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Consumi, Narrazioni e Identità Stefano Gnasso Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano Stefano.Gnasso@mediaset.it Si è detto più volte (Bauman 2001; Gnasso – Parenti 2004) che il consumo ha una valenza identitaria, ma oggi non è neanche più il consumo di un bene a dare un apporto alla nostra identità, di per se debolissima: lo scarto centrale sta nella capacità di reggere il ritmo del consumo. Questa si esplica soprattutto individualmente, proponendosi come “via appagante” di quella che soprattutto è una condizione di solitudine. La necessità di consumo, di conseguenza, può essere alla base di problemi politici e di governabilità della pace sociale. Inoltre, cosa più sorprendente e, a mio avviso, più interessante per capire l'attuale dinamica socio-economica, può essere un problema per il sistema di mercato (Ilardi 2004). Si può obiettare che lo stato di necessità legato al consumo possa essere reversibile. Obiezione corretta ma necessitante del fatto che si cambino i nostri sogni, ovvero che si vadano a modificare alcuni tratti costitutivi della nostra recente identità sociale. In tal senso è possibile allora mettere a fuoco un livello analitico ulteriore. Muovendosi su un piano estetico, infatti, diviene possibile inserirsi strategicamente (De Certeau trad. 2001) in quella dinamica oggi più direttamente coinvolta nei comportamenti individuali di consumo. Lavorando su un'estetica di durata e non sull'attuale estetica dell'effimero (Giaccardi 2004, Gnasso-Parenti 2004), si può iniziare a spostare l'individualismo dominante verso una dimensione personalistica, foriera di una maggiore apertura sociale e di un maggior senso di inclusione. Si può così cominciare a dare risposte anche su un piano esistenziale, affrontando il problema della crescente mancanza di orientamento, ed offrendo una cornice di senso al malessere interiore e allo smarrimento sociale. 15.15-16.30 Quarto Panel Obsolescenza e felicità, due categorie per l’analisi critica del consumo Roberta Sassatelli Università di Milano roberta.sassatelli@unimi.it Che i consumi abbiano valenza potestativa e politica è dato assodato; come, con quali limiti, e con quali esiti ciò avvenga è invece oggetto di continue riflessioni che necessariamente si appoggiano alla ricerca empirica e, nel complesso, sottolineano la frammentazione e la varietà dei fenomeni di consumo. Tuttavia, al di là della varia fenomenologia dei consumi nelle società contemporanee, rimane fondamentale pensare alle modalità organizzative e alle valenze simboliche della sfera di consumo come ambito di azione sociale relativamente separato e specificatamente individuato. Questo paper vuole stimolare la discussione di due categorie fondamentali per la definizione della politica dei consumi, quelle di obsolescenza e di felicità. Un breve esame analitico delle due categorie in relazione alla loro trattazione nella letteratura e nel discorso pubblico sul consumo consente di puntualizzare alcune domande chiave sulla dimensione potestativa dei consumi, offrendo alcuni iniziali spunti per la messa a punto di uno schema analitico per la problematizzazione critica di una miriade di iniziative e fenomeni empirici. Consumatori e cittadini: divisi nella lotta Simone Tosi Dip. di Sociologia e Ricerca Sociale – Università di Milano-Bicocca simone.tosi@unimib.it Il ruolo che il consumo può avere nei processi di identificazione e di appartenenza sociale costituisce un tema complesso e sfaccettato. Tra le molte questioni che esso solleva è centrale quella della relazione tra processi di consumo e dimensione politica. Il mercato e le merci definiscono infatti uno spazio entro cui si articolano contenuti collettivi e politici. Ma la relazione tra consumi e politica è tutt’altro che scontata. Essa
costringe a ri-articolare in modo problematico e complesso le relazioni tra vecchi e nuovi attori politici e fa emergere problemi di rappresentanza politica e di cittadinanza che gli stati moderni parevano avere risolto. Anche alla luce di alcune manifestazioni collettive, come le sommosse nelle banlieue francesi e i disordini dell’ultima estate nelle città inglesi, il paper proverà ad evidenziare le potenzialità e i rischi insiti nello scivolamento concettuale e pratico da una politica fondata sui cittadini a una fondata sui consumatori. Globale e locale nel consumo di moda. Problematizzare il consumo etico e l’artigianalità Simona Segre Reinach Iulm, Milano e Iuav, Venezia simona.segre@gmail.com Nell’ultimo decennio la produzione globalizzata di abbigliamento è stata tanto inevitabile quanto problematica. La pressione verso il basso dei prezzi di vendita ha contribuito a delocalizzare la produzione e oggi l’abbigliamento per il mondo occidentale è in larga misura prodotto nel cosiddetto terzo mondo. Al tempo stesso la diffusione del retail multinazionale ha globalizzato le scelte a disposizione per i consumatori. I costi umani e ambientali della produzione di massa globalizzata hanno provocato l’emergere di una tendenza di moda definita ‘etica’ che tende a valorizzare la produzione artigianale e il design locale. La focalizzazione sul locale e sull’artigianalità è divenuta un aspetto significativo dell’attenzione all’ambiente e dell’ etica nella progettazione, sia da parte della produzione che del consumo. La relazione tra il globale e il locale è dunque uno degli aspetti centrali per comprendere l’evoluzione dei consumi di moda, ma ciò che richiede di essere analizzato più estesamente è la possibilità di diverse interpretazioni/significati del consumo etico nell’abbigliamento. Prendendo le mosse da una ricerca da me condotta entro un progetto internazionale di antropologia culturale (2002-2010) sulle collaborazioni di lavoro tra italiani e cinesi nel settore del tessile e della moda, il paper intende analizzare la relazione tra la moda ‘maimstream’ e la moda ‘locale’, riproblematizzando l’equazione tra consumo etico e artigianalità all’interno del processo di globalizzazione dei mercati.
Page 1 and 2: Giornata di Studio su Consumi e Teo
Page 3 and 4: Leggere l’identità giovanile att
Page 5: TAVOLA ROTONDA Pratiche di consumo,

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