Best sellers e notai - Provincia di Padova
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BEST SELLERS E NOTAI<br />
mento segnato Comune, Procuratori del Comune, b. 5, reg. 53<br />
(1302) delle notazioni che, ad un’analisi più approfon<strong>di</strong>ta, sono<br />
risultate essere il primo verso <strong>di</strong> cinque coblas della Canzone II <strong>di</strong><br />
Rigaut de Berbezilh (Aysi com l’alifanç, con l’attribuzione Ricar<strong>di</strong><br />
de Brebesili), accanto ai primi due versi della XVII <strong>di</strong> Arnaut Daniel<br />
(Se·m fos amors de ioi donar tant larça) e della XXIV <strong>di</strong> Peirol (Cora<br />
que·m feses dolor). Giova qui rilevare che mai sino ad ora versi<br />
trobadorici erano riemersi dal gurgite vasto dell’Archivio; si erano,<br />
è vero, rilevate vicinanze fra alcuni versi volgari italiani e citazioni<br />
provenzali, ma mai si era raggiunta l’evidenza che i <strong>notai</strong><br />
possedessero esemplari trobadorici 31 . L’evidenza, <strong>di</strong>cevo, è palmare<br />
anche per gli scettici e per gli ultimi settatori dell’ipotesi della<br />
riproduzione mnemonica: non solo il testo <strong>di</strong> Rigaut gli è attribuito<br />
con precisione, ma l’incipit <strong>di</strong> Arnaut è preceduto dalla notazione<br />
cobla proençals, mentre quello <strong>di</strong> Peirol reca la <strong>di</strong>dascalia<br />
Cantio provincialis que sic incipit; il che fa pensare, soprattutto la<br />
seconda nota (cobla proençals, con tanto <strong>di</strong> -s nominativale), ad<br />
un vero e proprio exemplar. Ma sull’argomento e sulla collocazione<br />
stemmatica dei testi si tornerà in sede più opportuna.<br />
I poeti nei Documenti<br />
Oltre a Dante, <strong>di</strong> cui si è detto, si registra la tenzone siciliana<br />
tra il Notaro (XVII: Feruto sono isvarïatamente) e l’Abate <strong>di</strong> Tivoli<br />
(XVIII: Qual hom riprende altru’ ispessamente), i sonetti <strong>di</strong> Cino<br />
(XIV) Sta nel piacer della mia donna Amore e (XVI) Io mi sono<br />
tucto dato a trager oro; quin<strong>di</strong>, il commiato della canzone cavalcantiana<br />
Donna me prega (XV), tutti <strong>di</strong> mano d’un <strong>notai</strong>o <strong>di</strong> Monteca-<br />
31 D’altra parte, che la cultura d’oltralpe si fosse stabilmente inse<strong>di</strong>ata nella<br />
Bologna dei secoli XIII e XIV ci è confermato da alcune briciole <strong>di</strong> lingua oitanica<br />
sparse fra i registri dei Memoriali del primo decennio del sec. XIV. Anche i documenti<br />
d’ufficio ce ne parlano: lo statuto del 1288 vieta ai cantores francigenorum <strong>di</strong><br />
esibirsi nei pressi del palazzo comunale. Un’altra preziosa testimonianza inventariale,<br />
il cui reperimento si deve ancora una volta ad Armando Antonelli, reperta, tra i<br />
beni oggetto <strong>di</strong> una successione (Mem. 78, 1290, c. 206r; 31 ottobre) <strong>di</strong> un tal Simone<br />
speciale, anche due libri, rispettivamente d(omini) Lançalocti e un non meglio precisato<br />
librum de Ronçisvagli. Un processo del 1307 ci informa, al<strong>di</strong>là dell’argomento<br />
proprio, anche del fatto che un cantastorie, Zoparinus, eseguiva le storie <strong>di</strong> Guglielmo<br />
d’Orange (se ne veda la bibliografia in A. ANTONELLI e R. PEDRINI, La famiglia e<br />
la torre dei Garisen<strong>di</strong> al tempo <strong>di</strong> Dante, in La torre Garisenda, Bologna 2000, pp.<br />
23-89, a p. 79 e n. 118).<br />
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