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SPECIALIZZAZIONE PRODUTTIVA E STRUTTURA<br />

DIMENSIONALE DELLE IMPRESE: COME SPIEGARE LA<br />

LIMITATA ATTIVITÀ DI RICERCA DELL’INDUSTRIA<br />

ITALIANA<br />

di<br />

Giovanni <strong>Foresti</strong><br />

Dicembre 2002 CSC Working Paper n. 32


SPECIALIZZAZIONE PRODUTTIVA E STRUTTURA<br />

DIMENSIONALE DELLE IMPRESE: COME SPIEGARE LA<br />

LIMITATA ATTIVITÀ DI RICERCA DELL’INDUSTRIA<br />

ITALIANA<br />

Giovanni <strong>Foresti</strong><br />

Centro Studi <strong>Confindustria</strong><br />

Viale dell’Astronomia, 30<br />

00144 Roma<br />

Tel. 06-5903523<br />

Fax. 06-5918348<br />

E-mail: g.foresti@confindustria.it


Abstract<br />

This paper aims at understanding the role of the particular structure of<br />

the Italian manufacturing industry in affecting the amount of resources<br />

invested in R&D in Italy. Althought it is well known that the Italian<br />

manufacturing industry is characterised by a peculiarly high wheight of<br />

small enterprises and industrial sectors whose production requires<br />

technologies operated by low skilled workers, so far no attempt has been<br />

done to “measure” the effect of these factors on the amount of resouces<br />

invested in R&D. In this work it is shown that by taking the particular<br />

structure of the Italian manufacturing industry into account, the Italian<br />

R&D increases but still remains lower than that invested in the main<br />

advanced countries.<br />

Keywords: R&D, structure of manufacturing industry.<br />

JEL Classification: O30, L11, L16, L60.<br />

Questo lavoro deve molto ai suggerimenti di Paolo Annunziato, Giulio de<br />

Caprariis, Sergio de Nardis, Ciro Rapacciuolo, Anna Ruocco, Giuseppe<br />

Schlitzer, Grazia Sgarra, Alessandro Terzulli e Fabrizio Traù.


Indice<br />

1. Introduzione........................................................................ 5<br />

2.<br />

3.<br />

Le risorse dedicate all’attività di Ricerca e Sviluppo in<br />

Italia.................................................................................... 6<br />

Alcune cause della limitata attività di R&S in Italia: le<br />

differenze nella struttura dimensionale e settoriale............ 9<br />

4.<br />

Come varia la R&S in Italia al variare della struttura<br />

produttiva e dimensionale: una simulazione.......................<br />

11<br />

5. Come scomporre il divario italiano.................................... 14<br />

6. Altre cause della limitata ricerca e sviluppo in Italia......... 17<br />

7. Conclusioni......................................................................... 19<br />

Tabelle........................................................................................ 21<br />

Appendice 1............................................................................... 27<br />

Appendice 2............................................................................... 30<br />

Appendice 3............................................................................... 32<br />

Riferimenti bibliografici............................................................. 38


1. Introduzione<br />

L’economia italiana presenta una bassa intensità di ricerca e<br />

sviluppo (R&S) rispetto agli altri paesi industrializzati. È opinione<br />

diffusa che l’Italia investa poche risorse in R&S per ragioni di ordine<br />

strutturale. Rispetto agli altri paesi avanzati infatti la struttura produttiva<br />

italiana mostra una maggiore presenza in industrie “tradizionali” e - in<br />

parte per questa stessa ragione - un peso particolarmente elevato di<br />

imprese di piccola dimensione in cui l’attività innovativa è<br />

principalmente di tipo incrementale e svolta in modo non formalizzato<br />

(Malerba 1987).<br />

Questo lavoro muove da una breve descrizione dell’attività di<br />

R&S, la inquadra nel contesto delle tendenze in atto a livello<br />

internazionale, e successivamente fornisce una misura di quanto i risultati<br />

osservati effettivamente dipendano dal tipo di specializzazione settoriale<br />

dell’industria italiana e dalla forte presenza – in tutte le produzioni – di<br />

imprese di piccola dimensione.<br />

In passato un tentativo di questo tipo è stato fatto presso il Centro<br />

Studi <strong>Confindustria</strong> (1995) con riferimento al periodo 1988-1992. In quel<br />

lavoro, allo scopo di evidenziare il peso della diversa specializzazione<br />

produttiva, la spesa in ricerca e sviluppo veniva ricalcolata utilizzando<br />

una struttura settoriale comune tra paesi (la struttura produttiva che<br />

caratterizzava tra il 1988 e il 1992 i paesi Ocse). I risultati di quella<br />

ricerca mostravano che la spesa in R&S così ricalcolata era più elevata in<br />

quei paesi in cui il peso dei settori tradizionali era maggiore. Era questo il<br />

caso dell’Italia, in cui l’investimento in R&S modificato corrispondeva a<br />

quasi il doppio di quello osservato. Le simulazioni di quel lavoro<br />

evidenziavano quindi che il ritardo tecnologico delle imprese italiane che<br />

emergeva dal confronto delle risorse destinate alla R&S, si riduceva<br />

quando veniva considerato non in termini assoluti, ma relativi alla<br />

specializzazione produttiva. Se ne deduceva che la possibilità di<br />

aumentare l’intensità di ricerca nel nostro paese era condizionata dallo<br />

5


“spostamento” della struttura produttiva verso settori a tecnologia alta e<br />

medio-alta.<br />

È però opinione diffusa che le risorse investite in R&S siano<br />

influenzate, oltre che dalla particolare specializzazione produttiva, anche<br />

dalla dimensione (si assume cioè che la spesa in R&S in percentuale del<br />

valore aggiunto sia maggiore nelle imprese più grandi). Questo lavoro<br />

isola contemporaneamente gli effetti sia della struttura settoriale che di<br />

quella dimensionale, e fornisce una misura dell’impatto della particolare<br />

struttura produttiva e dimensionale italiana sul deficit di ricerca.<br />

2. Le risorse dedicate all’attività di Ricerca e Sviluppo in Italia<br />

Nel 1998 in Italia la spesa in R&S 1 intramural, vale a dire la<br />

ricerca effettuata dalle imprese e dagli enti pubblici con personale e<br />

attrezzature propri, è stata pari a 11.431 milioni di euro. Circa la metà di<br />

tale attività di R&S (48,4%) è stata svolta all’interno delle imprese; il<br />

restante 51,6% è stato effettuato dal settore pubblico: università (31,5%),<br />

enti pubblici di ricerca e altre istituzioni pubbliche (20,1%). Gran parte<br />

della spesa in R&S delle imprese si è concentrata nell’Italia settentrionale<br />

e centrale (92%, e in particolare il 34% in Lombardia e il 23% in<br />

1 L’attività di R&S è definita dall’Ocse (1994), nel “Manuale di Frascati”, come<br />

“il complesso di lavori creativi intrapresi in modo sistematico sia per accrescere<br />

l’insieme delle conoscenze, sia per utilizzare tali conoscenze in nuove<br />

applicazioni”. Essa viene distinta in: a) ricerca di base ovvero lavoro<br />

sperimentale o teorico intrapreso principalmente per acquisire nuove conoscenze<br />

sui fondamenti dei fenomeni e dei fatti osservabili, non finalizzato ad una<br />

specifica applicazione; b) ricerca applicata ovvero lavoro originale intrapreso al<br />

fine di acquisire nuove conoscenze e finalizzato anche e principalmente ad una<br />

pratica e specifica applicazione; c) sviluppo sperimentale ovvero lavoro<br />

sistematico basato sulle conoscenze esistenti acquisite attraverso la ricerca e<br />

l’esperienza pratica, condotta al fine di completare, sviluppare o migliorare<br />

materiali, prodotti e processi produttivi, sistemi e servizi.<br />

6


Piemonte); nel Mezzogiorno il settore privato ha speso solamente l’8%<br />

dell’ammontare nazionale totale. Le differenze territoriali sono meno<br />

evidenti nel settore pubblico dove il contributo del Mezzogiorno è pari al<br />

14% 2 .<br />

Il confronto internazionale con i paesi più industrializzati mostra<br />

che nel 1998 3 la spesa in R&S in percentuale del Pil in Italia è stata pari<br />

all’1,07% circa, ovvero meno della metà della ricerca realizzata in<br />

Francia, in Germania, in Giappone e negli Stati Uniti e poco più della<br />

metà di quella effettuata nel Regno Unito (sesta colonna della tab. 1). Per<br />

capire le ragioni di queste differenze è utile scomporre la spesa in R&S in<br />

quattro componenti: la percentuale del Pil investita in ricerca dalle<br />

imprese, dal settore pubblico (enti pubblici di ricerca e altre istituzioni<br />

pubbliche), dalle università e dalle società non-profit. Dalla tabella 1 è<br />

evidente che il deficit di ricerca caratterizza tutti i soggetti “italiani” per i<br />

quali si disponga di dati 4 .<br />

2 Queste indicazioni devono essere valutate in relazione alla distribuzione<br />

territoriale dell'offerta: alla data del Censimento intermedio del 1996, le unità<br />

localizzate nel Mezzogiorno e i loro addetti corrispondevano rispettivamente al<br />

27,8% e al 20,9% del totale.<br />

3 I confronti sono stati realizzati utilizzando le statistiche fornite dall’Ocse<br />

(1999) e dai vari istituti di statistica nazionale. Per quanto riguarda il valore<br />

aggiunto nei vari settori economici si è utilizzata la banca dati Stan dell’Ocse. I<br />

dati a disposizione hanno permesso di realizzare un confronto internazionale per<br />

il 1998 (per la Germania e il Regno Unito si sono utilizzati i dati del 1997,<br />

mentre per il Giappone l’anno considerato è stato il 1999). Il diverso periodo di<br />

riferimento non dovrebbe creare problemi all’analisi visto che nel breve periodo<br />

questi dati variano solo lievemente.<br />

4 Per la Germania e l’Italia non sono disponibili i dati relativi alle società nonprofit.<br />

Questi soggetti svolgono un ruolo marginale in Francia e nel Regno<br />

Unito, mentre hanno un’importanza maggiore in Giappone e negli Stati Uniti.<br />

7


In particolare:<br />

i. in Italia il settore pubblico e le università investono in ricerca lo<br />

0,55% del Pil, una percentuale in linea con quelle del Regno Unito e<br />

degli Stati Uniti ma inferiore rispetto a quella della Francia, della<br />

Germania e del Giappone;<br />

ii. le imprese italiane investono in ricerca solo lo 0,52% del Pil, a<br />

fronte di percentuali che negli altri paesi variano dall’1,19% del Regno<br />

Unito al 2,07% del Giappone.<br />

Di particolare interesse è l’analisi dell’influenza dei finanziamenti<br />

pubblici 5 sulla ricerca realizzata dalle imprese. La tabella 2 (terza<br />

colonna) mostra che l’Italia, dopo il Giappone, è il paese dove gli<br />

incentivi pubblici alla R&S in percentuale del Pil sono più bassi: lo<br />

0,07% contro lo 0,14% della Germania o lo 0,28% degli Stati Uniti. Se si<br />

guarda tuttavia al livello degli incentivi in percentuale della spesa in<br />

ricerca effettivamente realizzata dalle imprese, allora i valori relativi<br />

all’Italia risultano intorno al 14%, non discostandosi di molto dai livelli<br />

registrati negli altri paesi in esame.<br />

Rilevanti differenze tra l’Italia e gli altri paesi emergono qualora si<br />

consideri solamente la R&S realizzata e finanziata dalle imprese<br />

(seconda colonna della tab. 2): a fronte dello 0,42% del Pil investito in<br />

ricerca in Italia, negli altri paesi considerati questa variabile assume<br />

valori che vanno dallo 0,84% del Regno Unito al 2,03% del Giappone.<br />

È anche possibile distinguere la spesa in R&S realizzata dalle<br />

imprese manifatturiere da quella effettuata dalle imprese non<br />

manifatturiere (tab. 3) 6 . In tutti i paesi, e anche in Italia, la maggior parte<br />

della ricerca privata è svolta dal settore manifatturiero; è dunque in<br />

5 All’interno dei finanziamenti dello Stato alla R&S realizzata dalle imprese<br />

rientrano le varie leggi di incentivazione alla ricerca.<br />

6 Tra le società non manifatturiere vi sono quelle della fornitura di gas, di<br />

elettricità e di acqua, delle costruzioni e dei servizi.<br />

8


questo settore che si concentra la quota (in termini assoluti) più rilevante<br />

del deficit dell’Italia rispetto agli altri paesi 7 .<br />

Dunque, si può affermare che gran parte della differenza negativa<br />

fra la spesa in R&S in percentuale del Pil dell’Italia e quella del resto dei<br />

paesi considerati sia attribuibile alla bassa R&S realizzata e finanziata<br />

dalle imprese manifatturiere. Ad analoghe conclusioni si può giungere<br />

rapportando la spesa in R&S delle imprese manifatturiere al loro valore<br />

aggiunto (seconda colonna della tab. 3) 8 .<br />

3. Alcune cause della limitata attività di R&S in Italia: le<br />

differenze nella struttura dimensionale e settoriale<br />

La più bassa quota del valore aggiunto investita in ricerca dalle<br />

imprese manifatturiere italiane può essere dovuta alla particolare<br />

specializzazione produttiva dell’Italia, che si caratterizza per un più basso<br />

peso dei settori ad alta intensità di ricerca. I settori “tradizionali” sono<br />

basati su tecnologie relativamente consolidate che danno luogo a<br />

innovazioni incrementali, e pertanto non corrispondenti a rilevanti<br />

7 Solo in Germania e in Giappone le imprese non manifatturiere investono in<br />

R&S una quota del Pil simile a quella italiana. In particolare le imprese non<br />

manifatturiere rivestono una grossa importanza negli Stati Uniti dove<br />

rappresentano il 29% circa della R&S realizzata dalle imprese. All’interno di<br />

questi settori, si distingue per l’alta intensità di ricerca il settore della ricerca e<br />

sviluppo: ciò non deve sorprendere visto che la ricerca rappresenta il prodotto di<br />

questo settore e non solo un mezzo per migliorare il processo produttivo o la<br />

produzione.<br />

8 L’utilizzo del Pil può generare distorsioni nei risultati dovute al diverso peso<br />

del settore manifatturiero nell’economia dei vari paesi. Per questo motivo d’ora<br />

in avanti l’analisi del settore manifatturiero verrà realizzata utilizzando il valore<br />

aggiunto e non il Pil.<br />

9


progetti formalizzati di ricerca come invece avviene in altri settori<br />

produttivi 9 .<br />

Un’altra spiegazione può essere ricercata nel maggior peso della<br />

piccola impresa 10 . Gli investimenti in ricerca sembrano, infatti,<br />

maggiormente sopportabili dalle imprese di grandi dimensioni, in quanto<br />

le caratteristiche di costo fisso di molti progetti di R&S implicano che<br />

essi diventino profittevoli solo se i loro risultati possono essere sfruttati<br />

su scale produttive adeguatamente ampie. Inoltre le imprese più grandi<br />

hanno in generale maggiori capacità di finanziare la spesa in R&S 11 .<br />

A questo riguardo è tuttavia importante osservare che una struttura<br />

dimensionale più frammentata non comporta di per sé una minore<br />

quantità di risorse destinate alla ricerca a livello aggregato: infatti nella<br />

misura in cui la frammentazione è semplicemente il risultato di una più<br />

pronunciata divisione del lavoro tra le imprese (anziché dentro<br />

l’impresa) 12 , la dimensione ridotta riflette semplicemente una diversa<br />

modalità di organizzazione della struttura produttiva, alla quale può<br />

benissimo corrispondere, da un punto di vista teorico, una concentrazione<br />

dell’attività di ricerca nelle imprese più grandi. A titolo esemplificativo:<br />

se da un’impresa con più di 1.500 addetti che opera nel settore X si<br />

formano cinque imprese con 100 addetti e una con più di 1.000, l’impresa<br />

maggiore continuerà a investire in ricerca (rendendo disponibili alle altre<br />

imprese i risultati di tale investimento) le stesse risorse che<br />

precedentemente venivano destinate alla R&S dall’impresa con più di<br />

1.500 addetti. Poiché a parità di valore aggiunto del settore X, il valore<br />

aggiunto dell’impresa con più di 1.000 addetti è inferiore a quello<br />

9 In effetti dalle tabelle contenute nell’Appendice 3 emerge che l’intensità di<br />

R&S nei settori tradizionali è piuttosto bassa in tutti i paesi analizzati.<br />

10 Per un confronto internazionale delle tendenze di lungo periodo registrate<br />

nella struttura dimensionale delle imprese cfr. Traù (1999).<br />

11 Dalle tabelle dell’Appendice 3 è evidente come l’intensità della ricerca e<br />

sviluppo tenda, generalmente, ad aumentare al crescere della dimensione delle<br />

imprese.<br />

12 Su questo argomento cfr. in particolare Traù (1999).<br />

10


dell’impresa presente in precedenza (quella cioè con più di 1.500<br />

addetti), l’intensità di R&S della prima è in questo caso addirittura<br />

superiore a quello della seconda. Il fatto che sul piano empirico le mediograndi<br />

imprese italiane mostrino un’intensità di ricerca e sviluppo<br />

inferiore a quella presente nelle imprese di pari dimensioni dei principali<br />

paesi avanzati (cfr. Appendice 3), tuttavia, suggerisce che questo aspetto<br />

del problema non costituisca l’unica spiegazione del fenomeno.<br />

4. Come varia la R&S in Italia al variare della struttura<br />

produttiva e dimensionale: una simulazione<br />

Allo scopo di evidenziare l’influenza della struttura del sistema<br />

produttivo e della forte presenza in tutti i settori produttivi della piccola e<br />

media impresa sulla minore propensione a investire in ricerca<br />

nell’industria italiana, la spesa in R&S è stata ricalcolata applicando<br />

all’intensità di ricerca presente nelle varie classi dimensionali 13 dei settori<br />

R & S<br />

manifatturieri 14 ij<br />

italiani ( ) il peso delle diverse classi<br />

Va<br />

ij<br />

Va ij<br />

dimensionali ( ) 15 dei vari settori economici presenti negli altri paesi<br />

Va<br />

13 Ovvero: imprese con meno di 500 addetti (300 addetti per il Giappone),<br />

imprese con un numero di addetti compreso fra 500 e 999 (fra 300 e 999 per il<br />

Giappone) e imprese con più di 1.000 addetti. Purtroppo non è stato possibile<br />

considerare una “spaccatura” dimensionale superiore a causa dell’indisponibilità<br />

dei dati per molti dei paesi qui esaminati.<br />

14 Per un elenco dei diciannove settori analizzati in questo lavoro si veda<br />

l’Appendice 2.<br />

15<br />

Dove R&S ij è l’ammontare di risorse investite in ricerca nella classe<br />

dimensionale j del settore i ; Va ij è il valore aggiunto nella classe dimensionale j<br />

del settore i ; Va è il valore aggiunto del settore manifatturiero.<br />

11


considerati (tab. 4) 16 . Ciò equivale a misurare quale sarebbe il valore<br />

della R&S industriale se l’Italia avesse la struttura settoriale e<br />

dimensionale degli altri paesi 17 . Si è inoltre stimato l’effetto dell’intensità<br />

di ricerca sulle poche risorse investite in R&S in Italia ossia quale<br />

sarebbe la spesa in ricerca se il sistema produttivo italiano, con la propria<br />

struttura produttiva e dimensionale, avesse l’intensità di ricerca degli altri<br />

paesi 18 . Come è evidente dalla tabella 4 le simulazioni hanno riguardato<br />

anche gli altri paesi qui analizzati. Lungo la diagonale principale di<br />

questa tavola sono riportate le risorse effettivamente investite in R&S nei<br />

vari paesi. Leggendo la tavola orizzontalmente è possibile vedere quale<br />

sarebbe la R&S di ogni paese combinando la struttura produttiva di quel<br />

paese con l’intensità di ricerca presente negli altri paesi. Per esempio<br />

l’ultima riga indica quanta ricerca verrebbe realizzata in Italia se la sua<br />

struttura produttiva e dimensionale fosse caratterizzata dall’intensità di<br />

ricerca presente negli altri paesi. La lettura verticale della tavola<br />

evidenzia invece quale sarebbe la spesa in ricerca di ogni paese se alla<br />

16 Cfr. Appendice 1 per una spiegazione del calcolo dell’intensità di R&S e della<br />

struttura produttiva e dimensionale dei vari paesi qui studiati.<br />

R & S<br />

Va<br />

19<br />

17 Ovvero = ∑∑<br />

3<br />

i= 1 j=<br />

1<br />

Va<br />

Va<br />

Y<br />

ij<br />

Y<br />

R & S<br />

Va<br />

dimensionale j del settore i nel paese Y e<br />

classe dimensionale j del settore i in Italia.<br />

R & S<br />

Va<br />

19<br />

18 Ovvero = ∑∑<br />

3<br />

i= 1 j=<br />

1<br />

Va<br />

Va<br />

I<br />

ij<br />

dimensionale j del settore i in Italia e<br />

I<br />

I<br />

ij<br />

R & S<br />

Va<br />

dimensionale j del settore i nel paese Y.<br />

Y<br />

ij<br />

I<br />

ij<br />

Y<br />

ij<br />

R & S<br />

Va<br />

Y<br />

ij<br />

. Dove<br />

R & S<br />

Va<br />

I<br />

ij<br />

. Dove<br />

Y<br />

ij<br />

I<br />

ij<br />

Va<br />

Va<br />

Y<br />

ij<br />

Y<br />

è il peso della classe<br />

è l’intensità di R&S della<br />

Va<br />

Va<br />

I<br />

ij<br />

I<br />

è il peso della classe<br />

è l’intensità di R&S della classe<br />

12


sua intensità di ricerca venisse applicata la struttura settoriale e<br />

dimensionale degli altri paesi. Per esempio l’ultima colonna mostra quale<br />

sarebbe il valore della ricerca in Italia se alla sua intensità di ricerca<br />

venisse associata la struttura produttiva degli altri paesi.<br />

Questo esercizio mostra che il ritardo tecnologico delle imprese<br />

italiane si riduce quando si tiene in debito conto la peculiare<br />

specializzazione produttiva e dimensionale italiana. In particolare, la<br />

spesa in ricerca (in percentuale del valore aggiunto) realizzata dalle<br />

imprese manifatturiere italiane sarebbe notevolmente più elevata e, in<br />

luogo del 2,01% effettivamente investito, potrebbe oscillare tra il 3,31% e<br />

il 4,74 (ultima colonna della tab. 4) a seconda della struttura produttiva e<br />

dimensionale utilizzata nella simulazione 19 . Emerge quindi chiaramente<br />

che la forte presenza di unità produttive di piccola dimensione e il più<br />

basso peso dei settori ad alta intensità di ricerca sono tra le principali<br />

cause del deficit di ricerca italiano 20 .<br />

Nonostante ciò, anche al netto di questo effetto la differenza<br />

rispetto agli altri paesi rimane comunque significativa: come già<br />

osservato precedentemente, negli altri paesi considerati le risorse<br />

investite in R&S dalle imprese vanno infatti dal 5,19% del Regno Unito<br />

all’8,43% del Giappone (diagonale principale della tab. 4; seconda<br />

colonna della tab. 3). Dall’analisi svolta emerge quindi che l’intensità di<br />

19 Guardando alle colonne relative agli altri 5 paesi studiati e concentrandosi,<br />

quindi, sul valore della R&S che li caratterizzerebbe se avessero la struttura<br />

produttiva e dimensionale degli altri paesi, è interessante notare che la R&S così<br />

simulata: i) in alcuni casi diminuisce; ii) negli altri casi aumenta in misura<br />

relativamente minore rispetto alle simulazioni realizzate per l’economia italiana.<br />

20 A questa conclusione si può giungere ricalcolando la spesa in R&S degli altri<br />

paesi considerati applicando all’intensità di ricerca presente nelle varie classi<br />

dimensionali dei settori manifatturieri di questi paesi la struttura produttiva e<br />

dimensionale italiana. Da questa simulazione è evidente che in tutti i paesi<br />

considerati l’investimento in R&S si riduce (ultima riga della tab. 4). La<br />

diminuzione oscillerebbe tra circa 1,5 punti percentuali del Regno Unito (dove la<br />

R&S passerebbe dal 5,19 al 3,71% del Va) e i 4 punti percentuali del Giappone<br />

(dove la ricerca sarebbe pari al 4,4% in luogo dell’8,43% effettivo).<br />

13


icerca presente nelle varie classi dimensionali dei settori manifatturieri<br />

italiani è, anche a parità di struttura produttiva e dimensionale, inferiore a<br />

quella registrata negli altri paesi considerati. Dalla tabella 4 (ultima riga)<br />

è infatti evidente che la spesa in R&S italiana sarebbe molto più elevata<br />

se l’industria italiana avesse un’intensità di ricerca simile agli altri paesi<br />

considerati e, in luogo del 2,01% effettivamente investito, oscillerebbe<br />

fra il 3,71% e il 5,15% a seconda dell’intensità di ricerca utilizzata nella<br />

simulazione.<br />

Alle stesse conclusioni si può giungere analizzando le tabelle<br />

contenute nell’Appendice 3. Da queste emerge, infatti, che l’intensità di<br />

R&S presente nelle varie classi dimensionali dei settori economici italiani<br />

è generalmente inferiore a quella che caratterizza le imprese di pari<br />

dimensioni degli altri paesi qui analizzati. Solo le medie imprese italiane<br />

(quelle cioè tra i 500 e i 999 addetti) mostrano un’intensità di R&S<br />

talvolta in linea con quella degli altri paesi e molto spesso superiore a<br />

quella presente nelle imprese di pari dimensioni del Giappone e degli<br />

Stati Uniti.<br />

5. Come scomporre il divario italiano<br />

L’analisi fin qui svolta indica che le insufficienti risorse investite<br />

in R&S in Italia dipendono sia dalla più bassa intensità di ricerca che<br />

caratterizza le imprese italiane, sia dalla particolare specializzazione<br />

produttiva e dimensionale. In questo paragrafo si prova a fornire una<br />

misura quantitativa dei singoli effetti che spiegano il divario<br />

complessivo. Matematicamente il deficit di ricerca italiano può essere<br />

rappresentato dalla seguente equazione:<br />

14


19<br />

i= 1 j=<br />

1<br />

19<br />

i= 1 j=<br />

1<br />

19<br />

I I<br />

I<br />

I<br />

i= 1 j=<br />

1 ⎢<br />

ij<br />

ij<br />

ij<br />

ij<br />

19<br />

3<br />

∑∑<br />

3<br />

∑∑<br />

=<br />

−<br />

Va<br />

Va<br />

3<br />

∑∑<br />

3<br />

∑∑<br />

i= 1 j=<br />

1<br />

Y<br />

ij<br />

Y<br />

R & S<br />

⎡⎛<br />

R & S<br />

⎢⎜<br />

⎢<br />

I<br />

⎣⎝<br />

Vaij<br />

⎡⎛Va<br />

⎢⎜<br />

⎣⎝Va<br />

Va<br />

Va<br />

I<br />

ij<br />

I<br />

19 3<br />

I<br />

19 3<br />

I<br />

R & S<br />

19 3<br />

ij<br />

Vaij<br />

Vaij<br />

R & S<br />

ij<br />

Vaij<br />

R & S<br />

ij<br />

= ∑∑ ∆ + ∑∑ ∆ + ∑∑∆<br />

∆<br />

I<br />

I<br />

i= 1 j=<br />

1 Vaij<br />

Va i= 1 j=<br />

1 Va Vaij<br />

i= 1 j=<br />

1 Va Vaij<br />

1444<br />

24443<br />

1444<br />

24443<br />

144424444<br />

3<br />

1<br />

Va<br />

I<br />

ij<br />

I<br />

ij<br />

Y<br />

ij<br />

Y<br />

ij<br />

R & S<br />

R & S<br />

Va<br />

−<br />

19<br />

3<br />

∑∑<br />

i= 1 j=<br />

1<br />

R & S<br />

+ ∆<br />

Va<br />

Va<br />

I<br />

ij<br />

I<br />

ij<br />

I<br />

ij<br />

=<br />

ij<br />

ij<br />

Va<br />

Va<br />

I<br />

ij<br />

I<br />

⎞⎛Va<br />

⎟⎜<br />

⎠⎝Va<br />

R & S<br />

+<br />

Va<br />

I<br />

ij<br />

R & S<br />

I<br />

ij<br />

I<br />

Va<br />

Vaij<br />

+ ∆<br />

Va<br />

Vaij<br />

∆<br />

Va<br />

2<br />

I<br />

ij<br />

I<br />

ij<br />

=<br />

Va<br />

+<br />

Va<br />

⎞⎤<br />

⎟⎥<br />

−<br />

⎠⎥⎦<br />

I<br />

ij<br />

19<br />

3<br />

∑∑<br />

i= 1 j=<br />

1<br />

R & S<br />

∆<br />

Va<br />

Va<br />

Va<br />

ij<br />

I<br />

ij<br />

I<br />

R & S<br />

Vaij<br />

+ ∆<br />

Va<br />

3<br />

Va<br />

I<br />

ij<br />

I<br />

ij<br />

=<br />

R & S<br />

∆<br />

Va<br />

ij<br />

⎞⎤<br />

⎟⎥<br />

+<br />

⎠⎥⎦<br />

dove 21<br />

Y<br />

I<br />

Y I<br />

R & Sij<br />

R & Sij<br />

R & Sij<br />

Vaij<br />

Vaij<br />

Vaij<br />

∆ = − e ∆ = − .<br />

Y I<br />

Va Va Va Va Va Va<br />

ij<br />

Y<br />

ij<br />

I<br />

ij<br />

Il primo termine dell’equazione indica quanta parte del divario è<br />

attribuibile al maggior peso dei settori tradizionali e delle piccole imprese<br />

in Italia. Il secondo termine indica invece quanta parte del deficit di<br />

ricerca in Italia sia spiegata dalla bassa intensità di ricerca che<br />

caratterizza mediamente l’industria italiana. Il terzo termine, infine, può<br />

essere considerato come una quota residuale.<br />

La scomposizione del deficit di ricerca italiano è stata effettuata<br />

rispetto a tutti i paesi presi in esame (tab. 5). Per esempio la prima riga<br />

della tabella 5 indica che le minori risorse investite in R&S dall’Italia<br />

rispetto alla Francia sono spiegate per il 45% dalla bassa intensità di<br />

ricerca del sistema manifatturiero italiano e per il 35% dalla particolare<br />

21 Per una descrizione delle variabili si vedano le note 15, 17 e 18.<br />

15


struttura produttiva e dimensionale del nostro paese. Più in generale la<br />

scomposizione effettuata mostra che mediamente la più bassa ricerca e<br />

sviluppo presente nei settori economici dell’industria manifatturiera<br />

italiana è attribuibile: a) alla particolare specializzazione produttiva e<br />

dimensionale italiana per una quota che oscilla tra il 35% e il 43%; b) alla<br />

più bassa intensità di ricerca presente nelle varie classi dimensionali dei<br />

settori manifatturieri italiani per una percentuale che varia dal 37% al<br />

54% (tab. 5).<br />

La scomposizione mostrata nella tabella 5 può essere riproposta<br />

con maggior dettaglio a livello settoriale. Da questa rielaborazione (tab.<br />

6) emerge che è nei settori dove si concentra maggiormente la ricerca<br />

italiana che si registrano le maggiori differenze in termini assoluti<br />

rispetto agli altri paesi europei. Infatti le industrie della chimica<br />

industriale, della farmaceutica, della fabbricazione di apparecchi radio, tv<br />

e telecomunicazioni, della fabbricazione di apparecchi di precisione,<br />

strumenti ottici e orologi, della fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e<br />

semirimorchi, della costruzione di aeromobili 22 , che da sole<br />

rappresentano oltre il 75% del totale delle risorse investite in R&S<br />

dall’industria manifatturiera italiana, spiegano dal 62 al 72% del deficit di<br />

ricerca italiano. La minor quota investita in R&S in questi settori dipende<br />

sia dalla più bassa intensità di ricerca (dai 15 ai 26 punti percentuali) che<br />

dal minor peso di questi settori e, all’interno di questi, delle grandi<br />

imprese nell’economia italiana (dai 30 ai 35 punti percentuali; tab. 6).<br />

All’interno di questi settori, le imprese con più di 1.000 addetti,<br />

che rappresentano oltre il 60% delle risorse investite in ricerca<br />

dall’industria manifatturiera italiana, sono responsabili dal 54 al 71% del<br />

deficit di ricerca italiano (tab. 7). In particolare, la minor quota investita<br />

in R&S in questi settori dalle grandi imprese dipende sia dalla più bassa<br />

intensità di ricerca (dai 10 ai 20 punti percentuali) che dal minor peso di<br />

questi settori e, all’interno di questi, delle grandi imprese nell’economia<br />

italiana (dai 28 ai 35 punti percentuali). Più in generale è evidente che il<br />

deficit della spesa in R&S dei settori manifatturieri italiani è da<br />

22 Cfr. nota (a) della tab. 6.<br />

16


addebitare alle grandi imprese. Le imprese italiane con meno di 1.000<br />

addetti sono infatti responsabili dal 3 al 31% delle minori risorse investite<br />

in ricerca dall’industria italiana.<br />

6. Altre cause della limitata ricerca e sviluppo in Italia<br />

La più bassa intensità di R&S riscontrata nei settori industriali<br />

italiani può essere la conseguenza del fatto che le spese per R&S<br />

rappresentano un indicatore della ricerca più formalizzata, e in particolare<br />

di quella che ha luogo nei laboratori di ricerca delle imprese, negli istituti<br />

di ricerca pubblica e nelle università. In particolare in molti dei settori nei<br />

quali è specializzata l’Italia (come il sistema moda - tempo libero - casa -<br />

alimentazione e la meccanica) la ricerca formalizzata rappresenta (come è<br />

noto) solo una parte delle attività innovative alla base della competitività<br />

tecnologica e della capacità di introdurre nuovi prodotti. In questi settori<br />

le attività non formalizzate e, quindi, difficilmente misurabili come il<br />

design, la progettazione, l’introduzione di nuovi materiali e nuove<br />

prestazioni nei prodotti stessi, possono ricoprire addirittura un ruolo più<br />

importante della ricerca di laboratorio. A conferma di tutto questo, i<br />

risultati dell’indagine europea denominata Community Innovation<br />

Survey (Cis 2) condotta nel 1999 23 mostrano che il contributo della R&S<br />

alla spesa totale per innovazione delle imprese manifatturiere varia<br />

significativamente fra paesi ed è tra i più bassi in Italia: esso rappresenta<br />

23 I risultati della Cis 2 (Eurostat 2001) devono essere interpretati con molta<br />

cautela. Da un’attenta analisi di questa indagine sembra, infatti, che la<br />

valutazione delle imprese in genere, e italiane in special modo, circa la propria<br />

capacità innovativa non sia precisa: in particolare le imprese nazionali sembrano<br />

avere sottovalutato l’innovazione da esse prodotta. Secondo Quadrio Curzio,<br />

Fortis e Galli (2002) “L’indagine non appare, infatti, in grado di cogliere i<br />

primati dell’Italia non solo in termini di tecnologie utilizzate, produzione ed<br />

esportazioni …, ma anche a livello qualitativo in termini di design, nuovi<br />

prodotti e tendenze”.<br />

17


infatti più del 60% in Francia e in Germania e circa il 30% in Italia e nel<br />

Regno Unito. È verosimile quindi che in Italia si sia creata una<br />

divaricazione tra spesa formalizzata per R&S e innovazione.<br />

In secondo luogo, in termini di qualità dell’informazione statistica,<br />

in tutti i paesi, e in Italia in special modo, si pone il problema della<br />

sottostima della ricerca delle piccole imprese perché gran parte della loro<br />

R&S è di tipo informale e non viene contabilizzata come investimento<br />

ma come parte delle spese correnti, in particolare come spesa per il<br />

personale (che fra l’altro viene assunto prevalentemente per svolgere altre<br />

attività, specie quelle di tipo produttivo). Infatti, mentre le grandi imprese<br />

hanno spesso strutture ad hoc destinate alla ricerca, le piccole sovente<br />

non dispongono di laboratori separati dalle altre attività produttive e,<br />

anche quando svolgono ricerca, raramente la separano dalle altre attività<br />

e la contabilizzano come tale.<br />

L’industria italiana inoltre si caratterizza per la presenza di molti<br />

distretti (composti da piccole e medie imprese) dove la capacità<br />

innovativa delle imprese distrettuali consiste nell’internalizzare le<br />

competenze esistenti all’esterno dell’impresa (know how localizzato,<br />

meccanismi di apprendimento learning by doing, learning by using o<br />

learning by interacting, processi innovativi di tipo incrementale e da<br />

attività innovative di tipo informale) e non viene rilevata dal semplice<br />

indicatore di spesa in R&S (Garofoli 2002).<br />

Infine l’analisi realizzata in questo lavoro potrebbe avere<br />

sottostimato l’influenza effettiva della struttura produttiva e dimensionale<br />

(e per converso sovrastimato gli effetti dell’intensità di ricerca) a causa di<br />

problemi di ordine metodologico. Utilizzare la disaggregazione a due<br />

digit e tre classi dimensionali non permette di correggere interamente i<br />

risultati per la struttura economica dell’Italia. All’interno dei settori<br />

considerati, infatti, possono coesistere produzioni a forte intensità di<br />

ricerca e altre con bassa intensità: è verosimile che, se si fosse utilizzata<br />

una disaggregazione settoriale più fine e un maggior numero di classi<br />

dimensionali, la simulazione avrebbe evidenziato che, a parità di struttura<br />

dimensionale e produttiva, le differenze tra le risorse investite in R&S<br />

18


dalle imprese italiane e quelle realizzate dalle imprese degli altri paesi<br />

sarebbero state ancora più contenute.<br />

7. Conclusioni<br />

Dall’analisi svolta in questo lavoro si può affermare che gran parte<br />

della differenza negativa fra la spesa in R&S in percentuale del Pil in<br />

Italia e quella dei paesi considerati è attribuibile alla più bassa R&S<br />

realizzata dalle imprese italiane del settore manifatturiero. A sua volta la<br />

più bassa quota di valore aggiunto investita in ricerca dalle imprese<br />

manifatturiere italiane è in parte dovuta alla particolare specializzazione<br />

produttiva dell’Italia (più basso peso dei settori ad alta intensità di<br />

ricerca) e al maggior peso delle imprese di piccole dimensioni.<br />

Chiaramente questi elementi possono variare solo attraverso un<br />

cambiamento strutturale della nostra economia. Ciò può realizzarsi solo<br />

qualora vengano rimosse le cause della particolare specializzazione<br />

italiana. Si tratta di cause strutturali che attengono al lungo periodo, come<br />

la dotazione di fattori produttivi (scarsità relativa di capitale umano e<br />

scientifico, ma anche finanziario a causa dell’assenza per lungo tempo di<br />

istituzioni di mercato che consentissero un’efficiente allocazione di<br />

capitali e diritti di proprietà), le caratteristiche istituzionali del paese, la<br />

scarsa interazione fra università e imprese. La carenza di collaborazione<br />

delle imprese con le università e gli enti pubblici di ricerca ha<br />

sicuramente influenzato negativamente l’ammontare di risorse investite<br />

in attività di ricerca. Mentre in altri paesi si è assistito nel tempo<br />

all’avvicinamento dei luoghi e delle istituzioni di ricerca e formazione<br />

pubblica a quelli di sviluppo industriale, in Italia la carenza di risorse<br />

19


umane negli enti pubblici di ricerca 24 ha reso difficili le interazioni fra le<br />

strutture pubbliche e il sistema produttivo 25 .<br />

Ciò detto, resta però vero che l’intensità di ricerca presente nelle<br />

varie classi dimensionali dei settori manifatturieri italiani è, anche a<br />

parità di struttura produttiva e dimensionale, inferiore a quella registrata<br />

negli altri paesi considerati. Parte di questo gap è da attribuire a difficoltà<br />

nel quantificare e misurare le rilevanti attività di ricerca e sviluppo di tipo<br />

informale che vengono svolte nel sistema produttivo italiano. In effetti è<br />

verosimile che in Italia si sia creata una forte divaricazione tra le risorse<br />

investite in R&S e l’attività innovativa. L’industria italiana riesce infatti a<br />

essere competitiva in molti settori manifatturieri grazie all’attività di<br />

ricerca e sviluppo non formalizzata: design, progettazione, investimenti<br />

in macchinari tecnologicamente avanzati, acquisto di brevetti e licenze,<br />

attività di imitazione, learnig by doing, learning by using, learning by<br />

interacting, introduzione di nuovi materiali e nuove prestazioni nei<br />

prodotti stessi.<br />

24 Cfr. Centro Studi <strong>Confindustria</strong> (2001) per un confronto fra il nostro sistema<br />

universitario con quello dei principali paesi.<br />

25 Cfr. Orsenigo (2002) per un’analisi delle relazioni tra istituzioni pubbliche di<br />

ricerca e industria.<br />

20


TABELLE


Tab. 1 - Spesa in R&S per settore istituzionale<br />

(In % del Pil)<br />

Paesi<br />

Imprese<br />

Settore<br />

pubblico<br />

Università<br />

Società nonprofit<br />

Totale<br />

Francia (a) 1,35 0,40 0,38 0,03 2,17<br />

Germania (b) 1,54 0,34 0,41 n.d. 2,29<br />

Giappone (c) 2,07 0,27 0,63 0,15 3,12<br />

Regno Unito (b) 1,19 0,25 0,36 0,02 1,82<br />

Stati Uniti (a) 1,93 0,20 0,36 0,08 2,56<br />

Italia (a) 0,52 0,21 0,34 n.d. 1,07<br />

(a) 1998; (b) 1997; (c) 1999.<br />

Nota: la somma delle colonne può non coincidere con il totale per problemi di<br />

arrotondamento.<br />

Fonte: Elaborazioni su dati Ocse e Eurostat.<br />

Tab. 2 - Spesa in R&S realizzata dalle imprese per fonte di<br />

finanziamento<br />

(In % del Pil)<br />

Paesi Imprese Settore pubblico Estero Totale<br />

Francia (a) 1,10 0,12 0,13 1,35<br />

Germania (b) 1,36 0,14 0,04 1,54<br />

Giappone (c) 2,03 0,04 0,01 2,07<br />

Regno Unito (b) 0,84 0,12 0,22 1,19<br />

Stati Uniti (a) 1,65 0,28 0,00 1,93<br />

Italia (a) 0,42 0,06 0,04 0,52<br />

(a) 1998; (b) 1997; (c) 1999.<br />

Nota: la somma delle colonne può non coincidere con il totale per problemi di<br />

arrotondamento.<br />

Fonte: Elaborazioni su dati Ocse e Eurostat.<br />

22


Tab. 3 - Spesa in R&S realizzata dalle imprese per ramo di attività<br />

(In % del Pil)<br />

Paesi Manifatturiero (d) Non manifatturiero Totale<br />

Francia (a) 1,16 (6,79) 0,20 1,35<br />

Germania (b) 1,44 (6,89) 0,10 1,54<br />

Giappone (c) 1,93 (8,43) 0,15 2,07<br />

Regno Unito (b) 0,95 (5,19) 0,24 1,19<br />

Stati Uniti (a) 1,37 (8,38) 0,56 1,93<br />

Italia (a) 0,39 (2,01) 0,12 0,52<br />

(a) 1998; (b) 1997; (c) 1999; (d) tra parentesi la spesa in R&S in % del valore aggiunto<br />

(Va) del settore manifatturiero.<br />

Nota: la somma delle colonne può non coincidere con il totale per problemi di<br />

arrotondamento.<br />

Fonte: Elaborazioni su dati Ocse e Eurostat.<br />

Tab. 4 - Spesa in R&S realizzata dalle imprese manifatturiere in base a diverse<br />

ipotesi di struttura produttiva e dimensionale e di intensità di ricerca<br />

(In % del valore aggiunto)<br />

Struttura<br />

produttiva e<br />

dimensionale di:<br />

Francia (a) Germania<br />

(b)<br />

Intensità di R&S di:<br />

Giappone<br />

(c)<br />

Regno<br />

Unito (b)<br />

Stati Uniti<br />

(a)<br />

Italia (a)<br />

Francia (a) 6,79 7,10 7,87 6,27 9,48 3,68<br />

Germania (b) 6,76 6,89 9,24 7,00 11,45 3,98<br />

Giappone (c) 8,31 8,33 8,43 7,48 11,62 4,74<br />

Regno Unito (b) 6,22 6,48 6,13 5,19 7,34 3,31<br />

Stati Uniti (a) 8,17 8,43 7,13 6,17 8,38 4,34<br />

Italia (a) 4,16 4,39 4,40 3,71 5,15 2,01<br />

(a) 1998; (b) 1997; (c) 1999.<br />

Fonte: Elaborazioni su dati Istat, Bureau des Etudes statistiques sur la recherche,<br />

Stifterverband Wissenschaftsstatistik, Statistics Bureau & Statistics Center, National<br />

Science Foundation, Office for National Statistics, Eurostat e Ocse (Stan Industrial<br />

database).<br />

23


Tab. 5 – Impatto della struttura produttiva e dell’intensità di R&S sulla più<br />

bassa ricerca delle imprese manifatturiere italiane<br />

(Valori percentuali)<br />

Paesi Struttura produttiva Intensità di R&S Residuo Totale<br />

Francia (a) 35 45 20 100<br />

Germania (b) 40 49 11 100<br />

Giappone (c) 43 37 20 100<br />

Regno Unito (b) 41 54 5 100<br />

Stati Uniti (a) 37 49 14 100<br />

(a) 1998; (b) 1997; (c) 1999.<br />

Nota: La somma delle colonne di ogni singolo paese può non essere pari a 100 per<br />

problemi di arrotondamento.<br />

Fonte: Elaborazioni su dati Istat, Bureau des Etudes statistiques sur la recherche,<br />

Stifterverband Wissenschaftsstatistik, Statistics Bureau & Statistics Center,<br />

National Science Foundation, Office for National Statistics, Eurostat e Ocse<br />

(Stan Industrial database).<br />

24


Tab. 6 - Impatto della struttura produttiva e dimensionale e dell’intensità di R&S<br />

sulla più bassa ricerca dei settori manifatturieri italiani<br />

(Valori percentuali)<br />

Paesi A (a) B (a) A+B = Manifatturiero<br />

Struttura produttiva 31 3 35<br />

Francia (b)<br />

Intensità di R&S 23 22 45<br />

Residuo 18 2 20<br />

Totale 72 28 100<br />

Struttura produttiva 30 11 40<br />

Germania (c)<br />

Intensità di R&S 26 22 49<br />

Residuo 15 -4 11<br />

Totale 72 28 100<br />

Struttura produttiva 35 7 43<br />

Giappone (d)<br />

Intensità di R&S 15 22 37<br />

Residuo 12 8 20<br />

Totale 62 38 100<br />

Struttura produttiva 34 7 41<br />

Regno Unito (c)<br />

Intensità di R&S 22 31 54<br />

Residuo 15 -10 5<br />

Totale 72 28 100<br />

Struttura produttiva 34 2 37<br />

Stati Uniti (b)<br />

Intensità di R&S 19 31 49<br />

Residuo 18 -4 14<br />

Totale 70 30 100<br />

(a) Il macrosettore A contiene al suo interno i seguenti settori: la chimica, la fabbricazione di<br />

apparecchi radiotelevisivi e di apparecchiature per le comunicazioni, la fabbricazione di strumenti di<br />

precisione, la fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi, la costruzione di aeromobili e di<br />

veicoli spaziali (l’industria degli altri mezzi di trasporto per il Giappone). Il macrosettore B contiene i<br />

restanti settori dell’industria manifatturiera. La scomposizione contenuta nella tabella è stata<br />

realizzata per ognuno dei diciannove settori studiati in questo lavoro. I risultati di queste elaborazioni<br />

possono essere forniti su richiesta dall’autore. (b) 1998; (c) 1997; (d) 1999.<br />

Note: La somma delle colonne di ogni paese può non essere pari al totale per problemi di<br />

arrotondamento.<br />

Fonte: Elaborazioni su dati Istat, Bureau des Etudes statistiques sur la recherche,<br />

Stifterverband Wissenschaftsstatistik, Statistics Bureau & Statistics Center, National<br />

Science Foundation, Office for National Statistics, Eurostat e Ocse (Stan Industrial<br />

database).<br />

25


Tab. 7 - Impatto della struttura produttiva e dimensionale e dell’intensità di R&S sulla<br />

più bassa ricerca dei settori manifatturieri italiani<br />

(Valori percentuali)<br />

Struttura<br />

produttiva<br />

Intensità di<br />

R&S<br />

Residuo<br />

Totale<br />

Paesi Francia (a) Germania (b) Giappone (c) Regno Unito (b) Stati Uniti (a)<br />

Macrosettori<br />

A (d) B (d) A+B A (d) B (d) A+B A (d) B (d) A+B A (d) B (d) A+B A (d) B (d) A+B<br />

1-499 1 -1 0 -1 0 -1 0 -1 -1 3 0 4 3 0 4<br />

500-999 3 1 4 1 2 3 2 2 4 5 2 8 4 1 5<br />

> 1.000 28 3 32 30 8 38 35 5 40 29 5 33 29 1 30<br />

Totale 32 4 35 30 11 41 37 5 43 37 7 44 36 3 39<br />

1-499 11 12 23 5 14 19 4 5 9 7 9 16 1 0 1<br />

500-999 2 2 4 2 0 2 1 1 3 6 1 7 -1 -1 -2<br />

> 1.000 10 7 17 20 7 27 11 12 23 11 12 23 20 25 45<br />

Totale 23 21 44 27 22 48 16 18 34 24 22 46 20 25 44<br />

1-499 1 -5 -4 -1 -5 -7 -3 -3 -6 0 -5 -5 -1 -1 -2<br />

500-999 2 1 3 -1 0 -1 2 0 3 1 1 1 -2 -1 -2<br />

> 1.000 15 7 21 18 1 19 13 14 27 16 -2 14 22 -1 21<br />

Totale 18 3 21 15 -4 11 12 11 23 16 -7 11 19 -2 17<br />

1-499 12 7 19 3 9 11 0 0 1 10 4 14 3 -1 2<br />

500-999 7 4 11 1 2 4 6 4 10 12 4 17 1 0 1<br />

> 1.000 54 17 70 68 17 85 59 30 90 55 14 70 71 26 97<br />

Totale 73 27 100 72 28 100 66 34 100 77 23 100 74 26 100<br />

(a) 1998; (b) 1997; (c) 1999; (d) Il macrosettore A contiene al suo interno i seguenti settori: la chimica, la<br />

fabbricazione di apparecchi radiotelevisivi e di apparecchiature per le comunicazioni, la fabbricazione di<br />

strumenti di precisione, la fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi, la costruzione di<br />

aeromobili e di veicoli spaziali (l’industria degli altri mezzi di trasporto per il Giappone). Il macrosettore B<br />

contiene i restanti settori dell’industria manifatturiera. La scomposizione contenuta nella tabella è stata<br />

realizzata per ognuno dei diciannove settori studiati in questo lavoro. I risultati di queste elaborazioni<br />

possono essere forniti su richiesta dall’autore.<br />

Note: La somma delle singole componenti può non essere pari al loro totale per problemi di<br />

arrotondamento. Le quote attribuite all’intensità di ricerca, alla struttura produttiva e dimensionale e al<br />

residuo non coincidono a quelle delle tabelle 5 e 6 poiché sono stati esclusi alcuni settori di cui non si<br />

disponeva della spesa in R&S distinta per classi dimensionali. In particolare sono stati esclusi: i settori 36 e<br />

37 per la Germania e la Francia; i settori 23, 36 37 per il Regno Unito; i settori 17, 18, 19, 20, 21, 22, 36 e<br />

37 per gli Stati Uniti; i settori 15, 16, 20, 21, 22, 30, 36 e 37 per il Giappone. Cfr. Appendice 2 per una<br />

descrizione dei settori economici.<br />

Fonte: Elaborazioni su dati Istat, Bureau des Etudes statistiques sur la recherche, Stifterverband<br />

Wissenschaftsstatistik, Statistics Bureau & Statistics Center, National Science Foundation,<br />

Office for National Statistics, Eurostat e Ocse (Stan Industrial database).<br />

26


Appendice 1<br />

In questa appendice si descrive la metodologia utilizzata in questo<br />

lavoro per il calcolo dell’intensità di R&S e della struttura produttiva e<br />

dimensionale. Come detto in precedenza in questa ricerca vengono<br />

considerate tre classi dimensionali (imprese con meno di 500 addetti -<br />

300 addetti per il Giappone - imprese con un numero di addetti compreso<br />

fra 500 e 999 - fra 300 e 999 per il Giappone - e imprese con più di 1.000<br />

addetti) e diciannove settori industriali (che sono elencati nell’Appendice<br />

2). Per ogni paese si sono calcolate due tabelle a doppia entrata aventi le<br />

classi dimensionali nelle colonne e i settori industriali nelle righe. Nella<br />

prima tabella è stato calcolato il peso (del valore aggiunto) delle tre classi<br />

dimensionali (di ognuno) dei (diciannove) settori sul totale (del valore<br />

Va ij<br />

aggiunto) dell’industria manifatturiera ( ): Va<br />

j: classi dimensionali<br />

i: attività economiche<br />

Va<br />

Va<br />

Va<br />

Va<br />

...<br />

Va<br />

Va<br />

...<br />

Va<br />

Va<br />

11<br />

21<br />

i1<br />

19 ,1<br />

Va<br />

Va<br />

Va<br />

Va<br />

...<br />

Va<br />

Va<br />

...<br />

Va<br />

Va<br />

12<br />

22<br />

i 2<br />

19 ,2<br />

Va<br />

Va<br />

Va<br />

Va<br />

...<br />

Va<br />

Va<br />

...<br />

Va<br />

Va<br />

13<br />

23<br />

i3<br />

19 ,3<br />

27


Va ij è stato stimato ripartendo il valore aggiunto di ogni settore<br />

industriale (ottenuto dalla banca dati Stan Industrial database dell’Ocse)<br />

tra le tre classi dimensionali analizzate in base al numero di occupati<br />

presenti nelle stesse. I dati relativi alla struttura dimensionale sono stati<br />

ricavati dai Censimenti delle attività produttive realizzati nei vari paesi<br />

analizzati: Istat (1998) per l’Italia; Insee (1997) per la Francia; U.S.<br />

Census Bureau (2000) per gli Stati Uniti; Statistics Bureau & Statistics<br />

Center (2000/a) per il Giappone; Statistisches Bundesamt (1995 e 1997)<br />

per la Germania; Eurostat per il Regno Unito.<br />

Nella seconda tabella è stata calcolata l’intensità di ricerca ossia il<br />

rapporto fra la ricerca e il valore aggiunto realizzati all’interno delle<br />

R & Sij<br />

classi dimensionali dei vari settori economici ( ):<br />

Va<br />

ij<br />

j: classi dimensionali<br />

i: attività economiche<br />

R & S<br />

Va11<br />

R & S<br />

Va21<br />

...<br />

R & S<br />

Vai<br />

1<br />

...<br />

R & S<br />

Va<br />

19,1<br />

11<br />

21<br />

i1<br />

19,1<br />

R & S<br />

Va12<br />

R & S<br />

Va22<br />

...<br />

R & S<br />

Vai2<br />

...<br />

R & S<br />

Va<br />

19,2<br />

12<br />

22<br />

i2<br />

19,2<br />

R & S<br />

Va13<br />

R & S<br />

Va23<br />

...<br />

R & S<br />

Vai3<br />

...<br />

R & S<br />

Va<br />

19,3<br />

13<br />

23<br />

i3<br />

19,3<br />

28


Le tabelle contenenti l’intensità di ricerca e sviluppo dei paesi qui<br />

esaminati sono contenute nell’Appendice 3.<br />

I dati relativi a R&S ij sono stati stimati utilizzando le informazioni<br />

provenienti dai vari istituti di statistica nazionale dei paesi considerati e<br />

da Eurostat: per l’Italia l’Istat (2000) e Eurostat; per la Francia il Bureau<br />

des Etudes Statistiques sur la Recherche; per la Germania il<br />

Stifterverband Wissenschaftsstatistik (2000); per il Giappone il Statistics<br />

Bureau & Statistics Center (2000/b); per gli Stati Uniti il National<br />

Science Board (2000); per il Regno Unito l’Office for National Statistics<br />

e Eurostat.<br />

Sommando i prodotti dei pesi e dell’intensità delle tre classi<br />

dimensionali dei 19 settori manifatturieri si ottiene il rapporto tra la spesa<br />

in R&S e il valore aggiunto di un paese, ossia:<br />

19 3<br />

R & S Vaij<br />

R & Sij<br />

= ∑∑<br />

.<br />

Va Va Va<br />

i= 1 j=<br />

1<br />

ij<br />

29


Appendice 2<br />

Questa Appendice contiene una tavola di raccordo tra i codici Isic<br />

Rev. 3 utilizzati nel testo e la nomenclatura delle attività corrispondenti<br />

(non indicata nel testo per ragioni di spazio). Il livello di disaggregazione<br />

del data-base utilizzato per le elaborazioni contenute nel testo è per<br />

ciascun paese (salvo i casi indicati) uguale a quello della tavola qui<br />

fornita.<br />

Codici e nomenclatura delle attività economiche (Isic Rev. 3)<br />

Codici<br />

Nomenclatura<br />

15+16 Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco<br />

17+18+19<br />

20+21+22<br />

Industrie tessili, dell’abbigliamento, delle pelli e delle<br />

calzature<br />

Industria del legno, dei prodotti in legno (esclusi i<br />

mobili), della carta, stampa ed editoria<br />

23 Raffinerie di petrolio<br />

24 ex 2423<br />

2423<br />

Fabbricazione di prodotti chimici e fibre sintetiche<br />

(esclusa la fabbricazione di prodotti farmaceutici e di<br />

prodotti chimici e botanici per usi medicinali)<br />

Fabbricazione di prodotti farmaceutici e di prodotti<br />

chimici e botanici per usi medicinali<br />

25 Fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche<br />

26 Lavorazione di minerali non metalliferi<br />

30


27 Prodotti di metalli e loro leghe<br />

28<br />

Fabbricazione e lavorazione dei prodotti in metallo,<br />

escluse macchine e impianti<br />

29 Produzione di macchine e apparecchi meccanici<br />

30<br />

Fabbricazione di macchine per ufficio, di elaboratori e<br />

sistemi informatici<br />

31 Fabbricazione di macchine ed apparecchi elettrici n.c.a.<br />

32<br />

Fabbricazione di apparecchi radiotelevisivi e di<br />

apparecchiature per le comunicazioni<br />

33 Fabbricazione di strumenti di precisione<br />

34 Fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi<br />

35 ex 353<br />

Fabbricazione di altri mezzi di trasporto (esclusa la<br />

costruzione di aeromobili e di veicoli spaziali)<br />

353 Costruzione di aeromobili e di veicoli spaziali<br />

36+37 Altre industrie manifatturiere<br />

31


Appendice 3<br />

Di seguito vengono riportate le tabelle contenti l’intensità di ricerca e<br />

sviluppo presenti nelle classi dimensionali dei settori produttivi dei paesi<br />

qui analizzati. Queste tabelle (che insieme a quelle della struttura<br />

produttiva e dimensionale sono alla base delle simulazioni realizzate nel<br />

testo) sono state calcolate in base al procedimento indicato<br />

nell’Appendice 1.<br />

Francia: intensità di ricerca e sviluppo,<br />

R & S<br />

Va<br />

Isic Rev. 3 1-499 500-999 > 1.000 Totale<br />

15+16 0,7 1,2 2,8 1,0<br />

17+18+19 0,8 2,8 1,4 1,0<br />

20+21+22 0,2 0,5 1,6 0,3<br />

23 2,6 2,3 5,6 4,7<br />

24 ex 2423 5,2 4,2 10,5 7,0<br />

2423 21,4 17,2 40,1 27,9<br />

25 1,5 1,7 11,9 4,7<br />

26 1,6 4,7 1,9 2,1<br />

27 2,3 7,9 3,8 3,6<br />

28 0,5 3,7 2,8 0,9<br />

29 2,4 7,3 9,3 4,5<br />

30 8,8 17,8 17,5 15,4<br />

31 3,1 6,1 12,0 7,2<br />

32 10,4 14,9 55,4 32,6<br />

33 6,6 22,3 53,1 17,3<br />

34 3,9 15,0 13,6 12,0<br />

35 2,2 5,3 40,7 27,4<br />

353 3,9 16,2 44,9 38,2<br />

35 ex 353 1,2 0,3 12,7 4,0<br />

36+37 n.d. n.d. n.d. 1,4<br />

ij<br />

ij<br />

32


Germania: intensità di ricerca e sviluppo,<br />

R & S<br />

Va<br />

ij<br />

ij<br />

Isic Rev. 3 1-499 500-999 > 1.000 Totale<br />

15+16 0,2 0,5 2,3 0,5<br />

17+18+19 1,4 2,8 6,0 1,8<br />

20+21+22 0,2 0,2 0,7 0,3<br />

23 2,3 0,4 3,4 2,4<br />

24 ex 2423 3,4 4,7 15,3 11,2<br />

2423 6,6 21,3 33,6 24,9<br />

25 1,6 2,3 4,9 2,5<br />

26 0,7 2,0 4,9 1,6<br />

27 1,0 1,1 2,5 1,8<br />

28 0,8 1,9 4,4 1,2<br />

29 3,2 5,9 10,0 5,6<br />

30 6,6 8,8 23,5 15,4<br />

31 3,2 2,1 3,2 3,1<br />

32 8,5 13,8 70,6 40,9<br />

33 5,4 12,9 32,9 11,3<br />

34 1,2 3,8 16,9 14,5<br />

35 2,8 1,2 66,2 42,2<br />

353 3,0 0,6 76,1 59,3<br />

35 ex 353 2,7 2,4 37,3 16,4<br />

36+37 n.d. n.d. n.d. 1,2<br />

33


Giappone: intensità di ricerca e sviluppo,<br />

R & S<br />

Va<br />

ij<br />

ij<br />

Isic Rev. 3 1-299 300-999 > 1.000 Totale<br />

15+16 n.d. n.d. n.d. 2,2<br />

17+18+19 0,4 5,2 10,4 2,1<br />

20+21+22 n.d. n.d. n.d. 1,4<br />

23 0,4 0,6 1,2 0,9<br />

24 ex 2423 6,5 10,4 23,4 16,1<br />

2423 6,3 12,1 27,5 21,7<br />

25 3,2 12,0 65,0 19,6<br />

26 0,9 5,6 14,5 5,6<br />

27 0,4 2,6 7,3 4,0<br />

28 0,8 1,4 8,6 1,8<br />

29 1,3 4,8 13,7 5,7<br />

30 n.d. n.d. n.d. n.d.<br />

31 1,0 9,5 32,0 16,8<br />

32 2,4 9,3 47,7 25,7<br />

33 4,1 19,7 58,6 30,7<br />

34 0,8 3,8 20,5 12,6<br />

35 0,2 8,5 23,7 14,6<br />

353 n.d. n.d. n.d. n.d.<br />

35 ex 353 n.d. n.d. n.d. n.d.<br />

36+37 n.d. n.d. n.d. 1,6<br />

34


Italia: intensità di ricerca e sviluppo,<br />

R & S<br />

Va<br />

ij<br />

ij<br />

Isic Rev. 3 1-499 500-999 > 1.000 Totale<br />

15+16 0,2 0,4 1,7 0,4<br />

17+18+19 0,0 1,0 0,2 0,1<br />

20+21+22 0,1 0,2 0,6 0,1<br />

23 0,1 0,0 0,4 0,3<br />

24 ex 2423 0,9 1,6 6,1 2,5<br />

2423 4,3 10,0 20,7 11,1<br />

25 0,9 7,1 0,3 1,1<br />

26 0,1 0,7 0,6 0,2<br />

27 0,2 0,6 0,7 0,4<br />

28 0,1 1,4 1,5 0,1<br />

29 0,9 4,4 6,2 1,8<br />

30 8,1 3,9 7,5 7,3<br />

31 0,8 3,8 6,3 2,0<br />

32 3,9 4,3 46,9 19,8<br />

33 2,4 17,2 6,9 3,4<br />

34 1,7 3,8 12,8 8,7<br />

35 1,2 9,0 19,3 11,8<br />

353 7,2 24,0 28,4 26,5<br />

35 ex 353 0,7 1,2 3,6 1,7<br />

36+37 n.d. n.d. n.d. 0,2<br />

35


Regno Unito: intensità di ricerca e sviluppo,<br />

R & S<br />

Va<br />

ij<br />

ij<br />

Isic Rev. 3 1-499 500-999 > 1.000 Totale<br />

15+16 0,4 0,4 1,8 0,9<br />

17+18+19 0,5 0,4 0,2 0,4<br />

20+21+22 0,1 0,7 0,7 0,2<br />

23 n.d. n.d. n.d. 14,1<br />

24 ex 2423 3,2 7,2 11,2 6,0<br />

2423 15,4 36,8 65,9 48,1<br />

25 0,4 0,9 3,0 0,8<br />

26 0,2 0,2 2,8 0,9<br />

27 0,2 0,4 3,4 1,0<br />

28 0,4 7,2 5,9 0,8<br />

29 2,1 7,0 15,8 4,7<br />

30 1,2 2,6 4,2 3,0<br />

31 2,5 10,1 28,0 8,1<br />

32 4,0 12,1 20,9 11,5<br />

33 3,8 8,6 26,9 7,3<br />

34 1,1 7,1 16,6 9,3<br />

35 4,3 3,9 25,3 16,6<br />

353 6,2 6,3 32,4 23,1<br />

35 ex 353 1,4 0,9 3,7 2,4<br />

36+37 n.d. n.d. n.d. 0,4<br />

36


Stati Uniti: intensità di ricerca e sviluppo,<br />

R & S<br />

Va<br />

ij<br />

ij<br />

Isic Rev. 3 1-499 500-999 > 1.000 Totale<br />

15+16 0,1 0,2 5,9 1,2<br />

17+18+19 n.d. n.d. n.d. 1,0<br />

20+21+22 n.d. n.d. n.d. 1,2<br />

23 0,2 0,1 29,4 5,5<br />

24 ex 2423 2,4 1,6 31,9 8,0<br />

2423 1,2 0,5 63,6 23,3<br />

25 0,5 1,7 27,7 2,9<br />

26 0,0 0,3 27,9 1,6<br />

27 0,2 0,5 7,3 1,7<br />

28 0,3 0,9 15,7 1,6<br />

29 0,9 2,2 29,0 4,6<br />

30 3,6 4,6 34,7 22,0<br />

31 1,0 2,2 50,4 12,0<br />

32 2,7 4,0 48,3 18,9<br />

33 6,0 10,4 63,8 25,8<br />

34 0,1 0,8 24,7 13,1<br />

35 0,5 1,3 38,6 25,8<br />

353 0,8 1,6 40,9 30,6<br />

35 ex 353 0,1 0,3 19,6 6,9<br />

36+37 n.d. n.d. n.d. 5,1<br />

37


Riferimenti bibliografici<br />

Centro Studi <strong>Confindustria</strong> (1995), “Ricerca, Innovazione tecnologica e<br />

competitività”, Previsioni dell’economia Italiana, n. 2, pp. 109-197.<br />

Centro Studi <strong>Confindustria</strong> (2001), “Il sistema universitario italiano nel<br />

confronto internazionale”, Previsioni macroeconomiche, n. 2, pp. 139-<br />

197.<br />

Quadrio Curzio A., Fortis M. e Galli G. (2002), “Competitività, ricerca e<br />

innovazione in Italia: valutazioni di sintesi”, in Quadrio Curzio A., Fortis<br />

M. e Galli G. (a cura di) (2002), Competitività, ricerca e innovazione in<br />

Italia, Il Sole 24-Ore, Roma.<br />

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Garofoli G. (2002), “R&S nei distretti industriali e nei sistemi di piccola<br />

impresa”, in Quadrio Curzio A., Fortis M. e Galli G. (a cura di) (2002),<br />

Competitività, ricerca e innovazione in Italia, Il Sole 24-Ore, Roma.<br />

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1997”.<br />

Istat (1998), “Censimento intermedio dell’industria e dei servizi:<br />

principali risultati”, Note Rapide.<br />

Istat (2000), “La ricerca e sviluppo in Italia nel periodo 1998-2000”,<br />

Statistiche in Breve.<br />

38


Istat (2001), “Statistiche sulla ricerca scientifica”, Collana informazioni,<br />

n.6.<br />

Istat (2002), “La ricerca e sviluppo in Italia nel periodo 1999-2001”,<br />

Statistiche in Breve.<br />

Malerba F. (1987), “L’attività di ricerca e sviluppo nell’industria<br />

italiana”, L’Industria.<br />

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Ocse (1994), “The measurement of scientific and technological activities.<br />

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development”, Frascati manual 1993, Parigi.<br />

Ocse (1999), “Basic science and technology statistics”, Parigi.<br />

Ocse, “Stan database for Industrial Analysis”.<br />

Orsenigo L. (2002), “L’attività innovativa dei macro-soggetti: grandi<br />

imprese, università, istituti nazionali”, in Quadrio Curzio A., Fortis M. e<br />

Galli G. (a cura di) (2002), Competitività, ricerca e innovazione in Italia,<br />

Il Sole 24-Ore, Roma.<br />

Statisisches Bundesamt (1995 e 1997), “Produzierendes Gewerbe”,<br />

Fachserie 4, Reihe 4.3 e 4.1.2.<br />

Statistics Bureau & Statistics Center (2000/a), “Establishment and<br />

Enterprise Census”.<br />

Statistics Bureau & Statistics Center (2000/b), “Survey of Research and<br />

Development”.<br />

39


Stifterverband Wissenschaftsstatistik (2000), “FuE-Datenreport”.<br />

F. Traù (1999), “La questione dimensionale nell’industria italiana: un<br />

quadro complessivo dei noti strutturali e dei problemi aperti”, in F. Traù<br />

(a cura di) (1999), La “questione dimensionale” nell’industria italiana,<br />

Bologna, Il Mulino.<br />

U.S. Census Bureau (2000), “1997 Economic Census”.<br />

40


Working Paper pubblicati<br />

1. Testing purchasing power parity between Italy and the US with maximun likelihood<br />

methods, di Marco Malgarini, Ottobre 1996<br />

2. Costo d'uso del capitale e distorsioni fiscali in Italia, 1980-1996, di M. Gabriella<br />

Briotti, Ottobre 1996<br />

3. Commercio estero e occupazione in Italia: una stima con le tavole intersettoriali, di<br />

Sergio de Nardis e Marco Malgarini, Ottobre 1996<br />

4. La mobilità territoriale delle imprese dal 1970 ad oggi, di Fabrizio Traù e Massimo<br />

Tamberi, Ottobre 1996<br />

5. La mobilità dimensionale delle imprese nell'industria italiana, di Fabrizio Traù,<br />

Ottobre 1996<br />

6. Mobilità e disoccupazione in Italia: un'analisi dell'offerta di lavoro, di Riccardo Faini,<br />

Giampaolo Galli e Fulvio Rossi, Ottobre 1996<br />

7. Ristrutturazione finanziaria e proprietaria e ricorso al mercato di borsa: un'indagine sui<br />

servizi di investment banking in un gruppo di Pmi, di Ugo Inzerillo, Febbraio 1997<br />

8. Stock e costo del capitale con misure di deprezzamento non geometrico, di Paolo<br />

Annunziato e Ioannis Ganoulis, Febbraio 1997<br />

9. Sviluppo economico e occupazione nei paesi industriali, di Fabrizio Traù, Giugno<br />

1997<br />

10. La composizione settoriale dell'occupazione manifatturiera: continuità e cambiamento<br />

strutturale (1951-1991), di Fabrizio Traù, Giugno 1997<br />

11. Inflazione e disoccupazione in Europa: determinanti strutturali e politiche<br />

macroeconomiche, di Marco Malgarini e Francesco Paternò, Giugno 1997<br />

12. Legislazione, sindacato e licenziamenti collettivi - Un'analisi su dati aziendali, di<br />

Paolo De Luca e Ioannis Ganoulis, Settembre 1997<br />

13. Scambi con l'estero e posti di lavoro: l'industria italiana nel periodo 1980-95, di<br />

Sergio de Nardis e Francesco Paternò, Settembre 1997<br />

41


14. A decade of regulatory reform in Oecd countries: progress and lessons learned, di<br />

Scott H. Jacobs e Marco Malgarini, Marzo 1998<br />

15. Un approccio "interattivo" alla teoria del reddito permanente di Edoardo Gaffeo,<br />

Giugno 1998<br />

16. Dalle politiche passive alle politiche attive del lavoro: il ruolo della formazione<br />

professionale, di Andrea Montanino, Ottobre 1998<br />

17. Specializzazione settoriale e qualità dei prodotti: misure della pressione competitiva<br />

sull'industria italiana, di Sergio de Nardis e Fabrizio Traù, Ottobre 1998<br />

18. Confronti internazionali di dati censuari: aspetti metodologici e riscontri empirici, di<br />

Anita Guelfi e Fabrizio Traù, Luglio 1999<br />

19. La discontinuità del pattern di sviluppo dimensionale delle imprese nei paesi<br />

industriali: fattori endogeni ed esogeni di mutamento dell' "ambiente competitivo", di<br />

Fabrizio Traù, Settembre 1999<br />

20. Investigating the credit channel: a parallel between the us case and the italian one, di<br />

Francesco Paternò, Febbraio 2000<br />

21. Formazione aziendale, struttura dell’occupazione e dimensione dell’impresa, di<br />

Andrea Montanino, Marzo 2000<br />

22. Regulation in Europe: justified burden or costly failure?, di Sandrine Labory e Marco<br />

Malgarini, Marzo 2000<br />

23. Employment protection and the incidence of unemployment: a theoretical framework,<br />

di Anita Guelfi, Marzo 2000.<br />

24. Can tax progression raise employment?, di John P. Hutton e Anna Ruocco, Novembre<br />

2000.<br />

25. Le privatizzazioni bancarie in Italia, di Marcello Messori e Ugo Inzerillo, Novembre<br />

2000.<br />

26. Employment protection, growth and jobs, di Giampaolo Galli, Aprile 2001.<br />

27. Allargamento a Est dell’Unione Europea: gli effetti sul mercato dei beni, di Stefano<br />

Manzocchi e Beatrice Pierluigi, Maggio 2001<br />

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28. Allargamento a Est dell’Unione Europea: l’impatto sugli investimenti diretti esteri di<br />

Stefano Manzocchi e Beatrice Pierluigi, Maggio 2001<br />

29. Allargamento a Est dell’Unione Europea: il quadro di riferimento per le politiche<br />

comunitarie di sviluppo regionale e coesione, di Giuseppe Mele, Giugno 2001<br />

30. Ristrutturazione bancaria, crescita e internazionalizzazione delle Pmi meridionali, di<br />

Giovanni Ferri e Ugo Inzerillo, Novembre 2002<br />

31. L'aritmetica del congiunturalista: misure di confronto temporale e loro relazioni di<br />

Ciro Rapacciuolo, Dicembre 2002<br />

32. Specializzazione produttiva e struttura dimensionale delle imprese: come spiegare la<br />

limitata attività di ricerca dell’industria italiana di Giovanni <strong>Foresti</strong>, Dicembre 2002<br />

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