Numero speciale della rivista "Il Salotto degli Autori" - Carta e penna
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Ai tempi dei nostri genitori non si moriva così, soli e in<br />
ospedale: la morte si incontrava nella vita, il malato stava a<br />
casa e c’era un contatto fisico con la dipartita finale.<br />
E’ brutta la morte, sporca, sconveniente, a tal punto da<br />
essere relegata sempre più nel privato, in un privato fatto<br />
non tanto dell’intera comunità familiare, ma di un ristretto<br />
numero di persone. Ora il morente è sottratto alla famiglia,<br />
perché è affidato al competente e il destino sembra<br />
comunque inevitabile: finire in camere anonime di una casa<br />
di cura.<br />
Oggi sono passato da Maria con nuovi brani musicali<br />
ma l’infermiera di turno mi ha bloccato l’entrata:<br />
- Mi scusi - si è giustificata - ma ha avuto qualche<br />
problema ed è meglio non affaticarla. Magari venga<br />
domani…<br />
Sono tornato a casa con una sensazione che non mi<br />
piaceva per niente. Nella notte Maria ha avuto un<br />
peggioramento improvviso ed è stato portata d’urgenza in<br />
Sala Rianimazione.<br />
<strong>Il</strong> <strong>Salotto</strong> <strong>degli</strong> Autori<br />
di qualche santo. Non c’è traccia delle cose che sono state<br />
importanti per Maria, non c’è niente che la riporti alla vita.<br />
Questa donna sta morendo, penso, ed io non so nemmeno<br />
per quale motivo soggiorno ai bordi del suo letto. Non ci<br />
saranno più brani di Mozart da ascoltare insieme, nessun<br />
ricordo o pensiero che riemerga da quelle musiche…<br />
Nel silenzio poco sacro di questo luogo guardo questa<br />
donna immobile, sento i suoni che rilevano ed elaborano i<br />
dati quotidiani del paziente, ed ascolto il ritmico rumore<br />
<strong>della</strong> macchina preposta al respiro artificiale. Ecco, penso,<br />
adesso è questa la musica che Maria ascolta tutti i giorni…<br />
VI. ab omno vinculo delictorum<br />
V. omnium fidelium defunctorum<br />
“Ciò che è inevitabile, non ti affligga” dicevano gli<br />
antichi, una frase così vera nella sua semplicità, così difficile<br />
da applicare alla nostra quotidianità.<br />
Arrivo in Rianimazione e mi apposto accanto al letto di<br />
Maria senza dire niente, senza fare niente, ma sento che la<br />
cosa ha un suo senso anche se non ho ancora capito quale.<br />
Non riesco a trovare nessuna musica per poterla aiutare.<br />
Perché poi dovrei aiutarla? E aiutarla a far cosa? A morire?<br />
Anche Mozart perde un qualsiasi senso tra queste mura<br />
La visite in Rianimazione sono possibili dalle 18.00 alle e mi domando come un posto così possa far venir voglia di<br />
19.00 ed ho deciso di varcare la soglia <strong>della</strong> nuova lottare a qualcuno che sta morendo.<br />
collocazione <strong>della</strong> signora Maria. Ci ho pensato un po’ Non c’è nulla di quello per cui vale la pena vivere, nessun<br />
prima di dispormi in tal senso, sentendomi a disagio nel colore del cielo, del mare, niente foto, solo un bianco<br />
violare quello spazio, ma volevo capire se c’era ancora innaturale, gelido. Non c’è musica (solo un artificiale e<br />
una possibilità per aiutarla. Prima di farmi entrare in costante pulsare elettronico), nessun profumo di fiori, di<br />
Rianimazione, mi hanno fatto lavare le mani, indossare crostata alla marmellata, di dopobarba, nessun tocco o<br />
delle sovrascarpe, camice in TNT, mascherina e cappellino. caloroso abbraccio ed anche le mani dei sanitari, che sono<br />
All’interno l’ambiente è glaciale, sterilizzato, probabilmente le uniche a sfiorare i pazienti, sono sempre<br />
impersonale e con un’intensa luce artificiale. Non ci sono infilate in guanti di lattice.<br />
finestre per capire se nevica o c’è il sole e non puoi capire Curioso il termine rianimazione, qualcosa che dovrebbe<br />
se è giorno o notte. Al posto delle stanze ci sono solo aiutarci a rinvenire, a rimetterci in salute, ma qui la vita<br />
divisori in vetro, in modo tale che dallo studio a vetri <strong>della</strong> sembra finita prima ancora di esserlo veramente: è una vita<br />
posizione centrale sia possibile, per il personale, monitorare che sembra già morta...<br />
e controllare tutti i pazienti.<br />
Prima di uscire definitivamente dalla sala ho appoggiato<br />
C’è quell’ odore caratteristico dato dai disinfettanti e i<br />
materiali utilizzati.<br />
un CD di Mozart sul tavolino <strong>della</strong> signora Maria.<br />
Mi indicano il letto di Maria ed io mi avvicino lentamente:<br />
non ci sono sedie per i parenti, devo rimane in piedi. Maria<br />
VII. et gratia tua illis succurente<br />
è intubata, con un sondino per alimentazione, il catetere, Maria è sempre stata una vicina di casa discreta e poco<br />
la flebo, il manicotto che gli misura la pressione ogni quarto invadente. Mi ha sempre colpito la sua profonda gentilezza<br />
d’ora, un po’ di elettrodi sul petto e il sensore sul dito. e serenità, il suo sentirsi appagata per quelle quattro parole<br />
Le persone ricoverate sembrano tutte uguali, non hanno scambiate prima di tornare nella propria abitazione.<br />
pigiami colorati o vestaglie improponibili come i pazienti Era una donna sola ma serena e non avendo avuto figli,<br />
dell’ospedale, sono nudi e coperti da lenzuola verdi. dopo la morte del marito, non ha più ricevuto visite<br />
Accanto al letto di Maria c’è il ventilatore, collegato a significative.<br />
vari condotti, e c’è un monitor per la rilevazione <strong>degli</strong> La solitudine del morente comincia molto prima, perché<br />
svariati dati del paziente, l’aspiratore, il tavolino con tubi i legami forti sono sempre meno forti nella vita e poi viene<br />
per aspirazione, garze, flebo.<br />
un punto in cui questi legami non ci sono più. Si resta soli.<br />
Alla sbarra sopra al letto sono collegati ossigeno e Si muore soli, perché si è vissuti soli.<br />
aspiratore: nulla che riguardi la persona che Maria è stata, Tuttavia Maria sembra affrontare la morte<br />
i suoi pensieri, le sue cose preferite.<br />
dignitosamente, con serenità. Una morte naturale, come<br />
Nulla che ci dica qualcosa di lei, nessun oggetto vicino esaurimento del processo vitale, il termine di una vita lunga<br />
che ci parli di lei, una collanina, una foto, un’immaginetta senza grossi enigmi da risolvere.<br />
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