Breve storia dei test riflessi. - ELAS Italia
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Editoriale<br />
<strong>Breve</strong> <strong>storia</strong> <strong>dei</strong> <strong>test</strong> <strong>riflessi</strong>.<br />
Un vero incentivo all’appropriatezza e al risparmio, disatteso da gran parte delle istituzioni regionali<br />
Claudio Dotti<br />
Nelle pratiche mediche, la non appropriatezza della<br />
prestazione, cioè l’inadeguatezza dell’intervento, risale<br />
agli albori della medicina ed è sempre stata sciaguratamente<br />
in atto, mitigandosi soltanto a partire dal secolo <strong>dei</strong><br />
lumi, il Settecento, col faticoso prevalere della scienza<br />
sulla superstizione. Limitando qui il discorso alla pura diagnostica<br />
e stando ai tempi nostri, il settore che più risente<br />
della non appropriatezza della richiesta rispetto al quesito<br />
clinico è senza dubbio la diagnostica di laboratorio. Le<br />
ragioni sono molteplici. Innanzitutto la bassa invasività<br />
della procedura, consistente in genere nel prelievo ematico<br />
o una semplice raccolta di urina. Gioca poi un ruolo<br />
essenziale la disponibilità di aumentare a piacere il numero<br />
di esami sullo stesso campione: con lo stesso volume di<br />
siero si possono eseguire dieci <strong>test</strong> diversi così come trenta,<br />
disponibilità sempre più favorita dai formidabili progressi<br />
dell’automazione. Altro fattore favorente la non appropriatezza,<br />
bisogna dirlo, è la compiacenza del medico<br />
richiedente nei confronti del paziente. Difficile concedere<br />
una risonanza magnetica senza un sospetto clinico sostenibile;<br />
facilissimo invece elargire un bel check-up completo<br />
a chi non ha nessun sintomo. Bisogna poi considerare<br />
le convenienze <strong>dei</strong> laboratori privati accreditati, i quali non<br />
possono nutrire alcun interesse alla contrazione della<br />
domanda. E bisogna per di più tener conto della sorta di<br />
sufficienza con cui il clinico considera il referto di laboratorio:<br />
un presidio indispensabile, ma ancillare, di puro servizio<br />
al suo operato. A tutto questo si aggiungano gli interessi<br />
specifici delle aziende produttrici di strumentazioni e<br />
reagenti, pronte a favorire chi più consuma, non certo chi<br />
contrae la spesa. E per ultimo lo stesso laboratorio del servizio<br />
pubblico, il quale sa che la qualità è difficilmente stimabile<br />
dai capin<strong>test</strong>a della direzione generale, mentre lo è<br />
la quantità, e se quest’ultima cala, il primo cespite che ne<br />
scapita è il budget dell’anno successivo. L’insieme di questi<br />
fattori cronicizza da sempre l’inadeguatezza della<br />
domanda di esami di laboratorio, sicché il tema è sempiterno,<br />
non trova soluzione. Anzi, si aggrava. Ne sono<br />
prova alcuni dati della regione Emilia Romagna, una delle<br />
regioni di punta della sanità italiana. Nel decennio 2002 –<br />
2011, la popolazione è aumentata del 10%, da 4 a 4,4<br />
milioni di abitanti. Ebbene, nello stesso periodo la spesa<br />
per prestazioni di laboratorio è aumentata del 44%, passando<br />
da 155,2 milioni di Euro a 223,7. Questo non soltanto<br />
per l’inflazione maturata nel periodo, ma perché il<br />
numero di prestazioni è cresciuto del 30% (da 40,4 milioni<br />
a 52,6) passando cioè da una spesa per abitante di 38,8<br />
Euro a 50,8. E tutto questo di che cos’è stato conseguenza?<br />
È stato conseguenza del fatto che, a fronte di un<br />
aumento della popolazione del 10%, il numero di prestazioni<br />
di laboratorio per abitante e per anno è passato da 10<br />
nel 2002 a 12 nel 2011, il 20% in più, cioè il doppio dell’aumento<br />
della popolazione [ndr: conteggi non comprensivi<br />
della richiesta totale – attualmente stimabile attorno ai 18<br />
<strong>test</strong> annuali per abitante – ma relativi, per il periodo confrontato,<br />
agli stessi analiti]. Un divario stratosferico ascrivibile<br />
forse, in parte assolutamente minoritaria, a certune<br />
nuove analisi introdotte nel periodo, ma in parte decisamente<br />
preponderante ad un indebito aumento della non<br />
appropriatezza della domanda. Se nel 2002, di quelle analisi,<br />
ne bastavano 10 per abitante e per anno, perché ce ne<br />
son volute 12 nel 2011? Il perché è nell’insieme <strong>dei</strong> fattori<br />
di cui sopra.<br />
Da parte loro i laboratoristi (primi conoscitori di quanto<br />
sia inappropriata la domanda del loro lavoro) hanno predisposto<br />
un intero armamentario a difesa dell’adeguatezza<br />
delle prestazioni offerte dalla Biochimica Clinica applicata.<br />
Ne sono <strong>test</strong>imonianza i presidi approntati sulla base dell’evidenza:<br />
i Valori Predittivi Positivi, i Valori Predittivi<br />
Negativi, i Rapporti di Verosimiglianza, il nomogramma di<br />
Fagan e via discorrendo. Un armamentario posto a disposizione<br />
del medico per orientare le sue scelte, aiutarlo a<br />
richiedere l’analisi consona al sospetto clinico, fornirgli evidenze<br />
di buona pratica. Ma l’apporto, al di là di sporadici<br />
riscontri sperimentali, cade sostanzialmente nel vuoto. Più<br />
facile, come si diceva, un bel check-up completo a chi non<br />
ha nessun sintomo. Ecco allora che compare sulla scena,<br />
del tutto recentemente, un’ipotesi mai presa in esame:<br />
imporre l’appropriatezza anziché limitarsi a caldeggiarla,<br />
renderla in un certo senso coatta. O almeno cominciare a<br />
farlo. Ed è il caso <strong>dei</strong> <strong>test</strong> <strong>riflessi</strong>.<br />
Si sa da tanto tempo che certi pannelli d’analisi hanno<br />
un capostipite, un elemento cioè la cui positività o meno<br />
può condizionare a cascata altre indagini, rendendole in<br />
tanti casi superflue (esempi classici i <strong>test</strong> allergologici o gli<br />
antibiogrammi). Si sa da tempo ma, sul piano operativo,<br />
non se ne è approfittato che in via sperimentale, sporadicamente,<br />
su base sostanzialmente volontaristica. Non ci<br />
sono mai stati cioè indirizzi istituzionali che abbiano in<br />
qualche modo sancito una sorta d’obbligatorietà (o quantomeno<br />
di convenienza) all’impiego <strong>dei</strong> sistemi <strong>riflessi</strong>.<br />
Questo sino a che l’evoluzione tecnologica non ha condotto<br />
ad uno straordinario affinamento della sensibilità minima<br />
di un <strong>test</strong> di larghissimo impiego, l’ormone tireotropo<br />
(TSH), rendendolo sufficiente, nella stragrande maggioranza<br />
<strong>dei</strong> casi, a determinare la funzionalità tiroidea e confinando<br />
quindi la determinazione degli ormoni tiroi<strong>dei</strong><br />
(quota libera della Tiroxina: fT4 e quota libera della<br />
Triiodotironina: fT3) ai casi in cui il capostipite TSH risulti<br />
al di fuori dell’intervallo di riferimento. Di tale opportunità<br />
applicativa i laboratoristi si sono resi conto da ben più di<br />
un decennio, e sono stati tanti i casi di accordi locali con i<br />
clinici per suffragare in termini statistici il nuovo approccio,<br />
ma ciò è avvenuto a macchia di leopardo, in questa o quella<br />
realtà sanitaria, su base appunto volontaristica e in<br />
genere con il vincolo di applicare il sistema del TSH<br />
LigandAssay 17 (1) 2012 7
Editoriale<br />
Riflesso prevalentemente ai pazienti ricoverati, perché per<br />
i pazienti ambulatoriali un ostacolo tutt’altro che da poco –<br />
anzi: l’unico ostacolo – è rappresentato dalle modalità di<br />
riscossione degli eventuali ticket aggiuntivi. Su questo<br />
punto non può altro che intervenire l’amministrazione centrale,<br />
deliberandone le modalità, le quali però non possono<br />
essere arbitrariamente assunte in ambito localistico<br />
dall’Azienda Sanitaria, vigendo il Sistema Sanitario a livello<br />
Regionale. Delle innegabili economie d’esercizio ottenibili<br />
impiegando il sistema TSH Riflesso si rese conto per<br />
prima la Regione Piemonte, la quale già nel 2008 autorizzò<br />
formalmente due ASL (TO4 e CN1) ad applicarlo sperimentalmente<br />
per i primi sei mesi del 2009 (poi prorogati a<br />
tutto l’anno). L’autorizzazione superava l’ostacolo <strong>dei</strong> ticket<br />
aggiuntivi consentendone la non riscossione a fronte<br />
<strong>dei</strong> risparmi previsti. Questi ultimi ovviamente ci furono,<br />
ma il riscontro, curiosamente, non condusse a una deliberazione<br />
definitiva in materia, e la normativa attuale prevede<br />
sì l’adozione del TSH Riflesso, ma lascia a posteriori la<br />
riscossione <strong>dei</strong> ticket aggiuntivi. Come non aver fatto<br />
nulla, perché l’ostacolo all’applicazione <strong>dei</strong> <strong>test</strong> <strong>riflessi</strong> non<br />
è certo tecnologico, ma amministrativo, dovendo superare,<br />
disciplinandola a priori, la riscossione degli eventuali<br />
ticket aggiuntivi.<br />
A questo punto della <strong>storia</strong> si inserisce un altro capitolo.<br />
Si sa ormai da anni, a proposito del famoso PSA<br />
(Antigene Prostatico Specifico), che il rapporto fra la sua<br />
quota libera (fPSA) e il PSA totale – rapporto per certa<br />
parte correlabile a una diagnostica differenziale fra iperplasia<br />
prostatica benigna e cancro prostatico – ha significato<br />
soltanto qualora il PSA totale sia compreso entro certi<br />
limiti (generalmente fra 2 e 10 ng/mL), essendo privo di<br />
significatività al di fuori di essi. Quindi un altro esempio di<br />
applicabilità del sistema riflesso, decretando che soltanto<br />
quando il capostipite PSA rientri in quei limiti abbia senso<br />
proseguire determinando la sua quota libera, consentendo<br />
di definire il rapporto di cui sopra. Capitolo estremamente<br />
interessante sul piano <strong>dei</strong> numeri, trattandosi notoriamente<br />
di analisi diffusissime. Anche in questo caso, così come<br />
per il TSH Riflesso, le sperimentazioni hanno avuto luogo<br />
presso tanti istituti, ma sempre su base volontaristica, non<br />
essendo risolto da parte degli assessorati regionali il solito<br />
nodo: come riscuotere il ticket <strong>dei</strong> fPSA aggiuntivi. Ecco<br />
però che allora l’accoppiata TSH Riflesso e PSA Riflesso,<br />
promettente com’è in termini di risparmio di spesa, comincia<br />
a far gola, e fa gola a una regione virtuosa sul piano<br />
delle politiche sanitarie: l’Emilia Romagna, la quale, profittando<br />
del proprio Gruppo di Lavoro sui LEA (Livelli<br />
Essenziali d’Assistenza), lo incarica di elaborare una specifica<br />
proposta. Detto fatto, e il 22 novembre del 2010 la<br />
Giunta emana la delibera 902 avente ad oggetto:<br />
“Inserimento nel nomenclatore tariffario regionale delle<br />
prestazioni specialistiche ambulatoriali delle prestazioni<br />
TSH-Reflex e PSA-Reflex”, con effetto a decorrere dal 1°<br />
marzo 2011. Il dispositivo centrale decreta semplicemente<br />
che il ticket delle due nuove analisi (TSH-R e PSA-R) è lievemente<br />
aumentato – circa il 20% – rispetto a TSH e PSA,<br />
ed è la carta vincente, perché risolve il problema amministrativo<br />
della riscossione <strong>dei</strong> ticket aggiuntivi pur lasciando<br />
ampio margine al risparmio globale. Di lì a breve si accoda<br />
un’altra regione virtuosa, la Lombardia, la quale il 28<br />
luglio 2011 emana la delibera 2057, ispirata ai medesimi<br />
presupposti di quella emiliana. Le due delibere differiscono<br />
su alcuni elementi:<br />
- Il ticket per TSH-R in Emilia Romagna è 10,00 Euro,<br />
mentre è 13,50 in Lombardia<br />
- Il ticket per PSA-R in Emilia Romagna è 13,00 Euro,<br />
mentre è 15,40 in Lombardia<br />
- I valori di riferimento del TSH – dai quali dipende l’algoritmo<br />
– sono definiti come min e max in Emilia<br />
Romagna (non vincolati cioè in delibera, ma lasciati<br />
alla discrezione del laboratorio), mentre sono definiti<br />
per delibera in Lombardia (0,45 – 3,5 μU/mL)<br />
- L’intervallo di PSA cui far discendere il <strong>test</strong> fPSA è<br />
invece citato in entrambe le delibere, pur con una lieve<br />
differenza: 2,5 – 10,0 ng/mL per Emilia Romagna e 2,0<br />
– 10,0 ng/mL per Lombardia<br />
- In entrambe le delibere (naturalmente) è eliminata dal<br />
tariffario la determinazione fPSA (eseguito automaticamente<br />
solo quando il PSA rientra nell’intervallo di cui<br />
sopra), ma mentre l’Emilia Romagna mantiene la possibilità<br />
di richiedere il solo PSA (con ticket ridotto)<br />
come ad esempio è il caso dopo prostatectomia, la<br />
Lombardia “sostituisce” la prestazione PSA (ticket a<br />
12,15 Euro) con la prestazione reflex (ticket a 15,40<br />
Euro), escludendo quindi la possibilità di richiesta del<br />
solo PSA.<br />
L’applicazione <strong>dei</strong> sistemi Riflessi per TSH e PSA è<br />
assai diffusa e, come s’è detto, risalgono ad almeno un<br />
decennio i primi dati <strong>test</strong>imonianti la convenienza economica<br />
e gestionale del loro impiego. Ma, allo stato, non<br />
risultano altre delibere regionali sul tema. In tempi di tagli<br />
alla spesa sanitaria (quantomeno ventilati), il riscontro è<br />
sorprendente. In Emilia Romagna, nel 2010, sono stati<br />
spesi 25,5 milioni di Euro per le diagnostiche di laboratorio<br />
della funzionalità tiroidea e del cancro prostatico. La<br />
delibera sui Reflex è entrata in funzione circa a metà 2011,<br />
e per le stesse diagnostiche, nell’anno, sono stati spesi<br />
22,7 milioni di Euro: una contrazione di quasi 3 milioni di<br />
Euro dovuta ai Reflex per sei mesi!<br />
Ma c’è un dato che la dice lunga, un dato che riguarda<br />
il “gradimento” <strong>dei</strong> sistemi <strong>riflessi</strong> da parte <strong>dei</strong> clinici prescrittori.<br />
A maggio 2011, a delibera appena introdotta in<br />
Emilia Romagna, la richiesta di TSH-R fu di 8.554 <strong>test</strong>; a<br />
novembre era 30.812… Un “gradimento” che si traduce in<br />
appropriatezza e insegna che quest’ultima, sul piano pratico,<br />
non si propugna (purtroppo) col nomogramma di<br />
Fagan, ma s’impone con l’aiuto delle istituzioni.<br />
Per corrispondenza:<br />
Dott. Claudio Dotti<br />
e.mail: dotticlaudio@alice.it<br />
8 LigandAssay 17 (1) 2012