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VISTE<br />

ARTA ntis.<strong>info</strong><br />

12<br />

Enrico Mitrovich<br />

Galleria Ghelfi Vicenza<br />

Il giardino segreto<br />

di Giovanna Grossato<br />

La preziosa piccola mostra (poco più di una ventina di dipinti<br />

a olio) recentemente conclusasi alla Galleria Ghelfi di Vicenza<br />

dal romantico titolo “Il giardino segreto” è stata un’occasione<br />

per dimostrare di nuovo l’intelligente, sensibile cultura<br />

pittorica di Enrico Mitrovich. Artista veneto (Vicenza 1962) dotato<br />

fine e poetica ironia, egli si serve per esprimere la sua<br />

visione del mondo, oltre al tradizionale cromatico olio su tela,<br />

di titoli sustanziali, che contengono <strong>info</strong>rmazioni scientifiche<br />

ed oggettive con valore traslato. Parte integrante dell’opera,<br />

le sommesse citazioni per nulla saccenti o didascaliche,<br />

sono tratte dalla realtà contemporanea, mediate da una<br />

riflessione leggera e profonda insieme e vanno a costituire<br />

la struttura fondativa di questa serie di dipinti. Nel catalogo<br />

che accompagna la mostra e che include un testo di Francesco<br />

Mezzalira, “Elogio del giardino”, Mitrovich stesso rivela<br />

il significato metaforico del “The secret garden”, mutuato dal<br />

romanzo di Frances H.Burnett: se si sostituiscono alle varietà<br />

arboree i quadri, una galleria o una collezione d’arte può trasformarsi<br />

in un giardino di cui un bravo gallerista, un curatore<br />

o un collezionista diviene giardiniere. Egli, scegliendo con<br />

cura le piante, riuscirà sia a valorizzarne le singole qualità in<br />

un contesto non originario (lo studio dell’artista), sia ad armonizzarne<br />

la presenza come insieme. Anche questa capacità<br />

di Mitrovich nel cogliere “affinità elettiva fra due discipline diverse,<br />

la botanica e la pittura” è un’attitudine di chi sa guardare<br />

prima ancora che rappresentare. Comune ai bambini,<br />

ai poeti e agli artisti, l’istinto di lasciarsi condurre dalla curiosità<br />

e dall’immagamento è una caratteristica del fare e del pensare<br />

di Mitrovich: un po’ scienziato e un po’ visionario, consapevole<br />

che - come scrisse il grande architetto Louis Khan-<br />

“Il senso della meraviglia è così importante per noi perché<br />

precede la conoscenza. Precede la cultura.” Oltretutto con<br />

la sua opera Mitrovich entra, senza l’aria di volerci entrare,<br />

anche nel vivo di un dibattito molto presente oggi a livello<br />

globale, relativo alle responsabilità etiche di figure (galleristi,<br />

curatori, collezionisti, istituzioni, mecenati, mercanti e, ovviamente,<br />

artisti) che, a diverso titolo, si muovono sulle opere<br />

d’arte. Del tutto congrui, dunque, i titoli che l’artista assegna<br />

ai propri dipinti: dettagliati e circostanziati, essi non coinvolgono<br />

solamente i soggetti naturalistici, che hanno tuttavia<br />

da parte di Mitrovich un’attenzione particolare, ma anche gli<br />

atteggiamenti umani. O, per meglio dire, i diversi aspetti della<br />

natura umana e animale, fortemente interlacciati tra loro, si<br />

offrono all’osservazione artistico-scientifica di Mitrovich. Così<br />

è per gli uccelli - cardellini, pettirossi e lucherini - variamente<br />

impegnati in importanti attività come il Gruppo di cardellini<br />

che visita l’Erbario Sabbati (olio su tela, cm 217x145); oppure<br />

protagonisti, assieme agli uomini, di veri e propri narrazioni<br />

Surf<br />

Una delle tante possibili accezioni del verbo to surf<br />

olio su tela, cm 34x44<br />

Un lucherino visita il giardino segreto di Demetra<br />

Demetra è la dea delle piante. Nel suo giardino segreto protegge e coltiva<br />

piante che la paleobotanica ritiene estinta da 400 milioni di anni<br />

olio su tela, cm 35x46<br />

epiche come in All Blacks Haka against a European Robin.<br />

Anche rinoceronti, zebre, pulcini, pesci o bulldog hanno un<br />

importante ruolo in questa stramba ma acutissima “comedie<br />

humaine” e, naturalmente, a maggior ragione, la stessa razza<br />

umana, come in Visita al Louvre. Ritratto virile in restauro. Malgrado<br />

l’impostazione surreale dei temi, Enrico Mitrovich risulta<br />

un grande interprete della modernità e fa ciò che un artista<br />

deve: parlare, dipingendo, di cose del suo tempo. Le sue<br />

opere intrise di un acuto zeitgeist si pongono come immagine<br />

pittorica intensamente vissuta: l’olio su tela, secondo la più<br />

classica tradizione, interpreta i miti moderni con un linguaggio<br />

perfettamente coerente e dice la sua opinione, affilata, difforme<br />

ma non forzata, priva di ovvietà e, a volte, sottilmente<br />

coinvolta e sofferente. Con un lessico scabro ma di grande di<br />

tenuta espressiva ed estetica, privo di ammiccamenti, anche<br />

quando sembra averne: nel tenero pettirosso in equilibrio su<br />

un soffione. Anche qui si tratta di una piccola analisi sul mondo:<br />

Surf è il titolo dell’olio su tela, cm 44x34. Sottotitolo: “Una<br />

delle tante possibili accezioni del verbo to surf”.<br />

Galleria Ghelfi<br />

Contra’ Pescherie Vecchie, 29 - 36100 Vicenza<br />

www.galleriaghelfi.com<br />

Nell’ambito della sezione “Attori, artisti, poeti al MANN”<br />

della XVII edizione degli “Incontri di Archeologia”, al Museo<br />

Archeologico di Napoli è stata allestita la mostra<br />

fotografica “LITERNUM” del fotografo napoletano Aniello<br />

Barone, organizzata dal Servizio Educativo della Soprintendenza<br />

Speciale per i Beni Archeologici di Napoli<br />

e Pompei di intesa con la Provincia di Napoli, territorialmente<br />

competente per l’area del Foro dell’antica città<br />

romana, e curata da Antonello Scotti. Il luogo dal quale<br />

nasce e prende il titolo questo lavoro è Liternum, sito<br />

Aniello BARONE<br />

Attori, artisti, poeti al MANN<br />

XVII Ed. Incontri di Archeologia<br />

di Pasquale Lettieri<br />

archeologico presso Lago Patria, frazione del comune<br />

di Giugliano in Campania, nella provincia di Napoli, dal<br />

2009 Parco Archeologico. Qui Barone ha “ritratto” l’unica<br />

colonna che svetta sui restanti reperti. Archeologia romana<br />

o industriale, tempio di preghiera o tempio di lavoro,<br />

casa di dei o di fatiche, eternità o tempo? Queste sono<br />

alcune delle domande che ci si pone osservando questo<br />

trittico. Il lavoro è allestito in modo da essere “scoperto”,<br />

rendendo le tre immagini, per come sono state “accomodate”<br />

nello spazio, reperti per lo sguardo. Le tre grandi<br />

foto sono infatti, al centro della sala, rivolte verso la parete<br />

di fondo, e lo spazio utile per guardarle è ridotto al<br />

minimo. Lo spazio diventa elemento dialogante con le<br />

immagini e con chi, guardandole, le pensa. L’ambiente,<br />

cantiere entropico, trasforma il movimento costitutivo<br />

delle tre immagini in orizzonte metastorico. Si forma, così,<br />

un metodo assiomatico per riconoscersi in quanto operai<br />

di traduzione, scopritori. Colonna o ciminiera, reperto o<br />

rudere? Forse, totem residuale della fabbrica della storia.<br />

Aniello Barone, stimato tra più bravi fotografi italiani,<br />

è nato e vive a Napoli. Compiuti gli studi di sociologia,<br />

ha cominciato a dedicarsi alla sua ricerca antropologica<br />

sulle realtà urbane e suburbane dell’area metropolitana,<br />

con uno sguardo speciale agli sviluppi e ai processi evolutivi<br />

dell’immigrazione e delle periferie. Ha esposto i suoi<br />

lavori in varie e prestigiose sedi estere e insegna Sociologia<br />

della Fotografia all’Accademia di Belle Arti di Napoli.<br />

La Napoli di Aniello Barone è la personale visione di un<br />

territorio geograficamente marginale, dei suoi non-luoghi<br />

sempre al centro di progetti di trasformazione e riqualificazione.<br />

Lontano dall’idea di considerare la sua città in<br />

preda a un’emergenza permanente, Barone è in controtendenza<br />

nella ricerca costante della vita che pulsa in un<br />

universo urbano dove è sempre possibile scovare segnali<br />

di un’umanità di passaggio. L’interesse per le subculture,<br />

l’ambiente e la marginalità sociale che da sempre caratterizza<br />

la sua ricerca, si associa a un’esplorazione della<br />

propria terra, condotta attraverso suggestioni improvvise,<br />

accostamenti anche imprevisti, in cui è sempre rintracciabile<br />

un segnale del vivere collettivo comune a tutte le<br />

grandi metropoli del nostro pianeta.<br />

ARTA ntis.<strong>info</strong> PHOTO<br />

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