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Catalogo della mostra Virus Vitreum - Giuliano Giuman

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La storia del vetro è antica/trasversale/trasparente.<br />

La sua scoperta misteriosa.<br />

Antica. Secondo una leggenda fenicia, tramandata da Plinio, alcuni mercanti, tornando dall’Egitto<br />

con un grosso carico di carbonato di soda, si fermarono una sera sulle rive del fiume<br />

Belo per riposare. Non avendo a disposizione pietre su cui collocare gli utensili per la preparazione<br />

delle vivande, presero alcuni blocchi di salnitro e vi accesero sotto il fuoco che continuò<br />

a bruciare per tutta la notte. Al mattino i mercanti videro con stupore che al posto <strong>della</strong> sabbia<br />

del fiume e del carbonato di soda vi era una nuova materia lucente e trasparente.<br />

Da lì alla diffusione il passo è breve. I navigatori Fenici portarono gli oggetti e le tecniche<br />

del vetro nel bacino del Mediterraneo.<br />

Trasversale. Tutte le società si sono cimentate con il vetro. Noi pensiamo a Venezia come<br />

alla patria <strong>della</strong> lavorazione, ma pochi sanno che, nel medioevo, altre regioni italiane<br />

rivaleggiavano nella produzione di manufatti.<br />

La città di Altare, in provincia di Savona, era la nemica giurata <strong>della</strong> Serenissima. Il commercio<br />

con Genova, per procurare bicchieri, pinte, vetri rotondi per finestre era già vivace<br />

nella seconda metà del Duecento e si intensificò quando i padri del Comune dovettero<br />

ricorrere ai vetrai di Altare per i vetri del Faro, le cui commesse erano precedentemente<br />

affidate ai vetrai di Masone. Dal Trecento, la manifattura si espanse ben oltre l’Italia.<br />

Prima con le industrie “portatives”, come quella di Monte Lecco (altro importante sito<br />

industriale cui individuato grazie al nome localmente ancora vivo cian di veeja = piano<br />

<strong>della</strong> vetreria) e poi con i trasporti marittimi verso la Siria, la Catalogna, la Provenza per<br />

acquistare la soda, nelle regioni costiere italiane, nel Levante e in Spagna per trasportare<br />

i prodotti finiti: anfore pisane, bicchieri, amole, boccali, ampolle da chiesa.<br />

Quando la crisi investì il Mediterraneo e l’inflazione si abbatté sulle classi lavoratrici e sui<br />

mercanti, i vetrai si trovarono senza risorse e costretti ad emigrare verso i paesi del Nord<br />

Europa. E lì cominciò la fortuna italiana. A Nevers, a Liegi, a Orléans, ad Anversa entrarono<br />

come dipendenti nelle vetrerie locali, ma costruirono, a loro volta, una rete di manifatture<br />

di tale eccellenza da venire insigniti degli stessi titoli nobiliari che il Re di Francia<br />

concedeva, all’epoca, ai vetrai francesi di particolare prestigio. I vetrai di Altare accesero<br />

i loro fuochi a Maastricht, ad Amsterdam, a Colonia.<br />

Trasparente. La lezione antica è arrivata fino a noi e al centro Italia ed è stata raccolta da<br />

<strong>Giuliano</strong> <strong>Giuman</strong>. In lui la plasticità del vetro viene sperimentata fino ai limiti <strong>della</strong> materia.<br />

Il vetro usato per installazioni o come elemento d’arredo rappresenta il punto d’incontro<br />

con l’altra sua grande passione: la musica. Le strutture create sono come le architetture<br />

di una fuga di Bach, complesse all’interno e apparentemente intuitive; come un’aria<br />

mozartiana, leggera e trasparente nel susseguirsi degli abbellimenti, mai virtuosi. Lasciano<br />

intravedere il gioco di improvvisazione di chi padroneggia la sua arte come in una Jam<br />

session di Jazz.<br />

Con <strong>Giuman</strong>, insomma, il vetro riprende la via del passato (in un percorso che vede opere<br />

in Lombardia, in Umbria, in Liguria e in Sicilia, ma soprattutto nelle basiliche del centro<br />

Italia) ma contemporaneamente strizza un occhio al futuro.<br />

5<br />

Umberto Broccoli<br />

Sovrintendente<br />

Capitolino

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