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M. Franco Pierno MITA 11 D – Licence 2ème année Philologie Du ...

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DEPARTEMENT D’ETUDES ITALIENNES<br />

M. <strong>Franco</strong> <strong>Pierno</strong><br />

<strong>MITA</strong> <strong>11</strong> D <strong>–</strong> <strong>Licence</strong> 2 ème <strong>année</strong><br />

<strong>Philologie</strong><br />

<strong>Du</strong> latin à l’italien : aspects phonétiques, morphologiques et syntaxiques<br />

Mercredi 14h-15h ; salle 4301 *<br />

Année universitaire 2006/2007<br />

Support de cours pour le second semestre<br />

* Cette salle est susceptible de changement. Il faut donc faire attention aux emplois de temps affichés<br />

au département et dans le site web du département.


INTRODUZIONE<br />

Il corso di filologia (termine che, letteralmente, significa « amore per la parola ») ci porterà<br />

ad analizzare i fenomeni che hanno lentamente accompagnato il passaggio dal latino al<br />

toscano antico. Lo scopo non è una pura enumerazione di dati, ma l’acquisizione di piccoli<br />

strumenti che, al di là della ripetitività e, diciamolo, della possibile noia, ci aiuteranno a<br />

ricostruire la storia antica della lingua italiana e, soprattutto, delle sue parole. Si tratta<br />

dell’essenza stessa della storia dell’uomo, della comunità umana, di cui la parola è uno dei<br />

tratti distintivi e che accompagna ogni sua espressione da sempre.<br />

Il corso di filologia può essere considerato come un complemento di quello di Letteratura<br />

Medievale (<strong>MITA</strong> 12C): leggere i testi medievali significa infatti innanzittutto capirne la<br />

lingua, operazione che non è possibile senza un’adeguata preparazione filologica di base.<br />

Nel secondo semestre ci occuperemo principalmente dei fenomeni sintattici, non<br />

tralasciando un ripasso dei fenomeni fonetici e morfologici affrontati durante il primo<br />

semestre. A quest’ultimo proposito è previsto un test di controllo, senza valore ai fini<br />

della votazione finale.<br />

Una volta terminati gli aspetti sintattici più rilevanti, cercheremo di mettere a frutto il<br />

lavoro svolto, attraverso una “lettura filologica” di alcuni testi toscani del Trecento.<br />

BIBLIOGRAFIA DI BASE<br />

► Per una presentazione efficace e completa dell’evoluzione linguistica dal<br />

latino all’italiano si consiglia : Claudio MARAZZINI, La lingua italiana, Bologna, Il<br />

Mulino, 1994 (disponibile in biblioteca)* :<br />

- cap. V (« Origini e primi documenti dell’italiano ») solo il par. 1. (« Dal latino<br />

all’italiano »)<br />

► Jean NICOLAS, Cours de philologie italienne, Nice, 1989 (disponibile in biblioteca)<br />

► Luca SERIANNI, Lezioni di grammatica storica italiana, Roma, Bulzoni, 2001, nuova ed., [rist.<br />

aggiornata] (“Biblioteca di cultura” 350)*<br />

Altre indicazioni bibliografiche saranno fornite durante le lezioni.<br />

Si prega gli studenti di scaricare e stampare i documenti annessi, qualora ce ne<br />

fossero, in tempo utile, in modo tale da poterli utilizzare durante la lezione a cui<br />

essi fanno riferimento.<br />

2


Il corso si strutturerà nel seguente modo :<br />

PROGRAMMA DEL CORSO<br />

- completamento dell’analisi dei fenomeni morfologici ;<br />

- analisi dei fenomeni sintattici dell’italiano antico (per questo punto utilizzare<br />

i supports de cours intitolati LEZIONE e ordinati in ordine numerico<br />

crescente);<br />

- ripasso parallelo dei fenomeni fonetici e morfologici esaminati durante il<br />

primo semestre (per questo punto utilizzare i supports de cours intitolati<br />

LEZIONE e ordinati in ordine numerico crescente);<br />

- applicazione pratica su testi in italiano antico (vedere i documenti annessi,<br />

dopo i supports de cours intitolati LEZIONE) ;<br />

►►► ATTENZIONE A QUESTE DATE :<br />

►Mercoledì 14 marzo 2007 avrà luogo il test di controllo sui fenomeni<br />

fonetici e morfologici esaminati durante il primo semestre.<br />

► Mercoledì 21 marzo avrà luogo la correzione del test.<br />

► Mercoledì 9 maggio avrà luogo il CONTRÔLE CONTINU<br />

3


DOCUMENTI ANNESSI<br />

4


A. I principali fenomeni fonetici<br />

LISTA DEI FENOMENI FONETICI E MORFOLOGICI<br />

1. Dittongamento di E breve latina (AE) e di O breve latina in sillaba libera<br />

2. Anafonesi<br />

3. Chiusura delle vocali toniche in iato<br />

4. Tendenza alla chiusura di E protonica del latino volgare (I breve, E lunga, E<br />

breve)<br />

5. AR e ER intertonici e post-tonici<br />

6. Labializzazione della vocale protonica<br />

7. Apocope della vocale finale<br />

8. Raddoppiamento fonosintattico<br />

9. Labiovelare iniziale<br />

10. Spirantizzazione della B intervocalica<br />

<strong>11</strong>. Sonorizzazione delle consonanti sorde intervocaliche (o tra vocale e R)<br />

12. Nessi di consonante (diversa da R e S) + Iod<br />

13. R+ Iod<br />

14. S + Iod<br />

15. Consonante +L > consonante +Iod<br />

B. I principali fenomeni morfologici<br />

1. Articolo<br />

2. Formazione del plurale<br />

3. Comparativo<br />

4. Pronome e aggettivo dimostrativo<br />

5


I principali fenomeni morfologici<br />

1. Articolo<br />

Il latino non possedeva articoli. Esistono, tuttavia, antiche attestazioni del numerale<br />

ordinale unus con funzione di articolo indeterminativo già in Plauto (III-II secolo<br />

a.C., “est huic unus servus indolentissimus”) e Cicerone (II-I secolo a.C., “sicut unus<br />

pater familias his de rebus loquor”).<br />

L’articolo determinativo deriva dal latino ILLE (anch’esso con perdita semantica),<br />

con influsso decisivo probabilmente esercitato dal greco, lingua delle prime comunità<br />

cristiane fuori di Palestina, dalla quale furono tradotti i testi sacri.<br />

Prima di divenire un vero articolo determinativo, ILLE è dapprima, in<br />

documentazioni altomedievali, un articoloide (la definizione è di Paul Aebischer) che<br />

non ha più valore di ‘quello’, ma nemmeno già di ‘il, lo’.<br />

Per aferesi, da ILLUM, si è avuto lo; preceduto da parola uscente in vocale, esso<br />

tendeva a ridursi a ‘l (fare ‘l pane).<br />

Nell’italiano antico lo sembra alternarsi seguendo una norma diversa dall’italiano<br />

moderno (norma Gröber): lo in posizione iniziale e dopo parola uscente in<br />

consonante, il dopo parola terminante in vocale (Inf I, 26: “si volse retro a rimirar lo<br />

passo”; 28: “poi ch’ei posato un poco il corpo lasso”).<br />

2. Formazione del plurale<br />

Nessun problema per i maschili della II declinazione, che derivano dal nominativo<br />

(terminante in <strong>–</strong>I) . Maschili e femminili della II declinazione derivano dal<br />

nominativo-accusativo in <strong>–</strong>ES della II declinazione latina per palatalizzazione della E<br />

prodotta da <strong>–</strong>S, poi caduta (VULPES > * VULPIS > volpi).<br />

Per i femminili della I declinazione potremmo partire dal nominativo (CAPRAE) o<br />

dall’accusativo (CAPRAS, palatalizzazione di A a causa della S, poi caduta). A favore<br />

di questa seconda possibilità esistono carte altomedievali latine, in cui compaiono<br />

grafie come tabules, operes, ecc.<br />

3. Comparativo<br />

Le forme organiche latine si perdono, tranne: maggiore, minore, peggiore, migliore,<br />

oltre a meglio, peggio, meno.<br />

Il comparativo italiano deriva da un sintagma latino formato da PLUS e<br />

dall’aggettivo. In latino classico esisteva già, in casi speciali, una perifrasi simile:<br />

MAGIS + aggettivo.<br />

4. Pronome e aggettivo dimostrativo<br />

In latino classico esistevano sei dimostrativi: IS, HIC, IDEM, ISTE, ILLE, IPSE.<br />

IDEM scompare verso il II secolo d.C.; HIC e IS sopravvivono solo come neutri<br />

nell’italiano arcaico (desso < ID IPSUM) e in ciò, però (ECCE HOC, PER HOC). Nel<br />

6


latino volgare s’instaura un sistema tripartito: ISTE ‘questo’, ILLE ‘quello’, IPSE<br />

‘codesto’. Tale sistema continua nello spagnolo (este, aquel, ese) e in molti dialetti<br />

italiani, ma non nel toscano che abbandona IPSE per codesto (probabilmente <<br />

ECCUM TIBI ISTUM). Le forme pronominali latine volgari sono rafforzate da altri<br />

elementi:<br />

ECCUM ISTUM > questo<br />

ECCUM ILLUM > quello<br />

ECCUM TIBI ISTUM > codesto<br />

Aferesi di EC, più sviluppo nei primi due casi di una labiovelare secondaria che si<br />

conserva (non come la primaria, cf. fenomeno fonetico 9); nel terzo apocope in TIBI e<br />

I + I > e; in seguito, sonorizzazione della -T-.<br />

7


PHILOLOGIE <strong>MITA</strong> <strong>11</strong>D - LEZIONE - 1<br />

SINTASSI<br />

INFINITO SOSTANTIVATO<br />

Pd I, <strong>11</strong>3 : « Per lo gran mar dell’essere... »<br />

Pd VII, 132 : « sì come sono, in loro essere intero »<br />

INFINITIVA<br />

Paolo da Certaldo, Libro dei buoni costumi : « E t’insegnerà te venire in amore del tuo<br />

signore »<br />

Purg XX, 13-14 : «par che si creda / le condizion di qua giù trasmutarsi»<br />

COSTRUZIONI SINTATTICHE CON I VERBI CHE ESPRIMONO PAURA<br />

Timeo ne veniat<br />

Timeo ne non veniat<br />

Dec. I, 78 : «li due fratelli, li qual dubitavan forse non ser Ciappelletto gl’inganasse»<br />

Inf XXI, 93 : «Si ch’io temetti ch’ei tenesser patto»<br />

<strong>Franco</strong> Sacchetti, nov. 84 : «la donna è il giovane subito sospettano che non fosse quello che<br />

era»<br />

RIPASSO<br />

TRATTAMENTO DELLE VOCALI TONICHE<br />

(dittogamento in sillaba libera <strong>–</strong><br />

Lista, fenomeno 1)<br />

Esempi:<br />

FERUM<br />

PETRAM<br />

NOCET:<br />

TEMPLUM:<br />

CORPUS:<br />

CAELUM:<br />

CAECUM:<br />

LEVITUM:<br />

HOMO:<br />

(Anafonesi - Lista, fenomeno 2)<br />

Esempi:<br />

GRAMINEAM<br />

CONSILIUM<br />

FAMILIAM<br />

LIGNUM<br />

LINGUAM<br />

FONGO ?<br />

VINCO<br />

LONGO ?<br />

8


PHILOLOGIE <strong>MITA</strong> <strong>11</strong>D <strong>–</strong> LEZIONE - 2<br />

SINTASSI<br />

LEGGE DI TOBLER <strong>–</strong> MUSSAFIA<br />

1. Cos'è una legge? 2. Enclisi 3. Quando c'è enclisi?<br />

a. Il verbo si colloca all'inizio assoluto della proposizione principale<br />

"levommi il mio pensiero in parte ov'era", Petrarca<br />

"or n'è gita madonna in paradiso, portone la speranza mia" Giacomo Pugliese<br />

b. Una proposizione è coordinata alla principale tramite la congiunzione coordinante e (o ma) ,<br />

collocata immediatamente prima del verbo :<br />

"l'ombra si tacque e riguardommi" Purg XXI, 10<br />

"[…] e scolorocci il viso" Inf. V, 131<br />

"come fa l'uomo che non s'affigge, / ma vassi […]" Purg XXV, 5<br />

c. Le proposizioni indipendenti sono coordinate alla principale in modo asindetico. c/1. Che cos'è<br />

l'asindesi?<br />

"vogliono che voi empiate […], fidiate […], perdoniate le ingiure", Dec. VII<br />

RIPASSO<br />

Lista, fenomeno 3 (chiusura delle vocali toniche in iato)<br />

Esempi :<br />

Iato o no?<br />

CIELO , ZIO, TUO, VIDEO, GIOSTRA, DIO, VIZIO, CARRIERA, FIOCINA, CIGOLIO<br />

I risultati da (e perchè?) :<br />

EGO MEUM<br />

Lista, fenomeno 4 (tendenza alla chiusura di E protonica del lat. volgare : I breve, E lunga, E breve)<br />

Qual è la vocale protonica ?<br />

COCCODRILLO, SINALEFE, OGGETTISTICA, MASCALZONE, INGENUO, SPERICOLATO, INGEGNERE.<br />

Come poteva essere in latino (volgare o non)?<br />

DICEMBRE ; MI AMI (AMAS) ; TI VEDO (VIDEAS) ;<br />

Come diventa?<br />

FENÙCULUM ; FILIÒLUM ; VIRTÙTEM ;<br />

In fiorentino attuale la chiusura continua, e si estende<br />

/e/ protonica > /i/, /o./ > /u/<br />

E’ nota la chiusura /e/ protonica > /i/, /o./ > /u/: tribbiano (trebbiano), cistellina (cestellina),<br />

malidetto (maledetto), nissuno (nessuno), buìna (bovina), culizione (colazione).<br />

9


PHILOLOGIE <strong>MITA</strong> <strong>11</strong>D <strong>–</strong> LEZIONE -3<br />

SINTASSI<br />

PROPOSIZIONI IMPERSONALI<br />

1. Uomo impersonale<br />

"potrebbe già l’uomo opporre contra me" Vita nuova, 12, 1<br />

2. Egli (elli) soggetto di verbi impersonali<br />

"io temo d’aver a troppi comunicato il suo intendimento per queste divisioni, s’elli avvenisse che molti<br />

le potessero audire ", Vita nuova, 19, 22<br />

USI MODALI DI DOVERE E VOLERE<br />

“onde avendomi voi imposto che volessi scriverla, vi promisi di farlo” Bandello, Novelle, Dedica, I, 41<br />

“Pirro adunque cominciò ad aspettare che far dovesse la gentil donna” Dec., VII, 9<br />

“Aspettando che io dovessi dire” Vita nuova, 20, 1<br />

RIPASSO<br />

- Lista, fenomeno 5 (AR e ER intertonici e post-tonici)<br />

Quali sono gli esiti da :<br />

LAZARUS, MARGARITAM, MERCARIA, HOSTARIA<br />

Da dove derivano le seguenti forme verbali :<br />

Amerò(1 ps fut..), amerei (1 ps cond. pr.)<br />

Mentre, per es., in siciliano : cond. saria (< SAR- + HABEBAT)<br />

►Italiano moderno (con AR conservato) :<br />

Mozzarella, bustarella, spogliarello, casareccio, ecc…<br />

- Lista, fenomeno 6 (Labializzazione della vocale protonica)<br />

Quali sono gli esiti da :<br />

DEBERE, DEMANDARE, ERE<strong>MITA</strong>, REVERSIARE<br />

10


PHILOLOGIE <strong>MITA</strong> <strong>11</strong>D <strong>–</strong> LEZIONE -4<br />

SINTASSI<br />

1. Omissione dell’antecedente<br />

"può quel nel monte [quello]che Medusa in Mauro" Michelangelo, Rime, X<br />

2. A che introduce il complemento d’agente<br />

"non ti far pregar ne’ suoi bisogni da colui ", Paolo da Certaldo, 353<br />

“elli (Sansone) si lasciò vincere a sua femina” Bencivenni, Esposizione del Padre Nostro”<br />

3. Ellissi di che<br />

“per quel vedevo[che] e udivo” Lorenzo de’ Medici, Beoni, II<br />

“quel desìo [che] so vi consuma mentre vi favello” Lorenzo de’ Medici, Beoni, V<br />

4. Anacoluto<br />

“chi se lo leva fuori dalle sue leggi, egli era come il pesce fuor d’acqua” Bandello, Novelle, 2, III/2<br />

RIPASSO<br />

- Lista, fenomeno 7 (apocope della vocale finale)<br />

- Lista, fenomeno 8 (raddoppiamento fonosintattico)<br />

+ Assimilazione regressiva<br />

Quali sono gli esiti da :<br />

FACTUM, RUPTUM<br />

quali sono gli esiti da :<br />

TRES CAPRAE ; AD CASAM<br />

- Lista, fenomeno 9 (labiovelare iniziale)<br />

quali sono gli esiti da :<br />

QUANDUM, QUANTUM, QUIS, QUID, QUOMO(DO) ET<br />

- Lista, fenomeno 10 (spirantizzazione della B intervocalica)<br />

quali sono gli esiti da :<br />

HABERE, FABULA, DEBERE, AGIBILEM<br />

<strong>11</strong>


PHILOLOGIE <strong>MITA</strong> <strong>11</strong>D - LEZIONE-5<br />

SINTASSI<br />

PARAIPOTASSI<br />

STRUTTURA : PROPOSIZIONE AVVERBIALE O PARTICIPIALE + CONG. (E/SÌ) + PROPOSIZIONE<br />

PRINCIPALE<br />

Esempi<br />

a) - Protasi al gerundio.<br />

Ex. : "sedendo lo pensoso in alcuna parte, ed io mi sentìo cominciare un tremuoto nel cuore",, V.N., ch.<br />

XXIV, 1<br />

Ex. : "essendo già noi posti a tavola e noi sentimmo presso di noi starnutire", Dec. V, 10<br />

b) - Protasi temporale.<br />

Ex. : "com’ei parlava e Sordello a se il trasse", Purg. VIII, 94<br />

Ex. : "quando accostato vi sarà e vi allora scendete” Dec. VIII, 9<br />

c) - Protasi condizionale.<br />

Ex. : "se ti lusinga e tu di' che minaccia", Pulci, Morgante XXII :<br />

Ex. : "se cosi ha disposto Iddio ( ... ) et el mi piace", Dec. VIII, 1<br />

d) - Protasi causale.<br />

Ex. : "poi che tu così mi prometti. . . , et io la ti mosterrò", Dec. III, 4<br />

Ex. : "ma poichè egli v'aggrada.... ed io il farà volentieri” Dec. VII, 1<br />

e) - Protasi comparativa.<br />

Ex. : "e come noi lo mal che avem sofferto perdoniamo a ciascuno, e tu perdona benigno", Purg. XI,<br />

16-19<br />

Ex. : "si come i corsari tolgono la roba d'ogni uomo, e così facciam noi", Dec. VIII, 9<br />

f) - Protasi avversativa.<br />

Ex. : "s'io dissi falso, e tu falsasti il conio” Inf. XXX, <strong>11</strong>5<br />

Ex. : "disse Margutte : se tu ridi ed lo piango" Pulci, Morgante, XV<br />

g) - Protasi relativa.<br />

Ex. : "allora frate Currado, il quale come veramente umile desiderava di essere segreto nelle grazie di<br />

Dio, sì lo pregò" Fioretti, ch. XLII<br />

12


Dante Alighieri, Divina Commedia, If. I<br />

1. 1 Nel mezzo del cammin di nostra vita<br />

1. 2 mi ritrovai per una selva oscura<br />

1. 3 ché la diritta via era smarrita.<br />

1. 4 Ahi quanto a dir qual era è cosa dura<br />

1. 5 esta selva selvaggia e aspra e forte<br />

1. 6 che nel pensier rinova la paura!<br />

1. 7 Tant'è amara che poco è più morte;<br />

1. 8 ma per trattar del ben ch'i' vi trovai,<br />

1. 9 dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte.<br />

1. 10 Io non so ben ridir com'i' v'intrai,<br />

1. <strong>11</strong> tant'era pien di sonno a quel punto<br />

1. 12 che la verace via abbandonai.<br />

1. 13 Ma poi ch'i' fui al piè d'un colle giunto,<br />

1. 14 là dove terminava quella valle<br />

1. 15 che m'avea di paura il cor compunto,<br />

1. 16 guardai in alto, e vidi le sue spalle<br />

1. 17 vestite già de' raggi del pianeta<br />

1. 18 che mena dritto altrui per ogne calle.<br />

1. 19 Allor fu la paura un poco queta<br />

1. 20 che nel lago del cor m'era durata<br />

1. 21 la notte ch'i' passai con tanta pieta.<br />

1. 22 E come quei che con lena affannata<br />

1. 23 uscito fuor del pelago a la riva<br />

1. 24 si volge a l'acqua perigliosa e guata,<br />

1. 25 così l'animo mio, ch'ancor fuggiva,<br />

1. 26 si volse a retro a rimirar lo passo<br />

1. 27 che non lasciò già mai persona viva.<br />

1. 28 Poi ch'ei posato un poco il corpo lasso,<br />

1. 29 ripresi via per la piaggia diserta,<br />

1. 30 sì che 'l piè fermo sempre era 'l più basso.<br />

1. 31 Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta,<br />

1. 32 una lonza leggiera e presta molto,<br />

1. 33 che di pel macolato era coverta;<br />

1. 34 e non mi si partia dinanzi al volto,<br />

1. 35 anzi 'mpediva tanto il mio cammino,<br />

1. 36 ch'i' fui per ritornar più volte vòlto.<br />

1. 37 Temp'era dal principio del mattino,<br />

1. 38 e 'l sol montava 'n sù con quelle stelle<br />

1. 39 ch'eran con lui quando l'amor divino<br />

1. 40 mosse di prima quelle cose belle;<br />

1. 41 sì ch'a bene sperar m'era cagione<br />

1. 42 di quella fiera a la gaetta pelle<br />

1. 43 l'ora del tempo e la dolce stagione;<br />

1. 44 ma non sì che paura non mi desse<br />

1. 45 la vista che m'apparve d'un leone.<br />

13


1. 46 Questi parea che contra me venisse<br />

1. 47 con la test'alta e con rabbiosa fame,<br />

1. 48 sì che parea che l'aere ne tremesse.<br />

1 49 Ed una lupa, che di tutte brame<br />

1. 50 sembiava carca ne la sua magrezza,<br />

1. 51 e molte genti fé già viver grame,<br />

1. 52 questa mi porse tanto di gravezza<br />

1. 53 con la paura ch'uscia di sua vista,<br />

1. 54 ch'io perdei la speranza de l'altezza.<br />

1. 55 E qual è quei che volontieri acquista,<br />

1. 56 e giugne 'l tempo che perder lo face,<br />

1. 57 che 'n tutti suoi pensier piange e s'attrista;<br />

1. 58 tal mi fece la bestia sanza pace,<br />

1. 59 che, venendomi 'ncontro, a poco a poco<br />

1. 60 mi ripigneva là dove 'l sol tace.<br />

1. 61 Mentre ch'i' rovinava in basso loco,<br />

1. 62 dinanzi a li occhi mi si fu offerto<br />

1. 63 chi per lungo silenzio parea fioco.<br />

1. 64 Quando vidi costui nel gran diserto,<br />

1. 65 «*Miserere* di me», gridai a lui,<br />

1. 66 «qual che tu sii, od ombra od omo certo!».<br />

1. 67 Rispuosemi: «Non omo, omo già fui,<br />

1. 68 e li parenti miei furon lombardi,<br />

1. 69 mantoani per patria ambedui.<br />

1. 70 Nacqui *sub Iulio*, ancor che fosse tardi,<br />

1. 71 e vissi a Roma sotto 'l buono Augusto<br />

1. 72 nel tempo de li dèi falsi e bugiardi.<br />

1. 73 Poeta fui, e cantai di quel giusto<br />

1. 74 figliuol d'Anchise che venne di Troia,<br />

1. 75 poi che 'l superbo Ilion fu combusto.<br />

1. 76 Ma tu perché ritorni a tanta noia?<br />

1. 77 perché non sali il dilettoso monte<br />

1. 78 ch'è principio e cagion di tutta gioia?».<br />

1. 79 «Or se' tu quel Virgilio e quella fonte<br />

1. 80 che spandi di parlar sì largo fiume?»,<br />

1. 81 rispuos'io lui con vergognosa fronte.<br />

1. 82 «O de li altri poeti onore e lume<br />

1. 83 vagliami 'l lungo studio e 'l grande amore<br />

1. 84 che m'ha fatto cercar lo tuo volume.<br />

1. 85 Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore;<br />

1. 86 tu se' solo colui da cu' io tolsi<br />

1. 87 lo bello stilo che m'ha fatto onore.<br />

1. 88 Vedi la bestia per cu' io mi volsi:<br />

1. 89 aiutami da lei, famoso saggio,<br />

1. 90 ch'ella mi fa tremar le vene e i polsi».<br />

1. 91 «A te convien tenere altro viaggio»,<br />

1. 92 rispuose, poi che lagrimar mi vide,<br />

14


1. 93 «se vuo' campar d'esto loco selvaggio:<br />

1. 94 ché questa bestia, per la qual tu gride,<br />

1. 95 non lascia altrui passar per la sua via,<br />

1. 96 ma tanto lo 'mpedisce che l'uccide;<br />

1. 97 e ha natura sì malvagia e ria,<br />

1. 98 che mai non empie la bramosa voglia,<br />

1. 99 e dopo 'l pasto ha più fame che pria.<br />

1.100 Molti son li animali a cui s'ammoglia,<br />

1.101 e più saranno ancora, infin che 'l veltro<br />

1.102 verrà, che la farà morir con doglia.<br />

1.103 Questi non ciberà terra né peltro,<br />

1.104 ma sapienza, amore e virtute,<br />

1.105 e sua nazion sarà tra feltro e feltro.<br />

1.106 Di quella umile Italia fia salute<br />

1.107 per cui morì la vergine Cammilla,<br />

1.108 Eurialo e Turno e Niso di ferute.<br />

1.109 Questi la caccerà per ogne villa,<br />

1.<strong>11</strong>0 fin che l'avrà rimessa ne lo 'nferno,<br />

1.<strong>11</strong>1 là onde 'nvidia prima dipartilla.<br />

1.<strong>11</strong>2 Ond'io per lo tuo me' penso e discerno<br />

1.<strong>11</strong>3 che tu mi segui, e io sarò tua guida,<br />

1.<strong>11</strong>4 e trarrotti di qui per loco etterno;<br />

1.<strong>11</strong>5 ove udirai le disperate strida,<br />

1.<strong>11</strong>6 vedrai li antichi spiriti dolenti,<br />

1.<strong>11</strong>7 ch'a la seconda morte ciascun grida;<br />

1.<strong>11</strong>8 e vederai color che son contenti<br />

1.<strong>11</strong>9 nel foco, perché speran di venire<br />

1.120 quando che sia a le beate genti.<br />

1.121 A le quai poi se tu vorrai salire,<br />

1.122 anima fia a ciò più di me degna:<br />

1.123 con lei ti lascerò nel mio partire;<br />

1.124 ché quello imperador che là sù regna,<br />

1.125 perch'i' fu' ribellante a la sua legge,<br />

1.126 non vuol che 'n sua città per me si vegna.<br />

1.127 In tutte parti impera e quivi regge;<br />

1.128 quivi è la sua città e l'alto seggio:<br />

1.129 oh felice colui cu' ivi elegge!».<br />

1.130 E io a lui: «Poeta, io ti richeggio<br />

1.131 per quello Dio che tu non conoscesti,<br />

1.132 acciò ch'io fugga questo male e peggio,<br />

1.133 che tu mi meni là dov'or dicesti,<br />

1.134 sì ch'io veggia la porta di san Pietro<br />

1.135 e color cui tu fai cotanto mesti».<br />

1.136 Allor si mosse, e io li tenni dietro.<br />

15


Dal NOVELLINO<br />

10 Qui conta d'una bella sentenzia che diè lo Schiavo di Bari tra uno<br />

borghese e un pellegrino.<br />

Uno borgese di Bari andò in romeaggio e lasciò trecento bisanti a un suo amico<br />

con queste condizioni e patti: "Io andrò, siccome a Dio piacerà; e s'io non<br />

rivenisse, dara'li per la anima mia; e s'io rivengo a certo termine, dara'mene<br />

quello che tu vorrai." Andò il pellegrino in suo romeaggio, e rivenne al termine<br />

ordinato, e radomandò i bisanti suoi.<br />

L' amico rispuose: "Conta il patto." Lo romeo lo contò a punto. "Ben dicesti"<br />

disse l' amico, "te', diece bisanti ti voglio rendere; i dugento novanta mi tengo."<br />

Il pellegrino cominciò ad adirarsi dicendo: "Che fede è questa? Tu mi tolli il mio<br />

falsamente."<br />

E l' amico rispondea soavemente: "Io non ti fo torto; e, s'io lo ti fo, siànne<br />

dinanzi alla Signoria." Richiamo ne fue.<br />

Lo Schiavo di Bari ne fu giudice. Udìo le parti. Formò la quistione. Onde nacque<br />

questa sentenzia, e disse così a colui che ritenne i bisanti: "Rendi i dugento<br />

novanta bisanti al pellegrino, e 'l pellegrino ne dea a te i dieci che tu li hai<br />

renduti; però che 'l patto fu tale: ciò che tu vorrai mi renderai. Onde i dugento<br />

novanta bisanti ne vuoli, rendili; e i diece che tu non volei, prendi."<br />

[<strong>11</strong>] Qui conta come maestro Giordano fu ingennato da un suo falso<br />

discepolo.<br />

Uno medico fu, lo quale ebbe nome Giordano, il quale avea uno suo falso<br />

discepolo. Infermò uno figliuolo d' uno re. Il maestro v' andò, e vide ch' era da<br />

guarire. Il discepolo, per torre il pregio al maestro, disse al padre: "Io veggio<br />

ch'elli morrà certamente."<br />

E contendendo col maestro, sì fece aprire la bocca allo 'nfermo, e col dito stremo<br />

li vi puose veleno, mostrando molta conoscensa, in su la lingua.<br />

L' uomo morìo.<br />

Lo maestro se n'andò e perdé il pregio suo, e 'l discepolo il guadagnò.<br />

Allora il maestro giurò di mai non medicare se non asini, e fece la fisica delle<br />

bestie e di vili animali.<br />

[12] Qui conta de l'onore che 'Minadab fece al re David, suo naturale<br />

signore.<br />

Aminadab, conduttore e mariscalco del re David, andò con grandissimo esercito<br />

di gente, per comandamento del re David, a una città de' Filistei.<br />

Udendo Aminadab che la città non si potea più tenere, e che s' avrebbe di corto,<br />

mandò al re David che li piacesse di venire all'oste con moltitudine di gente, perché<br />

dottava del campo.<br />

16


Il re David si mosse incontanente, et andò nel campo Aminadab, suo mariscalco.<br />

Domandoe: "Perché mi ci ha' fatto venire?"<br />

Aminadab rispuose: "Messere, però la città non si può più tenere, et io volea<br />

che la vostra persona avesse lo pregio di così fatti vittoria, anzi che l'avesse io."<br />

Combatteo la città, e vinsela; e lo pregio e l'onore n' ebbe David.<br />

[13] Qui conta come Antinogo riprese Alessandro perch'elli si faceva<br />

sonare una cetera a suo diletto.<br />

Antigono, conducitore d'Alessandro, faccendo Alessandro uno giorno per suo<br />

diletto sonare una cetera, Antigono prese la cetera e ruppela e gittolla nel fango, e<br />

disse ad Alessandro cotali parole: "Al tuo tempo ed etade si conviene regnare e<br />

non ceterare." E così si può dire: il corpo è regno; e vil cosa è la lussuria, e quasi a<br />

modo di cetera. Vergognisi dunque chi dee regnare in virtude, e diletta in lussuria.<br />

Re Poro, il quale combatté con Alessandro, a un mangiare fece tagliare le corde<br />

della cetera a uno ceteratore, e disse queste parole: "Meglio è tagliare che sonare:<br />

che a dolcezza di suoni si perdono le virtudi."<br />

[14] Come uno re fece nodrire uno suo figliuolo diece anni in luogo<br />

tenebroso, e poi li mostrò tutte cose, e più li piacque le femine.<br />

A uno re nacque uno figliuolo.<br />

I savi astrolagi providero che s'elli non stesse anni dieci che non vedesse il sole,<br />

che perderebbe lo vedere. Allora il re il fece notricare e guardare in tenebrose<br />

spelonche<br />

Dopo il tempo detto lo fece trarre fuori, e innanzi lui fece mettere molte belle gioie<br />

e di molto belle donzelle, tutte cose nominando per nome. E dettoli le donzelle<br />

essere dimoni, e poi li domandaro qual d'esse li fosse più graziosa, rispuose: "I<br />

domoni."<br />

Allora lo re di ciò si maravigliò molto, dicendo: "Che cos'a tirannìa è bellore di<br />

donna!"<br />

[15] Come uno rettore di terra fece cavare un occhio a sé e uno al<br />

figliuolo per osservare giustizia.<br />

Valerio Massimo nel libro sesto narra che Calogno essendo rettore d'una terra,<br />

ordinò che chi andasse a moglie altrui dovesse perdere li occhi.<br />

Poco tempo passando, vi cadde un suo figliuolo. Lo popolo tutto li gridava<br />

misericordia; ed elli pensando che misericordia era così buona cosa e utile, e<br />

pensando che la giustizia non vuole perire, e l'amore de' suo' cittadini che li<br />

gridavano mercé lo stringea, providesi d'osservare l'uno e l'altro, cioè giustizia e<br />

misericordia.<br />

Giudicò e sentenziò ch'al figliuolo fosse tratto l'uno occhio, e a sé medesimo<br />

17


l'altro.<br />

[16] Qui conta della gran misericordia che fece san Paulino vescovo.<br />

Beato Paulino vescovo fu tanto misericordioso, che cheggendoli una povera<br />

femina misericordia per un suo figliuolo ch'era in pregione, e beato Paulino<br />

rispuose: "Femmina, non ho di che ti sovenire d'altro; ma fa così: menami alla<br />

carcere, ov'è il tuo figliuolo."<br />

Menòlvi.<br />

Ed elli si mise in pregione in mano de' tortori, e disse: "Rendete lo figliuolo a<br />

questa buona donna, e me ritenete per lui."<br />

[17] Della grande limosina che fece uno tavoliere per Dio.<br />

Piero tavoliere fu grande uomo d'avere, e venne tanto misericordioso che 'mprima<br />

tutto l'avere dispese a' poveri per Dio.<br />

E poi, quando tutto ebbe dato, ed elli si fece vendere, e 'l prezzo diede a' poveri<br />

tutto.<br />

[18] Della vendetta che fece Iddio d'uno barone di Carlo Magno.<br />

Carlo Magno essendo ad oste sopra i Saracini, venne a morte. Fece testamento.<br />

Intra le altre cose, giudicò suo cavallo e sue arme a' poveri; e lasciolle a un suo<br />

barone, che le vendesse, e desseli a' poveri.<br />

Quelli si tenne, e non ubbidìo. Carlo tornò a lui e disse: "Otto generazioni di pene<br />

m'hai fatte sofferire in Purgatorio, per Die, per lo cavallo e l' armi che ricevesti!<br />

Ma, grazia del Signore mio, io ne vo, purgato, in Cielo; e tu la comperai<br />

amaramente."<br />

Ché, udenti centomilia genti, venne un truono da cielo, e andonne con lui in<br />

abisso.<br />

[18b]<br />

Essendo Carlo Magno ad oste sopra li Saracini, ad uno suo cavaliere venne l' ora<br />

della morte. Fece suo testamento. Tra l' altre cose, giudicò il suo cavallo e sue armi<br />

alli poveri, e lassò a uno suo parente che [le] vendesse, e dispensasse li danari a'<br />

poveri.<br />

Lo cavaliere morìo. Quelli vendette l' arme e cavallo; li danari si ritenne. Ma,<br />

perciò che la vengianza dello verace Iustiziatore è prossimana al malfaccente, sì<br />

aparve il difunto a colui in capo de trenta die e dissegli: "Perciò che lo mio<br />

racomandai a dispensare i·llimosina pro anima mia, sappi che Dio m' ha<br />

diliberato da tutti li miei peccati; e, perciò che mia limosina ritenesti, trenta<br />

18


giorni m' hai fatto istare in pena. Sì ti dico che, in questo luogo ove io sono istato,<br />

interai tue domane; et io mi ne voe salvo in Paradiso."<br />

Quelli si svegliò tutto ismarito: la matina contò per l' oste ciò ch' elli avea udito.<br />

Sì come elli parlava tra lloro di sì grande maraviglia, et ecco venire subbitamente<br />

uno gridare in ê·ll' aria, sopra lui, sì come mughiamento di leone e di lupo e d' orso:<br />

in quella ora fue rapito di tra loro, tutto vivo, nell' aria.<br />

Quattro giorni lo cerconno cavalieri e sergenti per monti e per valli, ma trovare<br />

non pottono.<br />

Dodici giorni apresso di ciò andò l' oste di Carlo Magno per la terra di Navarra, et<br />

i· Navarra lo ritrovarono, lo corpo tutto freddo, in uno pietreto, presso a tre leghe<br />

del mare et a quattro giornate di Baiona: qui ne aviano li diavoli gittata la carogna,<br />

e l’anima nello inferno portata.<br />

Per questo exemplo sappiamo, quelli che le limosine delli defunti ritegnono,<br />

quelli si dannan perpetualemente.<br />

19

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