Il Centro Cardinal Ferrari nella rete GRACER
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<strong>Il</strong> Medico risponde<br />
14<br />
LE VOSTRE DOMANDE<br />
<strong>Il</strong> risveglio, una parola non tecnica<br />
Quali stimoli possono essere di aiuto per uscire dallo stato vegetativo<br />
Mio marito è in stato vegetativo.<br />
Serve fargli sentire le<br />
cassette registrate con la voce<br />
di nostra figlia piccola?<br />
Non ci sono, allo stato attuale<br />
prove scientifiche né a<br />
favore dell’utilità di somministrare<br />
qualunque forma di<br />
stimolazione sensoriale ad un<br />
paziente in coma o in stato<br />
vegetativo profondo (SV) né<br />
a dimostrazione di una loro<br />
nocività.<br />
In questa condizione può<br />
quindi prevalere un principio<br />
di “economia” e di buon senso,<br />
per cui si evita di fare tutto<br />
quanto non si sia dimostrato<br />
risultare di qualche utilità.<br />
<strong>Il</strong> discorso diviene più complesso<br />
quando ci si trovi di<br />
fronte a un paziente che inizia<br />
ad avere i primi segni, incostanti<br />
e molto esauribili nel<br />
tempo, di recupero di contatto.<br />
In questo contesto diventano<br />
utili le conoscenze scientifiche<br />
nell’ambito della patologia dei<br />
processi attentivi.<br />
Un paziente in fase di ripresa<br />
di contatto è un soggetto con<br />
una fragilità enorme di risorse<br />
attentive: riesce a fatica a focalizzare<br />
la propria attenzione<br />
su una fonte di stimolo (un<br />
suono, una voce, una persona<br />
in movimento), fa fatica a isolare<br />
lo stimolo dai rumori, dai<br />
suoni, dalle stimolazioni tutte<br />
dell’ambiente che lo circonda<br />
ed è totalmente distraibile da<br />
stimoli non significativi; esaurisce<br />
la capacità di prestare<br />
attenzione allo stesso tipo<br />
di stimolazione dopo pochi<br />
secondi o minuti; risente in<br />
modo estremamente negativo<br />
di piccole fonti di disturbo anche<br />
fisico come la sensazione<br />
In cammino<br />
di dolore ad un arto o per qualche<br />
tubo artificiale (es. cannula<br />
tracheale, peg, sondino nasogastrico,<br />
con cui deve essere<br />
curato, dolore viscerale come<br />
la vescica piena, fame e sete).<br />
In questa situazione clinica appare<br />
significativo e “curativo”<br />
ai fini di un miglior recupero di<br />
contatto con l’ambiente il fatto<br />
di cercare di creare intorno al<br />
paziente un ambiente tranquillo,<br />
abbastanza silenzioso,<br />
possibilmente riducendo al<br />
minimo le stimolazioni potenziali<br />
fonti di fastidio/dolore.<br />
In tale contesto può allora<br />
risultare utile proporre delle<br />
stimolazioni molto controllate<br />
e dosate, <strong>nella</strong> quantità (brevi<br />
stimolazioni e lunghe pause)<br />
<strong>nella</strong> qualità, scegliendo sia<br />
il contatto fisico che la voce<br />
come strumenti di relazione<br />
con il paziente.<br />
Come tutte le vere relazioni<br />
occorre che ci sia una reale<br />
interazione, il cui ruolo attivo<br />
è purtroppo delegato per la<br />
più parte al familiare e/o all’operatore:<br />
a loro il compito<br />
di verificare la disponibilità<br />
del paziente al contatto e la<br />
comparsa di segni di fatica/<br />
rifiuto che impongono massimo<br />
rispetto, siano essi espressi<br />
con segni fisici di fatica, con assenza<br />
di contatto del paziente<br />
o con comparsa di agitazioneirrequietezza.<br />
Occorre inoltre considerare che<br />
in un gran numero di pazienti<br />
in SV non è possibile escludere<br />
a priori, in base alla sede della<br />
lesione cerebrale, la possibilità<br />
che coesista un disturbo della<br />
competenza a comunicare attraverso<br />
la parola (afasia).<br />
Qualora ci sia afasia con compromissione<br />
anche della capa-<br />
cità di comprendere il linguaggio<br />
verbale, un contatto solo<br />
verbale, come il messaggio<br />
affidato alla cassetta registrata,<br />
potrebbe non risultare neanche<br />
comprensibile al nostro<br />
paziente.<br />
Esiste infine la possibilità che<br />
i nostri pazienti traumatizzati<br />
presentino un disturbo importante<br />
della loro memoria<br />
“episodica” cioè degli eventi<br />
capitati durante la loro vita.<br />
Questo disturbo risulta particolarmente<br />
grave in molti dei<br />
pazienti subito dopo la loro ripresa<br />
di contatto con l’ambiente,<br />
per poi ridursi almeno in<br />
parte, e interessa in modo più<br />
massiccio gli eventi più recenti<br />
e vicini al trauma, rispetto ai<br />
fatti remoti della loro infanzia<br />
e prima giovinezza. In queste<br />
condizioni la voce registrata<br />
della piccola figlia nata da<br />
poco più di un anno potrebbe<br />
non evocare nessuno ricordo<br />
significativo<br />
Date queste premesse appare<br />
evidente che lo strumento<br />
“ascolto di cassetta pre-registrata”<br />
è <strong>nella</strong> migliore delle<br />
ipotesi grossolano ed inutile e<br />
<strong>nella</strong> peggiore anche parzialmente<br />
dannoso.<br />
Al contrario il familiare deve<br />
essere inserito nel team riabilitativo<br />
e partecipare in modo<br />
organico al programma strutturato<br />
di rinforzo della relazione<br />
con il paziente; la valenza<br />
affettiva ed emotiva del suo<br />
contatto, la sua antica conoscenza<br />
con il paziente possono<br />
costituire, se ben gestite dal<br />
coordinatore del team, una<br />
fonte terapeutica preziosa.<br />
Dr. Antonio De Tanti<br />
(direttore clinico CCF)<br />
Ottobre 2007