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Moderno impianto a V in inverno<br />
grazie alla diffusione di portinnesti nanizzanti aumentano le densità<br />
di impianto che da 150-200 alberi/ha giungono a 1000-1500<br />
(intorno al 1970 con impianti a palmetta con parete fruttificante<br />
alta anche 4 m e spessa solo 80 cm raccoglib<strong>il</strong>i con carri raccolta),<br />
a 3000-4000, ma anche 7000 alberi/ha.<br />
Le necessità produttive della pericoltura intensiva contemporanea<br />
cambiano anche percettivamente <strong>il</strong> paesaggio. L’aumentata<br />
densità degli impianti e la contestuale riduzione della mole degli<br />
alberi si accompagnano a processi di intensificazione colturale<br />
che concorrono nel determinare per la frutticoltura italiana quella<br />
che Sansavini definisce “la sua più lunga complessa e critica<br />
fase evolutiva”: le superfici diminuiscono, i sistemi produttivi<br />
basati su forti input energetici esterni al sistema (fert<strong>il</strong>izzanti,<br />
agrofarmaci, macchine, irrigazione, varietà brevettate) mostrano<br />
preoccupanti limiti economici e ambientali. Perplessità e preoccupazioni<br />
raccolte dagli agricoltori e dalla ricerca con lo studio di<br />
modelli produttivi sostenib<strong>il</strong>i basati non più sulla semplificazione<br />
dei sistemi e dei paesaggi che ne conseguono, ma sulla ricer-<br />
Foto S. Musacci<br />
Foto S. Musacchi<br />
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<strong>pero</strong> in Italia<br />
Inerbimento naturale in un pereto<br />
Vista dall’alto di una moderna azienda<br />
frutticola<br />
Foto S. Musacci