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I nodi della crescita<br />
Le aziende sarde crescono poco<br />
Perché? Resistenza al cambiamento<br />
Il 2000 è stato un anno positivo per<br />
la dinamica delle imprese della provincia<br />
di Cagliari, come si rileva dal<br />
Rapporto su “L’economia della provincia<br />
di Cagliari: Consuntivi 2000 - Tendenze<br />
2001” predisposto dal Banco di Sardegna.<br />
Dal punto di vista numerico le imprese<br />
sono aumentate del 2,7 per cento, più<br />
rapidamente del triennio passato (2,4%)<br />
e la vivacità imprenditoriale è risultata<br />
maggiore rispetto al panorama nazionale<br />
(1,8). Se possiamo essere soddisfatti dal<br />
punto di vista della natalità delle imprese,<br />
non altrettanto si può dire per quanto<br />
riguarda la crescita delle aziende, o anzi<br />
la non crescita delle aziende. La maggior<br />
parte delle nostre imprese, infatti, pur<br />
operando sul mercato da anni e sempre<br />
nello stesso campo, non sono mai cresciute<br />
in modo significativo. L’imprenditore<br />
ha conservato la dimensione d’impresa<br />
che ha creato o ereditato, accettando la<br />
non crescita o la crescita poco significativa<br />
come un dato di fatto, un elemento<br />
ineluttabile che deve essere accettato,<br />
imputabile a fattori esterni all’azienda.<br />
Questo comportamento va contro la<br />
logica d’impresa. Crescere lentamente<br />
e comunque meno delle altre imprese<br />
dello stesso settore significa non sfruttare<br />
appieno tutte le potenzialità, perdere quote<br />
di mercato e prima o poi soccombere. Una<br />
rappresentazione grafica del fenomeno,<br />
seppure limitata ad un breve periodo di<br />
riferimento, è quella riportata dalle due<br />
figure che seguono. Nella prima si mostra<br />
come i dati relativi ai ricavi, all’attivo<br />
e al patrimonio netto di un campione di<br />
imprese sarde sono rimasti pressoché<br />
immutati nell’arco di quattro anni pur<br />
aumentando gli utili, segno che gli imprenditori<br />
non intendono reimpiegare i profitti<br />
per la crescita dell’impresa. Nella seconda<br />
si evidenzia una sostanziale staticità delle<br />
imprese di minori dimensioni in un arco<br />
di tempo di circa quindici anni.<br />
Perseguire la crescita come obiettivo<br />
avrebbe invece i suoi vantaggi: i proprietari<br />
vedrebbero maggiormente valorizzati<br />
i propri capitali e, a livello macroeconomico,<br />
un maggiore dinamismo porterebbe<br />
nel territorio produzione di posti di lavoro<br />
e benessere. Quali sono le cause di questa<br />
mancata crescita e, soprattutto, quali i<br />
rimedi? Se si analizzano le resistenze<br />
al cambiamento, ci sono almeno tre tipi<br />
di ostacoli che frenano lo sviluppo: la<br />
carenza di orientamento all’innovazione<br />
dello stesso imprenditore o del management<br />
dell’azienda, la volontà di mantenere<br />
il controllo della proprietà dell’azienda e<br />
il condizionamento esterno.<br />
Per quanto riguarda la propensione all’innovazione<br />
e al rischio, si tratta di caratteristiche<br />
che in parte l’imprenditore<br />
dovrebbe possedere già nel patrimonio<br />
genetico ma che possono anche essere<br />
acquisite. I vincoli nei confronti dello<br />
sviluppo sono noti e ampiamente documentati<br />
dai fatti. Non per tutti il cambiamento<br />
può essere considerato un fattore<br />
motivante ma semmai una minaccia,<br />
soprattutto se il percorso di crescita scelto<br />
comporta cambiamenti organizzativi,<br />
l’acquisizione di nuove competenze,<br />
l’introduzione di nuove persone o la<br />
modifica degli assetti di potere. Una<br />
possibile soluzione per affrontare il<br />
problema dell’innovazione della cultura<br />
aziendale può essere rappresentata dalla<br />
disponibilità di conoscenze relative a<br />
nuove tecnologie, brevetti, nuovi prodotti<br />
offerti dalle istituzioni locali oltre che dalla<br />
volontà dell’imprenditore di effettuare<br />
gli investimenti necessari per utilizzare<br />
questi vettori di sviluppo. All’interno<br />
delle singole aziende l’imprenditore può<br />
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gennaio 2002