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Luglio / Agosto - Sardinews

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Che vergogna3L’Isola che non c’è: una rete commerciale internazionale che nulla lascia in SardegnaAl bar di Elmas soltanto panini forestieriManca quello sardo, a Modena non lo fannoUn poco elegante bustone di plasticaper i rifiuti nasconde il pezzopiù esotico della collezione: il«panino inglese» che è fatto con pancettae formaggio edamer. Tutto il resto è madein Italy: c’è il panino tirolese (edamer especk), il panino bolognese (mortadellae rucola), il menu calabrese (una variantecon salame al peperoncino), il menù milanese(prosciutto cotto, maionese, uovae insalata), il menu modenese (pollo,radicchio il tutto condito con aceto balsamiconaturalmente di Modena), il menusiciliano (panino con tonno, pomodoroe origano). Volete bere? Pubblicità dellaPepsi Cola. Volete patatine fritte per il vostrobambino? Eccovi “Le Contadine” chearrivano da Pomezia, agro romano oppureil cubo crik-crok. Patatine fritte? Quellesurgelate non si negano a nessuno, Finduso Surgela poco fa, l’importante è che nonsiano prodotte in Sardegna, l’importanteè che tutto arrivi rigorosamente da tuttoil mondo ma nulla dall’isola dei nuraghi.Affianco al bar c’è un chiosco dove sivende un sacchetto di juta con erbe: c’èscritto Sardegna, c’è disegnato un nuraghe.Erbe sarde, si direbbe. No, arrivanodalla Adm di Rivarolo Torino. Del resto:i pesci non arrivano da Chioggia, da SanBenedetto del Tronto e dal Pacifico? Lebistecche non arrivano da Reggio Emilia,dalla Baviera e dall’Argentina? Il carbonenon arriva dalla ex Jugoslavia e addiritturadal Venezuela? Il caffè non è Lavazza oIlly? Perché menar scandalo per un panino“forestiero”?Dicevamo del bar di Elmas, di uno deitanti bar della Sardegna (perché se andatea Castiadas o a Macomer trovate, anchelì, i panini preconfezionati, spediti incellophanatida Bolzano o da Brescia. Per cuiun semplice panino, che dovrebbe esserefatto sul momento, che dovrebbe esserefragrante, che dovrebbe essere conditocon prodotti freschi locali, col pomodorodi Serramanna o col tonno di Carloforte,ecco che vi arriva in aereo da un paesinosotto le Dolomiti. Il commerciante sardofa pagare quel panino tre euro, unoresta a lui, due li rispedisce a Bolzano eBrescia. Evviva il commercio. Evviva ilturismo. Evviva la capacità dei sardi diintraprendere. Se quei panini fossero fatti“in casa” i tre euro non resterebbero tuttiin Sardegna?).Dicevamo di un fatto che potrebbe appariresecondario se non fosse ormai chiaroche tutto ciò che si consuma in Sardegnagiunge da oltreTirreno e da oltrAlpe. C’èallora da menar scandalo se in un bardell’aeroporto di Cagliari sono proposti ipanini di tutti il mondo tranne che quellisardi? Ma sarà un affronto al palato proporreanche un panino con moddizzosudi Sanluri, un po’ di salsiccia di Murrudi Irgoli o di Boi di Nuraminis? E se vendesseroun panino (fatto in Sardegna, nona Pomezia, come le baguette che trovateanche in molti supermercati) con una fettadi caprino del Gerrei o della Baronia? No,meglio il formaggio edamer, gorgonzola,taleggio, parmigiano.Ci chiedevamo se c’è da menar scandalo.La risposta a ciascuno dei lettori. L’autarchiadel panino non c’entra. Il fatto èche la gestione del bar dell’aeroporto diCagliari-Elmas è stata affidata a una dittadi tutto rispetto, la “Cremonini Spa” diModena, amministratore delegato delladivisione ristorazione Valentino Fabbian,amministratore delegato del gruppo VincenzoCremonini di 39 anni. Un gruppoche ha 4500 dipendenti, ricavi totali per367,5 milioni di euro in crescita del 9,4per cento rispetto al primo trimestre del2002, l’Ebitba ha registrato un incrementodel 19,8 per cento.È un colosso la Cremonini. Con la Marrè leader nazionale nella distribuzione diprodotto alimentari (gli antipasti di pesceche mangiate in quasi tutti i ristoranti sardisono quasi tutti uguali perché sono tuttiMarr). Con la produzione sfodera i marchiInalca e Montana (carni). Ha una fiorentecatena di ristorazione: solo in questocampo ha 2100 dipendenti, serve all’anno60 milioni di clienti, dal 1990 cura la ristorazionea bordo dei treni, gestisce 76 treniEurostar che collegano la Waterloo Stationdi Londra a Parigi e a Bruxelles, serve 37milioni di pasti all’anno. Insomma, una signoraazienda. Con funzionari intelligenti.Quando <strong>Sardinews</strong> ha chiamato la Cremoninia Modena per sapere come mai, nelbar di Elmas, non c’era almeno un paninosardo, la signora Claudia Zani ha rispostogentilmente: “Stiamo provvedendo, a breveinseriremo anche il panino sardo”.Grazie? Certo, grazie. Ma l’apologo delpanino sardo non è il segnale di un’Isoladove l’economia gira storta? Dove l’abulìaè eccessiva? Il bar di Elmas dovevaessere gestito proprio da Cremonini? Se loavesse gestito Pirarba, Mulas o Mullanu cisaremmo dovuti scandalizzare? E perchéPirarba, Mulas e Mullanu non sono dietroquel bancone? C’è Cremonini che per unpanino bolognese fa pagare euro 5,70 eper un panino siciliano euro 5,80. Quiresta lo stipendio del banconiere, il restovola a Modena. Menar scandalo? No. Evvivaquesta forma di globalizzazione.L.M.luglio agosto 2003 3


SocietàPerché tanti no alle richieste di diplomati e laureati da impiegare nel call center di un’aziendaChi vuol lavorare in turno sabato domenicaa Natale e a Capodanno, prego, si faccia avantiQualche mese fa una testatalocale riportava la notiziadi una selezione per giovanidiplomati e laureati, finalizzata all’inserimento,per diverse figure professionali,in un call center in Sardegna.In particolare l’articolo sottolineavail fatto che la società incaricata dellaselezione, contrariamente alle previsionifatte a tavolino sulla base dei datirelativi alla disoccupazione nell’isola,aveva trovato difficoltà nel reclutamento,difficoltà legata principalmenteal fatto che il tipo di lavoro prevedeval’articolazione su turni.Credo che il tema meriti qualche riflessione,oltre a quelle interessanti giàproposte dall’autore dell’articolo.Se consideriamo il problema dell’orariodi lavoro in assoluto, staccato daspecifici contesti, non c’è niente discandaloso o di anomalo nel fatto chenella maggior parte dei casi una personapreferisca lavorare da giornaliero(mattina e/o pomeriggio). Tutta la nostrasocietà è articolata prevalentementesulla settimana, “gira” con il sabatoe la domenica di riposo, con Natale eil Capodanno rigorosamente festivi.È vero che le cose da questo puntodi vista stanno lentamente cambiando(le città mercato e i negozi aperti nelweek end ne sono una prova), perònella maggior parte dei casi il turnistavive effettivamente un po’ fuoridai ritmi più generali delle società.Società globale, per usare un terminedi moda, nella quale i giovani, sonoprofondamente integrati e nella qualele relazioni e i contatti personali sonoamplificati.Perché, avendo la possibilità di scegliere,non si dovrebbe allora preferirelavorare vicino alla propria abitazione,con un lavoro piacevole, quindi attitudinalee non troppo faticoso? È questal’ambizione di molti, non solo dellenuove generazioni.Qual è però l’elemento di differenza,che cosa contestualizza subito questapossibilità teorica di scelta? Sta tuttonella frase incidentale “avendo la possibilitàdi scegliere”.Esiste cioè in realtà questa alternativa,questa possibilità? Dal rifiuto di queiposti di lavoro si direbbe di si. Ma seè così bisogna chiedersi se dietro vi èuna reale alternativa lavorativa o se sitratta dell’alternativa di una famigliache “copre” comunque e a qualunquecosto i bisogni dei giovani.Nel primo caso è il rifiuto è sacrosanto.Bisogna prendere coscienza del fattoche è corretto mirare alla realizzazionedelle proprie aspettative, trovare un lavoroconfacente alle proprie attitudini,che diverta, perché no, e che consentadi rispettare la scala di priorità che igiovani oggi hanno. Il tema del bilanciamentotra vita professionale e vitaprivata è molto sentito e legittimo,a tutti i livelli. Lo si vede da piccoliindizi. Ai convegni ad esempio ieri cisi presentava elencando i master e ititoli conseguiti, le cariche societariericoperte, oggi si assiste ad autopresentazioninelle quali si parla anchedella famiglia, degli hobby e dei figli.Quasi a sottolineare una nuova dignitàdella parte non lavorativa, privata delsingolo.Il vero problema è rappresentato daquei casi in cui l’alternativa lavorativanon esiste. In questo contesto non siha scelta, bisogna guardare in facciala realtà e accettare di iniziare a fareesperienza per poi cercare di migliorarecon impegno, professionalità ededizione. Credo che a volte i giovaninon riescano a vedere questa mancanzadi alternative, perché in realtàl’alternativa c’è, ed è rappresentata,come accennavo prima, dalla famiglia.Si preferisce sopravvivere in casa easpettare un’occasione migliore, genitoripermettendo. Questo tema hainteressato anche il cinema: nel filmTanguy è dipinta bene questa situazioneparadossale in cui il figlio trentennenon vuole andare via di casa mentre,alla fine i genitori, rendendosi contodella sua totale dipendenza da loro,fanno di tutto per responsabilizzarlo erenderlo autonomo.Credo che la voglia di lavorare, diimparare, di sacrificarsi ci sia ancheoggi. Credo che molta di questa vogliadipenda da come le persone sono stateeducate, dagli esempi che hanno avutoin casa, dai valori che gli sono stati trasmessi.Fa più scalpore il rifiuto di unposto di lavoro di tanti casi di giovaniche vanno fuori a fare esperienza, aspecializzarsi, a costruirsi una professionalità,a prescindere dal titolodi studio.È importante sottolineare ancora chei valori in gioco e le scale di prioritàsono cambiati. E quelli dei giovaninon sono peggiori o migliori dei nostri.Sono diversi. Lo sforzo che dobbiamofare, posto che la mia generazione hacontribuito a trasmetterli e/o a crearliquesti valori, è di non giudicare questadiversa impostazione di vita. Dobbiamocapirla, esserne consapevoli perriuscire comunque a gestirla.Nella mia esperienza non ho rilevatodifferenze tra il senso di responsabilitàdi un giovane e di un anziano per illavoro nel momento in cui entrambivengono coinvolti, si sentono facentiparte di una squadra, sanno di essereun elemento importante e che l’aziendaconta su di loro. Sono rarissime leeccezioni di quelli che si tirano indietro.Certo i giovani non rimangono alavoro se non c’è niente da fare, soloper la presenza davanti al capo. Maquesto non vuol dire non essere attaccatiai “colori” dell’azienda. Vuol direche gli piace giocare a calcetto. Anchedallo sport si impara tanto.Annalisa Aru6luglio agosto 2003


Un buon esempio da imitare in Sardegna: un protocollo d’intesa non solo sulla cartaSe l’impresa dialoga con l’Università e viceversaIl caso Saras dopo quattro anni di collaborazioneRicercaIniziato fin dai primi anni della presenzadel Gruppo Moratti nell’isolacon alcune convenzioni con i dipartimentidella Facoltà di Ingegneria, proseguitonegli anni successivi con vari studie attività, la collaborazione tra GruppoSaras edUniversità di Cagliari ha trovatodefinizione organica col protocollo d’intesasiglato nel dicembre 1999 e integratonel febbraio successivo.La più grande industria esistente nell’isola(sede legale a Sarroch) e il maggiorecentro di cultura hanno messo nero subianco la volontà e l’interesse comune disviluppare l’attività di ricerca e valorizzarele risorse umane, attraverso l’inserimentodi giovani laureati e laureandi nelcontesto industriale.Forti dei propri “grandi” numeri: oltremille dipendenti diretti in Sardegna chesalgono a circa 1350 a livello di gruppo,oltre 3000 lavoratori collegati conl’indotto e una capacità produttiva di15milioni di tonnellate/anno, la Saras;quarantamila iscritti e oltre 3500 laureatiall’anno e di questi oltre 1500 in materiedi area scientifica, l’università di Cagliari.Le due realtà intendono fornire uncontributo alla realtà economica e occupazionaledella Sardegna.Lo “scambio di competenze e know-howtra azienda e mondo universitario”, indicatocome finalità dal protocollo, ha datovita dal ’99 al 2002 a 110 tra tirocini perabilitazione, borse di studio e stages percompletare con l’esperienza pratica ilbagaglio teorico. Sono stati coinvolti giovaniprovenienti da Ingegneria anzitutto,e poi Giurisprudenza, Scienze politiche,Economia, Psicologia, Scienza dell’educazionee Scienze biologiche; quattrodottorati di ricerca triennali, di cui trecon Ingegneria e uno con Chimica.Vediamo i titoli nel dettaglio, con ilDipartimento di Ingegneria Meccanica“Valutazione dello stato vibratorio emonitoraggio delle prestazioni del sistemaexpander”; con il Dipartimentodi Ingegneria Industriale “ Simulazionemodellistica delle unità di raffinazionedel petrolio” e “Applicazioni di tecnichechemiometriche nell’industria di raffinazione:caratterizzazione dettagliata degliaromatici nei gasoli e messa a punto diuna metodica on-line”; per la Facoltà diIl direttore Saras Chicco Gregu e, a destra, ilrettore Pasquale Mistretta (foto <strong>Sardinews</strong>).Chimica “Rimozione di composti solforatidalle benzine”.Sul fronte della ricerca e della consulenzaun team di ingegneri Saras e docenti universitari,dal 2000 a oggi, ha portato a termine6 applicazioni di durata pluriennalein merito allo “ Studio e la realizzazionedi sensori software con tecnologia neuraleper la predizione della qualità degliidrocarburi in colonne, frazionamento edistillazione primaria”. E sempre ingegneridel gruppo e professori dell’ateneoportano avanti studi per la “Realizzazionedi un impianto pilota trattamento acquedi scarico” iniziato nel 2002, della duratapluriennale, e ancora un progetto pluriennaleiniziato nel 2003 su “Attività di ottimizzazionecontrolli avanzati - controlliadattivi”.Delle attività didattiche fanno parte: uninsegnamento “Tecnologia del petrolio epetrolchimica 2”, un corso di formazione,seminari, la partecipazione a diverseconferenze internazionali a livello universitarioe visite guidate in raffineria.L’insegnamento di “Tecnologia del petrolioe petrolchimica 2” è rivolto aglistudenti del quarto anno (il primo dellaLaurea Specialistica) del Dipartimento diIngegneria Chimica e Scienza dei Materialidell’Università di Cagliari.Il corso comprende un ciclo di lezioniteoriche, tenute dai docenti universitari,sugli aspetti generali relativi ai processiproduttivi della raffineria, e cicli di semi-nari specifici curati da tecnici della Sarasdirettamente impegnati in questo settoreindustriale.Il corso di formazione, organizzato dallaSaras, da ottobre 2000 a settembre 2001,per ingegneri di processo in industrie delcomparto petrolifero/energia, ha avutocome sede del corso la raffineria di Sarroch,la partecipazione di 15 giovani disoccupati,neo laureati in Ingegneria, 1588ore di formazione per partecipante (dicui 708 di teoria e 880 di addestramentopratico) e come docenti 16 professoriuniversitari (provenienti da DipartimentiIngegneria Chimica e Ingegneria Meccanicae da Facoltà di Scienze) e 45 dipendentiSaras, la ricaduta occupazionale èstata di cinque assunzioni in Saras e duein società del gruppo.I seminari svolti presso l’Università dicui 3 aventi come oggetto “Le esperienzedi Saras sui controlli avanzati”, organizzatiin collaborazione con il Dipartimentodi Ingegneria Chimica e Scienza dei Materialie con il Dipartimento di IngegneriaElettronica, e un Seminario avente peroggetto “ Strumentazione e controllo”,organizzato in collaborazione con ilDipartimento di Ingegneria Chimica. Lelezioni sono tenute da universitari e ingegneriSaras, a fine seminario gli studentisono invitati in raffineria per osservare icasi di studio.Le conferenze nazionali e internazionalivedono spesso una partecipazione attivada parte di Saras con interventi qualificatidel proprio personale tecnico.Ma qual è il contributo tecnologico eculturale che un gruppo leader nel settoreenergetico come Saras offre alla comunitàscientifica? È il sistema di conoscenzelegato alla sua produzione. Ai processiproduttivi anzitutto, alle tecniche e tecnologieeco-compatibili (gli investimentiin materia di ambiente sono di oltre 4milioni di euro all’anno), alla gestionecommerciale e finanziaria all’interno diun mondo economico globalizzato (il45% delle materie prime arriva dal NordAfrica, il 25 dal Medio Oriente e il 44del mercato ha sbocco estero). E a tuttequelle complesse tecniche di gestione diapparati tecnologici in cui l’uomo interagiscecon la macchina.Paola Sanjustluglio agosto 2003 7


GlobalizzazioneQualche riflessione sulle turbolenze dell’euro forte e sulla proposta della cappatura nera pro LazioSe il dollaro si sgonfia che accade in Sardegna?Il mal di pancia della “filiera” del latte ovinoDopo quattro anni di super dollaro,risvegliarsi e costatare undeprezzamento di quasi il 30 percento, per di più nell’arco di pochi mesi,è stato certamente traumatico per il compartolattiero caseario sardo.Come noto, circa il 60 per cento dellaproduzione di formaggi e ricotte di latteovino è composta dal pecorino romano.Questo prodotto per oltre due terzi èesportato negli Stati Uniti, in sostanzapiù del 40 per cento dell’intera produzionecasearia.Se questi sono i numeri del comparto,si capisce facilmente perché il livello dicambio euro/dollaro è così importante ene influenza marcatamente l’andamentoeconomico. Con un dollaro forte il prezzodei formaggi, ma soprattutto il prezzodel pecorino romano, sale. Viceversa conil dollaro debole.Anche il mercato del latte, che è moltoconcorrenziale, riflette questo andamento.Il costo dei formaggi dipende per oltreil 70 per cento dal prezzo del latte, è quindinella logica delle cose, oltre che nellenormali leggi di mercato, che sul prezzodel latte, e quindi sul settore primario, siriflettano maggiormente i benefici o i guaidel rapporto fra le monete. Si capisconole accese “lamentazioni” degli allevatorima, se dal formaggio si ricava poco, pocosi può pagare il latte.Il problema e le lamentele sono da porsisu un piano diverso. Occorre uscire daquesta logica di mercato che vede benpochi margini di manovra. Partendo dallaconstatazione che oggi operiamo in unsettore certamente maturo, dove i marginidi profitto sono bassi, bisogna porsi inun’ottica d’innovazione e cambiamentoper andare dove da qualche tempo ilcomparto mondiale si muove. Spostarele produzioni verso formaggi più “facili”da mangiare, che incontrino l’ormaiconsolidato nuovo stile di vita che richiedemaggiorente prodotti freschi emeno calorici. Non che si parta dall’annozero, negli ultimi trent’anni in Sardegnaun po’ di diversicazione produttiva si èfatta, i formaggi da tavola sono una realtàconsolidata. Però certamente non è sufficiente,se il pecorino romano continua adessere preponderante sul totale della produzionecasearia, questo è un fattore che,alla luce delle cicliche crisi del comparto,va ridimensionato.Il “romano”, artefice della nascita e dellosviluppo dell’industria casearia in Sardegna,deve le sue recenti performance, intermini di quantità prodotte, (triplicatenegli ultimi trent’anni) alle restituzioniall’export. Le restituzioni, nate per compensarele misure protezionistiche deipaesi in cui si esportano le merci, sonodiventate vere e proprie incentivazioniall’export raggiungendo negli anni ottantaquasi il 50% del prezzo di venditadel formaggio. In queste condizioni sicapisce l’incremento della produzione,e quindi delle vendite, che però sonoaumentate nel settore dei prodotti a bassoprezzo. Come tutte le forzature, questisistemi che drogano il mercato, devono,prima o poi, fare i conti con la realtà chenon può mantenerli sine die. Oggi, conle restituzioni al 7/8 per cento del prezzofinale di vendita e con il dollaro a 1,15euro (1680 lire) la remunerazione delromano è molto bassa senza possibilità didifesa. Negli Stati Uniti, gran parte dellevendite e indirizzata all’uso industrialedove il consumo non è del prodotto talquale ma come ingrediente e dove quindirisulta difficile far valere i marchi e lecertificazioni Dop o Iso.Per tornare alle responsabilità e allelamentele, è quindi sul piano della diversificazioneproduttiva che, a mio avvisova affrontato il problema del crollo delprezzo del latte. Prescindendo da qualsiasiconsiderazione etica, che pure è datener presente, su un piano più strettamentemercantile, il settore della trasformazionedel latte, le industrie casearie,si devono rendere conto che il prezzodella matteria prima va salvaguardato.Considerarlo unicamente in relazioneal prezzo di vendita dei formaggi e nonpreoccuparsene se il rapporto è corretto,prescindendo da una sua eventuale nonsufficiente remunerazione, è una gravemiopia. Il mestiere di allevatore nelsettore ovino e notoriamente disagiato,soffre di un endemico sotto dimensionamentodelle aziende, con una mediadi non più di duecento capi, e i giovanispesso non gradiscono questo mestiere.Se non ci si pone l’obiettivo di un’adeguataremunerazione del latte, e moltoprobabile che le quantità di latte ovino(oggi circa 300 milioni di litri l’anno)diminuiranno sensibilmente. Va da séche anche il settore della trasformazionesubirà un ridimensionamento con tutto ilcorollario di crisi e tensioni che un’ipotesidi questo tipo comporta.8luglio agosto 2003


A ben vedere, anche a ragionare egoisticamente,la strada da seguire nonpuò che essere quella che da sempre inSardegna ha connotato il nostro settoree cioè la propensione alla vendita fuoridel mercato regionale con prodotti dibuona qualità. Il che ha consentito agliallevatori, per prima cosa, la possibilitàdi poter trovare un mercato di vendita dellatte, e, considerata la crescita e lo sviluppoin Sardegna di tutto il comparto, ad unprezzo mediamente soddisfacente.Il latte ovino, nel mare magnum delleproduzioni lattiere, e certamente una nicchiaproduttiva. Ha delle caratteristichepeculiari che consentono di valorizzarei formaggi. I Francesi, e non solo per ilroquefort sono un esempio da seguire.Non è facile orientarsi su queste per noinuove produzioni, ma ormai le difficoltàstoriche che hanno bloccato questo tipodi sviluppo sono superabili e superate.A cominciare dalla stagionalità, che puòessere eliminata, dalle nuove tecnologie,dalla conservazione dei prodotti, dallabuona, anche se non ancora perfetta,qualità del latte e dai sistemi distributiviche ormai diminuiscono il grave handicapstorico dell’isolamento. Non stoparlando di “cose”semplici da realizzare,per molti caseifici esiste un problema didimensioni, per tutti esiste un problemaculturale di approccio con nuovi tipi diprodotti per i quali occorre un’esperienzadiversa da quella storica della produzionecasearia sarda. Per i formaggi freschi, ilrigore produttivo, in relazione alla curadell’igiene e del mantenimento della“catena del freddo”, il confezionamentoun’adeguata distribuzione, sono elementiindispensabili. Questo è però il terrenosul quale nel prossimo futuro si dovrannoconfrontare le industrie di trasformazionedel latte ovino in Sardegna. È una sfidadalla quale dipenderà l’evoluzione o ilridimensionamento della filiera.Se il ministro ci “ prova”Giustamente è stata accolta con grandescalpore in Sardegna, la notizia dellamodifica del disciplinare di produzionedel pecorino romano. Da tempo esisteun contenzioso tra gli industriali laziali equelli sardi sulla richiesta dei produttoriLaziali di differenziare il loro formaggio.Sono noti, e possiamo anche capirnele ragioni, i tentativi di valorizzare leproduzioni del Lazio chiamando il loropecorino “genuino” facendo le forme piùgrandi etc.Ciò che non si può accettare e che, saltandotutte le procedure, senza preventivamenteaccordarsi con il Consorziodi tutela, che pure era stato convocato aRoma per arrivare ad un accordo, si decidaunilateralmente di avallare una modificaal disciplinare gravemente dannosaper i produttori sardi. Il contenuto dellamodifica riguarda una particolare formadi confezionamento che prevede il rivestimentoesterno del formaggio con unaprotezione di colore scuro, la cappatura,che oltre ad una funzione di protezione loidentifica come prodotto più stagionato equindi più pregiato. La produzione Lazialeè venduta in buona parte con questaconfezione ma, dato che, dell’intera quotadi pecorino marchiato e controllato dalGlobalizzazioneConsorzio di Tutela, non più del 5-6%è quella riferibile ai Laziali, si può bencapire che per dare un vantaggio a unaparte dei produttori si penalizza ben dipiù l’altra, i produttori Sardi.Il pecorino romano ha questo nomeperché nasce nel Lazio e deriva da unantico formaggio che faceva parte della“razione”degli antichi legionari romani.Fin dalla fine dell’ottocento però gli stessiproduttori Laziali spostarono in Sardegnaparte delle produzioni. Nel Lazio infattiscarseggiava la materia prima ed inoltrefu impedito di stagionare i formaggi all’internodella città di Roma dove eranoubicate la maggior parte delle “caciare”cioè delle cantine di salatura e stagionatura.Fu quindi normale nel 1953 con laconvenzione di Stresa, che riconosceva etutelava i prodotti tipici, individuare qualiuniche zone di produzione il Lazio, laSardegna e la provincia di Grosseto.Questi sono i dati storici e da qui chenasce, in modo inconfutabile, la paridignità che i sardi reclamano per il pecorinoromano prodotto in Sardegna.Se a questo aggiungiamo che ormai nelLazio le pecore sono in gran parte di razzaSarda, il disciplinare di produzione,ormai tutelato a livello comunitario conil riconoscimento della denominazioned’origine protetta, è unico, non si capisceperché gli industriali del Lazio devonoavere un particolare privilegio. Non pareil caso, come si potrebbe leggere fra lerighe di questo provvedimento, che gliindustriali del Lazio vadano “protetti”come “specie in via d’estinzione”. Gliindustriali sardi sono riusciti, in diversidecenni, a conquistare il mercato e lohanno fatto ad armi pari, magari favoritidalla maggior propensione alla pastoriziadella nostra regione, ma senza barare,cosa che invece sembra vogliano fare,grazie a un ministro compiacente, i colleghi“continentali. Né ci sembra degnadi replica la motivazione che essendo laSardegna in obiettivo uno abbia vantaggicommerciali di, addirittura, due € il chilo,perché quest’agevolazione non attienecertamente alla commercializzazione.Per concludere, se si vuole tornare al tavolodelle trattative credo che, in quellasede, si possa riconoscere volontariamente,e non perché dovuta, una qualcheforma di distinzione che consenta aiproduttori Laziali di avere un vantaggiocommerciale. Ma se si dovesse insisteresulle attuali posizioni, credo che non sipossa subire una simile prevaricazionee si dovrà andare verso un contenziosopresso gli organi comunitari.Giommaria Pinnaluglio agosto 2003 9


Emergenze cronicheLa siccità incombe ma la crisi regionale sfascia tutto e l’Ue tira le orecchie anche a RomaLa sete dei sardi affidata a una gara fra europeiDoveva nascere Acquasarda, un parto difficileCommissari che commissariano sestessi, schiere di lavoratori inviatein marcia contro il Palazzo, ricorsial Tar, enti strumentali della regione trasformatida un giorno all’altro in Spa, premialitàda salvare e gare internazionali dascongiurare. Mai come nel 2003 - proclamatodall’Onu anno mondiale dell’acqua- la disputa tutta sarda sulle gestione dellerisorse idriche ha provocato così tantochiasso. Un rumore indistinto che togliechiarezza alle singole voci, e impediscequalsiasi quadro d’insieme.La legge 36 del ’94. Per non perdersi dentroil problema, la bussola da seguire è lalegge Galli del ’94: ha vietato la gestionein economia diretta ossia la possibilità pergli enti pubblici, ad esempio un comune,di continuare a gestire l’acqua all’internodei propri bilanci. La legge dunque nondice “bisogna privatizzare” ma più semplicementeche bisogna esternalizzare ilservizio per consentire una gestione dellerisorse idriche secondo criteri di efficienza,efficacia ed economicità. La leggedice un’altra cosa importante: nel casoin cui si decida di esternalizzare a privati- e solo in questo caso - occorre seguire leregole dettate dall’Unione Europea: ossiaè necessaria una gara ad evidenza pubblica.Dunque la legge Galli non obbliga lapubblica amministrazione a fare entrare iprivati anche se a molti è parso che l’unicomodo per rispettare i criteri delle tre“e” (efficienza, efficacia, economicità) sial’affidamento ai privati.30 luglio del 2003. È la scadenza fatidicaentro la quale dovrà essere costituita laAcquasarda Spa, società consortile che,secondo l’ordinanza firmata dal commissarioper l’emergenza idrica Mauro Pili il30 giugno scorso, dovrà raccogliere tuttigli attuali gestori, Esaf in testa, trasformatiin Spa. Un’ordinanza che sfrutta lapossibilità di proroga per le concessioniaffidate senza gara prevista dall’articolo35 della legge 488 del 2001: ossia lafinanziaria nazionale 2002 che indica ladata del 30 giugno 2003 come termineultimo per l’affidamento diretto del servizioidrico integrato al gestore unico. Sel’Acquasarda dovesse restare una scatolavuota la gara - Pili ne è convinto- sarebbeinevitabile.Se convincere l’Esaf a far parte dellasocietà predisposta dalle ordinanze commissarialiappariva già prima un compitodifficile, ora - con un presidente platealmentesfiduciato in aula dalla sua stessamaggioranza, con una giunta regionaleinesistente e in pieno marasma istituzionale- l’impresa appare impossibile.Dubbi Ue. I giochi sarebbero comunquechiusi anche se l’Unione europea dovesseportare a compimento - ma i tempi siannunciano lunghi - la procedura di infrazioneaperta per mancato rispetto dei parametridella concorrenza nelle proceduredi affidamento previste dall’articolo 35della finanziaria nazionale. Sotto accusa ledisposizioni sul periodo transitorio per legestioni esistenti e la possibilità di affidamentodel servizio idrico integrato, senzagara, a società interamente pubbliche.Il maxiemendamento. Per neutralizzarele obiezioni dell’Ue, a maggio di quest’annoil Senato ha approvato - a tempodi record e con malumori all’interno dellastessa maggioranza - il maxiemendamentogovernativo che ha introdotto un limitecerto (il 31 dicembre del 2006) alla prorogadelle concessioni ottenute senza gara.La modifica prevede però due importantieccezioni. Cioè restano salve:1) le concessioni affidate - senza gara - allesocietà a capitale misto pubblico-privatonelle quali il socio privato sia stato sceltomediante procedura a evidenza pubblica.È il caso dell’Acquasarda spa che entrodue anni dovrà scegliersi i partner privatitramite gara ad evidenza pubblica.2) le concessioni cosiddette in house cioèaffidate direttamente a società a capitaleinteramente pubblico a condizione che glienti pubblici titolari del capitale socialeesercitino sulla società un controllo analogoa quello esercitato sui propri servizie che la società realizzi la parte più importantedella propria attività con l’enteo con gli enti locali che la controllano.È l’opzione auspicata dall’Esaf che siappella a un’importante sentenza emessadalla Corte di Giustizia nel 1999: la cosiddettasentenza Teckal ha escluso l’applicazionedelle norme sull’individuazioneconcorrenziale del concessionario nelsolo caso in cui il soggetto affidatario siadistinto solo formalmente dall’ente affidantee, per capirci, il soggetto gestore siconfiguri nella sostanza come una longamanus del pubblico. È proprio guardandoa questa sentenza che l’Esaf ha annunciatopoche settimane fa la costituzionedell’Esaf spa. Anche qui però la questionenon è semplice: molti giuristi sono infattipoco propensi ad estendere la sentenzaTeckal – che ha riguardato un’aziendaconsortile fra comuni, una Srl – anchealle società di capitali.Sull’esito dell’istruttoria avviata dall’Uei pareri sono divisi: c’è chi è convinto cheBruxelles alla fine si ammorbidirà e lasceràcorrere, facendo salvo l’articolo 35riscritto dal Senato, e chi invece pensa chela censura sarà definitiva perché lo Statoanche con l’emendamento non ha chiaritola propria posizione. Infine restano i dubbisul fronte interno: l’articolo 35 dovràtornare alla Camera con la Lega di Bossipronta a dare battaglia per difendere leaziende municipalizzate del nord.Cosa c’entra tutto questo con la Sardegna?l’articolo 35 prevede la contestatadata del 30 giugno 2003. In altre parole:se l’articolo 35 dovesse venire giù sottoi colpi della censura di Bruxelles, crollerebbetutta l’impalcatura legislativa cheha sorretto e giustificato l’ultima sfornatadi ordinanze di Pili. Niente AcquasardaSpa. E niente speranze nemmeno perreinterpretare la sentenza Teckal a favoredell’Esaf. Ma d’altra parte, se l’Ue dovesseinvece ratificare l’art. 35, il termine perl’affidamento diretto sarebbe comunquegià scaduto e l’ipotesi del ricorso alla garadiventerebbe certezza. Con tutta la frettae i poteri speciali, si è giunti ugualmente auno scacco istituzionale.Ro.Mo.10luglio agosto 2003


Emergenze cronicheIl Consiglio regionale si occupa d’altro e fa perdere all’Isola migliaia di miliardiAcqua e «premialità», la Sardegna ha già persoIl presidente frettoloso ha fatto i conti ciechiStrasburgo, 4 luglio 2003. Di fronteal Parlamento europeo il commissarioincaricato della politicaregionale e della riforma delle istituzioniMichel Barnier lancia l’allarme sul rischioper molti Paesi europei di perderei fondi strutturali. In valore assoluto èl’Italia a presentare il più elevato importoa rischio con 3.215 milioni di euro.Toni forti, quelli usati da Barnier che haanche indicato le regioni italiane più indifficoltà: Calabria, Puglia e, ebbene sì,Sardegna.Il commissario per l’emergenza idricaMauro Pili sinora ha sempre giustificatoil ricorso ai poteri commissariali, le ordinanzee l’urgenza con la quale sinora si èaffrontato il problema della gestione dell’acquanell’isola, con l’esigenza di salvarele premialità, oltre che con la necessitàdi evitare la gara internazionale. Vediamoallora cosa c’è di vero (e non vero).Cos’è la premialità. La riforma deiFondi strutturali ha introdotto, oltre allaregola del disimpegno automatico (inbase alla quale le Regioni perdono definitivamentele risorse impegnate ma nonspese nell’arco dei due anni successivi)anche un meccanismo premiale. Tradotto:chi non spende, o spende male, perde;chi spende, e bene, è premiato.Premialità del 6 per cento. Viene ripartitafra le Regioni sulla base dei risultati(obiettivi) conseguiti. In questo caso, peraggiudicarsi i fondi ogni regione si ritrovaa concorrere con le altre. Chi spendemeglio vince. Nel marzo del 2003 l’Italiadisponeva di un monte premialità del67,88% pari a 918, 78 milioni di euroche, sommati al cofinanziamento nazionale,fanno 1837,6 milioni di euro. Nellaclassifica delle regioni dell’obiettivo 1 laSardegna si è classificata penultima e haottenuto finanziamenti per 48,77 milionidi euro contro i 230 della Campania, i187 della Sicilia, i 143 della Puglia, i 56della Basilicata. Peggio di noi ha fattosolo la Calabria con 45 milioni di euro.Perché la Sardegna ha conseguito risultaticosì deludenti?Rispondere spetterebbe ai politici senon fosse che siamo senza una giuntaregionale, che il consiglio è paralizzato,avvitato sui suoi guasti, in buona parteIl presidente della Regione Mauro Pili.malato di clientelismo e di un familismoche, a questo punto, e con buona pace deisociologi revisionisti del Mezzogiorno,non si può non definire amorale. “Parràstrano ma per governare, prima che perottenere premialità, servono leggi - sospirasconsolato un alto funzionario dellaRegione che chiede di restare anonimo. El’assemblea che fa? Semplicemente nonfa. Basti pensare all’ingombrante assenza,a tutt’oggi, della legge sullo sportellounico per le imprese, della riforma deiservizi per l’impiego, dell’Arpa, delrecepimento della legge statale sulle attribuzionealle province della regolamentazioneper i rifiuti. E, dulcis in fundo, delsistema idrico integrato.Il bluff delle ordinanze Tutto sarebbedovuto essere operativo entro il 30settembre del 2002, per soddisfare irequisiti, anzi solo uno dei tanti requisitirichiesti da Bruxelles per la premialità.Invece, checché se ne dica (o non dica),a nulla è valso il disperato tentativo difar passare per autorità d’ambito, chedoveva essere rigorosamente espressionedegli enti locali, lo spaventapasseri deipoteri commissariali. Non ci hanno creduto.E a dirlo sono le carte, i documentiredatti dal comitato di sorveglianza delQuadro Comunitario di Sostegno. Ossiaun organo del Ministero delle Finanze,mica le opposizioni. Sull’allegato A delleProposta di attribuzione della riserva dipremialità nazionale del 6%, affianco allavoce Sistema idrico integrato, al postodella crocetta, compare un imbarazzanterettangolo vuoto: obiettivo non raggiunto.Stesso discorso per l’Arpa, l’agenziaregionale per l’ambiente istituita, “pernon perdere la premialità”, con potericommissariali.Premialità del 4%. È riservata ai singoliPOR, piani operativi regionali. Per laSardegna è pari a 155 milioni e 698 milaeuro. In questo caso, quindi, concorriamosolo con noi stessi. Ci verrà attribuita se,entro il 30 settembre 2003, risulterannosoddisfatti i requisiti richiesti dall’Unione.Dovranno essere conseguiti almeno 6obiettivi su 8, di cui 4 obbligatori. SullaIII Relazione annuale firmata a Romanell’aprile di quest’anno dal Gruppotecnico per il monitoraggio della riservadi premialità del 4% si legge che “Calabria,Campania, Puglia sembrano nellecondizioni di poter soddisfare i requisitiprevisti al 30-06-2003”. E la Sardegna,dov’è? L’analisi dettagliata dello statodi avanzamento del Por Sardegna ( sinoal 31 dicembre 2002), mostra che, su 8indicatori, 2 - di cui uno rientra fra gliobiettivi obbligatori - sono consideratiincerti (cioè la regione non ha fornitoinformazioni sufficienti per esprimere ungiudizio), 2 positivi, 3 soddisfacenti e 1non ancora soddisfacente.30 settembre 2003: è anche la prossimascadenza per l’attribuzione del restante32,12% della premialità del 6%. Sarà attribuitasulla base dei risultati conseguitinella premialità del 4%. Per l’Italia sonoa disposizione 1 miliardo e 300 milioni dieuro. Secondo i dati del gruppo tecnicodel ministero dell’economia la Sardegna,assieme alla Sicilia, è lontanissima dalsoddisfacimento dei criteri. Sulla possibilitàche Bruxelles ci promuova, almenoa settembre, sono molto scettici- ed è uneufemismo- gli stessi alti funzionari dellaRegione.Perché allora tanta fretta? Forse perchéBruxelles ci guarda con un enorme paiodi forbici in mano?Roberta Moccoluglio agosto 2003 11


I nodi storiciIl Parlamento di Strasburgo discute sulla situazione delle regioni insulari: e la Sardegna?Essere Isola, avere un’economia fragileEcco le carte da giocare con l’Unione EuropeaIl 12 giugno scorso il commissarioeuropeo per la politica regionale,Michel Barnier, ha presentato alParlamento europeo lo studio dal titolo:«Analisi delle regioni insulari dell’UnioneEuropea”. Scopo dell’analisi è quellodi fornire una diagnosi della situazionedelle Isole d’Europa e proporre lineed’intervento utili per la formulazione, nel2004, della terza relazione sulla coesionee, in prospettiva, per la formulazionedella politica di coesione dopo il 2006. Insostanza, lo studio costituirà il documentobase per le proposte della Commissionein materia di insularità.La questione ci riguarda molto da vicino.Con l’ingresso nell’Unione di 10 nuoviPaesi con livelli di reddito notevolmentepiù bassi rispetto alla media europea, laSardegna sarà, inevitabilmente, destinataa uscire dall’ambito delle regioniricadenti all’interno dell’Obiettivo 1 perun effetto puramente statistico. In questosenso l’insularità, se riconosciuta comesituazione da cui derivano gravi handicapstrutturali, potrebbe rappresentare lavia per continuare a godere dei beneficiche l’Unione Europea riconosce alle areesvantaggiate.In questa sede cercheremo di sintetizzarei punti salienti dell’indagine, con particolareriguardo ai possibili risvolti per lanostra regione.Individuazionedei territori insulariSulla base della definizione di isola adottatada Eurostat e con l’utilizzo di alcuneconvenzioni aggiuntive, si giunge a identificareun elenco di 286 territori insularipopolati da quasi 10 milioni di abitantisu una superficie di 100 mila chilometriquadrati: rispettivamente il 3 e il 3.2 percento dei corrispondenti valori Ue. Il Pildi questi territori rappresenta il 2.2 percento del Pil dell’Ue, mentre il Pil perabitante raggiunge circa il 72 per centodella media dell’Unione.La maggior parte delle isole si trova nelMediterraneo (Italia e Grecia). La ripartizionedella popolazione per territoriomostra al primo posto la Sicilia, con il53 per cento del totale, seguita dalla Sardegnacon il 17. Mentre la ripartizionedella popolazione per paese evidenziacome oltre l’80 per cento degli isolani sitrovano in Italia.Al di là di alcune eccezioni, la situazioneeconomica e sociale delle isole apparemeno buona sia rispetto a quella delpaese di appartenenza che rispetto allamedia Ue:La maggioranza di questi territori presentauna struttura produttiva a caratteremonosettoriale e, dunque, più soggetta avariazioni cicliche;Gli indicatori socio-economici (redditopro-capite, tasso di disoccupazione, dotazioneinfrastrutturale, livelli di istruzione,ecc.) pongono, in generale, le isole in unaposizione di maggior svantaggio.La prosecuzione dell’analisi mostra, tuttaviache a queste caratteristiche comunisi contrappone, sotto altri aspetti, una situazionepiuttosto differenziata. Le isoled’Europa presentano un notevole gradodi eterogeneità dal punto di vista demografico,orografico, della dimensione,della distanza dal continente, oltre che daquello politico amministrativo.Per tenere nel debito conto queste diversitàsi è deciso di lavorare su “due livellidi territorialità”: da una parte la riflessioneè stata centrata sull’insieme dei 286territori, dall’altra su 19 regioni insularidi livello Nuts II o III. Questa distinzionesi è resa necessaria a motivo della dif-12luglio agosto 2003


ferente disponibilità di dati per le duetipologie territoriali. L’analisi condottasull’insieme dei territori ha permessodi estrapolare le tendenze di fondo intermini di popolazione e condizioni naturali,mentre l’analisi ristretta condottasulle 19 regioni individuate ha consentitodi evidenziare le tendenze relative allestrutture economiche.I risultati ottenutiL’analisi effettuata sembra indicare, daun lato, una sostanziale fragilità intrinsecadei territori esaminati e, dall’altra,la tenuta nel complesso di un certo gradodi sviluppo.A queste considerazioni d’insieme sidevono affiancare alcune importanti specificazioni:la dimensione, in particolare la popolazioneresidente, risulta determinante nelcaratterizzare il comportamento di questiterritori. In particolare esiste un valoresoglia, corrispondente a 4-5000 abitanti.Le isole che si trovano al di sotto di questovalore mostrano una dinamica, nonsolo demografica, in progressivo declino,mentre quelle che superano questo limitepresentano sintomi di vivacità sociale edeconomica;le condizioni naturali e geomorfologichesi dimostrano cruciali. Alcuni territori devonoconfrontarsi con un doppio o triplohandicap: insularità, montagnosità, edessere parte di un arcipelago. Quest’ultimoelemento amplifica notevolmente iproblemi. Le piccole isole facenti parte diun arcipelago scontano, spesso, una doppiainsularità in quanto, oltre ai problemidi carattere politico-istituzionale, devonoaffrontare quelli legati alla moltiplicazionedegli investimenti in infrastrutture ereti di trasporto non sempre giustificabilia causa della ridotta dimensione;L’analisi relativa all’attività economicamostra come le regioni insulari si collocanoin posizione di ritardo, sia rispettoalla media dell’Ue che con riferimentoai paesi d’appartenenza, con riguardo atutti gli indicatori, in particolare il Pil perabitante. Ciò si pone in diretta relazionealla iperspecializzazione che queste presentano.Si tratta di economie centrate, ilpiù delle volte, sul settore primario, altrevolte sul terziario, ma che, proprio a causadi ciò presentano un notevole grado difragilità in quanto vulnerabili rispetto adogni minima variazione di tendenza;Il fattore distanza non sembra condizionarein maniera determinante l’attivitàdei territori insulari. Dall’analisi condotta,l’effetto distanza non risulta esplicativodelle performances economichee sociali di queste regioni a differenzadella dimensione e della montagnosità.Probabilmente ciò è dovuto al fatto chequesti territori, nel loro insieme, nonsono eccessivamente lontani dalle costee dai centri economici del continenteeuropeo;Ponendo a confronto la situazione complessivadelle regioni insulari rispetto alleregioni più povere d’Europa, da un lato, ele regioni costiere dall’altro, emerge chele prime si situano in una posizione intermediatra le altre due. La situazione delleregioni insulari risulta migliore rispetto aquella delle regioni più povere e, talvolta,rispetto a quella delle regioni costiere.Conclusionie raccomandazioniLe politiche settoriali poste in essere finoad ora dall’Ue hanno avuto un innegabileimpatto di tipo settoriale nei sistemi economicidei territori considerati. Un maggiorecoordinamento di queste politicheconsentirebbe, tuttavia, il raggiungimentodi risultati più efficaci. A questo scoponello studio si propone la costituzionedi un gruppo di lavoro che si occupi delcoordinamento delle politiche comunitarie,non solo relativamente ai territoriinsulari ma a tutti i territori soggetti adhandicap naturali.Per supportare tecnicamente l’azionedi questo gruppo si ritiene opportunala creazione di un istituto di studi suiterritori dell’Unione soggetti ad handicapnaturali. Ciò soprattutto al fine dimigliorare l’informazione statistica, oggipiuttosto carente.Uno dei maggiori ostacoli emersi dallostudio è costituito dall’assenza di un organismodi collegamento a cui possanoconfluire le informazioni sulle diversepolitiche relative alle isole. In realtàqueste hanno, fino ad ora, mostrato latendenza a rappresentare i loro probleminei confronti dello stato di appartenenzapiuttosto che trovare una sede comune distudio, elaborazione e proposta.Un istituto di studi territoriali del tipoproposto presenterebbe anche il vantaggiodi disporre di maggiore autonomia rispettoalle istituzioni europee attualmenteesistenti. L’Ufficio statistico dell’Ue (Eurostat)ad esempio, non può ufficialmenteentrare in contatto con le autorità localio le associazioni del territorio in quantotenuto ad operare con le amministrazionistatali. Al contrario, l’analisi condottanell’ambito di questo studio mostra cheil rapporto con gli operatori locali risultadeterminante se si vuole disporre di unabase informativa accurata e affidabile.I nodi storiciLa strategia d’azione proposta prevede,inoltre, di estendere e potenziarel’operatività del programma Interreg.In particolare nello sviluppo dellenuove tecnologie. Queste costituisconouno strumento d’azione trasversaleche permette di superare, in parte, ivincoli causati dall’isolamento.Non tutte le isole sono soggette aglistessi vincoli. In questo senso risultaindispensabile porre in essere politichedifferenziate per tener conto dellediverse situazioni, fissando alcunepriorità di tipo territoriale. A questoscopo i criteri di riferimento individuatisono i seguenti: la dimensionedell’Isola, espressa principalmente intermini di popolazione; la nozione diarcipelago; la nozione di montagna.Per quanto riguarda le grandi isolesi suggerisce un rafforzamento dellarete ferroviaria e uno sviluppo deicollegamenti aerei. Questi ultimi inparticolare, non concepiti in terminibilaterali, isola-stato di appartenenza,ma come realizzazione di una rete dicollegamenti tra le isole in modo dafavorire gli spostamenti e gli scambidi esperienzeLa Sardegnae l’EuropaL’importanza dello studio in questioneper la Sardegna è notevole sottodue punti di vista:In primo luogo l’analisi fornisce unaconferma circa la rilevanza di alcunequestioni specifiche quali, oltrel’insularità, quelle legate alla montagnosità,la riaffermazione dell’importanzadi una rete ferroviaria efficientee la rilevanza dei collegamenti versol’esterno. Interessante, inoltre, laproposta di costituzione di un gruppodi coordinamento delle politichecomunitarie a favore delle isole con ilsupporto tecnico di un istituto di studistatistico-economici. Sarà opportunoche la Regione Sardegna perseguacon forza l’obiettivo di essere adeguatamenterappresentata in questiorganismi;In secondo luogo, il fatto che l’UnioneEuropea abbia ufficialmente presoatto dell’esistenza dei problemi connessialla condizione insulare, dandooperatività a un principio fino adora “relegato” sul terreno dei trattati,permette di proseguire con cautoottimismo la strada per raggiungerel’obbiettivo insularità dopo il 2006.Giorgio Pirasluglio agosto 2003 13


Fondazione De BenedettiIl convegno di Alghero sui tassi di occupazione femminile in Europa e sul mercato del lavoroIn Portogallo 90 laureate su cento lavoranoQuanta strada da fare in Sardegna, in ItaliaNegli ultimi decenni la posizionedelle donne nel mondo del lavoroè profondamente mutata e haregistrato notevoli progressi sotto diversiaspetti. Le differenze tra i tassi di occupazionefemminili e maschili sono andateaffievolendosi in tutti i Paesi europei.Ancor meglio, sono quasi scomparse nelconfronto tra uomini e donne che hannoconseguito alti livelli di istruzione. InPortogallo, Paese con maggiori difficoltànel correggere le distorsioni nel mercatodel lavoro a favore della componentemaschile della popolazione, i tassi dioccupazione per le donne che hanno conseguitouna laurea si attestano al 90 percento. Anche la nostra isola contribuiscealla composizione di questo scenarioottimistico. La differenza di 22 punti percentualenei tassi di attività femminili emaschili registrata nel 2002 in Sardegna(Forze di Lavoro, Istat) deve essere largamenteimputata alle fasce di popolazionecon istruzione medio-bassa.Quindi, più donne lavorano rispetto atrent’anni fa e, ancora più importante,le differenze in campo professionale tradonne single e donne sposate non sonopiù così accentuate come un tempo.Tuttavia, questo taglio positivo nelladescrizione del problema dell’interazionetra genere e mercato del lavoro nonesaurisce la vastità dei fattori che ancoracontribuiscono a rendere più difficilela partecipazione alla forza lavoro alledonne indebolendone, di conseguenza,anche le opportunità lavorative. Ledimensioni da esplorare sono tante: ledonne, vengono trattate come gli uomininel mercato del lavoro? Sono soddisfattedelle opportunità a loro disposizione edei risultati professionali raggiunti? Sottoquali condizioni riescono a coniugaremeglio lavoro e maternità? È possibilemigliorare le loro prospettive con interventilegislativi?Il quinto convegno europeo della Fondazione“Rodolfo Debenedetti” (Alghero,21 giugno), ha concentrato la propriaattenzione su queste problematiche. Ilavori sono stati aperti dal Commissarioeuropeo per l’occupazione e le politichesociali, Anna Diamantopoulou, che hainviato un video messaggio, dal sindacodi Alghero Marco Tedde, dal presidentedella Commissione per le pari opportunitàdella Sardegna Anna Maria Aloi edal presidente della Fondazione RodolfoDebenedetti Carlo De Benedetti.I diversi fattori che contribuiscono avariegare il quadro delle problematichedel connubio di donne e lavoro, a livelloeuropeo, sono stati diverse volte sottolineatinegli studi presentati da due gruppidi esperti, tutti presenti ad Alghero.Il primo gruppo ha studiato la partecipazionefemminile al mercato del lavoro dalpunto di vista macroeconomico. Coordinatida Christopher Pissarides (LondonSchool of Economics), hanno lavoratoPietro Garibaldi (Università Bocconie Fondazione RDB), Claudia Olivetti(Boston University), Barbara Petrongolo(London School of Economics) e Etien-ne Wasmer (Ecares, Universitè Libre deBrussels).Il secondo gruppo ha invece studiatoil punto di vista microeconomico dellapartecipazione femminile al mercato dellavoro, e le interazioni con aspetti demografici.Coordinati da Daniela Del Boca(Child - Center for Household, IncomeLabor and Demographics e Universitàdi Torino), hanno contribuito da Rolf Aaberge(Research Department Statistics,Norway), Ugo Colombino (Universitàdi Torino), John Ermisch (University ofEssex), Marco Francesconi (Universityof Essex), Silvia Pasqua (Università diTorino) e Steinar Strøm (University ofOslo e Università di Torino).Un chiaro punto di riferimento durantel’intera giornata sono state le linee guidadella politica occupazionale dei prossimidieci anni delineate nell’Agenda di Lisbona.Viene definito, a livello europeo,obiettivo principale delle politiche dellavoro la creazione di nuovi posti di lavoro.Se nel 2000 il 54 per cento delledonne europee tra i 15 e i 64 anni avevanoun lavoro entro il 2010 la percentualedeve portarsi almeno al 60. Gli obiettivistabiliti a Stoccolma tendono alla pariopportunità tra uomini e donne sia intermini di possibilità di impiego che diguadagno. Ciò comporta l’ingresso dipiù donne nel mercato del lavoro e unaumento dei salari relativi delle donnerispetto a quelli degli uomini. Solo alcunipaesi dell’Europa del Nord e il RegnoUnito hanno già raggiunto l’obiettivo del60 per cento di occupazione femminile.I paesi che entreranno nel 2004, a partequalche eccezione, sono tutti molto aldi sotto di questa percentuale. Nei paesidel mediterraneo il tasso di occupazionefemminile si aggira attorno a un modesto40. La nostra isola si attesta addirittura aldi sotto di questa media. Solo il 32 percento della popolazione femminile in etàdi lavoro risultava occupata nel 2002.Lo studio presentato dal primo gruppoarriva alla conclusione che per avvicinarsiagli obiettivi di Lisbona è necessarioriformare i mercati del lavoro creandoopportunità ancora più forti per la nascitadi nuove imprese. L’introduzione di flessibilitànella creazione di posti di lavoro,attraverso l’utilizzo delle forme atipiche,14luglio agosto 2003


viene individuata, si, una leva importantema i cui effetti positivi dipendono crucialmenteda altri fattori di dinamicitàdel tessuto produttivo ed economico.Elementi che vanno a comporre un sistemadi garanzie accessorie necessariea compensare la sensazione di precarietànel lavoro. L’incertezza temporale di uncontratto può essere sostenuta solo con lacertezza che un mercato del lavoro dinamicocrea continuamente posti di lavoroe che, se un lavoro diventa obsoleto eimproduttivo, uno nuovo più moderno emeglio pagato, sarà presto disponibile.I risultati del primo studio mostrano chei tassi di attività delle donne crollano inseguito al matrimonio e alla maternità.In altre parole le donne sono svantaggiatenella loro professione sopratutto acausa delle interruzioni legate a impegnifamiliari. Minimizzare la durata di questeinterruzioni diventa quindi importante.Tuttavia, in paesi che offrono serviziper l’infanzia (asili nido) pubblici osovvenzionati, la riduzione dei tassi diattività non è cosi pronunciata. Offrirepiù servizi per l’infanzia è infatti uno degliobiettivi che i leader europei si sonoposti all’interno della strategia finalizzataad incrementare i tassi di partecipazionefemminile. Un principale risultato delprimo studio è che questi servizi nondebbano essere necessariamente fornitidal settore pubblico, ma lo stesso risultatopuò essere ottenuto incoraggiando lepiccole imprese private a fornire servizidi assistenza per la famiglia.Accanto alle possibilità occupazionali,sono le retribuzioni a rappresentare unaltro fattore di discriminazione controle donne. Anche i paesi che sono riuscitiad aumentare il tasso di occupazionefemminile, non sono riusciti a colmarele differenze salariali tra uomini e donne.Nei paesi dell’Unione Europea il problemaassume forma differente rispetto agliStati Uniti. I differenziali sembrano esseremeno aperti ma un’analisi più approfonditamostra, tuttavia, che ciò è dovutoprincipalmente a strutture salariali fortementecompresse tra settori, professioni eregioni, piuttosto che semplicemente trauomini e donne. Nei paesi scandinavi adesempio, dove c’è meno disuguaglianzasalariale in genere, anche i differenzialitra uomini e donne sono più contenuti.Nel Regno Unito il divario salariale trauomini e donne è invece più ampio. Anchenei paesi Mediterranei questo divarioè minore, ma ciò è dovuto al fatto chein questi paesi il tasso di occupazionefemminile è più basso e solo le donne piùqualificate, che quindi percepiscono salaripiuttosto elevati, hanno un impiego.Se la partecipazione femminile è importante,è anche vero che la crescita dellastessa è accompagnata da un forte declinodella fertilità. E questo punto risultadirettamente collegato ad altri obiettivia livello comunitario posti a tutela di unsostenibile sistema pensionistico futuro.Da una parte il maggior numero di lavoratori,conseguente ad una più ampia partecipazionefemminile aiuta a finanziarele prestazioni pensionistiche. D’altrocanto, la diminuzione della popolazione,conseguente alla minore fertilità, mette arischio la futura sostenibilità dei sistemipensionistici europei. Scelte di maternitàe di partecipazione al mercato del lavorodevono quindi essere analizzate in modocongiunto. Anche le politiche devonoquindi essere progettate per conciliarelavoro e cura dei figli (sopratutto durantela prima infanzia, da 0 a 3 anni)I primi risultati delle analisi presentatesuggeriscono che le politiche più efficacioffrono una combinazione di lavoroa tempo parziale, servizi per l’infanziaFondazione De Benedetti(asili nido) e congedo per paternità/maternità per il periodo immediatamentesuccessivo alla nascita dei figli.La combinazione di lavoro e maternitàpart-time può da una parte avere effettinegativi sulle prospettive di carriera e diguadagno delle donne. Tuttavia questieffetti sembrano essere piuttosto modestirispetto ai vantaggi derivanti dal mantenimentodel contatto con il mercato dellavoro anche nel periodo in cui assistere ifigli è estremamente importante.Nell’introduzione al Convegno sono statipresentati i risultati inediti di un’indaginesvolta in Italia nel marzo 2003. L’indaginesui motivi dello scarso utilizzo deiservizi per l’infanzia (in particolare degliasili nido) da parte delle donne lavoratriciitaliane ha rivelato come le famiglieitaliane possano valutare l’influenza chela partecipazione al mercato del lavorodella donna ha sull’accudimento dei figlipiccoli, in modo differente rispetto adaltre famiglie europee.L’alternativa proposta dalla Germania edalla Francia di un lungo periodo di maternità,che consente alle donne di dedicarsia tempo pieno alla cura dei figli durantei primi tre anni di vita mantenendoloro il posto di lavoro, implica comunqueun costo importante in termini di perditadi capitale umano ed esperienza e, quindi,di possibilità di carriera e crescitaprofessionale. Qualora l’unica possibilitàsia invece il lavoro a tempo pieno, conciliarecarriera e impegni familiari diventamolto complicato con conseguenti effettinegativi sulla fertilità. In Italia e Spagnala bassa disponibilità di servizi per l’infanziaa costi accettabili, sopratutto per ibambini più piccoli, rende più difficile lapossibilità di coniugare partecipazione allavoro e fertilità, di conseguenza sia i tassidi fertilità che di partecipazione sonomolto bassi.In conclusione, le analisi presentatesembrano suggerire che, nelle economiecon bassa partecipazione femminile almercato del lavoro il raggiungimento diobiettivi di alti tassi di occupazione femminilerichieda il perseguimento di politichesociali mirate al coinvolgimento deisoggetti che oggi trovano più ‘costoso’entrarvi, ovvero le madri con bassi livellidi istruzione e basso reddito. Da un latosembrano auspicabili politiche sociali chepermettano un’articolazione più flessibiledegli orari di lavoro e un’espansione deiservizi per l’infanzia, dall’altro politichefiscali atte a ridurre le aliquote marginaliper i redditi da lavoro medio-bassi o a introdurreprogrammi di reddito minimo.Anna Maria Pinnaluglio agosto 2003 15


InnovazioneCon i nobel Rita Levi di Moltalcini e Carlo Rubbia l’inaugurazione del Parco scientifico di PulaA Piscina Manna nasce il Parco scientificoCi son voluti dieci anni, ora comincia la sfida“Il sogno di tante generazioni discienziati è finalmente realtà».Questo è il Parco scientifico tecnologicodella Sardegna nelle parole delpremio nobel per la medicina Rita LeviMontalcini: «Il sogno e il futuro di tantistudiosi un tempo costretti a lavoraresenza fondi e strutture, a emigrare, purdi continuare a fare ricerca». L’ha dettoall’inaugurazione, il 5 luglio: battesimodel primo lotto, cinque edifici pronti all’uso,ne mancano quattro. C’era ancheCarlo Rubbia, nobel per la fisica, il padrestorico di questo parco scientifico:«Polaris è il risultato di dieci anni dicammino, produttivi e ripaganti». Diecianni e quaranta milioni di euro per ilParco della scienza e dell’impresa realizzatoe gestito dal Consorzio 21.Il premio Nobel Rita Levi Montalcini con un gruppo di dirigenti del Parco tecnologico di Pula.Il territorio. A sei chilometri da Pula,fra i 160 ettari del parco naturale, localitàPiscina Manna, c’è la sede centrale:tecnologia dell’informazione e dellacomunicazione, farmacologia, genomicae bioinformatica i campi di ricerca.Poi un polo ad Alghero, gestito dallasocietà Porto Conte ricerche, per losviluppo di tecnologie agroalimentarie ambientali. Uno sportello a Oristano,per l’informazione e assistenza alleaziende locali. Il centro di Nuoro, sulletecnologie ottiche, in collaborazionecon l’Associazione per la libera universitànuorese (Ailun) di Badu ‘e carros .Il Comitato di consultazione strategica.Sceglie strategie e orientamenti.Carlo Rubbia alla guida di una squadraillustre di studiosi, economisti, imprenditori,esperti in comunicazione:Edoardo Boncinelli, direttore dellaSissa di Trieste; Amedeo Levorato,amministratore delegato di E-Venture,Fondo di investimento; Fabrizio Onida(figlio di un sardo nato a VillanovaMonteleone), docente di economiainternazionale alla Bocconi di Milano;Andrea Saba, docente di economiaindustriale a La Sapienza di Roma;Renato Soru, presidente di Tiscali;Paolo Zanella, docente di informatica aGinevra; i due rettori delle Università diCagliari e Sassari, Pasquale Mistretta eAlessandro Maida.Strategie e obiettivi. Sviluppare ricercae innovazione attraverso una comunitàdi scienziati, generare un sapere che vaoltre le vecchie divisioni tra informatici,farmacologi, chimici, fisici, neurologi.Tutto al servizio dell’impresa. Integrazionedi esperienze significa moltiplicazionedegli scenari di sviluppo. Nel campo dellabioinformatica, con la combinazione dimatematica, biologia e genetica molecolare.In quello delle nanotecnologie,con sviluppi nei settori dell’elettronica,dell’energia, della metallurgia. Ancora,nel settore delle nanobiotecnologie, conapplicazioni nella genetica molecolare enella farmaceutica. E poi ambiente e energierinnovabili, servizi avanzati per credito,telecomunicazioni, turismo, formazione.Tutto questo è Polaris: “Un modello”secondo Carlo Rubbia, “Ponte ideale trala Sardegna e il mondo per il presidente(dimissionato) della Regione Mauro Pili.Grande soddisfazione dunque, al tagliodel nastro tanto atteso. Obiettivi e finalitàli precisa Antonello Fonnesu, presidentedel Consorzio 21: “Rafforzare l’innovazionetecnologica delle aziende esistenti,creare nuove imprese ad alto contenutotecnologico, attirare in Sardegna centri diricerca e imprese hi-tech nazionali e internazionali”.Alla base, il concetto di filieratecnologica: “dalla ricerca applicata, passandoper le innovazioni di prodotto o diprocesso, sino al trasferimento dei risultatiottenuti nel sistema produttivo”.Servizi per l’innovazione. (Solo alcuni)Formazione: corsi di preparazionee aggiornamento per la qualificazionedelle risorse umane (imprenditori, ricercatori,responsabili dell’area Ricerca eSviluppo), corsi di laurea e master, servizidi consulenza formativa. Consulenzagestionale: dalla certificazione dellaqualità aziendale secondo le norme Iso,fino al miglioramento delle performancedi sviluppo, gestionali e organizzative.Officina tessile: rivolta alle piccole emedie imprese del settore tessile, abbigliamentoe moda, offre servizi comela realizzazione di prove di vestizione aeffetto tridimensionale e la produzione dicampionari virtuali per il tessile d’arredo.Promozione internazionale della ricercae marketing territoriale: Polaris individuanuovi partner per potenziare le attivitàsvolte, anche attraverso istituzioni comelo Sportello per l’internazionalizzazionedelle imprese e l’Interagenzia per gliinvestimenti esterni in Sardegna (Ies).Assistenza al trasferimento tecnologico:l’incontro tra domanda e offerta ditecnologie a livello transnazionale vienepromosso da Circe, uno dei 68 Innovationrelay center istituiti dall’Unione europea.Incubazione d’impresa e spin-off,assistenza allo start-up: spazi attrezzati,servizi di assistenza per il business plan,ricerca di eventuali partner scientifici eimprenditoriali e di finanza innovativa.L’attività è attualmente riservata alle16luglio agosto 2003


Innovazioneimprese della net-economy, attraversol’Internet Farm, e a quelle del settoremeccanico.Dentro il Parco. Struttura aperta e interattivacon territorio e realtà economica,Polaris ospita al suo interno società ecentri di ricerca: sono imprese Hi-techche necessitano di un habitat favorevoleall’innovazione, centri che vivono dirapporti con il mondo produttivo e laricerca internazionale, imprese di serviziche intendono beneficiare delle sinergiee dell’ampia base di mercato offerte dalParco. Ecco alcune delle strutture giàpresenti: Consorzio Biotecne, gruppoSaras, Cat99, che offre servizi di progettazionee realizzazione di software per lasicurezza dei trasporti e la riduzione delrischio industriale e ambientale, Laboratoriodi ingegneria industriale e dell’informazionedell’Università di Cagliari,Sardinia Genomics, società privata diricerca e sviluppo.Partner scientifici. Crs4, che gestisce illaboratorio delle tecnologie dell’informazionee della comunicazione e operacome soggetto propulsore di conoscenzae tecnologia informatica e computazionale,partner per progetti innovativi, infrastrutturaprofessionale al servizio di utentivari. La società Neuroscienze, specializzatanel campo della neuropsichiatria,centro di riferimento per le biotecnologieIl premio Nobel Carlo Rubia posa con i dirigenti del Parco tecnologico.applicate al settore farmaceutico. Shardna,società fondata da Renato Soru e Cnr,diretta da Mario Pirastu (laboratorio consequenziatore del Dna a Perdasdefogu,ambulatori a Talana) organizzerà il laboratoriodi genetica e bioinformatica, invia di costruzione.E adesso? Polaris non è completo. Siè detto più volte il giorno dell’inaugurazione:“primo lotto”. Per il secondoserviranno altri finanziamenti, ma questaè un’altra storia, da non raccontareil giorno dei complimenti e delle strettedi mano. Dal maggio ‘99, quando il progettodello studio milanese Gregotti, hainiziato, lentamente, a concretizzarsi, distrada se n’è fatta. Sino a luglio 2003,data del sogno che diventa realtà. Con unconcerto dei musicisti del Teatro lirico diCagliari. Musiche di Wolfgang AmadeusMozart. Tutto giusto per il taglio di unnastro. Adesso, la speranza è che la realtàsi dimostri all‘altezza di quel sogno.Daniela PistisDiecimila famiglie hanno già scelto EnergitVoceEnergit, la Energy-Web company integrata attiva nei settoridell’energia elettrica, delle telecomunicazioni e di Internet, dalprimo luglio riduce significativamente le tariffe del servizio ditelefonia fissa EnergitVoce verso i cellulari e per la connessionea Internet. EnergitVoce mantiene invariate le sue caratteristichedi semplicità e trasparenza che costituiscono i segni distintividell’offerta Energit rispetto alla concorrenza: nessuno scattoalla risposta, nessun canone, nessun anticipo di conversazione,tariffe basate sui secondi effettivi di conversazione, verifica online in tempo reale di spesa, dettaglio telefonico e dei consumiInternet.Oltre diecimila tra aziende e famiglie della Sardegna e dellapenisola hanno già scelto Energit come operatore telefonico, ela nuova riduzione delle tariffe è stata attentamente studiata perrispondere alle esigenze di risparmio sia dell’attuale base clientiche della clientela potenziale. I nuovi prezzi sono i seguenti:Nuova tariffa verso i cellulari di 22,90 cent/min + IVA in orariodi punta.La sera, tariffa verso i cellulari di 16,90 cent/min + IVA.Connessione ad Internet a soli 0,90 cent/min + IVA tutto il giorno,tutti i giorni.Tutte le tariffe non prevedono canoni aggiuntivi o scatti allarisposta.«Ancora una volta siamo riusciti a offrire nuove opportunità dirisparmio ai nostri Clienti, migliorando sempre la qualità delservizio e le caratteristiche di EnergitVoce» ha dichiarato LuigiAgostino, direttore marketing di Energit. È possibile abbonarsi aiservizi EnergitVoce in tutta Italia direttamente on line attraversoil sito www.energit.it, chiamando il numero telefonico gratuito800.1922.22 oppure attraverso la rete di distributori e agentiautorizzati Energit.Energ.it Spa, la “Energy-Web Company”, opera sul mercato dal2000 con oltre 40 dipendenti presso la propria sede di Cagliari egli uffici commerciali di Roma e Milano. La proposta dell’aziendaprevede una offerta convergente nei tre settori (Energia,Telecomunicazioni e Internet) attraverso servizi di fornituraenergetica, telefonia, accesso alla rete Internet e fatturazionecon controllo centralizzato dei consumi, che possono essereutilizzati dal cliente in maniera integrata migliorando l’efficienzaeconomica.L’attività dell’azienda si basa sull’innovativo modello «Energy-Web», che prevede l’integrazione delle infrastrutture relative alsistema elettrico, alle telecomunicazioni, ai sistemi di fatturazionee gestione dei pagamenti al fine di ridurre i costi per i consumatorie le aziende, facilitare l’integrazione delle diverse risorse eottimizzare la distribuzione e vendita dei servizi a rete.luglio agosto 200317


EuropaFunzionari della direzione regionale imprese di Bruxelles ospiti della SfirsLa Sardegna è un laboratorio per l’EuropaTorna il “piccolo è bello” e l’artigianato“La Sardegna rappresenta un importantebanco di prova per capire ciòche possiamo realizzare in Europa».Lo ha detto Timo Summa, alto funzionariodella Direzione generale impresedella Commissione europea giunto a Cagliariper incontrare i vertici della Sfirs inoccasione del primo seminario del «LaboratorioSardegna», a un anno dalla suacreazione. «La Commissione Europea»,ha detto il funzionario, «è molto lieta deirisultati fin qui ottenuti dal tavolo di parternariatoattivo promosso in Sardegna».«Negli ultimi anni», ha spiegato Summa,«la politica di sviluppo dell’Unione hasubito un grande cambiamento: ora lePmi sono in cima all’agenda europea,e i loro problemi sono tenuti in grandeconsiderazione”. Direttore responsabileper la “Promozione dell’imprenditorialitàe per le piccole e medie imprese”, Summaè incaricato di rappresentare le Pmipresso l’organismo comunitario. Con luia Cagliari c’era Francesco Ianniello, capodell’Unità “Artigianato, piccole imprese,cooperative e mutue” della Dg Imprese.La visita dei due alti funzionari arriva aun anno dall’adesione della Sardegna, primafra le regioni del vecchio continente,alla “Carta europea per la piccola e mediaimpresa”, e rappresenta un esplicito riconoscimentodel lavoro pionieristico svoltodalla Regione e dalla Sfirs per l’ elaborazionee la sperimentazione di nuovemetodologie di applicazione dei principifondamentali della Carta Europea dellePmi. “In Sardegna”, ha detto Summa,“si stanno sperimentando gli strumentipiù innovativi di promozione dell’imprenditorialità.La nuova frontiera delcredito è rappresentata dall’utilizzo delventure capital a livello regionale”. Importanteanche lo scambio di conoscenzae di esperienza: “Gli Euro-Info- Centersdislocati presso le Camere di Commerciolocali, costituiscono un aiuto valido eprezioso all’orientamento degli imprenditori”.L’obbiettivo principale è crearecollegamenti diretti e ravvicinati tra laCommissione europea e la comunità dellePmi. Fra le più importanti esperienzedi supporto allo sviluppo di impresa c’èil “Laboratorio Sardegna”, un’iniziativavarata un anno fa in parternariato con laDg Imprese e che mira all’ individuazionedelle problematiche specifiche delle Pmisarde alla luce degli sviluppi delle politichenormative e finanziarie della Ue.Il presidente della Sfirs, Alberto Meconcelliha definito il Laboratorio Sardegna“un canale privilegiato fra le imprese sardee l’Ue”. Una sorta di fucina di idee eprogetti in grado di innescare un processovirtuoso di conoscenza.”Il Laboratorio”,ha detto Meconcelli, “è impegnato nell’individuazionedelle specifiche problematichedelle Pmi sarde e nell’elaborazione dimodelli di sistema da estendere anche adaltre realtà”. La filosofia è quella del “piccoloè bello” . “Abbiamo compreso che il“piccolo” non è un momento dell’impresa,ma è una sua condizione, che ha bisognodi essere supportata con i giusti mezzi”:ha detto Salvatore Messina, coordinatorescientifico del “Laboratorio Sardegna”.“Il successo non si misura più in terminidi dimensioni e di crescita, ma di sviluppo”.Quali le modalità di uno sviluppocompatibile?: “Si può cambiare l’assettoorganizzativo o concludere accordi internazionali,mantenendo così la propria piccoladimensione”. Sono frutto di questo nuovoapproccio i due progetti messi in campo dalLaboratorio Sardegna e attualmente in fasedi sperimentazione: “Connessione” punta adefinire i protocolli per unire il patrimonioculturale e naturale al turismo. “Mail Order”invece riguarda la creazione di piattaformetelematiche che eliminino la fasedell’intermediario, portando direttamentea contatto i piccoli produttori sardi con igrandi mercati europei. “In particolare”,ha detto Messina “si lavorerà sui progetti diexport dell’agro alimentare, con un attentosupporto alla gestione degli stock e dellaqualità”.Confesercenti: turismo di qualità per la SardegnaCi sono luci ed ombre nell’andamento della stagione turistica2003. Lo evidenzia uno studio sui flussi turistici in Sardegna,presentato dalla Confesercenti a luglio. Il rapporto si basa su uncampione di cento imprese localizzate su tutto il territorio regionale,equivalenti al 12 per cento del comparto del turismo inSardegna. Dallo studio emerge il buon andamento della stagionein corso (l’ottima performance di giugno lascia già intravedere ilrecupero delle quote perse nel 2002), ma non mancano anche datipreoccupanti. Il turismo continua ad essere localizzato prevalentementenelle zone costiere e tocca solo marginalmente l’internodell’isola. La stagione turistica rimane inoltre concentrata neimesi estivi –giugno, luglio e agosto- e la permanenza mediadei turisti nell’isola non supera la settimana. Indice questo dellascarsa capacità di differenziazione dell’offerta turistica: soltantoil 3 per cento delle imprese interpellate ha dichiarato una permanenzamedia di visitatori superiore ai 15 giorni. Si tratta di realtàlocalizzate prevalentemente nelle province di Cagliari e Sassari,in grado di offrire servizi e intrattenimenti sul posto. In Sardegnamanca ancora un sistema integrato, capace di creare sinergie fradiversi operatori e di generare un indotto nei settori collegatidell’artigianato e dell’agroalimentare. Il 65% degli operatori turisticidichiara di lavorare da solo, mentre bisognerebbe andareverso l’integrazione di diversi settori-ambiente, archeologia, enogastronomia- e favorire l’associazionismoeconomico. Si creerebbe così quel tessuto del “distretto”,che ha fatto grande l’economia di altre regioni a vocazione prevalentementeagricola, come Umbria e Toscana. Per contrastarela concentrazione della stagione turistica occorre inoltre abbandonarela visione legata al turismo di massa. Meglio puntare sullaqualità e su diverse tipologie di turismo: da quello scolasticoe congressuale a quello della terza età. Un’opportunità da nontrascurare è quella offerta dall’apertura dei mercati dell’Est Europa,ben disposti, insieme a svizzeri e tedeschi, a visitare l’isolanei mesi di bassa stagione.Dal lato della programmazione di lungo periodo si registra ancorala carenza delle infrastrutture: rimangono problematiche lasituazione dei trasporti, dell’acqua e dell’energia elettrica, premesseindispensabili per lo sviluppo turistico dell’isola. (P.P.)18luglio agosto 2003


Ultimo convegno del Banco di Sardegna a Cagliari con Donato MasciandaroIl mercato finanziario è sempre più globaleQuale futuro per banche locali e regionali?CreditoAntonio Sassu e Donato Masciandaro.Il sistema bancario italiano sta cambiando.Sotto l’impulso delle leggiAmato e Ciampi ha preso il via daun decennio un processo di privatizzazionee concentrazione degli istitutibancari, in larga parte compiuto. Inseguito al processo di cambiamento sisono creati grandi gruppi che tendonoa operare secondo logiche di mercato,seguono procedure accentrate e miranoa realizzare economie di scala. Ultimofattore di cambiamento, in ordine ditempo, è il nuovo accordo di Basilea2 – ancora in bozza ma in fase di approvazione- sul capitale di vigilanzadelle banche che, quali che siano le suedefinitive conseguenze per il sistemacreditizio, sta già dando una forte spintaalla standardizzazione dei processidecisionali in materia di concessionedel credito attraverso la previsione dimodelli di rating del proprio portafogliodi impieghi.In questo scenario, esiste qualcosa dispeciale nelle banche locali? Una rispostaè stata prospettata martedì 242iugno a Cagliari da Donato Masciandaro,professore di Economia monetariaall’Università Bocconi e a Lecce,nell’ultimo degli “Incontri Culturali delBanco di Sardegna” programmati perquest’anno.È quasi una provocazione quella con laquale Masciandaro inizia il suo ragionamento:“poiché l’economia è allocazioneottimale di risorse scarse, in qualeforma di mercato noi, se potessimoscegliere, preferiremmo vivere?”. Larisposta sembra scontata e invece nonlo è: noi preferiremmo il monopolio.Strano. Si studia che in un mercato dimonopolio il consumatore è costrettoad acquistare una certa quantità di benio servizi a prezzi maggiori. Invece larisposta apparentemente paradossaleha un significato: nel monopolio cisono maggiori certezze di quante nonce ne siano in un mercato competitivo.La nostra economia è caratterizzata dalmercato, cioè dal luogo di incontro trasoggetti disponibili a scambiare beni eservizi ad un prezzo. L’ideale sarebbeil modello della cosiddetta concorrenzaperfetta, quella in cui l’incontro traproduttori (le imprese) e consumatoriavviene in modo tale da non lasciare insoddisfattonessuno; le imprese vedonomassimizzare il loro profitto, i consumatorivedono massimamente realizzatele loro preferenze e tutti hanno pariopportunità di accedere al mercato. Maquesta è solo una situazione ideale.Il mercato in cui viviamo è imperfetto,e lo è decisamente il mercato dove siscambiano beni e servizi monetari e finanziari,cioè il mercato bancario. E quientra in scena la banca locale. La sua peculiaritàrispetto alla banca “nazionale”è poter agire sfruttando proprio questeimperfezioni. Pensiamo alla valutazionedel credito e del rischio in un sistemadi imprese territoriali: più la banca èlocalizzata più questa disporrà di dati einformazioni tali da ridurre il margine dierrore di valutazione. In questo modo labanca riduce la probabilità di insolvenza,potrà concedere credito alla sua retedi imprese in maggiore quantità e a tassiminori. Questa può essere la peculiaritàdella banca locale. Tuttavia è necessarioanche che la banca sia un’impresa efficientee crei valore.Ogni impresa costretta a vivere in mercatiimperfetti crea valore, altrimentiin breve tempo esce dal mercato. Lacreazione di valore è resa possibiledalla qualità della governance. Sono i“migliori” a dovere amministrare le imprese.Questa amministrazione ottimaleè possibile attraverso la separazione traproprietà dell’impresa (i soci che detengonoil capitale) e gestione dell’impresa(gli amministratori).Più in generale la “corporate governance”si regge su una giusta dialetticatra proprietari (gli shareholders),amministratori e portatori di interessi(gli stakeholders), questi ultimi comprendentichiunque tragga utilità dal buonandamento dell’impresa (clienti, utenti,fornitori, creditori ecc.). Nell’impresabancaria gli amministratori devono soprattuttotenere conto degli interessi deirisparmiatori, cioè di coloro che con i lorodepositi consentono alla banca di concederecredito. Non a caso questo interesseè sovranamente tutelato dall’autorità divigilanza ed esistono precise regole divigilanza che impongono alle banche unaccantonamento di capitale che impediscedi intaccare i risparmi depositati daiclienti. Quello fra i portatori di interessi èun equilibrio delicato. Quando si realizzal’impresa funziona bene, quando inveceprevalgono gli interessi dei singoli suquelli dell’azienda, allora l’impresa vain dissesto.Se esistono prospettive per le banchelocali, esiste qualcosa di speciale nellebanche popolari, che delle precedenticostituiscono una parte, insieme con lecasse di risparmio e le banche di creditocooperativo? La risposta è ancora unavolta affermativa e deriva da un semplicecorollario del ragionamento precedente.Lo strumento è la governance. Il modello“banca popolare” è caratterizzatodall’avere shareholders eterogenei, cioèun azionariato diviso tra soggetti finanziatori,amministratori, ma anche utentidella banca e dipendenti. Una correttagovernance consente a tutti di vedere soddisfattii propri interessi. Così il modello“banca popolare” si può definire un giocoa somma positiva, cioè un luogo dovel’interazione tra tutte le categorie di soggettiè tale che nessuno ne abbia danno.Uno studio condotto da Masciandaro suun campione di banche locali (popolari,casse di risparmio e banche di creditocooperativo) ha rilevato una correlazionepositiva tra indicatori di performance(risultati di esercizio) e indicatori di stabilitàaziendale (riconferme dei consiglidi amministrazione). È una confermastatistica della tesi proposta: una gestionedell’impresa bancaria locale che realizzautili viene apprezzata dai soci, i quali regolarmentericonfermano gli amministratorinel loro incarico. Un gioco a sommapositiva.Paola Costaglioliluglio agosto 2003 19


FinanzaIl futuro dei Consorzi fidi in Sardegna, la probabilità di insolvenza, la misurazione dei rischiBasilea 2, incubo per le piccole impreseGuida ragionata per evitare il panicoSi scrive Basilea 2 e si legge incuboper le piccole e medie imprese. Daqualche mese chi sfoglia la stampaspecializzata, ma anche i quotidianinazionali, si è accorto che qualcosa staagitando il mercato del credito alle Pmi.Il nuovo accordo di Basilea 2 è diventatocavallo di battaglia di giornalisti, banche,associazioni d’impresa, consorzi fidi erecentemente del Governo, ma il crescentedibattito ha generato una notevoleconfusione. Da ciò il bisogno di riordinarealcuni concetti chiave per capire leprospettive a breve scadenza dei consorzifidi, intermediari finora molto attivi inSardegna.Basilea 2Il nuovo accordo di Basilea 2 sui requisitipatrimoniali delle banche, che verrà approvatoentro dicembre 2003, contienele proposte di regolazione del mercatodel credito formulate nel gennaio 2001dal Comitato dei Governatori delle banchecentrali appartenenti al gruppo delG10. L’accordo si pone l’obiettivo diaumentare la stabilità del sistema bancariointernazionale attraverso un maggiorecontrollo sui rischi di credito, sui rischidi mercato e operativi. Per raggiungerel’obiettivo l’accordo indica tre pilastri,tre forme di controllo sul sistema bancarioda utilizzare in modo congiunto:I requisiti patrimoniali minimiViene modificata la misura previstadall’accordo del 1988 che richiedeva unrequisito di accantonamento dell’8 percento minimo. In primo luogo l’accantonamentofisso viene sostituito da unaccantonamento variabile in funzionedella rischiosità del proprio portafogliodi crediti. In secondo luogo ora si tieneconto del rischio operativo (frodi, cadutadei sistemi) e del rischio di mercato. Terzo,per il rischio di credito, le banche potrannoutilizzare metodologie diverse dicalcolo dei requisiti. Le metodologie piùavanzate permettono di utilizzare sistemidi internal rating, cioè modelli realizzatiall’interno delle banche e non più delegatialle agenzie esterne. La differenziazionedei requisiti in funzione della probabilitàd’insolvenza è particolarmente ampia,soprattutto per le banche che adotterannole metodologie più avanzate.Il controllo prudenziale delle Banche20luglio agosto 2003Raffaele Paci (primo a destra) al convegno della Lega delle cooperative. (foto <strong>Sardinews</strong>)centraliA supporto del primo pilastro, è previstoun controllo discrezionale da partedelle banche e da parte delle autorità divigilanza. Le Banche Centrali hanno unamaggiore discrezionalità nel valutarel’adeguatezza patrimoniale delle banche,potendo imporre una copertura superioreai requisiti minimi in funzione delle strategieaziendali in materia di patrimonializzazionee di assunzione di rischi.Disciplina del mercato e trasparenzaSono previste regole di trasparenza perl’informazione al pubblico sui livelli patrimoniali,sui rischi e sulla loro gestione.Un ruolo particolarmente importante èaffidato alla comunicazione al mercatoeffettuata anche tramite il bilancio.Il cambiamento più importante rispettoall’Accordo di Basilea 1 del 1988 si riferiscealla misurazione dei rischi, quindial primo pilastro. La misurazione delrischio potrà avvenire attraverso ratinginterni e dovrà misurare anche tipologiedi rischio non considerate in Basilea 1come il rischio operativo (per esempio ilrischio informatico o procedurale).I principali aspetti critici sono tre:La discriminazione tra banche (quellepiccole non potranno utilizzare le metodologiepiù avanzate, quindi subirannoun onere patrimoniale maggiore rispettoai grandi gruppi);La penalizzazione del finanziamento allepmi indotto dal sistema dei rating;Il problema della prociclicità finanziaria(nei periodi di rallentamento economico,l’accordo avrebbe l’effetto di indurre lebanche a ridurre gli impieghi, causa ilcrescere del rischio, con la potenzialeconseguenza di inasprire la crisi stessa).La trza bozza di Basilea 2, pubblicato il29 aprile, in parte risponde ai problemisollevati da chi ritiene che l’accordo siatroppo complesso sia per le banche che perle imprese. Le modifiche più importanti apportatenella nuova versione sono tre:appiattimento della curva del rischio, cioèla relazione tra i requisiti di capitale e laprobabilità di insolvenza, per l’esposizionedelle banche nei confronti delle imprese;creazione di una curva del rischio addizionaleper le piccole e medie imprese, inmodo da differenziarle nell’applicazionedei requisiti patrimoniali dall’esposizioneal dettaglio. In particolare la perdita attesasu ogni credito (loss given default), cheequivale all’insolvenza decurtata dei possibilirecuperi successivi, in caso di creditialle pmi potrà essere coperta per il 75% dairedditi futuri. Ne deriva un notevole abbattimentodel rischio e quindi del capitale daaccantonare; trattamento del rischio operativo,derivante per esempio dal collasso deisistemi informatici o da frodi di dipendenti.E’ stata introdotta la possibilità di una maggioreflessibilità per il calcolo delle riservedi capitale da accantonamento.Per i gruppi bancari che ambiscono alriconoscimento più avanzato dell’accordo(cd. Advanced Approach) che dovrebbeconsentire i più rilevanti vantaggi sul pianoregolamentare ed operativo, nonché i maggioribenefici patrimoniali, Basilea 2 difatto entra in vigore nel corso del 2003. Infatti,secondo quando indicato dallo stessoaccordo, le banche dovranno dimostrare diavere adottato l’uso interno dei modelli daalmeno tre anni e di avere rispettato in queitre anni la conformità operativa, strumentalee organizzativa per potersi qualificareper gli approcci più avanzati.Rating ed evoluzione delle bancheIl rating è uno strumento di analisi checonsente la valutazione della solvibilitàdi un qualsiasi soggetto (Stato o impresa)che si indebita, attraverso la descrizione


Finanzadel comportamento di indicatori opportunamentescelti. Mentre lo scoring è unpunteggio su scala numerica continua, ilrating esprime classi di merito ordinali equalitative, che consentono di accogliereindicatori non solo quantitativi (tipo Roi,Roe), ma anche qualitativi (si pensi allaqualità del management di un’azienda).Dal 1998, quindi ben prima di Basilea 2,le banche hanno adottato modelli di rating,spinte dall’evoluzione del mercato.L’attività tradizionale di intermediazionedi denaro ha visto gradualmente decrescerei profitti (a causa del calo del margined’interesse) e crescere la rischiosità degliimpieghi (a causa del crescere dei volumiscambiati e della conseguente incertezzadel mercato). Le banche si sono rivolteall’offerta di servizi, più remunerativi esenza rischio. Ma non hanno rinunciatoa prestare denaro. Hanno cambiato ilmodo di farlo, introducendo l’ asset allocation:hanno cioè scelto quali impieghi(gli assets) detenere, quindi quali clientifinanziare, in funzione del loro rapportotra rendimento e rischio. Alcune banchesi sono orientate al large corporate (Eni,Fiat ecc.), altre allo small business, altresi sono specializzate sul credito al consumo.Tutte lo hanno fatto dopo aver sottopostola propria clientela ideale a rating,in modo da predeterminarne il livellodi rischio e con ciò poter salvaguardarela redditività dei propri crediti. Quindil’adozione del rating da parte delle bancheesiste da prima di Basilea 2.Il rating secondo Basilea2La normativa di Basilea 2 fissa solole linee guida, lasciando ampio spazioalle banche ed alle autorità centrali dicontrollo; non obbliga le banche ad utilizzareprocedure di rating interno. Ognibanca potrà scegliere tra tre modalità dicomportamento: il cosiddetto StandardApproach (livello minimo, obbligatorio);il metodo Irb (Internal Rating Based approach)di base (Foundation);il metodoIrb avanzato.Lo Standard Approach non si discostamolto dal sistema attuale, introdotto dal1° accordo di Basilea del 1988, che prevedeun accantonamento dell’8% a frontedi ogni impiego. Tuttavia il Comitatopropone di basare le ponderazioni su valutazioniesterne della qualità creditizia(rating esterni, da Moody’s ecc.). Quindile ponderazioni consentiranno di ridurregli accantonamenti di capitale per gli impieghiverso le aziende con rating moltobuoni (AAA, AA, A, ecc.) di maggioraregli accantonamenti verso le imprese coni rating peggiori (CCC, D, ecc.) mentreMartino Ferraguti e Marcello Tiddia dellaSardafidi. A destra Laura Puddu e GabrieleManso del Confidi. (foto <strong>Sardinews</strong>)per gli impieghi verso aziende con ratingmedi e verso aziende senza rating laponderazione sarà neutrale (100%). E’evidente che, considerato il limitatissimonumero di aziende italiane che dispongonodi un rating esterno, di fatto questoapproccio non porterà particolari beneficialle banche, lasciandole praticamentenella situazione attuale.Quanto ai metodi IRB Internal RatingBased, senza entrare nel merito delledifferenze tra metodi IRB di base edavanzati, l’adozione dell’approccio piùavanzato (cd. Advanced Approach) dovrebbeconsentire i più rilevanti vantaggisul piano regolamentare ed operativo,nonché i maggiori benefici patrimoniali.In realtà, sulle scelte delle singole banchesarà determinante il ruolo di Banca d’Italia.Per quanto riguarda i metodi IRB, ilmetodo di calcolo del rating internamentealle banche potrà differire anche significativamentedall’una all’altra. In ognicaso le imprese saranno valutate, conriferimento alla rischiosità, cioè alla probabilitàdi insolvenza, sulla base di unascala ordinale di merito. Quali elementidi valutazione utilizzeranno in concretole banche? Possiamo identificare diverseclassi di elementi:caratteristiche proprie dell’aziendacliente: capacità storica e futura di generareliquidità, struttura patrimoniale,flessibilità finanziaria, qualità dei ricavi,qualità e tempestività delle informazioni,management, posizione nel settore;caratteristiche e andamento del settorein cui opera l’azienda; si tratta di informazionilegate al settore, al mercato ingenerale e al mercato locale;andamento del rapporto banca/azienda;si tratta di tutti quegli elementi che labanca può desumere dal rapporto storicocon il cliente (utilizzo degli affidamenti,sconfini, insoluti, ecc.);andamento del rapporto azienda/sistemabancario, tipicamente dati desumibilidalla Centrale dei Rischi e da strumentianaloghi.Quali prospettive per i confidiCon Basilea 2 il ruolo dei confidi diventaessenziale nell’ambito delle tre variabiliche influenzano il requisito minimo dicapitale delle banche, che nella formulazionematematica del 1° pilastro è ilprodotto delle tre variabili:la probabilità di insolvenza: questa ècalcolata dal rating. I confidi, pur noninfluendo direttamente sulla variabile,potranno sfruttare la specifica conoscenzadel sistema economico locale edelle proprie imprese per implementaremodelli di rating nell’ambito di agenzieper la valutazione esterna del merito dicredito (Ecaf), che, su base limitata (adesempio per tipologia di credito o pergiurisdizione), potranno essere riconosciutedall’autorità di vigilanza in base sesoddisfacenti alcuni requisiti di idoneità.la perdita attesa: i confidi potranno mitigarela perdita delle banche attraverso:(a) le garanzie reali, a 1° richiesta, noncollettive ed in rapporto 1.1; (b) le garanziepersonali con riconoscimento delmoltiplicatore, a condizione di avere unrating almeno pari a quello dell’impresada affidare, in modo da potersi sostituirealla garanzia, e quindi alla valutazione,della stessa impresa; (c) le garanzie collettivee sussidiarie che già oggi esistono,che non incidono affatto sul capitale divigilanza, ma hanno pur sempre un valoreeconomico per la banca che le riceve.L’esposizione al momento dell’insolvenza:la portata dell’esposizione dipende dalfatto che la banca abbia o meno trasferitoil rischio di credito su altri soggetti, mediantericorso a derivati oppure tramitecessione a terzi (cartolarizzazione).Qui lo spazio di intervento dei confidiè molto ridotto, perché senza rating unportafoglio di crediti alle PMI risultapoco collocabile sul mercato in quantomolto incerto. Tuttavia la Banca d’Italiasta studiando forme di cessione di portafoglioda parte delle banche a favore deiconfidi.Riccardo Barbieriluglio agosto 2003 21


Quelli che fannoParla Renato Sailis, imprenditore fai da te con la fidanzata Manuela e cinque dipendentiLa legge 28 tardava, ecco l’auto-finanziamentoStoria di Info-Appalti che oggi ha 35 mila clientiUna «piazza virtuale» nel mondodegli appalti, dove pubblicheamministrazioni e aziende si incontranoe dialogano fra loro. Un portaleinnovativo e ricco di contenuti, nato persupplire al deficit burocratico degli entisull’accesso agli atti e per accorciarecosti e tempi dell’informazione. È Info-Appalti, primo content-provider sardonel settore degli appalti pubblici sul web,uno fra i primi in campo nazionale.Info-Appalti nasce a Cagliari nel 1999dall’intuizione di un giovane consulente,Renato Sailis, allora appena trentenne.Sailis ha saputo coniugare con successola grande passione per Internet con ilsuo background professionale: venivainfatti da un’esperienza nella pubblicaamministrazione, dove per qualche annosi era occupato di consulenze tecnichenel settore edile. Di seguito aveva lavoratonel privato occupandosi ancora unavolta della gestione di gare d’appalto. Ilgiovane imprenditore intuisce subito lapotenza del mezzo telematico e decide direalizzare un nuovo portale, in grado difornire ai suoi abbonati una panoramicacompleta ed esatta delle gare bandite sulterritorio regionale.“Sono sempre stato un appassionato dinuove tecnologie e di comunicazione”,racconta Sailis. “Avendo lavorato peranni nel settore dei lavori pubblici, sapevoquanto sarebbe stato utile un servizioweb volto a semplificare la giungla normativae burocratica degli appalti”.Inizialmente, come tanti altri giovani,Renato Sailis si rivolge alla legge 28.Insieme alla fidanzata, Manuela, elaborauno studio di fattibilità e lo presenta allaBanca Cis. La pratica va a buon fine e ilprogetto di Sailis risulta ammissibile aifinanziamenti. Nel frattempo però la 28viene contestata in sede europea, per ilsostegno eccessivo che accorda agli imprenditorisardi: si parla di concorrenzasleale nei confronti dei competitori europei,con un rischio concreto di blocconei finanziamenti. Sailis decide alloradi ritirare la sua pratica: “Di fronte allaprospettiva di anni d’attesa ho preferitoripiegare sull’auto-finanziamento.Una scelta di cui oggi vado orgoglioso:l’azienda è nata e cresciuta senza un soldodi contributo”.Renato Sailis tiene molto a sottolinearequesto punto. “Non mi sono mai scoraggiato:sfumata la possibilità di unRenato Sailis, Info Appalti, nella sede cagliaritana di via S. Tommaso d’Aquino. (<strong>Sardinews</strong>)finanziamento, mi sono rimboccato lemaniche”. Prosegue: “Ho costruito ilsito Info-Appalti con le mie mani, dedicandoglitempo ed energia nelle lunghesere dopo il rientro dal lavoro”. All’epocaSailis era ancora impiegato presso unprivato. Riuscire a conciliare gli impegnicon la realizzazione del suo progetto nonè stato semplice, ma lo sostenevano ungrande entusiasmo e la consapevolezzadella bontà della sua idea imprenditoriale.All’inizio il portale è molto semplice,sia nella grafica che nei contenuti. Ottienecomunque un discreto successo: le paginescaricate passano da zero a 110 mila neiprimi quattro mesi. Gli accessi unici sono8400 al mese. Dopo sei mesi di ingressogratuito il sito viene chiuso. C’è una leggeraflessione, ma di contro comincianoad arrivare i primi abbonamenti.“In questa fase ci siamo accorti che, nonostanteil nostro servizio fosse limitatoall’ambito regionale, la maggior partedei nostri utenti erano aziende del NordItalia”, racconta Sailis. “A quel puntoabbiamo deciso il grande salto, allargandol’offerta informativa e proponendocicome portale di respiro nazionale”. Siamoalla metà del 2000. Alla fine dell’annol’azienda impiega ormai cinque persone eproduce i primi capitali, che consentonol’acquisto di una sede e di numerose infrastruttureinformatiche. Arriva inoltreun’inaspettata opportunità: Info-Appaltisigla un accordo con Seat Pagine Gialleper la gestione dei contenuti del portalebusiness Giallo.it. Oggi Info-Appalti intrattienerapporti con numerose aziendeeditoriali specializzate, su internet e sullacarta stampata. Gli iscritti ai contenutisono tremila, fra enti pubblici, aziende,liberi professionisti. Centinaia sono leaziende abbonate in tutta Italia, e 35 milaquelle che si collegano ogni mese. Le paginevisitate sono mensilmente 140 mila.“Gli enti pubblici hanno accesso gratuitosulle informazioni riguardanti sentenze,bandi tipo, bandi predisposti da altri enti”dice Sailis. “L’obbiettivo è quello di fidelizzarele pubbliche amministrazioni e dicollaborare con loro anche nella fase dipubblicità legale delle gare d’appalto”.Prosegue: “A questo scopo abbiamo predispostoun nuovo servizio “Info-legale”,attraverso il quale coordiniamo la pubblicazionepresso la Gazzetta Ufficialeitaliana ed europea, presso i siti istituzionali(come quello del ministero delleInfrastrutture e Lavori Pubblici), e infinepresso i quotidiani regionali e nazionali.”Per il futuro ci sono ottime prospettive:è stato appena approvato uno schema didecreto attuativo della legge di semplificazione340/2000, che sancisce la possibilitàdi equiparare la pubblicazione onlinedi bandi, avvisi ed esiti di gara allapubblicazione sulla Gazzetta ufficiale.Pa. Pi.22luglio agosto 2003


Quelli che fannoParla Elisabetta Todde, presto il nuovo stabilimento nella zona industriale di ElmasNova Dulcis: sapori di Sardegna nel mondo“Cominciò a Desulo col forno dei nonni”Cinque milioni di dolci prodottiogni giorno, che raggiungono i ristorantie i negozi specializzati ditutta la Sardegna. Due linee di pakaging,per un’offerta adeguata alle richieste dellagrande distribuzione in tutta Italia. Edun nuovo stabilimento in via di costruzione,per garantire l’ampliamento delmercato oltrefrontiera. È la Nova DulcisSrl, un’azienda dolciaria nata poco più didieci anni fa dall’intuizione di ElisabettaTodde, cagliaritana d’adozione ma desulesedi nascita . Aver saputo coniugare latradizione con la modernità: è questo ilsegreto del successo della Nova Dulcis.Papassine, amaretti, sospiri, tiliccas esoprattutto padule sono i cavalli di battagliadell’azienda, che sfrutta le antichericette del dolce desulese tramandate digenerazione in generazione da più di unsecolo. Classe 1960, lo spirito d’impresanel sangue, Elisabetta Todde ha alle spalleun eredità familiare di tutto rispetto: “Imiei nonni” racconta orgogliosamente,“possedevano a Desulo un forno per lapanificazione e la pasticceria tradizionale,un vero punto di riferimento inBarbagia. Mia madre ereditò l’attività deigenitori e a sua volta la trasmise ai figli.Per me e per i miei fratelli è stato naturaleproseguire la tradizione familiare”Alla domanda : imprenditori si nasce o sidiventa? Elisa risponde sicura: “Nascerein una famiglia di imprenditori aiuta.Certo, ci vogliono anche molte qualitàsul piano personale: la grinta, la passioneper il lavoro.”Elisa Todde approda a Cagliari appenadiciassettenne, nel 1977. È ancora unastudentessa al quarto anno di liceo ma igenitori decidono di affidare a lei e a unfratello appena maggiorenne la gestionedi una delle attività di famiglia: una panetteriache produce anche dolci artigianali.Qui Elisa si fa le ossa e affina la suaspiccata abilità imprenditoriale. Gestiràquesta attività fino al 1983, quando lapanetteria arriva a fatturare un miliardodi lire all’anno e conta otto dipendenti.Nel 1989 crea con la sorella Maria Francescaun pastificio a Pirri. Ma ancora nonè soddisfatta. Si fa strada a poco a pocol’idea di mettersi in proprio: la Dulcisnasce nel 1991, con un investimento di600 milioni. Nel 1999 raggiunge un fatturatodi 620 milioni annui, e può vantarela propria presenza su tutto il mercatoElisabetta Todde, amministratore delegato di Nova Dulcis e un gruppo di dipendenti. (<strong>Sardinews</strong>)regionale nei canali del catering e dellagrande distribuzione. Forte Village, ChiaLaguna, Baia di Nora, Is Morus sonoalcuni fra i grandi nomi che la Dulcisrifornisce giornalmente. Solepan, Gieffe,Metro, Città Mercato, Coop i clientidella grande distribuzione. Nello stessoperiodo, l’azienda si presenta con i dolciconfezionati nel mercato della grandedistribuzione nazionale ed estera, conseguendoun fatturato lusinghiero: il 29 percento sul totale della produzione.“Abbiamo scoperto allora che il dolcesardo piace anche fuori dall’isola: soprattuttoal Nord Italia ed in Germania,ma anche negli Usa”. Si profila una sfidaimpegnativa ed allettante, che la Toddedecide di raccogliere con piglio decisoe senso pratico: “In quel periodo nascel’esigenza del salto di qualità: per esserepresenti nei mercati esteri occorre unaancora maggiore cura del packaging, e unsistema di confezionamento che preservipiù a lungo la fragranza del dolce senzaperò ricorrere ad additivi e conservanti”.Ma per tutto questo ci voleva un nuovoe moderno stabilimento di produzione. Ilprogetto di finanziamento per 4 miliardidi lire viene presentato nel 1999. ElisaTodde si rivolge alla legge 28 a sostegnodell’imprenditorialità giovanile. Nel frattempoviene inoltrata domanda al Casicper la concessione di un lotto edificabilea destinazione industriale, individuatoinizialmente nella zona di Assemini. Mai soldi della 28 stentano ad arrivare, connotevole disagio per l’attività imprenditoriale:“Le spese fioccavano: dalla parcelladel consulente all’impegno per l’acquistodel terreno, senza contare la formazionedel personale per la nuova attività”. Così,in virtù di un vincolo posto dall’assessoratoal Lavoro per il finanziamento deicorsi di formazione professionale, a gennaiodel 2002 la Dulcis assume 5 nuoveunità di personale, che risultano però momentaneamentein esubero. “Se l’aziendanon fosse stata solida, questo avrebbecomportato un rischio di collasso”.La prima tranche di finanziamenti arrivafinalmente ad agosto del 2002. Vieneallora inoltrata una nuova domanda alCasic per ottenere un avvicinamentoal capoluogo. Dopo un nuovo periododi attesa arriva la risposta positiva: lostabilimento sorgerà nei pressi di vialeElmas. E’ di questi giorni la presentazionedel progetto di costruzione: “La nuovastruttura sarà pronta finalmente entro iprossimi 8-10 mesi”, garantisce soddisfattaElisa Todde. “Una tappa essenzialeverso l’espansione del nostro mercato”.Per superare le difficoltà c’è voluta tuttala determinazione, l’esperienza e la luciditàdella giovane imprenditrice desulese.“L’attività della Nova Dulcis non si è maifermata: un atteggiamento premiante,visto che abbiamo appena concluso unaccordo con il gruppo Auchan per ladistribuzione del prodotto Dulcis nelleCittà mercato di Cagliari, Sassari edOlbia”. Prosegue “Anche l’’ aeroporto diElmas ha deciso di affidarsi a noi per lesue forniture”. L’agenda di Elisa Todde èfitta di progetti anche per il futuro: “E’incorso una trattativa con Caffarel, per laproduzione del nostro croccante al cioccolatocon il marchio della famosa casasvizzera”.Paola Pintusluglio agosto 2003 23


SugheroUna risorsa non sfruttata sufficientemente nell’economia, quali vantaggi per l’ambienteBosco normale con querce da sugheroIl territorio sardo può diventare più riccoLa Sardegna può essere più bella e produttiva con più estesiboschi di querce da sughero? Questa coltivazione è compatibilecon la pastorizia? Nelle quattro pagine che seguono risponde aquesti quesiti Michele Palmas, 65 anni, nativo di Bitti, docenteper 25 anni di Patologia vegetale all’Università di Cagliaridove si era laureato in Scienze naturali. Palmas è attualmentecuratore dell’Orto botanico di Cagliari. L’Università di Cagliarista per attivare, dopo la laurea triennale in Scienze, un corsobiennale di “Assestamento forestale dei boschi a sughera”.di Michele PalmasNell’economia sarda c’è una risorsa non sfruttata sufficientementee che invece potrebbe avere un ruolo moltoimportante nello sviluppo della Sardegna. Il bosco asughera non è considerato neppure una risorsa vera e propria,è piuttosto un bene naturale ricevuto gratuitamente e godutoogni dieci anni: la manna dal cielo, basta attendere la scadenzadel tempo. E’ semplicemente una voce integrativa del bilanciopastorale di una famiglia. La scommessa è quella di fare il passaggiodal concetto di bene ambientale a quello di risorsa economica.Anche perché le sovvenzioni della UE si contraggonoe si spostano verso i paesi dell’est che stanno per entrare nell’Unionee noi abbiamo bisogno di mantenere almeno costantii redditi delle aziende che attualmente gestiscono il territorio.Un passaggio, quello dal bestiame al bosco a sughere, che nonviene da sé e che invece richiede conoscenza specifica del problemaattraverso dati, confronti e verifiche all’interno di unaanalisi rigorosamente basata su costi/benefici. Dunque bisognasaperne di più, approfondire la questione con studi, progetti einvestimenti. Il nostro obiettivo è appunto quello di mostrarel’utilità economica, ecologica e turistica del bosco a sugheraattraverso la specificazione dei molteplici vantaggi. Vantaggiche investono diversi settori: un nuovo e più redditizio rapportopascolo/bosco, il fenomeno della desertificazione e l’effettoserra, l’aspetto idrogeologico, la capacità del suolo (del bosco)di trattenere acqua e di convogliare le piogge verso le faldeacquifere, per favorire un naturale approvvigionamento degliinvasi, incendi, alluvioni, piante alloctone, arature e turismo.Insomma c’è una posta in gioco complessiva che riguarda ilmodello globale di sviluppo della Sardegna in riferimento allatipologia e alla qualità della risorse locali.Il bosco a sughera può voler dire: più ricchezza, più occupazione,più acqua, più aria buona, più verde.Il rapporto bosco/pascolo.Oggi la questione è posta in termini sottrattivi: il rimboschimentoè a danno della pastorizia, oltre ad essere un fattore diconflitto sociale dagli esiti preoccupanti.Si tratta di far convivere pecora e sughera e di sperimentarequale convenga incrementare alla luce dei profitti reali e deilivelli occupativi.Il problema è se esista la possibilità di stabilire un equilibriotra pascolo e bosco a sughera. Si è individuato un modello dibosco normale che potrebbe creare un equilibrio tra pascolo ecopertura arborea e che procura redditi molto superiori al solopascolo. L’applicazione di questo modello comporta una proporzionetra copertura arborea e pascolo.Se su un ettaro di terreno la copertura normale è di 3830 m² allora6200 m² sono a pascolo. Questa porzione di bosco produrrà15 quintali di sughero per un valore prudenziale di 375 euro/anno più legname per 150 euro/anno a cui si sommano 350euro, reddito a pascolo di 2 pecore/anno sulla stessa superficie.Se si estende la copertura arborea col tempo fino alla coperturanormale di 5800 m² su 10.000, si avrà una produzione di 25quintali di sughero per un valore prudenziale di 625 euro/annopiù legname per 200 euro/anno a cui si sommano 350 euro,reddito a pascolo di 2 pecore/anno sulla stessa superficie. La“copertura normale” presuppone l’uso di accorgimenti adattiper la protezione delle giovani piante in entrambi i casi.Ci sarebbe un terzo tipo di bosco a copertura normale totale,10.000 m² su 10.000, che consente una produzione di 40 quintalidi sughero per un valore prudenziale di 1.000 euro/annopiù legname per 300 euro/anno con pascolo programmato infunzione del bosco. Infine quest’ultimo tipo di bosco con allevamentoin stalla consente un ulteriore incremento di reddito.Lo scenario aiuta il conduttore nella scelta a secondo dei finiche vuole raggiungere. Altri due punti importanti da evidenziaresono: il prezzo del latte e la politica agricola europea.Alla luce degli indirizzi di fondo della politica agricola europeaè importante per la Sardegna valutare la convenienzadella produzione di sughero rispetto a quella del latte. Infattiil prezzo del latte è “fermo” dal 1985 e la prospettiva che con24luglio agosto 2003


Sugherol’euro aumenti restano scarse. La Ue tende a un contenimentodella produzione (quote latte per ogni paese membro); inoltre,gli aiuti cospicui alle imprese agropastorali verranno menocon l’uscita della Sardegna dall’obiettivo 1; Franz Fischler,il Commissario responsabile dell’agricoltura, dello svilupporurale e della pesca della UE ha proposto di : “slegare completamentela produzione dagli aiuti diretti; di subordinare gliaiuti diretti al rispetto di norme ambientali,…” (Ue,2002) ciòsignifica che non ci saranno più gli incentivi per capo di bestiame;il Reg. Ue 1257/99 ha posto le basi (e stanziato i fondi)per uno sviluppo rurale sostenibile e uno sviluppo forestale sostenibilee ha introdotto la figura del Rilevatario non ngricoloossia “qualsiasi persona fisica o giuridica che rileva terreni residisponibili per destinarli ad usi extra agricoli, come la silvicolturao la creazione di riserve ecologiche…”; .Pertanto nel contesto attuale, in una azienda che tenga contodel bosco, si deve rivedere anche la gamma dei prodotti perportarli verso produzioni di eccellenza (marchi Doc del latte emarchi Doc dei formaggi, come fanno francesi e svizzeri).Questo quadro di possibile sviluppo bosco/pascolo trova ilconsenso delle direttive europee [Reg. (Ce) n. 1257/99 - Pianodi sviluppo rurale e Reg. (Ce) n.1260/99 - Programmi operativiregionali e successivi].A livello nazionale si hanno delle grandi prospettive per il bosco,come la Delibera Cipe 19 dicembre 2002 - Piano nazionaleper la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effettoserra; 2003-2010: 672 milioni di euro per il 2003/2004. L’Italiaha sottoscritto i protocolli di Kyoto e deve creare dei carbonsink (riserve di carboni, cioè boschi) dove immagazzinare laCO 2. I boschi a sughera sono i più adatti a questa funzione nellaregione mediterranea perché sono in grado di mantenere lacopertura arborea più a lungo e meglio degli altri tipi di bosco,dato che la loro produzione primaria è il sughero e per otteneresughero bisogna che il bosco non venga tagliato come presto otardi avviene per i boschi di altre specie.Mentre a livello regionale la Sardegna deve recepire con proprieleggi la prospettiva agro-forestale europea. Per esempio,bisogna ritagliare dalle misure del Por una “misura di servizio”,quella del bosco a sughera, che tuttora manca e senza laquale buona parte delle altre risultano poco efficienti e addiritturainefficaci, come le Misure 1.1 e 1.2 – Il ciclo integratodelle acque; Misura 1.3 – Difesa del suolo; Misura 1.4; Misura4.4 – Sviluppo integrato d’area; Misura 4.6 – Misura 4.7 – Misura4.9 – Investimenti nelle aziende agricole; Misura 4.12– Diversificazione delle attività agricole e delle attività affini;Misura 4.16 – Tutela dell’ambiente in relazione all’agricoltura,selvicoltura, conservazione risorse naturali; Misura 4.17– Ricostruzione del potenziale agricolo danneggiato dai disastrinaturali.Inoltre è del tutto evidente che bisogna pubblicare il Regolamentoattuativo della legge regionale 9 febbraio 1994, n. 4– Disciplina e provvidenze a favore della sughericoltura e porremano a una nuova legge forestale regionale, ecc.OccupazioneIl modello bosco a sughera porta un incremento dell’occupazione.I risultati prospettati per i diversi tipi di bosco a sughera nonsi raggiungono senza interventi mirati e senza impiego di manodopera;bisogna applicare periodicamente una serie di tecnichee di metodi che implicano un minimo di addestramento. Queste“nuove professioni” riferite alla conduzione e lavorazione delbosco provocano anche un incremento dell’occupazione nellecampagne e, aumentando la produzione di sughero, anche unincremento occupativo nell’industria sugheriera.La Sardegna possiede 1.458.000 ha a vocazione sughericola;se si creassero piccole aziende di 30 ha a sughere, che a regimedessero un reddito annuo (30 ha x 1.000 euro = 30.000euro/anno), si potrebbero avere col tempo 50.000 “nuove”aziende che si aggiungerebbero a quelle che già ci sono, comeun nuovo reticolo sovrapposto alle aziende pastorali. L’occupazione,da una fase iniziale necessariamente lenta, salirebbe aparecchie migliaia. Infatti ci sarà la necessità di mano d’operaper realizzare i nuovi impianti a sughera, avviare a normalizzazionei boschi a sughera esistenti, continuare l’opera dinormalizzazione nel tempo per avere alti redditi, condurre lenuove aziende forestali con cooperative di giovani, singoli, ultrasessantenniche vogliono smettere la vita del pastore, etc ... el’indotto tenderebbe ad aumentare nel tempo per l’incrementodella materia prima.Per attuare questo programma, occorre un nuovo quadro normativoregionale che istituisca una diversificazione tipologicadelle aziende che gestiscono il territorio che preveda una diversificazionedegli incentivi in base alla copertura arborea dimodo che un allevatore possa scegliere tra 5 opzioni. In altritermini, maggiore è la copertura arborea, maggiori saranno gliincentivi e ciò dovrà portare allo spostamento graduale degliincentivi dal bestiame alla copertura arborea, come vuole laUe.La linee guida della legge della gestione del territorio potrebberoessere le seguenti: azienda pastorale (a), azienda silvo-pastorale(b, c, d) e azienda forestale (e); le ultime quattro sono adiverso grado a sviluppo rurale sostenibile e a sviluppo forestalesostenibile, come indicato dal Reg. Ue.1257/99.a - Azienda che non cura il bosco godrà solo di sovvenzioni Ueper il bestiame.b - Azienda che cura un bosco con proiezione delle chiome di3830 m²/ha (Bosco De Mexia) godrà di sovvenzioni Ue per ilbestiame + sovvenzioni UE per il bosco + sovvenzioni Regioneper il bosco pari al 38,3 %.c - Azienda che cura un bosco con proiezione delle chiome di5800 m²/ha (Bosco Natividade) godrà di sovvenzioni UE peril bestiame + sovvenzioni UE per il bosco + sovvenzioni RE-GIONE per il bosco pari al 58 %.d - Azienda che cura un bosco con proiezione delle chiome di10 000 m²/ha (Bosco Lamay) e con bestiame in stalla godrà disovvenzioni UE per il bestiame + sovvenzioni UE per il bosco+ sovvenzioni Regione per il bosco pari al 100 %.e - Azienda forestale: Azienda che cura solo il bosco conproiezione delle chiome di 10 000 m²/ha (Bosco Lamay) godràdi sovvenzioni UE per il bosco + sovvenzioni Regione per illuglio agosto 2003 25


Sugherobosco pari al 100 %.La Legge regionale è concordata tra l’Assessorato dell’Agricolturae l’Assessorato dell’Ambiente e autorizzata dall’Ue.Lo spostamento graduale degli indennizzi dal bestiame alla coperturaarborea avrà effetti benefici e duraturi perché toglieràforza alle attuali motivazioni e necessità che “giustificano” gliincendi, oltre ad avviare l’Isola verso un vero sviluppo sostenibile.Desertificazione: come fermarla?Il bosco a quercia da sughero è una grossa risorsa ambientale epuò avere un ruolo fondamentale nel fermare la desertificazione,contenere la siccità e preservare la biodiversità.La desertificazione comincia quando la quantità d’acqua «perduta»è superiore a quella «immessa» nell’ecosistema con lepiogge. Ma chi o che cosa immette l’acqua nell’ecosistema?L’humus, che è un prodotto di decomposizione della lettiera,che è costituita da foglie, rametti, resti di animali, ecc., è “l’imbuto”che permette il passaggio dell’acqua di pioggia nel terreno.I processi per la formazione dell’humus vengono operatinel suolo da diversi gruppi di organismi e di microrganismi.Se la lettiera è quella “giusta”, cioè derivata da piante autoctone,come la quercia da sughero, e se la lettiera é sufficiente,in quanto non viene asportata in quantità significative, alloral’humus costituisce in media 1/25-1/50 della massa totale delsuolo.Siccome l’humus è in grado di assorbire H 2O 20 volte il suopeso, avremo che in presenza di humus l’acqua assorbita saràcirca 2-4.000 m³/ha/anno = 2-4 milioni di litri/ha/anno. Ora piùaumenta l’humus prodotto e lasciato nel bosco, maggiore saràla quantità di acqua assorbita durante le piogge.L’humus prodotto dal bosco è in funzione della copertura arborea,maggiore sarà la copertura arborea, maggiore sarà l’humusprodotto, a parità di organismi e microrganismi del terrenoe dunque maggiore sarà la quantità di acqua assorbitaLa creazione di copertura arborea a quercia da sughero è moltoimportante nella regione mediterranea, perché riduce l’insolazioneal suolo, riduce la quantità di acqua evaporata nellaatmosfera e producendo lettiera adatta alla zona mediterraneaintercetta la pioggia sicché questa raggiunge il terreno più lentamente.Il materiale di risulta della copertura vegetale (foglie,rametti, rami, tronchi, semi, frutti) e i resti di animali, escrementi,ecc. costituiscono la lettiera, come si è detto, che, neisuoi diversi stadi di trasformazione fino a quello di humus edoltre, ha la proprietà, tra le altre, di assorbire l’acqua di pioggiacome una spugna e successivamente rilasciarla lentamente,permettendo il passaggio della umidità negli strati profondi delterreno, infiltrandosi in esso fino a percolare nelle falde (lentiidriche) che conservano l’acqua e poi la rilasciano all’esternocon le sorgenti. L’acqua che giunge al terreno può penetrare inesso attraverso i pori, oppure, se questi sono insufficienti odocclusi (anche in conseguenza di arature), scorrere in superficie.Sui diversi fattori che condizionano la capacità di infiltrazione,la presenza del bosco può agire sensibilmente. Sonodeterminanti a tal fine, dunque, gli apporti di sostanza organicae i vuoti lasciati dalle radici che muoiono o si decompongono.Forestare a quercia da sughero significa creare copertura arboreaadatta alla regione mediterranea.Per esempio, a parità di età con le altre querce (dieci anni), laquercia da sughero presenta una maggiore copertura di suolo:4.000 m² su 10.000, contro i 1.000 m² su 10.000 del leccio;copertura, dunque, del 40%. La copertura aumenta al cresceredell’età del popolamento forestale. Se cresce la copertura aumentain proporzione la quantità di lettiera, aumenta la quantitàdi precipitazioni trattenuta per unità di superficie, si abbassanoi picchi di piena e si accresce l’approvvigionamento delladiga in maniera sensibilmente maggiore rispetto alla parte delbacino senza copertura.Dunque, se cade una pioggia di 1 mm su un metro quadrato, laquantità d’acqua è di 1 litro, su 1 ha = 10 000 litri, su 100 ha= 1.000.000 litriSe i mm di pioggia che cadono in media nel bacino sono 500nell’arco dell’anno e la copertura arborea arriva al 100%, alloraavremo 500 x 1.000.000 = 500 milioni di litri per ogni100 ha di bacino imbrifero forestato. Dove sta il trucco? Nelcreare la copertura arborea costituita da specie autoctone perquella regione, dunque, per la Sardegna, copertura arborea asughera.26luglio agosto 2003


Il vocabolario del sugheroSfogliamo il vocabolario della terra e della forestaDeflussoLa presenza del bosco ha influenze piuttostomarcate sul deflusso dell’acquadi pioggia. La ritenzione o regimazionecomincia a manifestarsigià dai primi anni dopo l’impianto. Laquantità di acqua, che ogni anno, a paritàdi precipitazioni, viene trattenuta dal suolo,aumenta perché col tempo aumentala copertura e aumenta l’efficienza deimeccanismi di cattura della lettiera. Gliincrementi verranno indicati dagli apparatidi registrazione della diga.Il bosco di copertura a sughera, che generalettiera che produce humus ricco e adattoa trattenere l’acqua di pioggia in quantitàmassiva, riteniamo che risolva alla radiceil problema della desertificazione per laSardegna e per le terre d’Europa che siaffacciano sul bacino mediterraneo; essoha, inoltre, risvolti economici impensatiin quanto a produzione di sughero. Legrandi quantità di sughero prodotte daPortogallo e Spagna derivano da boschiartificiali: in particolare, il predominioportoghese a livello mondiale nel campodel sughero, si fonda su boschi impiantatidall’uomo agli inizi del ‘900.I 7 bacini imbriferiTra le misure da mettere in atto sul territorioper portare a soluzione il problemadell’approvvigionamento idrico la riforestazionea quercia da sughero dei 7 baciniimbriferi sardi si ritiene sia quella a cuibisogna dare più peso e sia da mettere inesecuzione in tempi brevi in Sardegna. Lariforestazione dei bacini imbriferi oltre cherisolvere il problema dell’acqua alla radice,lo risolve nella maniera più economicarispetto a tutte le altre soluzioni proposte,nel rispetto dell’ambiente e creando unosviluppo sostenibile delle zone interessatecon il reddito del sughero. (1. Sub-bacinoSulcis, 2. Tirso, 3. Temo-Mannu di PortoTorres-Coghinas, 4. Liscia, 5. Posada-Cedrino,6. Sud Orientale, 7. Flumendosa-Campidani-Cixerri).Gli incendiI processi per la formazione dell’humusvengono operati nel suolo da diversigruppi di organismi e di microrganismi,si è detto, i quali quando passa l’incendiovengono distrutti (fatti arrosto). Quindil’incendio blocca la vita nel suolo, anchese lo riempie di “cadaveri”.Perché la fabbrica dell’humus riprenda afunzionare, il suolo dovrà essere colonizzatodi nuovo e passeranno anni, senzaincendi, per avere le popolazioni di organismie microrganismi pre-incendio e unsuolo fertile e ricco.L’emergenza incendi, 15 incendi al giornoper 365 giorni l’anno nel 2001 (dati Cfva)e 125 milioni di euro per la lotta nel 2003(dati Cfva), che comportano un oneredi 75 euro (150.000 lire) per personaresidente, indica che le strategie usatefino ad oggi sono da cambiare, perchéstanno portando l’ambiente al collasso.Impiegando il personale dell’antincendionella riforestazione a sughera con lostesso budget annuo si potrebbe mutareil volto della Sardegna in qualche decadese si spostano anche gli incentivi dal bestiamealla copertura arborea, secondo leindicazioni Ue.AlluvioniIl bosco a querce nella regione mediterranea(e in particolare quello a quercia dasughero) esplica una fondamentale azionebenefica perché contribuisce alla stabilitàdei versanti, rallenta il ruscellamento eriduce l’erosione delle pendici, cioè laproduzione di sedimenti da cui prendonoorigine le onde di fango e la portata solidala quale, a sua volta, può tradursi in unrallentamento della corrente, per cui diminuendonela velocità essa ha bisognodi una maggior sezione di flusso.Se bisogna prendere provvedimenti didifesa idraulica di natura specifica per lalaminazione delle piene, quali casse diespansione e serbatoi di ritenuta, doveè necessario, questi non vanno mai disgiuntinella regione mediterranea dallariforestazione delle pendici e dei bacinicon le querce.Dissesto idrogeologicoLe frane da noi sono frequenti dopoviolenti temporali. All’origine, a parte lapredisposizione di natura geologica, viè quasi sempre la scomparsa del mantoboschivo. Le frane sono paragonabili adordigni ad orologeria. Se i rischi naturalisono una produzione sociale, allora il dissestoidrogeologico è produzione sociale.Si può intervenire per tempo nel reticoloidrografico mediante sistemazioni idraulico-forestali,privilegiando più che possibilequelle forestali a querce autoctonenel bacino mediterraneo. Il catasto delleopere e della entità delle superfici forestatecon essenze autoctone è fondamentaleper mantenerle e adeguarne la funzioneall’evoluzione del territorio e del corsod’acqua.Piante alloctoneTra le foglie, quelle delle Conifere, piùdure e ricche di resine, subiscono unaumificazione più lenta rispetto a quelledelle Latifoglie, al punto che se in unafaggeta l’umificazione avviene nel girodi un anno, in una pineta oppure in unaabetaia ci vorranno almeno 10 anni».(Occorrono 1,5-3 anni per la umificazionedelle foglie delle querce mediterraneesempre verdi).Siccome la quantità di humus prodotto daun bosco a conifere non è paragonabile aquella di un bosco a Querce nella regionemediterranea, ecco la ragione per cominciarea ridurre le conifere nei piani di gestioneforestale sostenibile in Sardegna,se si vuole bloccare la desertificazioneAratureRovesciando le zolle di terra l’aratro (soprattuttoquello che scava in profondità)favorisce la dispersione del terriccio superficiale,quello più fertile e contribuisceall’erosione del suolo. Dal 1995 chi aranon riceve più sussidi agricoli dal governodegli Stati Uniti. Invece dal 1898nelle regioni dell’ex-impero austro-ungaricovige una legge (ereditata in Italia dalTrentino-Alto Adige) per la quale chi arale terre di collina oltre una certa pendenzanon riceve finanziamenti pubblici.ParchiAnche territori assegnati ai parchi possonovenire riforestati a sughera e possonoessere normalizzate le sugherete che vi sitrovano seguendo i criteri indicati e ciò puòconsentire un reddito minimo a chi conferisceterreni ai Parchi. Poiché compito deiParchi, oltre la conservazione, è fornire “ricette”innovative, a basso impatto ambientaledell’uso del territorio, che coadiuvinola natura nell’aumentare le produzioni,si possono realizzare i tre tipo di bosco adiversa copertura arborea per “insegnare”come condurre un bosco dal punto di vistaproduttivo. Questo può aiutare le popolazionisarde che vivono nelle campagne afare le scelte più oculate sia dal punto divista ambientale che economico.luglio agosto 2003 27


Piatti chiari a cura di laurasechi@virgilio.itCabras, dai Baroni in laguna all’agriturismoChissà che cosa avrebbero pensatogli eredi del banchiereGerolamo Vivaldi quando nel1853 vendettero la peschiera di Cabrasa Don Salvatore Carta se qualcunoavesse raccontato loro che nel 2003,accanto alla tradizionale attività dipesca, la struttura sarebbe diventata unagriturismo con tanto di organizzazionedi pescaturismo.Certamente lo stagno di Cabras e la sualunga storia dei Baroni in Laguna (dal titolo del libro scritto daGiuseppe Fiori), oggi si devono adattare a un contesto in cui lapesca non basta più da sola ad assicurare lo sviluppo del paeseed emerge la necessità di diversificare le attività e trovare altreprospettive e soluzioni.La Peschiera Pontis resta la struttura più caratteristica dellostagno insieme alle capanne in falasco del Sinis. Conosciutafin dal 1100, venne gestita prima dalla Corona Aragonese, peressere ceduta in seguito al citato banchiere e successivamenteai possidenti locali. Questi ultimi la gestirono fino ai primi anni’80, quando venne riscattata dalla Regione dopo la fine tragicadell’ultimo “padrone” nel 1982 e affidata ad un consorzioformato da cooperative di pescatori. Francesco Cao, oggi nelConsiglio di Amministrazione, ci lavora da quando aveva noveanni e ha accumulato decenni di esperienza. Così come PeppinoCareddu, oggi in pensione, che ha iniziato giovanissimo condue anni di tirocinio con i “padroni” e dalla loro parte ha vissuto,insieme a tutta la sua famiglia, le tensioni degli anni ‘60,quando le contestazioni nei confronti di chi gestiva la peschieraportarono su Cabras l’attenzione nazionale. Il metodo di pescaè sempre lo stesso dal XII secolo: vicino ai fabbricati è sistematala camera della morte, “su segatroxiu”, un recinto di canneintrecciate con un cuneo dal quale i pesci entrano durante l’altamarea ma non riescono più a uscire. Quando la marea cala, ipesci vengono catturati a mano o con i coppi e direttamente immessisul mercato. La struttura ha subito un periodo di grandecrisi gli scorsi tre anni a causa di fenomeni di eutrofismo che nehanno compromesso totalmente la produzione, ma oggi finalmentesi è ripreso a pescare muggini, anguille, orate e spigole,pesce particolarmente pregiato perché non di allevamento macon carni più grasse, e quindi più gustose, grazie alla permanenzanell’acqua salmastra della peschiera.L’organizzazione è cambiata molto da quando la gestione èpassata in mano al Consorzio. Prima le persone da avviareall’attività di pesca venivano scelte e formate. Ciò che venivapescato doveva essere diviso in due con il padrone che peròsi occupava totalmente della manutenzione e delle migliorie.Inoltre le vendite erano regolate da accordi con i pescivendoliche dovevano comunque acquistare il pesce secondo i patti stabiliti,elemento che garantiva entrate costanti tutto l’anno. Oggiil Consorzio gestisce sia il mantenimento della struttura che lapesca e la vendita del prodotto, ma questa forma di governo dellapeschiera secondo una formula diretta non sempre ha portatobuoni risultati.Negli ultimi anni ha fatto capolino l’idea che lo stagno e le suepeculiarità, che lo rendono così affascinante, possa diventareuno strumento di sviluppo turistico, ma ancora manca un’ideaforte che possa dare gambe ad una programmazione seria eintegrata degli obiettivi e delle azioni da intraprendere. Per orac’è chi si muove autonomamente: Teodato Simbula, un pionieredell’allevamento del pesce, ha ampliato la struttura connumerose vasche a mare e un punto vendita di orate e spigolesempre fresche. La peschiera viene timidamente aperta alle visitee presto diventerà anche un agriturismo, ma senza ancoraun’idea chiara di come sarà gestito. I ristoranti locali poi hannoa disposizione materie prime eccezionali ma spesso non presentanogrossi slanci di fantasia. I prodotti sono noti: bottargadi muggine della migliore qualità, sa mreca, il muggine bollitocon molto sale e avvolto nell’erba palustre, che veniva mangiatoquando si stava molti giorni fuori a pesca, oggi reperibilesolo su ordinazione, un olio extravergine d’oliva citato nell’annuariodegli oli Slow Food come uno dei migliori d’Italia e conun ottimo rapporto qualità-prezzo. Certamente però i ristorantilocali sono rassicuranti, come Giovanni di Torregrande, chedagli anni ’60 propone sempre gli stessi buoni spaghetti al ragùdi polpo, o il Caminetto, dove si possono assaggiare il muggineafumau, la burrida in rosso e pesci freschi cucinati in manieratradizionale. Cose semplici per chi non è un grande sperimentatore,per le quali però vale la pena fare una visita allo stagnoe ai suoi paesaggi.Ristorante Il CaminettoVia Battisti, 8Cabras (OR)Chiusura settimanale: lunedì) – <strong>Agosto</strong> sempre apertoCarte di credito: tutteCosto medio di un pasto: € 25 vini inclusiTel 0783/391139Visitato in data 6 luglio 2003Ristorante Da GiovanniVia Battisti, 8Torregrande (OR)Chiusura settimanale: lunedì) – <strong>Agosto</strong> sempre apertoCarte di credito: tutteCosto medio di un pasto: € 30-35 vini inclusiTel 0783/22051Visitato in data 12 luglio 200328luglio agosto 2003


Gabriele Manso del Confidi:non c’è idillio con le bancheOltre novecento imprese associate, 18 convenzioni operativecon altrettanti istituti di credito nazionali e regionali, affidamentiin essere per complessivi 268,60 milioni di euro, 20,5dei quali erogati nel solo 2002. Questi i dati più significatividel bilancio approvato all’unanimità dall’assemblea del ConfidiSardegna, il consorzio di garanzia collettiva fidi promossodalle piccole e medie imprese aderenti all’Associazioneindustriali che costituiscono la Confindustria Sardegna. Unbilancio che si chiude in pareggio con l’accantonamento di unutile di 477 mila euro.Il presidente del Confidi, Gabriele Manso, non ha mancatodi evidenziare “le difficoltà sempre maggiori con le quali lepiccole e medie imprese sarde sono costrette a confrontarsi.Difficoltà che derivano – ha detto Manso – dal mercato mache sono spesso ingigantite dal contesto nel quale le impreseoperano”. Perché ? Manso non ha mancato di mettere in risalto“la situazione di instabilità politica, le relazioni non sempreidilliache tra mondo delle imprese e mondo del credito, lenote carenze del sistema burocratico-amministrativo, i problemiderivanti dalla necessità di adeguarsi alle direttive comunitarie”.Poi Manso ha detto: “Denunciamo queste carenzeda anni ma purtroppo non riusciamo a porre i rimedi giusti”.Tutto nero, allora? No. Manso ha detto che il Confidi ha “cercatodi migliorare le condizioni sugli affidamenti garantiti, diindividuare nuovi potenziali partners e nuovi prodotti finanziariconfacenti a sostenere l’attività e lo sviluppo. È statoportato da 258 a 300 mila euro il plafond di garanzia ordinariomesso a disposizione di ogni singola azienda, In ogni caso– ha concluso Manso – in previsione di Basilea 2 dobbiamodarci una nuova organizzazione. La nostra struttura è pronta araccogliere anche questa sfida”. (A.C.)Vita delle societàI consorzi fidi della Confindustria e dell’Api sarda con lo sguardo rivolto a Basilea 2Martino Ferraguti, Sardafidi:la Regione paga con ritardoL’assemblea della Sardafidi, il consorzio di garanzia fididell’Apisarda con 1712 aziende associate, ha approvato ilbilancio dell’esercizio 2002 con risultati finali che mostrano“una crescita costante”. Il volume degli affidamenti garantitisupera i 2134milioni di euro. È anche aumentato il numerodei soci che erano 1574 lo scorso anno ( “e dire che siamopartiti con appena 612 aziende”, ha detto con una punta d’orgoglioil presidente Martino Ferraguti). Il patrimonio netto èsalito a 17,5 milioni di euro.“Il nostro consorzio – ha detto il presidente Ferraguti – èil più importante del Mezzogiorno nel sistema Confidi ed èoggi chiamato a giocare un ruolo fondamentale per garantirelo sviluppo – o addirittura la sopravvivenza – delle piccolee medie imprese sarde. Penso, ad esempio, a quelle aziendedella sanità, da mesi esposte a una tensione finanziaria fortissimaper gli enormi ritardi della Regione neri pagamenti dellefatture o, più in generale, a tutte quelle aziende che, lavorandocon una committenza pubblica, hanno vissuto come unincubo i lunghissimi mesi di esercizio provvisorio che anchequest’anno il mondo della politica ha voluto regalarci”. Nell’ultimoanno la Sardafidi ha esteso il sistema di convenzionia quasi tutti gli istituti di credito, ha promosso un consorio fididedicato alle imprese artigiane in qualità di socio sovventoree stipulato un accordo con la Simest per l’assistenza finanziariaagli esportatori. E per il futuro? Un occhio a Basilea 2.Poi Ferraguti ha detto: “Abbiamo impostato il nostro progettodi sviluppo sulla qualità e l’efficienza dei servizi in modo dagarantire a ciascuna delle imprese socie gli stessi standard– tempi di istruttorie delle pratiche, assistenza e consulenzapersonalizzata – indipendentemente dalla collocazione nelterritorio”. (P.C.)Herbertus, arcivescovo di TorresDa un’idea di Antonio Giuseppe Manconi, parroco e presidentedel Centro studi della Basilica di San Gavino a PortoTorres, quattro studiosi sardi, Stefano Mula, Giancarlo Zichi,Graziano Fois e Duilio Caocci, hanno intrapreso lo studio diuna nuova edizione critica dell’opera di Herbertus, arcivescovodi Torres dal 1181 al 1196 (o ‘98): il Liber visionumet miraculorum, ‘Libro delle visioni e dei miracoli’. I quattrohanno raccolto il testimone dell’unico studioso, l’erudito gesuitafrancese Pierre-François Chifflet, che ha curato, quattrocentoanni fa, l’edizione attualmente a disposizione. I lorostudi vengono puntualmente aggiornati nel bollettino pubblicatodal Centro studi. Nell’ultimo numero, appena uscito,i frammenti, a cura di Stefano Mula, di un testo del monacoGosvino, un documento dato ormai per disperso da almenocinquecento anni. Il bollettino è pubblicato con il contributodell’assessorato a i Beni culturali della Regione Sardegna.La distribuzione è affidata alla Opus Libri di Firenze(opuslib@dada.it). “Per i contatti che ha - afferma GrazianoFois - la Opus Libri ci garantisce una maggiore distribuzioneeuropea”. Alla fine dello studio, l’opera di Herbertus verràpubblicata per una casa editrice belga. Un frammento di Sardegnavolerà in Europa?Progetto «Aria Sardegna»È stato battezzato «Aria Sardegna, azioni di rete per gli italianiall’estero” il progetto per la creazione di una comunitàvirtuale per l’internazionalizzazione dell’economia sarda.L’iniziativa è promossa dal Formez e dal Sardinia TradeNetwork-Innovation & Research (società consortile delParco scientifico della Sardegna a Pula), una organizzazioneche opera con le federazioni e i circoli degli emigrati sardiall’estero. Il progetto è stato illustrato lunedì corso a Nuoro,all’hotel Paradiso, con interventi di Piero Franceschi, presidentedel Sardiniea Trade Network, di Paolo Tola, responsabiledella sede di Cagliari del Formez e di Cristiano Erriu,responsabile di UnionCamere per Tholos. “Aria Sardegna”e “Tholos” rientrano tra i progetti finanziati in Sardegna dalministero degli Esteri sui fondi del Pon Atas (Programmaoperativo nazionale per l’assistenza tecnica e azioni di sistemaper iniziative specifiche di animazione e promozione dilegami stabili tra l’economia del Mezzogiorno e gli italianiresidenti all’estero”. L’obiettivo Aria Sardegna è di creareuna comunità di interessi on-line per mettere in rete le competenzedi diversi attori locali dello sviluppo. Per maggioriinformazioni progettoaria@sardiniatradenetwork.com oppureflao@formez.itluglio agosto 2003 29


LibriIl volume «Isole, Insularità e rifiuti» di Aide Esu e Giovanni Sistu (Edizioni Angeli)Ambiente, sviluppo economico sostenibileNel caso Sardegna non alberga l’ecomafiaAide Esu e Giovanni Sistu (<strong>Sardinews</strong>).Addetta ai lavori da ben 20 annisul tema, sono rimasta colpitache su un argomento così «rifiutato”,qual è quello della gestione deirifiuti, gli autori abbiano costruito unsaggio (“Isole, insularità e rifiuti, tra innovazionee marginalità, editore FrancoAngeli, pagine 383, euro 27) che puòrisultare pregevole e di facile lettura.Molti sono i contenuti assolutamentecondivisibili e fa piacere riscontrare unapproccio finalmente documentato conuna ricca bibliografia.Il libro è articolato in tre parti: nella primavengono illustrati i temi che sarannooggetto di analisi e approfondimenti nelcorso del libro, riconducibili all’occupazionee ambiente e alla trattazione piùspecifica sul tema dei rifiuti in rapportoall’insularità; nella seconda parte vengonointrodotti i soggetti costituti dalmondo imprenditoriale; nella terza partevengono esaminati i luoghi di applicazionedelle politiche attive sui rifiuti attraversola testimonianza di aree specifiche;nella quarta parte vengono indicate leprospettive.Aide Esu introduce gli aspetti economicilegati tema dell’occupazione e ambiente,partendo dall’Europa, dal concetto disostenibilità ambientale e delle politicheper l’occupazione. Pone il giusto risaltosul lavoro verde e sulle difficoltà nellavalutazione degli attuali occupati. Esaminai limiti della realtà sarda centrandoi fattori limitanti nel tessuto produttivo:vede elementi di innovazione solo nellepiccole aziende nate dopo il 1990, mentreregistra un fattore di crisi nella grandeindustria che vede ridurre nel tempo inumeri di occupati.Giovanni Sistu esamina le politiche sullagestione partendo dalle innovazioni introdottedal decreto Ronchi, che in recepimentodi direttive comunitarie sanciscela gestione integrata dei rifiuti. Procedecon una disamina nelle varie isole delMediterraneo per approdare alla nostrarealtà, descritta con sufficiente fedeltà,ma con qualche imprecisione rispetto aitempi. Corre l’obbligo di segnalare chegli impianti di Villacidro e Olbia sonoentrati in esercizio nel 2002, così comelo sono ormai da molti anni quelli di Macomere Tempio. Ma le leggere imprecisioninon tolgono all’analisi attualità. InSardegna si stenta a pervenire a una gestioneintegrata dei rifiuti anche per unanon completa azione costante di stimoloe supporto condotta sul territorio da partedelle amministrazioni pubbliche .Nella seconda parte Marco Baldi e AntonioPes affrontano rispettivamente gliaspetti legati allo sviluppo delle industrieverdi in Sardegna, quelle industriecioè che hanno la loro attività primariafinalizzata a fornire servizi e beni per ildisinquinamento e/o per la prevenzionedell’inquinamento e quelli connessi all’atteggiamentodelle imprese verso letematiche ambientali. L’esame compiutorileva che, mentre le industrie verdi si dimostranoaperte alle innovazioni, le impresein generale “soffrono” le tematicheambientali viste come adempimenti darispettare per non essere sanzionati piuttostoche utilizzare l’approccio a una gestioneambientale ( certificazione Emase Iso 14.000) per migliorare e internazionalizzarel’azienda e conseguire beneficiambientali e di risparmi dei consumi.Nella terza parte “si scende in campo”.Con indagini campionarie vengonoraccolte informazioni sulla gestione deirifiuti e le aspettative degli enti locali inmerito ai contenuti e agli obiettivi delpiano regionale definito da Giovanni Sistu“figlio illegittimo di una classe politicache non sa declinarlo operativamente”.Si concorda con le conclusioni chefanno emergere come l’ente locale siaattore da una parte marginale per il conseguimentodell’integrazione e dall’altraparte fondamentale allorquando via siada impegnare in forma diretta il proprioterritorio per interventi sovracomunalie si condivide che la domanda socialedebba essere giustamente interpretata,per indirizzare l’offerta verso le esigenzedella popolazione.Sempre in questa parte vengono descritteuna serie di esperienze in particolaredella raccolta differenziata, a partire dalsub-ambito di Cagliari, per seguire conAlghero e Guspini, con il comprensoriodi Arborea-Terralba, il Sulcis e infinela piccola isola infelice dell’Ogliastra,ciascuna esperienza caratterizzata da unasua specificità territoriale, ma tutte riconducibilialle difficoltà nell’applicazionedel nuovo sistema dei rifiuti ed ad una generalizzatamancanza di informazione daparte dei cittadini sui destini dei rifiuti.Infine giungiamo alla quarta e ultima parte:le prospettive. Molti dei temi toccatida Roberto Serra appaiono condivisibili,pur tuttavia non scaturiscono nella pienae totale ampiezza gli input costruttivi chedovrebbero consentire di conseguire queirisultati che porterebbero la nostra isolafuori dalle secche di una crisi sempreincombente, appare piuttosto una criticaforse troppo appassionata e poco serena,nella quale vengono evidenziate solo leombre senza peraltro prendere in considerazionele luci, che a mio avviso nonpossono essere trascurate e che hannoconsentito finora alla Sardegna di rimanerefuori dal giro delle ecomafie e dallagiostra dei commissariamenti nazionali,nonché di conseguire in termini di trattamentodei rifiuti percentuali in linea conle regioni del Nord..Qualche segnale si incomincia a intravedere:la recente stipula dell’accordo diprogramma tra la regione Sardegna e ilConai (Consorzio nazionale imballaggi)per la promozione della raccolta differenziata,le esperienze citate da RobertoSerra, gli input sempre più forti dell’Ueche condiziona i finanziamenti alla realeattuazione della Gestione integrata deirifiuti, unita a una maggiore sensibilitàdegli enti locali, lasciano ben sperareper il futuro.Franca Leuzzi30luglio agosto 2003


MostreFino al 21 settembre al castello San Michele di Cagliari la rassegna «da Tiziano a De Chirico»L’analisi dell’io nella pittura italianaRitratti che non esaltano il potereMemento mori, ricordati chedevi morire. È l’inquietantetitolo del settecentesco dipintodi Vincenzo Bonomini che apre lamostra «da Tiziano a de Chirico. La ricercadell’identità», allestita al Castellodi San Michele di Cagliari. Resterà nelcapoluogo fino al 21 settembre.Da tempi immemori l’uomo cerca leragioni del proprio esistere e si pone interrogativia cui tenta di dare risposta attraversoil dibattito filosofico e culturale.La letteratura è il primo e più direttomezzo di confronto che dà l’avvio allapolemica esistenziale che accompagnal’essere umano nella ricerca della suaidentità più profonda. Il biblico monitopulvis es et in pulverem reverteris, iquattrocenteschi anatemi di Savonarolanella Firenze medicea, il Faust di Goethe,la sofferente analisi introspettivadel Ritratto di Dorian Gray di OscarWilde: in ogni epoca storica mai nessunaltro argomento ha tanto scaldato glianimi e acceso la speculazione culturalequanto l’analisi introspettiva e la ricercaevocativa sulla percezione dell’anima.L’arte figurativa in generale, e in particolareil ritratto, è l’espressione piùimmediata e più idonea a scandagliarel’animo umano di fronte all’esperienzadella vita e della morte.L’analisi dell’io nella pittura italiana èl’ambizioso obiettivo dell’esposizione,ideata e curata da Vittorio Sgarbi, cheper la prima volta indaga il grande temadella ricerca dell’identità nel suo aspettospirituale, non solo nell’arte dell’800 edel ‘900 ma anche nell’arte antica.Nel Rinascimento dei grandi ritrattisti,di Leonardo, Michelangelo e Raffaello,è Zorzi da Castelfranco, meglio notocome Giorgione, il pioniere della ritrattisticaa sfondo psicologico. Il suoDoppio ritratto mette a confronto perla prima volta due tipologie di umanità:una più concreta, rappresentata dal giovanesul fondo, l’altra più meditativa,assorta in sconosciuti pensieri, rappresentatadall’uomo in primo piano. È laprima comparsa dell’antieroe. In un climadi poche certezze e di controversieGiorgione, avvezzo a rappresentazioniestatiche e naturalistiche, si cala nelruolo di narratore dell’intimità umana,mettendone a nudo il dualismo e il profondosenso di solitudine. La tradizionecristiana, che, a partire dal 1300, avevaofferto spunto alla letteratura ponendoper prima le domande sul perché dell’esistenza,trova il suo corrispettivofigurativo soltanto due secoli dopo,proprio con questo dipinto.Lo spettatore che percorre le sale delCastello di San Michele, organizzatein successione cronologica, si trovaproiettato in una sequenza d’immaginiche vogliono illustrare il percorso evolutivodell’arte, non tanto sotto il profilopuramente tecnico ma, soprattutto, dalpunto di vista strettamente psicologico.“Ma non è una mostra di ritratti - precisaSgarbi - a venire rappresentato èciò che non deve essere ritratto. Sono‘ritratti ritrattati’, ritratti negati, ritrattiinteriori. Sono l’opposto del ritratto cherappresenta il potere, il censo, la condizionedell’uomo che ha raggiunto unaposizione tale da meritare un’effigie. Ipersonaggi raffigurati il più delle voltenon sanno di esserlo, sono come coltiall’improvviso, protagonisti quindi diritratti involontari”.Il percorso espositivo, che comprendeoltre cento opere provenienti in buonaparte da collezioni private, attraversagli ultimi cinque secoli della pitturaitaliana, dal Rinascimento all’epocacontemporanea, e illustra il passaggioda un’identità intesa come malinconia auna identità intesa come assenza.La mostra conduce all’inseguimento diun’immagine tormentata dell’uomo partendoda Giorgione, attraverso i ritrattidi Tiziano, del Lotto e delle due donnecieche di Annibale Carracci che chiudonoideologicamente la sezione dedicataal Cinquecento. Da questo momento inpoi l’autoritratto diventa un dialogo conla morte, una riduzione dell’uomo a puraessenza. Il passaggio dalla ritrattisticasu committenza alle immagini rubatedei ritratti non in posa, si snoda in unpercorso artistico che attraversa il ‘600,‘700 e ‘800: la mirabile Cleopatra di ArtemisiaGentileschi, le opere di Crespi,Ribera, Preti, Pelizza da Volpedo e leallusioni, nelle emblematiche Vanitas diJacopo Ligozzi, al destino dell’uomo.Il tema della crisi d’identità, nelle sueimplicazioni esistenziali, sociali e politicheappare ancora più evidente nell’epocamoderna. La sezione dedicataal ‘900, secolo di Freud, nel quale laproiezione di incubi e sogni, l’interpretazionedi ansie e inquietudini è piùforte, mostra la condizione umana attraversorichiami metaforici. La classicaiconografia della figura umana è orasostituita da spazi vuoti e desolati, voltideformati, fantasmi, visioni oniriche eallucinate. Paradigmatica è la pitturametafisica di De Chirico: le sue piazzevuote sono avvolte da un agghiacciantee al contempo sinistro silenzio, a rappresentarel’inquietante solitudine dell’uomo.Dall’arte antica al Novecento, dalBronzino a Guttuso, dunque, l’insistentesperimentazione dell’indagine psicologicaaffianca con angoscia i più grandinomi dell’arte e le generazioni degli artistimeno noti che, nelle diverse epochestoriche e pur attraverso stili e tecnicheespressive differenti, sono certamenteuniti da tematiche e problematiche, nelcomune intento di trovare risposta allapropria esistenza. In due parole: mementomori.Valeria Pilleriluglio agosto 2003 31


Amministratori e amministratiReati edilizi ed entrata in vigore del Testo UnicoIl Decreto del presidente della Repubblica n. 380 del 2001ha approvato il testo unico in materia edilizia, con il precisointento di riportare a sostanziale unità la congerie di normeregolatrici dell’attività edificatoria, viavia succedutesi, e sovrappostesi, nelcorso degli anni. L’articolo 44 del testosanziona la violazione delle norme chefissano le modalità per la realizzazionedei manufatti, riprendendo in modopressocché pedissequo il contenutodell’art. 20 della legge 47/1985che viene nel contempo abrogato,dal successivo art. 136, comma 2.L’entrata in vigore del testo unicoera stata inizialmente prevista peril 1° gennaio 2002. Tale termine èstato oggetto di varie proroghe edè attualmente spostato al 30 giugno2003. Vi è stato però un problema inoccasione della prima di tali proroghe.Infatti, la legge 21 dicembre 2001 n.<strong>Sardinews</strong> viene inviato per postaagli abbonati.Può essere acquistatoa Cagliari presso le librerieCuec, Facoltà di Lettere, via is MirrionisTiziano, Via Tiziano, 15Il Bastione, Piazza Costituzione 4Murru, via San Benedetto 12/ca NuoroLibreria Novecento, Via Manzoni 35a OristanoLibreria Mario Canu, Corso Umbertoa SassariLibreria Dessì Largo Cavallotti 17463 che, convertendo con modificazioni il decreto legge 23novembre 2011 n. 411, ha disposto la proroga dell’entrata invigore al 30 giugno 2002, è stata pubblicata sulla GazzettaUfficiale solo il 9 gennaio 2002. Di conseguenza il TU è entratoin vigore il 1° gennaio 2002, come originariamente previsto, edha mantenuto efficacia fino al successivo 9 gennaio. Di recente ilTribunale penale di Ivrea si è soffermato sulle conseguenze di talecircostanza sui reati edilizi già consumati. Il Giudice monocraticoha sottolineato come, a partire dal 1° gennaio 2002, l’art. 20 dellalegge 47/85 sia stato abrogato, per essere sostituito dall’art. 44del testo unico. Dal 9 gennaio 2002, poi, l’efficacia del citatoart. 44 è stata a sua volta sospesa, inattesa della definitiva entrata in vigoredel testo unico. Pertanto, attualmente,nessuna norma penale sanzionerebbela violazione delle norme edilizie:non l’art. 20 della L. 47/85 in quantoabrogato e nemmeno l’art. 44 deltesto unico in quanto non (più/ancora)efficace. Secondo il Tribunale, infatti,la disposizione che, a partire dal 9gennaio 2002, ha differito l’efficaciadel Testo unico, non ha stabilito nulla aproposito della disciplina da applicarefino al raggiungimento della data«prorogata», né ha in nessun modoripristinato l’efficacia della normativanel frattempo abrogata. Sulla base disiffatto ragionamento, in ossequio alprincipio di legalità il giudicante ha conseguentemente mandatoassolto l’imputato di un reato edilizio, ritenendo che attualmenteil fatto non sia più previsto dalla legge come reato.avv. Massimo LaiSpecialista in Diritto amministrativoe Scienza dell’amministrazione.Ecco «Nuova Impresa», trimestrale della Cna Sardegna«Nasce un nuovo giornale che vuoledare voce a quel tessuto di imprese artigianeche rappresentano la spina dorsaledell’economia regionale». Fra le righedell’editoriale di Sandro Broccia, direttoreresponsabile, i perché del trimestraleeconomico «Nuova Impresa» della Cna,Confederazione nazionale dell’artigianato.Grafica e formato originali, primapagina a colori, 12 mila copie distribuiteai soci di Cna e FinSardegna, doppio formato,su carta e in rete (www.nuovaimpresaonline.it). Gino Zasso è il consulenteeditoriale, Benedetto Bàrranu, MariaAntonietta Dessì e Maria Grazia Dessì ilcomitato di redazione, Daniela Melis lasegretaria. Gli obiettivi? “Offrire un contributoche non sia sulla quotidianità e sulgiorno per giorno, che da tempo, purtroppo,caratterizza le polemiche di svilupporegionale, ma che vuole ambire e fare inmodo che la nostra regione si doti finalmentedi un progetto e di una strategia dilungo respiro, per creare un futuro che diapiù certezze alle imprese, più sicurezze ailavoratori e più prospettive ai disoccupatie alle giovani generazioni”. Ecco spiritoe prospettive del giornale che, numerodopo numero, proporrà argomenti varie rubriche: economia, Europa, credito,finanza, imprenditorialità femminilealcuni dei temi nelle dodici pagine delformato cartaceo, quattro dedicate alterritorio, ai mestieri, all’agroalimentare,ai trasporti, alle costruzioni, all’artigianatoartistico. Sul sito, aggiornamenti,notizie e riflessioni: “lanceremo forume discussioni che vorremo partecipate epropositive”. Un giornale aperto ai lettoridunque, “a disposizione di chi avrà qualcosada dire”, Si chiude così l’editorialedel numero zero, per dire che commenti,analisi, ragionamenti, così come polemichee critiche costruttive estranee a unavisione corporativa, potranno contribuireal progetto: affermare la centralità delsistema imprenditoriale. Tutto per un piùgenerale progresso della Sardegna.Da.Pi.32luglio agosto 2003


Un’arpa per la lettura dei libri di Giuseppe Fiori a Perdasdefogu (26 luglio, San Sebastiano)Ascoltiamo Giuseppe Fiori: questo il tiolo del “sabato del messaggio” organizzato dal Comune e dallaPro loco di Perdasdefogu per sabato 26 luglio alle 18,30 nella chiesa di San Sebastiano. Accompagnatedall’arpa di Stefania Schioccola saranno due attrici, Cristina Maccioni ed Elena Musio, a leggere paginedi tutti i libri dello scrittore nato a Silanus e morto a Roma lo scorso aprile. I testi saranno commentatida Giovanna Angius, Antonello Arru, Giorgio Todde e Luciano Marrocu. In apertura di serata verràproiettato un filmato con alcuni brani di interviste fatte da Giuseppe Fiori, (nella foto), negli anni settantaper la Rai.Aziende, carriere, personeFilippo Abramo (BancoSardegna) presidente europeo dell’Associazione manager e professionistiFilippo Abramo, direttore centrale per le risorse umane e tecniche del Banco di Sardegna, è stato elettopresidente della Eapm (European association for personnel management), l’associazione europea chedal 1962 riunisce le diverse organizzazioni nazionali dei professionisti e manager che operano nell’areadella gestione del personale e della valorizzazione delle risorse umane. L’Eapm ha 26 organizzazioniaffiliate. Comprende oltre ai Paesi dell’Unione europea anche le nazioni dell’Est e del Mediterraneoprossime all’adesione. Abramo era già vicepresidente della associazione italiana per la direzione delpersonale (Aidp) che conta tremila soci impegnati in funzioni direttive di imprese pubbliche e private.“Siamo convinti - ha detto Abramo parlando con <strong>Sardinews</strong> - che il capitale umano è una componenteessenziale nei processi di crescita aziendale anche per le aziende sarde sempre più coinvolte nella competizione globale”.A settembre nuova sede a Elmas per l’Istituto zooprofilattico sperimentale della SardegnaIl dipartimento territoriale di Cagliari dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Sardegna cambia casa: a settembre lascerà l’attualesede di via Ciusa e si trasferirà nei nuovi locali di Elmas, zona aeroporto. Il dipartimento continuerà a essere diretto da Manuale Licciardi,45 anni, laurea in Veterinaria a Sassari e tra i massimi dirigenti dell’Istituto che, a Sassari, è presieduto da Pier Luigi Piras. LoZooprofilattico è accreditato dal Sinal, dipendente dall’Istituto superiore della Sanità. Si autofinanzia con prestazioni professionali e conla realizzazioni di progetti di interesse generale.Carnet lascia Iglesias, in fumo prima i 160 poi gli 83 posti di lavoro, se ne occupa il trribunaleDopo aver usufruito di venti miliardi di lire del contratto d’area, la Cardnet spa ha deciso di chiudere lo stabilimento di Iglesias e il 9luglio scorso ha presentato richiesta di concordato preventivo con cessione di beni al tribunale di Cagliari. Sorto nel 2001 in sei mesinella zona industriale di Sa Stoia, lo stabilimento ipertecnologico doveva produrre 150 milioni di smart card all’anno. Centosessanta iposti di lavoro annunciati: in due anni si sono ridotti a 83. Cardnet spa, fatturato da 24 milioni di euro, è controllata da Cardnet group,società con sede ad Arese, entrata a Piazza Affari nel marzo del 2001 e sospesa in Borsa dal 24 giugno scorso. Azionisti di maggioranzai siciliani Camilleri. Da ottobre del 2002 nella Cardnet spa sono entrati gli americani della Mercatus Llc con un controllo del 30 percento. In una nota il cda della Cardnet spa fa sapere che la decisone di richiedere il concordato preventivo è dipesa dalla congiunturadi mercato “che sta penalizzando da oltre due anni tutto il settore delle smart card a livello mondiale” e dal “mancato adempimento delfondo americano Mercatus che avrebbe garantito un’importante iniezione di liquidità”.Poetto di Cagliari: solita disorganizzazione, solito caos, protesta di Carlo Abis della ConfesercentiNon bastasse quella spiaggia nera, l’aver deturpato una delle spiegge più belle del mondo. Si insiste nel far male perché “al Poetto dellitorale di Cagliari e Quartu tutto è ancora caos e disorganizzazione”. L’ultima denuncia in ordine di tempo viene da Carlo Abis, segretarioregionale dalla Confesercenti. “Pensiamo a cosa sarebbe il Poetto senza i chioschi, i baretti, i servizi balneari con piccoli imprenditoriche a proprie spese hanno creato forme di sviluppo nel litorale di Cagliari. Tutto è all’insegna della improvvisazione: si aprono esi chiudono strade, si cambiano sensi di marcia, si modificano parcheggi, si mette e si toglie la sabbia senza che i nostri amministratorisi accorgano delle possibili ricadute sulle aziende”. Insomma: peggio di così il Poetto non potrebbe essere.Lauree a Southempton in Oceonografia e a Milano in Biologia per far crescere il porto di VillasimiusIl Porto turistico di Villasimius tenta di crescere, diventa punto di ritrovo, attrattiva, spazio aperto a turisti e appassionati del mare. È unprogetto voluto dalla Lega Navale di Villasimius, realizzato in collaborazione con il Comune e ideato dal trio Biondo della cooperativaSea Life: Manuela Biondo, laurea in oceanografa a Southempton, Bruna, biologa all’Università di Milano, Francesca, professionista nelmarketing enogastronomico. Nella squadra Sea Life, anche Michela Castelli e Franco Oghittu, a Cagliari il Wine food “La Barrique”, alPorto la gestione di bar e ristorante. Poi c’è Gianluca Marcis, della Federazione italiana vela, istruttore di kite surf e responsabile deglisport velici: tutti corsi federali riconosciuti dal Coni. Sport e ambiente, ecologia, eventi musicali, enogastronomia: la cooperativa hapensato un po’ a tutto. Fra le novità assolute, oltre al corso di biologia marina per bambini dagli otto ai tredici anni, Bruna e Manuela leinsegnanti, il servizio di catering a bordo delle barche e il corso di enogastronomia di Franco Oghittu, chef e sommelier.Confesercenti Cagliari: corsi di formazione sulle normative per l’Haccp e sulla legge per la sicurezza 626La Confesercenti provinciale di Cagliari organizza corsi di formazione per l’adeguamento della normativa igienico-sanitaria (per chiha attività commerciali in settori alimentari) e per la legge 626 del 1994 per la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro. I corsi (16 orel’uno) hanno lo scopo di professionalizzare al massimo gli addetti alle attività commerciali in una regione come la Sardegna dove ilturismo richiede capacità elevate di gestione. Gli interessati possono rivolgersi alla Confesercenti di Cagliari, Via Cavalcanti 32 contattandoi funzionari Maurizio Frau e Nicola Murru. Il telefono è 070-400991, 070-402370.luglio agosto 2003 33


Le migliori tesi di laureaLe tesi segnalate (110 e 110 e lode) sono scelte da un’equipe di sei docenti universitari di Cagliari e Sassari.Giurisprudenza, CagliariRoberto Boi: Diritti fondamentali e nuove tecnologie (prof.Costanino Murgia);Grazia Maria Cugusi: Il conflitto di interessi (prof. GianmarioDemuro); cippigra@hotmailcomMaria Carla Del Rio: I crimini contro l’umanità (prof.ssaIsabella Castangia); carla.dr@tiscali.itVeronica Dongiovanni: Le rogatorie internazionali in materiapenale (prof. Francesco Caprioli); andreadong@tiscali.itCarlo Dore: Dall’imprenditore indiretto alla “holding personale”(prof. Franco Farina); cdorejr@hotmail.com; 329-3532860Simone Pinna: Libertà scientifica e Università cattolica traprincipi costituzionali e normativa concordataria (prof.ssaPierangela Floris); 328-2750920; simone.pinna@tiscali.itElisabetta Piras: Contrattazione a distanza e operazioni tramiteInternet (prof. Angelo Luminoso); elipir@virgilio.it; 347-4717013Cinzia Pusceddu: Actio de pauperie, presupposti funzioni estruttura (prof. Francesco Sitzia); ci76@libero.itGiovanna Uras: La carta dei diritti fondamentali dell’Unioneeuropea tra dimensione nazionale e sovranazionale (prof.Giammario Demuro), 328-4217145Fabio Varone: Il principio del contraddittorio nella formazionedella prova e le eccezioni tollerate dalla Costituzione (prof.Francesco Caprioli);Economia, CagliariCinzia Ambu: Il benchmarking quale strumento dimiglioramento della gestione organizzativa delle imprese (prof.Dante Zaru); cinziambu@hotmail.comStefania Anedda: Il crisis management (prof.ssa ErnestinaGiudici); stefi.an@tiscali.itDonatella Arca: Spazio globale e dimensioni locali. Il caratteredel globale e del locale in una dialettica in evoluzione (prof.Francesco Boggio)Davide Aresu: La gestione degli imballaggi secondo il decretoRonchi: l’attività dei consorzi di recupero e riciclaggio (prof.Mario Porcu)Patrizia Arus: Alcuni aspetti del potenziale produttivovitivinicolo della Sardegna (prof. Salvatore Scanu)Ettore Boi: Gli investimenti delle banche nei Paesi in via disviluppo: una analisi empirica (prof. Roberto Malavasi)Michelina Busia: La cartolarizzazione dei crediti in Italia (prof.Roberto Malavasi); busia.m@libero.itGessica Cadelano: Le pratiche concordate nel sistema delladisciplina antitrust delle intese (prof. Alberto Picciau); cadelano.gessica@tiscali.iyManuela Cardia: Il ruolo della conoscenza nella crescitaeconomica (prof. Beniamino Moro); cardiam@tiscali.itMichele Casu: Le reti neurali artificiali nella previsione degliincidi azionari: il caso del Mibtel (prof. Paolo Mattana)Laura Cervelli: Le agrobiotecnologie: aspetti tecnici, socialied economici (prof. Lorenzo Spanedda): laiot@tiscali.itRegina Cicu: Sistemi sanitari e produzione di servizi per lasalute. Analisi comparata dei sistemi sanitari in cinque Paesi(prof. Aldo Pavan); reginacicu@libero.itMarianna Contini: I finanziamenti alle imprese: aspettieconomici ed evidenze empiriche (prof. Paolo Congiu); mariannacontini@tiscali.itAndrea Corda: Metodi analitici numerici per la valutazionedelle opzioni di tipo europeo (prof. Paolo Mattana)Sergio Culiolo: La business intelligence: il caso 3° (prof.Lorenzo Spanedda)Massimiliano Di Franco: Un’applicazione delle metodologielineari di previsione al caso delle serie temporali italiane (prof.Paolo Mattana)Gianni Dore: Il bilancio nell’economia delle società di calcioprofessionistiche (prof. Giovanni Melis); giannidore@yhaoo.itCarolina Erbì: La gestione della liquidità da parte della Bancacentrale europea (prof. Beniamino Moro)Manuele Ingrosso: Il trasporto aereo regionale, aspettigiuridici economici e territoriali (prof. Francesco Boggio);manuelingrosso@tim.itAntonello Lai: Le dinamiche iperinflazionistiche: i casiArgentina e Brasile (prof. Tullio Usai)Stefania Ledda: Un futuro rinnovabile: l’energia eolica (prof.Lorenzo Spanedda)Francesca Lemme: New economy e mercati finanziari: analisistatistica di un corpus linguistico (prof. Riccardo De Lisa)Melania Mameli: Le scalate ostili e il funzionamento delmercato del controllo delle imprese in Europa (prof. FrancescoCabras), melania.mameli@email.itAndrea Mercuro: L’importanza della formazione continuanelle imprese e la nuova frontiera dell’e-learning (prof. DanteZaru), andreamercuro@hotmail.comSimona Barbara Monni: Marketing territoriale e reti sociali:un’occasione per lo sviluppo (prof.ssa Ernestina Giudici)Antonio Moro: La valutazione economica dei beni culturali(prof.ssa Carla Massidda)Claudia Murgia: L’impatto dei mutamenti ambientalisull’organizzazione interna dell’impresa (prof. Giuseppe Melis)Ilaria Muscas: Organizzazioni e sviluppo socio-economico(prof.ssa Ernestina Giudici)Ilaria Orro: Opportunità imprenditoriali derivanti dai vincolidello sviluppo sostenibile: i risultati di un’indagine empirica(prof. Giuseppe Melis)Nicola Ottolini: Information communication technology: nuoveprospettive per la progettazione organizzativa (prof. DanteZaru)Alberto Pili: Il contributo del temporary management allaflessibilità organizzativa delle imprese minori (prof. GiuseppeMelis)Alessandra Pinna: Spesa pubblica, educazione, crescita (prof.Beniamino Moro)Daniela Piras: L’armonizzazione contabile nell’Unione europea(prof. Aldo Pavan)Stefano Piras: I settori internazionali (prof. GiovanniTamponi)Monica Pistis. Dal diritto del lavoro al diritto dei lavori. Letrasformazioni nel mondo del lavoro e la progettualità legislativa(prof. Gianpaolo Loy)Alessandro Porta: La cartolarizzazione dei crediti nelle impresenon finanziarie (prof. Aldo Pavan)Ilaria Putzolu: Sviluppo locale e sistemi locali di offertaturistica: il caso “Slot Gallura” (prof. Carlo Marcetti)Antonella Schinardi: Principio di parità di trattamentoretributivo e non discriminazione (prof. Gianpaolo Loy)Giacomo Secci: Balanced scorecard: l’applicazione nellecooperative di trasformazione (prof. Giovanni Melis)Eliana Serri: I gruppi di società nella riforma del diritto34luglio agosto 2003


Le migliori tesi di laureasocietario (prof. Alberto Picciau)Elisabetta Zuddas: Il progetto Gilia-life natura: quandol’ambiente crea sviluppo (prof.ssa Giuseppina Usai)Scienze politiche, CagliariSusanna Atzeni: L’interposizione e l’intermediazione neirapporti di lavoro; (prof. Gianni Loy); ilariaatzeni@tiscali.itGiulia Carboni: La riunificazione tedesca e l’Unione europea1989-1990 (prof. Federico Scarano); giuliacarboni@yahoo.it;329-0147488Marco Fadda: Il ruolo delle Regioni tra la futura Costituzionedell’Unione europea e le nuove riforme costituzionali italiane(prof.ssa Francesca Musio);Simona Locci: L’isola di Bali tra “Dei e Demoni”. Alla scopertadi una capitale del turismo (prof.ssa Annamaria Baldussi)Francesca Melone: Le trasformazioni degli stili di vita in unapiccola comunità agro-pastorale della Sardegna (Tresnuraghes)(prof.ssa Anna Oppo); fra.melone@tiscali.itRosalia Marongiu: La responsabilità del dipendente pubblicoverso terzi (prof. Giovanni Duni); rosamar@hotmail.comBarbara Melis: I beni culturali: definizione e politica (prof.ssaSilvia Niccolai)Virginia Piludu: I principi dell’ordinamento finanziario dellaRepubblica federale tedesca (prof.ssa Silvia Baldussi)Gabriele Pinna: La diffusione del lavoro atipico:il caso di unaricerca sul modo in cui viene percepito all’interno di alcuninuclei familiari (prof.ssa Maria Letizia Pruna); 070-946909;347-3241298Stefania Pintus: Imprenditoria femminile (prof. Gianni Loy);338-491113; stefstefstef@virgilio.it;Antonello Podda: La libera circolazione delle merci nell’Unioneeuropea. La guerra della cioccolata (prof.ssa Paola Piras);Marco Prasciolu: La moneta e il potere monetario (prof.ssaPaola Piras); 328-4625939Denise Sanna: L’oisir ed economia sommersa. Il caso dei gruppimusicali a Cagliari (prof. Marco Zurru)Claudia Virdis: Motivi aggiunti nelle impugnazioni (prof.Giovanni Duni);Valentina Codonesu: Il servizio pubblico televisivo (prof.ssaPaola Piras); valentina.codonesu@tin.itConsuelo Costa: Cabras e il suo stagno dalfeudalesimo alla demanializzazione (prof. Stefano Pira);consuelo.costa@email.itSimona Deiana: L’evoluzione della giurisprudenza in tema didanno ambientale (prof.ssa Paola Piras)Andrea Depau: Il difensore civico regionale (prof.ssa FrancescaMusio); adreadepau@virgilio.itMatteo Figus: Nigeria: una possibile leadership africana (prof.ssaBianca Carcangiu); mad.cap@tiscali.itManuela Lai: Turismo internazionale, crescita economica esostenibilità (prof. Francesco Pigliaru); manulai76@libero.itGiovanni Lamieri: Forme di progettazione partecipata (prof.Benedetto Meloni); glamier@tint.itLorena Loi: Chou-en-lai, l’uomo e il politico nella rivoluzioneculturale (prof. Emilio Bottazzi); giuseppedicarlo2002@libero.itValentina Loi: Società giovanile, lo spazio sociale dell’oratorio(prof.ssa Giuliana Mandich); valentinaw@inwind.itRoberta Marreddu: Mercato del lavoro femminile (prof.ssa AnnaOppo); robertamarreddu@virgilio.itGiulia Carmen Maugeri: Thailandia monarchia e governo,un binomio inscindibile (prof.ssa Annamaria Baldussi);giulia679@gsmbox.itMarco Melis: Il decennio difficile (1979-1989) traVietnam e Cambogia (prof.ssa Annamaria Baldussi);mame3876@yhaoo.comErika Mulas: Evoluzione e analisi critica della legge finanziaria(prof. Filippo Rau); 349-3228169Paola Muntoni: Il ruolo dell’ente locale nel nuovo titolo V dellaCostituzione (prof.ssa Maria Teresa Serra); 070-9799904Alessandra Mura: Il nuovo “mercato” nell’era dellaglobalizzazione (prof.ssa Paola Piras); laura.mu@libero.itN’Diaye Abdou: I senegalesi in Sardegna (prof.ssa Marias LuisaGentileschi), 348-7429947Fabrizio Ortu: Movimenti sociali e globalizzazione, da Seattle aCagliari (prof.ssa Giuliana Mandich)Paola Pilia: Politica di classe e sistema politico in Italia (prof.Fulvio Venturino);Luca Pisano: Il terrorismo in Italia e in Spagna (prof.ssa MariaGrazia De Matteis); lupimail@tiscali.itMilena Porta: L’amministrazione Johnson e l’Indonesia 1964-1968 (prof.ssa Liliana Saiu);Michele Rescaldani: Il radicalismo islamico in Palestina (prof.ssaPatrizia Manduchi); michelerecaldani@tiscali.itArianna Sessini: Vecchie e nuove guerra (prof. Fulvio Venturino);gadesh@libero.itMaria Franca Tuveri: Il rientro degli emigranti nelle zone d’esodo(prof. Gianfranco Bottazzi); franca.tuv@tiscali.it; 349-5874210Luana Vacca: Abuso dei mezzi di correzione e disciplina emaltrattamenti in famiglia o verso i fanciulli (prof.ssa Maria GraziaDe Matteis); vluana@inwind.itA questo numero hanno collaborato:Annalisa Aru, responsabile selezione, formazione e sviluppo gruppo Saras; Riccardo Barbieri, direttore Coop fidi, Legaregionale delle cooperative; Clementina Casula, ricercatrice del Dipartimento di ricerche economiche e sociali (Dres), Facoltàdi Scienze Politiche, Università degli Studi di Cagliari; Paola Costaglioli, ufficio Relazioni esterne del Banco di Sardegna,Franca Leuzzi, responsabile del Servizio della gestione dei rifiuti dell’assessorato della Difesa ambiente; Angelita Caredda,neolaureata Scienze politiche; Massimo Lai, avvocato, esperto in Diritto amministrativo; Laura Mameli, giornalista, VideaComunicazioni e produzioni televisive; Paolo Maninchedda, politologo, docente di Filologia romanza all’Università di Cagliari;Roberta Mocco, neolaureata in Scienze politiche, Cagliari, collaboratrice a Sardegna1-Sardegna2; Michele Palmas, coordinatoredellOrto Botanico dell’Università di Cagliari; Valeria Pilleri, critico e storico dell’arte; Anna Maria Pinna, Crenos, ricercatricedi Economia politica, facoltà di Economia, Università di Cagliari; Giomaria Pinna, amministratore delegato caseificio FratelliPinna, Thiesi; Paola Pintus, stagista Sardegna 1, laurea in Scienze politiche; Giorgio Piras, funzionario del centro regionale diProgrammazione della Regione Sardegna; Daniela Pistis, neolaureata in Lettere, stagista a La Nuova Sardegna; Paola Sanjust,servizio Relazioni esterne Saras; Laura Sechi, critico gastronomo; Ufficio studi Banco di Sardegna; Ufficio studi nazionaleBankitalia e sedi di Cagliari, Sassari, Oristano e Nuoro; Istat regionale e nazionale ed Eurostat; la vignetta in prima paginaè di Marina Putzolu; le foto delle pagine 4, 8 e12 sono di Marianne Sin-Pfältzer e sono tratte dal volume Sardinien (1964 byJosef Keller Verlag, Starnberg; grafica di Mario Garau.luglio agosto 2003 35


36luglio agosto 2003

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