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Completamento storia del Calcio - Università degli Studi di Pavia

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Poi ancora, nel libro VIII (496-512) descrive con particolari un altro gioco con la palla (l’urania)<br />

molto gra<strong>di</strong>to al re Alcinoo:<br />

...<br />

Ma <strong>di</strong> Laodamante e d'Alio soli,<br />

ché gareggiar con loro altri non osa,<br />

ad Alcinoo mirar la danza piacque.<br />

Nelle man tosto la leggiadra palla<br />

si recaro, che ad essi avea l'industre<br />

Polibo fatta, e colorata in rosso.<br />

L'un la palla gittava in vêr le fosche<br />

nubi, curvato in<strong>di</strong>etro; e l'altro, un salto<br />

spiccando, riceveala, ed al compagno<br />

la rispingea senza fatica o sforzo,<br />

pria che <strong>di</strong> nuovo il suol col piè toccasse.<br />

Gittata in alto la vermiglia palla,<br />

la nutrice <strong>di</strong> molti amica terra<br />

co' dotti pie<strong>di</strong> cominciaro a battere,<br />

a far volte e rivolte alterne e rapide,<br />

mentre lor s'applaudìa dagli altri giovani<br />

nel circo, e acute al ciel grida s'alzavano.<br />

...<br />

Feninda<br />

Nella feninda (gettar lungi) si utilizzava una piccola palla, il gioco consisteva nel fingere <strong>di</strong> mandare<br />

la palla da una parte mentre invece la si mandava dall’altra cercando d’ingannare l’avversario.<br />

Antifane, comme<strong>di</strong>ografo greco <strong>del</strong> IV secolo a.c.. in una sua opera descrive così la feninda:<br />

…Prese la palla ridendo e la scagliò ad uno dei suoi<br />

compagni. Riuscì ad evitare uno dei suoi avversari e ne<br />

mandò a gambe all'aria un altro. Rialzò in pie<strong>di</strong> uno dei<br />

suoi amici, mentre da tutte le parti echeggiavano<br />

altissime grida “E' fuori gioco!”, “E' Troppo lunga!”, “E'<br />

troppo bassa!”, “E' troppo alta!”, “ E' troppo corta!”<br />

“Passala in<strong>di</strong>etro nella mischia!”…<br />

Aporraxis<br />

Il gioco era praticato soprattutto dai fanciulli e consisteva nel far<br />

rimbalzare la palla al suolo, toccandola con la mano ad ogni rimbalzo il<br />

maggior numero <strong>di</strong> volte possibile. Risultava vincitore chi riusciva a far fare<br />

più salti alla palla. Il perdente era “l’asino” e doveva sottoporsi ad una<br />

penitenza, mentre chi vinceva era “il re”. Il gioco è ricordato nel <strong>di</strong>alogo<br />

de<strong>di</strong>cato alla matematica “Teeteto” <strong>di</strong> Platone; appassionati giocatori<br />

furono Sofocle, Dionisio ed Alessandro Magno.

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