WP - Foresti - 32.pdf - Confindustria
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icerca presente nelle varie classi dimensionali dei settori manifatturieri<br />
italiani è, anche a parità di struttura produttiva e dimensionale, inferiore a<br />
quella registrata negli altri paesi considerati. Dalla tabella 4 (ultima riga)<br />
è infatti evidente che la spesa in R&S italiana sarebbe molto più elevata<br />
se l’industria italiana avesse un’intensità di ricerca simile agli altri paesi<br />
considerati e, in luogo del 2,01% effettivamente investito, oscillerebbe<br />
fra il 3,71% e il 5,15% a seconda dell’intensità di ricerca utilizzata nella<br />
simulazione.<br />
Alle stesse conclusioni si può giungere analizzando le tabelle<br />
contenute nell’Appendice 3. Da queste emerge, infatti, che l’intensità di<br />
R&S presente nelle varie classi dimensionali dei settori economici italiani<br />
è generalmente inferiore a quella che caratterizza le imprese di pari<br />
dimensioni degli altri paesi qui analizzati. Solo le medie imprese italiane<br />
(quelle cioè tra i 500 e i 999 addetti) mostrano un’intensità di R&S<br />
talvolta in linea con quella degli altri paesi e molto spesso superiore a<br />
quella presente nelle imprese di pari dimensioni del Giappone e degli<br />
Stati Uniti.<br />
5. Come scomporre il divario italiano<br />
L’analisi fin qui svolta indica che le insufficienti risorse investite<br />
in R&S in Italia dipendono sia dalla più bassa intensità di ricerca che<br />
caratterizza le imprese italiane, sia dalla particolare specializzazione<br />
produttiva e dimensionale. In questo paragrafo si prova a fornire una<br />
misura quantitativa dei singoli effetti che spiegano il divario<br />
complessivo. Matematicamente il deficit di ricerca italiano può essere<br />
rappresentato dalla seguente equazione:<br />
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