recensioni - CCIAA di Varese

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emerge l'influsso avuto dal teatro nella crescita culturale della cittaÁ: il teatro come aÁmbito di rappresentazioni musicali, e in seguito anche di prosa, ma altresõÁ fattore di aggregazione sociale ed elemento vivace di promozione umana. Attraverso un ampio mosaico di temi illustranti la vita del `Sociale' emerge la valenza di un'istituzione ``in grado di allestire spettacoli non solo di qualitaÁ ma legati alle migliori novitaÁ della piazza'', quando si pensi alla rappresentazione di opere di eminenti musicisti quali Donizetti, Rossini, Bellini, Verdi. Tra i molteplici aspetti toccati dall'autore eÁ interessante il riferimento alla ``Cronaca Prealpina'' come giornale `culturale' che dal 1889, grazie al suo direttore Giovanni Bagaini, appassionato intenditore d'opera, ebbe a riservare alla lirica servi- zi ampi e dettagliati, redatti da critici particolarmente competenti in materia. In tale contesto merita un accenno la pungente `digressione' del Belli, laÁ dove viene sottolineato la non infrequente, odierna situazione che vede, nel campo della comunicazione, il ruolo del critico artistico ricoperto da individui impreparati e incompetenti che svolgono tale incombenza assai spesso in un contesto di rapporti comportamentali prettamente clientelari. Un capitolo del volume eÁ inoltre dedicato all'attivitaÁ del teatro riguardante concerti, accademie e prosa, nel quale, tra l'altro, una sottolineatura eÁ riservata al grande tenore Francesco Tamagno. Egli aveva eletto Varese a localitaÁ di soggiorno estivo e pur non avendo mai cantato un'intera opera al `Sociale', si esibõÁ tuttavia in due 3/2003 84 LOMBARDIA NORD-OVEST concerti (nel 1889 e nel 1903) organizzati per finalitaÁ benefiche nei quali riscosse successi memorabili. E Á infine da rilevare l'abbondante qualificata `bibliografia essenziale' citata nel volume, prezioso supporto per l'approfondimento dei vari argomenti trattati. L'impostazione del libro, in cui il Teatro Sociale viene considerato, piuÁ che sotto la prospettiva storica, dal punto di vista della sua collocazione nel contesto sociale e della penetrante influenza esercitata sulla vita cittadina del tempo, rende la `fatica' di Bruno Belli particolarmente interessante e culturalmente stimolante per le riflessioni propositive che essa puoÁ sollecitare, anche ai giorni nostri, nei riguardi della cittaÁ di Varese. Angelo Monti
P oco piuÁ di trent'anni fa, al Palazzo della Permanente di Milano, si inaugurava la prima grande mostra del Liberty italiano, dove una squadra agguerrita di studiosi, capitanati da Rossana Bossaglia, aveva carreggiato tante, ma proprio tante testimonianze del Modernismo. Con un certo stupore il pubblico di allora si accorse che erano anche belle, dopo che per tanto tempo le aveva relegate in soffitta o coperte dall'indifferenza, se non dal disprezzo. L'indomita Bossaglia eÁ ancora a capo di una mostra, sempre a Milano, ma allo spazio Oberdan, che, organizzata dalla Provincia e dall'Unione del Commercio, fa ora il punto della situazione degli studi e delle ricerche nel frattempo compiute. Si limita questa volta alla produzione realizzata a Milano, cittaÁ che, d'altra parte, fu con Palermo e Torino centro propulsore del nuovo stile. V'eÁ anche, per la veritaÁ, qualche documento inerente Monza, che peroÁ non sembra particolarmente qualificata come cittaÁ liberty. In occasione di questa rassegna, elegante e rigorosa nelle scelte e ben impaginata, eÁ stato pubblicato un agile catalogo che rivisita anche, a mo' di guida, tutta la Milano liberty. Innanzitutto in architettura, partendo dal palazzo di Ermenegildo Castiglioni, in corso Venezia 47, giunto ormai ai suoi primi cento anni di vita e diventato, a dispetto delle non lievi traver- sie subite, soprattutto negli ambienti interni, l'edificio simbolo del Liberty italiano, per passare agli allora nuovi quartieri oltre il centro storico, dove la presenza dello stile s'impresse come un marchio inconfondibile. In essi l'attivitaÁ di architetti come Giulio Ulisse Arata, Alfredo Campanini, Gaetano Moretti e Ulisse Stacchini, per dire di quelli che a noi sembrano i piuÁ interessanti, fu intensa e qualificante, riuscendo a ``costituire ± come giustamente scrive la Bossaglia ± una sorta di repertorio sulla varietaÁ di soluzioni espressive con cui [poteÂ] manifestarsi il nuovo stile''. Nella guida eÁ ben raccomandata, e documentata a cura di Valerio Terraroli, la visita al Cimitero Monumentale, luogo scelto dalla borghesia cittadina per lasciare una traccia imperitura del suo acquisito prestigio sociale, economico e anche culturale, quest'ultimo espresso nelle scelte dei soggetti da far rappresentare in scultura, scelte non sempre conformiste e accettate da tutti. Fu il caso della edicola Branca con il volo di un'anima troppo nuda al cielo, un gruppo statuario di Ernesto Bazzaro, rimosso poco dopo la sua installazione percheÂ ritenuto `sconveniente' dalle autoritaÁ religiose, solo con qualche protesta da parte di intellettuali e di mazziniani, e prontamente sostituito con una piuÁ ortodossa PietaÁ di Michele Vedani, che avvolse gli angeli attorno alla croce in fluttuanti e pudichi veli. Al Monumentale, di sicuro LOMBARDIA NORD-OVEST 85 3/2003 Il Liberty a Milano catalogo della mostra a cura di Rossana Bossaglia e Valerio Terraroli Milano, Skira, 2003, pagine 80 meglio che in altri celebrati cimiteri italiani, si puoÁ ammirare un campionario tra i piuÁ vari e pregevoli della scultura simbolista e floreale, con il vertice assoluto della cappella che Arturo Toscanini volle far erigere a ricordo del figlioletto Giorgio. Spetta a Leonardo Bistolfi, artista tra i piuÁ affascinanti e ispirati del periodo, che nel candore del marmo di Carrara intaglioÁ sinuose figure in puro gusto secessionista destinate a evocare la breve esistenza del piccolo Giorgio e il dolore struggente per la sua perdita fra coloro che restavano. La schedatura, attenta, di tutto quanto eÁ stato convogliato alla mostra nello Spazio Oberdan spetta a Silvia Colombari. Sono bronzetti d'arredo, anche di gusto orientalista, e marmi algidi e inquietanti di Adolfo
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