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Il quaderno Sism 2012-2013 - Societa italiana di storia militare

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38 American legacy • La SISM ricorda Raimondo Luraghi<br />

L’Unità 7 settembre 1947 n. 211 (ed. piemontese)<br />

Fu il popolo<br />

Sembrava che l’afa estiva non volesse morire in quel mese fatale <strong>di</strong> settembre.<br />

La calura gravava suoi colli e sul piano calcinando le carrozzabili e le<br />

strade <strong>di</strong> campagna.<br />

Autocarri militari privi <strong>di</strong> ruote, traini <strong>di</strong> artiglieria, mezzi blindati se ne<br />

stavano sparsi un po’ dovunque nei campi, lungo le strade secondarie, semicapovolti<br />

nei fossi. Uomini sconvolti, sbandati, <strong>di</strong>spersi famelici, coperti <strong>di</strong><br />

sudore e <strong>di</strong> polvere, parte in <strong>di</strong>visa, parte stranamente mascherati con vecchi<br />

cenci borghesi d’ogni foggia e colore, andavano errando per ogni dove men<strong>di</strong>cando<br />

pane ed asilo.<br />

Nelle vie e sulle piazze delle città e dei borghi risuonava l’aspra parlata<br />

teutonica: uomini dal viso duro sotto i gran<strong>di</strong> caschi d’acciaio balzavano,<br />

armi spianate, dai carri d’assalto, spalancavano a pedate le porte delle abitazioni.<br />

La ra<strong>di</strong>o <strong>italiana</strong> taceva; i giornali non uscivano, i treni erano fermi, le<br />

comunicazioni interrotte, tutto il Paese sembrava sprofondare nel caos. I <strong>di</strong>rigenti<br />

responsabili della nazione non c’erano più: erano scomparsi nella rotta,<br />

nella fuga, nel tra<strong>di</strong>mento.<br />

Nel momento più tragico della sua <strong>storia</strong> il popolo italiano era solo: solo <strong>di</strong><br />

fronte al suo destino.<br />

* * *<br />

Settembre moriva. <strong>Il</strong> sole cadente si attardava sulle piccole case del paesetto<br />

prealpino. Dalle porte uscivano le donne ed i bimbi per veder passare un<br />

pugno <strong>di</strong> uomini dai visi bruni e barbuti, dagli scarponi infangati che traversava<br />

la piazzetta. Avevano bombe a mano e caricatori alla cintura, moschetto<br />

al braccio; al collo <strong>di</strong> qualcuno un fazzoletto scarlatto. Presso la fontana, un<br />

vecchio men<strong>di</strong>cante li vide, li salutò con suono della sua fisarmonica: una<br />

vecchia canzone della sua gioventù. “Torna, torna Garibal<strong>di</strong>…”.<br />

Le donne, gli uomini sorridevano, i bimbi battevano le mani. Nell’imbrunire<br />

gli abitanti del paesello sperso sentirono che qualcosa <strong>di</strong> nuovo era nato, che<br />

non erano più soli.<br />

<strong>Il</strong> popolo italiano non era più solo. Alla sua testa riviveva Garibal<strong>di</strong>. Gli<br />

uomini che una sera buia, avevano voluto il nome dell’Eroe come egida alla<br />

Parte I . Appunti <strong>di</strong> lezione

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