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10 Modernizzazione<br />
Il marketing ha il suo valore<br />
anche per le piccole imprese sarde<br />
Recentemente mi è capitato tra le mani un libro, Addio<br />
al marketing, di Gerd Gerken edito dalla Isedi, con<br />
prefazione di Luciano Benetton. La perentorietà del<br />
titolo anticipa molto chiaramente la tesi di Gerken secondo cui,<br />
in relazione alle mutate condizioni ambientali, il marketing<br />
è andato progressivamente a perdere la propria funzionalità.<br />
Nella nuova dinamicità del mercato, il tradizionale approccio di<br />
marketing finirebbe col condizionare eccessivamente l’attività<br />
dell’impresa, costretta sempre a “inseguire” la domanda. In<br />
quest’ottica, Gerken parla dell’interfusione, ovvero della cura<br />
ottimale delle relazioni per giungere all’integrazione totale<br />
tra domanda e offerta, a una mimesi che generi valore da<br />
una parte e dall’altra. Non più semplicemente analisi della<br />
domanda, per reagire ai suoi stimoli, ma fusione con essa:<br />
ciò dovrebbe portare alla costruzione di un pensare comune<br />
che assicuri alle imprese la capacità di anticipare il mercato<br />
e, conseguentemente, di modellarlo. Questa filosofia implica<br />
l’adozione di un modello di management più spregiudicato che,<br />
giocando sul tempo ed investendo su una domanda in fieri, porta<br />
all’abbandono del “vecchio” concetto di pianificazione per<br />
obiettivi, troppo rigida e strutturata, per abbracciare la logica del<br />
prova ed errore: procedere per tentativi, accettando gli “sbagli”<br />
come elementi strutturali in un processo d’apprendimento<br />
continuo e circolare. È qui che Gerken, estremizzando, da<br />
l’addio al marketing.<br />
Credo sia possibile ipotizzare un parallelismo tra le linee evolutive<br />
tracciate dall’autore per le grandi aziende multinazionali<br />
e le peculiarità di successo che contraddistinguono il modello<br />
della “nostra” piccola e media impresa. Rispetto alla grande<br />
impresa, infatti, le Pmi si caratterizzano per la loro maggiore<br />
flessibilità, adattabilità ed agilità relazionale. La “presa diretta”<br />
col singolo cliente, piuttosto che con un fantomatico mercato,<br />
assicura velocità di reazione e capacità market driving, ovvero<br />
l’attitudine ad anticipare i bisogni dei propri clienti e soddisfarli<br />
meglio dei concorrenti. Proprio quello di cui avrebbe bisogno<br />
la grande impresa.<br />
L’esperienza quotidiana, però, porta a ritenere che per le Pmi e<br />
in particolare per quelle sarde valgano considerazioni opposte<br />
in merito al ruolo e all’utilità del processo di pianificazione<br />
strategica. In molti casi, purtroppo, un approccio metodologico<br />
di prova ed errore “puro” si è rivelato sanguinario per la piccola<br />
impresa che, dal punto di vista finanziario, non può permettersi<br />
di sbagliare troppo spesso. Inoltre, per superare definitivamente<br />
la sindrome di Peter Pan, che rischia di compromettere la<br />
competitività delle nostre aziende in mercato sempre più<br />
turbolento, si impongono alle piccole e medie imprese nuove<br />
strategie per una crescita dimensionale e qualitativa.<br />
Organizzarsi in rete non basta più. Occorre, invece, “disciplinare”<br />
la flessibilità attraverso processi di pianificazione<br />
strategica. Pianificare vuol dire poter perseguire razionalmente,<br />
cioè correndo il minimo rischio, delle politiche d’impresa<br />
che portino alla conquista di nuovi mercati, al lancio di<br />
prodotti inimitabili, alla “costruzione” di profili esclusivi per<br />
la propria marca. Significa, inoltre, valorizzare l’inventiva del<br />
singolo lavoratore, strutturare e codificare l’apprendimento<br />
per sviluppare una capacità di produrre innovazione che sia<br />
replicabile nel tempo e assicuri in tal modo la rigenerazione<br />
del vantaggio competitivo. Così come la grande azienda tenta<br />
di avvicinarsi al modello della piccola impresa, concentrandosi<br />
sul core business e riorganizzandosi con strutture “orizzontali”<br />
e meccanismi operativi semplici e leggeri, allo stesso modo le<br />
Pmi dovrebbero mutuare parzialmente, adattandolo alle<br />
loro peculiarità, il modo di pensare e agire della grande impresa.<br />
Anch’esse possono, anzi devono, pianificare la propria attività,<br />
rinunciando a un poco della loro proverbiale flessibilità,<br />
per adottare un approccio più manageriale alla gestione<br />
dell’azienda, che consenta di migliorare l’efficienza complessiva<br />
della gestione e vincere il confronto competitivo in uno<br />
scenario globale.<br />
Antonello Caredda<br />
10<br />
gennaio 2002