, è stato calcolato dall’Organizzazione<br />
Mon<strong>di</strong>ale per la Sanità, 10 mSv (m<strong>il</strong>lisievert), e per favore non<br />
chiedetemi cosa siano i m<strong>il</strong>lisievert. A causa dei venti contrari che in<br />
quei giorni spirano da est, la paura attanaglia gli ucraini, i bielorussi<br />
che sono i più vicini alla centrale esplosa, ma anche i polacchi, gli<br />
sessant’anni della nostra vita e del calcio giovan<strong>il</strong>e e d<strong>il</strong>ettantistico<br />
a Torino e <strong>di</strong>ntorni
Tratto dal libro<br />
Una Storia, tante storie<br />
<strong>di</strong> Tito Delton<br />
ungheresi e i romeni che confinano <strong>di</strong>rettamente. In Italia, come<br />
altrove, viene consigliato <strong>di</strong> lavare qualsiasi ortaggio o frutto che si<br />
compera e <strong>di</strong> lavarlo assolutamente bene. Subentra, come logico e<br />
naturale, una psicosi da “nucleare” che farà sorgere un movimento in<br />
tutta la penisola, i “ver<strong>di</strong>”, ab<strong>il</strong>itati, d’ora in poi, a <strong>di</strong>re tutte le<br />
sciocchezze possib<strong>il</strong>i ed immaginab<strong>il</strong>i per tirare l’acqua al proprio<br />
mulino politico e contribuiranno, con un referendum apposito, ad<br />
annullare la costruzione <strong>di</strong> qualsiasi altra centrale elettronucleare nel<br />
nostro paese e a bloccare l’attività <strong>di</strong> quelle esistenti. Risultato?<br />
Abbiamo due centrali <strong>di</strong> enorme potenza in Francia a pochi ch<strong>il</strong>ometri<br />
da Torino, altrettante in Slovenia, vicino a Trieste, e se qualcuna <strong>di</strong><br />
queste dovesse esplodere o avere dei guasti, <strong>il</strong> nord e <strong>il</strong> centro Italia<br />
sarebbe nelle stesse con<strong>di</strong>zioni dell’Ucraina e della Bielorussia del<br />
1986: con una bella <strong>di</strong>fferenza, però.<br />
Primo, non saranno centrali nostre e per le responsab<strong>il</strong>ità potremo<br />
attaccarci… al tram. Secondo, le centrali straniere cui ho accennato<br />
sono costruite, tutte, con dei sistemi modernissimi <strong>di</strong> sicurezza. Terzo,<br />
le nostre non funzionano più ma costano un’ira<strong>di</strong>d<strong>di</strong>o per la sola<br />
manutenzione e stoccaggio delle barre d’uranio. Quarto, siamo<br />
costretti a comperare energia elettrica dai paesi confinanti. Quinto,<br />
visti i costi attuali del petrolio e la misera consistenza delle energie<br />
alternative (vento, sole, mare) qualche centrale nucleare ben costruita<br />
ci metterebbe al sicuro per <strong>di</strong>versi decenni. Sesto, ad avvalorare questa<br />
tesi sta la certezza che se Cernobyl e altre centrali russe non fossero<br />
state costruite con quella pochezza <strong>di</strong> tecnologia e con una minima<br />
serie <strong>di</strong> accorgimenti <strong>di</strong> sicurezza in più (ma ai russi mancavano i rubli<br />
necessari!), non ci sarebbe stato alcun guasto e alcuna paura<br />
susseguente. Settimo e ultimo, è bello, bellissimo ricevere in vacanza<br />
nelle nostre case al mare, come in quaranta nazioni nel mondo,<br />
qualche centinaio <strong>di</strong> bambini orfani ucraini e bielorussi, ma cosa<br />
hanno a che fare con Cernobyl questi bambini che se fossero nati in<br />
quel momento avrebbero <strong>di</strong> già vent’anni, mentre la mortalità è<br />
scomparsa, come <strong>di</strong>ce sempre l’OMS, dall’anno dopo l’esplosione<br />
della centrale? Chiedetevelo, chiedete lumi a qualche sapientone.<br />
In mezzo ai soliti affanni del mondo, e la storia, statene certi, ogni<br />
tanto si ripete in un modo o nell’altro, <strong>il</strong> Barcanova viveva molto<br />
decorosamente <strong>il</strong> dopo Pampione.<br />
Gribaudo, comunque, non era <strong>il</strong> solo degli “antichi”, in quanto la<br />
mancanza <strong>di</strong> Pampione aveva cementato <strong>il</strong> gruppo e quin<strong>di</strong> restavano<br />
sempre i Giorgio Lovato, i Piergiorgio Trombini, i Giancarlo<br />
Borghetto, gente destinata a <strong>di</strong>rigere squadre o a <strong>di</strong>rigere settori<br />
tecnici. E poi Alberto Sarto, con <strong>il</strong> già citato Antonio Marrocu e sua<br />
moglie Anna a <strong>di</strong>vidersi la segreteria, l’intramontab<strong>il</strong>e Gioacchino<br />
Cascione ed entravano in quella che sarebbe stata una nuova fetta <strong>di</strong><br />
sessant’anni della nostra vita e del calcio giovan<strong>il</strong>e e d<strong>il</strong>ettantistico<br />
a Torino e <strong>di</strong>ntorni
Tratto dal libro<br />
Una Storia, tante storie<br />
<strong>di</strong> Tito Delton<br />
storia sportiva Francesco Zanghi, Enrico Ruffino, tanto per rinver<strong>di</strong>re<br />
<strong>il</strong> blasone che era stato dei Polchini o dei Rabitti.<br />
Intanto nel 1990 aveva lasciato la presidenza Paolo Gribaudo ed era<br />
arrivato un personaggio noto a livello nazionale per la “potenza” della<br />
famiglia, Gianmario Gabetti, proprietario, tra l’altro, della<br />
“Pallacanestro Ph<strong>il</strong>ips M<strong>il</strong>ano” che, tuttavia, oberato dai molti<br />
impegni, lascerà dopo non molte stagioni e gli subentrerà Jose<br />
Parrella, un alto <strong>di</strong>rigente amministrativo ospedaliero che si affaccia al<br />
calcio giovan<strong>il</strong>e e d<strong>il</strong>ettantistico e che guiderà la società per tutti<br />
quegli anni che mancano alla fusione con <strong>il</strong> “Salus” <strong>di</strong> Enzo Panzeri.<br />
Nelle stagioni che portano al duem<strong>il</strong>a, altri titoli <strong>di</strong> prestigio si<br />
aggiungono in casa rossoblu, come, per esempio, la vittoria nel torneo<br />
“Caduti <strong>di</strong> Superga” del 1994, 1995, 1996 e, soprattutto, <strong>il</strong> primo<br />
posto nel “Tappari”, manifestazione <strong>di</strong> alto prestigio organizzata dal<br />
“Lucento”, del ’95 e del ’96, rif<strong>il</strong>ando un pesante cappotto alle<br />
squadre professionistiche, cosa mai accaduta prima e manco dopo, per<br />
una società d<strong>il</strong>ettantistica.<br />
Ma la grossa sod<strong>di</strong>sfazione, nel nugolo dei titoli regionali conquistati,<br />
avuta dai ragazzi della classe 1984, si può considerare unica per la<br />
progressione ottenuta. Nel 1998 la squadra composta dai vari Menso,<br />
Proietti, Sinisi, Sarcinelli, Tomatis, Rosso, Spina, Trivieri, Invito,<br />
Vianello, To<strong>di</strong>sco, Falciani, Va<strong>il</strong>atti, Tolo, Massena, Beltramo,<br />
Simonetti, Bernardo e Prinzivalli e guidata da Ruffino, va a vincere <strong>il</strong><br />
titolo <strong>di</strong> campione regionale Giovanissimi. L’anno dopo, nella<br />
categoria MiniAllievi con allenatore Massimo Gardano, si classificano<br />
al primo posto nel “torneo” regionale e, dulcis in fundo, nel 2000 sono<br />
ancora campioni regionali tra gli Allievi, guidati da Giorgio Lovato.<br />
La corsa per <strong>il</strong> titolo nazionale non ha buon esito, ma se fate caso alle<br />
sequenze e all’annata interessata, è indubbiamente una “stagione” da<br />
vivere con <strong>il</strong> fiatone per stare <strong>di</strong>etro a quei ragazzi formidab<strong>il</strong>i, a quei<br />
allenatori, a quella <strong>di</strong>rigenza che ha consentito la formazione del<br />
gruppo molto vincente. Come mi ha detto recentemente Carlo Clovis<br />
che, se qualcuno non si scandalizzasse, aggiungerei insieme a<br />
Winston, <strong>il</strong> suo bellissimo e inseparab<strong>il</strong>e cane: “Ce ne siamo tolte<br />
delle sod<strong>di</strong>sfazioni in questi anni, ma, dopo averci fatto <strong>il</strong> callo, è <strong>di</strong><br />
nuovo ora dei traguar<strong>di</strong> più ambiti che la nuova presidenza si è data<br />
come obiettivo principale”.<br />
Non è ancora ora, comunque, <strong>di</strong> pensare al futuro imme<strong>di</strong>ato, perché<br />
nel 2002 avviene un episo<strong>di</strong>o che si <strong>di</strong>mostrerà ancora una volta<br />
azzeccato ma che, tuttavia, farà da spartiacque nel modo <strong>di</strong> concepire<br />
la “società del borgo”, della regione. Avviene la fusione tra <strong>il</strong><br />
Barcanova ed una società amica, nata in Borgo Vittoria ma con<br />
l’attività calcistica nei campi della Barriera <strong>di</strong> M<strong>il</strong>ano, proprio a<br />
ridosso <strong>di</strong> quel ponte che da ottantadue anni segna <strong>il</strong> confine tra “noi e<br />
gli altri”, come <strong>di</strong>ceva, ogni tanto, Domenico Accossato: è l’Unione<br />
sessant’anni della nostra vita e del calcio giovan<strong>il</strong>e e d<strong>il</strong>ettantistico<br />
a Torino e <strong>di</strong>ntorni
Tratto dal libro<br />
Una Storia, tante storie<br />
<strong>di</strong> Tito Delton<br />
Sportiva “Salus” del presidente Panzeri e la nuova società si chiamerà<br />
Unione Sportiva D<strong>il</strong>ettantistica “BarcanovaSalus”.<br />
Molti sono i motivi che inducono quel tale sodalizio calcistico o<br />
quella polisportiva ad unirsi, a fondersi con analoghe realtà del<br />
vicinato o meno; ne sono accadute <strong>di</strong> tutti i generi, specialmente negli<br />
ultimi vent’anni, da quando, cioè, le spese per la sopravvivenza dei<br />
club sportivi sono <strong>di</strong>ventate sovente insostenib<strong>il</strong>i o, comunque, molto,<br />
ma molto pesanti da sopportare. Ma al Barcanova, mi pare <strong>di</strong> capire,<br />
così come al Salus, non era una questione <strong>di</strong> soli denari, si voleva<br />
unire le forze per aumentare la potenzialità, per elevare <strong>il</strong> tasso tecnico<br />
<strong>di</strong> qualche squadra e, da parte Salus, la necessità <strong>di</strong> essere più<br />
competitivi non era un fattore secondario. Inoltre al Barcanova stava<br />
per accadere una cosa che non era mai stata prevista e che, pur<br />
essendone a conoscenza da alcuni anni, non si era mai posto rime<strong>di</strong>o:<br />
l’area su cui sorgeva l’impianto <strong>di</strong> via Centallo doveva essere venduta<br />
per inderogab<strong>il</strong>i necessità dei proprietari, gli ere<strong>di</strong> della famiglia<br />
Rosso che, nel 1946, aveva dato in concessione <strong>il</strong> terreno al<br />
Barcanova. Una bella mazzata che, in ogni modo, pare sia stata gestita<br />
non molto bene e <strong>di</strong> cui, mi è stato detto in modo non molto<br />
intelligib<strong>il</strong>e forse per non rimestare troppo <strong>il</strong> coltello nella piaga, si<br />
sarebbe potuto avere un altro esito. Non ho la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> essere<br />
chiaro in questa polemica, ma certo che pur nella signor<strong>il</strong>ità delle<br />
espressioni, qualcuno non ha mai <strong>di</strong>gerito bene lo svolgimento della<br />
trattativa, se trattativa c’è stata.<br />
A conti fatti <strong>il</strong> “Barca” si è trovato con i soli campetti <strong>di</strong> via<br />
Occimiano, sempre alla Barca ma spostati verso nord est, <strong>di</strong> proprietà<br />
comunale e usati da qualche tempo per gli allenamenti, ma era ovvio<br />
che non sarebbero stati né sufficienti né adatti ad ospitare tutte le<br />
squadre, dalla Prima Categoria alla Scuola Calcio.<br />
I due <strong>di</strong>rettivi, allora, cominciarono ad incontrarsi nel 2001 e<br />
conclusero la fusione decidendo subito la nuova denominazione<br />
sociale e stab<strong>il</strong>endo i campi da gioco a <strong>di</strong>sposizione. Si poteva avere<br />
quello <strong>di</strong> via Casteldelfino angolo corso Grosseto, proprietà Michelin<br />
(poi abbandonato), quello <strong>di</strong> via Sempione che, aveva promesso <strong>il</strong><br />
Comune, stava per essere trasformato in “sintetico”, e i due campetti<br />
<strong>di</strong> via Occimiano: non era un tutt’uno ma, per lo meno, era<br />
abbondante.<br />
I due presidenti, Parrella del “Barca” e Panzeri del “Salus”, lasciarono<br />
<strong>il</strong> posto a Paolo Ar<strong>di</strong>ssone e loro vennero nominati vicepresidenti con<br />
un consiglio <strong>di</strong> gran peso ed un numero <strong>di</strong> squadre impressionante.<br />
Che fosse un “incontro” ben fatto, lo si vide imme<strong>di</strong>atamente perché<br />
nel 2002 la nuova società riuscì a vincere <strong>il</strong> “SuperOscar”, <strong>il</strong> torneo<br />
precampionato tra i migliori club della provincia.<br />
sessant’anni della nostra vita e del calcio giovan<strong>il</strong>e e d<strong>il</strong>ettantistico<br />
a Torino e <strong>di</strong>ntorni
Tratto dal libro<br />
Una Storia, tante storie<br />
<strong>di</strong> Tito Delton<br />
Ma nelle realtà sportive d<strong>il</strong>ettantistiche, non si dovrebbe mai<br />
“dormire”, mai pensare che tutto è a posto, che non rimane altro che<br />
stare a guardare quanto sono bravi, belli e buoni i nostri ragazzi. Mai.<br />
A metà luglio del 2004, quando uno che non è proprio un ragazzo e<br />
non frequenta movida <strong>di</strong> sorta, se ne sta sul terrazzo <strong>di</strong> casa a godersi<br />
quei soffi <strong>di</strong> aria fresca che, all’una <strong>di</strong> notte, danno un certo sollievo,<br />
proprio in quel momento riceve una telefonata. Non può essere suo<br />
figlio che ha chiamato da New York pochi minuti prima, e nemmeno<br />
qualche amico che vuole invitarlo ai Murazzi, quando mai!<br />
A G<strong>il</strong>berto Andreotti, perché è <strong>di</strong> lui che parlo, quasi gli girano<br />
quando va a prendere <strong>il</strong> cordles per<br />
rispondere. Mi pare <strong>di</strong> vedere la scena (come<br />
me l’ha raccontata un comune amico), con un<br />
Andreotti scontroso e la faccia tosta <strong>di</strong> chi<br />
chiama. E’ <strong>il</strong> “Barca”, anzi è <strong>il</strong><br />
“BarcanovaSalus”, materializzatosi in<br />
qualcuno che forse sarà stato Sarto e forse no<br />
a chiamare e chiede se ci possa essere un<br />
colloquio urgente, in quanto <strong>il</strong> <strong>di</strong>rettivo che si<br />
sta svolgendo in quelle ore, non cava un<br />
ragno dal buco dopo le <strong>di</strong>missioni <strong>di</strong><br />
Ar<strong>di</strong>ssone. Due parole per comprendere come stanno realmente le<br />
cose e poi appuntamento per <strong>il</strong> giorno dopo. E <strong>il</strong> giorno dopo<br />
Andreotti accetta la presidenza, con <strong>il</strong> sottinteso principio che d’ora in<br />
poi sarà lui a dettare le linee guida, pur con l’aiuto <strong>di</strong> tutti e, in special<br />
modo, <strong>di</strong> Enzo Panzeri.<br />
G<strong>il</strong>berto Andreotti è stato giocatore nelle giovan<strong>il</strong>i del Barcanova per<br />
poi passare al Torino e allo Spartanova degli anni sessanta. Ha poi<br />
proseguito con una buona carriera tra i semi professionisti,<br />
<strong>di</strong>mostrando, sempre, quel carattere <strong>di</strong> merda come giocatore e un<br />
carattere eccezionale, semplice e generoso, come uomo e<br />
impren<strong>di</strong>tore. A proposito del carattere <strong>di</strong> Andreotti, che è uno, come<br />
molti dei suo predecessori, della Regione, e che del Barca è stato socio<br />
sostenitore per tantissimo tempo, circola una curiosa storiella <strong>di</strong><br />
quando giocava nello Spartanova. In una gara <strong>di</strong> un torneo giovan<strong>il</strong>e<br />
in Belgio, categoria juniores, cui partecipava lo Spartanova dei primi<br />
anni sessanta, Andreotti, che aveva subito un fallo ma che aveva<br />
proseguito per quella, non scritta, regola del vantaggio, si era visto<br />
fermare dall’arbitro che, invece <strong>di</strong> usare <strong>il</strong> fischietto, gli aveva gridato<br />
<strong>di</strong> fermarsi, “mangiaspaghetti <strong>di</strong> un italiano”!<br />
A quelle parole, u<strong>di</strong>te da buona parte dei giocatori, dai <strong>di</strong>rigenti e dal<br />
pubblico che si era messo a ridere, Andreotti aveva reagito urlando<br />
all’arbitro <strong>di</strong> chiedere scusa. Questi, invece, gli aveva riso in faccia e<br />
se n’era andato, proseguendo nel gioco. G<strong>il</strong>berto non ci pensò due<br />
volte e mentre <strong>il</strong> <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> gara era circondato da tutti i giocatori<br />
sessant’anni della nostra vita e del calcio giovan<strong>il</strong>e e d<strong>il</strong>ettantistico<br />
a Torino e <strong>di</strong>ntorni
Tratto dal libro<br />
Una Storia, tante storie<br />
<strong>di</strong> Tito Delton<br />
italiani e dall’allenatore, che era Polchini, gli arrivò alle spalle e gli<br />
rif<strong>il</strong>ò una “carezza” alla nuca pelata. A quel gesto, indubbiamente<br />
scorretto ma effettuato in un momento <strong>di</strong> rabbia per l’insulto ricevuto,<br />
seguì una richiesta alla società <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care chi era stato l’artefice della<br />
“carezza” che l’arbitro non aveva potuto vedere. I <strong>di</strong>rigenti dello<br />
Spartanova non avevano manco notato, in quel marasma, chi poteva<br />
essere stato e non fecero alcun nome. All’arrivo in Italia, la società si<br />
vide arrivare una lettera della nostra Federazione che, su in<strong>di</strong>cazione<br />
dell’UEFA (a sua volta sollecitata dall’AIA belga), ingiungeva <strong>di</strong><br />
comunicare <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> quel tal giocatore che aveva dato <strong>il</strong> “buffetto”<br />
all’arbitro. Pur essendo venuta a conoscere, ovviamente, chi ne era<br />
stato l’artefice, <strong>il</strong> club <strong>di</strong> Enria non incolpò nessuno ed allora l’UEFA<br />
comminò un anno <strong>di</strong> allontanamento della società da qualsiasi<br />
manifestazione sportiva all’estero. Poco male in rapporto all’insulto<br />
ricevuto e, comunque, venne ricompensata da una lettera della società<br />
belga, organizzatrice del torneo a Charleroi, che chiedeva scusa per<br />
l’operato <strong>di</strong> quel certo arbitro ed invitava <strong>il</strong> club torinese alla prossima<br />
e<strong>di</strong>zione possib<strong>il</strong>e della manifestazione, come poi avvenne per cinque<br />
o sei altre volte. E Andreotti? Naturalmente non fece una piega, pur<br />
conscio del suo peccato veniale, e, comunque, quel suo sorriso<br />
sornione che in tanti cominciavano a conoscere, si <strong>di</strong>spiegò sul suo<br />
viso come sarebbe successo nei seguenti quarant’anni.<br />
Il nuovo presidente del “Barca”, intanto, aveva subito pensato alla<br />
“casa” della società ed in tal senso aveva cominciato ad agire,<br />
preoccupandosi inoltre <strong>di</strong> rinforzare gli organici, tecnici e <strong>di</strong>rigenziali,<br />
con la venuta <strong>di</strong> Gino Giar<strong>di</strong>na, <strong>di</strong> Mario Grigiante, <strong>di</strong> Mario<br />
Pasquino, <strong>di</strong> Guido Masetto, i suoi fi<strong>di</strong> che da anni frequenta e <strong>di</strong> cui<br />
conosce qualità… e <strong>di</strong>fetti.<br />
Ma alle indubbie sod<strong>di</strong>sfazioni con le squadre, non corrispondeva<br />
alcun progresso con <strong>il</strong> progetto ed<strong>il</strong>izio che aveva presentato alla<br />
Circoscrizione e agli Assessorati competenti: Andreotti voleva donare<br />
un buona estensione <strong>di</strong> terreno, <strong>di</strong> sua proprietà, al Comune, se questo<br />
glie ne cedeva una fetta <strong>di</strong>eci volte minore da aggiungere ad altra già a<br />
<strong>di</strong>sposizione in Regione Barca, su cui costruire <strong>il</strong> proprio, nuovo<br />
impianto sportivo. Sempre alla Barca, anzi quasi a Bertolla che,<br />
comunque, sono due rioni parenti molto stretti. Ma non se n’è fatto<br />
nulla, perché qualcuno, va a sapere con esattezza chi e se in Comune o<br />
in Circoscrizione, ha posto <strong>il</strong> veto.<br />
Ora <strong>il</strong> lavoro ai fianchi della <strong>di</strong>rigenza rossoblu non si è bloccata,<br />
perché una mezza rivoluzione urbanistica sui campi <strong>di</strong> via Occimiano<br />
è in atto su proposta della società che non ha <strong>di</strong>gerito lo stop al<br />
progetto precedente ad opera del Comune. Su insistenza<br />
dell’Assessorato allo Sport, che costruirà un campo in erba sintetica, <strong>il</strong><br />
“BarcanovaSalus” penserà a tutto <strong>il</strong> resto, spogliatoi nuovi, tribuna e<br />
recinzioni adatte, in modo tale che <strong>il</strong> quartiere, ormai ingran<strong>di</strong>tosi<br />
sessant’anni della nostra vita e del calcio giovan<strong>il</strong>e e d<strong>il</strong>ettantistico<br />
a Torino e <strong>di</strong>ntorni
Tratto dal libro<br />
Una Storia, tante storie<br />
<strong>di</strong> Tito Delton<br />
notevolmente, possa ospitare, ancora per un bel po’, le partite dei<br />
ragazzi del Barcanova <strong>di</strong>ventato anche Salus, ma rimasto e<br />
probab<strong>il</strong>mente per sempre, con le ra<strong>di</strong>ci oltre <strong>il</strong> ponte della Stura.<br />
Come avrebbe voluto Brusasco, Accossato, Pampione ed i tanti<br />
appassionati che hanno messo un piede nella Regione Barca.<br />
sessant’anni della nostra vita e del calcio giovan<strong>il</strong>e e d<strong>il</strong>ettantistico<br />
a Torino e <strong>di</strong>ntorni