Emergenze cronicheLa siccità incombe ma la crisi regionale sfascia tutto e l’Ue tira le orecchie anche a RomaLa sete dei sardi affidata a una gara fra europeiDoveva nascere Acquasarda, un parto difficileCommissari che commissariano sestessi, schiere di lavoratori inviatein marcia contro il Palazzo, ricorsial Tar, enti strumentali della regione trasformatida un giorno all’altro in Spa, premialitàda salvare e gare internazionali dascongiurare. Mai come nel 2003 - proclamatodall’Onu anno mondiale dell’acqua- la disputa tutta sarda sulle gestione dellerisorse idriche ha provocato così tantochiasso. Un rumore indistinto che togliechiarezza alle singole voci, e impediscequalsiasi quadro d’insieme.La legge 36 del ’94. Per non perdersi dentroil problema, la bussola da seguire è lalegge Galli del ’94: ha vietato la gestionein economia diretta ossia la possibilità pergli enti pubblici, ad esempio un comune,di continuare a gestire l’acqua all’internodei propri bilanci. La legge dunque nondice “bisogna privatizzare” ma più semplicementeche bisogna esternalizzare ilservizio per consentire una gestione dellerisorse idriche secondo criteri di efficienza,efficacia ed economicità. La leggedice un’altra cosa importante: nel casoin cui si decida di esternalizzare a privati- e solo in questo caso - occorre seguire leregole dettate dall’Unione Europea: ossiaè necessaria una gara ad evidenza pubblica.Dunque la legge Galli non obbliga lapubblica amministrazione a fare entrare iprivati anche se a molti è parso che l’unicomodo per rispettare i criteri delle tre“e” (efficienza, efficacia, economicità) sial’affidamento ai privati.30 luglio del 2003. È la scadenza fatidicaentro la quale dovrà essere costituita laAcquasarda Spa, società consortile che,secondo l’ordinanza firmata dal commissarioper l’emergenza idrica Mauro Pili il30 giugno scorso, dovrà raccogliere tuttigli attuali gestori, Esaf in testa, trasformatiin Spa. Un’ordinanza che sfrutta lapossibilità di proroga per le concessioniaffidate senza gara prevista dall’articolo35 della legge 488 del 2001: ossia lafinanziaria nazionale 2002 che indica ladata del 30 giugno 2003 come termineultimo per l’affidamento diretto del servizioidrico integrato al gestore unico. Sel’Acquasarda dovesse restare una scatolavuota la gara - Pili ne è convinto- sarebbeinevitabile.Se convincere l’Esaf a far parte dellasocietà predisposta dalle ordinanze commissarialiappariva già prima un compitodifficile, ora - con un presidente platealmentesfiduciato in aula dalla sua stessamaggioranza, con una giunta regionaleinesistente e in pieno marasma istituzionale- l’impresa appare impossibile.Dubbi Ue. I giochi sarebbero comunquechiusi anche se l’Unione europea dovesseportare a compimento - ma i tempi siannunciano lunghi - la procedura di infrazioneaperta per mancato rispetto dei parametridella concorrenza nelle proceduredi affidamento previste dall’articolo 35della finanziaria nazionale. Sotto accusa ledisposizioni sul periodo transitorio per legestioni esistenti e la possibilità di affidamentodel servizio idrico integrato, senzagara, a società interamente pubbliche.Il maxiemendamento. Per neutralizzarele obiezioni dell’Ue, a maggio di quest’annoil Senato ha approvato - a tempodi record e con malumori all’interno dellastessa maggioranza - il maxiemendamentogovernativo che ha introdotto un limitecerto (il 31 dicembre del 2006) alla prorogadelle concessioni ottenute senza gara.La modifica prevede però due importantieccezioni. Cioè restano salve:1) le concessioni affidate - senza gara - allesocietà a capitale misto pubblico-privatonelle quali il socio privato sia stato sceltomediante procedura a evidenza pubblica.È il caso dell’Acquasarda spa che entrodue anni dovrà scegliersi i partner privatitramite gara ad evidenza pubblica.2) le concessioni cosiddette in house cioèaffidate direttamente a società a capitaleinteramente pubblico a condizione che glienti pubblici titolari del capitale socialeesercitino sulla società un controllo analogoa quello esercitato sui propri servizie che la società realizzi la parte più importantedella propria attività con l’enteo con gli enti locali che la controllano.È l’opzione auspicata dall’Esaf che siappella a un’importante sentenza emessadalla Corte di Giustizia nel 1999: la cosiddettasentenza Teckal ha escluso l’applicazionedelle norme sull’individuazioneconcorrenziale del concessionario nelsolo caso in cui il soggetto affidatario siadistinto solo formalmente dall’ente affidantee, per capirci, il soggetto gestore siconfiguri nella sostanza come una longamanus del pubblico. È proprio guardandoa questa sentenza che l’Esaf ha annunciatopoche settimane fa la costituzionedell’Esaf spa. Anche qui però la questionenon è semplice: molti giuristi sono infattipoco propensi ad estendere la sentenzaTeckal – che ha riguardato un’aziendaconsortile fra comuni, una Srl – anchealle società di capitali.Sull’esito dell’istruttoria avviata dall’Uei pareri sono divisi: c’è chi è convinto cheBruxelles alla fine si ammorbidirà e lasceràcorrere, facendo salvo l’articolo 35riscritto dal Senato, e chi invece pensa chela censura sarà definitiva perché lo Statoanche con l’emendamento non ha chiaritola propria posizione. Infine restano i dubbisul fronte interno: l’articolo 35 dovràtornare alla Camera con la Lega di Bossipronta a dare battaglia per difendere leaziende municipalizzate del nord.Cosa c’entra tutto questo con la Sardegna?l’articolo 35 prevede la contestatadata del 30 giugno 2003. In altre parole:se l’articolo 35 dovesse venire giù sottoi colpi della censura di Bruxelles, crollerebbetutta l’impalcatura legislativa cheha sorretto e giustificato l’ultima sfornatadi ordinanze di Pili. Niente AcquasardaSpa. E niente speranze nemmeno perreinterpretare la sentenza Teckal a favoredell’Esaf. Ma d’altra parte, se l’Ue dovesseinvece ratificare l’art. 35, il termine perl’affidamento diretto sarebbe comunquegià scaduto e l’ipotesi del ricorso alla garadiventerebbe certezza. Con tutta la frettae i poteri speciali, si è giunti ugualmente auno scacco istituzionale.Ro.Mo.10luglio agosto 2003
Emergenze cronicheIl Consiglio regionale si occupa d’altro e fa perdere all’Isola migliaia di miliardiAcqua e «premialità», la Sardegna ha già persoIl presidente frettoloso ha fatto i conti ciechiStrasburgo, 4 luglio 2003. Di fronteal Parlamento europeo il commissarioincaricato della politicaregionale e della riforma delle istituzioniMichel Barnier lancia l’allarme sul rischioper molti Paesi europei di perderei fondi strutturali. In valore assoluto èl’Italia a presentare il più elevato importoa rischio con 3.215 milioni di euro.Toni forti, quelli usati da Barnier che haanche indicato le regioni italiane più indifficoltà: Calabria, Puglia e, ebbene sì,Sardegna.Il commissario per l’emergenza idricaMauro Pili sinora ha sempre giustificatoil ricorso ai poteri commissariali, le ordinanzee l’urgenza con la quale sinora si èaffrontato il problema della gestione dell’acquanell’isola, con l’esigenza di salvarele premialità, oltre che con la necessitàdi evitare la gara internazionale. Vediamoallora cosa c’è di vero (e non vero).Cos’è la premialità. La riforma deiFondi strutturali ha introdotto, oltre allaregola del disimpegno automatico (inbase alla quale le Regioni perdono definitivamentele risorse impegnate ma nonspese nell’arco dei due anni successivi)anche un meccanismo premiale. Tradotto:chi non spende, o spende male, perde;chi spende, e bene, è premiato.Premialità del 6 per cento. Viene ripartitafra le Regioni sulla base dei risultati(obiettivi) conseguiti. In questo caso, peraggiudicarsi i fondi ogni regione si ritrovaa concorrere con le altre. Chi spendemeglio vince. Nel marzo del 2003 l’Italiadisponeva di un monte premialità del67,88% pari a 918, 78 milioni di euroche, sommati al cofinanziamento nazionale,fanno 1837,6 milioni di euro. Nellaclassifica delle regioni dell’obiettivo 1 laSardegna si è classificata penultima e haottenuto finanziamenti per 48,77 milionidi euro contro i 230 della Campania, i187 della Sicilia, i 143 della Puglia, i 56della Basilicata. Peggio di noi ha fattosolo la Calabria con 45 milioni di euro.Perché la Sardegna ha conseguito risultaticosì deludenti?Rispondere spetterebbe ai politici senon fosse che siamo senza una giuntaregionale, che il consiglio è paralizzato,avvitato sui suoi guasti, in buona parteIl presidente della Regione Mauro Pili.malato di clientelismo e di un familismoche, a questo punto, e con buona pace deisociologi revisionisti del Mezzogiorno,non si può non definire amorale. “Parràstrano ma per governare, prima che perottenere premialità, servono leggi - sospirasconsolato un alto funzionario dellaRegione che chiede di restare anonimo. El’assemblea che fa? Semplicemente nonfa. Basti pensare all’ingombrante assenza,a tutt’oggi, della legge sullo sportellounico per le imprese, della riforma deiservizi per l’impiego, dell’Arpa, delrecepimento della legge statale sulle attribuzionealle province della regolamentazioneper i rifiuti. E, dulcis in fundo, delsistema idrico integrato.Il bluff delle ordinanze Tutto sarebbedovuto essere operativo entro il 30settembre del 2002, per soddisfare irequisiti, anzi solo uno dei tanti requisitirichiesti da Bruxelles per la premialità.Invece, checché se ne dica (o non dica),a nulla è valso il disperato tentativo difar passare per autorità d’ambito, chedoveva essere rigorosamente espressionedegli enti locali, lo spaventapasseri deipoteri commissariali. Non ci hanno creduto.E a dirlo sono le carte, i documentiredatti dal comitato di sorveglianza delQuadro Comunitario di Sostegno. Ossiaun organo del Ministero delle Finanze,mica le opposizioni. Sull’allegato A delleProposta di attribuzione della riserva dipremialità nazionale del 6%, affianco allavoce Sistema idrico integrato, al postodella crocetta, compare un imbarazzanterettangolo vuoto: obiettivo non raggiunto.Stesso discorso per l’Arpa, l’agenziaregionale per l’ambiente istituita, “pernon perdere la premialità”, con potericommissariali.Premialità del 4%. È riservata ai singoliPOR, piani operativi regionali. Per laSardegna è pari a 155 milioni e 698 milaeuro. In questo caso, quindi, concorriamosolo con noi stessi. Ci verrà attribuita se,entro il 30 settembre 2003, risulterannosoddisfatti i requisiti richiesti dall’Unione.Dovranno essere conseguiti almeno 6obiettivi su 8, di cui 4 obbligatori. SullaIII Relazione annuale firmata a Romanell’aprile di quest’anno dal Gruppotecnico per il monitoraggio della riservadi premialità del 4% si legge che “Calabria,Campania, Puglia sembrano nellecondizioni di poter soddisfare i requisitiprevisti al 30-06-2003”. E la Sardegna,dov’è? L’analisi dettagliata dello statodi avanzamento del Por Sardegna ( sinoal 31 dicembre 2002), mostra che, su 8indicatori, 2 - di cui uno rientra fra gliobiettivi obbligatori - sono consideratiincerti (cioè la regione non ha fornitoinformazioni sufficienti per esprimere ungiudizio), 2 positivi, 3 soddisfacenti e 1non ancora soddisfacente.30 settembre 2003: è anche la prossimascadenza per l’attribuzione del restante32,12% della premialità del 6%. Sarà attribuitasulla base dei risultati conseguitinella premialità del 4%. Per l’Italia sonoa disposizione 1 miliardo e 300 milioni dieuro. Secondo i dati del gruppo tecnicodel ministero dell’economia la Sardegna,assieme alla Sicilia, è lontanissima dalsoddisfacimento dei criteri. Sulla possibilitàche Bruxelles ci promuova, almenoa settembre, sono molto scettici- ed è uneufemismo- gli stessi alti funzionari dellaRegione.Perché allora tanta fretta? Forse perchéBruxelles ci guarda con un enorme paiodi forbici in mano?Roberta Moccoluglio agosto 2003 11