Fondazione De BenedettiIl convegno di Alghero sui tassi di occupazione femminile in Europa e sul mercato del lavoroIn Portogallo 90 laureate su cento lavoranoQuanta strada da fare in Sardegna, in ItaliaNegli ultimi decenni la posizionedelle donne nel mondo del lavoroè profondamente mutata e haregistrato notevoli progressi sotto diversiaspetti. Le differenze tra i tassi di occupazionefemminili e maschili sono andateaffievolendosi in tutti i Paesi europei.Ancor meglio, sono quasi scomparse nelconfronto tra uomini e donne che hannoconseguito alti livelli di istruzione. InPortogallo, Paese con maggiori difficoltànel correggere le distorsioni nel mercatodel lavoro a favore della componentemaschile della popolazione, i tassi dioccupazione per le donne che hanno conseguitouna laurea si attestano al 90 percento. Anche la nostra isola contribuiscealla composizione di questo scenarioottimistico. La differenza di 22 punti percentualenei tassi di attività femminili emaschili registrata nel 2002 in Sardegna(Forze di Lavoro, Istat) deve essere largamenteimputata alle fasce di popolazionecon istruzione medio-bassa.Quindi, più donne lavorano rispetto atrent’anni fa e, ancora più importante,le differenze in campo professionale tradonne single e donne sposate non sonopiù così accentuate come un tempo.Tuttavia, questo taglio positivo nelladescrizione del problema dell’interazionetra genere e mercato del lavoro nonesaurisce la vastità dei fattori che ancoracontribuiscono a rendere più difficilela partecipazione alla forza lavoro alledonne indebolendone, di conseguenza,anche le opportunità lavorative. Ledimensioni da esplorare sono tante: ledonne, vengono trattate come gli uomininel mercato del lavoro? Sono soddisfattedelle opportunità a loro disposizione edei risultati professionali raggiunti? Sottoquali condizioni riescono a coniugaremeglio lavoro e maternità? È possibilemigliorare le loro prospettive con interventilegislativi?Il quinto convegno europeo della Fondazione“Rodolfo Debenedetti” (Alghero,21 giugno), ha concentrato la propriaattenzione su queste problematiche. Ilavori sono stati aperti dal Commissarioeuropeo per l’occupazione e le politichesociali, Anna Diamantopoulou, che hainviato un video messaggio, dal sindacodi Alghero Marco Tedde, dal presidentedella Commissione per le pari opportunitàdella Sardegna Anna Maria Aloi edal presidente della Fondazione RodolfoDebenedetti Carlo De Benedetti.I diversi fattori che contribuiscono avariegare il quadro delle problematichedel connubio di donne e lavoro, a livelloeuropeo, sono stati diverse volte sottolineatinegli studi presentati da due gruppidi esperti, tutti presenti ad Alghero.Il primo gruppo ha studiato la partecipazionefemminile al mercato del lavoro dalpunto di vista macroeconomico. Coordinatida Christopher Pissarides (LondonSchool of Economics), hanno lavoratoPietro Garibaldi (Università Bocconie Fondazione RDB), Claudia Olivetti(Boston University), Barbara Petrongolo(London School of Economics) e Etien-ne Wasmer (Ecares, Universitè Libre deBrussels).Il secondo gruppo ha invece studiatoil punto di vista microeconomico dellapartecipazione femminile al mercato dellavoro, e le interazioni con aspetti demografici.Coordinati da Daniela Del Boca(Child - Center for Household, IncomeLabor and Demographics e Universitàdi Torino), hanno contribuito da Rolf Aaberge(Research Department Statistics,Norway), Ugo Colombino (Universitàdi Torino), John Ermisch (University ofEssex), Marco Francesconi (Universityof Essex), Silvia Pasqua (Università diTorino) e Steinar Strøm (University ofOslo e Università di Torino).Un chiaro punto di riferimento durantel’intera giornata sono state le linee guidadella politica occupazionale dei prossimidieci anni delineate nell’Agenda di Lisbona.Viene definito, a livello europeo,obiettivo principale delle politiche dellavoro la creazione di nuovi posti di lavoro.Se nel 2000 il 54 per cento delledonne europee tra i 15 e i 64 anni avevanoun lavoro entro il 2010 la percentualedeve portarsi almeno al 60. Gli obiettivistabiliti a Stoccolma tendono alla pariopportunità tra uomini e donne sia intermini di possibilità di impiego che diguadagno. Ciò comporta l’ingresso dipiù donne nel mercato del lavoro e unaumento dei salari relativi delle donnerispetto a quelli degli uomini. Solo alcunipaesi dell’Europa del Nord e il RegnoUnito hanno già raggiunto l’obiettivo del60 per cento di occupazione femminile.I paesi che entreranno nel 2004, a partequalche eccezione, sono tutti molto aldi sotto di questa percentuale. Nei paesidel mediterraneo il tasso di occupazionefemminile si aggira attorno a un modesto40. La nostra isola si attesta addirittura aldi sotto di questa media. Solo il 32 percento della popolazione femminile in etàdi lavoro risultava occupata nel 2002.Lo studio presentato dal primo gruppoarriva alla conclusione che per avvicinarsiagli obiettivi di Lisbona è necessarioriformare i mercati del lavoro creandoopportunità ancora più forti per la nascitadi nuove imprese. L’introduzione di flessibilitànella creazione di posti di lavoro,attraverso l’utilizzo delle forme atipiche,14luglio agosto 2003
viene individuata, si, una leva importantema i cui effetti positivi dipendono crucialmenteda altri fattori di dinamicitàdel tessuto produttivo ed economico.Elementi che vanno a comporre un sistemadi garanzie accessorie necessariea compensare la sensazione di precarietànel lavoro. L’incertezza temporale di uncontratto può essere sostenuta solo con lacertezza che un mercato del lavoro dinamicocrea continuamente posti di lavoroe che, se un lavoro diventa obsoleto eimproduttivo, uno nuovo più moderno emeglio pagato, sarà presto disponibile.I risultati del primo studio mostrano chei tassi di attività delle donne crollano inseguito al matrimonio e alla maternità.In altre parole le donne sono svantaggiatenella loro professione sopratutto acausa delle interruzioni legate a impegnifamiliari. Minimizzare la durata di questeinterruzioni diventa quindi importante.Tuttavia, in paesi che offrono serviziper l’infanzia (asili nido) pubblici osovvenzionati, la riduzione dei tassi diattività non è cosi pronunciata. Offrirepiù servizi per l’infanzia è infatti uno degliobiettivi che i leader europei si sonoposti all’interno della strategia finalizzataad incrementare i tassi di partecipazionefemminile. Un principale risultato delprimo studio è che questi servizi nondebbano essere necessariamente fornitidal settore pubblico, ma lo stesso risultatopuò essere ottenuto incoraggiando lepiccole imprese private a fornire servizidi assistenza per la famiglia.Accanto alle possibilità occupazionali,sono le retribuzioni a rappresentare unaltro fattore di discriminazione controle donne. Anche i paesi che sono riuscitiad aumentare il tasso di occupazionefemminile, non sono riusciti a colmarele differenze salariali tra uomini e donne.Nei paesi dell’Unione Europea il problemaassume forma differente rispetto agliStati Uniti. I differenziali sembrano esseremeno aperti ma un’analisi più approfonditamostra, tuttavia, che ciò è dovutoprincipalmente a strutture salariali fortementecompresse tra settori, professioni eregioni, piuttosto che semplicemente trauomini e donne. Nei paesi scandinavi adesempio, dove c’è meno disuguaglianzasalariale in genere, anche i differenzialitra uomini e donne sono più contenuti.Nel Regno Unito il divario salariale trauomini e donne è invece più ampio. Anchenei paesi Mediterranei questo divarioè minore, ma ciò è dovuto al fatto chein questi paesi il tasso di occupazionefemminile è più basso e solo le donne piùqualificate, che quindi percepiscono salaripiuttosto elevati, hanno un impiego.Se la partecipazione femminile è importante,è anche vero che la crescita dellastessa è accompagnata da un forte declinodella fertilità. E questo punto risultadirettamente collegato ad altri obiettivia livello comunitario posti a tutela di unsostenibile sistema pensionistico futuro.Da una parte il maggior numero di lavoratori,conseguente ad una più ampia partecipazionefemminile aiuta a finanziarele prestazioni pensionistiche. D’altrocanto, la diminuzione della popolazione,conseguente alla minore fertilità, mette arischio la futura sostenibilità dei sistemipensionistici europei. Scelte di maternitàe di partecipazione al mercato del lavorodevono quindi essere analizzate in modocongiunto. Anche le politiche devonoquindi essere progettate per conciliarelavoro e cura dei figli (sopratutto durantela prima infanzia, da 0 a 3 anni)I primi risultati delle analisi presentatesuggeriscono che le politiche più efficacioffrono una combinazione di lavoroa tempo parziale, servizi per l’infanziaFondazione De Benedetti(asili nido) e congedo per paternità/maternità per il periodo immediatamentesuccessivo alla nascita dei figli.La combinazione di lavoro e maternitàpart-time può da una parte avere effettinegativi sulle prospettive di carriera e diguadagno delle donne. Tuttavia questieffetti sembrano essere piuttosto modestirispetto ai vantaggi derivanti dal mantenimentodel contatto con il mercato dellavoro anche nel periodo in cui assistere ifigli è estremamente importante.Nell’introduzione al Convegno sono statipresentati i risultati inediti di un’indaginesvolta in Italia nel marzo 2003. L’indaginesui motivi dello scarso utilizzo deiservizi per l’infanzia (in particolare degliasili nido) da parte delle donne lavoratriciitaliane ha rivelato come le famiglieitaliane possano valutare l’influenza chela partecipazione al mercato del lavorodella donna ha sull’accudimento dei figlipiccoli, in modo differente rispetto adaltre famiglie europee.L’alternativa proposta dalla Germania edalla Francia di un lungo periodo di maternità,che consente alle donne di dedicarsia tempo pieno alla cura dei figli durantei primi tre anni di vita mantenendoloro il posto di lavoro, implica comunqueun costo importante in termini di perditadi capitale umano ed esperienza e, quindi,di possibilità di carriera e crescitaprofessionale. Qualora l’unica possibilitàsia invece il lavoro a tempo pieno, conciliarecarriera e impegni familiari diventamolto complicato con conseguenti effettinegativi sulla fertilità. In Italia e Spagnala bassa disponibilità di servizi per l’infanziaa costi accettabili, sopratutto per ibambini più piccoli, rende più difficile lapossibilità di coniugare partecipazione allavoro e fertilità, di conseguenza sia i tassidi fertilità che di partecipazione sonomolto bassi.In conclusione, le analisi presentatesembrano suggerire che, nelle economiecon bassa partecipazione femminile almercato del lavoro il raggiungimento diobiettivi di alti tassi di occupazione femminilerichieda il perseguimento di politichesociali mirate al coinvolgimento deisoggetti che oggi trovano più ‘costoso’entrarvi, ovvero le madri con bassi livellidi istruzione e basso reddito. Da un latosembrano auspicabili politiche sociali chepermettano un’articolazione più flessibiledegli orari di lavoro e un’espansione deiservizi per l’infanzia, dall’altro politichefiscali atte a ridurre le aliquote marginaliper i redditi da lavoro medio-bassi o a introdurreprogrammi di reddito minimo.Anna Maria Pinnaluglio agosto 2003 15