Numero speciale della rivista "Il Salotto degli Autori" - Carta e penna
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Cominciò a piangere.<br />
Sul pianerottolo si aprì una porta, ne uscì una donna.<br />
«Cerca Matteo?», chiese e senza aspettare risposta:<br />
«L’hanno portato via ieri mattina insieme a sua madre.<br />
Sa, erano ebrei, si chiamavano Segre, non Bellotti…».<br />
La donna già ne parlava al passato.<br />
<strong>Il</strong> <strong>Salotto</strong> <strong>degli</strong> Autori<br />
- 11 -<br />
Matteo Segre e sua madre morirono ad Auschwitz in<br />
data imprecisata. Giulia porta ancora l’anello e tutte le<br />
volte che sente una folata d’aria… saluta il suo Matteo,<br />
passato per un camino e disperso nel vento…<br />
“Son morto con altri cento<br />
son morto ch’ero bambino<br />
passato per un camino…<br />
ed ora sono nel vento…”<br />
Terzo classificato: Stefano Borghi di Cassina de Pecchi (Mi)<br />
IMPARANDO IMPARANDO AD AD AD AMARE<br />
AMARE<br />
“I figli sono un dono di Dio.”<br />
La voce di Padre Mario arrivava da dietro le spalle e,<br />
nonostante il tono affettuoso, a Luca sembrò violenta come<br />
una pugnalata.<br />
Nel sentire quelle parole provò il desiderio d’alzarsi<br />
dalla sedia su cui si trovava per sbattergli sul viso il referto<br />
dell’ecoencefalogramma che aveva appena ricevuto,<br />
ma si trattenne.<br />
Un po’ per rispetto, un po’ perché sentiva di non avere<br />
più forze.<br />
Si limitò a voltarsi verso di lui, guardandolo come non<br />
aveva mai guardato nessuno.<br />
“Fai leggere questo al tuo Dio, prete.”<br />
Padre Mario fu abbastanza intelligente da non aggiungere<br />
nulla ed andarsene.<br />
Luca era diventato padre per la seconda volta da pochi<br />
giorni, ma il parto era avvenuto con largo anticipo rispetto<br />
alla data prefissata e non era stato semplice, c’erano<br />
state complicazioni.<br />
Una serie di complicati termini medici diceva che qualcosa<br />
non aveva funzionato e il cervello <strong>della</strong> bambina<br />
appariva compromesso.<br />
Per sempre.<br />
“Non investite sul futuro di vostra figlia, perché non<br />
ne avrà uno.”<br />
Con questa diagnosi i genitori avevano lasciato l’ospedale,<br />
portando la piccola a casa.<br />
I giorni si susseguirono, come grani di un rosario.<br />
La mente di Luca proiettava immagini che lui però non<br />
voleva accettare.<br />
Immaginava la bimba crescere con la testa ciondolante,<br />
uno sguardo perso nel vuoto, incapace di comprendere il<br />
più elementare dei concetti.<br />
Una creatura incapace dei gesti più naturali, come tenersi<br />
pulita, mangiare, sorridere per una battuta, giocare<br />
con una bambola. Niente. Sarebbe rimasta sempre indifesa<br />
come una neonata, inerme come un fiore sbocciato<br />
prematuramente e subito avvizzito per il gelo.<br />
Non riusciva ad accettarlo, nemmeno dopo i primi mesi,<br />
i primi anni. Quella bimba non era sua, non la sentiva sua.<br />
Le stava vicino perché doveva, per sua moglie. Per pietà.<br />
Ma non per amore. Più di una volta si trovò a pensare<br />
che un rigurgito notturno, un piccolo incidente, avrebbe<br />
potuto causarne la morte.<br />
Sarebbe stato meglio per tutti, soprattutto per lei; sarebbe<br />
stata sicuramente più felice, più libera.<br />
Se ne fosse stata consapevole avrebbe certamente scelto<br />
di andarsene, per trovare un po’ di pace. Sicuramente.<br />
Ma non accadde; gli anni passavano, la bimba cresceva,<br />
ma i progressi che faceva con le cure e la fisioterapia<br />
erano veramente minimi.<br />
Vedendola sempre così passiva, Luca si chiedeva cosa<br />
sua figlia potesse provare in quella situazione, quali sensazioni<br />
potesse avere.<br />
Si chiedeva se l’aria che le attraversava i polmoni e la<br />
teneva viva avesse per lei un odore, un profumo, qualcosa<br />
che le facesse piacere.<br />
Se le bastava il sorriso di sua madre, le sue parole dolci,<br />
le continue carezze, le mille attenzioni.<br />
Chissà se quello che sembrava un sorriso, per le boccacce<br />
di suo fratello e gli scherzi che lui le faceva in continuazione,<br />
era invece solo un movimento delle labbra,<br />
distorto e involontario.<br />
Tutto questo, poi, era sufficiente a giustificare il senso<br />
di una vita?<br />
No, Luca non riusciva ad accettarlo; non riusciva ad<br />
amare quella creatura. Si vergognava ad andare in giro<br />
con lei, non voleva nemmeno ricevere visite.<br />
Si guardava allo specchio, e l’immagine che vedeva era<br />
quella di un uomo ancora giovane, forte, con un fisico<br />
asciutto e scattante. Poi guardava la bambina e il cuore gli<br />
si induriva. “Perché non sei come me?”<br />
Luca accompagnava la bimba alle sedute di fisioterapia,<br />
cui era sottoposta per tre volte la settimana, alternandosi<br />
alla moglie, in un’infruttuosa routine.<br />
Osservava gli infermieri che svolgevano il loro lavoro,<br />
meccanicamente. Si rese conto che per loro la bimba era<br />
poco più di un oggetto, non c’era amore nei loro gesti e