Storia della famiglia Novelli (prima parte) - Ad Undecimum
Storia della famiglia Novelli (prima parte) - Ad Undecimum
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<strong>Storia</strong> <strong>della</strong> <strong>famiglia</strong> <strong>Novelli</strong><br />
(<strong>prima</strong> <strong>parte</strong>)<br />
L’analisi del testamento del conte Domenico <strong>Novelli</strong> (1638-1703) compiuta<br />
nel precedente articolo pubblicato nell’Annuario 1 costituisce un punto fermo e<br />
sufficientemente chiaro per proseguire la ricostruzione delle vicende, economiche<br />
ma non solo, <strong>della</strong> casata.<br />
I figli del conte Domenico istituiti quali eredi legittimi furono il conte Francesco<br />
(1656-1717) e il conte Stefano (1665-1743).<br />
Per quanto riguarda il ramo di Francesco, diciamo subito che un destino particolarmente<br />
avverso fa sì che esso sia già estinto nel 1718 con la prematura morte<br />
dell’unico figlioletto Filippo Antonio che, nato da seconde nozze a San Giorgio<br />
l’8 maggio 1717, muore infante il 27 maggio 1718. Il conte Francesco non era<br />
stato particolarmente fortunato neppure nel matrimonio, poiché la <strong>prima</strong> moglie<br />
baronessa Dorotea Formentini era deceduta il 5 agosto 1706 senza prole; egli si<br />
era sposato in seconde nozze il 18 luglio 1712 con la contessa Elisabetta Teresa<br />
Attems: da questa unione era nato Filippo Antonio, ma Teresa rimase vedova sei<br />
anni dopo il matrimonio. Il testamento del conte Francesco fu redatto a Gonars<br />
il 18 maggio 1717 dal notaio Simon Aborta 2 , dieci giorni dopo la nascita del figlio<br />
Filippo Antonio. Esso “lasciò erede il conte Stefano suo fratello, non avendo<br />
fatto che una Primogenitura nel fu conte Filippo Antonio suo figliuolo di ducati<br />
6000 in boschi, case e terre arrative (sic) nella Villa di Nogaro, la quale poi<br />
non ebbe effetto, stante la premorienza del detto conte Filippo in tenera età di mesi<br />
sedici circa 3 ” 4 .<br />
Quindi, nella seconda metà dell’anno 1718, tutto il capitale in beni immobili<br />
e mobili si trova nelle mani del conte Stefano il quale appare come il vero prosecutore<br />
dell’asse familiare.<br />
Egli si era sposato con la contessa Antonia di Polcenigo e dalla loro unione<br />
era nata una prole numerosa, ma noi ci soffermeremo solamente su tre figure: il<br />
conte Baldo Antonio Maria (1719-1768), il conte Domenico Maria (1709-1762)<br />
e la contessa Eleonora. Infatti i primi due fratelli sono coloro che erediteranno il<br />
patrimonio <strong>Novelli</strong> attraverso dissesti finanziari di non poco conto; la loro sorel-<br />
(1) C. Conti, Per una storia <strong>della</strong> <strong>famiglia</strong> <strong>Novelli</strong>, Annuario ad <strong>Undecimum</strong> 1997/98, pp. 78-100.<br />
(2) La ricerca dell’atto testamentario presso i fascicoli del notaio Simon Aborta di Gonars conservati<br />
nell’Archivio di Stato di Udine non ha permesso il rinvenimento del prezioso documento che risulta<br />
mancante. Tuttavia le vicende personali del conte Francesco hanno fatto sì che il suo patrimonio sia<br />
confluito nei beni del fratello conte Stefano.<br />
(3) Non sedici mesi ma tredici scarsi come abbiamo visto sopra.<br />
(4) Conti <strong>Novelli</strong> al laudo, pp. 47-48.<br />
139
la Eleonora la ricorderemo come scrittrice di poesie d’occasione, dando anche<br />
il testo dei suoi componimenti poetici finalmente rintracciati presso la Biblioteca<br />
Civica di Udine.<br />
Il conte Stefano nacque a San Giorgio di Nogaro il 17 febbraio 1665, ma la<br />
morte lo colse residente a Castions di Strada presso la casa dominicale l’8 giugno<br />
1743. Del resto è sufficiente scorrere le pagine che C. Costantini ha redatto sulla<br />
storia di Castions di Strada 5 per essere assolutamente certi che la <strong>famiglia</strong> del<br />
conte Stefano risiedesse in questo paese, dove possedeva anche dei banchi nella<br />
chiesa di San Giuseppe 6 ; inoltre la presenza <strong>della</strong> <strong>famiglia</strong> <strong>Novelli</strong> è attestata<br />
a Castions sicuramente fino al 1819, stando ai registri parrocchiali 7 , e lo scrivente<br />
stesso, nell’anno 1989, durante l’insegnamento presso le locali Scuole Medie,<br />
ebbe occasione di scorrere i libri canonici del secolo XVIII gentilmente messi a<br />
disposizione dal Parroco di allora.<br />
Villa Dora – Canciani, già <strong>Novelli</strong>.<br />
Ciò che appare singolare è il fatto che anche in questo caso non esiste, almeno<br />
presso l’Archivio di Stato di Udine, copia del suo testamento, che fu redatto<br />
il 1 giugno 1743 presso il notaio Pietro Antonio Rodaro(i) di Castions di Strada 8 .<br />
Già in passato avevo riportato una noticina di E. del Torso che ricordava come il<br />
conte Stefano avesse combattuto in Ungheria e contro la Francia, ma non si sono<br />
trovate per ora conferme a questi fatti.<br />
Ma se i testamenti risultano mancanti, ciò non significa che non siamo in grado<br />
(5) C. Costantini, Castions di Strada. Appunti storici, Udine, La Nuova Base, 1972.<br />
(6) Sia in cornu epistolae sia in cornu evangeli.<br />
(7) C. Costantini, op. cit, p. 23.<br />
(8) Conti <strong>Novelli</strong> al laudo, p. 67.<br />
140
di fornire un quadro dello stato patrimoniale <strong>della</strong> <strong>famiglia</strong> <strong>Novelli</strong> dopo la morte<br />
del suddetto conte Stefano, poiché presso l’Archivio di Stato di Udine è stata rinvenuta<br />
copia <strong>della</strong> convenzione e divisione dei beni posta in essere dai suoi figli ed<br />
eredi conte Domenico Maria (1709-1762) e conte Baldo Antonio (1719-1768).<br />
Si tratta di un documento cartaceo manoscritto composto da sette facciate, redatto<br />
il primo aprile 1745, che fissa in 17 punti l’accordo sottoscritto e sigillato<br />
dai due fratelli. Esso comincia richiamando la necessità di tracciare “mediante<br />
pubblici Periti... l’Asse <strong>della</strong> facoltà esistente in questo Reggio Contado ed in<br />
Stato veneto” 9 ; naturalmente si confermano le disposizioni testamentarie del defunto<br />
padre ma, “siccome nella divisione de mobili non si è rigorosamente considerato<br />
il di loro valore, avendosi avuta in considerazione la reciproca convenienza<br />
usata da noi fratelli, desiderando conservare l’amore al quale per tanti capi ci<br />
vediamo obbligati, resta con questo capitolo stabilito che ognuno 10 s’accontenti<br />
dei mobili che possiede presentemente nella Casa che da noi respettivamente viene<br />
abitata, così che il conte Domenico non possa mai pretendere cosa alcuna di<br />
quelli che s’attrovano in San Giorgio, né il conte Baldo abbia alcuna pretesa per<br />
quelli che sono in Castions, non dovendosi però ciò intendere dell’argenteria ed<br />
armi, li quali due capi doveranno esser divisi per giusta metà 11 ”. Nel 1745, quindi,<br />
la Casa <strong>Novelli</strong> a San Giorgio è abitata dal conte Baldo, mentre a Castions dimora<br />
il conte Domenico Maria; segnaliamo questo fatto poiché nessuno dei due<br />
morirà dove risiedeva nel 1745: infatti il conte Baldo si spegnerà a Gorizia il 2<br />
marzo 1768, mentre il conte Domenico Maria risulta dimorante a Muzzana alla<br />
data di morte, il 28 aprile 1762.<br />
Del resto il punto III sottolinea che “avendosi accontentati noi conti fratelli di<br />
scegliere per nostra abitazione uno la casa dominicale situata in Castions e l’altro,<br />
cioè il conte Baldo quella di San Giorgio, come pure avendo eletto questo la<br />
sua porzione di campi e prati in Stato austriaco ed il conte Domenico in Stato veneto<br />
come dalle divisioni, così di presente ognuno di noi ci chiamiamo soddisfatti<br />
riguardo alle case d’abitazione come pure riguardo alle abitazioni coloniche ed<br />
altre case poste e situate nel Stato nel quale ognuno di noi ha i suoi benni... ” 12 .<br />
Il calcolo del valore di questi beni immobili situati in territorio imperiale e veneto,<br />
“non compresi li fondi boschivi e l’estimo delle case dominicali e coloniche”<br />
viene affidato a tre pubblici Periti, i signori Benedetto Moretti, Sebastian <strong>Novelli</strong><br />
e Francesco Rodari, i quali computano l’intero ammontare a circa ducati 62339,<br />
compresi 3661 ducati di patrimonio bovino; ai due fratelli spetteranno quindi beni<br />
per la somma di 31169 ducati, individuati, come abbiamo visto, per il conte Do-<br />
(9) Punti di transazione e convenzione accordati da noi conti fratelli <strong>Novelli</strong> al tempo delle divisioni<br />
tra noi seguite l’anno 1745, presso ASU.<br />
(10) Conservo, per quanto possibile, la grafia originale. Mi limito solamente ad intervenire sulla punteggiatura.<br />
(11) Punti di transazione, punto II.<br />
(12) Id., punto III.<br />
141
Croce con data 1671 graffita su una parete <strong>della</strong> cripta de<br />
<strong>Novelli</strong>.<br />
142<br />
menico in territorio veneto e<br />
per il conte Baldo in territorio<br />
imperiale 13 .<br />
Il punto IV <strong>della</strong> Convenzione<br />
ricorda che “li capitali<br />
passivi del Sacro Monte<br />
di Udine sono toccati al sig.<br />
conte Baldo... e per evitare<br />
ogni scompiglio doverano<br />
esser depositati li Bollittini<br />
a mani del reverendo padre<br />
Simone Antonio de Simon,<br />
al quale si darà il soldo<br />
per pagare a debiti tempi<br />
gl’interessi e venendo il caso<br />
di levare dal Sacro Monte<br />
o in tutto o in <strong>parte</strong> l’argenteria,<br />
non potrà ciò effettuarsi<br />
senza l’assistenza d’ambidue<br />
noi fratelli, acciò subito<br />
ognuno conseguir possa la<br />
sua giusta metà” 14 . Quindi<br />
abbiamo certezza che il patrimonio<br />
<strong>Novelli</strong> risultasse<br />
esposto tanto da aver avuto<br />
la necessità di ricorrere al<br />
Monte di pietà di Udine impegnando,<br />
almeno in <strong>parte</strong>,<br />
l’argenteria.<br />
Al punto V l’attenzione<br />
si rivolge alle gioie di fami-<br />
glia, per le quali “resta fermamente stabilito che essendo stato beneficato dal quondam<br />
nostro padre il conte Baldo, io conte Domenico ora per sempre renuncio<br />
solennemente le gioie tutte ovunque esistenti ed attenenti alla Casa al sig. fratello<br />
così che in avenire questo di tutte universalmente e particolarmente ne averà il<br />
dominio”; inoltre si precisa, nel punto VI, “e tutto che le gioie già dette s’aspettino<br />
al sig. conte Baldo e che per quelle s’attrovano sopra il Sacro Monte d’Udine<br />
(13) Conti <strong>Novelli</strong> al laudo, p. 32-34<br />
(14) Punti di transazione, punto IV. Il padre Simone Antonio de Simon ricordato nella citazione operava<br />
come cooperatore presso la chiesa di San Giorgio di Nogaro negli anni 1734-1766, mentre reggevano<br />
la parrocchia di Porpetto, da cui San Giorgio dipendeva, don Doimo Antonio Frangipane (1732-<br />
1758) e don Francesco di Strassoldo (1758-1792). Era anche cappellano del conte Baldo <strong>Novelli</strong><br />
(cfr. A.Vicenzin, Le chiese di San Giorgio, Annuario ad <strong>Undecimum</strong> 1989, p. 83.
si paghi il solito annuo interesse, questo si corrisponderà per giusta metà da noi<br />
conti fratelli, come nelle divisioni si è calcolato... ” 15 .<br />
Quale contropartita “attesa la fraterna condiscendenza usatami dal sig. conte<br />
Domenico nella cessione delle gioie tutte... io conte Baldo tutto che beneficato<br />
dal quondam sig. padre... di tutti li prò ed utili derivabili dal capitale Lantieri<br />
ad esclusione del capitale stesso... ora per sempre prometto e mi obbligo per<br />
forza d’inviolabile transazione che finita la lite che ora pende con li signori conti<br />
Lantieri, o per via giudiciaria o per un ragionevole accomodamento, di dividere<br />
per metà tanto gli interessi che il capitale stesso col signor fratello, il quale<br />
per altro promette per il disturbo de viaggi e per qualche altra spesa che averò<br />
per quest’affare, d’aver in considerazione questi motivi per una fraterna ricompensa...<br />
non dovendosi intendere sotto tal espressione le spese da farsi per sostenere<br />
la lite Lantieri in avocato, Officio di Cancelleria, viaggi, Procuratore ed altro,<br />
dovendosi per questi capi corrispondere per giusta metà da noi fratelli, ma<br />
solamente s’intendono le spese per il mantenimento del cavallo per i viaggi, come<br />
pure <strong>della</strong> persona che maneggia l’affare ed altri simili agravi” 16 . Qualora i<br />
fratelli <strong>Novelli</strong> riescano ad ottenere in capitale coinvolto nella lite con la <strong>famiglia</strong><br />
Lantieri, esso sarà usato per “francare col medesimo tanti capitali livellari passivi<br />
aviti oppure paterni” 17 .<br />
Inoltre “essendo intavolato l’accrescimento dell’imposizioni in questo Regio<br />
Contado, come pure altri aggravi... resta tra noi fratelli stabilito ed approvato che<br />
venendo il caso d’accrescimento di gravezze sì in Stato austriaco che veneto, quest’accrescimento<br />
doverà pagarsi per giusta metà da noi fratelli, intendendosi qualunque<br />
sorte di gravezze addimandate da sua Reggia Maestà oppure dal Serenissimo<br />
Dominio Veneto sotto qualunque titolo” 18 .<br />
I punti XI e XII <strong>della</strong> Transazione confermano l’obbligo per i fratelli di far fronte<br />
a metà agli aggravi pendenti, secondo lo spirtito dei punti già trascritti.<br />
In seguito si stabilisce che per il contratto di locazione stabilito il 22 aprile<br />
1744 con la nobile signora Marzia vedova Mazzolenis, “coll’assenso ancora del<br />
nobile signor Giovanni Maria Tonelli di tutta la facoltà relitta dal quondam nobile<br />
Vincenzo Mazzolenis nella villa e territorio di Castions, Stato veneto, verso lo<br />
sborso di ducati annui 155...resta stabilito che il conte Baldo non abbia ad esborsare<br />
per questo contratto che ducati 18 ogni anno, restando il rimanente, che consiste<br />
in ducati 137 da corrispondersi e pagarsi alla signora Mazzolenis dal conte<br />
Domenico... al quale s’intende concesso tutto l’utile che può ricavarsi dalla facoltà<br />
Mazzolenis... ” 19 . Con ogni probabilità la facoltà Mazzolenis posta in Castions<br />
di Strada comprendeva anche l’abitazione del conte Stefano.<br />
(15) Id., punti V-VI<br />
(16) Id., punti VII-VIII.<br />
(17) Id., punto IX.<br />
(18) Id., punto X.<br />
(19) Punti di transazione, punto XIII. Non ho trovato notizie utili su questa <strong>famiglia</strong> nel volume citato<br />
di C. Costantini, Castions di Strada. Appunti storici.<br />
143
Stabiliti quindi con precisione i criteri con cui ripartire gli oneri che gravano<br />
sul patrimonio di <strong>famiglia</strong>, i due fratelli rivolgono la loro attenzione ai congiunti.<br />
Infatti al punto XIV dell’accordo i due nobili fratelli s’impegnano “di corrispondere<br />
all’Illustrissima signora contessa madre 20 ed alla contessa Eleonora 21<br />
nostra sorella il mantenimento sì del vitto che d’assegnamento per quelle spese<br />
che potrebbero occorrerli, così che il conte Domenico abbia da corispondere il<br />
tutto all’Illustrissima signora contessa madre ed il conte Baldo alla sorella contessa<br />
Eleonora e potendo questi assegnamenti esser temporanei. In tal caso pars<br />
refinienda refiniatur” 22 .<br />
Secondo una consuetudine assai diffusa nei secc. XVII e XVIII presso il ceto<br />
nobiliare, “essendo venuti in piena cognizione che la contessa Lugrezia 23 nostra<br />
sorella siasi intenzionata di vestire l’abito religioso nel monastero <strong>della</strong> Visitazione<br />
in San Vito e dovendosi per questo necessariamente far delle spese così<br />
resta convenuto ed accordato che tutte le spese sì di vestiario che di dote doverano<br />
farsi da noi fratelli per giusta metà, chiamandosi tenuti sborsare con pontualità<br />
ogni anno la porzione che potrà toccarli per qualunque spesa da farsi a contemplazione<br />
di questa intenzione pia” 24 .<br />
Dopo un ulteriore richiamo, nel punto seguente, alle cause in corso che vedranno<br />
i fratelli impegnati o a dividere le spese o i proventi a seconda delle sentenze<br />
che saranno pronunciate, troviamo al punto XVII che “dovendosi dalla nostra<br />
facoltà corispondere ogni anno al reverendo don Pietro 25 in contadi lire trecento<br />
queste deveranno esser pagate con l’affitto che si esige del Ronco di Mossa, e le<br />
(20) La contessa Antonia di Polcenigo, morta a San Giorgio di Nogaro il 5 febbraio 1753 all’età di circa<br />
67 anni e sepolta nella cripta di <strong>famiglia</strong>.<br />
(21) Eleonora <strong>Novelli</strong>, nata a Castions di Strada il 28 febbraio 1716 e morta a Gorizia il 16 luglio 1793.<br />
Andò in sposa al conte Ferdinando di Strassoldo e scrisse componimenti poetici d’occasione con il<br />
nome arcadico di Ardilia Taumanzia.<br />
(22) Punti di transazione, punto XIV.<br />
(23) Lucrezia <strong>Novelli</strong> va individuata con precisione. Infatti dal conte Stefano ed Antonia nacquero tre<br />
figlie con questo nome: Lucrezia Anastasia (1712-1714), Lucrezia Andriana (1717-?) e Lucrezia<br />
Amalia (1720-?). Si può affermare con sufficiente sicurezza che la Lucrezia citata sia quest’ultima,<br />
poiché il primo nome di battesimo impostole lascia pochi dubbi sulla morte prematura <strong>della</strong> bambina<br />
che porta lo stesso nome nata tre anni <strong>prima</strong>.<br />
(24) Punti di transazione, punto XV.<br />
(25) Punti di transizione, punto XVII. Di don Pietro <strong>Novelli</strong> dobbiamo ricercare qualche notizia. Ecco<br />
l’occasione per precisarne meglio la figura <strong>parte</strong>ndo dalla morte, registrata con cura il 9 novembre<br />
1765: “Reverendus Dominus Petrus <strong>Novelli</strong> nato Matuiti, aetatis suae 73 annorum, repentino<br />
apoplexiae morbo correptus, absque sacramentis in Domino obiit et eius cadaver depositum fuit<br />
in monumento Domini Comitis Baldi Antonii de <strong>Novelli</strong>.” (APSG, Libro A Morti). Il sacerdote ha<br />
goduto quindi del privilegio di poter essere tumulato nella cripta sepolcrale <strong>della</strong> <strong>famiglia</strong> <strong>Novelli</strong> e<br />
tale dato ci dà la certezza che il don Pietro citato nel documento dei fratelli <strong>Novelli</strong> sia lui. Dovrebbe<br />
essere nato intorno all’anno 1692, stando all’età di morte, ma dove sia nato e quale parentela abbia<br />
con i conti <strong>Novelli</strong> non siamo ancora in grado di definirlo. Infatti nessun discendente dei <strong>Novelli</strong><br />
nobilitati porta il nome Pietro e il soprannome Matuiti non ci aiuta minimamente ad identificarlo<br />
meglio.<br />
144
lire cento e otto che si pagano<br />
ogni anno al reverendo<br />
padre Pio Olzer26 doveranno<br />
esser sborsate dal conte Domenico,<br />
restando a peso del<br />
conte Baldo l’altre lire cento<br />
e otto che si corispondono<br />
ogni anno alla sorella Angela<br />
Maria Dimessa27 .<br />
Con l’esame del punto<br />
XVII dell’accordo termina<br />
il documento esaminato,<br />
il quale in chiusura porta<br />
le firme autografe dei conti<br />
Domenico e Baldo <strong>Novelli</strong><br />
autenticate con i rispettivi<br />
sigilli in ceralacca che mostrano<br />
lo stemma nobiliare<br />
che già conosciamo28 .<br />
Sicuramente si percepisce<br />
la volontà dei fratelli<br />
Domenico e Baldo di mettere<br />
un po’ d’ordine nella facoltà<br />
a loro pervenuta con<br />
la morte del padre, ma è innegabile<br />
che emerge una si-<br />
Croce astile (fine XVII-XVIII secolo).<br />
tuazione di affanno economico<br />
per quanto riguarda la<br />
disponibilità di danaro in contante; il ricorso al Monte di Pietà, dove risultano<br />
impegnate gioie ed argenterie di <strong>famiglia</strong>, è rivelatore di questa mancanza di liquidi.<br />
Pesano sull’eredità parecchie passività pregresse e spesso si fa riferimento<br />
(26) Non abbiamo notizie di padre Pio Olzer. Nell’Archivio parrocchiale di San Giorgio di Nogaro non<br />
compare mai il suo nome nei libri canonici. Forse era sacerdote a Castions di Strada, ma sicuramente<br />
non operava nella parrocchia, poiché né tra i parroci né tra i cappellani risulta il suo nome. (Cfr. C.<br />
Costantini, op. cit.). Possiamo anche supporre fosse dimorante presso il conte Domenico in qualità<br />
di cappellano privato oppure fosse sacerdote presso la chiesa di San Domenico del Casino presso<br />
Maranutto; sicuramente vanno precisati i contorni di questa figura.<br />
(27) Non troviamo una sorella dei conti Domenico e Baldo con questo nome, ma è probabile che nel<br />
documento in esame sia ricordata con il nuovo nome assunto al momento <strong>della</strong> vestizione dell’abito<br />
religioso delle Dimesse. Quindi dovrebbe trattarsi di Maria Anna, nata a Castions di Strada il 13<br />
settembre 1711, poiché Vittoria Angelica, nata il 2 marzo1707, andò sposa al nobile signor Orazio<br />
Fini di Capodostria il 9 febbraio 1728, Dorotea Lucrezia morì di pochi giorni il 21 gennaio 1708 e<br />
Lucrezia Anastasia si spense a due anni il 2 aprile 1714.<br />
(28) C. Conti, Note storiche sulla <strong>famiglia</strong> <strong>Novelli</strong>, Annuario ad <strong>Undecimum</strong> 1989, p. 100.<br />
145
a pendenze giudiziarie non ancora risolte, che potrebbero riservare un esito sfavorevole<br />
per i fratelli <strong>Novelli</strong>. Il patrimonio fondiario tuttavia appare consistente,<br />
ma molti capitali livellari risultano passivi. Colpisce la totale assenza di riferimenti<br />
ai beni marittimi che pur erano <strong>parte</strong> significativa nella divisione dei beni<br />
del conte Domenico degli anni 1693-1694. È probabile che i proventi ricavati<br />
dai traffici marittimi si siano col tempo ridimensionati a favore di investimenti<br />
in beni immobili. Tale prassi era assai diffusa nella nobiltà del tempo, la quale<br />
preferiva rinunciare a profitti maggiori, ma più rischiosi, in ambito commerciale<br />
orientandosi su profitti agricoli più modesti ma meno rischiosi. Il conte Domenico<br />
(1638-1703), fondatore <strong>della</strong> fortuna dei <strong>Novelli</strong>, già evidenzia un comportamento<br />
di questo tipo con l’acquisto, nel 1695, del Paluduzzo Pizzoni che richiede<br />
l’esborso di circa 6000 ducati, cifra superiore all’intero valore dei beni marittimi<br />
censiti nello stresso periodo, che ammonta a 5000 ducati circa 29 .<br />
Dei due fratelli, solamente il conte Domenico si congiungerà a nozze: il 15 ottobre<br />
1749, a Castions di Strada sposerà Giacoma Corba; un matrimonio modesto<br />
se già antecedentemente troviamo questa preoccupante notizia del 22 marzo 1748:<br />
“Comparve avanti Sua Signoria [Luogotenente di Udine] il signor Antonio Vuello<br />
facendo a nome del nobile signor conte Domenico Maria baron <strong>Novelli</strong> e riverente<br />
espose esser detto conte aggravato di molti debiti e pesi in lui maggior <strong>parte</strong><br />
pervenuti dal quondam nobile signor conte Stefano suo padre, né avendo ora il<br />
modo per le ristrettezze de’ tempi presenti di poter liberarsi delli disturbi e molestie<br />
che per li medesimi risente coll’effettivo contante, fece però riverente instanza<br />
d’esser ammesso a rassegnare tutti li suoi beni a benefizio de’ di lui creditori...<br />
” 30 ; la situazione quindi è grave poiché i creditori premono e il conte Domenico<br />
si trova costretto ad onorare i debiti ereditati con i propri beni. Nel frattempo<br />
rimane da maritare la sorella Eleonora, la quale non ha scelto di vestire abiti<br />
monacali e dovrà essere dotata di congrua dote; il suo matrimonio con il conte<br />
Ferdinando di Strassoldo sarà celebrato a Romans d’Isonzo il 12 giugno 1755<br />
dal padre Simone Antonio de Simon e l‘atto matrimoniale risulta trascritto nel libro<br />
canonico <strong>della</strong> parrocchia di San Giorgio di Nogaro con il consueto accompagnamento<br />
di titoli illustri i quali, evidentemente, a dispetto <strong>della</strong> critica situazione<br />
finanziaria, ci testimoniano il loro forte e ancora spendibile valore sociale.<br />
Per quanto concerne la dote, ne troviamo notizia in una nuova Convenzione stipulata<br />
dai fratelli Domenico e Baldo il 28 ottobre 1758 a Fanna 31 con la mediazione<br />
del nobile signor Andrea Dandolo e del conte Elia di Polcenigo e Fanna. Si<br />
riconfermano sostanzialmente gli accordi precedenti del 1745, salvo che in questo<br />
nuovo documento entrano nelle divisioni anche i boschi che fino ad ora erano<br />
indivisi. Dei congiunti viene menzionata solamente la sorella Eleonora: la con-<br />
(29) C. Conti, Per una storia <strong>della</strong> <strong>famiglia</strong> <strong>Novelli</strong>, Annuario ad <strong>Undecimum</strong> 1997/98, p. 81.<br />
(30) Conti <strong>Novelli</strong> al laudo, p. 35.<br />
(31) Convenzione tra li Nobili Signori Conti Domenico e Baldo fratelli <strong>Novelli</strong> fatta in Fanna con la<br />
mediazione del Nobil Homo Andrea Dandolo et il Nobile Signor Conte Ellia di Polcenigo e Fanna<br />
del dì 28 ottobre 1758. Si tratta di tre pagine manoscritte firmate in calce dai conti <strong>Novelli</strong>.<br />
146
tessa madre è morta, delle sorelle monache, di don Pietro <strong>Novelli</strong> ancora vivente<br />
e di padre Pio Olzer non si fa parola. I fratelli “rilevando... il desiderio di sua<br />
Eccellenza la Signora Generala (!) 32 di loro sorella contessa Eleonora fu moglie<br />
di sua Eccellenza il Signor General conte Ferdinando Strassoldo, di vedere assegnata<br />
l’essigenza, tanto dall’uno quanto dall’altro de signori conti di essa fratelli,<br />
che per metà devono per conto di prò annualmente contribuirle in summa di fiorini<br />
300, per l’assegnazione di fiorini 6000 di sua dote, convengono e promettono<br />
di puntualmente servire l’assegno in Stato austriaco... ”.<br />
Nel frattempo dal matrimonio di Domenico con Giacoma Corba 33 nacquero dei<br />
figli, i quali garantirono la discendenza <strong>della</strong> <strong>famiglia</strong> <strong>Novelli</strong>, visto che il conte<br />
Baldo non si sposò. Le notizie su alcuni di essi sono veramente frammentarie: di<br />
Carlo Emanuele Filippo (1750-?) e di Giuseppe Maria (1753-?) perdiamo subito<br />
le tracce probabilmente per la loro precoce dipartita; per Carlo Emanuele (1752-<br />
1828), Stefano (1760-1762) e Maria Antonia (1762-1830) possediamo notizie in<br />
alcuni casi assai dettagliate; sono essi gli ultimi discendenti <strong>della</strong> nobile <strong>famiglia</strong><br />
sangiorgina e seguendo le loro vicende, di Carlo e Antonia in particolare, vediamo<br />
il tramonto, un po’ malinconico, <strong>della</strong> casata.<br />
Naturalmente dal 1745, anno <strong>della</strong> <strong>prima</strong> Convenzione tra fratelli, al 1762, anno<br />
<strong>della</strong> morte del conte Domenico, continuano le vendite da <strong>parte</strong> di quest’ultimo,<br />
vendite che vanno ad interessare<br />
anche beni vincolati a fedecommesso;<br />
questo è un punto cruciale nelle traversie<br />
<strong>della</strong> facoltà <strong>Novelli</strong>, poiché proprio<br />
su questo concetto giuridico sarà basata<br />
una sentenza assai dibattuta del tribunale<br />
a favore del conte Carlo, ultimo discendente<br />
<strong>della</strong> <strong>famiglia</strong>. Ma su questo rifletteremo<br />
più avanti.<br />
Torniamo al conte Domenico Maria che,<br />
colto da un grave male, muore a Muzzana<br />
il 28 aprile 1762 all’età di 53 anni; la<br />
sua salma sarà depositata nella cripta di<br />
Stemma <strong>della</strong> <strong>famiglia</strong> conti de <strong>Novelli</strong>.<br />
<strong>famiglia</strong> all’interno <strong>della</strong> chiesa parrocchiale<br />
di San Giorgio di Nogaro 34 . Con<br />
l’aggravarsi del male il conte Domenico<br />
pensò bene di dettare un testamento il 25 aprile 1762, a Muzzana terra veneta,<br />
nella sua camera, alla presenza, tra gli altri, del notaio Leonardo Macorutti, del<br />
(32) Il titolo di Generala dato alla contessa Eleonora viene dal fatto che il marito Ferdinando di Strassoldo<br />
(1699-1756) sia ricordato come Locumtenens Marescialis. (APSG, Libro A Matrimoni).<br />
(33) La <strong>famiglia</strong> Corba è testimoniata a Castions di Strada già nel 1596; erano fabbroferrai provenienti<br />
da Tarcento. Il loro soprannome, nel 1855 era armarul e possedevano banco proprio in chiesa. (Cfr.<br />
C. Costantini, op. cit., pp. 77, 121, 124).<br />
(34) C. Conti, Per una storia <strong>della</strong> <strong>famiglia</strong> <strong>Novelli</strong>, in Annuario ad <strong>Undecimum</strong> 1997-1998, p. 98.<br />
147
padre Simone Antonio de Simon vicario in San Georgio, del medico phisico in<br />
Marano dottor Antonio Romani.<br />
È un testamento molto semplice, che si articola in quattro punti fondamentali,<br />
ma non privo di pathos visto il dramma familiare che si sta consumando: “Primo<br />
raccomanda l’anima sua all’Onnipotente Iddio, alla Santissima Vergine Maria,<br />
all’Angelo suo Custode e a tutta la Corte celestiale, ordinando che piacendo<br />
a Iddio di levarlo da questa all’altra miglior vita, il suo cadavere sia trasportato a<br />
San Georgio nella solita Arca de suoi Autori con quella proprietà che sarà giudicata<br />
dall’istesso suo Procuratore, rimettendosi alla di lui amorevolezza riguardo<br />
ancora al suffraggio dell’anima sua con li Santi Sacrificii.<br />
2° Instituisce di tutta la sua facoltà eredi universali li suoi discendenti maschi,<br />
cioè Carlo, Steffano 35 , e così quando che nascerà verso li ultimi del venturo luglio<br />
essendo per anco maschio 36 , ripportandosi al nome d’imporsi a quello che<br />
parerà al detto Procuratore.<br />
3° Con la maggior poi premura dell’animo suo, prega il nobile conte Baldo<br />
Antonio di lui dilettissimo ed amorosissimo fratello a voler assumer l’impegno<br />
di Curatore ed esercitarlo con quella istessa autorità che compete alla di lui persona,<br />
con usare quella attenzione che l’amor suo li detterà riguardando li poveri<br />
di lui discendenti con viscere d’amoroso zio, si come egli sicuramente si persuade<br />
e crede sarà per farlo, tanto disse e raccomanda.<br />
4° Raccomanda ad esso conte Curatore che per atto di carità versi qualche soventione<br />
vita durante tanto a mistro Gio:Batta Barrò quanto a Maddalena serva<br />
in Casa e ciò in riguardo alla continuata assistenza prestatali d’ambedue alli di<br />
lui interessi.” 37<br />
Abbiamo trascritto i punti fondamentali del testamento che, come anticipato,<br />
risulta essenziale. Emerge la grande preoccupazione per l’avvenire dei figli che si<br />
ritrovano senza la guida paterna ancora in giovanissima età. Non si fa parola <strong>della</strong><br />
moglie Giacoma Corba, che pure è prossima al parto; non figura neppure tra i<br />
presenti alla dettatura del testamento. Se vogliamo fare una ipotesi plausibile, possiamo<br />
supporre che si trovasse a Venezia o a Gorizia; infatti, un destino assai crudo<br />
si accanisce sulla <strong>famiglia</strong> del fu conte Domenico, poiché il figlioletto Stefano<br />
muore pochi mesi dopo il padre, il 25 dicembre 1762. L’atto di morte, conservato<br />
nell’Archivio parrocchiale di San Giorgio di Nogaro 38 , ci ricorda che Stefano<br />
era nato a Venezia due anni <strong>prima</strong> circa, muore a Gorizia ed è sepolto nella cripta<br />
di <strong>famiglia</strong> a San Giorgio di Nogaro. Scorrendo il testo a stampa Conti <strong>Novelli</strong><br />
al laudo, troviamo una notizia molto interessante, ma non del tutto sorprendente:<br />
c’è un riferimento preciso e chiaro che ci attesta che il conte Domenico Maria<br />
(35) Il riferimento è a Carlo Emanuele (1752-1828) e Stefano (1760-1762).<br />
(36) Nascerà invece Maria Antonia (1762-1830) che assicurerà, ex sorore, visto che la linea maschile si<br />
estinguerà nel conte Carlo, la discendenza <strong>Novelli</strong> attraverso il matrimonio con Carlo Massimiliano<br />
von Andrian-Werburg.<br />
(37) ASU, notaio Leonardo Macorutti di Muzzana.<br />
(38) C. Conti, op. cit., p. 98.<br />
148
<strong>Novelli</strong> possedeva una casa a Venezia, ai Santissimi Apostoli in calle <strong>della</strong> Madonna<br />
e che <strong>della</strong> mobilia domestica fu fatto un inventario il 4 maggio 1762, dopo<br />
la morte del conte. Tale inventario non è riportato, ma rimane preziosa l’ubicazione<br />
<strong>della</strong> casa; ho definito non del tutto sorprendente la notizia, visto che il<br />
conte Domenico Maria concentrava tutte le sue proprietà nel territorio <strong>della</strong> Serenissima<br />
e, nel lontano 1703, il suo avo Domenico era morto a Venezia dove intratteneva<br />
non pochi affari. Probabilmente esisteva da tempo una casa abitata dai<br />
<strong>Novelli</strong> nella città lagunare ed è sicuramente in questa casa che il piccolo Stefano<br />
nacque nel 1760. Il fatto poi che Stefano muoia a Gorizia fa pensare che Giacoma<br />
Corba, rimasta vedova, dimorasse con il conte Baldo Antonio suo cognato<br />
che, non dimentichiamo, diviene curatore degli interessi dei giovani nipoti Carlo<br />
Emanuele e Stefano, e risiedeva ancora a Gorizia al momento <strong>della</strong> morte ovvero<br />
il 2 marzo 1768 39 . Sappiamo che la Casa dominicale di Muzzana e folladore annesso,<br />
dimora nella quale il conte Domenico Maria aveva fatto eseguire migliorie<br />
dopo aver lasciato la dimora padronale di Castions di Strada, ritornerà in un<br />
importante contratto di locazione stipulato dal conte Carlo nel 1802.<br />
Torniamo ora alle vicende che seguono la morte del conte Domenico Maria.<br />
Il 4 maggio 1762 il signor Agostino Tassini, incaricato da conte Baldo <strong>Novelli</strong>,<br />
si presenta di fronte al Vicario camerale per l’interesse e nome delli figli pupilli<br />
del quondam nobile signor conte Domenico baron <strong>Novelli</strong> e riverente espose<br />
poter essere soggetta la facoltà del medesimo lasciata a esecuzioni e distrazioni<br />
per <strong>parte</strong> de creditori in danno e pregiudizio delle ragioni a detti figli pupilli<br />
competenti, fece perciò istanza che siano ammessi li stessi ad accettar l’eredità<br />
paterna del predetto quondam signor conte Domenico baron <strong>Novelli</strong> 40 . L’istanza<br />
venne accettata e quindi i figli minori Carlo Emanuele e Stefano sono ammessi<br />
ad accedere all’eredità. Viene altresì ricordato, fatto importante, che “il quondam<br />
conte Stefano padre di esso conte Baldo ed avo de suddetti pupilli,<br />
con suo testamento 1° giugno 1743, pubblicato li 7 detto in Villa austriaca<br />
di San Giorgio istituì suoi universali eredi li suoi due figli Domenico e Baldo,<br />
con espressa sostituzione fideicommissaria in infinitum di tutti li discendenti<br />
da medesimi… Mancato in vita il prefatto conte Domenico è venuto<br />
il caso per forma del precitato testamento di succedere per metà al benefizio del<br />
fideicomisso ut supra ordinato nelli figli pupilli d’esso quondam conte Domenico<br />
e però per <strong>parte</strong> de medesimi fa riverente istanza che resti sentenziata a Legge<br />
la surriferita fideicomissaria disposizione e dichiarito per li casi occorsi di poter<br />
apprender e conseguire li beni ad essi come sopra aspettanti” 41 . In conseguenza<br />
dei vincoli di fedecommesso detto signor Tassini fa riverente istanza perché a<br />
fronte di cadaun creditore e pretendente interesse sia dalla Giustizia dichiarato a<br />
tenor de seguenti capi:<br />
(39) Conti <strong>Novelli</strong> al laudo, p. 127.<br />
(40) Id., p. 51.<br />
(41) Conti <strong>Novelli</strong> al laudo, p. 54.<br />
149
1° Con la conferma delle sentenze a Legge 28 cadente sarà deciso esser venuto<br />
il caso in detti pupilli di conseguire il benefizio delle suddette fideicommissarie<br />
disposizioni.<br />
2° A tal effetto sarà comandata la formazione separata e distinta degli<br />
Assi <strong>della</strong> facoltà possessa tempore mortis (il corsivo è mio) dalli surriferiti<br />
quondam conte Domenico proavo e conte Stefano avo di essi pupilli con la scorta<br />
degli acquisti, rottoli e lumi necessari.<br />
3° Sarà dichiarito che li beni identifici fideicomissi che si trovano esistenti nell’Inventario<br />
<strong>della</strong> facoltà ora subordinata abbiano ad essere separati ed assegnati<br />
al nome d’essi pupilli (il corsivo è mio) con riserva poi di conseguire il restante<br />
contro li detentori… protestando e presentando le disposizioni e sentenze a Legge<br />
del tenor ecc.” 42 .<br />
Queste lunghe citazioni sono giustificate dal fatto che ci aiutano a mettere a<br />
Particolare del pavimento <strong>della</strong> cripta de <strong>Novelli</strong>.<br />
fuoco la strategia difensiva messa in atto dal conte Baldo, al fine di salvaguardare<br />
per quanto possibile il patrimonio dei nipoti. Il 7 agosto 1762 i Giudici <strong>della</strong><br />
Corte di Procuartor emettono la sentenza sulle istanze presentate: Audida la richiesta<br />
del signor Baldo Antonio conte de <strong>Novelli</strong> come Curator Testamentario<br />
delli signori conti Carlo e Stefano figli pupilli del quondam conte Domenico Ma-<br />
(42) Id., pp. 56-57.<br />
150
ia <strong>Novelli</strong> …visti li suddetti Testamenti 43 in copia autentica come in quelli, vista<br />
anco la citazione fatta per questa mattina nella persona dell Eccellentissimo<br />
Domenico Santi Avvocato Fiscale degl Illustrissimi Signori<br />
Procuratori di San Marco …quale rispose fiat jus… invocato il nome di Dio …<br />
pronunziando hanno a legge sentenziato li suddetti Testamenti in tutto e per tutto<br />
come stanno e come di sopra è stato addimandato e ricercato. Dando al suddetto<br />
Curator esponente per detti pupilli beneficiati per la loro contingente porzione<br />
dal Testamento del quondam conte Domenico 1703, 23 dicembre ad intrometter,<br />
apprender e conseguir da cadauno detentor e possesor li beni e benefizii<br />
ad essi per detto Testamento spettanti in cadaun loco posti ed esistenti ed in loro<br />
respettivamente ritener e conservar li beni e benefizii tutti per la loro contingente<br />
porzione alli stessi in vigor di detto Testamento spettanti ed ap<strong>parte</strong>nenti<br />
in tutto e per tutto...” 44 .<br />
A questo punto dobbiamo fare una digressione sull’istituto giuridico del fedecommesso<br />
per comprendere con chiarezza quanto sta accadendo. Il fedecommesso<br />
è una figura giuridica del Diritto successorio, diffusa soprattutto nei secoli<br />
XVII e XVIII, secondo cui un complesso patrimoniale, reso inalienabile, viene<br />
trasmesso secondo un ordine di successione predefinito al fine di evitare uno<br />
smembramento del patrimonio attraverso la divisione ereditaria. Con l’istituzione<br />
di un fedecommesso, una <strong>parte</strong> del patrimonio veniva esclusa dalla successione<br />
ed era assegnata ad un membro <strong>della</strong> generazione successiva, spesso il primogenito.<br />
In conformità al documento di fondazione del fedecommesso il beneficiario<br />
era obbligato a trasmettere indiviso il bene ad uno dei suoi eredi; pur possedendo<br />
su di esso il diritto di godimento, senza il consenso delle autorità non poteva<br />
né venderlo, né barattarlo, né ipotecarlo. Queste disposizioni, ampiamente<br />
limitative, avevano l’obiettivo di garantire la trasmissione di un patrimonio, di generazione<br />
in generazione, nella sua interezza. Tale istituto giuridico comparve, in<br />
primo luogo, in Italia e Spagna, per poi diffondersi nel resto d’Europa. Nei confronti<br />
di altre entrate e investimenti, i fedecommessi, che spesso comprendevano<br />
proprietà immobiliari, sembravano offrire una migliore protezione dall’inflazione.<br />
Se il fedecommesso comprendeva la casa di <strong>famiglia</strong>, il suo valore non era<br />
unicamente materiale, ma anche sociale in quanto espressione di un certo rango<br />
e di uno stile di vita nobile. Esso è considerato una componente essenziale <strong>della</strong><br />
società aristocratica di ancien régime. In particolare, nell’Italia preunitaria, in<br />
principio il fedecommesso veniva istituito sui beni mobili, come censi e crediti,<br />
e sulle case, in particolare sul palazzo di <strong>famiglia</strong> che era espressione dell’identità<br />
e <strong>della</strong> continuità familiare; in un secondo momento tale istituto giuridico si<br />
estese a tutti i beni <strong>della</strong> <strong>famiglia</strong>. Come conseguenza di ciò si ebbe la precisa e<br />
pignola definizione dei passaggi successori che, comunque, vedevano escluse le<br />
(43) Si fa riferimento a tutti i testamenti fatti nei seguenti anni: 1703 (conte Domenico), 1717 (conte<br />
Francesco), 1743 (conte Stefano), 1762 (conte Domenico Maria); viene così tracciato l’asse fedecommesso<br />
dal momento <strong>della</strong> sua istituzione.<br />
(44) Conti <strong>Novelli</strong> al laudo, pp. 58-59.<br />
151
donne. Gli eredi non erano che usufruttuari di una serie di beni che dovevano trasmettere<br />
integri ai propri successori. Naturalmente questa rigidità poteva mettere<br />
in difficoltà gli eredi, i quali spesso dovevano ricorrere all’autorità per ottenere<br />
deroghe, ma nel secolo XVIII la legislazione in materia tendeva ad irrigidirsi.<br />
Ciò testimonia che nell’opinione comune il fedecommesso era percepito come<br />
una garanzia del senso di identità, anche culturale, di una <strong>famiglia</strong> e una tutela<br />
dei beni che gli erano necessari a mantenere un ruolo consono al suo rango. Con<br />
il diffondersi <strong>della</strong> cultura illuministica e del dispotismo illuminato il fedecommesso<br />
fu oggetto di attacchi sempre più serrati al fine di limitarne l’uso. Il clima<br />
rivoluzionario in Francia lo vietò nel 1792, mentre in Italia venne abolito durante<br />
il periodo napoleonico. La Restaurazione che seguì dopo la caduta di Napoleone<br />
tentò, com’era ovvio, di reintrodurre quest’istituto giuridico tipico dell’ancien régime,<br />
ma con scarso successo.<br />
Con questa puntualizzazione siamo in grado di cogliere pienamente sia la grande<br />
preoccupazione che nel 1703 il conte Domenico mostrava istituendo un fedecommesso,<br />
sia la valenza non solo economica, ma anche culturale e sociale dell’operazione<br />
attuata dal conte Baldo in favore dei nipoti Carlo e Stefano. La sentenza<br />
pronunciata il 7 agosto 1762 a favore dei conti <strong>Novelli</strong> dimostra che la giurisprudenza<br />
del tempo, anche nella Serenissima, favoriva e teneva in gran pregio<br />
tale istituto giuridico, garanzia di stabilità sociale. In pratica il Tribunale ha riconosciuto<br />
la validità <strong>della</strong> tesi che tutto ciò che era compreso nel fedecommesso<br />
istituito nel lontano 1703 non poteva essere in alcun modo alienato dai successori;<br />
ora saranno reintegrati nella facoltà vincolata a fedecommesso.<br />
La seconda importante decisione, presa dal conte Baldo, a favore dei nipoti<br />
la troviamo in un atto notarile del 6 settembre 1762 redatto a Udine, strumento<br />
con il quale “avendo scoperto anco col mezzo degli atti in questo Foro incoati<br />
essere dannosa all’interesse di essi pupilli la eredità di detto quondam Domenico<br />
Maria loro padre, ha volontariamente ripudiato e repudia l’eredità stessa accettata<br />
per avanti con il benefizio di Legge ed Inventario, non intendendo detti pupilli<br />
di conseguir alcun benefizio, né malefizio dall’eredità stessa…” 45 ; il 15 ottobre,<br />
sempre a Udine, il signor Daniele Billia a ciò delegato dal conte Baldo, presentò<br />
gli Inventari di detta eredità assieme con la nota delle spese ed esborsi fatti<br />
da detto conte Baldo Antonio per li quali si risserva le competenti istanze per<br />
il dovuto rimborso. 46<br />
A completare il fosco quadro economico contribuisce una testimonianza giurata<br />
scritta del Parroco di Muzzana, datata 15 febbraio 1763, nella quale troviamo<br />
che il conte Carlo <strong>Novelli</strong> “… si ritrova in istato si può dire veramente povero<br />
e miserabile, mentre dal di lui genitore sono stati alienati tutti gli effetti liberi,<br />
venduti e ipotecati nella maggior sua <strong>parte</strong> anco li beni fideicommissari da di<br />
lui autori come è notorio; per il che essendo degno di soccorso e commiserazio-<br />
(45) Conti <strong>Novelli</strong> al laudo, p. 60.<br />
(46) Id., p. 61.<br />
152
ne è stato accolto dal signor conte Baldo Antonio suo zio che gli somministra gli<br />
alimenti et educazione assieme con una sorella bambina cha fa allevare a Venezia”<br />
47 . Indubbiamente la descrizione vuole porre l’attenzione sulle condizioni di<br />
forte disagio materiale in cui è costretto a vivere un giovane aristocratico vittima<br />
di dissesti finanziari causati in precedenza, che stridono con il ruolo pubblico che<br />
gli impone l’ap<strong>parte</strong>nenza al ceto nobiliare. Si può notare che non si fa più cenno<br />
al fratellino Stefano, deceduto due mesi <strong>prima</strong>, mentre troviamo notizia <strong>della</strong> sorella<br />
Maria Antonia, infante, che vive a Venezia, probabilmente nella casa di cui<br />
abbiamo dato alcuni cenni in precedenza.<br />
Il 7 giugno 1763 viene depositato presso l’Ufficio pretorio di Udine l’Atto di ripudio<br />
dell’eredità e l’inventario giurato <strong>della</strong> stessa, ma nel contempo viene depositata<br />
la Sentenza a Legge ottenuta il dì 7 agosto 1762 al Magistrato Eccellentissimo<br />
di Procurator in Venezia, affine di averne <strong>della</strong> medesima il benefizio a favore<br />
del signor conte Carlo figlio pupillo a cui per la morte posteriormente seguita<br />
del signor conte Stefano s’aspettano li benefizii tutti provenienti da Testamenti<br />
a Legge sentenziati 48 . Nel frattempo il Luogotenente di Udine Niccolò Contarini,<br />
accolta l’istanza presentata dal curatore del conte Carlo, concede “sia admesso<br />
ad esporre in giudizio universale l’eredità medesima aggravata da molti debiti,<br />
affine in concorso de creditori venga distribuita come sarà di ragione” 49 . Dunque<br />
l’eredità ripudiata del conte Domenico Maria viene usata per soddisfare i creditori,<br />
ma parallelamente prosegue il percorso dell’istanza fondata sulla sentenza a favore<br />
del fedecommesso; il conte Baldo il 1° settembre 1764 ottiene dal Luogotenente<br />
Giovanni Cornaro che venga decretato e sentenziato a Legge a favore del conte<br />
Carlo pupillo essere venuto il caso di succedere, stante detta morte (del fratellino<br />
Stefano), “nell’intiera metà de Fideicommessi ordinati dal quondam nobile signor<br />
conte Domenico <strong>Novelli</strong> nel suo ultimo testamento 1703, 23 dicembre” 50 .<br />
(continua)<br />
(47) Id., p. 62.<br />
(48) Id., p. 63.<br />
(49) Id., p. 64.<br />
(50) Id., p. 66.<br />
Conti Curzio<br />
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