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Filosofia e retorica

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<strong>Filosofia</strong> e <strong>retorica</strong> 2<br />

dato; perciò affermiamo che essa non costituisce una tecnica intorno a un<br />

genere proprio e determinato» 1 . L’entimema è un sillogismo nel quale una<br />

premessa viene omessa, in ragione della sua ovvietà. La <strong>retorica</strong> appartiene<br />

dunque all’ambito del probabile, della conoscenza diffusa e non scientifica, e<br />

si differenzia dalla dialettica per il fatto che quest’ultima fa uso esclusivo di<br />

argomenti di tipo razionale. Di conseguenza, l’entimema può sostenere una<br />

tesi e anche convincere, ma non dimostrare. Infatti «La <strong>retorica</strong> è analoga<br />

alla dialettica: entrambe riguardano oggetti che, in certo modo, è proprio<br />

di tutti gli uomini conoscere e non di una scienza specifica. Perciò tutti<br />

partecipano in certo modo a entrambe; tutti infatti sino a un certo punto si<br />

preoccupano di indagare su qualche tesi e di sostenerla, di difendersi e di<br />

accusare» 2 .<br />

La <strong>retorica</strong> perciò ha anche una destinazione concreta, di matrice politica<br />

che Aristotele individua al di sopra degli altri usi possibili: «La sua<br />

funzione riguarda argomenti intorno ai quali deliberiamo e intorno ai quali<br />

non abbiamo arti, e di fronte a uditori che non sono in grado di trarre<br />

un’inferenza da molti elementi, né di ragionare alla lontana» 3 . Dunque, essa<br />

ha per oggetto precipuo argomenti che attengono all’attività deliberativa.<br />

La dialettica riguarda il sapere opinativo, nel caso che esso si applichi in<br />

particolar modo alla politica. Aristotele mostra così di trovarsi a cavallo tra<br />

la pratica dei Sofisti e la rifondazione della <strong>retorica</strong> proposta da Platone<br />

nel Fedro, dopo la drastica liquidazione del Gorgia. Viene ripreso lo sforzo<br />

platonico di abbandonare una <strong>retorica</strong> fatta di parole ingannatrici e vuote,<br />

ma allo stesso tempo se ne accentua la natura debole.<br />

In ogni caso, pur riconoscendo il ruolo dell’emozione e il ricorso alle tecniche<br />

psicagogiche, Aristotele lamenta che la <strong>retorica</strong> ha negletto l’elemento<br />

argomentativo, svuotandosi per conseguenza di contenuto. L’emozione è<br />

elemento immancabile e anzi necessario, ma dev’essere prodotta dal flusso<br />

degli argomenti (cioè, ancora una volta, dai contenuti) e non da espedienti<br />

esterni, di matrice esclusivamente verbale. Peraltro, Aristotele imputa questo<br />

decadimento al fatto che l’oratoria sia stata applicata all’attività forense,<br />

che giudica secondaria, piuttosto che alla sua fisiologica destinazione, e cioè<br />

la deliberazione politica.<br />

Aristotele opera una cesura fra dimostrazione scientifica e argomentazione<br />

<strong>retorica</strong>. La prima non solo possiede un indiscutibile rigore formale, ma<br />

finisce per essere cogente nei confronti dell’ascoltatore, le cui caratteristiche<br />

sono inessenziali al buon fine della dimostrazione stessa. Invece, la seconda<br />

Ruolo<br />

deliberativo<br />

della <strong>retorica</strong><br />

Il ruolo dell’emozione<br />

Dimostrazione<br />

e<br />

argomentazione<br />

1 Aristotele, Retorica, 1355 b 25–34.<br />

2 Aristotele, Retorica, 1345a, 1–5.<br />

3 Aristotele, Retorica, 1357a 1–3.

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