Duilio Cargnelutti un personaggio d'altri tempi - Ad Undecimum
Duilio Cargnelutti un personaggio d'altri tempi - Ad Undecimum
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<strong>Duilio</strong> <strong>Cargnelutti</strong><br />
<strong>un</strong> <strong>personaggio</strong> <strong>d'altri</strong> <strong>tempi</strong><br />
Su richiesta di <strong>un</strong>’insegnante di lettere del Liceo Scientifico di Latisana, l’allora<br />
al<strong>un</strong>no Fabio Fiorin aveva presentato <strong>un</strong>a biografia del suo paesano <strong>Duilio</strong><br />
<strong>Cargnelutti</strong>. Oltre al <strong>personaggio</strong> questo racconto è <strong>un</strong>’occasione per comprendere<br />
anche aspetti di vita della nostra com<strong>un</strong>ità nel secolo scorso.<br />
Il 29 Novembre del 1914 fu <strong>un</strong> giorno felice nella vecchia casa Manzan del<br />
Borgo di Sopra a S.Giorgio di Nogaro, perché nella stalla era nato <strong>un</strong> vitello eccezionale<br />
e soprattutto perché Veneranda, dopo <strong>un</strong> parto travagliato, aveva dato<br />
alla luce <strong>Duilio</strong>, l’<strong>un</strong>dicesimo dei suoi quattordici figli.<br />
Le notevoli dimensioni della testa del neonato erano già <strong>un</strong>a premessa al fatto<br />
evidente che era destinata a contenere tante idee e le difficoltà create alla madre<br />
nel parto, furono ben poca cosa in confronto a quelle che avrebbe dovuto creare<br />
poi nella vita ai suoi interlocutori nelle discussioni e soprattutto ai parenti, amici,<br />
insegnanti e superiori nella vita quotidiana.<br />
A due anni e mezzo, a causa dell’invasione austro-<strong>un</strong>garica, fu portato profugo<br />
a Torre del Greco presso Napoli in <strong>un</strong> convento di frati. Di quel periodo, data<br />
la tenera età, il signor <strong>Duilio</strong> dice di avere soltanto alc<strong>un</strong>i vaghi ricordi, tra i quali<br />
tre in particolare: i grossi topi che si aggiravano per il convento che gli mettevano<br />
tanta paura, l’acre odore della creolina, con la quale venivano periodicamente<br />
lavati i gabinetti puzzolenti e sulla quale <strong>un</strong>a mattina scivolò con terribili conseguenze,<br />
ed il Vesuvio di notte che sconvolse particolarmente la sua giovanile immaginazione<br />
perché era convinto che mettesse a fuoco l’intera città. Nel convento<br />
dei Carmelitani Scalzi il piccolo <strong>Duilio</strong> si recava di nascosto per gioco sotto il<br />
letto di frate Agostino per farlo sussultare nella rete. Costui si prestava bonariamente<br />
agli scherzi dei fanciulli e regalava poi loro le caramelle. Scherzi a parte,<br />
fu <strong>un</strong> periodo tragico. L’epidemia di “spagnola” aveva già f<strong>un</strong>estato la sua famiglia<br />
con due lutti: la sorella Antenisca di 12 anni e il fratellino Riccardo, ma si<br />
accanì crudelmente anche sul piccolo <strong>Duilio</strong> tanto che i “monatti” napoletani, vistolo<br />
moribondo, avevano deciso di portarlo via assieme agli altri.<br />
La disperata prudenza della madre e senz’altro <strong>un</strong> miracolo gli salvarono la vita.<br />
E’ ancora molto vivo in lui il ricordo del bel mare di Napoli. Un giorno a “Bassammare”<br />
il fratello maggiore Doimo lo invitò ad aggrapparsi a lui sulla schiena<br />
per raggi<strong>un</strong>gere a nuoto <strong>un</strong>o scoglio distante dalla riva, meta che fu raggi<strong>un</strong>ta<br />
dopo aver bevuta tanta acqua salata in quel mare meraviglioso.<br />
Conclusosi il tremendo conflitto, dopo la vittoria, <strong>Duilio</strong> e la sua famiglia fecero<br />
ritorno a San Giorgio di Nogaro.
1954. <strong>Duilio</strong> al lavoro in Messico.<br />
Qui frequentò per qualche tempo l’asilo di Via Lovâr che era situato nell’ultimo<br />
caseggiato in fondo a destra nel cortile detto “dal cjarvonâr” (il carbonaio).<br />
Successivamente frequentò la prima e la seconda elementare in <strong>un</strong>’aula sopra<br />
il forno com<strong>un</strong>ale che si trovava accanto al campanile della Chiesa Parrocchiale.<br />
Qui la sua prima insegnante fu <strong>un</strong>a vecchia maestra di nome Sese che lui aveva<br />
finito per identificare con la befana perché vestiva tutta di nero, naso ad<strong>un</strong>co,<br />
mandibola pron<strong>un</strong>ciata, fazzoletto in testa, severissima ed autoritaria. Insegnava<br />
ai bambini la lealtà e la sincerità, ad esprimere con franchezza senza reticenze il<br />
proprio pensiero... Un giorno chiese agli scolari, cosa pensassero della loro maestra.<br />
Il piccolo <strong>Duilio</strong> dopo aver espresso il proprio modesto parere con candida<br />
ingenuità, ottenne come premio <strong>un</strong> castigo fuori della porta.<br />
Terza, quarta e quinta elementare vennero frequentate nell’ala destra del M<strong>un</strong>icipio<br />
di San Giorgio che dava sulla Via Callalta, l’attuale via Nievo, con le maestre<br />
Foghini, Rosilde Bellina e il maestro Carelli. I libri di quarta e quinta elementare<br />
vennero acquistati con i proventi ricavati dalla vendita delle morbide pelli<br />
delle talpe che <strong>Duilio</strong> riusciva a catturare con trappole ingegnose ed inesorabili<br />
di sua invenzione che installava nei campi all’insaputa dei genitori alle cinque<br />
del mattino durante la fredda stagione.<br />
<strong>Duilio</strong> <strong>Cargnelutti</strong> frequentò poi la sesta, settima e ottava classe della Scuola<br />
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di Avviamento al Lavoro presso l’attuale fabbricato “A.N.P.I.” in via Max di Montegnacco,<br />
lasciato in eredità al Com<strong>un</strong>e dal ricco sangiorgino Giovanni Chiabà<br />
detto “Panigòn”.<br />
I suoi insegnanti furono a quei <strong>tempi</strong> la moglie del signor Vatta e il maestro<br />
Piazza. <strong>Duilio</strong> ricorda ancora che lo mandavano spesso alla lavagna a spiegare i<br />
concetti scientifici di elettricità. Nel pomeriggio era solito recarsi presso il Mulino<br />
Foghini dove esisteva <strong>un</strong>a centrale elettrica azionata da turbine ad acqua che<br />
forniva l’energia a tutto il paese di S.Giorgio, frazioni comprese. Il mugnaio, Br<strong>un</strong>o<br />
Bassan detto Bibi che lavorava alle dipendenze dei signori Foghini, forse per<br />
simpatia lo portava di nascosto a vedere i due grandi generatori di corrente e gli<br />
mostrava anche <strong>un</strong> fenomeno magico e inconsueto: l’effluvio luminoso azzurro<br />
continuo e indolore che si creava mettendo <strong>un</strong> dito accanto ad <strong>un</strong>a cinghia di trasmissione<br />
in movimento. Si trattava di <strong>un</strong>a scarica continua di altissima tensione<br />
e minimo amperaggio. A quell’epoca <strong>Duilio</strong> costruiva già le pile con zinco, rame<br />
e acqua salata e la cui corrente veniva poi misurata con... la lingua. Ai complimenti<br />
di parenti e amici per i suoi esperimenti scientifici seguivano le lamentele<br />
della madre Veneranda alla quale mancava spesso il sale per fare la polenta.<br />
Questo fu il periodo in cui il giovane <strong>Duilio</strong> studiò i vari tipi di pile: B<strong>un</strong>sen, Le<br />
Clanché, Pila Italiana, La Grenette e altre. Costruì a quell’epoca anche <strong>un</strong> rocchetto<br />
di Rumkorf col quale ottenne <strong>un</strong>a scintilla di 50 millimetri pari a 5000 volt!<br />
Il suo interesse scientifico andava di pari passo anche per gli accumulatori e<br />
per le piccole radio con antenna a telaio orientabile. Naturalmente per acquistare<br />
i primi libri di elettrotecnica dell’Hoepli di Milano faceva qualche servigio: puliva<br />
macchine da scrivere per la banca del paese, serviva messa e partecipava ai<br />
f<strong>un</strong>erali ottenendo così dal Parroco <strong>un</strong>a ricompensa di 30 o 50 centesimi, aiutava<br />
il fratello Doimo nella conduzione del Circolo Agricolo, vendeva al mercato insalata<br />
del suo orto, ottima, che concimava con le fiande dei cavalli che raccoglieva<br />
abbondanti per le strade di S.Giorgio. Allora non c’erano le automobili. La madre<br />
Veneranda, <strong>un</strong>a santa donna, gli passava 30 centesimi ogni settimana. Con quei<br />
soldi <strong>Duilio</strong> aveva a quell’epoca tre possibilità: vedersi <strong>un</strong> film nella Sala Parrocchiale;<br />
mangiarsi <strong>un</strong>a “spuma” presso il negozio di Cirillo Trevers; oppure comperare<br />
il giornalino scientifico dal titolo “Sistema I” presso la cartoleria Bassan,<br />
scelta che il nostro <strong>Duilio</strong> faceva nella maggior parte dei casi.<br />
In <strong>tempi</strong> in cui l’analfabetismo era ancora diffuso e la frequenza agli studi era<br />
esigua, la sua piccola personale biblioteca poteva vantare libri dal titolo: “Onde<br />
Hertziane”, “Telefonia Senza Fili”, “Elettrotecnica”, “Elettronica”, “Come si diventa<br />
Elettricisti” e molti altri.<br />
Verso i quindici anni riuscì a costruire delle piccole macchine a vapore f<strong>un</strong>zionanti,<br />
complete di caldaia e cassetto di Watt, sfruttando il principio della<br />
pentola di Papin. Già a quei <strong>tempi</strong> tentò di fare azionare il motore a due <strong>tempi</strong><br />
della motocicletta Frera, imprestata dal fratello maggiore, alimentandolo con<br />
i due gas ottenuti dall’elettrolisi dell’acqua. Risultato: vestiti corrosi dall’acido<br />
solforico e arrugginito il motore.<br />
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In seguito, ricombinando i due<br />
gas, ottenne <strong>un</strong>’elevatissima temperatura.<br />
Era il periodo dell’adolescenza<br />
in cui ideali ed esperimenti scientifici<br />
erano lo scopo della sua vita.<br />
Recuperando l<strong>un</strong>go i binari della ferrovia<br />
i pezzi di carbone caduto dalle<br />
locomotive, riusciva poi a fondere<br />
le palline di piombo recuperate dalle<br />
granate Shrapnel che si trovavano<br />
sparse nella zona ovest del paese, dove<br />
era esploso il grande deposito di<br />
m<strong>un</strong>izioni della Terza Armata. Con<br />
quel piombo fuso ricavava delle medaglie<br />
che venivano usate per la premiazione<br />
nei giochi dei fanciulli.<br />
All’età di 14 anni si iscrisse presso<br />
le Scuole Ri<strong>un</strong>ite di Roma. Durante<br />
questa esperienza di studio fu particolarmente<br />
avversato dal padre e da<br />
<strong>un</strong> fratello che finirono per strappargli<br />
i libri e i disegni, ritenendolo <strong>un</strong>a<br />
1958. <strong>Duilio</strong> al lavoro in Brasile sorta di pecora nera con poca voglia<br />
di lavorare. Fallita quella prima esperienza,<br />
l’anno seguente si riiscrisse a quei corsi per corrispondenza facendo sapere<br />
a genitori e fratelli che se lo avessero ostacolato, li avrebbe abbandonati fuggendo<br />
a Firenze presso la ditta Bargellini fornitrice di <strong>un</strong> apparecchio radio al Parroco<br />
di San Giorgio, l’allora mons. Battista Monai. In quell’occasione la madre difese<br />
con la sua autorità le scelte di quel povero figlio.<br />
Trovando difficoltà a studiare con le Scuole Ri<strong>un</strong>ite e volendo studiare più seriamente<br />
presso qualche Istituto o Collegio della regione, si recò a chiedere <strong>un</strong><br />
eventuale sostegno economico presso <strong>un</strong> ricco e facoltoso commerciante sangiorgino<br />
senza figli, perché correva voce che questo patrizio era <strong>un</strong> gentiluomo<br />
distinto, perbene, generoso, altruista e filantropo. Costui dopo aver ascoltato il<br />
giovane <strong>Duilio</strong> lo invitò cordialmente… “a rivolgersi a <strong>un</strong> parente più stretto”.<br />
Grande fu la delusione.<br />
1 .<br />
(1) Assieme alla foto, in <strong>un</strong> foglio allegato si trova scritto: Rio de Janeiro 7/6/’58. L’aeroporto Santos<br />
Dumond è situato sulla sinistra, nel centro dell’enorme città di Rio, come sporgente sul mare<br />
dell’immensa baia per chi entra in transatlantico. Si presenta come <strong>un</strong>o spiazzo attrezzato a giochi<br />
per grandi; pare <strong>un</strong>a sagra continua: apparecchi da <strong>un</strong>o, due, quattro motori che partono, altri<br />
arrivano, altri volteggiano nel cielo e salgono con luci policrome a varia quota. Tutte le persone<br />
che arrivano alla pista di atterraggio sono ben vestite e pasciute; l’illusione è, senza meno, grande.<br />
Mi vado convincendo sempre più che il Brasile è povero attualmente: è ricco solo di possibilità.<br />
Vivranno bene –se sapranno organizzarsi saggiamente- i figli dei nostri figli.<br />
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Purtroppo gli studi furono discontinui a causa della necessità di manodopera<br />
nei campi coltivati dalla sua famiglia. Inoltre per potersi mantenere si vedeva<br />
costretto tra <strong>un</strong>o studio e l’altro ad aiutare il sig. Orazio Bet, suo padrino. Assieme<br />
si recavano col cavallo a vendere stoffe a Marano Lag<strong>un</strong>are e a Muzzana<br />
del Turgnano.<br />
Verso i 16 anni si applicò come operatore cinematografico presso la Sala Parrocchiale.<br />
Nel frattempo il Parroco, mons. Monai acquistò la prima radio ad accumulatori<br />
e da lui ricevette il gradito incarico della loro manutenzione. Anche<br />
il dott. Barzàn, medico del paese, gli procurò <strong>un</strong> cliente per la manutenzione delle<br />
batterie che veniva dalla località Gallinazza. I circuiti del tipo super-eterodina<br />
non erano ancora stati inventati e per ottenere la selezione delle stazioni si usavano<br />
i circuiti a risonanza del tipo endodina sostituiti poi da quelli del tipo negadina<br />
ed eterodina.<br />
Un giorno rinvenne in <strong>un</strong> fossato verso Zellina <strong>un</strong> magnete arrugginito, residuato<br />
bellico del primo conflitto. A casa lo studiò attentamente, lo pulì, gli rifece<br />
l’avvolgimento riuscendo a far girare l’indotto fra le branche polari con l’ausilio<br />
di <strong>un</strong>a manovella. Alc<strong>un</strong>i fratelli che facevano i contadini rimasero sbalorditi<br />
quando videro che con quel marchingegno il giovane <strong>Duilio</strong> riusciva a tenere accesa<br />
<strong>un</strong>a lampadina da 25 candele.<br />
La sua passione per le prime telecom<strong>un</strong>icazioni lo portavano ad arrampicarsi<br />
sui tetti nottetempo dove trafficava per tendere dei fili di antenna, con discesa<br />
centrale tra <strong>un</strong>a casa e l’altra, all’insaputa dei genitori i quali divennero poi furibondi<br />
quando si accorsero che nella loro modesta abitazione si captava Radio<br />
Praga, ma anche pioggia che entrava dal tetto rotto del fienile.<br />
Verso i 18 anni riuscì a costruire il primo motore elettrico, utilizzando <strong>un</strong>a lamiera<br />
al silicio portata da Milano da <strong>un</strong> certo Fazio <strong>un</strong> suo vicino di casa che faceva<br />
il falegname. Con molto ingegno riuscì a riprodurre in scala <strong>un</strong> idrovolante<br />
a due scafi del tipo “S.Maria” che venivano allora costruiti in Italia dalla Savoia-<br />
Marchetti. Negli scafi vennero collocate le pile che alimentavano <strong>un</strong> doppio motore<br />
elettrico in tandem a collettore. Le due eliche pur girando velocemente non<br />
riuscirono però a far decollare quell’aereo ed anche quel sogno svanì. Successivamente<br />
il sistema di propulsione venne cambiato. Venne introdotta nella fusoliera<br />
dell’aereo della polvere da cannone a forma di spaghetti recuperata dalle carcasse<br />
dei proiettili che abbondavano nella zona di S.Giorgio. I risultati superarono<br />
abbondantemente ogni più rosea previsione: il piccolo aereo partì stavolta... a<br />
razzo, andandosi a schiantare più avanti.<br />
In cinematografia riuscì a riprodurre le prime immagini statiche col sistema<br />
della lanterna magica sul muro dipinto a calce, e l’anno successivo riuscì ad ottenere<br />
immagini in movimento con l’ausilio della cosiddetta “croce di Malta” che<br />
faceva scattare <strong>un</strong>a certa quantità di fotogrammi al secondo. Successivamente<br />
perfezionò quel sistema aggi<strong>un</strong>gendovi <strong>un</strong> otturatore rotante consistente in <strong>un</strong>’elica<br />
a quattro settori opposti: due ciechi e due aperti. Il risultato fu sorprendente<br />
con <strong>un</strong>a visione cinematografica assai nitida e perfetta per quei <strong>tempi</strong>.<br />
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Il giovane <strong>Duilio</strong> riuscì da solo a costruire <strong>un</strong> arco voltaico per ottenere la fusione<br />
dei metalli e si accorse dell’enorme potenza luminosa che veniva sprigionata,<br />
quando vide la sua ombra proiettata sulla facciata di casa illuminata dal sole<br />
d’estate.<br />
<strong>Ad</strong> <strong>un</strong> certo momento della sua vita prese <strong>un</strong>a grande decisione: sigillò con i<br />
chiodi la cassa di legno contenente le attrezzature e i materiali che si era procurato<br />
per condurre i suoi esperimenti, poiché era gi<strong>un</strong>to alla conclusione che era<br />
necessario proseguire ed approfondire gli studi con serietà, continuità e metodo<br />
prima di passare alla fase sperimentale. Frequentò il collegio Bertoni di Udine in<br />
qualità di Prefetto per potersi mantenere, ma si accorse ben presto che stava perdendo<br />
del tempo prezioso. Tralasciò perciò l’inutile impegno di fare “il bambinaio”<br />
in quel Collegio e continuò gli studi come privatista recandosi a Cervignano<br />
a lezioni gratuite di lettere e matematica presso due anziani insegnanti e andando<br />
due volte la settimana a Udine in bicicletta per le lezioni di latino e francese che<br />
gli venivano impartite dallo studente <strong>un</strong>iversitario di medicina Nestore Morandini,<br />
divenuto poi primario molto stimato presso l’Ospedale Maggiore di Trieste.<br />
A 21 anni venne chiamato al servizio di leva nel 19mo Lancieri di Firenze a<br />
Ferrara presso il Reparto Comando del Reggimento. Finito il corso di equitazione<br />
e di esercitazione radio, svolse per qualche tempo la sua mansione di radiotelegrafista<br />
e nei primi sei mesi di libera uscita, si recava nel monastero dei Frati<br />
Francescani a studiare latino e francese, ma ben presto si ammalò ed il tenen-<br />
<strong>Duilio</strong> in <strong>un</strong> momento di relax in Messico.<br />
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te medico lo ass<strong>un</strong>se come caporale infermiere. Qui si distinse particolarmente,<br />
avanzò di grado a caporalmaggiore e successivamente il capitano gli promise<br />
i galloni d’oro di sergente se avesse accettato di continuare il servizio militare.<br />
Suo malgrado, <strong>Duilio</strong> rin<strong>un</strong>ciò per poter continuare gli studi e il capitano Mosca<br />
nel congedarsi da lui gli augurò la buona sorte. Durante il suo soggiorno presso<br />
l’infermeria, <strong>Duilio</strong> aveva notato che il disagio tra i militari di leva era notevole,<br />
spesso al limite del suicidio, perciò si prodigò con fervore a sostenerli materialmente<br />
e moralmente. Forniva loro di nascosto zabaglioni con latte e <strong>un</strong> panino,<br />
mentre ad altri rilasciava <strong>un</strong> permesso scritto e firmato di poter rimanere a riposare<br />
in branda per tre giorni, dopo aver fatto ingoiare loro <strong>un</strong> bel bicchiere stracolmo<br />
di olio di ricino.<br />
A 25 anni a Gorizia, riuscì a superare brillantemente l’esame di quattro classi<br />
con la media dell’otto e fu ammesso al Liceo Scientifico “Antonio Grossich” che<br />
frequentò poi a Fiume, alloggiando presso il fratello maggiore Doimo che lavorava<br />
in Istria come capo cantoniere stradale.<br />
Quegli studi vennero purtroppo interrotti a causa dello scoppio del secondo<br />
conflitto mondiale. <strong>Duilio</strong> <strong>Cargnelutti</strong> venne richiamato alle armi col grado di<br />
sergente di cavalleria. A Gallipoli continuò a studiare privatamente con la prof.<br />
Capello e sua cognata insegnante tutte le materie del Liceo, conseguendo poi a<br />
Fiume l’idoneità alla frequenza dell’ultimo anno.<br />
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, venne aggregato al Comando della<br />
210.ma Divisione. Mentre i nostri reparti operavano a Montecassino con la quinta<br />
Armata americana, <strong>Duilio</strong> <strong>Cargnelutti</strong>, sottufficiale ai collegamenti, riuscì a<br />
costruire con pochi mezzi <strong>un</strong> gruppo elettrogeno per il Comando Italiano utilizzando<br />
<strong>un</strong> motore Volkswagen, <strong>un</strong>a dinamo inglese e <strong>un</strong> bidone di latta italiano,<br />
meritandosi <strong>un</strong> premio in denaro ed elogi da alti ufficiali che da quel giorno poterono<br />
sostituire nella loro mensa la luce di <strong>un</strong>a misera candela di cera con quella<br />
prodotta da <strong>un</strong>a lampadina da 500watt. F<strong>un</strong>zionò giorno e notte per due anni fino<br />
alla fine della guerra. A Napoli pranzò <strong>un</strong> giorno assieme al principe ereditario<br />
Umberto di Savoia al quale offrì poi <strong>un</strong> piccolo apparecchio radio ad <strong>un</strong>a valvola<br />
con circuito a reazione da lui stesso costruito e con la quale si poteva ricevere<br />
Radio Londra. Ne costruì successivamente degli altri che regalò ad <strong>un</strong> colonnello<br />
di artiglieria e ad altri ufficiali. Da Caserta ad Anzio, a Firenze, a Montepescari,<br />
a Peschiera sul Garda dove venne congedato con <strong>un</strong>a liquidazione di trentamila<br />
lire. Raggi<strong>un</strong>se in camion Milano dove presso la Società Geloso acquistò<br />
materiale vario per la costruzione di apparecchi radio.<br />
Rientrato finalmente al suo paese assieme ai fratelli <strong>Ad</strong>elio ex salesiano e Giorgio<br />
studente di ingegneria iniziò la costruzione di apparecchi radio. I mobili venivano<br />
costruiti nella frazione di Chiarisacco presso la falegnameria Ietri. Nello<br />
stesso periodo <strong>Duilio</strong> <strong>Cargnelutti</strong> venne incaricato della manutenzione dei motori<br />
elettrici nella Montecatini e presso la Ditta Bruseschi a Porto Nogaro.<br />
Nel febbraio 1954 vinse <strong>un</strong> concorso nella grande industria chimica di Torviscosa<br />
e dopo tre mesi di prova, venne inviato in Messico come capo elettricista<br />
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per la costruzione di <strong>un</strong>o stabilimento per la produzione di cellulosa. Qui vi rimase<br />
per due anni lavorando spesso ininterrottamente anche 48 ore filate senza<br />
riposare, meravigliando gli stessi dirigenti per aver risolto in forma geniale alc<strong>un</strong>i<br />
problemi tecnici verificatisi in quel grande cantiere.<br />
Rientrato in Italia vi rimase per <strong>un</strong> anno e decise poi di partire alla volta del<br />
Brasile dopo aver appreso da <strong>un</strong>’inserzione sul Gazzettino che si cercavano tecnici<br />
per la nascente industrializzazione di quelle terre. Concorse a Udine e nonostante<br />
l’età venne ass<strong>un</strong>to come superspecializzato. Aveva quarantatré anni. In lui<br />
é ancora molto vivo il ricordo del 4 ottobre 1957 quando in pieno oceano, passando<br />
l’equatore, apprese la notizia del lancio dello Sputnik sovietico.<br />
Cominciava l’era spaziale in competizione con gli USA.<br />
Gi<strong>un</strong>to in Brasile, trascorse <strong>un</strong> periodo in quarantena presso l’Ihla des Flores<br />
(l’Isola dei Fiori) nella Baia di Guanabara, presso Rio de Janeiro. Le sue aspettative<br />
furono però presto deluse poiché trovò molta difficoltà a trovare <strong>un</strong> lavoro e<br />
dopo aver cercato invano in l<strong>un</strong>go e in largo, fu invitato presso l’aeroporto Dumont<br />
a sostenere per tre giorni <strong>un</strong>a prova attitudinale. Alla fine venne ass<strong>un</strong>to e<br />
in questo luogo eseguì con molta professionalità lavori di taratura, riparazione di<br />
ponti radio e altro. Con <strong>un</strong> brillante esperimento, tramite la conversione in pushpull<br />
del circuito di trasmissione d’antenna riuscì ad ottenere la perfetta trasmissione<br />
a 3000 chilometri di distanza meravigliando i suoi superiori per aver ottenuto<br />
il quadrato della potenza in trasmissione a parità di mezzi e la gratifica ottenuta<br />
gli servì per pagarsi il biglietto di ritorno in Italia. Nell’ambiente brasiliano<br />
però non si trovò a suo agio e dopo <strong>un</strong>a serie di brutte avventure, essendo in<br />
pericolo la sua stessa vita, decise di rientrare in Italia. Dopo 21 giorni di navigazione<br />
e di esperienze terribili, trascorsi senza mangiare e senza dormire, arrivò<br />
a Genova dove si inginocchiò a baciare il patrio suolo. Pesava soltanto 58 chili.<br />
La tragica avventura era finalmente conclusa e in Italia cominciava quel miracolo<br />
economico che invano aveva cercato in America. Ora per <strong>Duilio</strong> iniziava <strong>un</strong><br />
nuovo fort<strong>un</strong>ato capitolo della sua vita.<br />
A S.Giorgio di Nogaro organizzò <strong>un</strong> suo laboratorio per la riparazione e l’aggiornamento<br />
dei circuiti e assieme alla sorella Lidia aprì nella via centrale <strong>un</strong> negozio<br />
di elettrodomestici, caccia-pesca, fornitura di gas, benzina e articoli vari.<br />
Questa iniziativa fu coronata da successo. Per il suo interessamento riuscì ad installare<br />
a S.Giorgio nel 1952 il primo televisore sperimentale, <strong>un</strong> Minerva 14 pollici<br />
che collocò nella cella dell’orologio del campanile, mentre l’antenna ricevente,<br />
da lui stesso costruita, venne issata alla sommità del campanile stesso 2 , per poter<br />
captare le primissime trasmissioni inviate da Monte Penice nella zona di Milano.<br />
La ricezione era purtroppo scadente data l’enorme distanza. Naturalmente<br />
quegli esperimenti notturni furono condotti in compagnia di <strong>un</strong>a folla di curiosi<br />
e appassionati che saliva e scendeva in continuazione da quella torre.<br />
Va precisato che le onde l<strong>un</strong>ghe vengono assorbite a poca distanza, quelle me-<br />
(2) L’antenna era stata realizzata da <strong>Duilio</strong> e <strong>Ad</strong>elio ed era stata installata dal nipote Erminio.<br />
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die circumnavigano la sfericità della terra, mentre quelle corte, ultracorte e microonde<br />
della televisione sono rettilinee come <strong>un</strong> raggio luminoso e non seguono<br />
pertanto la curvatura della terra. In <strong>un</strong>a sola occasione, tra Natale e Capodanno<br />
dello stesso anno, riuscì ad ottenere per qualche tempo <strong>un</strong>a ricezione discreta<br />
in camera sua a causa della presenza di alti strati nuvolosi che davano l’onda riflessa<br />
e il giorno seguente imbiancarono di neve tutto il Friuli. Il fenomeno non<br />
si ripeté più.<br />
Erano anni difficili, il secondo conflitto mondiale era concluso da poco e già se<br />
ne stava preparando <strong>un</strong>’altro. Italia e Jugoslavia avevano già schierati i loro eserciti<br />
in assetto di guerra sui confini a causa delle rispettive rivendicazioni territoriali.<br />
Erano stati mobilitati anche i riservisti. La Jugoslavia era appoggiata dalla<br />
Russia, l’Italia dall’America. In quel clima di tensione alle stelle le antenne dei<br />
<strong>Cargnelutti</strong> collocate in cima al campanile erano sospette di spionaggio, tanto che<br />
gli stessi Carabinieri imposero il loro immediato smantellamento.<br />
Nel frattempo i trasmettitori televisivi erano stati collocati a Monte Venda sui<br />
Colli Euganei e la visione dei programmi migliorò. Il famoso televisore del campanile<br />
venne fatto f<strong>un</strong>zionare durante la bella stagione nella vetrina del nuovo negozio<br />
di Via Roma. Era il 1953 e quel televisore rappresentava indubbiamente <strong>un</strong>a<br />
novità assoluta per il paese e per l’intera zona del Basso Friuli. Dopo le f<strong>un</strong>zioni<br />
religiose serali di maggio, ragazzi, uomini e donne raggi<strong>un</strong>gevano ansiosi quella<br />
vetrina per garantirsi <strong>un</strong> posto tra le prime file e vedere le prime trasmissioni televisive.<br />
Seguirono poi le vendite. Il primo televisore fu installato nel Bar Sport<br />
dei signori Vignando in Via Roma ad uso e consumo degli sportivi, seguì poco<br />
dopo <strong>un</strong> altro collocato nell’Albergo Trieste del sig. Citossi Valentino in via Terza<br />
Armata e quello del dott. Levi. Poi fu la volta del Bar Friuli del sig. Dall’Olio in<br />
Via Max di Montegnacco. Il signor <strong>Duilio</strong> <strong>Cargnelutti</strong> per poter meglio servire i<br />
clienti aveva intanto sostituito la sua vecchia moto con <strong>un</strong>a nuova Fiat 600, divenuta<br />
in poco tempo <strong>un</strong>a vera officina ambulante. All’interno di quella macchina<br />
c’era veramente di tutto<br />
collocato in ordine<br />
sparso e sopra il portapacchi<br />
c’erano pure<br />
tre scale legate con regolare<br />
tabella a strisce<br />
bianche e rosse poste<br />
sul retro.<br />
La sua fama di tecnico<br />
della televisione<br />
superando i confini<br />
del paese finì per<br />
procurargli lavori nei<br />
posti più impensati: le<br />
Materiale in mostra nel suo negozio a San Giorgio.<br />
sue prestazioni furo-<br />
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no richieste a Venezia, a Trieste, a Udine, presso i frati di Gemona, nelle Colonie<br />
di Bibione e di Caorle... Impossibile elencarli tutti. Se nel paese era conosciutissimo,<br />
in molte famiglie dei paesi limitrofi era di casa e il suo arrivo era salutato<br />
sempre con tanta stima e simpatia.<br />
Questa sua attività è continuata ininterrotta fino ai giorni nostri. Lavorava<br />
e seguiva al tempo stesso corsi di studio e di specializzazione: cinque anni alla<br />
Scuola di Disegno serale e premiato con medaglia d’argento; due anni all’Istituto<br />
Zambler di Venezia; due anni al Malignani di Udine per <strong>un</strong> corso di specializzazione<br />
sulla TV a colori; corso di tedesco serale a S.Giorgio; insegnante di elettrotecnica<br />
a Porpetto nella scuola serale...<br />
Grande appassionato di fisica, ha approfondito anche questioni di metafisica<br />
e teologia al Corso di Catechesi, con il conseguente invito rivoltogli dallo stesso<br />
parroco don Rino Calligaris di poter rimanere a casa perché era... “troppo preparato”.<br />
Difatti era divenuto scomodo perché convertiva le turbe alla dottrina …<br />
quella sua.<br />
Ora è molto vivo in lui il desiderio di poter concludere almeno qualc<strong>un</strong>a delle<br />
sue molteplici invenzioni rimaste nel cassetto. Tra queste vogliamo citare quella<br />
di <strong>un</strong> motore a 6000 giri, semplice e senza tanto dispendio di energia; <strong>un</strong>a superpila<br />
al piombo; la possibilità di sostituire <strong>un</strong>o stetoscopio con <strong>un</strong>a ricetrasmittente;<br />
il famoso ferro da stiro in vetro Pirex simile ad <strong>un</strong>a lampadina, il quale stira<br />
per mezzo del calore, illumina la superficie da stirare, asciuga e uccide i batteri;<br />
la fiamma parlante simile al roveto ardente di Mosé; la vela rotante; la famosa<br />
lavastrizza e molte altre.<br />
Ora vive in compagnia del suo cane Chira in <strong>un</strong>a villa padronale di sua proprietà<br />
in Via Paolo Diacono a S.Giorgio di Nogaro. Di giorno lavora nell’orto e<br />
nella vigna dove coltiva i suoi “antiinfluenzali” e all’imbr<strong>un</strong>ire è solito darsi alla<br />
lettura, poi fare <strong>un</strong>a p<strong>un</strong>tatina nella frasca di Bepi Malisan oppure presso quella<br />
degli Artiglieri nel PEEP. Parlare con lui è piacevole per la sua disponibilità ed<br />
ancora più divertente è ascoltarlo: ha <strong>un</strong> concetto stilnovistico dell’amore, ed idealizza<br />
troppo la figura femminile, anche se poi sostiene che la donna reale è tutto<br />
sommato soltanto “<strong>un</strong> uomo scarto”. E’ nemico dichiarato del talamo matrimoniale<br />
dove secondo lui si consuma “<strong>un</strong> contratto di prostituzione a l<strong>un</strong>ga scadenza”.<br />
Per lui il matrimonio è soltanto “<strong>un</strong>a cambiale inestinguibile”… poi si corregge<br />
dicendo che il matrimonio perfetto potrebbe teoricamente esistere soltanto<br />
fra <strong>un</strong>a donna muta ed <strong>un</strong> uomo cieco. In confessione <strong>un</strong> giorno il vecchio Parroco<br />
lo invitò a sposarsi, sostenendo che anche i preti sono sposati con... la Chiesa<br />
<strong>Duilio</strong> rispose garbatamente e sottovoce che lui era già sposato con... il campanile!<br />
Quando si inoltra appassionatamente nelle discussioni riguardanti le questioni<br />
amorose, politiche o religiose, suoi argomenti preferiti, può capitare che l’eccessivo<br />
entusiasmo lo faccia ...uscire dal seminato, allora è necessario riprenderlo e farlo<br />
“rientrare entro i limiti del potabile...”, specialmente se in presenza di minori.<br />
E’ fermamente convinto che esista <strong>un</strong>a sola donna cattiva in questo mondo ed<br />
è avvilente notare (lui dice) come ogni buon marito sia convinto che quella sia sua<br />
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moglie. Pur essendo a suo modo generoso, il signor <strong>Duilio</strong> non vende mai nulla<br />
e non regala: lui compra sempre e conserva tutto. I suoi ambienti sono dei veri<br />
musei. In <strong>tempi</strong> in cui tutti gli utenti lamentano bollette telefoniche truffaldine<br />
se non addirittura da capogiro, il signor <strong>Duilio</strong>, caso <strong>un</strong>ico, ha ricevuto dalla Sip<br />
<strong>un</strong> rimborso perché non usa mai il telefono.<br />
Riflessivo, lapidario, arguto, trova sempre <strong>un</strong>a risposta immediata, precisa e<br />
interessante. Un giorno incontrando alc<strong>un</strong>e donne in Via Ronchi che gli chiedevano<br />
come stava in salute, rispose loro che purtroppo gli faceva male <strong>un</strong>a gamba.<br />
Al loro commento che ciò era causato dall’età avanzata, <strong>Duilio</strong> fece notare che<br />
anche l’altra sua gamba, quella sana, aveva sicuramente la stessa età.<br />
Interessato al problema del trascendente e confortato dal principio beati m<strong>un</strong>di<br />
corde quod videb<strong>un</strong>t Deum, chiese <strong>un</strong> giorno al Parroco di S.Giorgio mons. Da<br />
Ronco, se nella Com<strong>un</strong>ità Religiosa esistesse <strong>un</strong> qualche collegamento con l’Aldilà.<br />
Ebbe come risposta che... ”con il Paradiso non c’é purtroppo alc<strong>un</strong> collegamento<br />
telefonico”.<br />
Non soddisfatto di questa risposta e convinto assertore dell’esistenza di Dio,<br />
volle da Lui <strong>un</strong>a prova. In <strong>un</strong>a preghiera gli chiese la grazia di poter vincere al<br />
lotto per poi fare opere di bene, ma al tempo stesso fece <strong>un</strong>a precisazione: se l’eventuale<br />
fort<strong>un</strong>a derivante da quella vincita fosse stata all’origine della sua futura<br />
rovina morale e materiale, chiese al Signore la supergrazia di non fare uscire<br />
i numeri giocati. Fu esaudito: dei suoi numeri non ne uscì neanche <strong>un</strong>o e da<br />
quel giorno il sig. <strong>Duilio</strong>, divenuto più “adulto nella fede”, comprese che... PAU-<br />
PERTAS PECUNIA EST! 3<br />
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Fabio Fiorin<br />
Nota biografica dell’autore<br />
Fiorin Fabio. Giovane laureato sangiorgino amante delle tradizioni popolari. È <strong>un</strong>a<br />
nostra “vecchia” conoscenza in quanto nell'Annuario 2004 ha collaborato per l’ad <strong>Undecimum</strong><br />
con il contributo L’importanza delle tradizioni.<br />
P.S. Il giorno 5 dicembre 2012 <strong>Duilio</strong> <strong>Cargnelutti</strong> è deceduto a 98 anni, assistito amorevolmente<br />
dai nipoti Br<strong>un</strong>o e Roberto, con i quali aveva vissuto negli ultimi venti anni<br />
assieme al fratello Ottavio morto nel 2011 a cento anni compiuti. E’ <strong>un</strong> altro della numerosa<br />
e longeva dinastia dei <strong>Cargnelutti</strong> che se ne va. Rimangono Orfa, vedova Fantini<br />
di 99 anni, e <strong>Ad</strong>elio già centenario e ancora scalpitante. L’Associazione ad <strong>Undecimum</strong><br />
aveva deciso di dedicargli questa originale biografia, che fa emergere <strong>un</strong> <strong>personaggio</strong><br />
veramente straordinario.<br />
(3) La povertà è ricchezza!