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Eugenio Montale «Giunge a volte, repente» T14 ON LINE

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PARTE TREDICESIMA Il fascismo, la guerra e la ricostruzione: dall’Ermetismo al Neorealismo<br />

CAPITOLO VI <strong>Eugenio</strong> <strong>Montale</strong><br />

<strong>T14</strong> <strong>ON</strong> <strong>LINE</strong><br />

[Ossi di seppia]<br />

da E. <strong>Montale</strong>, L’opera in versi,<br />

a cura di R. Bettarini e<br />

G. Contini, Einaudi, Torino<br />

1980.<br />

<strong>Eugenio</strong> <strong>Montale</strong><br />

<strong>«Giunge</strong> a <strong>volte</strong>, <strong>repente»</strong><br />

metrica Vari metri, con prevalenza di endecasillabi e di settenari.<br />

Numerose le rime in posizione libera e anche al<br />

mezzo.<br />

1-7 A <strong>volte</strong> arriva (giunge), improvvisamente (repente),<br />

un’ora [: un momento] in cui (che) il tuo [: del mare]<br />

cuore disumano ci spaventa (ci spaura) e si separa<br />

(si divide) dal nostro. In quei momenti (allora) la tua<br />

musica non va più d’accordo (sconcorda) con la mia,<br />

e ogni tuo movimento (moto) è [per me] nemico. [Mi]<br />

ripiego su me stesso (in me), privo (vuoto) di forze,<br />

la tua voce appare (pare) senza armonia (sorda). È<br />

qui rappresentato il nascere della consapevolezza di<br />

una distanza e di una diversità tra il mare e la persona<br />

del poeta. Si spezza l’armonia del rapporto indifferenziato<br />

tra soggetto individuale e tutto; alla identificazione<br />

*panica segue di colpo il timore per l’aspetto<br />

minaccioso del mare, dal quale ci si stacca e<br />

rispetto al quale ci si vorrebbe distinguere: disumano<br />

vuol dire non umano, perciò, ma anche crudele,<br />

privo di pietà.<br />

8-15 Guardo attentamente (m’affisso; m’ = mi; quasi ‘mi<br />

concentro a fissare’) il pietrisco [: l’insieme di piccole<br />

pietre] che scende (digrada) verso te [: il mare] fino<br />

allo scoscendimento (ripa) ripido (acclive: ant. e letter.)<br />

che sta sopra di te (ti sovrasta), franoso, giallo,<br />

Questo testo è il quinto movimento dei nove che costituiscono il poemetto unitario Mediterraneo, scritto<br />

nel 1924. Mediterraneo occupa da solo la terza sezione del libro Ossi di seppia. Mentre nei primi quattro<br />

movimenti del poemetto il soggetto lirico rimpiange il momento dell’adesione *panica al mare (cioè<br />

alla natura e alla felicità che essa comunica), a partire dal quinto si assiste alla definizione della sua autonomia<br />

e diversità: da qui il tema della opposizione al mare, vissuta come quella rivolta al padre da parte<br />

di un figlio. La scelta della terra contro il mare-padre assume in questo testo un particolare valore etico,<br />

comunicato dalle immagini della pianta che resiste al mare e della margherita.<br />

Giunge a <strong>volte</strong>, repente,<br />

un’ora che il tuo cuore disumano<br />

ci spaura e dal nostro si divide.<br />

Dalla mia la tua musica sconcorda,<br />

5 allora, ed è nemico ogni tuo moto.<br />

In me ripiego, vuoto<br />

di forze, la tua voce pare sorda.<br />

M’affisso nel pietrisco<br />

che verso te digrada<br />

10 fino alla ripa acclive che ti sovrasta,<br />

franosa, gialla, solcata<br />

da strosce d’acqua piovana.<br />

Mia vita è questo secco pendio,<br />

mezzo non fine, strada aperta a sbocchi<br />

15 di rigagnoli, lento franamento.<br />

È dessa, ancora, questa pianta<br />

che nasce dalla devastazione<br />

e in faccia ha i colpi del mare ed è sospesa<br />

fra erratiche forze di venti.<br />

20 Questo pezzo di suolo non erbato<br />

s’è spaccato perché nascesse una margherita.<br />

In lei tìtubo al mare che mi offende,<br />

manca ancora il silenzio nella mia vita.<br />

scavato (solcata) da pozze (strosce) di acqua piovana.<br />

La mia vita è [simile a] questa arida discesa<br />

(pendìo), mezzo non fine, strada esposta (aperta) allo<br />

sfociare (a sbocchi) di scoli d’acqua (rigagnoli),<br />

lento franare (franamento). Per la corretta comprensione<br />

di questa descrizione si consideri che la costa<br />

marina è divisa in due parti: la ripa, uno scoscendimento<br />

ripido nel mare, attraversato da scoli d’acqua<br />

e franoso; il pietrisco, una vera e propria frana di sassi<br />

e terra posta a monte della ripa. In fondo c’è il mare,<br />

verso il quale tutto scende inesorabilmente per essere<br />

divorato. L’attenzione del poeta non si concentra<br />

sugli aspetti armoniosi e positivi del paesaggio marino,<br />

ma piuttosto sugli elementi di squallore e di instabilità.<br />

La caratteristica franosa delle coste (con riferimento<br />

realistico al paesaggio costiero a picco della Liguria)<br />

diviene qui e in molti altri testi degli Ossi di seppia<br />

la condizione nella quale il soggetto si riconosce<br />

e si identifica. La precarietà minacciata delle coste destinate<br />

a essere divorate a poco a poco dal mare incarna<br />

infatti opportunamente la fragile identità del<br />

poeta, che si vorrebbe distinguere dall’indifferenziato<br />

rappresentato dal mare e resistere alla sua aggressione.<br />

Per questa ragione il poeta si identifica qui nella<br />

costa che frana e non, come una lunga (e anche recente)<br />

tradizione letteraria avrebbe voluto, nel mare:<br />

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese LETTERATURA STORIA IMMAGINARIO [G. B. PALUMBO EDITORE]<br />

1<br />

la distanza da quest’ultimo è appunto la premessa di<br />

questo libro. Si noti la forza *espressionistica di questi<br />

versi, affidata a verbi potenti (digrada, sovrasta) e<br />

soprattutto a un lessico intenso e raro (pietrisco, ripa,<br />

acclive, franosa, strosce, rigagnoli). Ripa: nel significato<br />

di ‘precipizio, ripido pendio’ è termine geografico<br />

di origine colta (dal lat.), usato in tale accezione<br />

(oltre che in quella di ‘riva’) anche da Dante. Mezzo<br />

non fine: luogo di attraversamento e non finalità<br />

dei movimenti, come invece è il mare che tutto accoglie;<br />

a dire che l’esistenza del soggetto stenta, come<br />

quella della costa franosa, a trovare in se stessa una<br />

identità e un significato.<br />

16-23 Essa (dessa; ant. e letter.) [: la mia vita] è anche (ancora)<br />

[come] questa pianta che nasce in mezzo alla<br />

(dalla) distruzione (devastazione) e riceve (ha) addosso<br />

(in faccia) i colpi del mare ed è in mezzo alle (sospesa<br />

fra) forze dei (di) venti che si aggirano (erratiche).<br />

Questo pezzo di terreno (suolo) senza erba (non<br />

erbato) si è spaccato perché nascesse una margherita.<br />

[Identificato] in lei sono esitante (tìtubo) [davanti]<br />

al mare che mi aggredisce (offende), nella mia vita<br />

manca ancora il silenzio. Alla identificazione nello scoscendimento<br />

franoso segue l’identificazione in una fragile<br />

margherita miracolosamente nata in una posizione<br />

minacciata e instabile.


PARTE TREDICESIMA Il fascismo, la guerra e la ricostruzione: dall’Ermetismo al Neorealismo<br />

CAPITOLO VI <strong>Eugenio</strong> <strong>Montale</strong><br />

<strong>T14</strong> <strong>ON</strong> <strong>LINE</strong><br />

<strong>Eugenio</strong> <strong>Montale</strong> ~ <strong>«Giunge</strong> a <strong>volte</strong>, <strong>repente»</strong><br />

Guardo la terra che scintilla,<br />

25 l’aria è tanto serena che s’oscura.<br />

E questa che in me cresce<br />

è forse la rancura<br />

che ogni figliuolo, mare, ha per il padre.<br />

24-28 Guardo la terra che brilla (scintilla), l’aria è a tal punto (tanto) serena che diventa scura (s’oscura; s’ = si). E questa [reazione] che in me si sviluppa<br />

(cresce) è forse il rancore (la rancura), [o] mare, che ogni figlio (figliuolo) ha per il padre. L’attenzione è ancora concentrata sul paesaggio,<br />

del quale viene offerta una rappresentazione espressionistica, esasperata soprattutto nella percezione della luce; la terra brilla sotto i raggi violenti<br />

del sole e l’aria sembra divenire scura a causa della trasparenza serena che concentra l’azzurro del cielo. A questo rapporto sofferto e tragico con la<br />

realtà si accompagna la coscienza (appena attenuata da un forse) del conflitto aperto con il mare, simile a quello di un figlio con il padre, determinato<br />

dal desiderio di definire una propria identità ben caratterizzata e originale. Rancura: è termine ant. (e dantesco) che propriamente significa ‘angoscia,<br />

dolore’; usato però qui da <strong>Montale</strong> (e, prima, da d’Annunzio) nel significato di ‘rancore’.<br />

guida alla lettura<br />

Il tema<br />

Il tema del poemetto Mediterraneo è quello del rapporto fra il poeta e il<br />

mare, simbolo di felicità panica ma anche sentito come equivalente della<br />

intera realtà, rispetto a cui il poeta deve definire la propria identità.<br />

Ma tale processo è difficile e ambivalente, in quanto il mare non mostra<br />

un carattere unico: da una parte, infatti, rappresenta un modello di armonia<br />

e di perfezione (degno perciò di essere imitato), ma dall’altra si configura<br />

come minaccia distruttiva, nemica di tutto ciò che si definisce in sua<br />

opposizione e dunque anche della terra. Quest’ultima è concepita come<br />

simbolo alternativo al mare, come luogo del sacrificio, della sofferenza,<br />

della difficile conquista dell’identità individuale. Si tratta di un’alternativa<br />

psicologica: è la maturità che segue all’infanzia, con il suo bisogno di<br />

Il motivo esistenziale e quello etico<br />

<strong>Montale</strong> sottolinea qui il limite della vita umana. Essa è priva di<br />

identità e di significato sicuro, è smottamento continuo, logoramento<br />

di ogni certezza, è priva di scopi certi, «mezzo non fine» (v.<br />

14). Tuttavia la consapevolezza di tale condizione non induce il<br />

poeta a un atteggiamento rassegnato o scettico: l’immagine della<br />

esercizi<br />

Analizzare e interpretare<br />

1<br />

Suddividi il testo indicando le parti narrative e quelle riflessive.<br />

2 Definisci l’opposizione poeta-mare e l’analogia poeta-terra,<br />

poeta-pianta.<br />

3 Caratterizza, attraverso le scelte lessicali, gli aspetti fisici del<br />

paesaggio terrestre. Quali suoni privilegia <strong>Montale</strong> e a qua-<br />

identità e di differenziazione dal mare-padre (cfr. v. 28). Si tratta anche<br />

di un’alternativa ideologica e filosofica: mentre il mare rappresenta la fiducia<br />

nel significato della realtà e quindi della propria esistenza all’interno<br />

di essa, la terra rinvia al senso di una scissione e di una solitudine priva<br />

di significato. Si tratta infine di un’alternativa di poetica fra l’«inno» e<br />

l’«elegia» (cfr. la Guida alla lettura di CD292), fra la celebrazione dionisiaca<br />

dell’essere e l’avvertimento doloroso della scissione da esso, fra il<br />

simbolismo panico di d’Annunzio – secondo il quale è nella fusione armoniosa<br />

con la natura (e con il mare che la rappresenta) che il poeta si<br />

realizza – e il bisogno invece di una poesia che sia espressione di un<br />

rapporto sociale e comunicazione di un messaggio etico.<br />

pianta (un’agave, probabilmente) che resiste all’attrazione del mare<br />

(al suo appello dionisiaco e panico) e quella del suolo che si<br />

spacca per far nascere una margherita (vv. 16-21) comunicano<br />

un messaggio etico, la coscienza della necessità del sacrificio per<br />

gli altri.<br />

le realtà esistenziale essi rimandano?<br />

Cogli gli elementi che identificano il mare con il padre e rifletti<br />

sul significato che assumono nel contesto la «rancura»<br />

e la separazione del figlio.<br />

Confronta questo testo con Corno inglese (T13 on line) e<br />

metti in rilievo il diverso rapporto tra il poeta e la natura.<br />

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese LETTERATURA STORIA IMMAGINARIO [G. B. PALUMBO EDITORE]<br />

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