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ENTI LOCALI E SVILUPPO SOSTENIBILE - Centri di Ricerca

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CENTRO INTERUNIVERSITARIO PER LO STUDIO<br />

DELLA FINANZA LOCALE E REGIONALE<br />

UNIVERSITA’ CATTOLICA DI MILANO<br />

<strong>ENTI</strong> <strong>LOCALI</strong> E <strong>SVILUPPO</strong> <strong>SOSTENIBILE</strong><br />

Milano, settembre 2003


Il presente lavoro è stato svolto da un team <strong>di</strong> economisti dell’Università<br />

Cattolica <strong>di</strong> Milano e <strong>di</strong> Piacenza, coor<strong>di</strong>nato dai proff. Maria Flavia Ambrosanio,<br />

Massimo Bor<strong>di</strong>gnon ed Enrico Ciciotti, che si sono avvalsi della collaborazione del<br />

dott. Antonio Dallara e della dr.ssa Patrizia Lionetto.<br />

Il lavoro ha usufruito <strong>di</strong> un contributo del Dexia-Cre<strong>di</strong>op, che ha anche messo a<br />

<strong>di</strong>sposizione la banca dati, fornita gentilmente dal Ministero dell’Interno, utilizzata per<br />

l’analisi empirica svolta nei capitoli 5 e 6.<br />

Si ringraziano il dott. Fabio Vittorini, responsabile Research Desk <strong>di</strong> Dexia-<br />

Cre<strong>di</strong>op e il dott. Fabio Firullo, Cre<strong>di</strong>op, per gli utili suggerimenti durante la<br />

elaborazione del lavoro. Gli autori sono gli unici responsabili per idee, errori e<br />

omissioni.


In<strong>di</strong>ce<br />

In<strong>di</strong>ce I<br />

I. 1. Motivazioni della ricerca IV<br />

II. 2. Obiettivi, contenuti e risultati della ricerca VII<br />

1 CHE COS’E’ LO <strong>SVILUPPO</strong> <strong>SOSTENIBILE</strong>? UNA SURVEY DELLA<br />

LETTERATURA ED UNA DEFINIZIONE OPERATIVA 1<br />

1.1 Le tre <strong>di</strong>mensioni dello sviluppo sostenibile 1<br />

1.2 Sviluppo sostenibile e teoria economica 3<br />

1.2.1 Crescita economica e sostenibilità ambientale 4<br />

1.2.2 Crescita economica e sostenibilità sociale 6<br />

1.2.3 Come misurare la sostenibilità? 8<br />

1.3 Lo Sviluppo sostenibile: dalla teoria alla pratica con Agenda 21? 9<br />

2 UNIONE EUROPEA E <strong>SVILUPPO</strong> <strong>SOSTENIBILE</strong>:LINEE GUIDA E<br />

STRUM<strong>ENTI</strong> DI POLICY 11<br />

2.1 Strumenti <strong>di</strong> policy per lo sviluppo sostenibile in Europa 12<br />

2.2 Le politiche europee per lo sviluppo sostenibile 13<br />

2.2.1 Politiche europee per lo sviluppo urbano sostenibile 13<br />

2.2.2 Il Programma <strong>di</strong> Iniziativa Comunitaria Urban 13<br />

2.2.3 Politiche europee per lo sviluppo rurale sostenibile: Leader + 19<br />

3 AGENDA 21 LOCALE: ORIGINI ED ESPERIENZE ITALIANE E STRANIERE<br />

20<br />

3.1 La nascita <strong>di</strong> Agenda 21 locale 20<br />

3.2 Agenda 21 locale come processo politico e ruolo dei governi locali 21<br />

3.3 La realizzazione concreta <strong>di</strong> Agenda 21 locale 22<br />

3.4 L’esperienza italiana <strong>di</strong> Agenda 21 locale 23<br />

3.4.1 L’impegno politico 23<br />

3.4.2 Le azioni concrete 25<br />

3.4.3 Conclusioni 30<br />

3.5 Quali lezioni dalle esperienze straniere? 30<br />

I


4 L’ESPERIENZA ITALIANA: ALTRI PROGRAMMI E PROGETTI PER LO<br />

<strong>SVILUPPO</strong> <strong>SOSTENIBILE</strong> 37<br />

4.1 Le politiche nazionali per lo sviluppo urbano sostenibile 37<br />

4.2 La linea evolutiva dei programmi per la sostenibilità 40<br />

4.3 I singoli programmi nazionali 41<br />

4.3.1 I Programmi Integrati <strong>di</strong> Intervento – PII 41<br />

4.3.2 I Programmi <strong>di</strong> Riqualificazione Urbana – PRU 42<br />

4.3.3 I Programmi <strong>di</strong> Recupero Urbano – PreU 43<br />

4.3.4 I Contratti <strong>di</strong> Quartiere - CdQ 44<br />

4.3.5 I Contratti <strong>di</strong> Quartiere II - CdQ II 45<br />

4.3.6 I Programmi <strong>di</strong> Riqualificazione Urbana e <strong>di</strong> Sviluppo Sostenibile del<br />

Territorio 46<br />

4.4 PRUSST e PRU a confronto 50<br />

4.5 Prospetti sinottici dei programmi nazionali 52<br />

4.6 Gli accor<strong>di</strong> volontari e la tutela ambientale 53<br />

5 LE SPESE E LE ENTRATE DEI COMUNI CAPOLUOGO DI PROVINCIA:<br />

UN’ANALISI STATISTICO-DESCRITTIVA 56<br />

5.1 Le entrate 57<br />

5.1.1 Le entrate correnti 59<br />

5.1.2 Le entrate tributarie 61<br />

5.1.3 I trasferimenti correnti 63<br />

5.1.4 I mutui 65<br />

5.2 Le spese 66<br />

5.2.1 Le spese correnti 67<br />

5.2.2 Le spese in conto capitale 68<br />

5.3 Le spese per lo “sviluppo sostenibile” 70<br />

5.3.1 Le spese per l’ambiente 70<br />

5.3.2 Le spese sociali 76<br />

5.3.3 Le spese per l’economia 81<br />

5.3.4 Una sintesi sulle spese per lo sviluppo sostenibile 82<br />

APPENDICE DEL CAPITOLO 5<br />

6 LE SPESE E LE ENTRATE DELLE PROVINCE: UN’ANALISI STATISTICO-<br />

DESCRITTIVA 91<br />

6.1 Analisi delle entrate 91<br />

6.2 Analisi delle spese 97<br />

II


6.2.1 Le spese per lo sviluppo sostenibile 98<br />

6.2.2 Le spese in conto capitale 100<br />

7 L’INDIVIDUAZIONE DI INDICATORI DI OUTPUT (EFFICACIA) DELLE<br />

POLITICHE DI <strong>SVILUPPO</strong> LOCALE <strong>SOSTENIBILE</strong>. 101<br />

7.1 Gli in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sostenibilità 101<br />

7.2 In<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sostenibilità per i comuni capoluogo 102<br />

7.3 La costruzione degli in<strong>di</strong>catori 105<br />

7.3.1 Le variabili dei territori 105<br />

7.3.2 Le tre variabili <strong>di</strong> sintesi: economia - società – ambiente 106<br />

7.3.3 La rappresentazione grafica delle relazioni tra economia, società e ambiente<br />

110<br />

7.3.3.1 La relazione “economia” – “ambiente” 110<br />

7.3.3.2 La relazione “economia” - “società” 111<br />

7.3.3.3 La relazione “società” - “ambiente” 111<br />

7.3.4 Le classifiche dei territori 115<br />

7.3.5 Il ruolo della criminalità e del <strong>di</strong>sagio sociale nello sviluppo sostenibile 116<br />

7.3.6 L’ACP applicata alle spese dei comuni capoluogo 122<br />

APPENDICE DEL CAPITOLO 7<br />

8 UN’ANALISI ESPLORATIVA DEI DATI 128<br />

8.1 Gli in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sviluppo sostenibile 129<br />

8.1.1 L’in<strong>di</strong>catore ambientale 129<br />

8.1.2 L’in<strong>di</strong>catore sociale 132<br />

8.1.3 L’in<strong>di</strong>catore economico 134<br />

8.2 La spesa comunale 135<br />

8.2.1 La spesa ambientale 136<br />

8.2.2 La spesa sociale 139<br />

8.3 Una valutazione complessiva 141<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

III


I. INTRODUZIONE E SINTESI DEL LAVORO<br />

I. 1. Motivazioni della ricerca<br />

I problemi dello sviluppo economico e delle forme che esso dovrebbe assumere<br />

in futuro hanno acquisito, ormai da tempo, una nuova caratterizzazione, basata<br />

sull’aspirazione ad un modello <strong>di</strong> crescita che non si riduca semplicemente ad una<br />

crescita nel potere d’acquisto, ma tenga conto <strong>di</strong> tutti gli aspetti, <strong>di</strong> natura sociale e <strong>di</strong><br />

natura ambientale, che contribuiscono a determinare il livello <strong>di</strong> benessere degli<br />

in<strong>di</strong>vidui. In altre parole, si va sempre più affermando nel mondo occidentale - nei<br />

documenti ufficiali e nelle <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> legge, ma anche nell’attenzione crescente dei<br />

me<strong>di</strong>a e nella percezione <strong>di</strong>ffusa <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong> persone - l’aspirazione ad un modello <strong>di</strong><br />

sviluppo equilibrato sotto il profilo economico, sociale ed ambientale.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista dell’ambiente, fenomeni come il global warming, le catastrofi<br />

naturali, reali o percepite, il <strong>di</strong>sboscamento delle foreste tropicali, l’incessante<br />

estinzione <strong>di</strong> specie naturali, il consumo delle risorse naturali, la pressione esercitata da<br />

una popolazione mon<strong>di</strong>ale in continua crescita, creano interrogativi angoscianti sulla<br />

sostenibilità <strong>di</strong> lungo periodo degli attuali meccanismi <strong>di</strong> sviluppo economico e sulla<br />

possibilità <strong>di</strong> estenderli ai paesi del terzo mondo.<br />

Gli accor<strong>di</strong> tra Paesi sovrani, necessari per affrontare problemi che per loro<br />

natura esulano dai confini nazionali, appaiono insufficienti, faticano a trasformarsi in<br />

realizzazioni concrete e sono continuamente aperti ai rischi <strong>di</strong> deviazione e<br />

ricontrattazione. Alla ra<strong>di</strong>ce delle <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> trovare soluzioni sod<strong>di</strong>sfacenti, c’è la<br />

constatazione che i problemi dello sviluppo non si fermano alla <strong>di</strong>mensione ambientale,<br />

ma investono la questione della <strong>di</strong>stribuzione delle risorse. Vi è alla base un conflitto<br />

per l’appropriazione delle risorse, tra i ricchi e i poveri del mondo, ma anche tra le<br />

generazioni esistenti e quelle ancora non nate. Miopie politiche ed egoismi nazionali,<br />

problemi <strong>di</strong> equità tra nazioni e tra generazioni, rendono assai <strong>di</strong>fficile raggiungere e<br />

mantenere accor<strong>di</strong> che siano al tempo stesso equi ed efficienti.<br />

La medesima situazione si riflette, su scala <strong>di</strong>versa e con livelli <strong>di</strong> drammaticità<br />

<strong>di</strong>versi, all’interno dei confini nazionali. Nel nostro Paese, per esempio, il<br />

raggiungimento <strong>di</strong> livelli elevati <strong>di</strong> benessere economico, inteso nel senso <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffuse<br />

<strong>di</strong>sponibilità in termini <strong>di</strong> potere <strong>di</strong> acquisto, non si è accompagnato ad un livello<br />

altrettanto elevato <strong>di</strong> qualità della vita e <strong>di</strong> mantenimento dello stesso potenziale <strong>di</strong><br />

crescita per le generazioni future. Gli elevati tassi <strong>di</strong> industrializzazione del dopoguerra<br />

hanno lasciato in ere<strong>di</strong>tà un ambiente naturale assai depauperato in molte regioni del<br />

Paese; fenomeni <strong>di</strong> urbanizzazione incontrollata hanno danneggiato coste, mari e fiumi;<br />

le gran<strong>di</strong> città, fonti per altri versi <strong>di</strong> continuo progresso civile, restano asse<strong>di</strong>ate da<br />

fenomeni <strong>di</strong> congestione e <strong>di</strong> inquinamento; errori del passato e insufficienti<br />

investimenti hanno generato situazioni <strong>di</strong> criticità in settori fondamentali come la<br />

<strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> energia, l’approvvigionamento e la <strong>di</strong>stribuzione dell’acqua, le<br />

infrastrutture per i trasporti. In generale il Paese soffre, più <strong>di</strong> altri <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni e<br />

IV


livello <strong>di</strong> sviluppo economico comparabile, della pressione generata da una popolazione<br />

<strong>di</strong> quasi 60 milioni <strong>di</strong> abitanti su un territorio abitabile <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni assai limitate e<br />

dalla necessità <strong>di</strong> preservare un imponente patrimonio artistico e culturale.<br />

Anche in questo caso, il problema ha una componente <strong>di</strong>stributiva, che nel<br />

nostro Paese si traduce principalmente in una <strong>di</strong>suguaglianza <strong>di</strong> tipo territoriale. Se<br />

molti dei problemi sono comuni all’intero paese, altri caratterizzano principalmente le<br />

zone del Centro-Sud. È nel Sud del Paese che i problemi ambientali appaiono più gravi,<br />

nonostante la minore presenza della pressione esercitata sull’ambiente dalle imprese<br />

industriali. È in questa zona che la rete <strong>di</strong> infrastrutture appare più assente, che i<br />

problemi provocati dall’abusivismo e<strong>di</strong>lizio ha causato più danni, che acqua ed energia<br />

non sono ancora una certezza per molti abitanti, che la capacità <strong>di</strong> controllo del<br />

territorio da parte degli enti territoriali appare più incerta. È, infine, nel Sud del Paese<br />

dove appaiono più elevati gli in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio sociale. Significativamente, come in<br />

una curva <strong>di</strong> Kutznet rovesciata, nel Sud del paese, ad un livello inferiore <strong>di</strong> sviluppo<br />

del red<strong>di</strong>to si accompagna anche una maggiore <strong>di</strong>suguaglianza nella <strong>di</strong>stribuzione del<br />

red<strong>di</strong>to.<br />

Qual è allora il modello <strong>di</strong> sviluppo che viene proposto per contemperare le<br />

esigenze <strong>di</strong> crescita economica con quelle <strong>di</strong> conservazione <strong>di</strong> una certa qualità<br />

dell’ambiente e <strong>di</strong> riduzione delle <strong>di</strong>suguaglianze sociali? È il modello <strong>di</strong> sviluppo<br />

cosiddetto sostenibile, sul quale, già a partire dagli anni ’70, ma soprattutto nel corso<br />

degli anni ’90, si è sviluppato un acceso <strong>di</strong>battito teorico e politico. <strong>Ricerca</strong>tori, politici,<br />

organismi internazionali hanno prodotto una quantità davvero ragguardevole <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> e<br />

documenti, ai quali non hanno però fatto riscontro risultati altrettanto significativi sul<br />

piano operativo.<br />

Lo sviluppo sostenibile resta quin<strong>di</strong> un tema ancora da esplorare, dal significato<br />

stesso del termine – sul quale peraltro ancora si <strong>di</strong>scute – ai contenuti delle politiche da<br />

attuare per raggiungerlo, all’attribuzione delle competenze più adeguate ai <strong>di</strong>versi livelli<br />

<strong>di</strong> governo per le stesse finalità.<br />

Sotto quest’ultimo profilo, che è quello che in questa sede ha maggiore rilievo,<br />

esiste un orientamento comune ad assegnare un ruolo centrale alle autonomie locali<br />

nell’assicurare un progetto <strong>di</strong> sviluppo sostenibile, come è stato già da tempo<br />

riconosciuto a livello internazionale, con la Agenda 21 Locale, scaturita dal vertice <strong>di</strong><br />

Rio de Janeiro nel 1992, sul presupposto che “molti problemi e relative soluzioni si<br />

ra<strong>di</strong>cano nelle attività locali, nella partecipazione e nella cooperazione tra le autorità<br />

locali. Esse costruiscono, gestiscono e mantengono le infrastrutture sociali,<br />

economiche e ambientali, mettono in atto i processi <strong>di</strong> pianificazione, decidono le<br />

politiche ambientali e <strong>di</strong> regolazione locali, contribuiscono all’implementazione delle<br />

politiche ambientali nazionali e sub-nazionali” .<br />

Quest’ultimo aspetto sembra particolarmente interessante per il contesto italiano,<br />

dove, fatte salve le gran<strong>di</strong> reti infrastrutturali, per i trasporti come per la produzione e la<br />

<strong>di</strong>stribuzione dell’energia, la gestione delle banche dati ambientali, e la<br />

regolamentazione generale, molte delle politiche con attinenza ambientale rientrano<br />

nell’ambito delle competenze degli enti <strong>di</strong> governo territoriali. Dalla gestione del<br />

territorio alla viabilità, ai problemi del traffico e dell’inquinamento in ambito citta<strong>di</strong>no,<br />

alla <strong>di</strong>stribuzione dell’acqua, alla gestione dei rifiuti, sono soprattutto gli enti locali ad<br />

essere investiti del compito <strong>di</strong> garantire un equilibrio tra sviluppo economico e<br />

compatibilità ambientale. D’altra parte, gli enti locali sono anche in larga parte<br />

V


esponsabili per la realizzazione <strong>di</strong> un equilibrio tra sviluppo economico e compatibilità<br />

sociale, dovendo garantire ai citta<strong>di</strong>ni l’insieme dei servizi che contribuiscono a<br />

determinare il livello <strong>di</strong> qualità della vita. Tutte le politiche svolte dagli enti locali<br />

rientrano in un’ottica generale <strong>di</strong> determinazione del livello <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> una<br />

comunità. È dunque soprattutto al comportamento degli enti locali che si deve guardare<br />

per identificare le problematiche e le caratteristiche relative ad un progetto <strong>di</strong> sviluppo<br />

sostenibile. L’analisi complessiva del comportamento degli enti locali, delle funzioni<br />

loro attribuite e delle politiche da loro attuate può dare un’idea della compatibilità delle<br />

azioni <strong>di</strong> una comunità rispetto ad un percorso <strong>di</strong> sviluppo sostenibile.<br />

Da questo punto <strong>di</strong> vista, è importante sottolineare che, in<strong>di</strong>pendentemente dai<br />

processi in corso a livello internazionale, il nostro Paese si è mosso autonomamente<br />

verso un ampliamento del ruolo degli enti locali, attraverso i processi <strong>di</strong> decentramento<br />

avvenuti a più riprese nel corso degli anni ‘90 e infine sfociati nella riforma<br />

costituzionale del 2001 e negli ulteriori progetti <strong>di</strong> devolution attualmente sull’agenda<br />

politica. Questi processi, <strong>di</strong>fferenziati in tempi e mo<strong>di</strong> per Comuni, Province e Regioni,<br />

hanno tuttavia conosciuto un percorso simile. In una prima fase, essi hanno assunto la<br />

forma <strong>di</strong> una ricostruzione <strong>di</strong> una capacità finanziaria autonoma a livello locale,<br />

premessa per poter condurre un’efficace azione <strong>di</strong> governo, autonomia finanziaria che<br />

era viceversa stata sacrificata durante gli anni ’80 (Bor<strong>di</strong>gnon, [2000]). In una seconda<br />

fase, si è cercato <strong>di</strong> indurre una maggiore responsabilizzazione degli amministratori<br />

locali attraverso la mo<strong>di</strong>fica dei sistemi elettorali e delle forme <strong>di</strong> governo. Il<br />

rafforzamento delle giunte rispetto ai consigli e le elezioni <strong>di</strong>rette del sindaco o dei<br />

presidenti <strong>di</strong> Province e Regioni hanno svolto questa funzione. Infine, prima con la<br />

riforma Bassanini del 1997 e poi con la nuova Costituzione si è andati nella <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong><br />

un ampliamento delle competenze attribuite. Con la Bassanini, Regioni e Comuni hanno<br />

assunto un ruolo più ampio per quanto riguarda la gestione del territorio e<br />

dell’ambiente.<br />

Come in altri settori, anche per quanto riguarda le tematiche dello sviluppo<br />

sostenibile, il decentramento delle funzioni presenta potenziali vantaggi e svantaggi. Da<br />

un lato, rafforzando il ruolo degli enti locali e la loro capacità d’azione, aumenta anche<br />

la possibilità <strong>di</strong> perseguire politiche che siano maggiormente consone alle richieste e<br />

agli interessi delle comunità locali <strong>di</strong> riferimento. Questa potenziale <strong>di</strong>fferenziazione<br />

delle politiche ed il loro adattamento alle esigenze locali, in un Paese così <strong>di</strong>viso come<br />

il nostro, rappresenta un vantaggio da non sottovalutare. Così come previsto dal<br />

programma <strong>di</strong> Agenda 21 Locale, esso è anche destinato ad aumentare il consenso e<br />

dunque il coinvolgimento della società civile nelle politiche locali, così aumentandone<br />

le possibilità <strong>di</strong> successo. La <strong>di</strong>fferenziazione delle politiche, inoltre, offre un altro<br />

potenziale vantaggio. Essa accentua la sperimentazione e la competizione tra gli enti<br />

locali, consentendo l’imitazione e la <strong>di</strong>ffusione delle best practices.<br />

A fronte <strong>di</strong> questi potenziali vantaggi, il decentramento può produrre anche<br />

conseguenze negative. Da un lato, proprio perché rafforza il ruolo delle comunità locali,<br />

può condurre ad attribuire eccessiva importanza ad interessi locali costituiti con la<br />

capacità <strong>di</strong> influire sulle decisioni politiche, a detrimento dell’interesse generale locale<br />

o delle altre comunità. Gruppi <strong>di</strong> pressione locali, che non avrebbero o avrebbero<br />

capacità <strong>di</strong> influenza limitata su politiche decise a livello nazionale, possono viceversa<br />

<strong>di</strong>ventare determinanti quando queste decisioni vengono prese a livello locale. In molti<br />

campi, si pensi per esempio alla gestione del territorio e alle politiche urbane, questi<br />

problemi possono <strong>di</strong>ventare rilevanti. Allo stesso modo, la competizione, orizzontale o<br />

VI


verticale, tra i <strong>di</strong>versi governi può <strong>di</strong>ventare <strong>di</strong>struttiva invece che virtuosa. Di nuovo, in<br />

campi come l’ambiente, dove sono presenti rilevanti esternalità tra circoscrizioni<br />

afferenti a <strong>di</strong>verse comunità, questi problemi possono essere rilevanti.<br />

Infine, il decentramento delle funzioni può condurre ad un altro problema nel<br />

nostro contesto, dato il forte dualismo esistente nel Paese. Come ricordato, il processo<br />

<strong>di</strong> decentramento ha avuto come elemento fondante la ricostruzione <strong>di</strong> una autonomia<br />

finanziaria (tributaria e tariffaria) a livello locale. Questo è giusto, perché il controllo<br />

dei due lati del bilancio accentua l’autonomia e la responsabilizzazione degli<br />

amministratori locali e rende i citta<strong>di</strong>ni più inclini a partecipare ai processi decisionali.<br />

In Italia, tuttavia, la <strong>di</strong>stribuzione delle basi imponibili locali è assai <strong>di</strong>fferenziata sul<br />

territorio, come conseguenza del <strong>di</strong>verso grado <strong>di</strong> sviluppo tra le <strong>di</strong>verse zone del Paese.<br />

Il rischio del decentramento è dunque che solo alcune zone del Paese possano<br />

avvantaggiarsi del processo <strong>di</strong> decentramento in corso, condannando le zone più deboli<br />

a restare tali, perpetuando una situazione <strong>di</strong> sottosviluppo.<br />

La soluzione a questi problemi, o perlomeno la minimizzazione degli svantaggi<br />

potenziali e la massimizzazione dei vantaggi, va cercata in un’adeguata costruzione dei<br />

rapporti <strong>di</strong> potere, compresi quelli finanziari, tra i <strong>di</strong>versi livelli <strong>di</strong> governo. Funzioni<br />

dove il ruolo dei gruppi <strong>di</strong> pressione locale possono essere più forti o dove maggiori<br />

possono essere le forme <strong>di</strong> concorrenza <strong>di</strong>struttiva tra i governi locali, non dovrebbero<br />

essere decentrate, o, perlomeno, dovrebbero essere sottoposte ad adeguata<br />

regolamentazione da parte del livello centrale <strong>di</strong> governo. Le <strong>di</strong>fferenze tra le basi<br />

imponibili dei <strong>di</strong>versi livelli <strong>di</strong> governo dovrebbero essere eliminate o per lo meno<br />

ridotte, attraverso un sistema perequativo che sod<strong>di</strong>sfi esigenze <strong>di</strong> oggettività ed<br />

efficienza.<br />

La domanda interessante a questo punto <strong>di</strong>venta naturalmente se la costruzione<br />

dei rapporti <strong>di</strong> potere in Italia, così come definiti dalle norme costituzionali e or<strong>di</strong>narie e<br />

così come sono andati definendosi nella pratica, sod<strong>di</strong>sfano questi requisiti. Su un piano<br />

più positivo, la domanda <strong>di</strong>venta se la costruzione degli attuali rapporti <strong>di</strong> potere è<br />

compatibile con un’evoluzione armonica della società, secondo le aspirazioni proprie <strong>di</strong><br />

una nozione <strong>di</strong> sviluppo sostenibile.<br />

II. 2. Obiettivi, contenuti e risultati della ricerca<br />

Si può tentare <strong>di</strong> rispondere alle domande precedenti in mo<strong>di</strong> assai <strong>di</strong>versi. Piuttosto che<br />

addentrarsi in una complessa analisi giuri<strong>di</strong>ca delle competenze dei <strong>di</strong>versi livelli <strong>di</strong><br />

governo o analizzare in dettaglio un singolo settore <strong>di</strong> intervento, con il rischio <strong>di</strong><br />

perdere la visione complessiva, si è preferito seguire un’altra strada, concentrandosi<br />

prima su un’analisi generale dei progetti <strong>di</strong> intervento per lo sviluppo sostenibile a<br />

livello locale in Italia, come risultato <strong>di</strong> accor<strong>di</strong> nazioni e internazionali e <strong>di</strong>rettive<br />

europee, e poi sviluppando una ricerca empirica originale. In questa ricerca, sono stati<br />

prima elaborati, utilizzando banche dati e tecniche originali, in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sviluppo<br />

sostenibile per le tre componenti ambientale, sociale e economico a livello locale.<br />

Successivamente, si è indagato sui comportamenti effettivi dei governi locali sul campo,<br />

in particolare Province e Comuni, così come misurati dalla loro attività <strong>di</strong> spesa, per poi<br />

stabilire un collegamento con in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sviluppo sostenibile, costruiti ad hoc, alla<br />

ricerca <strong>di</strong> correlazioni e spiegazioni causali. Le Regioni svolgono un’attività<br />

VII


importantissima nel campo dello sviluppo sociale, ma al <strong>di</strong> là della sanità, che<br />

comunque assorbe l’80% delle risorse regionali, essa si esplica soprattutto nell’attività<br />

regolatoria e legislativa e nell’erogazione <strong>di</strong> trasferimenti, piuttosto che nell’attività<br />

<strong>di</strong>retta <strong>di</strong> offerta <strong>di</strong> servizi. Inoltre, l’ampiezza numerica delle Province e dei Comuni,<br />

anche limitandosi ai capoluoghi, offre una variabilità statistica che può essere sfruttata<br />

per l’analisi dei dati.<br />

Il risultato è una fotografia, parziale, perché riferita solo ad alcuni livelli <strong>di</strong><br />

governo, e limitata, perché riferita ad un solo anno, ma tuttavia assai istruttiva<br />

sull’insieme dei comportamenti dei governi locali in Italia.<br />

Più in dettaglio, la ricerca è organizzata nel modo seguente.<br />

Il primo capitolo offre il quadro concettuale <strong>di</strong> riferimento, <strong>di</strong>scute le varie<br />

nozioni <strong>di</strong> sviluppo sostenibile proposte dalla letteratura, analizza i tentativi per rendere<br />

operativo il concetto <strong>di</strong> sviluppo sostenibile, anche da parte degli organismi<br />

internazionali e nazionali. Il risultato della rassegna è complessivamente deludente. Il<br />

significato del concetto <strong>di</strong> sviluppo sostenibile rimane vago, non c’è accordo neppure<br />

tra gli stu<strong>di</strong>osi della stessa <strong>di</strong>sciplina su una definizione comune, e questa <strong>di</strong>fficoltà a<br />

rendere operativo il concetto è anche alla base del sostanziale fallimento della Agenda<br />

21, sottoscritta a Rio de Janeiro nel 1992. Il concetto <strong>di</strong> sviluppo sostenibile resta per il<br />

momento ancora un’aspirazione ad un idea <strong>di</strong> sviluppo che non si esaurisca nella merita<br />

crescita economica, ma che tenga conto delle compatibilità ambientali, in vista anche<br />

delle esigenze delle generazioni che verranno, e degli aspetti <strong>di</strong> equità sociale. E<br />

tuttavia, il concetto ha svolto e continua a svolgere un’utile funzione euristica. Da un<br />

lato, esso ha stimolato governi e organizzazioni internazionali a prendere coscienza<br />

dell’esistenza dei problemi ambientali e questa presa <strong>di</strong> coscienza è il primo passo per<br />

sviluppare politiche concrete. Dall’altro lato, ha stimolato lo sviluppo <strong>di</strong> in<strong>di</strong>catori<br />

ambientali e sociali, che tengano conto, nella definizione complessiva <strong>di</strong> crescita e <strong>di</strong><br />

benessere <strong>di</strong> un Paese, non solo della crescita economica ma anche degli effetti<br />

sull’ambiente e sulla qualità della vita <strong>di</strong> una popolazione.<br />

Anche su un piano più operativo, l’analisi della letteratura economica offre<br />

anche spunti interessanti. Da un lato, essa in<strong>di</strong>ca che qualche livello <strong>di</strong> sostituibilità tra<br />

ambiente ed economia, tra capitale man made e capitale naturale deve essere ipotizzato,<br />

pena la condanna aprioristica <strong>di</strong> qualsiasi attività economica. Dall’altro, in<strong>di</strong>ca che il<br />

concetto <strong>di</strong> sviluppo sostenibile ha almeno tre <strong>di</strong>mensioni: una <strong>di</strong>mensione economica,<br />

una <strong>di</strong>mensione ambientale e una <strong>di</strong>mensione sociale. Uno sviluppo sostenibile, nel<br />

senso <strong>di</strong> armonico, <strong>di</strong> una società dovrebbe tendere a ottenere progressi, o perlomeno<br />

non regressi su tutti e tre i fronti garantendo tassi <strong>di</strong> crescita adeguati sul piano<br />

economico, la riduzione delle <strong>di</strong>suguaglianze sul piano sociale e il rispetto delle<br />

compatibilità ambientale sul piano naturale.<br />

Il secondo capitolo <strong>di</strong>scute il ruolo che lo sviluppo sostenibile ha assunto<br />

nell’ambito delle politiche comunitarie ed illustra le iniziative dell’Unione Europea<br />

volte a promuoverlo. In particolare, si sofferma sui due ambiti <strong>di</strong> intervento, che sono le<br />

politiche urbane e le politiche rurali per lo sviluppo sostenibile. Analizza in dettaglio i<br />

progetti URBAN I e URBAN II e LEADER+, descrivendone caratteristiche, modalità <strong>di</strong><br />

funzionamento e <strong>di</strong> finanziamento e risultati ottenuti.<br />

VIII


Il terzo capitolo è de<strong>di</strong>cato ad Agenda 21 Locale, così come delineata nel<br />

capitolo 28 <strong>di</strong> Agenda 21, nel contesto italiano e internazionale. Il nostro Paese ha<br />

seguito fin dal 1993 il programma <strong>di</strong> lavori stabilito durante il vertice <strong>di</strong> Rio del 1992,<br />

con la delibera del Cipe sullo sviluppo sostenibile, che ha posto le con<strong>di</strong>zioni per un<br />

Piano Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, in<strong>di</strong>viduando passi concreti e obiettivi<br />

praticabili per l’implementazione delle Agende 21 Locali. Si sono susseguite nel tempo<br />

<strong>di</strong>verse iniziative volontarie <strong>di</strong> associazioni e governi locali, talora supportate da<br />

finanziamenti ministeriali, come nel caso dei ban<strong>di</strong> del Ministero dell’Ambiente, che<br />

assegnano risorse per la realizzazione <strong>di</strong> progetti nell’ambito <strong>di</strong> A21L. Il numero delle<br />

autorità locali coinvolte in queste iniziative è andato aumentando nel tempo, con il<br />

coinvolgimento <strong>di</strong> tutti gli enti pubblici, primi fra tutti i Comuni, ma anche Province,<br />

Regioni, Comunità Montane, Parchi, altre associazioni. Le Regioni più attive risultano<br />

essere Emilia Romagna, Toscana, Lombar<strong>di</strong>a, Puglia e Sardegna, dove sono stati<br />

recentemente pubblicati anche Ban<strong>di</strong> Regionali <strong>di</strong> co-finanziamento.<br />

La valutazione dei progetti e dei risultati ottenuti è tuttavia ambigua.<br />

Innanzitutto, in molti casi, i progetti sono ancora alla fase <strong>di</strong> annuncio, senza che sia<br />

stato stabilito un piano d’azione preciso. In secondo luogo, emerge uno sbilanciamento<br />

dei progetti a favore dell’area ambientale, probabilmente come risultato dell’intervento<br />

stesso del Ministero dell’Ambiente, che privilegia progetti con un chiaro connotato<br />

ambientalista. Inoltre, l’implementazione dei progetti è ostacolata dai problemi tipici<br />

della realtà locale italiana: l’eccessiva frammentazione degli enti e la sovrapposizione<br />

delle competenze tra enti <strong>di</strong> livello <strong>di</strong>versi che rendono complesso il processo<br />

decisionale. Soprattutto, l’esperienza italiana, come quella internazionale, analizzata<br />

nella stesso capitolo, mette in luce il ruolo fondamentale che enti <strong>di</strong> livello superiore,<br />

quali i Ministeri e le Regioni, possono giocare nell’incentivare la pre<strong>di</strong>sposizione e<br />

l’implementazione dei progetti, attraverso la pre<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> guidelines e cofinanziamenti.<br />

Il quarto capitolo è de<strong>di</strong>cato agli altri progetti italiani per lo sviluppo<br />

sostenibile, in virtù <strong>di</strong> <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> leggi nazionali, secondo le iniziative comunitarie,<br />

<strong>di</strong>scusse nel secondo capitolo.<br />

Particolare attenzione è de<strong>di</strong>cata all’analisi delle politiche per lo sviluppo urbano<br />

sostenibile, destinate alle aree che necessitano <strong>di</strong> interventi <strong>di</strong> riqualificazione dal punto<br />

<strong>di</strong> vista urbanistico, e<strong>di</strong>lizio, ambientale e socio-economico. Nello specifico, viene<br />

proposta un’analisi approfon<strong>di</strong>ta del Programma Integrato <strong>di</strong> Intervento (PII), del<br />

Programma <strong>di</strong> riqualificazione urbana (PRU), del Programma <strong>di</strong> recupero urbano<br />

(PreU), del Contratto <strong>di</strong> Quartiere (CdQ), del Programma <strong>di</strong> riqualificazione urbana e <strong>di</strong><br />

sviluppo sostenibile del territorio (PRUSST) e, infine, delle Società <strong>di</strong> trasformazione<br />

urbana (STU). Questi progetti hanno coinvolto e coinvolgono soggetti pubblici e<br />

privati, avvalendosi <strong>di</strong> risorse pubbliche e private; si caratterizzano per competenze<br />

specifiche e <strong>di</strong>versi ambiti territoriali <strong>di</strong> riferimento.<br />

Nella loro attuazione si sono riscontrati sostanzialmente due problemi <strong>di</strong> natura<br />

<strong>di</strong>versa. Da un lato, hanno inciso gli aspetti burocratici, la lentezza delle procedure;<br />

dall’altro, in alcuni casi, i finanziamenti effettivi sono risultati inferiori a quelli<br />

programmati.<br />

Il quinto e il sesto capitolo sono de<strong>di</strong>cati all’analisi dei comportamenti <strong>di</strong> spesa<br />

degli enti territoriali, in particolare dei Comuni capoluogo <strong>di</strong> provincia e delle Province.<br />

IX


Come già accennato, la scelta <strong>di</strong> questi enti è stata dettata oltre che dall’importanza<br />

della loro azione, dalla possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> una banca dati informatica, contenente<br />

tutte le informazioni dei loro bilanci e dalla possibilità <strong>di</strong> sfruttare la variabilità per<br />

esigenze <strong>di</strong> analisi statistica.<br />

Il quinto capitolo offre un’analisi statistico-descrittiva delle spese e delle<br />

entrate dei Comuni capoluogo <strong>di</strong> provincia, utilizzando i dati contenuti nei certificati <strong>di</strong><br />

conto consuntivo relativi al 2000, allo scopo <strong>di</strong> fornire un quadro generale sulla<br />

struttura del bilancio <strong>di</strong> questi enti, sia pure riferita ad un solo anno, e trarre da ciò<br />

in<strong>di</strong>cazioni sugli aggregati rilevanti per l’analisi delle politiche per lo sviluppo<br />

sostenibile. In particolare, viene proposta una ripartizione delle spese dei Comuni lungo<br />

le tre <strong>di</strong>mensioni dello sviluppo sostenibile - ambientale, sociale ed economica - in parte<br />

<strong>di</strong>versa da quella ufficiale e riportata nei bilanci, in modo da focalizzare l’attenzione<br />

sugli interventi dove i Comuni hanno maggiori margini <strong>di</strong> autonomia. Le scelte<br />

effettuate sono in parte naturalmente arbitrarie, ma, d’altro canto, questo lavoro<br />

rappresenta il primo tentativo <strong>di</strong> collegare l’attività degli enti locali, misurata dai flussi<br />

<strong>di</strong> bilancio, con alcuni in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> benessere economico, sociale ed ambientale e può<br />

costituire un punto <strong>di</strong> riferimento per successivi approfon<strong>di</strong>menti ed analisi.<br />

L’analisi dei dati <strong>di</strong> bilancio ha riguardato innanzitutto i gran<strong>di</strong> aggregati <strong>di</strong><br />

entrate e spese, in modo da verificare se ed in che misura esistono <strong>di</strong>fferenze<br />

significative fra i comuni appartenenti alle <strong>di</strong>verse classi demografiche, fra i Comuni<br />

all’interno <strong>di</strong> ciascuna classe demografica e tra i Comuni appartenenti a <strong>di</strong>verse aree<br />

geografiche. In altre parole, si è misurato il grado della <strong>di</strong>suguaglianza verticale, della<br />

<strong>di</strong>suguaglianza orizzontale e della <strong>di</strong>suguaglianza territoriale. Ad esempio, per le spese<br />

correnti me<strong>di</strong>e pro-capite, si osserva un andamento crescente in funzione della classe <strong>di</strong><br />

popolazione, un grado relativamente basso <strong>di</strong> <strong>di</strong>suguaglianza orizzontale, un andamento<br />

decrescente da Nord a Sud.<br />

L’analisi si è quin<strong>di</strong> concentrata sui comparti <strong>di</strong> spesa per lo sviluppo<br />

sostenibile, con risultati interessanti. Le spese correnti me<strong>di</strong>e pro-capite per l’ambiente<br />

mostrano un trend crescente al crescere della <strong>di</strong>mensione demografica; il Nord, ed in<br />

particolare il Nord-Est, si caratterizza per la spesa me<strong>di</strong>a pro-capite più bassa e le Isole<br />

per la spesa più elevata. Le spese correnti me<strong>di</strong>e pro-capite in campo sociale hanno un<br />

trend prima decrescente e poi marcatamente crescente con la <strong>di</strong>mensione demografica<br />

dei comuni, sono decrescenti da Nord a Sud, fatta eccezione per le Isole. Gli interventi<br />

in campo sociale assorbono nella maggior parte dei casi risorse più elevate rispetto a<br />

quelle destinate all’aggregato ambientale, mentre le spese per lo sviluppo economico<br />

rappresentano una quota insignificante delle spese complessive, tra il 2% e l’8%, per il<br />

fatto che i Comuni non hanno competenze specifiche in materia.<br />

I bilanci <strong>di</strong> conto consuntivo dei Comuni e delle Province contengono numerose<br />

altre informazioni quantitative e qualitative sui livelli e le caratteristiche dei servizi<br />

prestati che sarebbe stato assai utile poter impiegare per la nostra analisi.<br />

Sfortunatamente, la qualità e l’affidabilità dei dati è apparsa subito tanto scarsa da<br />

sconsigliarci l’utilizzo <strong>di</strong> queste informazioni, eccetto che per poche e faticosamente<br />

ricostruite serie empiriche.<br />

Il sesto capitolo ripropone per le Province l’analisi svolta per i Comuni<br />

capoluogo.<br />

X


Il settimo capitolo è de<strong>di</strong>cato alla costruzione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>catori sintetici <strong>di</strong> sviluppo<br />

sostenibile, calcolati ad hoc per i Comuni capoluogo, utilizzando la tecnica dell’analisi<br />

delle componenti principali (ACP). In altre parole, gli in<strong>di</strong>catori non sono stati definiti<br />

ex ante, ma originano dall’analisi e dall’aggregazione <strong>di</strong> una numerosa serie <strong>di</strong> variabili<br />

inerenti la sfera economica, la sfera sociale e quella ambientale. La tecnica consente <strong>di</strong><br />

evitare l’aggregazione ad hoc delle numerose variabili e <strong>di</strong> eliminare quelle la cui<br />

variabilità è già catturata da altre variabili significative.<br />

Sono state in tal modo ottenute tre macro-variabili (o componenti principali), la<br />

prima espressione della <strong>di</strong>mensione economica urbana, la seconda espressione della<br />

<strong>di</strong>mensione sociale e la terza espressione del grado <strong>di</strong> qualità ambientale. La<br />

<strong>di</strong>mensione economica racchiude variabili quali il valore aggiunto pro-capite, il tasso <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>soccupazione, la propensione alle esportazioni, la densità impren<strong>di</strong>toriale. La<br />

<strong>di</strong>mensione sociale è stata valutata rispetto alla dotazione <strong>di</strong> strutture culturali e<br />

ricreative e per l’istruzione e alla dotazione <strong>di</strong> infrastrutture sociali. La <strong>di</strong>mensione<br />

ambientale viene, infine, misurata dalla presenza <strong>di</strong> zone a traffico limitato, dalla<br />

dotazione <strong>di</strong> depuratori delle acque, dalla concentrazione delle emissioni inquinanti e<br />

dal tasso <strong>di</strong> mortalità per malattie respiratorie.<br />

Si è quin<strong>di</strong> cercato <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare l’esistenza <strong>di</strong> relazioni tra i <strong>di</strong>versi in<strong>di</strong>catori,<br />

usando tecniche <strong>di</strong> correlazione.<br />

Per quanto riguarda le macro-variabili ambiente-economia, è emersa una<br />

relazione inversa, ovvero livelli <strong>di</strong> benessere economico più elevato si accompagnano a<br />

livelli più elevati <strong>di</strong> degrado ambientale.<br />

Per ciò che concerne le macro-variabili sociale-economia, si osserva che la<br />

dotazione <strong>di</strong> strutture sociali nelle città me<strong>di</strong>o-gran<strong>di</strong> del Sud è simile a quella delle<br />

città del Centro-Nord <strong>di</strong> pari <strong>di</strong>mensioni. Nelle gran<strong>di</strong> e relativamente ricche città del<br />

Centro-Nord, tendono invece ad aumentare la dotazione <strong>di</strong> strutture sociali e le<br />

occasioni offerte per le relazioni sociali e l’arricchimento culturale.<br />

Infine non emerge nessuna relazione significativa tra la componente ambientale<br />

e quella sociale.<br />

Lo stesso esercizio è stato ripetuto con un <strong>di</strong>verso in<strong>di</strong>catore relativo alla sfera<br />

sociale, un in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> degrado sociale, in modo da cogliere non solo gli aspetti<br />

positivi (dotazione <strong>di</strong> strutture sociali, ecc.) ma anche quelli negativi legati alla<br />

criminalità presente sul territorio.<br />

L’ottavo capitolo analizza più fondo la relazione tra i vari in<strong>di</strong>catori e le<br />

variabili <strong>di</strong> spesa utilizzando la tecnica delle regressioni multiple, che consente <strong>di</strong><br />

enucleare l’effetto <strong>di</strong> ciascuna variabile su quella <strong>di</strong>pendente controllando per l’effetto<br />

delle altre variabili. I risultati suggeriscono che livelli più elevati <strong>di</strong> attività economica,<br />

producono sia esternalità ambientali negative che esternalità sociali negative;<br />

controllando per altre variabili, l’effetto netto dell’attività economica sui livelli <strong>di</strong><br />

sviluppo sociale e ambientale è cioè negativo. C’è inoltre evidenza che l’area<br />

geografica abbia un impatto in<strong>di</strong>pendente sulla qualità ambientale. A parità <strong>di</strong> livelli <strong>di</strong><br />

sviluppo economico, i Comuni del sud sono caratterizzati da gra<strong>di</strong> più bassi <strong>di</strong> qualità<br />

ambientale. Questo è particolarmente vero per le Isole. Invece, c’è minore evidenza <strong>di</strong><br />

una <strong>di</strong>pendenza dell’in<strong>di</strong>ce sociale dal territorio, sebbene i comuni del Nord-Est<br />

appaiono come quelli più dotati sul piano sociale in livello assoluto. A parità <strong>di</strong> attività<br />

economica, tuttavia, i Comuni del Sud non hanno una dotazione <strong>di</strong> capitale sociale<br />

<strong>di</strong>versa da quella <strong>di</strong> altre zone del Paese. Infine, mentre non c’è evidenza che la<br />

XI


<strong>di</strong>mensione del Comune abbia effetto sull’in<strong>di</strong>catore ambientale, <strong>di</strong> per sé un risultato<br />

<strong>di</strong> qualche interesse, la popolazione resta significativamente associata con l’in<strong>di</strong>catore<br />

sociale. Comuni più gran<strong>di</strong> hanno maggiore dotazione <strong>di</strong> capitale sociale. Le stime,<br />

spesso riportate dalla stampa, che generalmente suggeriscono una più alta qualità della<br />

vita nei Comuni <strong>di</strong> me<strong>di</strong>o-piccole <strong>di</strong>mensioni, non sono confermate dalla nostra ricerca,<br />

eccetto che per l’in<strong>di</strong>catore economico. “Piccolo è bello” dunque, ma solo per i livelli <strong>di</strong><br />

attività economica, non per gli altri in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sviluppo sostenibile.<br />

Per ciò che riguarda i comportamenti dei Comuni, non c’è evidenza che la spesa<br />

comunale ambientale pro-capite <strong>di</strong>penda in alcun modo da in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> bisogno o <strong>di</strong><br />

red<strong>di</strong>to. In particolare, nonostante che la qualità dell’ambiente deteriori con l’attività<br />

economica, non c’è evidenza che la quota della spesa ambientale sul totale cresca al<br />

crescere dell’attività economica. D’altra parte, non c’è neppure evidenza che la qualità<br />

dell’ambiente <strong>di</strong>penda dalla spesa comunale ambientale, così come da noi definita.<br />

Possibili spiegazioni vanno cercate, oltre che nei limiti della banca dati, nell’impatto<br />

limitato che la spesa in quanto tale può avere sull’ambiente, a <strong>di</strong>fferenza, per esempio,<br />

dell’attività <strong>di</strong> regolamentazione. Invece, c’è qualche evidenza che l’impatto della spesa<br />

sociale comunale sull’in<strong>di</strong>catore sociale sia significativa. Inoltre, la spesa sociale sia in<br />

livello che in quota risulta fortemente associata ai livelli <strong>di</strong> attività economica e alla<br />

area geografica; Comuni più ricchi spendono più per il sociale, e a parità <strong>di</strong> ricchezza, i<br />

Comuni del Sud spendono proporzionalmente <strong>di</strong> meno per il sociale.<br />

Infine, c’è qualche evidenza, che gli aspetti relativi al finanziamento<br />

influenzino sia il livello che la composizione della spesa dei Comuni. Per il primo, non<br />

solo come da attendersi a entrate più elevate corrispondono spese più elevate, ma i<br />

comuni che ricevono più trasferimenti hanno un’elasticità della spesa al red<strong>di</strong>to più alta<br />

per tutte le componenti, segno dell’esistenza <strong>di</strong> un probabile “effetto carta moschicida”.<br />

Per il secondo, risulta che i comuni più dotati <strong>di</strong> risorse proprie, a parità <strong>di</strong> altre<br />

con<strong>di</strong>zioni, spendano proporzionalmente <strong>di</strong> più sull’ambiente <strong>di</strong> altri. Se confermata da<br />

altre ricerche, questo aspetto può indurre qualche preoccupazione, data la tendenza<br />

recente a sostituire trasferimenti con risorse proprie a seguito del processo <strong>di</strong><br />

decentramento.<br />

In conclusione, la ricerca ha fatto il punto sulla situazione degli stu<strong>di</strong> e degli<br />

interventi in materia <strong>di</strong> sviluppo sostenibile, analizzando le esperienze italiane e<br />

straniere con particolare attenzione al ruolo degli enti locali. La ricerca ha messo in luce<br />

una situazione in Italia non troppo <strong>di</strong>ssimile da quella <strong>di</strong> altri patners europei; restano<br />

comunque problemi <strong>di</strong> attuazione dei progetti e <strong>di</strong> reperimento delle riscorse finanziarie<br />

necessarie, soprattutto per quanto riguarda Agenda 21 locale e le politiche <strong>di</strong><br />

riqualificazione urbana e rurale. Questi problemi sono aggravati da problemi tipici della<br />

realtà locale italiana: l’eccessiva frammentazione e la sovrapposizione delle<br />

competenze. Questo suggerisce un ruolo importante per gli enti <strong>di</strong> livello superiore,<br />

Stato e Regioni nel guidare e gestire il processo <strong>di</strong> decentramento in corso, attraverso<br />

guidelines e co-finanziamenti. L’analisi empirica ha costituito il primo tentativo in Italia<br />

<strong>di</strong> analizzare i comportamenti <strong>di</strong> spesa <strong>di</strong> Province e Comuni capoluogo sul fronte dello<br />

sviluppo sostenibile e il primo tentativo <strong>di</strong> costruire in<strong>di</strong>catori sintetici <strong>di</strong> sviluppo<br />

sostenibile nelle sue tre <strong>di</strong>mensioni a livello comunale e provinciale. E’ stato anche il<br />

primo tentativo <strong>di</strong> collegare i flussi <strong>di</strong> bilancio con gli in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sviluppo sostenibile.<br />

Nei limiti delle banche dati <strong>di</strong>sponibili, la ricerca ha messo in luce aspetti <strong>di</strong> rilievo. In<br />

primo luogo si conferma l’esistenza <strong>di</strong> un <strong>di</strong>vario Nord-Sud non solo sul piano<br />

XII


economico ma anche ambientale, mentre questa <strong>di</strong>fferenza è molto più sfumata sul<br />

piano sociale. La spesa dei Comuni nelle sue tre articolazioni tiene conto solo in parte<br />

delle esigenze avanzate dal territorio; mentre la spesa sociale è in qualche misura<br />

correlata all’in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> sviluppo sociale, quella ambientale non risponde in alcun<br />

modo agli in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> degrado ambientale da noi in<strong>di</strong>viduati. Infine, mentre non pare<br />

che i processi <strong>di</strong> decentramento abbiano finora influenzato in modo rilevante i modelli<br />

<strong>di</strong> spesa dei comuni sul territorio, c’è qualche evidenza che la composizione delle<br />

entrate influenzi anche la composizione della spesa. La spesa pro-capite è più elevata al<br />

Nord, dove più elevate sono anche le entrate pro-capite, e livello e quota della spesa<br />

ambientale sono più basse per i comuni meno forniti <strong>di</strong> risorse proprie.<br />

XIII


1 CHE COS’E’ LO <strong>SVILUPPO</strong> <strong>SOSTENIBILE</strong>? UNA SURVEY DELLA<br />

LETTERATURA ED UNA DEFINIZIONE OPERATIVA<br />

Sostenibilità e Sviluppo sostenibile sono termini ormai entrati a far parte del<br />

linguaggio comune, non solo degli economisti e dei policy maker. Il loro significato è<br />

tuttavia molto complesso, pieno <strong>di</strong> sfaccettature e merita <strong>di</strong> essere approfon<strong>di</strong>to, nel<br />

momento in cui <strong>di</strong>ventano obiettivi, che si decida <strong>di</strong> perseguire con appropriate azioni<br />

concrete.<br />

Lo scopo <strong>di</strong> questo capitolo è <strong>di</strong> ricostruire, sia pure a gran<strong>di</strong> linee, la storia e<br />

l’origine <strong>di</strong> questi termini e la loro evoluzione nel corso del tempo, un’operazione<br />

quanto mai opportuna, per non incorrere nel rischio ben messo in evidenza da<br />

O’Riordan [1988], quando scrive che “it may only be a matter of time before the<br />

metaphor of sustainability becames so abused as to be meaningless”. O, ancora, con le<br />

parole <strong>di</strong> Tolba [1987]: “Sustainable development has become an article of faith, a<br />

shibboleth: often used but little explained. Does it amount to a strategy? Does it apply<br />

only to renewable resources? What does the term actually mean?”<br />

1.1 Le tre <strong>di</strong>mensioni dello sviluppo sostenibile<br />

Gli stu<strong>di</strong>osi interessati al problema hanno prodotto decine <strong>di</strong> definizioni (ad<br />

esempio, Pezzey [1992] ne in<strong>di</strong>ca 50), delle quali si <strong>di</strong>scutono qui le più significative,<br />

che meglio mettono in evidenza la complessità del problema.<br />

Secondo Boa<strong>di</strong> [2002], il termine sviluppo sostenibile fu coniato, a metà degli<br />

anni Settanta, da Barbara Ward, fondatrice dell’IIED (International Institute for<br />

Environment and Development). Sempre in quegli anni, nel modello <strong>di</strong> Bariloche 1<br />

(Herrera et al.[1976] e Chichilnisky [1977]), si sottolineava che “… underdeveloped<br />

countries cannot advance by retracing the steps of developed countries … it would<br />

imply reapiting those errors that have lead to deterioration ok the environment … The<br />

solution must be based on the cretion of a society intrinsically compatible with its<br />

environment”. In una raccolta <strong>di</strong> definizioni, Murcott [1997] ne riporta alcune del 1979-<br />

80:<br />

a. “The sustainable society is one that lives within the self-perpetuating limits<br />

of its environment. That society … is not a no growth society … It is rather, a<br />

society that recognizes the limits of the growth… and looks for alternative<br />

ways of growing” (Coomer [1979])<br />

1 Nel modello <strong>di</strong> Bariloche oltre alla <strong>di</strong>namica dei fattori produttivi, della produzione e del consumo,<br />

viene stu<strong>di</strong>ata anche la relazione tra crescita della popolazione e consumo <strong>di</strong> basic goods. Un sentiero <strong>di</strong><br />

crescita ottimale dovrebbe garantire che i bisogni primari siano sempre sod<strong>di</strong>sfatti, che tutta la<br />

popolazione possa godere <strong>di</strong> standard minimi <strong>di</strong> qualità della vita.<br />

1


. “Sustainable development – maintenance of essential ecological processes<br />

and life support systems, the preservation of genetic <strong>di</strong>versity, and the<br />

sustainable utilization of species and ecosystems” (IUCN, WWF and UNEP<br />

[1980])<br />

c. “Sustainable development – development that is likely to achieve lasting<br />

satisfaction of human needs and improvement of the quality of human life”<br />

(Allen [1980])<br />

Tuttavia la popolarità del termine risale al 1987, con la pubblicazione del<br />

rapporto, noto come Rapporto Brundtland, della WCED (Worl Commission on<br />

Environment and Development) e la definizione in esso contenuta costituisce il punto <strong>di</strong><br />

riferimento <strong>di</strong> ogni successivo sviluppo:<br />

“Humanity has the ability to make development sustainable – to ensure that it meets the<br />

needs of the present without compromising the ability of future generations to meet<br />

their own needs” e “…sustainable development requires meeting the basic needs of all<br />

and exten<strong>di</strong>ng to all the opportunity to fulfil their aspirations for a better life” (WCED<br />

[1987], p. 8).<br />

Si tratta, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> un concetto molto ampio, non solo nella <strong>di</strong>mensione<br />

temporale, con una prospettiva <strong>di</strong> lungo periodo, che coinvolge le generazioni presenti e<br />

quelle future e dunque aspetti <strong>di</strong> equità intra ed intergenerazionale, ma anche dei<br />

possibili campi d’intervento. Soprattutto non fa riferimento solo ai problemi ambientali<br />

e alla conservazione delle risorse naturali. Non si tratta solo <strong>di</strong> un problema che riguar<strong>di</strong><br />

l’economia e l’ecologia, ma biologia, fisica, antropologia possono fornire ulteriori e<br />

interessanti chiavi <strong>di</strong> lettura del concetto <strong>di</strong> sostenibilità. Questo è l’aspetto che merita<br />

fin d’ora <strong>di</strong> essere sottolineato.<br />

Una rappresentazione efficace del concetto <strong>di</strong> sviluppo sostenibile proviene da<br />

Munasinghe [2002], che mette bene in evidenza le sue <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>mensioni e anime. La<br />

sua definizione risale al 1991 (Munasinghe e Lutz [1991]): “Sustainable development –<br />

an approach that will permit continuing improvements in the quality of life with a lower<br />

intensity of resorce use, thereby leaving behind for future generations an un<strong>di</strong>minished<br />

or even enhanced stock of natural resources and other assets” (figura 1.1).<br />

Lo sviluppo sostenibile ha dunque almeno tre <strong>di</strong>mensioni (World Bank [1987]):<br />

“Economic growth, the alleviation of poverty and sound environmental management<br />

are in many cases mutually consistent objectives”: la <strong>di</strong>mensione economica, la<br />

<strong>di</strong>mensione sociale, la <strong>di</strong>mensione ambientale.<br />

Da qui deriva allora la necessità <strong>di</strong> ridefinire per ciascuna <strong>di</strong>mensione il concetto<br />

<strong>di</strong> sviluppo e il concetto <strong>di</strong> sostenibilità.<br />

Sviluppo come crescita del PIL, come maggiore equità nella <strong>di</strong>stribuzione del<br />

red<strong>di</strong>to, come estensione dei modelli democratici? Sviluppo come pura crescita o come<br />

cambiamento? E ancora che cos’è la sostenibilità economica? Che cos’è la sostenibilità<br />

sociale? Che cos’è la sostenibilità ambientale?<br />

Accanto alle definizioni sopra riportate, vanno infine considerate quelle <strong>di</strong><br />

coloro che sembrano adottare un punto <strong>di</strong> vista fortemente ambientalista e che<br />

contestano l’uso del termine sviluppo sostenibile:<br />

“moral convinctions as a substitute for thought”, Redclift [1987]<br />

“a good idea which cannot sensibly be put into practice”, O’Riordan [1988]<br />

2


“how to destroy the environment with compassion”, Smith [1991].<br />

Ritorna in queste definizioni la contrapposizione spesso riscontrata tra<br />

ambientalisti ed economisti sull’approccio ai problemi e sulle soluzioni possibili (si<br />

ricor<strong>di</strong> il <strong>di</strong>battito sul livello efficiente <strong>di</strong> inquinamento). Ritorna anche l’idea <strong>di</strong> una<br />

relazione inversa tra crescita economica e qualità dell’ambiente.<br />

FIGURA 1.1 - Una rappresentazione del concetto <strong>di</strong> sviluppo sostenibile<br />

Intra-generational equity<br />

Basic needs/ livelihoods<br />

social<br />

economic<br />

1.2 Sviluppo sostenibile e teoria economica<br />

Growth<br />

Efficiency<br />

Stability<br />

Poverty<br />

Equity<br />

Sustainability<br />

Co-evolution<br />

Inter-generational equity<br />

Values/culture<br />

Empowerment<br />

Inclusion/consultation<br />

<br />

Instituions/governanc<br />

Valuation/internalization<br />

Incidence of impacts<br />

environmental<br />

Resilience/bio<strong>di</strong>versity<br />

Natural resources<br />

Pollution<br />

La teoria economica deputata ad affrontare i problemi dello sviluppo sostenibile<br />

è naturalmente la teoria della crescita, della quale è punto imprescin<strong>di</strong>bile <strong>di</strong> riferimento<br />

il modello <strong>di</strong> Solow del 1956.<br />

Nei modelli sviluppati nell’ambito della teoria neoclassica della crescita,<br />

principalmente in<strong>di</strong>rizzati all’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> sentieri <strong>di</strong> consumo ottimali, lo sviluppo<br />

si identifica con un livello <strong>di</strong> consumo non decrescente nel tempo (Solow [1974],<br />

Hartwick [1977]). La sostenibilità – nel senso <strong>di</strong> possibilità <strong>di</strong> crescita del sistema<br />

economico - assume la forma <strong>di</strong> vincolo sull’utilizzo delle risorse, secondo la cosiddetta<br />

regola <strong>di</strong> Hartwick-Solow: se le ren<strong>di</strong>te dall’utilizzo delle risorse non rinnovabili sono<br />

3


isparmiate e investite in capitale fisico rinnovabile (man-made-capital), allora, a certe<br />

con<strong>di</strong>zioni, i livelli <strong>di</strong> produzione e consumo rimangono costanti nel tempo. Livelli <strong>di</strong><br />

consumo non decrescenti nel tempo sono dunque possibili se lo stock <strong>di</strong> capitale totale<br />

resta inalterato nel tempo, anche se i processi produttivi utilizzano risorse non<br />

rinnovabili.<br />

L’ipotesi cruciale alla base <strong>di</strong> questi modelli è dunque quella della perfetta<br />

sostituibilità tra capitale naturale (che include sia le risorse non rinnovabili sia le risorse<br />

rinnovabili) e le altre forme <strong>di</strong> capitale (sia capitale fisico sia capitale umano). Viene<br />

infatti utilizzata una funzione <strong>di</strong> produzione aggregata (<strong>di</strong> tipo Cobb-Douglas o <strong>di</strong> tipo<br />

CES, constant elaticity of substitution), che ha la caratteristica <strong>di</strong> un’elasticità <strong>di</strong><br />

sostituzione tra capitale naturale e capitale fisico rinnovabile maggiore <strong>di</strong> 1, per cui<br />

<strong>di</strong>venta quasi irrilevante il fatto che sia limitata la <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> risorse naturali, anche<br />

non rinnovabili.<br />

Due sono le principali critiche rivolte al modello <strong>di</strong> Hartwick-Solow.<br />

La prima concerne l’ipotesi <strong>di</strong> sostituibilità tra le <strong>di</strong>verse forme <strong>di</strong> capitale, che<br />

viene eliminata o mo<strong>di</strong>ficata in gran parte della letteratura sviluppatasi sul problema<br />

dello sviluppo sostenibile, soprattutto all’interno del filone cosiddetto ecologista.<br />

La seconda obiezione riguarda l’enfasi posta esclusivamente sugli aspetti<br />

economici della crescita, trascurando le questioni <strong>di</strong> equità e tutte le altre variabili <strong>di</strong><br />

natura sociale. In altri termini, la crescita non è un fenomeno <strong>di</strong> natura puramente<br />

economica. Anzi crescita e sviluppo possono essere obiettivi contrastanti. Il fatto che il<br />

livello <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to o <strong>di</strong> consumo pro-capite resti inalterato o cresca nel tempo non<br />

significa che la qualità della vita o il livello <strong>di</strong> benessere restino inalterati o crescano<br />

parallelamente.<br />

1.2.1 Crescita economica e sostenibilità ambientale<br />

A seconda della definizione dello stock <strong>di</strong> capitale <strong>di</strong>sponibile in un sistema<br />

economico e delle ipotesi sul grado <strong>di</strong> sostituibilità tra le <strong>di</strong>verse forme <strong>di</strong> capitale, la<br />

letteratura in materia propone almeno quattro concetti e definizioni <strong>di</strong> sostenibilità.<br />

Lo stock <strong>di</strong> capitale totale <strong>di</strong>sponibile può essere costituito da <strong>di</strong>versi elementi,<br />

<strong>di</strong> natura molto eterogenea. Il capitale economico rappresenta la capacità produttiva <strong>di</strong><br />

un sistema economico e comprende sia il capitale fisico (cosiddetto, man-made capital)<br />

sia le risorse naturali (rinnovabili e non rinnovabili) utilizzate come fattori <strong>di</strong><br />

produzione, ma non comprende risorse naturali e fattori ecologici non usati a scopi<br />

produttivi; il capitale naturale include tutte le risorse naturali rinnovabili e non<br />

rinnovabili, anche se non destinate a scopi produttivi, ed i fattori ecologici (come<br />

qualità dell’ambiente, con<strong>di</strong>zioni climatiche, ecc.); il capitale totale include il manmade<br />

capital, le risorse naturali rinnovabili e non rinnovabili ed anche il capitale<br />

umano e il capitale etico (moral-ethical capital).<br />

Ciò premesso, è possibile definire la sostenibilità molto debole, debole, forte,<br />

molto forte (Ayres e al. [1996], Malaska e al. [1999], He<strong>di</strong>ger [2000]) 2 .<br />

Il primo caso – very weak sustainability – è quello sopra <strong>di</strong>scusso <strong>di</strong> perfetta<br />

sostituibilità tra le <strong>di</strong>verse forme <strong>di</strong> capitale. Un sistema è sostenibile se lo stock <strong>di</strong><br />

2<br />

A volte in letteratura, si <strong>di</strong>stingue solo tra sostenibilità debole e forte, considerando gli altri casi come<br />

casi particolari.<br />

4


capitale economico è non decrescente nel tempo (Hartwick-Solow), cioè se il sistema<br />

risparmia abbastanza da compensare il deprezzamento del capitale. La crescita del<br />

capitale costruito dall’uomo può compensare la riduzione del capitale naturale. Ma,<br />

“…consider the replacement of all trees on the planet by equally valuable capital stock.<br />

Are we to deem this as sustainable development?” (Chichilnisky [1995]).<br />

Nel secondo caso - weak sustainability – le <strong>di</strong>verse forme <strong>di</strong> capitale non sono<br />

perfetti sostituti, ma è possibile un certo grado si sostituibilità tra alcuni elementi delle<br />

<strong>di</strong>verse componenti dello stock <strong>di</strong> capitale totale. La sostenibilità richiede che sia<br />

conservato e salvaguardato almeno un livello minimo <strong>di</strong> capitale naturale, anche se<br />

risulta <strong>di</strong> fatto molto complesso stabilire quanto debba essere questo livello minimo<br />

(Barbier et al [1987], Pearce e Turner [1990]).<br />

Nel terzo caso - strong sustainability - è l’intero stock <strong>di</strong> capitale naturale (o<br />

forse in termini meno restrittivi <strong>di</strong> capitale ecologico) che deve essere tenuto costante.<br />

Su questa posizione sembra collocarsi anche il safe minimum standard approach<br />

(Bishop [1993], Ehrlich [1992]). Questo approccio <strong>di</strong>scende dalla constatazione che le<br />

generazioni presenti non sono in grado <strong>di</strong> attribuire l’esatto valore allo stock <strong>di</strong> capitale<br />

naturale, non sono in grado <strong>di</strong> valutare, allo stato attuale delle conoscenze, se esistono<br />

forme <strong>di</strong> sostituibilità tra i <strong>di</strong>versi elementi dello stock <strong>di</strong> capitale complessivo né i costi<br />

futuri del deprezzamento del capitale naturale. Secondo la regola del SMS, “deci<strong>di</strong>ng to<br />

conserve today is shown to be the risk-minimizing way to proceed” (Tisdell [1990]).<br />

Infine, nel quarto caso - very strong sustainability - il capitale fatto dall’uomo e<br />

il capitale naturale sono complementi e non sostituti (Daly [1990, 1992]. Innanzitutto, il<br />

man-made-capital e il capitale naturale sono stati storicamente sviluppati come<br />

complementi (fabbricare trattori per rendere più fertile il terreno); il man-made-capital<br />

altro non è che una trasformazione del capitale naturale e pertanto per produrre più<br />

capitale fisico occorre utilizzare più capitale naturale; il capitale naturale svolge una<br />

serie molteplice <strong>di</strong> funzioni, delle quali non tutte possono essere ugualmente svolte<br />

dalle altre forme <strong>di</strong> capitale. In realtà, i problemi affrontati da Daly sono più complessi<br />

e concernono anche il tasso sostenibile <strong>di</strong> crescita della popolazione, partendo dalla<br />

premessa che il sovrappopolamento delle aree più povere del pianeta costituisce una<br />

minaccia per la conservazione del patrimonio naturale. L’idea <strong>di</strong> Daly è quin<strong>di</strong> quella <strong>di</strong><br />

uno stato stazionario, dove sia la popolazione sia il capitale siano mantenuti costanti.<br />

Al <strong>di</strong> là delle possibili ulteriori definizioni <strong>di</strong> sostenibilità la questione cruciale è<br />

fino a che punto il capitale naturale possa essere in qualche modo sostituito dal manmade-capital.<br />

Questo problema è rilevante non solo da un punto <strong>di</strong> vista meramente<br />

teorico, ma anche sotto il profilo pratico, quando si voglia definire una regola attuabile<br />

<strong>di</strong> sostenibilità. In altri termini, riveste importanza anche per la costruzione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>catori<br />

<strong>di</strong> sostenibilità, necessari per capire su quali sentieri si stanno muovendo i <strong>di</strong>versi Paesi.<br />

Se si trascurano le posizioni estreme – perfetta sostituibilità e complementarietà<br />

– non può che prevalere l’idea secondo la quale esiste un certo grado <strong>di</strong> sostituibilità tra<br />

le <strong>di</strong>verse forme <strong>di</strong> capitale, anche se esso è più basso <strong>di</strong> quanto molti siano convinti.<br />

C’è anche un altro aspetto da considerare in proposito, connesso al ruolo dello<br />

sviluppo tecnologico, che potrebbe andare nella <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> aumentare la produttività<br />

<strong>di</strong> un dato stock <strong>di</strong> capitale naturale. Come sottolinea Gutés [1996], perché questo<br />

avvenga, il sistema dei prezzi dovrebbe segnalare la scarsità del capitale naturale, in<br />

modo particolare delle risorse non rinnovabili, anche se si osserva che per molte<br />

tipologie <strong>di</strong> servizi forniti dagli ecosistemi non esiste mercato e dunque non esistono<br />

prezzi.<br />

5


Queste ultime considerazioni portano al problema molto attuale della<br />

valutazione dello stock <strong>di</strong> capitale naturale, in modo da costruire sistemi <strong>di</strong> contabilità<br />

nazionale, che tengano conto anche del deprezzamento del capitale naturale.<br />

1.2.2 Crescita economica e sostenibilità sociale<br />

Come si è accennato sopra, un’altra critica al modello convenzionale <strong>di</strong> crescita<br />

è che esso è incentrato su variabili <strong>di</strong> natura esclusivamente economica. Questa critica<br />

deve essere estesa anche ai modelli che privilegiano sopra ogni altra cosa gli aspetti<br />

relativi all’ambiente.<br />

Molti autori sottolineano invece che livelli <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to o <strong>di</strong> consumo non<br />

decrescenti nel tempo non equivalgono necessariamente a livelli <strong>di</strong> benessere non<br />

decrescenti. La crescita economica non implica un miglioramento della qualità della<br />

vita, non implica necessariamente sviluppo, inteso come miglioramento. Non è una<br />

novità che il PIL pro-capite non sia un in<strong>di</strong>catore sod<strong>di</strong>sfacente del livello <strong>di</strong> qualità<br />

della vita, anche se è spesso utilizzato per i confronti internazionali, perché trascura<br />

tutta una serie <strong>di</strong> aspetti <strong>di</strong> natura sociale, che pure contribuiscono a determinare il<br />

livello <strong>di</strong> benessere <strong>di</strong> un Paese. Analogamente, non possono essere utilizzati come<br />

misura del livello <strong>di</strong> qualità della vita gli in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> carattere ambientale.<br />

Ad esempio, Pearce, Barbier e Markandya [1989] e Georgopoulos [2002]<br />

integrano nella definizione <strong>di</strong> sviluppo sostenibile una serie <strong>di</strong> obiettivi socialmente<br />

desiderabili, tra i quali il miglioramento delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> salute della popolazione, un<br />

più elevato grado <strong>di</strong> scolarizzazione, una più equa <strong>di</strong>stribuzione delle risorse, una<br />

maggiore <strong>di</strong>ffusione delle libertà fondamentali e dei <strong>di</strong>ritti umani. In particolare,<br />

nell’analisi <strong>di</strong> Pearce, Barbier e Markandya, lo sviluppo <strong>di</strong>venta un vettore <strong>di</strong> obiettivi,<br />

soggetti al vincolo della sostenibilità, intesa come mantenimento dello stock <strong>di</strong> capitale<br />

naturale. “We take sustainable development to be a vector of desirable social objectives,<br />

and elements might include:<br />

• Increases in real income per capita<br />

• Improvement in health and nutritions status<br />

• Educational achievement<br />

• Access to resources<br />

• A fair <strong>di</strong>stribution of income<br />

• Increases in basic freedoms<br />

…Sustainable development is then a situation in which the development vector<br />

increases monotonically over time”.<br />

C’è dunque una <strong>di</strong>mensione etico-sociale dello sviluppo sostenibile, che va nella<br />

<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> realizzare una maggiore equità sia intragenerazionale sia<br />

intergenerazionale. Sostenibilità sociale può essere interpretata come mantenimento nel<br />

tempo <strong>di</strong> un dato livello <strong>di</strong> utilità, che <strong>di</strong>pende non solo dalle variabili <strong>di</strong> natura<br />

economica e ambientale 3 . Sorge allora il problema <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare qualche con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

3 He<strong>di</strong>ger[2000] definisce la sostenibilità sociale rispetto al capitale sociale, che refers to a society’s<br />

capability to deal with social, economic and environmental problems ane be active in shaping the<br />

development of the overall system.<br />

6


sostenibilità sociale, che tenga conto sia dell’equità intergenerazionale sia dell’equità<br />

intragenerazionale.<br />

Rispetto al Rapporto Bruntland, che pone l’attenzione soprattutto sul primo<br />

aspetto dell’equità, sono possibili numerose altre alternative, a seconda della funzione<br />

del benessere sociale prescelta, a seconda del trade-off tra il benessere delle generazioni<br />

presenti e <strong>di</strong> quelle future (van den Bergh e Hofkes). Qualche esempio può chiarire il<br />

problema (Heal [1996]).<br />

Se si considera un approccio à la Rawls, il benessere è massimizzato se è<br />

massimo il benessere della generazione che sta peggio. Se questo criterio si applica ai<br />

Paesi in via <strong>di</strong> sviluppo, emerge che la generazione presente, che è probabilmente anche<br />

la più povera rispetto alle generazioni future, è legittimata a non considerare gli effetti<br />

delle proprie azioni sul futuro. Risparmiare per il futuro implicherebbe un trasferimento<br />

<strong>di</strong> benessere dai poveri <strong>di</strong> oggi ai meno poveri <strong>di</strong> domani, in contrasto col principio <strong>di</strong><br />

Rawls. Il contrario si verifica se si considera la green golden rule, secondo la quale – in<br />

presenza <strong>di</strong> risorse non rinnovabili - i livelli <strong>di</strong> utilità che possono essere mantenuti<br />

inalterati nel tempo corrispondono a livelli <strong>di</strong> consumo pari a zero, ma l’intero stock <strong>di</strong><br />

capitale iniziale resta intatto per sempre e ciascuna generazione lo trasmette inalterato<br />

alla successiva.<br />

All’interno <strong>di</strong> questo <strong>di</strong>battito, un contributo molto interessante è stato fornito da<br />

Chichilnisky [1997], che riconduce il problema dello sviluppo sostenibile nell’ambito<br />

della teoria delle scelte sociali e introduce un nuovo criterio <strong>di</strong> sostenibilità (sustainable<br />

preferences) per la scelta fra possibili sentieri alternativi <strong>di</strong> crescita. La caratteristica <strong>di</strong><br />

questo criterio è “a more symmetric treatment of generations in the sense that neither<br />

the present nor the future should be favored over the other” 4 , basato su due assiomi,<br />

secondo i quali né il presente né il futuro devono assumere un ruolo <strong>di</strong>ttatoriale nelle<br />

scelte sociali. L’autrice sostiene, in parole povere, l’uguale trattamento <strong>di</strong> tutte le<br />

generazioni.<br />

Infine, come sottolinea Heal [1996], un elemento chiave quando si considera il<br />

benessere intertemporale, è l’incertezza, intrinseca ai problemi che coinvolgono il lungo<br />

periodo, sotto un duplice profilo. Innanzitutto, la generazione presente ignora le<br />

preferenze delle generazioni future, ad esempio sull’importanza della conservazione del<br />

patrimonio ambientale, e un limite <strong>di</strong> molti dei modelli sviluppati è quello <strong>di</strong><br />

incorporare l’ipotesi <strong>di</strong> preferenze invariate nel tempo. È una questione cruciale, che<br />

può andare nella <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> assumere un comportamento <strong>di</strong> protezione nei confronti<br />

delle risorse non rinnovabili (se si ipotizza che le generazioni future attribuiscano ad<br />

esse molta importanza), ma anche nella <strong>di</strong>rezione opposta. In secondo luogo, la<br />

generazione presente ignora gli sviluppi futuri della tecnologia così come ignora se<br />

nuove risorse naturali verranno scoperte o si renderanno <strong>di</strong>sponibili. Se questo dovesse<br />

accadere, “will make it easier to meet the needs of future generations: the competition<br />

between their needs and ours is reduced in intensity”.<br />

Ancora una volta, il problema è il passaggio dalla teoria alla pratica, tuttavia i<br />

modelli sviluppati, per quanto complessi, hanno il pregio <strong>di</strong> fornire molteplici scenari<br />

4 Il criterio della Chichilnisky consiste in una me<strong>di</strong>a ponderata dell’integrale scontato delle utilità (che è<br />

anche il criterio standard neoclassico) e <strong>di</strong> un termine che <strong>di</strong>pende dalle proprietà <strong>di</strong> lungo periodo del<br />

flusso <strong>di</strong> utilità. Il criterio consiste in altri termini nella somma <strong>di</strong> una <strong>di</strong>ttatura del presente e <strong>di</strong> una<br />

<strong>di</strong>ttatura del futuro.<br />

7


alternativi ai policy makers e costituiscono dunque uno strumento utile per valutare le<br />

possibili conseguenze <strong>di</strong> strategie <strong>di</strong> sviluppo alternative.<br />

1.2.3 Come misurare la sostenibilità?<br />

Si è visto che lo sviluppo sostenibile può essere definito in vari mo<strong>di</strong>, che<br />

possono sorgere conflitti tra l’aumento del benessere e l’equità intergenerazionale,<br />

emergere trade-off tra la <strong>di</strong>mensione ambientale e la <strong>di</strong>mensione sociale. Questi<br />

problemi rendono molto complessa la costruzione <strong>di</strong> misure e <strong>di</strong> in<strong>di</strong>catori sintetici <strong>di</strong><br />

sviluppo sostenibile.<br />

Il problema è molto ben sintetizzato da Ayres e al. [1996], i quali pongono in<br />

evidenza le <strong>di</strong>fferenze tra economic income, economic welfare e human welfare e<br />

sottolineano la necessità <strong>di</strong> costruire per ciascuno in<strong>di</strong>catori appropriati.<br />

Per ciò che concerne l’economic income, l’in<strong>di</strong>catore più utilizzato è il Prodotto<br />

Nazionale, che, come è già stato detto in precedenza, non tiene conto del deprezzamento<br />

del capitale naturale e trascura fattori importanti come la qualità dell’aria e dell’acqua,<br />

il livello <strong>di</strong> congestione <strong>di</strong> molte aree, e così via. In altre parole, gli attuali sistemi <strong>di</strong><br />

contabilità nazionale non registrano in modo corretto tutti gli input e gli output dei<br />

processi produttivi. Il risultato è una sovrastima del prodotto nazionale netto in ciascun<br />

Paese. La questione non è irrilevante se si considera che il grado <strong>di</strong> sviluppo viene<br />

misurato spesso sulla base degli in<strong>di</strong>catori forniti dalla contabilità nazionale. Sono<br />

allora necessarie delle correzioni in modo da definire un Prodotto Nazionale Netto, che<br />

tenga conto del capitale naturale, dei costi ambientali, ecc. Al riguardo, sono state<br />

sviluppate <strong>di</strong>verse metodologie, nell’ambito della cosiddetta contabilità nazionale<br />

ambientale, tra le quali le più <strong>di</strong>ffuse sono il NAMEA (National accounts matrix<br />

inclu<strong>di</strong>ng environmental accounts) - sviluppato nel 1989 nei Paesi Europei,<br />

principalmente nei Paesi Bassi - e il SEEA (System of integrated environment and<br />

economic accounting) - sviluppato dall’Ufficio Statistico delle Nazioni Unite nel 1993.<br />

Entrambi i sistemi cercano <strong>di</strong> stabilire un legame tra i sistemi standard <strong>di</strong> contabilità<br />

nazionale e le statistiche relative alle variabili ambientali. Entrambi cercano, attraverso<br />

la <strong>di</strong>saggregazione delle informazioni contenute nei conti economici nazionali<br />

tra<strong>di</strong>zionali, <strong>di</strong> identificare il livello <strong>di</strong> spesa per la protezione dell’ambiente, nonché<br />

l’insieme dei beni e servizi e degli asset legati all’ambiente. La principale <strong>di</strong>fferenza tra<br />

le due metodologie consiste nel fatto che il NAMEA non contiene valutazioni <strong>di</strong> tipo<br />

monetario, ma si basa su due tipi <strong>di</strong> informazioni relative all’ambiente: substances<br />

accounts, statistiche ambientali in unità fisiche (emissioni inquinanti, ecc.), e<br />

environmental themes accounts, valutazione <strong>di</strong> situazioni ambientali come il buco<br />

nell’ozono, le piogge acide. D’altra parte, esiste grande <strong>di</strong>battito ma anche grande<br />

<strong>di</strong>saccordo sui meto<strong>di</strong> da utilizzare per una valutazione monetaria degli asset e dei<br />

problemi ambientali. In Italia si adotta il NAMEA e i dati sono elaborati dall’ISTAT in<br />

collaborazione con il Dipartimento Stato dell’Ambiente, ma sono relativi al periodo<br />

1990-1994, quin<strong>di</strong> inutilizzabili per valutare le tendenze in atto.<br />

Le precedenti metodologie integrano i dati <strong>di</strong> contabilità nazionale con quelli<br />

relativi all’ambiente ma non producono in<strong>di</strong>catori che possano essere utilizzati come<br />

misure dell’economic welfare. Gli in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> benessere furono sviluppati già a partire<br />

dalla fine degli anni ’60 e correggono il prodotto nazionale, per tenere conto solo <strong>di</strong><br />

8


consumi e investimenti che contribuiscono <strong>di</strong>rettamente al benessere economico. Il<br />

MEW (Measure of economic welfare) e l’ISEW (Index of sustainable economic<br />

welfare) correggono il prodotto nazionale, per tenere conto del valore del tempo libero e<br />

dell’economia sommersa, dei costi collegati ai danni ambientali e degli effetti<br />

<strong>di</strong>stributivi.<br />

Infine, si possono utilizzare altri in<strong>di</strong>catori come l’HDI (Human development<br />

index), l’HPI (Human poverty index) e l’HNA (Human needs assessment) (Qizilbash<br />

[2001]). In particolare, molti autori si basano sull’HDI, che è un in<strong>di</strong>catore sintetico<br />

dello sviluppo “umano”, che misura i progressi compiuti dai <strong>di</strong>versi Paesi sulla base <strong>di</strong><br />

tre <strong>di</strong>mensioni, l’aspettativa <strong>di</strong> vita, l’accesso all’istruzione e lo standard <strong>di</strong> vita.<br />

1.3 Lo Sviluppo sostenibile: dalla teoria alla pratica con Agenda 21?<br />

Un grande impulso all’approfon<strong>di</strong>mento del concetto <strong>di</strong> sviluppo sostenibile e<br />

soprattutto all’attuazione <strong>di</strong> politiche e azioni concrete per il perseguimento dello<br />

sviluppo sostenibile è venuto dal vertice mon<strong>di</strong>ale tenutosi a Rio de Janeiro nel 1992,<br />

sfociato in Agenda 21, un accordo sottoscritto dalle nazioni presenti, con gli obiettivi <strong>di</strong><br />

“fulfilment of basic needs, improved living standards for all, better protected and<br />

managed ecosystems and a safer, more prosperous future”, da perseguire in “a global<br />

partnership for sustainable development”.<br />

Agenda 21, oltre a stabilire alcuni principi fondamentali che dovrebbero guidare<br />

le politiche dei Governi, in<strong>di</strong>ca – come il termine stesso suggerisce – l’insieme delle<br />

cose da fare; è articolata in sezioni, de<strong>di</strong>cate ai temi economici, ambientali e sociali e,<br />

per ciascuna, definisce obiettivi, strategie e mezzi <strong>di</strong> implementazione. Agenda 21 pone<br />

grande enfasi sull’elaborazione delle NSDS (National sustainable development<br />

strategies), come strumenti per tradurre in azioni concrete gli obiettivi <strong>di</strong> sviluppo<br />

sostenibile. Una NSDS infatti si può definire come a strategic and participatory<br />

process of analisys, debate, capacity strenghtening, planning and action towards<br />

sustainable development. Ciascun Paese dovrebbe quin<strong>di</strong> dotarsi <strong>di</strong> una strategia, porsi<br />

degli obiettivi, attuare politiche, a seconda delle proprie caratteristiche e della propria<br />

situazione politica, sociale e culturale. Non ci può essere infatti un approccio globale –<br />

nel senso <strong>di</strong> uguale per tutti i Paesi - al problema dello sviluppo sostenibile (PAES,<br />

2002), proprio perché, come è stato ampiamente <strong>di</strong>scusso, il concetto stesso <strong>di</strong> sviluppo<br />

sostenibile è molto complesso, per alcuni aspetti ambiguo, richiede che siano resi<br />

espliciti i trade-off tra crescita economica, equità sociale e protezione dell’ambiente. È<br />

proprio sulla base <strong>di</strong> queste considerazioni che Agenda 21 sottolinea con vigore la<br />

necessità che al processo decisionale partecipino tutte le forze politiche e sociali<br />

interessate, a qualunque livello, internazionale, nazionale e locale, in modo da arrivare<br />

alla costruzione <strong>di</strong> un adeguato e ampio consenso sulle strategie e politiche da<br />

intraprendere.<br />

Mancano però orientamenti e in<strong>di</strong>cazioni precise sul piano operativo. Questa è<br />

forse una delle cause principali del relativo insuccesso <strong>di</strong> Agenda 21. A più <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci<br />

anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, i progressi compiuti sul fronte dello sviluppo sostenibile non sono<br />

infatti sod<strong>di</strong>sfacenti e, come ha sottolineato l’Unione Europea “le tendenze insostenibili<br />

prevalenti ai tempi <strong>di</strong> Rio non sono state invertite”, le pressioni sull’ambiente sono<br />

forse in aumento in tutte le aree del pianeta, il <strong>di</strong>vario nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita tra il Nord<br />

9


e il Sud del mondo non sembra essersi attenuato. Non è trascurabile, d’altra parte, il<br />

problema <strong>di</strong> reperire le risorse finanziarie necessarie a finanziare a livello mon<strong>di</strong>ale le<br />

politiche per lo sviluppo sostenibile ed anche sotto questo aspetto non sono stati<br />

compiuti significativi passi avanti.<br />

Tuttavia ci sono alcuni elementi positivi che vale la pena <strong>di</strong> sottolineare in<br />

conclusione. Certamente Agenda 21 ha sensibilizzato politici e opinione pubblica ai<br />

problemi dello sviluppo sostenibile, molti Paesi hanno adottato strategie basate sui<br />

principi e sugli impegni sottoscritti a Rio, hanno creato organismi ed istituzioni deputati<br />

ad affrontare il problema. Progressi sono stati compiuti anche sul fronte della<br />

costruzione, utilizzo e <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sviluppo sostenibile e sul<br />

fronte dei sistemi <strong>di</strong> contabilità nazionale ambientale. Positivo sembra, infine, essere<br />

stato, come si vedrà nel prossimo capitolo, anche il coinvolgimento degli enti <strong>di</strong><br />

governo locali. Forse il contributo più significativo <strong>di</strong> Agenda 21 si è manifestato sul<br />

piano culturale, che è un presupposto necessario per l’attuazione <strong>di</strong> politiche concrete.<br />

10


2 UNIONE EUROPEA E <strong>SVILUPPO</strong> <strong>SOSTENIBILE</strong>:LINEE GUIDA E<br />

STRUM<strong>ENTI</strong> DI POLICY<br />

Una chiave <strong>di</strong> lettura del ruolo che è venuto assumendo nel corso degli anni il<br />

concetto <strong>di</strong> sviluppo sostenibile nello politiche della Comunità Europea può essere<br />

rintracciato all’interno dei “Programmi <strong>di</strong> Azione Ambientale”.<br />

Nel Trattato <strong>di</strong> Roma del 1957, istitutivo della CEE, l’ambiente non era ancora<br />

in<strong>di</strong>cato espressamente come campo <strong>di</strong> intervento e ambito <strong>di</strong> regolazione da parte della<br />

Comunità. Allora non era ancora evidente che lo sviluppo economico avrebbe potuto<br />

comportare costi sociali in termini <strong>di</strong> degrado ambientale. Ma nel 1972, al Vertice <strong>di</strong><br />

Parigi i Capi <strong>di</strong> Stato e <strong>di</strong> Governo dei Paesi europei, si riconobbe che “l’espansione<br />

economica non è fine a se stessa, ma il suo primo scopo è quello <strong>di</strong> ridurre le <strong>di</strong>sparità<br />

delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita. La crescita deve portare a un miglioramento della qualità della<br />

vita e del benessere collettivo”. Pertanto, occorre “prestare attenzione particolare a<br />

valori intangibili e alla protezione ambientale”.<br />

Si era partiti da problemi ambientali per arrivare a toccare tutti e tre gli elementi<br />

costitutivi dello sviluppo sostenibile: economia, società, ambiente. Venne deciso <strong>di</strong><br />

definire un “programma d’azione” comune e, da allora, ne sono stati elaborati sei.<br />

La politica ambientale in questo modo ha assunto un ruolo proprio all’interno<br />

delle strategie della Comunità e, con il passare degli anni, l’attenzione all’ambiente è<br />

sempre più stata integrata con gli obiettivi <strong>di</strong> crescita economica e con quelli <strong>di</strong><br />

coesione ed equilibrio sociale. Con il terzo programma del 1982, la politica comunitaria<br />

per l’ambiente cominciò a in<strong>di</strong>viduare le risorse ambientali come il limite all’ulteriore<br />

sviluppo economico e sociale. Si proponevano così politiche per la protezione della<br />

natura, dell’ambiente e della salute umana, ma tali da garantire equilibrio anche nello<br />

sviluppo sociale e economico. E così, nel 1993, il Quinto Programma Quadro è stato<br />

intitolato “Per uno sviluppo durevole e sostenibile”.<br />

Dieci anni dopo, il problema <strong>di</strong> garantire uno sviluppo sostenibile all’interno<br />

della Comunità è ancora centrale, anzi con il tempo si è fatto via via più vivo.<br />

Tuttavia, in ambito europeo, il concetto <strong>di</strong> sviluppo sostenibile è ancora<br />

prevalentemente caratterizzato da una connotazione fortemente ambientale. Le politiche<br />

comunitarie che promuovono lo sviluppo sostenibile continuano ad essere, in parte,<br />

settoriali ed ispirate da principi <strong>di</strong> stampo ecologico-ambientale. Politiche per la<br />

sostenibilità nell’Unione sono ancora quelle che trovano i loro fondamenti nei principi<br />

della precauzione e dell’azione preventiva, come nel principio della correzione alla<br />

fonte dei danni causati dall’ambiente. Soprattutto idea centrale è il principio “chi<br />

inquina paga”.<br />

Prima <strong>di</strong> analizzare le politiche che, nel periodo <strong>di</strong> Programmazione<br />

Comunitario 2000-2006, maggiormente promuovono lo sviluppo sostenibile, con<br />

attenzione all’integrazione armoniosa delle tre sfere - economia, società e ambiente – è<br />

opportuno ricordare quali sono gli strumenti per la gestione delle risorse finanziarie per<br />

la sostenibilità.<br />

11


2.1 Strumenti <strong>di</strong> policy per lo sviluppo sostenibile in Europa<br />

Gli strumenti attraverso i quali vengono gestite le risorse dell'Unione Europea per<br />

promuovere i temi dell'ambiente e della sostenibilità sono essenzialmente tre:<br />

1. i Fon<strong>di</strong> Strutturali 2002-2006;<br />

2. il programma LIFE;<br />

3. il VI Programma Quadro.<br />

1. Come è noto, i Fon<strong>di</strong> strutturali sono meccanismi finanziari che supportano le<br />

azioni dei singoli Paesi finalizzate a ridurre il <strong>di</strong>vario tra i livelli <strong>di</strong> sviluppo<br />

delle varie regioni europee. Essi non nascono specificatamente a favore <strong>di</strong><br />

azioni rivolte allo sviluppo sostenibile, ma è possibile rinvenire una correlazione<br />

con il tema della sostenibilità relativamente alla loro quota (10% della<br />

dotazione) destinata ai cosiddetti Programmi <strong>di</strong> Iniziativa Comunitaria. Al loro<br />

interno, URBAN II (gli altri tre sono INTERREG III, EQUAL e LEADER +)<br />

presenta chiari riferimenti alla tematica della sostenibilità.<br />

2. LIFE è uno strumento finanziario per il miglioramento, l’aggiornamento e lo<br />

sviluppo della politica comunitaria nel settore dell'ambiente e della gestione<br />

ambientale; particolare attenzione è de<strong>di</strong>cata all'integrazione della componente<br />

ambientale con le politiche economiche e sociali. La caratteristica fondamentale<br />

che i progetti Life Ambiente devono possedere è la natura <strong>di</strong>mostrativa, pilota,<br />

o esemplare, delle tecniche e delle metodologie utilizzate, l'aspetto innovativo e<br />

<strong>di</strong> trasferibilità verso l’insieme del settore interessato e verso altri settori<br />

industriali in Europa.<br />

3. Altro strumento in cui lo sviluppo sostenibile compare tra le priorità tematiche e<br />

come voce <strong>di</strong> budget è il VI Programma Quadro (tabella 2.1).<br />

TABELLA 2.1 - Il budget del VI Programma Quadro sullo sviluppo sostenibile<br />

Milioni <strong>di</strong> euro<br />

Sviluppo sostenibile, cambiamento globale ed ecosistemi 2.120<br />

<strong>di</strong> cui:<br />

sistemi energetici sostenibili 810<br />

trasporti <strong>di</strong> superficie sostenibili 610<br />

cambiamento globale ed ecosistemi 700<br />

12


2.2 Le politiche europee per lo sviluppo sostenibile<br />

Le politiche promosse e adottate dall’Unione Europea a sostegno dello sviluppo<br />

sostenibile possono essere <strong>di</strong>stinte in due gran<strong>di</strong> ambiti <strong>di</strong> appartenenza a seconda<br />

dell’oggetto in cui l’azione <strong>di</strong>spiega i propri effetti:<br />

- politiche urbane per lo sviluppo sostenibile (Urban II)<br />

- politiche rurali per la sostenibilità (Leader +)<br />

2.2.1 Politiche europee per lo sviluppo urbano sostenibile<br />

A partire dagli anni Novanta, l’Unione Europea ha riservato crescente attenzione<br />

ai contesti urbani ed ha formulato politiche precipuamente vocate alla tutela, alla<br />

valorizzazione e al recupero degli ambiti urbani.<br />

Il “Libro Verde per le aree urbane”, <strong>di</strong>vulgato nel 1990 dalla Commissione<br />

Europea, nasce proprio dalla constatazione che molte città europee sperimentano ormai<br />

da anni <strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> crescita della popolazione residente, con fenomeni <strong>di</strong><br />

re<strong>di</strong>stribuzione tra il centro e la periferia, aumento dei tassi <strong>di</strong> povertà e <strong>di</strong> criminalità,<br />

crescente inquinamento acustico, dell’aria e dell’acqua. Da allora gli sforzi della<br />

Comunità Europea si sono moltiplicati per la definizione <strong>di</strong> politiche che promuovano<br />

lo sviluppo sostenibile e la qualità della vita nelle città.<br />

Nel 1990 prendono avvio il progetto “Città europee sostenibili” ed i Progetti<br />

Pilota Urbani (PPU), per sperimentare politiche innovative per le aree urbane, dove i<br />

temi centrali sono la riqualificazione ambientale, l’integrazione sociale, il declino<br />

economico e la <strong>di</strong>soccupazione.<br />

Tra il 1990 e il 1993 vengono attivati 33 PPU in 11 Paesi (Genova e Venezia,<br />

per l’Italia rispettivamente con 7 e 10 milioni <strong>di</strong> euro), con un ammontare <strong>di</strong> risorse pari<br />

a 204 milioni <strong>di</strong> euro. Il programma viene riproposto per il periodo 1994-99, in cui si<br />

assiste alla proliferazione delle adesioni (503 proposte da 14 Stati membri), con<br />

un’assegnazione <strong>di</strong> fon<strong>di</strong> complessivamente pari a 163 milioni <strong>di</strong> euro (Brin<strong>di</strong>si,<br />

Milano, Napoli, Torino per l’Italia, rispettivamente con 2,75, 3,35, 4,01, 5,07 milioni <strong>di</strong><br />

euro).<br />

2.2.2 Il Programma <strong>di</strong> Iniziativa Comunitaria Urban<br />

Le buone esperienze maturate dalle città europee attraverso i PPU hanno indotto,<br />

nel 1994, la Commissione Europea ad avviare il Programma <strong>di</strong> Iniziativa Comunitaria<br />

Urban. Il Programma venne presentato in un Libro Verde, in cui si sottolineava che<br />

l’iniziativa avrebbe riguardato i contesti urbani caratterizzati da forme <strong>di</strong> esclusione<br />

sociale unitamente a problemi <strong>di</strong> natura economica ed ambientale. Si sottolineava<br />

inoltre l’opportunità che tali fenomeni fossero spazialmente concentrati. Si trattava<br />

degli stessi obiettivi che già i Progetti Pilota Urbani avevano perseguito, ma che si<br />

13


voleva sostenere e perseguire con una dotazione <strong>di</strong> risorse finanziarie superiore rispetto<br />

all’esperienza precedente.<br />

Il Programma Urban nasce quin<strong>di</strong> come strumento per la rigenerazione integrata<br />

dei territori urbani, che si sarebbe dovuta perseguire promuovendo:<br />

• l’avvio <strong>di</strong> nuova impren<strong>di</strong>torialità<br />

• nuova occupazione attraverso la formazione e la qualificazione professionale<br />

• la creazione <strong>di</strong> servizi sociali<br />

• iniziative <strong>di</strong> sicurezza sociale contro la microcriminalità<br />

• la tutela dell’ambiente<br />

• la valorizzazione delle infrastrutture.<br />

Alla prima esperienza del programma Urban, effettuata nel periodo 1994-1999, è<br />

seguita una seconda, tuttora in atto, che si concluderà alla fine dell’intero periodo <strong>di</strong><br />

programmazione comunitaria 2000-2006.<br />

A) URBAN I - 1994-1999<br />

Tra il 1994 e il 1999 sono stati complessivamente finanziati 118 programmi<br />

Urban, in 13 Paesi della Comunità. Il 90% delle città coinvolte ha più <strong>di</strong> 100.000<br />

abitanti, in tutto sono stati coinvolti 3,2 milioni <strong>di</strong> persone. I programmi hanno<br />

riguardato in genere singoli quartieri urbani, casi estremi sono stati Bari con 8.000<br />

abitanti e Vienna con 130.000.<br />

La Commissione ha investito nell’iniziativa 891 milioni <strong>di</strong> euro, gravanti per<br />

l’82% sul Fondo Europeo <strong>di</strong> Sviluppo Regionale e il restante 8% sul Fondo Sociale<br />

Europeo. Se a queste risorse si aggiungono quelle investite dagli Stati membri, dalle<br />

istituzioni regionali e locali e dai privati, la spesa complessiva ammonta a 1.8 miliar<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> euro, con una me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> circa 15 milioni per ciascun programma 5 .<br />

Le aree interessate da Urban sono quartieri urbani delimitati, caratterizzati e<br />

accomunati da alcuni in<strong>di</strong>catori socio-economici sensibilmente al <strong>di</strong> sotto della me<strong>di</strong>a<br />

urbana o regionale, in particolare il tasso <strong>di</strong> <strong>di</strong>soccupazione (in me<strong>di</strong>a 22%, fino al 40%<br />

<strong>di</strong> Spagna e Grecia), il livello <strong>di</strong> istruzione, l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> criminalità, il livello <strong>di</strong><br />

esclusione sociale, la qualità degli alloggi, il degrado del patrimonio e<strong>di</strong>lizio, il tasso <strong>di</strong><br />

beneficiari dell’assistenza pubblica, il degrado ambientale, la mancanza <strong>di</strong> servizi<br />

sociali.<br />

I 188 programmi approvati si possono ricondurre a tre tipologie a seconda<br />

dell’area urbana <strong>di</strong> intervento:<br />

• programmi per le aree centrali e le aree ai margini, volti al recupero <strong>di</strong> gran<strong>di</strong><br />

aree industriali abbandonate e trasformate in alloggi per immigrati<br />

• programmi per le periferie, miraNti al recupero sociale e all’integrazione degli<br />

abitanti <strong>di</strong> quartieri isolati e popolari<br />

5 In Italia, il programma è ancora attivo e nelle 16 città interessate ha portato 335,7 milioni <strong>di</strong> euro <strong>di</strong><br />

finanziamenti, <strong>di</strong> cui 70,2 derivanti da fon<strong>di</strong> europei. Le città che hanno aderito sono Bari, Cagliari,<br />

Catania, Catanzaro, Cosenza, Foggia, Genova, Lecce, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Salerno,<br />

Siracusa, Trieste, Venezia.<br />

14


• programmi per i centri storici, volti al recupero del patrimonio e<strong>di</strong>lizio degradato<br />

e del patrimonio culturale.<br />

Il successo dello strumento URBAN (figura 2.1 e tavola 2.1) consiste proprio nella<br />

multi<strong>di</strong>mensionalità del concetto <strong>di</strong> sviluppo. Si possono visualizzare con uno schema le<br />

tipologie <strong>di</strong> intervento più <strong>di</strong>ffuse, emerse da alcuni casi stu<strong>di</strong>o europei, che hanno<br />

concretizzato la suddetta multi<strong>di</strong>mensionalità e le città in cui ciascun tipo <strong>di</strong> intervento è<br />

stato più significativo durante il processo <strong>di</strong> rivitalizzazione locale.<br />

FIGURA 2.1 - Elementi costitutivi <strong>di</strong> URBAN<br />

Creare fiducia e sicurezza<br />

(L’Aja, Merseyside,<br />

Magdeburgo, Malaga)<br />

Ambiente (L’Aja, Genova)<br />

Integrazione sociale e<br />

promozione dell’inclusione<br />

(L’Aja, Merseyside,<br />

Magdeburgo, Vienna)<br />

Sostenere le PMI in tutti i tipi <strong>di</strong> intervento<br />

(Magdeburgo, Vienna, L’Aja)<br />

URBAN<br />

Servizi sociali, con declinazioni <strong>di</strong>verse<br />

in base alle carenze più significative <strong>di</strong><br />

ciascun sottosistema<br />

Promuovere loccupazione attraverso<br />

la formazione (L’Aja, Magdeburgo,<br />

Vienna, Porto)<br />

Infrastrutture<br />

15


TAVOLA 2.1 - URBAN I<br />

Riferimenti GU.CE C180 del 1.7.1994<br />

Normativi<br />

Finalità Contribuire al rilancio socio-economico <strong>di</strong> quartieri urbani in crisi, attraverso il<br />

rinnovo <strong>di</strong> impianti e infrastrutture ed il miglioramento dell’ambiente<br />

Beneficiari Progetti urbani da realizzare in città <strong>di</strong> oltre 100.000 abitanti, destinati ad aree con<br />

elevato tasso <strong>di</strong> <strong>di</strong>soccupazione, tessuto urbano <strong>di</strong>saggregato, precarietà <strong>di</strong> alloggi<br />

e mancanza <strong>di</strong> servizi sociali<br />

Durata 1994 - 1999<br />

Progetti finanziabili Progetti <strong>di</strong> durata generalmente quadriennale. Sono preferiti i progetti rientranti in<br />

una strategia <strong>di</strong> integrazione urbana <strong>di</strong> lungo periodo.<br />

A titolo esemplificativo le misure sovvenzionabili riguardano i seguenti settori:<br />

• avvio <strong>di</strong> nuove attività economiche<br />

• promozione dell’occupazione a livello locale<br />

• servizi sociali, sanità, or<strong>di</strong>ne pubblico, asili nido, giar<strong>di</strong>ni d’infanzia, strutture<br />

sanitarie, centri per il recupero <strong>di</strong> tossico<strong>di</strong>pendenti, illuminazione stradale,<br />

sicurezza e prevenzione della criminalità<br />

• miglioramento delle infrastrutture e dell’ambiente in connessione con le<br />

misure sopra descritte: restauro <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici a fini sociali, recupero <strong>di</strong> spazi<br />

ver<strong>di</strong>, costruzione <strong>di</strong> infrastrutture culturali, ricreative e sportive, altro.<br />

Disponibilità Finanziamento dal FESR e in misura minore dal FSE per i progetti <strong>di</strong> natura<br />

Finanziaria<br />

sociale. Totale <strong>di</strong> fine periodo: 900 milioni <strong>di</strong> euro dall’Ue<br />

Sostegno e benefici Sovvenzioni e assistenza tecnica<br />

ottenibili<br />

Destinatari<br />

Autorità amministrative pubbliche, piccole e me<strong>di</strong>e imprese, Camere <strong>di</strong><br />

Principali<br />

Commercio, operatori pubblici e privati, strutture sanitarie e servizi sociali<br />

Benefici Contributi a fondo perduto e prestiti<br />

Fonte: Europass, Dossier 12<br />

B) URBAN II – 2000-2006<br />

Dopo alcuni anni dall’avvio del programma Urban I, sia i promotori sia i<br />

finanziatori hanno constatato che nelle aree coinvolte si è verificato un miglioramento<br />

permanente e visibile della qualità della vita. Sulla base <strong>di</strong> questi successi riscontrati in<br />

Italia, come negli altri Stati membri, il Parlamento Europeo ha chiesto, nel 1999, il<br />

mantenimento dal Programma Urban tra le Iniziative Comunitarie.<br />

Gli obiettivi del nuovo Programma Urban sono:<br />

• promuovere strategie innovative per la rigenerazione economica e sociale<br />

delle città <strong>di</strong> piccole e me<strong>di</strong>e <strong>di</strong>mensioni e dei quartieri in crisi<br />

• costruire network internazionali stabili tra città coinvolte nel Programma<br />

per favorire lo scambio <strong>di</strong> conoscenze e <strong>di</strong> esperienze relative alla<br />

rigenerazione urbana e allo sviluppo sostenibile.<br />

Le aree in cui è possibile avviare l’iniziativa sono zone in ambito urbano anche<br />

<strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni, comunque non inferiori ai 20.000 abitanti. Carattere precipuo <strong>di</strong><br />

Urban II è l’integrazione degli interventi economici, sociali e ambientali che promuove.<br />

16


Deve essere sempre basato su attività <strong>di</strong> sviluppo economico, integrazione sociale e <strong>di</strong><br />

riqualificazione, tutela e valorizzazione ambientale. In più promuove il partenariato<br />

pubblico-privato e l’approccio <strong>di</strong> emersione dal basso (<strong>di</strong> tipo bottom-up) che favorisca<br />

la partecipazione degli attori locali e dei portatori degli interessi dell’area.<br />

Il programma Urban II interessa 10 città italiane: Carrara, Caserta, Crotone,<br />

Genova, Milano, Misterbianco, Mola <strong>di</strong> Bari, Pescara, Taranto e Torino (tabella 2.2).<br />

TABELLA 2.2 - I 10 Programmi Urban II italiani<br />

Comune Costo totale<br />

(milioni <strong>di</strong> euro)<br />

Risorse private<br />

(milioni <strong>di</strong> euro)<br />

Incentivi alle<br />

imprese<br />

(% costo totale)<br />

Torino 28,43 1,60 1,47<br />

Milano 27,00 --- 14,93<br />

Genova 29,52 2,84 5,69<br />

Carrara 27,16 5,00 8,69<br />

Pescara 12,23 7,38 15,10<br />

Caserta 29,25 4,17 25,50<br />

Taranto 38,75 6,97 27,29<br />

Crotone 25,08 --- 9,97<br />

Mola <strong>di</strong> Bari (BA) 21,86 1,64 25,72<br />

Misterbianco (CT) 25,09 --- 12,16<br />

Totali 264,37 29,60 ----<br />

Fonte: Ministero delle Infrastrutture<br />

Le risorse destinate ai “regimi <strong>di</strong> aiuto” da parte dei 10 Programmi ammontano a<br />

39,5 milioni <strong>di</strong> euro, pari al 15% degli investimenti complessivi previsti.<br />

La maggior parte degli interventi per lo sviluppo è finalizzata <strong>di</strong>rettamente alla<br />

creazione o alla crescita <strong>di</strong> attività economiche (55%), il 20% è orientato al<br />

potenziamento dell’economia sociale, il 16% riguarda azioni <strong>di</strong> recupero <strong>di</strong> immobili<br />

destinati ad attività economiche, e il restante 9% è <strong>di</strong>retto al rafforzamento dei servizi<br />

alle imprese.<br />

Nel Mezzogiorno italiano, la maggior parte delle risorse è destinata agli<br />

incentivi allo sviluppo, tramite aiuti alle imprese, che assorbono circa il 20% delle<br />

risorse totali stanziate, mentre nelle città del Centro-Nord, la riqualificazione urbana<br />

passa soprattutto attraverso il superamento delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> congestione e<br />

inquinamento da traffico, il miglioramento della sicurezza, la valorizzazione delle aree<br />

ver<strong>di</strong> e sportive e il potenziamento dei servizi sociali e culturali. Ad esempio, la città <strong>di</strong><br />

Torino ha destinato al regime <strong>di</strong> aiuti alle imprese solo 418 mila euro, pari a circa<br />

l’1,47% delle risorse complessive messe in cantiere. Si punta soprattutto sugli interventi<br />

<strong>di</strong> e<strong>di</strong>lizia, interventi sociali, interventi e <strong>di</strong> potenziamento delle infrastrutture e <strong>di</strong><br />

servizi, per innescare un processo <strong>di</strong> trasformazione sociale, fisica, ambientale e<br />

economica in un’area posta a sud <strong>di</strong> Torino, con circa 25 mila residenti, confinante con<br />

l’area industriale Fiat Mirafiori. Tra i risultati attesi, si in<strong>di</strong>cano la riqualificazione delle<br />

aree ver<strong>di</strong> e sportive presenti, la riduzione dei fenomeni <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio sociale e la<br />

trasformazione dell’area periferica in un centro produttivo, in grado <strong>di</strong> fornire servizi<br />

innovativi.<br />

17


TAVOLA 2.2 - URBAN II<br />

Obiettivo Rivitalizzazione economica e sociale delle città e delle zone urbane in crisi<br />

attraverso:<br />

• strategie innovative per le rivitalizzazione sostenibile <strong>di</strong> città <strong>di</strong> piccole e<br />

me<strong>di</strong>e <strong>di</strong>mensioni e/o <strong>di</strong> aree urbane degradate all’interno <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> città<br />

• favorire lo sviluppo e lo scambio <strong>di</strong> esperienze e conoscenze sullo sviluppo<br />

urbano sostenibile nell’Ue<br />

Metodo • approccio integrato<br />

• riconversione <strong>di</strong> infrastrutture obsolete<br />

• miglioramento della qualità dell’ambiente<br />

• azioni per l’economia e il mercato del lavoro<br />

Criteri <strong>di</strong><br />

ammissibilità delle<br />

aree<br />

Procedure <strong>di</strong><br />

approvazione dei<br />

programmi<br />

• lotta all’esclusione sociale<br />

• tasso <strong>di</strong> <strong>di</strong>soccupazione<br />

• tasso <strong>di</strong> povertà<br />

• fenomeni sociali<br />

• problemi ambientali<br />

• gli stati membri presentano i loro programmi, entro 6 mesi dall’approvazione<br />

finale degli orientamenti della Commissione<br />

• redazione del documento <strong>di</strong> programmazione<br />

• gestione secondo le procedure dei Programmi Operativi<br />

• il contributo del FESR non supera il 75% del costo totale in zone Ob. 1; il<br />

50% nelle altre aree<br />

• un minimo <strong>di</strong> 500 euro per ciascun destinatario<br />

Interventi prioritari • riurbanizzazione polifunzionale eco-compatibile degli spazi del territorio<br />

(compresi e<strong>di</strong>fici e spazi aperti in zone degradate e il patrimonio culturale e<br />

storico)<br />

• integrazione delle persone socialmente escluse e delle minoranze etniche<br />

• accesso ai servizi essenziali<br />

• coinvolgimento delle comunità locali<br />

• occupazione durevole e patti per l’occupazione<br />

• sviluppo per l’impren<strong>di</strong>torialità<br />

• trasporti pubblici multimodali<br />

Stanziamenti <strong>di</strong> 700<br />

milioni <strong>di</strong> euro –<br />

criteri <strong>di</strong> ripartizione<br />

Fonte: Commissione Europea<br />

• riduzione e trattamento dei rifiuti<br />

• 15 milioni alle reti<br />

• popolazione delle aree urbane 50%<br />

• <strong>di</strong>soccupazione delle aree urbane 25%<br />

• <strong>di</strong>soccupazione <strong>di</strong> lunga durata nelle aree urbane 25%<br />

Fino al 2006, il piano degli investimenti per Urban II attiverà risorse comunitarie<br />

per 114,5 milioni <strong>di</strong> euro, ai quali va aggiunta la quota nazionale pari a 131,1 milioni <strong>di</strong><br />

euro, <strong>di</strong> cui 72,3 a carico dello Stato e 58,8 a carico delle città titolari dei Programmi. A<br />

questi finanziamenti occorre aggiungere gli investimenti privati pari a 18 milioni <strong>di</strong><br />

euro, così si raggiunge la cifra complessiva <strong>di</strong> 263 milioni <strong>di</strong> euro <strong>di</strong> investimenti.<br />

Nella tavola 2.2, si propone una sintesi delle principali caratteristiche<br />

dell’Iniziativa Urban II. Lo schema seguito è analogo a quello utilizzato per descrivere<br />

le caratteristiche <strong>di</strong> Urban I, così da rendere possibile l’in<strong>di</strong>viduazione sinottica <strong>di</strong><br />

somiglianze e <strong>di</strong>versità.<br />

18


2.2.3 Politiche europee per lo sviluppo rurale sostenibile: Leader +<br />

Avviata nel 1991, l’Iniziativa Comunitaria Leader ha fatto registrare esiti<br />

positivi, tanto da garantirne il proseguimento e l’approfon<strong>di</strong>mento anche per il periodo<br />

2000-2006, che rappresenta la terza e<strong>di</strong>zione. Essa è tra gli strumenti <strong>di</strong> politica<br />

comunitaria <strong>di</strong> maggior evidenza nello sviluppo sostenibile in ambito rurale. Il<br />

Regolamento CE n.1260/99 recante <strong>di</strong>sposizioni generali sui Fon<strong>di</strong> Strutturali ha<br />

istituito Leader +.<br />

Leader I ha segnato l’inizio <strong>di</strong> una nuova politica <strong>di</strong> sviluppo rurale fondata su<br />

un'impostazione territoriale, integrata e partecipativa.<br />

Leader II ha ampliato i contenuti <strong>di</strong> Leader I, favorendo prevalentemente i<br />

progetti innovativi.<br />

Caratteristiche proprie <strong>di</strong> Leader sono:<br />

• il coinvolgimento degli attori<br />

• l’azione decentrata e integrata sul territorio <strong>di</strong> riferimento me<strong>di</strong>ante attività<br />

bottom-up<br />

• l’apertura delle aree rurali ad altri territori con scambi e il trasferimento <strong>di</strong><br />

esperienze attraverso la costituzione <strong>di</strong> reti.<br />

Si tratta <strong>di</strong> uno strumento auspicato a livello comunitario, perché si ritiene che<br />

possa contribuire a preparare le aree rurali ai mutamenti socio-economici che si<br />

verificheranno nei prossimi anni, soprattutto può contribuire a definire e attuare<br />

strategie per la sostenibilità alla Brundtland, ossia tali da non compromettere le<br />

possibilità delle generazioni future.<br />

Leader + si propone <strong>di</strong> incoraggiare e aiutare gli operatori rurali a valorizzare e<br />

tutelare le potenzialità del territorio in una prospettiva a lungo termine. L'iniziativa<br />

promuove l'attuazione <strong>di</strong> strategie originali <strong>di</strong> sviluppo sostenibile integrate, <strong>di</strong> elevata<br />

qualità, concernenti la sperimentazione <strong>di</strong> nuove forme <strong>di</strong>:<br />

• valorizzazione del patrimonio naturale e culturale<br />

• potenziamento del contesto economico, soprattutto per contribuire a creare posti<br />

<strong>di</strong> lavoro<br />

• miglioramento delle capacità organizzative delle comunità locali.<br />

Elemento caratterizzante del programma è la cooperazione. Promuove infatti la<br />

costituzione <strong>di</strong> partenariati <strong>di</strong> qualità tra i vari operatori all’interno dei territori rurali, tra<br />

territori dello stesso Stato membro e tra territori <strong>di</strong> Stati membri <strong>di</strong>versi.<br />

Per il periodo 2000-2006 il contributo dell’Unione Europea a Leader + ammonta<br />

a 2.020 milioni <strong>di</strong> euro. Per l’Italia lo stanziamento è pari a 267 milioni <strong>di</strong> euro,<br />

finanziati attraverso il Fondo europeo agricolo <strong>di</strong> orientamento e garanzia (FEOGA).<br />

19


3 AGENDA 21 LOCALE: ORIGINI ED ESPERIENZE ITALIANE E<br />

STRANIERE<br />

3.1 La nascita <strong>di</strong> Agenda 21 locale<br />

Il ruolo dei governi locali per il raggiungimento dell’obiettivo <strong>di</strong> uno sviluppo<br />

sostenibile è sancito nel capitolo 28 <strong>di</strong> Agenda 21, dove si riconosce che “molti<br />

problemi e relative soluzioni si ra<strong>di</strong>cano nelle attività locali, nella partecipazione e<br />

cooperazione tra le autorità locali. Esse costruiscono, gestiscono e mantengono le<br />

infrastrutture sociali, economiche ed ambientali, mettono in atto i processi <strong>di</strong><br />

pianificazione, decidono le politiche ambientali e <strong>di</strong> regolazione locali, contribuiscono<br />

all’implementazione delle politiche ambientali nazionali e sub-nazionali’. Come livello<br />

<strong>di</strong> governo più vicino ai citta<strong>di</strong>ni, le autorità locali “giocano un ruolo fondamentale<br />

nella loro educazione, coinvolgimento e mobilitazione per promuovere lo sviluppo<br />

sostenibile” 6 .<br />

Nascono così le Agende 21 Locali (A21L, d’ora in avanti) per la realizzazione <strong>di</strong><br />

politiche integrate e <strong>di</strong> partecipazione attiva e co-responsabile dei vari attori delle<br />

comunità locali. Poiché ogni realtà locale ha delle caratteristiche che gli sono proprie -<br />

culturali, geografiche, economiche, ambientali, sociali - e che la <strong>di</strong>stinguono dalle altre,<br />

ogni ente locale dovrebbe dotarsi <strong>di</strong> una propria Agenda, per definire e realizzare<br />

percorsi autonomi, soluzioni che utilizzino risorse proprie e che si inseriscano in modo<br />

coerente nella propria realtà: “ogni autorità locale dovrebbe <strong>di</strong>alogare con i propri<br />

citta<strong>di</strong>ni, le organizzazioni locali e le imprese private ed adottare una propria Agenda<br />

21. Attraverso la consultazione e la costruzione del consenso, le autorità locali<br />

dovrebbero apprendere ed acquisire dalla comunità locale e dal settore industriale, le<br />

informazioni necessarie per formulare le migliori strategie” 7 .<br />

Il capitolo 28 <strong>di</strong> Agenda 21 ha fissato anche le tappe per il coinvolgimento degli<br />

enti locali:<br />

• dal 1993 le comunità internazionali avrebbero dovuto iniziare un processo <strong>di</strong><br />

consultazione allo scopo <strong>di</strong> accrescere la cooperazione locale per la<br />

realizzazione delle A21L;<br />

• dal 1994, i rappresentanti <strong>di</strong> associazioni delle città e delle autorità locali<br />

avrebbero dovuto accrescere i livelli <strong>di</strong> cooperazione e coor<strong>di</strong>namento con<br />

l’obiettivo <strong>di</strong> migliorare lo scambio <strong>di</strong> informazioni e <strong>di</strong> esperienze tra le<br />

autorità locali;<br />

• dal 1996 le autorità locali avrebbero dovuto mettere in atto un processo <strong>di</strong><br />

consultazione della popolazione e ricercare un consenso per l’implementazione<br />

e la realizzazione <strong>di</strong> A21L.<br />

6 Agenda 21 <strong>di</strong> Rio de Janeiro, cap. 28 par. 1, 1992.<br />

7 Agenda 21 <strong>di</strong> Rio de Janeiro, cap. 28 par. 3, 1992.<br />

20


L’importanza delle Comunità Locali è riba<strong>di</strong>ta, sempre nel 1992, dal Quinto<br />

Programma <strong>di</strong> Azione Ambientale dell’Unione Europea (per il periodo 1992-2000) che<br />

riconosce loro “un ruolo particolarmente significativo nell’assicurare la sostenibilità<br />

dello sviluppo, me<strong>di</strong>ante l’esercizio delle proprie funzioni statutarie quali ‘autorità<br />

competenti’ per molti dei regolamenti e delle <strong>di</strong>rettive vigenti, nel contesto<br />

dell’applicazione pratica del principio <strong>di</strong> sussi<strong>di</strong>arietà (capitolo 3). Lo scopo della<br />

politica comunitaria deve essere quello <strong>di</strong> incoraggiare le autorità locali ad affrontare<br />

la sfida posta dai problemi ambientali e <strong>di</strong> assisterle nel trovare la via migliore per<br />

raggiungere tali obiettivi (capitolo 5.5)”.<br />

3.2 Agenda 21 locale come processo politico e ruolo dei governi locali<br />

Il capitolo 28 <strong>di</strong> Agenda 21 è molto breve e fornisce scarse in<strong>di</strong>cazioni su quali<br />

debbano essere i contenuti specifici delle A21L, non approfon<strong>di</strong>sce la natura delle<br />

risposte che i governi locali dovrebbero dare al problema dello sviluppo sostenibile,<br />

tuttavia contiene un messaggio molto chiaro: la necessità della costruzione del consenso<br />

a livello locale, non soltanto sui contenuti e sulla natura delle iniziative, ma anche sulle<br />

modalità <strong>di</strong> attuazione. A21L è da questo punto <strong>di</strong> vista un processo politico, che deve<br />

coinvolgere tutti gli attori interessati ai problemi <strong>di</strong> carattere locale, <strong>di</strong> qualsiasi natura,<br />

economica, ambientale o sociale. Discende da ciò che i governi locali possono anche<br />

assumere un ruolo <strong>di</strong> guida e leadership, ma non sono gli unici attori e gli unici<br />

responsabili. “…it is clear that LA21 is to be an effort cross community” (Morphet e<br />

Hams [1984]). È significativo al riguardo, il titolo stesso del cap. 28 “Local authorities’<br />

initiative in support of Agenda 21”. I governi e le autorità locali devono quin<strong>di</strong><br />

promuovere la cooperazione tra tutti i gruppi e le organizzazioni coinvolte e interessate<br />

all’idea dello sviluppo sostenibile. Come hanno sottolineato Kitchen e Whitney [1996],<br />

“the whole point about Local Agenda 21… is that it is not controlled by the local<br />

authority, but is instead about the local authority using its position and resources to try<br />

to facilitate the achievement of a level of community consensus”. Questa prospettiva<br />

probabilmente si scontra con il modus operan<strong>di</strong> convenzionale dei processi decisionali a<br />

livello locale, rappresenta una sfida per i governi locali, che dovrebbero stimolare la<br />

partecipazione del maggior numero <strong>di</strong> soggetti alla programmazione <strong>di</strong> politiche e <strong>di</strong><br />

azioni <strong>di</strong>rette alla sostenibilità dello sviluppo.<br />

L’incisività dell’azione dei governi e delle autorità locali <strong>di</strong>pende poi dal grado<br />

<strong>di</strong> autonomia e dalle competenze specifiche che ad essi sono attribuite. In molti Paesi, i<br />

governi locali svolgono funzioni che sono loro imposte dal Governo centrale e alle quali<br />

de<strong>di</strong>cano la maggior parte delle risorse <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>spongono; hanno quin<strong>di</strong> margini <strong>di</strong><br />

manovra molto limitati sul piano concreto. In altri, godono <strong>di</strong> ampi margini <strong>di</strong><br />

autonomia tributaria e <strong>di</strong> gestione delle risorse. Non può quin<strong>di</strong> esistere un modello <strong>di</strong><br />

A21L valido per tutti i Paesi o per tutte le aree <strong>di</strong> uno stesso Paese.<br />

21


3.3 La realizzazione concreta <strong>di</strong> Agenda 21 locale<br />

Nelle pagine precedenti è stato sottolineato il significato <strong>di</strong> A21L come processo<br />

e come idea politica. Tuttavia, se lo sviluppo sostenibile è un obiettivo da perseguire è<br />

necessario dare dei contenuti concreti al processo <strong>di</strong> A21L.<br />

Spunti più articolati, rispetto al cap. 28 <strong>di</strong> Agenda 21, per la concreta<br />

realizzazione delle A21L si ritrovano in alcuni documenti dell’ICLEI (International<br />

Council for Local Environmental Initiatives) (1995), dove si ipotizza un percorso<br />

possibile, che è opportuno riportare, in quanto è <strong>di</strong>ventato anche uno dei principali punti<br />

<strong>di</strong> riferimento per l’esperienza italiana. Il percorso suggerito dovrebbe comprendere le<br />

seguenti fasi:<br />

1. l’Amministrazione pubblica prende un impegno ufficiale per la realizzazione<br />

<strong>di</strong> A21L, ad esempio, attraverso la sottoscrizione <strong>di</strong> un documento<br />

internazionale o nazionale;<br />

2. le autorità locali procedono con l’in<strong>di</strong>viduazione degli attori locali e le<br />

modalità del loro coinvolgimento;<br />

3. si crea un Forum cui partecipano tutti i soggetti coinvolti e che può essere<br />

<strong>di</strong>viso in sessioni tematiche;<br />

4. vengono formulati gli obiettivi generali e definite le priorità <strong>di</strong> intervento;<br />

5. si passa alla fase <strong>di</strong> programmazione;<br />

6. si elabora il Piano <strong>di</strong> Azione e lo si attua;<br />

7. l’ultima fase è quella del monitoraggio, della valutazione e dell’eventuale<br />

revisione, in una ottica <strong>di</strong> miglioramento continuo.<br />

L’ICLEI (1998) propone anche i punti qualificanti che dovrebbero caratterizzare<br />

una A21L:<br />

• integrazione degli obiettivi ambientali con gli obiettivi economici e sociali;<br />

• integrazione degli interessi <strong>di</strong> tutti i gruppi sociali coinvolti;<br />

• orizzonte temporale <strong>di</strong> lungo periodo, in modo da tenere conto dei problemi <strong>di</strong><br />

equità inter-generazionale;<br />

• <strong>di</strong>mensione globale, secondo due <strong>di</strong>rezioni: valutare l’impatto dell’azione locale<br />

sullo sviluppo globale; correggere a livello locale eventuali <strong>di</strong>storsioni nella<br />

<strong>di</strong>stribuzione delle risorse a livello globale;<br />

• gestione sostenibile delle risorse naturali.<br />

Con riferimento al ruolo centrale delle comunità locali, si sviluppano altre<br />

interessanti iniziative, come la Conferenza Europea sulle Città Sostenibili, tenutasi nel<br />

1994 ad Aalborg, in Danimarca, durante la quale viene approvata la Carta delle Città<br />

Europee per un Modello Urbano Sostenibile. Le Città sono “la più ampia unità in<br />

grado <strong>di</strong> affrontare inizialmente i molti squilibri urbani, da quelli architettonici a quelli<br />

sociali, economici, politici, ambientali e delle risorse naturali che affliggono il mondo”<br />

ed al tempo stesso la “scala più piccola alla quale i problemi possono essere risolti<br />

positivamente in maniera integrata, olistica e sostenibile”. Le Città firmatarie della<br />

Carta (500 comunità locali <strong>di</strong> tutto il mondo, tra le quali 41 italiane) si pongono<br />

molteplici obiettivi, nell’ambito della meta dello sviluppo sostenibile, quali il sostegno<br />

22


agli investimenti in capitale naturale (risorse naturali, atmosfera, suolo, acque,<br />

foreste…), così da conservarlo, favorirne la crescita riducendo gli sprechi; l’incremento<br />

nell’utilizzo <strong>di</strong> energie rinnovabili; gli incentivi per una maggiore efficienza nel<br />

consumo; l’attuazione <strong>di</strong> politiche sociali, me<strong>di</strong>ante programmi sanitari, occupazionali,<br />

abitativi, volte a ridurre le <strong>di</strong>seguaglianze e a migliorare la qualità della vita dei<br />

citta<strong>di</strong>ni; l’introduzione <strong>di</strong> politiche <strong>di</strong> pianificazione nell’utilizzo del territorio che<br />

tengano conto delle problematiche ambientali; l’introduzione <strong>di</strong> programmi che<br />

contribuiscano ad una globale riduzione dell’inquinamento; gli incentivi alla<br />

partecipazione dei gruppi <strong>di</strong> interesse e dei citta<strong>di</strong>ni in generale alla formazione e<br />

realizzazione <strong>di</strong> A21L.<br />

Anche all’interno della Carta <strong>di</strong> Aalborg, si definiscono le tappe <strong>di</strong> un percorso<br />

possibile <strong>di</strong> implementazione <strong>di</strong> A21L al pari <strong>di</strong> quello previsto dal documento ICLEI<br />

del 1995:<br />

• in<strong>di</strong>viduazione degli strumenti <strong>di</strong> programmazione e delle risorse finanziarie<br />

esistenti, dei piani e programmi <strong>di</strong> supporto;<br />

• in<strong>di</strong>viduazione delle problematiche e delle relative cause, facendo ampio ricorso alla<br />

consultazione dei citta<strong>di</strong>ni;<br />

• attribuzione delle priorità ai problemi in<strong>di</strong>viduati;<br />

• formazione <strong>di</strong> un punto <strong>di</strong> vista comune attraverso la partecipazione della<br />

collettività, in particolare dei soggetti <strong>di</strong> ogni settore interessato;<br />

• valutazione delle strategie alternative;<br />

• adozione dei Piani locali <strong>di</strong> azione a lungo termine;<br />

• programmazione della attuazione del Piano;<br />

• procedure <strong>di</strong> relazione e monitoraggio della attuazione del Piano.<br />

3.4 L’esperienza italiana <strong>di</strong> Agenda 21 locale<br />

3.4.1 L’impegno politico<br />

Il primo passo compiuto in Italia verso la realizzazione dei contenuti del capitolo<br />

28 dell’Agenda 21 ha rispettato la data prevista. Infatti nel 1993, è stata approvata la<br />

Delibera del CIPE relativa al Piano Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile in Italia,<br />

dove si legge che “perseguire lo sviluppo sostenibile significa ricercare un<br />

miglioramento della qualità della vita pur rimanendo nei limiti della ricettività<br />

ambientale”.<br />

Da questo concetto generale <strong>di</strong>scendono i tre elementi su cui si dovrebbe basare<br />

una politica <strong>di</strong> sviluppo sostenibile:<br />

1. assicurare coerenza tra le politiche settoriali, integrando “considerazioni<br />

ambientali in tutte le strutture <strong>di</strong> governo centrale e in tutti i livelli <strong>di</strong><br />

governo”;<br />

23


2. prevedere un sistema <strong>di</strong> pianificazione, controllo e gestione a sostegno delle<br />

politiche <strong>di</strong> sviluppo sostenibile;<br />

3. promuovere la partecipazione pubblica ai processi decisionali.<br />

Alla delibera CIPE hanno fatto seguito numerose iniziative, tra le quali si<br />

ricordano il Gruppo <strong>di</strong> Lavoro sulle Città Sostenibili, del Ministero dell’Ambiente, dal<br />

1996 al 1997, cui hanno partecipato anche INU, Legambiente, WWF; il Premio Città<br />

Sostenibili delle Bambine e dei Bambini; il Premio Città Sostenibili; le attività <strong>di</strong><br />

informazione, attraverso accor<strong>di</strong> con la Rai; le attività <strong>di</strong> formazione sullo sviluppo<br />

sostenibile locale, tramite Università e <strong>Centri</strong> <strong>di</strong> Formazione, come FORMEZ ed altri;<br />

la redazione del Piano Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, elaborato dal Ministero<br />

dell’Ambiente con l’ENEA; il Bando del 2000 che prevede cofinanziamenti da parte del<br />

Ministero dall’Ambiente per la realizzazione <strong>di</strong> progetti destinati all’attivazione <strong>di</strong><br />

A21L (tavola 3.1).<br />

Ma è solo nel 1999 che nasce a Ferrara il Coor<strong>di</strong>namento delle Agende 21<br />

Locali Italiane a sostegno <strong>di</strong> quegli enti locali - Regioni, Province, Comuni, Comunità<br />

Montane, Aggregazioni <strong>di</strong> Comuni, altri enti - che avevano già iniziato il processo <strong>di</strong><br />

attivazione <strong>di</strong> A21L. La Carta <strong>di</strong> Ferrara fa esplicito riferimento ai documenti ed alle<br />

iniziative internazionali, già citati, quali Agenda 21, la Carta delle Città Europee, la<br />

Campagna Europea per le Città Sostenibili, in quanto il Coor<strong>di</strong>namento vuole<br />

affiancarsi alle strutture esistenti a livello nazionale ed internazionale. Tra gli obiettivi<br />

del Coor<strong>di</strong>namento:<br />

• promuovere i processi <strong>di</strong> A21L in Italia;<br />

• sostenere e <strong>di</strong>vulgare informazioni sulle esperienze positive;<br />

• potenziare lo scambio <strong>di</strong> informazioni;<br />

• fare attività <strong>di</strong> formazione per i tecnici delle amministrazioni interessate;<br />

• sviluppare aree <strong>di</strong> ricerca, confronto ed approfon<strong>di</strong>mento;<br />

• sollecitare la partecipazione delle amministrazioni pubbliche a reti internazionali, da<br />

un lato, e fornire un contributo italiano ad A21L, dall’altro.<br />

Nella successiva Carta <strong>di</strong> Firenze si riba<strong>di</strong>sce il ruolo dei governi locali<br />

nell’attuazione delle politiche per lo sviluppo sostenibile, attraverso lo strumento <strong>di</strong><br />

A21L, in quanto ‘soggetti <strong>di</strong>rettamente coinvolti nei problemi’. Questa volta l’obiettivo<br />

è quello <strong>di</strong> seguire da vicino la ‘sperimentazione’ <strong>di</strong> principi, procedure, meto<strong>di</strong>,<br />

contenuti nella formazione ed attuazione delle Agende 21, portata avanti dagli enti<br />

pubblici ‘pionieri’. Le aree da prevedere nelle A21L sono numerose, dall’innovazione<br />

tecnologica nell’ottica dello sviluppo sostenibile all’attività <strong>di</strong> informazione, formazione<br />

ed educazione ambientale; dall’introduzione <strong>di</strong> procedure <strong>di</strong> certificazione della qualità<br />

dell’ambiente da parte <strong>di</strong> imprese pubbliche e private all’introduzione della contabilità<br />

ambientale per la valutazione delle politiche <strong>di</strong> settore, dei piani e dei programmi; allo<br />

“sviluppo <strong>di</strong> iniziative integrate per la conservazione della bio<strong>di</strong>versità e del paesaggio,<br />

per la tutela e la valorizzazione delle risorse agricole e naturali, dei beni culturali e<br />

della qualità urbana”. Non manca il riferimento al ruolo del governo centrale, che<br />

dovrebbe sostenere le autorità locali dal punto <strong>di</strong> vista economico; prevedere strumenti<br />

<strong>di</strong> incentivazione per tutti i soggetti coinvolti, amministrazioni locali, imprese, altri<br />

24


attori sociali; definire criteri per l’elaborazione e la ‘realizzazione <strong>di</strong> strumenti <strong>di</strong><br />

programmazione sostenibili, integrati e concertati’.<br />

3.4.2 Le azioni concrete<br />

Una valutazione generale circa l’implementazione <strong>di</strong> A21L in Italia può essere<br />

tratta da alcuni rapporti ed indagini elaborati a questo scopo, quali il Rapporto<br />

dell’Osservatorio Città Sostenibili e del Centro Ricerche Urbane del 2001, il Rapporto<br />

del CNEL del 2001, l’Indagine <strong>di</strong> FocusLab nel 2002, il “Secondo Questionario<br />

sull’A21L”, <strong>di</strong>ffuso nel 2002 dal Ministero dell’Ambiente, i cui risultati sono stati<br />

pubblicati nell’aprile 2003.<br />

Lo stu<strong>di</strong>o del 2001 a cura dell’Osservatorio Città Sostenibili è stato effettuato<br />

prendendo come riferimento solo gli enti iscritti al 1° ottobre 2001 all’Associazione<br />

Nazionale per il Coor<strong>di</strong>namento Agende 21 Locali (4 regioni, 31 province, 18 comunità<br />

autonome, 1 ente parco, 4 parchi regionali, 269 comuni, per un totale <strong>di</strong> 327 autorità<br />

locali, anche se in realtà gli enti che, a quella data, avevano intrapreso iniziative per lo<br />

sviluppo sostenibile erano in numero più elevato).<br />

Nel 2002, anno in cui è stata svolta l’indagine da parte <strong>di</strong> FocusLab, gli enti che<br />

avevano aderito ufficialmente ad un documento internazionale o europeo per il processo<br />

<strong>di</strong> realizzazione dell’Agenda 21 erano 556, cifra 5 volte maggiore rispetto al 2000. Nel<br />

lavoro <strong>di</strong> FocusLab si evidenzia una partecipazione crescente da parte delle<br />

Amministrazioni Locali italiane ed un forte <strong>di</strong>namismo. C’è da <strong>di</strong>re a tal proposito, che<br />

l’incremento <strong>di</strong> partecipazione è coinciso con la <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> finanziamenti derivanti<br />

dal Ministero dell’Ambiente (tavola 3.1). Tra gli Enti intervistati, le Regioni in cui era<br />

risultato un maggior numero <strong>di</strong> A21L sono, nell’or<strong>di</strong>ne, l’Emilia Romagna, la<br />

Lombar<strong>di</strong>a, la Puglia, la Toscana e la Sicilia, con il coinvolgimento <strong>di</strong> tutte le tipologie<br />

<strong>di</strong> enti, ma soprattutto dei Comuni, per il 72% circa. In totale, tali Enti rappresentavano<br />

un quinto circa della popolazione italiana. Di questi, il 55% aveva già attivato il<br />

processo <strong>di</strong> attuazione della A21L. In Lombar<strong>di</strong>a, Emilia Romagna e Toscana si era già<br />

alla fase <strong>di</strong> monitoraggio.<br />

L’indagine <strong>di</strong> FocusLab ha preso come riferimento le definizioni e i principi<br />

in<strong>di</strong>cati a livello internazionale ed europeo, in particolare quelli del documento ICLEI<br />

del 1998, citato in precedenza; la valutazione dello stato <strong>di</strong> attuazione <strong>di</strong> A21L si è<br />

basata su parametri, quali il grado <strong>di</strong> avanzamento nell’attivazione <strong>di</strong> A21L e l’analisi<br />

delle <strong>di</strong>verse fasi del processo; l’esistenza <strong>di</strong> altri progetti attivati oltre ad A21L; la<br />

quantità <strong>di</strong> personale <strong>di</strong>rettamente impiegato; l’entità delle risorse finanziarie impiegate;<br />

il grado <strong>di</strong> partecipazione degli attori locali; l’autovalutazione dei risultati da parte degli<br />

Enti intervistati; degli ostacoli incontrati; delle prospettive.<br />

Dall’analisi sono emersi alcuni punti <strong>di</strong> forza ed alcune debolezze.<br />

Tra i primi, vanno sottolineati il crescente interesse e la crescente partecipazione<br />

da parte degli Enti locali alle politiche territoriali e <strong>di</strong> sviluppo a livello nazionale; la<br />

maggiore consapevolezza da parte dei soggetti locali coinvolti, attraverso nuove forme<br />

<strong>di</strong> rappresentatività, interazione e partecipazione; un maggiore coor<strong>di</strong>namento a livello<br />

regionale e provinciale per rafforzare lo sviluppo delle A21L ed utilizzare meglio le<br />

risorse a <strong>di</strong>sposizione; l’utilità dei Forum, che permettono una migliore integrazione<br />

delle problematiche ambientali-territoriali con quelle sociali, sanitarie, culturali ed<br />

25


economiche; la previsione <strong>di</strong> processi <strong>di</strong> valutazione delle politiche ambientali, con la<br />

<strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sostenibilità aggregati o specifici; una maggiore attività <strong>di</strong><br />

formazione orientata soprattutto ai bambini, attraverso le scuole; la promozione <strong>di</strong><br />

numerosi progetti <strong>di</strong> ricerca, a livello nazionale ed europeo, al fine <strong>di</strong> migliorare le<br />

politiche, i programmi, i progetti degli Enti pubblici.<br />

Tra gli aspetti critici messi in evidenza, sembra opportuno ricordare innanzitutto<br />

la debolezza strutturale <strong>di</strong> A21L, che è pur sempre uno strumento volontario e non<br />

vincolante dal punto <strong>di</strong> vista giuri<strong>di</strong>co; la potenziale conflittualità derivante dalla<br />

presenza <strong>di</strong> più attori, che implica interpretazioni <strong>di</strong>verse dei <strong>di</strong>versi problemi e dunque<br />

anche proposte e soluzioni <strong>di</strong>fferenti; ancora una certa <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> comunicazione tra i<br />

soggetti e gli enti coinvolti, se si tiene conto del fatto che i meccanismi <strong>di</strong> cooperazione<br />

tra enti locali e <strong>di</strong> coinvolgimento degli attori locali previsti dalle A21L sono elementi<br />

abbastanza innovativi per gli enti locali italiani; la lunghezza dei tempi <strong>di</strong> attuazione dei<br />

processi e, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> valutazione dei risultati, causata anche dal fatto che la<br />

programmazione a livello locale non è ancora un processo consolidato; la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong><br />

spostarsi dalla fase della progettazione a quella dell’esecuzione, in assenza <strong>di</strong> certezze<br />

sulla quantità <strong>di</strong> risorse <strong>di</strong>sponibili nel me<strong>di</strong>o-lungo periodo; un certo sbilanciamento<br />

dei contenuti dei Piani d’azione verso gli aspetti ambientali, con prevalente attenzione<br />

ai problemi dei trasporti, dell’acqua, dei rifiuti e della qualità dell’aria; ancora una<br />

frammentazione delle iniziative e scarsa integrazione tra i progetti dei Piani <strong>di</strong> Azione e<br />

i contenuti dei Piani Territoriali <strong>di</strong> Coor<strong>di</strong>namento Provinciale, dei Patti Territoriali, dei<br />

Piani <strong>di</strong> Sviluppo Pluriennali.<br />

In estrema sintesi, dall’indagine <strong>di</strong> FocusLab emergono due tipi <strong>di</strong> approcci<br />

all’implementazione <strong>di</strong> A21L. Il primo consiste in un modello che privilegia gli aspetti<br />

tecnici, la raccolta <strong>di</strong> dati e informazioni, la costruzione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>catori; il secondo si basa<br />

sull’idea <strong>di</strong> A21L come processo politico <strong>di</strong> costruzione del consenso, con l’interazione<br />

<strong>di</strong> tutte le parti sociali interessate. In realtà, la corretta applicazione dei principi <strong>di</strong> A21L<br />

implica che i due approcci coesistano e si sviluppino parallelamente.<br />

C’è a monte degli aspetti critici appena posti in evidenza una peculiarità italiana,<br />

sottolineata dall’ANPA 8 , che è la <strong>di</strong>mensione demografica molto limitata <strong>di</strong> gran parte<br />

dei comuni, se si ricorda che circa il 70% ha una popolazione inferiore ai 5.000 abitanti.<br />

Secondo lo stu<strong>di</strong>o dell’ANPA, in molti <strong>di</strong> questi piccolissimi comuni, le autorità locali<br />

non hanno mai sentito parlare dell’A21L; ma si osserva un buon grado <strong>di</strong> adesione e<br />

partecipazione laddove le Regioni e le Province hanno assunto l’iniziativa <strong>di</strong> adottare<br />

<strong>di</strong>rettamente una Agenda 21 Locale. Invocando in qualche modo il principio <strong>di</strong><br />

sussi<strong>di</strong>arietà, l’ANPA stessa suggerisce l’implementazione dell’A21L a livelli <strong>di</strong><br />

governo superiori, in assenza <strong>di</strong> una massa critica adeguata, stante la complessità delle<br />

questioni da affrontare e la quantità <strong>di</strong> risorse necessarie.<br />

8 L’ANPA è l’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’ambiente, istituita con L. n. 61/1994, per lo<br />

svolgimento <strong>di</strong> attività tecnico-scientifiche <strong>di</strong> interesse nazionale in materia <strong>di</strong> protezione dell’ambiente,<br />

attività <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzo e coor<strong>di</strong>namento tecnico nei confronti delle Agenzie regionali e delle Province<br />

autonome per la protezione dell’ambiente (ARPA), istituite con la stessa legge, attività <strong>di</strong> consulenza e<br />

supporto tecnico-scientifico al Ministero dell’Ambiente e, tramite convenzioni, ad altre Amministrazioni<br />

ed Enti pubblici.<br />

26


Un’altra interessante indagine è il “Secondo Questionario sull’A21L”, curato dal<br />

Ministero dell’Ambiente, che ha intervistato i 110 enti che hanno avviato un processo <strong>di</strong><br />

attivazione dell’Agenda grazie al cofinanziamento ottenuto secondo il Bando del<br />

Dicembre 2000. Rispetto al rapporto <strong>di</strong> FocusLab il numero <strong>di</strong> enti coinvolti in generale<br />

nell’implementazione <strong>di</strong> A21L sale da circa 500 a circa 700. In realtà, solo la metà <strong>di</strong><br />

questi ha <strong>di</strong> fatto iniziato il processo e sono ancora molto pochi gli enti che hanno<br />

definito il Piano <strong>di</strong> Azione locale ed ancora meno quelli che sono giunti alla fase <strong>di</strong><br />

monitoraggio. Si ipotizza però un arricchimento <strong>di</strong> tale quadro grazie ai Ban<strong>di</strong><br />

Regionali pubblicati <strong>di</strong> recente in Lombar<strong>di</strong>a, Toscana, Emilia Romagna, Puglia e<br />

Sardegna, <strong>di</strong> cui si è già accennato, e soprattutto al secondo bando <strong>di</strong> cofinanziamento<br />

del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio pubblicato nel 2003.<br />

Attraverso il questionario, inviato dal Ministero dell’Ambiente agli enti che<br />

hanno ricevuto il cofinanziamento, è stato possibile tracciare un quadro <strong>di</strong> insieme sulla<br />

situazione generale e sul grado <strong>di</strong> attuazione delle A21L (l’elenco dei progetti e i<br />

relativi importi sono contenuti nella tavola 3.1, alla fine del capitolo), rispetto alle<br />

quattro fasi in<strong>di</strong>viduate:<br />

A. 1) stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> caratterizzazione ambientale del territorio; 2) sperimentazione <strong>di</strong><br />

progetti <strong>di</strong> contabilità ambientale; 3) certificazione ambientale<br />

B. 1) azioni a sostegno dell’informazione e della partecipazione del pubblico; 2)<br />

attivazione del forum; 3) applicazione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sviluppo sostenibile locale<br />

C. 1) pre<strong>di</strong>sposizione Piano <strong>di</strong> Azione Locale; 2) definizione <strong>di</strong> strategie <strong>di</strong><br />

sviluppo sostenibile<br />

D. 1) stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> pre-fattibilità delle azioni in<strong>di</strong>viduate nei Piani <strong>di</strong> Azione locale.<br />

TABELLA 3.1 - Stato <strong>di</strong> attuazione dei progetti <strong>di</strong> A21L (progetti cofinanziati)<br />

Enti<br />

Parco<br />

Province Comuni Consorzi e<br />

Associazioni<br />

fra Comuni<br />

Comunità<br />

Montane<br />

Totale<br />

Enti<br />

% sui 102<br />

enti che<br />

hanno<br />

risposto<br />

A1 5 15 31 15 10 76 74,5<br />

A2 0 3 5 2 2 12 11,8<br />

A3 3 2 6 3 2 16 15,7<br />

B1 6 19 38 15 11 89 87,3<br />

B2 5 14 32 14 12 77 75,5<br />

B3 2 10 22 8 7 49 48,0<br />

C1 2 5 13 5 3 28 27,5<br />

C2 1 4 12 4 3 24 23,5<br />

D1 1 4 6 0 0 11 10,8<br />

Ministero dell’Ambiente, 2003<br />

La tabella 3.1 illustra il percorso effettuato dalle autonomie locali, <strong>di</strong>vise per<br />

tipologia <strong>di</strong> ente.<br />

27


Dalle risposte ottenute sono emerse le seguenti in<strong>di</strong>cazioni e informazioni.<br />

1. La maggior parte degli enti ha <strong>di</strong>chiarato <strong>di</strong> voler perseguire l’obiettivo <strong>di</strong><br />

re<strong>di</strong>gere e pubblicare un Rapporto sullo Stato dell’Ambiente (RSA), come<br />

punto <strong>di</strong> riferimento fondamentale per la definizione <strong>di</strong> politiche ambientali<br />

coerenti. A tal fine <strong>di</strong>venta in<strong>di</strong>spensabile il coinvolgimento <strong>di</strong> tutti i settori<br />

interni all’ente, anche se l’ufficio tecnico e quello per l’ambiente e lo<br />

sviluppo sostenibile sembrano maggiormente impegnati a tale scopo. Per la<br />

raccolta dei dati e la loro elaborazione sono coinvolti numerosi enti e<br />

soggetti anche esterni alla pubblica amministrazione: ISTAT, Regione,<br />

Università ed Enti <strong>di</strong> <strong>Ricerca</strong>, ma anche ASL, Camere <strong>di</strong> Commercio,<br />

Associazioni Ambientaliste e <strong>di</strong> Volontariato, Consorzi <strong>di</strong> Bonifica, Autorità<br />

<strong>di</strong> Bacino, Associazioni <strong>di</strong> Categoria e Sindacali, Agenzie <strong>di</strong> Promozione<br />

Turistica.<br />

2. L’applicazione <strong>di</strong> A21L incoraggia i processi <strong>di</strong> certificazione ambientale, in<br />

modo da razionalizzare l’utilizzo delle risorse. Tra quelli intervistati, 16 enti<br />

hanno attivato un percorso per la certificazione (6 comuni, 3 enti parco, 3<br />

consorzi ed associazioni tra comuni, 2 comunità montane e 2 province),<br />

facendo riferimento al Regolamento EMAS II ed alla norma internazionale<br />

UNI EN ISO 14001 9 .<br />

3. Il sistema <strong>di</strong> contabilità ambientale, su cui è fiorita una vastissima letteratura<br />

e sono stati prodotti molteplici documenti da parte <strong>di</strong> organismi<br />

internazionali, che utilizza strumenti statistico-contabili al fine <strong>di</strong> descrivere<br />

le relazioni esistenti tra sistema economico ed ambiente, è in Italia ancora in<br />

fase sperimentale. Degli enti intervistati, solo 12 hanno attivato la contabilità<br />

ambientale.<br />

4. Tutti gli enti intervistati ritengono strategica la fase dell’informazione, che<br />

dovrebbe agevolare l’auspicato processo <strong>di</strong> partecipazione e <strong>di</strong> costruzione<br />

del consenso sulle linee <strong>di</strong> policy. Gli strumenti utilizzati sono molteplici,<br />

dalla <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> materiale cartaceo all’organizzazione <strong>di</strong> incontri<br />

pubblici all’apertura <strong>di</strong> pagine web de<strong>di</strong>cate al tema dell’A21L. Molto<br />

importante è anche la <strong>di</strong>ffusione delle informazioni nelle scuole, con<br />

l’utilizzo <strong>di</strong> tutti i sussi<strong>di</strong> <strong>di</strong>dattici, e presso tutto il personale della pubblica<br />

amministrazione.<br />

5. Dei 102 enti intervistati, ben 77 hanno previsto l’attività del forum civico per<br />

informare, sensibilizzare, consultare i portatori <strong>di</strong> interessi (32 comuni, 14<br />

province, 14 consorzi <strong>di</strong> comuni, 12 comunità montane, 5 gestori <strong>di</strong> aree<br />

naturali protette). Il forum sembra <strong>di</strong> solito ben strutturato, con un<br />

regolamento che ne <strong>di</strong>sciplina il funzionamento (nel 54% dei casi), gestito da<br />

esperti. Solo nel 5% dei casi la <strong>di</strong>scussione è guidata da personale interno<br />

9 EMAS II è il Sistema Comunitario <strong>di</strong> eco-gestione e au<strong>di</strong>t e costituisce una guida per verificare l’analisi<br />

e la gestione degli impatti ambientali significativi degli enti e delle aziende. UNI EN ISO 14001 è un<br />

insieme <strong>di</strong> regole per la certificazione ambientale per gli enti e le aziende a livello internazionale.<br />

28


alla pubblica amministrazione. Il più delle volte, il forum si articola in<br />

sezioni tematiche, de<strong>di</strong>cate ad argomenti specifici <strong>di</strong> tipo ambientale e socioeconomico.<br />

Nella maggior parte dei casi vi è corrispondenza tra i settori<br />

tematici del forum e gli argomenti trattati nel RSA. I partecipanti ai forum<br />

provengono dai gruppi <strong>di</strong> interesse più <strong>di</strong>sparati, dalle associazioni <strong>di</strong><br />

categoria ai funzionari della pubblica amministrazione, ai rappresentanti del<br />

mondo dell’istruzione, delle agenzie regionali per la protezione<br />

dell’ambiente ai sindacati alle imprese; vi è un’ampia rappresentanza delle<br />

categorie sociali svantaggiate, che aiutano a dare un taglio sociale ai <strong>di</strong>battiti<br />

sullo sviluppo sostenibile. Nella maggior parte dei casi, il forum è attivato on<br />

line, attraverso lo strumento del web, altrimenti me<strong>di</strong>ante incontri pubblici o<br />

attraverso quoti<strong>di</strong>ani e riviste specializzate.<br />

6. 49 enti, <strong>di</strong> cui la metà Comuni, hanno iniziato ad utilizzare vari tipi <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>catori, al fine <strong>di</strong> valutare la situazione ambientale e monitorare i<br />

progressi nelle politiche per lo sviluppo sostenibile. Gli in<strong>di</strong>catori sono<br />

spesso scelti ad hoc dagli enti, altre volte sono selezionati all’interno <strong>di</strong><br />

elenchi internazionali, quali quelli dell’European Common In<strong>di</strong>cators,<br />

dell’European Environmental Agency, dell’OCSE, della Commission on<br />

Sustainable Development dell’ONU, dell’Eurostat ed altri ancora.<br />

7. Per quanto riguarda i Piani <strong>di</strong> Azione Locale (PAL), solo l’8% degli enti lo<br />

ha attuato, il 17% lo ha solo redatto, il 29% è in procinto <strong>di</strong> selezionare gli<br />

obiettivi strategici. In genere, il PAL viene elaborato all’interno del forum,<br />

che <strong>di</strong>venta dunque lo strumento fondamentale per concertare gli obiettivi e<br />

per definire le linee <strong>di</strong> intervento. Il PAL può essere utilizzato come<br />

strumento <strong>di</strong> integrazione della pianificazione locale o, più semplicemente<br />

ma meno efficacemente, come documento <strong>di</strong> riferimento per orientare<br />

l’attività delle ente pubblico sui temi dell’ambiente. In alcuni casi, infine,<br />

esso perde gran parte del suo significato, in quanto consiste solo in un<br />

insieme <strong>di</strong> obiettivi e <strong>di</strong> in<strong>di</strong>catori per valutare, dal punto <strong>di</strong> vista ambientale,<br />

i piani ed i programmi esistenti.<br />

8. Gli enti che hanno introdotto stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> prefattibilità all’interno del percorso <strong>di</strong><br />

realizzazione <strong>di</strong> A21L sono concentrati nelle regioni del Centro-Nord, in<br />

particolare in Lombar<strong>di</strong>a ed Emilia Romagna, seguite da Veneto, Toscana e<br />

Piemonte. Si possono <strong>di</strong>stinguere due tipologie <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>:<br />

- stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> prefattibilità propriamente detti, che sono il passaggio<br />

fondamentale per rendere operativi i progetti inseriti nei Piani d’Azione<br />

Locale;<br />

- progetti pilota, che sono autonomi ed eterogenei; essi non provengono<br />

<strong>di</strong>rettamente dal percorso <strong>di</strong> A21L ma, per contenuti e forme, rientrano a<br />

pieno titolo in una strategia <strong>di</strong> sostenibilità.<br />

L’area tematica maggiormente interessata è quella energetica, per l’utilizzo<br />

<strong>di</strong> energie alternative o per ottenere risparmio energetico.<br />

29


3.4.3 Conclusioni<br />

Negli ultimi tre o quattro anni, è aumentato <strong>di</strong> molto il numero degli enti<br />

coinvolti nel processo <strong>di</strong> A21L, per varie ragioni, quali l’attività <strong>di</strong> sensibilizzazione<br />

svolta a livello nazionale ed internazionale, la partecipazione ai concorsi attivati da<br />

organismi nazionali ed internazionali (ad esempio, Premio per le Città Sostenibili), i<br />

finanziamenti del Ministero dell’Ambiente ed i contributi europei, una qualche forma <strong>di</strong><br />

emulazione <strong>di</strong> progetti (in particolare nella fase iniziale <strong>di</strong> progettazione,<br />

coinvolgimento degli attori locali, sensibilizzazione, formazione e forum) già attivati da<br />

altri enti con esiti positivi, le attività <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento e valorizzazione svolte dai livelli<br />

superiori <strong>di</strong> governo. Un aspetto positivo concerne anche la tipologia dei soggetti<br />

pubblici coinvolti, non più solo Comuni, Province e Regioni, ma anche Aggregazioni <strong>di</strong><br />

Comuni, Comunità montane, Enti Parchi, Consorzi e Cooperative per la Protezione<br />

Ambientale.<br />

E’ vero però che la maggior parte degli enti è ferma alla fase iniziale <strong>di</strong><br />

attivazione dell’A21L. In molti casi, non si è andati oltre l’adesione ufficiale a<br />

documenti, Carte, organismi internazionali e/o nazionali o l’attività <strong>di</strong> sensibilizzazione<br />

della collettività locale nei confronti dell’A21L. Infatti, la fase <strong>di</strong> progettazione iniziale<br />

è certamente meno problematica ed anche meno costosa del processo <strong>di</strong> attivazione ed<br />

attuazione dei piani e dei progetti e del successivo processo <strong>di</strong> monitoraggio. Non si può<br />

escludere che alcuni enti restino fermi proprio alla fase iniziale. È ancora forse presto<br />

anche per trarre qualche valutazione ulteriore dalle esperienze dei progetti cofinanziati<br />

dal Ministero dell’Ambiente, che sono iniziati per lo più alla fine del 2001 ed hanno<br />

durate me<strong>di</strong>e <strong>di</strong> 15-18 mesi.<br />

3.5 Quali lezioni dalle esperienze straniere?<br />

Il processo <strong>di</strong> attivazione delle A21L non incontra <strong>di</strong>fficoltà solo in Italia e alcuni<br />

aspetti critici sono comuni anche ad altri Paesi europei, come si evince dai numerosi<br />

stu<strong>di</strong> in materia, i quali mostrano anche che non esiste un modello <strong>di</strong> comportamento<br />

ideale che i governi locali dovrebbero seguire o un approccio vincente, da prendere<br />

come punto <strong>di</strong> riferimento. Inoltre, è ancora troppo presto, anche nei Paesi che per primi<br />

si sono attivati nella promozione dei processi <strong>di</strong> A21L, per trarre conclusioni sull’esito<br />

<strong>di</strong> questi processi, ovvero se le comunità locali si stanno avviando verso un modello <strong>di</strong><br />

sviluppo che risponda a qualche requisito <strong>di</strong> sostenibilità.<br />

Emergono tuttavia delle in<strong>di</strong>cazioni in merito ad alcuni aspetti, che vale la pena<br />

<strong>di</strong> sottolineare. Esse concernono, in particolare, la definizione degli obiettivi nei<br />

processi <strong>di</strong> A21L, la costruzione del processo <strong>di</strong> partecipazione, il ruolo dei Governi<br />

centrali e dei politici locali.<br />

Per quanto concerne il primo aspetto - la definizione degli obiettivi da<br />

perseguire – le strategie <strong>di</strong> sviluppo nell’ambito <strong>di</strong> A21L hanno spesso trascurato la<br />

<strong>di</strong>mensione economico-sociale, ponendo l’attenzione soprattutto sulla <strong>di</strong>mensione<br />

ambientale, come ha posto in evidenza per l’Italia lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Focuslab, prima citato.<br />

Ed infatti molti progetti avviati in Italia nell’ambito <strong>di</strong> A21L sono stati cofinanziati dal<br />

Ministero per l’Ambiente. Questo problema si è manifestato anche in altri Paesi europei<br />

30


ed è interessante al riguardo, lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Bond, Mortimer e Cherry [1998], che analizza<br />

l’esperienza del Regno Unito, dove anche i soggetti coinvolti nei progetti <strong>di</strong> A21L sono<br />

per la maggior parte associazioni e gruppi ambientalisti. Non è facile in<strong>di</strong>viduare le<br />

cause <strong>di</strong> questi comportamenti. Non sembra che questa tendenza possa essere stata<br />

indotta da fattori esterni, quali le in<strong>di</strong>cazioni provenienti dai livelli <strong>di</strong> governo più alti,<br />

attraverso il LGMB (Local Goverment Management Board) e il DoE (Department of<br />

the Environment), che hanno fornito linee guida e sviluppato, ma soprattutto <strong>di</strong>ffuso<br />

ampiamente e suggerito <strong>di</strong> adottare, una serie <strong>di</strong> in<strong>di</strong>catori per lo sviluppo sostenibile;<br />

infatti, se il DoE ha sviluppato soprattutto in<strong>di</strong>catori ambientali, il LGMB ha posto<br />

l’enfasi sugli in<strong>di</strong>catori socio-economici. Essa potrebbe invece essere stata generata<br />

dalla natura della sezione dell’autorità locale responsabile dell’implementazione <strong>di</strong><br />

A21L o dalle competenze specifiche dei soggetti in essa coinvolti. Ed infatti, è risultato<br />

che più della metà dei progetti sono stati sviluppati presso i <strong>di</strong>partimenti per i problemi<br />

ambientali. È quin<strong>di</strong> mancata una strategia costruita e con<strong>di</strong>visa attraverso l’ampia<br />

partecipazione dei gruppi e dei soggetti che costituiscono il tessuto socio-economico<br />

locale.<br />

Si arriva così al secondo aspetto critico, lo sviluppo del processo <strong>di</strong><br />

partecipazione, in modo che tutte le parti sociali siano coinvolte, in quanto portatrici <strong>di</strong><br />

istanze e bisogni <strong>di</strong>fferenti. Sotto questo profilo, rappresenta un successo l’esperienza<br />

della regione del Mid-west irlandese (Kelly e Moles [2002]), dove l’approccio al<br />

problema dello sviluppo sostenibile si è basato sul presupposto che “To be effective at<br />

local and regional levels, sustainability in<strong>di</strong>cators must reflect community values,<br />

concerns and hopes for the future”. Si è trattato <strong>di</strong> un progetto <strong>di</strong> A21L promosso nel<br />

1998 dal Centre for Environmental Research dell’Università <strong>di</strong> Limerick insieme ad<br />

alcune autorità locali 10 e portato avanti attraverso l’interazione e la stretta<br />

collaborazione <strong>di</strong> politici, ricercatori universitari e user groups, ovvero tutti i soggetti<br />

interessati ai risultati del progetto. L’esperienza irlandese ha rappresentato un approccio<br />

innovativo per la promozione dello sviluppo sostenibile ed ha prodotto risultati<br />

interessanti, con la costruzione <strong>di</strong> un set <strong>di</strong> in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sostenibilità ad hoc da applicare<br />

nella Regione, attraverso un processo <strong>di</strong> molto attivo <strong>di</strong> partecipazione e <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione<br />

delle informazioni. Sembra sia stata molto positiva anche l’interazione con il mondo<br />

accademico, invitato a “to act as a me<strong>di</strong>ator and as the semi-permeable membrane, thus<br />

allowing two-way transport of ides, opinions and feedback”.<br />

La terza questione sollevata concerne i rapporti tra governi centrali e governi<br />

locali. Come si è detto in precedenza, infatti, l’efficacia dell’azione dei governi e delle<br />

autorità locali <strong>di</strong>pende anche dal grado <strong>di</strong> autonomia <strong>di</strong> cui essi godono e dalle<br />

competenze specifiche che ad essi sono attribuite. Su questo tema si è sviluppata<br />

un’ampia letteratura e sono interessanti, in special modo per il contesto italiano, i lavori<br />

che analizzano gli effetti della cosiddetta devolution sull’implementazione <strong>di</strong> A21L.<br />

La devolution, come è ben noto, implica una re<strong>di</strong>stribuzione delle funzioni e<br />

delle responsabilità tra <strong>di</strong>versi livelli <strong>di</strong> Governo; implica anche che si stabiliscano<br />

rapporti <strong>di</strong>versi tra governi locali e governo centrale. Il processo <strong>di</strong> devoluzione,<br />

dunque, dovrebbe facilitare il processo politico <strong>di</strong> A21L, conferendo alle autorità locali<br />

nuovi poteri e più ampi margini <strong>di</strong> autonomia, nella costruzione del consenso e dei<br />

processi partecipativi. In realtà, non è necessariamente vero, come <strong>di</strong>mostrano<br />

Benneworth e Roberts [2002], che hanno stu<strong>di</strong>ato il caso della Gran Bretagna e gli<br />

10 Limerick City Council, Limerick County Council, Clare County Council e Tipperary County Council.<br />

31


effetti dei mutamenti istituzionali intervenuti, a partire dal 1997, in Scozia e nel Galles,<br />

sull’implementazione <strong>di</strong> A21L. La Scozia rappresenta un esempio positivo, dove LA21<br />

was generally successful, infatti nel momento in cui fu attuato il processo <strong>di</strong><br />

devoluzione, esistevano già strategie <strong>di</strong> A21L in ciascuna delle comunità locali. In quel<br />

contesto, la devoluzione ha sostenuto e promosso le strategie locali <strong>di</strong> sviluppo<br />

sostenibile, rafforzando la rete <strong>di</strong> rapporti tra i <strong>di</strong>versi regimi locali. Al contrario,<br />

l’esperienza del Galles rappresenta una sorta <strong>di</strong> insuccesso, nel senso che il processo <strong>di</strong><br />

devoluzione ha indebolito il significato <strong>di</strong> A21L, i progetti restano sulla carta e il<br />

problema dello sviluppo sostenibile sembra assumere minore importanza nelle decisioni<br />

<strong>di</strong> policy delle autorità locali. “The case of Wales seems to suggest that rather than<br />

bringing the issue of sustainability closer to communities, devolution has merely<br />

lowered the level of centralization”. All’insuccesso hanno contribuito non poco anche<br />

le modalità <strong>di</strong> finanziamento delle politiche per lo sviluppo sostenibile, attraverso una<br />

serie <strong>di</strong> fon<strong>di</strong> separati e non gestiti dalle autorità locali.<br />

Positiva sembra invece essere stata l’esperienza svedese, in un contesto dove i<br />

governi locali hanno un elevato grado <strong>di</strong> autonomia impositiva e <strong>di</strong> gestione del gettito<br />

dei tributi locali, anche se la maggior parte delle loro funzioni è regolata in via<br />

legislativa e circa l’80% delle loro attività ha natura obbligatoria. Il Governo centrale ha<br />

affidato ai governi locali la piena responsabilità dell’attuazione <strong>di</strong> A21L, fornendo<br />

tuttavia delle linee guida ed anche un supporto finanziario. Ma la lezione principale che<br />

emerge dall’analisi del percorso dei processi <strong>di</strong> A21L in alcune municipalità svedesi<br />

riguarda il ruolo dei politici locali. Jorby [2002] mostra infatti che i maggiori progressi<br />

nell’implementazione <strong>di</strong> A21L sono stati fatti laddove i politici hanno mostrato<br />

maggiore interesse e coinvolgimento, pur utilizzando strategie <strong>di</strong>fferenti.<br />

32


TAVOLA 3.1 - Elenco dei progetti cofinanziati dal Ministero dell’Ambiente<br />

(importi in euro)<br />

<strong>ENTI</strong> PROGETTO Inizio Durata Costo Cofin.<br />

ABRUZZI<br />

Parco Nazionale dell’Abruzzo Partecipazione Agenda 21 Parco d’Abruzzo Nov. 2001 18 mesi 182.206 118.269<br />

Riserva Naturale ‘Lo Schioppo’ Una riserva <strong>di</strong> ….. Dic. 2001 15 mesi 48.592 33.570<br />

Provincia <strong>di</strong> L’Aquila L’Agenda 21 Locale delle province<br />

d’Abruzzo – L’Aquila<br />

Dic. 2001 18 mesi 233.805 152.355<br />

Provincia <strong>di</strong> Pescara L’Agenda 21 Locale delle province<br />

d’Abruzzo – Pescara<br />

Dic. 2001 18 mesi 233.805 152.355<br />

Provincia <strong>di</strong> Chieti L’Agenda 21 Locale delle province<br />

d’Abruzzo – Chieti<br />

Dic. 2001 18 mesi 233.805 152.355<br />

Provincia <strong>di</strong> Teramo L’Agenda 21 Locale delle province<br />

BASILICATA<br />

d’Abruzzo – Teramo<br />

Dic. 2001 18 mesi 233.805 152.355<br />

Provincia <strong>di</strong> Potenza Foreste e centri storici: integrazione <strong>di</strong><br />

risorse turistiche e bioenergetiche<br />

Nov. 2001 18 mesi 222.076 154.937<br />

Comune <strong>di</strong> Matera ‘Il comune dei quartieri’ Gen. 2002 18 mesi 254.381 153.904<br />

Comunità Montana Lagonegrese Agenda 21 locale della Comunità Montana<br />

Lagonegrese<br />

Gen. 2002 18 mesi 185.924 129.114<br />

CALABRIA<br />

Provincia <strong>di</strong> Crotone Attivazione A21L nella provincia <strong>di</strong> Crotone<br />

Dic. 2001 18 mesi 232.406 154.937<br />

Comuni della Locride Attivazione del processo <strong>di</strong> A21L nella<br />

Locride<br />

Nov. 2001 18 mesi 154.937 100.709<br />

CAMPANIA<br />

Provincia <strong>di</strong> Napoli Tra terra e mare, per lo sviluppo sostenibile<br />

della provincia <strong>di</strong> Napoli<br />

Nov. 2001 18 mesi 199.270 103.291<br />

Pomigliano d’Arco Pomigliano d’Arco: progetto per l’avvio <strong>di</strong><br />

Agenda 21<br />

Nov. 2001 18 mesi 189.808 69.205<br />

Portici Portici per il recupero <strong>di</strong> antichi splendori Gen. 2002 18 mesi 81.727 55.777<br />

Provincia <strong>di</strong> salerno La provincia <strong>di</strong> Salerno per l’Agenda 21 Set. 2001 18 mesi 222.076 154.937<br />

Parco del Cilento e Vallo <strong>di</strong> Un parco laboratorio per sperimentare lo<br />

Diano<br />

sviluppo sostenibile<br />

Nov. 2001 18 mesi 209.165 143.059<br />

Pagani Pagani: città sostenibile Nov. 2001 18 mesi 129.114 81.600<br />

Marcianise In “marcia” verso lo sviluppo sostenibile Nov. 2001 18 mesi 215.879 149.773<br />

Sorrento Quadrilatero del futuro: Sorrento verso uno<br />

sviluppo sostenibile<br />

Nov. 2001 18 mesi 156.528 109.489<br />

Atripalda Atripalda sostenibile e Agenda 21 locale Dic. 2001 18 mesi 65.865 44.932<br />

Solofra Informare e motivare la comunità per<br />

EMILIA-ROMAGNA<br />

realizzare “A21L Solofra”<br />

Gen. 2002 18 mesi 111.556 77.985<br />

Comune <strong>di</strong> Ferrara Futuro eco-compatibile con ridotte risorse<br />

ambientali responsabilmente adoperate Feb. 2001 18 mesi 217.206 149.773<br />

Comune <strong>di</strong> Parma Progetto fattibilità per strategia e riduzione<br />

rifiuti a Parma<br />

Gen. 2002 12 mesi 213.364 148.223<br />

Comune <strong>di</strong> Reggio E. Sistema in<strong>di</strong>catori per la sostenibilità del<br />

territorio reggiano<br />

Ott. 2001 14 mesi 67.308 46.998<br />

Provincia <strong>di</strong> Bologna Sistema partecipato <strong>di</strong> Agenda 21 locale per<br />

lo sviluppo sostenibile<br />

Ott. 2001 18 mesi 220.695 154.421<br />

Provincia <strong>di</strong> Ferrara Dal forum alla gestione del Piano d’azione Nov. 2001 12 mesi 217.745 152.355<br />

Provincia <strong>di</strong> Modena Terza fase processo <strong>di</strong> Agenda 12 Locale<br />

Provinacia <strong>di</strong> Modena<br />

Nov. 2001 18 mesi 188.507 131.697<br />

Comune <strong>di</strong> Carpi Comunità integrate verso la sostenibilità Gen. 2002 18 mesi 114.688 80.051<br />

Comunità montana Valle del Santerno sviluppo sostenibile<br />

Santerno<br />

Gen. 2002 18 mesi 78.773 54.744<br />

Comune <strong>di</strong> Modena Agenda 21 Locale Modena: un sistema a<br />

rete<br />

Ott. 2001 18 mesi 154.937 100.709<br />

33


Provincia <strong>di</strong> Reggio Emilia Programma della Provincia <strong>di</strong> Reggio Emilia<br />

per lo sviluppo ambientale<br />

FRIULI VENEZIA GIULIA<br />

Nov. 2001<br />

n.d.<br />

154.106<br />

58.360<br />

Comunità montana della Carnia<br />

LAZIO<br />

Carnia sostenibile Dic. 2001 n.d. 137.894 96.061<br />

Comune <strong>di</strong> Roma – <strong>di</strong>partimento Sperimentazione della contabilità ambientale<br />

X<br />

nel comune <strong>di</strong> Roma<br />

Nov. 2001 18 mesi 206.064 142.026<br />

Comune <strong>di</strong> Viterbo Realizzazione del processo <strong>di</strong> Agenda 21<br />

locale<br />

Gen. 2002 18 mesi 307.292 154.937<br />

Parco regionale dei castelli Ambiente e sviluppo sostenibile orientato al<br />

romani<br />

territorio<br />

Nov. 2001 18 mesi 172.083 120.334<br />

Provincia <strong>di</strong> Rieti Stato ambiente, conoscenza Agenda 21 e<br />

proposta <strong>di</strong> obiettivi e in<strong>di</strong>catori con<strong>di</strong>visi Ott. 2001 18 mesi 137.378 96.061<br />

Comune <strong>di</strong> Fiumicino Agenda 21 Aalborg: implementazione<br />

sviluppo sostenibile<br />

Nov. 2001 18 mesi 221.844 154.421<br />

Roma Natura – Ente regionale<br />

aree naturali protette nel comune<br />

<strong>di</strong> Roma<br />

I parchi <strong>di</strong> Roma Natura come laboratori <strong>di</strong><br />

ecosostenibilità<br />

Ott. 2001<br />

18 mesi<br />

214.743<br />

150.289<br />

Comune <strong>di</strong> Grottaferrata<br />

LIGURIA<br />

Castelli sostenibili Nov. 2001 18 mesi 129.114 77.469<br />

Comunità Montana Argentea Sviluppo sostenibile per la Comunità<br />

Argentea<br />

Nov. 2001 18 mesi 190.573 131.180<br />

Ente Parco nazionale delle Verso Agenda 21 per un turismo sostenibile<br />

Cinque Terre<br />

Nov. 2001 18 mesi 147.913 97.610<br />

Comune <strong>di</strong> La Spezia Sistema permanente interattivo <strong>di</strong><br />

LOMBARDIA<br />

informazione e comunicazione ambientale Nov. 2001 18 mesi 214.139 147.707<br />

Comune <strong>di</strong> Lonate-Pozzolo Osservatorio ambientale e sostenibilità a<br />

Lonate-Pozzolo<br />

n.d. n.d. 136.861 95.545<br />

Comune <strong>di</strong> Cinisello Balsamo Agenda 21 locale <strong>di</strong> Cinisello Balsamo Nov. 2001 18 mesi 142.129 82.117<br />

Comune <strong>di</strong> Mantova Progetto sostenibilità urbana mantova 2010 Mag. 2001 18 mesi 235.955 154.937<br />

Provincia <strong>di</strong> Cremona Agenda 21 locale ed Ecomuseo: le azioni<br />

per lo sviluppo sostenibile della provincia <strong>di</strong><br />

Cremona<br />

n.d. n.d. 203.428 136.345<br />

Consorzio del Parco Nazionale Partecipazione e sviluppo sostenibile nel<br />

dello Stelvio<br />

Parco Nazionale dello Stelvio<br />

Gen. 2001 18 mesi 196.254 137.378<br />

Comune <strong>di</strong> Cologno Monzese Mobilità sostenibile per il Nord <strong>di</strong> Milano n.d. n.d. 185.924 123.950<br />

Comune <strong>di</strong> Dalmine Coor<strong>di</strong>namento dell’isola bergamasca e <strong>di</strong><br />

Zingonia per l’Agenda 21 locale<br />

intercomunale<br />

n.d. n.d. 154.937 90.380<br />

Provincia <strong>di</strong> Milano Sistema territoriale ambientale dei dati<br />

economici <strong>di</strong> riferimento ad Agenda 21 n.d. n.d. 232.406 154.937<br />

Comune <strong>di</strong> Lecco Agire insieme per Lecco sostenibile nel 21°<br />

secolo<br />

n.d. n.d. 159.069 111.038<br />

Provincia <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> 21: l’Agenda 21 locale per lo sviluppo<br />

sostenibile del Lo<strong>di</strong>giano<br />

Nov. 2001 18 mesi 218.477 138.927<br />

Comune <strong>di</strong> Bellusco Associazione <strong>di</strong> comuni per promuovere<br />

l’economia locale sostenibile<br />

Gen. 2002 18 mesi 28.405 15.494<br />

Comune <strong>di</strong> S. Donato Milanese e Progetto V.I.T.A. (viabilità, impegno, tempi<br />

S. Giuliano Milanese<br />

e orari, ambiente)<br />

Nov. 2001 18 mesi 206.573 144.091<br />

Comune <strong>di</strong> Pavia L’Agenda 21 locale della città <strong>di</strong> Pavia: dal<br />

MARCHE<br />

forum al piano dìazione<br />

Nov. 2001 16 mesi 256.435 126.015<br />

Comune <strong>di</strong> S. Benedetto del Agenda 21 Riviera delle Palme<br />

Tronto<br />

MOLISE<br />

Gen. 2002 18 mesi 131.167 89.864<br />

Comunità Montana del Volturno La Comunità Montana del Volturno verso lo<br />

sviluppo sostenibile<br />

n.d n.d. 154.937 100.709<br />

Comunità Montana Monte<br />

Mauro<br />

Insieme per il territorio. Antiche tecniche <strong>di</strong><br />

governo<br />

n.d.<br />

n.d.<br />

123.917<br />

85.215<br />

34


PIEMONTE<br />

Provincia <strong>di</strong> Torino Azioni locali dal forum per l’Agenda 21 Nov. 2001 12 mesi 309.662 154.937<br />

Sistema Aree protette del Po Promozione della gestione sostenibile<br />

multifunzionale delle fasce fluviali Gen. 2002 18 mesi 223.781 154.937<br />

Comunità Montana Valsesia Azioni locali partecipate per la sostenibilità Sett. 2001 18 mesi 102.881 71.788<br />

Comune <strong>di</strong> Cossato Cossato si progetta – progetto per<br />

un’Agenda 21<br />

Nov. 2001 12 mesi 251.088 33.570<br />

Provincia <strong>di</strong> Verbania<br />

PUGLIA<br />

La sostenibilità delle scelte Ott. 2001 18 mesi 221.044 154.937<br />

Valle della Cupa Agenda 21 locale Valle della Cupa Nov. 2001 18 mesi 90.380 62.491<br />

Terra D’Arneo Agenda 21 locale Terra D’Arneo Nov. 2001 18 mesi 126.015 88.314<br />

Comune <strong>di</strong> Manfredonia Manfredonia “città sostenibile” Nov. 2001 18 mesi 173.078 84.182<br />

Comune <strong>di</strong> Brin<strong>di</strong>si Agenda 21 locale del comune <strong>di</strong> Brin<strong>di</strong>si Gen. 2002 18 mesi 222.076 154.937<br />

Comune <strong>di</strong> Foggia Forum Foggia – in<strong>di</strong>catore sintetico<br />

comunale <strong>di</strong> sviluppo<br />

Nov. 2001 18 mesi 225.175 154.937<br />

Comune <strong>di</strong> Specchia Il gioco dello sviluppo sostenibile Gen. 2002 18 mesi 172.548 132.729<br />

Provincia <strong>di</strong> Lecce Un osservatorio sviluppo sostenibile per la<br />

provincia <strong>di</strong> Lecce<br />

Gen. 2002 18 mesi 224.659 154.937<br />

Territorio della Pietra Leccese Agenda 21 locale del Territorio della Pietra<br />

Leccese<br />

Nov. 2001 18 mesi 222.076 154.937<br />

Comune <strong>di</strong> Palagiano Palagiano ente governato a sviluppo<br />

sostenibile<br />

Gen. 2002 18 mesi 61.252 42.866<br />

SARDEGNA<br />

Marghine-Planargia Marghine-Planargia per l’ambiente Gen. 2002 18 mesi 126.532 88.314<br />

Comune <strong>di</strong> Porto Torres Verso una società sostenibile Gen. 2002 18 mesi 232.406 162.684<br />

Comune <strong>di</strong> Ittiri Ittiri territorio ambiente per creare una<br />

Agenda 21<br />

Nov. 2001 18 mesi 209.879 145.124<br />

Comune <strong>di</strong> Alghero Alghero – ambiente e turismo per lo<br />

sviluppo sostenibile<br />

Nov. 2001 18 mesi 163.717 98.127<br />

Comune <strong>di</strong> Abbasanta Progetto alto oristanese per lo sviluppo<br />

sostenibile<br />

Dic. 2001 18 mesi 210.508 147.190<br />

Provincia <strong>di</strong> Oristano Percorsi per costruire Oristano provincia<br />

sostenibile<br />

Nov. 2001 18 mesi 338.692 147.190<br />

Comunità montana “del La comunità montana del Barigadu verso la<br />

Barigadu”<br />

sostenibilità<br />

Gen. 2002 18 mesi 220.217 153.904<br />

Comune <strong>di</strong> Arzachena L’A21L nei comuni della Gallura Costiera Dic. 2001 18 mesi 93.995 65.590<br />

Comune <strong>di</strong> Villasimius L’A21L e la certificazione dell? AMP “Capo<br />

SICILIA<br />

Carbonara”<br />

Nov. 2001 18 mesi 93.582 65.074<br />

Ente parco delle Madonie Agenda per lo sviluppo delle Madonie n.d. n.d. 222.322 150.805<br />

Comune <strong>di</strong> Misterbianco Sviluppo ambientale e valorizzazione<br />

ecocompatibile<br />

Ott. 2001 18 mesi 211.747 148.223<br />

Comuni <strong>di</strong> Trecastagni, Nicolosi, A21L delle popolazioni dei territori etnei<br />

Pedara, Viagrande<br />

TOSCANA<br />

Gen. 2002 18 mesi 211.696 146.157<br />

Comune <strong>di</strong> Montale Agenda 21 Locale <strong>di</strong> Area Montale Agliana<br />

Quarrata Montemrlo<br />

Nov. 2001 18 mesi 154.937 108.456<br />

Provincia <strong>di</strong> Pisa Sostenibilità nei sistemi economici della<br />

Provincia <strong>di</strong> Pisa<br />

Gen. 2002 18 mesi 185.924 120.851<br />

Comune <strong>di</strong> Grosseto Implementazione sistema <strong>di</strong> contabilità<br />

ambientale<br />

Dic. 2001 18 mesi 221.044 149.773<br />

Comune <strong>di</strong> Cecina Cooperare per lo sviluppo, il territorio e<br />

l’ambiente – Cecina 21<br />

Gen. 2002 18 mesi 102.465 50.613<br />

Comune <strong>di</strong> Massa Sistema informatico <strong>di</strong> valutazione<br />

ambientale <strong>di</strong> Massa<br />

Ott. 2001 12 mesi n.d. 57.843<br />

Provincia <strong>di</strong> Lucca Certificazione e gestione ambientale per<br />

l’Agenda 21 Lucchese<br />

Ott. 2001 18 mesi 222.076 154.937<br />

Comune <strong>di</strong> Empoli Empoli sostenibile Agenda 21 Lug. 2001 18 mesi 322.269 154.937<br />

Comune <strong>di</strong> Siena La via Senese verso la sostenibilità Mar. 2001 18 mesi 462.389 154.937<br />

Comuni del Circondario del Programmazione locale unificata per lo<br />

35


Chianti Senese sviluppo sostenibile del Chianti Senese Nov. 2001 12 mesi 189.333 114.653<br />

Ente Parco Regionale della Certificazione ambientale e Agenda 21 nel<br />

Maremma<br />

TR<strong>ENTI</strong>NO<br />

Parco<br />

Gen. 2002 18 mesi 170.431 102.258<br />

Comprensorio Bassa Valsugana Autocertificazione partecipata del<br />

Tesino – Comunità Montana<br />

UMBRIA<br />

Comprensorio<br />

Nov. 2001 15 mesi 102.258 71.271<br />

Comunità montana Monti Relazione stato ambiente territorio comunità<br />

Martani e del Serano – Spoleto montana Spoleto<br />

Ott. 2001 12 mesi 222.818 154.937<br />

Comune <strong>di</strong> Castiglione del Lago Programma <strong>di</strong> sviluppo sostenibile per<br />

attuazione A21L<br />

Nov. 2001 18 mesi 44.415 30.987<br />

Comune <strong>di</strong> Perugia Per Una Gestione In Armonia con Agenda<br />

21 Locale<br />

Ott. 2001 18 mesi 213.297 149.256<br />

Comune <strong>di</strong> Spoleto Spoleto territorio sostenibile Ott. 2001 18 mesi 223.626 154.421<br />

Comunità montana Valle del L’utilizzo consapevole delle fonti<br />

Nera e Monte S.Pancrazio - Tr energetiche rinnovabili<br />

Gen. 2002 18 mesi 103.291 72.304<br />

Consorzio <strong>di</strong> Gestione Parco del Attivazione Agenda 21 Locale Parco del<br />

Monte Cucco<br />

Monte Cucco<br />

Ott. 2001 18 mesi 244.245 154.421<br />

Provincia <strong>di</strong> Terni Rete Agende 21 locali per sviluppo<br />

VALLE D’AOSTA<br />

sostenibile autocentrato<br />

Nov. 2001 18 mesi 221.560 154.937<br />

Comune <strong>di</strong> Aosta<br />

VENETO<br />

Aosta 21 Nov. 2001 18 mesi 226.208 154.937<br />

Comune <strong>di</strong> Padova Padova sostenibile Nov. 2001 18 mesi 346.026 154.937<br />

Comune <strong>di</strong> Venezia Prototipo sistema informativo territoriale<br />

ambientale comune<br />

Nov. 2001 18 mesi 444.669 154.937<br />

Comune <strong>di</strong> Montegrotto Terme Agenda 21 locale delle Terme Euganee Nov. 2001 18 mesi 149.773 104.841<br />

Rovigo (comune e provincia) Festa 21 – Fiumi economia sviluppo<br />

territorio ambiente<br />

Nov. 2001 12 mesi 130.147 86.765<br />

Dolomiti Bellunesi Agenda 21 parco nazionale Dolomiti<br />

Bellunesi<br />

Dic. 2001 18 mesi 180.760 126.532<br />

Comune <strong>di</strong> Caorle Progetto Agenda 21: Caorle verso uno<br />

sviluppo sostenibile<br />

Nov. 2001 18 mesi 54.569 37.701<br />

36


4 L’ESPERIENZA ITALIANA: ALTRI PROGRAMMI E PROGETTI PER<br />

LO <strong>SVILUPPO</strong> <strong>SOSTENIBILE</strong><br />

Questo capitolo è de<strong>di</strong>cato alla descrizione dei progetti italiani attuati per<br />

promuovere lo sviluppo sostenibile, che non rientrano nell’ambito specifico <strong>di</strong> A21L.<br />

Vengono, in primo luogo, esaminati gli strumenti regolati da norme giuri<strong>di</strong>che,<br />

all’interno dei quali i promotori possono contare su finanziamenti <strong>di</strong> enti pubblici, <strong>di</strong><br />

organizzazioni nazionali ed internazionali. In secondo luogo, vengono considerati, sia<br />

pure a gran<strong>di</strong> linee, gli strumenti <strong>di</strong> natura volontaristica, come via ulteriore per la<br />

responsabilizzazione degli attori locali e la loro presa <strong>di</strong> coscienza sugli effetti che<br />

attività produttive e sociali possono avere non solo sul sistema ecologico e ambientale,<br />

ma anche, me<strong>di</strong>ante processi <strong>di</strong> causazione circolare, sul sistema sociale e produttivo.<br />

4.1 Le politiche nazionali per lo sviluppo urbano sostenibile<br />

Nel corso degli anni ‘90 il legislatore nazionale ha pre<strong>di</strong>sposto una serie <strong>di</strong> nuovi<br />

strumenti operativi in ambito urbano con l’inten<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> promuovere e finanziare<br />

interventi <strong>di</strong> recupero, riqualificazione e valorizzazione delle città in termini ambientali,<br />

sociali e economici. Sono state così definite nuove modalità per la pre<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong><br />

politiche urbane, nuovi processi decisionali, nuovi iter per affrontare i problemi urbani.<br />

Sono stati ideati strumenti in<strong>di</strong>viduati comunemente con l’espressione “programmi<br />

complessi”.<br />

Per alcuni si è trattato <strong>di</strong> un tentativo <strong>di</strong> definire criteri con cui provare ad<br />

ovviare alle rigi<strong>di</strong>tà e all’inefficienza che accompagnano tra<strong>di</strong>zionalmente i piani<br />

urbani, primo tra tutti il Piano Regolatore Generale. Molti, invece, ritengono che<br />

proprio con questi nuovi programmi si sia dato avvio ad un nuovo modo <strong>di</strong> intendere e<br />

<strong>di</strong> ricercare lo sviluppo locale, secondo la filosofia <strong>di</strong> A21L, attraverso la concertazione<br />

tra gli attori locali, accor<strong>di</strong> tra amministratori pubblici e operatori privati, con<br />

finanziamenti da livelli <strong>di</strong> governo superiori (Regione, Stato, UE).<br />

La tabella 4.1 contiene una sintesi dei principali strumenti per lo sviluppo<br />

sostenibile adottati dalle realtà locali urbane italiane. Si <strong>di</strong>stinguono i programmi<br />

definiti dalla legislazione nazionale da quelli definiti a livello europeo. Per ciascuno<br />

sono in<strong>di</strong>cati l’anno <strong>di</strong> introduzione, il numero dei programmi attivati, l’ammontare dei<br />

finanziamenti pubblici, l’ammontare degli investimenti complessivi connessi previsti.<br />

In essa sono riportati anche dati <strong>di</strong> sintesi per i Programmi <strong>di</strong> Iniziativa Comunitaria<br />

Urban e Urban II, i cui contenuti sono sviluppati e analizzati nel capitolo de<strong>di</strong>cato agli<br />

strumenti europei per la sostebilità. Si è scelto <strong>di</strong> affiancarli ai programmi <strong>di</strong> definizione<br />

nazionale per offrire una visione completa delle politiche in atto nel territorio nazionale.<br />

Sono circa 850 gli interventi <strong>di</strong> riqualificazione e rigenerazione urbana messi in cantiere<br />

dalle città italiane a partire dagli anni 90, per un ammontare complessivo <strong>di</strong> investimenti<br />

iniziali che supera i 2,7 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> euro, con un apporto significativo <strong>di</strong> risorse private.<br />

TABELLA 4.1 - I programmi per la sostenibilità<br />

37


Norma <strong>di</strong><br />

Riferimento<br />

Numero <strong>di</strong><br />

programmi<br />

attivati<br />

Finanziamenti<br />

pubblici erogati<br />

(milioni euro)<br />

Investimenti<br />

totali previsti<br />

(milioni euro)<br />

Programmi <strong>di</strong> definizione nazionale<br />

PII art.16 L.172/1992 372 711,7 nd<br />

PRU art. 16 L.179/1992 76 330,3 9.790<br />

PReU art.11 L.493/1993 283 716,3 6.000<br />

Contratto <strong>di</strong> quartiere L.499/97 54 309,9 620<br />

PRUSST DM 8 ottobre 1998 78 144,6 60.000<br />

Contratti <strong>di</strong> quartiere II L.21/2001 --- 1.357,7* ---<br />

Totali 863 3.570,5 76.410<br />

Programmi <strong>di</strong> definizione europea<br />

Urban I - 1994-1999 Guce C180 del 1.7.1994 16 340,8 ---<br />

Urban II - 2000-2006 Regolamento CE 1260/99 10 245,6 264,4<br />

Totali 26 586,4 ---<br />

* risorse ripartite alle Regioni con decreto pubblicato il 23 aprile 2003, non erogate<br />

Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti; Il Sole24 Ore<br />

Programmi Integrati <strong>di</strong> Intervento (PII), Programmi <strong>di</strong> riqualificazione urbana<br />

(PRU), Programmi <strong>di</strong> Recupero Urbano (PReU), Contratti <strong>di</strong> Quartiere (CdQ),<br />

Programmi <strong>di</strong> riqualificazione urbana per lo sviluppo sostenibile (PRUSST), Contratti<br />

<strong>di</strong> Quartiere II (CdQ II), Programmi <strong>di</strong> Iniziativa Comunitaria Urban e Urban II: questi<br />

gli strumenti attuati nel territorio nazionale.<br />

La legge 179 del 1992 ne in<strong>di</strong>viduò due tipologie: i Programmi Integrati <strong>di</strong><br />

Intervento, d'iniziativa decisamente privata, e i Programmi <strong>di</strong> Riqualificazione Urbana,<br />

promossi <strong>di</strong>rettamente da quello che allora ancora si chiamava Ministero dei Lavori<br />

Pubblici. Successivamente, la legge 493/93 avviò i Programmi <strong>di</strong> Recupero Urbano, <strong>di</strong><br />

competenza regionale e a "servizio prevalente del patrimonio <strong>di</strong> e<strong>di</strong>lizia pubblica".<br />

La Legge Finanziaria per il 1997 (L. 662/96) ha reso <strong>di</strong>sponibili risorse per<br />

nuove sperimentazioni. Si sono avviati così i Contratti <strong>di</strong> Quartiere, programmi integrati<br />

rivolti alle componenti e<strong>di</strong>lizie ed urbanistiche e ai problemi sociali e occupazionali.<br />

Ambiti <strong>di</strong> azione confermati anche negli ere<strong>di</strong> Contratti <strong>di</strong> Quartiere II. I programmi<br />

integrati per la riqualificazione delle città proliferano ma gli esiti sono stati per il<br />

momento contenuti.<br />

I Programmi <strong>di</strong> Riqualificazione Urbana hanno avuto un iter procedurale lungo e<br />

complesso, con tempi estremamente ridotti, nella fase iniziale, per la presentazione delle<br />

proposte. Quest’ultimo aspetto ha fortemente inciso sulla qualità e la fattibilità delle<br />

iniziative presentate. I programmi approvati sono stati 76 con un ammontare degli<br />

investimenti, in gran parte dovuti alla <strong>di</strong>sponibilità dei privati, <strong>di</strong> circa 9.790 milioni <strong>di</strong><br />

euro.<br />

Analogamente anche i Programmi <strong>di</strong> Recupero Urbano sono stati approvati dalle<br />

Regioni con notevoli ritar<strong>di</strong>. Le scadenze troppo ravvicinate per la presentazione delle<br />

domande hanno con<strong>di</strong>zionato negativamente qualità e operatività dei programmi,<br />

richiedendo lunghi perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> ridefinizione. Solo parzialmente si è passati all’attuazione<br />

<strong>di</strong> questi programmi e i 716 milioni <strong>di</strong> euro <strong>di</strong> risorse pubbliche <strong>di</strong>sponibili, che<br />

dovrebbero promuovere investimenti per 6/7 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> euro, attendono ancora <strong>di</strong><br />

essere spesi.<br />

38


I Contratti <strong>di</strong> Quartiere definiti nel 1997 e ammessi a finanziamento sono stati<br />

54. I finanziamenti pubblici in questo caso ammontano a 309 milioni <strong>di</strong> euro, e gli<br />

investimenti complessivamente attivabili, grazie a ulteriori risorse pubbliche e private,<br />

arrivano a circa 620 milioni <strong>di</strong> euro, con un intervento me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> poco superiore agli 11<br />

milioni <strong>di</strong> euro. E’ significativo evidenziare che una chiara definizione degli obiettivi,<br />

unitamente al consenso acquisito sulle proposte, ha conferito alle iniziative un iter<br />

procedurale più spe<strong>di</strong>to. Tutti i protocolli d’intesa sono stati sottoscritti e più della metà<br />

delle convenzioni per il trasferimento delle risorse sono state stipulate.<br />

TAVOLA 4.1 - Punti <strong>di</strong> forza e punti <strong>di</strong> debolezza dei programmi nazionali per lo<br />

sviluppo urbano sostenibile<br />

PUNTI DI FORZA<br />

• responsabilizzazione delle amministrazioni locali e coinvolgimento dei privati per il<br />

"rallestramento" <strong>di</strong> risorse pubbliche locali e private, talvolta in sostituzione dell'intervento<br />

centrale<br />

• approccio intergrato tra interventi <strong>di</strong> e<strong>di</strong>lizia, sociali, ambientali e per l'occupazione e lo<br />

sviluppo<br />

• coinvolgimento crescente e partecipazione dei citta<strong>di</strong>ni nei programmi<br />

PUNTI DI DEBOLEZZA<br />

• notevole frammentazione fisica degli interventi<br />

• il partenariato fra pubblico e privato funziona quando gli interventi possono contare su quote<br />

elevate <strong>di</strong> risorse pubbliche<br />

• <strong>di</strong>fficoltà delle amministrazioni locali a realizzare gli interventi in aree e e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> proprietà <strong>di</strong><br />

soggetti ex gestori dei monopoli pubblici (Ferrovie dello Stato, Enel, eccetera)<br />

• scarsità <strong>di</strong> risorse destinate ai programmi<br />

• ritar<strong>di</strong> nell'applicazione delle norme <strong>di</strong> semplificazione amministrativa<br />

• scarse azioni sistematiche <strong>di</strong> valutazione dell'efficacia ed efficienza degli interventi<br />

Fonte: rielaborazione da Inu, Istituto nazionale <strong>di</strong> urbanistica - Commissione nazionale programmi<br />

complessi, marzo 2002<br />

I PRUSST ammessi a finanziamento sono 78 e promettono investimenti<br />

complessivi per circa 60 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> euro. Con questi programmi dalla riqualificazione<br />

e<strong>di</strong>lizia si passa ad una complessità progettuale, operativa e gestionale considerevoli. I<br />

temi principali che affrontano sono il parternariato pubblico-privato nell'esecuzione e<br />

nella gestione operativa, il degrado e<strong>di</strong>lizio, il <strong>di</strong>sagio sociale, i problemi occupazionali<br />

prima e economici più in generale poi, provvedendo al sostegno dei piccoli artigiani e<br />

commercianti che offrono servizi <strong>di</strong> prossimità, al recupero <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici<br />

abbandonati da imprese manifatturiere delocalizzate, sostenendo i processi <strong>di</strong><br />

terziarizzazione dell’economia ancora in atto.<br />

La Riforma Bassanini ha introdotto uno strumento nuovo, al momento in<br />

<strong>di</strong>fficoltà. Si tratta delle Società <strong>di</strong> Trasformazione Urbana (STU), società per azione<br />

miste pubblico-private costituite in genere dai Comuni per promuovere la<br />

riqualificazione urbana <strong>di</strong> aree caratterizzate da particolari complessità, dove prevalga<br />

la proprietà pubblica e ci sia mancanza <strong>di</strong> iniziativa da parte dei proprietari o mancanza<br />

39


<strong>di</strong> accordo tra <strong>di</strong> loro. Le STU acquisiscono preventivamente le aree (anche me<strong>di</strong>ante<br />

esproprio), le “urbanizzano” e poi le cedono agli utilizzatori finali. Nelle pagine<br />

seguenti non si propone un’analisi <strong>di</strong> dettaglio <strong>di</strong> questo strumento, perché ancora non è<br />

effettivamente operativo.<br />

Nella tavola 4.1 si riassumono i principali punti <strong>di</strong> forza e i principali punti <strong>di</strong><br />

debolezza evidenziati dai programmi nazionali per lo sviluppo sostenibile.<br />

4.2 La linea evolutiva dei programmi per la sostenibilità<br />

Se si prendono in considerazione i programmi introdotti brevemente nel<br />

paragrafo precedente, in particolare solo quelli <strong>di</strong> definizione nazionale:<br />

• Programma Integrati <strong>di</strong> Intervento (PII)<br />

• Programma <strong>di</strong> Riqualificazione Urbana (PRU)<br />

• Programma <strong>di</strong> Recupero Urbano (PReU)<br />

• Contratto <strong>di</strong> Quartiere (CdQ)<br />

• Contratto <strong>di</strong> Quartiere II (CdQ II)<br />

• Programma <strong>di</strong> Riqualificazione Urbana e <strong>di</strong> Sviluppo Sostenibile del Territorio<br />

(PRUSST)<br />

è possibile cogliere alcuni elementi caratteristici e alcune peculiarità.<br />

Si tratta <strong>di</strong> programmi eterogenei, con competenze specifiche, con compiti<br />

<strong>di</strong>versi, con ambiti territoriali <strong>di</strong> riferimento e <strong>di</strong> applicazione in parte variabili.<br />

I CdQ e i PreU riguardano soprattutto la scala fisica e la <strong>di</strong>mensione del<br />

quartiere urbano. Con i PRU e i CdQ II <strong>di</strong>ventano importanti anche gli aspetti socioeconomici<br />

oltre che residenziali e ambientali. In particolare, i PRU, proponendosi come<br />

nuovo modello <strong>di</strong> crescita della città, portano l'obiettivo dell'intervento dal recupero (già<br />

oggetto dei precedenti Piani <strong>di</strong> Recupero Urbano) alla riqualificazione. I PRUSST, poi,<br />

possono essere visti come la <strong>di</strong>retta evoluzione dei PRU, finalizzati alla realizzazione,<br />

adeguamento e completamento delle attrezzature <strong>di</strong> livello territoriale ed urbano con<br />

l'obiettivo <strong>di</strong> accrescere il benessere collettivo attraverso la promozione <strong>di</strong> forme <strong>di</strong><br />

sviluppo sostenibili in termini ambientali, economici e sociali. La connotazione è quin<strong>di</strong><br />

marcatamente economica e occupazionale, anche per lo specifico obiettivo del<br />

miglioramento della dotazione infrastrutturale per il sostegno delle strutture produttive e<br />

commerciali.<br />

Nel corso del 2001 è stato definito dalla Legge n. 166 un nuovo strumento<br />

statale, detto Programma <strong>di</strong> Riabilitazione Urbana, che però non è ancora stato<br />

finanziato.<br />

Si può evidenziare una linea evolutiva lungo la quale si susseguono alcuni <strong>di</strong><br />

questi strumenti, e nel contempo evolvono verso la nozione <strong>di</strong> sviluppo sostenibile,<br />

secondo lo schema che segue:<br />

1992<br />

PRU<br />

PII<br />

1993 1997 1998 2001<br />

PReU CdQ PRUSST CdQ II<br />

asse<br />

temporale<br />

40


4.3 I singoli programmi nazionali<br />

Dopo una descrizione <strong>di</strong> sintesi delle motivazioni che hanno portato<br />

all’introduzione delle politiche per la sostenibilità e dopo una rapida rassegna dei<br />

principali strumenti ideati e maggiormente impiegati dagli attori pubblici e privati, nelle<br />

pagine seguenti si propone una lettura <strong>di</strong> dettaglio <strong>di</strong> ciascuno.<br />

L’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> presentazione è prevalentemente quello cronologico <strong>di</strong><br />

promulgazione delle leggi <strong>di</strong> definizione e introduzione dei singoli programmi.<br />

Rimane comunque importante segnalare che ruolo centrale tra le politiche per lo<br />

sviluppo sostenibile è svolto attualmente dai PRUSST, a cui si è giunti attraverso un<br />

processo complesso che è passato attraverso l’adozione e la realizzazione in ambito<br />

locale <strong>di</strong> tutti gli altri strumenti presentati.<br />

Si comincia quin<strong>di</strong> l’esposizione con i PII, per passare poi ai PRU, ai PreU,<br />

quin<strong>di</strong> ai CdQ, ai CdQ II, e i PRUSST. I CdQ II cronologicamente sono i più recenti,<br />

però rappresentando il proseguimento logico e finanziario dei CdQ, sono stati inseriti<br />

prima dei PRUSST.<br />

4.3.1 I Programmi Integrati <strong>di</strong> Intervento – PII<br />

Con l'articolo 16 della Legge n. 179/1992, il Legislatore ha introdotto il<br />

Programma Integrato <strong>di</strong> Intervento (PII). Si tratta <strong>di</strong> uno strumento, innovativo per quei<br />

tempi, che ha contribuito con il passare degli anni a dar vita a una serie <strong>di</strong> altri<br />

programmi complessi analoghi, volti a promuovere e favorire lo sviluppo sostenibile in<br />

ambito urbano. La norma nazionale si limita a sancire il principio; è solo con<br />

l'emanazione della Legge Regionale che si forniscono le in<strong>di</strong>cazioni esaustive per la<br />

formazione dei Programmi.<br />

I PII sono promossi dai Comuni. Possono prevedere il concorso <strong>di</strong> più soggetti e<br />

risorse finanziarie sia pubbliche sia private. Si tratta <strong>di</strong> programmi che hanno come<br />

obiettivo prioritario la riqualificazione del tessuto urbano, e<strong>di</strong>lizio e ambientale.<br />

Attenzione precipua viene de<strong>di</strong>cata agli aspetti naturalistici e paesaggistici. Possono<br />

riguardare anche infrastrutture pubbliche e <strong>di</strong> interesse pubblico. I Programmi Integrati<br />

<strong>di</strong> Intervento attivati sono 372 e hanno ricevuto finanziamenti regionali per 711,7<br />

milioni <strong>di</strong> euro.<br />

41


4.3.2 I Programmi <strong>di</strong> Riqualificazione Urbana – PRU<br />

I Programmi <strong>di</strong> Riqualificazione Urbana sono stati introdotti dalla legge 493/93,<br />

al fine <strong>di</strong> incidere positivamente sul processo <strong>di</strong> trasformazione <strong>di</strong> ambiti degradati delle<br />

città italiane. Operano su scala urbana, integrando risorse e azioni pubbliche e private in<br />

modo da equilibrare le esigenze e gli interessi del sistema socio-economico locale; sono<br />

finalizzati al rinnovo e alla rifunzionalizzazione <strong>di</strong> parti significative <strong>di</strong> città; riguardano<br />

la riqualificazione urbanistico-e<strong>di</strong>lizia <strong>di</strong> aree <strong>di</strong>smesse e/o fortemente degradate,<br />

promuovendo l’integrazione tra:<br />

• funzioni residenziali, economiche e terziarie (servizi pubblici e privati)<br />

• interventi <strong>di</strong> recupero <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici esistenti, interventi <strong>di</strong> ristrutturazione<br />

urbanistica, realizzazione <strong>di</strong> infrastrutture e urbanizzazioni primarie e secondarie<br />

• investimenti pubblici e investimenti privati, su aree poco attraenti per il solo<br />

intervento privato.<br />

Molti PRU finanziati riguardano, oltre al recupero <strong>di</strong> aree <strong>di</strong>smesse, anche la<br />

riqualificazione <strong>di</strong> aree <strong>di</strong> e<strong>di</strong>lizia residenziale pubblica con la creazione <strong>di</strong> poli<br />

artigianali, strutture culturali e museali, aree ver<strong>di</strong>, servizi.<br />

E’ stato stanziato per essi un finanziamento iniziale pari a 148,7 milioni <strong>di</strong> euro,<br />

portato successivamente, per effetto della Legge Finanziaria n.662/1996, a 303,6<br />

milioni <strong>di</strong> euro. Oltre a queste risorse, le città rientranti nelle zone obiettivo 1 (aree<br />

depresse del Mezzogiorno) hanno potuto contare anche su 62 milioni <strong>di</strong> euro <strong>di</strong> risorse<br />

comunitarie. I fon<strong>di</strong> dei PRU sono stati assegnati <strong>di</strong>rettamente dall’ex Ministero dei<br />

Lavori Pubblici, senza passare per la programmazione regionale. Potevano richiedere<br />

finanziamenti i Capoluoghi <strong>di</strong> Provincia, i Comuni con più <strong>di</strong> 300.000 abitanti e quelli<br />

ad essi confinanti, i Comuni con aree industriali <strong>di</strong>smesse (e che avevano preparato<br />

programmi per la loro riqualificazione), e i Comuni caratterizzati da rilevanti fenomeni<br />

<strong>di</strong> trasformazione economica.<br />

L’ex Ministero dei Lavori Pubblici nel <strong>di</strong>cembre del 1994 bandì una gara nazionale<br />

per la presentazione dei progetti. I Comuni pre<strong>di</strong>sposero entro i termini stabiliti i<br />

programmi, operando una selezione fra le proposte presentate dagli operatori privati. I<br />

Comuni, in seguito, stipularono accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> programma con il Ministero. Alla stipula<br />

degli accor<strong>di</strong> presero parte anche le Regioni, nei casi <strong>di</strong> variazione degli strumenti<br />

urbanistici. Il 1° <strong>di</strong> agosto del 1996 il ministero selezionò 76 programmi ripartiti tra 20<br />

città.<br />

TABELLA 4.2 - Risorse pubbliche e private per area geografica<br />

Risorse pubbliche Risorse private Risorse totali<br />

milioni <strong>di</strong> euro % su tot risorse milioni <strong>di</strong> euro % su tot risorse milioni <strong>di</strong> euro % su tot risorse<br />

Nord 2.233,2 33,6 4.413,0 66,4 6.646,2 100,0<br />

Centro 427,8 27,9 1.106,7 72,1 1.534,5 100,0<br />

Sud 825,4 51,3 784,3 48,7 1.609,7 100,0<br />

Totale 3.486,4 35,6 6.304,1 64,4 9.790,5 100,0<br />

Fonte: rielaborazione <strong>di</strong> dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti<br />

42


I PRU hanno promosso investimenti complessivi per quasi 10 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> euro, <strong>di</strong><br />

cui il 35% costituito da risorse pubbliche e il 65% da risorse private. È interessante<br />

notare la maggiore incidenza delle risorse finanziarie messe in campo dagli attori privati<br />

soprattutto nel Nord e nel Centro Italia, tra il 66 e il 72% delle risorse complessive,<br />

mentre nell’Italia meri<strong>di</strong>onale si è registrata una partecipazione paritaria tra pubblico e<br />

privato. In più le risorse impegnate al Nord sono pari a più del doppio dei finanziamenti<br />

pubblico-privati messi a <strong>di</strong>sposizione in tutto il Centro e il Sud Italia (tabella 4.2).<br />

Me<strong>di</strong>ante i PRU si sono potute realizzare opere sia pubbliche che private. Nel<br />

caso delle opere pubbliche, le risorse private nei piccoli Comuni italiani si sono<br />

concentrate prevalentemente nelle “opere <strong>di</strong> urbanizzazione”. Nei gran<strong>di</strong> Comuni, i<br />

privati invece hanno finanziato le opere <strong>di</strong> urbanizzazione a servizio delle opere<br />

pubbliche nella stessa misura degli immobili per OO. UU. Nel caso invece delle opere<br />

private, le risorse private hanno privilegiato, sia nei gran<strong>di</strong> sia nei piccoli Comuni, la<br />

realizzazione <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici residenziali e non, la ristrutturazione urbanistica e il recupero <strong>di</strong><br />

e<strong>di</strong>fici residenziali (tabella 4.3).<br />

TABELLA 4.3 - La destinazione delle risorse private in opere pubbliche e private<br />

(in % del totale delle risorse)<br />

Opere pubbliche Opere private<br />

Destinazione delle risorse piccoli comuni gran<strong>di</strong> comuni piccoli comuni gran<strong>di</strong> comuni<br />

Opere <strong>di</strong> urbanizzazione 72,7 38,7 0,0 0,0<br />

Recupero e<strong>di</strong>fici non residenziali 6,5 1,4 5,2 0,7<br />

Sistemazioni ambientali arredo urbano 4,4 3,3 0,0 0,0<br />

Realizzazione e<strong>di</strong>fici non residenziali 6,6 7,0 15,5 25,9<br />

Immobili per ERP 1,1 0,0 0,0 0,0<br />

Realizzazione e<strong>di</strong>fici residenziali 0,2 7,8 33,3 35,7<br />

Ristrutturazione urbanistica 2,3 2,7 21,4 31,0<br />

Immobili per OO.UU. 5,8 38,8 0,0 0,0<br />

Risanamento parti comuni 0,1 0,3 4,5 1,2<br />

Recupero e<strong>di</strong>fici residenziali 0,3 0,1 20,1 5,5<br />

Totali 100,0 100,0 100,0 100,0<br />

Fonte: rielaborazione <strong>di</strong> dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti<br />

4.3.3 I Programmi <strong>di</strong> Recupero Urbano – PreU<br />

I Programmi <strong>di</strong> Recupero Urbano sono stati istituiti dalla legge n. 493 del 1993 e<br />

sono strumenti <strong>di</strong> politica urbana finanziati prevalentemente con i fon<strong>di</strong> ex Gescal.<br />

Dal 1994 sono state riconosciute alle Regioni competenze <strong>di</strong> carattere<br />

programmatorio in materia <strong>di</strong> Programmi <strong>di</strong> Recupero Urbano. Queste competenze sono<br />

state poi rafforzate dalla Riforma Bassanini, così che attualmente le Regioni possono<br />

stabilire la misura dei fon<strong>di</strong> da destinare alla realizzazione e alla attuazione dei PreU.<br />

I PReU presentano molte analogie con i Programmi Integrati <strong>di</strong> Intervento,<br />

istituiti dall’art. 16 della legge n. 179 del 1992, con la <strong>di</strong>fferenza che riguardano solo gli<br />

inse<strong>di</strong>amenti <strong>di</strong> e<strong>di</strong>lizia residenziale pubblica, mentre i secon<strong>di</strong> qualsiasi zona urbana.<br />

43


Tuttavia, come i PII, anche i PReU incidono sull’assetto del territorio, perché hanno la<br />

natura <strong>di</strong> strumenti <strong>di</strong> pianificazione territoriale; sono finalizzati al recupero <strong>di</strong> aree<br />

urbane attraverso la loro riqualificazione dal punto <strong>di</strong> vista urbanistico, e<strong>di</strong>lizio,<br />

ambientale ed anche socioeconomico; sono caratterizzati dall’integrazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse<br />

tipologie <strong>di</strong> intervento; sono promossi dai Comuni, ai quali possono essere proposti<br />

anche da soggetti pubblici e privati. Possono prevedere il concorso <strong>di</strong> risorse finanziarie<br />

pubbliche e private.<br />

Occorre tener presente un aspetto molto rilevante, che si accompagna al carattere<br />

innovativo <strong>di</strong> questi programmi. I PReU (come gli altri programmi analizzati in queste<br />

pagine) vanno ad operare in contesti per i quali da tempo sono stati pre<strong>di</strong>sposti<br />

strumenti preposti istituzionalmente all'organizzazione delle aree, alla loro destinazione<br />

d'uso, alla loro tutela e valorizzazione. Nonostante ciò, i rapporti fra queste forme <strong>di</strong><br />

progettualità e gli strumenti appartenenti al tra<strong>di</strong>zionale sistema <strong>di</strong> pianificazione<br />

territoriale (i Piani Regolatori Generali, primi tra gli altri) non risultano sempre chiari e,<br />

non <strong>di</strong> rado, gli attriti si rendono evidenti.<br />

I Programmi <strong>di</strong> Recupero Urbano attivati sono stati complessivamente 283 ed<br />

hanno ricevuto finanziamenti regionali per 716,3 milioni <strong>di</strong> euro.<br />

4.3.4 I Contratti <strong>di</strong> Quartiere - CdQ<br />

Il Contratto <strong>di</strong> Quartiere, istituito nel 1998, nasce per impiegare 103 milioni <strong>di</strong><br />

euro derivanti dalle maggiori entrate dei fon<strong>di</strong> Gescal negli anni 1993-1994. Con questo<br />

strumento le amministrazioni locali possono programmare interventi nelle periferie<br />

urbane e negli ambiti meno coinvolti nei processi <strong>di</strong> rifunzionalizzazione. E' stato<br />

proposto come via percorribile per la soluzione del problema delle aree <strong>di</strong> espansione<br />

urbana, nate sotto la spinta della domanda residenziale e carenti per qualità ambientale,<br />

dotazione <strong>di</strong> servizi, assenza <strong>di</strong> luoghi riconoscibili e scarso significato urbano. Gli<br />

interventi promossi hanno una forte valenza <strong>di</strong> riduzione del <strong>di</strong>sagio sociale che spesso<br />

convive con il degrado e<strong>di</strong>lizio.<br />

I CdQ, nel promuovere la riqualificazione degli spazi urbani e delle strutture<br />

architettoniche, privilegiano interventi che garantiscono il risparmio energetico e<br />

perseguono elevati standard ambientali; offrono anche la possibilità <strong>di</strong> promuovere e<br />

sostenere lo sviluppo <strong>di</strong> attività economiche e pongono attenzione alla dotazione <strong>di</strong><br />

servizi per le imprese e per le famiglie; favoriscono la formazione, facilitano l’adozione<br />

<strong>di</strong> misure per il recupero dell'evasione scolastica, sostengono l'avviamento professionale<br />

dei giovani. In sintesi, promuovono lo sviluppo sostenibile.<br />

Ai 45 programmi selezionati attraverso il bando indetto nel 1998 sono stati<br />

assegnati 309,9 milioni <strong>di</strong> euro <strong>di</strong> finanziamento. Ulteriori finanziamenti, per altri 9<br />

programmi, sono stati resi <strong>di</strong>sponibili dalla legge n. 136/1999 e provengono dal<br />

mancato completamento <strong>di</strong> precedenti programmi <strong>di</strong> riqualificazione urbana.<br />

44


4.3.5 I Contratti <strong>di</strong> Quartiere II - CdQ II<br />

I Contratti <strong>di</strong> Quartiere II sono stati introdotti con la Legge n.21/2001 e hanno<br />

trovato attuazione con il decreto 30 <strong>di</strong>cembre 2002. In termini assoluti i finanziamenti<br />

totali maggiori sono stati attribuiti a Lombar<strong>di</strong>a (14%), Campania (11%), Lazio (10%) e<br />

Piemonte (9%). Sono programmi finalizzati prioritariamente ad incrementare, con la<br />

partecipazione <strong>di</strong> investimenti privati, la dotazione infrastrutturale dei quartieri<br />

degradati dei comuni e delle città a più forte <strong>di</strong>sagio abitativo ed occupazionale. Allo<br />

stesso tempo, devono prevedere misure ed interventi per incrementare l’occupazione e<br />

per favorire l’integrazione sociale e l’adeguamento dell’offerta abitativa. Si tratta quin<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> programmi per le periferie urbane, votati, come nell’esperienza già maturata negli<br />

anni scorsi attraverso i precedenti Contratti <strong>di</strong> Quartiere, a promuovere e favorire lo<br />

sviluppo sostenibile, coinvolgendo contemporaneamente aspetti ambientali, sociali e<br />

economici. Presentano però il limite (come rilevato anche da Paolo Avarello, presidente<br />

dell'Inu) <strong>di</strong> essere legati al patrimonio pubblico, riducendo notevolmente l'interesse<br />

degli operatori privati.<br />

TABELLA 4.4 - Ripartizione delle risorse per il programma<br />

"Contratto <strong>di</strong> Quartiere II" (milioni <strong>di</strong> euro)<br />

Regioni Finanziament<br />

o<br />

statale<br />

Finanziament<br />

o<br />

Regionale<br />

Finanziament<br />

o<br />

totale<br />

Piemonte 76,7 41,3 118<br />

Valle d'Aosta 1,6 0,8 2,4<br />

Lombar<strong>di</strong>a 128,0 68,9 196,9<br />

Prov. Aut. Trento 12,6 6,8 19,4<br />

Prov. Aut. Bolzano 14,2 7,7 21,9<br />

Veneto 53,1 28,6 81,7<br />

Friuli Venezia Giulia 18,6 10,0 28,6<br />

Liguria 30,0 16,2 46,2<br />

Emilia-Romagna 52,4 28,2 80,6<br />

Toscana 51,0 27,4 78,4<br />

Umbria 12,8 6,9 19,7<br />

Marche 16,8 9,0 25,8<br />

Lazio 90,1 48,5 138,6<br />

Abruzzo 21,9 11,8 33,7<br />

Molise 4,8 2,6 7,4<br />

Campania 96,1 51,8 147,9<br />

Puglia 58,3 31,4 89,7<br />

Basilicata 8,4 4,5 12,9<br />

Calabria 38,9 21,0 59,9<br />

Sicilia 65,0 35,0 100<br />

Sardegna 31,1 16,8 47,9<br />

Totale 882,4 475,2 1357,6<br />

Fonte: Decreto 30 <strong>di</strong>cembre 2003 (Gazzetta Ufficiale del 23 aprile 2003)<br />

45


I Contratti <strong>di</strong> quartiere II mettono a <strong>di</strong>sposizione la somma più rilevante mai<br />

stanziata dallo Stato per interventi <strong>di</strong> riqualificazione urbana. Il finanziamento totale<br />

ammonta complessivamente a 1.357, 6 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> euro, <strong>di</strong> cui 882,5 <strong>di</strong> competenza<br />

dello Stato e 475,1 delle Regioni. La contribuzione finanziaria delle Regioni e delle<br />

Province autonome al programma è stabilita pari al 35% dell’apporto complessivo dello<br />

Stato/Regioni. Al finanziamento del restante 65% si provvede con risorse statali. Non<br />

sono previste risorse finanziarie private.<br />

La tabella 4.4 mostra la ripartizione tra Regioni e Province autonome delle<br />

risorse apportate dallo Stato e <strong>di</strong> quelle messe a <strong>di</strong>sposizione dalle Regioni.<br />

4.3.6 I Programmi <strong>di</strong> Riqualificazione Urbana e <strong>di</strong> Sviluppo Sostenibile del<br />

Territorio<br />

Sono programmi innovativi promossi dall’ex Ministero dei Lavori Pubblici che<br />

si propongono <strong>di</strong> favorire:<br />

• la realizzazione, l'adeguamento, il completamento <strong>di</strong> infrastrutture sia a rete che<br />

puntuali <strong>di</strong> importanza strategica per l’ambito territoriale <strong>di</strong> riferimento<br />

• la realizzazione <strong>di</strong> un sistema integrato <strong>di</strong> attività per l'ampliamento e la<br />

realizzazione <strong>di</strong> inse<strong>di</strong>amenti industriali, commerciali e artigianali, la<br />

promozione turistico-ricettiva e la riqualificazione <strong>di</strong> zone urbane centrali e<br />

periferiche interessate da fenomeni <strong>di</strong> degrado<br />

• lo sviluppo sostenibile del territorio sotto il profilo economico, ambientale e<br />

sociale.<br />

I PRUSST rappresentano la nuova fase <strong>di</strong> programmazione e riqualificazione<br />

territoriale che nasce dall'esperienza dei Programmi <strong>di</strong> Riqualificazione Urbana (PRU).<br />

Sono l'ultima generazione dei programmi complessi lanciati dal Ministero per la<br />

riqualificazione del territorio, caratterizzati da un contributo statale, dalla integrazione<br />

tra interventi e funzioni urbane <strong>di</strong>verse, tra soggetti pubblici e privati, costruiti dal basso<br />

dagli enti locali.<br />

In questo caso, gli ambiti territoriali sono più vasti <strong>di</strong> semplici aree urbane e<br />

hanno coinvolto in tutto 1.200 Comuni, Anas, società autostradali, Rfi, Regioni,<br />

imprese industriali e del settore delle costruzioni.<br />

Nel 2000 sono stati stanziati complessivamente 72,3 milioni <strong>di</strong> euro, per circa<br />

1,5 milioni <strong>di</strong> euro per ogni programma. I finanziamenti concessi coprono in via<br />

prioritaria le spese <strong>di</strong> fattibilità del programma. Caratteristica peculiare <strong>di</strong> questo<br />

programma è che i soggetti privati concorrono in modo significativo al finanziamento<br />

delle opere pubbliche, infatti gli importi impiegati dai privati sono pari almeno ad un<br />

terzo del valore degli investimenti. Occorre quin<strong>di</strong> che i promotori in<strong>di</strong>viduino gli<br />

interventi pubblici da inserire nel programma facendo attenzione al fatto che si tratti <strong>di</strong><br />

investimenti a cui i privati siano interessati.<br />

46


TABELLA 4.5 - PRUSST: i programmi ammessi e gli investimenti previsti<br />

Regioni 2000 2001 Totale Milioni <strong>di</strong><br />

euro<br />

Abruzzo 1 1 2 1.038,4<br />

Basilicata 2 1 3 956,8<br />

Calabria 1 3 4 1.464,9<br />

Campania 2 1 3 2.736,5<br />

Emilia-Romagna 3 2 5 2.469,4<br />

Friuli Venezia Giulia 2 0 2 3.457,3<br />

Lazio 6 1 7 4.911,0<br />

Liguria 4 1 5 4.195,5<br />

Lombar<strong>di</strong>a 2 1 3 712,5<br />

Marche 2 2 4 4.556,9<br />

Molise 1 1 2 266,7<br />

Piemonte 3 3 6 1.994,8<br />

Puglia 4 2 6 11.001,7<br />

Sardegna 1 0 1 198,4<br />

Sicilia 4 5 9 7.113,1<br />

Toscana 2 1 3 1.400,1<br />

Trentino Alto A<strong>di</strong>ge 2 0 2 653,4<br />

Umbria 3 0 3 1.327,9<br />

Valle d'Aosta 1 0 1 174,9<br />

Veneto 4 3 7 2.284,9<br />

Totale 50 28 78 52.915,1*<br />

* non sono compresi i dati relativi ai PRUSST <strong>di</strong>: Provincia <strong>di</strong> Matera; Comune <strong>di</strong> Messina;<br />

Regione Abruzzo; Comune <strong>di</strong> Catania; Provincia <strong>di</strong> Reggio Calabria; Comune <strong>di</strong> Trivento<br />

Fonte: rielaborazione <strong>di</strong> dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti<br />

I PRUSST possono essere finanziati in vari mo<strong>di</strong>:<br />

• somme provenienti dai capitoli <strong>di</strong> bilancio del ministero<br />

• somme provenienti dal fondo <strong>di</strong> rotazione per la progettazione della Cassa<br />

Depositi e Prestiti<br />

• finanziamenti <strong>di</strong> altri ministeri per la realizzazione delle opere <strong>di</strong> competenza<br />

già programmate<br />

• finanziamenti delle Aziende pubbliche nazionali e locali per la realizzazione<br />

delle opere infrastrutturali e dei servizi pubblici<br />

• finanziamenti europei del Quadro Comunitario <strong>di</strong> Sostegno 2000-2006 e dei<br />

Fon<strong>di</strong> Strutturali<br />

• finanziamenti degli enti locali<br />

• finanziamenti privati<br />

• risorse attivate dal sistema bancario europeo ed, in particolare, i prestiti BEI<br />

finalizzati a questi scopi.<br />

I PRUSST attivati sono 78. Di questi, 48 sono stati selezionati e ammessi al<br />

finanziamento nell’aprile del 2000 (21 classificati primi nelle graduatorie regionali e i<br />

primi 27 della graduatoria nazionale). Nel <strong>di</strong>cembre 2000 a questo elenco sono stati<br />

47


aggiunti il programma del Comune <strong>di</strong> Palermo e quello del Comune <strong>di</strong> Formia.<br />

Successivamente nell’aprile del 2001 altri 28 programmi sono stati avviati e si sono<br />

aggiunti a quelli già finanziati, arrivando così al numero attuale <strong>di</strong> 78 (tabella 4.5).<br />

I 78 PRUSST prevedono nell’arco <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci anni investimenti complessivi per<br />

60,3 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> euro, <strong>di</strong> cui 30,98 pubblici e 29,35 privati. Lo Stato ha stanziato per il<br />

momento 192 milioni <strong>di</strong> euro, per lo più per la progettazione.<br />

TABELLA 4.6 - Gli investimenti previsti per i primi 48 PRUSST<br />

(milioni <strong>di</strong> euro)<br />

Regioni Investimenti<br />

Investimenti Totale investimenti<br />

pubblici<br />

privati<br />

previsti<br />

Importo % sul totale Importo % sul totale Importo % sul totale<br />

Abruzzo 606,5 58 431,8 42 1.038,3 3<br />

Basilicata 546,5 57 410,3 43 956,8 2<br />

Calabria 692,3 55 559,7 45 1.252,0 3<br />

Campania 1.238,7 56 970,0 44 2.208,7 6<br />

Emilia-Romagna 415,8 33 832,7 67 1.248,5 3<br />

Friuli Venezia Giulia 1.654,6 48 1.802,7 52 3.457,3 9<br />

Lazio 2.095,8 47 2.388,1 53 4.483,9 11<br />

Liguria 1.932,2 50 1.968,1 50 3.900,3 10<br />

Lombar<strong>di</strong>a 364,1 60 245,6 40 609,7 1<br />

Marche 1.951,4 59 1.335,2 41 3.286,6 8<br />

Molise 155,1 58 111,6 42 266,7 1<br />

Piemonte 576,3 41 843,5 59 1.419,8 4<br />

Puglia 2.236,4 47 2.511,9 53 4.748,3 12<br />

Sardegna 132,0 67 66,4 33 198,4 0<br />

Sicilia 2.944,7 46 3.421,8 54 6.366,5 16<br />

Toscana 709,3 56 562,9 44 1.272,2 3<br />

Trentino Alto A<strong>di</strong>ge 315,0 48 338,5 52 653,5 2<br />

Umbria 767,4 58 560,5 42 1.327,9 3<br />

Valle d'Aosta 116,4 67 58,5 33 174,9 0<br />

Veneto 498,6 41 709,3 59 1.207,9 3<br />

Totale 19.949,1 50 20.129,1 50 40.078,2 100<br />

Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti<br />

La Puglia è la regione in cui sono stati previsti gli investimenti complessivi<br />

maggiori, con circa 11 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> euro, <strong>di</strong> cui il programma della Provincia <strong>di</strong> Foggia<br />

rappresenta, con i suoi 5,8 miliar<strong>di</strong>, poco più del 50%.<br />

Ai 72,3 milioni <strong>di</strong> euro dati in finanziamento ai primi 48 programmi nel 2000,<br />

vanno aggiunti i 2,1 milioni concessi complessivamente e poi <strong>di</strong>visi in parti uguali tra<br />

Palermo e Formia sempre nello stesso anno.<br />

Nel corso del 2001, i 15,5 milioni <strong>di</strong> euro stanziati con la Legge Finanziaria<br />

2001 sono stati assegnati a Palermo e Formia per 880,9 milioni <strong>di</strong> euro e i restanti 14,5<br />

sono stati utilizzati per finanziarie i 28 nuovi programmi selezionati dalla graduatoria<br />

nazionale nel mese <strong>di</strong> aprile proprio del 2001.<br />

Per l’anno 2002, a tutti i 78 programmi sono stati destinati ulteriori<br />

finanziamenti pari complessivamente a 105,9 milioni <strong>di</strong> euro, <strong>di</strong> cui 27,3 ai 28<br />

48


programmi del 2001 e 77,8 agli altri 50. Il finanziamento riservato ai 28 programmi<br />

selezionati nel corso del 2001 è destinato alla progettazione <strong>di</strong> opere pubbliche. Il<br />

finanziamento dato invece agli altri 50 programmi è destinato alla realizzazione <strong>di</strong><br />

infrastrutture pubbliche e agli incentivi per il recupero del patrimonio e<strong>di</strong>lizio<br />

residenziale. Per l’anno 2003 il finanziamento previsto ammonta complessivamente per<br />

tutti i 78 programmi a 152,4 milioni <strong>di</strong> euro.<br />

Dall’analisi del finanziamento per i primi 48 programmi del 2000, emerge che<br />

complessivamente per gli investimenti pubblici e per gli investimenti privati sono<br />

previsti impegni <strong>di</strong> spesa pressoché uguali, 40 miliar<strong>di</strong> ripartiti al 50% (tabella 4.6). La<br />

Regione con gli investimenti pubblici minori è l’Emilia-Romagna, dove il 67% degli<br />

investimenti proviene da privati. Seguono Piemonte e Veneto, entrambi con il 59% <strong>di</strong><br />

investimenti privati. Sardegna e Valle d’Aosta sono le Regioni dove gli investimenti<br />

pubblici sono maggiori, pari al 67% del totale previsto. Per i primi 48 programmi, la<br />

Regione con la maggior dotazione <strong>di</strong> risorse totali <strong>di</strong>sponibili è il Piemonte, con il 32%<br />

<strong>di</strong> risorse pubbliche e il 68% <strong>di</strong> risorse private. Restano comunque da reperire ingenti<br />

quantità <strong>di</strong> risorse pubbliche, che per i primi 48 programmi ammontano a più dei due<br />

terzi, con punte massime in Sardegna, Lombar<strong>di</strong>a e Molise (tabelle 4.7 e 4.8).<br />

TABELLA 4.7 - Le risorse <strong>di</strong>sponibili per i primi 48 PRUSST<br />

(Milioni <strong>di</strong> euro)<br />

Regioni Risorse<br />

pubbliche<br />

Risorse private Totale<br />

Importo % sul Importo % sul Importo % sul<br />

totale<br />

totale<br />

totale*<br />

Abruzzo 100,0 23 333,4 77 433,4 42<br />

Basilicata 125,2 26 359,6 74 484,8 51<br />

Calabria 227,4 71 93,0 29 320,4 26<br />

Campania 352,6 44 452,6 56 805,2 36<br />

Emilia-Romagna 84,3 11 684,7 89 769,0 62<br />

Friuli Venezia Giulia 436,9 28 1137,4 72 1574,3 46<br />

Lazio 611,6 29 1526,8 71 2138,4 48<br />

Liguria 1063,0 44 1332,8 56 2395,8 61<br />

Lombar<strong>di</strong>a 83,3 27 228,9 73 312,2 51<br />

Marche 263,0 26 738,6 74 1001,6 30<br />

Molise 35,6 26 100,5 74 136,1 51<br />

Piemonte 300,2 32 635,3 68 935,5 66<br />

Puglia 221,0 11 1742,1 89 1963,1 41<br />

Sardegna 0,4 1 64,2 99 64,6 33<br />

Sicilia 521,6 18 2441,6 82 2963,2 47<br />

Toscana 130,8 25 390,7 75 521,5 41<br />

Trentino Alto A<strong>di</strong>ge 146,9 55 121,7 45 268,6 41<br />

Umbria 100,0 21 379,6 79 479,6 36<br />

Valle d'Aosta 76,2 90 8,6 10 84,8 48<br />

Veneto 173,0 24 536,3 76 709,3 59<br />

Totale 5.053,0 28 13.308,4 72 18.361,4 46<br />

Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti<br />

sul totale dell’importo dell’investimento<br />

49


TABELLA 4.8 - Le risorse da reperire per i primi 48 PRUSST<br />

(milioni <strong>di</strong> euro)<br />

Regioni Risorse pubbliche<br />

Importo % sul totale<br />

risorse<br />

da reperire<br />

Risorse private<br />

milioni<br />

<strong>di</strong> euro<br />

% sul totale<br />

risorse<br />

da reperire<br />

milioni<br />

<strong>di</strong> euro<br />

Totale risorse<br />

% sul totale<br />

investimenti<br />

Abruzzo 506,5 84 98,4 16 604,9 58<br />

Basilicata 421,3 89 50,7 11 472,0 49<br />

Calabria 464,9 50 466,7 50 931,6 74<br />

Campania 886,1 63 517,4 37 1403,5 64<br />

Emilia-Romagna 331,5 69 148,0 31 479,5 38<br />

Friuli Venezia Giulia 1217,7 65 665,3 35 1883,0 54<br />

Lazio 1484,2 63 861,3 37 2345,5 52<br />

Liguria 869,2 58 635,3 42 1504,5 39<br />

Lombar<strong>di</strong>a 280,8 94 16,7 6 297,5 49<br />

Marche 1688,4 74 596,6 26 2285,0 70<br />

Molise 119,5 92 11,1 8 130,6 49<br />

Piemonte 276,1 57 208,2 43 484,3 34<br />

Puglia 2015,4 72 769,8 28 2785,2 59<br />

Sardegna 131,6 98 2,2 2 133,8 67<br />

Sicilia 2423,1 71 980,2 29 3403,3 53<br />

Toscana 578,5 77 172,2 23 750,7 59<br />

Trentino Alto A<strong>di</strong>ge 168,1 44 216,8 56 384,9 59<br />

Umbria 667,4 79 180,9 21 848,3 64<br />

Valle d'Aosta 40,2 45 49,9 55 90,1 52<br />

Veneto 325,6 65 173,0 35 498,6 41<br />

Totale 14.896,1 69 6.820,7 31 21.716,8 54<br />

Fonte: rielaborazione <strong>di</strong> dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti<br />

Come si può notare dalla tabella seguente (tabella 4.9) il 41% dei finanziamenti<br />

riservati ai primi 48 PRUSST selezionati nell’aprile del 2000 è destinato alle politiche<br />

per il recupero del deficit infrastrutturale, il 24% alle politiche finalizzate al recupero,<br />

alla messa in sicurezza e alla valorizzazione del patrimonio ambientale, il 27% alle<br />

politiche che perseguono fini sociali, il restante 8% alle politiche <strong>di</strong> partenariato, <strong>di</strong><br />

sussi<strong>di</strong>arietà e <strong>di</strong> concertazione locale.<br />

Per i primi 48 programmi sono <strong>di</strong>sponibili anche i dati relativi all’ammontare<br />

delle risorse per i singoli settori <strong>di</strong> intervento. Così è possibile notare che nel totale<br />

nazionale quasi il 13% dei finanziamenti è destinato ad opere stradali, il 4% a ferrovie e<br />

altre linee <strong>di</strong> trasporto, l’1% alla produzione e al trasporto <strong>di</strong> energia elettrica.<br />

4.4 PRUSST e PRU a confronto<br />

Le tavole 4.2 e 4.3 propongono, rispettivamente, una sintesi dei principali<br />

elementi che contrad<strong>di</strong>stinguono PRU e PRUSST e gli ammontari delle risorse<br />

pubbliche e private impiegate.<br />

50


TABELLA 4.9 - Risorse <strong>di</strong>stinte per settori nei primi 48 PRUSST<br />

(in % sul totale)<br />

Regioni Infrastrutt. Ambiente Politiche Politiche <strong>di</strong> Totale<br />

sociali partenariato risorse<br />

Abruzzo 48 33 19 0 100<br />

Basilicata 48 30 15 7 100<br />

Calabria 71 12 13 4 100<br />

Campania 61 20 14 5 100<br />

Emilia-Romagna 27 37 33 3 100<br />

Friuli Venezia Giulia 48 26 21 5 100<br />

Lazio 35 18 35 12 100<br />

Liguria 35 40 16 9 100<br />

Lombar<strong>di</strong>a 27 18 31 24 100<br />

Marche 50 20 28 2 100<br />

Molise 32 12 30 26 100<br />

Piemonte 36 27 29 8 100<br />

Puglia 34 19 35 12 100<br />

Sardegna 23 52 23 2 100<br />

Sicilia 34 22 33 11 100<br />

Toscana 54 14 25 7 100<br />

Trentino Alto A<strong>di</strong>ge 44 42 14 0 100<br />

Umbria 30 32 34 4 100<br />

Valle d'Aosta 50 23 19 8 100<br />

Veneto 29 21 37 13 100<br />

Totale 41 24 27 8 100<br />

Fonte: rielaborazione <strong>di</strong> dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti<br />

TAVOLA 4.2 - Ambiti <strong>di</strong> applicazione e finanziamenti<br />

Principali caratteristiche PRU PRUSST<br />

Riferimento legislativo Legge 493 del 1993 D.M. del 8 ottobre 1998.<br />

Ambiti territoriali <strong>di</strong><br />

riferimento<br />

• tessuti urbani consolidati e<br />

degradati<br />

Finanziamenti • risorse della legge 179/92 (148,7<br />

milioni <strong>di</strong> euro)<br />

• 154,9 milioni <strong>di</strong> euro, legge<br />

662/96 “Misure <strong>di</strong><br />

razionalizzazione della finanza<br />

pubblica”<br />

• eventuali somme non utilizzate<br />

per contributi su programmi ed<br />

interventi previsti dall’art. 18 del<br />

D.L. 152/91, convertito in legge<br />

203/91<br />

• sistemi metropolitani<br />

• <strong>di</strong>stretti inse<strong>di</strong>ativi<br />

• sistema degli spazi <strong>di</strong><br />

transizione<br />

• sistema delle attrezzature<br />

• ex Ministero dei Lavori<br />

Pubblici: 72,3 milioni <strong>di</strong> euro<br />

• Fondo <strong>di</strong> rotazione per la<br />

progettazione della Cassa<br />

Depositi e Prestiti<br />

• altri ministeri<br />

• aziende pubbliche nazionali e<br />

locali<br />

• finanziamenti europei QCS<br />

2000-2006 e Fon<strong>di</strong> Strutturali<br />

• enti locali<br />

• privati<br />

• risorse attivate con l'utilizzo <strong>di</strong><br />

prestiti del sistema bancario<br />

europeo e <strong>di</strong> prestiti BEI<br />

Programmi finanziati 76 78<br />

Fonte: elaborazione propria su dati del Ministero dei Lavori Pubblici<br />

51


TAVOLA 4.3 - Le risorse pubbliche e private utilizzate<br />

(milioni <strong>di</strong> euro)<br />

PRU PRUSST<br />

Risorse pubbliche 3.486,4 <strong>di</strong> cui:<br />

• 43,5% destinati ai gran<strong>di</strong> comuni<br />

• 56,5% destinati ai piccoli comuni<br />

Risorse private 6.304,1 <strong>di</strong> cui:<br />

• 53,8% destinati ai gran<strong>di</strong> comuni<br />

• 46,2% destinati ai piccoli comuni<br />

Rapporto tra<br />

risorse pubbliche e<br />

private<br />

• Nord: private 66,4% e pubbliche 33,6%<br />

• Centro: private 72,1% e pubbliche 27,9%<br />

• Sud: private 48,7% e pubbliche 51,3%<br />

Fonte: elaborazione propria su dati del Ministero dei Lavori Pubblici<br />

4.5 Prospetti sinottici dei programmi nazionali<br />

• Previste 19.949,1<br />

• Totale risorse pubbliche <strong>di</strong>sponibili<br />

5053,0<br />

• Risorse pubbliche da reperire 14.896,1<br />

• Previste 20.129,1<br />

• Totale risorse private <strong>di</strong>sponibili<br />

13.308,4<br />

• Risorse private da reperire 6.820,7<br />

L’incidenza delle risorse pubbliche sul totale<br />

è del 50%<br />

Nelle tavole 4.4, 4.5 e 4.6 <strong>di</strong> seguito riportate si sintetizzano gli elementi<br />

principali che contrad<strong>di</strong>stinguono gli strumenti illustrati nelle pagine precedenti. In<br />

particolare, si richiamano i riferimenti normativi, i soggetti coinvolti e i contenuti<br />

essenziali. A questi si aggiungono dati schematici sulle Società <strong>di</strong> Trasformazione<br />

Urbana, non trattate in dettaglio perché ancora non effettivamente operative, ma <strong>di</strong> certo<br />

importanti per lo sviluppo urbano, la rigenerazione e la riqualificazione delle città.<br />

TIPOLOGIA RIFERIM<strong>ENTI</strong><br />

LEGISLATIVI<br />

Programma L. 179/92 (art. 16) e quadro<br />

Integrato <strong>di</strong> regionale <strong>di</strong> riferimento<br />

Intervento (PII) procedurale.<br />

Programma <strong>di</strong><br />

Riqualificazione<br />

Urbana (PRU)<br />

TAVOLA 4.4 - PII e PRU: aspetti istituzionali<br />

- L. 179/92, "Norme per l'e<strong>di</strong>lizia<br />

residenziale pubblica" (art. 2, c.2)<br />

- D.L. 398/93, convertito in L.<br />

493/93, "L'accelerazione degli<br />

investimenti ed il sostegno<br />

dell'occupazione e per la<br />

semplificazione dei proce<strong>di</strong>menti<br />

in materia e<strong>di</strong>lizia"<br />

- D.M. del 21 <strong>di</strong>cembre ‘94 (a<br />

valere sui finanziamenti <strong>di</strong> cui<br />

all'art. 2, c. 2 della L. 179/1992).<br />

SOGGETTI<br />

COINVOLTI<br />

Promotori sono i Comuni<br />

sulla base <strong>di</strong> proposte<br />

presentate dai soggetti<br />

pubblici e privati.<br />

Promotori sono i Comuni<br />

con i requisiti richiesti dal<br />

bando (capoluoghi <strong>di</strong><br />

provincia, con<br />

popolazione superiore a<br />

300.000 abitanti...) con il<br />

concorso obbligatorio <strong>di</strong><br />

risorse private (art. 4, c. 1,<br />

D.M. LL.PP. 21/12/1994).<br />

CONTENUTI<br />

Elemento unificante è il<br />

tema della riqualificazione<br />

urbana e ambientale, con<br />

l'integrazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse<br />

tipologie <strong>di</strong> intervento.<br />

Utilizzo <strong>di</strong> procedure<br />

unitarie che riguar<strong>di</strong>no<br />

parti significative <strong>di</strong> opere<br />

<strong>di</strong> urbanizzazione<br />

(primaria e secondaria),<br />

interventi <strong>di</strong> e<strong>di</strong>lizia<br />

residenziale e non<br />

residenziale,<br />

ristrutturazione<br />

urbanistica.<br />

52


TIPOLOGIA RIFERIM<strong>ENTI</strong><br />

LEGISLATIVI<br />

Programma <strong>di</strong> L. 493/93 (art. 11) <strong>di</strong><br />

Recupero Urbano conversione del D.M. 1°<br />

(PreU) <strong>di</strong>cembre 1994<br />

Contratto <strong>di</strong><br />

Quartiere<br />

(CdQ)<br />

TAVOLA 4.5 - PreU eCdQ: aspetti istituzionali<br />

- D.M. 1071 e 1072 del 1°<br />

<strong>di</strong>cembre 1994<br />

- Delibera CER ex<br />

Ministero dei Lavori<br />

pubblici del 5 giugno 1997<br />

SOGGETTI COINVOLTI CONTENUTI<br />

Promotori sono i Comuni che<br />

rispondono ai requisiti<br />

richiesti dal bando per<br />

beneficiare dei finanziamenti<br />

dei programmi quadriennali<br />

per l'e<strong>di</strong>lizia residenziale<br />

pubblica delle Regioni.<br />

Soggetti pubblici e privati con<br />

la <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> immobili da<br />

riqualificare.<br />

I Comuni, ai fini<br />

dell'assegnazione dei fon<strong>di</strong>,<br />

in<strong>di</strong>viduano:<br />

4.6 Gli accor<strong>di</strong> volontari e la tutela ambientale<br />

- zone <strong>di</strong> recupero (ai sensi<br />

della L. 457/78)<br />

- comparti <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici degradati<br />

- aree assoggettate a recupero<br />

urbanistico<br />

- PEEP con valore <strong>di</strong> Piani <strong>di</strong><br />

recupero (ai sensi della L.<br />

457/78).<br />

Programmi finalizzati alla<br />

riqualificazione <strong>di</strong><br />

inse<strong>di</strong>amenti <strong>di</strong> e<strong>di</strong>lizia<br />

residenziale pubblica (fon<strong>di</strong><br />

ex Gescal) attraverso la<br />

<strong>di</strong>versificazione <strong>di</strong> usi e<br />

funzioni nell'area <strong>di</strong><br />

intervento e la sinergia tra<br />

soggetti pubblici e privati.<br />

Interventi sperimentali nel<br />

settore dell'e<strong>di</strong>lizia<br />

residenziale sovvenzionata e<br />

annesse urbanizzazioni<br />

articolati in:<br />

- Recupero del patrimonio<br />

e<strong>di</strong>lizio<br />

- Ristrutturazione urbanistica<br />

(demolizione, ricostruzione e<br />

nuove costruzioni)<br />

- Opere infrastrutturali ed<br />

interventi, residenziali e non,<br />

finanziati con risorse private.<br />

Nella ricerca <strong>di</strong> uno sviluppo sostenibile, gli accor<strong>di</strong> volontari assumono una<br />

valenza molto rilevante, non tanto per la <strong>di</strong>mensione finanziaria, quanto per la funzione<br />

educativa verso i citta<strong>di</strong>ni e le imprese, nel rispetto e nella tutela del sistema ambientale<br />

prima e sociale poi in<strong>di</strong>rettamente.<br />

Con la riforma Bassanini, oltre a maggiore flessibilità e semplificazione<br />

all'interno della Pubblica Amministrazione, si sono poste basi solide per una maggiore<br />

cooperazione pubblico-privata, per una maggiore con<strong>di</strong>visione delle responsabilità tra<br />

gli attori socio-economici, favorita anche dalla <strong>di</strong>ffusione degli accor<strong>di</strong> volontari a<br />

livello locale e regionale.<br />

Gli accor<strong>di</strong> volontari hanno trovato impulso nel Quinto Programma d'Azione<br />

Ambientale della Commissione Europea e in una serie <strong>di</strong> strumenti normativi<br />

comunitari, tra cui la Comunicazione della Commissione Europea al Consiglio Europeo<br />

sugli Accor<strong>di</strong> Ambientali, COM (96) 561 del 27.11.96 e la Raccomandazione agli Stati<br />

membri n. 96/733 del 9.12.96. Essi sono strumenti volontari <strong>di</strong> natura negoziale,<br />

sottoscritti tra soggetti pubblici e imprese/associazioni private, posti in essere per la<br />

53


iduzione dell'inquinamento (acustico, atmosferico, …), per lo smaltimento e il<br />

riciclaggio dei rifiuti, per sistemi <strong>di</strong> gestione e certificazione ambientale.<br />

Possono assumere denominazioni e forme giuri<strong>di</strong>che varie: accor<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

programma, protocolli d'intesa, <strong>di</strong>chiarazioni d'intenti, convenzioni, contratti <strong>di</strong><br />

programma, protocolli <strong>di</strong> collaborazione. Si compongono <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> impegni<br />

reciproci più o meno formalmente strutturati attraverso i quali raggiungere gli obiettivi<br />

prefissati. Possono in<strong>di</strong>care le modalità attraverso le quali adempiere agli obblighi<br />

sottoscritti, non hanno valenza coercitiva, possono prevedere (ma è <strong>di</strong>screzionale)<br />

sanzioni in caso <strong>di</strong> inadempienza.<br />

TAV 4.6 – PRUSST e STU: aspetti istituzionali<br />

TIPOLOGIA RIFERIM<strong>ENTI</strong> SOGGETTI<br />

CONTENUTI<br />

LEGISLATIVI COINVOLTI<br />

Programma <strong>di</strong><br />

Riqualificazione<br />

Urbana e <strong>di</strong><br />

Sviluppo<br />

Sostenibile del<br />

Territorio<br />

(PRUSST )<br />

Società <strong>di</strong><br />

Trasformazio<br />

ne Urbana<br />

(STU)<br />

D.M. dell’8 ottobre<br />

1998,<br />

contenente il<br />

<strong>di</strong>spositivo generale ed<br />

il bando con le norme<br />

ed i criteri <strong>di</strong> selezione<br />

e finanziamento dei<br />

programmi.<br />

- D.Lgs. n. 267 del 18<br />

agosto 2000 (art. 120),<br />

per la costituzione da<br />

parte dei Comuni <strong>di</strong><br />

SpA per progettare e<br />

realizzare interventi <strong>di</strong><br />

trasformazione urbana,<br />

come previsto dalla L.<br />

127/97 ("Bassanini 2",<br />

art. 17, comma 59)<br />

- L. 21/01 per il<br />

finanziamento degli<br />

stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> fattibilità e<br />

indagini conoscitive<br />

per incentivare la<br />

costituzione delle STU.<br />

Oltre ai Comuni, le<br />

Regioni e le Province,<br />

per interventi a scala<br />

sovracomunale.<br />

Comuni e Città<br />

metropolitane (anche<br />

con la partecipazione<br />

<strong>di</strong> Province e Regioni)<br />

con il coinvolgimento<br />

<strong>di</strong> azionisti privati<br />

scelti tramite procedura<br />

<strong>di</strong> evidenza pubblica.<br />

1. realizzazione, adeguamento e<br />

completamento <strong>di</strong> attrezzature a<br />

livello territoriale e urbano, per<br />

promuovere occasioni <strong>di</strong> sviluppo<br />

sostenibile, sotto il profilo<br />

economico, ambientale e sociale<br />

2. realizzazione <strong>di</strong> un sistema<br />

integrato <strong>di</strong> attività finalizzate<br />

all'ampliamento e alla realizzazione<br />

<strong>di</strong> inse<strong>di</strong>amenti industriali,<br />

commerciali e artigianali, alla<br />

promozione turistico-ricettiva e alla<br />

riqualificazione <strong>di</strong> zone urbane<br />

centrali e periferiche interessate da<br />

fenomeni <strong>di</strong> degrado.<br />

Preventiva acquisizione delle aree<br />

interessate dall’intervento<br />

(in<strong>di</strong>viduate con delibera del<br />

Consiglio comunale che equivale a<br />

<strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> pubblica utilità) e<br />

alla trasformazione e<br />

commercializzazione delle stesse. Le<br />

acquisizioni possono, quin<strong>di</strong>,<br />

avvenire consensualmente o tramite<br />

ricorso alle procedure <strong>di</strong> esproprio.<br />

Nel 1996 la Commissione Europea, con l'intento <strong>di</strong> rafforzare questi strumenti,<br />

ha elaborato una check-list degli elementi e dei contenuti possibili <strong>di</strong> un accordo<br />

54


volontario, tra cui: le parti, l'oggetto dell'accordo, gli obiettivi finali e interme<strong>di</strong>, gli<br />

obblighi, la durata, la natura giuri<strong>di</strong>ca, il monitoraggio, l'apertura della sottoscrizione a<br />

terze parti.<br />

La Fondazione Mattei nel corso del 2001 ha condotto un'indagine sugli accor<strong>di</strong><br />

volontari a carattere ambientale sottoscritti in Italia. È risultato che in genere vengono<br />

sottoscritti accor<strong>di</strong> volontari perché risulta essere necessario impegnarsi in modo<br />

collaborativo per ottenere risultati in termini <strong>di</strong> tutela ambientale entro tempi più<br />

contenuti rispetto a quelli garantiti dagli strumenti legislativi. Un'altra motivazione che<br />

porta alla stipula <strong>di</strong> questi accor<strong>di</strong> è data dal fatto che gli attori locali riescono ad<br />

in<strong>di</strong>viduare obiettivi ambientali realisticamente raggiungibili. Tra i fattori che possono<br />

contribuire al successo <strong>di</strong> un accordo volontario si segnalano la pressione esercitata<br />

dall'opinione pubblica, la trasparenza dei contenuti ed il monitoraggio dei risultati.<br />

55


5 LE SPESE E LE ENTRATE DEI COMUNI CAPOLUOGO DI PROVINCIA:<br />

UN’ANALISI STATISTICO-DESCRITTIVA<br />

Questo capitolo offre un’analisi statistico-descrittiva delle spese e delle entrate<br />

dei comuni capoluogo <strong>di</strong> provincia, utilizzando a questo fine i certificati <strong>di</strong> conto<br />

consuntivo più recenti a <strong>di</strong>sposizione, quelli relativi al 2000, allo scopo <strong>di</strong> fornire un<br />

quadro generale sulla struttura del bilancio <strong>di</strong> questi enti, sia pure riferita ad un solo<br />

anno, e trarre da ciò in<strong>di</strong>cazioni sugli aggregati rilevanti per l’analisi delle politiche per<br />

lo sviluppo sostenibile. Queste stesse informazioni verranno poi utilizzate nell’analisi <strong>di</strong><br />

regressione contenuta nel capitolo 8.<br />

In particolare, in questo capitolo, viene proposta una ripartizione delle spese dei<br />

comuni lungo le tre <strong>di</strong>mensioni dello sviluppo sostenibile - ambientale, sociale ed<br />

economica - in parte <strong>di</strong>versa da quella ufficiale e riportata nei bilanci, ma che ci sembra<br />

catturi maggiormente le caratteristiche <strong>di</strong> queste <strong>di</strong>mensioni. Inoltre, nell’identificare<br />

questi comparti <strong>di</strong> spesa si è ritenuto opportuno focalizzare l’attenzione su quelle spese<br />

dove il comune è in grado <strong>di</strong> produrre delle decisioni autonome, eliminando invece<br />

quelle componenti dove la spesa è per molti aspetti obbligata da decisioni prese a livello<br />

più alti. È stata ad esempio esclusa la spesa per l’istruzione pubblica, ma inclusa quella<br />

per l’assistenza scolastica e <strong>di</strong>ritto allo stu<strong>di</strong>o.<br />

Le scelte effettuate sono in parte naturalmente arbitrarie, ma coerenti con<br />

l’impostazione del problema. Inoltre, questo lavoro rappresenta il primo tentativo <strong>di</strong><br />

collegare l’attività degli enti locali, misurata dai flussi <strong>di</strong> bilancio, con alcuni in<strong>di</strong>catori<br />

<strong>di</strong> benessere economico, sociale ed ambientale e può costituire un punto <strong>di</strong> riferimento<br />

per successivi approfon<strong>di</strong>menti ed analisi.<br />

L’analisi viene svolta con riferimento alle spese e alle entrate <strong>di</strong> parte corrente e<br />

in conto capitale, utilizzando i dati <strong>di</strong> cassa, ovvero pagamenti e riscossioni in conto<br />

competenza e in conto residui, come desunti dai certificati <strong>di</strong> conto consuntivo.<br />

Va sin d’ora precisato che, essendo l’analisi riferita al solo anno 2000, <strong>di</strong>ventano<br />

meno significative le in<strong>di</strong>cazioni che provengono dalla considerazione delle spese in<br />

conto capitale, data la particolare natura <strong>di</strong> questi interventi, che si sviluppano <strong>di</strong> solito<br />

su un orizzonte pluriennale, ed il loro profilo meno stabile <strong>di</strong> quello delle spese correnti.<br />

Tuttavia, per la parte corrente del bilancio, l’analisi svolta consente <strong>di</strong> verificare,<br />

con buona approssimazione, se ed in che misura esistono <strong>di</strong>fferenze significative dei<br />

livelli <strong>di</strong> entrate e spese fra i comuni appartenenti alle <strong>di</strong>verse classi demografiche, fra i<br />

comuni all’interno <strong>di</strong> ciascuna classe demografica e tra i comuni appartenenti a <strong>di</strong>verse<br />

aree geografiche. In altre parole, l’analisi delle entrate e delle spese pro-capite permette<br />

<strong>di</strong> misurare il grado della <strong>di</strong>suguaglianza verticale, della <strong>di</strong>suguaglianza orizzontale e<br />

della <strong>di</strong>suguaglianza territoriale.<br />

• La <strong>di</strong>suguaglianza verticale mostra i <strong>di</strong>fferenziali <strong>di</strong> entrate e <strong>di</strong> spesa tra i Comuni<br />

appartenenti alle <strong>di</strong>verse classi <strong>di</strong> popolazione;<br />

• la <strong>di</strong>suaglianza orizzontale misura invece i <strong>di</strong>fferenziali <strong>di</strong> entrate e <strong>di</strong> spesa tra i<br />

Comuni che appartengono alla stessa classe <strong>di</strong> popolazione;<br />

56


• la <strong>di</strong>suguaglianza territoriale mostra i <strong>di</strong>fferenziali nelle entrate e nelle spese procapite<br />

tra le <strong>di</strong>verse aree geografiche.<br />

Un in<strong>di</strong>catore sintetico <strong>di</strong> <strong>di</strong>suguaglianza orizzontale è costituito dal coefficiente<br />

<strong>di</strong> variazione (CV), pari al rapporto tra la deviazione standard, σ, e la me<strong>di</strong>a µ. La<br />

deviazione standard misura <strong>di</strong> quanto, in me<strong>di</strong>a, la spesa dei comuni <strong>di</strong> ciascuna classe è<br />

<strong>di</strong>stante dalla rispettiva spesa me<strong>di</strong>a. Il coefficiente <strong>di</strong> variazione serve invece a<br />

confrontare l’ampiezza della <strong>di</strong>suguaglianza orizzontale delle varie classi, che è tanto<br />

maggiore quanto più elevato è il coefficiente stesso. Per ogni classe <strong>di</strong> popolazione, le<br />

entrate e le spese me<strong>di</strong>e pro-capite sono state calcolate come me<strong>di</strong>a non ponderata delle<br />

spese pro-capite all’interno della classe stessa.<br />

I certificati <strong>di</strong> conto consuntivo contengono anche una serie <strong>di</strong> informazioni, a<br />

volte solo qualitative, che non riguardano i flussi <strong>di</strong> entrate e spese, ma si riferiscono, ad<br />

esempio, alla struttura territoriale del comune, alla densità abitativa, alla raccolta dei<br />

rifiuti, all’illuminazione pubblica, alle aree <strong>di</strong> verde pubblico, alla presenza <strong>di</strong> strutture<br />

per anziani, e così via. Si tratta <strong>di</strong> informazioni molto interessanti, che, oltre a<br />

completare il quadro che emerge dall’analisi delle entrate e delle spese, potrebbero<br />

essere utilizzate per la costruzione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sviluppo locale e per una valutazione<br />

dei comportamenti delle autorità locali. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, è stato<br />

impossibile utilizzarle, a causa della loro <strong>di</strong>somogeneità e, a volte, incoerenza. Si è<br />

infatti riscontrato che, spesso, i Comuni usano unità <strong>di</strong> misura <strong>di</strong>verse per la stessa<br />

informazione (ad esempio, numero <strong>di</strong> punti luce nel centro urbano; estensione della rete<br />

fognaria; quantità <strong>di</strong> rifiuti raccolti; lunghezza delle strade comunali) o che omettono<br />

semplicemente <strong>di</strong> compilare le apposite caselle o, ancora, che non compilano la casella<br />

(invece <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care “no” o “zero”) per in<strong>di</strong>care l’assenza del fenomeno. Se è stato<br />

possibile correggere gli errori riferiti a variabili reperibili da altre fonti statistiche (ad<br />

esempio, i dati sulla popolazione residente), non si è potuto fare altrettanto per le altre<br />

variabili. In alcuni casi, sono stati utilizzate solo le informazioni ritenute corrette, dopo<br />

un paziente lavoro <strong>di</strong> ripulitura della banca dati.<br />

5.1 Le entrate<br />

La tabella 5.1 illustra la composizione me<strong>di</strong>a delle entrate <strong>di</strong> bilancio dei<br />

Comuni considerati. Le entrate proprie, tributarie ed extratributarie, rappresentano circa<br />

il 40% delle entrate complessive, a fronte del 29% dei trasferimenti provenienti dal<br />

bilancio dello Stato, delle Regioni ed altri enti.<br />

TABELLA 5.1 - Composizione me<strong>di</strong>a delle entrate<br />

Entrate %<br />

Tributarie 27<br />

Extra-tributarie 12<br />

Trasferimenti 29<br />

In conto capitale 13<br />

Altre 19<br />

Totale 100<br />

57


FIGURA 5.1 – Trend delle entrate totali (al netto dei mutui)<br />

(euro pro-capite)<br />

2000<br />

1800<br />

1600<br />

1400<br />

1200<br />

1000<br />

classi <strong>di</strong> popolazione<br />

TABELLA 5.2 – Entrate totali (al netto dei mutui) per classi <strong>di</strong> popolazione<br />

(euro pro-capite)<br />

Classi <strong>di</strong> popolazione Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

meno <strong>di</strong> 50000 18 1094 1103 693 1604 233 0,2<br />

da 50.000 a 70.000 18 1014 950 648 1716 246 0,2<br />

da 70.000 a 100.000 24 1162 1102 536 2577 409 0,4<br />

da 100.000 a 200.000 22 1177 1047 780 2158 316 0,3<br />

da 200.000 a 500.000 10 1325 1314 969 1899 313 0,2<br />

oltre 500.000 6 2082 1531 1072 5404 1639 0,8<br />

senza Milano 5 1417 1510 1072 1581 209 0,1<br />

98 1201 1078 536 5404 538 0,4<br />

TABELLA 5.3 – Entrate totali (al netto dei mutui) per area geografica<br />

(euro pro-capite)<br />

Aree geografiche Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

Nord-Ovest 22 1422 1190 897 5404 916 0,6<br />

senza Milano 21 1233 1185 897 1705 226 0,2<br />

Nord-Est 21 1384 1343 809 2577 427 0,3<br />

Nord 43 1404 1196 809 5404 712 0,5<br />

Centro 19 1133 1021 775 1716 279 0,2<br />

Sud 21 975 942 693 1581 200 0,2<br />

Isole 14 1008 976 536 1535 255 0,3<br />

Sud e Isole 35 988 969 536 1581 221 0,2<br />

97 1201 1078 536 5404 538 0,4<br />

58


Per ciò che concerne le entrate complessive pro-capite, al netto <strong>di</strong> quelle<br />

derivanti dall’assunzione <strong>di</strong> mutui, la figura 5.1 e le tabelle 5.2 e 5.3 illustrano il trend<br />

in funzione della popolazione, nonché la <strong>di</strong>suguaglianza verticale, orizzontale e<br />

territoriale. Il trend e le <strong>di</strong>verse forme <strong>di</strong> <strong>di</strong>suguaglianza riflettono sostanzialmente<br />

quelli delle entrate correnti, sulle quali conviene pertanto soffermare l’attenzione.<br />

5.1.1 Le entrate correnti<br />

La figura 5.2 illustra le entrate correnti (dei primi tre titoli del bilancio, ovvero le<br />

entrate tributarie, le entrate extra-tributarie e le entrate derivanti da contributi e<br />

trasferimenti) me<strong>di</strong>e pro-capite dei singoli Comuni considerati. Informazioni <strong>di</strong><br />

maggiore dettaglio si traggono dalle tabelle 5.4 e 5.5, che illustrano la <strong>di</strong>suguaglianza<br />

verticale, orizzontale e territoriale.<br />

Per quanto riguarda la <strong>di</strong>suguaglianza verticale, le entrate me<strong>di</strong>e pro-capite<br />

mostrano un andamento crescente in funzione della <strong>di</strong>mensione demografica: si parte da<br />

una me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 827 euro per la classe <strong>di</strong> comuni fino a 50.000 abitanti per arrivare ai<br />

1.071 euro per i sei comuni con popolazione superiore ai 500.000 abitanti. Ci si trova<br />

sulla parte crescente della curva ad U, che si otterrebbe se si considerassero tutti i<br />

comuni italiani (il Comune più piccolo del campione è Isernia, con una popolazione <strong>di</strong><br />

circa 21.000 abitanti). È opportuno ricordare che le maggiori entrate dei Comuni <strong>di</strong><br />

maggiore <strong>di</strong>mensione sono spiegate in parte dai più elevati trasferimenti statali, rispetto<br />

agli enti <strong>di</strong> me<strong>di</strong>e <strong>di</strong>mensioni; in parte, dalla maggiore ampiezza delle basi imponibili<br />

dei tributi più rilevanti e dei proventi legati alla fornitura dei servizi pubblici a domanda<br />

in<strong>di</strong>viduale.<br />

1100<br />

1050<br />

1000<br />

950<br />

900<br />

850<br />

800<br />

750<br />

FIGURA 5.2 – Trend delle entrate correnti<br />

(euro pro-capite)<br />

classi <strong>di</strong> popolazione<br />

59


TABELLA 5.4 – Entrate correnti per classi <strong>di</strong> popolazione<br />

(euro pro-capite)<br />

Classi <strong>di</strong> popolazione Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

meno <strong>di</strong> 50.000 18 827 786 498 1276 212 0,3<br />

da 50.000 a 70.000 17 759 728 532 1144 157 0,2<br />

da 70.000 a 100.000 24 869 832 452 2165 328 0,4<br />

da 100.000 a 200.000 22 893 848 661 1543 205 0,2<br />

da 200.000 a 500.000 10 1007 1003 685 1457 226 0,2<br />

oltre 500000 6 1071 1029 873 1400 183 0,2<br />

97 874 846 452 2165 246 0,3<br />

Per ciò che concerne la <strong>di</strong>suguaglianza orizzontale, si osserva che la<br />

<strong>di</strong>stribuzione delle entrate all’interno delle singole classi <strong>di</strong> popolazione è leggermente<br />

asimmetrica, nel senso che all’interno <strong>di</strong> ciascuna classe, più del 50% dei comuni ha un<br />

livello <strong>di</strong> entrate inferiore alla me<strong>di</strong>a (infatti la me<strong>di</strong>ana, Me, è inferiore alla me<strong>di</strong>a, µ).<br />

Il grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>suguaglianza orizzontale è quasi lo stesso per tutte la classi <strong>di</strong> popolazione<br />

ed è abbastanza basso, come mostra il coefficiente <strong>di</strong> variazione.<br />

In relazione alla <strong>di</strong>suguaglianza territoriale, le entrate correnti pro-capite sono<br />

decrescenti da Nord a Sud. Il dato del Nord-Est è influenzato dalla presenza <strong>di</strong> Trento e<br />

Bolzano, che rappresentano realtà <strong>di</strong>verse da quelle dei comuni delle Regioni a statuto<br />

or<strong>di</strong>nario (tabella 5.5).<br />

TABELLA 5.5 – Entrate correnti per aree geografiche<br />

(euro pro-capite)<br />

Aree geografiche Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

Nord ovest 22 957 936 734 1400 170 0,2<br />

Nord est 21 1052 1000 683 2165 339 0,3<br />

Nord 43 1003 951 683 2165 268 0,3<br />

Centro 19 849 831 498 1194 183 0,2<br />

Sud 21 703 685 452 1124 148 0,2<br />

Isole 14 770 783 474 990 147 0,2<br />

Sud e Isole 35 729 723 452 1124 149 0,2<br />

97 874 846 452 2165 246 0,3<br />

Infine la tabella 5.6 or<strong>di</strong>na i comuni considerati per livello decrescente <strong>di</strong> entrate<br />

correnti pro-capite. Tralasciando Trento e Bolzano, le prime della lista sono Milano e<br />

Venezia. Caserta è il fanalino <strong>di</strong> coda.<br />

60


TABELLA 5.6 – Entrate correnti, in or<strong>di</strong>ne decrescente<br />

(euro pro-capite)<br />

BOLZANO 2165,5 SONDRIO 902,8 REGGIO EMILIA 745,8<br />

TRENTO 1542,8 BERGAMO 894,9 SALERNO 740,3<br />

VENEZIA 1457,4 POTENZA 892,5 VERCELLI 734,2<br />

MILANO 1399,9 MASSA 890,3 LATINA 730,7<br />

MANTOVA 1276,5 VARESE 877,1 NUORO 728,4<br />

MODENA 1262,2 PARMA 875,8 CROTONE 727,6<br />

FIRENZE 1193,6 PALERMO 872,6 AVELLINO 722,7<br />

BRESCIA 1163,4 IMPERIA 868,4 TRAPANI 717,7<br />

ASCOLI PICENO 1144,2 FERRARA 866,3 SASSARI 701,7<br />

LECCO 1138,8 GORIZIA 865,2 CHIETI 690,6<br />

BOLOGNA 1136,3 LA SPEZIA 865,1 TARANTO 685,2<br />

NAPOLI 1123,9 PERUGIA 860,5 ENNA 683,5<br />

BELLUNO 1113,0 SIRACUSA 849,0 TREVISO 683,3<br />

PISA 1099,2 COSENZA 848,2 MACERATA 668,3<br />

UDINE 1082,6 RAVENNA 846,2 PESCARA 661,2<br />

GENOVA 1072,1 VITERBO 841,8 CAMPOBASSO 652,4<br />

TRIESTE 1049,1 TERNI 831,4 RIETI 638,6<br />

PORDENONE 1046,0 PISTOIA 816,3 MATERA 636,6<br />

VERONA 1031,5 VICENZA 811,4 ISERNIA 628,2<br />

RIMINI 1000,1 GROSSETO 803,7 BENEVENTO 612,0<br />

CUNEO 994,4 MESSINA 801,7 AREZZO 610,9<br />

CAGLIARI 989,9 CATANZARO 799,6 VIBO VAL<strong>ENTI</strong>A 576,6<br />

ROMA 985,9 ASTI 789,1 LECCE 573,7<br />

PAVIA 985,5 LIVORNO 788,8 BRINDISI 572,5<br />

COMO 985,3 LODI 787,9 TERAMO 559,2<br />

ANCONA 981,8 PIACENZA 784,8 CALTANISSETTA 532,1<br />

TORINO 974,5 RAGUSA 783,2 FROSINONE 497,6<br />

PADOVA 973,8 ORISTANO 783,1 AGRIGENTO 473,9<br />

CATANIA 964,9 PRATO 776,9 CASERTA 452,2<br />

LUCCA 962,7 BARI 773,6<br />

FOGGIA 958,3 L’AQUILA 763,2<br />

ALESSANDRIA 950,9 SAVONA 758,1<br />

BIELLA 942,1 NOVARA 753,8<br />

CREMONA 929,6 ROVIGO 747,1<br />

5.1.2 Le entrate tributarie<br />

Anche le entrate tributarie pro-capite sono sostanzialmente crescenti al crescere<br />

della popolazione (figura 5.3 e tabella 5.7) e decrescenti da Nord a Sud (tabella 5.8). A<br />

fronte <strong>di</strong> una me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 411 euro per il Nord, il Sud raccoglie solo 260 euro.<br />

61


420<br />

400<br />

380<br />

360<br />

340<br />

320<br />

300<br />

280<br />

FIGURA 5.3 - Trend delle entrate tributarie<br />

(euro pro-capite)<br />

classi <strong>di</strong> popolazione<br />

TABELLA 5.7 – Entrate tributarie per classi <strong>di</strong> popolazione<br />

(euro pro-capite)<br />

Classi <strong>di</strong> popolazione Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

meno <strong>di</strong> 50.000 18 339 322 142 602 130 0.4<br />

da 50.000 a 70.000 18 272 271 131 427 79 0.3<br />

da 70.000 a 100.000 24 337 360 129 605 99 0.3<br />

da 100.000 a 200.000 22 375 378 201 580 89 0.2<br />

da 200.000 a 500.000 10 424 377 124 916 223 0.5<br />

oltre 500000 6 364 403 150 488 127 0.3<br />

98 345 344 124 916 124 0.4<br />

TABELLA 5.8 – Entrate tributarie per aree geografiche<br />

(euro pro-capite)<br />

Aree geografiche Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

Nord ovest 22 408 385 293 602 73 0.2<br />

Nord est 21 414 385 266 916 146 0.4<br />

Nord 43 411 385 266 916 113 0.3<br />

Centro 20 383 368 258 605 86 0.2<br />

Sud 21 260 271 131 379 67 0.3<br />

Isole 14 208 201 124 465 92 0.4<br />

Sud e Isole 35 241 225 124 465 80 0.3<br />

98 345 344 124 916 124 0.4<br />

62


L’andamento delle entrate tributarie pro-capite <strong>di</strong>pende dalle scelte autonome<br />

dei comuni per ciò che concerne le aliquote e dalla <strong>di</strong>stribuzione della base imponibile.<br />

L’appen<strong>di</strong>ce a questo capitolo fornisce informazioni <strong>di</strong> dettaglio sull’andamento delle<br />

entrate tributarie, in particolare dell’ICI e della TARSU (tassa sulla raccolta dei rifiuti<br />

soli<strong>di</strong> urbani)<br />

5.1.3 I trasferimenti correnti<br />

I trasferimenti comprendono quelli provenienti dallo Stato, dalle Regioni, dalle<br />

Province, da altri enti del settore pubblico e da organismi comunitari ed internazionali.<br />

Il trend dei trasferimenti correnti pro-capite mostra un andamento ad U, al<br />

crescere della popolazione, che riflette innanzitutto l’andamento dei trasferimenti statali<br />

(figura 5.5), quale risulta dai meccanismi <strong>di</strong> ripartizione dei fon<strong>di</strong> statali, che dal 1986<br />

tengono conto, oltre che delle attribuzioni del passato (il sistema della spesa storica)<br />

anche dei cosiddetti parametri oggettivi, in modo da rispecchiare la funzione dei costi<br />

pro-capite <strong>di</strong> produzione dei servizi locali (figura 5.4 e tabella 5.9).<br />

FIGURA 5.4 – Trend dei trasferimenti correnti<br />

(euro pro-capite)<br />

480<br />

440<br />

400<br />

360<br />

320<br />

classi <strong>di</strong> popolazione<br />

TABELLA 5.9 – Trasferimenti correnti per classi <strong>di</strong> popolazione<br />

(euro pro-capite)<br />

Classi <strong>di</strong> popolazione Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

meno <strong>di</strong> 50.000 18 352 355 100 520 127 0,4<br />

da 50.000 a 70.000 18 358 325 206 556 104 0,3<br />

da 70.000 a 100.000 24 353 315 177 1193 202 0,6<br />

da 100.000 a 200.000 22 340 292 187 968 182 0,5<br />

da 200.000 a 500.000 10 409 353 287 709 147 0,4<br />

oltre 500.000 6 529 526 333 772 178 0,3<br />

98 367 325 100 1193 166 0,4<br />

63


La <strong>di</strong>suguaglianza orizzontale risulta più elevata per le classi <strong>di</strong> popolazione tra i<br />

70.000 e i 100.000 abitanti, per le quali è più alto il coefficiente <strong>di</strong> variazione.<br />

In relazione alle aree geografiche, si passa dai 282 euro in me<strong>di</strong>a ai Comuni del<br />

Centro, ai 364 del Nord, ai 372 del Sud, ai 484 delle Isole (tabella 5.10).<br />

TABELLA 5.10 – Trasferimenti correnti per area geografica<br />

(euro pro-capite)<br />

Aree geografiche Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

Nord ovest 22 345 331 203 561 106<br />

Nord est 21 384 316 189 1193 244<br />

Nord 43 364 320 189 1193 185<br />

Centro 19 282 290 100 438 80<br />

Sud 21 372 323 203 772 155<br />

Isole 14 484 478 263 709 143<br />

Sud e Isole 35 417 369 203 772 158<br />

98 367 325 100 1193 166<br />

FIGURA 5.5 – Trend dei trasferimenti statali<br />

380<br />

360<br />

340<br />

320<br />

300<br />

280<br />

260<br />

240<br />

220<br />

classi <strong>di</strong> popolazione<br />

Anche i trasferimenti dai bilanci regionali mostrano un andamento ad U, al<br />

crescere della <strong>di</strong>mensione demografica dei comuni. La tabella 5.11 riporta i<br />

trasferimenti me<strong>di</strong> pro-capite <strong>di</strong> ciascuna Regione alle sue amministrazioni comunali.<br />

Tralasciando, per ovvie ragioni, i dati relativi alle Regioni a Statuto speciale, si scende<br />

dai 101 euro del Lazio ai 48 euro <strong>di</strong> Liguria, Toscana e Puglia, ai 15 euro della<br />

Campania.<br />

FIGURA 5.6 – Trend dei trasferimenti regionali<br />

64


5.1.4 I mutui<br />

120<br />

110<br />

100<br />

90<br />

80<br />

70<br />

60<br />

50<br />

(euro pro-capite)<br />

classi <strong>di</strong> popolazione<br />

TABELLA 5.11 – Trasferimenti me<strong>di</strong> dalle Regioni ai Comuni<br />

(euro pro-capite)<br />

Friuli 313 Toscana 48<br />

Trentino 203 Puglia 48<br />

Sardegna 187 Umbria 45<br />

Sicilia 171 Lombar<strong>di</strong>a 35<br />

Lazio 101 Emilia 28<br />

Marche 80 Veneto 27<br />

Piemonte 66 Calabria 24<br />

Molise 58 Abruzzo 20<br />

Basilicata 57 Campania 15<br />

Liguria 48<br />

Infine, la figura 5.7 mostra le entrate derivanti dall’assunzione <strong>di</strong> mutui, nei<br />

singoli Comuni, or<strong>di</strong>nati per popolazione crescente. Se si eccettuano alcuni casi<br />

particolari, come Potenza, Venezia, Milano, la me<strong>di</strong>a è intorno ai 130 euro pro-capite.<br />

Non ci sono inoltre sostanziali <strong>di</strong>fferenze tra le <strong>di</strong>verse aree geografiche (grafico 5.1).<br />

FIGURA 5.7 – Entrate per assunzioni <strong>di</strong> mutui<br />

65


180<br />

160<br />

140<br />

120<br />

100<br />

80<br />

60<br />

40<br />

20<br />

0<br />

5.2 Le spese<br />

600<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

(euro pro-capite)<br />

Potenza<br />

Venezia<br />

classi <strong>di</strong> popolazione<br />

GRAFICO 5.1 – Assunzione <strong>di</strong> mutui per aree geografiche<br />

(euro pro-capite)<br />

Nord-ovest Nord-est Centro Sud Isole<br />

Le spese complessive dei Comuni considerati sono, in me<strong>di</strong>a, destinate per il<br />

63% ad interventi <strong>di</strong> natura corrente, per il 22% ad investimenti e trasferimenti in conto<br />

capitale, per il 15% ad altri interventi.<br />

TABELLA 5.11 - Composizione me<strong>di</strong>a delle spese<br />

66


5.2.1 Le spese correnti<br />

Spese %<br />

Correnti 63<br />

In conto capitale 22<br />

Altre 15<br />

100<br />

Le spese correnti me<strong>di</strong>e pro-capite mostrano un andamento crescente in<br />

funzione della classe <strong>di</strong> popolazione: si parte da 713 euro per la classe <strong>di</strong> comuni fino a<br />

50.000 abitanti, si sale a 832 euro per i comuni tra 100.000 e 200.000 abitanti, per<br />

arrivare fino ai 1.095 euro per i comuni con oltre 500.000 abitanti. Il più elevato livello<br />

<strong>di</strong> spesa dei comuni al crescere della <strong>di</strong>mensione è per lo più spiegato dal più ampio<br />

ventaglio <strong>di</strong> servizi offerti dai comuni <strong>di</strong> larghe <strong>di</strong>mensioni rispetto agli altri (figura 5.8<br />

e tabella 5.12).<br />

La <strong>di</strong>suguaglianza orizzontale è relativamente bassa, come mostrano i<br />

coefficienti <strong>di</strong> variazione per le singole classi <strong>di</strong> popolazione, che vanno da 0,1 a 0,3.<br />

In merito alla <strong>di</strong>suguaglianza territoriale, si osserva che, al pari delle entrate<br />

correnti, le spese correnti me<strong>di</strong>e pro-capite sono decrescenti da Nord a Sud, con 884<br />

euro per i comuni del Nord, 798 per quelli del Centro e 695 per i comuni del Sud e delle<br />

Isole (tabella 5.13).<br />

1100<br />

1000<br />

900<br />

800<br />

700<br />

600<br />

FIGURA 5.8 - Trend delle spese correnti<br />

(euro pro-capite)<br />

classi <strong>di</strong> popolazione<br />

TABELLA 5.12 - Spese correnti per fasce <strong>di</strong> popolazione<br />

(euro pro-capite)<br />

67


Classi <strong>di</strong> popolazione Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

meno <strong>di</strong> 50.000 18 713 728 468 927 125 0,2<br />

da 50.000 a 70.000 17 677 643 506 1131 156 0,2<br />

da 70.000 a 100.000 24 791 772 411 1814 256 0,3<br />

da 100.000 a 200.000 22 832 777 597 1557 252 0,3<br />

da 200.000 a 500.000 10 932 889 662 1345 209 0,2<br />

oltre 500.000 ab 6 1095 1115 903 1243 111 0,1<br />

97 799 749 411 1814 230 0,3<br />

TABELLA 5.13 - Spese correnti per aree geografiche<br />

(euro pro-capite)<br />

Area geografica Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

Nord ovest 22 813 803 623 1129 150 0,2<br />

Nord est 21 959 855 621 1814 332 0,3<br />

Nord 43 884 804 621 1814 263 0,3<br />

Centro 19 798 751 579 1243 195 0,2<br />

Sud 22 676 639 468 1065 154 0,2<br />

Isole 13 727 716 411 921 149 0,2<br />

Sud e Isole 35 695 662 411 1065 152 0,2<br />

97 799 749 411 1814 230 0,3<br />

5.2.2 Le spese in conto capitale<br />

Le spese me<strong>di</strong>e pro-capite in conto capitale si collocano tra i 250 e i 300 euro<br />

per i comuni con popolazione inferiore ai 50.000 abitanti; per i gran<strong>di</strong> comuni si<br />

collocano intorno ai 385 euro. Come si è già detto, i dati relativi alle spese in conto<br />

capitale riferiti ad un singolo anno sono meno significativi <strong>di</strong> quelli delle spese correnti.<br />

Il dato del comune <strong>di</strong> Milano, con una spesa pro-capite <strong>di</strong> 3.623 euro, come<br />

conseguenza delle politiche particolari effettuate dal capoluogo lombardo in quell’anno,<br />

ne è la riprova (figura 5.9 e tabella 5.14).<br />

Anche la <strong>di</strong>suguaglianza orizzontale è più elevata che nel caso delle spese<br />

correnti, con coefficienti <strong>di</strong> variazione mai al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> 0,5.<br />

Al pari delle spese correnti, le spese me<strong>di</strong>e pro-capite in conto capitale sono<br />

decrescenti da Nord a Sud, con 298 euro al Nord, 284 al centro, 266 al Sud e 222 nelle<br />

isole (tabella 5.15).<br />

FIGURA 5.9 - Trend delle spese in conto capitale<br />

(euro pro-capite)<br />

68


800<br />

700<br />

600<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

classi <strong>di</strong> popolazione<br />

TABELLA 5.14 - Spese in conto capitale per classi <strong>di</strong> popolazione<br />

(euro pro-capite)*<br />

Classi <strong>di</strong> popolazione Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

meno <strong>di</strong> 50.000 18 265 236 137 615 130 0,5<br />

da 50.000 a 70.000 17 253 218 92 660 143 0,6<br />

da 70.000 a 100.000 23 301 251 154 893 179 0,6<br />

da 100.000 a 200.000 22 250 225 128 670 124 0,5<br />

da 200.000 a 500.000 10 298 240 132 750 182 0,6<br />

oltre 500.000 5 385 476 141 566 184 0,5<br />

95 278 235 92 893 152 0,5<br />

* è escluso il comune <strong>di</strong> Milano, che ha un valore pro-capite <strong>di</strong> 3623 euro, per la<br />

particolare situazione del 2000.<br />

TABELLA 5.15 - Spese in conto capitale per aree geografiche<br />

(euro pro-capite)<br />

Area geografica Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

Nord ovest 21 248 227 137 566 112 0,5<br />

Nord est 21 348 282 128 893 215 0,6<br />

Nord 42 298 241 128 893 177 0,6<br />

Centro 19 284 223 140 731 146 0,5<br />

Sud 22 266 218 132 660 131 0,5<br />

Isole 12 222 219 92 360 93 0,4<br />

Sud e Isole 34 250 218 92 660 119 0,5<br />

95 278 235 92 893 152 0,5<br />

69


5.3 Le spese per lo “sviluppo sostenibile”<br />

Come si è ampiamente <strong>di</strong>scusso nella prima parte del lavoro, non c’è una<br />

definizione univoca <strong>di</strong> sviluppo sostenibile. Tuttavia, se si prende come punto principale<br />

<strong>di</strong> riferimento l’idea che il concetto <strong>di</strong> sviluppo sostenibile abbia almeno tre <strong>di</strong>mensioni,<br />

ambientale, sociale ed economica, si può tentare <strong>di</strong> riclassificare le voci <strong>di</strong> spesa iscritte<br />

a bilancio, in modo da ottenere tre aggregati che siano rappresentativi <strong>di</strong> queste tre<br />

<strong>di</strong>mensioni. L’analisi che segue è basata su questo tentativo, compatibilmente con il<br />

grado <strong>di</strong> dettaglio dei certificati del conto <strong>di</strong> bilancio.<br />

Il punto <strong>di</strong> partenza è la considerazione della classificazione funzionale della<br />

spesa adottata nei bilanci, che sembra opportuno ricordare. Le spese complessive,<br />

correnti e in conto capitale, sono sud<strong>di</strong>vise in 12 funzioni:<br />

1. funzioni generali <strong>di</strong> amministrazione, <strong>di</strong> gestione e <strong>di</strong> controllo<br />

2. funzioni relative alla giustizia<br />

3. funzioni <strong>di</strong> polizia locale<br />

4. funzioni <strong>di</strong> istruzione pubblica<br />

5. funzioni relative alla cultura e ai beni culturali<br />

6. funzioni nel settore sportivo e ricreativo<br />

7. funzioni nel campo turistico<br />

8. funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti<br />

9. funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell’ambiente<br />

10. funzioni nel settore sociale<br />

11. funzioni nel campo dello sviluppo economico<br />

12. funzioni relative a servizi produttivi<br />

Partendo da queste do<strong>di</strong>ci funzioni e considerando, ove possibile, la loro<br />

ulteriore <strong>di</strong>saggregazione, sono stati costruiti tre aggregati <strong>di</strong> spesa che dovrebbero<br />

rispecchiare le tre anime dello sviluppo sostenibile.<br />

5.3.1 Le spese per l’ambiente<br />

Si consideri innanzitutto la <strong>di</strong>mensione ambientale.<br />

Nei bilanci dei comuni, le spese per l’ambiente sono considerate unitamente a<br />

quelle per la gestione del territorio (Funzione 9) e sono classificate in 4 categorie:<br />

urbanistica e gestione del territorio, e<strong>di</strong>lizia residenziale pubblica e locale e piani <strong>di</strong><br />

e<strong>di</strong>lizia economica e popolare, servizio idrico integrato, servizio per lo smaltimento dei<br />

rifiuti. Se non ci sono dubbi che le spese per il servizio idrico o per lo smaltimento dei<br />

rifiuti sono spese per l’ambiente (nel senso ovvio <strong>di</strong> migliorare la qualità<br />

dell’ambiente), non altrettanto può <strong>di</strong>rsi per l’urbanistica e gestione del territorio (si può<br />

purtroppo spendere per una cattiva urbanistica e gestione del territorio). A queste spese<br />

potrebbero essere aggiunte quelle per la viabilità e la circolazione stradale e per<br />

l’illuminazione pubblica.<br />

L’aggregato che qui si è deciso <strong>di</strong> considerare comprende le spese per<br />

urbanistica e gestione del territorio, servizio idrico integrato, smaltimento rifiuti;<br />

vengono considerate separatamente le spese per viabilità ed illuminazione pubblica; è<br />

70


stata esclusa la spesa per e<strong>di</strong>lizia popolare e per anziani, che a giu<strong>di</strong>zio degli autori,<br />

dovrebbe essere più opportunamente inserita nel comparto della spesa sociale.<br />

Le spese correnti me<strong>di</strong>e pro-capite per l’ambiente così definite oscillano tra i<br />

143 e i 155 euro nei Comuni con popolazione inferiore ai 50.000 abitanti. Salgono a<br />

203 euro nei Comuni <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni più elevate. La spesa minima è pari a 27 euro,<br />

quella massima è pari a 284 euro. La <strong>di</strong>suguaglianza orizzontale è abbastanza bassa, con<br />

coefficienti <strong>di</strong> variazione non superiori a 0,4 (figura 5.10 e tabella 5.16).<br />

Se si considerano le <strong>di</strong>verse aree geografiche, si osserva che il Nord, ed in<br />

particolare il Nord-Est, si caratterizza per la spesa me<strong>di</strong>a pro-capite più bassa, pari a<br />

145 euro; le Isole per la spesa più elevata, pari a 170 euro. Anche in questo caso il grado<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>suguaglianza orizzontale è basso, con coefficienti <strong>di</strong> variazione compresi tra 0,2 e<br />

0,3 (tabella 5.17).<br />

FIGURA 5.10 - Trend delle spese correnti per l’ambiente<br />

(euro pro-capite)<br />

190<br />

180<br />

170<br />

160<br />

150<br />

140<br />

130<br />

classi <strong>di</strong> popolazione<br />

TABELLA 5.16 - Spese correnti per l’ambiente per classi <strong>di</strong> popolazione<br />

(euro pro-capite)<br />

Classi <strong>di</strong> popolazione Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

meno <strong>di</strong> 50.000 18 143 138 102 220 34 0,2<br />

da 50.000 a 70.000 17 153 140 72 280 53 0,3<br />

da 70.000 a 100.000 23 150 152 33 221 47 0,3<br />

da 100.000 a 200.000 21 155 155 27 284 64 0,4<br />

da 200.000 a 500.000 10 153 149 106 250 39 0,3<br />

oltre 500.000 6 203 214 249 243 35 0,2<br />

95 154 150 27 284 50 0,3<br />

71


TABELLA 5.17 - Spese correnti per l’ambiente per aree geografiche<br />

(euro pro-capite)<br />

Aree geografiche Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

Nord occidentale 22 161 158 82 220 38 0,2<br />

Nord est 19 127 130 27 249 55 0,2<br />

Nord 41 145 146 27 249 49 0,3<br />

Centro 19 165 158 33 250 49 0,3<br />

Sud 22 152 147 72 280 47 0,3<br />

Isole 13 170 152 102 284 55 0,3<br />

Sud e Isole 35 159 148 72 284 50 0,3<br />

95 154 150 27 284 50 0,3<br />

Come si è detto, le spese per la viabilità ed illuminazione pubblica vengono<br />

considerate separatamente.<br />

Le spese correnti me<strong>di</strong>e pro-capite per la viabilità mostrano un andamento ad U<br />

(figura 5.11) ed oscillano tra gli 11 euro per i Comuni tra i 50.000 e i 70.000 abitanti e i<br />

20 euro per i Comuni tra i 200.000 e i 500.000 abitanti. Per le prime 4 classi <strong>di</strong><br />

popolazione, la <strong>di</strong>stribuzione è simmetrica, con la me<strong>di</strong>a che quasi coincide con la<br />

me<strong>di</strong>ana (tabella 5.18). Dal punto <strong>di</strong> vista della <strong>di</strong>suguaglianza territoriale, emerge che<br />

le spese correnti per la viabilità sono decrescenti da Nord a Sud (tabella 5.19).<br />

Osservazioni analoghe valgono per le spese per l’illuminazione pubblica, anche<br />

se ci sarebbe potuto aspettare un trend decrescente al crescere della popolazione, in<br />

virtù delle economie <strong>di</strong> scala, che dovrebbero <strong>di</strong>scendere dalla maggiore densità<br />

abitativa dei Comuni <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni (tabelle 5.20 e 5.21).<br />

FIGURA 5.11 - Trend delle spese correnti per viabilità e illuminazione<br />

(euro pro-capite)<br />

19<br />

18<br />

17<br />

16<br />

15<br />

14<br />

13<br />

viabilita'<br />

illuminazione<br />

72


TABELLA 5.18 - Spese correnti per la viabilità<br />

per classi <strong>di</strong> popolazione (euro pro-capite)<br />

Classi <strong>di</strong> popolazione Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

meno <strong>di</strong> 50.000 18 18 17 2 40 10 0,6<br />

da 50.000 a 70.000 17 11 11 0,3 23 6 0,6<br />

da 70.000 a 100.000 23 17 17 4 41 9 0,5<br />

da 100.000 a 200.000 21 17 16 4 40 8 0,5<br />

da 200.000 a 500.000 10 20 23 0,4 31 10 0,5<br />

oltre 500.000 6 18 16 8 39 12 0,7<br />

95 17 16 0,3 41 9 0,5<br />

TABELLA 5.19 - Spese correnti per la viabilità<br />

per aree geografiche (euro pro-capite)<br />

Aree geografiche Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

Nord occidentale 22 19 20 8 40 7 0,4<br />

Nord est 19 21 19 5 40 10 0,5<br />

Nord 41 20 20 5 40 8 0,4<br />

Centro 19 15 15 0,3 41 10 0,7<br />

Sud 22 13 11 0,4 28 8 0,6<br />

Isole 13 12 10 2 25 2 0,2<br />

Sud e Isole 35 13 11 0,4 28 7 0,5<br />

95 17 16 0,3 41 9 0,5<br />

TABELLA 5.20 - Spese correnti per illuminazione pubblica<br />

per classi <strong>di</strong> popolazione (euro pro-capite)<br />

Classi <strong>di</strong> popolazione Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

meno <strong>di</strong> 50.000 18 12 13 1 21 6 0,5<br />

da 50.000 a 70.000 17 13 13 0,4 21 6 0,5<br />

da 70.000 a 100.000 23 16 14 11 37 6 0,4<br />

da 100.000 a 200.000 21 13 13 2 35 7 0,5<br />

da 200.000 a 500.000 10 21 19 9 41 10 0,5<br />

oltre 500.000 6 15 15 4 30 10 0,7<br />

95 14 13 0,4 41 7 0,5<br />

73


TABELLA 5.21 - Spese correnti per l’illuminazione pubblica<br />

per aree geografiche (euro pro-capite)<br />

Aree geografiche Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

Nord occidentale 22 11 13 1 18 5 0,5<br />

Nord est 19 15 15 0,8 37 9 0,6<br />

Nord 41 13 13 0,8 37 7 0,5<br />

Centro 19 15 13 0,4 35 7 0,5<br />

Sud 22 15 13 9 30 5 0,3<br />

Isole 13 18 21 3 41 9 0,5<br />

Sud e Isole 35 16 14 3 41 8 0,5<br />

95 14 13 0,4 41 7 0,5<br />

Le spese in conto capitale me<strong>di</strong>e pro-capite per l’ambiente decrescono al<br />

crescere della popolazione (figura 5.12), dai 63 euro nei Comuni con meno <strong>di</strong> 50.000<br />

abitanti ai 39 euro dei Comuni con oltre 500.000 abitanti. Queste spese sono però<br />

caratterizzate da una notevole <strong>di</strong>suguaglianza orizzontale (tranne per i 6 comuni con più<br />

<strong>di</strong> 500.000 abitanti), come si desume dai coefficienti <strong>di</strong> variazione, che vanno da 0,6 a<br />

1,1 (tabella 5.22). Per ciò che concerne la <strong>di</strong>suguaglianza territoriale, si registra un trend<br />

crescente da Nord a Sud. Si passa infatti dai 33 euro del Nord, ai 44 del Centro, ai 71<br />

del Sud e delle Isole (tabella 5.23).<br />

FIGURA 5.12 - Trend delle spese in conto capitale per l’ambiente<br />

(euro pro-capite)<br />

90<br />

80<br />

70<br />

60<br />

50<br />

40<br />

30<br />

classi <strong>di</strong> popolazione<br />

74


TABELLA 5.22 - Spese in conto capitale per l’ambiente<br />

per classi <strong>di</strong> popolazione (euro pro-capite)<br />

Classi <strong>di</strong> popolazione Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

meno <strong>di</strong> 50.000 18 63 46 11 183 54 0,9<br />

da 50.000 a 70.000 18 68 51 5 175 51 0,8<br />

da 70.000 a 100.000 23 40 35 11 96 24 0,6<br />

da 100.000 a 200.000 21 43 24 6 197 46 1,1<br />

da 200.000 a 500.000 9 35 24 7 94 29 0,8<br />

oltre 500.000 6 39 41 19 49 11 0,3<br />

95 50 41 5 197 43 0,9<br />

TABELLA 5.23 - Spese in conto capitale per l’ambiente<br />

per aree geografiche (euro pro-capite)<br />

Aree geografiche Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

Nord ovest 22 38 35 11 127 27 0,7<br />

Nord est 19 27 23 6 69 20 0,7<br />

Nord 41 33 24 6 127 24 0,7<br />

Centro 20 44 41 5 96 28 0,6<br />

Sud 21 71 50 11 183 54 0,8<br />

Isole 13 78 49 11 197 58 0,7<br />

Sud e Isole 34 71 49 11 197 56 0,8<br />

95 50 41 5 197 43 0,9<br />

Anche per il conto capitale, le spese per viabilità ed illuminazione pubblica sono<br />

state considerate separatamente. Come mostrano le figure 5.13 e 5.14, non è possibile<br />

in<strong>di</strong>viduare, soprattutto per le spese <strong>di</strong> viabilità, un qualche legame con la <strong>di</strong>mensione<br />

demografica dei Comuni considerati.<br />

FIGURA 5.13 - Trend delle spese in conto capitale<br />

per la viabilità (euro pro-capite)<br />

44<br />

42<br />

40<br />

38<br />

36<br />

34<br />

classi <strong>di</strong> popolazione<br />

75


5.3.2 Le spese sociali<br />

FIGURA 5.14 - Trend delle spese in conto capitale<br />

per l’illuminazione pubblica (euro pro-capite)<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

classi <strong>di</strong> popolazione<br />

Il secondo aggregato preso in esame è quello delle spese sociali, con qualche<br />

aggiustamento rispetto alla classificazione delle voci <strong>di</strong> bilancio.<br />

Il complesso delle spese qui considerate comprende le funzioni relative alla<br />

cultura e ai beni culturali, al settore sportivo e ricreativo, agli asili nido e servizi per<br />

l’infanzia, alle strutture residenziali per anziani, all’assistenza e beneficenza pubblica,<br />

all’assistenza scolastica e all’e<strong>di</strong>lizia residenziale popolare (queste due ultime voci <strong>di</strong><br />

spesa non sono incluse a bilancio tra gli interventi in campo sociale).<br />

Le spese correnti me<strong>di</strong>e pro-capite in campo sociale hanno un trend prima<br />

decrescente e poi marcatamente crescente con la <strong>di</strong>mensione demografica dei comuni<br />

(figura 5.15). Si passa dai 213 euro nei comuni con meno <strong>di</strong> 50.000 abitanti, ai 136 euro<br />

nei comuni con popolazione tra i 50.000 e i 70.000 abitanti, per risalire ai 252 euro nei<br />

comuni tra i 100.000 e i 200.000 abitanti. Questo andamento è spiegato da fattori <strong>di</strong><br />

natura <strong>di</strong>versa che agiscono sia dal lato della domanda sia dal lato dell’offerta. Nei<br />

comuni <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni assumono, ad esempio, maggiore rilevanza i servizi<br />

destinati all’infanzia (come gli asili nido) o all’assistenza agli anziani (tabella 5.24).<br />

La <strong>di</strong>suguaglianza orizzontale non è molto elevata (CV=0,3) ed è la stessa quasi<br />

per tutte le classi <strong>di</strong> popolazione.<br />

76


FIGURA 5.15 - Trend delle spese correnti in campo sociale<br />

(euro pro-capite)<br />

280<br />

260<br />

240<br />

220<br />

200<br />

180<br />

160<br />

classi <strong>di</strong> popolazione<br />

TABELLA 5.24 - Spese sociali correnti per classi <strong>di</strong> popolazione<br />

(euro pro-capite)<br />

Classi <strong>di</strong> popolazione Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

meno <strong>di</strong> 50.000 18 213 215 67 341 71 0,3<br />

da 50.000 a 70.000 17 136 130 76 211 41 0,3<br />

da 70.000 a 100.000 23 193 179 80 377 74 0,4<br />

da 100.000 a 200.000 21 211 213 101 406 73 0,3<br />

da 200.000 a 500.000 10 252 259 122 362 88 0,3<br />

oltre 500.000 6 242 214 155 342 75 0,3<br />

95 200 191 67 406 77 0,4<br />

TABELLA 5.25 - Spese sociali correnti per aree geografiche<br />

(euro pro-capite)<br />

Aree geografiche Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

Nord ovest 22 241 233 158 342 56 0,2<br />

Nord est 19 275 271 154 406 72 0,3<br />

Nord 41 257 243 154 406 65 0,3<br />

Centro 19 182 178 101 309 46 0,3<br />

Sud 22 119 123 67 176 28 0,2<br />

Isole 13 185 201 80 274 53 0,3<br />

Sud e Isole 35 143 127 67 274 52 0,4<br />

95 200 191 67 406 77 0,4<br />

Sotto il profilo della <strong>di</strong>suguaglianza territoriale, la spesa me<strong>di</strong>a pro-capite in<br />

campo sociale decresce da Nord a Sud, fatta eccezione per le Isole. Al Nord, essa<br />

raggiunge i 257 euro pro-capite, contro i 182 del Centro e i 119 del Sud. Nelle Isole, la<br />

spesa sale a 185 euro me<strong>di</strong> pro-capite (tabella 5.25).<br />

77


Per quanto riguarda le spese sociali in conto capitale, la me<strong>di</strong>a pro-capite non<br />

varia moltissimo al variare della popolazione, oscilla tra i 40 euro dei 6 comuni con più<br />

<strong>di</strong> 500.000 abitanti e i 59 euro dei comuni tra 70.000 e 100.000 abitanti (tabelle 5.26 e<br />

5.27).<br />

TABELLA 5.26 - Spese sociali in conto capitale<br />

per classi <strong>di</strong> popolazione (euro pro-capite)<br />

Classi <strong>di</strong> popolazione Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

meno <strong>di</strong> 50.000 18 51 52 12 116 28 0,5<br />

da 50.000 a 70.000 17 46 38 6 163 38 0,8<br />

da 70.000 a 100.000 22 59 54 16 181 37 0,6<br />

da 100.000 a 200.000 21 49 41 13 89 24 0,5<br />

da 200.000 a 500.000 9 52 53 15 93 27 0,5<br />

oltre 500.000 6 40 35 22 67 17 0,4<br />

93 51 48 6 181 31 0,6<br />

TABELLA 5.27 - Spese sociali in conto capitale<br />

per aree geografiche (euro pro-capite)<br />

Aree geografiche Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

Nord ovest 22 54 52 22 114 23 0,4<br />

Nord est 19 55 54 12 116 29 0,5<br />

Nord 41 55 53 12 116 26 0,5<br />

Centro 19 53 45 16 181 37 0,7<br />

Sud 21 53 49 6 163 34 0,6<br />

Isole 12 31 21 11 89 24 0,8<br />

Sud e Isole 33 45 38 6 163 32 0,7<br />

93 51 48 6 181 31 0,6<br />

Al <strong>di</strong> là dei dati <strong>di</strong> spesa, come si è già osservato in precedenza, dai bilanci dei<br />

comuni sono desumibili altre informazioni, utili a rendere il quadro più completo. Ad<br />

esempio, sono riportati i dati relativi alle strutture residenziali e ricoveri per anziani<br />

(tabella 5.28) e le informazioni relative al servizio <strong>di</strong> asili nido (tabella 5.29). Come è<br />

già stato sottolineato, queste informazioni sono interessanti, ma vanno prese con<br />

cautela, in quanto si sono riscontrati spesso errori in sede <strong>di</strong> compilazione del certificato<br />

<strong>di</strong> bilancio. Ad esempio, per gli asili nido, per alcuni comuni, il numero delle domande<br />

sod<strong>di</strong>sfatte risulta superiore al numero dei posti <strong>di</strong>sponibili o al numero delle domande<br />

presentate. I dati ritenuti sbagliati non sono stati riportati.<br />

78


TABELLA 5.28 - Strutture residenziali e ricoveri pubblici per anziani<br />

(al 31/12/2000)<br />

Comuni Strutture Posti Utenti Gestione<br />

MILANO 5 1002 873 in economia<br />

REGGIO EMILIA 3 652 401 altro<br />

MODENA 13 555 521 in economia<br />

ROMA 6 503 294 in economia<br />

TRIESTE 5 406 375 in economia<br />

AREZZO 11 312 187 altro<br />

VERONA 1 213 195 altro<br />

BOLOGNA 11 202 276 in economia<br />

BRESCIA 4 200 199 altro<br />

LUCCA 3 196 167 n.d.<br />

GORIZIA 3 150 124 in economia<br />

ALESSANDRIA 1 135 128 in economia<br />

MESSINA 1 130 130 n.d.<br />

GENOVA 2 109 107 altro<br />

CUNEO 3 105 104 az.consortile<br />

GROSSETO 1 80 80 in economia<br />

LA SPEZIA 1 80 80 in economia<br />

NOVARA 1 80 77 n.d.<br />

RAVENNA 1 74 74 consorzio<br />

PESCARA 1 60 55 in economia<br />

RIETI 1 50 49 n.d.<br />

PISA 1 42 42 conc.ente pubb.<br />

SALERNO 2 35 35 in economia<br />

NAPOLI 2 28 24 in economia<br />

NUORO 1 25 25 in economia<br />

BELLUNO 1 18 18 in economia<br />

PISTOIA 1 7 7 in economia<br />

79


TABELLA 5.29 – Disponibilità <strong>di</strong> posti in Asili nido pubblici<br />

Domande<br />

presentat<br />

e<br />

Domande<br />

sod<strong>di</strong>sfatt<br />

e<br />

Forma <strong>di</strong><br />

gestione<br />

Domande<br />

presentat<br />

e<br />

Domande<br />

sod<strong>di</strong>sfatt<br />

e<br />

Forma <strong>di</strong><br />

gestione<br />

AGRIGENTO 164 98 in econom MESSINA 116 44 n.d.<br />

ALESSANDRIA 373 331 in econom MILANO 8308 5946 in econom<br />

AREZZO 424 338 in econom MODENA 1544 1389 in econom<br />

ASCOLI PICENO 143 129 in econom NAPOLI 1464 740 in econom<br />

ASTI 384 352 in econom NOVARA 577 349 in econom<br />

AVELLINO 110 75 in econom NUORO 250 211 in econom<br />

BARI 458 458 in econom ORISTANO 171 171 in econom<br />

BELLUNO 67 18 in econom PADOVA 1219 605 n.d.<br />

BENEVENTO 180 91 in econom PARMA 1908 988 in econom<br />

BERGAMO 355 336 in econom PAVIA 416 362 in econom<br />

BIELLA 270 249 in econom PERUGIA 1152 892 altro<br />

BOLOGNA 2339 2139 in econom PESCARA 306 165 in econom<br />

BRESCIA 1103 719 altro PIACENZA 447 210 in econom<br />

BRINDISI 250 200 in econom PISA 740 512 in econom<br />

CAGLIARI 432 272 altro PISTOIA 687 400 in econom<br />

CALTANISSETTA 297 78 in econom PORDENONE 255 128 in econom<br />

CAMPOBASSO 66 66 in econom POTENZA 52 52 in econom<br />

CASERTA 106 65 in econom PRATO 1023 504 altro<br />

CATANIA 772 626 in econom RAGUSA 400 141 n.d.<br />

CATANZARO 50 44 in econom RAVENNA 548 329 in econom<br />

CHIETI 224 144 in econom REGGIO E. 1068 605 in econom<br />

COMO 343 343 in econom RIETI 233 138 in econom<br />

COSENZA 50 30 in econom ROMA 9725 4491 in econom<br />

CREMONA 314 130 in econom ROVIGO 176 107 in econom<br />

CROTONE 72 32 in econom SALERNO 214 147 in econom<br />

CUNEO 154 133 altro SASSARI 380 322 in econom<br />

ENNA 58 55 in econom SAVONA 233 162 altro<br />

FERRARA 939 720 in econom SONDRIO 69 69 n.d.<br />

FIRENZE 2762 1474 in econom TARANTO 889 367 in econom<br />

FOGGIA 62 50 in econom TERAMO 400 250 in econom<br />

FROSINONE 186 101 in econom TERNI 304 125 in econom<br />

GENOVA 3413 645 in econom TORINO 5153 3280 altro<br />

GORIZIA 107 90 in econom TRAPANI 461 156 n.d.<br />

GROSSETO 220 220 in econom TREVISO 284 63 in econom<br />

IMPERIA 180 160 in econom TRIESTE 606 467 in econom<br />

ISERNIA 20 20 in econom UDINE 236 114 in econom<br />

LA SPEZIA 485 279 in econom VARESE 407 309 in econom<br />

LATINA 286 159 in econom VENEZIA 1690 760 in econom<br />

LECCE 527 108 in econom VERCELLI 167 120 in econom<br />

LECCO 54 44 in econom VERONA 1293 710 in econom<br />

LIVORNO 614 287 in econom VIBO V. 70 48 in econom<br />

LODI 134 134 in econom VICENZA 639 328 in-econom<br />

LUCCA 300 150 in econom VITERBO 183 54 in econom<br />

MACERATA 72 61 in econom<br />

MASSA 295 295 in econom<br />

MATERA 340 310 conc.az.pr<br />

80


5.3.3 Le spese per l’economia<br />

Le spese per il settore economico rappresentano una quota quasi trascurabile nel<br />

bilancio dei comuni. L’aggregato qui considerato è più ampio rispetto al capitolo <strong>di</strong><br />

bilancio ed include anche gli interventi per il turismo. Sono state considerate<br />

separatamente le spese per i servizi a carattere produttivo, che includono interventi<br />

molto <strong>di</strong>versi, dalla <strong>di</strong>stribuzione del gas metano e <strong>di</strong> energia elettrica, quando non<br />

gestita attraverso municipalizzate o altre aziende non comunali, i mercati pubblici, la<br />

centrale del latte.<br />

FIGURA 5.16 - Trend delle spese correnti in campo economico<br />

(euro pro-capite)<br />

40<br />

35<br />

30<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

inclusa la spesa per servizi produttivi<br />

classi <strong>di</strong> popolazione<br />

TABELLA 5.30 - Spese correnti per l’economia per classi <strong>di</strong> popolazione<br />

(esclusi i servizi produttivi; euro pro-capite)<br />

Classi <strong>di</strong> popolazione Comuni µ Me Min Max σ<br />

meno <strong>di</strong> 50.000 18 11 10 3 25 6<br />

da 50.000 a 70.000 18 15 12 1 36 10<br />

da 70.000 a 100.000 23 13 13 4 22 5<br />

da 100.000 a 200.000 21 15 13 7 29 7<br />

da 200.000 a 500.000 10 15 11 9 27 7<br />

oltre 500.000 6 14 15 7 20 4<br />

96 13 12 1 36 7<br />

81


TABELLA 5.31 - Spese correnti per l’economia per aree geografiche<br />

(esclusi i servizi produttivi; euro pro-capite)<br />

Aree geografiche Comuni µ Me Min Max σ<br />

Nord occidentale 22 11 9 6 24 5<br />

Nord est 19 13 11 3 28 7<br />

Nord 41 12 11 3 28 6<br />

Centro 20 15 13 1 34 7<br />

Sud 22 12 10 5 21 4<br />

Isole 13 18 15 4 36 10<br />

Sud e Isole 35 14 12 4 36 7<br />

96 13 12 1 36 7<br />

FIGURA 5.17 - Trend delle spese in conto capitale<br />

in campo economico (euro pro-capite)<br />

7.5<br />

7.0<br />

6.5<br />

6.0<br />

5.5<br />

5.0<br />

4.5<br />

5.3.4 Una sintesi sulle spese per lo sviluppo sostenibile<br />

classi <strong>di</strong> popolazione<br />

La figura 5.18 mostra il trend delle spese correnti me<strong>di</strong>e pro-capite per l’insieme<br />

delle voci <strong>di</strong> spesa per lo sviluppo sostenibile, in funzione della <strong>di</strong>mensione<br />

demografica dei comuni. Esse rappresentano circa il 50% della spesa corrente<br />

complessiva (tabella 5.32) e sono sostanzialmente crescenti al crescere della<br />

popolazione. Come si è già detto in precedenza, le spese per lo sviluppo economico<br />

rappresentano una quota insignificante delle spese complessive, tra il 2% e l’8%, per il<br />

fatto che i Comuni non hanno competenze specifiche nel campo.<br />

82


FIGURA 5.18 - Trend delle spese correnti per lo sviluppo sostenibile<br />

(euro pro-capite)<br />

520<br />

480<br />

440<br />

400<br />

360<br />

320<br />

classi <strong>di</strong> popolazione<br />

Gli interventi in campo sociale assorbono nella maggior parte dei casi risorse più<br />

elevate rispetto a quelle destinate all’aggregato ambientale, come qui definito. Dal<br />

punto <strong>di</strong> vista dell’allocazione delle risorse, la <strong>di</strong>mensione ambientale non sembra<br />

sovrastare le altre <strong>di</strong>mensioni. Ma questo non ci <strong>di</strong>ce se gli interventi siano bilanciati<br />

rispetto alle esigenze.<br />

TABELLA 5.32 - Spesa corrente dei comuni per classi <strong>di</strong> popolazione*<br />

(composizione percentuale)<br />

Classi <strong>di</strong> popolazione Spese per Spese Spese in Altre Totale<br />

l’ambiente sociali campo<br />

economico<br />

funzioni<br />

fino a 50.000 20 29 2 49 100<br />

da 50.000 a 70.000 22 20 8 50 100<br />

da 70.000 a 100.000 20 25 4 51 100<br />

da 100.000 a 200.000 20 27 3 50 100<br />

da 200.000 a 500.000 17 26 5 52 100<br />

oltre 500.000 19 22 2 57 100<br />

20 25 4 51 100<br />

* In questa tabella il settore economico comprende anche i servizi produttivi<br />

83


TABELLA 5.33 - Spesa corrente dei comuni per aree geografiche*<br />

(composizione percentuale)<br />

Aree geografiche Spese per Spese Spese in Altre Totale<br />

l’ambiente sociali campo<br />

economico<br />

funzioni<br />

Nord-ovest 20 29 3 48 100<br />

Nord-est 15 32 5 48 100<br />

Nord 17 31 4 48 100<br />

Centro 20 22 7 51 100<br />

Sud 23 18 2 57 100<br />

Isole 25 26 3 46 100<br />

Sud e Isole 23 21 3 53 100<br />

20 25 4 51 100<br />

* In questa tabella il settore economico comprende anche i servizi produttivi<br />

FIGURA 5.19 -Trend delle spese in conto capitale per lo sviluppo sostenibile<br />

(euro pro-capite)<br />

190<br />

180<br />

170<br />

160<br />

150<br />

140<br />

130<br />

classi <strong>di</strong> popolazione<br />

FIGURA 5.20 - Trend delle spese in conto capitale per lo sviluppo sostenibile<br />

(escluse le spese per viabilità ed illuminazione)<br />

150<br />

140<br />

130<br />

120<br />

110<br />

100<br />

90<br />

80<br />

classi <strong>di</strong> popolazione<br />

84


APPENDICE AL CAPITOLO 5<br />

Analisi delle entrate tributarie e dell’ICI<br />

Come è stato osservato nel paragrafo 5.1.2 <strong>di</strong> questo capitolo, l’andamento delle<br />

entrate tributarie pro-capite <strong>di</strong>pende soprattutto dal gettito dell’ICI, come mostrano la<br />

figura A.5.1 e le tabelle A.5.1 e A.5.2.<br />

260<br />

240<br />

220<br />

200<br />

180<br />

160<br />

FIGURA A.5.1 - Trend del gettito dell’ICI<br />

(euro pro-capite)<br />

classi <strong>di</strong> popolazione<br />

Sono le gran<strong>di</strong> città a raccogliere il gettito ICI pro-capite più elevato, pari a 231<br />

euro, mentre i Comuni con popolazione fra i 50.000 ed i 70.000 abitanti raccolgono il<br />

gettito più basso, pari a 147 euro.<br />

TABELLA A.5.1 - Gettito dell’ICI per classi <strong>di</strong> popolazione<br />

(euro pro-capite)<br />

Classi <strong>di</strong> popolazione Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

meno <strong>di</strong> 50.000 18 192 165 75 383 89 0,5<br />

da 50.000 a 70.000 18 147 155 53 224 47 0,3<br />

da 70.000 a 100.000 24 188 184 60 372 68 0,4<br />

da 100.000 a 200.000 21 219 219 125 297 45 0,2<br />

da 200.000 a 500.000 10 229 221 65 374 95 0,4<br />

oltre 500000 6 231 252 85 339 96 0,4<br />

97 194 187 52 383 73 0,4<br />

85


La maggiore asimmetria nella <strong>di</strong>stribuzione del gettito dell’ICI per classi <strong>di</strong><br />

popolazione (nel senso che più della metà ha un gettito inferiore alla me<strong>di</strong>a della classe<br />

<strong>di</strong> appartenenza) si registra per i 18 comuni capoluogo con meno <strong>di</strong> 50.000 abitanti, per<br />

i quali il coefficiente <strong>di</strong> variazione è più elevato, pari a 0,5. Per ciò che concerne le aree<br />

geografiche, il gettito me<strong>di</strong>o pro-capite al Nord è pari a 233 euro, contro i 211 del<br />

Centro e i 139 del Sud e delle isole. Le <strong>di</strong>fferenze nei gettiti me<strong>di</strong> pro-capite dell’ICI<br />

possono derivare sia dalle <strong>di</strong>fferenze esistenti nell’ampiezza della base imponibile nei<br />

<strong>di</strong>versi enti, ma anche dalle <strong>di</strong>verse scelte che essi hanno compiuto in merito alla<br />

determinazione delle aliquote e delle detrazioni per la prima casa. Dalla figura A.5.2<br />

risulta che l’aliquota me<strong>di</strong>a applicata alla prima casa è più bassa nel Nord-Est e nelle<br />

Isole, rispetto alle altre tre aree. Anche l’aliquota che grava sulla seconda casa è più<br />

elevata al Sud e al Centro che al Nord e nelle Isole.<br />

TABELLA A.5.2 - Gettito dell’ICI per aree geografiche<br />

(euro pro-capite)<br />

Aree geografiche Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

Nord ovest 22 232 218 113 383 71 0,3<br />

Nord est 20 234 238 154 374 56 0,2<br />

Nord 42 233 225 113 374 63 0,3<br />

Centro 20 211 192 144 372 65 0,3<br />

Sud 22 154 152 53 273 52 0,3<br />

Isole 13 113 97 60 219 49 0,4<br />

Sud e Isole 35 139 140 53 273 54 0,4<br />

97 194 187 52 383 73 0,4<br />

7<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Nord -<br />

ovest<br />

FIGURA A.5.2 - Aliquote me<strong>di</strong>e ICI, prima e<br />

seconda casa<br />

Nord -<br />

est<br />

Centro<br />

Sud<br />

Isole<br />

Prima casa<br />

Seconda casa<br />

86


TABELLA A.5.3 - Gettito (euro pro-capite) ed aliquote dell’ICI<br />

Comuni ICI al.I al.II Comuni ICI al.I al.II<br />

casa casa<br />

casa casa<br />

Biella 383 5 6,25 Piacenza 187 4 5<br />

Bologna 374 5,7 6,4 Pistoia 186 5 7<br />

Pisa 372 4 6 Lo<strong>di</strong> 184 5,25 5,5<br />

Mantova 369 4,7 6,5 Pescara 183 4,25 4,25<br />

Firenze 340 5,7 7 Grosseto 182 6 6<br />

Roma 339 5 7 Treviso 182 4 6,5<br />

Como 318 4,4 5,6 Arezzo 179 6 6<br />

Imperia 306 4 7 Vercelli 176 5 5<br />

Milano 306 5 5 Novara 174 4,8 5,8<br />

Padova 300 4,8 5,2 Lucca 169 n.d. n.d.<br />

Rimini 297 5 6,7 Matera 169 4 7<br />

Vicenza 277 4,5 6,25 Alessandria 168 4,58 7,52<br />

Modena 276 5,2 6,2 Rieti 168 5,9 6,6<br />

L’Aquila 273 n.d. n.d. Chieti 167 4,58 7,52<br />

Ravenna 272 5,5 6 Viterbo 163 4,5 5,5<br />

Torino 271 5,75 6 Macerata 162 4,6 6,7<br />

Lecco 270 4,5 5,9 Gorizia 162 5,5 6,5<br />

Venezia 250 4 7 Sondrio 158 5 6<br />

Parma 246 n.d. n.d. Rovigo 157 5,5 7<br />

Ferrara 242 5 7 Cuneo 157 6 6,5<br />

Bergamo 241 5,9 6,5 Bolzano 154 4 6<br />

Verona 239 5 5 Avellino 152 5,75 6,5<br />

Livorno 238 5,3 6,4 Napoli 152 5,5 6,5<br />

Pordenone 237 4 4,5 Isernia 152 5,5 5,5<br />

Genova 234 5,8 6,2 Ascoli P. 150 5 7<br />

U<strong>di</strong>ne 226 4,5 5 Brin<strong>di</strong>si 150 5,5 7<br />

Massa 224 5,09 6 Benevento 148 5 6<br />

Salerno 224 n.d. n.d. Cosenza 145 5 7<br />

La Spezia 223 5 7 Frosinone 144 5 6<br />

Cremona 221 4 6 Caserta 140 5 6,75<br />

Reggio E. 221 5,8 7 Teramo 129 5 7<br />

Cagliari 219 4 4 Foggia 126 5,5 5,5<br />

Varese 215 4,5 5,9 Oristano 126 5 6<br />

Savona 215 4 5 Siracusa 125 4 7<br />

Terni 212 5 7 Catania 119 4,4 5,6<br />

Sassari 207 5,5 6 Asti 113 5 5<br />

Perugia 205 6 7 Nuoro 107 4 7<br />

Brescia 205 4,5 5,8 Ragusa 97 4 n.d.<br />

Taranto 204 6,25 7 Caltanissetta 95 n.d. n.d.<br />

Latina 203 5 7 Trapani 93 5 5,5<br />

Prato 199 5,9 5,9 Potenza 87 5 7<br />

Bari 198 4,5 6 Palermo 85 5 5,2<br />

Trieste 197 4,5 6 Vibo V. 83 5 6<br />

Lecce 197 4 6 Enna 75 5 5<br />

Belluno 193 5 7 Catanzaro 68 5,5 6<br />

Campobasso 192 4 6 Messina 65 4 6,3<br />

Ancona 191 4 6 Agrigento 60 5 5<br />

Pavia 187 5,25 6,5 Crotone 53 6 7<br />

87


Le informazioni relative ai singoli enti considerati sono contenute nella tabella<br />

A.5.3, che riporta il gettito pro-capite e le aliquote dell’imposta, e nella tabella A.5.4,<br />

che contiene il gettito per nucleo familiare.<br />

TABELLA A.5.4 - Gettito dell’ICI per nucleo familiare (in euro)<br />

SIENA 464 BERGAMO 284 BENEVENTO 230 ROVIGO 198<br />

MANTOVA 445 CAGLIARI 284 ISERNIA 230 CUNEO 197<br />

BIELLA 444 PERUGIA 283 BRINDISI 230 FROSINONE 195<br />

PISA 429 PORDENONE 283 AREZZO 230 ALESSANDRIA 192<br />

BOLOGNA 398 TERNI 282 BELLUNO 229 COSENZA 192<br />

COMO 390 VERONA 281 PESCARA 229 ORISTANO 191<br />

RIMINI 384 RIETI 278 SAVONA 229 SONDRIO 190<br />

L'AQUILA 380 PRATO 275 TREVISO 227 BOLZANO 188<br />

FIRENZE 377 LATINA 274 AVELLINO 227 GORIZIA 176<br />

PADOVA 356 CAMPOBASSO 272 PIACENZA 220 SIRACUSA 173<br />

IMPERIA 354 MATERA 270 PISTOIA 218 NUORO 160<br />

LECCO 342 VARESE 266 MACERATA 217 CATANIA 152<br />

MODENA 337 CHIETI 266 LODI 214 VIBO VAL<strong>ENTI</strong>A 149<br />

VICENZA 335 BARI 265 NOVARA 213 ASTI 144<br />

SALERNO 329 REGGIO E. 265 FOGGIA 213 TRAPANI 144<br />

MASSA 328 GENOVA 260 NAPOLI 213 AGRIGENTO 136<br />

RAVENNA 327 LA SPEZIA 258 LUCCA 212 PALERMO 131<br />

MILANO 320 UDINE 255 TERAMO 210 RAGUSA 125<br />

LIVORNO 307 TARANTO 251 VITERBO 210 POTENZA 124<br />

TORINO 298 CREMONA 250 CASERTA 207 CALTANISSETTA 122<br />

PARMA 295 LECCE 248 TRIESTE 204 CATANZARO 99<br />

VENEZIA 290 ANCONA 243 ASCOLI P. 203 ENNA 96<br />

FERRARA 289 GROSSETO 237 VERCELLI 202 MESSINA 86<br />

SASSARI 285 BRESCIA 234 PAVIA 200 CROTONE 79<br />

Tra le entrate tributarie, assume rilevanza anche il gettito della TARSU (tassa<br />

per lo smaltimento dei rifiuti soli<strong>di</strong> urbani), che mostra un andamento prima crescente e<br />

poi decrescente al crescere della popolazione (figura A.5.3). Dall’analisi dei dati <strong>di</strong><br />

bilancio, è tuttavia emerso che ci sono notevoli <strong>di</strong>fferenze tra i <strong>di</strong>versi comuni, anche<br />

all’interno della stessa classe <strong>di</strong> popolazione. Ad esempio, ben 16 comuni si<br />

caratterizzano per un gettito pro-capite inferiore ai 20 euro; qualche comune non ha<br />

registrato a bilancio il gettito della TARSU. Il grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>suguaglianza orizzontale è<br />

dunque più elevato che nel caso dell’ICI, con un coefficiente <strong>di</strong> variazione tra 0,6 e 0,7<br />

per tutte le classi <strong>di</strong> popolazione. Va però sottolineato che per alcuni comuni, come<br />

Venezia, il minor gettito della Tarsu è compensato da un gettito pro-capite, talvolta<br />

molto elevato, <strong>di</strong> quelli che sono in<strong>di</strong>cati in bilancio come tributi speciali (tabella<br />

A.5.5).<br />

88


FIGURA A.5.3 - Trend del gettito della TARSU<br />

(euro pro-capite)<br />

75<br />

70<br />

65<br />

60<br />

55<br />

50<br />

45<br />

classi <strong>di</strong> popolazione<br />

TABELLA A.5.5 - Gettito della TARSU per classi <strong>di</strong>popolazione<br />

(euro pro-capite)<br />

Classi <strong>di</strong> popolazione Comuni µ Me Min Max σ Cv<br />

meno <strong>di</strong> 50.000 18 63 68 5 171 41 0,7<br />

da 50.000 a 70.000 18 51 43 1 108 35 0,7<br />

da 70.000 a 100.000 24 77 85 0 188 49 0,6<br />

da 100.000 a 200.000 22 79 84 0 180 48 0,6<br />

da 200.000 a 500.000 10 71 76 4 138 48 0,7<br />

oltre 500.000 6 60 64 7 109 36 0,6<br />

98 69 72 0 188 44 0,6<br />

TABELLA A.5.6 - Gettito dei tributi speciali<br />

(euro pro-capite)<br />

Comuni Gettito Comuni Gettito Comuni Gettito<br />

Venezia 659,84 Pavia 85,36 Siracusa 67,56<br />

Trento 286,32 Teramo 84,95 Sassari 62,96<br />

Pordenone 136,37 Lucca 82,77 Trapani 58,54<br />

Como 132,52 Lo<strong>di</strong> 80,16 Palermo 57,92<br />

Biella 129,18 Varese 80,02 Caltanissetta 57,84<br />

Massa 119,81 Piacenza 78,99 Lecce 54,94<br />

Cagliari 114,28 Verona 75,51 Benevento 53,53<br />

Modena 113,14 Livorno 74,87 Avellino 53,07<br />

Sondrio 105,66 Ascoli P. 74,81 Brin<strong>di</strong>si 52,66<br />

Terni 104,47 Bolzano 73,08 La Spezia 49,51<br />

Rieti 102,42 Vicenza 71,65 Isernia 48,65<br />

Napoli 96,82 Ravenna 71,45 Campobasso 33,56<br />

Nuoro 94,58 Reggio E. 70,52 Ferrara 29,81<br />

Perugia 93,20 Belluno 68,54<br />

89


Ragusa 91,82 Alessandria 68,09<br />

90


6 LE SPESE E LE ENTRATE DELLE PROVINCE: UN’ANALISI<br />

STATISTICO-DESCRITTIVA<br />

Questo capitolo contiene un’analisi delle entrate e delle spese delle<br />

Amministrazioni Provinciali, secondo lo stesso schema utilizzato per i comuni<br />

capoluogo.<br />

Non vengono considerate le Province autonome <strong>di</strong> Trento e Bolzano, per le loro<br />

peculiari caratteristiche rispetto alle altre.<br />

6.1 Analisi delle entrate<br />

Le entrate pro-capite delle province sono caratterizzate, <strong>di</strong>versamente da quanto<br />

si verifica per i comuni, da un trend decrescente al crescere della <strong>di</strong>mensione<br />

demografica dell’ente (figura 6.1 e tabella 6.1). La me<strong>di</strong>a delle entrate correnti procapite<br />

delle Province con popolazione inferiore ai 250.000 abitanti risulta pari a 159<br />

euro a fronte degli 89 euro delle Province con popolazione superiore a 900.000 abitanti.<br />

Per quanto riguarda la <strong>di</strong>suguaglianza orizzontale, il coefficiente <strong>di</strong> variazione è<br />

abbastanza basso e uguale per le prime quattro classi popolazione considerate. In<br />

relazione alle aree geografiche (tabella 6.2), le entrate correnti pro-capite me<strong>di</strong>e<br />

decrescono da Nord a Sud. Il Nord-Ovest è in testa con 145 euro (e la <strong>di</strong>stribuzione è<br />

simmetrica, nel senso che la me<strong>di</strong>a quasi coincide con la me<strong>di</strong>ana), il Sud e le Isole si<br />

trovano in coda, rispettivamente con 97 e 102 euro.<br />

FIGURA 6.1 – Trend delle entrate correnti<br />

(euro pro-capite)<br />

180<br />

160<br />

140<br />

120<br />

100<br />

80<br />

classi <strong>di</strong> popolazione<br />

TABELLA 6.1 - Entrate correnti per classi <strong>di</strong> popolazione<br />

91


(euro pro-capite)<br />

Classi <strong>di</strong> popolazione Province µ ME Min Max σ CV<br />

meno <strong>di</strong> 250.000 24 159 157 55 230 44 0,3<br />

da 250.000 a 350.000 22 123 117 74 186 31 0,3<br />

da 350.000 a 500.000 21 116 126 58 166 34 0,3<br />

da 500.000 a 900.000 21 100 90 61 177 34 0,3<br />

oltre 900.000 12 89 85 65 128 21 0,2<br />

100 121 118 55 230 41 0.3<br />

TABELLA 6.2 - Entrate correnti per aree geografiche<br />

(euro pro-capite)<br />

Aree geografiche Province µ ME Min Max σ CV<br />

Nord ovest 23 145 144 85 226 44 0,3<br />

Nord est 20 123 122 78 186 30 0,2<br />

Nord 43 134 129 78 226 39 0,3<br />

Centro 21 133 127 76 230 39 0,3<br />

Sud 23 97 90 58 167 34 0,4<br />

Isole 13 102 88 55 197 42 0,4<br />

Sud e Isole 36 99 89 55 197 36 0,4<br />

100 121 118 55 230 41 0.3<br />

La tabella 6.3 riporta le entrate correnti pro-capite delle singole province<br />

considerate, or<strong>di</strong>nate in senso decrescente. In testa si trova la provincia <strong>di</strong> Rieti con<br />

circa 300 euro, in coda quella <strong>di</strong> Oristano con circa 55 euro.<br />

FIGURA 6.2 – Traferimenti ed entrate tributarie<br />

(euro pro-capite)<br />

250<br />

200<br />

150<br />

100<br />

50<br />

0<br />

trasferimenti<br />

entrate<br />

tributarie<br />

92


L’andamento delle entrate correnti è determinato dalle tre principali fonti <strong>di</strong><br />

entrata, che sono l’imposta provinciale <strong>di</strong> trascrizione, l’imposta sulle assicurazioni RC<br />

auto e i trasferimenti statali e regionali. Ma l’analisi <strong>di</strong> queste <strong>di</strong>verse componenti è resa<br />

complicata e poco significativa dal fatto che nel 2000 molte province hanno iscritto fra i<br />

trasferimenti statali il gettito dell’imposta sulle assicurazioni RC auto. La figura 6.2<br />

illustra la situazione per le singole province or<strong>di</strong>nate per popolazione crescente.<br />

Solo 82 Province hanno iscritto a bilancio il gettito dell’imposta RC auto e il<br />

gettito me<strong>di</strong>o pro-capite oscilla tra i circa 39 euro <strong>di</strong> Forlì-Cesena ed i 14 euro <strong>di</strong><br />

Cosenza (tabella 6.4).<br />

La figura 6.3 illustra, invece, i trasferimenti che provengono dai bilanci delle<br />

Regioni e mostra che anch’essi si presentano decrescenti all’aumentare della<br />

popolazione.<br />

FIGURA 6.3 - Trend dei trasferimenti regionali per classi <strong>di</strong> popolazione<br />

(euro pro-capite)<br />

45<br />

40<br />

35<br />

30<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

classi <strong>di</strong> popolazione<br />

93


TABELLA 6.3 - Entrate correnti in or<strong>di</strong>ne decrescente<br />

(euro pro-capite)<br />

PROVINCE PROVINCE PROVINCE<br />

RIETI 229,6 PESARO - URBINO 134,4 VERONA 93,4<br />

ASTI 225,8 ISERNIA 132,0 TERAMO 92,8<br />

VERCELLI 207,6 VIBO VAL<strong>ENTI</strong>A 131,5 TREVISO 90,4<br />

VERBANO-C-O 205,6 ROVIGO 129,8 TARANTO 90,4<br />

SONDRIO 203,6 ALESSANDRIA 129,0 MILANO 89,4<br />

ENNA 197,2 PRATO 128,4 VICENZA 88,1<br />

LODI 194,8 BOLOGNA 128,3 BERGAMO 87,9<br />

TERNI 190,9 MACERATA 127,5 CAGLIARI 87,9<br />

GROSSETO 190,6 ASCOLI PICENO 127,2 PAVIA 85,6<br />

RIMINI 186,3 CAMPOBASSO 127,0 VARESE 85,3<br />

PERUGIA 177,0 MODENA 127,0 PADOVA 83,3<br />

IMPERIA 170,9 TRAPANI 125,9 ROMA 82,7<br />

CUNEO 169,4 PISA 123,2 CATANIA 81,9<br />

PIACENZA 168,2 GENOVA 122,7 AVELLINO 80,9<br />

CROTONE 166,6 TORINO 120,5 FROSINONE 79,3<br />

FORLI'-CESENA 166,2 AREZZO 118,6 CHIETI 78,5<br />

SAVONA 165,0 GORIZIA 117,7 SIRACUSA 78,1<br />

POTENZA 164,2 PISTOIA 115,8 CALTANISSETTA 77,7<br />

LECCO 159,9 NOVARA 115,0 VENEZIA 77,6<br />

BIELLA 157,6 FIRENZE 112,8 COSENZA 76,5<br />

MATERA 155,4 ANCONA 112,2 LATINA 76,4<br />

MANTOVA 155,0 PORDENONE 110,6 PESCARA 73,8<br />

MESSINA 153,0 BELLUNO 108,2 SALERNO 73,0<br />

MASSA 151,2 TRIESTE 106,1 REGGIO CALAB. 71,3<br />

RAVENNA 149,0 RAGUSA 106,0 NAPOLI 67,5<br />

CREMONA 144,4 CATANZARO 104,9 BARI 66,8<br />

FERRARA 143,8 UDINE 103,8 PALERMO 64,6<br />

LUCCA 143,6 FOGGIA 100,5 CASERTA 63,7<br />

LIVORNO 142,6 NUORO 100,3 LECCE 61,2<br />

SIENA 140,7 BRESCIA 97,9 BRINDISI 58,1<br />

LA SPEZIA 139,5 BENEVENTO 96,3 SASSARI 57,9<br />

PARMA 136,8 COMO 95,2 ORISTANO 54,8<br />

REGGIO EMILIA 135,9 VITERBO 95,1<br />

AGRIGENTO 135,3 L'AQUILA 94,8<br />

Si possono inoltre osservare <strong>di</strong>fferenze molto rilevanti fra i trasferimenti me<strong>di</strong><br />

pro-capite da parte <strong>di</strong> ciascuna regione alle sue province (figura 6.4). Al Sud, essi sono<br />

generalmente molto più bassi che al Centro e al Nord, con l’eccezione della Basilicata<br />

che trasferisce risorse per circa 70-75 euro pro-capite, quasi tutti per funzioni delegate.<br />

Ma tra le regioni del Nord, spiccano il Veneto e la Lombar<strong>di</strong>a, con poco più <strong>di</strong> 5 e 10<br />

euro rispettivamente. L’Umbria è la regione che trasferisce l’ammontare <strong>di</strong> risorse procapite<br />

più elevato, pari a quasi 96 euro alla Provincia <strong>di</strong> Terni e ad 85 euro a quella <strong>di</strong><br />

Perugia, anche in questo caso soprattutto per funzioni delegate.<br />

94


TABELLA 6.4 - Gettito dell’imposta R.C.Auto<br />

(euro pro-capite, in or<strong>di</strong>ne decrescente)<br />

Provincia Provincia Provincia<br />

Forlì – Cesena 39,2 Perugia 30,8 Terni 26,0<br />

Vercelli 38,0 Varese 30,8 Teramo 25,5<br />

Prato 37,7 Savona 30,8 Campobasso 25,4<br />

Bologna 36,7 Arezzo 30,8 Verbano 24,3<br />

Firenze 35,8 Cuneo 30,8 Viterbo 24,2<br />

Piacenza 35,5 Roma 30,2 Frosinone 23,6<br />

Pistoia 35,3 Latina 30,2 L’Aquila 22,9<br />

Reggio Emilia 35,3 Massa Carrara 29,9 Napoli 22,4<br />

Brescia 35,1 Lucca 29,7 Bari 22,1<br />

Parma 34,6 Sondrio 29,7 Como 21,8<br />

Modena 34,3 Rovigo 29,7 Taranto 20,8<br />

Lecco 34,2 Ferrara 29,5 Isernia 20,7<br />

Pisa 34,1 Vicenza 29,2 Catanzaro 20,5<br />

Padova 34,1 Lo<strong>di</strong> 29,1 Caserta 20,5<br />

Macerata 33,9 Asti 29,0 Reggio Calabria 19,8<br />

Ravenna 33,6 Grosseto 28,8 Brin<strong>di</strong>si 19,7<br />

Como 33,6 Imperia 28,5 Lecce 19,5<br />

Milano 33,5 Pesaro Urbino 28,4 Salerno 19,4<br />

Bergamo 33,4 Rieti 28,2 Matera 19,4<br />

Rimini 33,1 Venezia 28,1 Benevento 18,3<br />

Treviso 32,9 Livorno 27,7 Avellino 18,2<br />

Verona 32,8 Pavia 27,4 Foggia 16,8<br />

Torino 32,8 Biella 27,0 Crotone 15,7<br />

Alessandria 32,8 Pescara 26,7 Potenza 15,3<br />

Ancona 32,8 Cremona 26,6 Vibo Valentia 14,5<br />

Genova 32,0 Siena 26,3 Cosenza 14,1<br />

Mantova 32,0 Novara 26,2<br />

La Spezia 31,2 Belluno 26,0<br />

Euro pro-capite<br />

100<br />

90<br />

80<br />

70<br />

60<br />

50<br />

40<br />

30<br />

20<br />

10<br />

0<br />

FIGURA 6.4 - Trasferimenti me<strong>di</strong> dalle Regioni alle Province<br />

(euro pro-capite)<br />

Piemonte<br />

Liguria<br />

Lombar<strong>di</strong>a<br />

Trentino A.A.<br />

Veneto<br />

Emilia R.<br />

Toscana<br />

Umbria<br />

Marche<br />

Lazio<br />

Basilicata<br />

Campania<br />

Molise<br />

Abruzzi<br />

Calabria<br />

Puglia<br />

Sicilia<br />

Sardegna<br />

95


Infine, qualche considerazione sulle altre entrate. Le entrate extra-tributarie,<br />

ovvero i proventi dei servizi pubblici e dei beni provinciali, rappresentano una quota<br />

molto bassa delle entrate correnti, spesso al <strong>di</strong> sotto del 10%; anche le entrate in conto<br />

capitale, sostanzialmente trasferimenti dallo Stato e dalle Regioni, rappresentano una<br />

quota modesta delle entrate complessive. La figura 6.5 rappresenta la fotografia al 2000<br />

per ciò che concerne l’assunzione <strong>di</strong> mutui per area geografica, dalla quale non<br />

emergono <strong>di</strong>fferenze molto rilevanti tra le province del Nord e quelle del Centro-Sud.<br />

In conclusione, un cenno al saldo <strong>di</strong> bilancio. La maggior parte delle province<br />

registra una <strong>di</strong>fferenza positiva tra le entrate al netto dei mutui e le spese complessive<br />

(correnti e in conto capitale).<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

NORD-OVEST<br />

FIGURA 6.5 - Assunzioni <strong>di</strong> mutui per area geografica<br />

(euro pro-capite)<br />

FIGURA 6.6 - Differenza fra le entrate al netto dei mutui<br />

e le spese totali per classi <strong>di</strong> popolazione (euro pro-capite)<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

-5<br />

NORD-EST<br />

CENTRO<br />

SUD<br />

ISOLE<br />

96


6.2 Analisi delle spese<br />

Le spese correnti rappresentano me<strong>di</strong>amente il 59% delle spese complessive,<br />

contro il 28% delle spese in conto capitale.<br />

FIGURA 6.7 - Spese correnti e in conto capitale<br />

per classi <strong>di</strong> popolazione (euro pro-capite)<br />

120<br />

100<br />

80<br />

60<br />

40<br />

Spese correnti<br />

Spese in c/cap<br />

Classi <strong>di</strong> popolazione<br />

Le spese pro-capite riflettono ovviamente l’andamento delle entrate pro-capite e<br />

si presentano, quin<strong>di</strong>, decrescenti al crescere della popolazione.<br />

Per ciò che concerne le spese correnti, si scende dai 112 euro in me<strong>di</strong>a per le<br />

province con meno <strong>di</strong> 250.000 abitanti ai 60 euro per le province con più <strong>di</strong> 900.000<br />

abitanti.<br />

TABELLA 6.5 - spese correnti per classi <strong>di</strong> popolazione<br />

(euro pro-capite)<br />

Classi <strong>di</strong> popolazione Province µ ME Min Max σ CV<br />

meno <strong>di</strong> 250.000 24 112 106 71 177 33 0,3<br />

da 250.000 a 350.000 22 96 93 67 146 20 0,2<br />

da 350.000 a 500.000 21 93 90 50 153 24 0,3<br />

da 500.000 a 900.000 21 76 64 49 166 30 0,4<br />

oltre 900.000 12 69 65 50 100 15 0,2<br />

100 92 88 49 177 30 0,3<br />

In relazione alle aree geografiche, si osserva (tabella 6.6) che le province del<br />

Centro spendono me<strong>di</strong>amente più delle altre, con 109 euro pro-capite, che si<br />

confrontano con 90 euro del Nord, gli 81 euro del Sud e gli 89 euro delle Isole.<br />

120<br />

100<br />

80<br />

60<br />

40<br />

97


TABELLA 6.6 - Spese correnti per aree geografiche<br />

(euro pro-capite)<br />

Aree geografiche Province µ ME Min Max σ CV<br />

Nord ovest 23 96 86 54 158 31 0,3<br />

Nord est 20 84 88 49 118 21 0,3<br />

Nord 43 90 88 49 158 27 0,2<br />

Centro 21 108 103 52 177 35 0,3<br />

Sud 23 81 76 50 154 28 0,4<br />

Isole 13 89 87 61 149 21 0,2<br />

Sud e Isole 36 84 80 50 154 26 0,3<br />

100 92 88 49 177 30 0,3<br />

Maggiori elementi <strong>di</strong> valutazione si traggono dall’analisi della spesa corrente<br />

secondo la classificazione funzionale, come può essere desunta dai certificati del conto<br />

<strong>di</strong> bilancio (tabella 6.7).<br />

Le spese più elevate sono quelle sostenute per le funzioni generali <strong>di</strong><br />

amministrazione, <strong>di</strong> gestione e <strong>di</strong> controllo. Al secondo posto si trovano le spese per le<br />

funzioni <strong>di</strong> istruzione pubblica, per gli istituti <strong>di</strong> istruzione secondaria e la formazione<br />

professionale. Seguono le spese per viabilità, ambiente e sviluppo economico, tra i 5 e i<br />

12 euro pro-capite. Le spese per interventi in campo sociale sono il fanalino <strong>di</strong> coda.<br />

TABELLA 6.7 - Spese correnti per funzione per classi <strong>di</strong> popolazione<br />

(euro pro-capite)<br />

Classi <strong>di</strong> popolazione Ammin. Istruz. Viabil. Amb. Econ. Soc. Altre Int. Totale<br />

meno <strong>di</strong> 250.000 35 20 12 11 10 6 11 7 112<br />

da 250.000 a 350.000 27 21 10 10 10 7 6 5 96<br />

da 350.000 a 500.000 29 19 9 10 9 7 4 6 93<br />

da 500.000 a 900.000 21 17 8 7 6 5 6 6 76<br />

oltre 900.000 20 17 6 5 7 5 4 5 69<br />

6.2.1 Le spese per lo sviluppo sostenibile<br />

La figura 6.8 illustra il trend delle spese correnti me<strong>di</strong>e pro-capite dei tre<br />

aggregati <strong>di</strong> spesa - ambientale, economico e sociale - per lo sviluppo sostenibile.<br />

L’aggregato dell’ambiente comprende le voci <strong>di</strong> bilancio ‘funzioni riguardanti la<br />

gestione del territorio’ e ‘funzioni nel campo della tutela ambientale’. Come si può<br />

vedere nella figura 6.9, l’andamento della spesa per l’ambiente è decrescente al crescere<br />

della popolazione e questo andamento è determinato per lo più dalla spesa destinata ad<br />

interventi per la viabilità, che rappresenta circa il 50% del totale.<br />

98


FIGURA 6.8 - Spese correnti per lo sviluppo sostenibile<br />

(euro pro-capite)<br />

30<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

Sociale<br />

Economico<br />

Ambientale<br />

L’aggregato del sociale comprende: funzioni relative alla cultura e ai beni<br />

culturali, funzioni nel settore sportivo e ricreativo (esclusa la spesa per il settore<br />

turistico) e funzioni nel settore sociale. Infine, l’aggregato economico comprende:<br />

funzioni nel campo dello sviluppo economico e funzioni nel settore turistico. Tutte le<br />

spese sono considerate al netto degli interessi.<br />

La figura 6.8 mostra che la spesa per l’aggregato ambientale è circa tre volte più<br />

elevata rispetto a quella degli altri aggregati. Comunque, come già detto relativamente<br />

alla tabella 6.7, complessivamente, la spesa per lo sviluppo sostenibile è molto bassa<br />

rispetto alla spesa complessiva delle Province.<br />

FIGURA 6.9 - Spese correnti per l’ambiente e la viabilità<br />

(euro pro-capite)<br />

30<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

viabilita'<br />

ambiente<br />

classi <strong>di</strong> popolazione<br />

99


6.2.2 Le spese in conto capitale<br />

Le spese in conto capitale, molto variabili, nel 2000 vanno dai 7 euro pro-capite<br />

<strong>di</strong> Bari ai 139 <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne, ai 102 <strong>di</strong> Gorizia ai 493 <strong>di</strong> Pordenone.<br />

Come per le spese correnti, anche in questo caso, le risorse destinate<br />

all’aggregato sviluppo sostenibile sono molto basse rispetto alla spesa in conto capitale<br />

complessiva (figura 6.10).<br />

FIGURA 6.10 – Totale spese in conto capitale<br />

e spese per lo sviluppo sostenibile (euro, pro-capite)<br />

70<br />

60<br />

50<br />

40<br />

30<br />

20<br />

10<br />

0<br />

Totale spesa c/capitale<br />

Spesa per lo sviluppo sostenibile<br />

classi <strong>di</strong> popolazione<br />

FIGURA 6.11 – Spese in conto capitale per lo sviluppo sostenibile<br />

(euro pro-capite)<br />

10<br />

8<br />

6<br />

4<br />

2<br />

0<br />

Sociale<br />

Ambientale<br />

Economico<br />

La componente sociale, a sua volta, assorbe una quota modestissima, rispetto<br />

alla componente ambientale ed economica.<br />

100


7 L’INDIVIDUAZIONE DI INDICATORI DI OUTPUT (EFFICACIA) DELLE<br />

POLITICHE DI <strong>SVILUPPO</strong> LOCALE <strong>SOSTENIBILE</strong>.<br />

7.1 Gli in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sostenibilità<br />

A partire dagli anni Sessanta, hanno cominciato ad assumere grande rilievo gli<br />

in<strong>di</strong>catori statistici <strong>di</strong> contenuto socio-economico. Nacque negli Stati Uniti e presto si<br />

ra<strong>di</strong>cò anche in Europa il cosiddetto movimento degli in<strong>di</strong>catori sociali. In quegli anni,<br />

agli in<strong>di</strong>catori sociali ed economici si attribuivano (soprattutto da parte della Pubblica<br />

Amministrazione e dei ricercatori) numerose funzioni: erano intesi come strumenti <strong>di</strong><br />

informazione relativi ai fenomeni sociali ed economici, rendevano possibile la<br />

percezione, l’in<strong>di</strong>viduazione e l’analisi dei mutamenti e dei cambiamenti<br />

socioeconomici, consentivano l’elaborazione <strong>di</strong> modelli esplicativi e <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>zione<br />

(Sheldon e Moore, [1968]). Dopo una fase <strong>di</strong> crisi (Innes, [1990]), attraversata negli<br />

anni Ottanta, che ha contribuito comunque al consolidamento e alla maturazione delle<br />

tecniche (Andrews, [1990]), gli in<strong>di</strong>catori socio-economici nel corso degli ultimi anni<br />

hanno vissuto una fase <strong>di</strong> rivitalizzazione sia nella ricerca sia nell’utilizzo a fini politici<br />

e amministrativi (Zajczyk, [1997]).<br />

Col passare del tempo, agli in<strong>di</strong>catori socio-economici si sono affiancati quelli <strong>di</strong><br />

contesto ambientale-ecologico (livello delle pressioni, aree ver<strong>di</strong> <strong>di</strong>sponibili, raccolta<br />

dei rifiuti, ed altri) e nel contempo gli stu<strong>di</strong>osi hanno elaborato meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> sintesi per la<br />

definizione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>catori aggregati <strong>di</strong> benessere sociale, qualità della vita, sostenibilità.<br />

Gli in<strong>di</strong>catori sono infatti strumenti <strong>di</strong> analisi dei sistemi economici, <strong>di</strong><br />

benchmarking tra ambiti territoriali che competono e cooperano, sono utili per<br />

in<strong>di</strong>viduare swot territoriali (punti <strong>di</strong> forza, punti <strong>di</strong> debolezza, opportunità e minacce) e<br />

quin<strong>di</strong> per definire strategie d’azione, obiettivi e più in generale per architettare e<br />

negoziare politiche pubbliche. Allo stesso modo, sono importanti per monitorare le<br />

politiche e i programmi <strong>di</strong> intervento, così come per valutare i risultati, gli effetti e gli<br />

impatti prodotti dalla loro implementazione.<br />

Certo gli in<strong>di</strong>catori da soli non bastano per definire politiche pubbliche, per<br />

monitorarle, per valutarle. Offrono però elementi oggettivi <strong>di</strong> analisi dei sistemi socioeconomici<br />

in cui le politiche trovano implementazione e sono strumenti che tutti i<br />

decisori possono avere a <strong>di</strong>sposizione nel momento in cui compiono scelte <strong>di</strong> politica.<br />

Numerosi sono gli in<strong>di</strong>catori aggregati che vengono calcolati negli Stati Uniti,<br />

nei Paesi europei e, in parte, anche in Italia. In genere si tratta <strong>di</strong> in<strong>di</strong>catori stimati a<br />

livello nazionale e sovranazionale.<br />

È interessante sottolineare l’evoluzione che hanno subito.<br />

Messo in crisi il PIL, perché, come è già stato sottolineato nel primo capitolo,<br />

non ritenuto in grado <strong>di</strong> misurare il benessere sociale e non comprensivo <strong>di</strong> alcune<br />

<strong>di</strong>mensioni sempre più importanti nei sistemi economici (i servizi forniti dal<br />

volontariato, i danni ambientali, il lavoro domestico,…), uno dei primi passi compiuti<br />

dai ricercatori è stato quello <strong>di</strong> inserire nella contabilità nazionale valori e <strong>di</strong>mensioni<br />

101


del sistema ambientale. Si è così giunti alla definizione e alla misurazione del cosiddetto<br />

PIL verde. Gli sviluppi degli anni 90 si sono poi concretizzati in un continuo<br />

affinamento <strong>di</strong> questi meto<strong>di</strong>. Nella tavola 7.2 se ne elencano alcuni e si propone una<br />

sintesi <strong>di</strong> alcuni degli in<strong>di</strong>catori più noti e <strong>di</strong>ffusi, se ne riporta l'istituzione <strong>di</strong><br />

riferimento, l'ambito territoriale <strong>di</strong> analisi e una breve descrizione (l’elenco completo<br />

delle variabili utilizzate è riportato in Appen<strong>di</strong>ce a questo capitolo).<br />

In alcuni casi misure della qualità della vita e in<strong>di</strong>catori degli aspetti sociali e<br />

ambientali vengono proposti all'interno <strong>di</strong> rapporti perio<strong>di</strong> realizzati da istituzioni<br />

nazionali e sovranazionali. Spesso in questi rapporti non si costruiscono in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong><br />

sintesi, ma si propongono più semplicemente serie <strong>di</strong> variabili elementari e sulla base <strong>di</strong><br />

questi dati si pongono a confronto territori tra loro eterogenei. È il caso ad esempio del<br />

rapporto Ambiente Italia <strong>di</strong> Legambiente e dello Human Development Report<br />

dell’Undp.<br />

La tavola 7.1 contiene un elenco non esaustivo, ma significativo, <strong>di</strong> questi<br />

rapporti.<br />

TAVOLA 7.1 - Rapporti sull'ambiente, sullo sviluppo sociale e economico<br />

Titolo del rapporto Istituzione Ambito territoriale<br />

<strong>di</strong> riferimento<br />

Ambiente Italia Legambiente nazione<br />

Ecosistema Urbano Legambiente comuni capoluogo<br />

La qualità della vita in Italia Il Sole24 Ore provincia<br />

Rapporto sulla qualità della vita in Italia Italia Oggi provincia<br />

Rapporto sullo Stato dell’Ambiente Ministero Ambiente nazione<br />

Human Development Report UNDP nazione<br />

World Development In<strong>di</strong>cator World Bank nazione<br />

In Italia sono molto <strong>di</strong>ffusi e <strong>di</strong>battuti anche in ambito accademico i rapporti<br />

sulla qualità della vita redatti annualmente dai due maggiori quoti<strong>di</strong>ani economici a<br />

livello nazionale. Nell'uno e nell'altro caso si tratta <strong>di</strong> indagini che riaggregano dati<br />

provinciali e comunali, e portano ad in<strong>di</strong>catori settoriali e ad una misura <strong>di</strong> sintesi per<br />

singolo ambito territoriale. I dati utilizzati coprono tutti i principali aspetti economici,<br />

sociali e ambientali. Diverso il rapporto realizzato da Legambiente, che costruisce<br />

misure della qualità ambientale per ogni Comune capoluogo, senza indagare<br />

<strong>di</strong>rettamente aspetti sociali e economici.<br />

Il contributo <strong>di</strong> questa ricerca consiste nel tentativo <strong>di</strong> costruire tre in<strong>di</strong>catori<br />

sintetici <strong>di</strong> sostenibilità, uno per ciascuna <strong>di</strong>mensione – economica, sociale, ambientale<br />

– riferiti ai Comuni capoluogo.<br />

7.2 In<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sostenibilità per i comuni capoluogo<br />

L’analisi statistico-economica che viene proposta nelle pagine che seguono ha<br />

l’obiettivo <strong>di</strong> rispondere ad alcuni interrogativi:<br />

TAVOLA 7.2 - In<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sostenibilità<br />

102


In<strong>di</strong>catore Istituzione/<br />

autore<br />

(anno <strong>di</strong><br />

definizione)<br />

PIL verde *<br />

HDI<br />

(Human<br />

Development<br />

Index)<br />

ISEW **<br />

(In<strong>di</strong>cator<br />

of<br />

Sustainibility<br />

Economic<br />

Welfare)<br />

GPI ***<br />

(Genuine<br />

Progress<br />

In<strong>di</strong>cator)<br />

Spazio<br />

Ambientale<br />

TMR<br />

(Total<br />

Material<br />

Requirement)<br />

Living<br />

planet index<br />

Impronta<br />

ecologica<br />

Ambito<br />

territoriale<br />

<strong>di</strong> riferimento<br />

Metodologia<br />

ONU nazionale Manuale SEEA, 2003<br />

Eurostat nazionale Seriee 94; Ieeaf 2002<br />

Istat nazionale Namea 90<br />

UNDP (1992) nazionale Composizione dei valori me<strong>di</strong> <strong>di</strong> tre in<strong>di</strong>catori:<br />

speranza <strong>di</strong> vita, livello <strong>di</strong> istruzione, pil procapite<br />

Daly e Cobb<br />

(1989)<br />

Redefining<br />

Progress<br />

(1994)<br />

Opschoor –<br />

Wuppertal<br />

Institute<br />

(1992)<br />

Wuppertal<br />

Institute<br />

In<strong>di</strong>ce ISSI Istituto per lo<br />

Sviluppo<br />

Sostenibile in<br />

nazionale Somma della spesa privata per consumi e per<br />

investimenti netti dei benefici non <strong>di</strong>rettamente<br />

monetizzabili, tratti da beni <strong>di</strong> consumo durevoli<br />

e dalla rete stradale. A questa somma si<br />

sottraggono spese private per sanità e istruzione,<br />

costo dell’inquinamento e deprezzamento del<br />

capitale naturale<br />

nazionale Ai consumi privati si sottraggono i costi non<br />

considerati nel calcolo del pil, tra cui: valore<br />

netto dei prestiti, costo dei beni durevoli, costi<br />

sociali (criminalità, incidenti, pendolarismo,<br />

sottoccupazione), costi ambientali<br />

(inquinamento, per<strong>di</strong>ta terre umide, per<strong>di</strong>ta<br />

terreni agricoli, per<strong>di</strong>ta foreste). Poi si<br />

aggiungono i benefici che non si considerano nel<br />

calcolo del pil, tra cui lavoro domestico, lavoro<br />

volontario, servizi offerti dalle strade.<br />

nazionale Stima la minima quantità del bene considerato<br />

(energia, materie prime non rinnovabili, legname,<br />

acqua) e, poi, il punto <strong>di</strong> equilibrio tra i tassi <strong>di</strong><br />

rinnovo del bene e <strong>di</strong> prelievo/consumo da parte<br />

dell’uomo.<br />

nazionale Calcola l’ammontare totale in peso delle materie<br />

prime estratte e quelle effettivamente utilizzate<br />

dal sistema produttivo <strong>di</strong> un dato territorio. È in<br />

grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere i materiali effettivamente<br />

immessi nel processo <strong>di</strong> trasformazione e i<br />

materiali mobilitati per le estrazioni (zaino<br />

ecologico).<br />

WWF sovranazionale Misura la qualità della vita delle popolazioni<br />

delle foreste, delle popolazioni delle acque dolci,<br />

Italia (2002)<br />

nazionale,<br />

regionale,<br />

provinciale,<br />

comunale<br />

e delle specie marine.<br />

Stima con meto<strong>di</strong> complessi e articolati quanti<br />

ettari <strong>di</strong> terra sono necessari per garantire la vita<br />

ad un essere umano.<br />

nazionale È’ dato dalla composizione <strong>di</strong> tre in<strong>di</strong>catori<br />

riferiti rispettivamente a: economia-società;<br />

ambiente; uso delle risorse.<br />

* Pil verde: integra la sfera economica con la sfera ambientale<br />

** Isew: integra le tre sfera della sostenibilità, l’economia, la società e l’ambiente<br />

*** Gpi: integra la sfera economica con la sfera della società<br />

103


• posto che le statistiche ufficiali rendono <strong>di</strong>sponibili numerose variabili <strong>di</strong><br />

contenuto economico, sociale, ambientale, è possibile in<strong>di</strong>viduare quali <strong>di</strong> queste<br />

variabili sono maggiormente informative rispetto alla sfera <strong>di</strong> attribuzione?<br />

• è possibile riaggregare queste variabili in tre macro-variabili <strong>di</strong> sintesi, in grado<br />

<strong>di</strong> riassumere in sé le principali informazioni <strong>di</strong> natura economica, le principali<br />

informazioni <strong>di</strong> natura sociale e quelle <strong>di</strong> natura ambientale?<br />

• è quin<strong>di</strong> possibile avere un dato <strong>di</strong> sintesi che racchiuda in sé gli aspetti<br />

economici <strong>di</strong> un territorio? È possibile avere un dato che riaggreghi in sé i<br />

principali aspetti sociali? e ancora un altro per gli aspetti ambientali?<br />

Gli in<strong>di</strong>catori sintetici infatti consentono <strong>di</strong>:<br />

• in<strong>di</strong>viduare il posizionamento <strong>di</strong> un dato territorio rispetto agli altri (con cui<br />

compete/coopera)<br />

• cogliere se e in che misura il territorio è economicamente sviluppato, se lo è<br />

socialmente, se lo è in termini ambientali. Meglio, se la sua crescita economica è<br />

consistente, se in termini sociali offre sicurezza, opportunità <strong>di</strong> crescita e quin<strong>di</strong><br />

se è attraente, se tutela l’ambiente in cui le attività economiche e sociali si<br />

svolgono<br />

• cogliere quali sono i settori in cui la governance locale occorre che concentri la<br />

propria attenzione e definisca strategie e azioni/programmi <strong>di</strong> intervento. Sulla<br />

base dei dati <strong>di</strong> sintesi costruiti è quin<strong>di</strong> possibile comprendere se è necessario<br />

che la negoziazione politica si orienti maggiormente all’economia, alla società,<br />

agli aspetti ambientali<br />

• comprendere l’opportunità che le strategie e i programmi politici e<br />

socioeconomici affrontino in modo integrato degli aspetti economici, sociali e<br />

ambientali.<br />

Gli enti per i quali sono stati costruiti gli in<strong>di</strong>catori sintetici sono, come si è<br />

detto, i Comuni capoluogo <strong>di</strong> provincia. Per ciascuno <strong>di</strong> essi, sono state raccolte le<br />

variabili quantitative offerte dalle statistiche ufficiali a livello comunale ed è stata<br />

costruita una matrice <strong>di</strong> dati, in cui ogni riga è de<strong>di</strong>cata ad uno dei 103 Comuni<br />

capoluogo <strong>di</strong> provincia e in ogni colonna sono riportate le variabili <strong>di</strong>sponibili.<br />

Purtroppo, nonostante l’ampiezza <strong>di</strong> alcune banche dati a livello comunale (si<br />

pensi alle 450 variabili contenute in Ancitel), i dati e le informazioni <strong>di</strong> carattere<br />

economico e <strong>di</strong> carattere sociale non sono esaurienti. Diversa la situazione per la sfera<br />

ambientale: in questo caso le variabili rilevate da Legambiente proprio nei Comuni<br />

capoluogo <strong>di</strong> provincia costituiscono un data set molto ampio.<br />

Per ovviare alla carenza <strong>di</strong> dati, si è deciso <strong>di</strong> attingere alcune variabili dalla<br />

banca dati Unioncamere, relativa ai sistemi locali del lavoro (ambiti territoriali subprovinciali,<br />

in<strong>di</strong>viduati sulla base dei dati relativi al pendolarismo per motivi <strong>di</strong> lavoro,<br />

che racchiudono un numero in genere contenuto <strong>di</strong> comuni confinanti, costituenti il<br />

sistema casa-lavoro in cui in me<strong>di</strong>a i residenti quoti<strong>di</strong>anamente si spostano per lavorare<br />

e vivere). Per altre variabili, soprattutto sulla dotazione infrastrutturale, sulla criminalità<br />

e sulle cause <strong>di</strong> morte sono necessariamente <strong>di</strong> livello provinciale, mancando dati <strong>di</strong><br />

questo tipo a livello comunale.<br />

104


7.3 La costruzione degli in<strong>di</strong>catori<br />

Il punto <strong>di</strong> partenza per la costruzione degli in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sostenibilità è stato<br />

l’analisi delle variabili raccolte, attraverso la tecnica nota come Analisi delle<br />

Componenti Principali (ACP), perché in grado <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare tutti gli obiettivi proposti.<br />

Essa infatti consente <strong>di</strong>:<br />

• sintetizzare numerose variabili in un numero più ridotto<br />

• calcolare i valori <strong>di</strong> queste nuove variabili <strong>di</strong> sintesi<br />

• costruire rappresentazioni grafiche delle relazioni tra le variabili <strong>di</strong> sintesi<br />

• or<strong>di</strong>nare i territori analizzati sulla base dei valori <strong>di</strong> queste nuove variabili <strong>di</strong><br />

sintesi<br />

L’impiego dell’ACP per la costruzione degli in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sviluppo sostenibile a<br />

livello locale costituisce un contributo originale <strong>di</strong> questa ricerca, perché molti degli<br />

in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sostenibilità, usati per stilare graduatorie <strong>di</strong>ffuse presso l’opinione<br />

pubblica, sono calcolati con altre tecniche, che contengono rilevanti elementi <strong>di</strong><br />

soggettività e dunque maggiori margini <strong>di</strong> arbitrarietà. Il riferimento è, ad esempio, agli<br />

in<strong>di</strong>catori calcolati dal Sole 24Ore. Altri enti, ad esempio l’ISSI, sembra che si<br />

avvalgano dell’ACP, ma non hanno ancora reso note le metodologie applicate, e<br />

comunque calcolano in<strong>di</strong>catori riferiti all’intero territorio nazionale.<br />

7.3.1 Le variabili dei territori<br />

La matrice costruita raccoglie i dati relativi a circa 100 variabili. Ma l’analisi è<br />

stata opportunamente limitata alle variabili che presentano bassi livelli <strong>di</strong><br />

inter<strong>di</strong>pendenza reciproca (in<strong>di</strong>viduati attraverso l’analisi dei coefficienti <strong>di</strong><br />

correlazione), al fine <strong>di</strong> evitare, per quanto possibile, <strong>di</strong> usare variabili che sono<br />

espressione del medesimo fenomeno (Del Colle ed Esposito [2000]; Zani, [2000]).<br />

Le variabili utilizzate sono un<strong>di</strong>ci e sono descritte nella tavola 7.3.<br />

Esse si riferiscono, come è stato già accennato, ad ambiti territoriali <strong>di</strong> varia<br />

<strong>di</strong>mensione:<br />

• densità impren<strong>di</strong>toriale e tasso <strong>di</strong> <strong>di</strong>soccupazione si riferiscono ai sistemi<br />

locali del lavoro (aggregazioni <strong>di</strong> comuni in base ai movimenti <strong>di</strong><br />

pendolarismo dei residenti)<br />

• valore aggiunto pro-capite e propensione all'export sono dati provinciali<br />

• zone a traffico limitato, concentrazione <strong>di</strong> pm10 e capacità <strong>di</strong> depurazione<br />

delle acque sono riferite ai comuni capoluogo <strong>di</strong> provincia.<br />

Solo in questo modo è stato possibile <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> dati ed informazioni<br />

sufficientemente significative e rilevanti per tutte e tre le <strong>di</strong>mensioni della sostenibilità<br />

(economia, società, ambiente) riferibili a Comuni capoluogo.<br />

Le statistiche descrittive delle 11 variabili selezionate, <strong>di</strong>sponibili per i 103<br />

comuni, sono riportate nella tabella 7.1.<br />

105


TAVOLA 7.3 - Le variabili per la lettura dei territori<br />

Variabili Descrizione Fonte Anno<br />

Densità impren<strong>di</strong>toriale rapporto tra numero <strong>di</strong> imprese e<br />

popolazione residente<br />

Unioncamere 2001<br />

Tasso <strong>di</strong> <strong>di</strong>soccupazione rapporto tra persone in cerca <strong>di</strong><br />

occupazione e forze <strong>di</strong> lavoro<br />

Unioncamere 2001<br />

Valore aggiunto pro capite somma del valore <strong>di</strong> beni finali e<br />

servizi prodotti in un territorio in un<br />

anno, fratto la popolazione<br />

Is.Tagliacarne 2000<br />

Propensione all'esportazione rapporto tra esportazioni e valore<br />

aggiunto<br />

Unioncamere 2000<br />

Zone a traffico limitato aree in centri abitati con regolazione<br />

degli accessi del traffico veicolare<br />

Legambiente 2000<br />

Capacità <strong>di</strong> depurazione acque reflue % abitanti allacciati a impianti <strong>di</strong><br />

depurazione<br />

Legambiente 2000<br />

Concentrazione PM 10 concentrazione <strong>di</strong> polveri fini<br />

nell'aria<br />

Legambiente 2000<br />

Dotazione <strong>di</strong> strutture culturali e dotazione <strong>di</strong> musei, biblioteche, Is.Tagliacarne 2000<br />

ricreative<br />

cinema, teatri, strutture sportive<br />

Dotazione <strong>di</strong> strutture per l'istruzione dotazione <strong>di</strong> scuole <strong>di</strong> ogni grado e<br />

università<br />

Is.Tagliacarne 2000<br />

Dotazione <strong>di</strong> infrastrutture sociali dotazione totale <strong>di</strong> sintesi <strong>di</strong> strutture<br />

a servizio della società<br />

Is.Tagliacarne 2000<br />

Tasso <strong>di</strong> mortalità - malattie tasso <strong>di</strong> morti causa malattie Istat 1998<br />

respiratorie<br />

all'apparato respiratorio<br />

TABELLA 7.1 - In<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sintesi delle 11 variabili<br />

Variabili Me<strong>di</strong>a Deviazione<br />

standard<br />

Densità impren<strong>di</strong>toriale 11,6 1,7<br />

Tasso <strong>di</strong> <strong>di</strong>soccupazione 10,5 7,9<br />

Valore aggiunto pro-capite 17874,4 4551,9<br />

Propensione all'esportazione 22,0 15,1<br />

Zone a traffico limitato 2,6 3,9<br />

Capacità <strong>di</strong> depurazione acque reflue 73,7 26,8<br />

Concentrazione PM 10 61,9 24,4<br />

Dotazione <strong>di</strong> strutture culturali e ricreative 90,9 69,7<br />

Dotazione <strong>di</strong> strutture per l'istruzione 91,2 42,7<br />

Dotazione <strong>di</strong> infrastrutture sociali 90,7 45,0<br />

Tasso <strong>di</strong> mortalità - malattie respiratorie 0,7 0,1<br />

7.3.2 Le tre variabili <strong>di</strong> sintesi: economia - società – ambiente<br />

L’ACP 11 ha consentito <strong>di</strong> riaggregare le 11 variabili in 3 macro-variabili, che<br />

complessivamente riescono a spiegare quasi il 65% della varianza totale del fenomeno.<br />

11 La scelta dell’uso della tecnica è anche confortata dalla significatività dei test <strong>di</strong> controllo:<br />

KMO = 0,635; Test <strong>di</strong> sfericità <strong>di</strong> Barlett = 683,427 (sig 0,000). Il Test KMO (Kaiser-Meyer-Olkin)<br />

esamina se le correlazioni parziali delle variabili sono basse; è necessario che il valore sia superiore a 0,5.<br />

106


Ciò sta a significare che queste tre macro-variabili riescono a descrivere gli aspetti<br />

economici, sociali e ambientali contenuti nelle un<strong>di</strong>ci variabili iniziali e riescono a<br />

fornire le informazioni contenute nelle un<strong>di</strong>ci variabili <strong>di</strong> partenza con il 35% <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta<br />

delle informazioni iniziali.<br />

Dalla tabella 7.2, emerge che, dopo la rotazione, la prima delle tre componenti<br />

principali 12 (CP) da sola riesce a spiegare il 26% della varianza totale del fenomeno<br />

descritto dalle un<strong>di</strong>ci variabili <strong>di</strong> partenza, la seconda componente principale il 24%, la<br />

terza componente principale il 14%.<br />

TABELLA 7.2 - La varianza totale spiegata dalle CP estratte<br />

Autovalori iniziali Peso dei fattori non ruotati Peso dei fattori ruotati<br />

Componenti Totale % <strong>di</strong> % Totale % <strong>di</strong> % Totale % <strong>di</strong> %<br />

varianza cumulata varianza cumulata varianza cumulata<br />

1 3,798 34,528 34,528 3,798 34,528 34,528 2,882 26,198 26,198<br />

2 2,103 19,117 53,646 2,103 19,117 53,646 2,698 24,524 50,722<br />

3 1,246 11,326 64,971 1,246 11,326 64,971 1,567 14,249 64,971<br />

4 0,982 8,926 73,897<br />

5 0,875 7,954 81,852<br />

6 0,699 6,355 88,207<br />

7 0,567 5,154 93,361<br />

8 0,327 2,977 96,338<br />

9 0,262 2,383 98,720<br />

10 0,113 1,030 99,751<br />

11 0,027 0,249 100,000<br />

Inoltre, le tre CP estratte riescono a spiegare il 97% della varianza dell'in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />

dotazione delle strutture sociali, l'89% della varianza del tasso <strong>di</strong> <strong>di</strong>soccupazione, l’85%<br />

<strong>di</strong> quella del valore aggiunto pro-capite, e altrettanto alti sono i valori per altre variabili.<br />

Ciò a riprova del contenuto informativo rilevante che si è riusciti a trasferire nelle<br />

macro-variabili <strong>di</strong> sintesi costruite (le tre CP).<br />

Come si può notare dalla tabella 7.4, la prima componente principale è<br />

espressione dei caratteri prevalentemente economici dei territori considerati, si può<br />

interpretare come misura del vigore economico <strong>di</strong> un territorio. È infatti sintesi del<br />

valore aggiunto pro-capite, della densità impren<strong>di</strong>toriale, della propensione<br />

all'esportazione e del tasso <strong>di</strong> <strong>di</strong>soccupazione. Con le prime tre <strong>di</strong>mensioni economiche<br />

è legata in modo <strong>di</strong>retto, con l'ultima è legata in modo inversamente proporzionale.<br />

TABELLA 7.3 - Il livello <strong>di</strong> qualità della rappresentazione<br />

Il Test <strong>di</strong> sfericità <strong>di</strong> Bartlett esamina se la matrice <strong>di</strong> correlazione è una matrice identità; è necessario che<br />

il valore "sign" sia nullo o molto prossimo allo zero.<br />

12<br />

Le componenti principali estratte nel testo vengono nominate anche “macro-variabili” o “variabili <strong>di</strong><br />

sintesi”.<br />

107


delle 11 variabili selezionate attraverso le CP<br />

Variabile Varianza<br />

iniziale spiegata<br />

Densità impren<strong>di</strong>toriale 1 0,484<br />

Tasso <strong>di</strong> <strong>di</strong>soccupazione 1 0,891<br />

Valore aggiunto pro capite 1 0,851<br />

Propensione all'esportazione 1 0,504<br />

Zone a traffico limitato 1 0,394<br />

Capacità <strong>di</strong> depurazione acque reflue 1 0,474<br />

Concentrazione PM 10 1 0,627<br />

In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> dotazione <strong>di</strong> strutture culturali e ricreative 1 0,793<br />

In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> dotazione <strong>di</strong> strutture per l'istruzione 1 0,838<br />

In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> dotazione <strong>di</strong> infrastrutture sociali 1 0,972<br />

Tasso <strong>di</strong> mortalità – malattie respiratorie 1 0,320<br />

I valori positivi dei coefficienti <strong>di</strong> correlazione associati alla variabile densità<br />

impren<strong>di</strong>toriale, valore aggiunto e propensione all’export in<strong>di</strong>cano che la prima<br />

componente descrive la forza economica, l’impren<strong>di</strong>torialità, la capacità <strong>di</strong> creare nuove<br />

imprese, <strong>di</strong> offrire occupazione, <strong>di</strong> produrre nuova ricchezza, <strong>di</strong> competere sui mercati<br />

internazionali.<br />

TABELLA 7.4 - Le <strong>di</strong>mensioni della sostenibilità<br />

Variabili Le tre Componenti Principali<br />

Economia Società Ambiente<br />

Densità impren<strong>di</strong>toriale 0,690 -0,063 0,059<br />

Tasso <strong>di</strong> <strong>di</strong>soccupazione -0,917 -0,130 -0,182<br />

Valore aggiunto pro capite 0,853 0,308 0,169<br />

Propensione all'esportazione 0,682 0,120 0,154<br />

Zone a traffico limitato 0,126 0,104 0,606<br />

Capacità <strong>di</strong> depurazione acque reflue 0,255 -0,202 0,607<br />

Concentrazione PM 10 -0,228 -0,199 -0,731<br />

In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> dotazione <strong>di</strong> strutture culturali e ricreative 0,300 0,835 7,074<br />

In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> dotazione <strong>di</strong> strutture per l'istruzione -0,083 0,909 0,058<br />

In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> dotazione <strong>di</strong> infrastrutture sociali 0,145 0,974 0,046<br />

Tasso <strong>di</strong> mortalità - malattie respiratorie 0,349 -0,041 -0,444<br />

Extraction Method: Principal Component Analysis.<br />

Rotation Method: Varimax with Kaiser Normalization.<br />

Rotation converged in 4 iterations.<br />

La seconda componente principale è la macro-variabile sociale e cattura tre<br />

variabili che esprimono la dotazione <strong>di</strong> strutture a servizio della collettività locale.<br />

Racchiude in sé variabili che forniscono in<strong>di</strong>cazioni sulla <strong>di</strong>sponibilità e sulla qualità<br />

delle strutture per l'arricchimento culturale extra-scolastico, per lo svago e il tempo<br />

libero. Si tratta <strong>di</strong> musei, biblioteche, cinematografi, teatri, strutture per la pratica<br />

sportiva. Comprende anche dati sulla dotazione <strong>di</strong> strutture per la formazione scolastica,<br />

dalle scuole materne, alle elementari, le me<strong>di</strong>e inferiori e superiori, fino alle università.<br />

Al suo interno si trovano anche dati relativi alle strutture sanitarie, tra cui soprattutto<br />

108


tutti gli ospedali, convenzionati e non convenzionati con il Servizio Sanitario<br />

Nazionale.<br />

I valori positivi dei coefficienti <strong>di</strong> correlazione associati a queste variabili<br />

esprimono il fatto che la variabile <strong>di</strong> sintesi descrive il grado <strong>di</strong> offerta presente sul<br />

territorio considerato <strong>di</strong> ciascuna delle strutture sociali appena descritte. La seconda CP<br />

è pertanto una macro-variabile che sintetizza il grado <strong>di</strong> sviluppo delle strutture sociali<br />

<strong>di</strong> un dato territorio. Infatti le strutture che gli enti pubblici locali e i privati hanno<br />

messo a <strong>di</strong>sposizione sono strumenti per la formazione e la qualificazione del capitale<br />

umano, sono strutture per la cura e la prevenzione sanitaria, sono luoghi che<br />

favoriscono la socialità e le relazioni interpersonali.<br />

La terza componente principale è la macro-variabile ambientale ed esprime<br />

elementi tipici della qualità ambientale in aree urbane e in aree fortemente antropizzate:<br />

la concentrazione delle polveri, la capacità <strong>di</strong> depurazione delle acque reflue, le zone a<br />

traffico limitato, la mortalità per malattie all'apparato respiratorio. Cattura quin<strong>di</strong> in sé<br />

le variabili che esprimono il peso dell’inquinamento atmosferico (causato dallo<br />

svolgimento <strong>di</strong> attività economiche e <strong>di</strong> attività sociali) e gli effetti da questo prodotti<br />

sulla salute umana. Cattura la dotazione <strong>di</strong> infrastrutture per la depurazione delle acque.<br />

Racchiude in sé anche le zone a traffico limitato che sono misura delle politiche locali<br />

definite per la tutela dell'ambiente e la qualità della vita nel centro urbano.<br />

I segni dei coefficienti <strong>di</strong> correlazione delle variabili sintetizzate dalla terza CP<br />

esprimono interessanti relazioni evidenti nei contesti urbani: l'in<strong>di</strong>catore del PM10<br />

misura la concentrazione <strong>di</strong> polveri fini, che penetrano nelle vie respiratorie e nei<br />

polmoni. Le sorgenti del PM10 sono in particolare i veicoli con motore a combustione<br />

interna, gli inse<strong>di</strong>amenti produttivi che emettono polveri e gli impianti <strong>di</strong> riscaldamento<br />

a gasolio. I motori a combustione, il <strong>di</strong>esel e anche il bio<strong>di</strong>esel sono responsabili della<br />

produzione <strong>di</strong> circa il 70 per cento <strong>di</strong> PM10. Se questo è vero, gli aspetti racchiusi nella<br />

terza CP sono espressione evidente della qualità ambientale del territorio considerato.<br />

In sintesi:<br />

• la prima CP è espressione della <strong>di</strong>mensione economica urbana in termini<br />

positivi, essendo legata in modo <strong>di</strong>rettamente proporzionale e forte con il<br />

valore aggiunto pro capite, con la densità impren<strong>di</strong>toriale, con la<br />

propensione all’esportazione ed essendo legata in modo altrettanto forte e<br />

inverso con il tasso <strong>di</strong> <strong>di</strong>soccupazione<br />

• la seconda CP è espressione della <strong>di</strong>mensione sociale in termini positivi<br />

• la terza CP è espressione del grado <strong>di</strong> qualità ambientale <strong>di</strong> ciascuno dei<br />

territori analizzati.<br />

Costruite le tre componenti principali, l'ACP produce gli scores per ciascuna <strong>di</strong><br />

esse. È così possibile avere il valore della macro-variabile economica, della macrovariabile<br />

sociale e della macro-variabile ambientale per ciascuno dei comuni<br />

considerati. Gli scores prodotti si possono interpretare come la sintesi quantitativa delle<br />

variabili che hanno catturato. In questo modo, per ogni territorio non si ha più solo il<br />

dato della densità impren<strong>di</strong>toriale, del valore aggiunto, della propensione<br />

all'esportazione, del tasso <strong>di</strong> <strong>di</strong>soccupazione, si ha anche un valore nuovo che si ritiene<br />

109


possa essere una buona sintesi <strong>di</strong> queste quattro variabili. Allo stesso modo per la<br />

società e per l'ambiente 13 .<br />

I valori così ottenuti si possono utilizzare in tre mo<strong>di</strong>:<br />

• per costruire grafici che mostrino le relazioni tra le macro-variabili a due a<br />

due<br />

• per costruire graduatorie dei comuni.<br />

• per ricercare relazioni tra variabili dei contesti socio-economici territoriali e<br />

le spese sostenute dagli enti locali.<br />

Va comunque tenuto presente che i risultati <strong>di</strong> questa analisi non possono essere<br />

assimilati a quelli che si otterrebbero da un’analisi <strong>di</strong> regressione. Essi catturano delle<br />

correlazioni tra variabili o in<strong>di</strong>catori, ma non sono in grado <strong>di</strong> spiegare l’origine e la<br />

causa dei fenomeni analizzati.<br />

7.3.3 La rappresentazione grafica delle relazioni tra economia, società e ambiente<br />

I valori delle tre macro-variabili <strong>di</strong> sintesi possono essere riprodotti a due a due<br />

sugli assi ortogonali <strong>di</strong> piani cartesiani, in modo da ottenere almeno due risultati:<br />

a. una sud<strong>di</strong>visione rozza dei territori considerati in gruppi accomunati da<br />

caratteristiche simili<br />

b. l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> tendenze territoriali rispetto a fenomeni economici, sociali e<br />

ambientali.<br />

7.3.3.1 La relazione “economia” – “ambiente”<br />

Dalla lettura del grafico 7.1, che descrive la relazione tra “economia” e<br />

“ambiente”, si possono cogliere due aspetti:<br />

• il <strong>di</strong>vario Nord-Sud, tipicamente economico (si veda il paragrafo seguente)<br />

• una relazione ad U rovesciata tra le due variabili.<br />

Città me<strong>di</strong>o-gran<strong>di</strong> del Sud (Reggio Calabria, Vibo Valentia, Agrigento,<br />

Messina, Palermo, Catanzaro) hanno bassa qualità ambientale e bassa crescita<br />

economica. La qualità ambientale sembra poi crescere al crescere dell'economia<br />

(Crotone, Foggia, Sassari, Sorrento, Bari, Cagliari, Potenza). Ma <strong>di</strong> nuovo, la curva<br />

ricomincia a scendere, <strong>di</strong>minuisce la qualità ambientale e migliora l’economia (Lo<strong>di</strong>,<br />

Pavia, Varese, e poi Como, Lecco, Bergamo, Brescia, Piacenza, e ancora Verona,<br />

Sondrio, Cremona). Infine, continua a migliorare l'economia e a peggiorare l'ambiente<br />

(Venezia, La Spezia, Torino, Firenze, Ravenna, Alessandria, Asti, U<strong>di</strong>ne, fino a<br />

Milano).<br />

13 In più si potrebbe anche sostenere che ciascuna delle variabili sintetizzate dalle tre CP è tra le variabili<br />

maggiormente rappresentative dei fenomeni che racchiudono.<br />

110


Questi dati sembrano confermare l’esistenza <strong>di</strong> una relazione inversa tra qualità<br />

dell’ambiente e livelli <strong>di</strong> crescita economica.<br />

7.3.3.2 La relazione “economia” - “società”<br />

Il grafico 7.2 illustra la relazione tra l’in<strong>di</strong>catore economico e quello sociale.<br />

L'asse orizzontale in<strong>di</strong>ca territori economicamente via via più ricchi, più competitivi,<br />

più <strong>di</strong>namici. Zone in cui la cultura d'impresa, la libera iniziativa trovano occasioni <strong>di</strong><br />

manifestazione e <strong>di</strong> crescita, territori che riescono a competere a livello internazionale.<br />

L'asse verticale rappresenta la variabile società e progredendo verso i valori positivi<br />

in<strong>di</strong>ca aree territoriali via via più dotate <strong>di</strong> strutture per l'istruzione, la formazione,<br />

occasioni <strong>di</strong> incontro, reti e relazioni <strong>di</strong> prossimità.<br />

Dalla lettura del grafico sembrano emergere tre elementi:<br />

• la netta spaccatura tra Nord e Sud Italia, rispetto alla <strong>di</strong>mensione economica<br />

• la maggiore dotazione <strong>di</strong> servizi <strong>di</strong> infrastrutture sociali nelle gran<strong>di</strong> città,<br />

del Nord come del Sud<br />

• una relazione ad U tra le due componenti società e economia.<br />

Quale può essere il significato della curva ad U? Nelle città me<strong>di</strong>o-gran<strong>di</strong> del<br />

Sud, ad un basso livello <strong>di</strong> crescita economica si accompagna una dotazione <strong>di</strong> strutture<br />

sociali simile a quella delle città del Centro-Nord <strong>di</strong> pari <strong>di</strong>mensioni. Non sorprende che<br />

Matera, Nuoro, Enna o Avellino siano dotate <strong>di</strong> minori strutture sociali rispetto a<br />

Napoli, Palermo o Catania, anche se stanno relativamente meglio dal punto <strong>di</strong> vista<br />

economico. Nelle gran<strong>di</strong>, relativamente ricche, città del Centro-Nord, tendono ad<br />

aumentare la dotazione <strong>di</strong> strutture sociali e le occasioni offerte per le relazioni sociali e<br />

l’arricchimento culturale.<br />

7.3.3.3 La relazione “società” - “ambiente”<br />

Infine, il grafico 7.3 mostra che i comuni si addensano attorno all’origine degli<br />

assi, per poi allungarsi lungo la <strong>di</strong>mensione ambientale, trascurando quasi<br />

completamente la <strong>di</strong>mensione sociale. Non esiste quin<strong>di</strong> una relazione evidente tra<br />

queste due macro-variabili. La qualità dell'ambiente, come misurata dall’in<strong>di</strong>catore<br />

prescelto, è in<strong>di</strong>pendente dalle strutture messe a <strong>di</strong>sposizione della collettività.<br />

111


112<br />

-2 -1 0 1<br />

economia<br />

-2<br />

-1<br />

0<br />

1<br />

2<br />

ambiente<br />

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IS<br />

IM<br />

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SO<br />

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MT<br />

GO<br />

VC<br />

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BL<br />

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KR<br />

GR<br />

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RG<br />

RI<br />

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BI<br />

SV<br />

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CR<br />

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PZ<br />

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AL<br />

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CN<br />

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FG<br />

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AG<br />

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NO<br />

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SS<br />

PG<br />

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PV<br />

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ME<br />

VI<br />

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PR<br />

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FR<br />

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RE<br />

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UD<br />

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PD<br />

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CT<br />

BO<br />

GE<br />

PA<br />

FI<br />

BA<br />

TO<br />

NA<br />

MI<br />

RM<br />

GRAFICO 7.1 - Crescita economica e qualità ambientale


113<br />

-2 -1 0 1<br />

economia<br />

0<br />

2<br />

4<br />

società<br />

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IS<br />

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PG SP<br />

PV<br />

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RN<br />

PN<br />

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BR<br />

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BO<br />

GE<br />

PA<br />

FI<br />

BA<br />

TO<br />

NA<br />

MI<br />

RM<br />

GRAFICO 7.2 - Crescita economica e sviluppo sociale


114<br />

0 2 4<br />

società<br />

-2<br />

-1<br />

0<br />

1<br />

2<br />

ambiente<br />

<br />

<br />

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AN<br />

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PI<br />

NO<br />

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RA<br />

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PG<br />

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RN<br />

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ME<br />

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CA<br />

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CT<br />

BO<br />

GE<br />

PA<br />

FI<br />

BA<br />

TO<br />

NA<br />

MI<br />

RM<br />

GRAFICO 7.3 - Sviluppo sociale e qualità ambientale


7.3.4 Le classifiche dei territori<br />

Gli stessi valori che sono stati utilizzati per costruire le rappresentazioni grafiche<br />

riprodotte nelle pagine precedenti, possono essere utilizzati per la definizione <strong>di</strong><br />

graduatorie dei Comuni capoluogo.<br />

Sulla base dei valori delle tre macro-variabili ottenute con l’ACP, i territori<br />

considerati possono essere or<strong>di</strong>nati dal “migliore” al “peggiore”. E allora si potrà <strong>di</strong>re<br />

quale territorio è migliore in termini economici (con valori più elevati nella prima<br />

componente principale), quale è migliore in termini sociali (con valori più elevati nella<br />

seconda componente principale), quale è migliore in termini ambientali (con valori<br />

maggiori nella terza componente principale).<br />

Quei territori che presentano una buona graduatoria simultaneamente in tutte e<br />

tre le componenti principali si potranno definire i territori che presentano i migliori<br />

livelli <strong>di</strong> sviluppo sostenibile, perché fanno registrare contemporaneamente buoni livelli<br />

<strong>di</strong> sviluppo economico, <strong>di</strong> sviluppo sociale e <strong>di</strong> qualità ambientale.<br />

Occorre tenere a mente che ciascuna delle tre graduatorie è con<strong>di</strong>zionata dalle<br />

variabili elementari che la macro-variabile <strong>di</strong> sintesi riassume in sè. Quin<strong>di</strong> se si<br />

analizza la classifica determinata dalla variabile "economia", i migliori (i peggiori) sono<br />

quei territori che hanno fatto registrare le migliori (le peggiori) performance nel valore<br />

aggiunto pro-capite, densità impren<strong>di</strong>toriale, propensione all'esportazione, tasso <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>soccupazione.<br />

Nella tabella seguente (tabella 7.5) sono riportate le prime <strong>di</strong>eci posizioni per<br />

ciascuna delle tre macro-variabili.<br />

TABELLA 7.5 - Le graduatorie dei comuni capoluogo<br />

Rank Economia Società Ambiente<br />

(sviluppo economico) (sviluppo sociale) (qualità ambientale)<br />

1° Cuneo Trieste Mantova<br />

2° Belluno Firenze Ascoli Piceno<br />

3° Reggio Emilia Roma Viterbo<br />

4° Prato Napoli Arezzo<br />

5° Pordenone Padova Cosenza<br />

6° Biella Gorizia Lecce<br />

7° Modena Milano Aosta<br />

8° Parma Pisa Pisa<br />

9° Treviso Genova Siena<br />

10° Alessandria Venezia Rimini<br />

Solo Pisa è presente contemporaneamente tra i primi <strong>di</strong>eci in due delle tre<br />

graduatorie. Nessun altro è nei primi <strong>di</strong>eci posti nelle tre graduatorie. Belluno e Imperia<br />

occupano posizioni pessime nella graduatoria ambientale. La loro crescita economica ha<br />

comportato costi ambientali considerevoli. Napoli presenta aspetti <strong>di</strong> sviluppo sociale,<br />

misurato sulla dotazione <strong>di</strong> strutture sociali, veramente considerevoli, ma in termini<br />

economici si presenta molto debole.<br />

115


Si nota che nell’economia e nell’ambiente prevalgono realtà socio-economiche<br />

<strong>di</strong> me<strong>di</strong>o-piccole <strong>di</strong>mensioni, mentre nella variabile “società” a parte alcuni casi<br />

(Gorizia, Pisa, Trieste) prevalgono le gran<strong>di</strong> aree urbane.<br />

La graduatoria "Economia"<br />

Cuneo risulta il migliore in "economia". Dall'analisi delle variabili che<br />

compongono la macro-variabile "economia" (riportate nella tabella 7.6), si nota che<br />

Cuneo è quinta in Italia per densità impren<strong>di</strong>toriale, mentre per gli altri aspetti la sua<br />

posizione è buona, prossima ai valori dei primi a livello nazionale. Lo stesso vale per i<br />

Comuni risultati tra i primi posti nella graduatoria, che fanno registrare posizioni molto<br />

elevate e valori in termini relativi molto buoni. Pordenone e Gorizia occupano posizioni<br />

avanzate nella graduatoria dell'economia per effetto della bassa <strong>di</strong>soccupazione<br />

(rispettivamente 3,7 e 4,7) e per l’export. Biella è premiata dalla densità impren<strong>di</strong>toriale<br />

dalla propensione all’export.<br />

TABELLA 7.6 - I dati delle variabili costitutive della prima CP per i primi<br />

classificati<br />

Valore aggiunto Tasso <strong>di</strong> Densità Propensione<br />

pro capite <strong>di</strong>soccupazione Impren<strong>di</strong>toriale all’esportazione<br />

migliaia Rank % Rank % Rank % Rank<br />

<strong>di</strong> euro Italia<br />

Italia<br />

Italia<br />

Italia<br />

Cuneo 21.634 22° 4,70 31° 14,50 5° 32,9 21°<br />

Prato 22.833 13° 5,46 44° 15,41 2° 55,7 4°<br />

Milano 29.627 1° 5,13 37° 14,97 4° 31,7 26°<br />

Belluno 22.346 16° 3,59 8° 8,84 98° 32,7 22°<br />

Reggio Emilia 24.585 6° 3,54 7° 13,72 9° 44,4 9°<br />

Del resto, anche nella classifica del 2002 del Sole 24Ore per la sezione “tenore<br />

<strong>di</strong> vita” (che comprende Pil, red<strong>di</strong>to <strong>di</strong>sponibile, depositi bancari, e altre variabili <strong>di</strong><br />

ricchezza), Cuneo si è classificata al 7° posto. Milano si trova al 1° posto, Parma al 5°,<br />

Modena all'11°, Belluno al 12°, Prato al 15°, Reggio Emilia al 18°.<br />

La graduatoria "Società"<br />

Trieste e Firenze occupano rispettivamente la prima e la seconda posizione<br />

anche nella classifica del Sole 24Ore, nella sezione "Tempo libero", che riaggrega<br />

buona parte delle strutture comprese nella macro-variabile "società". Genova occupa il<br />

5° posto, Gorizia il 7°, Milano il 12°, Roma il 14°.<br />

L'unica posizione veramente eccentrica nella graduatoria che deriva da questa<br />

ricerca, rispetto alla classifica del Sole 24Ore, è quella <strong>di</strong> Napoli. La sua posizione è<br />

determinata dagli in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> dotazione <strong>di</strong> servizi sociali, culturali e per l'istruzione<br />

dell'Istituto Tagliacarne. Napoli (fatta 100 l'Italia) fa registrare valori compresi tra i 200<br />

e i 146, mentre la me<strong>di</strong>a del Mezzogiorno varia tra i 57 e i 93. Come si vedrà in seguito,<br />

116


se si considera un in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio sociale, la situazione del capoluogo campano<br />

muta notevolmente.<br />

La graduatoria "Ambiente"<br />

La prima posizione è occupata da Mantova, che nella classifica <strong>di</strong> Legambiente<br />

(Ecosistema Urbano) occupa il secondo posto, mentre nella classifica del Sole occupa il<br />

64° posto. Quarto è Arezzo, che per il Sole è 55° e per Legambiente è 9°.<br />

Queste <strong>di</strong>screpanze sono da attribuire al fatto che le variabili utilizzate nelle<br />

varie classifiche per descrivere la qualità ambientale sono <strong>di</strong>verse. Il Sole usa una<br />

sezione chiamata "Ambiente e tempo libero" in cui oltre a variabili <strong>di</strong> inquinamento<br />

inserisce dati sulla dotazione infrastrutturale. Legambiente utilizza in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong><br />

inquinamento e variabili in grado <strong>di</strong> esprimere gli effetti prodotti dalle politiche adottate<br />

per la tutela e la salvaguar<strong>di</strong>a dell'ambiente.<br />

7.3.5 Il ruolo della criminalità e del <strong>di</strong>sagio sociale nello sviluppo sostenibile dei<br />

territori<br />

L’analisi presentata nelle pagine precedenti è stata ripetuta con l’utilizzo <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong>versi per misurare la <strong>di</strong>mensione sociale dello sviluppo sostenibile.<br />

Le tre variabili relative alla dotazione <strong>di</strong> servizi sociali sono state sostituite con<br />

tre variabili <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio sociale, i delitti denunciati per criminalità violenta, i delitti<br />

denunciati per lesioni dolose e i delitti denunciati per motivi <strong>di</strong>versi dai precedenti e<br />

<strong>di</strong>versi da furti, borseggi e scippi. Le altre variabili sono tutte rimaste invariate. Di<br />

conseguenza il numero complessivo <strong>di</strong> variabili utilizzate è rimasto pari a un<strong>di</strong>ci.<br />

La tabella 7.7 contiene le nuove variabili e, per ciascuna, una breve descrizione,<br />

la fonte e l'anno <strong>di</strong> riferimento.<br />

TABELLA 7.7 - Le variabili per la lettura dei territori<br />

Variabili Descrizione Fonte Anno<br />

Delitti denunciati - criminalità n. omici<strong>di</strong> denunciati per 100.000 abitanti Istat 1998<br />

violenta<br />

con almeno 14 anni<br />

Delitti denunciati - lesioni dolose n. lesioni per 100.000 abitanti con<br />

almeno 14 anni<br />

Istat 1998<br />

Delitti denunciati - altri motivi n. delitti <strong>di</strong>versi da omici<strong>di</strong>, da lesioni<br />

dolose, da furti, da scippi, da borseggi per<br />

100.000 abitanti con almeno 14 anni<br />

Istat 1998<br />

Le tre nuove variabili, <strong>di</strong>sponibili per tutti gli enti, si riferiscono ad ambiti<br />

territoriali <strong>di</strong> livello provinciale. Le statistiche descrittive sono riportate nella tabella<br />

seguente (tabella 7.8).<br />

117


TABELLA 7.8 - In<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sintesi delle nuove variabili<br />

Variabili Me<strong>di</strong>a Deviazione standard<br />

Delitti denunciati – criminalità violenta 125,2 65,6<br />

Delitti denunciati – lesioni dolose 57,3 38,6<br />

Delitti denunciati – altri motivi 1598,3 675,4<br />

Come nel caso precedente, l’ACP 14 ha prodotto tre macro-variabili <strong>di</strong> sintesi,<br />

che riescono a spiegare poco più del 60% della varianza totale del fenomeno. Come si<br />

può notare nella tabella 7.8, dopo la rotazione, la prima delle tre componenti principali 15<br />

(CP) da sola riesce a spiegare il 27% della varianza totale del fenomeno descritto dalle<br />

un<strong>di</strong>ci variabili <strong>di</strong> partenza, la seconda componente principale il 20%, la terza<br />

componente principale il 14%.<br />

TABELLA 7.9 - La varianza totale spiegata dalle CP estratte<br />

Autovalori iniziali<br />

Peso dei fattori non ruotati<br />

Peso dei fattori ruotati<br />

Compon. Totale % <strong>di</strong> % Totale % <strong>di</strong> % Totale % <strong>di</strong> %<br />

varianza cumulata varianza cumulata varianza cumulata<br />

1 3,288 29,890 29,890 3,288 29,890 29,890 2,958 26,888 26,888<br />

2 2,108 19,162 49,053 2,108 19,162 49,053 2,162 19,659 46,547<br />

3 1,265 11,504 60,557 1,265 11,504 60,557 1,541 14,010 60,557<br />

4 0,999 8,997 69,554<br />

5 0,876 7,964 77,518<br />

6 0,730 6,634 84,152<br />

7 0,604 5,495 89,647<br />

8 0,534 4,853 94,500<br />

9 0,298 2,711 97,211<br />

10 0,222 2,020 99,231<br />

11 0,085 0,769 100,0000<br />

In più, le tre CP estratte riescono a spiegare il 90% della varianza del tasso <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>soccupazione, l’86% della varianza dei delitti per criminalità violenta, l’81% <strong>di</strong> quella<br />

del valore aggiunto pro capite, e altrettanto alti sono i valori per altre variabili.<br />

TABELLA 7.10 - Il livello <strong>di</strong> qualità della rappresentazione<br />

delle 11 variabili selezionate attraverso le CP<br />

Varianza<br />

iniziale Spiegata<br />

Densità impren<strong>di</strong>toriale 1 0,427<br />

14<br />

La scelta dell’uso della tecnica, come nell'analisi precedente, è ancora confortata dalla significatività<br />

dei test <strong>di</strong> controllo:<br />

KMO = 0,647; Test <strong>di</strong> sfericità <strong>di</strong> Barlett = 448,651 (sig 0,000). Vedere nota 11, pag. 117.<br />

15<br />

Le componenti principali estratte nel testo vengono nominate in questa seconda analisi “macrovariabili”<br />

o “variabili <strong>di</strong> sintesi”.<br />

118


Tasso <strong>di</strong> <strong>di</strong>soccupazione 1 0,907<br />

Valore aggiunto pro capite 1 0,817<br />

Propensione all'esportazione 1 0,529<br />

Zone a traffico limitato 1 0,434<br />

Capacità <strong>di</strong> depurazione acque reflue 1 0,325<br />

Concentrazione PM 10 1 0,631<br />

Delitti denunciati – criminalità violenta 1 0,863<br />

Delitti denunciati – lesioni dolose 1 0,689<br />

Delitti denunciati – altri motivi 1 0,631<br />

Tasso <strong>di</strong> mortalità – malattie respiratorie 1 0,411<br />

Le tre componenti estratte sono riportate nella tabella 7.11.<br />

La prima CP è ancora la variabile “economia”, perché continua a riunire in sé la<br />

densità impren<strong>di</strong>toriale, il tasso <strong>di</strong> <strong>di</strong>soccupazione, il valore aggiunto e la propensione<br />

all’esportazione. Mantiene tutte le caratteristiche già evidenziate, per cui si rimanda alle<br />

pagine precedenti per l'analisi <strong>di</strong> dettaglio.<br />

La seconda componente principale è la nuova macro-variabile “società”. Essa<br />

cattura tre variabili che esprimono la criminalità e il <strong>di</strong>sagio sociale. Il segno positivo<br />

assunto dai coefficienti <strong>di</strong> correlazione in<strong>di</strong>ca che questa variabile misura il grado <strong>di</strong><br />

malavita e <strong>di</strong> delinquenza <strong>di</strong> ciascuno dei territori considerati.<br />

La terza componente principale è la macro-variabile “ambiente”. Contiene le<br />

medesime variabili dell'analisi precedente, tutte però con segno invertito. Quin<strong>di</strong><br />

esprime il degrado ambientale dei territori.<br />

TABELLA 7.11 - Le <strong>di</strong>mensioni della sostenibilità<br />

Le tre Componenti Principali<br />

Economia Società Ambiente<br />

Densità impren<strong>di</strong>toriale 0,649 0,005 -0,069<br />

Tasso <strong>di</strong> <strong>di</strong>soccupazione -0,933 0,110 0,154<br />

Valore aggiunto pro capite 0,885 0,008 -0,183<br />

Propensione all'esportazione 0,710 0,046 -0,151<br />

Zone a traffico limitato 0,130 -0,185 -0,619<br />

Capacità <strong>di</strong> depurazione acque reflue 0,264 -0,081 -0,499<br />

Concentrazione PM 10 -0,269 -0,039 0,746<br />

Delitti denunciati - criminalità violenta -0,250 0,895 0,006<br />

Delitti denunciati - lesioni dolose 0,220 0,793 0,105<br />

Delitti denunciati - altri motivi -0,010 0,794 0,007<br />

Tasso <strong>di</strong> mortalità - malattie respiratorie 0,329 -0,213 0,507<br />

Extraction Method: Principal Component Analysis.<br />

Rotation Method: Varimax with Kaiser Normalization.<br />

Rotation converged in 4 iterations.<br />

I valori delle tre nuove macro-variabili <strong>di</strong> sintesi anche in questo caso sono stati<br />

messi in relazione a due a due.<br />

Per quanto riguarda la relazione “economia” – “ambiente”, non è cambiato nulla<br />

nel contenuto dei risultati rispetto all’analisi precedente. Le variabili esplicative delle<br />

due CP sono rimaste invariate, e la sostituzione operata nella variabile “società” non ha<br />

prodotto effetti <strong>di</strong> rilievo.<br />

119


Per ciò che concerne, invece, la relazione “economia” - “società”, si ottengono<br />

risultati <strong>di</strong>versi, come mostra il grafico 7.4. Molte città del Sud sono caratterizzate da<br />

forte <strong>di</strong>sagio sociale e basso livello <strong>di</strong> sviluppo economico (Napoli, Palermo, Reggio<br />

Calabria, Catania, Caserta, Crotone); migliora relativamente la situazione per le piccole<br />

città del Centro (Viterbo, Isernia, Campobasso), dove ad un’economia debole si<br />

accompagna il più basso grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio sociale; le situazioni migliori si registrano<br />

nei territori me<strong>di</strong>o-piccoli del Centro e del Nord Italia (Vercelli, Alessandria, Mantova,<br />

Siena, Lucca).<br />

Infine, anche per la relazione “società” - “ambiente”, valgono le conclusioni<br />

tratte nei paragrafi precedenti.<br />

La tabella 7.12 contiene le graduatorie stilate sulla base delle nuove macrovariabili,<br />

dove per l’economia i Comuni sono ancora or<strong>di</strong>nati dal migliore al peggiore,<br />

viceversa per la società (<strong>di</strong>sagio sociale) e per l’ambiente (degrado ambientale) sono<br />

or<strong>di</strong>nati dal peggiore al migliore.<br />

TABELLA 7.12 - Le nuove graduatorie<br />

Rank Economia Società Ambiente<br />

(sviluppo) (<strong>di</strong>sagio) (degrado)<br />

1° Cuneo Gorizia Belluno<br />

2° Prato Rimini Imperia<br />

3° Milano Napoli Pordenone<br />

4° Belluno Teramo L'Aquila<br />

5° Reggio Emilia Trieste Treviso<br />

6° Modena Bologna Enna<br />

7° Pordenone Imperia Asti<br />

8° Biella Palermo Trapani<br />

9° Gorizia Prato Massa<br />

10° Bologna Crotone Macerata<br />

120


121<br />

-2 -1 0 1<br />

economia<br />

-1<br />

0<br />

1<br />

2<br />

3<br />

4<br />

società<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

AG<br />

AL<br />

AN<br />

AO<br />

AR<br />

AP<br />

AT<br />

AV<br />

BA<br />

BL<br />

BN<br />

BG<br />

BI<br />

BO<br />

BZ<br />

BS<br />

BR<br />

CA<br />

CL<br />

CB<br />

CE<br />

CT<br />

CZ<br />

CH<br />

CO<br />

CS<br />

CR<br />

KR<br />

CN<br />

EN<br />

FE<br />

FI<br />

FG<br />

FO<br />

FR<br />

GE<br />

GO<br />

GR<br />

IM<br />

IS AQ<br />

SP<br />

LT<br />

LE<br />

LC<br />

LI<br />

LO<br />

LU<br />

MC<br />

MN<br />

MS<br />

MT<br />

ME<br />

MI<br />

MO<br />

NA<br />

NO<br />

NU<br />

OR<br />

PD<br />

PA<br />

PR<br />

PV PG<br />

PS<br />

PE<br />

PC<br />

PI<br />

PT<br />

PN<br />

PZ<br />

PO<br />

RG<br />

RA<br />

RC<br />

RE<br />

RI<br />

RN<br />

RM<br />

RO<br />

SA<br />

SS<br />

SV<br />

SI<br />

SR<br />

SO<br />

TA<br />

TE<br />

TR<br />

TO<br />

TP<br />

TN<br />

TV<br />

TS<br />

UD<br />

VA<br />

VE<br />

VB<br />

VC<br />

VR<br />

VV<br />

VI<br />

VT<br />

GRAFICO 7.4 - Crescita economica e <strong>di</strong>sagio sociale


Si osserva che la graduatoria della variabile economia non subisce variazioni <strong>di</strong><br />

rilievo.<br />

La macro-variabile società invece presenta cambiamenti significativi. Gorizia<br />

occupa la prima posizione per la criminalità. Napoli, che risulta tra le migliori per la<br />

dotazione <strong>di</strong> infrastrutture sociali, si colloca al terzo posto. Tra le prime <strong>di</strong>eci figurano<br />

anche aree metropolitane (Bologna e Palermo).<br />

La graduatoria <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio sociale stabilita con questa variabile si presenta molto<br />

<strong>di</strong>versa da quella del Sole24 Ore, ma il confronto non è significativo perché l’in<strong>di</strong>catore<br />

utilizzato aggrega variabili <strong>di</strong>verse. Il Sole aggrega i dati relativi a furti, rapine,<br />

borseggi, mentre per i delitti riporta solo la variazione percentuale 1997-2001.<br />

Per quanto riguarda l’ambiente, Belluno occupa la prima posizione, ovvero si<br />

caratterizza per il livello massimo <strong>di</strong> degrado ambientale. Infatti, Belluno mostra il<br />

valore più alto in Italia per mortalità e per malattie all’apparato respiratorio, seguita da<br />

Enna (3° posto), Cuneo (5°), L’Aquila (6°). Sempre a Belluno, si registrano valori<br />

molto alti per la concentrazione delle polveri nell’aria, <strong>di</strong>vide infatti il primo posto per il<br />

superamento della soglia limite con tutte le altre realtà classificate tra i primi <strong>di</strong>eci,<br />

Imperia, Pordenone, L’Aquila, Treviso.<br />

TABELLA 7.13 - I dati delle variabili costitutive della terza CP per i primi<br />

classificati<br />

Zone a traffico Capacità <strong>di</strong> Concentrazione Mortalità malattie<br />

limitato depurazione PM10<br />

respiratorie<br />

Mq per Rank % ab. Rank<br />

Rank % Rank<br />

abitante Italia Serviti Italia<br />

Italia<br />

Italia<br />

Belluno 0,64 57° 58 78° 89 1° 1,22 1°<br />

Imperia 0,42 64° 0 103° 89 1° 0,85 10°<br />

Pordenone 0,23 74° 20 96° 89 1° 0,82 16°<br />

L'Aquila 0,06 89° 37 92° 89 1° 0,89 6°<br />

Treviso 0,36 68° 29 93°° 89 1° 0,71 33°<br />

7.3.6 L’ACP applicata alle spese dei comuni capoluogo<br />

Nel precedente capitolo 5, sono stati analizzati gli aggregati <strong>di</strong> spesa ambientale,<br />

sociale e per l’economia, definiti ex-ante, sulla base dei contenuti dei certificati del<br />

conto <strong>di</strong> bilancio. Al fine <strong>di</strong> verificare la coerenza delle aggregazioni delle voci <strong>di</strong> spesa<br />

rispetto alle tre <strong>di</strong>mensioni dello sviluppo sostenibile, si è ritenuto opportuno applicare<br />

l’Analisi delle Componenti Principali alle spese correnti <strong>di</strong> ciascun Comune, classificate<br />

per “funzioni e servizi”, così come esposte nel Quadro 4 del Certificato del Conto <strong>di</strong><br />

bilancio.<br />

L’ACP ha messo in evidenza un risultato considerevole: le voci <strong>di</strong> spesa<br />

risultano essere riaggregate in tre macro-variabili, espressione delle tre sfere economia,<br />

società e ambiente, ciascuna delle quali comprende le stesse voci <strong>di</strong> spesa selezionate<br />

ex-ante, come fatto nel capitolo 5. Ciò contribuisce ad avvalorare l’analisi che è stata<br />

condotta in precedenza.<br />

122


TABELLA 7.14 - Le componenti principali delle spese correnti<br />

Spese correnti Le tre Componenti Principali<br />

Società Ambiente Economia<br />

Sviluppo economico 0,225 0,154 0,027<br />

Servizi produttivi 0,384 -0,470 0,747<br />

Turismo 0,179 0,059 0,445<br />

Totale spese per l’economia 0,416 -0,438 0,768<br />

E<strong>di</strong>lizia residenziale 0,463 -0,162 -0,074<br />

Cultura 0,715 -0,300 -0,275<br />

Sport 0,304 0,028 -0,291<br />

Altre funzioni sociali 0,817 -0,204 -0,337<br />

Totale spese per il sociale 0,873 -0,245 -0,351<br />

Urbanistica 0,325 0,251 0,188<br />

Servizi idrici -0,110 0,405 0,126<br />

Smaltimento rifiuti 0,384 0,523 -0,100<br />

Viabilità 0,314 0,667 0,258<br />

Illuminazione 0,409 0,435 0,117<br />

Totale spese per l’ambiente 0,411 0,867 0,174<br />

Fatta questa verifica, si è ritenuto <strong>di</strong> mettere in relazione il dato delle spese<br />

correnti me<strong>di</strong>e pro-capite, sostenute da ciascun Comune capoluogo, con il valore della<br />

macro-variabile “economia” ottenuta come risultato dalla riaggregazione delle variabili<br />

statistiche territoriali illustrata nelle pagine precedenti. Allo stesso modo si è proceduto<br />

per la macro-variabile “società” (nella versione dell’in<strong>di</strong>catore calcolato sulla dotazione<br />

<strong>di</strong> strutture e infrastrutture sociali) e per quella “ambiente” (nella versione<br />

dell’in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> qualità ambientale e non <strong>di</strong> degrado abientale).<br />

Dai dati sembra emergere che le spese correnti sostenute dagli enti pubblici<br />

locali siano in relazione lineare <strong>di</strong>retta con gli in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sostenibilità economica e<br />

sociale, in relazione inversa con l’in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> qualità ambientale. Tuttavia, il legame<br />

appare anche molto debole, come si può notare dai dati riportati nella tabella seguente<br />

(tabella 7.15).<br />

TABELLA 7.15 - Coefficienti <strong>di</strong> correlazione <strong>di</strong> Pearson 16<br />

In<strong>di</strong>catore Spesa per Spesa per la Spesa per<br />

l’economia società l’ambiente<br />

Economia 0,083 0,391 - 0,268<br />

Società 0,058 0,379 0,354<br />

Ambiente 0,269 0,012 -0,004<br />

È interessante notare che le spese sostenute dai Comuni per la società siano<br />

legate positivamente e in modo abbastanza evidente con l’“economia”. Si potrebbe<br />

pensare che Comuni più ricchi, con un più elevato livello <strong>di</strong> sviluppo economico,<br />

spendano più <strong>di</strong> altri in e<strong>di</strong>lizia residenziale, cultura, sport e tempo libero.<br />

16 Anche i coefficienti <strong>di</strong> correlazione non parametrica (Kendall’s τ b, Spearman’s ρ) confermano sia il<br />

segno sia la misura del legame evidenziato nella tabella dei coefficienti <strong>di</strong> Pearson.<br />

123


Va comunque considerato che queste relazioni sono basate sul semplice calcolo<br />

dei coefficienti <strong>di</strong> correlazione, trascurano gli effetti <strong>di</strong> tutta un’altra serie <strong>di</strong> variabili<br />

rilevanti e non in<strong>di</strong>cano neanche i nessi <strong>di</strong> causalità.<br />

L’analisi dettagliata <strong>di</strong> questi aspetti è contenuta nel capitolo 8, dove viene<br />

invece utilizzata la tecnica dell’analisi statistica multivariata.<br />

124


APPENDICE CAPITOLO 7<br />

Elenco delle variabili contenute nella matrice <strong>di</strong> dati<br />

Descrizione della variabile Fonte Anno<br />

Popolazione totale Istat 2001<br />

Dinamica della popolazione Istat 2001-1991<br />

Rapporto <strong>di</strong> mascolinità Istat 2001<br />

Peso percentuale degli stranieri sul totale della popolazione Istat 2000<br />

Densità abitativa Unioncamere 2001<br />

Peso percentuale dei nati sul totale della popolazione Istat 2000<br />

Peso percentuale dei morti sul totale della popolazione Istat 2000<br />

Numero me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> componenti per nucleo familiare Unioncamere 2001<br />

Nuove iscrizioni <strong>di</strong> abitanti per trasferimenti da altre province Istat 2001<br />

Quoziente <strong>di</strong> immigrazione Istat 2001<br />

Quoziente <strong>di</strong> emigrazione Istat 2001<br />

Stranieri iscritti all'anagrafe Istat 1998<br />

Stranieri citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> paesi a forte pressione migratoria iscritti all'anagrafe Istat 1998<br />

Permessi soggiorno a stranieri <strong>di</strong> paesi a forte pressione migratoria Istat 1998<br />

Permessi rilasciati per motivi familiari Istat 1998<br />

Permessi rilasciati per motivi <strong>di</strong> lavoro Istat 1998<br />

Permessi rilasciati per iscrizione alle liste <strong>di</strong> collocamento Istat 1998<br />

Tasso generico <strong>di</strong> interruzione volontaria <strong>di</strong> gravidanza (ivg) Istat 1998<br />

Tasso generico <strong>di</strong> ivg per provincia <strong>di</strong> intervento Istat 1998<br />

Tasso <strong>di</strong> ivg per 1.000 donne in età feconda Istat 1998<br />

Tasso generico <strong>di</strong> mortalità Istat 1999<br />

Tasso <strong>di</strong> mortalità - tumore Istat 1997<br />

Tasso <strong>di</strong> mortalità - malattie del metabolismo Istat 1997<br />

Tasso <strong>di</strong> mortalità - malattie car<strong>di</strong>ocircolatorie Istat 1997<br />

Tasso <strong>di</strong> mortalità - malattie respiratorie Istat 1997<br />

Tasso <strong>di</strong> mortalità - malattie apparato <strong>di</strong>gerente Istat 1997<br />

Tasso <strong>di</strong> mortalità - altre malattie Istat 1997<br />

Speranza <strong>di</strong> vita alla nascita - femmine Istat 1997<br />

Speranza <strong>di</strong> vita alla nascita - maschi Istat 1997<br />

Tasso <strong>di</strong> iscrizione alle scuole superiori - femmine Istat 1997<br />

Tasso <strong>di</strong> iscrizione alle scuole superiori - maschi Istat 1997<br />

Tasso <strong>di</strong> iscrizione alle scuole superiori - totale Istat 1997<br />

Delitti denunciati per criminalità violenta Istat 1998<br />

Delitti denunciati per lesioni dolose Istat 1998<br />

Delitti denunciati per furti Istat 1998<br />

Delitti denunciati per borseggi Istat 1998<br />

Delitti denunciati per scippi Istat 1998<br />

Delitti denunciati per altri motivi Istat 1998<br />

Delitti denunciati per produzione e spaccio <strong>di</strong> stupefacenti Istat 1998<br />

Minorenni denunciati Istat 1998<br />

Stranieri denunciati Istat 1998<br />

Suici<strong>di</strong> - femmine Istat 1998<br />

Suici<strong>di</strong> - maschi Istat 1998<br />

Suici<strong>di</strong> totali Istat 1998<br />

Tentativi <strong>di</strong> suici<strong>di</strong>o Istat 1998<br />

125


In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza strutturale Unioncamere 2000<br />

In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza giovanile Unioncamere 2000<br />

In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza degli anziani Unioncamere 2000<br />

In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> vecchiaia Unioncamere 2000<br />

In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> struttura Unioncamere 2000<br />

In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> ricambio Unioncamere 2000<br />

Valore aggiunto pro-capite Ist.<br />

Tagliacarne<br />

2000<br />

Consumi non alimentari pro-capite Ist.<br />

2000<br />

Tagliacarne<br />

Propensione all'esportazione Unioncamere 2000<br />

Tasso <strong>di</strong> apertura<br />

Numero delle imprese appartenenti al settore:<br />

Unioncamere 2000<br />

Agricoltura, caccia e silvicoltura Unioncamere 2001<br />

Pesca, piscicoltura e servizi Unioncamere 2001<br />

Estrazione <strong>di</strong> minerali Unioncamere 2001<br />

Attività manifatturiere Unioncamere 2001<br />

Produzione e <strong>di</strong>stribuzione energia elettrica Unioncamere 2001<br />

Costruzioni Unioncamere 2001<br />

Commercio all'ingrosso e dett.-rip.beni pe Unioncamere 2001<br />

Alberghi e ristoranti Unioncamere 2001<br />

Trasporti, magazzinaggio e com Unioncamere 2001<br />

Interme<strong>di</strong>azione monetaria e finan Unioncamere 2001<br />

Attività immobiliare, noleggio, informa Unioncamere 2001<br />

Pubblica amministrazione e <strong>di</strong>fesa; assic.soci Unioncamere 2001<br />

Istruzione Unioncamere 2001<br />

Sanità e altri servizi sociali Unioncamere 2001<br />

Altri servizi pubblici, social Unioncamere 2001<br />

Servizi domestici presso famiglie Unioncamere 2001<br />

Imprese non classificate Unioncamere 2001<br />

Totale imprese elaborazione 2001<br />

Totale imprese terziarie elaborazione 2001<br />

Densità impren<strong>di</strong>toriale Unioncamere 2001<br />

In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> terziarizzazione elaborazione 2001<br />

In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> industrializzazione elaborazione 2001<br />

Tasso <strong>di</strong> sviluppo impren<strong>di</strong>toriale Unioncamere 2001<br />

Tasso <strong>di</strong> attività Unioncamere 2001<br />

Tasso <strong>di</strong> occupazione Unioncamere 2001<br />

Tasso <strong>di</strong> <strong>di</strong>soccupazione Unioncamere 2001<br />

Presenze <strong>di</strong> turisti italiani Istat 2000<br />

Presenze <strong>di</strong> turisti stranieri Istat 2000<br />

In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> dotazione <strong>di</strong> strutture culturali e ricreative Ist.<br />

Tagliacarne<br />

2000<br />

In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> dotazione <strong>di</strong> strutture per l'istruzione Ist.<br />

Tagliacarne<br />

2000<br />

In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> dotazione <strong>di</strong> infrastrutture sociali Ist.<br />

Tagliacarne<br />

2000<br />

In<strong>di</strong>ce generale infrastrutture economiche Ist.<br />

2000<br />

Tagliacarne<br />

Numero palestre Seat 2001<br />

Numero associazioni artistiche, culturali e ricreative Seat 2001<br />

Numero tesserati Coni Coni 2001<br />

Numero librerie Istat e Seat 2000<br />

126


Totale stampe <strong>di</strong>ffusione Istat 1998<br />

Copie <strong>di</strong> quoti<strong>di</strong>ani <strong>di</strong>ffuse Istat 1998<br />

Rappresentazioni teatrali e musicali Istat 1998<br />

Spesa me<strong>di</strong>a pro-capite per rappresentazioni teatrali e musicali Istat 1998<br />

Sale cinematografiche aperte al pubblico Istat 1998<br />

In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> sintesi <strong>di</strong> Legambiente Legambiente 2000<br />

Concentrazione PM 10 Legambiente 2000<br />

Concentrazione biossido <strong>di</strong> azoto Legambiente 2000<br />

Concentrazione <strong>di</strong> nitrati Legambiente 2000<br />

Green Purchasing all'interno della PA Legambiente 2000<br />

Verde pubblico (mq/ab) Legambiente 2000<br />

Raccolta <strong>di</strong>fferenziata <strong>di</strong> rifiuti Legambiente 2000<br />

Piste ciclabili Legambiente 2000<br />

Zone a traffico limitato Legambiente 2000<br />

Isole pedonali Legambiente 2000<br />

Capacità <strong>di</strong> depurazione delle acque reflue Legambiente 2000<br />

Industrie certificate Iso 14000 Legambiente 2000<br />

Consumo idrico pro-capite Legambiente 2000<br />

Produzione <strong>di</strong> rifiuti urbani Legambiente 2000<br />

Trasporto pubblico Legambiente 2000<br />

Numero auto circolanti Legambiente 2000<br />

Acqua erogata pro-capite Bilancio<br />

comunale<br />

2000<br />

Numero abitanti serviti per acqua erogata Bilancio<br />

comunale<br />

2000<br />

Depurazione dell'acqua Bilancio<br />

comunale<br />

2000<br />

Strade illuminate Bilancio<br />

comunale<br />

2000<br />

Numero dei punti luce a km Bilancio<br />

comunale<br />

2000<br />

Kwh consumati a km Bilancio<br />

comunale<br />

2000<br />

Numero <strong>di</strong> utenti per struttura per anziani Bilancio<br />

comunale<br />

2000<br />

Grado <strong>di</strong> utilizzo delle strutture per anziani Bilancio<br />

comunale<br />

2000<br />

Numero <strong>di</strong> iscritti agli asili Bilancio<br />

comunale<br />

2000<br />

Numero dei visitatori dei musei Bilancio<br />

comunale<br />

2000<br />

Nettezza urbana (frequenza me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> prelievo) Bilancio<br />

comunale<br />

2000<br />

Rifiuti smaltiti per residente Bilancio 2000<br />

comunale<br />

Numero <strong>di</strong> spettatori nei teatri Bilancio<br />

comunale<br />

2000<br />

127


8 UN’ANALISI ESPLORATIVA DEI DATI<br />

In questo capitolo conclusivo della parte empirica, viene effettuato un tentativo<br />

per collegare le analisi svolte nel quinto e nel settimo capitolo, con l’obiettivo <strong>di</strong><br />

mettere in luce, se esistono, relazioni interessanti tra i due insiemi <strong>di</strong> osservazioni,<br />

relazioni che possano essere poi utilizzate come guida per ulteriori ricerche e riflessioni<br />

future.<br />

L’analisi del capitolo 5, sui dati <strong>di</strong> bilancio dei comuni capoluogo, ha infatti<br />

svolto un tentativo <strong>di</strong> classificazione della spesa corrente e della spesa in conto capitale<br />

in spesa ambientale, sociale ed economica, le tre anime dello sviluppo sostenibile, per<br />

l’anno 2000. L’analisi del capitolo 7, viceversa, utilizzando una massa <strong>di</strong> dati molto più<br />

vasta presa dalle fonti più <strong>di</strong>verse, ha prodotto, attraverso l’analisi delle componenti<br />

principali, in<strong>di</strong>catori, rispettivamente, <strong>di</strong> sviluppo economico, ambientale e sociale<br />

calcolati a livello provinciale per gli stessi comuni e per (più o meno) lo stesso anno.<br />

Diventa dunque naturale domandarsi se tra i due set <strong>di</strong> informazioni esiste una qualche<br />

relazione, se cioè i comportamenti <strong>di</strong> spesa dei comuni in qualche modo influenzano o<br />

sono influenzati dalle con<strong>di</strong>zioni ambientali, economiche o sociali dell’area <strong>di</strong><br />

appartenenza.<br />

Inoltre, poiché un lato del bilancio è naturalmente influenzato anche dall’altro,<br />

<strong>di</strong>venta possibile anche domandarsi se la struttura delle entrate e le con<strong>di</strong>zioni<br />

economiche generali, a loro volta, influenzano la composizione della spesa, cioè la<br />

capacità dei comuni <strong>di</strong> orientare la propria azione nella <strong>di</strong>rezione dello sviluppo<br />

sostenibile o <strong>di</strong> alcune componenti dello stesso. Questa domanda è naturalmente assai<br />

interessante alla luce del <strong>di</strong>battito in corso sul federalismo fiscale e delle recenti<br />

<strong>di</strong>sposizioni costituzionali. Poiché infatti esistono ampie <strong>di</strong>fferenze nella <strong>di</strong>sponibilità<br />

economica dei <strong>di</strong>versi comuni, tra Nord e Sud del Paese principalmente, ma anche in<br />

termini <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni territoriali e <strong>di</strong> abitanti, una risposta positiva alla domanda<br />

porterebbe a riflettere sulle conseguenze <strong>di</strong> un progetto <strong>di</strong> decentramento forte,<br />

soprattutto se questo dovesse influire, come assai probabile, sui trasferimenti da parte<br />

degli enti superiori, sia per quel che riguarda il livello che per ciò che concerne la<br />

composizione. Più in generale, porterebbe a riflettere sulla attribuzione adeguata <strong>di</strong><br />

competenze ai <strong>di</strong>versi livelli <strong>di</strong> governo, così come in<strong>di</strong>cato nel capitolo introduttivo <strong>di</strong><br />

questa ricerca.<br />

Per rispondere a queste domande, nelle pagine che seguono viene utilizzata<br />

l’analisi <strong>di</strong> regressione multivariata per in<strong>di</strong>viduare le relazioni esistenti tra le <strong>di</strong>verse<br />

variabili considerate, affinando la semplice analisi <strong>di</strong> correlazione già svolta nei<br />

capitoli 5 e 7. Rispetto a quest’ultima, infatti, l’analisi <strong>di</strong> regressione consente <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>viduare l’effetto <strong>di</strong> ogni singola variabile sulla variabile <strong>di</strong>pendente, depurandola<br />

degli effetti congiunti delle altre variabili. L’analisi delle regressioni consente in altri<br />

termini <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare in modo più preciso i legami <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza esistenti tra le<br />

variabili considerate.<br />

Naturalmente, sarebbe ingenuo aspettarsi risultati “forti” dall’analisi, come<br />

l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> rapporti precisi <strong>di</strong> causalità tra struttura delle spese e in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong><br />

128


sviluppo sostenibile. Da un lato, la banca dati utilizzata è troppo <strong>di</strong>somogenea e<br />

lacunosa per consentire più che un’esplorazione superficiale <strong>di</strong> queste relazioni;<br />

dall’altro, la spesa dei comuni è solo una delle possibili componenti che possono<br />

influire sugli in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sviluppo sostenibile. Infatti, l’azione <strong>di</strong> altri livelli <strong>di</strong> governo<br />

può essere altrettanto influente sugli in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sviluppo locale; e, d’altro canto,<br />

l’attività regolatoria dei governi locali, che non comporta esborso <strong>di</strong> risorse e che<br />

dunque non è catturata nei flussi <strong>di</strong> spesa, può essere altrettanto influente su alcuni<br />

in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sviluppo (per esempio, l’inquinamento atmosferico prodotto dal traffico<br />

urbano può essere ridotto sia incrementando i servizi <strong>di</strong> trasporto locale, che<br />

generalmente comporta un’erogazione <strong>di</strong> risorse da parte del comune, sia attraverso la<br />

gestione del traffico e l’introduzione <strong>di</strong> aree pedonali che viceversa non comportano un<br />

esborso <strong>di</strong>retto <strong>di</strong> risorse). La nostra banca dati sfortunatamente non consente <strong>di</strong><br />

analizzare questi aspetti in dettaglio, cosa che sarebbe viceversa possibile con un data<br />

set più preciso 17 . E tuttavia, l’analisi tentata ha qualche giustificazione, se non altro<br />

perché consente un approccio ampio alle relazioni esistenti tra gran<strong>di</strong> comparti <strong>di</strong> spesa<br />

e in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sviluppo, che analisi più puntuali su specifici settori possono viceversa<br />

nascondere. Inoltre, l’analisi, per quanto esplorativa, è stimolante e come si vedrà non<br />

priva <strong>di</strong> qualche risultato inatteso.<br />

8.1 Gli in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sviluppo sostenibile<br />

Per la prima parte dell’analisi, viene postulato un modello esplicativo dove gli<br />

in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sviluppo sostenibile in<strong>di</strong>viduati nel capitolo 7 vengono immaginati come<br />

“prodotti” dell’azione <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi fattori, tra cui le politiche degli enti locali. Si immagina<br />

cioè un modello <strong>di</strong> relazioni in cui il comportamento dell’ente comunale è uno degli<br />

input, che assieme ad altri, “produce” un certo livello <strong>di</strong> in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> sviluppo<br />

sostenibile e ci si chiede se e quanto questo “input” sia importante per il “prodotto”<br />

finale. In questa prima esplorazione dei dati, si astrarrà dal problema, potenzialmente<br />

rilevante per alcuni in<strong>di</strong>catori, della simultaneità tra le due componenti; cioè, da<br />

situazioni in cui l’in<strong>di</strong>catore è simultaneamente un input e un output delle decisioni<br />

comunali, problema sui cui si tornerà invece in seguito.<br />

8.1.1 L’in<strong>di</strong>catore ambientale<br />

La tavola 8.1 18 presenta i risultati degli esercizi effettuati utilizzando l’in<strong>di</strong>catore<br />

<strong>di</strong> qualità ambientale come variabile <strong>di</strong>pendente. La componente in<strong>di</strong>viduata come<br />

“ambiente” nel capitolo 7 è, come si ricorderà, negativamente correlata alla<br />

concentrazione <strong>di</strong> polveri e agli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> mortalità per malattie respiratorie calcolati a<br />

livello provinciale, e viceversa positivamente correlata alla presenza e all’estensione <strong>di</strong><br />

zone a traffico limitato nei comuni capoluogo e alla capacità <strong>di</strong> depurazione delle acque.<br />

17 Per esempio, sarebbe interessante stimare la relazione tra emissioni inquinanti e presenza <strong>di</strong> zone a<br />

traffico limitato, per valutare l’impatto <strong>di</strong> una misura <strong>di</strong> regolamentazione sulla qualità dell’aria.<br />

18 L’elenco completo dei regressori utilizzati si trova in fondo al capitolo.<br />

129


Dunque, si tratta <strong>di</strong> un in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> qualità dell’ambiente; chi è caratterizzato da valori<br />

più alti dell’in<strong>di</strong>catore gode, in prima approssimazione, <strong>di</strong> maggiore qualità ambientale.<br />

L’analisi <strong>di</strong> regressione viene svolta regredendo l’in<strong>di</strong>catore ambientale contro<br />

varie combinazioni possibili <strong>di</strong> variabili esplicative e postulando varie forme funzionali<br />

per la relazione tra le variabili. L’esercizio intende in<strong>di</strong>viduare, nei limiti concessi dalla<br />

nostra banca dati, quelle variabili, il cui segno, coefficiente e grado <strong>di</strong> significatività<br />

restano inalterati al variare delle forme e del modello utilizzato. Queste variabili<br />

possono essere considerate, in prima approssimazione, come variabili esplicative<br />

“robuste”, la cui presenza è cioè con elevata probabilità correlata all’in<strong>di</strong>catore<br />

ambientale.<br />

Come illutrato nella tavola 8.1, il primo esercizio viene svolto utilizzando come<br />

variabile in<strong>di</strong>pendente solo la collocazione geografica del comune (si utilizza una<br />

dummy per ciascuna ripartizione geografica, abolendo la costante generale della<br />

regressione). Appaiono significative solo le dummy che in<strong>di</strong>viduano il Centro e le Isole.<br />

I coefficienti hanno segno positivo per il Centro e negativo per le Isole, ad in<strong>di</strong>care, in<br />

linea <strong>di</strong> massima, che la qualità dell’ambiente è migliore al Centro che nelle altre aree<br />

ed è viceversa peggiore nelle Isole. Come c’era da attendersi, il modello esplicativo è<br />

troppo parco per poter produrre risultati apprezzabili, la varianza spiegata è bassissima<br />

ed inoltre l’area geografica <strong>di</strong> appartenenza come unica variabile esplicativa è per<br />

definizione inadatta a spiegare la variabilità all’interno <strong>di</strong> ciascuna area.<br />

Il secondo esercizio introduce come variabile in<strong>di</strong>pendente un’altra variabile<br />

strutturale, la popolazione (il termine quadratico serve per catturare le non linearità nel<br />

rapporto con la popolazione, messe in luce nell’analisi dei capitoli 5 e 6), che però<br />

risulta assolutamente non significativa ed inoltre peggiora la qualità della regressione (il<br />

valore della PROB(F) in<strong>di</strong>ca che in questo caso non si può escludere la possibilità che<br />

tutti i coefficienti siano uguali a zero). Ciò in<strong>di</strong>ca che la popolazione (che in questo caso<br />

funziona anche come proxi per la densità urbana, poiché i comuni più popolosi sono in<br />

me<strong>di</strong>a anche quelli più densi) <strong>di</strong> per sé non ha alcun effetto sul livello <strong>di</strong> inquinamento,<br />

quando si controlli per le altre variabili, il che è un risultato <strong>di</strong> qualche interesse. Poiché<br />

risulta che la variabile popolazione peggiora le stime in tutti gli esercizi tentati, nelle<br />

regressioni successive viene eliminata completamente. Si noti che questo migliora la<br />

specificazione del modello; in tutte le altre regressioni riportate nella tabella 8.1 la<br />

PROB(F) assume valori accettabili, respingendo l’ipotesi che tutti i coefficienti delle<br />

variabili in<strong>di</strong>pendenti siano simultaneamente uguali a zero.<br />

Il terzo esercizio raffina il modello, introducendo tra le variabili esplicative<br />

l’in<strong>di</strong>catore “economia”, come calcolato nel capitolo 7. Come si ricorderà, questo<br />

in<strong>di</strong>catore è correlato positivamente ad in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sviluppo economico, quali il valore<br />

aggiunto, la propensione all’esportazione, la densità <strong>di</strong> imprese, e negativamente al<br />

tasso <strong>di</strong> <strong>di</strong>soccupazione; si tratta dunque <strong>di</strong> un in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> sviluppo economico.<br />

L’aggiunta <strong>di</strong> questa variabile migliora nettamente le stime; la varianza spiegata sale al<br />

16%, un livello tutt’altro che <strong>di</strong>sprezzabile per una semplice cross section. La variabile<br />

dello sviluppo economico risulta statisticamente molto significativa e negativamente<br />

correlata con l’in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> qualità ambientale, ad in<strong>di</strong>care che un maggiore livello <strong>di</strong><br />

sviluppo economico si accompagna ad una peggiore qualità dell’ambiente. Con<br />

l’aggiunta della variabile economica perde <strong>di</strong> significatività la dummy per il Nord-Est,<br />

<strong>di</strong>ventano significative le dummy per il Nord-Ovest e il Sud, con l’implicazione che al<br />

Sud la qualità dell’ambiente è peggiore che nel Nord; resta confermato il risultato delle<br />

Isole, con la peggiore qualità ambientale.<br />

130


TABELLA 8.1 - L’in<strong>di</strong>catore ambientale<br />

(variabile <strong>di</strong>pendente)°<br />

(1) (2) (3) (4) (5)<br />

NW 0.13 0.08 0.48 0.41 0.98<br />

(0.63) (0.33) (2.17**) (1.04) (1.95*)<br />

NE -0.14 -0.19 0.35 0.44 0.69<br />

(-0.62) (-0.77) (1.41) (1.18) (1.43)<br />

CE 0.49 0.46 0.69 0.64 1.22<br />

(2.22**) (1.95*) (3.22***) (1.67*) (2.39**)<br />

SUD -0.16 -0.21 -0.74 -1.02 -0.30<br />

(-0.77) (-0.89) (-2.89***) (-2.50**) (-0.51)<br />

ISOLE -0.50 -0.56 -1.25 -1.58 -0.64<br />

(-1.84*) (-1.86*) (-3.75***) (-3.23***) (-0.97)<br />

POP 0.41<br />

(0.50)<br />

(POP) 2 -0.19<br />

(-0.52)<br />

IECO -0.60 -0.70 -0.66<br />

(-3.53***) (-3.89***) (-3.52***)<br />

ISOC -0.19 -0.18<br />

(-1.73*) (-1.64)<br />

SAMB 0.0008<br />

(0.39)<br />

QAMB -0.02<br />

(-0.98)<br />

PR -0.05<br />

(-0.26)<br />

N. oss. 96 96 96 96 88<br />

R 2<br />

AR 2<br />

0.10 0.10 0.21 0.23 0.23<br />

0.06 0.04 0.16 0.17 0.15<br />

F<br />

2.42 1.63 4.67 3.80 2.93<br />

PROB(F) 0.05 0.15 0.00 0.00 0.01<br />

° Gli asterischi in<strong>di</strong>cano il livello <strong>di</strong> significatività<br />

La prima conclusione è dunque quella <strong>di</strong> una relazione inversa tra sviluppo<br />

economico e ambiente e <strong>di</strong> una relazione inversa tra meri<strong>di</strong>one e qualità dell’ambiente.<br />

Si potrebbe affermare che a parità <strong>di</strong> sviluppo economico, la qualità dell’ambiente<br />

deteriora tanto più si scende lungo la penisola, e a parità <strong>di</strong> localizzazione geografica,<br />

la qualità dell’ambiente peggiora al crescere dell’attività economica.<br />

Le restanti regressioni per il campione complessivo, riportate nella tabella 8.1,<br />

hanno due scopi. Il primo è quello <strong>di</strong> esplorare la robustezza delle relazioni trovate,<br />

verificando se l’aggiunta <strong>di</strong> altre potenziali variabili esplicative riduce la significatività<br />

o mo<strong>di</strong>fica il coefficiente o il segno dei regressori relativi all’area geografica e allo<br />

sviluppo economico. Il secondo è quello verificare l’ipotesi che il comportamento dei<br />

comuni, misurato dal livello e dalla composizione della propria spesa e da altre<br />

variabili relative all’attività regolatoria (l’approvazione o meno <strong>di</strong> un Piano<br />

Regolatore, per gli 88 comuni per cui siamo stati in grado <strong>di</strong> ricostruire questa<br />

variabile), abbia effetto sull’in<strong>di</strong>catore ambientale. Per la prima domanda, la risposta è<br />

certamente negativa. Nelle regressioni riportate (e in molte altre tentate ma qui non<br />

riportate per semplicità), sia la significatività che il segno ed il coefficiente della<br />

variabile relativa allo sviluppo economico restano sostanzialmente inalterati. Dunque,<br />

131


non c’è dubbio che la relazione tra in<strong>di</strong>catore ambientale e in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> sviluppo<br />

economico sia robusta e genuina. Anche per l’area geografica restano sostanzialmente<br />

invariati i risultati ottenuti in precedenza per il Sud e le Isole, caratterizzati da un basso<br />

grado <strong>di</strong> qualità dell’ambiente, la dummy per il Nord-Est non è mai significativa,<br />

mentre è dubbia la significatività della dummy per il Nord-Ovest.<br />

Per quanto riguarda invece la seconda domanda, si osserva che i due in<strong>di</strong>catori<br />

<strong>di</strong> spesa ambientale dei comuni introdotti, il livello della spesa ambientale e la quota<br />

della spesa ambientale sul totale della spesa, restano sempre al <strong>di</strong> sotto della<br />

significatività statistica. Non è neanche mai significativa la variabile relativa alla<br />

presenza o meno <strong>di</strong> un piano regolatore. Al contrario, in un esercizio, risulta<br />

(debolmente) significativo l’in<strong>di</strong>catore sociale, con segno negativo. Sembrerebbe quin<strong>di</strong><br />

che una peggiore qualità ambientale si accompagni ad una migliore dotazione <strong>di</strong><br />

strutture e infrastrutture sociali, un punto su cui si tornerà in seguito.<br />

I risultati ottenuti confermano quanto era già stato in parte anticipato<br />

nell’introduzione. In particolare, la non rilevanza degli in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> spesa non sorprende<br />

più <strong>di</strong> tanto. Come è stato già osservato, l’impatto sull’ambiente della politica comunale<br />

può non passare <strong>di</strong>rettamente per la spesa ma in<strong>di</strong>rettamente attraverso l’attività <strong>di</strong><br />

regolamentazione. D’altro canto, la spesa ambientale, come definita nel capitolo 5, non<br />

è <strong>di</strong>rettamente collegata agli in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> qualità dell’ambiente in<strong>di</strong>viduati dall’analisi<br />

del capitolo 7.<br />

Come ulteriori tentativi <strong>di</strong> esplorare la presenza <strong>di</strong> legami tra l’in<strong>di</strong>catore<br />

ambientale e le variabili <strong>di</strong> spesa, in una serie <strong>di</strong> regressioni qui non riportate, ai dati <strong>di</strong><br />

spesa corrente ambientale sono stati sostituiti i dati <strong>di</strong> spesa totale o <strong>di</strong> spesa in conto<br />

capitale. I risultati, in termini <strong>di</strong> significatività delle variabili o <strong>di</strong> varianza spiegata,<br />

sono perfino peggiori <strong>di</strong> quelli presentati nella tabella 8.1, benché si confermi la<br />

robustezza dei coefficienti relativi all’in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> sviluppo economico e alle dummy<br />

geografiche. Anche questo risultato era tuttavia atteso; la maggiore aleorietà della spesa<br />

in conto capitale calcolata su base annuale rende necessariamente meno preciso il<br />

legame tra ambiente e spesa.<br />

8.1.2 L’in<strong>di</strong>catore sociale<br />

Nella tavola 8.2 sono riportati i risultati degli esercizi che utilizzano l’in<strong>di</strong>catore<br />

sociale come variabile <strong>di</strong>pendente. In linea con quanto <strong>di</strong>scusso nel capitolo<br />

precedente, l’in<strong>di</strong>catore sociale utilizzato è positivamente correlato con in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong><br />

dotazione <strong>di</strong> infrastrutture e <strong>di</strong> strutture culturali e ricreative e sociali. Si tratta dunque<br />

<strong>di</strong> un in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> qualità sociale. Tra i regressori, oltre a quelli già <strong>di</strong>scussi nel<br />

paragrafo precedente, vengono aggiunti in<strong>di</strong>catori relativi alla composizione della<br />

popolazione del comune (quota dei residenti più <strong>di</strong> 65 anni), potenzialmente in<strong>di</strong>cativi<br />

<strong>di</strong> una domanda particolare <strong>di</strong> servizi sul piano sociale, e in<strong>di</strong>catori relativi alla spesa<br />

sociale corrente pro-capite, sia in livello che in percentuale della spesa complessiva.<br />

Come ulteriore specificazione dell’impegno dei comuni in ambito sociale, è stata anche<br />

costruita una variabile che misura il numero dei posti negli asili ni<strong>di</strong> comunali sul totale<br />

della popolazione residente con meno <strong>di</strong> 3 anni (QAB), utilizzando a tal fine i dati<br />

contenuti nel conto consuntivo dei comuni (si tratta <strong>di</strong> uno dei pochissimi esempi in cui<br />

132


i dati appaiono sufficientemente affidabili e completi, coprendo un sub-campione <strong>di</strong> 89<br />

comuni).<br />

TABELLA 8.2: L’in<strong>di</strong>catore sociale<br />

(variabile <strong>di</strong>pendente)<br />

(1) (2) (3) (4) (5) (6)<br />

NW 0.01 -0.53 -0.24 -3.06 -3.21 -3.01<br />

(0.06) (-2.68***) (-1.09) (-4.19***) (-4.29***) (-3.55***)<br />

NE 0.48 0.0018 0.40 -2.43 -2.66 -2.37<br />

(2.11**) (0.01) (1.60) (-3.26***) (-3.38***) (-2.66***)<br />

CE 0.17 -0.31 -0.13 -2.83 -2.90 -2.79<br />

(0.76) (-1.59) (-0.62) (-4.11***) (-4.18***) (-3.64***)<br />

SUD -0.29 -0.71 -1.07 -3.39 -3.41 -3.35<br />

(-1.36) (-3.72***) (-4.75***) (-5.78***) (-5.81***) (-5.04***)<br />

ISOLE -0.33 -0.84 -1.30 -3.47 -3.61 -3.42<br />

(-1.18) (-3.40***) (-4.47***) (-5.81***) (-5.86***) (-4.56***)<br />

POP 3.47 3.11 2.83 2.58 2.82<br />

(5.05***) (4.61***) (4.19***) (3.56***) (4.15***)<br />

(POP) 2 -0.87 -0.78 -0.62 -0.54 -0.62<br />

(-2.9***) (-2.65***) (-2.15**) (-1.80*) (-2.13**)<br />

IECO -0.41 -0.58 -0.58 -0.58<br />

(-2.77***) (-3.89***) (-3.87***) (-3.78***)<br />

QANZIANI 0.13 0.12 0.13<br />

(3.83***) (3.46***) (3.81***)<br />

SSOC 0.0017<br />

(0.93)<br />

QSOC -0.0021<br />

(-0.12)<br />

QAB 0.02 0.01 0.02<br />

(1.01) (0.75) (1.01)<br />

N. oss. 96 96 96 89 89 89<br />

R 2<br />

AR 2<br />

0.08 0.40 0.45 0.56 0.56 0.56<br />

0.04 0.36 0.40 0.51 0.51 0.50<br />

F<br />

2.05 9.91 10.22 11.11 10.06 9.87<br />

PROB(F) 0.09 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00<br />

Nel complesso, il modello esplicativo appare in questo caso inaspettatamente<br />

robusto. La maggior parte delle variabili introdotte sono significative, hanno il segno<br />

atteso e sono robuste ai vari esercizi tentati. Nelle migliori regressioni, circa il 50%<br />

della varianza risulta spiegata dalle variabili prescelte.<br />

In particolare, per quanto riguarda l’area geografica, si osserva che la<br />

significatività delle dummy varia al variare dei regressori e, a volte, varia anche il<br />

segno. L’impressione dunque è che, a <strong>di</strong>fferenza dell’ambiente, per l’in<strong>di</strong>catore sociale<br />

l’area geografica non conti molto, una volta che si tenga conto <strong>di</strong> altre variabili.<br />

Tuttavia, emerge un’in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> carattere generale: il Nord-Est è la zona in cui i<br />

valori dell’in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> qualità sociale tendono ceteris paribus ad essere più elevati.<br />

Seguono, dal migliore al peggiore, il Centro, il Nord-Ovest, il Sud e le Isole.<br />

Le variabili che restano invece robuste in tutti gli esercizi sono: la popolazione<br />

(città <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni più ampie offrono più servizi per il sociale), la popolazione al<br />

quadrato (con segno negativo, dunque in<strong>di</strong>cando la presenza <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>menti<br />

133


decrescenti), la composizione della popolazione (una quota più elevata <strong>di</strong> anziani<br />

induce una crescita nell’in<strong>di</strong>catore sociale), l’in<strong>di</strong>catore economico (controllando per<br />

altre variabili, l’effetto dello sviluppo economico sulla qualità del sociale è negativo).<br />

Al contrario, la percentuale <strong>di</strong> posti-nido sui potenziali utenti non è mai<br />

significativa. Analogamente, non sono significativi neanche in questo caso gli in<strong>di</strong>catori<br />

<strong>di</strong> spesa, cioè le spese me<strong>di</strong>e pro-capite in ambito sociale e la quota <strong>di</strong> spesa sociale sul<br />

totale della spesa corrente.<br />

Questi risultati, per quanto interessanti, vanno naturalmente presi con grande<br />

cautela. Tra alcuni regressori, quali per esempio la percentuale <strong>di</strong> anziani e la spesa del<br />

comune per il sociale c’è il sospetto dell’esistenza <strong>di</strong> relazioni <strong>di</strong> causalità, che saranno<br />

verificate in seguito. Inoltre, l’in<strong>di</strong>catore sociale è correlato alla dotazione <strong>di</strong><br />

infrastrutture e le infrastrutture <strong>di</strong> per sé generano spesa corrente; questo rende in parte<br />

dubbia la relazione <strong>di</strong> causalità tra spesa e in<strong>di</strong>catore, che viene ipotizzata nel modello<br />

esplicativo della regressione.<br />

Tuttavia, l’immagine che emerge dall’analisi mette in evidenza alcuni aspetti<br />

interessanti. A <strong>di</strong>fferenza dell’in<strong>di</strong>catore ambientale, il ruolo della connotazione<br />

territoriale sull’in<strong>di</strong>catore sociale, almeno per ciò che riguarda la <strong>di</strong>mensione qui<br />

analizzata, è meno netto. Si conferma la peggiore situazione del Sud ed in particolare<br />

delle Isole. Non c’è invece grande <strong>di</strong>fferenza tra Centro e Nord-Ovest. In secondo<br />

luogo, una volta che si controlli per gli effetti indotti dalla correlazione con altre<br />

variabili esplicative dell’in<strong>di</strong>catore sociale (per esempio la maggiore <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong><br />

risorse nel Nord del Paese), l’effetto netto dello sviluppo economico sul sociale è<br />

negativo. La nostra interpretazione è che lo sviluppo economico produce delle<br />

esternalità sociali negative che richiedono interventi correttivi da parte delle autorità<br />

pubbliche.<br />

8.1.3 L’in<strong>di</strong>catore economico<br />

Per completezza, si riportano, nella tavola 8.3, anche le stime relative<br />

all’in<strong>di</strong>catore economico. Naturalmente, qui le relazioni <strong>di</strong> causalità probabili sono<br />

inverse rispetto a quelle in<strong>di</strong>cate nelle regressioni, soprattutto per ciò che riguarda la<br />

spesa comunale.<br />

E’ ben vero che in un’ottica <strong>di</strong> lungo periodo le decisioni comunali possono<br />

influenzare il livello e la qualità della crescita economica <strong>di</strong> una comunità; in fondo,<br />

l’intero concetto <strong>di</strong> sviluppo sostenibile a livello locale è legato a questa ipotesi <strong>di</strong><br />

fondo. Ma certo quest’attività dell’ente locale non può essere catturata con le variabili<br />

<strong>di</strong> spesa <strong>di</strong> un solo anno, soprattutto con riferimento al sottoinsieme delle spese per<br />

l’attività economica, che sono a livello comunale assai limitate, come è stato<br />

sottolineato nel capitolo 5.<br />

Le stime riportate nella tabella 8.3 confermano innanzitutto che l’in<strong>di</strong>catore<br />

economico è fortemente influenzato dall’area geografica, che da sola spiega il 67%<br />

circa della varianza. La popolazione conta marginalmente, con relazione lineare. Al<br />

netto dell’effetto della localizzazione geografica, i comuni <strong>di</strong> maggiori <strong>di</strong>mensioni<br />

hanno minor sviluppo economico. È rilevante anche la percentuale <strong>di</strong> anziani, ma in un<br />

certo senso questo risultato deriva dal fatto che il Nord è caratterizzato da un più elevato<br />

in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> invecchiamento della popolazione. Dunque, si conferma che “piccole<br />

134


<strong>di</strong>mensioni” e al Centro-Nord rappresentino la combinazione ottimale per quanto<br />

riguarda lo sviluppo economico.<br />

TABELLA 8.3 - L’in<strong>di</strong>catore economico<br />

(variabile <strong>di</strong>pendente)<br />

(1) (2) (3) (4)<br />

NW 0.58 0.71 0.59 -0.42<br />

(4.73***) (5.20***) (1.19) (-0.83)<br />

NE 0.83 0.95 0.82 -0.22<br />

(6.34***) (6.62***) (1.57) (-0.41)<br />

CE 0.34 0.45 0.27 -0.67<br />

(2.66***) (3.35***) (0.56) (-1.32)<br />

SUD -0.98 -0.87 -0.94 -1.73<br />

(-7.97***) (-6.64***) (-2.38**) (-4.42***)<br />

ISOLE -1.26 -1.13 -1.10 -1.87<br />

(-7.89***) (-6.67***) (-2.76***) (-5.20***)<br />

POP -0.86 -0.22 -0.75<br />

(-1.82*) (-0.40) (-1.55)<br />

(POP) 2 0.24 0.07 0.22<br />

(1.16) (0.32) (1.07)<br />

QANZIANI 0.03<br />

(1.75*)<br />

SCORR -0.0007<br />

(-1.76*)<br />

SCAP 0.0002<br />

(0.38)<br />

QEP 0.01 0.01<br />

(1.59) (1.22)<br />

N. oss. 96 96 96 96<br />

R 2<br />

AR 2<br />

0.68 0.70 0.72 0.72<br />

0.67 0.68 0.69 0.69<br />

F<br />

48.86 34.61 24.39 27.63<br />

PROB(F) 0.00 0.00 0.00 0.00<br />

Qualche risultato curioso si ottiene introducendo come regressori le spese<br />

correnti e in conto capitale me<strong>di</strong>e pro-capite e la quota delle entrate proprie. Le spese<br />

correnti sono significative con coefficiente negativo, mentre non lo sono le spese in<br />

conto capitale; la quota delle entrate proprie è solo marginalmente non significativa, con<br />

segno positivo. In questa regressione, le dummies territoriali perdono <strong>di</strong> significatività.<br />

8.2 La spesa comunale<br />

In questa sezione, viene rovesciata l’ipotesi precedente e si considerano invece<br />

gli in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sviluppo sostenibile come input delle decisioni <strong>di</strong> spesa dei comuni. A<br />

<strong>di</strong>fferenza della sezione precedente, il focus è sulla spesa comunale; ci si chiede che<br />

cosa determini la spesa dei comuni nelle sue varie componenti e se, tra le altre variabili,<br />

anche gli in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sviluppo sostenibile entrino nei comportamenti dei comuni come<br />

in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> bisogno. Naturalmente, sull’esogeneità dell’in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> sviluppo<br />

135


economico rispetto alle decisioni <strong>di</strong> spesa vi è poco dubbio; sulle altre due variabili vi<br />

sono più problemi.<br />

L’analisi che segue si concentra esclusivamente sulla spesa ambientale e su<br />

quella sociale; la spesa economica è <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni troppo piccole e troppo variabile per<br />

essere significativa.<br />

8.2.1 La spesa ambientale<br />

Le due tabelle successive illustrano i risultati delle stime per la componente<br />

ambientale della spesa comunale; la tabella 8.4 riporta i risultati delle stime dove la<br />

variabile <strong>di</strong>pendente è il livello assoluto pro-capite della spesa corrente; la tabella 8.5<br />

riporta i risultati delle stime dove la variabile <strong>di</strong>pendente è la quota della spesa<br />

ambientale corrente in percentuale sul totale delle spese correnti. Esercizi con la spesa<br />

in conto capitale come variabile <strong>di</strong>pendente (<strong>di</strong>sponibili a richiesta dagli autori) non<br />

sono stati invece riportati per le ragioni più volte dette.<br />

Per il livello pro-capite della spesa ambientale, i risultati sono deludenti per quel<br />

che riguarda le variabili strutturale. Nella prima regressione, sono state utilizzate come<br />

variabili in<strong>di</strong>pendenti solo le dummy territoriali. Esse sono singolarmente tutte molto<br />

significative, e tuttavia non spiegano praticamente nulla (solo il 3% della varianza viene<br />

spiegata dalla regressione) e prese congiuntamente non sono neanche significative<br />

(come mostra il valore <strong>di</strong> PROB(F)). L’aggiunta <strong>di</strong> nuovi regressori non produce alcun<br />

risultato <strong>di</strong> rilievo. La popolazione è solo marginalmente significativa, con segno<br />

positivo. Perfino l’in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> sviluppo economico (che dovrebbe avere un effetto<br />

sulle entrate proprie del comune e dunque si presume un effetto <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to sulla spesa)<br />

non è significativo ed il coefficiente ha il segno sorprendentemente negativo.<br />

Ugualmente irrilevante, come c’era in parte da attendersi per le ragioni già sviluppate, è<br />

l’in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> qualità ambientale.<br />

Per quanto riguarda invece gli in<strong>di</strong>catori scelti dal lato delle entrate, l’ultimo<br />

esercizio presenta qualche risultato <strong>di</strong> rilievo. È la regressione migliore, con il 25%<br />

circa <strong>di</strong> varianza spiegata. Come c’era da aspettarsi, i trasferimenti sono significativi; la<br />

spesa è più elevata in valore assoluto dove i trasferimenti sono più alti, la conseguenza<br />

<strong>di</strong>retta <strong>di</strong> un effetto <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to, probabilmente incrementato da un “fly-paper effect”.<br />

Tuttavia, <strong>di</strong>venta significativa anche la composizione delle entrate. La quota delle<br />

entrate proprie sul totale risulta avere un effetto positivo sul livello della spesa procapite;<br />

a parità <strong>di</strong> trasferimenti, i comuni con una maggiore componente <strong>di</strong> entrate<br />

proprie spendono <strong>di</strong> più per l’ambiente. Perdono invece <strong>di</strong> significatività le dummy<br />

territoriali, eccetto quella relativa al Nord-Est che risulta negativa.<br />

Tuttavia, va osservato che il miglioramento della stima nell’ultima regressione è<br />

dovuto quasi interamente all’inclusione dei trasferimenti: in pratica, questi ultimi<br />

spiegano da soli 16 dei 25 punti totali della varianza spiegati dalla stima. Inoltre, la<br />

variabile relativa alle entrate proprie <strong>di</strong>venta significatica solo quando accompagnata<br />

dai trasferimenti: ciò potrebbe suggerire qualche sospetto sulla robustezza<br />

dell’influenza effettiva <strong>di</strong> questi in<strong>di</strong>catori.<br />

TABELLA 8.4 - Spesa corrente pro-capite per l’ambiente<br />

136


(variabile <strong>di</strong>pendente)<br />

(1) (2) (3) (4) (5)<br />

NW 161.20 155.03 155.00 102.83 -55.67<br />

(14.87***) (11.33***) (11.02***) (2.96***) (-1.14)<br />

NE 126.71 124.37 124.34 68.66 -89.52<br />

(10.86***) (8.06***) (7.93***) (1.84*) (-1.78*)<br />

CE 156.64 149.87 149.82 95.02 -52.15<br />

(13.78***) (11.93***) (11.25***) (2.64***) (-1.10)<br />

SUD 151.88 132.52 132.56 88.19 -52.14<br />

(14.01***) (9.41***) (8.97***) (2.86***) (-1.21)<br />

ISOLE 170.30 146.03 146.11 106.07 -45.92<br />

(12.08***) (8.03***) (7.44***) (3.39***) (-1.01)<br />

POP 78.31 78.32 95.87 47.55<br />

(1.86*) (1.85*) (2.22**) (1.16)<br />

(POP) 2 -21.51 -21.51 -27.00 -10.08<br />

(-1.18) (-1.17) (-1.46) (-0.58)<br />

IECO -10.22 -10.18 -14.25 -11.74<br />

(-1.10) (-1.02) (-1.40) (-1.26)<br />

IAMB 0.06 -2.42 -2.48<br />

(0.01) (-0.42) (-0.47)<br />

QEP 1.10 2.87<br />

(1.64) (3.88***)<br />

TRAS 0.23<br />

(4.28***)<br />

N. oss. 96 96 96 96 96<br />

R 2<br />

AR 2<br />

0.07 0.15 0.15 0.18 0.33<br />

0.03 0.09 0.08 0.09 0.25<br />

F<br />

1.82 2.30 1.99 2.10 4.10<br />

PROB(F) 0.13 0.03 0.06 0.04 0.00<br />

Più interessante da questo punto <strong>di</strong> vista è l’analisi delle determinati della quota<br />

delle spese ambientali sul totale (tabella 8.5), che presenta anche risultati più robusti sul<br />

piano statistico, con circa il 25% della varianza spiegata nella maggior parte delle<br />

regressioni. Come c’era da attendersi, il livello (assoluto) dei trasferimenti pro-capite<br />

non è più influente sulla quota della spesa per l’ambiente; viceversa resta significativa<br />

la quota delle entrate proprie, con segno positivo. L’in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> sviluppo economico<br />

così come quello ambientale non sono mai significativi; non è mai rilevante la<br />

popolazione. Nel modello più parco (regressione n. 1), l’area geografica da sola spiega<br />

il 23% circa della varianza della quota della spesa; l’inclusione <strong>di</strong> altre variabili<br />

naturalmente riduce il peso dall’area geografica <strong>di</strong> appartenenza, ma non ne mo<strong>di</strong>fica il<br />

segno; ceteris paribus, i comuni del Nord, relativamente più ricchi spendono<br />

proporzionalmente <strong>di</strong> meno sull’ambiente dei più poveri comuni del Sud.<br />

L’esplorazione dei dati suggerisce dunque i seguenti ragionamenti. Da un lato, il<br />

fatto che il livello della spesa pro-capite ambientale non risulti correlata con<br />

l’in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> attività economica rappresenta un’in<strong>di</strong>cazione da valutarsi prima facie<br />

positivamente, in quanto significa che i comuni che si collocano in zone meno<br />

sviluppate non sono penalizzati per ciò che riguarda questo comparto <strong>di</strong> spesa. D’altra<br />

parte, la correlazione positiva con la quota <strong>di</strong> entrate proprie sembrerebbe in<strong>di</strong>care che<br />

la sostituzione <strong>di</strong> risorse proprie ai trasferimenti, indotta negli ultimi anni, dai processi<br />

137


<strong>di</strong> decentramento abbia indebolito i comuni capoluogo più poveri, almeno per quanto<br />

riguarda la spesa ambientale.<br />

TABELLA 8.5 - Quota della spesa corrente pro-capite per l’ambiente<br />

(variabile <strong>di</strong>pendente)<br />

(1) (2) (3) (4) (5)<br />

NW 19.77 20.52 7.24 7.59 21.23<br />

(17.05***) (15.55***) (1.25) (1.32) (13.70***)<br />

NE 14.81 15.49 1.85 2.20 16.31<br />

(11.87***) (11.13***) (0.31) (0.37) (9.45***)<br />

CE 20.49 21.15 7.92 8.43 21.78<br />

(16.86***) (16.22***) (1.40) (1.50) (14.85***)<br />

SUD 22.82 23.40 10.33 12.70 22.47<br />

(19.68***) (18.45***) (2.01**) (2.60**) (13.80***)<br />

ISOLE 24.50 25.21 11.82 14.61 23.88<br />

(16.25***) (15.41***) (2.19**) (2.88***) (11.04***)<br />

POP -4.83 -5.20 -5.00 -5.48<br />

(-1.86) (-1.07) (-1.03) (-1.17)<br />

(POP) 2 1.28 1.42 1.44 1.43<br />

(0.64) (0.69) (0.70) (0.71)<br />

IECO -1.40<br />

-0.96<br />

(-1.27)<br />

(-0.87)<br />

IAMB -0.78<br />

-0.44<br />

(-1.24)<br />

(-0.70)<br />

QEP 0.23 0.20<br />

(2.58**) (2.30**)<br />

TRAS 0.01 0.01<br />

(1.57) (1.63)<br />

N. oss. 96 96 96 96 96<br />

R 2<br />

AR 2<br />

0.26 0.28 0.34 0.32 0.28<br />

0.23 0.23 0.26 0.26 0.22<br />

F<br />

8.01 5.66 4.30 5.08 4.31<br />

PROB(F) 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00<br />

Inoltre, desta preoccupazione il fatto che la spesa ambientale pro-capite dei<br />

comuni non appaia collegata in alcun modo né con l’in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> qualità dell’ambiente<br />

né il livello <strong>di</strong> attività economica, che, invece, l’analisi precedente ha mostrato come<br />

significativamente correlati a situazioni <strong>di</strong> degrado ambientale. E’ naturalmente<br />

possibile, come si è già osservato sopra, che, in realtà, la reazione dei comuni ai<br />

fenomeni <strong>di</strong> degrado ambientale avvenga più sul fronte della regolazione che della<br />

spesa; così come è molto probabile che la spesa comunale ambientale sia correlata con<br />

in<strong>di</strong>catori ambientali <strong>di</strong> contenuto <strong>di</strong>verso da quello qui utilizzato. E questo ripropone<br />

con forza il problema della rilevazione <strong>di</strong> dati accurati a livello comunale e della<br />

costruzione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>catori sintetici appropriati per ciascun livello territoriale, pena la<br />

<strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> valutare correttamente l’impatto delle politiche e dei comportamenti delle<br />

autorità locali.<br />

I risultati ottenuti in relazione alla quota della spesa ambientale confermano le<br />

osservazioni precedenti. I comuni con maggiori risorse proprie, data la collocazione<br />

geografica, spendono proporzionalmente <strong>di</strong> più sull’ambiente <strong>di</strong> quanto non facciano<br />

gli altri.<br />

138


8.2.2 La spesa sociale<br />

Infine, le ultime due tabelle riportano i risultati delle regressioni effettuate<br />

utilizzando come variabili <strong>di</strong>pendenti, rispettivamente, la spesa sociale corrente procapite<br />

(tabella 8.6) e la quota della spesa sociale sul totale delle spese correnti (tabella<br />

8.7).<br />

Tabella 8.6 - Spesa sociale corrente pro-capite<br />

(variabile <strong>di</strong>pendente)<br />

(1) (2) (3) (4) (5) (6)<br />

NW 240.51 218.39 165.03 246.14 183.26 216.61<br />

(20.11***) (17.06***) (2.96***) (6.73***) (4.33***) (14.92***)<br />

NE 275.29 254.48 192.75 273.26 210.66 242.23<br />

(21.39***) (18.86***) (3.37***) (7.01***) (5.13***) (14.68***)<br />

CE 173.31 156.98 111.43 186.71 123.58 155.48<br />

(13.82***) (12.41***) (2.05**) (4.92***) (3.07***) (11.71***)<br />

SUD 119.05 101.40 73.85 146.21 91.45 122.36<br />

(9.96***) (8.24***) (1.50) (4.59***) (2.26**) (7.35***)<br />

ISOLE 184.69 163.04 131.47 209.90 160.27 189.04<br />

(11.87***) (10.27***) (2.54**) (6.59***) (3.97***) (8.90***)<br />

POP 151.89 81.78 104.16 119.12 115.27<br />

(3.44***) (1.58) (2.04**) (2.40**) (2.33**)<br />

(POP) 2 -51.38 -31.10 -39.16 -42.41 -42.45<br />

(-2.66***) (-1.52) (-1.92*) (-2.12**) (-2.12**)<br />

IECO 15.37 14.37 9.84 12.80<br />

(1.50) (1.38) (0.91) (1.25)<br />

ISOC 13.45 14.14 11.15 13.73<br />

(1.94*) (2.01**) (1.46) (1.96*)<br />

QANZIANI 1.57<br />

(0.84)<br />

QEP 0.30 -0.60<br />

(0.36) (-0.88)<br />

TRAS 0.12<br />

(1.90*)<br />

N. oss. 96 96 96 96 96 96<br />

R 2<br />

AR 2<br />

0.52 0.58 0.62 0.60 0.60 0.60<br />

0.49 0.55 0.58 0.56 0.56 0.56<br />

F<br />

24.23 20.54 13.90 14.59 14.57 16.36<br />

PROB(F) 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00<br />

Come già sottolineato nel paragrafo 2.2, la capacità <strong>di</strong> spiegazione del modello<br />

relativo alla spesa sociale appare assai più robusta; anche nei modelli più parsimoniosi<br />

in termini <strong>di</strong> variabili esplicative ipotizzate, la varianza spiegata nella spesa sociale procapite<br />

risulta assai elevata per una cross-section, superiore al 50%. Inoltre i coefficienti<br />

delle variabili esplicative appaiono singolarmente robusti e stabili all’inclusione <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>versi regressori; solo la popolazione perde un po’ <strong>di</strong> significatività nei modelli più<br />

complessi, segno che l’andamento positivo (e concavo) della spesa pro-capite alla<br />

popolazione è in parte il risultato <strong>di</strong> altri fattori e non della popolazione in quanto tale.<br />

139


Il livello della spesa sociale è spiegato per il 50% dall’area geografica, con<br />

spesa me<strong>di</strong>a decrescente da Nord a Sud. La percentuale degli anziani non ha effetto<br />

sulla spesa sociale quando si effettuino controlli per altre variabili, mentre l’in<strong>di</strong>catore<br />

<strong>di</strong> sviluppo sociale è positivamente correlato alla spesa, anche tenendo conto <strong>di</strong> tutte le<br />

altre variabili. Non è significativo l’in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> sviluppo economico. Per quanto<br />

riguarda, invece, le variabili relative alle entrate, i trasferimenti pro-capite hanno un<br />

effetto <strong>di</strong>retto e significativo sulle spese sociali come atteso (un effetto <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to);<br />

d’altra parte, la percentuale delle entrate proprie sul totale delle entrate non ha nessun<br />

effetto <strong>di</strong>scernibile.<br />

Tabella 8.7 - Quota della spesa sociale sul totale della spesa corrente<br />

(variabile <strong>di</strong>pendente)<br />

(1) (2) (3) (4) (5)<br />

NW 29.32 29.76 34.20 34.99 28.38<br />

(25.10***) (22.35***) (5.80***) (5.90***) (18.74***)<br />

NE 32.39 32.73 36.83 38.23 30.74<br />

(25.77***) (23.31***) (6.10***) (6.29***) (17.86***)<br />

CE 22.00 22.53 27.72 27.87 21.64<br />

(17.96***) (17.13***) (4.82***) (4.80***) (15.64***)<br />

SUD 18.37 18.67 25.37 22.71 20.61<br />

(15.72***) (14.60***) (4.87***) (4.51***) (11.88***)<br />

ISOLE 25.75 26.12 33.00 29.79 28.61<br />

(16.95***) (15.82***) (6.01***) (5.68***) (12.91***)<br />

POP -2.26 -2.89 -3.34 -1.10<br />

(-0.49) (-0.53) (-0.67) (-0.21)<br />

(POP) 2 0.01 0.18 0.31 -0.33<br />

(0.004) (0.08) (0.15) (-0.16)<br />

IECO 2.34<br />

2.07<br />

(2.17**)<br />

(1.95*)<br />

ISOC 0.26<br />

0.18<br />

(0.35)<br />

(0.24)<br />

QEP -0.11 -0.09<br />

(-1.30) (-1.06)<br />

TRAS -0.0009 -0.0017<br />

(-0.14) (-0.27)<br />

N. oss. 96 96 96 96 96<br />

R 2<br />

AR 2<br />

0.49 0.50 0.53 0.50 0.52<br />

0.46 0.46 0.47 0.46 0.47<br />

F<br />

21.56 14.60 9.58 11.03 11.67<br />

PROB(F) 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00<br />

L’analisi della quota della spesa sociale sul totale della spesa replica almeno in<br />

parte i risultati già ottenuti per i livelli, sebbene si riduca la capacità <strong>di</strong> spiegazione del<br />

modello.<br />

Anche in questo caso, la variabile territoriale è molto significativa e spiega il<br />

46% della varianza. La quota della spesa decresce da Nord a Sud, per risalire nelle<br />

Isole. Questo risultato resta valido in tutti gli esercizi effettuati. A <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> prima,<br />

però, il livello <strong>di</strong> sviluppo economico conta ed è positivamente correlato con la quota <strong>di</strong><br />

spesa sociale; il coefficiente è robusto e significativo in ogni possibile combinazione <strong>di</strong><br />

140


variabili e controlli. Le altre variabili non sono significative, incluse popolazione,<br />

percentuale <strong>di</strong> anziani e in<strong>di</strong>catore sociale. Non sono significativi neanche gli in<strong>di</strong>catori<br />

<strong>di</strong> bilancio, che appaiono comunque sempre con segno negativo.<br />

Nel complesso, l’immagine che ne deriva è abbastanza chiara. Comuni collocati<br />

in zone del Paese più ricche spendono <strong>di</strong> più per il sociale sia in valore assoluto che in<br />

termini relativi, anche per effetto del <strong>di</strong>verso livello <strong>di</strong> attività economica. E’<br />

interessante notare che questi effetti non passano attraverso il bilancio del comune, non<br />

sono dovuti cioè ad un semplice effetto <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to sulla composizione della spesa (le<br />

attività sociali sono beni <strong>di</strong> lusso che vengono acquistati in misura maggiore dai comuni<br />

più ricchi <strong>di</strong> risorse proprie). Al contrario, controllando per l’in<strong>di</strong>catore dell’attività<br />

economica e l’area geografica, non c’è evidenza che i comuni con maggiori<br />

<strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> risorse proprie spendano proporzionalmente <strong>di</strong> più in attività sociali.<br />

In altri termini, comuni collocati in zone più ricche del paese spendono <strong>di</strong> più per il<br />

sociale, ma non perché siano più ricchi <strong>di</strong> risorse proprie; i comuni sembrano cioè<br />

reagire a richieste che provengono dalla società, in<strong>di</strong>pendentemente dagli effetti me<strong>di</strong>ati<br />

sul proprio bilancio dal livello dell’attività economica.<br />

8.3 Una valutazione complessiva<br />

Dal collegamento dei risultati delle stime delle relazioni tra in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong><br />

sviluppo e componenti della spesa comunale, emerge dunque un quadro interessante,<br />

che dovrà essere confermato da future ricerche supportate da banche dati più robuste,<br />

che consentano anche la costruzione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sviluppo appropriati per ciascuna<br />

<strong>di</strong>mensione locale dello sviluppo sostenibile. In sintesi:<br />

(1) Da un lato, c’è evidenza che livelli più elevati <strong>di</strong> attività economica, una<br />

volta controllati gli effetti <strong>di</strong> altre variabili che confondono le relazioni<br />

fondamentali, producano sia esternalità ambientali negative che esternalità<br />

sociali negative. In altre parole, coeteris paribus, le aree più ricche pagano<br />

un costo per la loro maggiore ricchezza in termini <strong>di</strong> una riduzione della<br />

qualità degli altri due in<strong>di</strong>catori dello sviluppo, quello sociale e quello<br />

ambientale.<br />

(2) C’è inoltre evidenza che, <strong>di</strong> nuovo controllando per gli effetti delle altre<br />

variabili, l’area geografica abbia un forte impatto in<strong>di</strong>pendente sulla qualità<br />

ambientale. In altre parole, a parità <strong>di</strong> livelli <strong>di</strong> sviluppo economico, i<br />

comuni del Sud sono caratterizzati da gra<strong>di</strong> più bassi <strong>di</strong> qualità ambientale.<br />

Questo è particolarmente vero per le Isole.<br />

(3) Invece, c’è minore evidenza <strong>di</strong> una <strong>di</strong>pendenza dell’in<strong>di</strong>ce sociale dal<br />

territorio, sebbene sia ancora vero che, a parità <strong>di</strong> attività economica, i<br />

comuni del Sud abbiano una dotazione <strong>di</strong> capitale sociale minore <strong>di</strong> quella <strong>di</strong><br />

altre zone del Paese.<br />

(4) Infine, non c’è evidenza <strong>di</strong> un impatto <strong>di</strong>retto della popolazione (che qui può<br />

essere anche considerata come una proxy della densità, in quanto i comuni<br />

141


più gran<strong>di</strong> sono anche quelli caratterizzati da una densità urbana maggiore)<br />

sull’in<strong>di</strong>catore ambientale. Le variabili esplicative relative alla popolazione<br />

perdono <strong>di</strong> significato una volta che si controlli per l’effetto delle altre<br />

variabili sui due in<strong>di</strong>catori considerati.<br />

(5) Invece, c’è un effetto <strong>di</strong>retto della popolazione sull’in<strong>di</strong>catore sociale; a<br />

parità <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni, comuni con <strong>di</strong>mensioni più ampie hanno maggiori<br />

dotazioni <strong>di</strong> capitale sociale, sebbene l’effetto non sia lineare. Conta anche la<br />

composizione della popolazione; comuni con una quota <strong>di</strong> anziani più<br />

elevata sono anche caratterizzati da un più elevato grado <strong>di</strong> sviluppo sociale.<br />

Da questo punto <strong>di</strong> vista, le stime che generalmente suggeriscono una più<br />

alta qualità della vita nei comuni <strong>di</strong> me<strong>di</strong>o-piccole <strong>di</strong>mensioni, non sono<br />

confermate dalla nostra ricerca, almeno per quanto riguarda l’aspetto<br />

ambientale e sociale. Può darsi benissimo che si viva meglio nei comuni <strong>di</strong><br />

me<strong>di</strong>e <strong>di</strong>mensioni, ma non per un effetto <strong>di</strong>retto <strong>di</strong> un più elevato livello <strong>di</strong><br />

sviluppo ambientale e sociale.<br />

(6) Invece, e sorprendentemente, resta un effetto <strong>di</strong>retto, robusto e negativo<br />

della popolazione, anche controllando per le altre variabili, sull’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />

sviluppo economico. “Piccolo è bello”, dunque, ma solo per quanto riguarda<br />

lo sviluppo economico. La realtà italiana dei <strong>di</strong>stretti industriali viene<br />

imme<strong>di</strong>atamente alla mente come possibile spiegazione.<br />

A fronte <strong>di</strong> questa evidenza empirica, che può essere interpretata prima facie<br />

anche come una domanda <strong>di</strong> servizi che la società esprime alle autorità pubbliche, come<br />

reagiscono i comuni italiani?<br />

(1) Non c’è evidenza che la spesa comunale ambientale pro-capite o la<br />

percentuale <strong>di</strong> spesa ambientale sul totale risponda ad in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> bisogno<br />

o <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to. Nonostante la qualità ambientale degra<strong>di</strong> al crescere dell’attività<br />

economica, questa componente non influenza in alcun modo il livello della<br />

spesa pro-capite o la quota <strong>di</strong> spesa ambientale dei comuni, comunque li si<br />

misuri. Rispetto alla componente territoriale, i comuni ricchi del Nord<br />

appaiono ad<strong>di</strong>rittura spendere proporzionalmente <strong>di</strong> meno per l’ambiente <strong>di</strong><br />

quelli poveri del Sud, nonostante la qualità dell’ambiente peggiori nelle aree<br />

a maggior sviluppo economico.<br />

(2) D’altra parte, non c’è neppure evidenza che la qualità dell’ambiente <strong>di</strong>penda<br />

dalla spesa comunale ambientale, così come definita in questo lavoro.<br />

L’analisi del problema è inficiata naturalmente da problemi <strong>di</strong> simultaneità e<br />

<strong>di</strong> identificazione delle relazioni, che non è possibile risolvere con i limiti<br />

della nostra banca dati. Tuttavia, la relazione tra spesa ambientale e<br />

in<strong>di</strong>catore ambientale se c’è è debole e controversa. Possibili spiegazioni<br />

vanno cercate, oltre che nei limiti della banca dati, nell’impatto limitato che<br />

la spesa in quanto tale può avere sull’ambiente, a <strong>di</strong>fferenza, per esempio,<br />

dell’attività <strong>di</strong> regolamentazione.<br />

142


(3) Invece, c’è qualche relazione tra spesa sociale dei comuni e in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong><br />

sviluppo sociale. L’impatto della spesa sociale comunale sull’in<strong>di</strong>catore<br />

sociale risulta non significativo, ma l’in<strong>di</strong>catore sociale influenza<br />

positivamente la spesa in ambito sociale. Anche qui ci possono essere<br />

problemi <strong>di</strong> simultaneità, ma probabilmente meno seri del previsto, in quanto<br />

risulta che, mentre l’in<strong>di</strong>catore ambientale non è influenzato dalla spesa, la<br />

spesa ambientale (una volta controllata per altre variabili che<br />

ragionevolmente influenzano la spesa ma non l’in<strong>di</strong>catore) è influenzata<br />

dall’in<strong>di</strong>catore.<br />

(4) Infine, la spesa sociale è fortemente associata all’area geografica; comuni<br />

collocati in zone più ricche spendono più per il sociale, e a parità <strong>di</strong><br />

ricchezza, i comuni del Sud spendono meno per il sociale. In altri termini,<br />

mentre l’attività economica produce maggiori esternalità negative sia sul<br />

piano sociale sia sul pianoambientale, la risposta dei comuni del Nord è<br />

essenzialmente sul lato sociale.<br />

(5) Infine, c’è qualche evidenza che gli aspetti relativi al finanziamento<br />

influenzino la spesa dei comuni, in particolare per quel che riguarda la<br />

spesa ambientale. Il livello delle risorse naturalmente influenza la spesa; a<br />

entrate più elevate corrispondono naturalmente spese più elevate e i comuni<br />

più ricchi del Nord spendono complessivamente più <strong>di</strong> quelli del Sud.<br />

Tuttavia, anche la composizione della spesa appare influenzata dalle<br />

caratteristiche delle entrate. In particolare, al netto dell’effetto dell’area<br />

geografica, i comuni più ricchi <strong>di</strong> risorse proprie appaiono spendere <strong>di</strong> più<br />

per la spesa ambientale, mentre questo effetto è inesistente per la spesa<br />

sociale.<br />

143


LEGENDA DEI REGRESSORI<br />

NW = nord-ovest<br />

NE = nord-est<br />

CE = centro<br />

SUD = sud<br />

ISOLE = isole<br />

POP = popolazione<br />

(POP) 2 = popolazione al quadrato<br />

IECO = in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> sviluppo economico<br />

ISOC = in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> sviluppo sociale<br />

IAMB = in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> sviluppo ambientale<br />

SAMB = spesa corrente pro-capite per l’ambiente<br />

QAMB = quota della spesa corrente ambientale sul totale delle spese correnti<br />

PR = dummy che assume valore 0 se il comune non ha un piano regolatore; valore 1 se<br />

il piano regolatore è attuato<br />

QANZIANI = percentuale della popolazione residente con età superiore ai 65 anni<br />

SOC = spesa corrente pro-capite per il sociale<br />

QSOC = quota della spesa corrente sociale sul totale delle spese correnti<br />

QAB = posti <strong>di</strong>sponibili negli asili nido comunali sul totale dei bambini fino a tre anni<br />

SCORR = spese correnti pro-capite<br />

SCAP = spese in conto capitale pro-capite<br />

QEP = quota delle entrate proprie sul totale delle entrate<br />

TRAS = trasferimenti correnti pro-capite<br />

144


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- Tiezzi E., Marchettini N., 1999, Che cos’è lo Sviluppo Sostenibile? Le basi scientifiche<br />

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- Zani S., 2000, Analisi dei dati statistici, Giuffrè, Milano.<br />

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DOCUM<strong>ENTI</strong><br />

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- 1993, Delibera CIPE del 28/12/93, Il Piano Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile<br />

dell’Italia.<br />

- 1994, La Carta <strong>di</strong> Aalborg, Carta delle Città Europee per uno Sviluppo Durevole e<br />

Sostenibile, Danimarca 27/05/94.<br />

- 1996, Il Piano d’Azione <strong>di</strong> Lisbona: dalla Carta all’Azione.<br />

- 1999, Coor<strong>di</strong>namento Agende 21 Locali Italiane, La Carta <strong>di</strong> Ferrara (Nascita ufficiale del<br />

‘Coor<strong>di</strong>namento Agende 21 Locali Italiane’), Ferrara.<br />

- 1999, Conferenza sulle Agende 21 Locali, Documento <strong>di</strong> Firenze, 10 settembre.<br />

- 2000, L’Appello <strong>di</strong> Hannover delle Autorità Locali alle Soglie del 21° secolo, Conferenza<br />

febbraio 2000.<br />

- 2000, Coor<strong>di</strong>namento Italiano Agende 21 Locali, Statuto dell’Associazione Coor<strong>di</strong>namento<br />

A21L Italiane (approvato nell’assemblea <strong>di</strong> Bologna del 20.9.2000, prima variazione<br />

apportata durante l’assemblea <strong>di</strong> Roma del 26.01.2001), consultabile presso il sito<br />

http://www.provincia.fe.it/agenda21/documenti/Statuto.rtf<br />

SITI INTERNET<br />

- www.cirps.it<br />

- www.sustainablemeasures.com/SM/index.html<br />

- www.feem.it/web/index.html<br />

- http://www.ocs.polito.it/citta_t.htm<br />

- http://www.comune.modena.it/~a21italy/cartaferrara.html<br />

http://www.comune.firenze.it/Agende21Toscana/12sivig.htm<br />

- http://europa.eu.int/eur-lex/it/com/cnc/2001/com2001_0428it02.pdf<br />

- http://www.regione.emilia-romagna.it/programmambiente/interventi/260901.doc<br />

- www.a21italy.net/LINEEGUI<br />

- www.infrastrutturetrasporti.it<br />

- www.ced.llpp.it<br />

- www.undp.org<br />

- www.istat.it<br />

- www.emeral<strong>di</strong>nsight.com<br />

- www.mse.ac.in<br />

152


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