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volume unico - Dipartimento di Ingegneria Industriale

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UNIVERSITÀ DI CATANIA<br />

FACOLTÀ DI INGEGNERIA<br />

COMPLEMENTI DI<br />

IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

CERTIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI<br />

COGENERAZIONE E SUE APPLICAZIONI<br />

IL MOTORE PRIMO E SUE CARATTERISTICHE<br />

APPLICAZIONI DELLA COGENERAZIONE<br />

LA TRIGENERAZIONE ED APPLICAZIONI<br />

L’ENERGIA SOLARE E SUA DISPONIBILITA’<br />

IMPIANTI SOLARI TERMICI E TERMODINAMICI<br />

IMPIANTI FOTOVOLTAICI<br />

IMPIANTI EOLICI<br />

CELLE A COMBUSTIBILE<br />

PRODUZIONE E ACCUMULO DELL’IDROGENO<br />

IMPIANTI DI TERMOVALORIZZAZIONE<br />

VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE<br />

IMPIANTI ANTINCENDIO<br />

DICHIARAZIONE ISPESL<br />

PROF. ING. GIULIANO CAMMARATA<br />

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA INDUSTRIALE E MECCANICA<br />

SEZIONE DI ENERGETICA INDUSTRIALE ED AMBIENTALE<br />

AGGIORNAMENTO DEL 04/10/2006


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

ii<br />

FILE: COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI.DOC<br />

AUTORE: GIULIANO CAMMARATA<br />

DATA: 4 OTTOBRE 2006<br />

www.gcammarata.net<br />

gcamma@<strong>di</strong>im.unict.it<br />

La riproduzione a scopi <strong>di</strong>dattici <strong>di</strong> quest’opera è libera da parte degli Studenti purché non siano<br />

cancellati i riferimenti all’Autore sopra in<strong>di</strong>cati. Non sono consentiti usi commerciali <strong>di</strong> alcun genere<br />

senza il consenso dell’Autore


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

1<br />

INTRODUZIONE<br />

Questo <strong>volume</strong> introduce alcuni importanti argomenti che in questi ultimi anni si sono proposti<br />

all’attenzione degli impiantisti termotecnici: la Cogenerazione (e in particolare gli impianti Total Energy), la<br />

Valutazione <strong>di</strong> Impatto Ambientale e l’utilizzo delle energie alternative e gli Impianti <strong>di</strong> termovalorizzazione termica<br />

dei Rifiuti. Quest’ultimo capitolo si propone <strong>di</strong> grande interesse in questi ultimi anni nei quali si parla<br />

sempre più spesso <strong>di</strong> emergenza rifiuti.<br />

Prima <strong>di</strong> affrontare con maggior dettaglio i singoli argomenti è opportuno delinearne brevemente<br />

le problematiche.<br />

IMPIANTI DI COGENERAZIONE<br />

L’impiantistica termotecnica ha subito in questi anni una forte accelerazione tecnologica dettata<br />

anche da nuovi sviluppi legislativi che hanno cercato <strong>di</strong> favorire le applicazioni cogenerative sia in<br />

campo civile che industriale. Sia la L. 9/91 che la L. 10/91 attuano il nuovo Piano Energetico Nazionale<br />

(PEN) fornendo modalità operative per la riduzione dei consumi energetici e per lo sviluppo <strong>di</strong> fonti<br />

alternative o assimilabili. L’art 5, comma 16, del DPR 412/93 stabilisce l’obbligo in e<strong>di</strong>fici pubblici <strong>di</strong><br />

ricorrere ad impianti utilizzanti fonti energetiche rinnovabili o ad essi assimilabili. L’allegato D del DPR<br />

412 definisce come impianti assimilabili:<br />

⋅ - impianti con pompe <strong>di</strong> calore<br />

⋅ - pompe <strong>di</strong> calore a motore<br />

⋅ - impianti <strong>di</strong> cogenerazione.Inoltre sempre la L. 10/91 stabilisce che l’utilizzo è obbligatorio per<br />

tutti gli e<strong>di</strong>fici ad uso pubblico qualora non vi siano impe<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> natura tecnica o economica, ove<br />

per impe<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> natura economica si intende un tempo <strong>di</strong> rientro semplice dell’investimento<br />

maggiore <strong>di</strong>:<br />

⋅ 10 anni in comuni con più <strong>di</strong> 50.000 abitanti;<br />

⋅ 8 anni negli altri casi.<br />

Attualmente le tariffe ENEL non <strong>di</strong>fferenziano gli usi energetici per usi domestici da quelli per<br />

altri usi e sono composte da due voci così <strong>di</strong>stinte:<br />

⋅ costo fisso per <strong>di</strong> potenza;<br />

⋅ costo dell’energia realmente consumata. Oltre i 3 kW <strong>di</strong> potenza installata si può avere la tariffa<br />

bioraria ed inoltre è prevista una speciale agevolazione per la prima casa. In ogni caso le tariffe per usi<br />

domestici sono in<strong>di</strong>pendenti dalla quantità totale <strong>di</strong> energia fatturata. Per potenze oltre 400 kW si possono<br />

avere tariffe multiorarie (ben 4 tipologie <strong>di</strong>pendenti dai consumi) per me<strong>di</strong>a tensione e monomia (si<br />

hanno 3 tipi <strong>di</strong> tariffazione in funzione dei consumi per bassa tensione.<br />

A tutte le tariffe ENEL, qualunque siano gli usi dell’energia, si applicano il sovrapprezzo termico e gli<br />

oneri fiscali locali.<br />

Per la <strong>di</strong>stribuzione del gas metano la SNAM si avvale <strong>di</strong> reti nazionali e locali e <strong>di</strong> società <strong>di</strong><br />

gestione (concessionarie) che applicano tariffe che <strong>di</strong>pendono dai consumi e sono formate, oltre che<br />

parte <strong>di</strong> costo del metano, da oneri regionali e nazionali( imposta erariale) <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione.<br />

L’imposta erariale varia da Nord a Sud e non viene applicata per le industrie e gli alberghi.<br />

Il gasolio ha <strong>di</strong>stribuzione libera su scala nazionale e la tariffa si compone del costo <strong>di</strong> mercato del<br />

gasolio e dagli oneri erariali (imposta <strong>di</strong> fabbricazione).<br />

Il Piano Energetico Nazionale (PEN) si propone <strong>di</strong> defiscalizzare il combustibile nel caso sia utilizzato<br />

per autoproduzione dell’energia elettrica. Lo stesso non vale per l’autoproduzione <strong>di</strong> energia meccanica<br />

che, pertanto, risulta pienamente fiscalizzata.<br />

La defiscalizzazione segue la regola:<br />

D = KE<br />

Ove si ha:<br />

⋅ D quantità combustibile defiscalizzata;


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

2<br />

⋅ E energia elettrica prodotta,<br />

⋅ K coefficiente funzione del combustibile che vale:<br />

⋅ 0,565 m 3 /kWh per il metano<br />

⋅ 0,250 l/kWh per il gasolio<br />

⋅ 0,199 l/kWh per il GPL<br />

La L 9/91 considera due tipologie <strong>di</strong> impianti <strong>di</strong> autoproduzione: Combustibili fossili; Fonti<br />

energetiche rinnovabili. I limiti applicati per la defiscalizzazione sono <strong>di</strong> 500 kW per impianti utilizzanti<br />

combustibili fossili e <strong>di</strong> 3000 kW per quelli con fonti energetiche rinnovabili. Un impianto <strong>di</strong><br />

autoproduzione è considerato assimilabile a Fonte Energetica Rinnovabile se risulta : IEN > 0,51. Si hanno<br />

due possibili autoproduzioni: <strong>di</strong> energia elettrica; <strong>di</strong> energia frigorifera. In entrambi i casi si hanno<br />

forme <strong>di</strong> recupero che può essere sfruttato per produrre: Energia Termica, Energia Frigorifera o anche<br />

Energia Elettrica. I sistemi che assommano entrambe le caratteristiche sono detti Total Energy. Si tenga<br />

presente che l’autoproduzione <strong>di</strong> energia elettrica conviene solo con tariffe multiorarie perché deve<br />

aversi, per le <strong>di</strong>verse tariffe denominate F1, F2, F3 ed F4, i costi <strong>di</strong> impegno annuo dati, per <strong>di</strong>verse<br />

possibilità <strong>di</strong> consumi, dalla seguente Figura 1.<br />

Le fasce orarie in<strong>di</strong>cate con F1÷F4 corrispondono alla seguente sud<strong>di</strong>visione:<br />

⋅ F1 ore <strong>di</strong> punta che per la tariffa multioraria va dalle ore 8,30 alle 10,30 e dalla 16,30 alle<br />

18,30 dal lunedì fino al venerdì;<br />

⋅ F2 ore <strong>di</strong> alto carico che per tariffa multioraria va dalle 6,30 alle8,30dalle 10,30 alle16,30,<br />

dalle18,30 alle 21,30 in inverno e dalle 8,30 alle 12,30in estate, sempre dal lunedì al<br />

venerdì;<br />

⋅ F3 ore <strong>di</strong> me<strong>di</strong>o carico corrispondenti, sempre per tariffa multioraria, dalle 6,30 alle 8,30 e<br />

dalle 12,0 alle 21,30 dal lunedì al venerdì;<br />

⋅ F4 ore vuote corrispondenti dalle 0,00 alle 6,30,dalle 21,30 alle 24,00 dal lunedì al venerdì e<br />

dalle 0,00 alle 24,00 sabato e domenica d’agosto.<br />

Per applicazioni destinate ad usi civili (terziario) si possono fare bilanci basati sui dati correnti e si<br />

hanno le seguenti conclusione:<br />

⋅ Il risparmio <strong>di</strong> esercizio <strong>di</strong>pende in massima parte dal minor impegno <strong>di</strong> potenza richiesto,<br />

soprattutto in fascia F1;<br />

⋅ In estate il risparmio è sempre limitato.<br />

⋅ In inverno si ha sempre convenienza ad utilizzare la cogenerazione, a causa dell’elevato costo<br />

dell’energia termica con sistemi tra<strong>di</strong>zionali;<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

Per l’autoproduzione <strong>di</strong> energia frigorifera si hanno le seguenti possibilità:<br />

<strong>di</strong>rettamente accoppiato: il motore termico alimenta un compressore frigorifero a vapori saturi;<br />

sistema tandem: un motore termico alimenta sia un compressore frigorifero che un generatore<br />

elettrico per produrre contemporaneamente anche energia elettrica;<br />

sistema alimentazione ibrida: situazione simile alla precedente con possibilità <strong>di</strong> funzionare o con<br />

il solo compressore o con il solo generatore elettrico.<br />

Si approfon<strong>di</strong>ranno i decreti vigenti sulla cogenerazione industriale ed i criteri <strong>di</strong> applicazione.<br />

Oltre alle applicazioni <strong>di</strong> cogenerazione <strong>di</strong> sistemi tra<strong>di</strong>zionali (motori primi termici, con turbine a<br />

gas o con turbine a vapore, dei quali si parlerà nel prosieguo) si stanno affacciando sul mercato le Celle a<br />

Combustibile (Fuel Cells) il cui funzionamento elementare è schematizzato in Figura 2 e sarà approfon<strong>di</strong>to<br />

nel prosieguo unitamente alla problematica della produzione, trasporto ed accumulo dell’idrogeno.<br />

1 Si parlerà <strong>di</strong> questo in<strong>di</strong>ce nel prosieguo.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

3<br />

Accoppiando più concetti si possono avere più sistemi che, funzionando in parallelo, fornisco in<br />

modo integrato energia termica ed elettrica con un <strong>unico</strong> modulo alimentato a metano (o metanolo o<br />

anche combustibili tra<strong>di</strong>zionali).<br />

Un modulo <strong>di</strong> 10 kW (3 elettrici e 7 termici) è allo stu<strong>di</strong>o da parte dell’Ansaldo Ricerche e si spera<br />

possa esser immesso sul mercato nei prossimi anni: un sistema siffatto può essere sufficiente per fornire<br />

calore ed elettricità ad una famiglia me<strong>di</strong>a.<br />

Nella Figura 3 si ha uno schema <strong>di</strong> massima sul funzionamento <strong>di</strong> questi moduli complessi con<br />

celle a combustibile (argomento interessantissimo ma fuori dall’interesse <strong>di</strong> questo corso).<br />

Nei prossimi capitoli si esamineranno i principi fondamentali per i sistemi cogenerativi e per il<br />

progetto <strong>di</strong> Sistemi ad Energia Totale (SET). La comprensione <strong>di</strong> questi argomenti richiede la conoscenza<br />

delle nozioni <strong>di</strong> Fisica Tecnica e <strong>di</strong> Macchine.<br />

350.000<br />

300.000<br />

250.000<br />

200.000<br />

150.000<br />

100.000<br />

Bassa Utilizzazione<br />

Me<strong>di</strong>a Utilizzazione<br />

Alta Utilizzazione<br />

Altissima Utilizzazione<br />

50.000<br />

0<br />

F1 F2 F3 F4<br />

Figura 1: Andamento dei consumi al variare delle tariffe<br />

Figura 2: Principio <strong>di</strong> base delle Celle a Combustibile


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

4<br />

Figura 3: Principio <strong>di</strong> base <strong>di</strong> un modulo complesso con celle a combustibile<br />

EGERGIA SOLARE E SUE APPLICAZIONI<br />

In questo capitolo rientrano le applicazioni degli impianti solari termici, fotovoltaici ed eolici.<br />

L’Energia solare riveste oggi notevole importanza strategica perché ad essa si pensa <strong>di</strong> attribuire<br />

quote significative <strong>di</strong> mercato. Questa necessità deriva non solamente dall’esigenza <strong>di</strong> limitare la<br />

<strong>di</strong>pendenza energetica ma anche e soprattutto per potere rispettare il Protocollo <strong>di</strong> Kyoto che impone<br />

all’Italia una sostanziale riduzione delle emissioni <strong>di</strong> CO 2 .<br />

Il DM 28/07/2005 reca norme per l’incentivazione della produzione dell’energia elettrica<br />

me<strong>di</strong>ante impianti fotovoltaici.<br />

Il Dlgs 192 del 19/08/2005 introduce norme per la certificazione energetica degli e<strong>di</strong>fici ed<br />

impone la pre<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> superfici in copertura per l’inserimento <strong>di</strong> collettori solari e/o pannelli<br />

fotovoltaici nonché la previsione <strong>di</strong> volumi tecnici per gli impianti accessori.<br />

Da questi eventi recenti si deduce che la volontà politica <strong>di</strong> incentivare l’utilizzo delle energie<br />

alternative è forte e tangibile.<br />

IMPIANTI DI TERMOVALORIZZAZIONE DEI RIFIUTI<br />

Tutti gli abitanti della Terra producono rifiuti (detti anche RSU acronimo <strong>di</strong> Rifiuti Soli<strong>di</strong> Urbani) e<br />

così pure tutte le attività industriali ed artigianali in genere. La quantità <strong>di</strong> rifiuti urbani prodotta varia, a<br />

seconda dello sviluppo sociale raggiunto, da 0,5 a 1.5 kg/abitante/giorno. A questi si aggiungono i<br />

rifiuti industriali, ospedalieri, …….<br />

In definitiva una enorme quantità <strong>di</strong> rifiuti viene prodotta giornalmente.<br />

Fino a pochi anni fa questi rifiuti erano allegramente smaltiti in <strong>di</strong>scariche pubbliche (ufficiali o<br />

abusive non importa in questa sede) nelle quali questi venivano ammucchiati e lasciati marcire nel<br />

tempo. Le conseguenze <strong>di</strong> una simile scellerata politica sono a <strong>di</strong>r poco catastrofiche: i sono avuti<br />

inquinamenti <strong>di</strong> suoli, <strong>di</strong> falde acquifere e dell’atmosfera!<br />

Quando il problema è <strong>di</strong>venuto estremamente acuto, anche in conseguenza <strong>di</strong> catastrofi<br />

ambientali quali l’incidente <strong>di</strong> Severo ed altri nel mondo, l’Umanità ha preso coscienza <strong>di</strong> essere<br />

praticamente sommersa dai rifiuti <strong>di</strong> tutti i tipi e <strong>di</strong> ricevere danni spesso irreversibili dal loro mancato


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

5<br />

trattamento. E’ nata così una coscienza ambientalista che ha portato alcuni stati europei e nord americani<br />

(l’Italia è stata bellamente a guardare fino a d oggi!) ad sviluppare politiche ambientali per contrastare<br />

l’emergenza rifiuti.<br />

Sono state sviluppate metodologie <strong>di</strong> riuso (ove possibile) dei rifiuti ferrosi, plastici, vetrosi, …e<br />

sono stati progettati i primi impianti inizialmente detti <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione o <strong>di</strong> incenerimento e che ora sono detti<br />

<strong>di</strong> termovalorizzazione dei rifiuti.<br />

La prima idea è stata <strong>di</strong> usare le tecnologie già note e mature quali i forni a griglia e, più <strong>di</strong><br />

recente, quelli a letto fluido. Si è poi pensato <strong>di</strong> usare anche la pirolisi per ricavare gas dai rifiuti. Infine,<br />

da qualche anno, si sono proposti impianti che utilizzano le torce al plasma per <strong>di</strong>sintegrare i rifiuti e<br />

ricavarne gas.<br />

Dal 1997 il D.Lgs 22 (detto anche Decreto Ronchi) ha regolamentato il problema dei rifiuti<br />

introducendo una loro classificazione (detta CER acronimo <strong>di</strong> Co<strong>di</strong>ce Europeo dei Rifiuti) e in<strong>di</strong>cando le<br />

possibili metodologie <strong>di</strong> stoccaggio e <strong>di</strong> smaltimento.<br />

Questo decreto non fornisce in<strong>di</strong>cazioni sui meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> smaltimento per la termovalorizzazione<br />

ma introduce questo termine per in<strong>di</strong>care il modo <strong>di</strong> valorizzare i rifiuti estraendone energia.<br />

Se solo si fanno semplici prodotti fra il numero <strong>di</strong> abitanti per la produzione pro-capite per<br />

l’energia me<strong>di</strong>a (2000÷2500 kcal/kg) prodotta dai RSU si intuisce come questi ultimi possano essere<br />

considerati una vera e notevole fonte energetica.<br />

Queste problematiche saranno esaminate nel capitolo de<strong>di</strong>cato alla termovalorizzazione dei rifiuti<br />

e si vedranno i vantaggi e gli svantaggi <strong>di</strong> ciascuna tecnologia.<br />

VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE<br />

Nella seconda parte del <strong>volume</strong> si affronterà un problema oggi assai importante in tutti i campi<br />

della progettazione: la Valutazione <strong>di</strong> Impatto Ambientale (VIA). Norme europee e nazionali impongono<br />

che per gran<strong>di</strong> opere sia pre<strong>di</strong>sposto uno Stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Impatto Ambientale (SIA) che tenga conto <strong>di</strong> tutte le<br />

possibili interazioni dell’opera in progetto con l’ambiente. Fra le opere <strong>di</strong> interesse nell’ambito del<br />

presente Corso vi sono gli impianti termotecnici e gli impianti <strong>di</strong> cogenerazione (specialmente <strong>di</strong><br />

potenza elevata).<br />

Negli ultimi anni si è affermata in modo sempre più netto l’esigenza <strong>di</strong> una valutazione<br />

sistematica preventiva degli effetti che possono derivare da opere, <strong>di</strong> rilevante portata, sull’ambiente. Il<br />

concetto <strong>di</strong> ambiente in questo contesto comprende il complesso <strong>di</strong> fattori, sociali, culturali ed estetici<br />

che riguardano gli in<strong>di</strong>vidui e le comunità e che, in definitiva, ne determinano, il carattere, le relazioni e<br />

lo sviluppo.<br />

Con il termine impatto ambientale si definisce l’insieme delle alterazioni dei fattori e sistemi<br />

ambientali prodotto dall’attività collegata alla realizzazione <strong>di</strong> un’opera data.<br />

Lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> impatto ambientale deve rispondere ai contenuti richiesti dal D.M. n. 559 del 28<br />

<strong>di</strong>cembre 1987 in relazione alle analisi della compatibilità ambientale degli impianti in progetto e, in<br />

particolare, la valutazione degli impatti fisici sia positivi che negativi sulle componenti ambientali<br />

potenzialmente soggette a subire gli effetti del progetto.<br />

La valutazione dei sopraccitati impatti si utilizzano le metodologie già elaborate e consolidate sul<br />

contesto della problematica attinente la valutazione <strong>di</strong> impatto ambientale (V.I.A.) così come definite<br />

dalle <strong>di</strong>rettive CEE del 27/6/1985, a cui fa riferimento, per la definizione delle procedure <strong>di</strong><br />

valutazione, la recente normativa emanata dal Ministero Ambiente (DPCM 377/88 e DPCM del<br />

27/12/88).<br />

La V.I.A. (Valutazione Impatto Ambientale) rappresenta appunto una procedura <strong>di</strong> analisi<br />

pre<strong>di</strong>sposta per in<strong>di</strong>viduare preventivamente tutte le ripercussioni che la realizzazione <strong>di</strong> una nuova<br />

opera può avere sull’ecosistema; valutandone gli effetti già in fase <strong>di</strong> programmazione dell’intervento.<br />

In base a tali in<strong>di</strong>cazioni è possibile:<br />

⋅ - formulare un giu<strong>di</strong>zio motivato sulla “compatibilità ambientale dell’opera progettata”;<br />

⋅ - <strong>di</strong>sporre gli adeguamenti infrastrutturali eventualmente ritenuti necessari o, nei casi estremi, non<br />

autorizzarne la realizzazione.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

6<br />

La V.I.A. costituisce una procedura tecnico-amministrativa volta alla formulazione <strong>di</strong> un giu<strong>di</strong>zio<br />

<strong>di</strong> ammissibilità sugli effetti che una determinata azione avrà sull’ambiente. Si tratta cioè <strong>di</strong> pervenire alle<br />

più corrette valutazioni sulla pubblica accettazione dei futuri cambiamenti ambientali, dovuti ad una azione<br />

proposta, e del probabile effetto sulla futura qualità della vita delle popolazioni.<br />

Si intende cioè assicurare la prevenzione dell’ambiente da inquinamenti e da altre perturbazioni<br />

già nella fase della progettazione, in<strong>di</strong>viduando i rischi associati e valutandone l’entità, intervenendo per<br />

ridurli o ad eliminarli in fase progettuale anziché intervenire successivamente all’acca<strong>di</strong>mento<br />

dell’alterazione ecosistema.<br />

Si configura, quin<strong>di</strong>, come uno stu<strong>di</strong>o per procedere e, per quanto possibile, quantificare gli effetti<br />

provocati sui sistemi ambientali dalle costruzioni e dall’esercizio <strong>di</strong> determinate opere ed attività.<br />

La V.I.A. costituisce, quin<strong>di</strong>, l’elemento <strong>di</strong> raccordo fra la fase <strong>di</strong> programmazione e quella<br />

tecnico-esecutiva dell’opera in progetto, ed è costituita da due componenti <strong>di</strong>fferenti ed essenziali:<br />

⋅ 1) una procedura d’impatto ambientale costituita dal complesso degli atti amministrativi<br />

che permettono <strong>di</strong> arrivare (o non) ad una decisione <strong>di</strong> accettabilità ambientale<br />

dell’opera;<br />

⋅ 2) uno Stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Impatto Ambientale (S.I.A.) realizzato dal proponente l’opera,<br />

me<strong>di</strong>ante il quale, tramite tecniche, il più possibile oggettive, si determinano i futuri<br />

assetti sull’ambiente in relazione all’opera o alla attività proposta.<br />

In termini estremamente semplificati lo Stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Impatto Ambientale (S.I.A.) si articola in tre<br />

momenti metodologicamente interconnessi:<br />

⋅ - segmentazione delle componenti ambientali sulle quali è ipotizzabile l’impatto;<br />

⋅ -definizione <strong>di</strong> tutte le attività collegate alla fase <strong>di</strong> realizzazione e <strong>di</strong> esercizio dell’opera, che<br />

possono produrre mo<strong>di</strong>ficazioni dell’ecosistema preesistente;<br />

⋅ - valutazione ed analisi degli impatti e delle interrelazioni quali-quantitative tra le due classi<br />

preesistenti.<br />

Il termine “valutazione <strong>di</strong> impatto ambientale” traduce <strong>di</strong>fferenti nomenclature derivate dalle attuali<br />

normative esistenti in materia negli Stati Uniti, in Inghilterra e in Francia. Esso è l’insieme <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>,<br />

rilevazioni, documenti, istanze partecipative, atti amministrativi finalizzati ad effettuare previsioni<br />

(suffragate da metodologie atten<strong>di</strong>bili) riguardo al verificarsi <strong>di</strong> conseguenze (impatti) positive o<br />

negative, <strong>di</strong>rette od in<strong>di</strong>rette, sull’ambiente dovute alla realizzazione <strong>di</strong> un progetto e <strong>di</strong> valutare la<br />

portata delle stesse in termini <strong>di</strong> entità, estensione temporale e spaziale, nonché la <strong>di</strong>stribuzione delle<br />

componenti ambientali e dei gruppi sociali coinvolti.<br />

In pratica la suddetta procedura dovrebbe consentire <strong>di</strong> rendere trasparenti i conflitti in atto<br />

sull’uso delle risorse, l’effettiva allocazione dei benefici e dei costi previsti, i criteri seguiti per<br />

l’assunzione delle decisioni, al fine <strong>di</strong> assumere le decisioni per la ottimale utilizzazione delle risorse, e<br />

cioè definire la migliore allocazione dell’opera da realizzare con il minimo impatto sull’ambiente ed a<br />

costi ragionevoli.<br />

Un’altro aspetto della problematica decisionale connessa con la V.I.A. è quello del rapporto tra la<br />

procedura della V.I.A. e l’analisi costi-benefici; cioè se la V.I.A. deve esprimere un giu<strong>di</strong>zio finale sul<br />

prevalere dei costi sui benefici o limitarsi alla valutazione consultiva per il solo aspetto ambientale,<br />

nell’ambito <strong>di</strong> un meccanismo decisionale comprendente le altre valutazioni (economiche, sociali,<br />

politiche).<br />

L’ottimo sarebbe <strong>di</strong> poter misurare con <strong>unico</strong> metro tutti i costi e tutti i benefici compresi quelli<br />

ambientali; ma poiché la valutazione dei fattori ambientali è <strong>di</strong>fficilmente monetizzabile si ricorre, per<br />

quanto riguarda l’ambiente, alle valutazioni in termini fisici, necessariamente eterogenee.<br />

La decisione <strong>di</strong> investimento, tuttavia, non può fondarsi soltanto sugli aspetti ambientali, ma<br />

anche su quelli <strong>di</strong> natura economica. Si tratta, dunque, <strong>di</strong> vedere se, e nel caso positivo come, integrare i<br />

due aspetti valutandoli separatamente. Inoltre, anche la citata <strong>di</strong>rettiva CEE è chiaramente improntata<br />

ad escludere qualsiasi tipo <strong>di</strong> valutazione costi-benefici, tenendo ad interpretare la V.I.A. come<br />

valutazione comparata tra più progetti per in<strong>di</strong>viduare quello che comporta i minori effetti fisici sull’ambiente.<br />

L’impostazione da dare nella preparazione della VIA è quella <strong>di</strong> porre in evidenza nell’ambito<br />

della problematica progettuale il citato “vincolo ecologico”.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

7<br />

In tal senso si imposta la progettazione, le attività e i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> realizzazione sono stati in<strong>di</strong>viduati,<br />

tra quelli possibili ed idonei a risolvere le problematiche tecniche dell’intervento, tenendo conto del<br />

suddetto vincolo, nell’ambito delle decisioni già assunte, quali la localizzazione dell’intervento e la sua<br />

potenzialità complessiva.<br />

Lo stu<strong>di</strong>o della VIA ha lo scopo, <strong>di</strong> norma, <strong>di</strong> evidenziare e misurare solamente gli impatti fisici<br />

sia positivi che negativi. Si ritiene, infatti, che gli aspetti socio-economici connessi con la realizzazione<br />

<strong>di</strong> un progetto, debbano essere analizzati separatamente. Pur tuttavia la metodologia <strong>di</strong> rating che verrà<br />

presentata nel prosieguo tiene conto anche <strong>di</strong> azioni ed effetti <strong>di</strong> tipo socio economici.<br />

L’elaborato VIA si propone <strong>di</strong> affrontare precipuamente il problema ambientale evidenziando e<br />

misurando gli impatti fisici, sia positivi che negativi, rimandando all’analisi tecnico-economica della<br />

proposta progettuale gli aspetti più prettamente tecno-socio-economici-gestionali.<br />

I possibili obiettivi che si possono porre nel momento in cui ci si appresta ad un S.I.A. possono<br />

essere così sintetizzati:<br />

⋅ a) scegliere l’opera d’impatto minimo tra più <strong>di</strong> un progetto e più <strong>di</strong> un sito;<br />

⋅ b) scegliere l’opera d’impatto minimo tra più <strong>di</strong> un progetto per un solo sito;<br />

⋅ c) scegliere tra un solo progetto e più <strong>di</strong> un sito;<br />

⋅ d) giu<strong>di</strong>care l’ammissibilità ambientale <strong>di</strong> un solo progetto per un solo sito;<br />

⋅ e) giu<strong>di</strong>care l’entità dell’accettabilità ambientale <strong>di</strong> un’opera già allocata.<br />

Il lavoro è allora articolato secondo le seguenti fasi:<br />

⋅ - identificazione delle componenti ambientali coinvolte dal progetto;<br />

⋅ - determinazione delle caratteristiche più rappresentative del sito e dell’impianto;<br />

⋅ - in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> una scala <strong>di</strong> valori con cui stimare le <strong>di</strong>verse situazioni <strong>di</strong> ciascun<br />

fattore;<br />

⋅ - definizione del contributo ponderale del singolo fattore su ciascuna componente<br />

ambientale;<br />

⋅ - raccolte <strong>di</strong> dati peculiari sul sito e loro quantificazione;<br />

⋅ - valutazione degli impatti elementari con l’ausilio <strong>di</strong> modelli (matrici-grafici, networks,<br />

liste <strong>di</strong> controllo, etc.).<br />

Punto <strong>di</strong> partenza per l’impostazione del citato stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> definire il concetto <strong>di</strong><br />

“ambiente”. Nella fattispecie per ambiente deve intendersi quel complesso involucro fisico entro il<br />

quale si sviluppano tutte le relazioni “orizzontali”, che legano fra <strong>di</strong> loro le <strong>di</strong>verse attività e i <strong>di</strong>versi<br />

soggetti variamente <strong>di</strong>slocati nello spazio e “verticali”, che legano, invece, ciascuna attività e ciascun<br />

soggetto alle con<strong>di</strong>zioni e alle risorse naturali.<br />

Il raggiungimento <strong>di</strong> un equilibrio stabile <strong>di</strong> tali rapporti o il mantenimento è <strong>di</strong>venuto ormai il<br />

problema centrale nel campo della pianificazione territoriale, che deve ricercare quella interazione<br />

equilibrata fra sistemi <strong>di</strong> attività, esigenze dello sviluppo e sistemi ambientali. Lo stu<strong>di</strong>o dell’inserimento<br />

<strong>di</strong> nuove opere nell’ambiente dovrà, pertanto, definire da un lato i soggetti ed i sistemi ambientali che<br />

saranno integrati da mo<strong>di</strong>fiche e dall’altro valutare l’entità degli impatti che le nuove opere avranno sui<br />

primi.<br />

Non si vuole qui entrare ulteriormente nei dettagli <strong>di</strong> una così vasta problematica quale è la VIA<br />

ma si vuole nel prosieguo presentare una metodologia <strong>di</strong> analisi innovativa che consente facilmente <strong>di</strong><br />

effettuare la valutazione (rating) delle matrice azioni-effetti dette anche matrici <strong>di</strong> impatto.<br />

IMPIANTI ANTINCENDIO<br />

La protezione antincen<strong>di</strong>o è necessaria ed obbligatoria, specialmente negli e<strong>di</strong>fici pubblici,<br />

industriali e <strong>di</strong> spettacolo.<br />

Si hanno due sistemi <strong>di</strong> protezione:<br />

- protezione passiva: affidata alle strutture e all’organizzazione architettonica dell’e<strong>di</strong>ficio;<br />

- protezione attiva: affidata agli impianti veri e propri antincen<strong>di</strong>o.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

8<br />

I criteri <strong>di</strong> progetto per entrambi i sistemi richiedono conoscenze specialistiche che saranno<br />

affrontate in questo capitolo.<br />

Si vedranno anche le procedure per l’ottenimento del Certificato <strong>di</strong> Protezione Incen<strong>di</strong>o (CPI) e<br />

come pre<strong>di</strong>sporre la Relazione Antincen<strong>di</strong>o.<br />

Particolare attenzione verrà poi prestata ai sistemi integrati <strong>di</strong> progettazione (CAD) con<br />

l’applicazione ad esempi concreti.<br />

Catania 04/10/2006<br />

Giuliano Cammarata


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

9<br />

1 D.LGS 192/05 E LA CERTIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI<br />

EDIFICI<br />

1.1 DECRETO LEGISLATIVO N. 192 DEL 19 AGOSTO 2005.<br />

Sul supplemento or<strong>di</strong>nario n. 158 della Gazzetta Ufficiale n. 222 del 23 settembre 2005, è stato<br />

pubblicato il Decreto Legislativo n. 192 del 19 agosto 2005 “Attuazione della <strong>di</strong>rettiva 2002/91/CE<br />

relativa al ren<strong>di</strong>mento energetico in e<strong>di</strong>lizia”.<br />

In conseguenza <strong>di</strong> questo, il DM 27 luglio 2005 risulterà abrogato dal 8 ottobre 2005, data <strong>di</strong><br />

entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 192 del 19 agosto 2005.<br />

Si è compreso che si tratta <strong>di</strong> un’impostazione evoluta, in linea con la <strong>di</strong>rettiva europea<br />

2002/91/CE, che propone, ad esempio, criteri <strong>di</strong> ottimizzazione sui singoli elementi dell’e<strong>di</strong>ficio (limiti<br />

sui valori <strong>di</strong> trasmittanza) al posto del “vecchio” calcolo del Cd della Legge 10/91.<br />

In conseguenza <strong>di</strong> questo decreto tutta la normativa vigente (L 10/91 e DPR 412/93 con<br />

successivi aggiornamenti) risulta ampiamente rimaneggiata. Viene, in particolare, mo<strong>di</strong>ficata la<br />

Relazione <strong>di</strong> calcolo ai sensi dell’art. 28 della L. 10/91 e le verifiche precedentemente in<strong>di</strong>cate nei<br />

decreti attuativi.<br />

Figura 4: Nuovi parametri del Dlgs 192/05


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

10<br />

Figura 5: Nuovi parametri del Dlgs 192/05


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

11<br />

Figura 6: Pre<strong>di</strong>sposizioni previste dal Dlgs 192/05


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

12<br />

Figura 7: Nuovi dati nella relazione <strong>di</strong> calcolo del Dlgs 192/95<br />

Il nuovo decreto è entrato in vigore il 08/10/05.<br />

1.2 CONSIDERAZIONI SUL D.LGS 192/2005<br />

Questo decreto va ad innovare la normativa esistente sulla riduzione del consumo energetico per<br />

il riscaldamento degli e<strong>di</strong>fici.<br />

I dati principali si possono così riassumere:<br />

⋅ Verifica <strong>di</strong> isolamento non più legata al calcolo del Cd ma legata alla trasmittanza <strong>di</strong> tutti gli<br />

elementi <strong>di</strong>sperdenti (ve<strong>di</strong> Figura 4 e Figura 5);<br />

⋅ Verifica energetica del FEN semplificata (in particolare non è richiesta la verifica del FEN limie );<br />

⋅ Mantenimento del ren<strong>di</strong>mento globale <strong>di</strong> impianto ma con valore limite inferiore più elevato;<br />

⋅ Calcolo del consumo specifico <strong>di</strong> energia (Fep) ai fini della certificazione energetica degli e<strong>di</strong>fici;


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

13<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

Incentivazione all’utilizzo <strong>di</strong> energie alternative (solare termico, solare fotovoltaico,<br />

teleriscaldamento) con maggiore attivismo da parte delle amministrazioni pubbliche;<br />

Obbligatorietà <strong>di</strong> previsione <strong>di</strong> adeguate superfici (almeno il 25% della superficie in pianta) per<br />

l’installazione delle superfici <strong>di</strong> raccolta dell’energia solare, <strong>di</strong> opportuni locali per ospitare i<br />

serbatoi <strong>di</strong> accumulo e le apparecchiature <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionamento elettriche degli impianti solari ( pari<br />

a 0,050 mc/mq <strong>di</strong> superficie solare sopra in<strong>di</strong>cata).<br />

Verifica delle prestazioni <strong>di</strong> impianto;<br />

Calcoli redatti da tecnici competenti con assunzione <strong>di</strong> responsabilità <strong>di</strong>retta.<br />

La necessità <strong>di</strong> prevedere adeguate superfici <strong>di</strong> esposizione non ombreggiate ed esposte a sud<br />

comporta una interazione forte nei criteri <strong>di</strong> progettazione architettonica.<br />

L’utilizzo <strong>di</strong> energie alternative non è più considerato un lusso ma una necessità, anche al fine <strong>di</strong><br />

rispettare il protocollo <strong>di</strong> Kyoto.<br />

Le nuove abitazioni e quelle da ristrutturare superiori a 1000 mq dovranno tenere conto <strong>di</strong> queste<br />

specifiche e dovranno prevedere l’interazione dell’impiantistica solare non solamente con una<br />

adeguata superficie <strong>di</strong> raccolta ma anche con la previsione <strong>di</strong> un <strong>volume</strong> tecnico e <strong>di</strong><br />

opportuni cave<strong>di</strong> <strong>di</strong> collegamento.<br />

La certificazione energetica non è da considerare <strong>di</strong> secondaria importanza: tutti gli atti notarili <strong>di</strong><br />

compraven<strong>di</strong>ta dovranno citare il certificato energetico degli e<strong>di</strong>fici.<br />

Si presume una influenza <strong>di</strong> questa certificazione energetica anche sul valore degli immobili per<br />

effetto delle incentivazioni che da questa certificazione deriveranno.<br />

1.3 NORME TRANSITORIE<br />

Il decreto legislativo 192/2005 rinvia per la sua attuazione ad una serie <strong>di</strong> decreti che sono in fase<br />

<strong>di</strong> elaborazione da parte degli organi competenti del Ministero delle Attività Produttive.<br />

Il legislatore ha però colto l’occasione della pubblicazione del decreto legislativo per introdurre<br />

comunque delle mo<strong>di</strong>ficazioni consistenti alla legislazione vigente.<br />

Infatti, in attesa dei citati decreti attuativi, si continua ad applicare la legge 10/91, con tutta la<br />

sua strumentazione (DPR 412 e 551), ma mo<strong>di</strong>ficata ed integrata dalle norme transitorie del D.Lgs.<br />

192/05.<br />

Le norme transitorie sono regolamentate dagli articoli:<br />

⋅ Art. 11 – Requisiti della prestazione energetica degli e<strong>di</strong>fici<br />

⋅ Art. 12 – Esercizio, manutenzione e ispezione degli impianti termici<br />

Fino alla data <strong>di</strong> entrata in vigore dei decreti <strong>di</strong> cui all'articolo 4, comma 1, il calcolo della<br />

prestazione energetica degli e<strong>di</strong>fici nella climatizzazione invernale ed, in particolare, il fabbisogno<br />

annuo <strong>di</strong> energia primaria (Fep) è <strong>di</strong>sciplinato dalla legge 9 gennaio 1991, n. 10, come mo<strong>di</strong>ficata<br />

dal presente decreto, dalle norme attuative e dalle <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> cui all'allegato I.<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

1.3.1 SANZIONI PREVISTE<br />

Sono previste sanzioni per i seguenti casi:<br />

Il progettista che rilascia relazione tecnica o certificazione energetica non conforme allo standard<br />

Il progettista che rilascia relazione tecnica o certificazione energetica non veritiere<br />

Il <strong>di</strong>rettore dei lavori che omette <strong>di</strong> presentare l’asseverazione <strong>di</strong> conformità<br />

Il <strong>di</strong>rettore dei lavori che presenta falsa asseverazione <strong>di</strong> conformità<br />

Il “conduttore” che non provvede alla manutenzione<br />

L’operatore incaricato del controllo e manutenzione che non rilascia o falsifica il rapporto <strong>di</strong><br />

controllo tecnico<br />

Il costruttore che non consegna l’originale della certificazione energetica


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

14<br />

1.3.2 NORME ABROGATE<br />

Sono abrogate le seguenti norme della Legge 10/91<br />

⋅ l'articolo 4, commi 1 e 2 (decreto per norme e<strong>di</strong>lizia sovvenzionata);<br />

⋅ l'articolo 28, commi 3 e 4; (decreto su format, riferimento ad art. 33 e deposito in comune)<br />

⋅ l'articolo 29; (rif. Legge 46 per certificazione e collaudo)<br />

⋅ l'articolo 30; (certificazione energetica)<br />

⋅ l'articolo 33, commi 1 e 2; (controlli e verifiche)<br />

⋅ l'articolo 34, comma 3 (sanzione al progettista ed al costruttore -> da % sul valore dell’opera a %<br />

sulla parcella)<br />

⋅ Sono abrogate le seguenti norme del DPR 412<br />

⋅ l'articolo 5, commi 1, 2 e 4; (η g val. limite e riferimento a norme UNI per calcolo η p )<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

l'articolo 7, comma 7; (riferimento a norme UNI 9182 per <strong>di</strong>mensionamento generatore)<br />

l'articolo 8 (obbligo del punto <strong>di</strong> prelievo fumi).<br />

È abrogato il D.P.R. <strong>di</strong> recepimento delle norme UNI serie 1034x e altre.<br />

1.3.3 COSA SI DEVE FARE OGGI?<br />

⋅ Si continua ad applicare la legge 10/91 così come integrata dalle norme transitorie del D.Lgs.<br />

192/05<br />

⋅ Si utilizzano i DPR 412 e 551 mo<strong>di</strong>ficati e gli allegati al D.Lgs. 192/05<br />

⋅ Non si applica più il DPR 1052 essendo stato abrogato i commi 1 e 2 art 4 della legge 10/91<br />

⋅ Non si effettua più la verifica del Cd, tranne per le Regioni che hanno legiferato <strong>di</strong>versamente<br />

(clausola <strong>di</strong> cedevolezza).<br />

1.3.4 NUOVO INDICATORE DI PRESTAZIONE ENERGETICA<br />

Nel caso <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> nuova costruzione e ristrutturati con s.u. > 1000 m 2 , si procede in sede<br />

progettuale alla determinazione del fabbisogno annuo <strong>di</strong> energia primaria per la climatizzazione<br />

invernale (EPCI) espresso in chilowattora per metro quadrato <strong>di</strong> superficie utile dell'e<strong>di</strong>ficio<br />

(kWh/m2 anno) e alla verifica che lo stesso risulti inferiore ai valori riportati nella Tabella 1 al punto 1<br />

dell'allegato C al presente decreto.<br />

Rapporto <strong>di</strong><br />

forma<br />

dell’e<strong>di</strong>ficio<br />

S/V<br />

Zona climatica<br />

A B C D E F<br />

fino a 600<br />

GG<br />

A 601 A 900 a 901 a 01400 a 1401 a 2100 a 2101 a 3000 oltre 3000<br />

GG GG GG GG GG GG GG GG GG<br />

0,9 45 45 60 60 85 85 110 110 145 145<br />

Tabella 1: Valori del Fep<br />

Sostituzione dell’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> prestazione energetica, FEN espresso in kJ/m 3 GG con un in<strong>di</strong>ce<br />

EPCI espresso in kWh/m 2 anno e relativi limiti.<br />

Tali limiti risultano me<strong>di</strong>amente circa il 40% in meno dell’equivalente limite espresso in FEN !<br />

⋅ S, espressa in metri quadrati, è la superficie che delimita verso l'esterno (ovvero verso ambienti<br />

non dotati <strong>di</strong> impianto <strong>di</strong> riscaldamento) il <strong>volume</strong> riscaldato V: superficie <strong>di</strong>sperdente ≤ sup. <strong>di</strong><br />

inviluppo del <strong>volume</strong> V;<br />

⋅ V è il <strong>volume</strong> lordo, espresso in metri cubi, delle parti <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficio riscaldate, definito dalle superfici<br />

che lo delimitano.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

15<br />

Si procede nei calcoli esattamente come si calcolava il FEN. Si fa riferimento al regime <strong>di</strong><br />

riscaldamento continuo (24 ore su 24) e si determina con la EN 832 e la UNI 10379 -2005 il<br />

fabbisogno <strong>di</strong> energia primaria convenzionale stagionale per il riscaldamento, Q e si normalizza tale<br />

energia primaria per i metri quadri <strong>di</strong> superficie utile Q/S utile<br />

Per gli e<strong>di</strong>fici ristrutturati con s.u. minore <strong>di</strong> 1000 m² non E8 – comma 2 non si calcola e non si<br />

verifica l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> efficienza energetica EPCI ma si impone solo il rispetto <strong>di</strong> specifici parametri<br />

prescrittivi:<br />

⋅ tramittanze termiche U ≤ U lim<br />

⋅ trasmittanze strutture verticali opache (comma 6)<br />

⋅ trasmittanze strutture orizzontali opache (com. 7)<br />

⋅ trasmittanze chiusure trasparenti (comma 8)<br />

Per le trasmittanze limiti valgono quanto in<strong>di</strong>cato in Figura 4 e Figura 5. Lo stesso <strong>di</strong>casi per le<br />

trasmittanze degli infissi.<br />

Per i ponti termici occorre tenere conto delle aree frontali delle superfici e cioè occorre calcolare<br />

la trasmittanza me<strong>di</strong>a pesata secondo le aree delle superfici frontali dei vari componenti la parete e<br />

utilizzare questa per il confronto con la trasmittanza limite riportata nelle tabelle. Vale la relazione<br />

U<br />

limite<br />

≥<br />

Nelementi<br />

∑<br />

i<br />

i=<br />

1<br />

Nelementi<br />

∑<br />

i=<br />

1<br />

A ⋅U<br />

Nel caso <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> nuova costruzione e ristrutturati con s.u. > 1000 m 2 , se:<br />

⋅ sono rispettati i requisiti sulle trasmittanze termiche (commi 6, 7 e 8)<br />

⋅ l’impianto termico ha un ren<strong>di</strong>mento globale me<strong>di</strong>o stagionale η g (nuova espressione):<br />

A<br />

η ≥ η = 75 + 3log<br />

i<br />

i<br />

( P )<br />

g g,lim 10 n<br />

⋅<br />

⋅<br />

si può attribuire all’e<strong>di</strong>ficio il valore limite dell’in<strong>di</strong>catore energetico EP CI senza calcolarlo<br />

Per nuova installazione o ristrutturazione totale impianto termico – comma 3 allora:<br />

Si calcola l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> efficienza energetica EP CI e lo si verifica comparandolo con il valore limite<br />

della tabella 1 allegato C aumentato del 50%:<br />

EP CI ≤ 1.5*EP CI,lim<br />

⋅ In alternativa se è potenza nominale < 100 kW si può applicare il criterio per sola sostituzione del<br />

generatore termico<br />

Nel caso <strong>di</strong> sostituzione del generatore termico allora si può evitare qualsiasi calcolo se si<br />

verifica l’esistenza dei requisiti:<br />

⋅ i nuovi generatori siano certificati e dotati della marcatura <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>mento energetico pari a tre o<br />

quattro stelle<br />

⋅ la temperatura me<strong>di</strong>a del fluido termovettore in corrispondenza delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> progetto sia<br />

non superiore a 60°C;<br />

⋅ siano presenti <strong>di</strong>spositivi per la regolazione automatica della temperatura ambiente nei<br />

singoli locali o nelle singole zone aventi caratteristiche <strong>di</strong> uso ed esposizioni uniformi, <strong>di</strong><br />

cui al successivo comma 12 (già obbligatorio negli e<strong>di</strong>fici nuovi o ristrutturati);<br />

⋅ se, solo per potenze del focolare maggiori o uguali a 35 kW, siano installati nuovi generatori <strong>di</strong><br />

potenza nominale del focolare non superiore del 10% a quella dei generatori che vengono<br />

sostituiti.<br />

Se non è verificato anche uno solo dei predetti requisiti occorre:<br />

⋅ calcolare e verificare il ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> produzione me<strong>di</strong>o stagionale η p


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

16<br />

η ≥ η = 77 + 3log<br />

( P )<br />

p p,lim 10 n<br />

⋅ così come richiesto dal DPR 412, cioè tenendo conto delle con<strong>di</strong>zioni programmate <strong>di</strong><br />

accensione-spegnimento o attenuazione;<br />

⋅ calcolare e verificare l’in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> efficienza energetica EPCI , così come richiesto al comma 1.<br />

1.3.5 DISPOSITIVI DI REGOLAZIONE<br />

“Oltre quanto richiesto dal DPR 412-551 per tutti gli e<strong>di</strong>fici e gli impianti termici nuovi o<br />

ristrutturati, è prescritta l'installazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivi per la regolazione automatica della<br />

temperatura ambiente nei singoli locali o nelle singole zone aventi caratteristiche <strong>di</strong> uso ed<br />

esposizioni uniformi al fine <strong>di</strong> non avere sovrariscaldamento per effetto degli apporti solari e degli<br />

apporti gratuiti interni.”<br />

Il D.Lgs. 192-2005 <strong>di</strong> fatto rende obbligatoria sempre e comunque l’installazione dei <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong><br />

regolazione automatica <strong>di</strong> ambiente nei singoli locali o zone, rendendo inutile la verifica del potenziale<br />

surriscaldamento legato ai guadagni solari<br />

1.3.6 EDIFICI PUBBLICI<br />

Nel caso <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici Pubblici o ad uso pubblico <strong>di</strong> nuova costruzione ... è obbligatoria<br />

l'installazione <strong>di</strong> impianti solari termici per la produzione <strong>di</strong> acqua calda sanitaria.”<br />

“L'impianto deve essere progettato e realizzato in modo da coprire almeno il 50% del<br />

consumo annuo <strong>di</strong> energia termica richiesta dall'utenza per la produzione <strong>di</strong> acqua calda<br />

sanitaria.”<br />

“L'eventuale impossibilità tecnica (non economica!) <strong>di</strong> rispettare la presente <strong>di</strong>sposizione deve<br />

essere dettagliatamente motivata nella relazione tecnica.”<br />

L’obbligatorietà della frazione solare pari al 50% del fabbisogno per la produzione dell’acqua<br />

calda sanitaria è tecnicamente ed economicamente ragionevole, la sua limitazione ai soli e<strong>di</strong>fici pubblici<br />

limita però l’importanza del risultato .<br />

Si aggiunge al comma 15 dell’articolo 5 del DPR 412-92 che invece obbliga alla verifica tecnicoeconomica<br />

anche per l’aspetto climatizzazione invernale.<br />

Il progettista dovrà inserire i calcoli e le verifiche previste ... nella relazione attestante la<br />

rispondenza alle prescrizioni ..., che ... il proprietario dell'e<strong>di</strong>ficio, o chi ne ha titolo, deve depositare<br />

presso le amministrazioni competenti ..., in doppia copia, insieme alla denuncia dell'inizio dei lavori<br />

relativi alle opere ...”<br />

“Schemi e modalità <strong>di</strong> riferimento per la compilazione della relazione tecnica sono riportati<br />

nell'allegato E. “<br />

Tra le poche novità sostanziali è la scomparsa dagli schemi della documentazione delle<br />

valutazioni specifiche all’impiego delle fonti rinnovabili <strong>di</strong> energia per gli e<strong>di</strong>fici pubblici ed ad uso<br />

pubblico<br />

In realtà l’obbligo <strong>di</strong> valutazione sussiste in quanto è sempre in vigore sia l’art. 1 comma 3, sia<br />

l’art. 26 comma 7 della legge 10-91, sia il comma 15 del DRP 412-92<br />

Nel caso <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici pubblici od ad uso pubblico, si ritiene ormai parte integrante nel normale<br />

processo progettuale la valutazione sul ricorso alle fonti rinnovabili e quin<strong>di</strong> si richiede <strong>di</strong><br />

documentare solo il non ricorso ovviamente nella sezione relativa alle deroghe.<br />

L’altra novità principale è, sempre per un e<strong>di</strong>ficio pubblico od ad uso pubblico, :<br />

⋅ “per gli Enti soggetti all'obbligo della nomina <strong>di</strong> un Responsabile per la conservazione e l'uso<br />

razionale dell'energia, la relazione progettuale dovrà essere obbligatoriamente integrata attraverso<br />

attestazione <strong>di</strong> verifica sulla utilizzabilità delle fonti rinnovabili<br />

cioè<br />

⋅ il responsabile deve integrare la relazione tecnica con un’”attestazione <strong>di</strong> verifica sulla utilizzabilità delle<br />

fonti rinnovabili, cioè deve eseguire o far eseguire una verifica tecnica sull’utilizzabilità delle fonti


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

17<br />

rinnovabili per la riduzione dell’impiego <strong>di</strong> energia primaria e deve sempre sottoscriverne i<br />

risultati, assumendosi la responsabilità <strong>di</strong> quanto riportato (asseverazione)<br />

1.4 I REQUISITI PRESCRITTIVI INTRODOTTI DAL D.LGS 192/05<br />

Il nuovo decreto introduce requisiti prescrittivi e prestazionali. In particolare introduce per gli<br />

e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> ogni categoria ad esclusione <strong>di</strong> E.5, E.6 e E.8 alcune in<strong>di</strong>cazioni generiche e generali:<br />

⋅ che siano presenti elementi <strong>di</strong> schermatura delle superfici vetrate, esterni o interni, fissi o mobili,<br />

tali da ridurre l'apporto <strong>di</strong> calore per irraggiamento solare, e che siano efficaci;<br />

e un requisito prescrittivo:<br />

⋅ “che, nelle zone climatiche A,B,C e D, nelle località dove il valore me<strong>di</strong>o mensile dell'irra<strong>di</strong>anza<br />

sul piano orizzontale I m,s , nel mese <strong>di</strong> massima insolazione, sia maggiore o uguale a 250 W/m2 ,<br />

la massa superficiale M S delle pareti opache, verticali, orizzontali e inclinate, esclusi gli intonaci,<br />

sia superiore a 230 kg/m 2” .<br />

⋅ Occorre specificare che tale prescrizione si applica <strong>di</strong> fatto a tutti i comuni d’Italia .<br />

Il requisito prescrittivo non è però completamente vincolante, ma può essere sostituto da un<br />

requisito prestazionale:<br />

⋅ “Possono essere impiegate pareti con massa areica inferiore purché si <strong>di</strong>mostri e certifichi che<br />

queste permettano <strong>di</strong> contenere le oscillazioni della temperatura degli ambienti, in funzione<br />

dell'andamento dell'irraggiamento solare, allo stesso livello raggiungibile con la parete da 250<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

kg/m 2 ”.<br />

Quin<strong>di</strong> occorre in tal caso:<br />

assumere <strong>di</strong> avere una parete con una trasmittanza termica pari a quella della parete progettata e<br />

con massa frontale pari al valore 250 kg/m 2 ,<br />

calcolare l’oscillazione non controllata della temperatura interna nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> progetto<br />

estive,<br />

calcolare tale oscillazione per la parete progettata,<br />

comparare l’ampiezza dell’oscillazione tra i due casi, o meglio il valore massimo che si raggiunge;<br />

perché la parete in progetto sia accettabile occorre che il valore massimo <strong>di</strong> temperatura raggiunto<br />

sia non superiore a quello raggiunto con la parete <strong>di</strong> riferimento.<br />

È una novità importante e un impegno significativo nella progettazione del sistema e<strong>di</strong>lizio per<br />

favorire l’introduzione delle energie rinnovabili nella climatizzazione degli e<strong>di</strong>fici.<br />

Infatti recita, nella prima parte, che “nel caso <strong>di</strong> nuova costruzione o ristrutturazione <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici è<br />

obbligatoria la pre<strong>di</strong>sposizione delle opere, riguardanti l'involucro dell'e<strong>di</strong>ficio e gli impianti, necessarie a<br />

favorire il collegamento a reti <strong>di</strong> teleriscaldamento, ad impianti solari termici e impianti<br />

fotovoltaici e i loro allacciamenti agli impianti dei singoli utenti e alle reti”.<br />

La seconda parte fa poi riferimento ad una possibile estensione agli e<strong>di</strong>fici esistenti, che dovrebbe<br />

essere regolamentata dall’allegato D al D.Lgs. 192-2005, dove invece risulta essere assente ogni<br />

riferimento all’esistente.<br />

1.5 LE RACCOMANDAZIONI<br />

L’allegato D riporta, utilizzando un “si propongono” ed il termine “raccomandazioni, che farebbe<br />

pensare ad una non obbligatorietà della pre<strong>di</strong>sposizione, delle “modalità <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>sposizione dell'e<strong>di</strong>ficio<br />

in relazione alle singole tipologie <strong>di</strong> intervento”.<br />

In realtà, tale allegato va visto come una serie <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cazioni su delle modalità <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>sposizione<br />

che sicuramente favoriscono (come richiesto obbligatoriamente) i collegamenti a teleriscaldamento,<br />

impianti solari, ecc., ed in quanto tale non prescrittivo giacché non esaustivo.<br />

Vengono quin<strong>di</strong> proposti 5 gruppi <strong>di</strong> raccomandazioni


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

18<br />

1 a raccomandazione:<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

deve esserci una superficie della copertura o <strong>di</strong> pertinenza dell’e<strong>di</strong>ficio<br />

orizzontale o inclinata verso il quadrante Sud-Est o Sud-Ovest<br />

per una superficie pari al 25% della sua superficie in pianta<br />

e non essere (tale superficie), nei mesi <strong>di</strong> gennaio e <strong>di</strong>cembre, ombreggiata da parti dello stesso<br />

e<strong>di</strong>ficio per oltre il 10% della superficie stessa, cioè il 2,5% del totale;<br />

per potere accogliere o collettori solari termici o pannelli fotovoltaici<br />

2 a raccomandazione:<br />

occorre includere un vano tecnico per il solare termico e fotovoltaico<br />

per alloggiare bollitori 50 litri/m 2 <strong>di</strong> superficie captante correttamente esposta e relativi accessori<br />

che abbia caratteristiche idonee per ospitare un quadro elettrico e l’interfaccia elettrica alla rete<br />

che sia accessibile per la manutenzione<br />

3 a raccomandazione:<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

occorre prevedere un cave<strong>di</strong>o <strong>di</strong> sezione opportuna per collegamenti dai moduli fotovoltaici e<br />

dai collettori solari al vano tecnico che deve poter contenere<br />

n. 2 canaline “corrugate” per l’impianto elettrico fotovoltaico<br />

n. 2 montanti per l’impianto termico solare<br />

Occorre inoltre prevedere il collegamento elettrico alla rete <strong>di</strong> terra.<br />

4 a raccomandazione:<br />

Occorre prevedere opportuni cave<strong>di</strong> o vani per il collegamento <strong>di</strong>retto alle singole utenze<br />

dell’acqua calda sanitaria e un collegamento elettrico che devono poter contenere<br />

⋅ n. 1 canalina per l’impianto elettrico fotovoltaico<br />

⋅ n. 2 montanti per l’impianto termico solare<br />

5 a raccomandazione:<br />

Pre<strong>di</strong>sposizione per allacciamento dell’e<strong>di</strong>ficio alla rete <strong>di</strong> teleriscaldamento se esistente a meno<br />

<strong>di</strong> 1.000 m <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza o se prevista dagli strumenti <strong>di</strong> pianificazione urbanistica.<br />

1.6 NUOVA RELAZIONE EX ART. 28 L. 10/91<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

Sono previste <strong>di</strong>verse novità nella stesura della Relazione Tecnica. In particolare:<br />

dati tecnici e costruttivi dell’e<strong>di</strong>ficio:<br />

compare la superficie utile (calpestabile)<br />

scompare stranamente la massa efficace dell’involucro e<strong>di</strong>lizio<br />

scompare la classe <strong>di</strong> permeabilità dei serramenti (che in realtà verrà recuperata successivamente);<br />

dati relativi all’impianto termico:<br />

sparisce (apparentemente) la richiesta <strong>di</strong> fornire lo schema funzionale dell’impianto con il<br />

<strong>di</strong>mensionamento della rete del fluido termovettore e delle apparecchiature e con evidenziazione<br />

dei <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> regolazione e contabilizzazione; tale schema doveva anche riportare una tabella<br />

riassuntiva delle apparecchiature con le loro caratteristiche funzionali e <strong>di</strong> tutti i componenti<br />

rilevanti ai fini energetici con i loro dati descrittivi e funzionali; lo schema funzionale, senza<br />

l’obbligo delle specifiche suddette va comunque riportato<br />

dati relativi all’impianto termico:


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

19<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

relativamente ai condotti <strong>di</strong> evacuazione dei prodotti della combustione, essendo stato<br />

abrogato il recepimento delle norme UNI come unica regola tecnica da seguire, si chiede <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>chiarare con quale norma è stato eseguito il <strong>di</strong>mensionamento;<br />

principali risultati dei calcoli:<br />

componenti opachi: oltre alle caratteristiche termiche (trasmittanza) ed igrometriche occorre<br />

specificare la massa areica frontale; sparisce ogni riferimento ad uno specifico formato <strong>di</strong><br />

presentazione <strong>di</strong> dati e si rinvia (per la loro descrizione) ad un generico allegato alla relazione;<br />

infine il “Confronto con i valori limite all’art. 10….”, va letto come art. 11 , che poi rimanda<br />

all’appen<strong>di</strong>ce I, ed in particolare ai commi 6 e 7 (trasmittanza limite), e va effettuato solo se si è<br />

presenza <strong>di</strong> ristrutturazione dell’involucro e<strong>di</strong>lizio degli e<strong>di</strong>fici non E.8 con meno <strong>di</strong> 1000 m 2 <strong>di</strong><br />

superficie utile, o qualora si decidesse <strong>di</strong> optare per la procedura “semplificata”;<br />

1.6.1 NUOVO FORMATO DELLA RELAZIONE DI CALCOLO<br />

Si riporta il nuovo formato della Relazione <strong>di</strong> Calcolo prevista dal D.Lgs 192/05.<br />

LEGGE 9.1.91 n° 10<br />

RELAZIONE TECNICA<br />

DLgs 19 agosto 2005, n. 192 - ALLEGATO E<br />

COMMITTENTE :<br />

EDIFICIO :<br />

INDIRIZZO :<br />

COMUNE :<br />

- Relazione Tecnica - DLgs 19 agosto 2005, n. 192 - Allegato E<br />

- Allegati<br />

Rif:


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

20<br />

RELAZIONE TECNICA DI CUI ALL'ART. 28 DELLA LEGGE 09.01.91 N. 10<br />

ATTESTANTE LA RISPONDENZA ALLE PRESCRIZIONI IN MATERIA DI CONTENIMENTO<br />

DEL CONSUMO ENERGETICO DEGLI EDIFICI<br />

OPERE RELATIVE AD EDIFICI DI NUOVA COSTRUZIONE O A RISTRUTTURAZIONE DI EDIFICI<br />

DLgs 19 agosto 2005, n. 192 - ALLEGATO E<br />

1. INFORMAZIONI GENERALI<br />

Comune <strong>di</strong><br />

Provincia<br />

Progetto per la realizzazione <strong>di</strong> (specificare il tipo <strong>di</strong> opere)<br />

Sito in (specificare l'ubicazione o, in alternativa in<strong>di</strong>care che è da e<strong>di</strong>ficare nel terreno <strong>di</strong> cui si riportano gli estremi del censimento al Nuovo<br />

Catasto Territoriale)<br />

Concessione e<strong>di</strong>lizia n.<br />

del<br />

Classificazione dell'e<strong>di</strong>ficio (o del complesso <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici) in base alla categoria <strong>di</strong> cui all'art. 3 del regolamento; per e<strong>di</strong>fici costituiti da parti<br />

appartenenti a categorie <strong>di</strong>fferenti, specificare le <strong>di</strong>verse categorie.<br />

Numero delle unità abitative<br />

Committenti<br />

Progettisti dell’isolamento termico<br />

Albo: Pv: N.Iscr.:<br />

Progettisti degli impianti termici<br />

Albo: Pv: N.Iscr.:<br />

Direttori lavori dell’isolamento termico<br />

Albo: Pv: N.Iscr.:<br />

Direttori lavori degli impianti termici<br />

Albo: Pv: N.Iscr.:<br />

L'e<strong>di</strong>ficio (o il complesso <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici) rientra tra quelli <strong>di</strong> proprietà pubblica o a<strong>di</strong>biti ad uso pubblico ai fini dell'articolo 5,<br />

comma 15, del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412 (utilizzo delle fonti rinnovabili <strong>di</strong><br />

energia) e dell’art.<br />

11 del decreto legislativo. Sì No


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

21<br />

L'e<strong>di</strong>ficio (o il complesso <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici) rientra nella <strong>di</strong>sciplina articolo 4, comma 1 (e<strong>di</strong>lizia sovvenzionata e<br />

convenzionata, e<strong>di</strong>lizia pubblica e privata) della legge 9 gennaio<br />

1991, n. 10. Sì No<br />

L'e<strong>di</strong>ficio rientra nella <strong>di</strong>sciplina articolo 4, comma 2 (autorizzazioni, concessioni e<br />

contributi per la realizzazione <strong>di</strong> opere pubbliche) della legge 9 gennaio 1991, n. 10. Sì No<br />

2. FATTORI TIPOLOGICI DELL’EDIFICIO (O DEL COMPLESSO DI EDIFICI)<br />

Gli elementi tipologici forniti, al solo scopo <strong>di</strong> supportare la presente relazione tecnica, sono i seguenti:<br />

Piante <strong>di</strong> ciascun piano degli e<strong>di</strong>fici con orientamento e in<strong>di</strong>cazione d'uso prevalente dei singoli locali<br />

Prospetti e sezioni degli e<strong>di</strong>fici con evidenziazione <strong>di</strong> eventuali sistemi <strong>di</strong> protezione solare<br />

Elaborati grafici relativi ad eventuali sistemi solari passivi specificatamente progettati per favorire lo<br />

sfruttamento degli apporti solari<br />

3. PARAMETRI CLIMATICI DELLA LOCALITA'<br />

Gra<strong>di</strong> giorno (della zona d'inse<strong>di</strong>amento, determinati in base al regolamento)<br />

GG<br />

Temperatura minima <strong>di</strong> progetto (dell'aria esterna secondo norma UNI 5364 e<br />

successivi aggiornamenti) °C<br />

4. DATI TECNICI E COSTRUTTIVI DELL’ EDIFICIO (O DEL COMPLESSO DI EDIFICI) E DELLE RELATIVE STRUTTURE<br />

Volume degli ambienti climatizzati al lordo delle strutture che li delimitano (V) m³<br />

Superficie esterna che delimita il <strong>volume</strong> (S) m²<br />

Rapporto S/V 1/m<br />

Superficie utile dell’e<strong>di</strong>ficio m²<br />

Valore <strong>di</strong> progetto della temperatura interna °C<br />

Valore <strong>di</strong> progetto dell'umi<strong>di</strong>tà relativa interna %<br />

5. DATI RELATIVI ALL'IMPIANTO TERMICO


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

22<br />

a) Descrizione impianto<br />

Tipologia<br />

Sistemi <strong>di</strong> generazione<br />

Sistemi <strong>di</strong> termoregolazione<br />

Sistemi <strong>di</strong> contabilizzazione dell'energia termica<br />

Sistemi <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione del vettore termico<br />

Sistemi <strong>di</strong> ventilazione forzata: tipologie<br />

Sistemi <strong>di</strong> accumulo termico: tipologie<br />

Sistemi <strong>di</strong> produzione e <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione dell'acqua calda sanitaria<br />

Durezza dell'acqua <strong>di</strong> alimentazione dei generatori <strong>di</strong> calore per potenza<br />

installata ≥ a 350 kW<br />

Gra<strong>di</strong> Francesi<br />

b) Specifiche dei generatori <strong>di</strong> energia<br />

GENERATORE 1<br />

Quantità<br />

Uso<br />

Marca - Mod. generatore<br />

Potenza termica utile nominale Pn kW Fluido termovettore


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

23<br />

Marca - Mod. bruciatore<br />

Potenza elettrica bruciatore Pbr W Combustibile<br />

Ren<strong>di</strong>mento termico utile (*) 100% Pn 30% Pn<br />

Valore <strong>di</strong> progetto (%)<br />

(<strong>di</strong>chiarato dal costruttore del generatore)<br />

Valore minimo (%)<br />

(prescritto dal regolamento)<br />

Verifica (positiva-negativa)<br />

(*) Nel caso <strong>di</strong> generatori ad aria calda in<strong>di</strong>care il ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> combustione per il solo 100% Pn.<br />

Nel caso <strong>di</strong> pompe <strong>di</strong> calore i ren<strong>di</strong>menti utili al 100%Pn ed al 30%Pn non sono richiesti.<br />

GENERATORE 2<br />

Quantità<br />

Uso<br />

Marca - Mod. generatore<br />

Potenza termica utile nominale Pn kW Fluido termovettore<br />

Marca - Mod. bruciatore<br />

Potenza elettrica bruciatore Pbr W Combustibile<br />

Ren<strong>di</strong>mento termico utile (*) 100% Pn 30% Pn<br />

Valore <strong>di</strong> progetto (%)<br />

(<strong>di</strong>chiarato dal costruttore del generatore)<br />

Valore minimo (%)<br />

(prescritto dal regolamento)<br />

Verifica (positiva-negativa)<br />

(*) Nel caso <strong>di</strong> generatori ad aria calda in<strong>di</strong>care il ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> combustione per il solo 100% Pn.<br />

Nel caso <strong>di</strong> pompe <strong>di</strong> calore i ren<strong>di</strong>menti utili al 100%Pn ed al 30%Pn non sono richiesti.<br />

Per gli impianti termici con o senza produzione <strong>di</strong> acqua calda sanitaria, che utilizzano, in tutto o in parte, macchine <strong>di</strong>verse dai generatori <strong>di</strong> calore<br />

convenzionali, quali ad esempio: macchine frigorifere, pompe <strong>di</strong> calore, gruppi <strong>di</strong> cogenerazione <strong>di</strong> energia termica ed elettrica, collettori solari, le<br />

prestazioni delle macchine <strong>di</strong>verse dai generatori <strong>di</strong> calore sono fornite in<strong>di</strong>cando le caratteristiche normalmente utilizzate per le specifiche<br />

apparecchiature, applicando, ove esistenti, le vigenti norme tecniche.<br />

c) Specifiche relative ai sistemi <strong>di</strong> regolazione dell'impianto termico<br />

Tipo <strong>di</strong> conduzione prevista continua con attenuazione notturna intermittente<br />

Altro


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

24<br />

Sistema <strong>di</strong> telegestione dell'impianto termico, se esistente (descrizione sintetica delle funzioni)<br />

Sistema <strong>di</strong> regolazione climatica in centrale termica (solo per impianti centralizzati)<br />

Centralina climatica<br />

Marca - modello<br />

Descrizione sintetica delle funzioni<br />

Numero dei livelli <strong>di</strong> programmazione della temperatura nelle 24 ore<br />

Organi <strong>di</strong> attuazione<br />

Marca - modello<br />

Descrizione sintetica delle funzioni<br />

Regolatori climatici delle singole zone o unità immobiliari (descrizione sintetica delle funzioni)<br />

Numero <strong>di</strong> apparecchi<br />

Numero dei livelli <strong>di</strong> programmazione della temperatura nelle 24 ore<br />

Dispositivi per la regolazione automatica della temperatura ambiente nei singoli locali o nelle singole zone, ciascuna avente caratteristiche <strong>di</strong> uso<br />

ed esposizioni uniformi (descrizione sintetica dei <strong>di</strong>spositivi)<br />

Numero <strong>di</strong> apparecchi<br />

d) Dispositivi per la contabilizzazione del calore nelle singole unità immobiliari (solo per impianti centralizzati)<br />

Uso climatizzazione<br />

Numero <strong>di</strong> apparecchi<br />

Marca - Modello<br />

Descrizione<br />

Uso acqua calda sanitaria<br />

Numero <strong>di</strong> apparecchi<br />

Marca - Modello


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

25<br />

Descrizione<br />

e) Terminali <strong>di</strong> erogazione dell'energia termica<br />

Numero <strong>di</strong> apparecchi<br />

Tipo<br />

Potenza termica nominale: ve<strong>di</strong> elenco allegato (rif. n.)<br />

f) Condotti <strong>di</strong> evacuazione dei prodotti della combustione<br />

(Il <strong>di</strong>mensionamento è stato eseguito secondo )<br />

Allegato<br />

N. Combustibile Pot<br />

Pn<br />

(kW)<br />

CANALE DA FUMO<br />

Materiale e forma<br />

Ø<br />

o lato<br />

(mm)<br />

Lung.<br />

(m)<br />

Alt.<br />

(m)<br />

CAMINO<br />

Materiale e forma<br />

Ø<br />

o lato<br />

(mm)<br />

Alt.<br />

(m)<br />

g) Sistemi <strong>di</strong> trattamento dell'acqua (tipo <strong>di</strong> trattamento)<br />

h) Altre apparecchiature e sistemi <strong>di</strong> rilevante importanza funzionale<br />

Pompe<br />

N. Circuito Marca - Modello - Velocità PUNTO DI LAVORO<br />

G (kg/h) ∆P (daPa) Potenza (kW)<br />

Ventilatori<br />

N. Circuito Marca - Modello - Velocità PUNTO DI LAVORO<br />

G (m³/h) ∆P (daPa) Potenza (kW)<br />

Altre apparecchiature e sistemi<br />

i) Schemi funzionali dell’impianto termico


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

26<br />

6. PRINCIPALI RISULTATI DEI CALCOLI<br />

a) Involucro e<strong>di</strong>lizio e ricambi d’aria<br />

Caratteristiche termiche dei componenti opachi dell'involucro e<strong>di</strong>lizio<br />

Cod.<br />

Descrizione<br />

Trasmittanza<br />

W/m2K<br />

Valore<br />

W/m2K<br />

limite<br />

Verifica<br />

Caratteristiche igrometriche dei componenti opachi dell'involucro e<strong>di</strong>lizio<br />

Cod.<br />

Descrizione<br />

Verifica<br />

superficiale<br />

condensa<br />

Verifica<br />

interstiziale<br />

condensa<br />

Caratteristiche <strong>di</strong> massa superficiale dei componenti opachi dell'involucro e<strong>di</strong>lizio<br />

Cod.<br />

Descrizione<br />

Massa superficiale<br />

kg/m2<br />

Valore<br />

kg/m2<br />

limite<br />

Verifica<br />

Caratteristiche termiche delle chiusure trasparenti comprensive degli infissi<br />

Cod.<br />

Descrizione<br />

Trasmittanza<br />

W/m2K<br />

Valore<br />

W/m2K<br />

limite<br />

Verifica<br />

Caratteristiche termiche centrali dei vetri<br />

Cod.<br />

Descrizione<br />

Trasmittanza<br />

W/m2K<br />

Valore<br />

W/m2K<br />

limite<br />

Verifica


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

27<br />

Classe <strong>di</strong> permeabilità all'aria dei serramenti esterni<br />

Attenuazione dei ponti termici (provve<strong>di</strong>menti e calcoli)<br />

Trasmittanza termica (K) degli elementi <strong>di</strong>visori tra alloggi o unità immobiliari confinanti<br />

Cod.<br />

Descrizione<br />

Trasmittanza<br />

W/m2K<br />

Valore<br />

W/m2K<br />

limite<br />

Verifica<br />

Numeri <strong>di</strong> ricambi d'aria (me<strong>di</strong>a nelle 24 ore)<br />

N. Zona Valore <strong>di</strong> progetto UNI<br />

(h-1)<br />

Valore minimo imposto da norme (h-<br />

1)<br />

Portata d'aria <strong>di</strong> ricambio<br />

N. Per ventilazione meccanica controllata<br />

G (m³/h)<br />

Attraverso apparecchi <strong>di</strong> recupero<br />

(m³/h)<br />

Ren<strong>di</strong>mento<br />

(%)<br />

Ve<strong>di</strong> allegati<br />

b) Valori dei ren<strong>di</strong>menti me<strong>di</strong> stagionali <strong>di</strong> progetto<br />

Ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> produzione %<br />

Ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> regolazione %<br />

Ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione %<br />

Ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> emissione %<br />

Ren<strong>di</strong>mento globale me<strong>di</strong>o stagionale <strong>di</strong> progetto %


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

28<br />

Ren<strong>di</strong>mento globale me<strong>di</strong>o stagionale minimo imposto dal regolamento %<br />

Verifica (positiva/negativa)<br />

c) Fabbisogno annuo <strong>di</strong> energia primaria per la climatizzazione invernale<br />

Metodologia UNI adottata (in<strong>di</strong>care obbligatoriamente)<br />

Valore <strong>di</strong> progetto<br />

Valore limite<br />

kWh/(m2anno)<br />

kWh/(m2anno)<br />

Verifica (positiva/negativa)<br />

d) Fabbisogno energetico normalizzato per la climatizzazione invernale<br />

Valore <strong>di</strong> progetto<br />

kJ/(m3GG)<br />

e) Pre<strong>di</strong>sposizione delle opere per l’installazione <strong>di</strong> fonti rinnovabili<br />

Descrizione e caratteristiche tecniche<br />

Ve<strong>di</strong> allegati<br />

f) Impianti solari termici per la produzione <strong>di</strong> acqua calda sanitaria<br />

Percentuale <strong>di</strong> copertura del fabbisogno annuo<br />

Descrizione e caratteristiche tecniche<br />

Ve<strong>di</strong> allegati


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

29<br />

7. ELEMENTI SPECIFICI CHE MOTIVANO EVENTUALI DEROGHE A NORME FISSATE DALLA NORMATIVA VIGENTE<br />

In caso <strong>di</strong> esistenza <strong>di</strong> deroga, essa va adeguatamente motivata.<br />

a) Esiste deroga alla produzione <strong>di</strong> acqua calda sanitaria me<strong>di</strong>ante l’adozione <strong>di</strong><br />

pannelli solari negli e<strong>di</strong>fici pubblici? Sì No<br />

Motivazione<br />

b)<br />

Sì<br />

No<br />

Motivazione


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

30<br />

8. DOCUMENTAZIONE ALLEGATA (elenco in<strong>di</strong>cativo)<br />

N. piante <strong>di</strong> ciascun piano degli e<strong>di</strong>fici con orientamento e in<strong>di</strong>cazione d'uso prevalente dei<br />

singoli locali.<br />

Rif.:<br />

N. prospetti e sezioni degli e<strong>di</strong>fici con evidenziazione <strong>di</strong> eventuali sistemi <strong>di</strong> protezione<br />

solare.<br />

Rif.:<br />

N. elaborati grafici relativi ad eventuali sistemi solari passivi specificatamente progettati per<br />

favorire lo sfruttamento degli apporti solari.<br />

Rif.:<br />

N. schemi funzionali dell'impianto termico contenenti gli elementi <strong>di</strong> cui all'analoga voce del<br />

paragrafo “Dati relativi agli impianti termici”.<br />

Rif.:<br />

N. tabelle con in<strong>di</strong>cazione delle caratteristiche termiche, termoigrometriche e massa efficace<br />

dei componenti opachi dell'involucro e<strong>di</strong>lizio.<br />

Rif.:<br />

N. tabelle con in<strong>di</strong>cazione delle caratteristiche termiche dei componenti finestrati dell'involucro<br />

e<strong>di</strong>lizio e loro permeabilità all’aria.<br />

Rif.:<br />

N. schemi illustranti gli elementi che consentono la pre<strong>di</strong>sposizione dell'adozione dei contabilizzatori<br />

(solo per impianti centralizzati in cui non sono stati previsti a progetto i contabilizzatori).<br />

Rif.:<br />

N. tabelle con l'elenco dei terminali <strong>di</strong> erogazione sud<strong>di</strong>visi per potenza termica nominale.<br />

Rif.:


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

31<br />

N.<br />

Rif.:


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

32<br />

I calcoli e le documentazioni che seguono sono <strong>di</strong>sponibili ai fini <strong>di</strong> eventuali verifiche da parte dell'ente <strong>di</strong> controllo presso i progettisti.<br />

documentazione relativa al ren<strong>di</strong>mento utile dei generatori <strong>di</strong> calore<br />

calcolo delle potenze <strong>di</strong> progetto dei locali<br />

calcolo <strong>di</strong> Ht, Hv, Hg, Ha, Hu<br />

calcolo <strong>di</strong> Ql (per<strong>di</strong>te), Qs (apporti solari), Qi (apporti interni): mensili<br />

calcolo <strong>di</strong> Qh (energia utile), mensile - stagionale secondo UNI EN 832<br />

calcolo dei ren<strong>di</strong>menti: emissione, regolazione, <strong>di</strong>stribuzione, produzione<br />

calcolo <strong>di</strong> Q (energia primaria), mensile - stagionale secondo UNI 10348 e Raccomandazioni CTI R - 03/3<br />

calcolo del fabbisogno annuo <strong>di</strong> energia primaria <strong>di</strong> progetto<br />

calcolo del fabbisogno <strong>di</strong> energia primaria limite<br />

calcolo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento dei camini<br />

9. DICHIARAZIONE DI RISPONDENZA<br />

Il sottoscritto<br />

NOME<br />

COGNOME<br />

iscritto a<br />

ALBO - ORDINE O COLLEGIO DI APPARTENENZA PROV. N. ISCRIZIONE<br />

Il sottoscritto<br />

NOME<br />

COGNOME<br />

iscritto a<br />

ALBO - ORDINE O COLLEGIO DI APPARTENENZA PROV. N. ISCRIZIONE<br />

essendo a conoscenza delle sanzioni previste dall’articolo 15, commi 1 e 2, del decreto legislativo <strong>di</strong> attuazione della <strong>di</strong>rettiva 2002/91/CE<br />

DICHIARA<br />

sotto la propria personale responsabilità che:


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

33<br />

a) il progetto relativo alle opere <strong>di</strong> cui sopra è rispondente alle prescrizioni contenute nel decreto attuativo della <strong>di</strong>rettiva 2002/91/CE;<br />

b) i dati e le informazioni contenuti nella relazione tecnica sono conformi a quanto contenuto o desumibile dagli elaborati progettuali.<br />

Data,<br />

Il progettista<br />

TIMBRO<br />

FIRMA<br />

Il progettista<br />

TIMBRO<br />

FIRMA<br />

1.7 ESEMPI DI APPLICAZIONE DEL D.LGS 192/05<br />

Nelle more che venga emesso il decreto <strong>di</strong> applicazione del nuovo D.Lgs 192/05 e in<br />

applicazione <strong>di</strong> alcuni regolamenti regionali che già lo attuano, quasi tutti i Cad Termotecnici<br />

consentono <strong>di</strong> verificare l’applicazione del D.Lgs e in particolare <strong>di</strong> vericare le trasmittanze e il Fep.<br />

Figura 8: Applicazione del D.Lgs 192/05


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

34<br />

2 I CONSUMI ENERGETICI E LO SVILUPPO SOSTENIBILE<br />

La storia dell’Uomo è stata sempre segnata dalla necessità <strong>di</strong> avere forza lavoro per sod<strong>di</strong>sfare i<br />

propri bisogni. Egli non si è fatto alcuno scrupolo <strong>di</strong> sottomettere animali e gli stessi suoi Simili pur <strong>di</strong><br />

avere la possibilità <strong>di</strong> svolgere le attività lavorative (agricoltura), industriali e/o belliche. Le guerre fra<br />

popoli avevano come scopo ultimo la conquista <strong>di</strong> territorio e <strong>di</strong> uomini ridotti in schiavitù per i lavori<br />

più umili e quoti<strong>di</strong>ani.<br />

Fino alla seconda metà dell’Ottocento lo Schiavismo era giustificato dalla necessità <strong>di</strong> avere mano<br />

d’opera a basso costo per le piantagioni <strong>di</strong> cotone del Sud degli Stati Uniti e ancora oggi questa grave e<br />

perversa forma <strong>di</strong> sottomissione dell’Uomo è pratica, anche se in modo meno ufficiale ed appariscente,<br />

in alcune regioni della Terra.<br />

La nascita delle prime macchine a vapore, verso la fine del Settecento, ha segnato, almeno<br />

idealmente, anche la nascita dell’era Contemporanea che, nel bene e nel male (non sono qui per giu<strong>di</strong>care!),<br />

ha determinato anche l’affrancamento dell’Uomo dalla schiavitù e dalla fatica. Ora è possibile sostituire<br />

animali e schiavi con macchine potenti e docili per effettuare qualsivoglia lavoro.<br />

Oggi è possibile intraprendere attività <strong>di</strong> così larga estensione da mo<strong>di</strong>ficare anche l’ambiente e la<br />

stessa geografia terrestre: gli istimi <strong>di</strong> Corinto e i canali <strong>di</strong> Panama e <strong>di</strong> Suez ne sono una conferma.<br />

Se da un lato l’utilizzo delle macchine ha introdotto effetti benefici per l’evoluzione socio<br />

economica dell’Uomo, dall’altro ha dato inizio allo sfruttamento energetico del pianeta Terra. Le<br />

macchine, infatti, sono <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> conversione energetica ed hanno bisogno <strong>di</strong> energia primaria<br />

ottenuta, quasi esclusivamente, da conversione <strong>di</strong> fonti energetiche non rinnovabili.<br />

Con le macchine nascono anche gli impianti industriali nei quali sono effettuate miria<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

lavorazioni <strong>di</strong> trasformazione e produzione <strong>di</strong> beni <strong>di</strong> consumo e questo ha ulteriormente aggravato<br />

l’esigenza <strong>di</strong> sfruttamento delle risorse energetiche non rinnovabili della Terra.<br />

In pratica il ricorso all’utilizzo del petrolio è stato esponenzialmente crescente nel Novecento,<br />

tanto da porre interrogativi sulla necessità <strong>di</strong> limitarne l’utilizzo per gli effetti ambientali negativi che si<br />

sono manifestati.<br />

L’economia del petrolio ha <strong>di</strong> fatto determinato l’evoluzione politica dell’ultimo secolo e tuttora<br />

sembra orientare gli sviluppi socio politici del futuro imme<strong>di</strong>ato. Guerre più o meno <strong>di</strong>ffuse nei<br />

continenti o micro guerre localizzate su aree <strong>di</strong> piccola estensione sono all’or<strong>di</strong>ne del giorno e<br />

sembrano svilupparsi sempre <strong>di</strong> più.<br />

Non vi è dubbio che il benessere provocato dalla civiltà industriale ha, anche se non da solo,<br />

contribuito all’abnorme crescita della popolazione terrestre che ha, a sua volta, generato una crescita<br />

esponenziale dei consumi energetici.<br />

In pochi decenni la popolazione terrestre è passata da poco più <strong>di</strong> 4 miliar<strong>di</strong> alla fine<br />

dell’Ottocento agli attuali 6 miliar<strong>di</strong> attuali: si tratta <strong>di</strong> un incremento enorme e vertiginoso che<br />

con<strong>di</strong>ziona e con<strong>di</strong>zionerà sempre <strong>di</strong> più lo sviluppo socio-economico <strong>di</strong> tutti i popoli.<br />

Alle fine degli anni ‘Sessanta e con gli anni ‘Settanta si sono avuto alcune crisi energetiche su scala<br />

mon<strong>di</strong>ale generate dall’acuirsi <strong>di</strong> conflitti regionali sulla scena me<strong>di</strong>o-orientale (guerre arabo – israeliane),<br />

che hanno dato inizio ad una presa <strong>di</strong> coscienza del problema della <strong>di</strong>sponibilità energetica e della fine<br />

più o meno prossima delle risorse petrolifere.<br />

In quegli anni il CLUB DI ROMA commissionò al MIT uno stu<strong>di</strong>o sui limiti <strong>di</strong> sviluppo del<br />

genere umano. Questo stu<strong>di</strong>o, noto come Rapporto del Club <strong>di</strong> Roma, stabilì, non senza una iniziale<br />

sorpresa collettiva, che tali limiti <strong>di</strong> sviluppo non erano dettati dalla crescita esponenziale della<br />

popolazione terrestre né dalle ridotte <strong>di</strong>sponibilità in futuro delle riserve petrolifere bensì<br />

dall’inquinamento conseguente ai modelli <strong>di</strong> vita dell’Uomo moderno e contemporaneo.<br />

In pratica già quasi 35 anni fa si cominciava a parlare <strong>di</strong> compatibilità fra vita dell’Uomo e<br />

l’ambiente. Il limite <strong>di</strong> sviluppo dell’Umanità, infatti, era dovuto all’avvelenamento ambientale<br />

conseguente all’utilizzo delle fonti energetiche tra<strong>di</strong>zionali e agli effetti provocati dall’accumulo dei<br />

rifiuti prodotti sia dalle attività antropiche che, soprattutto, da quelle industriali.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

35<br />

Quel primo importante rapporto costituì un campanello <strong>di</strong> allarme che ebbe notevole risonanza<br />

mon<strong>di</strong>ale e pose le basi per una presa <strong>di</strong> coscienza globale sull’imminente crisi che nell’arco <strong>di</strong> meno <strong>di</strong><br />

un secolo si sarebbe generata irreversibilmente per l’Uomo.<br />

Nacquero, così, i primi movimenti ecologisti, le prime manifestazioni <strong>di</strong> massa, le prime<br />

conferenze internazionali.<br />

2.1 LA TRASFORMAZIONE DELL’ENERGIA<br />

Le crisi energetiche in primo luogo e la coscienza dello sviluppo sostenibile in secondo luogo<br />

hanno generato il bisogno <strong>di</strong> trovare meto<strong>di</strong> e/o sistemi <strong>di</strong> trasformazione dell’energia che rispondano<br />

almeno ai seguenti requisiti fondamentali:<br />

avere ren<strong>di</strong>menti energetici (<strong>di</strong> primo principio) elevati;<br />

avere ren<strong>di</strong>menti exergetici (<strong>di</strong> secondo principio) elevati;<br />

avere elevati standard <strong>di</strong> eco - compatibilità;<br />

garantire lo sviluppo sostenibile.<br />

I primi due punti sono <strong>di</strong> carattere prettamente ingegneristico mentre gli altri sono <strong>di</strong> salvaguar<strong>di</strong>a<br />

ambientale. Per avere un’idea dell’importanza dei primi due punti si osserva che il ren<strong>di</strong>mento<br />

energetico nazionale delle attuali centrali termo-elettriche è fissato al 35% mentre è possibile già oggi<br />

costruire centrali con ren<strong>di</strong>mento energetico dell’or<strong>di</strong>ne del 60%.<br />

Al <strong>di</strong> là dei riflessi ambientali ed ecologici va da sé che una centrale con più elevato ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong><br />

trasformazione consuma meno combustibile e quin<strong>di</strong> inquina meno l’ambiente. Tuttavia il sistema<br />

monopolistico <strong>di</strong> produzione dell’energia elettrica ha portato ad avere centrali termoelettriche obsolete<br />

senza avere la necessità <strong>di</strong> aggiornarle (refurbishment) per mancanza <strong>di</strong> concorrenza interna.<br />

Sull’importanza del ren<strong>di</strong>mento exergetico si parlerà nel prosieguo: basti qui osservare che esso tiene<br />

conto del secondo principio della Termo<strong>di</strong>namica e pertanto rende giustizia <strong>di</strong> alcuni preconcetti ed<br />

errori concettuali tipici dell’applicazione del solo primo principio della Termo<strong>di</strong>namica.<br />

2.2 FABBISOGNI ENERGETICI<br />

L’esigenza della trasformazione energetica deriva <strong>di</strong>rettamente da un fabbisogno energetico<br />

esteso a varie utenze (domestiche, industriali, terziario, agricoltura).<br />

Si vuole in questa sede limitare, ma a solo scopo esemplificativo, l’esame della situazione<br />

energetica della sola Sicilia: una situazione analoga si ha per quasi tutte le regioni italiane e per l’Italia<br />

nella sua globalità. Gli impianti <strong>di</strong> produzione dell’energia elettrica operanti in Sicilia dal 1997 al 2000<br />

sono riportati nella seguente Tabella 2.<br />

Tabella 2: Impianti <strong>di</strong> produzione dal 1997 al 2000


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

36<br />

La <strong>di</strong>stribuzione dell’utilizzo globale in Sicilia nello stesso periodo è riassunta in Tabella 3.<br />

Tabella 3: Distribuzione dei consumi in Sicilia dal 1997 al 2000<br />

2.3 EMISSIONI DI GAS PER LE VARIE TIPOLOGIE DI IMPIANTI<br />

Considerando le tipologie più importanti per la produzione <strong>di</strong> energia, <strong>di</strong> cui si farà cenno più<br />

avanti, un parametro fondamentale per lo sviluppo sostenibile è la quantità <strong>di</strong> gas (sia cosiddetti serra<br />

che inquinanti in generale) prodotti per kWh <strong>di</strong> energia prodotta. In Tabella 4 si ha un quadro<br />

riepilogativo che ben evidenzia come il gas (naturale e/o metano) sia il più vantaggioso.<br />

Tabella 4: Dati <strong>di</strong> emissione e <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>mento per le varie tipologie <strong>di</strong> impianti<br />

Per ciclo combinato si intende l’utilizzo del combustibile in una turbina a gas accoppiata ad un<br />

generatore; i gas esausti, con ancora un notevole contenuto entalpico, vengono ulteriormente sfruttati<br />

in una caldaia ed il vapore prodotto può essere utilizzato in un sistema turbina a vapore – alternatore<br />

per produrre un’ulteriore quantità <strong>di</strong> energia elettrica o per altri utilizzi industriali o civili<br />

(teleriscaldamento), con un sensibile aumento del ren<strong>di</strong>mento totale.<br />

Nel sistema STIG (Steam Injected Gas Turbine), il calore residuo dei gas <strong>di</strong> scarico della turbina a gas<br />

viene ancora utilizzato in una caldaia per produrre vapore che viene iniettato nella camera <strong>di</strong><br />

combustione della turbina stessa; ciò determina un aumento nell’energia prodotta dalla turbina e, in<br />

definitiva un aumento del ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> conversione energia termica – energia elettrica, nonché una<br />

riduzione delle emissioni <strong>di</strong> NOx.<br />

Una variante <strong>di</strong> tale sistema è costituita dal ciclo denominato ISTIG, in cui l’aria destinata alla<br />

combustione, tra uno sta<strong>di</strong>o e l’altro <strong>di</strong> compressione viene raffreddata in scambiatori esterni; così<br />

facendo, si ottiene un’ulteriore incremento del ren<strong>di</strong>mento dell’impianto.<br />

Un ulteriore passo sarà rappresentato dalla messa a punto industriale delle celle a combustibile, a<br />

gas metano, che possono raggiungere ren<strong>di</strong>menti globali (elettrici e termici) pari all’82 % con emissioni<br />

nell’ambiente estremamente ridotte.<br />

Risulta evidente una tendenza in crescita per la produzione <strong>di</strong> CO 2 e in decrescita per NO x . Ciò<br />

<strong>di</strong>mostra che l’utilizzo <strong>di</strong> combustibili più pregiati e una maggiore attenzione alla produzione <strong>di</strong> gas<br />

inquinanti ha portato benefici notevoli sia per le centrali ENEL che per quelle private.<br />

Analoga tendenza a decrescere si ha nella produzione globale <strong>di</strong> polveri prodotte nelle centrali<br />

termoelettriche siciliane, come illustrato in Tabella 5.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

37<br />

2.4 CONSUMI ENERGETICI<br />

Tabella 5: Produzione <strong>di</strong> polvere nelle centrali ENEL dal 1998 al 2001<br />

I consumi finali <strong>di</strong> energia nell'industria italiana (Rif. Enea) presentano, in valore assoluto, un<br />

andamento praticamente costante dal 1988 al 1996 e, come percentuale sul totale dei consumi energetici<br />

nazionali, una continua <strong>di</strong>minuzione a partire dal 1974. In valore assoluto si passa dalle 35,8 Mtep del<br />

1971 alle 36 Mtep del 1996.<br />

50,0<br />

40,0<br />

30,0<br />

20,0<br />

10,0<br />

Andamento consumi energetici nell'industria<br />

(Mtep / anno)<br />

0,0<br />

71 73 75 77 79 81 83 85 87 89 91 93 95<br />

Figura 9: Consumi energetici nazionali dal 1971 al 1995<br />

In Figura 9 si ha l’andamento dei dati storici per il consumo nazionale dal 1971 al 1995 si può ben<br />

osservare come il trend si mantenga approssimativamente costante per circa un quarto <strong>di</strong> secolo.<br />

L'efficienza energetica nell’industria è relativamente stabile, dopo essere velocemente aumentata<br />

negli anni 1972 - 1986. A livello nazionale, l’intensità energetica nell’industria nel periodo 1971 - 1995<br />

si è ridotta del 43% passando dalle 193 tep / miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> Lit ‘85 del 1971 alle 110 tep / miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> Lit ‘85<br />

del 1995, ve<strong>di</strong> Figura 10.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

38<br />

Andamento dell'intensità energetica nell'industria (tep / Glire 1985)<br />

250<br />

200<br />

150<br />

100<br />

50<br />

0<br />

71 73 75 77 79 81 83 85 87 89 91 93 95<br />

Figura 10: Andamento dell’intensità energetica nell’industria italiana dal 1971 al 1995<br />

Per quanto attiene alle fonti energetiche nell'industria si sottolinea come, nel corso degli anni che<br />

vanno dal 1971 al 1996, ma soprattutto dal 1971 al 1991, la struttura dei consumi energetici<br />

nell’industria è stata mo<strong>di</strong>ficata profondamente: l'importanza <strong>di</strong> alcune fonti è progressivamente<br />

aumentata, a scapito <strong>di</strong> altre che hanno visto ridurre considerevolmente il loro peso:<br />

⋅ i combustibili soli<strong>di</strong> sul totale dei consumi industriali passano dall'11,1 % del 1971 al 13 %<br />

del 1996; in valore assoluto dalle 4 Mtep del 1971 alle 4,5 Mtep del 1996;<br />

⋅ il gas naturale è aumentato notevolmente, sia in valore assoluto sia in percentuale sul<br />

consumo totale dell’industria, in percentuale dal 1971 al 1996 è quasi triplicato, essendo<br />

passato dal 15 % del 1971 al 42 % del 1996; in valore assoluto è passato dalle 5,5 Mtep del<br />

⋅<br />

1971 alle 15 Mtep del 1996;<br />

il peso dei prodotti petroliferi è calato drasticamente, il contributo percentuale dei prodotti<br />

petroliferi è passato dal 59 % del 1971 al 17 % del 1996; e in valore assoluto dalle 21 Mtep<br />

del 1971 alle 6,3 Mtep del 1996;<br />

Il contributo della energia elettrica al fabbisogno energetico dell'industria è progressivamente<br />

aumentato, essendo passato in percentuale dal 15 % del 1971 al 28 % del 1996 (a partire dal 1991 tale<br />

contributo è rimasto pressoché invariato, essendosi attestato su una percentuale intorno al 28 %), in valore assoluto il<br />

consumo <strong>di</strong> energia elettrica è passato dalle 5,4 Mtep del 1971 alle 10,2 Mtep del 1996. In riferimento<br />

ai consumi <strong>di</strong> energia per settore e per fonte, i seguenti settori concorrono a più dell’ 85 % dei consumi<br />

energetici finali nell’industria (1996):<br />

⋅ siderurgia 6,9 Mtep (19,2 %),<br />

⋅ chimica 4,7 Mtep (13,2 %),<br />

⋅ meccanica 4,2 Mtep (11,6 %),<br />

⋅ materiali da costruzione 4,1 Mtep (11,3 %),<br />

⋅ vetro e ceramica 3,0 Mtep (8,3 %),<br />

⋅ agro alimentare 2,8 Mtep (7,9 %),<br />

⋅ tessile e abbigliamento 2,5 Mtep (7,0 %),<br />

⋅ cartaria e grafica 2,5 Mtep (7,0 %).<br />

Insieme questi otto settori hanno consumato, nel 1996, 30,7 Mtep su 36 Mtep <strong>di</strong> usi finali<br />

energetici nell’industria. I settori maggiori consumatori <strong>di</strong> biomasse sono: alimentare, legno, carta,<br />

tessile, chimica, pelli e cuoio, gomma e materie plastiche, minerali metalliferi e varie. I settori maggiori<br />

consumatori <strong>di</strong> materiali “non determinati” sono: chimica, gomma e materie plastiche, tessile. Per<br />

quanto attiene alle emissioni inquinanti in atmosfera i dati <strong>di</strong>sponibili in forma aggregata sono quelli<br />

relativi alle emissioni maggiormente correlate agli usi energetici, in particolare si tratta <strong>di</strong> tre dei sei gas<br />

serra (questione climatico energetica):<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

- CO 2 anidride carbonica o biossido <strong>di</strong> carbonio,<br />

- CH 4 metano,<br />

- N 2 O protossido <strong>di</strong> azoto.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

39<br />

Quattro gas, o gruppi <strong>di</strong> gas, <strong>di</strong> cui due ad effetto aci<strong>di</strong>ficante (sostanze tossiche o con effetti ambientali<br />

rilevanti):<br />

⋅ NOx (aci<strong>di</strong>ficante) ossi<strong>di</strong> <strong>di</strong> azoto,<br />

⋅ CO ossido <strong>di</strong> carbonio o monossido <strong>di</strong> carbonio,<br />

⋅ COV (Composti Organici Volatili),<br />

⋅ SO2 (aci<strong>di</strong>ficante) anidride solforosa.<br />

Quattro tipi <strong>di</strong> inquinanti soli<strong>di</strong>:<br />

⋅ Particolato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro inferiore a 10 micron,<br />

⋅ Cd cadmio,<br />

⋅ Pb piombo,<br />

⋅ Hg mercurio.<br />

La Tabella 6 riassume, per l’anno 1995, le emissioni inquinanti dovute all’industria e causate dai<br />

soli usi energetici, termici e elettrici, del combustibile.<br />

Tabella 6: Emissioni <strong>di</strong> inquinanti dell’industria per usi energetici termici ed elettrici<br />

I dati riportati non tengono conto delle emissioni <strong>di</strong> inquinanti dovute a reazioni chimiche o<br />

fisiche, <strong>di</strong>verse dalla combustione, che avvengono durante i processi.<br />

2.5 DINSIQUINARE EQUIVALE A INQUINARE MENO?<br />

Quanto sopra detto riassume un modus viven<strong>di</strong> ottimamente sintetizzato dal vecchio adagio “chi<br />

mangia fa molliche”. La vita stessa dell’Uomo e tutta la Sua attività antropica porta ad avere,<br />

necessariamente ed ineluttabilmente, produzione <strong>di</strong> inquinamento <strong>di</strong> qualsivoglia tipologia.<br />

Prima <strong>di</strong> affrontare le problematiche energetiche <strong>di</strong> queste conseguenze è qui opportuno<br />

osservare che nell’immaginario collettivo si ha spesso la convinzione che inquinare è comunque<br />

lecito a patto che si paghino poi le spese per <strong>di</strong>sinquinare. Nulla <strong>di</strong> più errato !<br />

L’inquinamento è, da un punto <strong>di</strong> vista termo<strong>di</strong>namico, una produzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne interno del<br />

Sistema Globale che Noi chiamiamo Ambiente. Tale <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne interno si configura anche come<br />

produzione <strong>di</strong> entropia o, se si vuole, come produzione <strong>di</strong> anergia e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> irreversibilità.<br />

In altre parole, perché qualunque trasformazione (fisica, chimica, biologica, ….) possa avvenire<br />

occorre sempre avere una produzione <strong>di</strong> irreversibilità che è ineluttabile e produce perennemente una<br />

per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> lavoro o <strong>di</strong> trasformazioni successive.<br />

Un esempio può chiarire il concetto: nelle trasformazioni naturali il calore passa sempre da corpi<br />

a temperatura più elevata verso quelli a temperatura più bassa.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

40<br />

Noi possiamo sovvertire questo andamento naturale utilizzando le macchine frigorifere che<br />

operano proprio in modo inverso: tolgono calore dai corpi fred<strong>di</strong> per riversarlo in corpi più cal<strong>di</strong>. Tutto<br />

questo, però, avviene a spese <strong>di</strong> energia esterna che dobbiamo necessariamente fornire alla macchina<br />

frigorifera.<br />

In pratica tutte le volte che cerchiamo <strong>di</strong> sovvertire la naturale evoluzione dei fenomeni<br />

dobbiamo pagare qualcosa che, alla fine, si risolve ancora in produzione <strong>di</strong> irreversibilità ed anergia.<br />

Pertanto se possiamo immaginare <strong>di</strong> operare una qualche trasformazione inversa che porti ad<br />

avere una riduzione <strong>di</strong> inquinamento (<strong>di</strong> qualsivoglia natura) dobbiamo ricordare che se anche<br />

paghiamo, in termini energetici, per poterla eseguire questa lascia comunque un segno indelebile<br />

nell’ambiente, anche se <strong>di</strong> altra natura.<br />

Ne consegue che ridurre l’inquinamento è molto più produttivo, coerente con la sostenibilità e<br />

con la Termo<strong>di</strong>namica, che non <strong>di</strong>sinquinare. Quest’ultima operazione può cambiare la natura<br />

dell’inquinamento (ad esempio meno rifiuti) ma non l’irreversibilità totale prodotta (meno rifiuti a spese <strong>di</strong> altro<br />

inquinamento prodotto nelle operazioni <strong>di</strong> termovalorizzazione). Questa osservazione è fondamentale per<br />

comprendere il concetto stesso <strong>di</strong> sostenibilità: se vogliamo trasmettere alle future generazioni il <strong>di</strong>ritto<br />

alla vita e alla qualità della vita come Noi oggi la inten<strong>di</strong>amo allora dobbiamo anche operare in modo da<br />

ridurre le irreversibilità e la <strong>di</strong>sponibilità sia energetica che dei materiali.<br />

Il petrolio che oggi consumiamo non sarà più <strong>di</strong>sponibile in futuro e tutti i materiali che, in<br />

obbe<strong>di</strong>enza al credo utilitaristico e commerciale, utilizziamo e poi gettiamo nelle <strong>di</strong>scariche saranno<br />

in<strong>di</strong>sponibili per le generazioni future. E non è possibile pensare che spendendo somme anche ingenti<br />

le cose si aggiusteranno.<br />

La sostenibilità passa attraverso il concetto fondamentale <strong>di</strong> riutilizzabilità dei materiali, del riciclo<br />

quanto più possibile degli stessi e al ricorso quanto più ridotto possibile ai processi irreversibili ad<br />

elevata incompatibilità ambientale.<br />

Pertanto se per produrre energia occorre comunque utilizzare cicli termo<strong>di</strong>namici con ren<strong>di</strong>menti<br />

<strong>di</strong> trasformazione sempre inferiore ad 1 abbiamo almeno l’obbligo morale e materiale <strong>di</strong> perseguire i<br />

ren<strong>di</strong>menti massimi possibili in modo da ridurre l’utilizzo delle fonti energetiche.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

41<br />

3 LA COGENERAZIONE<br />

Le ripetute crisi energetiche degli anni ‘settanta hanno svegliato l’interesse verso la cogenerazione cioè<br />

la produzione combinata <strong>di</strong> energia meccanica o elettrica e <strong>di</strong> energia termica. I settori <strong>di</strong> interesse sono<br />

numerosi e variano dai trasporti, al riscaldamento ambientale, alla termovalorizzazione dei rifiuti soli<strong>di</strong><br />

urbani e in genere a tutti gli usi civili ed industriali dell’energia.<br />

L’uso combinato <strong>di</strong> sistemi integrati per la produzione contemporanea <strong>di</strong> energia elettrica e<br />

termica partendo dalla stessa fonte primaria consente non solo <strong>di</strong> avere ren<strong>di</strong>menti complessivi elevati<br />

ma anche <strong>di</strong> ridurre il consumo <strong>di</strong> combustibili <strong>di</strong> tipo tra<strong>di</strong>zionali e quin<strong>di</strong> anche <strong>di</strong> ridurre le emissioni<br />

<strong>di</strong> CO 2 nell’atmosfera. Quest’ultimo effetto è quanto mai importante anche alla luce delle<br />

determinazioni della Conferenza Internazionale <strong>di</strong> Kyoto (1992) per la riduzione dell’effetto serra.<br />

La con<strong>di</strong>zione probabilmente più importante ed impegnativa degli impianti cogenerativi è la<br />

simultaneità della richiesta energetica elettrica e termica che porta ad avere una utilizzazione degli<br />

impianti quasi costante ed ai massimi livelli. Per questo motivo la cogenerazione ha avuto interessanti<br />

sviluppi nel settore industriale, dove i carichi sono quasi sempre a regime costante, mentre ha stentato a<br />

farsi strada nel settore civile caratterizzati da una variabilità notevoli dei carichi sia termici che elettrici.<br />

Si pensi alla variabilità stagionali dei carichi: in inverno sono elevati quelli termici per il<br />

riscaldamento mentre in estate sono elevati quelli elettrici per il con<strong>di</strong>zionamento (compressori<br />

alimentati elettricamente).<br />

L’uso <strong>di</strong> un frigorifero ad assorbimento potrebbe convertire l’utenza elettrica estiva in una<br />

termica e quin<strong>di</strong> consentire il recupero dell’energia termica prodotta dal cogeneratore ma esistono<br />

alcune <strong>di</strong>fficoltà generate dalla non equivalenza dei carichi.<br />

Fra le applicazioni civili, inoltre, spiccano quelle <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> complessi (centri commerciali, ospedali,<br />

gran<strong>di</strong> alberghi, strutture aeroportuali, ….) caratterizzati da una utenza <strong>di</strong> base costante, sod<strong>di</strong>sfatta<br />

dagli impianti <strong>di</strong> cogenerazione, e da una parte variabile sod<strong>di</strong>sfatta me<strong>di</strong>ante apparecchiature ausiliari o<br />

importando energia dalle reti esterne.<br />

Ai fini del calcolo dei ren<strong>di</strong>menti occorrerebbe fare riferimento all’exergia anziché all’energia a<br />

meno <strong>di</strong> non introdurre macchinose espressioni, spesso prive <strong>di</strong> significato fisico, per meglio definire i<br />

vari contesti operativi degli impianti <strong>di</strong> cogenerazione. A questo scopo è utile richiamare i concetti<br />

fondamentali dal corso <strong>di</strong> Termo<strong>di</strong>namica Applicata svolto in Fisica Tecnica.<br />

3.1 STORIA DELLA COGENERAZIONE<br />

Il termine cogeneration fu usato per la prima volta dal Presidente Carter nel suo messaggio sull’energia<br />

del 1977 ed è un modo moderno <strong>di</strong> rappresentare concetti antichi. Gia nel 1930 la centrale elettrica <strong>di</strong><br />

Langerbrugge (Belgio) forniva anche vapore alla vicina fabbrica <strong>di</strong> carta. Interno agli anno ’50 si ebbe<br />

un nuovo impulso negli USA dove circa il 15% dei fabbisogni energetici dell’industria venivano<br />

garantiti da impianti cogenerativi, pur con notevoli <strong>di</strong>fficoltà dovute al bassissimo prezzo del petrolio in<br />

quegli anni e fino all’inizio degli anni ’70. Fu proprio la crisi petrolifera del 1973 che portò Carter ha<br />

promulgare una legge per la privatizzazione della produzione e <strong>di</strong>stribuzione dell’energia elettrica in<br />

regime <strong>di</strong> puro mercato. Ciò è stato sufficiente per avere uno sviluppo <strong>di</strong> impianti cogenerativi che<br />

utilizzano meglio le fonti primarie e quin<strong>di</strong> garantiscono un uso più razionale dell’energia prodotta.<br />

L’Italia si è sempre contrad<strong>di</strong>stinta in negativo nel recepire le novità e per oltre due decenni ha<br />

mantenuto intatto il regime <strong>di</strong> monopolio dell’ENEL, anzi ha complicato le cose introducendo un<br />

assurdo e antieconomico sovrapprezzo termico dettato solamente da esigenze <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa dello stesso del<br />

regime <strong>di</strong> monopolio. Questo balzello (non so come si possa definire altrimenti!) ha praticamente<br />

bloccato lo sviluppo delle energie alternative ed è servito a mantenere ben saldo il potere dell’ENEL.<br />

Proprio negli anni ‘settanta nasceva il TOTEM® della Fiat che si è visto chiudere il possibile<br />

mercato a favore del monopolio energetico ENEL.<br />

Finalmente nel 1991 con la L. 9/91 e L. 10/91 si cominciano a recepire gli aspetti innovativi della<br />

cogenerazione favorendo lo sviluppo dell’autoproduzione dell’energia elettrica me<strong>di</strong>ante l’applicazione<br />

della nota determinazione del Comitato Interministeriale Prezzi n. 6 (detta CIP-6) che consentiva ai privati<br />

<strong>di</strong> vendere all’ENEL l’energia elettrica autoprodotta in eccesso rispetto ai propri fabbisogni.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

42<br />

Ci sono voluti più <strong>di</strong> venti anni per capire ciò che il resto del mondo aveva capito ed attuato due<br />

decenni prima. E ancora non siamo al meglio: solo <strong>di</strong> recente (Decreto Bersani) si parla <strong>di</strong> ridurre il<br />

monopolio ENEL con la possibilità <strong>di</strong> produzione e <strong>di</strong>stribuzione dell’energia elettrica aperta ai privati.<br />

C’è molto rumore sui nuovi soggetti industriali ma ancora si è fatto poco, ad eccezione <strong>di</strong> un<br />

numero limitato <strong>di</strong> aziende municipalizzate <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> città che hanno sviluppato in proprio il settore<br />

energetico (vedansi gli esempi <strong>di</strong> Milano, Brescia, Ferrara, Roma,..).<br />

Va detto che in questi ultimi anni l’Italia ha un deficit produttivo <strong>di</strong> energia elettrica dell’or<strong>di</strong>ne<br />

del 20% e che l’autoproduzione dei privati ha contribuito per ben il 12% dell’energia prodotta,<br />

riducendo fortemente il deficit. Forse è stata questa la sorpresa maggiore delle nuove leggi.<br />

Ma quando c’è un monopolista che vuole <strong>di</strong>fendere i propri interessi c’è poco da fare: l’ENEL ha<br />

sempre contrastato l’applicazione del CIP-6 riguardante la cessione in rete dell’eccesso <strong>di</strong> energia<br />

autoprodotta per una asserita (e in parte con<strong>di</strong>visibile) <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> gestione e programmazione dei flussi<br />

<strong>di</strong> energia prodotta e nel febbraio 1997 ha abrogato (l’ENEL è ancora lo stesso Stato!) questa possibilità<br />

consentendo il solo vettoriamento. Per fortuna c’è l’Europa!<br />

Infatti le norme sulla libera concorrenza hanno <strong>di</strong> fatto scar<strong>di</strong>nato il potere dei monopoli (che<br />

Italia ancora resistono abbarbicati <strong>di</strong>etro leggi e leggine che ne stanno prolungando ancora la vita con<br />

mille scuse non certo degne <strong>di</strong> uno stato moderno che vuole sentirsi protagonista europeo) e pertanto<br />

l’ENEL deve rinunciare alla sua (comoda!) posizione <strong>di</strong> monopolista e cedere parte delle proprie<br />

centrali termoelettriche riservandosi (giusto perché siamo in libero mercato?) il 50% della produzione e<br />

il monopolio del vettoriamento: la rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione resta sempre dell’ENEL con buona pace<br />

dell’Europa. SIC!<br />

Ad ogni buon conto il 50% passerà ai privati che potranno innescare quel benefico regime <strong>di</strong><br />

concorrenza che solo una elevata efficienza industriale potrà garantire.<br />

E’ certo, comunque, che sia le nuove centrali che il revamping 2 delle vecchie esistenti dovranno<br />

utilizzare cicli combinati e cogenerativi per sfruttare al massimo ogni Joule ottenibile dal combustibile<br />

che, ogni giorno <strong>di</strong> più, <strong>di</strong>viene caro e prezioso.<br />

3.2 EXERGIA<br />

Il ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> una macchina motrice è dato dal rapporto:<br />

Lnetto<br />

η = (1)<br />

Q<br />

fornito<br />

Il lavoro massimo ottenuto dal calore Q 1 è dato, secondo Carnot, dall’espressione:<br />

L<br />

⎛<br />

2<br />

Q 1 T ⎞<br />

= ⎜ − ⎟<br />

⎝ T1<br />

⎠<br />

max 1<br />

Quest’espressione definisce anche il livello termico <strong>di</strong> riferimento T 2 solitamente coincidente con<br />

l’ambiente esterno. Gli anglosassoni, sempre piuttosto fioriti nelle loro definizioni, chiamano l’ambiente<br />

esterno con il termine dead state (stato morto) per meglio testimoniare il fatto che, approssimandosi la<br />

temperatura <strong>di</strong> utilizzo dell’energia termica alla temperatura dell’ambiente il lavoro ottenibile tende a<br />

zero. La (2) definisce anche un valore termico della quantità <strong>di</strong> calore Q 1 dato dal fattore <strong>di</strong> Carnot:<br />

2<br />

1− T (3)<br />

T 1<br />

qualora si assume T 2 come temperatura <strong>di</strong> riferimento.<br />

Si ricorda ancora che la degradazione dell’energia verso livelli inferiori (ad esempio me<strong>di</strong>ante uno<br />

scambiatore <strong>di</strong> calore) porta ad una per<strong>di</strong>ta inevitabile <strong>di</strong> lavoro dato da:<br />

(2)<br />

2 Termine utilizzato nell’industria per in<strong>di</strong>care il rifacimento o l’aggiornamento <strong>di</strong> un impianto.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

43<br />

⎛ 1 1 ⎞<br />

∆ L = T2 ⎜ − ⎟ = T2∆S totale<br />

⎝ T3 T1<br />

⎠<br />

Una produzione <strong>di</strong> entropia è sempre correlata ad una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> lavoro utile. Si ricorda ancora che il<br />

secondo principio della Termo<strong>di</strong>namica può essere scritto nella forma <strong>di</strong> Clausius:<br />

δ Q<br />

dS = + dSirreversibile<br />

(5)<br />

T<br />

la quale esprime il concetto <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> entropia per irreversibilità. Questa produzione è sempre<br />

presente nelle trasformazioni reali e pertanto essa è anche associata ad una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> exergia propria <strong>di</strong><br />

queste trasformazioni. In genere, nota la produzione <strong>di</strong> entropia si ha:<br />

∆ L = T ∆ S (6)<br />

0<br />

con T 0 temperatura dell’ambiente (dead state), considerato come serbatoio finale <strong>di</strong> tutte le<br />

trasformazioni reali.<br />

Come conseguenza <strong>di</strong> quanto sopra accennato possiamo <strong>di</strong>re che il primo principio della<br />

Termo<strong>di</strong>namica esprime la conservazione dell’energia e quin<strong>di</strong> anche <strong>di</strong> quella termica.<br />

Il secondo principio ci <strong>di</strong>ce che, a pari energia, parte dell’exergia viene perduta nelle trasformazioni<br />

(reali) per <strong>di</strong>venire energia perduta o anergia. Vale, quin<strong>di</strong>, il seguente bilancio:<br />

∆ E = ∆ X + ∆ A<br />

(7)<br />

ove si sono in<strong>di</strong>cati:<br />

⋅ ∆E variazione <strong>di</strong> energia;<br />

⋅ ∆X variazione <strong>di</strong> exergia<br />

⋅ ∆A variazioni <strong>di</strong> anergia.<br />

Esiste, quin<strong>di</strong>, una notevole <strong>di</strong>fferenza fra l’energia e la sua <strong>di</strong>sponibilità (availability) ad essere<br />

utilizzata e in particolare ad essere trasformata in lavoro.<br />

Definiamo, pertanto, come energia <strong>di</strong>sponibile <strong>di</strong> un sistema rispetto ad un altro, definito come<br />

serbatoio, la massima quantità <strong>di</strong> energia che può essere trasformata in lavoro quando il sistema è portato in equilibrio<br />

con il serbatoio. Avendo detto che il serbatoio finale delle trasformazioni reali è l’ambiente esterno allora<br />

definiamo exergia l’energia <strong>di</strong>sponibile <strong>di</strong> un sistema rispetto all’ambiente, considerato come serbatoio<br />

ideale. Si definisce exergia <strong>di</strong> sistema per un sistema chiuso la <strong>di</strong>fferenza:<br />

E = U −T S − U − T S (8)<br />

x<br />

( ) ( )<br />

0 0 0 0<br />

avendo usato il pe<strong>di</strong>ce 0 per l’ambiente.<br />

Possiamo dare ancora una nuova definizione del secondo principio della Termo<strong>di</strong>namica:<br />

l’exergia si conserva solo per i sistemi reversibili mentre si degrada nei sistemi irreversibili.<br />

3.3 EFFICIENZA DELL’USO DELL’ENERGIA<br />

Si è soliti utilizzare, per abitu<strong>di</strong>ne ormai plurisecolare, una definizione <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>mento basato<br />

sull’energia (detto anche ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> primo principio) e quin<strong>di</strong> assumendo che l’energia totale del<br />

sistema si conserva (1° Principio). Ne segue che, nelle applicazioni pratiche, l’ottimizzazione energetica<br />

si risolva in una riduzione al minimo delle per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> energia dal sistema (ad esempio attraverso i fumi<br />

nel camino o attraverso i <strong>di</strong>sper<strong>di</strong>menti dalle pareti o me<strong>di</strong>ante la riduzione degli attriti, …).<br />

In pratica il ren<strong>di</strong>mento energetico viene definito dal rapporto:<br />

Eutile<br />

η<br />

en<br />

= (9)<br />

E<br />

avendo anche definito:<br />

totale<br />

Eutile = Etotale − Eperduta<br />

(10)<br />

Il ren<strong>di</strong>mento energetico è una grandezza minore <strong>di</strong> 1 e il suo complemento esprime il rapporto fra<br />

l’energia perduta e quella totale. Si intuisce dalla (10) come massimizzare il ren<strong>di</strong>mento significhi<br />

(4)


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

44<br />

minimizzare le per<strong>di</strong>te. E’ quello che si fa nelle caldaie, negli accumulatori termici, nel riscaldamento<br />

degli e<strong>di</strong>fici, ….<br />

Si può subito osservare che quanto sopra definito è corretto se le energie in gioco sono tutte dello<br />

stesso valore ovvero se sono della stessa qualità. Va bene per una macchina elettrica o una macchina<br />

operatrice meccanica ma non va bene per una macchina termica perché cambia il valore termico<br />

dell’energia in funzione della temperatura <strong>di</strong> utilizzo, in base al fattore <strong>di</strong> Carnot (3).<br />

Pertanto se forniamo ad una caldaia calore a 1500 K per riscaldare acqua a 370 K è evidente che<br />

una definizione <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>mento basato sulla (9) è concettualmente errata perché il calore a 370 K ha un<br />

valore termico molto inferiore del calore fornito a 1500 K. Eppure è ciò che viene giornalmente fatto<br />

quando si definisce il ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> caldaia come:<br />

Eutileall ' acqua<br />

η<br />

caldaia<br />

= (11)<br />

E<br />

fornitadalbruciatore<br />

e la <strong>di</strong>fferenza fra denominatore e numeratore è data dalle per<strong>di</strong>te attraverso il mantello della<br />

caldaia e attraverso i fumi. L’analisi energetica (<strong>di</strong>agramma <strong>di</strong> Sunkey) ci <strong>di</strong>ce che le per<strong>di</strong>te exergetiche a<br />

bassa temperatura (cioè vicine a quella ambiente) sono trascurabili rispetto al degrado termico<br />

effettuato nello scambiatore <strong>di</strong> calore fra 1500 K e 370 K.<br />

Ecco allora che appare più corretto definire il ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> secondo principio (o secondo<br />

or<strong>di</strong>ne) come:<br />

e vale anche la relazione:<br />

L<br />

min ( Exergia utile)<br />

η<br />

ex<br />

= (12)<br />

Lmax ( Exergiaintrodotta)<br />

Lmax = Lmin + ∆ Ex<br />

(13)<br />

avendo in<strong>di</strong>cato con ∆E X le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> exergia.<br />

Massimizzare il ren<strong>di</strong>mento exergetico significa ridurre le per<strong>di</strong>te exergetiche <strong>di</strong>ssipando la<br />

minore quantità <strong>di</strong> lavoro possibile.<br />

E’ utile osservare che l’analisi exergetica può portare a conclusioni anche profondamente <strong>di</strong>verse<br />

da quelle dell’analisi energetica. Ad esempio il ren<strong>di</strong>mento exergetico <strong>di</strong> una buona caldaia è circa il 5%<br />

mentre quello energetico può essere anche il 97%: il primo valore ci <strong>di</strong>ce che siamo <strong>di</strong> fronte ad un<br />

assurdo termo<strong>di</strong>namico (il degrado del calore dall’alta alla bassa temperatura) mentre il secondo valore<br />

ci inebria e ci riempie <strong>di</strong> illusioni sulla funzionalità della caldaia.<br />

Lo stesso avviene, lo si ricorderà dalla Fisica Tecnica, andando a calcolare le per<strong>di</strong>te exergetiche<br />

definite dal rapporto:<br />

E<br />

exergia _ perduta<br />

η<br />

per<strong>di</strong>te _ exergetiche<br />

= (14)<br />

Eexergia<br />

_ ricevuta<br />

per un condensatore in un impianto a vapore a ciclo Hirn: le per<strong>di</strong>te energetiche sono enormi<br />

(circa il 66%) mentre quelle exergetiche sono irrisorie (circa 1,5%). Il <strong>di</strong>agramma <strong>di</strong> Sunkey per un ciclo<br />

a vapore ci <strong>di</strong>ce che per<strong>di</strong>amo moltissima exergia nel processo <strong>di</strong> combustione e <strong>di</strong> riscaldamento del<br />

vapore a soli 570 °C pur avendo una temperatura <strong>di</strong> fiamma <strong>di</strong> circa 1800 °C.<br />

In base a quanto detto si può osservare che un impianto <strong>di</strong> riscaldamento può essere reso<br />

efficiente se è possibile migliorare la combustione del gas (ad esempio metano) e degli scambi termici.<br />

Si può immaginare <strong>di</strong> bruciare metano in una centrale termoelettrica con ren<strong>di</strong>mento exergetico<br />

del 40% e <strong>di</strong> riscaldare l’acqua dei ra<strong>di</strong>atori con una pompa <strong>di</strong> calore con COP 3.<br />

Il ren<strong>di</strong>mento exergetico complessivo <strong>di</strong>viene pari all’8% circa contro qualche percento ottenibile<br />

con l’uso <strong>di</strong>retto del metano in caldaia per produrre acqua a 80 °C.<br />

Una seconda ipotesi potrebbe essere quella <strong>di</strong> bruciare metano in un motore a combustione<br />

interna, ad esempio un motore <strong>di</strong> automobile opportunamente convertito per questo utilizzo, con


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

45<br />

ren<strong>di</strong>mento exergetico del 35% circa e che azioni una pompa <strong>di</strong> calore. Questa potrebbe preriscaldare<br />

l’acqua che alimenta i ra<strong>di</strong>atori fino a 50 °C utilizzando parte dell’energia del liquido <strong>di</strong> raffreddamento<br />

del motore e dei gas <strong>di</strong> scarico del motore per raggiungere temperature fino a 80 °C. Il COP della<br />

pompa <strong>di</strong> calore salirebbe fino a 3,5 ed il ren<strong>di</strong>mento exergetico complessivo salirebbe fino all’11%.<br />

La cogenerazione e la trigenerazione 3 rispondono bene alle necessità <strong>di</strong> economia dell’exergia<br />

migliorando la qualità dei processi <strong>di</strong> trasformazione dell’energia. Queste nuove tecniche applicano il<br />

concetto dell’energy casca<strong>di</strong>ng e quin<strong>di</strong> consentono alle singole utenze <strong>di</strong> attingere ad una sorgente il cui<br />

livello exergetico è il più consono per gli usi finali preposti. Ciò consente <strong>di</strong> riversare nell’ambiente un<br />

cascame termico quasi del tutto esausto, cioè con un minor grado <strong>di</strong> irreversibilità e quin<strong>di</strong> con minore<br />

impatto ambientale.<br />

3.4 IL FATTORE DI QUALITÀ, FQ<br />

Per caratterizzare una fonte <strong>di</strong> energia si utilizza il fattore <strong>di</strong> qualità, FQ, che misura la parte <strong>di</strong><br />

exergia contenuta nella quantità totale <strong>di</strong> energia.<br />

Per l’energia elettrica e meccanica FQ=1 mentre per l’energia termica vale il fattore <strong>di</strong> Carnot (3)<br />

che esprime il grado <strong>di</strong> conversione ideale <strong>di</strong> una sorgente <strong>di</strong> calore in lavoro utile (cioè la sua exergia).<br />

In Figura 11 si ha l’andamento del Fattore <strong>di</strong> Carnot in funzione della temperatura della sorgente<br />

calda rispetto ad un ambiente a 300 K.<br />

0.85<br />

1<br />

0.8<br />

0.6<br />

FQ ( T )<br />

0.4<br />

0.2<br />

0<br />

0<br />

0 500 1000 1500 2000<br />

300 T<br />

Figura 11: Andamento del Fattore <strong>di</strong> Carnot<br />

2×<br />

10 3<br />

Si comprende bene, dall’osservazione <strong>di</strong> questa figura, come FQ tenda a zero quando ci si<br />

avvicina all’ambiente (dead state) mentre cresce molto quanto più alta è la temperatura della sorgente.<br />

Noto il fattore <strong>di</strong> qualità FQ si può calcolare l’exergia ottenibile dalla semplice relazione:<br />

e = FQ ⋅ h (15)<br />

ove con h si è in<strong>di</strong>cata l’entalpia specifica (kJ/kg) della fonte considerata.<br />

3 Con Trigenerazione si intende la produzione simultanea <strong>di</strong> energia elettrica, <strong>di</strong> calore e <strong>di</strong> freddo. Si vedrà in seguito<br />

come sono costituiti gli impianti trigenerativi.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

46<br />

3.5 ESPRESSIONI DEI RENDIMENTI<br />

Se consideriamo una macchina cogeneratrice che produrre una potenza elettrica E ed una termica<br />

Q utilizzando una fonte <strong>di</strong> energia primaria C =m⋅(p.c.i.), con m quantità <strong>di</strong> combustibile avente potere<br />

calorifico inferiore p.c.i., si definisce ren<strong>di</strong>mento energetico della cogenerazione:<br />

η E + Q E + Q<br />

= = =<br />

E T<br />

m pci C<br />

η +<br />

⋅<br />

η<br />

(16)<br />

ove η E ed η T sono i ren<strong>di</strong>menti elettrici e termici ciascuno riferito alla stessa quantità <strong>di</strong> energia<br />

primaria C. L’exergia del combustibile è definita come il lavoro massimo ottenibile in un sistema termo<strong>di</strong>namico<br />

aperto in regime puramente con possibilità <strong>di</strong> scambio termico solo con l’ambiente esterno, sede <strong>di</strong> una reazione <strong>di</strong><br />

ossidazione completa (me<strong>di</strong>ante operazioni reversibili) dell’unità <strong>di</strong> massa del combustibile con aria comburente, i reagenti<br />

entrando nel sistema a temperatura e pressione ambiente ed i prodotti della combustione uscendo dal sistema ancora a<br />

temperatura e pressione ambiente, ed in equilibrio chimico con l’ambiente esterno.<br />

Ai fini pratici l’exergia del combustibile è quasi coincidente con il suo p.c.i. Nella seguente tabella<br />

si ha il rapporto e/pci <strong>di</strong> alcuni combustibili.<br />

Combustibile<br />

e/pci<br />

Monossido <strong>di</strong> Carbonio, CO 0,97<br />

Idrogeno, H 2 0.985<br />

Metano, CH 4 1.035<br />

Etano, C 2 H 6 1.046<br />

Etilene, C 2 H 4 1.028<br />

Acetilene, C 2 H 2 1.007<br />

Gas Naturale 1.04<br />

Coke 1.05<br />

Carbone 1.06<br />

Torba 1.16<br />

Oli combustibili 1.04<br />

Tabella 7: Rapporto exergia-potere calorifico inferiore per alcuni combustibili<br />

L’exergia totale <strong>di</strong> una massa m <strong>di</strong> combustibile può, in prima approssimazione, essere posta pari :<br />

e = m ⋅ pci (17)<br />

cambustibile<br />

combustibile<br />

Il ren<strong>di</strong>mento exergetico può essere posto nella forma:<br />

η E ⋅ FQ( E) + Q ⋅ FQ( T )<br />

exergetico<br />

= =<br />

E T<br />

FQ( T )<br />

m pci<br />

η + η<br />

(18)<br />

combustibile<br />

ove si è posto, come già osservato, FQ(E) =1. Si osservi che in questa espressione si suppone che<br />

l’exergia del vapore o dell’acqua calda sia riferita a quella ambiente (che è nulla). Se ci si riferisce ad un<br />

circuito chiuso con acqua <strong>di</strong> ritorno a temperatura <strong>di</strong>versa da quella ambiente allora occorre valutare<br />

correttamente l’exergia del flusso <strong>di</strong> calore come <strong>di</strong>fferenza fra il flusso entrante e quello uscente dal<br />

sistema e cioè:<br />

η<br />

exergetico<br />

( ) ( )<br />

E + mH 2O ⎡ hentrante − huscente −T0<br />

suscente − sentrante<br />

⎤<br />

=<br />

⎣<br />

⎦<br />

(19)<br />

m pci<br />

combustibile<br />

Si vedrà nel prosieguo che è importante confrontare il ren<strong>di</strong>mento cogenerativo con quella del<br />

Sistema <strong>di</strong> Confronto, SC, definito come il sistema che produce la stessa energia elettrica e termica con<br />

processi separati e quin<strong>di</strong> non partendo dalla stessa fonte <strong>di</strong> energia primaria.<br />

Il ren<strong>di</strong>mento della produzione separata del SC è dato dal rapporto:<br />

E + Q<br />

ηSC<br />

=<br />

(20)<br />

C E + C Q<br />

( ) ( )


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

47<br />

ove C(E) e C(Q) sono, rispettivamente, le energie primarie necessarie per fornire l’energia<br />

elettrica E e quella termica Q. Naturalmente la produzione separata si suppone effettuata con le migliori<br />

tecnologie reperibili sul mercato.<br />

La cogenerazione è priva <strong>di</strong> interesse quando ha ren<strong>di</strong>mento minore <strong>di</strong> quello del sistema <strong>di</strong><br />

confronto, cioè con produzione separata.<br />

3.6 RISPARMIO ENERGETICO NEL RISCALDAMENTO DEGLI EDIFICI<br />

La più volte citata L10/91 sul contenimento dei consumi energetici per il riscaldamento<br />

ambientale obbliga al ricorso a fonti rinnovabili o assimilate 4 nel caso <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici pubblici.<br />

Si tratta, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> una norma che tende a favorire il risparmio energetico nelle forme oggi<br />

possibili e sostanzialmente in modo attivo (cioè me<strong>di</strong>ante l’uso <strong>di</strong> impianti attivi,ad esempio solari) o<br />

passivo (cioè intervenendo sugli involucri degli e<strong>di</strong>fici).<br />

Il risparmio dell’energia nella climatizzazione degli e<strong>di</strong>fici può essere ottenuto in numerosi mo<strong>di</strong>,<br />

spesso sinergici. In primo luogo si può (e si deve!) intervenire nel sistema costruttivo me<strong>di</strong>ante l’uso <strong>di</strong><br />

coibenti termici in tipologia e spessori adeguati.<br />

A questo riguardo alcune amministrazione (ad esempio le province autonome <strong>di</strong> Trento e<br />

Bolzano e qualche altra amministrazione del Nord Ovest) incentivano l’utilizzo dei coibenti termici<br />

anche al <strong>di</strong> là delle prescrizioni in<strong>di</strong>cate dalla L. 10/91 (già viste in precedenza) premiando il maggior<br />

investimento con una riduzione degli oneri <strong>di</strong> urbanizzazione o del sistema <strong>di</strong> tassazione locale.<br />

Un secondo metodo <strong>di</strong> pari efficacia è quello <strong>di</strong> ottimizzare l’interazione e<strong>di</strong>ficio-impianto me<strong>di</strong>ante<br />

scelte ottimali dei generatori (ad alto ren<strong>di</strong>mento energetico) e con l’adozione <strong>di</strong> adeguati piani <strong>di</strong><br />

manutenzione. Infine la sostituzione delle normali finestre a singolo vetro con analoghe a doppio vetro<br />

o con vetro-camera può contribuire in modo significativo alla riduzione dei consumi energetici,<br />

unitamente al controllo delle infiltrazioni esterne.<br />

L’eliminazione del riscaldamento unifamiliare a favore del riscaldamento centralizzato <strong>di</strong><br />

condominio o, meglio, <strong>di</strong> quartiere può contribuire ancora alla riduzione dei consumi energetici con il<br />

raggiungimento <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>menti energetici dei generatori certamente superiori a quelli dei piccoli<br />

generatori singoli unifamiliari. In quest’ultima ipotesi si avrebbero benefici notevoli anche sulla<br />

riduzione dell’inquinamento atmosferico per effetto <strong>di</strong> un miglior controllo della combustione.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista della riduzione dei consumi, l’applicazione dei concetti <strong>di</strong> cogenerazione può<br />

fornire contributi certamente significativi. Si consideri, infatti, che l’utilizzo dell’energia termica per il<br />

riscaldamento ambientale è fatto a temperatura sostanzialmente bassa (70 °C in me<strong>di</strong>a nei ra<strong>di</strong>atori e 35<br />

°C nei pannelli ra<strong>di</strong>anti) e quin<strong>di</strong> il ren<strong>di</strong>mento exergetico risulta molto basso se si tiene conto che la<br />

combustione in caldaia del gasolio o del gas porta ad avere temperature dell’or<strong>di</strong>ne dei 1000 °C e quin<strong>di</strong><br />

con un degrado exergetico molto grande.<br />

Ad esempio, con un utilizzo a temperatura <strong>di</strong> 330 K rispetto ad una temperatura <strong>di</strong> fiamma <strong>di</strong><br />

1573 K si ha un ren<strong>di</strong>mento exergetico <strong>di</strong> circa il 4%.<br />

Se consideriamo che ai fini del riscaldamento ambientale solo una frazione (anche se<br />

maggioritaria) dell’energia prodotta in caldaia arriva agli ambienti (si ricor<strong>di</strong> il ren<strong>di</strong>mento globale<br />

definito con la L. 10/91 come prodotto dei ren<strong>di</strong>menti del generatore, <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione, <strong>di</strong> emissione e<br />

<strong>di</strong> regolazione) allora, detta Q a l’energia effettivamente utilizzata si ha il ren<strong>di</strong>mento exergetico, riferito<br />

all’exergia E c fornita alla caldaia me<strong>di</strong>ante il combustibile, si ha:;<br />

⎛ T ⎞<br />

e<br />

Qa<br />

⎜1−<br />

⎟<br />

Tai<br />

⎛ T ⎞<br />

ae<br />

ηex<br />

=<br />

⎝ ⎠<br />

= ηen<br />

⎜1−<br />

⎟<br />

(21)<br />

mE ɺ<br />

c ⎝ Tai<br />

⎠<br />

4 Si intendono per fonti assimilabili le fonti energetiche derivanti dalla cogenerazione, il calore recuperato da scarichi<br />

(fumi,…), i risparmi energetici conseguenti all’utilizzo <strong>di</strong> isolanti termici.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

48<br />

avendo in<strong>di</strong>cato con T ae la temperatura dell’aria esterna <strong>di</strong> alimentazione della caldaia e T ai quella<br />

dell’aria interna. Assumendo T ae = 0 °C e T ai = 20 °C ed un ren<strong>di</strong>mento energetico <strong>di</strong> caldaia η en =90%<br />

si ottiene un ren<strong>di</strong>mento exergetico pari a η ex =6%.<br />

Quanto appena calcolato, confrontato con il ren<strong>di</strong>mento energetico dei generatori <strong>di</strong> calore<br />

normalmente utilizzato nell’impiantistica termotecnica, ci <strong>di</strong>ce che l’utilizzo dell’energia termica da<br />

combustione per il riscaldamento ambientale è, da un punto <strong>di</strong> vista termo<strong>di</strong>namico <strong>di</strong> seconda legge,<br />

scarsamente efficiente.<br />

Se invece <strong>di</strong> utilizzare l’energia termica <strong>di</strong>rettamente nell’impianto <strong>di</strong> riscaldamento la utilizziamo<br />

per produrre energia elettrica (ciclo Hirn) ed alimentiamo in contropressione la turbina in modo da<br />

avere anche un utilizzo termico allora il fattore <strong>di</strong> utilizzazione energetico <strong>di</strong>viene:<br />

Energia _ Elettrica + Energia _ Termica<br />

fu<br />

= (22)<br />

Entalpia _ combustibile<br />

Si osservi che la precedente relazione non definisce un ren<strong>di</strong>mento termo<strong>di</strong>namico poiché rapporta<br />

energie non omogenee (cioè <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa qualità exergetica).<br />

Un uso dei combustibili come prima in<strong>di</strong>cato porta ad avere riduzioni significative del 20÷30%<br />

rispetto alla produzione separata <strong>di</strong> energia elettrica e termica.<br />

Anche l’uso delle pompe <strong>di</strong> calore risulta exergeticamente più conveniente. Ad esempio, con<br />

riferimento ad un ciclo <strong>di</strong> Carnot inverso, una potenza meccanica W fornisce una potenza termica:<br />

T1<br />

W (23)<br />

T − T<br />

1 2<br />

ove T 1 è la temperatura maggiore e T 2 quella minore (in pratica si ha COP=T 1 /(T 1 -T 2 ) ).<br />

Ad esempio operando con un ciclo inverso <strong>di</strong> Carnot fra 1 e 40 °C si ha un COP = 8.06 che, in<br />

un ciclo reale <strong>di</strong>vengono circa 5.<br />

La pompa <strong>di</strong> calore può anche funzionare in modo <strong>di</strong>retto (ciclo estivo) producendo acqua<br />

refrigerata per il con<strong>di</strong>zionamento e quin<strong>di</strong> potrebbe essere utilizzata durante tutto l’anno per la<br />

climatizzazione degli e<strong>di</strong>fici.<br />

Ne segue che per un uso intelligente dell’energia occorrerebbe incentivare l’installazione <strong>di</strong><br />

impianti <strong>di</strong> climatizzazione a pompa <strong>di</strong> calore. Purtroppo i costi elevati dei componenti unitamente ad<br />

una tariffazione dell’energia elettrica che vede l’Italia molto sfavorita (abbiamo le tariffe più alte in<br />

Europa!) rendono la <strong>di</strong>ffusione delle pompe <strong>di</strong> calore problematica e quasi <strong>di</strong> nicchia, malgrado che<br />

l’attuale legislazione preveda anche forme <strong>di</strong> sovvenzionamento per i nuovi impianti.<br />

La produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e vapore per teleriscaldamento (vedansi gli esempi dei<br />

comuni <strong>di</strong> Brescia e Ferrara) produce benefici elevati sia in termini energetici che <strong>di</strong> costi finali del<br />

riscaldamento ambientale.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

49<br />

4 SISTEMI AD ENERGIA TOTALE, SET<br />

La pigrizia mostrata per decenni nell’uso della cogenerazione viene oggi pian piano combattuta<br />

dall’esigenza <strong>di</strong> innovazione tecnologica in settori (quelli energetici) spesso scossi da forti crisi mon<strong>di</strong>ali<br />

che finiscono per con<strong>di</strong>zionare la vita stessa dei popoli. In questa ottica si inquadrano i Sistemi ad Energia<br />

Totale (detti SET) che cercano <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare contemporaneamente entrambe le esigenze <strong>di</strong> una utenza: quella<br />

termica e quella elettrica. I SET possono utilizzare energie tra<strong>di</strong>zionali o anche fonti energetiche<br />

rinnovabili o comunque alternative a quelle fossili tra<strong>di</strong>zionali. Qui ci limiteremo ad esaminare con<br />

maggior dettaglio i SET alimentati con energia tra<strong>di</strong>zionale.<br />

Occorre precisare che i sistemi SET si stanno sviluppando in Italia solo <strong>di</strong> recente poiché fino a<br />

pochi anni fa la produzione e la <strong>di</strong>stribuzione dell’energia elettrica era appannaggio unicamente<br />

dell’ENEL. Con l’avvento della deregulation in campo energetico elettrico (L. 308/82) si è avuta la<br />

possibilità <strong>di</strong> avere energia elettrica prodotta da terze parti e quin<strong>di</strong> anche da privati o industrie (piccole<br />

e gran<strong>di</strong>) me<strong>di</strong>ante sistemi quasi sempre <strong>di</strong> tipo combinato, cioè che risolvono problemi sia termici che<br />

elettrici.<br />

Si pensi, ad esempio, all’industria petrolifera che ha in Sicilia tre poli <strong>di</strong> notevole importanza<br />

capaci <strong>di</strong> autoprodursi ed esportare l’energia elettrica in eccesso con potenze <strong>di</strong> centinaia <strong>di</strong> MW.<br />

Purtroppo le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> monopolio degli enti statali per l’energia elettrica (ENEL) e per il gas<br />

(SNAM) hanno bloccato ogni sviluppo, anche scientifico, nel settore dei SET.<br />

Finalmente l’epoca dei monopoli (<strong>di</strong> mentalità tipicamente e strettamente italiana!) sta per finire<br />

sotto l’impulso delle nuove regole europee <strong>di</strong> libera concorrenza (evviva!) e pertanto anche la comunità<br />

scientifica potrà giovarsi dei nuovi sviluppi che il settore dell’energia potrà dare.<br />

Si pensi che l’ENEL sta per lasciare in parte il settore produttivo (le centrali termoelettriche) per<br />

de<strong>di</strong>carsi alla sola <strong>di</strong>stribuzione. Nuovi soggetti, anche privati, potranno produrre energia elettrica e<br />

potranno liberamente <strong>di</strong>stribuirla in rete.<br />

Lo schema <strong>di</strong> funzionamento <strong>di</strong> un sistema ad energia totale, SET, è dato in Figura 12. Si può<br />

osservare come detto sistema cerchi <strong>di</strong> risolvere sia l’aspetto termico che elettrico dell’utenza (civile o<br />

industriale) ottimizzando l’utilizzo delle fonti energetiche e quin<strong>di</strong> massimizzando le qualità<br />

termo<strong>di</strong>namiche (cioè exergetiche). Per potere raggiungere questi obiettivi occorre definire con precisione<br />

le configurazioni <strong>di</strong> impianto, i vincoli esterni, le metodologie <strong>di</strong> analisi exergetica e i criteri <strong>di</strong><br />

valutazione del SET in relazione al mondo esterno (sia sotto l’aspetto energetico che ambientale).<br />

Ciò comporta la definizione <strong>di</strong> una adeguata metodologia progettuale e <strong>di</strong> impiego <strong>di</strong> tecniche <strong>di</strong><br />

analisi (energetica ed economica) adeguate.<br />

C O M BU STIBILE<br />

MOTORE PRIMO<br />

U TEN ZE<br />

E LE TTR ICH E<br />

C O M BUS TIB ILE<br />

CALDAIA<br />

U TEN ZE TE RM ICH E<br />

Figura 12: Schema <strong>di</strong> principio <strong>di</strong> un SET<br />

4.1 CONFIGURAZIONE DEI SISTEMI ENERGETICI TOTALI (SET)<br />

Il SET è un sistema termo<strong>di</strong>namico a tutti gli effetti e pertanto può essere essenzialmente <strong>di</strong> tipo<br />

aperto e <strong>di</strong> tipo chiuso. Definiamo chiusi i SET che interagiscono con la sola utenza, ve<strong>di</strong> Figura 13,<br />

mentre definiamo aperto un SET che interagisce anche con le gran<strong>di</strong> reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione dell’energia<br />

elettrica e del calore, ve<strong>di</strong> Figura 14.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

50<br />

EN ER G IA ELETTRIC A<br />

SET<br />

UTEN Z A<br />

EN ERG IA TERM ICA<br />

Figura 13: Schema chiuso <strong>di</strong> un SET<br />

La scelta della tipologia è dettata dalla taglia dell’impianto e dagli obiettivi che si intendono<br />

raggiungere. I sistemi aperti possono esserlo solo dal lato elettrico o dal lato termico o da entrambi i<br />

lati. Per sistemi aperti dal lato elettrico si ha la possibilità <strong>di</strong> sfruttare la rete elettrica ENEL che,<br />

essendo attualmente monopolistica, è piuttosto <strong>di</strong>ffusa e ben magliata. Un sistema aperto dal lato<br />

termico può appoggiarsi alle reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione del calore (reti urbane <strong>di</strong> teleriscaldamento, reti dei<br />

servizi <strong>di</strong> utilities industriali, …).<br />

E’ il motore primo che caratterizza il SET. E’ questo componente, infatti, che alimenta l’utenza<br />

elettrica con una frazione <strong>di</strong> scarto <strong>di</strong> energia termica.<br />

Spesso non è sufficiente un solo motore primo per sod<strong>di</strong>sfare tutte le esigenze dell’utenza poiché<br />

esistono quasi sempre vincoli impiantistici fra le frazioni <strong>di</strong> energia elettrica e termica prodotte.<br />

Di solito l’integrazione delle richieste elettriche viene effettuata tramite l’allacciamento alla rete<br />

ENEL. Se l’utenza richiede servizi più articolati, ad esempio calore, elettricità e servizi <strong>di</strong> riscaldamento<br />

e con<strong>di</strong>zionamento a pompa <strong>di</strong> calore, allora occorre integrare il SET anche con altri componenti quali<br />

pompe <strong>di</strong> calore, macchine ad assorbimento, sistemi <strong>di</strong> refrigerazione e/o <strong>di</strong> accumulo dell’energia.<br />

R E T E E L E T T R IC A IT A L IA N A<br />

E N E R G IA E L E T T R IC A<br />

S E T<br />

U T E N Z A<br />

E N E R G IA T E R M IC A<br />

R E T E D I C A L O R E<br />

Figura 14: Schema Aperto <strong>di</strong> un SET<br />

In genere si hanno due tipologie <strong>di</strong> funzionamento del motore primo, a seconda delle esigenze<br />

dell’utenza e delle con<strong>di</strong>zioni al contorno del SET:<br />

⋅ Funzionamento a carico elettrico imposto: il motore primo è <strong>di</strong>mensionato per sod<strong>di</strong>sfare<br />

totalmente il carico elettrico dell’utenza e pertanto il carico termico può essere sod<strong>di</strong>sfatto anche<br />

con integrazioni esterne (sistema aperto dal lato termico).<br />

⋅ Funzionamento a carico termico imposto: il motore primo è <strong>di</strong>mensionato per fornire<br />

totalmente il carico termico dell’utenza e si utilizza la rete ENEL per sod<strong>di</strong>sfare eventuali<br />

deficienze nel carico elettrico (sistema aperto dal lato elettrico).<br />

La scelta del sistema <strong>di</strong> funzionamento è funzione <strong>di</strong> variabili economiche e <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni al<br />

contorno del SET e dell’utenza.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

51<br />

Le con<strong>di</strong>zioni al contorno (vincoli) variano a seconda se il SET è in<strong>di</strong>rizzato al settore civile o a<br />

quello industriale. Nel settore civile si possono avere società <strong>di</strong> servizi (energia elettrica, calore, gas)<br />

municipalizzate che possono avere proprie centrali <strong>di</strong> produzione.<br />

Nel settore industriale le industrie (specialmente quelle <strong>di</strong> grande taglia) possono produrre<br />

quantità notevoli <strong>di</strong> energia elettrica e possono anche rivenderla all’ENEL (in futuro non ci sarà più questo<br />

interlocutore <strong>unico</strong>, per fortuna). Nel caso <strong>di</strong> cessione <strong>di</strong> energia al Gestore (ENEL) si hanno regole fissate<br />

dall’attuale legislazione che fissano il prezzo in base alle delibere del Comitato Interministeriale Prezzi (CIP).<br />

I contratti con ENEL garantiscono i seguenti servizi:<br />

⋅ Integrazione: cioè fornitura <strong>di</strong> energia all’utenza nel caso <strong>di</strong> richiesta (acquisto) <strong>di</strong> energia per i<br />

propri fabbisogni (tipico dei sistemi a carico termico imposto);<br />

⋅ Parallelo: cioè capacità <strong>di</strong> collegamento alla rete ENEL con la garanzia del mantenimento della<br />

frequenza (50 Hz ± 0,5 Hz) e della tensione. In pratica l’ENEL rende <strong>di</strong>sponibile il proprio<br />

sistema <strong>di</strong> regolazione potenza-frequenza in modo da mantenere il più uniforme possibili i valori <strong>di</strong><br />

tensione e frequenza. Questa regolazione consente alla rete pubblica <strong>di</strong> avere inserimenti e<br />

<strong>di</strong>sinserimenti <strong>di</strong> carichi (anche gran<strong>di</strong>) senza conseguenze sulle variabili <strong>di</strong> controllo suddette.<br />

⋅ Soccorso: in questo caso l’ENEL fornisce energia all’utenza nel caso <strong>di</strong> fuori servizio degli impianti<br />

interni;<br />

⋅ Riserva programmata: viene fornita energia all’utenza durante i perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> manutenzione<br />

programmata dei loro impianti;<br />

⋅ Vettoriamento: nel caso <strong>di</strong> soggetti produttori con più se<strong>di</strong> localizzate in siti <strong>di</strong>stinti l’ENEL si<br />

incarica <strong>di</strong> trasportare l’energia prodotta da uno stabilimento all’altro;<br />

⋅ Ritiro dell’energia: cioè acquisto da parte ENEL dell’energia prodotta dal soggetto e che risulti in<br />

eccesso rispetto ai propri fabbisogni interni;<br />

⋅ Permuta: quin<strong>di</strong> scambio <strong>di</strong> energia autoprodotta con quella prodotta dall’ENEL in determinati<br />

perio<strong>di</strong>.<br />

Come già detto in precedenza, in Sicilia si hanno casi notevoli <strong>di</strong> autoproduzione dell’energia<br />

elettrica nei poli petrolchimici <strong>di</strong> Priolo, Gela e Milazzo. La potenza <strong>di</strong>sponibile in rete è dell’or<strong>di</strong>ne del<br />

centinaio <strong>di</strong> MW e questo contribuisce a ridurre il deficit energetico ENEL e quin<strong>di</strong> a limitare le<br />

importazione energetiche dal Nord. Una interessante possibilità <strong>di</strong> energia prodotta e venduta come<br />

sopra specificato si avrà in Sicilia con l’installazione <strong>di</strong> impianti <strong>di</strong> termovalorizzazione dei rifiuti soli<strong>di</strong> urbani<br />

(RSU). Questi nuovi impianti potranno produrre una potenza valutata in 100÷150 MW e quin<strong>di</strong><br />

ridurranno ancora ulteriormente il deficit energetico siciliano. Questa energia, inoltre, avrà un prezzo <strong>di</strong><br />

acquisto da parte ENEL concordato secondo le in<strong>di</strong>cazioni del CIP6 5 o del nuovo Decreto Bersani 6<br />

entrato in vigore nel 2000.<br />

Si tenga presente che i sistemi SET e in genere i sistemi <strong>di</strong> cogenerazione richiedono conoscenze<br />

tecnologiche aggiuntive a quelle dei tra<strong>di</strong>zionali impianti termotecnici ed elettrici. Ciò comporta il<br />

ricorso a competenze tecniche specialistiche che aggravano i costi <strong>di</strong> primo impianto e <strong>di</strong> gestione. In<br />

campo civile questo problema può essere rilevante mentre in campo industriale si può pensare che le<br />

suddette competenze siano più facilmente reperibili all’interno delle stesse industrie. In ogni caso un<br />

progetto SET basa la sua motivazione d’essere sulla maggiore convenienza rispetto agli impianti<br />

tra<strong>di</strong>zionali.<br />

5 La delibera del Comitato Interministeriale dei Prezzi relativa alla tariffa speciale <strong>di</strong> acquisto dell’energia elettrica<br />

prodotta da terze parti è nota come CIP6 del 1992. Attualmente il prezzo dell’energia è <strong>di</strong> circa 290 L/kWh (prezzo politico<br />

<strong>di</strong> incentivazione) ed ha una vali<strong>di</strong>tà contrattuale <strong>di</strong> 8 anni. Il CIP6 è attualmente sospeso in attesa <strong>di</strong> una nuova delibera CIP<br />

che fissi modalità <strong>di</strong> cessione dell’energia elettrica confacente alle nuove esigenze <strong>di</strong> produzione e <strong>di</strong>stribuzione dell’energia.<br />

6 Questo decreto impone ai nuovi gestori della <strong>di</strong>stribuzione dell’energia elettrica <strong>di</strong> acquistare e <strong>di</strong>stribuire almeno il<br />

2% <strong>di</strong> energia in<strong>di</strong>cata col termine verd e cioè prodotta da fonti alternative (fra cui anche i RSU). Questa percentuale<br />

dovrà salire negli anni futuri fino oltre il 6%. L’energia verde viene ceduta me<strong>di</strong>ante certificati <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>to che attualmente<br />

valgono circa 200 Lire per kWh.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

52<br />

Questa convenienza deve essere <strong>di</strong>mostrata con una analisi economica dettagliata (stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

fattibilità tecnico-economica e business plan) che parta dall’esame dei carichi elettrici e termici e tenga conto<br />

delle con<strong>di</strong>zioni al contorno (<strong>di</strong>stributori esterni <strong>di</strong> elettricità e <strong>di</strong> calore).<br />

Quanto appena detto comporta la necessità <strong>di</strong> descrivere con maggior dettaglio l’approccio<br />

metodologico all’analisi progettuale dei SET.<br />

4.2 METODI DI ANALISI PROGETTUALI PER UN SET<br />

La scelta e la composizione <strong>di</strong> un sistema energetico totale può essere molto complessa sia per la<br />

molteplicità <strong>di</strong> soluzioni tecniche possibile che per grande variabilità delle esigenze dell’utenza.<br />

E’ necessario, pertanto, una attenta analisi economica ed energetica sulla base dei <strong>di</strong>versi parametri <strong>di</strong><br />

riferimento possibili e <strong>di</strong>sponibili.<br />

4.2.1 ANALISI DELLE ESIGENZE DELL’UTENZA<br />

L’analisi progettuale inizia con l’esame delle esigenze impiantistiche dell’Utenza e cioè dalla<br />

corretta definizione delle esigenze termiche ed elettriche, dalla tipologia <strong>di</strong> impianto (flui<strong>di</strong> termovettori,<br />

variabilità temporale dei carichi,….) e dalla conoscenza e definizione dei vincoli tecnologici ed<br />

ambientali.<br />

I parametri principali nell’analisi del fabbisogno dell’Utenza si possono qui riassumere:<br />

⋅ Potenza elettrica assorbita; P E ;<br />

⋅ Potenza termica assorbita, P T ;<br />

⋅ Energia elettrica consumata, E E ;<br />

⋅ Energia termica consumata, E T ;<br />

⋅ Rapporto termico/elettrico (energia termica richiesta rispetto all’energia elettrica richiesta), C;<br />

⋅ Portata del fluido termovettore, Q;<br />

⋅ Temperatura e pressione del fluido termovettore, T,p;<br />

⋅ Fattore <strong>di</strong> utilizzazione degli impianti, f u .<br />

Ai fini della scelta del motore primo occorre conoscere i valori me<strong>di</strong> e le variabilità dei suddetti<br />

parametri. Inoltre questa scelta è funzione della destinazione d’uso degli impianti: per uso civile e per<br />

uso industriale.<br />

4.2.2 SETTORE CIVILE<br />

Per la definizione dei valori dei parametri <strong>di</strong> una utenza civile occorre partire dai dati urbanistici,<br />

demografici e metereologici.<br />

I consumi <strong>di</strong> energia elettrica sono tipicamente destinati a:<br />

⋅ Servizi pubblici (acquedotti, illuminazione, );<br />

⋅ Servizi abitativi locali (illuminazione esterna,ascensori, elettrodomestici, illuminazione interna,<br />

con<strong>di</strong>zionamento, produzione <strong>di</strong> acqua calda,…);<br />

⋅ Servizi per le utenze terziarie (scuole,uffici, negozi,…)<br />

⋅<br />

⋅<br />

I consumi <strong>di</strong> energia termica sono tipicamente destinati a:<br />

Servizi abitativi (riscaldamento, acqua calda per usi sanitari, usi <strong>di</strong> cucina,…);<br />

Servizi per le utenze terziarie (riscaldamento, acqua sanitaria, altri usi, …..).<br />

Nel caso dell’uso civile la parte preponderante dell’energia termica è destinata al riscaldamento<br />

ambientale che è caratterizzato da una variabilità giornaliera, mensile e stagionale.<br />

Occorre sapere il tipo <strong>di</strong> combustibile utilizzato (gasolio, metano, oli pesanti,….) e <strong>di</strong> fluido<br />

termovettore (ad esempio acqua calda,..).<br />

I consumi termici possono essere caratterizzati da in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> prima approssimazione (quale, ad<br />

esempio, il consumo specifico per unità <strong>di</strong> <strong>volume</strong>) o <strong>di</strong> seconda approssimazione, più precisi, derivanti<br />

da calcoli specifici in relazione alla tipologia e<strong>di</strong>lizia e alla climatologia del sito.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

53<br />

E’ possibile anche usare co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo per avere in<strong>di</strong>cazioni più affidabili in funzione dei<br />

parametri e<strong>di</strong>lizi e climatologici del sito. I dati relativi al fabbisogno possono essere globali (riferiti<br />

all’anno), mensili, giornalieri o anche orari.<br />

4.2.3 SETTORE INDUSTRIALE<br />

Oltre a quanto specificato per il settore civile occorre aggiungere anche i consumi interni per i<br />

processi <strong>di</strong> lavorazione che offrono una grande casistica e variabilità.<br />

Nel caso <strong>di</strong> applicazioni industriali ci si può riferire alla contabilità aziendale per centri <strong>di</strong> costo<br />

per reperire dati certi e specifici sui costi energetici.<br />

Anche in questo caso si possono avere dati organizzati per me<strong>di</strong>a annuale, mensile, giornaliera ed<br />

oraria. Spesso è possibile organizzare i dati me<strong>di</strong>ante curve <strong>di</strong> frequenza che forniscono l’andamento<br />

cumulativo dei carichi nel tempo.<br />

C A R IC O<br />

1 0 0 0 2 0 0 0 4 0 0 0<br />

O R E<br />

Figura 15: Andamento cumulativo dei carichi (Diagramma <strong>di</strong> Frequenza)<br />

Occorre anche definire i sistemi <strong>di</strong> produzione e i fattori <strong>di</strong> utilizzo degli impianti e dei sistemi <strong>di</strong><br />

produzione e trasformazione dell’energia. Quando è possibile, è sempre bene effettuare una rilevazione<br />

<strong>di</strong>retta dei carichi termici ed elettrici.<br />

4.3 SCELTA DELLA CONFIGURAZIONE<br />

La configurazione del SET può essere effettuata una volta noti i carichi, come sopra in<strong>di</strong>cato, e la<br />

<strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> servizi aggiuntivi (sistemi aperti). In particolare si può scegliere il motore primo e gli<br />

eventuali componenti aggiuntivi (caldaie, pompe <strong>di</strong> calore, …).<br />

I motori primi <strong>di</strong>sponibili su mercato sono caratterizzati da ben precisi rapporti fra energia<br />

termica ed energia elettrica prodotte:<br />

Energia_Termica_Utile_Prodotta<br />

C<br />

MP<br />

= (24)<br />

Energia_Elettrica_Utile_Prodotta<br />

Pertanto la scelta del motore primo si effettua confrontando il rapporto offerto rispetto a quello<br />

richiesto dall’Utenza (ve<strong>di</strong> parametri sopra definiti).<br />

Preliminarmente si assume C MP ≤ C U per minimizzare la quantità <strong>di</strong> energia termica recuperata dal<br />

motore non utilizzabile dall’Utenza.<br />

La scelta del motore primo deve essere compatibile con i livelli entalpici e i flui<strong>di</strong> termovettori<br />

richiesti dall’Utenza e de essere compatibile con i vincoli esterni (combustibili <strong>di</strong>sponibili, rispetto<br />

ambientale, impatto ambientale, …).


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

54<br />

Inoltre occorre tenere conto della durata dei fabbisogni <strong>di</strong> energia termica ed elettrica dell’Utenza,<br />

cioè del numero <strong>di</strong> ore annuo in cui il rapporto utente è eguagliato o superato.<br />

Di solito si fa in modo che le punte <strong>di</strong> carico (sia termico che elettrico, ve<strong>di</strong> Figura 15) siano<br />

sod<strong>di</strong>sfatte dalle reti <strong>di</strong> servizio esterne (rete elettrica e/o termica) lasciando al motore primo i carichi<br />

interme<strong>di</strong> in modo da non saturarlo. Nel caso <strong>di</strong> in<strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> reti esterne (sistema aperto) si fa<br />

ricorso a componenti integrativi. Spesso la rete termica non è <strong>di</strong>sponibile e pertanto si ricorre ad un<br />

generatore ausiliario mentre si lascia alla rete ENEL il compito <strong>di</strong> intervenire per sod<strong>di</strong>sfare le punte del<br />

carico elettrico.<br />

4.3.1 OTTIMIZZAZIONE DEGLI IMPIANTI SET<br />

La variabilità dei carichi elettrici e termici e le peculiarità dei motori primi <strong>di</strong>sponibili portano alla<br />

necessità <strong>di</strong> ottimizzare gli impianti SET ricorrendo a componenti aggiuntivi ed integrativi. Occorre<br />

tenere conto che:<br />

⋅ La pompa <strong>di</strong> calore elettrica permette <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare il rapporto termico/elettrico dell’Utenza<br />

trasformando un fabbisogno termico in uno elettrico, ve<strong>di</strong> Figura 16.<br />

COMBUSTIBILE<br />

MOTORE PRIMO<br />

UTENZE<br />

ELETTRICHE<br />

ENERGIA<br />

TERMICA<br />

POMPA DI<br />

CALORE<br />

COMBUSTIBILE<br />

CALDAIA<br />

AUSILIARIA<br />

UTENZE TERMICHE<br />

⋅<br />

⋅<br />

Figura 16: Inserimento <strong>di</strong> una pompa <strong>di</strong> calore per incrementare il carico elettrico<br />

La macchina ad assorbimento permette <strong>di</strong> trasformare un fabbisogno <strong>di</strong> tipo elettrico<br />

(compressore frigorifero tra<strong>di</strong>zionale) in uno <strong>di</strong> tipo termico (cioè si ha il caso duale del<br />

precedente).<br />

Un sistema <strong>di</strong> accumulo <strong>di</strong> energia termica permette <strong>di</strong> ridurre le punte <strong>di</strong> potenza nel<br />

<strong>di</strong>agramma <strong>di</strong> carico orario dell’Utenza.<br />

Le tre possibilità concorrono ad avvicinare C MP al C U minimizzando il ricorso (interscambio)<br />

all’integrazione me<strong>di</strong>ante reti esterne (ENEL o <strong>di</strong> servizi calore).<br />

4.4 ANALISI ENERGETICA ED ECONOMICA DI UN SET<br />

Per stabilire la convenienza <strong>di</strong> un SET occorre effettuare una analisi energetica ed una economica<br />

secondo le linee delineate nel prosieguo.<br />

4.5 ANALISI ENERGETICA DI UN SET<br />

Per effettuare l’analisi energetica <strong>di</strong> un SET occorre seguire una metodologia <strong>di</strong> analisi che sia in<br />

grado <strong>di</strong> quantificare le prestazioni del SET, permetta <strong>di</strong> operare un confronto con la situazione<br />

preesistente o in ogni caso con un sistema convenzionale. Inoltre occorre pervenire alla definizione dei<br />

dati necessari per la valutazione della convenienza economica. Abbiamo fin ad ora caratterizzato il<br />

motore primo me<strong>di</strong>ante il rapporto C MP (rapporto termico/elettrico fornito). E’ ora opportuno definire<br />

nuovi parametri caratteristici e in particolare:<br />

Ren<strong>di</strong>mento Elettrico (o Termo<strong>di</strong>namico) N E<br />

E’ dato dal rapporto:


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

55<br />

N<br />

E<br />

F<br />

E<br />

E<br />

= (25)<br />

ove E E è l’energia elettrica prodotta ed F è l’energia primaria del combustibile necessaria per<br />

produrre E E .<br />

Ren<strong>di</strong>mento Termico N T<br />

E’ dato dal rapporto:<br />

N<br />

E<br />

F<br />

T<br />

T<br />

= (26)<br />

con E T energia termica utile prodotta ed F energia del combustibile per produrre E T .<br />

Ren<strong>di</strong>mento Globale N Tot<br />

E’ dato dalla somma:<br />

NTot = NE + NT<br />

(27)<br />

Si ricor<strong>di</strong> che questa somma non è omogenea in quanto si sommano grandezze aventi qualità<br />

termo<strong>di</strong>namica <strong>di</strong>versa.<br />

Ren<strong>di</strong>mento Exergetico E Ex<br />

Dato dalla relazione:<br />

⎛ T ⎞<br />

0<br />

EEx = NE + NT<br />

⎜1−<br />

⎟<br />

⎝ T1<br />

⎠<br />

ove T 0 è la temperatura <strong>di</strong> riferimento, in K, T 1 è la temperatura <strong>di</strong> utilizzo del calore, in K.<br />

Il ren<strong>di</strong>mento exergetico pesa in modo corretto i contributi elettrici e quelli termici (me<strong>di</strong>ante il<br />

Fattore <strong>di</strong> Carnot) e quin<strong>di</strong> valuta correttamente i benefici <strong>di</strong> un sistema SET basato sulla<br />

cogenerazione. Come è facile dedurre dalla (28), il ren<strong>di</strong>mento exergetico è tanto maggiore quanto più<br />

elevata è la temperatura <strong>di</strong> utilizzo termico T 1 .<br />

Quanto sopra in<strong>di</strong>cato vale per un SET nel quale siano in<strong>di</strong>viduati univocamente i morsetti<br />

elettrici (uscita elettrica) e la flangia <strong>di</strong> uscita del calore. Possono esserci casi più complessi nei quali, ad<br />

esempio, gli utilizzi termici avvengono a temperature <strong>di</strong>verse e quin<strong>di</strong> si dovranno calcolare<br />

separatamente i singoli contributi termici.<br />

Ren<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione<br />

Per tenere conto della <strong>di</strong>stribuzione dell’energia si definiscono i seguenti ren<strong>di</strong>menti:<br />

⋅ Ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione elettrica N DE ;<br />

⋅ Ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione termica N DT .<br />

Come già detto, per valutare i benefici indotti dal SET occorre effettuare un confronto con la<br />

soluzione preesistente o convenzionale. Ciò si ottiene introducendo il concetto <strong>di</strong> Sistema<br />

Convenzionale <strong>di</strong> Riferimento (SC) definito come quel sistema che produce in modo <strong>di</strong>sgiunto la<br />

stessa quantità <strong>di</strong> energia elettrica e termica ottenuta, questa volta in modo congiunto, dal SET.<br />

Risparmio <strong>di</strong> Energia Primaria, R<br />

E’ il risparmio <strong>di</strong> energia primaria <strong>di</strong> un SET che abbia ren<strong>di</strong>menti elettrico N E e termico N T è<br />

definito, a pari quantità <strong>di</strong> energia elettrica e termica prodotta, dalla relazione:<br />

1<br />

R =<br />

(29)<br />

NE<br />

NT<br />

+<br />

N N<br />

E<br />

T<br />

(28)<br />

ove i parametri sopra segnati sono riferiti al Sistema Convenzionale (SC).


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

56<br />

Costo Marginale del Calore, C MT<br />

Il Costo Marginale del Calore è l’energia primaria che occorre fornire in più ad un SET che produce<br />

solo energia elettrica per produrre una unità <strong>di</strong> energia termica e la stessa energia elettrica prodotta dal<br />

SC. Esso è definito, quin<strong>di</strong>, dal rapporto:<br />

NE<br />

1−<br />

NE<br />

CMT<br />

= (30)<br />

N<br />

Costo Marginale dell’Energia Elettrica, C ME<br />

T<br />

Il Costo Marginale dell’Energia Elettrica è l’energia primaria che occorre fornire in più ad un SET<br />

che produce solo energia termica per produrre una unità <strong>di</strong> energia elettrica e la stessa energia termica<br />

prodotta dal SC. Esso è definito, quin<strong>di</strong>, dal rapporto:<br />

NT<br />

1−<br />

NT<br />

CME<br />

= (31)<br />

N<br />

E<br />

Entrambi i due parametri <strong>di</strong> costo marginale possono anche tenere conto dei ren<strong>di</strong>menti <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stribuzione dell’energia elettrica e termica.<br />

Modalità <strong>di</strong> Confronto fra SET ed SC<br />

Per confrontare il Sistema Convenzionale (SC) ed il Sistema ad Energia Totale (SET) in una data<br />

applicazione si possono utilizzare i ren<strong>di</strong>menti exergetici.<br />

Sulla base dei parametri definiti nel paragrafo precedente è possibile confrontare i flussi <strong>di</strong> energia<br />

in entrata e in uscita sia per il SC che per il SET, la quantità <strong>di</strong> energia utile prodotte dal SC e dal SET, il<br />

consumo <strong>di</strong> combustibile, i ren<strong>di</strong>menti ed il risparmio <strong>di</strong> energia primaria.<br />

4.6 ANALISI ECONOMICA DI UN SET<br />

I benefici termofisici (riduzione dei consumi, riduzione <strong>di</strong> energia primaria) <strong>di</strong> un sistema SET<br />

possono essere calcolati me<strong>di</strong>ante le definizioni del paragrafo precedente. Il confronto e la convenienza<br />

<strong>di</strong> un SET è però determinata anche da parametri economici e pertanto è fondamentale pre<strong>di</strong>sporre<br />

un’analisi economica approfon<strong>di</strong>ta.<br />

Da un punto <strong>di</strong> vista termo<strong>di</strong>namico sarebbe meglio definire un’analisi exergonomica, cioè un’analisi<br />

economica basata sui ren<strong>di</strong>menti exergetici anziché solamente energetici. In definitiva un’analisi basata sul<br />

secondo principio della Termo<strong>di</strong>namica è oggi (da non più <strong>di</strong> due decenni) più in<strong>di</strong>cata <strong>di</strong> una semplice<br />

analisi <strong>di</strong> primo principio.<br />

In genere un sistema termofisico (cioè un impianto <strong>di</strong> cogenerazione nel caso in esame) con i<br />

valori <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>menti più elevati è anche il sistema economicamente più costoso sia in termini <strong>di</strong> primo<br />

investimento che <strong>di</strong> gestione.<br />

Occorre pertanto verificare sempre la convenienza economica <strong>di</strong> una scelta progettuale (SET) e<br />

in particolare, tenuto conto dell’obiettivo <strong>di</strong> un SET <strong>di</strong> ridurre i consumi energetici rispetto ai sistemi<br />

convenzionali, occorre <strong>di</strong>mostrare che le spese <strong>di</strong> investimento richieste per il SET (certamente<br />

maggiori rispetto a quelle corrispondenti <strong>di</strong> un Sistema Convenzionale che utilizza tecnologie note e più<br />

comuni) siano giustificate da un minor costo <strong>di</strong> gestione.<br />

E’ proprio quest’ultimo aspetto che riveste una importanza economica fondamentale: in genere la<br />

fattibilità tecnico economica tende a <strong>di</strong>mostrare che il risparmio <strong>di</strong> gestione (cioè <strong>di</strong> energia primaria<br />

e manutenzione degli impianti SET) nell’arco <strong>di</strong> vita (programmata) dell’impianto compensa il<br />

maggior costo <strong>di</strong> investimento.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

57<br />

E in genere c’è anche un utile aggiuntivo 7 che giustifica l’investimento!<br />

E’ bene sottolineare che non sempre la convenienza energetica porta (o giustifica) una<br />

convenienza economica per cui è bene condurre le analisi energetica ed economica con molta<br />

attenzione utilizzando dati certi e verificati. Spesso il margine <strong>di</strong> profitto <strong>di</strong> questi investimenti è basso o<br />

ad<strong>di</strong>rittura nullo e l’investimento si giustifica anche per altri benefici indotti quali il minor<br />

inquinamento, posti <strong>di</strong> lavoro aggiuntivi, rinnovo degli impianti, riduzione delle tasse 8 ,….<br />

L’analisi economica segue le regole finanziarie tipiche dell’analisi Costi Benefici e/o del Bussiness<br />

Planning che in questa sede non si approfon<strong>di</strong>scono perché appaiono fuori tema. Se ne forniscono<br />

brevemente i principi basilari e si rimanda ai testi specializzati <strong>di</strong> economia per una trattazione<br />

approfon<strong>di</strong>ta.<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

Scopi dell’analisi economica<br />

Fra gli scopi principali occorre:<br />

Valutare gli effetti economici della scelta e quin<strong>di</strong> della costruzione <strong>di</strong> un sistema ad energia<br />

totale, SET, in funzione dei fattori <strong>di</strong> progetto quali, i dati <strong>di</strong> produzione e consumi <strong>di</strong> energia<br />

termica ed elettrica, configurazione dell’impianto e criteri <strong>di</strong> gestione;<br />

Valutare i dati economici relativi all’investimento e alla gestione dell’impianto anche in relazione<br />

al costo <strong>di</strong> mercato dei vari componenti, del costo dell’energia e dei servizi esterni;<br />

Valutare i dati economici dell’Utenza, quali il personale, il sito, le strutture ausiliarie, le spese<br />

assicurative, …;<br />

Prevedere lo scenario evolutivo della <strong>di</strong>sponibilità e del costo dell’energia. Si tratta <strong>di</strong> una<br />

operazione complessa e fortemente aleatoria in quanto legata a variabili non governabili<br />

localmente ma <strong>di</strong>pendenti, a scala mon<strong>di</strong>ale, da situazioni geo-politiche, da interessi economici e<br />

speculativi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile previsione.<br />

In genere i costi vengono sud<strong>di</strong>visi in:<br />

Fissi: sono i costi relativi all’investimento per l’acquisto dei componenti, per la realizzazione delle<br />

opere civili, per gli impianti ausiliari, per le spese <strong>di</strong> montaggio e collaudo dell’opera;<br />

Variabili: sono i costi relativi ai combustibili, ai lubrificanti e in genere ai materiali <strong>di</strong> consumo<br />

legati al funzionamento del SET. Sono qui comprese le spese <strong>di</strong> manutenzione e, per i sistemi<br />

aperti, i costi dei flussi <strong>di</strong> energia elettrica e termica dalle reti esterne.<br />

Metodo del Cash Flow Attualizzato<br />

Un metodo molto spesso utilizzato e particolarmente efficace per la valutazione economica è<br />

denominato Cash Flow Attualizzato e rappresenta il bilancio, in genere si base annuale, dei flussi <strong>di</strong> cassa del<br />

denaro attualizzati che interessano una data attività e quin<strong>di</strong> anche per l’analisi economica <strong>di</strong> un SET.<br />

In Figura 17 si ha lo schema a blocchi <strong>di</strong> un cash flow per un sistema ad energia totale, SET e<br />

vale il seguente simbolismo:<br />

⋅ A S incasso annuale totale proveniente dalla globalità delle ven<strong>di</strong>te dei prodotti e/o servizi;<br />

⋅ A TE spese totali annuali necessarie per vendere e produrre il prodotto e/o servizi (ad<br />

esclusione degli ammortamenti);<br />

⋅ A CI Entrata <strong>di</strong> cassa annuale;<br />

⋅ A IT Tassa annuale sulle entrate;<br />

7 La L. 10/91 si basa su questo concetto <strong>di</strong> ritorno dell’investimento aggiuntivo favorendo l’aggiornamento degli<br />

impianti da parte <strong>di</strong> Terzi Dante Causa (cioè i Gestori) senza richiedere alcun costo agli Enti Proprietari. In definitiva i<br />

Gestori possono aggiornare gli impianti e in particolare possono sostituire le caldaie con altre <strong>di</strong> alto ren<strong>di</strong>mento (più<br />

moderne ed efficienti) pagando le spese con il minor costo <strong>di</strong> gestione (energia e manutenzione) conseguente.<br />

8 Si pensi alla Carbon Tax che oggi in sede europea si vuole applicare a tutte le attività produttive che generano CO 2<br />

me<strong>di</strong>ante processi <strong>di</strong> combustione.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

58<br />

⋅ A TC spese annuali <strong>di</strong> capitale <strong>di</strong> investimenti che non sono necessariamente nulli dopo che<br />

l’impianto è stato costruito (ad esempio, per ampliamenti, mo<strong>di</strong>fiche, sostituzioni, ….);<br />

⋅ A CF Flusso <strong>di</strong> cassa annuale al netto delle tasse.<br />

ATE<br />

AIT ATC<br />

As<br />

A CI<br />

ACF<br />

Figura 17: Schema a blocchi <strong>di</strong> un Cash Flow per un SET<br />

Valgono le seguenti relazioni <strong>di</strong> bilancio (espresse in moneta coerente, L/anno o €/anno):<br />

A = A − A<br />

(32)<br />

CI S TE<br />

ANCI = ACI − AIT<br />

(33)<br />

ove A NCI è l’entrata <strong>di</strong> cassa netta. Ancora:<br />

A = A − A − A t (34)<br />

( )<br />

IT CI D A<br />

ove è:<br />

⋅ A D quota annuale <strong>di</strong> ammortamento. L’ammortamento è una grandezza che non<br />

corrisponde ad un vero flusso <strong>di</strong> denaro <strong>di</strong> cassa ma risulta essere una scrittura contabile<br />

<strong>di</strong> una forma <strong>di</strong> ripristino del capitale iniziale speso per gli acquisti dell’impianto. Le<br />

quote <strong>di</strong> e la durata <strong>di</strong> ammortamento sono determinate da norme fiscali che possono<br />

variare da stato a stato.<br />

⋅ A A quota <strong>di</strong> denaro annua corrispondente ad eventuali sgravi fiscali (ad esempio<br />

cofinaziamento o altre forme <strong>di</strong> sgravio fiscale determinato dalla legislazione corrente<br />

per il tipo <strong>di</strong> investimento).<br />

⋅ t aliquota <strong>di</strong> tassazione (espressa in valore relativo fra 0 ed 1).<br />

Ancora si ha la relazione:<br />

A = A − A − A − A t − A (35)<br />

( )<br />

CF CI CI D A TC<br />

Pertanto il flusso <strong>di</strong> cassa attualizzato si ottiene sommando algebricamente, per tutto l’arco <strong>di</strong><br />

tempo <strong>di</strong> vita dell’impianto, le grandezze annuali attualizzate dello schema a blocchi <strong>di</strong> Figura 17.<br />

L’andamento temporale del Cash Flow varia <strong>di</strong> anno in anno, come in<strong>di</strong>cato a titolo <strong>di</strong> esempio in<br />

Figura 18. All’inizio il cash flow è negativo perché si pagano gli impianti senza riceverne alcun beneficio<br />

e il periodo <strong>di</strong> negatività <strong>di</strong>pende dalla complessità dell’opera esaminata.<br />

Successivamente il Cash Flow comincia a salire e può variare nel corso degli anni per effetto <strong>di</strong><br />

mo<strong>di</strong>fiche <strong>di</strong> benefici fiscali 9 .<br />

In genere la sola conoscenza dell’andamento <strong>di</strong> A CF (Cash Flow) nell’arco <strong>di</strong> tempo considerato<br />

come tempo <strong>di</strong> vita dell’impianto o dell’iniziativa fornisce informazioni poco fruibili per la valutazione<br />

9 Ad esempio la tariffazione agevolata CIP6 scade dopo 8 anni e quin<strong>di</strong> la ven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia elettrica a tariffa <strong>di</strong><br />

mercato (notevolmente inferiore a quella CIP6) comporta una riduzione <strong>di</strong> flusso cassa, come in<strong>di</strong>cato in Figura 18.<br />

Analogamente si possono avere cessazioni <strong>di</strong> benefici fiscali per la mano d’opera: in Sicilia si ha la fiscalizzazioni <strong>di</strong> parte<br />

degli oneri sociali per i primi 5 anni <strong>di</strong> attività. Oppure ci possono essere <strong>di</strong>pendenti assunti con la cosiddetta Legge Giovanile<br />

con oneri fiscali ridotti e che dopo due anni <strong>di</strong> servizio ritornano alla piena fiscalità.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

59<br />

della convenienza economica poiché non è agevole confrontare tra loro movimenti <strong>di</strong> danaro <strong>di</strong>stribuiti<br />

nel tempo in modo non omogeneo.<br />

Si utilizzano, pertanto, opportuni in<strong>di</strong>catori economici che sintetizzano la variabilità nel tempo <strong>di</strong> A CF<br />

in espressioni <strong>di</strong> facile e comodo uso.<br />

Cash Flow (iclu<strong>di</strong>ng taxes)<br />

60.000<br />

40.000<br />

20.000<br />

CF<br />

-20.000<br />

0<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16<br />

Cash Flow (iclu<strong>di</strong>ng taxes)<br />

-40.000<br />

-60.000<br />

-80.000<br />

Anni<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

Figura 18: Andamento tipico <strong>di</strong> un Cash Flow nell’arco <strong>di</strong> 15 anni<br />

Valore attuale, VAN: somma estesa a tutto il tempo <strong>di</strong> vita dell’impianto o dell’iniziativa <strong>di</strong> tutti<br />

i flussi <strong>di</strong> cassa annuali attualizzati ad uno stesso anno, <strong>di</strong> solito quello iniziale;<br />

In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Red<strong>di</strong>tività interno, IIR: tasso <strong>di</strong> interesse che rende nullo il valore attuale;<br />

Tempo <strong>di</strong> pay-back o <strong>di</strong> ritorno, TPB: è il numero <strong>di</strong> anni (o frazione <strong>di</strong> anni) dopo i quali il<br />

cash flow cumulativo <strong>di</strong>viene nullo. In pratica questo parametro in<strong>di</strong>ca il tempo necessario a<br />

riprendere il capitale investito nell’iniziativa 10 .<br />

Il valore attuale del flusso <strong>di</strong> cassa (in<strong>di</strong>cato universalmente con l’acronimo NPV, Net Presentò<br />

Value) è dato dalla seguente espressione:<br />

NPV =<br />

N<br />

∑<br />

1<br />

nA<br />

CFn<br />

( 1+<br />

i)<br />

n<br />

dove si ha il simbolismo:<br />

⋅ i tasso <strong>di</strong> attualizzazione 11 ;<br />

⋅ n anno <strong>di</strong> vita considerato dell’iniziativa;<br />

⋅ N tempo <strong>di</strong> vita dell’impianto o dell’iniziativa. Questo tempo è dettato, spesso, da<br />

considerazioni finanziarie quali, ad esempio, tempo <strong>di</strong> estinzione del mutuo bancario avuto per<br />

l’investimento o la durata <strong>di</strong> una concessione pubblica o contrattuale <strong>di</strong> una iniziativa.<br />

Normalmente varia fra 15 e 20 anni anche se si possono considerare tempi più lunghi.<br />

(36)<br />

10 In Figura 18 il tempo <strong>di</strong> pay-back è dato dall’ascissa <strong>di</strong> intersezione della curva cumulativa con l’asse dei tempi.<br />

11 L’attualizzazione tiene conto della svalutazione del denaro per effetto degli interessi (tasso <strong>di</strong> sconto) da pagare al<br />

finanziatore per avere <strong>di</strong>sponibile la somma S al momento iniziale dell’investimento. Il valore <strong>di</strong> S fra n anni con interessi i è<br />

( 1 )<br />

n<br />

V = S + i e V è detto valore attuale della somma S al tasso <strong>di</strong> sconti i dopo n anni.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

60<br />

L’in<strong>di</strong>ce IIR (In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Red<strong>di</strong>tività Interno) si ha quando è NPV=0. Questo in<strong>di</strong>ce è considerato fra i<br />

più importanti per la valutazione economica perché sintetizza numerosi aspetti economici che il Tempo<br />

<strong>di</strong> Ritorno 12 o il Valore Attuale da soli non consentono <strong>di</strong> vedere. Questi ultimi due parametri sono, però,<br />

accessori all’IIR e comunque richiesti per la valutazione economica.<br />

Viene in<strong>di</strong>cato con Valore Attuale Netto <strong>di</strong> un investimento I nel periodo N e valore attuale NPV<br />

la <strong>di</strong>fferenza:<br />

VAN = NPV – I (37)<br />

Si definisce In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Profitto, IP, il rapporto tra la somma dei flussi <strong>di</strong> cassa lor<strong>di</strong> attualizzati ed il<br />

valore degli investimenti. Nel caso in cui l’intero investimento sia riferibile al momento iniziale allo si<br />

ha:<br />

VAN + I NPV<br />

IP = = (38)<br />

I I<br />

Si definisce inoltre Red<strong>di</strong>tività dell’Investimento, RI, il rapporto:<br />

VAN<br />

RI = (39)<br />

I<br />

Sono oggi molto usati alcuni in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> derivazione anglosassone e in particolare il Tasso <strong>di</strong><br />

Red<strong>di</strong>tività, ROI (Return of Investment), definito dal rapporto fra l’utile me<strong>di</strong>o annuale e l’investimento<br />

iniziale. L’utile me<strong>di</strong>o annuale è definito come <strong>di</strong>fferenza tra il risparmio annuale me<strong>di</strong>o R e la quota <strong>di</strong><br />

ammortamento della spesa iniziale S a , pertanto si ha:<br />

R − S<br />

TR = ROI = a<br />

(40)<br />

I<br />

Osservazione sul metodo del Net Cash Flow<br />

Il metodo del flusso <strong>di</strong> cassa netto consente <strong>di</strong> determinare una innumerevole quantità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>ci<br />

(più o meno richiesti dalle banche in sede <strong>di</strong> certificazione del bussiness plan) ma occorre fare molta<br />

attenzione al valore reale che il metodo può avere. Esso, infatti, si basa sulla presunzione <strong>di</strong> prevedere gli<br />

andamenti a lungo termine dei vari parametri finanziari oltre che dei costi e dei ricavi.<br />

Non è assolutamente facile arrivare a tanta sicurezza specialmente se le previsioni si estendono<br />

oltre i cinque anni. Un esempio può chiarire quanto appena enunciato. Se si vuole esaminare la<br />

convenienza economica <strong>di</strong> un SET nell’arco <strong>di</strong> venti anni si deve inevitabilmente assumere un costo<br />

dell’energia primaria (gasolio, gas metano, …) che è certamente noto al momento della stesura dello<br />

stu<strong>di</strong>o ma che è del tutto impreve<strong>di</strong>bile nel corso dei successivi venti anni.<br />

Si suole ipotizzare uno scenario <strong>di</strong> sviluppo dei costi che è più o meno cabalistico poiché nessun<br />

operatore economico può prevedere l’evoluzione geopolitica delle regioni fornitrici <strong>di</strong> materie prime<br />

per l’energia (paesi arabi, Russia, Regioni africane, ..).<br />

Basta un piccolo conflitto regionale o una ipotesi <strong>di</strong> conflittualità in una regione della terra per<br />

innescare una spirale non controllabile <strong>di</strong> innalzamento dei prezzi. In questi mesi stiamo vivendo una<br />

situazione che esemplifica molto bene quanto appena detto: il costo del barile <strong>di</strong> grezzo è passato nei<br />

giro <strong>di</strong> sei mesi da 14 a 34 $/barile.<br />

All’inizio degli anni settanta, con la prima grande crisi petrolifera innescata dai conflitti arabo –<br />

israeliani, il costo del petrolio sembrava aumentare del 15% all’anno e certo una tendenza del genere<br />

avrebbe innescato eventi catastrofici sulle economie degli stati importatori <strong>di</strong> petrolio.<br />

Dopo circa un paio d’anni il costo del barile scese dai circa 40 $ ai 12 $ annullando tutte le<br />

previsioni possibili, da quelle ottimistiche a quelle pessimistiche. Allo stesso modo è <strong>di</strong>fficile prevedere<br />

il costo del denaro per lunghi perio<strong>di</strong> a causa della contingenza economica ormai su scala mon<strong>di</strong>ale.<br />

12 Si può avere un tempo <strong>di</strong> ritorno breve ma poi un cash flow minore per effetto della variabilità dei parametri,<br />

come già osservato. Così pure, il valore attuale può essere piccolo ma essere alla fine del tempo <strong>di</strong> vita dell’impianto e quin<strong>di</strong><br />

poco importante per l’iniziativa.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

61<br />

La sostanziale insicurezza delle previsioni <strong>di</strong> cassa rende il metodo del cash Flow sostanzialmente<br />

approssimato e quin<strong>di</strong> poco affidabile. Per questo motivo, ad esempio, le banche richiedono molti<br />

in<strong>di</strong>ci economici poiché ognuno <strong>di</strong> essi presenta suscettibilità <strong>di</strong> errore <strong>di</strong>fferenziati.<br />

Inoltre la preve<strong>di</strong>bile imprecisione dei flussi <strong>di</strong> cassa porta a richiedere in<strong>di</strong>ci non solo elevati, e<br />

quin<strong>di</strong> sinonimi <strong>di</strong> convenienza economica dell’iniziativa esaminata, ma le banche si mettono al riparo<br />

da sorprese possibili richiedendo valori più elevati del necessario in modo da essere sicure che l’iniziativa<br />

possa recuperare liqui<strong>di</strong>tà anche in situazioni contingenti molto sfavorevole. Così, ad esempio, non<br />

basta che, detratte le tasse, una iniziativa renda il 20% (valore già elevato!) ma si chiede che la red<strong>di</strong>tività<br />

netta sia superiore al 30÷35% (enorme!).<br />

Si può intuire quale sia la ratio <strong>di</strong> una simile richiesta: una red<strong>di</strong>tività molto alta garantisce un<br />

ritorno degli investimenti in un numero limitato (2÷4) <strong>di</strong> anni e quin<strong>di</strong> le possibilità <strong>di</strong> rischio si<br />

riducono fortemente quanto minore è il tempo <strong>di</strong> pay back.<br />

In genere gli in<strong>di</strong>ci economici <strong>di</strong> breve periodo forniscono più sicurezza alle banche rispetto ad<br />

altri <strong>di</strong> lungo periodo.<br />

4.6.1 TEMPO DI RITORNO ATTUALIZZATO DELL’INVESTIMENTO, TAR<br />

E’ già stato definito come il tempo necessario a riacquistare l’investimento iniziale (attualizzato) e<br />

il metodo del flusso <strong>di</strong> cassa consente facilmente, ve<strong>di</strong> l’esempio <strong>di</strong> Figura 18, <strong>di</strong> trovarlo come valore<br />

dell’ascissa <strong>di</strong> intersezione con la curva del cash flow.<br />

Questo tempo (Discounted pay back, DPB) assume un significato notevole, come illustrato in<br />

precedenza, poiché fino a quel momento l’investitore è esposto a per<strong>di</strong>te finanziarie e quin<strong>di</strong> incapace <strong>di</strong><br />

riacquistare (e quin<strong>di</strong> le banche non possono riavere) l’investimento iniziale.<br />

Si osservi che nel lungo periodo, cioè nel tempo <strong>di</strong> vita dell’impianto o in genere dell’iniziativa,<br />

non è detto che quanto minore risulta il TRA tanto migliore è l’iniziativa poiché dopo questo periodo si<br />

possono avere capovolgimenti <strong>di</strong> ogni sorta. Una iniziativa può essere più favorevole nel lungo periodo<br />

<strong>di</strong> un’altra anche se con TRA maggiore. Pur tuttavia, anche ai fini <strong>di</strong> un recupero del cre<strong>di</strong>to da parte <strong>di</strong><br />

enti finanziatori, il TRA riveste gran<strong>di</strong>ssima importanza e l’analisi <strong>di</strong> cassa in questo breve periodo<br />

(rispetto alla durata dell’iniziativa che normalmente è <strong>di</strong> 15÷20 anni) sia quanto più precisa e<br />

coscienziosa possibile. Superato il TRA l’iniziativa risulta comunque remunerativa e con in<strong>di</strong>ci<br />

economici variabili in base al flusso <strong>di</strong> cassa del periodo successivo fra il TAR e la vita prevista per<br />

l’iniziativa. Un TRA ridotto è preferito anche nei perio<strong>di</strong> congiunturali meno favorevoli per uno stato.<br />

Nel caso in cui il TRA è <strong>di</strong> pochi anni si può abbandonare l’ipotesi <strong>di</strong> attualizzare i costi e flussi <strong>di</strong><br />

cassa. In questo caso il rapporto fra l’investimento I ed il risparmio R fornisce il Tempo <strong>di</strong> ritorno Semplice,<br />

TRS (SPB Simple Pay Back). Si tratta <strong>di</strong> una stima imme<strong>di</strong>ata ed efficace sulla proponibilità dell’iniziativa<br />

anche se i flussi considerati non sono attualizzati.<br />

4.6.2 ANALISI DI SENSITIVITÀ<br />

L’incertezza nella previsione dei flussi <strong>di</strong> cassa e quin<strong>di</strong> dell’analisi finanziaria giustifica la<br />

necessità <strong>di</strong> conoscere entro quali limiti la realtà può <strong>di</strong>scostarsi dalla previsione senza subire una<br />

per<strong>di</strong>ta finanziaria. Quanto detto comporta l’analisi <strong>di</strong> sensitività del valore attuale netto, VAN, rispetto<br />

alla variazione <strong>di</strong> uno o più parametri finanziari rispetto ai valori nominali previsti. Risulta utile<br />

conoscere il valore limite <strong>di</strong> un parametro finanziario per cui il VAN si annulla: esso rappresenta il<br />

limite del campo <strong>di</strong> convenienza dell’investimento.<br />

Il Tasso Interno <strong>di</strong> Red<strong>di</strong>tività, (che gli anglosassoni in<strong>di</strong>cano con IIR Internal Rate of Return)<br />

introdotto in precedenza come il tasso <strong>di</strong> attualizzazione che rende nullo il VAN nel periodo previsto<br />

per l’investimento, va visto nell’ottica dell’analisi <strong>di</strong> sensitività. Poiché il tasso <strong>di</strong> sconto non è mai certo nel<br />

lungo periodo allora l’IIR in<strong>di</strong>ca il valore limite del tasso che annulla i guadagni (o meglio il VAN) nel<br />

periodo previsto.<br />

Pertanto quanto maggiore è la <strong>di</strong>fferenza fra il Tasso <strong>di</strong> Sconto previsto in analisi e l’IIR tanto minore<br />

è il rischio legato alla variabilità (o stima approssimata) <strong>di</strong> questo parametro.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

62<br />

L’analisi <strong>di</strong> sensitività può essere estesa anche ad altri parametri, oltre il tasso <strong>di</strong> sconto, e in<br />

genere si in<strong>di</strong>viduano quei parametri che influenzano il risultato economico e finanziario dell’iniziativa e<br />

che più sono soggetti ad imprecisione <strong>di</strong> valutazione iniziale.<br />

In genere si calcola l’IIR in funzione <strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> questi parametri, a parità <strong>di</strong> altre assunzioni,<br />

per cui è possibile in<strong>di</strong>viduare il valore limite del parametro nell’ambito della convenienza dell’impianto<br />

(o dell’iniziativa) che corrisponde ad un dato IIR così calcolato pari al tasso <strong>di</strong> sconto i.<br />

Fra i parametri che interessano gli impianti SET sono da considerare il costo dell’energia<br />

primaria, il fatturato, la spesa <strong>di</strong> investimento (specialmente se il periodo <strong>di</strong> costruzione dell’impianto<br />

non è breve). L’analisi <strong>di</strong> sensitività può essere oggi condotta con strumenti <strong>di</strong> calcolo sofisticati e<br />

computerizzati. In ogni caso è sempre bene ricorrere ad uno specialista finanziario per evitare <strong>di</strong><br />

incorrere in errori grossolani.<br />

4.6.3 INDICE ENERGETICO IEN<br />

Si è già detto che l’attuale legislazione nazionale favorisce le fonti rinnovabili incentivando la<br />

cessione <strong>di</strong> energia all’ENEL (Prezzo concordato me<strong>di</strong>ante CIP-6 o Certificati Ver<strong>di</strong>).<br />

Per le fonti energetiche tra<strong>di</strong>zionali si <strong>di</strong>ce che sono assimilabili a quelle rinnovabili se l’efficienze<br />

energetica raggiunta nelle trasformazioni è elevata. In definitiva la Legge tende a favorire i sistemi per il<br />

risparmio energetico per le ricadute sociali ed ambientali che esso produce. Il Criterio <strong>di</strong> Assimilabilità delle<br />

fonti energetiche tra<strong>di</strong>zionali si base sul concetto <strong>di</strong> In<strong>di</strong>ce Energetico (denominato IEN) definito<br />

dalla relazione:<br />

EE<br />

ET<br />

IEN = a<br />

E<br />

+ 0 − 9E<br />

−<br />

(41)<br />

dove si ha il simbolismo:<br />

⋅ E E energia elettrica netta prodotta in un anno;<br />

⋅ E T energia termica utile prodotta in un anno;<br />

⋅ E C energia consumata in un anno me<strong>di</strong>ante combustibili fossili.<br />

Il termine a è dato dalla relazione:<br />

C<br />

⎛ 1 ⎞⎛ E ⎞<br />

E<br />

a = ⎜ −1⎟⎜ 0.51−<br />

⎟<br />

⎝ 0.51 ⎠⎝ EC<br />

⎠<br />

C<br />

Ne segue che perché un impianto tra<strong>di</strong>zionale sia assimilabile ad un impianto che utilizza fonti<br />

rinnovabili 13 deve essere IEN>0.51.<br />

In questo modo si ha <strong>di</strong>ritto alla tariffazione privilegiata dell’energia ceduta all’ENEL. Si osservi<br />

che l’in<strong>di</strong>ce energetico è la somma del ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> trasformazione elettrica (E E /E C ) più quello <strong>di</strong><br />

trasformazione termica supponendo <strong>di</strong> avere un generatore con ren<strong>di</strong>mento del 90%.<br />

Questa somma viene penalizzata se il ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> trasformazione elettrica è inferiore a 0.51<br />

tramite il fattore sottrattivo a. In Figura 19 si ha l’andamento dell’in<strong>di</strong>ce IEN. Ancora meglio vanno le<br />

cose se risulta IEN>0.6 per cui si ha <strong>di</strong>ritto ad una tariffazione più elevata.<br />

Si osservi che il valore limite 0.51 è particolarmente selettivo nei riguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> impianti cogenerativi<br />

con elevate prestazioni.<br />

Per impianti <strong>di</strong> produzione combinati questa limitazione equivale a scrivere:<br />

EE<br />

ET<br />

EC<br />

EC<br />

+ ≥ 1<br />

(43)<br />

0.51 0.9<br />

(42)<br />

13 Cioè energia solare, eolica, idraulica, geotermica, marina o da rifiuti.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

63<br />

AREA RISPETTO IEN<br />

50%<br />

RENDIMENTO TERMICO<br />

MEDIO ANNUALE<br />

45%<br />

40%<br />

35%<br />

30%<br />

25%<br />

20%<br />

25% 26% 27% 28% 29% 30% 31% 32% 33% 34% 35% 36% 37% 38% 39% 40%<br />

RENDIMENTO ELETTRICOMEDIO ANNUALE<br />

Figura 19: Andamento <strong>di</strong> IEN in funzione dei rapporti <strong>di</strong> trasformazione elettrica e termica<br />

Si deduce che i due ren<strong>di</strong>menti limiti per l’assimilabilità sono 0.51 per l’elettrico e 0.9 per il<br />

termico. Ora mentre è agevole, con le attuali tecnologie, arrivare a 0.9 per un generatore elettrico non è<br />

altrettanto facile raggiungere il valore 0.51 per il ren<strong>di</strong>mento elettrico, specialmente per gli impianti<br />

cogenerativi.<br />

Ne deriva che per compensare il minor ren<strong>di</strong>mento elettrico si debbono avere forti ren<strong>di</strong>menti<br />

termici e quin<strong>di</strong> risultano favoriti gli impianti con una forte utilizzazione termica a scapito degli impianti con<br />

forte utilizzazione elettrica.<br />

I cicli misti gas-vapore sono nettamente svantaggiati rispetto ai motori a combustione interna e alle<br />

turbine a gas con forte post combustione 14 (ve<strong>di</strong> nel prossimo capitolo le caratteristiche dei motori<br />

primi). Naturalmente tutto ciò è vero se si ha una piena utilizzazione dell’energia termica prodotta.<br />

Quest’ultima osservazione incentiva, specialmente negli usi civili, l’uso del calore in esubero per la<br />

produzione del freddo nel periodo estivo.<br />

4.7 I MOTORI PRIMI DEL SET<br />

Il componente fondamentale <strong>di</strong> un Sistema ad Energia Totale, SET, è il motore primo cioè il<br />

componente che fornisce energia termica ed elettrica in modo cogenerativo. Quelli maggiormente<br />

utilizzati sono:<br />

⋅ Il motore alternativo;<br />

⋅ La turbina a vapore;<br />

⋅ La turbina a gas.<br />

E’ importante inquadrare il funzionamento del motore primo in un ciclo termo<strong>di</strong>namico nel<br />

quale si evincano i livelli <strong>di</strong> utilizzo delle frazioni energetiche interessate.<br />

Ve<strong>di</strong>amo ora brevemente (si rimanda ai Corsi <strong>di</strong> Macchine per maggiori approfon<strong>di</strong>menti) i punti<br />

principali da ricordare per la scelta del motore primo <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> cogenerazione.<br />

4.7.1 MOTORI ALTERNATIVI<br />

I motori alternativi che più vengono utilizzati sono quelli endotermici basati su ciclo Diesel e su<br />

Ciclo Otto. Va tenuto presente, tuttavia, che se i combustibili <strong>di</strong> elezione <strong>di</strong> questi motori sono il<br />

gasolio e la benzina, in campo cogenerativo si usano anche combustibili <strong>di</strong>versi quali il metano, il syngas<br />

(derivato da pirolisi industriali), oli pesanti (<strong>di</strong> scarto), …..<br />

La cogenerazione spinge questi motori a funzionare al limite delle possibilità termo<strong>di</strong>namiche<br />

nello spirito <strong>di</strong> utilizzare il maggior numero <strong>di</strong> fonti energetiche primarie possibili.<br />

14 La post combustione non incrementa il ren<strong>di</strong>mento elettrico poiché agendo sui soli gas <strong>di</strong> scarico non porta<br />

maggior potenza alla turbina che alimenta il generatore elettrico.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

64<br />

4.7.2 CICLO DIESEL<br />

Il campo <strong>di</strong> potenza interessato da questi motori si estende fino a 40 MW ed essenzialmente si<br />

utilizzano motori <strong>di</strong>esel o anche, in minor misura, motori a gas.<br />

Il ren<strong>di</strong>mento elettrico delle unità <strong>di</strong> maggiore potenza si avvicina sensibilmente a quello delle centrali<br />

termoelettriche raggiungendo punte del 40÷42 %.<br />

Il ren<strong>di</strong>mento globale, incluso il recupero <strong>di</strong> calore <strong>di</strong> scarto, raggiunge valori elevati pari a 80÷85%.<br />

Un grosso vantaggio <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> motore primo è che la curva <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>mento si mantiene<br />

quasi piatta in funzione del carico fino al 50÷60 % del carico nominale ed inoltre l’utilizzazione del<br />

calore <strong>di</strong> scarto, anche ad alta temperatura, non riduce le prestazioni meccaniche del motore.<br />

E’ anche possibile frazionare la potenza in varie unità modulari e ciò consente <strong>di</strong> avere<br />

ren<strong>di</strong>menti massimi in ampie con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> carico.<br />

Il <strong>di</strong>esel può anche funzionare a gas con opportune iniezioni <strong>di</strong> nafta (combustione pilota) in<br />

percentuale del 5% del totale. Questa soluzione (detta dual quel) consente <strong>di</strong> funzionare anche a gas ma<br />

con un aggravio dei consumi <strong>di</strong> circa il 10% rispetto al solo funzionamento a nafta.<br />

Va tenuto conto anche degli aspetti negativi che il motore <strong>di</strong>esel presenta e cioè:<br />

⋅ Potenza unitaria limitata e non suscettibile <strong>di</strong> rapi<strong>di</strong> aumenti;<br />

⋅ Complessità notevole della macchina e quin<strong>di</strong> maggiori oneri <strong>di</strong> manutenzione;<br />

⋅ Abbondante produzione <strong>di</strong> ossi<strong>di</strong> <strong>di</strong> azoto.<br />

Ciclo Termo<strong>di</strong>namico<br />

Il ciclo Diesel è formato da due isoentropiche una isobara ed una isocora, come in<strong>di</strong>cato in<br />

Figura 20. La fase <strong>di</strong> combustione avviene insufflando, ad alta pressione (oltre 100 bar e oggi si<br />

possono avere pressioni elevatissime fino a 1500 bar nei <strong>di</strong>esel common rail), gasolio nebulizzato in<br />

piccolissime goccioline nel cilindro ove si trova aria compressa nelle con<strong>di</strong>zioni del punto B e quin<strong>di</strong> ad<br />

una temperatura <strong>di</strong> circa 900 °C, sufficiente per fare avvenire la combustione.<br />

Temperatura<br />

C A L O R E F O R N IT O<br />

P E R C O M B U S T IO N E A<br />

P R E S S IO N E<br />

C O S T A N TE<br />

C<br />

B<br />

L A V O R O N E I<br />

C IL IN D R I<br />

LA V O R O<br />

C O M P R E S S O R E<br />

D<br />

A<br />

C A L O R E D I S C A R IC O A<br />

V O L U M E C O S T A N T E<br />

E n tro p ia<br />

Figura 20: Ciclo ideale Diesel<br />

Non occorre alcun <strong>di</strong>spositivo elettrico <strong>di</strong> accensione, quin<strong>di</strong>, e la trasformazione avviene ad una<br />

pressione che si può ritenere, almeno idealmente, costante poiché durante la combustione si ha un<br />

aumento <strong>di</strong> <strong>volume</strong> della camera <strong>di</strong> combustione per effetto del movimento del pistone.<br />

Il ren<strong>di</strong>mento del ciclo Diesel è dato dalla relazione:<br />

k<br />

1 ⎡ rc<br />

−1<br />

⎤<br />

η = 1− k −1<br />

⎢ ⎥<br />

r k ( rc<br />

1<br />

v ⎣ − ) ⎦<br />

ove r v è sempre il rapporto <strong>di</strong> compressione <strong>volume</strong>trico mentre r c è il rapporto <strong>di</strong> combustione<br />

definito dalla relazione:<br />

(44)


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

65<br />

r<br />

v<br />

C<br />

c<br />

= (45)<br />

vB<br />

con i simboli <strong>di</strong> Figura 20. I ren<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> questo ciclo sono elevati, rispetto ai cicli Otto, poiché<br />

si può comprimere solo aria nella fase AB evitando i fenomeni <strong>di</strong> autodetonazione delle benzine.<br />

I motori <strong>di</strong>esel richiedono poca manutenzione e sono caratterizzati da un numero <strong>di</strong> giri al<br />

minuto inferiore rispetto a quello dei cicli a benzina. Oggi si hanno i cicli misti, cicli Sabathè,<br />

caratteristici dei <strong>di</strong>esel veloci. Si raggiungono circa 6000 g/m ed alti ren<strong>di</strong>menti.<br />

4.7.3 CICLO OTTO<br />

Si tratta <strong>di</strong> uno dei cicli termo<strong>di</strong>namici più utilizzati ed è il ciclo <strong>di</strong> riferimento per i motori a benzina.<br />

Esso si compone, ve<strong>di</strong> Figura 21, <strong>di</strong> una compressione isoentropica, sempre con riferimento al ciclo<br />

ideale ad aria standard, seguito da una combustione interna isocora, me<strong>di</strong>ante scoppio attivato da una<br />

scarica elettrica, seguita da una fase utile <strong>di</strong> espansione e poi <strong>di</strong> una fase <strong>di</strong> scarico dei prodotti <strong>di</strong><br />

combustione in atmosfera ancora isocora. Il ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> questo ciclo è dato dalla seguente relazione:<br />

1<br />

η = − (46)<br />

1<br />

k −1<br />

r v<br />

ove r v è il rapporto <strong>di</strong> compressione <strong>volume</strong>trico dato da:<br />

vA<br />

rv<br />

= (47)<br />

v<br />

B<br />

I valori <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>mento che si ottengono normalmente sono compresi fra il 16 e il 24% e quin<strong>di</strong><br />

bassi rispetto ai valori ottenibili con un ciclo ideale <strong>di</strong> Carnot<br />

Temperatura<br />

C ALO R E FO RN ITO<br />

PER CO M BUSTIO N E A<br />

VO LU ME CO STANTE<br />

C<br />

B<br />

LAVO R O NEI<br />

CILIND RI<br />

LAVO RO<br />

C O M PR ESSO R E<br />

D<br />

A<br />

CALO RE DI SCAR ICO<br />

Figura 21: Ciclo Otto per motori a benzina<br />

Nel confronto con il ciclo Diesel il ciclo Otto funziona meglio a pari rapporto <strong>di</strong> compressione. In<br />

realtà a pari temperatura massima <strong>di</strong> ciclo si ha un notevole vantaggio nel ren<strong>di</strong>mento dei motori Diesel<br />

potendosi raggiungere, in quest’ultimi, elevati rapporti <strong>di</strong> compressione con sola aria impensabili con i<br />

cicli Otto. I cicli reali Diesel e Otto risultano alquanto mo<strong>di</strong>ficati rispetto ai cicli ideali sopra in<strong>di</strong>cati per<br />

varie ragioni fra le quali, si ricorda:<br />

⋅ Compressione ed espansione reali (politropiche) dei flui<strong>di</strong>;<br />

⋅ Comportamento della miscela <strong>di</strong> gas <strong>di</strong>verso dall’aria standard e quin<strong>di</strong> con calori specifici variabili<br />

alle varie pressioni e temperature;<br />

⋅ I prodotti <strong>di</strong> combustione presentano fenomeni <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssociazione ad elevate temperature;<br />

Entropia


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

66<br />

⋅<br />

⋅<br />

I fenomeni <strong>di</strong> accensione e combustione avvengono in intervalli <strong>di</strong> tempo non trascurabili e<br />

quin<strong>di</strong> non istantanei;<br />

I cicli sono aperti e quin<strong>di</strong> con scambi <strong>di</strong> massa con l’esterno.<br />

4.7.4 COMBUSTIBILI UTILIZZATI DAI DIESEL<br />

I Diesel possono utilizzare, nelle versioni industriali, <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> oli combustibili e quin<strong>di</strong> sia<br />

frazioni leggere, come il gasolio, che frazioni pesanti. Le caratteristiche delle frazioni leggere sono:<br />

Proprietà Valori Unità <strong>di</strong> Misura<br />

Densità 835÷870 Kg/m²<br />

Viscosità a 40 °C 2.1÷13 CSt<br />

Viscosità a 50 °C 1.1÷1.8 °E<br />

Residuo Conradson (max) 6 %<br />

Ceneri (max) 0.02 %<br />

Acqua e se<strong>di</strong>menti (max) 0.3 %<br />

Zolfo 2.5 %<br />

Potere Calorifico Inferiore 42.7 MJ/kg<br />

Le proprietà delle frazioni pesanti sono:<br />

Tabella 8: Proprietà dei frazioni leggere per Diesel<br />

Proprietà Valori Unità <strong>di</strong> Misura<br />

Densità 950÷990 Kg/m²<br />

Viscosità a 38 °C 75÷120 °E<br />

Residuo Conradson (max) 16 %<br />

Acqua (max) 0.3 %<br />

Ceneri (max) 0.03 %<br />

Asfalteni (max) 4÷11 %<br />

Zolfo (max) 1÷4 %<br />

Potere Calorifico Inferiore 41 MJ/kg<br />

Vana<strong>di</strong>o 100÷200% ppm<br />

So<strong>di</strong>o 20÷80% ppm<br />

Tabella 9: Proprietà dei frazioni pesanti per Diesel<br />

Si osservi che il residuo Conradson e le ceneri influiscono molto sullo sporcamento e sull’usura del<br />

motore. Il tenore <strong>di</strong> vana<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o influenza il grado <strong>di</strong> corrosione ad elevata temperatura e la<br />

formazione <strong>di</strong> depositi sulle valvole.<br />

Infine il tenore <strong>di</strong> zolfo influenza la corrosione nel motore e negli scambiatori <strong>di</strong> recupero termico<br />

dei gas <strong>di</strong> scarico. Le frazioni leggere possono essere usate nei <strong>di</strong>esel veloci ed automobilistici mentre le<br />

frazioni pesanti possono essere usate solo nei <strong>di</strong>esel lenti con opportune scelte <strong>di</strong> materiali (testate in<br />

ghisa).


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

67<br />

4.7.5 IMPATTO AMBIENTALE DI UNA LOCALIZZAZIONE DI MOTORI<br />

ALTERNATIVI<br />

I motori Diesel (o anche quelli Otto) <strong>di</strong> grande potenza pongono problemi <strong>di</strong> impatto ambientale<br />

(ve<strong>di</strong> capitolo successivo per altri approfon<strong>di</strong>menti) per localizzazioni all’interno <strong>di</strong> aree urbane e <strong>di</strong><br />

centri densamente abitati a meno <strong>di</strong> ricorrere a soluzioni <strong>di</strong> protezione ambientale spesso costosi e<br />

complessi.<br />

Nel valutare l’impatto ambientatale occorre considerare:<br />

⋅ Le emissioni nei gas <strong>di</strong> scarico (e quin<strong>di</strong> il tipo <strong>di</strong> combustibile utilizzato);<br />

⋅ La rumorosità prodotta e quin<strong>di</strong> il rispetto del DPCM 1/3/91 e L. 447/94;<br />

⋅ Le vibrazioni eventualmente indotte negli e<strong>di</strong>fici.<br />

Un motore <strong>di</strong>esel produce circa 7÷8 kg/kWh prodotto <strong>di</strong> gas <strong>di</strong> scarico ad una temperatura<br />

uscente dallo scambiatore <strong>di</strong> recupero <strong>di</strong> circa 120÷180 °C. In genere si ha circa il 77% <strong>di</strong> N 2 , 13% <strong>di</strong><br />

CO 2 , 5% <strong>di</strong> CO e 5% <strong>di</strong> H 2 O. Si hanno, inoltre, varie percentuali <strong>di</strong> CO x ed NO x oltre che idrocarburi<br />

incombusti, ceneri e fuliggine.<br />

Un parametro che deve essere tenuto in considerazione è l’opacità dei fumi misurata in gra<strong>di</strong> Bosch o<br />

Bacharach e compresa fra 0.3÷0.5 ° Bosch.<br />

Per quanto riguarda la rumorosità i motori Diesel si <strong>di</strong>stinguono dai motori Otto a benzina, ve<strong>di</strong><br />

Figura 22, per uno spettro più ricco alle basse frequenze e <strong>di</strong> notevole ampiezza<br />

In genere le fonti <strong>di</strong> rumorosità sono in<strong>di</strong>viduabili in corrispondenza a:<br />

⋅ Aspirazione dell’aria;<br />

⋅ Emissione dei gas <strong>di</strong> scarico;<br />

⋅ Funzionamento del motore (specialmente quelli lenti)<br />

Nei primi due casi si può fare uso <strong>di</strong> speciali silenziatori per attenuare la rumorosità mentre per il<br />

rumore del motore occorre intervenire sugli e<strong>di</strong>fici me<strong>di</strong>ante applicazione <strong>di</strong> coibenti acustici.<br />

Figura 22: Spettro a banda <strong>di</strong> terzi <strong>di</strong> ottava <strong>di</strong> un motore a benzina<br />

Per le vibrazioni i problemi possono essere rilevanti in considerazione della notevole massa in<br />

gioco nei motori <strong>di</strong> potenza. In genere occorre progettare bene il blocco <strong>di</strong> fondazione avendo cura <strong>di</strong><br />

isolarlo (me<strong>di</strong>ante tagli) dal terreno circostante con l’interposizione <strong>di</strong> materiali assorbenti (pannelli <strong>di</strong><br />

gomma, strati <strong>di</strong> sughero, ammortizzatori meccanici, …).<br />

Si ricor<strong>di</strong> che le frequenze naturali dell’e<strong>di</strong>ficio debbono essere lontane da quelle indotte dalle<br />

vibrazioni dei motori per evitare pericolose risonanze.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

68<br />

Per un corretto stu<strong>di</strong>o del blocco delle fondazioni occorre conoscere i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> vibrazione del<br />

blocco motore-fondazioni, l’impedenza meccanica del terreno e i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> oscillazione dell’e<strong>di</strong>ficio.<br />

Come criterio guida per la progettazione della fondazione occorre che la sollecitazione unitaria<br />

sul terreno non deve superare 1/3 ÷ ¼ della sollecitazione statica ammissibile, il baricentro dei carichi<br />

deve essere sulla verticale al centro dell’area <strong>di</strong> base della fondazione, l’ampiezza delle vibrazioni deve<br />

essere contenuta entro valori limiti imposti dalle norme e il peso della fondazione (cioè del solo blocco<br />

<strong>di</strong> calcestruzzo <strong>di</strong> base) deve essere grande (3÷20 volte maggiore) rispetto a quello del motore, anche in<br />

funzione della velocità <strong>di</strong> rotazione <strong>di</strong> quest’ultimo.<br />

4.7.6 COGENERAZIONE DEI MOTORI DIESEL<br />

Il motore alternativo <strong>di</strong>esel (ma anche quello a benzina) presenta sorgenti <strong>di</strong>fferenziate <strong>di</strong> calore<br />

in corrispondenza degli scarichi gassosi, dell’acqua <strong>di</strong> refrigerazione, dell’aria <strong>di</strong> sovralimentazione,<br />

dell’olio <strong>di</strong> raffreddamento secondo quanto in<strong>di</strong>cato, sommariamente, in Figura 23.<br />

In genere dagli scarichi si può ricavare 900÷1200 kcal/kWh <strong>di</strong> lavoro meccanico erogato all’asse<br />

del motore. Circa il 15% del calore introdotto viene asportato dall’acqua <strong>di</strong> raffreddamento e dall’olio<br />

che escono dal motore a temperature <strong>di</strong> 80 e 75 °C rispettivamente. Si tratta <strong>di</strong> calore facilmente<br />

recuperabile me<strong>di</strong>ante l’inserimento <strong>di</strong> uno scambiatore <strong>di</strong> calore.<br />

In alcuni casi si possono avere temperature dell’acqua <strong>di</strong> raffreddamento fino a 125÷130 °C e<br />

dell’olio <strong>di</strong> 80÷85 °C.<br />

Per motori con intercooler si può estrarre circa il 9% <strong>di</strong> calore fra il primo e il secondo sta<strong>di</strong>o del<br />

sistema <strong>di</strong> raffreddamento dell’aria <strong>di</strong> sovralimentazione.<br />

Il calore asportato nei gas <strong>di</strong> scarico è circa il 33% <strong>di</strong> quello totale introdotto ed è <strong>di</strong>sponibile ad<br />

un livello <strong>di</strong> temperatura <strong>di</strong> circa 400 °C. Si osservi che non è possibile raffreddare totalmente a<br />

temperatura ambiente i gas <strong>di</strong> scarico per evitare pericolose e corrosive condense dei fumi. Di solito ci<br />

si ferma a circa 110÷120 °C anche in funzione del tenore <strong>di</strong> zolfo del combustibile adottato.<br />

Gs <strong>di</strong> scarico a 400 °C<br />

Acqua Motore a 80 °C<br />

Aria sovralimentazione<br />

a 150 °C<br />

Olio Raffreddamento<br />

Irraggiamento Acqua<br />

polverizzatori<br />

Lavoro Utile<br />

Figura 23: Bilancio <strong>di</strong> un motore Diesel<br />

Ipotizzando una portata dei gas <strong>di</strong> scarico <strong>di</strong> 7÷8 kg/kWh si ha una quantità <strong>di</strong> energia termica<br />

recuperabile pari a 400÷600 kcal/kWh. Considerando l’elevata temperatura dei gas <strong>di</strong> scarico è anche<br />

ipotizzabile la produzione <strong>di</strong> vapore acqueo.<br />

Il rapporto C = E T /E E per i motori Diesel è compreso fra 1÷1.2 con ren<strong>di</strong>menti elettrici fra<br />

0.35÷0.41. Per motori a ciclo Otto si ha C =1.3÷1.4 ed N E fra 0.3÷0.34.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

69<br />

4.7.7 SCHEMI DI IMPIANTO<br />

Sulla base <strong>di</strong> quanto sopra detto si può pensare <strong>di</strong> utilizzare il motore alternativo in <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong><br />

con soluzioni che tengono conto delle <strong>di</strong>verse esigenze impiantistiche.<br />

In Figura 24 si ha la soluzione più semplice: il gas <strong>di</strong> scarico (a 400 °C) viene utilizzato in uno<br />

scambiatore a recupero per produrre vapore mentre l’acqua <strong>di</strong> raffreddamento e l’olio <strong>di</strong> lubrificazione<br />

cedono la loro energia termica in uno scambiatore per il recupero a bassa temperatura (70÷80 °C).<br />

In Figura 25 si ha uno schema impiantistico più complesso ove lo scambiatore <strong>di</strong> calore<br />

dell’acqua <strong>di</strong> raffreddamento e dell’olio lubrificante serve per preriscaldare l’acqua <strong>di</strong> alimento dello<br />

scambiatore a recupero dei gas <strong>di</strong> scarico per la produzione <strong>di</strong> vapore.<br />

Si può anche rinunciare alla produzione <strong>di</strong> acqua calda se l’Utenza non la desidera. In questo caso<br />

si ha solamente produzione <strong>di</strong> vapore che può ancora essere inviato in una turbina per la produzione <strong>di</strong><br />

energia elettrica.<br />

In Figura 26 si ha un impianto a ciclo combinato con produzione <strong>di</strong> energia elettrica e calore<br />

(sotto forma <strong>di</strong> vapore ed acqua surriscaldata) che raggiunge ren<strong>di</strong>menti complessivi dell’or<strong>di</strong>ne del<br />

75%. Si può anche immaginare <strong>di</strong> utilizzare il motore primo a ciclo Diesel per produrre acqua calda a<br />

80 °C e surriscaldata a 120÷200 °C per alimentare una rete <strong>di</strong> teleriscaldamento urbano. Il calore viene<br />

recuperato dall’acqua <strong>di</strong> raffreddamento e dall’aria <strong>di</strong> sovralimentazione e dai gas <strong>di</strong> scarico.<br />

4.7.8 MOTORI PRIMO CON TURBINE A GAS<br />

Le turbine a gas si prestano bene alle applicazioni cogenerative. Si tratta <strong>di</strong> macchine a flusso<br />

continuo con fluido comprimibile che può operare sia a ciclo aperto che a ciclo chiuso.<br />

Va osservato che la turbina a gas nella versione per impianti <strong>di</strong> terra (heavy duty) non raggiunge<br />

ren<strong>di</strong>menti paragonabili agli impianti a vapore o con motori <strong>di</strong>esel ma presenta alcuni vantaggi (rapi<strong>di</strong>tà<br />

<strong>di</strong> messa in marcia e variabilità del carico) che la fanno preferire per impianti <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> energia<br />

elettrica per carichi <strong>di</strong> punta.<br />

Nelle installazioni heavy duty è possibile mo<strong>di</strong>ficare il ciclo termo<strong>di</strong>namico <strong>di</strong> base con<br />

rigenerazioni termiche, intercooler ed altri accorgimenti tecnici che rendono la turbina a gas<br />

alimentabile con calori <strong>di</strong> scarto e pertanto conveniente anche per i carichi <strong>di</strong> base.<br />

Tra i pregi si citano:<br />

⋅ Accettabile costo <strong>di</strong> investimento;<br />

⋅ Basso rapporto massa/potenza;<br />

⋅ Semplicità costruttiva;<br />

⋅ Potenza unitaria elevata (fino a 200 MW);<br />

⋅ Avvio rapido;<br />

⋅ Non necessita <strong>di</strong> acqua <strong>di</strong> raffreddamento.<br />

Per contro si hanno alcuni <strong>di</strong>fetti che qui si riportano:<br />

⋅ Basso ren<strong>di</strong>mento elettrico;<br />

⋅ Necessità <strong>di</strong> combustibili <strong>di</strong> elevata qualità;<br />

⋅ Vita limitata <strong>di</strong> alcuni componenti;<br />

⋅ Necessità <strong>di</strong> manutenzione frequente.<br />

Il ren<strong>di</strong>mento della turbina a ciclo aperto ha valori me<strong>di</strong> dell’or<strong>di</strong>ne del 30% nel caso <strong>di</strong> ciclo<br />

Bryton semplice e del 35% nel caso <strong>di</strong> ciclo rigenerativo.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

70<br />

ALL-UTENZA<br />

SEPARATORE DI VAPORE<br />

SCAMBIATORE GAS DI<br />

SCARICO<br />

POMPE<br />

``<br />

MOTORE<br />

`<br />

`<br />

ALL-UTENZA<br />

SCAMBIATORE OLIO SCAMBIATORE ACQUA<br />

POMPE<br />

ACQUA DI ALIMENTO<br />

Figura 24: Schema <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> recupero del calore <strong>di</strong> un motore <strong>di</strong>esel<br />

A L LA UT E NZA<br />

E C O N O M IZ ZA T O R E<br />

A L CA M IN O<br />

S C A M B IA T O R E G A S D I<br />

S C A R ICO<br />

S C A M B IA T O R E<br />

A LL A U T E N ZA<br />

M O T O RE<br />

`<br />

`<br />

S C A M B IA T O R E OS LIO C A M B IA T O R E A CQ UA<br />

P O M P E<br />

A CQ U A D I A LIM E N T O<br />

Figura 25: Schema <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> recupero del calore <strong>di</strong> un motore <strong>di</strong>esel con economizzatore


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

71<br />

ALLA UTENZA<br />

SEPARATORE DI VAPORE<br />

ACQUA DI ALIMENTO<br />

SCAMBIATORE GAS DI<br />

SCARICO<br />

VALVOLA<br />

DI BY POASS<br />

MOTORE<br />

POMPA<br />

Figura 26: Schema <strong>di</strong> impianto con motore Diesel e recupero <strong>di</strong> calore con produzione <strong>di</strong> vapore<br />

4.7.9 IL CICLO TERMODINAMICO<br />

Si utilizza il noto ciclo <strong>di</strong> Joule - Bryton. Esso consiste 15 , con riferimento al ciclo ideale ad aria<br />

standard 16 , in un ciclo formato da due isobare e due isoentropiche, come in<strong>di</strong>cato in Figura 27.<br />

Lungo la trasformazione AB si ha una compressione (qui supposta ideale isoentropica) dell’aria<br />

esterna fra la pressione p A e la pressione p B .<br />

La compressione viene effettuata in un compressore rotativo alimentato dalla turbina (ve<strong>di</strong> dopo)<br />

e pertanto assorbe parte dell’energia prodotta dalla stessa turbina.<br />

Nella trasformazione BC si ha la combustione <strong>di</strong> petrolio raffinato (detto JP, Jet Propeller)<br />

all’interno <strong>di</strong> una camera <strong>di</strong> combustione toroidale.<br />

La combustione avviene a pressione costante perché si ha fuoriuscita dei gas <strong>di</strong> combustione in<br />

modo continuo verso l’anello <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione della turbina <strong>di</strong> potenza.<br />

15 Si rimanda ai corsi <strong>di</strong> Macchine per maggiori approfon<strong>di</strong>menti.<br />

16 Un ciclo si <strong>di</strong>ce ideale quando è formato da trasformazioni termo<strong>di</strong>namiche internamente reversibili. I cicli a<br />

combustione (ciclo Otto, Diesel, Sabathè, Joule-Bryton) utilizzano aria come comburente e benzina o gasolio o petrolio come<br />

combustibile. La combustione produce vari composti chimici detti gas <strong>di</strong> combustione e pertanto la composizione del fluido <strong>di</strong><br />

lavoro (inizialmente aria esterna) viene mo<strong>di</strong>ficata. Poiché le caratteristiche termo<strong>di</strong>namiche complessive (calore specifico,<br />

densità, costante <strong>di</strong> a<strong>di</strong>abaticità,….) non sono molto <strong>di</strong>verse da quelle dell’aria esterna allora si fa l’ipotesi (ovviamente<br />

semplificativa) <strong>di</strong> fluido <strong>di</strong> lavoro con caratteristiche costanti e coincidenti con quelle dell’aria standard ossia dell’aria supposta<br />

come fluido ideale e quin<strong>di</strong> con calori specifici costanti al variare della temperatura. Questa ipotesi semplifica molto i calcoli<br />

termo<strong>di</strong>namici anche se è un po’ lontana dalla realtà. Per quanto necessario nell’ambito <strong>di</strong> questo corso possiamo accettare<br />

pienamente questa semplificazione senza per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> generalità.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

72<br />

Temperatura<br />

C ALOR E FO RN ITO Q1<br />

C<br />

B<br />

LAVOR O<br />

TU RBIN A<br />

LAVO R O<br />

CO M PR ESSO RE<br />

D<br />

A<br />

CALO RE CEDU TO Q2<br />

Entropia<br />

Figura 27: Ciclo Joule – Bryton con aria standard<br />

La trasformazione <strong>di</strong> espansione (sempre supposta ideale isoentropica) CD avviene in turbina ed<br />

è proprio in essa che si ha la produzione <strong>di</strong> energia meccanica che serve in parte ad alimentare il<br />

compressore. La <strong>di</strong>fferenza fra l’energia meccanica prodotta e quella assorbita dal compressore è<br />

l’energia utile che è possibile utilizzare esternamente al ciclo.<br />

La trasformazione isobare DA è <strong>di</strong> raffreddamento e può avvenire in uno scambiatore <strong>di</strong> calore<br />

(impianti fissi <strong>di</strong> terra) o in aria (impianti mobili aeronautici) cioè scaricando i prodotti <strong>di</strong> combustione<br />

nell’atmosfera esterna. Si osservi che avendo aspirato aria atmosferica con il compressore in A lo<br />

scarico equivale ad una cessione <strong>di</strong> calore all’ambiente esterno a pressione costante.<br />

In Figura 29 si ha la vista sezionata <strong>di</strong> una turbina <strong>di</strong> tipo aeronautico nella quale si possono vedere<br />

i componenti fondamentali del ciclo Joule – Bryton e cioè il compressore, a destra in primo piano, a cui<br />

segue la camera <strong>di</strong> combustione toroidale, al centro, e poi la turbina <strong>di</strong> potenza che, per questo tipo <strong>di</strong><br />

motore, è seguita da un ugello <strong>di</strong> scarico che fornisce la spinta per far muovere gli aerei.<br />

Per gli impianti <strong>di</strong> terra si usano configurazioni impiantistiche meno compatte e con elevati<br />

carichi <strong>di</strong> lavoro (heavy duty) tipicamente 8000 ore/anno.<br />

Il ren<strong>di</strong>mento del ciclo Joule – Bryton è dato dalla relazione:<br />

1<br />

η = − (48)<br />

1<br />

k −1<br />

r k<br />

p<br />

ove r p è il rapporto delle pressioni definito come:<br />

pB<br />

rp<br />

= (49)<br />

p<br />

Poiché il lavoro prodotto dalla turbina:<br />

L = h − h (50)<br />

viene assorbito dal compressore in quantità pari a:<br />

A<br />

C<br />

D<br />

(51)<br />

ne segue che il lavoro utile prodotto dal ciclo è dato dalla <strong>di</strong>fferenza:<br />

+ −<br />

L = L − L = h − h − h − h (52)<br />

( ) ( )<br />

u C D B A<br />

Per motivi impiantistici <strong>di</strong>pendenti dalla resistenza termica dei materiali alle elevate temperature<br />

(oltre 1200 °C) occorre limitare la temperatura massima del ciclo e ciò porta anche ad avere un rapporto<br />

massimo delle pressioni che vale:


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

73<br />

r<br />

pmax<br />

k k −1<br />

⎛ T ⎞<br />

C<br />

= ⎜ ⎟<br />

TA<br />

⎝<br />

⎠<br />

(53)<br />

Figura 28: Layout del ciclo Joule – Bryton<br />

Si definisce Rapporto dei lavori il rapporto fra il lavoro utile e il lavoro positivo della turbina:<br />

+ −<br />

L − L ⎡ r ⎤<br />

p<br />

RL = = 1− + ⎢ ⎥<br />

L ⎢⎣<br />

rpmax<br />

⎥⎦<br />

Il Rapporto dei lavori è massimo per r p =0 mentre vale 0 quando r p = r p.max come in<strong>di</strong>cato in<br />

Figura 30. In essa si può anche osservare come il lavoro utile abbia un andamento parabolico con un<br />

valore massimo corrispondente interno al rapporto delle pressioni.<br />

Il Rapporto dei lavori è quin<strong>di</strong> massimo in corrispondenza ad un valore ottimale del rapporto delle<br />

pressioni che vale:<br />

r<br />

pottimale<br />

⎛ T<br />

C<br />

= rp<br />

=<br />

max ⎜ ⎟<br />

TA<br />

⎝<br />

⎞<br />

k−1<br />

k<br />

k<br />

2 1<br />

I cicli Joule – Bryton sono caratterizzati da uno sviluppo <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> potenze con piccoli volumi <strong>di</strong><br />

impianto. Ciò è dovuto al fatto che, <strong>di</strong>versamente dai motori a scoppio (sia a benzina che <strong>di</strong>esel) essi<br />

producono potenza in continuità.<br />

I ren<strong>di</strong>menti vanno dal 25% al 35% a seconda del rapporto delle pressioni utilizzato e del<br />

rapporto fra la temperatura massima e la minima del ciclo.<br />

Si tratta <strong>di</strong> valori lontano dai ren<strong>di</strong>menti dei cicli a vapore (circa 40% e oltre nei moderni<br />

impianti) e pertanto la produzione <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> potenze elettriche è oggi sempre più delle centrali a vapore<br />

(sia tra<strong>di</strong>zionali che nucleari) mentre i cicli a gas sono considerati complementari ai cicli a vapore.<br />

⎠<br />

( k − )<br />

(54)<br />

(55)


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

74<br />

Figura 29: Sezione <strong>di</strong> una turbina a gas per aereo<br />

Figura 30: Andamento del ren<strong>di</strong>mento del ciclo Joule – Bryton e del Rapporto dei lavori<br />

4.7.10 IMPIANTI DI TERRA<br />

Negli impianti <strong>di</strong> terra si vuole ottenere dal ciclo Joule – Bryton la massima potenza senza avere il<br />

problema del peso da trasportare. Pertanto negli impianti fissi si hanno layout che favoriscono gli<br />

scambi termici (combustori esterni ottimizzati) e si possono anche avere cicli rigenerativi cioè cicli nei<br />

quali si riducono le irreversibilità esterne delle trasformazioni <strong>di</strong> scambio termico (Q 1 e Q 2 ) non<br />

isoterme. In pratica si fa in modo <strong>di</strong> recuperare parte del calore che andrebbe riversato in atmosfera per<br />

preriscaldare l’aria <strong>di</strong> alimento in camera <strong>di</strong> combustione. Il ciclo così mo<strong>di</strong>ficato presente un miglior<br />

ren<strong>di</strong>mento ma richiede uno scambiatore <strong>di</strong> calore in più.<br />

Oltre alla rigenerazione si possono anche usare uno o più raffreddamenti interme<strong>di</strong> sia nella fase<br />

<strong>di</strong> compressione (cicli con intercooler) che nella fase <strong>di</strong> espansione in turbina (cicli ad espansione multipla). In<br />

questi cicli occorre inserire tanti scambiatori <strong>di</strong> calore interme<strong>di</strong> quante sono le interruzioni delle fasi <strong>di</strong><br />

compressione e <strong>di</strong> espansione. Si rinvia ai testi specializzati per ulteriori approfon<strong>di</strong>menti. In Figura 31<br />

si ha una rappresentazione <strong>di</strong> impianti a gas <strong>di</strong> terra: a sinistra si può osservare il combustore (ora<br />

esterno alla turbina) e a destra si ha una vista <strong>di</strong> una turbina a più sta<strong>di</strong> accoppiata ad un compressore<br />

sullo stesso albero motore.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

75<br />

Figura 31: Impianti a gas <strong>di</strong> terra<br />

4.7.11 COMBUSTIBILI UTILIZZATI DALLE TURBINE A GAS<br />

Negli impianti <strong>di</strong> terra le turbine a gas sono nate per bruciare gas naturale ma l’evoluzione<br />

tecnologica porta oggi all’uso anche <strong>di</strong> combustibili gassosi <strong>di</strong> altro tipo ed anche liqui<strong>di</strong> purché<br />

sottoposti a trattamenti <strong>di</strong> depurazione particolari.<br />

Le caratteristiche me<strong>di</strong>e dei combustibili gassosi sono le seguenti:<br />

Proprietà Valori Unità <strong>di</strong> Misura<br />

Piombo < 0.02 ppm<br />

Vana<strong>di</strong>o


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

76<br />

Per combustibili aventi caratteristiche <strong>di</strong>verse da quelle sopra in<strong>di</strong>cate occorre prevedere turbine<br />

opportunamente mo<strong>di</strong>ficate. Nel caso <strong>di</strong> combustibili gassosi non devono essere presenti fasi liquide.<br />

I combustibili pesanti possono richiedere un preriscaldamento per rendere possibile sia la<br />

nebulizzazione che il pompaggio.<br />

I metalli vanno separati me<strong>di</strong>ante trattamento <strong>di</strong> separazione elettrostatica, lavaggio e<br />

centrifugazione (per il so<strong>di</strong>o) e l’aggiunta <strong>di</strong> ad<strong>di</strong>tivi neutralizzanti (per il vana<strong>di</strong>o).<br />

Nel caso <strong>di</strong> funzionamento con olio pesante occorre prevedere una fermata ogni 400÷1000 ore<br />

per l’eliminazione delle ceneri ed il lavaggio con acqua calda.<br />

4.7.12 VALUTAZIONE DELL’IMPATTO AMBIENTALE PER LE TURBINE A GAS<br />

A causa del grande eccesso d’aria (oltre il 200%) necessario per il controllo della temperatura in<br />

camera <strong>di</strong> combustione si ha una percentuale <strong>di</strong> azoto ed ossigeno nei gas <strong>di</strong> scarico con percentuali del<br />

4 e 16% rispettivamente.<br />

Sono presenti ancora componenti varie <strong>di</strong> NO x e CO x oltre a idrocarburi incombusti e frazioni<br />

trascurabili <strong>di</strong> SO x e <strong>di</strong> particolato. Gli ossi<strong>di</strong> <strong>di</strong> zolfo presenti sono in proporzione alla percentuale <strong>di</strong><br />

zolfo nel combustibile. Gli idrocarburi incombusti e la CO sono emessi nelle fasi <strong>di</strong> avviamento e nei<br />

perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> funzionamento a carico parziale.<br />

Per ridurre le emissioni azotate è opportuno usare combustibili a basso contenuto <strong>di</strong> azoto,<br />

ridurre i picchi ad elevata temperatura e il rapporto combustibile- aria (anche se questo tende ad elevare<br />

la temperatura in camera <strong>di</strong> combustione). Oggi si usano camere <strong>di</strong> combustione <strong>di</strong> opportuna<br />

geometria e getti <strong>di</strong> acqua e vapore per evitare la combinazione dell’azoto con l’ossigeno dell’aria.<br />

I fumi emessi sono poco visibili poiché l’opacità Bosch è sempre


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

77<br />

Gs <strong>di</strong> scarico<br />

Olio Raffreddamento<br />

Lavoro Utile<br />

Figura 32: Bilancio energetico per una turbina a gas<br />

Figura 33: Ciclo combinato a gas e a vapore<br />

Il rapporto C = E T /E E può variare nell’intervallo 1.7÷3.5 per turbine a semplice recupero.<br />

La produzione <strong>di</strong> acqua calda surriscaldata o anche <strong>di</strong> vapore per tele riscaldamento urbano lascia<br />

intravedere interessanti sviluppi per questo tipo <strong>di</strong> impianti.<br />

In Figura 33 si ha lo schema <strong>di</strong> impianto per un ciclo combinato gas- vapore con caldaia a<br />

recupero per la produzione del vapore acqueo da inviare nella turbina a vapore (che può essere a<br />

condensazione, a derivazione, a spillamento o in contropressione a seconda delle esigenze<br />

impiantistiche). In Figura 42 si ha lo schema <strong>di</strong> ciclo rigenerativo con la possibilità <strong>di</strong> recupero termico<br />

e produzione <strong>di</strong> vapore.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

78<br />

Si possono pensare <strong>di</strong>verse applicazioni dei cicli cogenerativi negli impianti <strong>di</strong><br />

termovalorizzazione. Infatti, si può gassificare i RSU, alimentare un impianto a gas e poi produrre acqua<br />

calda surriscaldata per alimentare una rete <strong>di</strong> teleriscaldamento. Una applicazione del genere è realizzata<br />

nel comune <strong>di</strong> Brescia per la centrale <strong>di</strong> alimentazione del teleriscaldamento urbano.<br />

4.7.15 LE MICROTURBINE<br />

Figura 34: Impianto cogenerativo con turbina a gas : 120 kWe e 146 MWe<br />

Le microturbine sono dei piccolo generatori elettrici che bruciano combustibile gassoso o liquido<br />

per generare un’elevata velocità <strong>di</strong> rotazione che mette in moto un alternatore. Oggi la tecnologia della<br />

microturbina è il risultato <strong>di</strong> un lavoro <strong>di</strong> sviluppo nelle piccole turbine a gas degli autoveicoli,<br />

apparecchiature ausiliari <strong>di</strong> potenza, che furono sviluppate dall’industria automobilistica dal 1950. I test<br />

sulle microturbine iniziano attorno al 1997 e <strong>di</strong>ventano commerciali nel 2000. Le potenze <strong>di</strong> targa delle<br />

microturbine commercializzate vanno dai 30 ai 350 kW, mentre le turbine a gas convenzionali<br />

presentano un range <strong>di</strong> potenze che vanno dai 500 kW ai 250 MW.<br />

Le microturbine come le maggior parte delle turbine a gas, possono essere usate per la<br />

generazione <strong>di</strong> sola potenza elettrica oppure per la produzione combinata <strong>di</strong> calore ed elettricità (CHP<br />

= Combined Heat Power). Esse sono capaci <strong>di</strong> funzionare con una varietà <strong>di</strong> combustibili, includendo<br />

il gas naturale, gas aci<strong>di</strong>, e combustibili liqui<strong>di</strong> come benzina, cherosene, e <strong>di</strong>esel.<br />

Le microturbine sono adatte per le applicazioni <strong>di</strong> “generazione <strong>di</strong>ffusa” dovuto alla loro<br />

flessibilità nei meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> connessione, infatti possono essere collegati in parallelo per servire un grande<br />

carico, inoltre provvedono ad una stabile e atten<strong>di</strong>bile potenza con basse emissioni. Le applicazioni<br />

tipiche sono:<br />

• livellamento dei picchi e generazione <strong>di</strong> una potenza base ( grid parallel).<br />

• Produzione combinata <strong>di</strong> calore ed elettricità.<br />

• Stand-alone power.<br />

• ecc,…<br />

I campi <strong>di</strong> applicazione includono le telecomunicazioni, i ristoranti, gli alloggi, gli ospedali, gli<br />

uffici ed altri settori commerciali. Le microturbine sono attualmente utilizzate nelle applicazioni <strong>di</strong><br />

recupero <strong>di</strong> risorse nelle sorgenti <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> olio e gas, nelle miniere <strong>di</strong> carbone, ecc. Il loro uso è<br />

importante poiché la maggior parte <strong>di</strong> questi luoghi non sono serviti da corrente elettrica, e spesso<br />

quando sono serviti dalla rete, il servizio è molto costoso.<br />

Nelle applicazioni combinate, il calore <strong>di</strong> scarico della microturbina è usato per produrre acqua<br />

calda sanitaria, per riscaldare gli e<strong>di</strong>fici, per far funzionare una macchina frigorifera ad assorbimento o<br />

a fornire energia


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

79<br />

4.7.16 4.1 − DESCRIZIONE DELLA TECNOLOGIA<br />

Le microturbina sono piccole turbine a gas, la maggior parte <strong>di</strong> esse presenta uno scambiatore<br />

interno <strong>di</strong> calore chiamato recuperatore.<br />

In una microturbina, un compressore ra<strong>di</strong>ale centrifugo comprime l’aria in ingresso che poi è<br />

preriscaldata nel recuperatore usando il calore proveniente dai gas <strong>di</strong> scarico della turbina (Figura 35).<br />

In seguito l’aria calda uscente dal recuperatore viene miscelata con il combustibile nella camera <strong>di</strong><br />

combustione. I gas cal<strong>di</strong> della combustione vengono fatti espandere nella turbina. Questo determina la<br />

rotazione della turbina e quin<strong>di</strong> del compressore che a sua volta, nel modello ad albero singolo, mette in<br />

rotazione il generatore.<br />

Nel modello a due alberi, una prima turbina trascina il compressore invece la seconda trascina il<br />

generatore. Alla fine, il recuperatore usa i gas <strong>di</strong> scarico della turbina per preriscaldare l’aria uscente dal<br />

compressore.<br />

I modelli ad <strong>unico</strong> albero operano generalmente a velocità superiore ai 60.000 rpm e generano<br />

una potenza elettrica <strong>di</strong> elevata e variabile frequenza (corrente alternata, AC). Questa potenza è<br />

mo<strong>di</strong>ficata in corrente continua (DC) e poi mutata a 60 Hz per gli Stati Uniti.<br />

Nella versione a doppio albero, la turbina è connessa me<strong>di</strong>ante ingranaggi al generatore che<br />

produce potenza elettrica a 60 Hz. Alcuni costruttori offrono delle unità che producono potenza a 50<br />

Hz. Queste vengono richieste da paesi dove la frequenza standard è <strong>di</strong> 50 Hz, come l’Europa e parte<br />

dell’Asia.<br />

4.7.17 4.2 − COMPONENTI DI BASE<br />

Figura 35: Schema <strong>di</strong> una microturbina.<br />

I componenti base delle microturbine sono il compressore, la turbina e il recuperatore (Figura 43)<br />

Turbocompressore<br />

Il cuore della microturbina è il turbocompressore, che è comunemente montato su un singolo<br />

albero insieme al generatore elettrico. Due cuscinetti supportano l’<strong>unico</strong> albero. Questa soluzione è<br />

utilizzata per ridurre le necessarie manutenzioni e accrescere la totale realizzabilità. Ci sono anche<br />

versioni a due alberi, le quali, anche se hanno più parti in movimento, non complicano la conversione<br />

dall’alta frequenza ai 60Hz.<br />

Per le contenute <strong>di</strong>mensioni le turbomacchine a gas usano turbine e compressori assiali<br />

multista<strong>di</strong>o, nelle quali il gas fluisce lungo l’asse dell’albero ad è compresso e fatto espandere attraverso<br />

gli sta<strong>di</strong>.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

80<br />

Comunque, il turbocompressore e la turbina delle microturbomacchine sono basati su un singolo<br />

sta<strong>di</strong>o ra<strong>di</strong>ale. La turbomacchine ra<strong>di</strong>ali usano piccole quantità <strong>di</strong> portate <strong>volume</strong>triche <strong>di</strong> aria e <strong>di</strong><br />

prodotti della combustione con la conseguenza <strong>di</strong> elevate efficienze. Le gran<strong>di</strong> turbine ed i gran<strong>di</strong><br />

compressori assiali sono tipicamente più efficienti <strong>di</strong> quelle ra<strong>di</strong>ali. Comunque, nelle <strong>di</strong>mensioni delle<br />

microturbine ra<strong>di</strong>ali i componenti presentano piccole superficie <strong>di</strong>sperdenti procurando efficienze<br />

molto elevate.<br />

Nelle microturbine, l’albero del turbocompressore ruota ad elevate velocità, circa 96.000 rpm nel<br />

caso <strong>di</strong> macchine <strong>di</strong> 30 kW e circa 80.000 rpm in quelle <strong>di</strong> 75 kW.<br />

Le turbine ra<strong>di</strong>ali che conducono il compressore sono abbastanza simili in termini <strong>di</strong> modello e<br />

portate <strong>volume</strong>triche a quelle delle automobili, camion, ecc.<br />

Le piccole turbine a gas, delle <strong>di</strong>mensioni e potenze delle microturbine, vengono anche utilizzate<br />

come sistemi ausiliari <strong>di</strong> potenza sugli aeroplani.<br />

Generatore<br />

Le microturbine producono potenza elettrica grazie ad un generatore che è posto in rotazione o<br />

sull’<strong>unico</strong> albero del turbocompressore oppure con una seconda turbina <strong>di</strong> potenza che guida, me<strong>di</strong>ante<br />

ingranaggi, un generatore convenzionale che ruota a 3600 rpm. Il generatore del modello ad <strong>unico</strong><br />

albero utilizza un alternatore, del tipo magnete permanente (tipicamente Samarium-Cobalt), e richiede<br />

che l’alta frequenza in AC <strong>di</strong> uscita (circa 1600 Hz per una macchina <strong>di</strong> 30 kW) sia convertita a 60÷50<br />

Hz per i <strong>di</strong>versi impieghi. Questo tipo <strong>di</strong> operazione richiede due fasi:<br />

• rettificazione, in questa fase si mo<strong>di</strong>fica l’alta frequenza, da corrente alternata (AC) a corrente<br />

continua (DC).<br />

• inversione, in questo caso si converte la DC in AC con frequenza <strong>di</strong> 60÷50 Hz.<br />

Il processo <strong>di</strong> conversione comporta una riduzione dell’efficienza (approssimativamente 5%).<br />

Nella fase <strong>di</strong> avvio, nel modello ad albero singolo, il generatore funge da motore mettendo in<br />

moto il turbocompressore. Raggiunta una sufficiente velocità <strong>di</strong> rotazione si avvia il combustore. Per<br />

completare la fase <strong>di</strong> avviamento sono richiesti parecchi minuti.<br />

Se il sistema opera in<strong>di</strong>pendentemente dalla rete sono richiesti dei gruppi elettronici <strong>di</strong> continuità<br />

per avviare il generatore.<br />

Recuperatore<br />

I recuperatori sono degli scambiatori <strong>di</strong> calore che utilizzano i gas cal<strong>di</strong> <strong>di</strong> scarico della turbina<br />

(tipicamente attorno ai 650 °C) per preriscaldare l’aria compressa (tipicamente attorno ai 150 °C) che<br />

poi va al combustore. In questo modo si riduce <strong>di</strong> molto il combustibile necessario per raggiungere<br />

elevate temperature in ingresso turbina.<br />

Questo tipo <strong>di</strong> sistema è detto rigenerativo (Fig. 4.2.3.1) il quale comporta un elevato ren<strong>di</strong>mento<br />

termo<strong>di</strong>namico rispetto a quello senza rigenerazione, infatti facendo riferimento all’aria standard si ha:<br />

• senza rigenerazione:<br />

( hC<br />

− hD<br />

) − ( hB<br />

− hA<br />

) ( TC<br />

−TD<br />

) − ( TB<br />

−TA<br />

)<br />

η<br />

no _ rig<br />

=<br />

=<br />

h − h<br />

T −T<br />

• con rigenerazione:<br />

η<br />

si _ rig<br />

=<br />

( )<br />

C<br />

( hC<br />

− hD<br />

) − ( hB<br />

− hA<br />

)<br />

( h − h )<br />

C<br />

B<br />

E<br />

=<br />

( )<br />

C<br />

( TC<br />

−TD<br />

) − ( TB<br />

−TA<br />

)<br />

( T −T<br />

)<br />

Nelle microturbine i recuperatori possono più che raddoppiare l’efficienza della macchina.<br />

Comunque, poiché c’è una caduta <strong>di</strong> pressione nel recuperatore sia nel lato turbina che nel lato<br />

compressore, la potenza <strong>di</strong> uscita si abbassa <strong>di</strong> circa 10÷15% da quella ottenibile senza la rigenerazione.<br />

Il recuperatore inoltre abbassa la temperatura dei gas <strong>di</strong> scarico della microturbine, riducendo<br />

l’efficacia della microturbine nelle applicazioni cogenerative (CHP).<br />

C<br />

B<br />

E


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

81<br />

T<br />

C<br />

p<br />

B<br />

p A<br />

B<br />

E<br />

D<br />

F<br />

A<br />

CALORE DI RIGENERAZIONE<br />

s<br />

Figura 36: Ciclo rigenerativo con l’evidenziazione del calore trasferito.<br />

4.7.18 4.3 − APPLICAZIONI COGENERATIVE (CHP)<br />

Nelle applicazioni cogenerative (CHP) viene utilizzato un secondo scambiatore <strong>di</strong> calore (Figura<br />

42) che trasferisce l’energia rimanente dei gas <strong>di</strong> scarico della microturbina ad un sistema <strong>di</strong><br />

riscaldamento dell’acqua sanitaria. Il calore dei gas <strong>di</strong> scarico può essere utilizzato anche per <strong>di</strong>verse<br />

applicazioni come: raffrescamento me<strong>di</strong>ante macchine ad assorbimento, riscaldamento degli e<strong>di</strong>fici, ecc.<br />

Alcune microturbine realizzate per le applicazioni cogenerative non usano il recuperatore, infatti<br />

in questo caso la temperatura dei gas <strong>di</strong> scarico è più alta e quin<strong>di</strong> più calore può essere utilizzato per il<br />

recupero. Le caratteristiche delle microturbine utilizzate per scopi cogerativi sono:<br />

• calore in uscita, le microturbine producono un calore in uscita a temperature comprese tra i 200 ed<br />

i 270 °C, adatto per svariati impieghi.<br />

• flessibilità sul combustibile, le microturbine possono funzionare usando <strong>di</strong>fferenti combustibili: gas<br />

naturale, gas aci<strong>di</strong>, e combustibili liqui<strong>di</strong> come benzina, cherosene, gasolio.<br />

• affidabilità e durata, la durata <strong>di</strong> progetto è stimata tra le 40000 e le 80000 ore <strong>di</strong> lavoro. Sebbene i<br />

componenti hanno <strong>di</strong>mostrato un’elevata affidabilità, essi non hanno dato, nei servizi<br />

commerciali, una durata abbastanza lunga.<br />

• potenza <strong>di</strong> targa, le microturbine commerciali ed in via <strong>di</strong> sviluppo presentano potenze <strong>di</strong> targa<br />

variabili tra i 30 ed i 350 kW.<br />

• emissioni, le basse temperature <strong>di</strong> ingresso e gli elevati valori del rapporto aria-combustibile<br />

comportano una riduzione degli NO X <strong>di</strong> circa 10 parti per milioni (ppm) quando si utilizza il gas<br />

naturale.<br />

• modularità, le unità possono essere connesse in parallelo per servire un elevato carico.<br />

• Carico parziale, poiché le microturbine riducono la potenza riducendo la portata d’aria e la<br />

temperatura <strong>di</strong> combustione, può succedere che l’efficienza a carico parziale sia superiore a quella<br />

a pieno carico.<br />

4.7.19 PRESTAZIONI DELLE MICROTURBINE<br />

Le microturbine sono più complesse delle convenzionali turbine a gas a ciclo semplice, inoltre<br />

l’aggiunta del recuperatore in entrambi i casi riduce la quantità <strong>di</strong> combustibile utilizzato (aumenta <strong>di</strong><br />

molto l’efficienza) ma introduce una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> pressione interna che abbassa <strong>di</strong> poco l’efficienza e la<br />

potenza <strong>di</strong> uscita.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

82<br />

Il recuperatore a sua volta presenta quattro connessioni, per cui <strong>di</strong>venta una sfida per il<br />

produttore <strong>di</strong> microturbine fare delle connessioni in modo tale da ridurre le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione,<br />

mantenere i costi <strong>di</strong> produzione bassi ed avere allo stesso tempo un’elevata affidabilità.<br />

Il recuperatore ha due parametri che ne misurano le prestazioni, l’efficienza e la caduta <strong>di</strong><br />

pressione, che vengono selezionate facendo un’analisi dei costi e delle ven<strong>di</strong>te. Un’elevata efficienza<br />

richiede un recuperatore con grande superficie <strong>di</strong> scambio termico, la quale genera un incremento del<br />

costo e un’ulteriore caduta <strong>di</strong> pressione.<br />

Quest’ultima riduce la potenza netta prodotta e <strong>di</strong> conseguenza aumenta il costo delle<br />

microturbine per ogni kW.<br />

Efficienza elettrica<br />

La Figura 37 mostra l’efficienza elettrica <strong>di</strong> una microturbina con recuperatore in funzione del<br />

rapporto <strong>di</strong> compressione, per un intervallo <strong>di</strong> temperature <strong>di</strong> fiamma comprese tra i 850 ed i 950°C alle<br />

quali corrisponde un’ottima conservazione della vita dei materiali della turbina.<br />

L’efficienza riportata è quella lorda infatti non vengono considerate le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> conversione<br />

dall’alta alla bassa frequenza. La stessa figura 4.4.1.1 mostra una elevata prestazione per un rapporto<br />

delle pressioni compreso tra 3 e 4.<br />

La Figura 38 mostra l’andamento della potenza specifica per lo stesso intervallo <strong>di</strong> temperature <strong>di</strong><br />

fiamma e del rapporto delle pressioni. Più elevato è il rapporto <strong>di</strong> compressione e più alta è la potenza<br />

specifica.<br />

Comunque, i limiti pratici del raggiungere certe velocità <strong>di</strong> punta da parte dei componenti del<br />

compressore e della turbina dovuto alla forza centrifuga, fa si che si utilizzano rapporti delle pressioni<br />

tra 3,5 e 5.<br />

Figura 37: Efficienza della microturbina in funzione del rapporto <strong>di</strong> compressione e della temperatura <strong>di</strong> fiamma.<br />

In questa figura è mostrato anche il valore del potere calorifero superiore (HHV), il quale include<br />

il calore <strong>di</strong> condensazione del vapore acqueo nei prodotti della combustione.<br />

Nella letteratura scientifica è spesso usato il potere calorifero inferiore (LHV), il quale non<br />

include il calore <strong>di</strong> condensazione del vapore acqueo.<br />

Il potere calorifero superiore è più grande <strong>di</strong> quello inferiore e nel caso <strong>di</strong> gas naturale la<br />

<strong>di</strong>fferenza è del 10%.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

83<br />

Figura 38: Potenza specifica delle microturbine in funzione del rapporto <strong>di</strong> compressione e temperatura <strong>di</strong> fiamma.<br />

Prestazioni a carico parziale<br />

Quando siamo a carico parziale si richiede una minor potenza <strong>di</strong> uscita dalla microturbina. La<br />

riduzione <strong>di</strong> potenza può avvenire riducendo la portata massica (ottenuta riducendo la velocità del<br />

compressore) e la temperatura <strong>di</strong> ingresso alla turbina.<br />

I tempi necessari ad una microturbina per andare dalla con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> assenza <strong>di</strong> carico a quella a<br />

pieno carico sono dell’or<strong>di</strong>ne dei 15 secon<strong>di</strong>. Una rapida eliminazione del carico causerà quin<strong>di</strong> un<br />

accumulo <strong>di</strong> energia nella microturbina con un aumento della velocità <strong>di</strong> rotazione che danneggerà la<br />

stessa.<br />

Insieme ad una riduzione della potenza, questi cambiamenti delle con<strong>di</strong>zioni operative riducono<br />

anche l’efficienza (Figura 39).<br />

Figura 39: Prestazioni a carico parziale <strong>di</strong> una microturbina.<br />

Effetti delle con<strong>di</strong>zioni ambientali sulle prestazioni delle microturbine<br />

Le con<strong>di</strong>zioni ambientali in cui lavora una microturbina ha un notevole effetto sulla potenza <strong>di</strong><br />

uscita e sull’efficienza. Ad una elevata temperatura dell’aria in ingresso, decrescano sia la potenza che<br />

l’efficienza. La potenza decresce a causa <strong>di</strong> una minore portata d’aria d’ingresso (infatti la densità<br />

dell’aria <strong>di</strong>minuisce all’aumentare della temperatura), e l’efficienza decresce perché il compressore<br />

richiede una maggiore potenza per comprimere aria ad una più elevata temperatura (Figura 40).


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

84<br />

Figura 40: Effetto della temperatura ambiente sulle prestazioni <strong>di</strong> una microturbina.<br />

Un altro fattore che con<strong>di</strong>ziona le prestazioni delle microturbine è l’altitu<strong>di</strong>ne in quanto la densità<br />

decresce all’aumentare dell’altitu<strong>di</strong>ne rispetto al livello del mare e <strong>di</strong> conseguenza <strong>di</strong>minuisce la potenza<br />

(Figura 41).<br />

Recupero <strong>di</strong> calore<br />

Figura 41: Effetto dell’altitu<strong>di</strong>ne sulle prestazioni della microturbina.<br />

L’uso dell’energia termica contenuta nei gas <strong>di</strong> scarico accresce l’economicità delle microturbine.<br />

L’energia contenuta nei gas <strong>di</strong> scarico può essere recuperata ed usata in svariati mo<strong>di</strong>, incluso il<br />

riscaldamento dell’acqua sanitaria, il riscaldamento degli e<strong>di</strong>fici, il raffrescamento me<strong>di</strong>ante chiller ad<br />

assorbimento.<br />

L’efficienza del sistema <strong>di</strong> cogenerazione delle microturbine è funzione della temperatura del<br />

calore <strong>di</strong> scarico. L’efficacia del recuperatore influenza fortemente la temperatura <strong>di</strong> scarico della<br />

microturbina. Di conseguenza i sistemi cogenerativi delle microturbine hanno <strong>di</strong>fferenti valori <strong>di</strong><br />

efficienze e <strong>di</strong> calore netto utilizzabile. Queste variazioni sono dovuti al modello e al costo <strong>di</strong><br />

realizzazione del recuperatore.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

85<br />

Emissioni<br />

Le microturbine presentano delle emissioni particolarmente basse. Tutte la microturbina si<br />

basano sulla tecnologia <strong>di</strong> bruciare combustibili gassosi che hanno la caratteristica <strong>di</strong> essere premiscelati<br />

e magri. In questo caso si riducono gli NO x .. I principali inquinanti che fuoriescono dalle microturbine<br />

sono gli NO x (ossi<strong>di</strong> <strong>di</strong> azoto), CO (monossido <strong>di</strong> carbonio) e idrocarburi incombusti. Esse producono<br />

anche delle piccole quantità <strong>di</strong> SO 2 (<strong>di</strong>ossido <strong>di</strong> zolfo). Le microturbine sono realizzate per ridurre le<br />

emissioni quando siamo a pieno carico; spesso esse sono molto più elevate quando si opera a carico<br />

parziale. L’inquinante NO x è una miscela <strong>di</strong> NO e NO 2 . Gli NOx si formano da tre meccanismi quello<br />

predominante è quello termico. L’ossigeno e l’azoto presenti nell’aria non reagiscono tra loro a<br />

temperatura ambiente ma possono reagire ad alta temperatura dando luogo all’ossido <strong>di</strong> azoto:<br />

O + N 2NO<br />

2 2<br />

⇒<br />

Il livello <strong>di</strong> NO x prodotti dall’effetto termico <strong>di</strong>pende dalla temperatura <strong>di</strong> fiamma e del tempo <strong>di</strong><br />

residenza. Una elevata temperatura <strong>di</strong> fiamma incrementa <strong>di</strong> molto la produzione <strong>di</strong> NOx.<br />

Una combustioni incompleta ci dà CO ed idrocarburi incombusti. Le emissioni <strong>di</strong> CO sono<br />

dovuti ad un insufficiente tempo <strong>di</strong> residenza ad elevata temperatura. Le emissioni <strong>di</strong> CO <strong>di</strong>pendono<br />

pesantemente anche dalle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> carico. Infatti un’unità che lavora a bassi carichi tenderà ad<br />

avere una combustione incompleta che incrementerà la formazione <strong>di</strong> CO. I valori <strong>di</strong> CO devono<br />

essere sotto i 50 ppm. Anche se non è considerato come un inquinante nel vero senso della parola, le<br />

emissioni <strong>di</strong> CO 2 sono alquanto pericolose per il contributo al riscaldamento della Terra. Il<br />

riscaldamento atmosferico è dovuto al fatto che la ra<strong>di</strong>azione solari penetra sulla superficie della Terra<br />

ma la ra<strong>di</strong>azione infrarossa emessa dalla stessa superficie viene assorbita dalla CO 2 presente<br />

nell’atmosfera incrementando quin<strong>di</strong> la temperatura del globo terrestre. La quantità <strong>di</strong> CO 2 emessa è<br />

funzione del carbonio contenuto nel combustibile e dall’efficienza del sistema<br />

4.7.20 ESEMPIO DI COGENERATORI CON TURBINE GAS<br />

Esistono in commercio moduli compatti <strong>di</strong> sistemi <strong>di</strong> cogenerazione con turbina a gas del tipo <strong>di</strong><br />

quelli in<strong>di</strong>cato in Figura 43 (Sistema Turbec ®) capace <strong>di</strong> produrre, alle con<strong>di</strong>zioni nominali <strong>di</strong> 15 °C <strong>di</strong><br />

temperatura a b.s. dell’aria <strong>di</strong> immissione, 100 kW <strong>di</strong> energia elettrica e 160 kW <strong>di</strong> energia termica con<br />

acqua a 95 °C.<br />

Figura 42: Ciclo rigenerativo a gas


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

86<br />

Figura 43: Esempio <strong>di</strong> modulo compatto <strong>di</strong> cogeneratore con turbina a gas<br />

In Figura 44 si ha la vista frontale dello stesso modulo: sono visibili i canali <strong>di</strong> immissione dell’aria<br />

esterna e <strong>di</strong> espulsione dei gas combusti. In Figura 45 si ha la vista dell’interno del modulo Turbec ® da<br />

100 kWe nominali.<br />

Si osservi come il contenitore (lungo 2900 mm, largo 760 mm ed alto 1900 mm) racchiuda sia la<br />

turbina a gas che il generatore elettrico e i recuperatori <strong>di</strong> calore.<br />

Figura 44: Vista frontale del modulo<br />

I canali <strong>di</strong> immissione aria sono <strong>di</strong> 400 mm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro e quelli <strong>di</strong> espulsione degli incombusti <strong>di</strong><br />

200 mm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro. Il sistema è dato per un funzionamento garantito <strong>di</strong> almeno 60.000 ore (cioè <strong>di</strong><br />

oltre 7 anni continui <strong>di</strong> funzionamento).<br />

Figura 45: Interno del modulo Turbec da 100 kWe nominali.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

87<br />

Il package sopra in<strong>di</strong>cato consente <strong>di</strong> utilizzare il sistema <strong>di</strong> cogenerazione come un qualsiasi<br />

generatore al quale ci si deve preoccupare <strong>di</strong> garantire l’aria <strong>di</strong> combustione e lo scarico dei gas. Il<br />

modulo prevede anche, ve<strong>di</strong> figure precedenti, gli attacchi per l’ingresso e l’uscita dell’acqua calda.<br />

Il sistema in<strong>di</strong>cato funziona a gas metano con pressione <strong>di</strong> alimentazione <strong>di</strong> 6.5 bar e con<br />

consumo nominale <strong>di</strong> 360 kW e ren<strong>di</strong>mento globale pari al 72 %..<br />

La rumorosità del modulo è ridottissima e pari a 70 dB ad 1 m <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza. Si tratta, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> un<br />

generatore molto silenzioso, specialmente se paragonato ai generatori a turbina tra<strong>di</strong>zionali.<br />

Il costo in<strong>di</strong>cativo del sistema Turbec ® è <strong>di</strong> circa 280 ML, esclusa installazione e pipino e quin<strong>di</strong> si<br />

tratta <strong>di</strong> un sistema interessante sia per le applicazioni <strong>di</strong> cogenerazione <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a grandezza che per le<br />

applicazioni <strong>di</strong> trigenerazione in accoppiamento con un refrigeratore d’acqua ad assorbimento a<br />

bromuro <strong>di</strong> litio.<br />

4.7.21 MOTORE PRIMO CON TURBINA A VAPORE<br />

La turbina a vapore si presta benissimo quale motore primo per gli impianti <strong>di</strong> cogenerazione.<br />

Essa può essere a condensazione, a contropressione o a prelievo regolato.<br />

La turbina a condensazione è solitamente utilizzata per sola produzione <strong>di</strong> energia elettrica ed<br />

hanno ottimi ren<strong>di</strong>menti (specialmente con gruppi <strong>di</strong> potenza > 100 MW).<br />

La turbina a contropressione scarica parte del vapore ad una pressione stabilita per usi esterni (<strong>di</strong><br />

processo o termici) mentre parte (o anche niente per la contropressione totale) prosegue fino a<br />

condensazione).<br />

La turbina a vapore consente <strong>di</strong> utilizzare combustibili <strong>di</strong>versi ed avere anche caldaie a recupero<br />

per varie applicazioni. Ha una elevata affidabilità, facilità <strong>di</strong> conduzione e manutenzione e bassi<br />

consumi specifici per la produzione <strong>di</strong> elettricità.<br />

In genere la turbina a vapore consente poca elasticità nel carico e quin<strong>di</strong> si ha una elevata rigi<strong>di</strong>tà<br />

<strong>di</strong> impianto. Le turbine a prelievo regolato presentano una maggiore flessibilità in funzione della<br />

variazione del carico.<br />

4.7.22 CICLO TERMODINAMICO<br />

La macchina a vapore utilizza il vapore come fluido <strong>di</strong> lavoro poiché esso gode della caratteristica<br />

<strong>di</strong> operare trasformazioni isotermiche ed isobariche all’interno della curva <strong>di</strong> Andrews, come in<strong>di</strong>cato in<br />

Figura 46. Si osservi, infatti, che per una generica isobara all’interno della curva si ha un andamento<br />

orizzontale (coincidente con l’isoterma, anche se non <strong>di</strong> eguale valore, s’intende!). Questo è giustificato<br />

dalla varianza ridotta ad 1 quando il vapore è saturo 17 . Questa caratteristica risulta interessante per la<br />

realizzazione <strong>di</strong> un ciclo che si avvicini al ciclo ideale <strong>di</strong> Carnot.<br />

Si osservi, infatti, la Figura 47: in essa si ha all’interno della curva <strong>di</strong> Andrews un ciclo <strong>di</strong> Carnot a<br />

tratto intero. Non vi è dubbio che le trasformazioni BC <strong>di</strong> vaporizzazione e DA <strong>di</strong> condensazione sono<br />

contemporaneamente isotermiche ed isobare. Nella realtà si ha sempre un per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> pressione nel<br />

movimento del vapore saturo nelle tubazioni della caldaia ma si può per il momento pensare che queste<br />

per<strong>di</strong>te siano piccole e trascurabili.<br />

Le trasformazioni CD e AB sono isoentropiche ma non realizzabili nella realtà. L’espansione CD<br />

può essere politropica e quin<strong>di</strong> con una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> lavoro utile a causa della non isoentropicità. La<br />

trasformazione AB rappresenta una compressione <strong>di</strong> un vapore saturo (in D) che viene compresso fino<br />

al punto A in cui è liquido saturo secco.<br />

Una tale trasformazione non è in alcun modo realizzabile nella pratica, neanche con produzione<br />

<strong>di</strong> irreversibilità, a causa della grande variazione del <strong>volume</strong> specifico del fluido (grande quando c’è<br />

vapore e piccolo quando c’è liquido!) e del pericolo <strong>di</strong> impuntamento del pistone <strong>di</strong> compressione.<br />

17 Un vapore si <strong>di</strong>ce saturo quando è in presenza del proprio liquido.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

88<br />

Pertanto la trasformazione AB viene sostituita, per il momento con riferimento al ciclo ideale<br />

reversibile, con la trasformazione <strong>di</strong> piena condensazione DA’ e poi segue una compressione in fase<br />

liquida (me<strong>di</strong>ante una normale pompa) da A’ alla pressione in caldaia, punto A’’.<br />

Dal punto A’’ occorre ora riscaldare l’acqua fino al punto B <strong>di</strong> inizio vaporizzazione per poi<br />

proseguire con le fasi normali del ciclo <strong>di</strong> Carnot. Purtroppo la fase <strong>di</strong> riscaldamento A’’B è<br />

esternamente irreversibile nel senso che in questa trasformazione si fornisce calore alla macchine ma<br />

a temperatura variabile e pertanto si ha una irreversibilità termo<strong>di</strong>namica che porta ad avere un ciclo<br />

ideale (cioè internamente reversibile) ma con un ren<strong>di</strong>mento inferiore rispetto al ciclo <strong>di</strong> Carnot.<br />

Il ciclo <strong>di</strong> Carnot così mo<strong>di</strong>ficato è il ciclo Rankine che è il ciclo noto fin dalla fine del settecento<br />

come ciclo delle macchine a vapore. Le prime macchine a vapore furono costruite in Gran Bretagna per<br />

azionare i montacarichi nelle miniere del Galles. Esse avevano ren<strong>di</strong>menti bassissimi (2-4%) ma<br />

segnarono l'inizio della cosiddetta era industriale.<br />

Pian piano vennero perfezionate e <strong>di</strong>vennero sempre più affidabili e potenti tanto da potere<br />

essere utilizzate anche per le locomotive a vapore e per i motori marini dei piroscafi.<br />

Temperatura<br />

T<br />

C<br />

A<br />

x=0<br />

x=0.2<br />

X<br />

x=0.4<br />

x=0.6<br />

T e p costanti<br />

B<br />

isobara<br />

x=1<br />

x=0.8<br />

Curva del vapore saturo secco<br />

curva del liquido saturo secco<br />

sl sx sv<br />

s<br />

Entropia Specifica<br />

Figura 46: Curva <strong>di</strong> Andrews per il vapore d’acqua<br />

Le macchine a vapore del secolo scorso (ma che sono utilizzate anche oggi in alcune applicazioni)<br />

utilizzavano quale organo motore il cassonetto con stantuffo.<br />

L'esempio tipico é quello delle locomotive a vapore o dei motori marini vecchio tipo.<br />

Oggi tali organi motori sono stati soppiantati quasi del tutto dalle turbine a vapore. Il ciclo <strong>di</strong><br />

Rankine o delle macchine a vapore e rappresentato in Figura 48 nel piano (p,v). Il calore viene ceduto<br />

in caldaia all'acqua che vaporizza (trasformazione ABC) e poi si invia il vapore in una turbina dove<br />

viene fatto espandere (trasformazione CD).<br />

In uscita dalla turbina il vapore viene condensato (cioè passa dallo stato <strong>di</strong> vapore a quello <strong>di</strong><br />

liquido) nel condensatore (trasformazione DA) e da questo me<strong>di</strong>ante una pompa (non é rappresentata<br />

in figura la corrispondente trasformazione perché troppo piccola alla scala considerata) viene rimandato<br />

in caldaia e si ripete il ciclo. Il ren<strong>di</strong>mento termo<strong>di</strong>namico <strong>di</strong>pende dalle quantità <strong>di</strong> calore cedute nella<br />

vaporizzazione in caldaia e nella condensazione nel condensatore secondo la relazione<br />

η = L Q2<br />

1<br />

Q<br />

= − Q<br />

. (56)<br />

1 1<br />

Ricordando che per trasformazioni isobare si può calcolare il calore scambiato me<strong>di</strong>ante<br />

<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> entalpia così come per trasformazioni a<strong>di</strong>abatiche il lavoro è ancora dato dalla <strong>di</strong>fferenza<br />

<strong>di</strong> entalpia, si può ancora scrivere:


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

89<br />

L hC<br />

− h<br />

η = =<br />

Q h − h<br />

1<br />

C<br />

D<br />

A<br />

Questo ciclo é utilizzato in tutte le centrali termiche per ottenere potenze elevate. Esso é<br />

utilizzato nelle centrali ENEL (non nella versione <strong>di</strong> base ora vista ma con ulteriori miglioramenti<br />

impiantistici) e negli impianti industriali.<br />

Il ciclo Rankine produce, negli impianti <strong>di</strong> grande potenza (oggi si hanno centrali da 1 GW),<br />

inquinamento termico nel senso che il condensatore si hanno scarica nell'ambiente enormi quantità <strong>di</strong><br />

calore a bassa temperatura che può, qualora non adeguatamente controllato, provocare mutazioni<br />

nell'equilibrio ecologico dell'ambiente circostante.<br />

In genere si limitano a due o tre i surriscaldamenti per problemi in caldaia.<br />

In Figura 50 si ha il confronto (supponendo trasformazioni internamente reversibili!) fra il ciclo<br />

Rankine ed il ciclo <strong>di</strong> Carnot.<br />

L’area tratteggiata in<strong>di</strong>ca la per<strong>di</strong>ta ideale 18 rispetto al ciclo <strong>di</strong> Carnot a pari temperature estreme.<br />

La stessa figura spiega anche perché è importante utilizzare i vapori saturi per le macchine termiche.<br />

(57)<br />

Temperatura<br />

B<br />

C<br />

A''<br />

A'<br />

A<br />

D<br />

Entropia<br />

Figura 47: Ciclo <strong>di</strong> Carnot con vapore saturo<br />

Si osserva, infatti, che la trasformazione BC è <strong>di</strong> vaporizzazione (da A verso B) e pertanto, per<br />

quanto detto per i cambiamenti <strong>di</strong> stato, la temperatura è costante. Analogo <strong>di</strong>scorso, anche se parziale,<br />

può essere fatto per la trasformazione DE <strong>di</strong> parziale condensazione.<br />

Quin<strong>di</strong> l’utilizzo <strong>di</strong> trasformazioni all’interno della curva <strong>di</strong> Andrews consente <strong>di</strong> avere scambi<br />

termici a temperature costanti e quin<strong>di</strong>, almeno idealmente, <strong>di</strong> essere confrontabili con le analoghe<br />

trasformazioni del ciclo <strong>di</strong> Carnot.<br />

Si può ancora osservare dalla Figura 50 che la fase AB <strong>di</strong> preriscaldamento del liquido fino alle<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> saturazione (corrispondenti al punto B) non avviene a temperatura costante e pertanto la<br />

18 Si ricor<strong>di</strong> che le trasformazioni reali sono sempre irreversibili e che le aree nel piano <strong>di</strong> Gibbs non sono pari ai<br />

lavori reali poiché sono incluse anche le per<strong>di</strong>te per irreversibilità che il <strong>di</strong>agramma entropico non visualizza.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

90<br />

trasformazione, pur essendo internamente reversibile, è esternamente irreversibile con la conseguenza che il<br />

ren<strong>di</strong>mento del ciclo Rankine è ineluttabilmente inferiore a quello del ciclo <strong>di</strong> Carnot corrispondente.<br />

Oggi si cerca <strong>di</strong> ovviare a queste conseguenze me<strong>di</strong>ante la rigenerazione termica con la quale si riduce<br />

al massimo la fase esternamente irreversibile <strong>di</strong> preriscaldamento.<br />

Il Ciclo che ne deriva è più complesso <strong>di</strong> quello sopra schematizzato.<br />

4.7.23 DISPOSITIVI FONDAMENTALI PER LE CENTRALI TERMICHE A VAPORE<br />

Le trasformazioni in<strong>di</strong>cate in Figura 48 sono realizzate me<strong>di</strong>ante particolari <strong>di</strong>spositivi,<br />

schematizzati con simbolismo in Figura 48 a destra.<br />

Questi <strong>di</strong>spositivi sono fra loro collegati me<strong>di</strong>ante tubazioni nelle quale scorre il vapore o l’acqua<br />

<strong>di</strong> condensa, a seconda delle trasformazioni.<br />

La Caldaia<br />

Le caldaie <strong>di</strong> potenza sono mastodontiche installazioni, ve<strong>di</strong> Figura 51, nelle quali si trasferisce la<br />

massima quantità <strong>di</strong> energia termica dalla fiamma, in basso nella sezione conica, all’acqua e al vapore<br />

che fluiscono lungo le pareti e nella zona laterale protetta, rispettivamente.<br />

La zona laterale è utilizzata per il surriscaldamento del vapore: essa riceve calore solo per<br />

convezione poiché l’irraggiamento termico della fiamma viene mascherato dalla struttura e in questo<br />

modo può limitare la temperatura massima del vapore.<br />

Si ricor<strong>di</strong>, infatti, che il calore specifico del vapore è minore <strong>di</strong> quello dell’acqua e pertanto se si<br />

mantenesse lo stesso flusso termico <strong>di</strong> fiamma si avrebbe il rischio <strong>di</strong> bruciatura dei tubi.<br />

Queste caldaie sono assai ingombranti e pongono seri problemi anche dal punto <strong>di</strong> vista delle<br />

installazioni. Esse richiedono, infatti, strutture portanti <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni, solitamente in acciaio, e<br />

capaci <strong>di</strong> sopportare azioni deflagranti e sismiche.<br />

TURBINA<br />

LAVORO UTILE<br />

CALDAIA<br />

CONDENSATORE<br />

POMPA<br />

Figura 48: Ciclo delle macchine a vapore <strong>di</strong> Rankine


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

91<br />

Temperatura<br />

B<br />

C<br />

A<br />

E<br />

D<br />

Entropia<br />

Figura 49: Rappresentazione del Ciclo Rankine ideale.<br />

Temperatura<br />

Zona in <strong>di</strong>fetto rispetto al ciclo <strong>di</strong> Carnot<br />

B<br />

C<br />

A<br />

E<br />

D<br />

Entropia<br />

Figura 50: Confronto fra il ciclo Rankine e il ciclo <strong>di</strong> Carnot<br />

Per impianti <strong>di</strong> modeste <strong>di</strong>mensioni si possono avere tipologie <strong>di</strong> caldaie più semplici a tubi<br />

d’acqua e a tubi <strong>di</strong> fumo.<br />

La fiamma proveniente dal bruciatore produce fumi che lambiscono i tubi all’interno dei quali<br />

scorre l’acqua che viene così riscaldata e/o vaporizzata.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

92<br />

Figura 51: Layout <strong>di</strong> una caldaia <strong>di</strong> potenza per gran<strong>di</strong> centrali<br />

Le caldaie a tubi <strong>di</strong> fumo (cioè con passaggio dei gas <strong>di</strong> combustione all’interno del fascio tubiero<br />

mentre l’acqua scorre all’esterno) hanno limiti <strong>di</strong> pressione e temperatura <strong>di</strong> 30 bar e 350 °C con una<br />

produzione <strong>di</strong> circa 2.8 kg/s (cioè 10 t/h).<br />

Le caldaie a tubi d’acqua possono produrre vapore in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong>verse.<br />

Nelle caldaie a circolazione naturale la circolazione avviene senza organi motori esterni. Nelle caldaie<br />

a circolazione forzata le pompe <strong>di</strong> alimentazione assicurano la circolazione attraverso l’intero generatore a<br />

vapore in modo da favorire lo scambio termico in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> assoluta sicurezza.<br />

I componenti <strong>di</strong> una caldaia sono, in genere:<br />

⋅ La camera <strong>di</strong> combustione in cui avviene la trasformazione dell’energia del combustibile in calore;<br />

⋅ Il corpo cilindrico superiore in cui la miscela acqua-vapore (funzione del titolo <strong>di</strong> uscita) si separa<br />

liberando in alto il vapore acqueo che prosegue il ciclo;<br />

⋅ Il corpo cilindrico inferiore che serve per <strong>di</strong>stribuire l’acqua nel fascio tubiero;<br />

⋅ Il fascio tubiero costituito da tubi, investiti esternamente dai fumi cal<strong>di</strong> e percorsi internamente<br />

dall’acqua in riscaldamento e/o vaporizzazione;<br />

⋅ Il surriscaldatore, costituito da una serpentina ove il vapore passa da saturo a surriscaldato;<br />

⋅ Il desurriscaldatore in cui il vapore viene raffreddato in caso <strong>di</strong> necessità;<br />

⋅ L’economizzatore, posto nella parte estrema della caldaia con la funzione <strong>di</strong> riscaldare l’acqua <strong>di</strong><br />

alimento;<br />

⋅ Il riscaldatore d’aria che sfrutta il calore contenuto nei fumi all’entrata della caldaia;<br />

⋅ Le pompe <strong>di</strong> circolazione, presenti solo nelle caldaie a circolazione forzata o controllata;<br />

⋅ L’impianto <strong>di</strong> pulizia della caldaia per allontanare i depositi e/o le incrostazioni.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

93<br />

La Turbina a vapore<br />

L’organo che produce potenza attiva è la turbina a vapore il cui schema costruttivo è dato in<br />

Figura 52 nella quale sono visibili gli organi <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione del vapore e gli anelli del rotore <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro<br />

crescente verso l’uscita 19 . Nella Figura 53 si può osservare una turbina a vapore <strong>di</strong> potenza aperta in<br />

stabilimento. Sono ben visibili gli anelli <strong>di</strong> palette e la sezione crescente verso il collettore <strong>di</strong> uscita<br />

(coclea esterna). Le <strong>di</strong>mensioni delle turbine a vapore sono crescenti man mano che la pressione <strong>di</strong><br />

esercizio si abbassa rispetto a quella atmosferica. Pertanto le turbine ad alta pressione (oltre 50 bar) sono<br />

molto più piccole <strong>di</strong> quelle a bassa pressione (una decina <strong>di</strong> bar). Le turbine ad alta pressione sono<br />

spesso del tipo contrapposto, ve<strong>di</strong> Figura 54, per ridurre lo sforzo sui cuscinetti <strong>di</strong> supporto. In questo<br />

caso la <strong>di</strong>stribuzione del vapore è centrale e il flusso viene poi sud<strong>di</strong>viso verso i due lati in modo da<br />

bilanciare la spinta laterale sui banchi <strong>di</strong> supporto. I parametri che caratterizzano una turbina a vapore<br />

sono i seguenti:<br />

⋅ con<strong>di</strong>zioni del vapore all’ammissione e allo scarico;<br />

⋅ portata massica del vapore;<br />

⋅ ren<strong>di</strong>mento a<strong>di</strong>abatico;<br />

⋅ potenza fornita.<br />

Il ren<strong>di</strong>mento a<strong>di</strong>abatico η a <strong>di</strong>pende dal tipo <strong>di</strong> turbina e in particolare dalla taglia secondo la<br />

seguente tabella:<br />

⋅ per potenze sopra i 150 MW si ha η a = 0.82÷0.83<br />

⋅ per potenze tra 5 e 50 MW si ha η a = 0.76÷0.82<br />

⋅ per potenze fra 1 e 5 MW si ha η a = 0.70÷0.76<br />

⋅ per potenze < 1 MW si ha η a < 0.72<br />

Quando la turbina a vapore è accoppiata ad un alternatore occorre tenere conto, ai fini del calcolo<br />

della potenza elettrica prodotta, del ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> quest’ultimo variabile, secondo la taglia,<br />

nell’intervallo 0.96÷0.99.<br />

Figura 52: Schema <strong>di</strong> una turbina a vapore<br />

19 Si ricor<strong>di</strong> che il vapore espandendosi aumenta considerevolmente il suo <strong>volume</strong> specifico e pertanto la turbina<br />

deve consentire questo incremento <strong>volume</strong>trico me<strong>di</strong>ante l’incremento della sezione <strong>di</strong> passaggio del vapore.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

94<br />

Condensatore<br />

Il condensatore è l’organo <strong>di</strong> maggiori <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> tutto l’impianto.<br />

Esso è costituito da gran<strong>di</strong> banchi <strong>di</strong> tubi <strong>di</strong> rame nei quali si fa passare acqua fredda all’interno e<br />

vapore in uscita dalla turbina all’esterno.<br />

La condensazione avviene ad una temperatura <strong>di</strong> 32-40 °C e ad una pressione <strong>di</strong> 0,035-0,045 bar.<br />

Si utilizza, <strong>di</strong> norma l’acqua <strong>di</strong> mare o l’acqua <strong>di</strong> fiumi <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> portate (ad esempio il Po) per<br />

evitare l’inquinamento termico cioè l’innalzamento sensibile della temperatura dell’acqua e ciò per evitare<br />

conseguenze biologiche nella flora e nella fauna marina.<br />

Pompe <strong>di</strong> alimentazione in caldaia<br />

L’acqua uscente dal condensatore a bassa pressione (circa 0,04 bar) viene poi portata alla<br />

pressione <strong>di</strong> alimentazione in caldaia (circa 70 bar) me<strong>di</strong>ante opportune pompe <strong>di</strong> alimentazione le cui<br />

<strong>di</strong>mensioni sono piccole rispetto a quelle degli altri organi sopra descritti.<br />

La potenza assorbita dalle pompe <strong>di</strong> alimentazione è <strong>di</strong> 1-÷2 % <strong>di</strong> quella prodotta dalle turbine.<br />

4.7.24 CICLO HIRN<br />

L’evoluzione naturale del ciclo Rankine è il ciclo Hirn nel quale il vapore in uscita dalla caldaia<br />

non è in con<strong>di</strong>zioni saturo secco bensì surriscaldato, ve<strong>di</strong> Figura 55. Il ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> questo ciclo è<br />

ancora dato dalla (56) ma con calore Q 1 dato dalla <strong>di</strong>fferenza:<br />

Q = h − h (58)<br />

1 D E<br />

e pertanto il ren<strong>di</strong>mento vale:<br />

L hD<br />

− h<br />

η = =<br />

Q h − h<br />

1<br />

D<br />

E<br />

A<br />

(59)<br />

Figura 53: Turbina a vapore aperta


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

95<br />

Rispetto al ciclo Rankine il surriscaldamento del vapore da C a D porta ad avere ren<strong>di</strong>menti più<br />

elevati anche se le per<strong>di</strong>te per irreversibilità rispetto al ciclo <strong>di</strong> Carnot corrispondente sono ancora<br />

maggiori.<br />

La temperatura massima oggi raggiungibile in D è <strong>di</strong> circa 570 °C per le centrali ENEL e <strong>di</strong> 760<br />

°C per le centrali tedesche. Il motivo <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>versità è da ricercare nel tipo <strong>di</strong> acciaio utilizzato per le<br />

costruzioni impiantistiche.<br />

In Italia si usano acciai meno pregiati ma più economici mentre in Germania si utilizzano acciai<br />

austenitici più costosi ma che consentono <strong>di</strong> lavorare a temperature più elevate con conseguente<br />

maggior ren<strong>di</strong>mento rispetto alle centrali italiane. Oggi con il combustibile ad alto costo è preferibile<br />

avere ren<strong>di</strong>menti più elevati che costi iniziali <strong>di</strong> installazione più ridotti. Per aumentare ulteriormente il<br />

ren<strong>di</strong>mento del ciclo Hirn si può anche avere più <strong>di</strong> un surriscaldamento, come riportato in Figura 56.<br />

In genere si limitano a due o tre i surriscaldamenti per problemi in caldaia.<br />

4.7.25 CICLI A SPILLAMENTO<br />

L’ultima tendenza nella <strong>di</strong>rezione del miglioramento del ren<strong>di</strong>mento del ciclo a vapore è quella<br />

dei cicli a spillamento. In questi cicli, che qui non si approfon<strong>di</strong>scono per la limitatezza del corso, si cerca<br />

<strong>di</strong> riparare al guasto termo<strong>di</strong>namico provocato dal preriscaldamento dell’acqua prima <strong>di</strong> vaporizzare.<br />

Questa fase è, come già detto in precedenza, fortemente irreversibile e riduce molto il ren<strong>di</strong>mento<br />

del ciclo Hirn (o anche <strong>di</strong> Rankine). Allora se si riesce a riscaldare il più possibile l’acqua <strong>di</strong> alimento in<br />

caldaia con calore sottratto allo stesso vapore durante l’espansione in turbina si può pensare <strong>di</strong> ridurre<br />

le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> irreversibilità anzidette.<br />

Figura 54: Turbina a vapore ad anelli contrapposti<br />

Questo è proprio quello che si fa nei cicli a spillamento. Si preleva vapore dalla turbina durante la<br />

fase <strong>di</strong> espansione e lo si fa condensare in uno scambiatore <strong>di</strong> calore (detto recuperatore) in modo da<br />

cedere il calore <strong>di</strong> condensazione all’acqua che alimenta la caldaia.<br />

In Figura 57 si ha un esempio <strong>di</strong> ciclo Hirn con 4 spillamenti che portano l’acqua dalle con<strong>di</strong>zioni<br />

del punto A (uscita dalla pompa) fino al punto B’. Occorrerà fornire solamente il calore <strong>di</strong><br />

preriscaldamento da B’ a B.<br />

Questo è certamente inferiore al calore AB senza spillamenti e pertanto si riducono le per<strong>di</strong>te per<br />

irreversibilità.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

96<br />

Temperatura<br />

D<br />

B<br />

C<br />

A<br />

F<br />

E<br />

Figura 55: Ciclo Hirn nel piano (T,s)<br />

Entropia<br />

Temperatura<br />

D<br />

G<br />

B<br />

C<br />

E<br />

A<br />

F<br />

H<br />

Entropia<br />

Figura 56: Ciclo Hirn con due surriscaldamenti<br />

Aumentando il numero <strong>di</strong> spillamenti si può portare il punto B’ molto vicino a B incrementando,<br />

così, il ren<strong>di</strong>mento termo<strong>di</strong>namico. Per motivi <strong>di</strong> costo si limitano gli spillamenti a 12÷18 al massimo.<br />

I cicli a spillamento risultano vantaggiosi anche perché producono una sensibile riduzione delle<br />

<strong>di</strong>mensioni delle turbine e del condensatore. In questi organi, infatti, viene a fluire una portata inferiore<br />

rispetto al caso <strong>di</strong> ciclo senza spillamento.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

97<br />

Per il calcolo del ren<strong>di</strong>mento occorre prima determinare le frazioni <strong>di</strong> vapore spillate e poi<br />

determinare l’energia utile prodotta dalla quantità residua <strong>di</strong> vapore che si espande fra i vari tratti del<br />

segmento DE. Per la determinazione delle frazioni spillate si ricorre ad equazioni <strong>di</strong> equilibrio termico<br />

nei singoli recuperatori <strong>di</strong> calore (in numero pari agli spillamenti).<br />

Tale applicazione viene qui tralasciata per semplicità. Si osservi ancora che vi sono vari criteri per<br />

in<strong>di</strong>viduare i punti ottimali <strong>di</strong> spillamento.<br />

Un criterio semplice, ma in buon accordo con la pratica, è quello <strong>di</strong> sud<strong>di</strong>videre il salto termico<br />

DE in parti eguali al numero <strong>di</strong> spillamenti desiderati (come in<strong>di</strong>cato nella Figura 57).<br />

Temperatura<br />

D<br />

B<br />

B'<br />

Calore <strong>di</strong> preriscaldamento<br />

C<br />

Recupero <strong>di</strong> calore<br />

Spillamenti<br />

A<br />

F<br />

E<br />

Entropia<br />

4.7.26 COMBUSTIBILI UTILIZZATI<br />

Figura 57: Cicli a spillamento<br />

Si è detto che nel ciclo a vapore si può, in generale, utilizzare qualunque tipologia <strong>di</strong> combustibile<br />

sia esso solido, liquido o gassoso. La scelta del combustibile si riflette sulle caratteristiche della caldaia,<br />

del ciclo <strong>di</strong> trattamento del combustibile e del sistema <strong>di</strong> depurazione dei fumi. La combustione con<br />

combustibili gassosi e con polverino <strong>di</strong> carbone polverizzato viene realizzata tramite l’uso <strong>di</strong> bruciatori<br />

nei quali l’aria viene miscelata al combustibile mentre nel caso <strong>di</strong> combustibili soli<strong>di</strong> (non polverizzati) si<br />

ha un focolare dotato <strong>di</strong> griglie.<br />

Fra i combustibili principali si ricordano:<br />

⋅ greggio;<br />

⋅ olio combustibile<br />

⋅ gas naturale<br />

⋅ gas residuo (gas <strong>di</strong> cokeria, gas <strong>di</strong> raffineria, …)<br />

⋅ polverino <strong>di</strong> carbone;<br />

⋅ coal-oil<br />

Nelle caldaie a focolare si possono bruciare:<br />

⋅ carbone povero<br />

⋅ combustibile da rifiuti (CDR)<br />

⋅ legna


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

98<br />

I combustibili gassosi non richiedono, in generale, alcun trattamento ed i bruciatori sono più<br />

semplici che in altri casi. I combustibili liqui<strong>di</strong> comportano una fase <strong>di</strong> filtraggio e riscaldamento al fine<br />

<strong>di</strong> raggiungere i valori necessari <strong>di</strong> pressione e viscosità (40÷60 bar e η< 5 °E) per la successiva<br />

operazione <strong>di</strong> polverizzazione al bruciatore.<br />

I combustibili soli<strong>di</strong> (carbone, scarti <strong>di</strong> lavorazione, RSU, …) possono subire trattamenti<br />

preliminari per raggiungere i valori <strong>di</strong> granulometria e contenuto d’acqua imposti dal tipo <strong>di</strong> bruciatore<br />

adottato o del tipo <strong>di</strong> forno (ad esempio a letto fluido).<br />

4.7.27 POSSIBILITÀ DI COGENERAZIONE<br />

Per un ciclo cogenerativo nel quale si desideri avere la necessaria flessibilità nel sod<strong>di</strong>sfacimento<br />

del carico elettrico e termico si utilizza, <strong>di</strong> solito, la turbina in derivazione e condensazione (detta anche<br />

a prelievo regolato).<br />

Questo tipo <strong>di</strong> impianto può lavorare anche separatamente dalle reti esterne (parallelo elettrico e<br />

termico) come pure possono lavorare in parallelo con la rete ENEL e cedere energia in caso <strong>di</strong><br />

sovrapproduzione.<br />

Impianti a derivazione e condensazione<br />

Il rapporto C =E T /E E può variare fra 0 e 4 e anche oltre nel caso <strong>di</strong> contropressione. In Figura<br />

58 si ha un esempio <strong>di</strong> impianto con turbina a vapore a derivazione e condensazione.<br />

In questo caso la turbina è sostanzialmente <strong>di</strong>visa in due parti: un corpo ad alta pressione, ove si<br />

espande tutto il vapore prodotto, ed uno a bassa pressione dove avviene l’espansione del vapore che<br />

eccede quello richiesto dalla utenza.<br />

TURBINA<br />

G<br />

CALDAIA<br />

CONDENSATORE<br />

Figura 58; Ciclo a vapore a derivazione e condensazione<br />

Questo tipo <strong>di</strong> impianto consente <strong>di</strong> realizzare tutti i casi fra la turbina a condensazione pura e<br />

quella in contropressione pura. E’ quin<strong>di</strong> molto flessibile e segue perfettamente le esigenze del carico<br />

elettrico e termico dell’Utenza. Si tenga presente che occorre avere almeno 6÷7% <strong>di</strong> vapore in<br />

espansione nella sezione a bassa pressione per avere un raffreddamento del corpo turbina.<br />

Inoltre il corpo a bassa pressione non è <strong>di</strong>mensionato per ricevere tutta la portata <strong>di</strong> vapore e<br />

pertanto i due casi limiti sono solo teorici. Per questa tipologia <strong>di</strong> impianto occorre considerare i<br />

seguenti parametri:<br />

⋅ ren<strong>di</strong>mento totale, N


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

99<br />

⋅ ren<strong>di</strong>mento elettrico, N E<br />

⋅ consumo specifico <strong>di</strong> vapore per la produzione elettrica, q p<br />

⋅ rapporto energia termica su energia elettrica, C.<br />

Tutti questi parametri variano al variare del carico elettrico e della potenza termica estratta. In un<br />

gruppo a derivazione e condensazione si può variare il carico elettrico, entro certi limiti, senza pesare<br />

sul carico termico e, viceversa, è possibile variare il carico termico senza <strong>di</strong>sturbare il carico elettrico. La<br />

regolazione, infatti, agisce sia sulle valvole <strong>di</strong> ammissione alla turbina che su quelle a valle del prelievo.<br />

4.7.28 IMPIANTI A CONTROPRESSIONE<br />

Questi impianti sono detti a recupero totale e forniscono calore ad una utenza (detta fredda) in<br />

grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssipare tutto il carico. Essi presentano una elevata rigi<strong>di</strong>tà e quin<strong>di</strong> non consentono <strong>di</strong> variare<br />

in<strong>di</strong>pendentemente i carichi elettrici e termici.<br />

In genere gli impianti a contropressione sono <strong>di</strong>mensionati sull’utenza termica con ren<strong>di</strong>mento<br />

complessivo che può raggiungere il 90%. In Figura 59 si ha lo schema <strong>di</strong> un impianto in<br />

contropressione nella versione più semplice, adatto per piccole taglie.<br />

Lo sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> riduzione <strong>di</strong> pressione e <strong>di</strong> desurriscaldamento del vapore, unitamente al by-pass<br />

della turbina, è utilizzato sia in fase <strong>di</strong> avviamento del gruppo che in caso <strong>di</strong> fuori servizio della turbina.<br />

Il desurriscaldatore serve ad adattare il vapore alle esigenze dell’utenza.<br />

In Figura 60 si ha uno schema <strong>di</strong> impianto a contropressione con due turbine: in questo modo si<br />

hanno due livelli <strong>di</strong> scarico del vapore a <strong>di</strong>versa pressione.<br />

DESURRISCALDATORE<br />

TURBINA<br />

GENERATORE<br />

G<br />

CALDAIA<br />

ALLA UTENZA<br />

DEGASATORE<br />

RITORNO CONDENSA<br />

Figura 59: Schema <strong>di</strong> un impianto a vapore con turbina in contropressione<br />

In Figura 61 si ha uno schema tipico per applicazioni <strong>di</strong> teleriscaldamento. La turbina in<br />

contropressione è regolata dalla quantità <strong>di</strong> combustibile bruciato in caldaia e quin<strong>di</strong> dalla quantità <strong>di</strong><br />

vapore inviato alla turbina stessa, a parità <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni termo<strong>di</strong>namiche.<br />

In linea <strong>di</strong> principio la regolazione può essere asservita sia al carico termico che al carico elettrico.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

100<br />

TURBINA<br />

AP<br />

TURBINA<br />

BP<br />

GENERATORE<br />

G<br />

CALDAIA<br />

DEGASATORE<br />

RITORNO CONDENSA<br />

Figura 60: Schema <strong>di</strong> un impianto a contropressione con due turbine e due livelli <strong>di</strong> scarico vapore<br />

DESURRISCALDATORE<br />

TURBINA<br />

GENERATORE<br />

G<br />

CALDAIA<br />

RETE ELETTRICA ESTERNA<br />

UTENZA<br />

Figura 61: Schema <strong>di</strong> un SET con turbina a vapore a contropressione per reti <strong>di</strong> teleriscaldamento<br />

4.8 ESEMPI DI APPLICAZIONI DELLA COGENERAZIONE<br />

Gli effetti della L 9/91 e L 10/91 non si sono fatti aspettare e già oggi si contano numerose<br />

applicazioni della cogenerazione che hanno <strong>di</strong>mostrato maturità e convenienza. In genere i problemi<br />

tecnici sono <strong>di</strong> facile risoluzione per cui la convenienza dei sistemi cogenerativi si basa tutta sull’analisi<br />

finanziaria ed economica, come precedentemente detto.<br />

Un errore da evitare è quello <strong>di</strong> sovra<strong>di</strong>mensionare questi impianti ad esempio scegliendo taglie<br />

dei componenti <strong>di</strong>mensionati per far fronte alle punte dei carichi termici e/o elettrici: si rischia <strong>di</strong> avere<br />

oneri finanziari molto gran<strong>di</strong> e ren<strong>di</strong>menti ai carichi ridotti bassi.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

101<br />

Il <strong>di</strong>mensionamento dei componenti <strong>di</strong> impianto e della giusta taglia del SET deve partire<br />

dall’analisi approfon<strong>di</strong>ta e certa degli andamenti dei carichi termici ed elettrici (ad esempio me<strong>di</strong>ante le<br />

curve cumulative già citate) avendo cura <strong>di</strong> selezionare i carichi me<strong>di</strong> e non le punte.<br />

Non sempre questa analisi risulta agevole poiché certe applicazioni (ad esempio quelle <strong>di</strong><br />

climatizzazione degli e<strong>di</strong>fici) risultano sempre fortemente variabili nel tempo. In questi casi occorre<br />

<strong>di</strong>versificare i casi <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici esistenti per i quali sono reperibili dati storici ed e<strong>di</strong>fici nuovi per i quali si<br />

debbono operare scelte progettuali sulla base <strong>di</strong> confronti e/o assimilazioni con casi esistenti.<br />

Un metodo oggi seguito per la previsione dei carichi è quello dell’utilizzo <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo<br />

affidabili che forniscano risultati utili per lo scopo prefissato.<br />

In genere si fa riferimento ad un anno tipo (reference year) o a sequenze temporali <strong>di</strong> dati<br />

climatologici tali da essere statisticamente significativi per il periodo <strong>di</strong> simulazione desiderato. Tali<br />

co<strong>di</strong>ci sono reperibili commercialmente 20 o tramite istituti <strong>di</strong> ricerca.<br />

4.8.1 APPLICAZIONI INDUSTRIALI DELLA COGENERAZIONE<br />

La taglia industriale degli impianti cogenerativi varia da 100 kW a 20 MW e più e quin<strong>di</strong> si tratta<br />

<strong>di</strong> potenze significative anche rispetto alle applicazioni più importanti in campo civile.<br />

L’esigenza della cogenerazione scaturisce, <strong>di</strong> norma, dall’elevato costo dell’energia elettrica nelle<br />

fasce orarie <strong>di</strong> maggior uso e dalla necessità <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> calore per applicazioni <strong>di</strong> processo (vapore,<br />

acqua calda, reti tecnologiche interne,…). Sono spesso utilizzati motori endotermici (quando si<br />

richiedono basse temperature) più efficienti e como<strong>di</strong> rispetto agli altri tipi <strong>di</strong> motori primi.<br />

Per potenze elevate e per temperature richieste superiori ai 100 °C si utilizzano prevalentemente<br />

turbine a vapore o a gas: si tratta quasi sempre <strong>di</strong> grosse iniziative che nascono in gran<strong>di</strong><br />

raggruppamenti industriali che utilizzano anche residui <strong>di</strong> lavorazione o rifiuti urbani o industriali (oli,<br />

scarti petroliferi, …).<br />

4.8.2 IL TELERISCALDAMENTO<br />

Il teleriscaldamento è una <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> energia termica <strong>di</strong>stribuita sul territorio anche a<br />

notevole <strong>di</strong>stanza e per applicazioni anche <strong>di</strong>fferenziate. In Italia si sono avute applicazioni <strong>di</strong><br />

teleriscaldamento per iniziativa <strong>di</strong> Aziende Municipalizzate per il riscaldamento urbano (vedansi gli<br />

esempi <strong>di</strong> Brescia, Ferrara, …).<br />

Purtroppo questa tecnologia è da considerare ancora agli inizi e limitata a superfici limitate<br />

(qualche quartiere). L’energia termica viene prodotta in una centrale appositamente attrezzata (forni<br />

policombustibile) e <strong>di</strong>stribuita me<strong>di</strong>ante reti, magliate e/o ramificate, <strong>di</strong> tubi <strong>di</strong> acqua calda a pressione<br />

posta sotto terra. Le centrali cogenerative consentono <strong>di</strong> produrre sia energia termica che elettrica,<br />

entrambe <strong>di</strong>stribuite in rete dalle stesse aziende municipalizzate. Il calore viene utilizzato sia per<br />

riscaldamento ambientale che per usi sanitari e/o ospedaliero.<br />

Il <strong>di</strong>mensionamento dell’impianto viene effettuato utilizzando i co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo per la previsione<br />

dei carichi termici al variare delle con<strong>di</strong>zioni esterne. E’ cos’ possibile conoscere per una taglia <strong>di</strong><br />

motore primo l’energia termica che può essere prodotta per sod<strong>di</strong>sfare l’utenza (carico termico imposto) e la<br />

conseguente energia elettrica <strong>di</strong>sponibile.<br />

La convenienza economica e finanziaria <strong>di</strong> questi impianti porta a preferire taglie <strong>di</strong>mensionate<br />

per i carichi comuni più frequenti e quin<strong>di</strong> lontani dai carichi <strong>di</strong> picco: in genere l’80% dell’energia<br />

richiesta è circa il 40% inferiore al carico <strong>di</strong> picco.<br />

Per sod<strong>di</strong>sfare le punte massime <strong>di</strong> carico si usano generatori ausiliari (più economici) che<br />

entrano in funzione nel momento richiesto dall’utenza.<br />

20 Si citano, per la loro grande <strong>di</strong>ffusione e riconosciuta vali<strong>di</strong>tà, i co<strong>di</strong>ci TRNSYS, DOE, BLAST. L’ASHRAE ha<br />

proposto il metodo TEDT/TA nel 1967 e CLTD/CLF nel 1977: entrambi questi meto<strong>di</strong> sono implementati in programmi<br />

commerciali. Anche i co<strong>di</strong>ci BIOCLI e DPM pre<strong>di</strong>sposti dal Gruppo <strong>di</strong> Fisica Tecnica della Facoltà <strong>di</strong> <strong>Ingegneria</strong> <strong>di</strong> Catania<br />

si inquadrano in queste tipologie <strong>di</strong> strumenti <strong>di</strong> previsione. Questi, fra l’altro, sono stati validati sperimentalmente presso le<br />

test facilty europee della Conphoebus <strong>di</strong> Catania.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

102<br />

4.8.3 GLI OSPEDALI<br />

Un complesso ospedaliero moderno può essere considerato (per estensione, tipologia e taglia<br />

degli impianti) un impianto industriale vero e proprio. Si hanno forti consumi energetici sia termici che<br />

elettrici e, in genere, gli ospedali costituiscono una favorevole occasione per la cogenerazione.<br />

Gli stu<strong>di</strong> preliminari debbono stabilire i consumi (storici per enti esistenti o preve<strong>di</strong>bili per nuove<br />

costruzioni) sia elettrici che termici.<br />

In quest’ultimo caso occorre anche stabilire le temperature <strong>di</strong> utilizzo delle fonti termiche: ad<br />

esempio, vapore <strong>di</strong> sterilizzazione a 140 °C, vapore per i mangani per la stiratura a 180 °C. In passato<br />

l’uso <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> quantità <strong>di</strong> vapore ha portato ad avere generatori termici solamente per la produzione <strong>di</strong><br />

vapore che veniva usato anche per altri scopi, compresi la produzione <strong>di</strong> acqua sanitaria, il<br />

riscaldamento e il raffrescamento (me<strong>di</strong>ante macchine frigorifere ad assorbimento) ambientale.<br />

Oggi, dato l’alto costo <strong>di</strong> gestione dei generatori <strong>di</strong> vapore e delle reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione, si<br />

preferisce limitare l’uso del vapore ai soli casi necessari e quin<strong>di</strong> utilizzando normali caldaie per la<br />

produzione <strong>di</strong> acqua sanitaria e per il riscaldamento ambientale.<br />

Un aspetto interessante si ha, sempre negli ospedali, per l’utilizzo dell’energia elettrica.<br />

Oltre al normale collegamento alla rete ENEL occorre sempre prevedere gruppi <strong>di</strong> continuità con<br />

alimentazione preferenziale per le sale operatorie, le sale <strong>di</strong> terapia intensiva e per tutti i casi ove la<br />

continuità del servizio è assolutamente necessaria.<br />

Pertanto, oltre all’uso <strong>di</strong> gruppi <strong>di</strong> continuità elettronici <strong>di</strong> limitata durata, occorre prevedere veri<br />

e propri gruppi elettrogeni alimentati con motori a combustione interna e capaci <strong>di</strong> assicurare l’energia<br />

elettrica anche per lunghi perio<strong>di</strong>.<br />

Pertanto risulta imme<strong>di</strong>ata la possibilità <strong>di</strong> usare questi motori per cogenerare anche l’energia<br />

termica usata internamente negli ospedali. Al fine <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionare il sistema cogenerativo occorre<br />

valutare correttamente i carichi termici, sud<strong>di</strong>visi per temperatura <strong>di</strong> utilizzo, e i carichi elettrici,<br />

compresi i carichi per illuminazione.<br />

La scelta del criterio <strong>di</strong> progetto può essere basata sia sul carico termico imposto che sul carico<br />

elettrico imposto. Quest’ultima possibilità risulta conveniente nel caso <strong>di</strong> tariffa multioraria e in ogni<br />

caso quando il costo <strong>di</strong> autoproduzione dell’energia elettrica risulta inferiore alla tariffa ENEL.<br />

In genere è l’analisi economica e finanziaria che consiglia, caso per caso, il criterio migliore da<br />

seguire in base ai tempi <strong>di</strong> ritorno più rapi<strong>di</strong>.<br />

4.8.4 IL TERZIARIO<br />

L’attuale tendenza alla concentrazione <strong>di</strong> attività commerciali in grossi centri ha creato un nuovo<br />

mercato per la cogenerazione. La mole delle strutture e l’esigenza <strong>di</strong> climatizzazione sia invernale che<br />

estiva, oltre alle altre esigenze impiantistiche interne (catena del freddo, banconi frigoriferi,…)<br />

presentano ottime possibilità per la cogenerazione.<br />

I criteri progettuali sono del tutto simili a quelli in<strong>di</strong>cati per gli ospedali. Occorre quin<strong>di</strong><br />

esaminare correttamente i carichi termici ed elettrici (eventualmente prevedendoli me<strong>di</strong>ante co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong><br />

calcolo opportuni).<br />

Occorre tenere presente che la variabilità climatica incide moltissimo sull’andamento dei carichi<br />

sia termici che elettrici.<br />

Un sistema sufficientemente semplice <strong>di</strong> cogenerazione è quello <strong>di</strong> recuperare il calore dei<br />

condensatori <strong>di</strong> raffreddamento dei gruppi frigoriferi.<br />

La variabilità delle tipologie e<strong>di</strong>lizie e delle tipologie <strong>di</strong> carico non consentono, a priori, <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care<br />

il miglior sistema cogenerativo. Spesso considerazioni economiche (maggior investimento iniziale) e <strong>di</strong><br />

gestione limitano l’adozione <strong>di</strong> sistemi cogenerativi a soluzioni ibride <strong>di</strong> recupero degli scarti energetici<br />

(ad esempio nei condensatori dei gruppi frigoriferi) o <strong>di</strong> riduzione degli sprechi.<br />

Si tenga presente che per effetto del sistema <strong>di</strong> tariffazione ENEL non risulta spesso conveniente<br />

autoprodurre energia elettrica nel periodo estivo (tariffa F4 per ore vuote in agosto) perché più costosa<br />

<strong>di</strong> quella venduta dall’ENEL.<br />

Ciò limita notevolmente la possibilità <strong>di</strong> ipotizzare sistemi total energy complessi a favore dei sistemi<br />

cogenerativi ridotti <strong>di</strong>anzi esposti.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

103<br />

4.8.5 LA MICROGENERAZIONE<br />

Per applicazioni al <strong>di</strong> sotto dei 100 kW elettrici (carico elettrico imposto) si hanno<br />

microcogenerazioni che possono risultare convenienti quando si ha una frazione <strong>di</strong> energia termica<br />

richiesta che si mantiene costante durante l’anno.<br />

Ciò si ottiene, ad esempio, quando si ha un elevato consumo <strong>di</strong> acqua sanitaria e quin<strong>di</strong> questa<br />

microcogenerazione si applica a servizi sportivi, camping, alberghi, …., e cioè la dove i servizi sono non<br />

trascurabili rispetto al riscaldamento ambientale.<br />

L’impianto <strong>di</strong> cogenerazione viene <strong>di</strong>mensionato sulla base del carico termico costante da<br />

alimentare con motori endotermici a carico elettrico costante.<br />

Sono stati immessi sul mercato da una decina d’anni sistemi total energy che utilizzano motori<br />

automobilistici per produrre circa 40 kW elettrici e circa 100 kW termici.<br />

Uno <strong>di</strong> questi sistemi è il TOTEM® originariamente pre<strong>di</strong>sposto dalla FIAT con un motore<br />

endotermico derivato da quello della 127. Combinando più unità si possono ottenere potenze elettriche<br />

e termiche anche considerevoli per applicazioni civili condominiali.<br />

4.8.6 CENTRALI TERMO-ELETTRO-FRIGORIFERE<br />

L’idea <strong>di</strong> base <strong>di</strong> un SET è <strong>di</strong> fornire contemporaneamente elettricità e calore e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare,<br />

<strong>di</strong>rettamente o con l’inserimento <strong>di</strong> ausiliari o con scambi <strong>di</strong> rete (sistemi aperti) i fabbisogni globali<br />

dell’utenza.<br />

Una delle esigenze oggi in crescita è la produzione del freddo sia per l’accresciuta domanda nel<br />

settore climatico ambientale sia per applicazioni commerciali ed industriali. Appare quin<strong>di</strong> logico<br />

sod<strong>di</strong>sfare le richieste <strong>di</strong> energia frigorifera sfruttando la produzione <strong>di</strong> calore dei sistemi cogenerativi.<br />

In primo luogo si può pensare <strong>di</strong> usare un motore primo per trasformare energia primaria (data dal<br />

combustibile) in energia meccanica per alimentare i compressori alternativi <strong>di</strong> una macchina a<br />

compressione <strong>di</strong> vapori saturi per la produzione del freddo. Se poi il ciclo è reversibile si può anche<br />

avere produzione <strong>di</strong> calore.<br />

Questa applicazione consente <strong>di</strong> svincolarsi dall’uso <strong>di</strong>retto dell’energia elettrica sia per la<br />

produzione <strong>di</strong> freddo che <strong>di</strong> caldo. Inoltre questo schema libera il sistema total energy dal rigido rapporto fra<br />

produzione <strong>di</strong> energia elettrica ed energia termica.<br />

La taglia dei sistemi appena descritti è me<strong>di</strong>o-bassa (entro qualche centinaio <strong>di</strong> kW) e quin<strong>di</strong> il<br />

motore primo è quasi sempre un motore endotermico e, al limite superiore, con piccole turbine a gas.<br />

Un motore endotermico consente facilmente l’accoppiamento sia ad un compressore che ad un<br />

generatore elettrico, come schematizzato in Figura 62.<br />

Il generatore elettrico è <strong>di</strong> solito sempre accoppiato anche in assenza <strong>di</strong> carico elettrico (con<br />

funzioni <strong>di</strong> volano) mentre il compressore viene accoppiato me<strong>di</strong>ante innesto a frizione nel momento<br />

<strong>di</strong> richiesta del carico.<br />

Se il motore elettrico è <strong>di</strong> tipo asincrono può fungere anche da motore <strong>di</strong> alimentazione del<br />

compressore nel momento in cui il motore primo si ferma (gusto e/o manutenzione) assicurando la<br />

produzione del freddo. In questo modo il sistema si comporta come una centrale elettro-termofrigorifera<br />

capace <strong>di</strong> adattarsi a tutte le esigenze <strong>di</strong> carico.<br />

Il compressore fa parte, come già accennato, <strong>di</strong> una pompa <strong>di</strong> calore (freddo-caldo) e quin<strong>di</strong> si<br />

tratta <strong>di</strong> pompe endotermiche e non del tipo usuale con motori elettrici.<br />

Oggi si trovano sul mercato pompe <strong>di</strong> calore endotermiche alimentate da motori a combustioni<br />

interna <strong>di</strong> derivazione automobilistica. Il compressore funziona con R22 o similare. Le taglie <strong>di</strong> potenza<br />

termica totale (<strong>di</strong> ciclo inverso e <strong>di</strong> recupero termico) sono variabili da 150 a 400 kW con gra<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> 50<br />

kW (vedasi il già citato TOTEM®). E’ possibile avere potenze maggiori me<strong>di</strong>ante parallelo <strong>di</strong> più<br />

moduli termici.<br />

Il motore endotermico può essere alimentato anche con gas metano <strong>di</strong> rete e la regolazione del<br />

numero <strong>di</strong> giri avviene me<strong>di</strong>ante regolazione sulla valvola a farfalla. In questo modo si mantengono<br />

1000÷1500 gpm con un ren<strong>di</strong>mento, quasi costante, <strong>di</strong> circa il 31%. Combinando la variazione del<br />

numero <strong>di</strong> giri con la parzializzazione dei cilindri del compressore (già vista nel capitolo sulle centrali<br />

frigorifere) si possono avere variazioni <strong>di</strong> potenza fra il 15% ed il 100% della potenzialità nominale.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

104<br />

G<br />

GENERATORE<br />

MOTORE PRIMO<br />

INNESTO A<br />

FRIZIONE<br />

COMPRESSORE<br />

Figura 62: Schema dell’accoppiamento <strong>di</strong> un motore primo con un compressore ed un generatore<br />

Dal raffreddamento del motore e dai fumi <strong>di</strong> scarico si può ancora ricavare energia termica, allo<br />

stesso modo <strong>di</strong> quanto già descritto nei sistemi cogenerativi usuali e pertanto la pompa <strong>di</strong> calore<br />

endotermica presente un ren<strong>di</strong>mento termico elevatissimo e superiore a quello relativa ad una buona<br />

caldaia tra<strong>di</strong>zionale ad alto ren<strong>di</strong>mento nella stagione invernale.<br />

Rispetto alle pompe <strong>di</strong> calore elettriche si hanno anche ulteriori vantaggi derivati, ad esempio,<br />

dalla possibilità <strong>di</strong> sbrinamento (quando la temperatura esterna scende al <strong>di</strong> sotto dei 5°C) me<strong>di</strong>ante<br />

calore <strong>di</strong> recupero dal motore e non con inversione <strong>di</strong> ciclo, come avviene nelle pompe <strong>di</strong> calore<br />

alimentate elettricamente.<br />

Poiché le pompe <strong>di</strong> calore endotermiche funzionano con ciclo reversibile è possibile sod<strong>di</strong>sfare<br />

anche le esigenze del con<strong>di</strong>zionamento estivo.<br />

Per valutare la convenienza economica <strong>di</strong> questo sistema (che presenta un maggior costo iniziale<br />

dovuto al motore primo a al generatore elettrico) si deve <strong>di</strong>mostrare che sottraendo al costo della<br />

macchina il risparmio che si ottiene per la riduzione della potenzialità della centrale termica e dei<br />

refrigeratori tra<strong>di</strong>zionali si ottiene un vantaggio economico al limite pari a zero.<br />

Si tenga presente che attualmente ci sono contributi previsti dalle leggi vigenti sia per<br />

l’installazione (e quin<strong>di</strong> per l’acquisto) <strong>di</strong> pompe <strong>di</strong> calore endotermiche che una riduzione tariffaria del<br />

gas metano <strong>di</strong> alimentazione. Tuttavia non è possibile avere certezza della durata <strong>di</strong> questi incentivi né<br />

della loro estensione a tutti i settori civili e del terziario. Nel <strong>di</strong>mensionare questi tipi <strong>di</strong> sistemi si ricor<strong>di</strong><br />

che la potenza meccanica dei motori endotermici è pari a circa 1/5 della potenza termica totale<br />

prodotta. Da confronti effettuati in casi reali (e<strong>di</strong>fici commerciali con superfici variabili da 5000 a 12000<br />

m 2 ) si osserva che il risparmio energetico (in termini <strong>di</strong> energia primaria riferita al consumo nominale<br />

dell’impianto in assenza <strong>di</strong> macchine endotermiche) varia dal 15 al 40% per potenze del motore variabili<br />

da 150 a 1000 MW. Se si considera il consumo energetico per il con<strong>di</strong>zionamento estivo il sistema a<br />

pompa <strong>di</strong> calore endotermica consente <strong>di</strong> raggiungere risparmi maggiori con tariffe multiorarie.<br />

A conclusione <strong>di</strong> questo capitolo si fa osservare che l’attuale sistema legislativo introduce sgravi<br />

fiscali per il combustibile utilizzato per la semplice cogenerazione termica – elettrica ma non per<br />

l’alimentazione delle pompe <strong>di</strong> calore endotermiche. Questa assurda <strong>di</strong>ssimmetria può in taluni casi<br />

portare ad una convenienza maggiore installando un normale sistema cogenerativo che alimenta<br />

elettricamente una pompa <strong>di</strong> calore elettrica reversibile.<br />

Per taglie gran<strong>di</strong> (oltre 500 kW) si possono raggiungere economie del 15÷15% nel combustibile e<br />

questo non per un fatto termo<strong>di</strong>namico ma solo per una sperequazione legislativa. SIC! L’uso<br />

combinato delle pompe <strong>di</strong> calore endotermiche con accoppiamento al generatore elettrico richiede<br />

un’analisi complessa che <strong>di</strong>pende fortemente dalla taglia, dall’andamento dei carichi (elettrici e termici) e<br />

dal tipo <strong>di</strong> tariffazione elettrica utilizzata. I risparmi energetici e gestionali appaiono maggiormente<br />

rilevanti, per gran<strong>di</strong> impianti, per sistemi cogenerativi mentre la red<strong>di</strong>tività è maggiore per i sistemi a<br />

pompa <strong>di</strong> calore endotermica alimentate a gas, malgrado la non favorevole agevolazione fiscale. Per i<br />

sistemi alimentati elettricamente i sistemi cogenerativi, pur fornendo risparmi energetici maggiori,<br />

pongono problemi <strong>di</strong> utilizzo della notevole quantità <strong>di</strong> energia termica recuperata.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

105<br />

4.9 LA TRIGENERAZIONE<br />

Si in<strong>di</strong>ca con Trigenerazione la produzione combinata <strong>di</strong> elettricità, calore e freddo applicando i<br />

criteri dell’energy casca<strong>di</strong>ng ai gas <strong>di</strong> scarico <strong>di</strong> un’unità motrice rotativa o alternativa. Per la<br />

climatizzazione ambientale si utilizza una macchina ad assorbimento che fornisce caldo in inverno e<br />

freddo in estate.<br />

Per la parte termica si ha, in genere, anche richiesta <strong>di</strong> vapore e pertanto il sistema trigenerativo<br />

utilizza un generatore <strong>di</strong> vapore a recupero alimentato con i gas <strong>di</strong> scarico <strong>di</strong> un motore primo del tipo<br />

turbina a gas.<br />

Lo schema impiantistico è dato in Figura 63. Il calore sensibile dei gas <strong>di</strong> scarico è recuperato<br />

attraverso una caldaia a recupero (HRSG) per la produzione <strong>di</strong> vapore destinato alla copertura dei<br />

fabbisogni termici, invernali ed estivi, questi ultimi attraverso un gruppo ad assorbimento.<br />

La turbina è collegata tramite albero ad un alternatore per la produzione dell’energia elettrica. In<br />

aggiunta si ha un circuito <strong>di</strong> emergenza, ve<strong>di</strong> Figura 65, verso cui scaricare il flusso <strong>di</strong> vapore prodotto<br />

per smaltire il calore in caso <strong>di</strong> overhating oppure <strong>di</strong> overcooling dell’immobile.<br />

Vapore alle utenze<br />

Gas cal<strong>di</strong><br />

Condensato dall'utenza<br />

Alternatore<br />

Turbina a gas<br />

Figura 63: Schema <strong>di</strong> un impianto per Trigenerazione<br />

Gas <strong>di</strong> scarico al camino<br />

4.9.1 LA TURBINA A GAS<br />

Le turbine a gas hanno subito in questi ultimi anni una grande evoluzione tecnologica dovuto<br />

all’aumento delle potenze unitarie, al miglioramento dei ren<strong>di</strong>menti e alla riduzione delle emissioni <strong>di</strong><br />

NO x nell’ambiente. L’uso <strong>di</strong> quei motori primi in assetto cogenerativo favorisce la flessibilità<br />

dell’impianto (E/C = 0.3÷1.5).<br />

I tempi <strong>di</strong> avviamento sono oggi ridotti a pochi minuti e la caldaia a recupero inizia a produrre<br />

vapore dopo circa venti minuti dall’avviamento della turbina.<br />

Questi tempi si <strong>di</strong>mezzano con avviamenti a caldo e sono bassissimi rispetto a quelli ottenuti con<br />

turbine a vapore. Di soliti è presente un camino <strong>di</strong> by-pass dei gas <strong>di</strong> scarico e del post bruciatore per<br />

rendere la turbina più flessibile e adatta alle applicazioni del terziario.<br />

4.9.2 CALDAIA A RECUPERO, HRSG<br />

I gas <strong>di</strong> scarico in uscita dall’espansore della turbina hanno ancora una temperatura <strong>di</strong> circa 500<br />

°C. La caldaia a recupero HRSG (Heat Recovery Steam Generator) permette <strong>di</strong> trasferire parte del calore<br />

sensibile dei gas all’acqua surriscaldata circolante in pressione all’interno dei tubi. Si ha così il recupero<br />

del calore dei gas <strong>di</strong> scarico su cui si basa il concetto <strong>di</strong> cogenerazione.<br />

L’acqua surriscaldata alimenta un corpo cilindrico dove si separa il vapore per l’utilizzazione.<br />

Questo può essere ulteriormente surriscaldato per usi specifici.<br />

Il punto critico della caldaia a recupero è nella sezione nella quale la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> temperatura tra<br />

i gas <strong>di</strong> scarico e l’acqua <strong>di</strong> alimentazione è la più bassa possibile (pinch point).<br />

Per uno scambio efficace occorre avere una <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> temperatura minima <strong>di</strong> almeno 10 °C.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

106<br />

T<br />

PINCH POINT<br />

Q<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

Figura 64: Diagramma <strong>di</strong> scambio gas <strong>di</strong> scarico acqua<br />

Le caldaie a recupero sono caratterizzate, da un punto <strong>di</strong> vista costruttivo, da:<br />

Superfici <strong>di</strong> scambio termico superiori alle corrispondenti caldaia ra<strong>di</strong>ative tra<strong>di</strong>zionali;<br />

Utilizzo <strong>di</strong> tubi alettati allo scopo <strong>di</strong> aumentare il coefficiente <strong>di</strong> scambio termico globale;<br />

Pressioni del vapore generalmente inferiori a 40 bar al fine <strong>di</strong> avere un pinch point sufficientemente<br />

elevato.<br />

Figura 65: Schema impiantistico <strong>di</strong> un trigeneratore<br />

In Figura 65 si ha un ulteriore dettaglio impiantistico del trigeneratore. Questo tipo <strong>di</strong> impianto <strong>di</strong><br />

cogenerazione risulta conveniente quando si ha la presenza della contemporanea richiesta dei tre<br />

carichi, ad esempio negli ospedali.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

107<br />

4.9.3 LA REGOLAZIONE DELL’IMPIANTO DI TRIGENERAZIONE<br />

Nel caso in cui la richiesta <strong>di</strong> vapore non è costante nel tempo si possono avere due possibilità <strong>di</strong><br />

regolazione: una riguarda la turbina a gas e l’altra la caldaia a recupero.<br />

Regolazione della Turbina a Gas me<strong>di</strong>ante IGV<br />

Si varia l’inclinazione delle pale mobili dello statore all’ingresso del compressore me<strong>di</strong>ante un<br />

<strong>di</strong>spositivo detto IGV (Inlet Guide Variable) per regolare la portata <strong>di</strong> aria in ingresso alla turbina a gas.<br />

Se la portata in ingresso <strong>di</strong>minuisce la portata dei gas combusti varia all’incirca nello stesso rapporto nel<br />

caso <strong>di</strong> temperatura <strong>di</strong> ingresso turbina costante.<br />

La <strong>di</strong>minuzione della portata d’aria in ingresso produce una <strong>di</strong>minuzione analoga della quantità <strong>di</strong><br />

energia termica recuperabile.<br />

Regolazione del carico me<strong>di</strong>ante post combustione<br />

Qualora il contenuto energetico dei fumi non è sufficiente per coprire i fabbisogni dell’utenza<br />

allora si ricorre alla post combustione, possibile grazie all’eccesso d’aria tipica delle turbine a gas. La<br />

post combustione può aumentare notevolmente la potenza termica della caldaia a recupero<br />

permettendo, così, <strong>di</strong> rispondere alla domanda <strong>di</strong> calore facendo funzionare la turbina in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

funzionamento nominale.<br />

Naturalmente il combustibile utilizzato per la post combustione non fornisce energia elettrica e<br />

pertanto si riduce il risparmio energetico.<br />

D’altra parte essa è utilizzata per i picchi <strong>di</strong> carico termico e consente <strong>di</strong> ridurre i costi <strong>di</strong><br />

investimento per le turbine <strong>di</strong> maggiori <strong>di</strong>mensioni.<br />

Nel caso la post combustione non sia sufficiente a far fronte alla variazione dei carichi allora si<br />

possono utilizzare generatori tra<strong>di</strong>zionali in parallelo ovvero importare energia dalle reti (sistemi aperti).<br />

Scelta della modalità della regolazione<br />

La scelta delle opzioni <strong>di</strong> regolazione scaturisce da un compromesso tecnico-economico dovuto<br />

alla grande mole <strong>di</strong> parametri da tenere in conto quali, ad esempio, il costo <strong>di</strong> investimento, il<br />

<strong>di</strong>agramma del carico termico, il costo <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta dell’energia elettrica (L/kWh), il costo del<br />

combustibile. Se la turbina a gas è <strong>di</strong>mensionata, com’è solito farsi, per il carico me<strong>di</strong>o allora sono<br />

possibili entrambi i criteri <strong>di</strong> regolazione sopra in<strong>di</strong>cati. Va però tenuto presente che attualmente,<br />

malgrado il risvegliarsi dell’interesse per la cogenerazione me<strong>di</strong>ante turbine a gas, si hanno ancora pochi<br />

modelli <strong>di</strong>sponibili sul mercato e pertanto la scelta del motore primo è spesso dettata anche da un<br />

compromesso o da una scelta obbligata.<br />

Macchine ad assorbimento<br />

Nel caso della trigenerazione termica si utilizzano, dal lato termico, le macchine ad assorbimento<br />

che garantiscono sia la produzione <strong>di</strong> acqua calda per riscaldamento che l’acqua fredda per il<br />

con<strong>di</strong>zionamento estivo. Le macchine ad assorbimento costituiscono una valida scelta impiantistica<br />

anche in considerazione delle incertezze in materia <strong>di</strong> inquinamento e <strong>di</strong> costo dell’energia ed inoltre<br />

trasformano un carico solitamente elettrico, quale quello frigorifero, in carico termico e quin<strong>di</strong><br />

migliorando il rapporto E T /E E.<br />

Queste macchine richiedono solo una minima quantità <strong>di</strong> energia elettrica (per gli organi ausiliari)<br />

e pertanto presentano una maggiore compatibilità ambientale rispetto ai compressori frigoriferi<br />

alimentati elettricamente. Il loro costo iniziale <strong>di</strong> investimento è più elevato rispetto ai frigoriferi<br />

tra<strong>di</strong>zionali ma hanno, per contro, un minore costo <strong>di</strong> gestione e <strong>di</strong> manutenzione. Inoltre non danno<br />

luogo a vibrazioni per assenza <strong>di</strong> parti in movimento e pongono pochi problemi <strong>di</strong> installazione nei siti<br />

dove sono richieste. Le tipologie oggi maggiormente utilizzate sono:<br />

⋅ Acqua ed ammoniaca;<br />

⋅ Acqua e bromuro <strong>di</strong> litio.<br />

Il funzionamento <strong>di</strong> queste macchine è semplice (ve<strong>di</strong> corso <strong>di</strong> Fisica Tecnica). In Figura 66 é<br />

schematizzato lo schema impiantistico per una macchina del tipo acqua-ammoniaca.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

108<br />

La miscela acqua-ammoniaca si compone <strong>di</strong> acqua che fa da solvente e <strong>di</strong> ammoniaca che fa da<br />

soluto (e quin<strong>di</strong> più volatile).<br />

Pompa<br />

NH3<br />

H2O+NH3<br />

Laminazione<br />

H2O+NH3<br />

NH3<br />

Q3<br />

Generatore<br />

130 °C<br />

p1>p2<br />

p2<br />

45 °C<br />

Assorbitore<br />

NH3<br />

Q4<br />

Laminazione<br />

30 °C<br />

Condensatore<br />

Componenti Normali<br />

Q1<br />

Linea delle<br />

pressioni<br />

Q2<br />

Evaporatore<br />

-10 °C<br />

La macchina ad assorbimento si<br />

compone due due bocce dette<br />

- Generatore : ove cedendo una<br />

quantità <strong>di</strong> calore Q3 si fa liberare<br />

NH3 pura;<br />

- Assorbitore : ove l'NH3 pura si<br />

ricombina, cedendo il calore Q4,<br />

con la miscela impoverita proveniente<br />

dal Generatore.<br />

Per effetto del calore Q3 si separa<br />

dalla miscela H2O+NH3 l'ammoniaca<br />

quasi pura che segue poi le normali<br />

fasi del ciclo frigorifero :<br />

- Condensazione;<br />

- Laminazione;<br />

- Evaporazione.<br />

La miscela arricchita nell'assorbitore<br />

viene pompata nel generatore per un<br />

nuovo ciclo interno.<br />

Figura 66: Schema <strong>di</strong> una macchina frigorifera ad assorbimento<br />

Per effetto del calore Q 4 ceduto al serbatoio superiore (detto generatore) si libera NH 3 allo stato<br />

quasi puro e ad alta pressione. L'NH 3 inizia il ciclo classico <strong>di</strong> condensazione, laminazione ed<br />

evaporazione (presente anche nel ciclo frigorifero classico a compressione <strong>di</strong> vapori saturi).<br />

All'uscita dell'evaporatore l'NH 3 si ricombina nel serbatoio inferiore, detto assorbitore, con la<br />

miscela <strong>di</strong> acqua-ammoniaca impoverita <strong>di</strong> ammoniaca e proveniente dal serbatoio superiore (tramite<br />

una valvola <strong>di</strong> laminazione perché in basso c'è una pressione inferiore a quella presente in alto).<br />

La reazione <strong>di</strong> assorbimento é esotermica e quin<strong>di</strong> cede calore Q 4 all'esterno. Una pompa provvede<br />

a riportare la miscela <strong>di</strong> acqua e ammoniaca ricomposta al serbatoio superiore (generatore) e si riprende<br />

il ciclo.<br />

In conclusione si hanno due cicli:<br />

⋅ uno interno fra generatore e assorbitore;<br />

⋅ uno esterno che produce nell'evaporatore l'effetto frigorifero.<br />

Nella Figura 66 sono anche in<strong>di</strong>cate le temperature tipiche <strong>di</strong> utilizzo della macchina proposta.<br />

Oltre alla miscela acqua-ammoniaca si utilizzano oggi anche miscele acqua-bromuro <strong>di</strong> litio o anche acquafluoruro<br />

<strong>di</strong> litio: in questi casi é l'acqua il componente più volatile.<br />

Queste macchine hanno il pregio <strong>di</strong> funzionare a temperatura inferiore (circa 80 °C) rispetto a<br />

quella ad ammoniaca (130÷150 °C). In alcuni casi si é anche utilizzata l'energia solare per alimentare il<br />

generatore (Q 3 ).<br />

Le macchine ad assorbimento possono essere utilizzate anche con cascami termici (termine usato<br />

per in<strong>di</strong>care i rifiuti termici nei processi <strong>di</strong> lavorazione industriale). L'utilizzo come pompa <strong>di</strong> calore<br />

appare improprio: la temperatura del calore fornito al generatore é maggiore <strong>di</strong> quella del condensatore<br />

anche se in minore quantità.<br />

Negli impianti <strong>di</strong> trigenerazione, a causa dell’elevata temperatura raggiungibile con il vapore nella<br />

caldaia a recupero, si utilizzano assorbitori con acqua e bromuro <strong>di</strong> litio a doppio effetto in modo da<br />

potere avere temperature <strong>di</strong> ingresso all’assorbitore <strong>di</strong> 190 °C. Le macchine a doppio effetto sono<br />

certamente più costose rispetto a quelle a singolo effetto ma presentano consumi specifici <strong>di</strong> vapore<br />

inferiori e quin<strong>di</strong> hanno minori costi <strong>di</strong> esercizio.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

109<br />

Il bromuro <strong>di</strong> litio (LiBr) è un sale igroscopico che presenta grande affinità con il vapore acqueo<br />

ed è usato in concentrazioni del 60÷64%. Non è un sale tossico e non è infiammabile. E’ leggermente<br />

corrosivo per cui si aggiunge lo 0,4% <strong>di</strong> nitrato <strong>di</strong> litio (LiNO 3 ) per <strong>di</strong>sinibirne l’aggressività in assenza<br />

<strong>di</strong> aria. Le macchine a doppio effetto <strong>di</strong>spongono <strong>di</strong> due generatori e <strong>di</strong> due scambiatori <strong>di</strong> calore per la<br />

soluzione. I generatori sono detti ad alta pressione (comunque inferiore a quella atmosferica con uno<br />

scambiatore ad alta temperatura) e a bassa pressione (con uno scambiatore a bassa temperatura).<br />

Il fluido frigorigeno è l’acqua che segue il ciclo canonico (condensazione, laminazione,<br />

evaporazione) per poi essere assorbita nuovamente nel LiBr contenuto nell’assorbitore. Me<strong>di</strong>ante una<br />

pompa <strong>di</strong> circolazione si riporta la miscela nel generatore <strong>di</strong> alta pressione dove si ha una prima<br />

separazione del vapore acqueo. Da questo generatore si passa in quello a bassa pressione e temperatura<br />

ove si ha una ulteriore fase <strong>di</strong> separazione del vapore acqueo che prosegue il ciclo frigorifero. La<br />

separazione dei due generatori (ad alta e bassa temperatura) consente <strong>di</strong> ottimizzare i consumi <strong>di</strong><br />

energia in base ai livelli termici richiesti.<br />

Le macchine ad assorbimento hanno la grande capacità <strong>di</strong> adattarsi facilmente alle fluttuazioni <strong>di</strong><br />

carico e quin<strong>di</strong> presentano una buona flessibilità impiantistica potendo variare la loro potenzialità<br />

teoricamente nell’intervallo 0÷100% con minime variazioni del COP.<br />

La regolazione della capacità frigorifera si ottiene variando la concentrazione della soluzione<br />

nell’assorbitore in due mo<strong>di</strong>, spesso anche in combinazione fra loro:<br />

⋅ variando la quantità <strong>di</strong> vapore o la portata d’acqua surriscaldata che attraversa il generatore (e<br />

quin<strong>di</strong> regolando l’energia termica fornita alla macchina);<br />

⋅ inviando nell’assorbitore una soluzione più <strong>di</strong>luita del generatore.<br />

Al <strong>di</strong>minuire del carico termico anche la temperatura dell’acqua fredda in uscita tende a crescere<br />

per cui una sonda <strong>di</strong> temperatura comanda l’inizio della chiusura della valvola modulante sul vapore <strong>di</strong><br />

alimentazione o della valvola a tre vie dell’acqua surriscaldata. In questo modo si rallenta il ripristino<br />

della soluzione concentrata nel generatore e pertanto la quantità <strong>di</strong> refrigerante (acqua) che torna<br />

all’evaporatore <strong>di</strong>minuisce e quin<strong>di</strong> scende anche il livello <strong>di</strong> acqua in esso presente.<br />

Quando il carico scende a circa il 50% della capacità <strong>di</strong> progetto si può anche ridurre la portata <strong>di</strong><br />

soluzione <strong>di</strong> LiBr al generatore e ciò fa <strong>di</strong>minuire anche il consumo <strong>di</strong> energia poiché viene richiesta una<br />

minore quantità <strong>di</strong> vapore al generatore.<br />

Un problema a cui può andare incontro una macchina ad assorbimento è la cristallizzazione del<br />

LiBr nel generatore. Questo fenomeno è irreversibile e non produce danni meccanici alla macchina ma<br />

solo una riduzione della capacità frigorifera. La cristallizzazione avviene per <strong>di</strong>versi motivi fra i quali:<br />

⋅ per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> vuoto;<br />

⋅ temperatura dell’acqua <strong>di</strong> condensazione troppo bassa;<br />

⋅ arresto improvviso e prolungato della macchina per mancanza <strong>di</strong> corrente;<br />

⋅ infiltrazioni <strong>di</strong> incondensabili nel circuito in quantità superiore alla capacità <strong>di</strong> spurgo;<br />

⋅ arresto della macchina senza che venga continuato il processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>luizione della soluzione <strong>di</strong><br />

LiBr nell’assorbitore;<br />

⋅ cariche errate <strong>di</strong> refrigerante (acqua) e della soluzione nel circuito della macchina.<br />

Nelle moderne macchine ad assorbimento sono inseriti numerosi accorgimenti atti a ridurre o ad<br />

eliminare il pericolo della cristallizzazione anzidetta. In ogni caso è sempre bene avere personale tecnico<br />

opportunamente addestrato alla gestione <strong>di</strong> questi impianti.<br />

4.9.4 COSTI DELL’IMPIANTO DI TRIGENERAZIONE<br />

Spesso si ha il problema <strong>di</strong> sostituire gli impianti esistenti con questi cogenerativi. In altri casi<br />

(invero ancora pochi e limitati) occorre affrontare il progetto <strong>di</strong> trigenerazione ex novo partendo da<br />

considerazioni non solo termo<strong>di</strong>namica (certamente positive) ma anche economiche.<br />

Occorre affrontare un’analisi costi benefici considerando fra i costi:<br />

⋅ Costo fisso <strong>di</strong> impianto<br />

⋅ Consumi <strong>di</strong> combustibile dell’unità motrice (dalla simulazione)


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

110<br />

⋅ Manutenzione e gestione (aggiuntivi)<br />

⋅ Interessi passivi sul debito<br />

Fra i benefici si hanno:<br />

⋅ Costo evitato sull’acquisto dell’energia elettrica<br />

⋅ Costo evitato del combustibile <strong>di</strong> alimentazione delle caldaie<br />

⋅ Ricavi dalla ven<strong>di</strong>ta delle eccedenze <strong>di</strong> produzione elettrica al netto delle imposteAlla base delle scelte<br />

economiche ed impiantistiche occorre effettuare la scelta della taglia ottimale della turbina a gas e la<br />

valutazione del risparmio <strong>di</strong> gestione sulla fattura energetica rispetto all’impianto esistente, nel caso <strong>di</strong><br />

sostituzione <strong>di</strong> vecchio impianto, a rispetto al sistema <strong>di</strong> confronto, SC, nel caso <strong>di</strong> nuovo impianto.<br />

4.9.5 SCELTA DELLA TAGLIA DELL’IMPIANTO<br />

La prima decisione è, quin<strong>di</strong>, la taglia da adottare per far fronte alla richiesta energetica<br />

dell’utenza. La scelta è ancora fra la tipologia a carico elettrico imposto o a carico termico imposto. Ve<strong>di</strong>amo<br />

brevemente quali sono le problematiche che ne scaturiscono.<br />

Carico Elettrico Imposto (Power Driven)<br />

In questa con<strong>di</strong>zione si <strong>di</strong>mensiona l’impianto in modo da sod<strong>di</strong>sfare con il motore primo tutto il<br />

carico elettrico dell’utenza. Il calore recuperato dai gas <strong>di</strong> scarico varia con la domanda <strong>di</strong> elettricità.<br />

E’ questa una soluzione utile quando si hanno carichi elettrici costanti durante tutto l’anno o<br />

comunque presentano fluttuazioni piccole rispetto al valore me<strong>di</strong>o.<br />

Se la scelta del gruppo motore è fatta sulla massima potenza elettrica richiesta allora la turbina a<br />

gas si troverà a lavorare al <strong>di</strong> sotto delle con<strong>di</strong>zioni nominali quando il carico elettrico risulta inferiore a<br />

quello massimo e ciò comporta una riduzione, anche sensibile, del ren<strong>di</strong>mento termo<strong>di</strong>namico della<br />

turbina a gas.<br />

Inoltre, a causa della <strong>di</strong>retta proporzionalità del calore recuperato con la produzione <strong>di</strong> energia<br />

elettrica, le variazioni <strong>di</strong> carico elettrico debbono essere compensate da variazione <strong>di</strong> pari segno del<br />

carico termico. Qualora queste con<strong>di</strong>zioni non si verifichino allora occorre ricorrere, se si è in <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong><br />

energia termica recuperata, ad fonti energetiche supplementari (generatori termici ausiliari) ovvero, se si<br />

è in eccesso <strong>di</strong> energia termica recuperata, ad una <strong>di</strong>spersione nell’ambiente dell’esubero energetico<br />

me<strong>di</strong>ante scambiatori <strong>di</strong> calore raffreddati con aria ambiente.<br />

Carico termico Imposto (Heat Driven)<br />

In questo caso si <strong>di</strong>mensiona il motore primo e quin<strong>di</strong> la taglia dell’impianto per sod<strong>di</strong>sfare tutto<br />

il carico termico dell’Utenza. Si ha il caso duale rispetto al precedente e gli eccessi o i <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong><br />

produzione <strong>di</strong> energia elettrica conseguenti alle variazioni del carico termico possono essere compensati<br />

con interscambi positivi o negativi dalla rete ENEL (sistema aperto). Potendo avere la post<br />

combustione per la fornitura <strong>di</strong> energia termica 21 in eccesso da recuperare le eventuali maggiori richieste<br />

del carico termico possono essere sod<strong>di</strong>sfatte rapidamente ed efficacemente. Pertanto la scelta della<br />

taglia <strong>di</strong> impianto va eseguita sui valori me<strong>di</strong> dei carichi termici.<br />

In Figura 67 si ha una schematizzazione <strong>di</strong> quanto appena detto: la sezione inferiore della figura è<br />

coperta dalla configurazione nominale della turbina mentre la parte superiore, dovuta ad una maggiore<br />

richiesta del carico termico, è sod<strong>di</strong>sfatta me<strong>di</strong>ante il post combustore.<br />

Naturalmente l’uso del post combustore penalizza il ren<strong>di</strong>mento totale <strong>di</strong> cogenerazione poiché<br />

non comporta maggiore produzione <strong>di</strong> energia elettrica ma rappresenta un modo efficace <strong>di</strong> controllo<br />

del carico termico senza dover far ricorso, fin dove è possibile, a generatori ausiliari e quin<strong>di</strong> con una<br />

riduzione degli investimenti iniziali.<br />

21 Si ricor<strong>di</strong> che la post combustione agisce a valle della turbina e quin<strong>di</strong> non produce effetti sulla produzione <strong>di</strong><br />

energia elettrica ottenuta dal generatore elettrico comandato dall’albero motore della turbina.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

111<br />

Scelta della Turbina a Gas<br />

Nell’ipotesi, per altro molto spesso rispettata nei casi pratici, <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento a carico termico<br />

imposto, la turbina deve garantire il sod<strong>di</strong>sfacimento del carico termico durante tutto l’anno. Resta ancora<br />

da valutare se la scelta <strong>di</strong> un grosso gruppo turbogas, e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> grande produzione <strong>di</strong> energia elettrica,<br />

sia conveniente alla luce degli andamenti <strong>di</strong> mercato dell’energia elettrica in eccesso.<br />

Si verifica, infatti, che quanto più il punto <strong>di</strong> funzionamento nominale della turbina è prossimo<br />

alla domanda <strong>di</strong> calore richiesta dall’utenza tanto più elevata è la produzione nominale <strong>di</strong> potenza<br />

elettrica. Il costo del motore primo (turbina a gas) rappresenta all’incirca il 40% del costo totale<br />

dell’investimento e pertanto esagerare nella taglia potrebbe comportare il rischio <strong>di</strong> investimento non<br />

economico. Inoltre la variabilità <strong>di</strong> regime <strong>di</strong> funzionamento della turbina comporta anche una per<strong>di</strong>ta<br />

<strong>di</strong> ren<strong>di</strong>mento che riduce ulteriormente la convenienza economica dell’investimento.<br />

A priori non è possibile dare una regola fissa per la scelta del motore primo ma è l’analisi<br />

economica (cash flow) nel periodo <strong>di</strong> vita previsto dell’impianto che deve in<strong>di</strong>care, in base alla variazione<br />

dei carichi termici ed elettrici reali dell’utenza, quale è la migliore scelta impiantistica.<br />

In Figura 68 si ha la schematizzazione <strong>di</strong> quanto detto: al variare della potenza nominale della<br />

turbina varia il cash flow attualizzato (NTP, Net Present Value) <strong>di</strong> una determinata applicazione e<br />

pertanto il valore massimo <strong>di</strong> NTP si determina per un valore della potenza ottimale interme<strong>di</strong>o fra la<br />

potenza minima e la massima ammissibile.<br />

Q<br />

CARIC O C ON POST COM BU S T IO N E<br />

CARIC O D I B AS E<br />

Ore<br />

Figura 67: Copertura del carico termico con il post combustore<br />

NTP<br />

NTPmax<br />

Pot min Pot<br />

ammissib ile ottimal e<br />

Pot max<br />

ammissibile<br />

Potenza nominale della turbina<br />

Figura 68: Andamento del Cash Flow attualizzato al variare della potenza della turbina


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

112<br />

4.9.6 ANALISI ECONOMICA<br />

Gli in<strong>di</strong>ci economici da prendere in considerazione sono quelli già visti in precedenza e in<br />

particolare i tempo <strong>di</strong> pay back e il VAN a 20 anni (periodo canonico per questo tipo <strong>di</strong> investimenti).<br />

Fra le voci da considerare nell’analisi economica vi è il costo fisso <strong>di</strong> impianto dovuto alla turbina a<br />

gas. Il costo <strong>di</strong> mercato <strong>di</strong> questo motore primo varia molto in funzione del tipo <strong>di</strong> turbina e della<br />

potenza nominale.<br />

In Figura 69 si ha una curva che in<strong>di</strong>ca il costo me<strong>di</strong>o specifico per turbine commerciali con<br />

potenze nominali variabile da 1 MWe a 60 MWe. Questa curva è stata ricavata me<strong>di</strong>ando i listini<br />

commerciali (anno 1999) dei fornitori <strong>di</strong> turbine a gas <strong>di</strong> varia potenzialità.<br />

Questi costi sono suscettibili <strong>di</strong> variazione sia per contingenze economiche sia per innovazione<br />

tecnologica possibile in caso <strong>di</strong> domanda crescente.<br />

Il costo del combustibile è una delle variabili più impreve<strong>di</strong>bile <strong>di</strong> tutta l’analisi economica poiché<br />

questo elemento varia quasi giornalmente, come gli avvenimenti degli ultimi sei mesi ci hanno mostrato,<br />

in funzione <strong>di</strong> contingenze anche politiche, dell’andamento dei cambi e dell’umore dei fornitori.<br />

Si pensi, ad esempio, che all’inizio del 1999 il gasolio costava 1200 L/Litro circa mentre oggi<br />

costa circa €/L 0.92 (1800 L/Litro). E fra un anno? Potrà costare 2,00 €/Litro o anche più: chi può<br />

prevedere un andamento certo <strong>di</strong> questo parametro?<br />

1 .10 6<br />

9.578×<br />

10 5<br />

9 .10 5<br />

y( x)<br />

8 .10 5<br />

7 .10 5<br />

6 .10 5<br />

5.077×<br />

10 5<br />

5 .10 5<br />

0 1 . 10 4 2 . 10 4 3 . 10 4 4 . 10 4 5 . 10 4 6 . 10 4<br />

1×<br />

10 3<br />

x<br />

6×<br />

10 4<br />

Figura 69: Costo me<strong>di</strong>o specifico, y, <strong>di</strong> una turbina a gas in funzione della potenza nominale (x in kWe)<br />

Anche il costo <strong>di</strong> acquisto e <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta dell’energia elettrica variano in modo non del tutto<br />

in<strong>di</strong>pendenti dal costo del combustibile per via del famigerato sovrapprezzo termico che lega la tariffa<br />

elettrica al costo del petrolio. I costi <strong>di</strong> acquisto variano da 250 a 320 L/kWh.<br />

Simulazione dell’Impianto<br />

Per valutare le prestazioni <strong>di</strong> questo impianto si utilizzano co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo del tipo GATE 22<br />

CYCLE la cui rappresentazione è data in Figura 70.<br />

Il programma consente <strong>di</strong> simulare impianti esistenti o in fase <strong>di</strong> progettazione in modo<br />

descrittivo, combinando una interfaccia grafica con modelli <strong>di</strong> analisi termo<strong>di</strong>namica dettagliati <strong>di</strong> tutti i<br />

processi descritti (turbina, scambiatori <strong>di</strong> calore, pompe,…).<br />

22 Acronimo <strong>di</strong> Gas Turbine Evaluation.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

113<br />

Il co<strong>di</strong>ce GATE CYCLE è stato pre<strong>di</strong>sposto per simulare impianti contenenti turbine a gas <strong>di</strong><br />

costruttori <strong>di</strong>versi 23 e quin<strong>di</strong> svincolando i progettisti dalla necessità <strong>di</strong> utilizzare i co<strong>di</strong>ci proprietari dei<br />

costruttori che valgono, come si intuisce, solo per i modelli da loro forniti. Nel 1988 il co<strong>di</strong>ce ha<br />

integrato i cicli a vapore e da questo deriva il nome GATE CYCLE.<br />

Nel 1993 è stata aggiunta anche la possibilità <strong>di</strong> usare caldaie tra<strong>di</strong>zionali e quin<strong>di</strong> si ha oggi uno<br />

strumento valido per simulare qualunque tipo <strong>di</strong> impianto <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> potenza. Possono essere<br />

stu<strong>di</strong>ate <strong>di</strong>verse tipologie <strong>di</strong> impianto, dai più semplici basati su cicli a gas a quelli più complessi basati<br />

su cicli combinati a livelli multipli <strong>di</strong> pressione. E’, inoltre, possibile affrontare problemi <strong>di</strong> repowering e <strong>di</strong><br />

cogenerazione. L’uso interattivo del co<strong>di</strong>ce, me<strong>di</strong>ante icone rappresentative <strong>di</strong> componenti <strong>di</strong> impianto,<br />

è facilitato anche da un controllo delle connessioni effettuato dallo stesso programma in base alle<br />

caratteristiche dei componenti selezionati.<br />

Me<strong>di</strong>ante alcune macro si possono poi simulare con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> funzionamento particolari. Le macro<br />

stabiliscono un legame tra le variabili presenti nel modello simulato e, ad esempio, si possono scrivere<br />

macro che combinano certe variabili con funzioni definite dall’operatore. Una macro può calcolare il<br />

consumo aggiuntivo <strong>di</strong> combustibile nel post bruciatore in funzione delle portate <strong>di</strong> acqua calda agli<br />

scambiatori della caldaia a recupero.<br />

Con questo co<strong>di</strong>ce si possono simulare i ren<strong>di</strong>menti, le quantità <strong>di</strong> energia termica ed elettrica<br />

prodotta ed effettuare confronti fra le prestazioni in varie configurazioni nel periodo <strong>di</strong> vita ipotizzato e<br />

per gli andamenti temporali dei carichi <strong>di</strong>sponibili o ipotizzati (anche in questo caso me<strong>di</strong>ante co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong><br />

simulazione del tipo già citato).<br />

Torre evaporativa<br />

S27<br />

CT1<br />

S26<br />

S28<br />

S25<br />

PUMP3<br />

HX3<br />

S29<br />

V1<br />

S9<br />

Vapore risc. a 10 bar e 180 C<br />

S17<br />

S18<br />

S24<br />

HX2<br />

Ritorno del vapore da risc. a 165 C<br />

S11<br />

SP1<br />

S8<br />

Vapore out verso il generatore: 170 C, 8bar<br />

S20<br />

S5<br />

Vapore macch. ad assorb: 90 C, 8 bar<br />

HX1<br />

S21<br />

S14<br />

M1<br />

S1<br />

S7<br />

S6<br />

S22<br />

Fumi al camino<br />

S16<br />

S12<br />

S13<br />

S2<br />

S3<br />

S4<br />

GT1<br />

Turbina<br />

DUCT1<br />

DB1<br />

post-bruciatori<br />

SPHT1<br />

ECON1<br />

EVAP1<br />

Caldaia a recupero<br />

PUMP2<br />

Figura 70: Rappresentazione <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> Trigenerazione con GATE CYCLE<br />

23 Il co<strong>di</strong>ce ha al proprio interno un corposo data base sui modelli <strong>di</strong> turbine esistenti con tutte le loro caratteristiche<br />

meccaniche e termo<strong>di</strong>namiche,


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

114<br />

Il co<strong>di</strong>ce può funzionare in modalità on design ed off design. Nel primo caso vengono stabilite le<br />

caratteristiche operative e fisiche <strong>di</strong> un componente (ad esempio il ren<strong>di</strong>mento della turbina, la<br />

superficie <strong>di</strong> uno scambiatore <strong>di</strong> calore, …) mentre nel secondo modo viene valutata la performance<br />

dell’intero impianto al variare delle con<strong>di</strong>zioni ottimali, del carico termico e del carico elettrico.<br />

Il co<strong>di</strong>ce GATE CYCLE consente <strong>di</strong> valutare anche le emissioni gassose utilizzando programmi<br />

specifici <strong>di</strong> libreria per la composizione dei gas <strong>di</strong> combustione e <strong>di</strong> scarico in aria.<br />

In questo modo è possibile conoscere le specie chimiche emesse in camino anche ai fini della<br />

valutazione <strong>di</strong> impatto ambientale (ve<strong>di</strong> nel prosieguo). Una simulazione per un caso concreto con<br />

<strong>di</strong>verse turbine a gas ha fornito i risultati riportati in Figura 71. In particolare per una potenza <strong>di</strong> 2.7<br />

MW si hanno i risultati in<strong>di</strong>cati in Figura 72 al variare del costo dell’energia.<br />

A conclusione <strong>di</strong> questo capitolo si vuole rimarcare la complessità del problema della<br />

progettazione <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> trigenerazione e, in generale, <strong>di</strong> cogenerazione. Occorre evitare sempre<br />

<strong>di</strong> sovra<strong>di</strong>mensionare gli impianti perché questo riduce o annulla ad<strong>di</strong>rittura la loro convenienza<br />

economica vanificando l’investimento. Spesso più che <strong>di</strong> un errore progettuale <strong>di</strong> calcolo si tratta <strong>di</strong> un<br />

errore basato sull’ignoranza o sul timore <strong>di</strong> sotto<strong>di</strong>mensionare gli impianti. Comunque una scelta<br />

sbagliata della taglia si rivela un errore grave perché irreversibile e quin<strong>di</strong> irrecuperabile per l’impianto.<br />

Di certo la progettazione in oggetto non è basata su regole certe ma si tratta <strong>di</strong> una progettazione<br />

complessa che richiede la sintesi <strong>di</strong> più algoritmi risolutivi e <strong>di</strong> più competenze (tecniche, economiche,<br />

chimico-fisiche, …).<br />

VAN [G£]<br />

30<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

-5<br />

-10<br />

-15<br />

-20<br />

120 150 170 200<br />

[£ / kWh]<br />

2,4 MW 3,3 MW<br />

4,5 MW 2,7 MW<br />

Figura 71: VAN per varie potenze <strong>di</strong> turbine a gas installate<br />

VAN [G£]<br />

25,000<br />

20,000<br />

15,000<br />

10,000<br />

5,000<br />

5,000<br />

4,000<br />

3,000<br />

2,000<br />

1,000<br />

anni<br />

-<br />

120 150 170 200<br />

[£/kWh]<br />

-<br />

VAN<br />

TPB<br />

Figura 72: Andamento del VAN e TPB al variare del costo energetico


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

115<br />

5 COGENERAZIONE NELL’INDUSTRIA<br />

5.1 RIFERIMENTI NORMATIVI<br />

77/714/CEE: “Raccomandazione del Consiglio, del 25 ottobre 1977, concernente<br />

l’istituzione negli Stati membri <strong>di</strong> organi o comitati consultivi per promuovere la produzione<br />

combinata <strong>di</strong> calore e <strong>di</strong> energia nonché la valorizzazione del calore residuo”<br />

Il Consiglio delle Comunità Europee ritiene che si può utilizzare più razionalmente l’energia<br />

ricorrendo maggiormente alla produzione combinata <strong>di</strong> calore ed energia e valorizzando il calore<br />

residuo nei settori dell’industria, della produzione <strong>di</strong> elettricità e dell’erogazione <strong>di</strong> calore a <strong>di</strong>stanza.<br />

Invita inoltre gli Stati membri ad in<strong>di</strong>viduare e rimuovere gli ostacoli legislativi, amministrativi o tariffari<br />

che si oppongono allo sviluppo della produzione combinata <strong>di</strong> calore e <strong>di</strong> energia destinati ad essere<br />

erogati all’industria.<br />

Legge 9 gennaio 1991, n. 9 "Norme per l'attuazione del nuovo Piano energetico<br />

nazionale: aspetti istituzionali, centrali idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi e geotermia,<br />

autoproduzione e <strong>di</strong>sposizioni fiscali" (S.O. alla G.U. n. 13 del 16 gennaio 1991 – Serie<br />

Generale)<br />

L'art. 22 stabilisce che la produzione <strong>di</strong> energia elettrica a mezzo <strong>di</strong> impianti combinati <strong>di</strong> energia<br />

e calore non è soggetta alle autorizzazioni previste dalle normative <strong>di</strong> settore ma è sufficiente una<br />

semplice comunicazione al Ministero dell'Industria e all'UTF competente per territorio. L'eccedenza <strong>di</strong><br />

produzione può essere ceduta all'ENEL o alle imprese produttrici e <strong>di</strong>stributrici.<br />

Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea del 18 <strong>di</strong>cembre 1997 concernente una<br />

strategia comunitaria per promuovere la produzione combinata <strong>di</strong> calore ed elettricità (GUCE<br />

8 gennaio 1998, pag. C 4/01)<br />

Si afferma che “la produzione combinata calore/energia elettrica costituisce un impiego<br />

efficiente delle risorse energetiche e può pertanto contribuire in modo sostanziale alla riduzione delle<br />

emissioni <strong>di</strong> CO2”.<br />

Si in<strong>di</strong>ca anche agli Stati membri che l’obiettivo da raggiungere “è l’elaborazione <strong>di</strong> una<br />

strategia per assicurare il raddoppio della quota globale della cogenerazione nella Comunità entro il<br />

2010”.<br />

Seconda comunicazione nazionale dell’Italia alla Convenzione-quadro sui cambiamenti<br />

climatici, Roma novembre 1998<br />

Al paragrafo 5.3.6 si riconosce “il ruolo fondamentale e l’importanza crescente della<br />

cogenerazione per l’approvvigionamento del paese <strong>di</strong> energia elettrica con caratteristiche <strong>di</strong> elevata<br />

efficienza energetica e basso inquinamento ambientale”.<br />

D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 9 (decreto Bersani) “Attuazione della <strong>di</strong>rettiva 96/92/CE<br />

recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica” (G.U. n.75 del 31 marzo<br />

1999)<br />

La cogenerazione viene definita come la produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore alle<br />

con<strong>di</strong>zioni definite dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, che garantiscano un significativo<br />

risparmio <strong>di</strong> energia rispetto alle produzioni separate. (art. 2, comma 8).<br />

Il decreto stabilisce una serie <strong>di</strong> agevolazioni per l’utilizzo delle fonti rinnovabili e della<br />

cogenerazione:<br />

art. 3, comma 3: obbligo <strong>di</strong> utilizzazione prioritaria dell’energia elettrica prodotta da fonti<br />

energetiche rinnovabili e <strong>di</strong> quella prodotta da cogenerazione.<br />

art. 11, commi 1 e 2: obbligo <strong>di</strong> produzione (o alternativamente <strong>di</strong> acquisto) <strong>di</strong> una certa quota<br />

(2%) <strong>di</strong> energia rinnovabile da parte degli autoproduttori.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

116<br />

D.Lgs. 23 maggio 2000, n. 164 (decreto Letta) “Attuazione della <strong>di</strong>rettiva 98/30/CE<br />

recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’articolo 41 della<br />

legge 17 maggio 1999, n. 144” (G.U. n. 142, 20 giugno 2000)<br />

Art. 22, comma 1, lett. b: Le imprese che acquistano gas per la cogenerazione sono considerate<br />

“cliente idoneo”, in<strong>di</strong>pendentemente dal livello <strong>di</strong> consumo annuale e limitatamente alla quota <strong>di</strong> gas<br />

destinata a tale utilizzo.<br />

Decreto 24 aprile 2001 “In<strong>di</strong>viduazione degli obiettivi quantitativi nazionali <strong>di</strong> risparmio<br />

energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili <strong>di</strong> cui all’art.16, comma 4, del decreto legislativo 23<br />

maggio 2000, n. 164”<br />

Decreto 24 aprile 2001 “In<strong>di</strong>viduazione degli obiettivi quantitativi per l’incremento<br />

dell’efficienza energetica negli usi finali ai sensi dell’art.9, comma 1, del decreto legislativo 16<br />

marzo 1999, n. 79” (S.O. n. 125 del 22 maggio 2001 alla G.U. n. 117 del 22 maggio 2001)<br />

Questi due decreti attuano le <strong>di</strong>sposizioni previste dai citati decreti <strong>di</strong> liberalizzazione del mercato<br />

elettrico e del gas e vincolano i <strong>di</strong>stributori energetici a conseguire degli obiettivi progressivamente<br />

crescenti <strong>di</strong> innalzamento dell’efficienza energetica.<br />

Le possibilità <strong>di</strong> intervento sono in<strong>di</strong>cate in tabelle allegate ai decreti le quali definiscono un<br />

ampio menù <strong>di</strong> soluzioni tecnologiche: tra queste vengono esplicitamente menzionate le sueguenti<br />

tipologie <strong>di</strong> interventi:<br />

• la climatizzazione <strong>di</strong>retta tramite teleriscaldamento da cogenerazione<br />

• la cogenerazione e i sistemi <strong>di</strong> microcogenerazione come definiti dall’Autorità per l’energia<br />

elettrica e il gas<br />

• uso del calore geotermico a bassa entalpia e del calore da impianti cogenerativi, geotermici o<br />

alimentati da prodotti vegetali e rifiuti organici e inorganici per il riscaldamento <strong>di</strong> ambienti e per<br />

la fornitura <strong>di</strong> calore in applicazioni civili.<br />

Il varo dei decreti offrirà dunque la possibilità <strong>di</strong> far decollare programmi <strong>di</strong> incentivazione per la<br />

<strong>di</strong>ffusione della cogenerazione e della microcogenerazione.<br />

Autorità per l’energia Elettrica e il Gas: Deliberazione 19 marzo 2002, n. 42 “Con<strong>di</strong>zioni<br />

per il riconoscimento della produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore come<br />

cogenerazione ai sensi dell’articolo 2, comma 8, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79”<br />

(GU n. 79 del 4 aprile 2002, pag. 58)<br />

La Deliberazione definisce come impianti <strong>di</strong> cogenerazione quelli che sod<strong>di</strong>sfano<br />

contemporaneamente due con<strong>di</strong>zioni:<br />

• un risparmio energetico del 10% per ogni nuova sezione dell'impianto<br />

• una produzione <strong>di</strong> almeno il 15% <strong>di</strong> energia termica sul totale della produzione complessiva<br />

(termica più elettrica).<br />

Le due con<strong>di</strong>zioni variano in funzione <strong>di</strong> altri parametri (potenza della sezione dell'impianto,<br />

combustibili utilizzati, destinazione dell'energia prodotta).<br />

Decreto del Ministero dell'ambiente 31 luglio 2003 "Mo<strong>di</strong>fiche al decreto 4 giugno 2001,<br />

n. 467, relativo all'in<strong>di</strong>viduazione dei programmi nazionali, previsti ex art. 3 del decreto n. 337<br />

del 2000" (G.U. n. 260 dell'8 novembre 2003)<br />

Vengono definiti nuovi programmi nazionali <strong>di</strong> ricerca per la riduzione delle emissioni ai fini del<br />

raggiungimento degli obiettivi del protocollo <strong>di</strong> Kyoto. Tra gli altri viene approvato il sottoprogramma<br />

3/i "Diffusione dei sistemi ad alta efficienza <strong>di</strong> microcogenerazione <strong>di</strong>ffusa <strong>di</strong> energia elettrica e calore"<br />

(Accordo programmatico con Confindustria), art. 2, comma 1.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

117<br />

Direttiva 2002/91/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 <strong>di</strong>cembre 2003 sul<br />

ren<strong>di</strong>mento energetico nell'e<strong>di</strong>lizia<br />

Tra le altre <strong>di</strong>sposizioni, questa Direttiva richiede agli Stati membri <strong>di</strong> provvedere affinchè, per gli<br />

e<strong>di</strong>fici nuovi la cui metratura utile totale superi i 10.000 m2, sia valutata la fattibilità tecnica, ambientale<br />

ed economica dell'installazione <strong>di</strong> sistemi alternativi quali la cogenerazione prima dell'inizio dei lavori <strong>di</strong><br />

costruzione. (art. 5).<br />

Gli Stati membri dovranno adeguarsi entro il 4 gennaio 2006.<br />

D. Lgs. 29 <strong>di</strong>cembre 2003, n. 387 "Attuazione della <strong>di</strong>rettiva 2001/77/CE relativa alla<br />

promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno<br />

dell'elettricità" (s.o. G.U. n. 25 del 31 gennaio 2004))<br />

L'art. 5, comma 1 prevede la nomina <strong>di</strong> una commissione <strong>di</strong> esperti che, entro un anno<br />

dall'inse<strong>di</strong>amento, pre<strong>di</strong>sponga una relazione nella quale siano in<strong>di</strong>cate, tra l'altro, le con<strong>di</strong>zioni per la<br />

promozione prioritaria degli impianti cogenerativi <strong>di</strong> potenza elettrica inferiore a 5 MW (lettera g). L'art.<br />

5 tratta la valorizzazione energetica delle biomasse, dei gas residuati dai processi <strong>di</strong> depurazione e del<br />

biogas quin<strong>di</strong> è ragionevole pensare che gli impianti cogenerativi <strong>di</strong> cui si parla alla lettera g) siano quelli<br />

alimentati da tali fonti.<br />

Autorità per l’energia Elettrica e il Gas: Delibera 30 <strong>di</strong>cembre 2003, n. 168 “Con<strong>di</strong>zioni<br />

per l’erogazione del pubblico servizio <strong>di</strong> <strong>di</strong>spacciamento dell’energia elettrica sul territorio<br />

nazionale e per l’approvvigionamento delle relative risorse su base <strong>di</strong> merito economico, ai sensi<br />

degli articoli 3 e 5 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79” (GU – Supplemento or<strong>di</strong>nario n.<br />

16 del 30.1.04), poi integrata dalla successiva Delibera AEEG n. 71/2004<br />

La Delibera stabilisce le con<strong>di</strong>zioni per la priorità <strong>di</strong> <strong>di</strong>spacciamento delle unità <strong>di</strong> cogenerazione,<br />

nel primo periodo <strong>di</strong> esercizio delle stesse, in maniera da partecipare al sistema delle offerte avviato con<br />

la Borsa elettrica.<br />

Direttiva 2004/8/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell'11 febbraio 2004 sulla<br />

promozione della cogenerazione basata su una domanda <strong>di</strong> calore utile nel mercato interno<br />

dell'energia e che mo<strong>di</strong>fica la <strong>di</strong>rettiva 92/42/CE (GUCE L 52 del 21.2.2004, pag. 50)<br />

La Direttiva si propone <strong>di</strong> creare un quadro utile alla promozione della cogenerazione al fine <strong>di</strong><br />

accrescere l'efficienza energetica e migliorare la sicurezza degli approvvigionamenti nel settore<br />

energetico.<br />

La cogenerazione è definita come "la generazione simultanea in un <strong>unico</strong> processo <strong>di</strong> energia<br />

termica ed elettrica e/o <strong>di</strong> energia meccanica" (art. 3, lettera a). Al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> 50 kWe si parla <strong>di</strong><br />

microcogenerazione, tra 50 kWe e 1 MWe si parla <strong>di</strong> piccola cogenerazione.<br />

Viene anche definita la cogenerazione ad alto ren<strong>di</strong>mento che si ha quando l'impianto fornisce<br />

un risparmio <strong>di</strong> energia primaria pari almeno al 10% rispetto ai valori <strong>di</strong> riferimento per la produzione<br />

separata <strong>di</strong> elettricità e calore. Gli Stati membri dovranno adeguarsi entro il 21 febbraio 2006.<br />

Legge 23 agosto 2004, n. 240 "Rior<strong>di</strong>no del settore energetico, nonché delega al Governo<br />

per il riassetto delle <strong>di</strong>sposizioni vigenti in materia <strong>di</strong> energia" (G.U. n. 215 del 13.09.2004)<br />

All'art. 1, comma 85 vengono definiti gli impianti <strong>di</strong> microgenerazione come "impianto per la<br />

produzione <strong>di</strong> energia elettrica, anche in assetto cogenerativo, con capacità <strong>di</strong> generazione non<br />

superiore a 1 MW".<br />

Al successivo comma 86 viene stabilito che gli impianti <strong>di</strong> microgenerazione sono soggetti a<br />

norme autorizzative semplificate.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

118<br />

5.2 DELIBERAZIONE 19 MARZO 2002: Con<strong>di</strong>zioni per il riconoscimento della produzione<br />

combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore come cogenerazione ai sensi dell’articolo 2,<br />

comma 8, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (deliberazione n. 42/02)<br />

L’AUTORITA’PER L’ENERGIA ELETTRICA E IL GAS<br />

• Nella riunione del 19 marzo 2002,<br />

Premesso che:<br />

- l’articolo 2, comma 8, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, pubblicato nella Gazzetta<br />

Ufficiale, Serie generale, n. 75 del 31 marzo 1999 (<strong>di</strong> seguito: decreto legislativo n. 79/99)<br />

prevede che l’Autorità per l’energia elettrica e il gas (<strong>di</strong> seguito:<br />

- Autorità) definisce le con<strong>di</strong>zioni alle quali la produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e<br />

calore è riconosciuta come cogenerazione, e che tali con<strong>di</strong>zioni devono garantire un<br />

significativo risparmio <strong>di</strong> energia rispetto alle produzioni separate;<br />

- - l’articolo 3, comma 3, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 79/99 stabilisce che<br />

l’Autorità prevede, nel fissare le con<strong>di</strong>zioni atte a garantire a tutti gli utenti della rete la libertà<br />

<strong>di</strong> accesso a parità <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni, l’imparzialità e la neutralità del servizio <strong>di</strong> trasmissione e<br />

<strong>di</strong>spacciamento, l’obbligo <strong>di</strong> utilizzazione prioritaria dell’energia elettrica prodotta a mezzo <strong>di</strong><br />

fonti energetiche rinnovabili e <strong>di</strong> quella prodotta me<strong>di</strong>ante cogenerazione;<br />

- - l’articolo 11, comma 2, del decreto legislativo n. 79/99 prevede che i titolari degli impianti <strong>di</strong><br />

cogenerazione sono esonerati dall’obbligo <strong>di</strong> immettere nel sistema elettrico nazionale, a<br />

partire dall’anno 2002, energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili<br />

entrati in esercizio dopo il 31 marzo 1999, gravante sui produttori e sugli importatori <strong>di</strong><br />

energia elettrica da fonti non rinnovabili con produzioni e importazioni annue eccedenti i 100<br />

GWh;<br />

- - l’articolo 11, comma 4, del medesimo decreto legislativo <strong>di</strong>spone che la società Gestore della<br />

rete <strong>di</strong> trasmissione nazionale Spa assicura la precedenza all’energia elettrica prodotta da<br />

impianti che utilizzano, nell’or<strong>di</strong>ne, fonti energetiche rinnovabili, sistemi <strong>di</strong> cogenerazione e<br />

fonti nazionali <strong>di</strong> energia combustibile primaria;<br />

- - l'articolo 22, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, pubblicato<br />

nella Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 142 del 20 giugno 2000 (<strong>di</strong> seguito: decreto<br />

legislativo n. 164/00) prevede l’attribuzione della qualifica <strong>di</strong> cliente idoneo alle imprese che<br />

acquistano il gas per la cogenerazione <strong>di</strong> energia elettrica e calore, in<strong>di</strong>pendentemente dal<br />

livello <strong>di</strong> consumo annuale, e limitatamente alla quota <strong>di</strong> gas destinata a tale utilizzo;<br />

Visti:<br />

⋅ - il decreto legislativo n. 79/99;<br />

⋅ - il decreto legislativo n. 164/00;<br />

⋅ - il decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, <strong>di</strong> concerto con il<br />

Ministro dell’ambiente 11 novembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n.<br />

292 del 14 <strong>di</strong>cembre 1999 (<strong>di</strong> seguito: decreto 11 novembre 1999);<br />

⋅ - il decreto del Presidente della Repubblica 28 <strong>di</strong>cembre 2000, n. 445;<br />

⋅ - il decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato 9 maggio 2001 recante<br />

<strong>di</strong>sciplina del mercato elettrico, pubblicato nel Supplemento or<strong>di</strong>nario, n. 134 alla Gazzetta<br />

Ufficiale, Serie or<strong>di</strong>naria, n. 127 del 4 giugno 2001 (<strong>di</strong> seguito: decreto ministeriale 9 maggio<br />

2001);<br />

Visti:<br />

⋅ - il documento per la consultazione recante Criteri e proposte per la definizione <strong>di</strong> cogenerazione<br />

e per la mo<strong>di</strong>fica delle con<strong>di</strong>zioni tecniche <strong>di</strong> assimilabilità degli impianti che utilizzano fonti<br />

energetiche assimilate a quelle rinnovabili <strong>di</strong>ffuso dall’Autorità il 3 agosto 2000;<br />

⋅ - il documento per la consultazione recante Con<strong>di</strong>zioni per il riconoscimento della produzione<br />

combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore come cogenerazione <strong>di</strong>ffuso dall’Autorità il 25 luglio 2001;<br />

⋅ - le osservazioni e le proposte inviate dai soggetti interessati all’Autorità in seguito alla <strong>di</strong>ffusione<br />

<strong>di</strong> due soprarichiamati documenti per la consultazione;


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

119<br />

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⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

Considerato che:<br />

- l’Autorità intende definire le con<strong>di</strong>zioni tecniche che devono essere sod<strong>di</strong>sfatte dagli impianti<br />

per la produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore affinché tali impianti possano avvalersi<br />

dei benefici e dei <strong>di</strong>ritti descritti in premessa come previsti dai decreti legislativi n. 79/99 e n.<br />

164/00;<br />

- il risparmio <strong>di</strong> energia conseguibile me<strong>di</strong>ante la produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e <strong>di</strong><br />

calore deve essere valutato con riferimento a soluzioni tecnologiche caratterizzate da specifiche<br />

taglie <strong>di</strong> impianto e tipi <strong>di</strong> combustile utilizzati;<br />

- l’evoluzione tecnologica dei componenti termici ed elettromeccanici utilizzati nella realizzazione<br />

degli impianti con produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore richiede che vengano<br />

perio<strong>di</strong>camente aggiornati i parametri che in<strong>di</strong>viduano le sopra richiamate con<strong>di</strong>zioni tecniche;<br />

Ritenuto che:<br />

- gli impianti <strong>di</strong> cogenerazione contribuiscano alla promozione della concorrenza nell’attività <strong>di</strong><br />

generazione elettrica, assicurando un significativo risparmio <strong>di</strong> energia primaria rispetto alle<br />

produzioni separate delle stesse quantità <strong>di</strong> energia elettrica e termica e riducendo le conseguenze<br />

ambientali negative, a parità <strong>di</strong> altre con<strong>di</strong>zioni;<br />

- le norme per la produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e <strong>di</strong> calore debbano favorire soluzioni<br />

tecnologiche che comportano un significativo risparmio <strong>di</strong> energia rispetto alle produzioni<br />

separate, escludendo soluzioni orientate alla produzione <strong>di</strong> sola energia elettrica o <strong>di</strong> sola energia<br />

termica per una quota significativa dell’anno solare;<br />

- sia opportuno fare riferimento agli anni solari nel riconoscimento della produzione combinata <strong>di</strong><br />

energia elettrica e <strong>di</strong> calore, come previsto dall’articolo 3, comma 1, del decreto 11 novembre<br />

1999;<br />

- sia opportuno fare riferimento alle sezioni degli impianti <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia<br />

elettrica e calore con potenza nominale non inferiore a 10 MVA, in coerenza con la “Disciplina<br />

del mercato elettrico” pre<strong>di</strong>sposta dalla società Gestore del mercato elettrico Spa e approvata con<br />

decreto del Ministro delle attività produttive del 9 maggio 2001;<br />

Articolo 1<br />

DELIBERA<br />

Definizioni<br />

1.1 Ai fini del presente provve<strong>di</strong>mento, si applicano le definizioni <strong>di</strong> cui all'articolo 2 del decreto<br />

legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e all'articolo 2, lettera g), del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164,<br />

nonché le seguenti:<br />

⋅ a) Autorità è l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, istituita con legge 14 novembre 1995, n. 481;<br />

⋅ b) decreto legislativo n. 79/99 è il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79;<br />

⋅ c) decreto legislativo n. 164/00 è il decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164;<br />

⋅ d) impianto <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore è un sistema integrato che converte<br />

l’energia primaria <strong>di</strong> una qualsivoglia fonte <strong>di</strong> energia nella produzione congiunta <strong>di</strong> energia<br />

elettrica e <strong>di</strong> energia termica (calore), entrambe considerate effetti utili, conseguendo, in generale,<br />

un risparmio <strong>di</strong> energia primaria ed un beneficio ambientale rispetto alla produzione separata<br />

delle stesse quantità <strong>di</strong> energia elettrica e termica. In luogo della produzione <strong>di</strong> energia elettrica in<br />

forma congiunta alla produzione <strong>di</strong> energia termica, è ammessa anche la produzione <strong>di</strong> energia<br />

meccanica. La produzione <strong>di</strong> energia meccanica o elettrica e <strong>di</strong> calore deve avvenire in modo<br />

sostanzialmente interconnesso, implicando un legame tecnico e <strong>di</strong> mutua <strong>di</strong>pendenza tra<br />

produzione elettrica e utilizzo in forma utile del calore, anche attraverso sistemi <strong>di</strong> accumulo. Il<br />

calore generato viene trasferito all'utilizzazione, in forme <strong>di</strong>verse, tra cui vapore, acqua calda, aria<br />

calda, e può essere destinata a usi civili <strong>di</strong> riscaldamento, raffrescamento o raffreddamento o a usi<br />

industriali in <strong>di</strong>versi processi produttivi. Nel caso <strong>di</strong> utilizzo <strong>di</strong> gas <strong>di</strong> sintesi, il sistema <strong>di</strong><br />

gassificazione è parte integrante dell’impianto <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

120<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

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⋅<br />

⋅<br />

calore. Nel caso <strong>di</strong> impianto a ciclo combinato con postcombustione, il post-combustore è parte<br />

integrante dell’impianto <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore. Le eventuali caldaie<br />

<strong>di</strong> integrazione de<strong>di</strong>cate esclusivamente alla produzione <strong>di</strong> energia termica non rientrano nella<br />

definizione <strong>di</strong> impianto <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore;<br />

e) sezione <strong>di</strong> impianto <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore è ogni modulo in cui può essere<br />

scomposto l’impianto <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore in grado <strong>di</strong> operare<br />

anche in<strong>di</strong>pendentemente dalle altre sezioni e composto da un insieme <strong>di</strong> componenti principali<br />

interconnessi tra loro in grado <strong>di</strong> produrre in modo sostanzialmente autosufficiente energia<br />

elettrica e calore. Una sezione può avere in comune con altre sezioni alcuni servizi ausiliari o<br />

generali. Nel caso <strong>di</strong> utilizzo <strong>di</strong> gas <strong>di</strong> sintesi, il sistema <strong>di</strong> gassificazione è parte integrante della<br />

sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore. Nel caso <strong>di</strong> sezione a ciclo<br />

combinato con post-combustione, il postcombustore è parte integrante della sezione <strong>di</strong><br />

produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore;<br />

f) cogenerazione, agli effetti dei benefici previsti dagli articoli 3, comma 3, 4, comma 2, e 11, commi<br />

2 e 4, del decreto legislativo n. 79/99 e dell’articolo 22, comma 1, lettera b), del decreto legislativo<br />

n. 164/00, è la produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore che, ai sensi <strong>di</strong> quanto previsto<br />

dall'articolo 2, comma 8, del decreto legislativo n. 79/99 e dell’articolo 2, lettera g), del decreto<br />

legislativo n. 164/00, garantisce un significativo risparmio <strong>di</strong> energia rispetto alle produzioni<br />

separate, secondo i criteri e le modalità stabiliti nei successivi punti del presente provve<strong>di</strong>mento;<br />

g) potenza nominale <strong>di</strong> un generatore elettrico è la massima potenza ottenibile in regime continuo, come<br />

fissata nella fase <strong>di</strong> collaudo preliminare all'entrata in esercizio o, in assenza <strong>di</strong> collaudo, come<br />

certificata dal costruttore o dal fornitore dell’impianto;<br />

h) potenza nominale <strong>di</strong> una sezione <strong>di</strong> impianto <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore è la somma<br />

aritmetica delle potenze nominali dei generatori elettrici della sezione destinati alla produzione <strong>di</strong><br />

energia elettrica;<br />

i) potenza nominale <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore è la somma aritmetica<br />

delle potenze nominali dei generatori elettrici dell'impianto destinati alla produzione <strong>di</strong> energia<br />

elettrica;<br />

j) taglia <strong>di</strong> riferimento ai fini della determinazione del parametro hes <strong>di</strong> cui all’articolo 2, comma<br />

2.2, del presente provve<strong>di</strong>mento è:<br />

i) la potenza nominale del generatore elettrico <strong>di</strong> ciascuna delle turbine a gas nel caso <strong>di</strong><br />

sezioni a recupero con più turbine a gas operanti in ciclo semplice o <strong>di</strong> ciascuno dei motori<br />

a combustione interna che alimentano un <strong>unico</strong> sistema a recupero <strong>di</strong> calore;<br />

ii) ii) la potenza nominale del generatore elettrico <strong>di</strong> ciascuna delle turbine a gas sommata ad<br />

una parte della potenza nominale del generatore elettrico della turbina a vapore della<br />

sezione proporzionale al rapporto tra la potenza nominale <strong>di</strong> ciascuna delle turbine a gas e la<br />

somma delle potenze nominali <strong>di</strong> tutte le turbine a gas nel caso <strong>di</strong> sezioni a ciclo combinato<br />

costituite da più turbine a gas che alimentano un ciclo termico a recupero <strong>di</strong> calore dotato <strong>di</strong><br />

turbina a vapore;<br />

iii) iii) la potenza nominale della sezione, come definita alla precedente lettera h), negli altri casi;<br />

k) potere calorifico inferiore <strong>di</strong> un combustibile, a pressione costante, è la quantità <strong>di</strong> calore che si libera<br />

nella combustione completa dell'unità <strong>di</strong> peso o <strong>di</strong> <strong>volume</strong> del combustibile, con l’acqua<br />

contenuta nei fumi allo stato <strong>di</strong> vapore, ovvero con il calore latente del vapor d'acqua contenuto<br />

nei fumi della combustione non utilizzato a fini energetici;<br />

l) energia primaria dei combustibili utilizzati da una sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore<br />

Ec è il contenuto energetico dei combustibili utilizzati, pari al prodotto del peso o del <strong>volume</strong> <strong>di</strong><br />

ciascun tipo <strong>di</strong> combustibile utilizzato nel corso dell'anno solare per il rispettivo potere calorifico<br />

inferiore, come definito alla precedente lettera k). Nel caso <strong>di</strong> sezioni a ciclo combinato con postcombustione,<br />

l’energia primaria del combustibile utilizzato comprende anche il contenuto<br />

energetico del combustibile che alimenta il post-combustore. Nel caso <strong>di</strong> sezioni alimentate da<br />

gas <strong>di</strong> sintesi, l’energia primaria del combustibile utilizzato comprende il contenuto energetico <strong>di</strong><br />

tutti i combustibili utilizzati, inclusi quelli che alimentano un eventuale sistema <strong>di</strong> gassificazione;


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

121<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

m) produzione <strong>di</strong> energia elettrica lorda <strong>di</strong> una sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore è la<br />

quantità <strong>di</strong> energia elettrica prodotta nell’anno solare, misurata dai contatori sigillati dall’UTF<br />

situati ai morsetti <strong>di</strong> uscita dei generatori elettrici;<br />

n) produzione <strong>di</strong> energia elettrica netta <strong>di</strong> una sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore Ee è la<br />

quantità <strong>di</strong> energia elettrica lorda prodotta dalla sezione nell'anno solare, <strong>di</strong>minuita dell'energia<br />

elettrica destinata ai servizi ausiliari della sezione e delle per<strong>di</strong>te nei trasformatori principali. I<br />

servizi ausiliari includono i servizi posti sui circuiti che presiedono alla produzione <strong>di</strong> energia<br />

elettrica e <strong>di</strong> calore, inclusi quelli <strong>di</strong> un eventuale sistema <strong>di</strong> gassificazione, ed escludono i servizi<br />

ausiliari relativi alla rete <strong>di</strong> trasporto e <strong>di</strong>stribuzione del calore, come le pompe <strong>di</strong> circolazione<br />

dell'acqua calda. Nel caso in cui i servizi ausiliari siano in comune tra più sezioni, i loro consumi<br />

sono da attribuire ad ogni sezione in misura proporzionale alla rispettiva quota parte <strong>di</strong><br />

produzione <strong>di</strong> energia elettrica lorda. Nel caso <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia meccanica e<br />

calore, l’energia meccanica viene moltiplicata per un fattore pari a 1,05 per convertirla in una<br />

quantità equivalente <strong>di</strong> energia elettrica netta;<br />

o) produzione <strong>di</strong> energia termica utile <strong>di</strong> una sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore Et è la<br />

quantità <strong>di</strong> energia termica utile prodotta dalla sezione nell'anno solare effettivamente ed<br />

utilmente utilizzata a scopi civili o industriali, pari alla <strong>di</strong>fferenza tra il contenuto entalpico del<br />

fluido vettore in uscita ed in ingresso misurato alla sezione <strong>di</strong> separazione tra la sezione <strong>di</strong><br />

produzione e la rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione del calore, al netto dell’energia termica eventualmente<br />

<strong>di</strong>ssipata in situazioni transitorie o <strong>di</strong> emergenza (scarichi <strong>di</strong> calore). Qualora non esista<br />

fisicamente una rete <strong>di</strong> utilizzazione del calore, la produzione <strong>di</strong> energia termica utile può essere<br />

calcolata con meto<strong>di</strong> in<strong>di</strong>retti. I consumi specifici <strong>di</strong> calore utile risultanti dalle utilizzazioni a<br />

scopo civile o industriale devono risultare confrontabili a quelli utilizzati in campo nazionale per<br />

analoghe applicazioni con produzione separata <strong>di</strong> calore. La produzione <strong>di</strong> energia termica <strong>di</strong><br />

eventuali caldaie <strong>di</strong> integrazione de<strong>di</strong>cate esclusivamente alla produzione <strong>di</strong> energia termica non<br />

rientra nella determinazione della produzione <strong>di</strong> energia termica utile Et. L’eventuale utilizzo <strong>di</strong><br />

vapore per iniezione nelle turbine a gas non è energia termica utile. Et è somma delle due<br />

componenti Etciv e Etind definite come:<br />

⋅ energia termica utile per usi civili Etciv è la parte <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> energia termica utile <strong>di</strong> una<br />

sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore destinata alle utilizzazioni <strong>di</strong><br />

tipo civile a fini <strong>di</strong> climatizzazione, riscaldamento, raffrescamento, raffreddamento,<br />

con<strong>di</strong>zionamento <strong>di</strong> ambienti residenziali, commerciali e industriali e per uso igienicosanitario,<br />

con esclusione delle utilizzazioni in processi industriali;<br />

⋅ energia termica utile per usi industriali Etind è la parte <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> energia termica utile <strong>di</strong><br />

una sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore destinata ad<br />

utilizzazioni <strong>di</strong>verse da quelle previste per Etciv ;<br />

p) ren<strong>di</strong>mento elettrico netto me<strong>di</strong>o annuo hes <strong>di</strong> un impianto destinato alla sola produzione <strong>di</strong> energia<br />

elettrica è il rapporto tra la produzione annua netta <strong>di</strong> energia elettrica e l'energia primaria del<br />

combustibile immessa annualmente nell'impianto, entrambe riferite all’anno solare;<br />

q) ren<strong>di</strong>mento termico netto me<strong>di</strong>o annuo hts <strong>di</strong> un impianto destinato alla sola produzione <strong>di</strong> energia<br />

termica è il rapporto tra la produzione annua netta <strong>di</strong> energia termica e l'energia primaria del<br />

combustibile immessa annualmente nell'impianto, entrambe riferite all’anno solare;<br />

r) energia elettrica autoconsumata Eeautocons è la parte <strong>di</strong> energia elettrica prodotta, definita alla<br />

precedente lettera n), che non viene immessa nella rete <strong>di</strong> trasmissione o <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione<br />

dell’energia elettrica in quanto <strong>di</strong>rettamente utilizzata e autoconsumata nel luogo <strong>di</strong> produzione;<br />

s) energia elettrica immessa in rete Eeimmessa è la parte <strong>di</strong> energia elettrica netta prodotta che non rientra<br />

nella definizione <strong>di</strong> cui alla precedente lettera r);<br />

t) in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> risparmio <strong>di</strong> energia IRE è il rapporto tra il risparmio <strong>di</strong> energia primaria conseguito dalla<br />

sezione <strong>di</strong> cogenerazione rispetto alla produzione separata delle stesse quantità <strong>di</strong> energia elettrica<br />

e termica e l’energia primaria richiesta dalla produzione separata definito dalla formula:


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

122<br />

Ec<br />

IRE = 1−<br />

Ee Etcv<br />

Et<br />

+ +<br />

η p η η<br />

ind<br />

es ts, civ ts,<br />

ind<br />

dove:<br />

⋅ - Ec, Ee, Etciv e Etind sono definite, rispettivamente, alle precedenti lettere l), n) e o), espresse in<br />

MWh ed arrotondate con criterio commerciale alla terza cifra decimale;<br />

⋅ - ηes è il ren<strong>di</strong>mento elettrico me<strong>di</strong>o netto, come definito alla precedente lettera p), della modalità<br />

<strong>di</strong> riferimento per la produzione <strong>di</strong> sola energia elettrica;<br />

⋅ - ηts,civ è il ren<strong>di</strong>mento termico netto me<strong>di</strong>o annuo, come definito alla precedente lettera q), della<br />

modalità <strong>di</strong> riferimento per la produzione <strong>di</strong> sola energia termica per usi civili Etciv;<br />

⋅ - ηts,ind è il ren<strong>di</strong>mento termico netto me<strong>di</strong>o annuo, come definito alla precedente lettera q), della<br />

modalità <strong>di</strong> riferimento per la produzione <strong>di</strong> sola energia termica per usi industriali Etind ;<br />

⋅ - p è un coefficiente che rappresenta le minori per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> trasporto e <strong>di</strong> trasformazione<br />

dell’energia elettrica che gli impianti cogenerativi comportano quando autoconsumano l’energia<br />

elettrica autoprodotta, evitando le per<strong>di</strong>te associate al trasporto <strong>di</strong> energia elettrica fino al livello<br />

<strong>di</strong> tensione cui gli impianti stessi sono allacciati o quando immettono energia elettrica nelle reti <strong>di</strong><br />

bassa o me<strong>di</strong>a tensione, evitando le per<strong>di</strong>te sulle reti, rispettivamente, <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a e alta tensione. Il<br />

coefficiente p è calcolato come me<strong>di</strong>a ponderata dei due valori <strong>di</strong> per<strong>di</strong>te evitate pimmessa e pautocons<br />

rispetto alle quantità <strong>di</strong> energia elettrica autoconsumata Eeautocons ed immessa in rete<br />

⋅ Eeimmessa, come definite rispettivamente alle precedenti lettere r) e s), secondo la seguente<br />

formula:<br />

pimmessa ⋅ Eeimmessa + pautocons ⋅ Eeautocons<br />

p =<br />

Ee + Ee<br />

immessa<br />

autocons<br />

I valori <strong>di</strong> pimmessa e pautocons <strong>di</strong>pendono dal livello <strong>di</strong> tensione cui è allacciata la sezione <strong>di</strong><br />

produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore e sono riportati nella seguente tabella:<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

u) limite termico LT è il rapporto tra l’energia termica utile annualmente prodotta Et e l’effetto utile<br />

complessivamente generato su base annua dalla sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia<br />

elettrica e calore, pari alla somma dell’energia elettrica netta e dell’energia termica utile prodotte<br />

(Ee + Et), riferiti all’anno solare, secondo la seguente formula:<br />

Et<br />

LT =<br />

Ee + Et<br />

con il significato dei simboli definito alla precedente lettera t);<br />

v) data <strong>di</strong> entrata in esercizio <strong>di</strong> una sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore è la data in cui<br />

è stato effettuato il primo funzionamento in parallelo con il sistema elettrico nazionale della<br />

sezione, come risulta dalla denuncia dell’UTF <strong>di</strong> attivazione <strong>di</strong> officina elettrica;<br />

w) data <strong>di</strong> entrata in esercizio commerciale <strong>di</strong> una sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore è la<br />

data <strong>di</strong> entrata in esercizio commerciale della sezione fissata dal produttore, considerando come<br />

periodo <strong>di</strong> collaudo e avviamento un periodo massimo <strong>di</strong> 12 (do<strong>di</strong>ci) mesi consecutivi a partire<br />

dalla data in cui è stato effettuato il primo funzionamento della sezione in parallelo con il sistema<br />

elettrico nazionale, come risulta dalla denuncia dell’UTF <strong>di</strong> attivazione <strong>di</strong> officina elettrica;<br />

x) sezione esistente è la sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore che, alla data <strong>di</strong><br />

entrata in vigore del presente provve<strong>di</strong>mento, era già entrata in esercizio o per la quale, alla<br />

medesima data, erano state assunte obbligazioni contrattuali relativamente alla maggior parte, in<br />

valore, dei costi <strong>di</strong> costruzione;


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

123<br />

⋅ y) rifacimento <strong>di</strong> una sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore è l’intervento su una<br />

sezione dell’impianto che sia in esercizio, esistente da almeno venti (20) anni, finalizzato a<br />

migliorare le prestazioni energetiche ed ambientali attraverso la sostituzione, il ripotenziamento o<br />

la totale ricostruzione <strong>di</strong> componenti che nel loro insieme rappresentano la maggior parte dei<br />

costi <strong>di</strong> investimento sostenuti per la realizzazione della sezione;<br />

⋅ z) sezione <strong>di</strong> nuova realizzazione è la sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore<br />

con data <strong>di</strong> entrata in esercizio commerciale successiva alla data <strong>di</strong> entrata in vigore del presente<br />

provve<strong>di</strong>mento.<br />

Articolo 2<br />

Definizione <strong>di</strong> cogenerazione ai sensi dell’articolo 2, comma 8, del decreto legislativo n. 79/99 e<br />

dell'articolo 2, lettera g), del decreto legislativo n. 164/00<br />

2.1 Si definisce cogenerazione, ai sensi dell’articolo 2, comma 8, del decreto legislativo n. 79/99 e<br />

dell'articolo 2, lettera g), del decreto legislativo n. 164/00 ed ai fini dei benefici <strong>di</strong> cui al precedente<br />

articolo 1, lettera f), un sistema integrato <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica o meccanica e <strong>di</strong><br />

energia termica, entrambe considerate energie utili, realizzato dalla sezione <strong>di</strong> un impianto per la<br />

produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore, come definita al precedente articolo 1, lettera e), che,<br />

a partire da una qualsivoglia combinazione <strong>di</strong> fonti primarie <strong>di</strong> energia e con riferimento a ciascun anno<br />

solare, sod<strong>di</strong>sfi entrambe le con<strong>di</strong>zioni concernenti il risparmio <strong>di</strong> energia primaria e il limite termico <strong>di</strong><br />

cui ai successivi commi 2.2 e 2.3.<br />

2.2 Ai fini del riconoscimento della produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore come<br />

cogenerazione, <strong>di</strong> cui al precedente comma 2.1, l'in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> risparmio <strong>di</strong> energia IRE della sezione, come<br />

definito al precedente articolo 1, lettera t), non deve essere inferiore al valore minimo IREmin che, fino<br />

al 31 <strong>di</strong>cembre 2005, viene fissato pari a 0,050 (5,0%) per le sezioni esistenti, come definite al<br />

precedente articolo 1, lettera x), pari a 0,080 (8,0%) per i rifacimenti <strong>di</strong> sezioni, come definiti al<br />

precedente articolo 1, lettera y), e pari a 0,100 (10,0%) per le sezioni <strong>di</strong> nuova realizzazione, come<br />

definite al precedente articolo 1, lettera z), assumendo:<br />

⋅ a) per il parametro ηes il ren<strong>di</strong>mento elettrico netto me<strong>di</strong>o annuo delle modalità <strong>di</strong> riferimento per<br />

la produzione separata <strong>di</strong> sola energia elettrica, <strong>di</strong>fferenziato per ciascuna fascia <strong>di</strong> taglia <strong>di</strong><br />

riferimento, come definita al precedente articolo 1, lettera j), e per ciascun tipo <strong>di</strong> combustibile<br />

utilizzato, secondo i valori riportati nella seguente tabella:<br />

Nel caso <strong>di</strong> utilizzo <strong>di</strong> combustibili soli<strong>di</strong> fossili <strong>di</strong> produzione nazionale in misura non inferiore<br />

al 20% dell’energia primaria annualmente immessa nella sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia<br />

elettrica e calore, i valori del parametro ηes riportati in tabella sono ridotti del 5%. A tale fine, non<br />

rientrano tra i combustibili fossili <strong>di</strong> produzione nazionale il carbone <strong>di</strong> tipo coke, prodotto<br />

in Italia a partire da carbone <strong>di</strong> importazione, e il petrocoke o coke <strong>di</strong> petrolio.<br />

Nel caso <strong>di</strong> utilizzo <strong>di</strong> combustibili <strong>di</strong> processo e residui, biogas, gas naturale da giacimenti minori<br />

isolati il parametro ηes è pari a 0,35 per tutte le taglie <strong>di</strong> riferimento.<br />

Nel caso <strong>di</strong> sezioni <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore che utilizzino più<br />

combustibili <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso tipo C1, C2,…,Cn, il parametro ηes viene calcolato come me<strong>di</strong>a ponderata dei


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

124<br />

parametri <strong>di</strong> cui alla precedente tabella rispetto all’energia primaria EcC1, EcC2, …,EcCn, dei combustibili<br />

annualmente immessi nella sezione, secondo la seguente formula:<br />

ηes, C1 ⋅ EcC1 + ηes, C 2<br />

⋅ EcC 2<br />

+ ..... + ηes,<br />

Cn<br />

⋅ EcCn<br />

ηes<br />

=<br />

Ec + Ec + ..... + Ec<br />

C1 C 2<br />

Cn<br />

Nel caso <strong>di</strong> utilizzo <strong>di</strong> combustibili <strong>di</strong>versi da quelli sopra richiamati, ai fini della determinazione<br />

del parametro ηes si assume il gas naturale come combustibile <strong>di</strong> riferimento. I valori del parametro ηes<br />

riportati nella tabella per i rifiuti soli<strong>di</strong>, organici e inorganici, e per le biomasse si applicano nei soli casi<br />

<strong>di</strong> co-combustione, definita come la combustione contemporanea <strong>di</strong> combustibili da fonti rinnovabili,<br />

come definite dall’articolo 2, comma 15, del decreto legislativo n. 79/99, e <strong>di</strong> combustibili da altre fonti<br />

<strong>di</strong> energia. Ai fini dei benefici <strong>di</strong> cui al precedente articolo 1, lettera f), e in particolare <strong>di</strong> quelli previsti<br />

dall’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 79/99, l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> risparmio <strong>di</strong> energia IRE per gli<br />

impianti <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore con potenza nominale inferiore a 10<br />

MVA è riferito all’intero impianto.<br />

Nel caso <strong>di</strong> sezioni <strong>di</strong> impianto aventi n taglie <strong>di</strong> riferimento T1, T2,...,Tn, che in<strong>di</strong>viduano n<br />

ren<strong>di</strong>menti elettrici <strong>di</strong> riferimento ηes,1, ηes,2, …, ηes,n, ed una potenza nominale della sezione pari a P, il<br />

parametro ηes da utilizzare per il calcolo dell’in<strong>di</strong>ce IRE della sezione viene determinato con la seguente<br />

formula:<br />

n<br />

ηes,<br />

j<br />

⋅T<br />

j<br />

ηes<br />

= ∑<br />

P<br />

j=<br />

1<br />

b) per il parametro ts,civ un valore pari a 0,8 e per il parametro ts,ind un valore pari a 0,9. Nel<br />

caso <strong>di</strong> utilizzo <strong>di</strong> combustibili soli<strong>di</strong> fossili <strong>di</strong> produzione nazionale in misura non inferiore al 20%<br />

dell’energia primaria annualmente immessa nella sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e<br />

calore, i valori dei parametri ts,civ e ts,ind sono ridotti del 5%. A tale fine, non rientrano tra i<br />

combustibili fossili <strong>di</strong> produzione nazionale il carbone <strong>di</strong> tipo coke, prodotto in Italia a partire da<br />

carbone <strong>di</strong> importazione, e il petrocoke o coke <strong>di</strong> petrolio.<br />

2.3 Il limite termico LT, come definito al precedente articolo 1, lettera u), per il processo <strong>di</strong> cui al<br />

comma 2.1 non deve essere inferiore al valore minimo LTmin che, fino al 31 <strong>di</strong>cembre 2005, viene<br />

fissato pari a 0,150 (15,0%). Nel caso <strong>di</strong> sezioni <strong>di</strong> nuova realizzazione che sod<strong>di</strong>sfino la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

IREmin <strong>di</strong> cui al comma 2.2, ma non sod<strong>di</strong>sfano la con<strong>di</strong>zione per il limite termico LT è ammessa, ai soli<br />

fini dell’esenzione dall'obbligo previsto dall'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo n. 79/99,<br />

l’esenzione dal predetto obbligo per la quota <strong>di</strong> energia elettrica che sod<strong>di</strong>sfa il limite termico <strong>di</strong> 0,150<br />

(15,0%). Ai fini dei benefici <strong>di</strong> cui al precedente articolo 1, lettera f), e in particolare <strong>di</strong> quelli previsti<br />

dall’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 79/99, si assume che nel calcolo del limite termico<br />

LT per gli impianti <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore con potenza nominale inferiore<br />

a 10 MVA la sezione coincide con l’impianto.<br />

Articolo 3<br />

Aggiornamento e periodo <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà dei parametri <strong>di</strong> riferimento<br />

3.1 I valori <strong>di</strong> riferimento dei parametri ηes, ηts,civ, ηts,ind, LTmin e IREmin, come riportati al<br />

precedente articolo 2, sono in vigore fino al 31 <strong>di</strong>cembre 2005 e vengono aggiornati dall’Autorità<br />

con perio<strong>di</strong>cità triennale.<br />

3.2 Per ciascuna sezione esistente i valori <strong>di</strong> riferimento dei parametri ηes, , ηts,civ, ηts,ind, LTmin e<br />

IREmin, <strong>di</strong> cui al precedente articolo 2, rimangono fissi, ai fini del riconoscimento della con<strong>di</strong>zione<br />

tecnica <strong>di</strong> cogenerazione, per un periodo <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci (10) anni a partire dalla data <strong>di</strong> entrata in vigore del<br />

presente provve<strong>di</strong>mento. A partire dall’anno solare successivo a quello in cui vengono completati i <strong>di</strong>eci<br />

(10) anni <strong>di</strong> esercizio si applicano i valori <strong>di</strong> riferimento dei parametri aggiornati dall’Autorità su base<br />

triennale, <strong>di</strong> cui al comma 3.1, in vigore per quel triennio.<br />

3.3 Per ciascuna sezione <strong>di</strong> nuova realizzazione e per i rifacimenti i valori <strong>di</strong> riferimento dei<br />

parametri ηes, ηts,civ, ηts,ind, LTmin e IREmin in vigore alla data <strong>di</strong> entrata in esercizio rimangono fissi, ai<br />

fini del riconoscimento della con<strong>di</strong>zione tecnica <strong>di</strong> cogenerazione, per un periodo <strong>di</strong> quin<strong>di</strong>ci (15) anni.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

125<br />

A partire dall’anno solare successivo a quello in cui vengono completati i quin<strong>di</strong>ci (15) anni <strong>di</strong> esercizio<br />

si applicano i valori <strong>di</strong> riferimento dei parametri aggiornati dall’Autorità su base triennale, <strong>di</strong> cui al<br />

comma 3.1, in vigore per quel triennio.<br />

3.4 Nel caso <strong>di</strong> sezioni dotate <strong>di</strong> reti <strong>di</strong> teleriscaldamento per la <strong>di</strong>stribuzione del calore utile<br />

prodotto i perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> cui ai commi 3.2 e 3.3 vengono estesi <strong>di</strong> 5 (cinque) anni.<br />

3.5 Durante il periodo <strong>di</strong> collaudo e avviamento, e limitatamente al periodo massimo <strong>di</strong> 12<br />

(do<strong>di</strong>ci) mesi consecutivi <strong>di</strong> cui al precedente punto 1, lettera w), si applica per il parametro IREmin un<br />

valore pari a 0,050 (5,0%) e per il parametro LTmin un valore pari a 0,100 (10,0%). Per l’anno solare in<br />

cui termina il periodo <strong>di</strong> collaudo e avviamento, i valori dei parametri IREmin e LTmin sono calcolati<br />

come me<strong>di</strong>a ponderata sui due perio<strong>di</strong>.<br />

3.6 Agli impianti <strong>di</strong> nuova realizzazione per i quali, alla fine <strong>di</strong> un triennio <strong>di</strong> vigenza dei valori <strong>di</strong><br />

riferimento dei parametri ηes, , ηts,civ, ηts,ind, LTmin e IREmin <strong>di</strong> cui al precedente articolo 2, sono state<br />

assunte obbligazioni contrattuali in valore relativamente alla maggior parte dei costi <strong>di</strong> costruzione, si<br />

applicano i valori <strong>di</strong> riferimento previsti per il triennio precedente .<br />

Articolo 4<br />

Attestazione delle con<strong>di</strong>zioni per il riconoscimento della produzione combinata <strong>di</strong> energia<br />

elettrica e calore come cogenerazione<br />

4.1 I soggetti produttori con sezioni <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore che<br />

intendono avvalersi dei benefici <strong>di</strong> cui al precedente articolo 1, lettera f), comunicano, separatamente<br />

per ciascuna sezione, me<strong>di</strong>ante <strong>di</strong>chiarazione sostitutiva <strong>di</strong> atto <strong>di</strong> notorietà firmata dal legale<br />

rappresentante ai sensi degli articoli 21, 38 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 <strong>di</strong>cembre<br />

2000, n. 445, il valore dell'in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> risparmio <strong>di</strong> energia IRE e del limite termico LT, calcolati con<br />

riferimento ai valori dei parametri ηes, ηts,civ e ηts,ind fissati nel precedente articolo 2, relativi all’anno<br />

solare precedente.<br />

4.2 La <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> cui al comma 4.1 deve essere inviata alla società Gestore della rete <strong>di</strong><br />

trasmissione nazionale Spa entro il 31 marzo <strong>di</strong> ogni anno. La società Gestore della rete <strong>di</strong> trasmissione<br />

nazionale Spa, entro il 30 giugno <strong>di</strong> ogni anno, trasmette all’Autorità un prospetto riepilogativo delle<br />

<strong>di</strong>chiarazioni pervenute ed un piano annuale <strong>di</strong> verifiche sulle sezioni ai sensi dell’articolo 5 del presente<br />

provve<strong>di</strong>mento. Tale <strong>di</strong>chiarazione deve contenere le seguenti informazioni:<br />

⋅ a) identificazione del soggetto produttore, in particolare: ragione sociale, natura giuri<strong>di</strong>ca, sede<br />

legale, co<strong>di</strong>ce fiscale o partita Iva;<br />

⋅ b) identificazione della sezione e dell’impianto, in particolare: localizzazione geografica,<br />

eventuale denominazione, data <strong>di</strong> entrata in esercizio e data <strong>di</strong> entrata in esercizio<br />

commerciale, come definite, rispettivamente, al precedente articolo 1, lettere v) e w);<br />

c) energia elettrica utile prodotta nell’anno solare precedente dalla sezione al netto dell’energia<br />

assorbita dai servizi ausiliari (Ee), come definita al precedente articolo 1, lettera n); energia termica utile<br />

(Et), incluse le due componenti per usi civili Etciv e industriali Etind prodotte nell’anno solare precedente<br />

dalla sezione, come definite al precedente articolo 1, lettera o); tipologia e quantità dei combustibili<br />

utilizzati (C1, C2, …, Cn) e energia primaria immessa nell’anno solare precedente nella sezione per<br />

ciascuna tipologia <strong>di</strong> combustibile (EcC1, EcC2, …,EcCn), come definita al precedente articolo 1, lettera<br />

l). Tutti i dati della presente lettera c) devono essere espressi in MWh e arrotondati con criterio<br />

commerciale alla terza cifra decimale;<br />

⋅ d) meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> misura e criteri utilizzati per la determinazione dei valori delle grandezze <strong>di</strong> cui alla<br />

precedente lettera c);<br />

⋅ e) programma annuale <strong>di</strong> utilizzo della sezione, in particolare: capacità <strong>di</strong> produzione combinata<br />

<strong>di</strong> energia elettrica e calore, ren<strong>di</strong>menti e combustibili utilizzati (inclusi i combustibili <strong>di</strong> processo,<br />

residui o recuperi <strong>di</strong> energia, combustibili non commerciali), finalità della produzione (usi propri,<br />

<strong>di</strong>stribuzione, ven<strong>di</strong>ta ad altri soggetti, riportando le quantità annue <strong>di</strong> produzione dei prodotti<br />

nel cui processo <strong>di</strong> lavorazione viene utilizzato il calore, il consumo specifico <strong>di</strong> calore per le<br />

<strong>di</strong>verse fasi del ciclo produttivo, nel caso <strong>di</strong> usi propri, e le quantità <strong>di</strong> calore vendute a terzi, con<br />

in<strong>di</strong>cazione dei soggetti acquirenti e delle rispettive quote, nel caso <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta a terzi);


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

126<br />

⋅ f) caratteristiche tecniche generali della sezione, in particolare: tipo <strong>di</strong> sezione e <strong>di</strong> impianto,<br />

schema generale <strong>di</strong> funzionamento, identificazione e caratteristiche <strong>di</strong> generatori e scambiatori <strong>di</strong><br />

calore, motori primi, generatori elettrici (tra cui, almeno, la potenza nominale dei generatori<br />

elettrici, come definita al precedente articolo 1, lettera g), e taglia <strong>di</strong> riferimento ai fini della<br />

determinazione del parametro ηes, come definita al precedente articolo 1, lettera j) ed altri<br />

componenti significativi.<br />

4.3 La documentazione <strong>di</strong> cui al precedente comma 4.2, lettere d) e f), deve essere trasmessa in<br />

occasione della prima richiesta <strong>di</strong> riconoscimento della produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e<br />

calore come cogenerazione e, successivamente, solo nel caso in cui siano intervenute variazioni con<br />

conseguenze significative sul rispetto della con<strong>di</strong>zione tecnica <strong>di</strong> cogenerazione.<br />

4.4 L’invio <strong>di</strong> informazioni incomplete o <strong>di</strong>fformi comporta, per la sezione o per l’impianto,<br />

l'esclusione, per l’anno <strong>di</strong> riferimento, dei benefici <strong>di</strong> cui al precedente articolo 1, lettera f). La società<br />

Gestore della rete <strong>di</strong> trasmissione nazionale Spa ne dà comunicazione al soggetto produttore e<br />

all’Autorità.<br />

4.5 In caso <strong>di</strong> <strong>di</strong>chiarazioni contenenti dati e informazioni non veritiere, l’Autorità, su<br />

segnalazione della società Gestore della rete <strong>di</strong> trasmissione nazionale Spa, può applicare le sanzioni <strong>di</strong><br />

cui all’articolo 2, comma 20, lettera c), della legge 14 novembre 1995, n. 481.<br />

Articolo 5<br />

Verifiche sulla sezione<br />

5.1 Le verifiche sulla sezione atte a controllare il rispetto delle con<strong>di</strong>zioni per il riconoscimento<br />

della produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore come cogenerazione ai fini dei benefici <strong>di</strong> cui al<br />

precedente articolo 1, lettera f), sono effettuate dalla società Gestore della rete <strong>di</strong> trasmissione nazionale<br />

Spa e svolte, ove necessario, attraverso sopralluoghi al fine <strong>di</strong> accertare la veri<strong>di</strong>cità delle<br />

informazioni e dei dati trasmessi, avvalendosi eventualmente anche della collaborazione <strong>di</strong> altri enti<br />

o istituti <strong>di</strong> certificazione.<br />

Articolo 6<br />

Disposizioni finali<br />

6.1 La presente deliberazione viene pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e<br />

nel sito internet dell’Autorità ed entra in vigore il giorno successivo alla data della sua pubblicazione.<br />

5.2.1 COMMENTI SULLE NORME VIGENTI SULLA COGENERAZIONE<br />

L’Autorità per l’Energia e il Gas formula una definizione <strong>di</strong> cogenerazione che consente <strong>di</strong><br />

identificare, sia fra gli impianti esistenti che in quelli <strong>di</strong> nuova installazione, quelli che forniscono un<br />

significativo risparmio <strong>di</strong> energia rispetto alle produzioni separate.<br />

A questo scopo sono considerati uno o più in<strong>di</strong>catori che consentono:<br />

⋅ <strong>di</strong> valutare il risparmio effettivo <strong>di</strong> energia primaria <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> cogenerazione rispetto alle<br />

produzioni separate;<br />

⋅ <strong>di</strong> garantire l’effettiva natura cogenerativa delle modalità <strong>di</strong> utilizzo dell’impianto evitando i casi <strong>di</strong><br />

soluzioni eccessivamente sbilanciate nella produzione <strong>di</strong> energia elettrica.<br />

Questi in<strong>di</strong>catori debbono, inoltre:<br />

⋅ risultare applicabili alle <strong>di</strong>verse configurazioni impiantistiche presenti in questo segmento della<br />

generazione caratterizzate da <strong>di</strong>fferenze significative nelle prestazioni tra impianti <strong>di</strong> piccola e<br />

grande taglia, nuovi ed esistenti, con utilizzazione stagionale o continua;<br />

⋅ essere riferiti a data <strong>di</strong> consumo misurabili su base annuale con sistemi <strong>di</strong> contabilizzazione<br />

certificati e controllati;<br />

⋅ considerare l’evoluzione tecnologica con meccanismi <strong>di</strong> aggiornamento perio<strong>di</strong>ci per impianti<br />

non ancora entrati in esercizio.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

127<br />

6 IL CLIMA E INFLUENZE SULLA PROGETTAZIONE<br />

IMPIANTISTICA<br />

Si è più volte detto che il clima con<strong>di</strong>ziona l’evoluzione termica <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio e pertanto è<br />

necessario conoscerne le caratteristiche che lo determinano. Una classificazione già in<strong>di</strong>cata nel<br />

paragrafo Regioni Climatiche è la seguente:<br />

⋅ Caldo umido: caratterizzate da surriscaldamenti dell’atmosfera con temperatura me<strong>di</strong>a<br />

superiore a 20°C e con umi<strong>di</strong>tà relativa 24 intorno all’80%.<br />

⋅ Caldo secco: caratterizzate da surriscaldamenti dell’atmosfera con temperatura me<strong>di</strong>a<br />

superiore a 25°C e con umi<strong>di</strong>tà relativa bassa.<br />

⋅ Clima temperato: caratterizzato da <strong>di</strong>spersioni termiche notevoli in inverno e insufficienti<br />

in estate e con temperatura me<strong>di</strong>a variabile con la stagione fra –15÷25 °C e con umi<strong>di</strong>tà che<br />

raramente raggiungono il valore me<strong>di</strong>o dell’80%.<br />

⋅ Clima freddo: caratterizzato da temperature che variano in inverno fra –15 ÷ (-40) °C e<br />

con umi<strong>di</strong>tà relativa invernale solitamente elevata.<br />

In figura 74 si ha una classificazione del clima a scala terrestre con le in<strong>di</strong>cazioni delle quattro<br />

zone climatiche sopra in<strong>di</strong>cate.<br />

Figura 74: Classificazione delle zone climatiche sulla Terra.<br />

Nel caso del clima per l’Europa si ha una classificazione più fine: clima alpino, clima oceanico, clima<br />

me<strong>di</strong>terraneo, clima continentale, clima umido, clima freddo,… come rappresentato in figura 75. Si osserviamo le<br />

linee a temperatura me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 0°C separa in inverno le regioni carpatico-danubiane-balcaniche<br />

dall’Europa occidentale che risulta influenzata dalla presenza dell’Oceano Atlantico.<br />

24 L’Umi<strong>di</strong>tà relativa, in<strong>di</strong>cata con ϕ , è il rapporto fra la pressione del vapore d’acqua nelle con<strong>di</strong>zioni attuali rispetto<br />

alla pressione massima <strong>di</strong> saturazione cioè alla pressione <strong>di</strong> passaggio <strong>di</strong> stato (condensazione) alla temperatura dell’aria. Se<br />

ϕ=1 allora il vapore d’acqua contenuto nell’aria è anche nella quantità massima possibile per la temperatura e pressione data.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

128<br />

In estate la linea <strong>di</strong> temperatura a 20°C in estate separa le zone sub-alpine (prevalentemente<br />

me<strong>di</strong>terranee) dalle zone nordeuropee con clima ad inverno rigido .<br />

Figura 75: Regioni climatiche europee.<br />

Per l’Italia in particolare si ha la situazione riportata nella figura 76.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

129<br />

Figura 76: Località per le quali si hanno stazioni climatiche in Italia.<br />

6.1 IL CLIMA RISPETTO ALLE SCALE GEOGRAFICHE<br />

Una ulteriore classificazione viene effettuata sul clima in funzione dell’estensione del territorio al<br />

quale è riferito. In particolare si ha la situazione espressa nella seguente tabella.<br />

Clima Distribuzione<br />

orizzontale (m)<br />

Distribuzione<br />

verticale<br />

Esempio Scala temporale<br />

meteorologica (s)<br />

Microclima 10 -2 ÷10² 10 -2 ÷10 1 Serra 10 -1 ÷10 1<br />

Clima locale 10 2 ÷10 4 10 -1 ÷10³ Fascia <strong>di</strong> 10 4 ÷10 5<br />

inversione termica<br />

Mesoclima 10 3 ÷2x10 5 10 0 ÷6x10 3 Clima <strong>di</strong> bacino 10 4 ÷10 5<br />

Macroclima 2x10 5 ÷5x10 7 10 0 ÷10 5 Regione dei monsoni 10 5 ÷10 6<br />

La climatologia dell’ambiente costruito si occupa, in base a questa classificazione, del microclima<br />

all’interno degli ambienti. Nel caso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>ti del microclima esterno (a scala <strong>di</strong> 100 m)<br />

questo risulta con<strong>di</strong>zionato dalla morfologia del terreno, dalla sua composizione geologica,<br />

dall’esposizione ai raggi solari e al vento, dall’andamento delle ombre portate, dalla presenza <strong>di</strong> specchi<br />

d’acqua e/o <strong>di</strong> macchie <strong>di</strong> vegetazione. Ancora più in particolare il microclima esterno coinvolge gli<br />

strati d’aria vicini al suolo e quin<strong>di</strong> la <strong>di</strong>stribuzione verticale <strong>di</strong> temperatura, umi<strong>di</strong>tà e pressione assume<br />

primaria importanza rispetto a quella orizzontale che è, invece, oggetto del clima locale. La<br />

progettazione architettonica, per quanto riguarda la climatologia e quin<strong>di</strong> le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> benessere e <strong>di</strong><br />

consumi energetici, è interessata dalle scale climatiche del microclima e del clima locale.<br />

E’ compito del progettista definire il microclima esterno prima <strong>di</strong> effettuare la progettazione <strong>di</strong> un<br />

e<strong>di</strong>ficio in modo da conoscere con esattezza tutti i fattori climatici che lo definiscono. E’ opportuno<br />

osservare, inoltre, che il microclima esterno può in qualche modo essere cambiato o con<strong>di</strong>zionato<br />

dall’uomo mentre nessuna alterazione può essere fatta a scala geografica maggiore. Si ricor<strong>di</strong>, ad<br />

esempio, la mo<strong>di</strong>ficazione del microclima effettuata in Patagonia (Argentina del sud) per consentire la<br />

vita degli abitanti plagiati da con<strong>di</strong>zioni locali particolarmente ventose: me<strong>di</strong>ante impiantazioni <strong>di</strong> alberi<br />

d’alto fusto delimitanti zone esterne <strong>di</strong> qualche decina <strong>di</strong> metri <strong>di</strong> lato si è fatto in modo che le<br />

abitazioni costruite all’interno delle aree interne fossero protette dalla strato limite e quin<strong>di</strong> meno<br />

soggette al vento.<br />

6.2 FATTORI CLIMATICI<br />

Sono definiti fattori climatici quei fenomeni naturali quale il soleggiamento, la nuvolosità, il vento,<br />

le precipitazioni o la ra<strong>di</strong>azione solare che determinano le caratteristiche climatiche <strong>di</strong> una data località.<br />

6.2.1 RADIAZIONE SOLARE<br />

Si è già parlato della ra<strong>di</strong>azione solare in generale nei capitoli precedenti e ad essi si rimanda per<br />

una trattazione più approfon<strong>di</strong>ta. Qui si vuole considerare la ra<strong>di</strong>azione solare per l’Italia così come<br />

rilevata <strong>di</strong> recente dall’ENEA nel 1995 me<strong>di</strong>ante tecniche avanzate che fanno uso <strong>di</strong> riprese da satellite.<br />

In particolare sono state utilizzate le riprese del satellite Meteosat ricevute dal centro europeo <strong>di</strong><br />

Darmstadt.<br />

Le immagini sono poi convertite in mappe <strong>di</strong>gitalizzate nelle quali l’irraggiamento solare è dato in<br />

forma grafica a colori, come in<strong>di</strong>cato nelle figure seguenti. Nella tabella seguente si hanno gli<br />

irraggiamenti solari mensili nei comuni della provincia <strong>di</strong> Siracusa ed analoghe tabelle si hanno per tutti<br />

i comuni d’Italia.<br />

Nelle figure da 77a 77n si hanno le mappe <strong>di</strong> irraggiamento me<strong>di</strong>o mensile per i mesi da gennaio<br />

e febbraio in Italia su superfici orizzontali, espresse in MJ/m²/giorno.<br />

Questi dati possono essere utilizzati per i calcoli dell’irraggiamento solare per superfici comunque<br />

inclinate ed orientate, come in<strong>di</strong>cato in precedenza.<br />

Dati ancora maggiori si possono desumere dai due manuali della Comunità Scientifica Europea:<br />

Atlante Europeo della Ra<strong>di</strong>azione Solare.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

130<br />

Tabella per l’irraggiamento solare nei comuni della provincia <strong>di</strong> Siracusa.<br />

Figura 77a: Irra<strong>di</strong>azione giornaliera me<strong>di</strong>a mensile (MJ/m²/giorno) a gennaio


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

131<br />

Figura 77b: Irra<strong>di</strong>azione giornaliera me<strong>di</strong>a mensile (MJ/m²/giorno) a febbraio<br />

Figura 77c: Irra<strong>di</strong>azione giornaliera me<strong>di</strong>a mensile (MJ/m²/giorno) a marzo


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

132<br />

Figura 77d: Irra<strong>di</strong>azione giornaliera me<strong>di</strong>a mensile (MJ/m²/giorno) ad aprile<br />

Figura 77e: Irra<strong>di</strong>azione giornaliera me<strong>di</strong>a mensile (MJ/m²/giorno) a maggio


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

133<br />

Figura 77f: Irra<strong>di</strong>azione giornaliera me<strong>di</strong>a mensile (MJ/m²/giorno) a giugno<br />

Figura 77g: Irra<strong>di</strong>azione giornaliera me<strong>di</strong>a mensile (MJ/m²/giorno) a luglio


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

134<br />

Figura 77h: Irra<strong>di</strong>azione giornaliera me<strong>di</strong>a mensile (MJ/m²/giorno) ad agosto


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

135<br />

Figura 77i: Irra<strong>di</strong>azione giornaliera me<strong>di</strong>a mensile (MJ/m²/giorno) a settembre<br />

Figura 77l: Irra<strong>di</strong>azione giornaliera me<strong>di</strong>a mensile (MJ/m²/giorno) ad ottobre


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

136<br />

Figura 77m: Irra<strong>di</strong>azione giornaliera me<strong>di</strong>a mensile (MJ/m²/giorno) a novembre<br />

Figura 77n: Irra<strong>di</strong>azione giornaliera me<strong>di</strong>a mensile (MJ/m²/giorno) a <strong>di</strong>cembre<br />

6.2.2 FENOMENI CHE MODIFICANO LA TRASPARENZA ATMOSFERICA<br />

La ra<strong>di</strong>azione solare extraterrestre come sopra calcolata non è tutta <strong>di</strong>sponibile sulla superficie<br />

terrestre poiché l’atmosfera mo<strong>di</strong>fica, spesso anche fortemente, la ra<strong>di</strong>azione solare attenuandola per<br />

effetto degli assorbimenti dei gas che la compongono, ve<strong>di</strong> figura 58. Viene in<strong>di</strong>cata massa d’aria il<br />

rapporto fra la massa dell’atmosfera attraversata dalle ra<strong>di</strong>azioni solari e la massa corrispondente alla<br />

posizione dello zenith del sole (cioè perpen<strong>di</strong>colare, ove possibile). A livello del mare m=1 quando il<br />

sole è allo zenith ed m=2 per un angolo <strong>di</strong> 60°. Per un angolo zenitale variabile fra 0 e 70° si ha, con<br />

buona approssimazione, la relazione:<br />

1<br />

m =<br />

cosθ<br />

z<br />

L’atmosfera mo<strong>di</strong>fica la ra<strong>di</strong>azione solare me<strong>di</strong>ante due meccanismi.<br />

Scattering (Diffusione) atmosferico<br />

Quando la ra<strong>di</strong>azione solare attraversa l’atmosfera interagisce con le molecole dell’aria<br />

(principalmente del vapore d’acqua e gocce varie) e con la polvere determinando il fenomeno dello<br />

scattering cioè della <strong>di</strong>ffusione dei raggi solari. Questo fenomeno <strong>di</strong>pende dal numero <strong>di</strong> particelle con le<br />

quali la ra<strong>di</strong>azione viene a contatto e le <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> queste particelle rispetto alla lunghezza d’onda λ<br />

delle stesse ra<strong>di</strong>azioni. La lunghezza del cammino della ra<strong>di</strong>azione attraverso le molecole dell’aria è<br />

descritto dalla massa d’aria mentre le particelle <strong>di</strong> aria e <strong>di</strong> polvere <strong>di</strong>pendono anche dalle con<strong>di</strong>zioni<br />

locali e temporali dell’atmosfera. Il risultato dello scattering è la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> coerenza <strong>di</strong>rezionale dei raggi<br />

solari che, invece, provengono da tutte le <strong>di</strong>rezioni dello spazio.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

137<br />

Assorbimento atmosferico<br />

La ra<strong>di</strong>azione solare subisce <strong>di</strong>versi fenomeni <strong>di</strong> assorbimento nell’attraversare l’atmosfera (ve<strong>di</strong><br />

figura seguente) a causa delle interazioni con i gas presenti. L’assorbimento è dovuto in modo<br />

preponderante all’ozono nel campo dell’ultravioletto (λ0,78 µm). In particolare l’ozono assorbe quasi del tutto la ra<strong>di</strong>azione per<br />

λ


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

138<br />

Figura 59: Effetti della massa d’aria sulla ra<strong>di</strong>azione al suolo<br />

L’area tratteggiata (<strong>di</strong>fferenza fra le due emissioni ra<strong>di</strong>ative) rappresenta la potenza ra<strong>di</strong>ativa<br />

scambiata fra la superficie terrestre e la volta celeste.<br />

Figura 60: Emissione terrestre-atmosferica (curva a) e del corpo nero (curva b)<br />

Un’applicazione interessante della finestra ra<strong>di</strong>ativa si ha con il raffreddamento naturale (anche al <strong>di</strong><br />

sotto <strong>di</strong> 0°C) che si può ottenere ricoprendo le superfici con pellicole selettive (della famiglia dei Mylar)<br />

che emettano in corrispondenza della finestra.<br />

6.2.4 ANALISI STATISTICA DELLA RADIAZIONE SOLARE<br />

Si vuole qui fornire un esempio <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o sulla ra<strong>di</strong>azione solare effettuato presso la Facoltà <strong>di</strong><br />

<strong>Ingegneria</strong> <strong>di</strong> Catania con dati storici forniti dall’Osservatorio Astrofisico dell’Università. I dati<br />

sperimentali <strong>di</strong> irraggiamento solare globale su superficie orizzontale sono stati raccolti nell'anno 1967.<br />

Essi costituiscono un complesso <strong>di</strong> oltre 18.200 elementi, sui quali è stato condotto uno stu<strong>di</strong>o<br />

sistematico delle principali proprietà statistiche ed applicato in seguito un modello <strong>di</strong> simulazione<br />

fondato sul metodo della matrice <strong>di</strong> Markoff atto a generare, me<strong>di</strong>ante elaboratore elettronico,<br />

sequenze temporali casuali, caratterizzate da una statistica congruente con quella dell'anno storico.<br />

L'indagine qui presentata consiste in una classificazione condotta non <strong>di</strong>rettamente sui dati<br />

energetici <strong>di</strong> insolazione quanto sulle trasparenze del cielo, definite dal rapporto tra l'irraggiamento<br />

storico e l'irraggiamento extra-atmosferico, e classificate in 25 classi <strong>di</strong> passo 0,04.<br />

Il motivo <strong>di</strong> questa scelta è da ricercarsi nella possibilità <strong>di</strong> un successivo confronto tra la<br />

statistica dei dati storici e quella dei dati simulati a mezzo della matrice <strong>di</strong> Markoff, in coerenza con le<br />

metodologie seguite da altri ricercatori.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

139<br />

Oggetto dello stu<strong>di</strong>o è, dunque, l'analisi della curva <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione della frequenza percentuale<br />

delle trasparenze dei dati storici, ovvero della funzione <strong>di</strong> densità <strong>di</strong> probabilità. L'indagine è stata poi<br />

estesa alla <strong>di</strong>stribuzione puntuale e cumulativa delle frequenze <strong>di</strong> soglia, cioè alla classificazione della<br />

probabilità del verificarsi <strong>di</strong> una data classe <strong>di</strong> irraggiamento e della corrispondente probabilità <strong>di</strong><br />

irraggiamenti superiori o uguali a quella stessa classe.<br />

Si è, infine, ricostruito l'anno storico nelle sue varie determinazioni temporali con passo<br />

rispettivamente giornaliero. settimanale, quin<strong>di</strong>cinale e mensile<br />

Procedure operative<br />

I calcoli sono stati condotti tramite elaboratore elettronico che ha tracciato anche i <strong>di</strong>agrammi<br />

relativi. Nel calcolo dello scarto quadratico me<strong>di</strong>o si è utilizzata la formula riferita alla popolazione<br />

estesa, ritenendo il complesso dei dati sufficiente per giustificarne l'uso.<br />

I dati o le sequenze <strong>di</strong> dati mancanti sono stati sostituiti inizialmente da valori nulli e ripristinati<br />

in un secondo momento con valori generati col metodo Montecarlo 25 onde assicurare una realistica<br />

ricostruzione della situazione sperimentale.<br />

I dati registrati, <strong>di</strong>sponibili sotto forma <strong>di</strong> tracciati continui sulle strisce eliofanografiche, sono<br />

stati letti senza l'ausilio <strong>di</strong> mezzi <strong>di</strong>gitali e memorizzati nel calcolatore con un passo temporale <strong>di</strong> 15'.<br />

Analisi dei risultati: Curva PDF della frequenza <strong>di</strong> insolazione<br />

Dai risultati ottenuti e dai <strong>di</strong>agrammi riportati, la funzione densità <strong>di</strong> probabilità (ovvero la<br />

frequenza percentuale) dei dati <strong>di</strong> insolazione mensili risulta del tipo bimodale centrata attorno ai valori<br />

0,25 ÷ 0,35 e 0,70 ÷ 0.80 (fig. 78).<br />

Dal <strong>di</strong>agramma consuntivo delle frequenze annuali <strong>di</strong>scende un utile confronto con le<br />

<strong>di</strong>stribuzioni ottenute in altre località rispettivamente del centro e del nord Italia (fig. 79). Il valore<br />

me<strong>di</strong>o delle frequenze oscilla attorno ai valori 0,56 ÷ 0,60 leggermente più alti <strong>di</strong> quelli della me<strong>di</strong>a<br />

nazionale, come risulta particolarmente dai mesi della stagione estiva, ma non eccezionali se confrontati<br />

con quelli <strong>di</strong> altre località dell'isola.<br />

Analisi delle frequenze<br />

Con questa indagine si è inteso stu<strong>di</strong>are la <strong>di</strong>stribuzione dei valori dell'irraggiamento appartenenti<br />

all'intervallo 0 ÷ 1000 W/m 2 , e sud<strong>di</strong>viso in passi da 50 W/m 2 , nonché la <strong>di</strong>stribuzione cumulativa <strong>di</strong><br />

particolare interesse applicativo nel campo dei <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> misura e conversione dell'energia solare.<br />

Di ogni stagione è riportato il grafico delle frequenze puntuali e cumulative (fig. 80).<br />

È imme<strong>di</strong>ato notare come l'area coperta dal <strong>di</strong>agramma si sposta verso le soglie più alte al<br />

progre<strong>di</strong>re dei mesi verso le stagioni calde, mentre la curva delle <strong>di</strong>stribuzioni annuali (fig. 81)<br />

approssima ottimamente una gaussiana.<br />

La generazione delle sequenze simulate: Meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> previsione stocastica delle sequenze <strong>di</strong><br />

insolazione. I meto<strong>di</strong> per la previsione teorica della ra<strong>di</strong>azione solare globale vengono classificati come<br />

deterministici e probabilistici. I primi sono costruiti da sequenze <strong>di</strong> valori me<strong>di</strong> desunti da analisi statistica<br />

dell’insolazione in lunghi perio<strong>di</strong> (generalmente un ventennio). L'anno solare così costruito viene detto<br />

"anno <strong>di</strong> riferimento" (Reference Year) per quella località o territorio e determinato con <strong>di</strong>versi passi<br />

temporali (mensili, settimanali, giornalieri, orari).<br />

Per quanto, però, <strong>di</strong> grande affidabilità e significatività dal punto <strong>di</strong> vista statistico, le sequenze <strong>di</strong><br />

insolazione restano definite una volta per tutte e fissate in forma rigidamente deterministica senza<br />

25 Il metodo Montecarlo è nato durante lo sviluppo del progetto Manhattan a Chicago durante l’ultimo conflitto<br />

mon<strong>di</strong>ale. Esso è un metodo statistico che associa alla densità <strong>di</strong> probabilità uniforme <strong>di</strong> numeri casuali le storie <strong>di</strong> vita che si<br />

intendono simulare, determinando a posteriori le frequenze dei casi favorevoli. Questo metodo richiede notevoli risorse <strong>di</strong><br />

calcolo poiché per fornire risultati accettabili deve elaborare migliaia <strong>di</strong> casi in modo che, per la Legge del Caso, la frequenza <strong>di</strong><br />

calcolo a posteriori tenda alla probabilità matematica definita, invece, a priori.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

140<br />

alcuna informazione sulla casualità del fenomeno attinometrico che ne costituisce, invece, un aspetto<br />

caratteristico.<br />

Figura 78: Trasparenze storiche nella varie stagioni a Catania<br />

Figura 79: Trasparenze in varie località<br />

Il recupero della aleatorietà del dato <strong>di</strong> insolazione viene realizzato con l'adozione <strong>di</strong> meto<strong>di</strong><br />

probabilistici, tipicamente il metodo Monte Carlo, previa conoscenza dei due parametri statistici


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

141<br />

fondamentali del periodo da simulare: la me<strong>di</strong>a m e lo scarto quadratico me<strong>di</strong>o s utilizzati nella relazione<br />

I = m + x s, dove x è una variabile casuale normale compresa, <strong>di</strong> solito, nell'intervallo - 0,2 ÷ + 0,2. Le<br />

sequenze così generate riproducono le fluttuazioni statistiche che si potrebbero osservare<br />

sperimentalmente, potendosi con uguale probabilità verificare perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> alto come <strong>di</strong> basso<br />

soleggiamento.<br />

Il limite tuttavia insito in questo metodo risiede nella mancanza <strong>di</strong> correlazione tra un dato ed i<br />

precedenti, quando l'osservazione sperimentale <strong>di</strong>chiara invece la forte <strong>di</strong>pendenza delle con<strong>di</strong>zioni del<br />

cielo, in un certo istante, dalle vicende meteorologiche precedenti.<br />

Per superare questo limite e per esprimere il grado <strong>di</strong> correlazione tra dati successivi <strong>di</strong><br />

insolazione è stato stu<strong>di</strong>ato il modello ARMA (m, n) (Auto Regressive Moving Average) che consente <strong>di</strong><br />

pre<strong>di</strong>re la trasparenza del cielo in un istante t tramite una combinazione lineare <strong>di</strong> m precedenti valori <strong>di</strong><br />

T e degli n precedenti valori della variabile random V, secondo una relazione del tipo:<br />

n<br />

∑<br />

T = a T + b V + V<br />

m<br />

i i t−i<br />

i=<br />

1 j=<br />

1<br />

dove a i e b j sono costanti definite in funzione del coefficiente <strong>di</strong> correlazione, mentre il numero<br />

dei termini m ed n viene scelto in base ad altre grandezze statistiche.<br />

Il metodo, ottimo per la previsione <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzioni normali, non ha, tuttavia, dato risultati<br />

sod<strong>di</strong>sfacenti in quanto quella delle trasparenze sperimentali non è una <strong>di</strong>stribuzione normale 26 ma, come<br />

già visto, bimodale.<br />

È stato quin<strong>di</strong> elaborato il metodo della matrice autoregressiva o matrice <strong>di</strong> Markoff col quale ci<br />

si limita a correlare un dato con quello imme<strong>di</strong>atamente precedente, me<strong>di</strong>ante un proce<strong>di</strong>mento che fa<br />

<strong>di</strong>pendere la variabile random V t dalla trasparenza T t-1 .<br />

Il risultato è la costruzione <strong>di</strong> una matrice quadrata sulla base dei dati sperimentali <strong>di</strong> insolazione<br />

e tale che i suoi elementi p ij esprimono la probabilità <strong>di</strong> transizione della trasparenza del cielo dallo stato<br />

i allo stato j.<br />

Si è infine tentato <strong>di</strong> generalizzare questo modello in modo da includere, nella determinazione<br />

della trasparenza del cielo in un certo istante, n stati precedenti: il risultato è stato il metodo TTT<br />

(Transmìttance, Transition, Tensor) che definisce una matrice tri<strong>di</strong>mensionale il cui tensore p ijk esprime la<br />

probabilità che ha il cielo <strong>di</strong> passare allo stato k, essendo al presente allo stato j e, nell'istante<br />

precedente, allo stato i.<br />

È stato <strong>di</strong>mostrato che una tale generalizzazione non apporta essenziali miglioramenti al<br />

modello <strong>di</strong> Markoff, che resta pertanto il più semplice e rappresentativo modello <strong>di</strong> previsione<br />

stocastica applicato alle con<strong>di</strong>zioni attinometriche.<br />

La statistica insita nella matrice <strong>di</strong> Markoff consente, pertanto, <strong>di</strong> generare un numero<br />

qualsivoglia <strong>di</strong> anni casuali e <strong>di</strong> riprodurre ancora il grado <strong>di</strong> correlazione tra <strong>di</strong>verse sequenze <strong>di</strong><br />

insolazione.<br />

Di particolare rilievo risulta poi questa proprietà, essendo fondamentale la conoscenza del<br />

succedersi delle sequenze <strong>di</strong> basso ed alto soleggiamento, per esempio nelle applicazioni connesse con<br />

l'accumulo dell'energia solare a breve e me<strong>di</strong>o termine ed in generale con tutti i processi caratterizzati da<br />

un funzionamento “a soglia”.<br />

Descriviamo qui il metodo seguito per la compilazione della matrice <strong>di</strong> Markoff, sulla base dei<br />

dati raccolti <strong>di</strong> soleggiamento nel territorio <strong>di</strong> Catania, per la generazione <strong>di</strong> un anno me<strong>di</strong>o (risultato<br />

dalla me<strong>di</strong>a statistica <strong>di</strong> 10 anni <strong>di</strong> simulazioni) nonché lo stu<strong>di</strong>o delle principali proprietà statistiche<br />

quali la funzione densità <strong>di</strong> probabilità, frequenza cumulativa, valori me<strong>di</strong> e deviazioni standard della<br />

trasparenza del cielo dell'anno così ricostruito.<br />

∑<br />

j t−<br />

j<br />

t<br />

26 Una <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong>cesi normale quando segue la <strong>di</strong>stribuzione gaussiana e quin<strong>di</strong> con un solo massimo (modo).


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

142<br />

Figura 80: Analisi delle frequenze <strong>di</strong> soglia nelle varie stagioni a Catania<br />

Figura 81: Frequenze <strong>di</strong> soglia storiche a Catania<br />

Figura 82: Frequenze <strong>di</strong> soglia simulate a Catania<br />

Descrizione dell'algoritmo per la generazione della matrice <strong>di</strong> Markoff<br />

L'algoritmo utilizzato, <strong>di</strong> tipo iterativo, consente <strong>di</strong> generare una matrice quadrata che<br />

precedenti stu<strong>di</strong> hanno <strong>di</strong>mostrato opportuno definire <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni 25 x 25 e che consiste nel<br />

sommare una unità a quell'elemento <strong>di</strong> matrice a i j i cui pe<strong>di</strong>ci sono dati dalla classe <strong>di</strong> appartenenza <strong>di</strong>


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

143<br />

due trasparenze successive; ad ogni ciclo l'in<strong>di</strong>ce riga è posto uguale all'in<strong>di</strong>ce colonna precedente e tale<br />

procedura è ripetuta fino all'esaurimento dei valori <strong>di</strong>sponibili. La matrice così ottenuta viene<br />

normalizzata e sottoposta alla verifica <strong>di</strong> ergo<strong>di</strong>cità (o convergenza), che consiste nel verificare se,<br />

moltiplicando n volte la matrice per sé stessa, risulta:<br />

a<br />

m<br />

ij<br />

m−1<br />

− a < ε<br />

per qualunque coppia (i,j) e per ε comunque piccolo.<br />

ij<br />

Figura 83: Analisi dei dati simulati - Frequenze <strong>di</strong> soglia nelle varie stagioni a Catania.<br />

Dopo tale verifica la matrice (normalizzata) è definita "Matrice <strong>di</strong> Transizione Autoregressiva" e può<br />

essere utilizzata per la generazione delle sequenze casuali. L'algoritmo utilizzato a questo scopo prevede<br />

l'estrazione <strong>di</strong> un numero random, che, moltiplicato per il passo <strong>di</strong> classificazione delle trasparenze, viene<br />

assunto come in<strong>di</strong>ce riga.<br />

La trasparenza simulata viene assunta come l'in<strong>di</strong>ce colonna <strong>di</strong> quell'elemento della riga, prima<br />

in<strong>di</strong>viduata, tale che la somma degli elementi precedenti risulti non minore <strong>di</strong> un secondo numero<br />

random estratto. Ad ogni ciclo successivo verrà poi posto l'in<strong>di</strong>ce riga eguale all'in<strong>di</strong>ce colonna. La serie<br />

delle trasparenze simulate viene così a costituire una banca dati, i cui elementi, moltiplicati per<br />

l'irraggiamento extra-atmosferico, riproducono l'anno casuale, la cui statistica simula con ottima<br />

approssimazione l'anno storico originario.<br />

L'analisi statistica dell'anno casuale<br />

Sull'anno casuale generato automaticamente sono state condotte le stesse indagini statistiche<br />

eseguite sui dati storici. Sono state in particolare stu<strong>di</strong>ate le curve <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione delle trasparenze,<br />

classificate in 25 categorie <strong>di</strong> passo 0,04, e mostrate per tutte le stagioni dell'anno nelle figure 79, 80 e<br />

81, nonché la curva <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione complessiva dell'intero anno (fig. 82). Quest'ultima mostra un<br />

andamento quasi costante attorno ai valori me<strong>di</strong> e con larghi massimi attorno ai valori 0,25÷ 0,35 e<br />

0,7÷0,80 che ne rappresentano i picchi modali.<br />

La <strong>di</strong>fferenza tra l'andamento me<strong>di</strong>o annuale dei dati storici e quello delle sequenze simulate è<br />

dovuta essenzialmente al fatto che trattasi <strong>di</strong> due situazioni non del tutto congruenti, risultando la prima<br />

dalla me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 10 anni e la seconda da un solo anno e particolarmente soleggiato. D’altra parte analoghe<br />

<strong>di</strong>fferenze sono visibili anche dal confronto <strong>di</strong> anni storici e simulati presso altre località da altri<br />

ricercatori, come risulta dalla figure 79 e 84.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

144<br />

Considerazioni sui meto<strong>di</strong> statistici per l’analisi della ra<strong>di</strong>azione.<br />

Le considerazioni sopra esposte consentono <strong>di</strong> rimarcare una caratteristica importante della<br />

generazione markoffiana: anche se la statistica fondamentale si riferisce all'anno storico <strong>di</strong> base, gli anni<br />

simulati hanno variabilità statistica tale da avere, ad esempio, anni con insolazione particolarmente<br />

elevata o particolarmente bassa. Si ritiene, pertanto, che il metodo <strong>di</strong> simulazione fondato stilla tecnica<br />

delle catene <strong>di</strong> Markoff sembra essere oggi tra i più semplici ed affidabili strumenti <strong>di</strong> previsione<br />

applicati ai fenomeni atmosferici ed in particolare alla simulazione dell'irraggiamento solare. come<br />

d'altra parte <strong>di</strong>mostra la vasta letteratura oggi <strong>di</strong>sponibile.<br />

Figura 84: Funzioni <strong>di</strong> densità <strong>di</strong> probabilità della trasmittanza<br />

L'analisi qui condotta <strong>di</strong>mostra una larga congruenza tra la statistica dei dati simulati con quelli<br />

storici, tanto più se si osserva che i picchi e le singolarità dell'anno storico vengono attenuati verso i<br />

valori me<strong>di</strong>, consentendo così una rappresentazione più aderente alla situazione reale me<strong>di</strong>ata su lungo<br />

periodo. Un vantaggio sostanziale del metodo della matrice <strong>di</strong> Markoff consiste infine nella possibilità<br />

<strong>di</strong> simulare un numero qualsivoglia <strong>di</strong> anni casuali, con variabilità statistica tale da avere per esempio<br />

perio<strong>di</strong> (o anni stessi) con insolazione particolarmente bassa o particolarmente elevata. Quest'ultima<br />

considerazione risulta infine <strong>di</strong> notevole utilità per la progettazione <strong>di</strong> impianti solari, con particolare<br />

riferimento al problema del <strong>di</strong>mensionamento degli accumulatori <strong>di</strong> calore o della sorgente integrativa<br />

ausiliaria e comunque in tutte le applicazioni <strong>di</strong> processo caratterizzate da una soglia inferiore <strong>di</strong><br />

funzionamento.<br />

6.2.5 NUVOLOSITÀ<br />

La nuvolosità influisce notevolmente sul clima poiché mo<strong>di</strong>fica il rapporto tra la ra<strong>di</strong>azione<br />

<strong>di</strong>retta e la ra<strong>di</strong>azione <strong>di</strong>ffusa per effetto dell’assorbimento e della <strong>di</strong>ffusione delle molecole d’acqua<br />

costituenti le nubi. Durante le giornate nuvolose la ra<strong>di</strong>azione globale ricevuta su una superficie<br />

comunque inclinata è quasi esclusivamente <strong>di</strong>ffusa e pari al 5 ÷ 20 % <strong>di</strong> quella <strong>di</strong>retta. Pertanto<br />

l’irraggiamento totale si riduce notevolmente. Anche la limpi<strong>di</strong>tà atmosferica influisce sulle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

soleggiamento. Questa è data dall’assenza <strong>di</strong> polveri o altri fattori inquinanti che assorbono la<br />

ra<strong>di</strong>azione solare o che la mo<strong>di</strong>ficano (ad esempio per scattering e per <strong>di</strong>ffusione). Questo fattore è<br />

comunque legato molto alle con<strong>di</strong>zioni locali, cioè alla presenza <strong>di</strong> ciminiere industriali, cave, vulcani,<br />

…. Nella Sicilia, ad esempio, la presenza <strong>di</strong> polveri vulcaniche o <strong>di</strong> sabbia sahariana riduce spesso la<br />

limpi<strong>di</strong>tà atmosferica e quin<strong>di</strong> l’irraggiamento solare.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

145<br />

6.2.6 TEMPERATURA DELL’ARIA<br />

La temperatura <strong>di</strong> un sito geografico <strong>di</strong>pende sia dall’irraggiamento atmosferico che dalle<br />

possibilità <strong>di</strong> scambi termici tra la terra e l’atmosfera. Infatti il bilancio globale <strong>di</strong> questo scambio<br />

<strong>di</strong>pende dalla <strong>di</strong>spersività dell’atmosfera, dalle correnti d’aria e dalla presenza <strong>di</strong> masse termiche. E’<br />

infatti osservabile da tutti come certe zone risultino più calde <strong>di</strong> altre, pur essendo vicini e<br />

apparentemente simili; in effetti esse <strong>di</strong>fferiscono per il versante, per la presenza <strong>di</strong> valli o <strong>di</strong> monti, per<br />

la geologia dei terreni, per la presenza <strong>di</strong> acqua in bacini o fiumi, ….<br />

Le stagioni metereologiche non <strong>di</strong>pendono solamente dalla lunghezza dei giorni ma risultano<br />

sfasate <strong>di</strong> uno-due mesi rispetto ai perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> massima durata. Ad esempio le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> maggior<br />

caldo si hanno in Italia in agosto e non in giugno-luglio che pure hanno maggiore insolazione. Allo<br />

stesso modo le temperature minori non si verificano in corrispondenza del solstizio <strong>di</strong> inverno (21<br />

<strong>di</strong>cembre) a gennaio-febbraio. A scala temporale più ridotta questo sfasamento avviene anche fra<br />

l’irraggiamento orario giornaliero e la temperatura oraria giornaliera: il massimo si ha dopo le 14 e il<br />

minimo si ha durante la notte o poco prima dell’alba.<br />

6.2.7 MOVIMENTI D’ARIA<br />

Se si osserva la <strong>di</strong>stribuzione della ra<strong>di</strong>azione solare netta (ve<strong>di</strong> figura 38) appare evidente che si<br />

ha un deficit della ra<strong>di</strong>azione solare nelle zone <strong>di</strong> elevata latitu<strong>di</strong>ne (>70°) e un eccesso alle basse<br />

latitu<strong>di</strong>ni (


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

146<br />

causa, principalmente, dell’aumento della trasparenza atmosferica. L’orografia del terreno influenza la<br />

situazione dei venti e quin<strong>di</strong> anche delle precipitazioni del sito. Inoltre i profili degli strati limiti<br />

vengono mo<strong>di</strong>ficati, come visualizzato nella figura seguente.<br />

L’azione delle colline e dei monti è quin<strong>di</strong> fondamentale per il controllo delle piogge e<br />

dell’umi<strong>di</strong>tà del luogo anche per effetto <strong>di</strong> decompressioni e compressioni a<strong>di</strong>abatiche delle correnti<br />

d’aria ascensionali o <strong>di</strong>scendenti dai fianchi delle colline e dei monti.<br />

Figura 85: Andamento del profilo <strong>di</strong> velocità del vento.<br />

Nella figura 85 si ha la rappresentazione dello strato limite <strong>di</strong>namico 27 ossia dello strato <strong>di</strong> fluido nel<br />

quale si ha variazione <strong>di</strong> velocità (cioè presenza <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>ente). L’altezza <strong>di</strong> questa zona può variare da<br />

qualche metro a decine e anche centinaia <strong>di</strong> metri. E’ per questa ragione che nelle terrazze <strong>di</strong> palazzi alti<br />

si sente molto più vento che nei piani bassi. Per lo stesso motivo occorre prevedere dei fattori correttivi<br />

per adeguare il calcolo dei carichi termici dei piani alti alla situazione <strong>di</strong> maggior ventosità e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

maggiori coefficienti convettivi esterni.<br />

6.3.2 EFFETTI DI CORPI D’ACQUA<br />

Le influenze che masse d’acqua possono esercitare sul microclima <strong>di</strong>pendono fortemente dalle<br />

<strong>di</strong>mensioni e dalla posizione <strong>di</strong> queste rispetto al vento. Sono più incisive i corpi d’acqua a monte del<br />

sito dove si riscontra, in genere un clima più mite e favorevole. La massa d’acqua esercita un’azione <strong>di</strong><br />

moderazione sulle variazioni <strong>di</strong> temperatura a causa del maggior calore specifico rispetto a quello del<br />

terreno: ne deriva che l’acqua è più calda d’inverno e più fredda d’estate e pertanto le zone poste nelle<br />

vicinanze subiscono un effetto calmieratore sulle variazioni termiche locali, avendosi temperature<br />

minime più alte in inverno e temperature massime più basse in estate.<br />

27 Lo strato limite <strong>di</strong>namico rappresenta l’altezza a partire dalla parete entro la quale il fluido risente della presenza della<br />

parete e quin<strong>di</strong> la velocità varia da 0 al 99% della velocità massima non <strong>di</strong>sturbata.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

147<br />

Se le masse d’acqua sono notevoli (mare o lago) si ha anche la formazione <strong>di</strong> brezze: durante il<br />

giorno, quando la terra è più calda, si ha un venticello verso la riva che <strong>di</strong> notte inverte <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione<br />

essendo l’acqua più calda della terra.<br />

6.3.3 EFFETTI DELLA VEGETAZIONE<br />

La presenza della vegetazione induce, <strong>di</strong> norma, un aumento <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà relativa ed una<br />

<strong>di</strong>minuzione <strong>di</strong> temperatura dovuta sia all’effetto dell’ombreggiamento che alla evapotraspirazione delle<br />

foglie che assorbono gran parte del calore incidente.<br />

Questi effetti non sono da attribuire ad un singolo albero (a meno che non si viva al <strong>di</strong> sotto delle<br />

chiome) ma ad ampie zone <strong>di</strong> verde. L’effetto sulla temperatura e sull’umi<strong>di</strong>tà si risente in una zona<br />

tanto più vasta 28 quanto più è ampia la superficie arborea, anche in funzione degli ostacoli presenti<br />

(e<strong>di</strong>fici, <strong>di</strong>rezione delle strade, ostacoli <strong>di</strong> vario genere).<br />

Anche la copertura del terreno influenza le con<strong>di</strong>zioni microclimatiche. Si è osservato, infatti, che<br />

un terreno erboso fa <strong>di</strong>minuire la temperatura contrariamente ad un terreno con copertura artificiale. Si<br />

tenga presente per quanto si <strong>di</strong>rà nel prosieguo, la natura del terreno influenza molto la ra<strong>di</strong>azione<br />

riflessa (onde corte) da quest’ultimo.<br />

Infatti la ra<strong>di</strong>azione su una superficie inclinata è data dalla relazione:<br />

1+ cos β 1−<br />

cos β<br />

IT = IbRb + Id Rd + ItRt = IbRb + Id + Iρt<br />

2 2<br />

e pertanto il fattore <strong>di</strong> riflessione del terreno ρ determina un contributo che può essere non<br />

trascurabile. Nella tabella seguente si riportano i fattori <strong>di</strong> riflessione per alcune tipologie <strong>di</strong> terreno.<br />

Per contro le ra<strong>di</strong>azioni termiche emesse dal terreno riscaldato (onde lunghe) <strong>di</strong>pendono dalle<br />

componenti ra<strong>di</strong>anti del terreno e devono essere considerate nel calcolo della temperatura me<strong>di</strong>a<br />

ra<strong>di</strong>ante e della temperatura operante (ve<strong>di</strong> capitolo sul comfort termico).<br />

Ad esempio, con una temperatura dell’aria esterna <strong>di</strong> 37 °C l’asfalto può fare innalzare la<br />

temperatura per effetto dell’irraggiamento proprio <strong>di</strong> 5 °C; la temperatura superficiale <strong>di</strong> questo varia<br />

dai 47°C ai 62 °C (con aria esterna a 47°C) e con punte massime <strong>di</strong> ben 72 °C.<br />

Tipo <strong>di</strong> superficie Fattore <strong>di</strong> riflessione<br />

Terreno nudo, asciutto 0.10÷0.15<br />

Terreno nudo, bagnato 0.08÷0.10<br />

Sabbia asciutta 0.18÷0.30<br />

Sabbia bagnata 0.10÷0.19<br />

Terra nera, asciutta 0.13÷0.15<br />

Terra nera, bagnata 0.06÷0.08<br />

Roccia 0.11÷0.16<br />

Erba secca 0.28÷0.35<br />

Campi ver<strong>di</strong> 0.04÷0.16<br />

Foglie ver<strong>di</strong> 0.20÷0.34<br />

Foresta scura 0.04÷0.07<br />

Deserto 0.22÷0.30<br />

Laterizio (in funzione del colore) 0.22÷0.50<br />

Asfalto 0.12÷0.15<br />

Aree urbane 0.08÷0.12<br />

28 Ricerche effettuate da Oke <strong>di</strong>mostrano un 66% del raffrescamento teoricamente possibile ricoprendo <strong>di</strong> verde la<br />

superficie urbana per un terzo della sua estensione e ciò solo ai processi <strong>di</strong> evapotraspirazione. Sono stati misurati riduzioni<br />

<strong>di</strong> 5.5 °C in una notte estiva e 1÷2 °C <strong>di</strong> giorno in vicinanze <strong>di</strong> zone <strong>di</strong> verde urbano.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

148<br />

6.3.4 EFFETTI DELL’EDIFICATO URBANO<br />

Un agglomerato urbano influenza il microclima esterno 29 in quanto mo<strong>di</strong>fica tutti i fattori<br />

microclimatici prima accennati: ra<strong>di</strong>azione solare, il regime dei venti, la temperatura dell’aria esterna e<br />

l’umi<strong>di</strong>tà relativa.<br />

Lo stu<strong>di</strong>o dell’evoluzione climatica urbana può oggi essere effettuato me<strong>di</strong>ante sofisticati e<br />

complessi modelli <strong>di</strong> calcolo che simulano l’evoluzione <strong>di</strong> tutti i fenomeni igro-termo-fluido<strong>di</strong>namici<br />

interessati dall’area urbana. La temperatura è me<strong>di</strong>amente più elevata, anche in considerazione della<br />

presenza <strong>di</strong> asfalto nella pavimentazione stradale, e l’umi<strong>di</strong>tà relativa più bassa rispetto alle zone rurali<br />

circostanti.<br />

Nella figura 85 è visibile l’azione esercitata dall’area urbana sullo strato limite generato dalle<br />

correnti d’aria. Gli e<strong>di</strong>fici creano turbolenza ed effetti <strong>di</strong> canalizzazione del vento che, a sua volta,<br />

influenza la temperatura dell’aria fino ad annullare gli effetti dell’isola <strong>di</strong> calore tipica degli agglomerati<br />

urbani. La velocità limite per la quale questa rottura avviene può essere calcolata da una semplice<br />

relazione che è funzione del numero <strong>di</strong> abitanti della città:<br />

V = − critica<br />

116 . + 34 . Log P<br />

Inoltre la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> temperatura fra la città (calda) e la campagna circostante (fresca) genera<br />

una brezza detta brezza <strong>di</strong> campagna.<br />

6.3.5 INFLUENZA DEL RAPPORTO DI FORMA E DEL RAPPORTO<br />

SUPERFICIE-VOLUME<br />

L’evoluzione dell’Architettura è stata profondamente dettata dal rapporto intimo e<strong>di</strong>ficioambiente.<br />

La scelta dell’involucro esterno dell’e<strong>di</strong>ficio deve sempre più rispondere ad esigenze<br />

funzionali (energetiche, illuminotecniche, acustiche,…) oltre che estetiche.<br />

Le <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> legge sul consumo energetico negli e<strong>di</strong>fici hanno legato il fattore <strong>di</strong> forma S/V<br />

ai parametri prestazionali (Cd, FEN, FEL-limite,…) funzioni, a loro volta, delle con<strong>di</strong>zioni climatiche<br />

esterne.<br />

Il rapporto e<strong>di</strong>ficio-ambiente influisce fin dall’inizio nella progettazione dell’e<strong>di</strong>ficio: un clima<br />

esterno mite favorisce l’apertura degli spazi interni verso l’esterno (le antiche corti, i patii, … sono segni<br />

in questa <strong>di</strong>rezione) mentre un clima ostile induce alla chiusura dell’involucro esterno, verso una forma<br />

più protettiva dell’ambiente interno.<br />

In pratica si instaura, anche inconsciamente, un rapporto <strong>di</strong> causa-effetto che con<strong>di</strong>ziona<br />

l’interazione delle forze fisiche con la forma architettonica: una conoscenza delle forze fisiche<br />

contribuisce a meglio modellare la forma e viceversa una buona modellizzazione architettonica<br />

consente un migliore controllo delle forze fisiche. Esiste (o meglio, dovrebbe esistere) una simbiosi fra<br />

ambiente ed e<strong>di</strong>ficio così come succede fra mondo vivente e la natura: gli organismi e<strong>di</strong>lizi dovrebbero<br />

evolvere con l’ambiente alla ricerca della migliore forma possibile, così come le specie vivente si<br />

evolvono ricercando il migliore adattamento con la natura.<br />

La forma ottimale per un e<strong>di</strong>ficio non può mai essere determinata se non si fissano tutte le<br />

variabili in gioco sia del microclima esterno che delle caratteristiche termofisiche delle pareti. Per<br />

ciascuna zona climatica si può pensare <strong>di</strong> determinare un rapporto <strong>di</strong> forma ottimale che riducano al<br />

massimo il bilancio energetico dell’e<strong>di</strong>ficio. Uno stu<strong>di</strong>o del genere è stato affrontato da Victor Olgyay<br />

che è pervenuto ai risultati illustrati nella figura seguente. In essa si hanno i rapporti ottimali per le<br />

quattro zone climatiche: fredda, temperata, caldo secca e caldo umida.<br />

Le considerazioni che si possono fare sono qui riassunte (ve<strong>di</strong> figura 86 e 87):<br />

⋅ Nelle zone fredde è meglio avere piante <strong>di</strong> forma più regolare quadrata che allungata: il rapporto<br />

ottimale è <strong>di</strong> circa 1:1.1.<br />

29 La scienza che si occupa <strong>di</strong> questo fenomeno è detta Climatologia urbana che esula dal contesto <strong>di</strong> questo corso.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

149<br />

⋅ Nelle regioni temperate si possono avere e<strong>di</strong>fici allungati e in genere <strong>di</strong> forma più libera: il<br />

rapporto ottimale è 1:1.6 e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> forma rettangolare allungata lungo l’asse est-ovest.<br />

⋅ Nelle regioni con caldo secco si potrebbe pensare <strong>di</strong> avere una pianta allungata in inverno ma le<br />

con<strong>di</strong>zioni estive consigliano una forma più compatta con rapporti <strong>di</strong> forma ottimali pari a 1:1.3.<br />

⋅ Nelle regioni caldo umide è opportuno avere un e<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> forma allungata, sempre lungo l’asse<br />

est-ovest, con rapporti <strong>di</strong> forma ottimali pari a 1:1.7. Si possono avere pilotis per favorire la<br />

ventilazione. L’uso <strong>di</strong> piante libere è possibile ma occorre prevedere ripari ombreggianti e<br />

schermanti.<br />

Inoltre occorre tener presente alcune regole pratiche che così possiamo sintetizzare:<br />

⋅ E’ sempre opportuno orientare l’asse principale lungo la <strong>di</strong>rettrice est-ovest per avere una<br />

maggiore efficienza energetica.<br />

⋅ La pianta a base quadrata non sempre risulta vantaggiosa e conviene avere un allungamento lungo<br />

la <strong>di</strong>rettrice est-ovest.<br />

Il rapporto superficie-<strong>volume</strong> è fondamentale nelle regioni fredde 30 al fine <strong>di</strong> ridurre le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong><br />

calore verso l’esterno. E in questo senso la L. 10/91 ne limita i valori massimi in funzione delle zone<br />

climatiche e della destinazione d’uso.<br />

Un rapporto basso comporta un e<strong>di</strong>ficio chiusi e quin<strong>di</strong> poco comunicante con l’esterno mentre,<br />

al contrario, un rapporto più elevato consente un maggior movimento delle forme e pertanto anche una<br />

maggiore penetrazione e comunicazione con l’ambiente esterno.<br />

Molta importanza riveste la superficie vetrata nelle pareti esterne. Un uso smodato <strong>di</strong> questa (e<br />

con vetri <strong>di</strong> elevata trasmittanza) può portare contraccolpi notevoli sul rapporto <strong>di</strong> forma S/V poiché le<br />

per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> calore tendono a crescere notevolmente 31 e pertanto per compensare questo effetto occorre<br />

agire sull’isolamento delle pareti, sul rapporto S/V e quin<strong>di</strong> sull’architettura dell’e<strong>di</strong>ficio stesso.<br />

Va tenuto presente che l’effetto del <strong>volume</strong> degli e<strong>di</strong>fici si riflette spesso sui carichi termici (sia<br />

estivi che invernali). L’ASHRAE pubblica sul suo Fundamentals Handbook alcuni dati sui carichi <strong>di</strong><br />

e<strong>di</strong>fici monofamiliari e multipiano. Il risultato è che gli e<strong>di</strong>fici monofamiliari hanno carichi termici<br />

molto più elevati rispetto a quelli multipiano, con percentuali variabili fra il 60 e il 90%. Pertanto si può<br />

anche <strong>di</strong>re che un maggior <strong>volume</strong>, a parità <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni esterne, porta spesso ad avere più<br />

compattezza dell’e<strong>di</strong>ficio ed una migliore risposta alle sollecitazioni termiche esterne.<br />

6.3.6 INFLUENZA DEL CLIMA SULLA DENSITÀ URBANA<br />

Quanto detto per il singolo e<strong>di</strong>ficio vale anche, con le opportune considerazioni, per il tessuto<br />

urbano. Le con<strong>di</strong>zioni climatiche esterne con<strong>di</strong>zionano fortemente la struttura urbana delle città o degli<br />

agglomerati in genere.<br />

I climi fred<strong>di</strong> favoriscono spazi relativamente ampi per consentire una migliore cattura della<br />

ra<strong>di</strong>azione solare mentre, al contrario, un clima caldo torrido favorisce la formazione <strong>di</strong> celle chiuse che<br />

portino ad una riduzione degli effetti del soleggiamento e quin<strong>di</strong> ad una maggiore ombreggiatura. In<br />

figura 88 si ha un esempio <strong>di</strong> città algerina che riassume il concetto sopra espresso: le strade sono strette<br />

e spezzate o curve e gli e<strong>di</strong>fici sono addossati per favorire la formazione dell’ombra.<br />

In genere nelle zone fredde il tessuto urbano è favorevole ad inse<strong>di</strong>amenti isolati e riparati, nelle zone<br />

temperate si favorisce un inse<strong>di</strong>amento aperto che si fonde con l’ambiente esterno, in zone caldo secche si<br />

hanno tessuti densi e chiusi per meglio <strong>di</strong>fendersi dall’irraggiamento solare e nelle zone caldo umide si<br />

hanno e<strong>di</strong>fici allungati per favorire la ventilazione e quin<strong>di</strong> il tessuto urbano <strong>di</strong>viene piuttosto articolato.<br />

30 Vedasi l’igloo degli esquimesi che ha il miglior rapporto superficie-<strong>volume</strong> per ridurre al massimo le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> calore<br />

verso l’esterno.<br />

31 Se consideriamo una parete isolata avente una trasmittanza K=0.35 W/(m²K) ed una parete vetrata con K=7<br />

W/(m²K) si vede che 1 m² <strong>di</strong> vetrata equivale a 20 m² <strong>di</strong> parete isolata. L’uso <strong>di</strong> vetri doppi porta la trasmittanza del vetro a<br />

valori variabili, a secondo dello spessore delle lastre vetrate e dell’intercape<strong>di</strong>ne d’aria, fra 3.5÷5 W/(m²K) e quin<strong>di</strong> 1 m² <strong>di</strong><br />

vetrata equivale a 10÷15 m² <strong>di</strong> parete esterna. Si intuisce quin<strong>di</strong> il peso gran<strong>di</strong>ssimo che le vetrate hanno ai fini della<br />

riduzione del bilancio energetico degli e<strong>di</strong>fici.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

150<br />

Figura 86: Rapporti <strong>di</strong> forma ottimali per le quattro zone climatiche.<br />

6.4 CARATTERIZZAZIONE CLIMATICA DEL TERRITORIO<br />

L’influenza del clima sull’Uomo e su tutte le attività umane è in<strong>di</strong>scussa.<br />

Da Aristotele a Montesquieu e T. <strong>di</strong> Lampedusa, molti stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> tutti i tempi hanno convenuto<br />

che il clima ha effetti determinanti sugli aspetti fisici e psichici degli in<strong>di</strong>vidui; ha relazione con l’ere<strong>di</strong>tà<br />

razziale e lo sviluppo culturale e dappertutto ha con<strong>di</strong>zionato la civiltà umana.<br />

Non per niente la civiltà si è sviluppata originariamente nelle zone a clima temperato (bacino del<br />

Me<strong>di</strong>terraneo), vedansi gli egizi, i greci, i romani e le civiltà europee in genere. Questa <strong>di</strong>pendenza della<br />

vita dal clima è vera anche a livello animale e vegetale.<br />

Le principali <strong>di</strong>fferenziazioni <strong>di</strong> piante e animali sono dovute essenzialmente al contesto climatico<br />

<strong>di</strong> appartenenza 32 . E’ sotto gli occhi <strong>di</strong> tutti che la previsione delle con<strong>di</strong>zioni climatiche e<br />

metereologiche risultano vitali per numerose attività umane: la pesca, l’agricoltura, la navigazione,<br />

l’aviazione,….<br />

32 Si veda, a tal proposito, il testo <strong>di</strong> Olgyay : Design with climate.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

151<br />

Figura 87: Influenza dei rapporti <strong>di</strong> superficie e <strong>volume</strong> sui <strong>di</strong>sper<strong>di</strong>menti termici<br />

Anche l’Architettura, per che riguarda in particolare la risposta termica dell’e<strong>di</strong>ficio ovvero il<br />

comportamento energetico degli stessi, è legata fortemente alle con<strong>di</strong>zioni climatiche. Pertanto per<br />

eseguire una corretta previsione del clima occorre caratterizzarlo.<br />

Ciò si attua, come già detto, in<strong>di</strong>viduando le grandezze fisiche <strong>di</strong> interesse capaci <strong>di</strong> descriverne<br />

compiutamente l’evoluzione temporale e la <strong>di</strong>pendenza spaziale. In pratica si utilizzano le seguenti<br />

variabili: velocità del vento, umi<strong>di</strong>tà relativa, temperatura esterna, ra<strong>di</strong>azione solare.<br />

Ve<strong>di</strong>amo adesso l’influenza <strong>di</strong> ciascuna <strong>di</strong> queste variabili sulla caratterizzazione del clima.<br />

6.4.1 VELOCITÀ DEL VENTO<br />

Questa variabile ha interesse sia in ambito strutturale (resistenza della struttura all’azione del<br />

vento) che in ambito energetico. Da essa <strong>di</strong>pendono, infatti:<br />

⋅ le infiltrazioni d’aria negli e<strong>di</strong>fici; queste comportano sempre (sia in estate che in inverno) un<br />

aggravio al carico termico in quanto richiedono trattamenti termo-igrometrici dell’aria aggiuntivi.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

152<br />

⋅<br />

i coefficienti convettivi sulle pareti esterne: essi <strong>di</strong>pendono dalla velocità del vento V secondo<br />

relazioni (in parte già in<strong>di</strong>cate nel paragrafo 2.3.9 (Meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> calcolo del coefficiente <strong>di</strong><br />

convezione termica) del tipo:<br />

- pareti scabre: h = e<br />

10. 75 + 12 . V con V in [m/s] ed h in [W/(m²K)];<br />

- pareti vetrate: h = + e<br />

V −<br />

2<br />

8. 21 0. 08 0. 0024V<br />

con V in [m/s] ed h in [W/(m²K)].<br />

Figura 88: Effetti del clima caldo torrido sulla densità urbana<br />

Il regime <strong>di</strong> vento mo<strong>di</strong>fica fortemente il comportamento termico degli e<strong>di</strong>fici. Ad esempio in<br />

figura 87 possiamo vedere la formazione degli strati limiti <strong>di</strong> velocità in una zona e<strong>di</strong>ficata. Si osservi<br />

come procedendo da sinistra verso destra (cioè dalle zone periferiche rurali verso il centro città) si<br />

abbiano gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> protezione dal vento crescenti.<br />

L’azione <strong>di</strong> schermatura degli e<strong>di</strong>fici (ve<strong>di</strong> dopo) si amplifica man mano che il vento si addentra<br />

nella città. La presenza <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio alto in una zona e<strong>di</strong>ficata con e<strong>di</strong>fici bassi provoca una turbativa<br />

del microclima fino ad una <strong>di</strong>stanza pari all’altezza dell’e<strong>di</strong>ficio, ve<strong>di</strong> figura 90. La <strong>di</strong>stribuzione degli<br />

e<strong>di</strong>fici può creare effetti <strong>di</strong> turbolenza o <strong>di</strong> accelerazione (effetto Venturi). Ad esempio, in figura 91<br />

sono visibili sia gli effetti dei pilotis che quello <strong>di</strong> accelerazione provocato dal restringimento della<br />

sezione <strong>di</strong> passaggio dell’aria per effetto <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici posti in restringimento della sede stradale.<br />

Nella stessa figura si può osservare l’effetto <strong>di</strong> canalizzazione dell’aria provocato dalla formazione<br />

degli allineamenti stradali degli e<strong>di</strong>fici. Questo effetto esalta la velocità dell’aria rispetto al movimento<br />

che si avrebbe in zone libere.<br />

Nella figura 92 si mostra come la presenza <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici (abitazioni in centri urbani) mo<strong>di</strong>fica il<br />

microclima per effetto <strong>di</strong> riflessioni ridotte, alti assorbimenti e bassa vaporizzazione per la presenza <strong>di</strong><br />

poca umi<strong>di</strong>tà rispetto alle zone rurali.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

153<br />

Inoltre sempre in figura 92 si ha l’evidenziazione della formazione della cosiddetta isola <strong>di</strong> calore<br />

caratteristica delle gran<strong>di</strong> città e che in pratica risulta dovuta alla scarsa capacità <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperdere il calore<br />

prodotto per ra<strong>di</strong>azione e convezione negli strati alti dell’atmosfera, per mancanza <strong>di</strong> correnti d’aria.<br />

Anche la stratificazione termica nelle vallate può essere spiegata come l’azione <strong>di</strong> inversione<br />

termica prodotta dall’aria fredda che stagna in alto rispetto a quella calda che ristagna in basso.<br />

Nella figura 93 si evidenziano i regimi <strong>di</strong> vento che si hanno nelle masse continentali (a Nord e a<br />

Sud), nella vallate e in vicinanza del mare.<br />

Nelle figure 94 e 95 si possono osservare gli effetti provocati dal vento sugli e<strong>di</strong>fici: la zona<br />

frontale è sottoposta ad una sovrapressione mentre quella sottovento ad una depressione. Gli e<strong>di</strong>fici ad<br />

L causano formazioni <strong>di</strong> larghe zone d’ombra e <strong>di</strong> turbolenza nelle zone <strong>di</strong> depressione.<br />

Inoltre la <strong>di</strong>sposizione degli e<strong>di</strong>fici in schiere può essere utilizzata per creare zone <strong>di</strong> depressione<br />

più ridotte.<br />

L’azione <strong>di</strong> schermatura degli e<strong>di</strong>fici viene illustrata nella figura 95 dove si hanno sequenze <strong>di</strong><br />

effetti provocati da e<strong>di</strong>fici bassi verso e<strong>di</strong>fici alti e viceversa.<br />

Azioni per la riduzione degli effetti <strong>di</strong> convezione termica indotti dal vento.<br />

Poiché il vento produce una migliore convezione termica nelle pareti esterne degli e<strong>di</strong>fici si ha<br />

anche un maggiore <strong>di</strong>sper<strong>di</strong>mento termico, nella stagione invernale.<br />

Per ridurre questi effetti indesiderati si possono adottare alcune azioni precauzionali.<br />

⋅ Limitare al massimo l’altezza degli e<strong>di</strong>fici: gli e<strong>di</strong>fici più bassi si comportano meglio <strong>di</strong> quelli alti<br />

anche per effetto della minore velocità del vento per effetto dello strato limite.<br />

⋅ Creare, ove possibile, barriere artificiali (e<strong>di</strong>fici per deposito, magazzini, parcheggi, e<strong>di</strong>fici<br />

industriali,…) attorno all’e<strong>di</strong>ficio da schermare.<br />

⋅ Schermare gli e<strong>di</strong>fici con barriere (anche arboree) per ridurre gli effetti del vento.<br />

⋅ Limitare le forme con tagli acuti: queste facilitano la vorticosità e quin<strong>di</strong> lo scambio convettivo<br />

⋅<br />

esterno. Usare, quin<strong>di</strong>, forme arrotondate e senza spigoli vivi per ridurre i <strong>di</strong>sper<strong>di</strong>menti termici.<br />

Le balconate agiscono come le alette e quin<strong>di</strong> facilitano lo scambio termico convettivo, pertanto<br />

in zone ventose è bene limitare le superfici aggettanti.<br />

Un tessuto urbano compatto e denso agisce come trappola per il vento e quin<strong>di</strong> favorisce la<br />

schermatura degli e<strong>di</strong>fici.<br />

Per contro rimane il problema <strong>di</strong> smaltire l’inquinamento atmosferico che, al contrario, il vento<br />

porta via <strong>di</strong>luendolo negli strati alti dell’atmosfera.<br />

6.5 CALCOLO DELLA RADIAZIONE SOLARE MEDIA<br />

Se si considera la Terra come una grande sfera nello spazio in movimento attorno al sole e si<br />

applicano le regole della geografia astronomica allora si può calcolare con grande precisione<br />

l’irraggiamento solare 33 che risulta dato da:<br />

Io<br />

= Icsr<br />

cosϑ [60]<br />

ove si ha:<br />

⋅ I cs costante solare pari a 1353 W/m²;<br />

⋅ R correzione per variazione della <strong>di</strong>stanza terra-sole;<br />

⋅ cosθ angolo <strong>di</strong> inclinazione rispetto alla normale alla superficie terrestre.<br />

La correzione per <strong>di</strong>stanza terra-sole è data da:<br />

F 360n<br />

r = + H G I<br />

1 0. 033cos K J [61]<br />

365<br />

essendo n il giorno giulianeo 34 .<br />

33 L’irraggiamento solare è dato dall’energia che incide nell’unità <strong>di</strong> tempo sull’unità <strong>di</strong> superficie. Le unità <strong>di</strong> misura<br />

sono [W/m²].


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

154<br />

Figura 89: Profili <strong>di</strong> velocità in zone urbane. Effetti provocati dagli e<strong>di</strong>fici.<br />

34 Si ricorda che il giorno giulianeo è dato dal numero progressivo del giorno a partire dal 1° gennaio, pari a n=1, fino al<br />

31 <strong>di</strong>cembre pari a n=365. In questo modo i giorni dell’anno seguono una numerazione progressiva da 1 a 365.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

155<br />

Figura 90: Effetti sul microclima provocati da e<strong>di</strong>fici alti rispetto al tessuto urbano circostante<br />

Figura 91: Effetti Venturi e <strong>di</strong> canalizzazione provocati dagli e<strong>di</strong>fici


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

156<br />

Figura 92: Circolazione dell’aria nei continenti. Brezze marine


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

157<br />

Figura 93: Effetti degli e<strong>di</strong>fici- Isole <strong>di</strong> Calore e Pozzi termici.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

158<br />

Figura 94: Formazione delle zone <strong>di</strong> sovra e sotto pressione


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

159<br />

Figura 95: Effetti <strong>di</strong> schermatura provocati dagli e<strong>di</strong>fici<br />

Si definisce angolo solare ω l’angolo corrispondente allo spostamento relativo del sole nelle 24 ore<br />

per cui si ha ω=15 °/ora. L’irraggiamento extraterrestre varia da un minimo <strong>di</strong> 1325 W/m² a 1415<br />

W/m² durante l’anno.<br />

L’intensità giornaliera extra-atmosferica della irra<strong>di</strong>azione solare è data dall’integrale della [60]<br />

estesa dall’alba 35 al tramonto e quin<strong>di</strong> da:<br />

zω<br />

s F 24<br />

Ho<br />

= Iod<br />

s H G I K J<br />

− 2π ω [62]<br />

ω<br />

35 L’alba e il tramonto sono detti sun rise e sun set e in<strong>di</strong>cati con ω s nella letteratura internazionale.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

160<br />

In geografia astronomica, nota la latitu<strong>di</strong>ne ϕ <strong>di</strong> un sito, si definisce declinazione solare l’angolo<br />

rispetto al piano orizzontale corrispondente all’altezza massima del sole e si in<strong>di</strong>ca con δ ed è dato,<br />

in<strong>di</strong>cando con n il giorno giuliano, dalla relazione:<br />

F + I<br />

δ = 2345 360<br />

HG<br />

284 n<br />

. sin K J<br />

[63]<br />

365<br />

Pertanto si <strong>di</strong>mostra che la ra<strong>di</strong>azione me<strong>di</strong>a giornaliera extra-atmosferica è data dalla relazione:<br />

24 ω s<br />

24 F<br />

π<br />

Ho = rIcs b I<br />

cosϕ cosδ cosω + sinϕ sinδg dω<br />

= rIcs cosϕ cosδ sinω<br />

s<br />

+ ω<br />

s<br />

sin ϕ sin δ<br />

s<br />

K J [64]<br />

2π<br />

z− ω<br />

2π<br />

180<br />

Per una superficie generica è necessario calcolare l’angolo <strong>di</strong> inclinazione solare θ che, me<strong>di</strong>ante<br />

considerazioni <strong>di</strong> trigonometria sferica, dati la latitu<strong>di</strong>ne φ la declinazione δ e l’angolo solare ω, è dato<br />

dalla relazione:<br />

cosϑ = cosϕ cos β cosω + sinϕ sin β cosγ cosδ cosω + sin β sin γ cosδ sinω<br />

+<br />

[65]<br />

+ sinϕ cos β sinδ − cosϕ sin β cosγ sinδ<br />

ove si ha il seguente simbolismo, ve<strong>di</strong> Figura 73:<br />

HG<br />

Sun<br />

θ<br />

Ovest<br />

n<br />

Nord<br />

β<br />

γ<br />

Est<br />

Sud<br />

Figura 73: Angoli fondamentali per l’irra<strong>di</strong>azione solare.<br />

⋅ β angolo <strong>di</strong> inclinazione della superficie rispetto al piano orizzontale, 0 ≤ β ≤ 180°<br />

; β>90°<br />

significa superficie rivolta verso il basso;<br />

⋅ γ angolo azimutale dato dalla deviazione rispetto al meri<strong>di</strong>ano locale della proiezione sul<br />

piano orizzontale della normale alla superficie: azimut 0 significa superficie rivolta a sud, per<br />

superficie rivolta ad est si hanno valori negativi e positivi se rivolte ad ovest, pertanto è<br />

− 180°≤ γ ≤ 180°<br />

;<br />

⋅ ω angolo solare, 15° per ogni ora <strong>di</strong> spostamento apparente del sole verso est o verso ovest;<br />

⋅ δ angolo <strong>di</strong> declinazione dato dalla posizione del sole a mezzogiorno rispetto al piano<br />

dell’equatore, considerato positivo verso nord e variabile fra − 2345 . °≤ δ ≤ 2345 . ° ;<br />

⋅ θ angolo <strong>di</strong> incidenza fra la ra<strong>di</strong>azione solare sulla superficie e la normale alla stessa<br />

superficie;<br />

⋅ ϕ latitu<strong>di</strong>ne cioè la posizione angolare a nord (positiva) o a sud (negativa) dell’equatore e<br />

variabile fra − 90°≤ ϕ ≤ 90°<br />

;<br />

Per alcuni casi particolari si hanno le seguenti relazioni:<br />

Superficie orizzontale (β=0):<br />

cosϑ cosϕ cosδ cosω h<br />

sinϕ sinδ


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

161<br />

Superficie verticale rivolta verso l’equatore (β=90°, γ=0):<br />

cosϑ = sinϕ cosδ cosω −<br />

vs<br />

cosϕ sinδ<br />

Superficie rivolta a sud con inclinazione qualunque (γ=0, β qualunque):<br />

cosϑ = cos( ϕ − β)cosδ cosω + sin b β<br />

ϕ − β g sinδ<br />

Durata del giorno per superficie orizzontale:<br />

cosω<br />

s<br />

= − tgϕtgδ<br />

[66]<br />

da cui si deriva la durata in ore pari a:<br />

T g<br />

= 2<br />

s<br />

15 ω [67]<br />

Durata del giorno per superficie inclinata β:<br />

d b g i [68]<br />

'<br />

ω<br />

s<br />

= min ω<br />

s,<br />

ar cos −tg ϕ − β tgδ<br />

L’irra<strong>di</strong>azione extra-atmosferica su una superficie orizzontale è data dalla [66] mentre quella su<br />

superficie inclinata β è data dalla relazione:<br />

24 L<br />

' π O<br />

Hoβ<br />

= rIcs cos ϕ − β δ ω<br />

s<br />

+ ϕ − β δ<br />

π NM b gcos sin sinb g sin [69]<br />

180 QP<br />

Viene definito il rapporto fra i valori me<strong>di</strong> giornalieri delle due irra<strong>di</strong>azioni:<br />

' π<br />

cosbϕ − βgcosδ sinω<br />

s<br />

+ sinbϕ − βgsinδ<br />

R b<br />

=<br />

180<br />

[70]<br />

π<br />

cosϕ cosδ sinω<br />

s<br />

+ ω<br />

s<br />

sin ϕ sin δ<br />

180<br />

Con R b<br />

si in<strong>di</strong>ca il valore me<strong>di</strong>o mensile.<br />

Su una superficie inclinata arriva, oltre alla ra<strong>di</strong>azione <strong>di</strong>retta, anche la ra<strong>di</strong>azione <strong>di</strong>ffusa dal cielo<br />

e quella riflessa. Ciascuna <strong>di</strong> queste due ultime componenti risulta in genere <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile valutazione.<br />

Possiamo, però, supporre che il cielo abbia un comportamento isotropico e pertanto queste<br />

valutazioni risultano semplificate. In particolare la ra<strong>di</strong>azione riflessa non ha una formulazione unica<br />

potendo questa variare, ad esempio, per effetto <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici o corpi riflettenti viciniori alla superficie<br />

considerata.<br />

Possiamo in genere scrivere la relazione:<br />

Ac IT = IbRb Ac + Id , isotropica<br />

As Fs −c + Iiρ i<br />

Ai Fi −c<br />

[71]<br />

ove il primo termine a secondo membro rappresenta la ra<strong>di</strong>azione <strong>di</strong>retta sulla superficie A c , il<br />

secondo termine la ra<strong>di</strong>azione <strong>di</strong>ffusa isotropica e l’ultimo termine la ra<strong>di</strong>azione <strong>di</strong>ffusa dalle superfici<br />

circostanti a quella considerata. Con F s-c e F i-c si sono in<strong>di</strong>cati i fattori <strong>di</strong> forma superficie-cielo e<br />

superficie-corpi vicini.<br />

Il modello <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azione <strong>di</strong>ffusa isotropica è stato proposto da Liu e Jordan (1963): la ra<strong>di</strong>azione<br />

totale su una superficie inclinata è composta ancora da tre termini: <strong>di</strong>retta, <strong>di</strong>ffusa isotropica e <strong>di</strong>ffusa<br />

dal terreno. Il termine relativo alla riflessione va calcolato caso per caso in funzione delle geometrie <strong>di</strong><br />

scambio ra<strong>di</strong>ativo con le superfici vicine utilizzando i fattori <strong>di</strong> forma visti in precedenza. Per una<br />

superficie inclinata β il fattore <strong>di</strong> forma F s-c è facilmente calcolabile e risulta pari a:<br />

F c− s<br />

= 1+<br />

cos β<br />

[72]<br />

2<br />

e, nell’ipotesi <strong>di</strong> cielo isotropo, si può anche <strong>di</strong>re che esso è anche il rapporto R d fra la ra<strong>di</strong>azione<br />

<strong>di</strong>ffusa sul piano inclinato e quella sul piano orizzontale.<br />

Il fattore <strong>di</strong> vista superficie-terreno è pari a:<br />

F s− t<br />

= 1−<br />

cosβ<br />

[73]<br />

2<br />

Pertanto la ra<strong>di</strong>azione totale sulla superficie inclinata risulta data dalla relazione:<br />

∑<br />

i


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

162<br />

1+<br />

cos β 1−<br />

cos β<br />

IT = IbRb + Id Rd + It Rt = IbRb + Id + Iρt<br />

[74]<br />

2<br />

2<br />

ove si è definito, analogamente a quanto fatto per R d il rapporto R t fra la ra<strong>di</strong>azione <strong>di</strong>ffusa dal<br />

terreno sulla superficie inclinata rispetto a quella sul piano orizzontale e pari a F s-t .. Ancora in analogia<br />

alle precedenti definizioni, possiamo in<strong>di</strong>care con R il rapporto fra la ra<strong>di</strong>azione totale sulla superficie<br />

inclinata β rispetto a quella sul piano orizzontale che risulta data da:<br />

R I b<br />

I R Id<br />

1+<br />

cos β 1−<br />

cos β<br />

=<br />

b<br />

+<br />

+ ρt<br />

[75]<br />

I 2 2<br />

Ai fini del calcolo della ra<strong>di</strong>azione totale nelle applicazioni pratiche (collettori solari, e<strong>di</strong>fici<br />

solarizzati, e<strong>di</strong>fici bioclimatici) occorre calcolare la ra<strong>di</strong>azione solare me<strong>di</strong>a giornaliera mensile H T .<br />

Pertanto possiamo parafrasare quanto detto sopra per il calcolo <strong>di</strong> I T sommando i contributi della<br />

ra<strong>di</strong>azione <strong>di</strong>retta e <strong>di</strong> quella <strong>di</strong>ffusa dal cielo e dal terreno. Le equazioni <strong>di</strong>vengono le seguenti:<br />

F<br />

HG<br />

I<br />

Hd<br />

H H<br />

H R H 1+<br />

cos β<br />

H 1−<br />

cos β<br />

T<br />

= 1−<br />

b<br />

+<br />

d<br />

+ ρt<br />

KJ<br />

2<br />

2<br />

e per il rapporto R me<strong>di</strong>o la relazione:<br />

F<br />

HG<br />

I<br />

HT<br />

Hd<br />

R<br />

H H R Hd<br />

1+<br />

cos β 1−<br />

cos β<br />

= = 1−<br />

b<br />

+<br />

+ ρt<br />

[77]<br />

KJ<br />

H 2 2<br />

Il rapporto fra la ra<strong>di</strong>azione me<strong>di</strong>a <strong>di</strong>retta sulla superficie inclinata e quella su superficie<br />

HbT<br />

orizzontale è in<strong>di</strong>cato con R b<br />

= H ed è funzione della trasparenza atmosferica. Liu e Jordan<br />

b<br />

propongono <strong>di</strong> calcolare questo rapporto supponendo che l’atmosfera sia assente e pertanto, per una<br />

superficie nell’emisfero boreale e rivolta verso l’equatore, cioè con γ=0° si ha:<br />

' π<br />

cosbϕ − βgcosδ sinω<br />

s<br />

+ sinbϕ − βgsinδ<br />

R b<br />

=<br />

180<br />

[78]<br />

π<br />

cosϕ cosδ sinω<br />

s<br />

+ ω<br />

s<br />

sin ϕ sin δ<br />

180<br />

ove ω’ è l’angolo solare per l’alba e il tramonto calcolato nel giorno me<strong>di</strong>o del mese e dato dalla<br />

relazione:<br />

ω′ s<br />

= min<br />

L<br />

NM<br />

b<br />

b<br />

g<br />

g<br />

−1<br />

cos − tanφ<br />

tanδ<br />

−1<br />

cos − tan( φ − β tanδ<br />

Ove con min si intende il minore dei due valori in parentesi quadra.<br />

Il rapporto H / H può essere calcolato nota che sia la trasparenza atmosferica data da:<br />

d<br />

K<br />

T<br />

O<br />

QP<br />

H<br />

= [80]<br />

H<br />

o<br />

La trasparenza <strong>di</strong>pende dal sito, dalla torbi<strong>di</strong>tà atmosferica (presenza <strong>di</strong> industrie, smog, …), presenza<br />

<strong>di</strong> vapore (per nebbia, per presenza <strong>di</strong> laghi o del mare) e pertanto non si può fornire una correlazione<br />

universale per il suo calcolo.<br />

Hottel (1976) ha presentato un metodo semplificato per il calcolo della ra<strong>di</strong>azione solare <strong>di</strong>retta<br />

trasmessa attraverso un’atmosfera chiara e che prende in esame l’angolo zenitale, l’altitu<strong>di</strong>ne e tipologie<br />

climatiche. La trasmittanza solare <strong>di</strong>retta atmosferica è definita dalla relazione:<br />

H<br />

− k<br />

d<br />

cosϑ<br />

z<br />

τ<br />

b<br />

= = ao<br />

+ a1e [81]<br />

Ho<br />

ove le costanti a o , a 1 , k per atmosfera standard (con 23 km <strong>di</strong> visibilità) sono determinate dalla<br />

costanti (valide per altitu<strong>di</strong>ni inferiori a 2500 m s.l.m.):<br />

[76]<br />

[79]


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

163<br />

a<br />

a<br />

= 0. 4237− 0. 00821( 1−<br />

A)<br />

= 0. 5055+ 0. 00595( 6. 5 − A)<br />

*<br />

k = 0. 2711+ 0. 01858( 2. 5 − A)<br />

con A altitu<strong>di</strong>ne (in km) dell’osservatore.<br />

*<br />

o<br />

*<br />

1<br />

Partendo dai valori delle costanti asteriscate si applicano opportuni fattori correttivi per tenere<br />

conto delle tipologie climatiche dati in tabella:<br />

Tipo <strong>di</strong> Clima<br />

a<br />

r<br />

o<br />

a<br />

o<br />

= * r1<br />

=<br />

1<br />

*<br />

a o a 1<br />

r k<br />

k<br />

Tropicale 0.95 0.98 1.02<br />

Estivo <strong>di</strong> mezza latitu<strong>di</strong>ne 0.97 0.99 1.02<br />

Estivo subartico 0.99 0.99 1.01<br />

Invernale <strong>di</strong> mezza latitu<strong>di</strong>ne 1.03 1.01 1.00<br />

Tabella 10: Calcolo dei coefficienti <strong>di</strong> Hottel<br />

2<br />

2<br />

2<br />

k = *<br />

Pertanto, la ra<strong>di</strong>azione <strong>di</strong>retta per cielo pulito è data dalla relazione:<br />

Icd = Ioτ d<br />

cos ϑ<br />

z<br />

[82]<br />

con I o dato dalla [60]. Analoghe relazioni valgono per gli irraggiamenti orari o giornalieri o me<strong>di</strong><br />

mensili. Liu e Jordan hanno presentato una teoria secondo la quale la trasparenza oraria k I<br />

T<br />

= I<br />

o<br />

giornaliera K<br />

T<br />

trasparenza me<strong>di</strong>a mensile K<br />

= H H<br />

dell’atmosfera presenta andamenti statistici simili per luoghi aventi la stessa<br />

o<br />

T<br />

= H . In particolare definite la trasparenze <strong>di</strong>rette e <strong>di</strong>ffuse come:<br />

H<br />

o<br />

K<br />

K<br />

D<br />

T<br />

D<br />

=<br />

H<br />

H<br />

=<br />

H<br />

ove D e H 0 sono le ra<strong>di</strong>azioni <strong>di</strong>ffuse e totali sul piano orizzontali nell’atmosfera e H eo la<br />

ra<strong>di</strong>azione totale giornaliera sul piano orizzontale extra atmosferica. Liu e Jordan propongono la<br />

relazione:<br />

2 3 4 5<br />

K = 0.124 + 0.677K − 3.256K + 6.881K − 4.917K − 0.427K<br />

D T T T T T<br />

Questa teoria è stata recentemente criticata per alcune incongruenze che si vengono ad avere<br />

nelle zone a clima tropicale. Pur tuttavia la teoria <strong>di</strong> Liu e Jordan trova tutt’oggi ampia <strong>di</strong>ffusione e<br />

Bendt (1981) ha proposto una correlazione che risponde bene per valori delle frequenze <strong>di</strong>stributive 36<br />

inferiori a f=0.9. Per valori superiori si ha una sovrastima dell’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> trasparenza. Le equazioni <strong>di</strong><br />

Bendt sono le seguenti:<br />

e<br />

f ( KT<br />

) =<br />

γ<br />

e<br />

o<br />

eo<br />

o<br />

eo<br />

γKT , mim<br />

KT , mim<br />

− e<br />

− e<br />

γK<br />

γK<br />

T<br />

T ,max<br />

o<br />

36 Per i vari siti si possono <strong>di</strong>segnare le frequenze dei giorni aventi vari valori <strong>di</strong> K T<br />

in funzione <strong>di</strong> K T<br />

. Queste<br />

curve sono dette curve <strong>di</strong>stributive e, normalmente, presentano un picco (curve modali) o due (curve bimodali). Da queste curve<br />

<strong>di</strong>stributive si possono <strong>di</strong>segnare (integrandole) le curve cumulative che rappresentano la frazione f dei giorni che sono meno<br />

chiari <strong>di</strong> K T<br />

in funzione della stessa K T<br />

. Queste curve cumulative sono dette curve ( K T<br />

,f), secondo il simbolismo<br />

proposto da Whillier.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

164<br />

ove il parametro γ è determinato dalla seguente equazione:<br />

F<br />

HG<br />

I<br />

1 γK<br />

1<br />

T ,min<br />

γKT<br />

,max<br />

KT<br />

,min<br />

− e − KT<br />

,max<br />

− e<br />

γ KJ<br />

γ<br />

KT<br />

=<br />

γKT<br />

,min γ KT<br />

,max<br />

e − e<br />

Risolvendo l’equazione trascendentale per la variabile γ si può calcolate la funzione cumulativa<br />

f(K T ) .<br />

Herzog (1985) fornisce una via semplificata per calcolare γ me<strong>di</strong>ane la semplice relazione:<br />

ove si è posto:<br />

F<br />

HG<br />

−1.<br />

5<br />

1184 . ξ − 27182 . e<br />

γ = − 1498 . +<br />

K − K<br />

ξ =<br />

K<br />

T ,max<br />

K<br />

T ,max<br />

T ,max<br />

− K<br />

− K<br />

T ,min<br />

T<br />

T ,min<br />

Infine Hollands e Huget (1983) propongono la seguente correlazione per il calcolo <strong>di</strong> K T,max :<br />

KT ,max<br />

= 0. 6313+ 0. 267KT −119 . KT<br />

− 0.<br />

75 8<br />

Gli andamenti delle trasparenze orarie e giornaliere sono simili, secondo Whillier, a quelle delle<br />

trasparenze me<strong>di</strong>e mensili.<br />

Il valore istantaneo del rapporto Hd / H può essere calcolato me<strong>di</strong>ante molteplici relazioni<br />

fornite da numerosi ricercatori in questi ultimi decenni. Ad esempio una buona relazione è data da<br />

Collares-Pereira e Rabl:<br />

0. 99 per K ≤ 017 .<br />

H<br />

H<br />

=<br />

R<br />

S|<br />

T|<br />

2 3 4<br />

1188 . − 2. 272K + 9. 473K − 21865 . K + 14. 648K<br />

per 0.17 ≤ K ≤ 0.<br />

75<br />

d T T T T<br />

− 0. 54K<br />

+ 0. 632 per 0.75 ≤ K ≤ 0.<br />

80<br />

T<br />

0. 2 per K > 0.<br />

80<br />

T<br />

T<br />

Qualora si desideri introdurre una <strong>di</strong>pendenza stagionale (tramite l’angolo orario ω s per l’alba o<br />

per il tramonto) occorre usare le seguenti correlazioni:<br />

Per ω s < 81.4°<br />

H<br />

H<br />

=<br />

R<br />

S<br />

T<br />

2 3 4<br />

10 . − 0. 2727K + 2. 4495K − 119514 . K + 9. 3879K per K < 0.<br />

715<br />

d T T T T T<br />

Per ω s > 81.4°<br />

0143 . per K ≥ 0.<br />

715<br />

H<br />

H<br />

=<br />

R<br />

S<br />

T<br />

T<br />

2 3<br />

10 . − 0. 2832K − 2. 5557K + 0. 8448K per K < 0.<br />

715<br />

d T T T T<br />

0175 . per K ≥ 0.<br />

715<br />

Per stimare la ra<strong>di</strong>azione oraria su una superficie orizzontale usando i valori me<strong>di</strong> mensili occorre<br />

utilizzare opportune correlazioni statistiche me<strong>di</strong>ate su numerose osservazioni.<br />

Queste presentano il rapporto r I<br />

t<br />

= H<br />

fra la ra<strong>di</strong>azione oraria totale e quella giornaliera totale in<br />

funzione della lunghezza del giorno e dell’ora in esame. Una correlazione molto buona, data da<br />

Collares-Pereira Rabl, è la seguente:<br />

b g<br />

I π<br />

cosω<br />

− cosω<br />

s<br />

rt<br />

= = a + bcosω<br />

H 24<br />

πω<br />

s<br />

sinω<br />

s<br />

− cosω<br />

s<br />

180<br />

ove i coefficienti a e b sono dati dalle relazioni:<br />

a = 0. 409 + 0. 5016sin<br />

ω − 60<br />

b<br />

b<br />

b = 0. 6609 − 0. 4767sin<br />

ω − 60<br />

s<br />

s<br />

c<br />

I<br />

KJ<br />

ξ<br />

g<br />

g<br />

h<br />

T<br />

T<br />

T


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

165<br />

Naturalmente in queste equazioni ω è l’angolo orario in gra<strong>di</strong> per il tempo in esame (ad esempio<br />

il punto centrale dell’ora per la quale si effettua il calcolo) ed ω s è l’angolo orario dell’alba.<br />

Per gli andamenti orari si può utilizzare la correlazione proposta da Orgill e Hollands:<br />

R10 . − 0.<br />

249kT<br />

per kT<br />

< 0<br />

Id<br />

= S|<br />

1557 . − 1884 . kT<br />

per 0.35 < kT<br />

< 0.<br />

75<br />

I<br />

0177 . per k > 0.<br />

75<br />

T|<br />

Molto utilizzata è anche la correlazione <strong>di</strong> Erbs seguente:<br />

R10 . − 0. 09kT<br />

per kT<br />

≤ 0.<br />

22<br />

Id<br />

2 3 4<br />

= S|<br />

0. 9511− 01604 . kT + 4. 388k T − 16. 638k T + 12. 336k T per 0.22 < kT<br />

≤ 0.<br />

8<br />

I<br />

0165 . per k > 0.<br />

8<br />

T|<br />

In genere per valori <strong>di</strong> k T >0.8 si hanno pochissimi dati e questi mostrano un incremento della<br />

frazione <strong>di</strong>ffusa rispetto a quella <strong>di</strong>retta.<br />

6.6 SIMULAZIONE DEI CIRCUITI SOLARI CON L’ANNO TIPO<br />

Per la simulazione degli impianti solari oggi si può utilizzare anche un foglio elettronico per<br />

simulare circuiti complessi con sufficiente precisione. Va tenuto presente che in tutti i bilanci energetici<br />

sopra in<strong>di</strong>cati si ha sempre una notevole indeterminazione nel calcolo o nella previsione<br />

dell’irraggiamento solare <strong>di</strong>sponibile per un dato sito. Purtroppo l’utilizzo dell’energia solare in modo<br />

massiccio è relativamente recente e i dati attinometrico e climatologici <strong>di</strong>sponibili sono pochi e limitati<br />

alle località monitorate dall’Aeronautica Militare Italiana (che si occupa della Meteorologia ufficiale) o<br />

che in questi ultimi due decenni hanno trovato interesse del CNR o <strong>di</strong> alti enti pubblici.<br />

Malgrado le numerose campagne <strong>di</strong> misure effettuate in questi ultimi anni i dati <strong>di</strong>sponibili sono<br />

ancora pochi e la statistica che da questi si può derivare non sempre presenta in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> affidabilità<br />

elevati. In questo ultimo decennio si è fatta strada, anche a livello dell’Unione Europea, l’idea <strong>di</strong><br />

costruire un anno tipo (Reference Year) tale da presentare una statistica affidabile con i dati degli ultimi 20<br />

anni. In effetti quest’anno <strong>di</strong> riferimento dovrebbe potere fornire dati <strong>di</strong> simulazione tali da ricreare non<br />

solo l’anno me<strong>di</strong>o ma anche l’anno con la minore o la maggiore insolazione. In alcuni casi, infatti, il<br />

progetto dell’impianto solare richiede un impianto ausiliare che deve essere <strong>di</strong>mensionato per far fronte<br />

non solo al valore me<strong>di</strong>o dell’energia richiesta ma anche al valore massimo.<br />

L’anno tipo <strong>di</strong>pende dalla storia delle sequenze <strong>di</strong> registrazione dei dati <strong>di</strong> insolazione e in genere<br />

climatologici <strong>di</strong> ogni sito. E’ necessario conoscere la trasparenza dell’atmosfera in ogni sito per potere<br />

calcolare la ra<strong>di</strong>azione solare <strong>di</strong>retta e <strong>di</strong>ffusa con affidabilità.<br />

La trasparenza atmosferica varia in funzione dell’orografia (presenza <strong>di</strong> monti, <strong>di</strong> pianure, ..) della<br />

presenza o non <strong>di</strong> industrie con scarichi industriali in atmosfera, <strong>di</strong> vulcani, del mare, ….<br />

Pertanto non si può calcolare con affidabilità l’irraggiamento solare partendo solamente dai dati<br />

geografici (latitu<strong>di</strong>ne, longitu<strong>di</strong>ne, …) perché si ottengono quasi sempre dati non rispondenti alla realtà<br />

dei luoghi reali. Così, ad esempio, la presenza del vulcano Etna a Catania o della zona industriale a<br />

Priolo rendono il calcolo teorico dell’energia solare molto aleatorio potendosi avere scostamenti<br />

sensibili dai valori reali.<br />

T<br />

T<br />

6.7 ENERGIE RINNOVABILI – EFFETTO SERRA E RIMOZIONE CO 2<br />

⋅ Il problema dell’effetto serra nell’atmosfera comporta un aumento delle emissioni <strong>di</strong> CO 2<br />

nell’ultimo secolo per effetto, prevalentemente, dei processi <strong>di</strong> combustione.<br />

⋅ Possibili interventi riduttivi oggi all’attenzione dei tecnici sono rivolti alla cattura e allo stoccaggio<br />

della CO 2 ad esempio con l’introduzione <strong>di</strong> impianto <strong>di</strong> assorbimento CO 2 con etanolammine.<br />

La temperatura della Terra e degli altri pianeti del Sistema Solare è determinata principalmente da<br />

tre fattori:<br />

⋅ la quantità <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azione luminosa ricevuta dal sole


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

166<br />

⋅<br />

⋅<br />

la quantità <strong>di</strong> questa luce riflessa nello spazio (33%, infrarossa)<br />

la capacità dell’atmosfera <strong>di</strong> ritenere parte del calore ricevuto (effetto serra o Greenhouse effect)<br />

208<br />

W/m 2<br />

304<br />

W/m 2<br />

Figura 74: Bilancio energetico ra<strong>di</strong>ativo sulla Terra<br />

Dovuto alla presenza delle specie gassose costituenti l’atmosfera terrestre, principalmente<br />

⋅ anidride carbonica<br />

⋅ vapore acqueo<br />

⋅ ossi<strong>di</strong> <strong>di</strong> azoto<br />

⋅ metano<br />

Le molecole dei GHG dell’atmosfera hanno un effetto simile a quello dei pannelli <strong>di</strong> vetro delle<br />

serre dei vivai. La temperatura me<strong>di</strong>a della Terra è ≅ 15 °C<br />

La CO 2 è assorbita:<br />

⋅ ½ circa è riassorbita in breve tempo dagli oceani e dai processi <strong>di</strong> fotosintesi dei vegetali;<br />

⋅ l’altra parte staziona in atmosfera per <strong>di</strong>versi decenni, cosicché la sua concentrazione subisce un<br />

progressivo incremento e successivo decremento a cicli più lunghi<br />

Il Metano è assorbito da:<br />

⋅ 2/3 attribuibili agli allevamenti, attività agricole intensive e minerarie<br />

⋅<br />

1/3 a processi naturali


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

167<br />

Tabella 11: Emissioni <strong>di</strong> gas serra<br />

Produzione naturale CO2 (respirazione, decomposizione piante e animali, microflora oceanica) è<br />

pari a 200 Gt/anno. Essa è bilanciata da fotosintesi oceanica e terrestre. La Produzione per attività<br />

umane è pari a circa 8 Gt/anno secondo la seguente ripartizione:<br />

⋅ 2 Gt/anno da deforestazione<br />

⋅ 6 Gt/anno dai combustibili fossili, <strong>di</strong> cui:<br />

⋅ 4.2 Gt/anno - Trasporto e industria, attività domestiche<br />

⋅ 1.8 Gt/anno- Generatori termoelettrici<br />

Solo 4.5 riassorbiti naturalmente mentre gli altri contribuiscono all’aumento concentrazione CO 2<br />

in atmosfera.<br />

CO 2<br />

[ppmv]<br />

CH 4<br />

[ppbv]<br />

N 2 O [ppbv]<br />

Concentrazione pre-industriale 280 700 275<br />

Concentrazione nel 1994 358 1720 312<br />

Velocità <strong>di</strong> variazione [ppmv,<br />

ppbv/anno]<br />

Tempo <strong>di</strong> permanenza in atmosfera<br />

[anni]<br />

1.5 10 0.8<br />

50-200 12 120<br />

Figura 75: Ripartizione della CO 2 a livello mon<strong>di</strong>ale<br />

Negli USA si producono 1.65 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> tonnellate <strong>di</strong> carbonio equivalente (il 20% <strong>di</strong> quella<br />

globale del pianeta).<br />

Le previsioni <strong>di</strong> crescita del pianeta sono:<br />

⋅ Popolazione: 6.4 miliar<strong>di</strong><br />

⋅ Crescita economica: 2% all’anno rispetto ai livelli attuali, successivamente stazionaria;<br />

Costi impianti nucleari: <strong>di</strong>minuzione dello 0.4% ogni anno<br />

Le emissioni <strong>di</strong> COP2 saranno dalle 7.4 Gton/anno attuali alle 8.8 Gton/anno nel 2025, per poi<br />

scendere a 4.6 nel 2100.<br />

Il Protocollo <strong>di</strong> Kyoto<br />

Le previsioni del Protocollo <strong>di</strong> Kyoto sono qui sintetizzate:<br />

⋅ 2008 - 2012: - 5.2 % rispetto ai livelli del 1990-95<br />

⋅ USA -7%


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

168<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅ Unione Europea -8%<br />

⋅ Giappone -6%<br />

⋅<br />

⋅ Norvegia +1%<br />

⋅ Australia +8%<br />

⋅ Islanda +10%<br />

⋅<br />

Federazione Russa, Nuova Zelanda, Ucraina: stabilizzazione<br />

Paesi in via <strong>di</strong> sviluppo: non ci sono limitazioni<br />

Il programma dell’Italia è il seguente:<br />

Riduzione del 7% entro il 2010 (circa 110 Mt <strong>di</strong> CO 2 equivalente)<br />

Trasporti (24 Mt CO 2 equivalente)<br />

• controllo traffico urbano<br />

• realizzazione veicoli alta efficienza<br />

• linee metro e tram<br />

• ammodernamento ferrovie e via mare<br />

• Spostamento trasporto merci da strada a ferrovia<br />

⋅ Rifiuti (21 Mt CO 2 equivalente)<br />

• riduzione produzione pro capite<br />

• riduzione e bonifica <strong>di</strong>scariche<br />

• valorizzazione energetica biogas<br />

• raccolta <strong>di</strong>fferenziata<br />

• recupero materiali ad elevato contenuto energetico<br />

⋅ Industria (4.5 Mt CO 2 equivalente)<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

interventi riduzione emissioni biossido <strong>di</strong> azoto<br />

Incremento fonti rinnovabili (21 Mt CO 2 equivalente)<br />

Settore energetico (48 Mt CO2 equivalente, circa il 50% del totale)<br />

Cicli combinati e cogenerazione<br />

metano per riscaldamento<br />

risparmio energetico<br />

Le possibili riduzioni possono essere:<br />

CONTRIBUTO<br />

CAPACITA' DI<br />

RIDUZIONE<br />

Incremento dell’efficienza dei sistemi energetici e 200-600 GtC<br />

produttivi<br />

Fonti energetiche rinnovabili<br />

200-600 GtC<br />

Fissione nucleare<br />

100-300 GtC<br />

Fusione nucleare<br />

0-25 GtC<br />

Passaggio da carbone a idrocarburi liqui<strong>di</strong> o gassosi 0-300 GtC<br />

Cattura e stoccaggio della CO 2<br />

100-300 GtC<br />

Riforestazione<br />

50-100 GtC<br />

⋅<br />

⋅<br />

Tabella 12: Possibilità <strong>di</strong> riduzione della CO 2<br />

Fonti energetiche alternative: grosso contributo alla riduzione delle emissioni <strong>di</strong> gas serra ma ha<br />

bisogno <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi anni per poter essere messa a punto, soprattutto su larga scala<br />

Aumento dell’efficienza dei sistemi <strong>di</strong> produzione e consumo dell’energia: interessanti, ma lascia<br />

aperti larghi margini <strong>di</strong> incertezza sulla rapi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> sviluppo nell’uso collettivo a costi competitivi e<br />

sostenibili


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

169<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

Passaggio a combustibili pregiati: pone grossi problemi <strong>di</strong> approvvigionamento e trasporto in<br />

molte aree del pianeta<br />

Fissione nucleare: lascia aperte questioni riguardanti lo stoccaggio delle scorie e la sicurezza<br />

Via più percorribile nell’imme<strong>di</strong>ato e sostenibile in futuro: è quella legata alla cattura, rimozione e<br />

stoccaggio della CO 2 , dapprima con sistemi semplici da applicare ad impianti esistenti e poi con<br />

soluzioni via via più sofisticate<br />

I principali problemi legati alla riduzione della CO 2 sono:<br />

notevole sforzo sia dal punto <strong>di</strong> vista economico che da quello energetico.<br />

In generale la CO 2 deve essere separata da N 2 , H 2 O, O 2 e impurità presenti nel gas<br />

I principali motivi dell’alto costo energetico ed economico delle tecniche <strong>di</strong> separazione sono:<br />

⋅<br />

⋅<br />

basse concentrazioni e a basse pressioni della CO2<br />

la componente fondamentale nei gas <strong>di</strong> scarico è l’N2 . Per separare l’anidride carbonica<br />

sono necessarie alte pressioni e/o basse temperature<br />

⋅ complicazione: il largo numero <strong>di</strong> componenti chimiche presenti (N2 , CO 2 , H 2 O, O 2 ,<br />

H2S, CO, SOx, NOx) e la natura corrosiva <strong>di</strong> alcune <strong>di</strong> queste specie<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

rimozione del vapore acqueo (l’acqua <strong>di</strong> condensa può essere molto corrosiva)<br />

l’anidride carbonica separata deve rimanere in pressione per essere trasportata sotto forma<br />

<strong>di</strong> liquido, alla destinazione finale, sotto acqua, sotto terra, o per altri scopi<br />

La domanda <strong>di</strong> utilizzo <strong>di</strong> anidride carbonica è più bassa rispetto alla quantità prodotta<br />

dagli impianti <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> energia, quin<strong>di</strong> il costo <strong>di</strong> separazione non può essere<br />

coperto tramite la ven<strong>di</strong>ta<br />

6.8 TECNICHE PER LA SEPARAZIONE E CATTURA DELLA CO 2 NEGLI IMPIANTI<br />

DI POTENZA<br />

⋅ Assorbimento - Reazioni <strong>di</strong> assorbimento chimico e/o fisico tra CO 2 ed uno o più assorbenti basici<br />

rigenerabili o non.<br />

⋅ Adsorbimento - Basati sulle forze intermolecolari che si creano tra i gas e la superficie <strong>di</strong> materiali<br />

soli<strong>di</strong> come carboni attivi, zeoliti, allumina, gel al silicio (chimico e/o fisico). Si accumula una<br />

sostanza gassosa (adsorbita) su una superficie solida (adsorbente). Legami chimici deboli (Van der<br />

Waals) e alte superfici richieste (1000-1500 m 2 /g).<br />

⋅ Separazione CO 2 tramite membrane - la loro struttura porosa permette il passaggio selettivo <strong>di</strong> alcune<br />

specie molecolari costituenti una miscela (a separazione, ad assorbimento e a trasporto facilitato)<br />

⋅ Membrane ad assorbimento - Membrane solide microporose in contatto con un adsorbente liquido: il<br />

componente gassoso da separare <strong>di</strong>ffonde attraverso la membrana solida<br />

⋅ Processi criogenici - Compressione e raffreddamento miscela gassosa. Cicli con miscele <strong>di</strong> CO 2 /O 2 .<br />

In<strong>di</strong>cata per alte concentrazioni <strong>di</strong> CO 2 , rilasciata liquida<br />

⋅<br />

Rimozione alcalina - Usano generalmente carbonato <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o (Na 2 CO 3 ) come reagente alcalino per<br />

la rimozione della CO 2 rilasciando prodotti soli<strong>di</strong> (CaCO 3 )<br />

Assorbimento chimico<br />

⋅<br />

L’assorbimento della CO 2 coinvolge una o più reazioni chimiche reversibili fra questo composto<br />

e altre sostanze come mono-, <strong>di</strong>-, tri- etanolammina, isopropanolammina, idrossido <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o,<br />

carbonato <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o, carbonato <strong>di</strong> potassio. In queste reazioni si formano dei composti soli<strong>di</strong> o<br />

liqui<strong>di</strong>, che tramite riscaldamento si <strong>di</strong>ssociano liberando l’anidride carbonica e rigenerando il<br />

solvente.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

170<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

Le ammine più utilizzate sono:<br />

⋅ Monoetanolammina (MEA)<br />

⋅ Dietanolammina (DEA)<br />

⋅ Metil<strong>di</strong>etanolammina (MDEA)<br />

Questi processi, in generale, richiedono:<br />

grande <strong>di</strong>spen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> energia (sotto forma <strong>di</strong> vapore, usato nel processo <strong>di</strong> rigenerazione del<br />

solvente, o in maniera <strong>di</strong>retta o tramite l’utilizzo <strong>di</strong> uno scambiatore <strong>di</strong> calore)<br />

utilizzo <strong>di</strong> energia elettrica (per pompare il solvente e per comprimere il gas)<br />

acqua <strong>di</strong> raffreddamento (per raffreddare il gas dopo la rigenerazione).<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

Figura 76: Layout <strong>di</strong> un impianto ad assorbimento<br />

I problemi legati all’assorbimento chimico sono:<br />

Corrosione<br />

⋅ gas aci<strong>di</strong> <strong>di</strong>sciolti<br />

⋅ CO 2 libera ad alte temperature e in presenza <strong>di</strong> acqua (acciaio con acido carbonico,<br />

quando T aumenta precipita carbonato insolubile)<br />

⋅ prodotti della degradazione dei reagenti, dovuti alle reazioni irreversibili fra i solventi ed i<br />

costituenti dei gas esausti (MEA ⇒ poliammine; DEA o MDEA pochi problemi)<br />

⋅ Rime<strong>di</strong>o: inibitori della corrosione, con basse temperature e basse concentrazioni <strong>di</strong><br />

ammine<br />

Formazione <strong>di</strong> schiume<br />

⋅ idrocarburi leggeri condensati, soli<strong>di</strong> sospesi molto fini, prodotti della degradazione delle<br />

ammine o particolari agenti superficiali trasportati dai gas.<br />

⋅ problemi <strong>di</strong> efficienza<br />

⋅ Rime<strong>di</strong>: con sostanze inibenti o pretrattando il gas da depurare <strong>di</strong> modo da rimuovere il<br />

particolato con filtri a carbone attivo eliminando così i composti organici formatisi<br />

Degradazione delle ammine<br />

⋅ ossidazione<br />

⋅ reazione con SOx ed NOx<br />

⋅ Rime<strong>di</strong>: precipitazione <strong>di</strong> sale o carbone attivo


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

171<br />

Rimozione della CO 2 con membrane<br />

Le membrane: strutture solide, porose o semiporose che lasciano passare alcune specie chimiche<br />

e ne trattengono altre.<br />

⋅ Membrane a separazione<br />

⋅ solide<br />

⋅ la loro struttura porosa permette il passaggio <strong>di</strong> alcune specie gassose trattenendone altre<br />

⋅ parametri fondamentali: selettività permeabilità<br />

⋅ la qualità della separazione <strong>di</strong>pende dalla selettività della membrana e da due parametri <strong>di</strong><br />

processo: il rapporto fra flusso <strong>di</strong> gas permeato e flusso <strong>di</strong> ingresso al separatore e il<br />

rapporto fra pressione del gas permeato rispetto a quello <strong>di</strong> ingresso<br />

⋅<br />

⋅<br />

Figura 77: Layout per la rimozione della CO 2 con membrane<br />

impianti multista<strong>di</strong>o (composti da due o più sta<strong>di</strong> <strong>di</strong> compressione e separazione), con<br />

incremento dei costi <strong>di</strong> compressione e <strong>di</strong> capitale<br />

il costo energetico più elevato è da attribuirsi alla compressione<br />

Rimozione della CO 2 con membrane ad assorbimento<br />

Si tratta <strong>di</strong> membrane solide microporose in contatto con un liquido assorbente.<br />

⋅ Il gas da separare viene <strong>di</strong>ffuso sulla membrana solida ed è poi assorbito e rimosso dal liquido<br />

assorbente che, posto dall’altro lato della membrana, è selettivo nei confronti <strong>di</strong> una specie<br />

gassosa e non rispetto alle altre<br />

⋅ non è necessario che la membrana sia selettiva, infatti deve servire unicamente come area <strong>di</strong><br />

contatto, impedendo che il gas ed il liquido si mischino fisicamente<br />

⋅ non è necessario che vi sia un gra<strong>di</strong>ente <strong>di</strong> pressione<br />

⋅ la rimozione <strong>di</strong> CO 2 e <strong>di</strong> SO 2 viene ottenuta utilizzando membrane porose idrorepellenti in<br />

combinazione con un apposito liquido assorbente, che può essere costituito da una soluzione<br />

amminica, da solfato o da carbonato<br />

⋅ più compatta rispetto al caso delle membrane a separazione<br />

⋅ più bassi costi energetici (dovuti soprattutto alla compressione)<br />

⋅ trattamento del liquido assorbente carico <strong>di</strong> CO 2


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

172<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

Figura 78: : Layout per la rimozione della CO 2 con membrane ad assorbimento<br />

Rimozione della CO 2 con membrane a trasporto facilitato<br />

Queste membrane sfruttano il processo <strong>di</strong> assorbimento<br />

hanno la struttura impregnata <strong>di</strong> un liquido in grado <strong>di</strong> assorbire le specie chimiche al suo interno,<br />

in maniera selettiva<br />

la CO 2 viene assorbita nel lato superiore della membrana, poi reagisce con i vettori formando un<br />

composto instabile e viene trasportata attraverso la membrana liquida fino alla parte inferiore<br />

della stessa dove poi viene rilasciata<br />

problemi in termini <strong>di</strong> stabilità nel tempo e <strong>di</strong> bassa permeabilità<br />

Figura 79: Layout per la rimozione della CO 2 con membrane a trasporto facilitato<br />

Rimozione della CO 2 con sistemi misti<br />

Sono processi che accoppiano impianti a membrane e ad assorbimento:


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

173<br />

⋅ le unità ad ammine utilizzano un’energia crescente all’aumentare della concentrazione <strong>di</strong> CO 2 ; le<br />

membrane a separazione invece sfruttano le <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> pressione fra lato <strong>di</strong> alimentazione e<br />

lato permeato per il processo e risultano più efficaci per alte concentrazioni <strong>di</strong> anidride carbonica<br />

⋅ in un sistema misto il reattore a membrane (monosta<strong>di</strong>o) posto a monte rimuove la maggior parte<br />

della CO 2 , mentre le ammine vengono utilizzate per la pulizia finale dell’effluente gassoso, in<br />

modo da ottenere il ren<strong>di</strong>mento depurativo richiesto<br />

⋅ Il pregio <strong>di</strong> questo metodo e costituito dal fatto che la rimozione della maggior parte della CO 2<br />

da parte del <strong>di</strong>spositivo a membrane riduce i costi <strong>di</strong> capitale e operativi in maniera consistente,<br />

rispetto ai convenzionali processi.<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

Stoccaggio, smaltimento e riutilizzo della CO 2<br />

Sono stati proposti <strong>di</strong>versi schemi possibili:<br />

negli oceani<br />

in giacimenti <strong>di</strong> petrolio o gas naturale esauriti<br />

sul fondo <strong>di</strong> falde acquifere saline<br />

trasformazione in carbonati soli<strong>di</strong> e <strong>di</strong>sposizione sulla terra<br />

utilizzo per favorire l’accrescimento delle foreste e <strong>di</strong> alghe (circa 2000 km 2 sono necessari per<br />

assorbire la CO 2 prodotta durante la vita <strong>di</strong> un impianto da 500 MW alimentato a carbone)<br />

Utilizzi commerciali: può essere usata come materia prima in sostituzione <strong>di</strong> altre per produrre<br />

composti chimici (es. per incrementare la produzione <strong>di</strong> petrolio grezzo, EOI (Enhanced Oil<br />

Recovery)<br />

Utilizzo in processi alimentari ma il fissaggio non è permanente e torna in atmosfera<br />

Figura 80: Schema <strong>di</strong> stoccaggio della CO 2


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

174<br />

Dispersione negli oceani<br />

Interazione CO 2 - acqua <strong>di</strong> mare: <strong>di</strong>pende dalla profon<strong>di</strong>tà a cui viene rilasciata e dalle<br />

caratteristiche della corrente immessa in acqua:<br />

⋅ h < 500 m: stato gassoso<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

h > 500 m: la fase liquida<br />

Alla T dell’acqua si ha:<br />

H < 3000 m Densità CO 2 liquida < densità acqua ⇒ tendenza a risalire<br />

H > 3000 m Densità CO 2 liquida > densità acqua<br />

Si ha la possibilità che nel rilascio <strong>di</strong> CO 2 liquida si formi un idrato solido (CO 2 6H 2 O oppure<br />

CO 2 8H 2 O), più denso sia dell'acqua che dell'anidride carbonica liquida e quin<strong>di</strong> potrebbe depositarsi<br />

sul fondale<br />

⋅<br />

⋅<br />

Figura 81: Variazione delle proprietà della CO 2 con la profon<strong>di</strong>tà<br />

Si può ricavare la profon<strong>di</strong>tà a cui deve essere rilasciata la corrente <strong>di</strong> CO 2 , affinché le goccioline,<br />

che tenderanno a risalire in funzione delle proprie caratteristiche, possano essere completamente<br />

assorbite prima <strong>di</strong> raggiungere la profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> 500 m, a cui la CO 2 rischierebbe <strong>di</strong> passare allo<br />

stato gassoso per la <strong>di</strong>minuzione <strong>di</strong> pressione<br />

750 - 1000 m, sufficiente per <strong>di</strong>ssolvere le gocce <strong>di</strong> CO 2 , il massimo raggio permesso a queste<br />

profon<strong>di</strong>tà è <strong>di</strong> circa 1 cm ed usando un fattore cautelativo <strong>di</strong> 2, esso dovrebbe essere limitato a<br />

0.5 cm.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

175<br />

Ciclo combinato semichiuso con rimozione della CO2 (SCGT/CC)<br />

Il flusso in uscita dalla caldaia a<br />

recupero é <strong>di</strong>viso in due.<br />

La portata principale viene<br />

raffreddata (H2O condensa) e<br />

riciclata all’aspirazione del<br />

compressore.<br />

C<br />

Natural<br />

Gas<br />

CC<br />

Fresh Air Supply<br />

(stoichiometric)<br />

T<br />

Steam to<br />

Bottoming<br />

Cycle<br />

HRSG<br />

Water from<br />

Bottoming<br />

Cycle<br />

Amine/H2O<br />

solution<br />

By-Pass<br />

Louver<br />

Gas to<br />

Scrubbing<br />

Gas<br />

Recycle<br />

Scrubbing<br />

Tower<br />

Stack<br />

CO2 (gas)<br />

Cooled Gas Recycle<br />

Eventual Condensate Recycle<br />

for Power Boosting<br />

Gas Cooler/<br />

Condenser<br />

Ext. Cooling<br />

La portata secondaria é in<strong>di</strong>rizzata prima alla<br />

separazione della CO 2 (facilitata per la più alta<br />

concentrazione e la minore portata) e poi allo<br />

scarico<br />

η EL ≅ 52%<br />

W sp ≅ 550 kJ/kg<br />

CO 2 ≅ 60-70 g/kWh<br />

(80-85% rimossa)<br />

Il metodo è descritto nella Figura 82.<br />

Il ciclo SCGT/RE<br />

Figura 82: Layout del ciclo combinato semichiuso<br />

Il ciclo recupera calore dai gas <strong>di</strong> scarico per la rigenerazione delle ammine, a valle del<br />

rigeneratore del turbogas. Elimina il ciclo combinato ed adotta uno schema <strong>di</strong> TG rigenerativa con<br />

inter/post refrigerazione d iniezione d’acqua<br />

water inj. to CC<br />

IC<br />

C1<br />

Air<br />

C2<br />

AC<br />

Amine<br />

Regeneration<br />

Heat load<br />

Gas/Gas<br />

Regenerator<br />

water inj. from IC or AC<br />

CC<br />

Natural<br />

Gas<br />

T<br />

Amine/H2O<br />

solution<br />

By-Pass<br />

Louver<br />

Gas<br />

Recycle<br />

Gas to<br />

Scrubbing<br />

Scrubbing<br />

Tower<br />

Stack<br />

CO2 (gas)<br />

Cooled Gas Recycle to Compressor<br />

Condensate Recycle<br />

Gas Cooler/<br />

Condenser<br />

Ext. Cooling<br />

Figura 83: Layout del ciclo SCGT/RE<br />

L’alimentazione dell’assorbitore avviene a spese <strong>di</strong> un calore che comunque andrebbe perso se<br />

non si cogenera: solo per assorbitori ad alta richiesta si penalizzano le prestazioni


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

176<br />

Il ciclo L– Matiant<br />

Ciclo turbogas rigenerativo che utilizza CO 2 come fluido <strong>di</strong> lavoro ed O 2 come ossidante per la<br />

combustione<br />

Figura 84: Layout del ciclo L – Matiant<br />

Il CO 2 è compresso tramite una serie <strong>di</strong> sta<strong>di</strong> <strong>di</strong> compressione interrefrigerati fino a raggiungere<br />

le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> temperatura e pressione corrispondenti allo stato liquido. A questo punto, parte della<br />

CO 2 liquida (esattamente quella prodotta dalla combustione con O 2 ) è estratta per mantenerne il<br />

bilancio <strong>di</strong> massa ed inviata allo stoccaggio; la parte restante è ricircolata, dopo pompaggio in fase<br />

liquida, all’interno del ciclo, che lavora così con CO 2 .<br />

Figura 85: Ciclo termo<strong>di</strong>namico L – Matiant


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

177<br />

Il ciclo Schat<br />

Le caratteristiche del ciclo sono:<br />

⋅ Due sezioni <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>ficazione rigenerativa (come negli HAT standard)<br />

⋅ Sistema con valvola <strong>di</strong> By-pass per permettere la parziale ricircolazione dei gas <strong>di</strong> scarico<br />

⋅ Scambiatore <strong>di</strong> calore con condensazione <strong>di</strong> acqua ⇒ consente la condensazione della maggior<br />

parte dell’acqua <strong>di</strong> combustione (è la stessa acqua usata per l’umi<strong>di</strong>ficazione)<br />

⋅ L’Economizzatore è sostituito dal carico termico necessario per la rigenerazione delle ammine e<br />

consente <strong>di</strong> raggiungere una temperatura dei gas <strong>di</strong> scarico depurati al camino dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 80°C<br />

Gli obiettivi: che si prefigge questo ciclo sono:<br />

⋅ 1) Proporre un ciclo turbogas ad alte prestazioni<br />

⋅ 2) Ridurre le emissioni a livelli minimi<br />

⋅ 3) Ottenere un alto livello <strong>di</strong> rimozione CO 2<br />

⋅<br />

4) Avere un consumo d’acqua assai limitato<br />

Si hanno i seguenti risultati:<br />

η EL ≅ 51%<br />

W sp ≅ 650 kJ/kg<br />

CO 2 ≅ 70-80 g/kWh (80% rimossa<br />

Cicli con decarbonizzazione del combustibile: Rimozione CO2<br />

Gassificatori <strong>di</strong> carbone<br />

in cicli combinati con<br />

La rimozione separata <strong>di</strong> CO 2 ed H 2 S consente <strong>di</strong> ottenere due correnti separate quasi pure (CO 2<br />

ed H 2 S)<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

La CO 2 viene compressa, liquefatta e trasportata per lo stoccaggio<br />

H 2 S viene utilizzato per la produzione <strong>di</strong> zolfo (processo CLAUS)<br />

Un reattore <strong>di</strong> shift catalitico consente arrivare alla camera <strong>di</strong> combustione della TG con solo<br />

idrogeno + gas inerti<br />

I dati raggiunti sono:<br />

⋅ η EL ≅ 41.7%<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

W sp ≅ 650 kJ/kg<br />

CO 2 ≅ 200 g/kWh<br />

(80-85% rimossa)<br />

Figura 86: Layout del ciclo con decarbonizzazione del combustibile


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

178<br />

7 IMPIANTI SOLARI ATTIVI CON COLLETTORI PIANI<br />

Il collettore solare è un <strong>di</strong>spositivo capace <strong>di</strong> convertire la ra<strong>di</strong>azione solare in energia termica.<br />

In esso si sfrutta il cosiddetto effetto serra: la ra<strong>di</strong>azione solare (<strong>di</strong> bassa lunghezza d’onda λ < 3<br />

µm) passa attraverso il vetro (ve<strong>di</strong> curve del fattore <strong>di</strong> trasmissione in Figura 87) mentre la ra<strong>di</strong>azione<br />

termica emessa dalla piastra captatrice (<strong>di</strong> alta lunghezza d’onda cioè con λ >3 µm) resta bloccata dalla<br />

lastra vetrata.<br />

1<br />

τ<br />

0.5<br />

Vetro<br />

comune<br />

Quarzo<br />

Vetro<br />

antisolare<br />

0<br />

Visibile<br />

0.2 1.0 2.0 3.0 µm<br />

Figura 87: Fattore <strong>di</strong> trasmissione <strong>di</strong> alcuni tipi <strong>di</strong> vetro<br />

Possono essere <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse tipologie: piani, parabolici, a vetri, a tubi <strong>di</strong> calore, …, ma qui<br />

prenderemo in esame solamente i collettori solari piani.<br />

7.1 ANALISI DEL FUNZIONAMENTO<br />

Consideriamo il collettore in<strong>di</strong>cato in sezione in Figura 88: esso è formato essenzialmente da un<br />

contenitore (detto carter) nel quale sono inseriti una piastra captatrice solitamente in materiale metallico<br />

annerito (lamiera <strong>di</strong> acciaio o <strong>di</strong> rame o <strong>di</strong> alluminio), da una o più lastre <strong>di</strong> vetro poste al <strong>di</strong> sopra della<br />

piastra captatrice ad una <strong>di</strong>stanza variabile fra 1 e 2 cm e infine dal coibente posto fra carter e piastra<br />

captatrice.<br />

Figura 88: Schema <strong>di</strong> un collettore solare piano


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

179<br />

Figura 89: Spaccato <strong>di</strong> un collettore solare piano<br />

Chiameremo energia utile quella che può essere trasportata all’esterno del collettore sotto forma <strong>di</strong><br />

energia termica. In funzionamento statico (cioè senza acqua <strong>di</strong> circolazione nei tubi) l’energia solare<br />

intrappolata per effetto serra serve a riscaldare i componenti del collettore (piastra, vetro, carter) fino ad<br />

una temperatura <strong>di</strong> equilibrio (esclu<strong>di</strong>amo qui le con<strong>di</strong>zioni transitorie per la complessità delle<br />

problematiche che ne derivano) tale che renda le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> calore (per convezione ed irraggiamento)<br />

verso l’esterno pari all’energia solare guadagnata.<br />

In pratica vale l’equazione <strong>di</strong> equilibrio:<br />

( )<br />

HT Ac ατ = Q<br />

e convezione<br />

+ Qirraggiamento<br />

<br />

Energia solareassorbita<br />

Energia termica perduta<br />

In questa equazione si è in<strong>di</strong>cata con H T l’irraggiamento solare, con (ατ) e il prodotto fra fattore <strong>di</strong><br />

assorbimento α della piastra e della trasmissività del vetro τ. In realtà la relazione tiene conto anche<br />

delle infinite riflessioni ed assorbimenti residuali della ra<strong>di</strong>azione solare fra piastra <strong>di</strong> captazione e vetro<br />

<strong>di</strong> copertura. A c è l’area della superficie del collettore.<br />

Le per<strong>di</strong>te a secondo membro possono essere espresse nei mo<strong>di</strong> consueti della Trasmissione del<br />

Calore e cioè, per la convezione fra vetro ed aria esterna:<br />

Q = h A t − t<br />

[84]<br />

( )<br />

convettivo v v v e<br />

con h v coefficiente <strong>di</strong> convezione fra vetro ed aria esterna. Per l’irraggiamento fra vetro ed aria<br />

esterna:<br />

4 4<br />

( )<br />

irraggiamento 0 12 v v e<br />

[83]<br />

Q = εσ F A T − T<br />

[85]<br />

ove F 12 è il fattore <strong>di</strong> vista fra la superficie della piastra vetrata e l’ambiente esterno 37 , ε l’emissività<br />

del vetro, σ 0 la costante <strong>di</strong> Stefan Boltzmann, A v l’area della superficie vetrata, T v e T e le temperature<br />

assolute del vetro e dell’aria esterna. Si fa osservare che il bilancio energetico sopra detto è riferito solo<br />

alla piastra vetrata perché, in equilibrio termico, il flusso uscente dalla piastra captatrice verso quella<br />

vetrata deve eguagliare quello che dalla piastra vetrata va verso l’aria esterna.<br />

Ben più complesse sono le equazioni <strong>di</strong> bilancio termico per la piastra captatrice perché la<br />

<strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> temperatura in essa non è uniforme ma variabile fra un massimo al centro delle strisce<br />

37 Per il calcolo della ra<strong>di</strong>azione solare me<strong>di</strong>a giornaliera su una superficie inclinata <strong>di</strong> un angolo β rispetto<br />

all’orizzontale si può assumere F 12 pari al fattore <strong>di</strong> vista per ra<strong>di</strong>azione solare <strong>di</strong>retta, cioè<br />

F<br />

12<br />

( 1+<br />

cos β )<br />

= .<br />

2


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

180<br />

ove non sono presenti i tubi ed un minimo al centro delle strisce ove sono presenti i tubi. Questa<br />

<strong>di</strong>suniformità è più elevata quando si ha circolazione <strong>di</strong> acqua.<br />

Data la brevità del presente corso si rimanda ai testi specializzati l’approfon<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> queste<br />

tematiche. Se si fa circolare l’acqua all’interno, ve<strong>di</strong> ad esempio il circuito <strong>di</strong> Figura 98, allora il bilancio<br />

in<strong>di</strong>cato nella [83] cambia perché occorre tenere conto anche del calore trasportato dal flusso <strong>di</strong> acqua<br />

<strong>di</strong> refrigerazione. In pratica l’acqua che circola all’interno dei tubi porta via una quantità <strong>di</strong> energia<br />

termica pari a:<br />

( )<br />

Q = mc ɺ t − t<br />

[86]<br />

u a fu fi<br />

ove, con il solito simbolismo, si in<strong>di</strong>cano con:<br />

⋅ mɺ la portata <strong>di</strong> acqua, kg/s;<br />

⋅ c a calore specifico dell’acqua, 4186 J/kg/K;<br />

⋅ t fu temperatura dell’acqua in uscita dal collettore, °C;<br />

⋅ t fi temperatura dell’acqua in ingresso dal collettore, °C;<br />

Pertanto l’equazione <strong>di</strong> bilancio energetico viene ora mo<strong>di</strong>ficata nella forma:<br />

( ατ ) = + + ɺ ( − )<br />

H A Q Q mc t t<br />

<br />

T c e convezione irraggiamento a fu fi<br />

[87]<br />

Energia solareassorbita Energia termica perduta<br />

EnergiaUtileQ<br />

Di solito si suole esprimere questo bilancio in funzione <strong>di</strong> grandezze <strong>di</strong> facile accesso nella pratica<br />

impiantistica. Ad esempio le per<strong>di</strong>te ra<strong>di</strong>ative e convettive sono espresse in funzione della <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />

temperatura fra il fluido in ingresso, <strong>di</strong> solito nota da considerazioni impiantistiche (ad esempio è la<br />

temperatura del serbatoio <strong>di</strong> accumulo o la temperatura <strong>di</strong> ritorno <strong>di</strong> uno scambiatore <strong>di</strong> calore <strong>di</strong> un <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong><br />

utilizzazione dell’energia), e la temperatura dell’aria esterna (<strong>di</strong> solito nota per ogni sito <strong>di</strong> applicazione).<br />

7.1.1 RELAZIONE DI HOTTEL WHILLIER BLISS<br />

Tutto ciò, unitamente alla <strong>di</strong>suniforme <strong>di</strong>stribuzione della temperatura sia trasversalmente al<br />

flusso <strong>di</strong> acqua che longitu<strong>di</strong>nalmente lungo il flusso <strong>di</strong> acqua, porta a definire il bilancio in<strong>di</strong>cato nella<br />

[87] in una forma convenzionale oggi universalmente accettata nell’impiantistica solare.<br />

In particolare si esplicita il flusso <strong>di</strong> energia netta convertita da un collettore solare piano che è<br />

data dalla relazione <strong>di</strong> Hottel-Bliss-Whillier:<br />

( ατ ) ( , )<br />

Q = F A ⎡<br />

⎣<br />

H −U T − T<br />

u R c T e L f i e<br />

ove si ha il seguente simbolismo:<br />

Area netta <strong>di</strong> raccolta del collettore solare, [m²];<br />

A c<br />

⋅ F R detto Fattore <strong>di</strong> rimozione termica del collettore che tiene conto della <strong>di</strong>suniformità<br />

longitu<strong>di</strong>nale della temperatura per effetto del flusso del refrigerante ed è definito dalla relazione<br />

F<br />

R<br />

Raccolta reale<strong>di</strong> energia utile<br />

=<br />

Raccolta <strong>di</strong> energia utileconT = T<br />

fi<br />

fu<br />

⎤<br />

⎦<br />

[88]<br />

ossia, in termini analitici: F<br />

R<br />

u<br />

c L<br />

mC ɺ<br />

−<br />

P<br />

mC ɺ<br />

P<br />

= 1 − e .<br />

A U<br />

C<br />

L<br />

L<br />

NM<br />

A U F '<br />

Valori correnti <strong>di</strong> F R variano nell’intervallo 0.8÷0.85 con le ipotesi <strong>di</strong> portata <strong>di</strong> massa nel<br />

collettore <strong>di</strong> 50÷60 kg/h.m² e con tipologia <strong>di</strong> saldatura dei tubi alla piastra sufficientemente<br />

efficiente (in particolare la conduttanza C B deve essere sufficientemente elevata in modo da non<br />

incrementare il coefficiente globale <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta del collettore. Semplificando la precedente<br />

relazione me<strong>di</strong>ante sviluppo in serie al secondo termine, si può scrivere una espressione<br />

semplificata del fattore <strong>di</strong> rimozione termica F R molto utile nelle applicazioni perché prescinde dal<br />

calcolo <strong>di</strong> F’ (fattore <strong>di</strong> efficienza): F = 1<br />

con M ɺ portata totale del circuito e<br />

R<br />

⎛ U<br />

LA<br />

⎞<br />

c<br />

1+<br />

0.5<br />

⎜<br />

Mc ɺ ⎟<br />

⎝<br />

p ⎠<br />

O<br />

QP


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

181<br />

⋅<br />

U<br />

con il solito simbolismo degli altri termini. Se ci si riferisce alla portata specifica per unità <strong>di</strong><br />

superficie <strong>di</strong> piastra assorbitrice si può ancora scrivere la relazione in forma semplificata:<br />

F 1<br />

R<br />

=<br />

;<br />

⎛ U ⎞<br />

L<br />

1+<br />

0.5<br />

⎜<br />

mc ⎟<br />

⎝<br />

ɺ<br />

p ⎠<br />

F’ detto fattore <strong>di</strong> efficienza del collettore tiene conto delle <strong>di</strong>sunformità <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione orizzontale<br />

della temperatura ed è definito dalla relazione: F<br />

U L<br />

' =<br />

1 1 1<br />

WM<br />

+ +<br />

U D + W − D F C D h<br />

1<br />

L<br />

NM<br />

b g π<br />

L b i fi<br />

ove D è il <strong>di</strong>ametro dei tubi, W è la larghezza della striscia elementare <strong>di</strong> raccolta dell’energia<br />

solare (<strong>di</strong>stanza fra due <strong>di</strong>ametri consecutivi), C b la conduttanza della saldatura fra tubo e piastra,<br />

D i il <strong>di</strong>ametro interno del tubo, h fi il coefficiente <strong>di</strong> convezione termica del fluido <strong>di</strong><br />

raffreddamento all’interno dei tubi, U L il coefficiente globale <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta fra piastra e aria dato dalla<br />

relazione <strong>di</strong> Klein:<br />

L<br />

=<br />

R<br />

S|<br />

T|<br />

C<br />

T<br />

pm<br />

L<br />

d<br />

NM<br />

T<br />

N<br />

pm<br />

− T<br />

N + f<br />

a<br />

iO<br />

QP<br />

e<br />

1<br />

+<br />

h<br />

w<br />

U<br />

V|<br />

W|<br />

−1<br />

ove si ha:<br />

N numero <strong>di</strong> lastre <strong>di</strong> vetro;<br />

d ib g<br />

w w p<br />

f = 1+ 0. 089h − 01166 . h ε 1+<br />

0.<br />

07866N<br />

+<br />

2 2<br />

σdTpm + Taid Tpm + Ta<br />

i<br />

−1<br />

2N<br />

+ f − 1+<br />

0133 . ε<br />

p<br />

ε<br />

p<br />

+ 0.<br />

00591⋅ Nhwi<br />

+<br />

ε<br />

d<br />

c h per 0 < < 70 , per > 70 usare = 70<br />

F I<br />

HG<br />

T pmK<br />

J<br />

C = 520⋅ 1− 0. 000051β 2 ° β ° β ° β °<br />

E = 0.<br />

430⋅ 1−<br />

100<br />

β inclinazione del collettore solare (in gra<strong>di</strong>)<br />

ε g emissività del vetro (=0.88 per vetro normale)<br />

ε p emissività della piastra <strong>di</strong> assorbimento<br />

T a temperatura assoluta dell’aria ambiente, K<br />

T pm temperatura me<strong>di</strong>a assoluta della piastra assorbente, K<br />

h w coefficiente <strong>di</strong> convezione vetro-aria, W/m²K<br />

⋅ Η T è la ra<strong>di</strong>azione solare incidente sulla piastra captatrice, W/m²<br />

⋅ (ατ) e prodotto del fattore <strong>di</strong> assorbimento me<strong>di</strong>o effettivo e del fattore <strong>di</strong> trasmissione me<strong>di</strong>o<br />

della piastra captatrice;<br />

⋅ T fi temperatura del fluido in ingresso nel collettore solare, °C<br />

⋅ T e temperatura dell’aria ambiente, °C<br />

I tre parametri F R , (ατ) e U L sono fondamentali per la scelta e il funzionamento dei collettori<br />

solari piani. Nelle seguenti tabelle si hanno alcuni valori per le tipologie più ricorrenti. Per (ατ) la tabella<br />

seguente vale per angoli <strong>di</strong> incidenza compresi fra 0° e 60° e per fattore <strong>di</strong> estinzione dei raggi solari nel<br />

vetro pari a K L = 0.0524.<br />

NUMERO DI LASTRE VETRATE<br />

N 1 2 3 4<br />

(ατ) 0.86 0.73 0.65 0.55<br />

Tabella 13: Fattore <strong>di</strong> assorbimento al variare dl numero <strong>di</strong> lastre<br />

g<br />

[89]<br />

O<br />

QP


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

182<br />

Per il coefficiente globale <strong>di</strong> scambio termico U L vale la seguente tabella riassuntiva valida per<br />

T P =60 °C e velocità del vento <strong>di</strong> 5 m/s.<br />

TIPO DI VETRO<br />

Tipo <strong>di</strong> collettore SINGOLO DOPPIO TRIPLO<br />

Dipinto <strong>di</strong> nero (ε p =0.95) 6.5 3.6 2.4<br />

Dipinto con vernice selettiva (ε p =0.1) 3.5 2.4 1.7<br />

Tabella 14: Coefficienti globali <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta al variare del numero <strong>di</strong> vetri<br />

In Figura 90 si ha una rappresentazione schematica degli scambi energetici per un collettore<br />

piano. Si può osservare che l’energia utile raccolta (quella che viene quin<strong>di</strong> trasformata in calore) varia<br />

dal 15 al 40% a seconda delle con<strong>di</strong>zioni operative. In particolare si hanno percentuali <strong>di</strong> raccolta<br />

(meglio definite come ren<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> raccolta) maggiori, apri con<strong>di</strong>zioni esterne <strong>di</strong> temperatura dell’aria<br />

T a e <strong>di</strong> velocità del vento, quanto più è maggiore la ra<strong>di</strong>azione solare, H T , e quanto più è bassa la<br />

temperatura <strong>di</strong> ingresso del fluido nel collettore, T fi . Nella Figura 97 sono riportate alcune tipologie <strong>di</strong><br />

saldature e <strong>di</strong> attacco delle tubazioni alla piastra captatrice.<br />

Se la tipologia <strong>di</strong> attacco dei tubi alla piastra captatrice non è buona allora le conseguenze sul<br />

fattore <strong>di</strong> rimozione termica sono pesanti e il suo valore scende vistosamente.<br />

Figura 90: Illustrazione schematica della <strong>di</strong>stribuzione dell’energia nei collettori solari piani<br />

7.1.2 EFFICIENZA DI RACCOLTA DELL’ENERGIA SOLARE<br />

L’efficienza me<strong>di</strong>a giornaliera <strong>di</strong> un collettore solare attivo è definita dal rapporto fra l’energia utile<br />

totale raccolta, ve<strong>di</strong> la [88] e l’energia totale incidente sul collettore:<br />

η<br />

md<br />

( ατ ) ( )<br />

[ Q = A F ⎡<br />

⎣<br />

H −U T − T ⎤<br />

⎦<br />

]<br />

A H<br />

ore _ utili u c R e T L fi a<br />

= ∑ ∑<br />

ore _ utili<br />

La precedente relazione si può scrivere, con riferimento ai valori istantanei, nella forma lineare:<br />

⎡<br />

η = FR<br />

⎢( ατ ) −U<br />

e<br />

⎣<br />

L<br />

T<br />

fi<br />

Pertanto l’efficienza <strong>di</strong> un collettore piano si può <strong>di</strong>agrammare come una retta, ve<strong>di</strong> Figura 91, e<br />

l’or<strong>di</strong>nata all’origine vale (ατ)F R mentre l’ascissa <strong>di</strong> intersezione con l’asse ∆T/I vale F R U L .<br />

T<br />

c<br />

− T<br />

H<br />

a<br />

T<br />

⎤<br />

⎥<br />

⎦<br />

[91]<br />

[90]


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

183<br />

η<br />

(ατ) Fr<br />

Figura 91: Retta <strong>di</strong> efficienza per un collettore solare piano<br />

Queste considerazioni suggeriscono le modalità operative per calcolare sperimentalmente i<br />

parametri caratteristici dei collettori solari (ατ) e U L noto il valore <strong>di</strong> F R . Nel valutare l’efficienza<br />

suddetta occorre tenere presente che il numeratore deve essere positivo (cioè su deve avere raccolta<br />

utile <strong>di</strong> energia solare) in caso contrario si avrebbe un raffreddamento dell’acqua all’interno del<br />

serbatoio <strong>di</strong> accumulo.<br />

Di solito questa inversione <strong>di</strong> flusso si evita ponendo una centralina elettronica che confronta le<br />

temperature <strong>di</strong> uscita del collettore con quella <strong>di</strong> ingresso e blocca la circolazione se questo confronto<br />

risulta negativo. In termini analitici la [90] ci <strong>di</strong>ce che Q u >0 quando:<br />

ovvero quando l’irraggiamento risulta:<br />

( ατ ) − ( − ) > 0<br />

T L fi a<br />

e H U T T<br />

H<br />

T<br />

( − )<br />

U T T<br />

><br />

L fi a<br />

( ατ )<br />

Il periodo non utile <strong>di</strong> irraggiamento solare (cut-off) <strong>di</strong>pende, quin<strong>di</strong>, non solamente dalle<br />

caratteristiche del collettore solare, cioè da (ατ) e e da U L , ma anche dalla <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> temperatura del<br />

fluido in ingresso con quella dell’ambiente esterno.<br />

Pertanto il periodo <strong>di</strong> raccolta utile è tanto maggiore quanto più bassa è la temperatura <strong>di</strong> utilizzo<br />

dell’energia solare poiché la temperatura del fluido in ingresso nella piastra è quasi coincidente con<br />

quella uscente dall’accumulo termico.<br />

I valori usuali per i nostri climi e con<strong>di</strong>zioni meteorologiche sono compresi fra il 10÷25% nel<br />

periodo invernale e 25÷45% nel periodo estivo.<br />

I valori inferiori dei ren<strong>di</strong>menti si hanno con temperature <strong>di</strong> uscita più elevate del fluido <strong>di</strong><br />

refrigerazione mentre i ren<strong>di</strong>menti maggiori si hanno con temperature del fluido inferiori.<br />

In Figura 92 si ha un esempio <strong>di</strong> cut-off per un collettore piano avente U L =6 W/m²K, (ατ) e = 0.87,<br />

temperatura <strong>di</strong> ingresso del fluido <strong>di</strong> 80 °C (ad esempio per un impianto <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionamento con<br />

macchina ad assorbimento con temperatura del generatore <strong>di</strong> 75°C) per latitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 37.2° con<br />

inclinazione della superficie <strong>di</strong> captazione <strong>di</strong> 25 ° e con<strong>di</strong>zioni esterne climatiche corrispondenti a 10<br />

luglio. Il circuito si suppone aperto, nel senso che l’acqua <strong>di</strong> ingresso è sempre alla stessa temperatura,<br />

in<strong>di</strong>pendentemente dalle funzioni dell’accumulo termico.<br />

Si osservi come si abbia racconta <strong>di</strong> energia utile da circa le ore 7 alle ore 17 mentre la ra<strong>di</strong>azione<br />

solare è presente dall’alba, circa le 5, alle ore 19. In pratica il cut-off è <strong>di</strong> circa il 50%. L’efficienza<br />

teorica <strong>di</strong> raccolta in questo caso vale 27,7%. Nelle stesse ipotesi <strong>di</strong> funzionamento ma con temperatura<br />

del fluido in ingresso <strong>di</strong> 40 °C si ha la situazione <strong>di</strong> Figura 93 ove il cut-off si è ridotto notevolmente e<br />

l’efficienza teorica <strong>di</strong> raccolta è salita al 67,7%.<br />

e


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

184<br />

Irra<strong>di</strong>azione - Energia Utile<br />

800,00<br />

700,00<br />

600,00<br />

500,00<br />

Wh<br />

400,00<br />

300,00<br />

200,00<br />

100,00<br />

0,00<br />

0,00 5,00 10,00 15,00 20,00 25,00 30,00<br />

-100,00<br />

Ore<br />

Figura 92: Esempio <strong>di</strong> cut-off con utilizzatore ad alta temperatura<br />

Irra<strong>di</strong>azione - Energia Utile<br />

800,00<br />

700,00<br />

600,00<br />

500,00<br />

Wh<br />

400,00<br />

300,00<br />

200,00<br />

100,00<br />

0,00<br />

0,00 5,00 10,00 15,00 20,00 25,00 30,00<br />

-100,00<br />

Ore<br />

Figura 93: Esempio <strong>di</strong> cut-off con utilizzatore a bassa temperatura


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

185<br />

I valori dell’efficienza reale sono <strong>di</strong> solito inferiori a quelli calcolatati per effetto delle variazioni<br />

climatiche esterne (velocità del vento, sopra supposta < 6 m/s, torbi<strong>di</strong>tà dell’atmosfera, sopra supposta<br />

pari alla me<strong>di</strong>a estiva per Catania), all’influenza della variazione della temperatura del fluido in ingresso<br />

ai collettori per effetto della variazione della temperatura del serbatoi <strong>di</strong> accumulo in funzione del carico<br />

termico ad esso collegato.<br />

Inoltre si è considerata l’energia solare come tutta <strong>di</strong>retta trascurando la ra<strong>di</strong>azione <strong>di</strong>ffusa che<br />

nella realtà è circa il 20% della totale e fornisce un suo contributo quando la ra<strong>di</strong>azione solare <strong>di</strong>retta<br />

manca (ad esempio per la presenza delle nuvole).<br />

Non è considerato, inoltre, l’effetto <strong>di</strong> riflessione totale della ra<strong>di</strong>azione solare <strong>di</strong>retta quando<br />

l’angolo <strong>di</strong> incidenza sulla piastra vetrata supera l’angolo limite (legge <strong>di</strong> Snell).<br />

Le variazioni possono anche essere significative (oltre il 50%) soprattutto nel periodo invernale.<br />

Abbassando ulteriormente la temperatura del fluido a 30 °C, ad esempio per un utilizzo<br />

dell’energia solare a bassa temperatura per la produzione <strong>di</strong> acqua calda per le docce <strong>di</strong> un campeggio, si<br />

ha la situazione <strong>di</strong> Figura 94 con una efficienza teorica <strong>di</strong> raccolta del 78.4 % e quin<strong>di</strong> molto elevata.<br />

Se il circuito si suppone chiuso e quin<strong>di</strong> si ha l’effetto della presenza dell’accumulatore sulla<br />

temperatura <strong>di</strong> ritorno del fluido, allora le cose cambiano un po’, come si può osservare dalla seguente<br />

figura nella quale si suppone che la temperatura <strong>di</strong> alimentazione dell’acqua del serbatoio sia <strong>di</strong> 30 °C,<br />

che l’acqua accumulata sia inizialmente alla temperatura <strong>di</strong> 25 °C.<br />

Si osserva dalla Figura 95 che il cut-off per circuiti chiusi non è simmetrico, come si intuisce anche<br />

dall’esame delle curve <strong>di</strong> temperatura della figura successiva.<br />

L’andamento delle temperature nei flui<strong>di</strong> e <strong>di</strong> quella ambiente sono riportate nella seguente figura.<br />

Irra<strong>di</strong>azione - Energia Utile<br />

800,00<br />

700,00<br />

600,00<br />

500,00<br />

Wh<br />

400,00<br />

300,00<br />

200,00<br />

100,00<br />

0,00<br />

0,00<br />

-100,00<br />

5,00 10,00 15,00 20,00 25,00 30,00<br />

Ore<br />

Figura 94: Esempio <strong>di</strong> cut-off con utilizzatore a bassa temperatura per docce


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

186<br />

Irraggiamento - Energia Utile<br />

800,00<br />

700,00<br />

600,00<br />

500,00<br />

W/m²<br />

400,00<br />

300,00<br />

I<br />

Qu<br />

200,00<br />

100,00<br />

0,00<br />

0,00 5,00 10,00 15,00 20,00 25,00 30,00<br />

-100,00<br />

Ore<br />

Figura 95: Andamento del cut-off per circuito chiuso a bassa temperatura<br />

Temperature<br />

70,00<br />

60,00<br />

50,00<br />

°C<br />

40,00<br />

30,00<br />

Te<br />

Ti<br />

Ta<br />

20,00<br />

10,00<br />

0,00<br />

0,00 5,00 10,00 15,00 20,00 25,00 30,00<br />

Ore<br />

Figura 96: Andamento delle temperature per circuito aperto


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

187<br />

La curva superiore è quella <strong>di</strong> ingresso ai collettori, la curva interme<strong>di</strong>a rappresenta la temperatura<br />

dell’acqua nel serbatoio <strong>di</strong> accumulo e la curva inferiore è la temperatura dell’aria esterna. La pompa <strong>di</strong><br />

circolazione dall’accumulo termico al carico si suppone spenta nel momento in cui manca l’apporto <strong>di</strong><br />

energia solare.<br />

In pratica per raccogliere più energia solare è bene farlo alla temperatura più bassa che<br />

l’applicazione consente. Per quanto detto sono molto convenienti le applicazioni <strong>di</strong> energia solare per<br />

produzione <strong>di</strong> acqua calda sanitaria a bassa temperatura (35 ÷ 50 °C) rispetto alle applicazioni <strong>di</strong><br />

processo a temperatura elevata (ad esempio per il riscaldamento e/o il con<strong>di</strong>zionamento estivo degli<br />

ambienti).<br />

Va ancora tenuto conto che l’energia solare è soggetta ad andamento statistico per effetto della<br />

nuvolosità non preve<strong>di</strong>bile e pertanto assieme all’impianto solare è sempre opportuno avere anche un<br />

generatore tra<strong>di</strong>zionale (caldaia a gas o a gasolio) che integra il contributo dovuto all’energia solare<br />

quando questa non è sufficiente. Ciò comporta, si intuisce, una maggiore spesa <strong>di</strong> impianto che innalza<br />

il periodo <strong>di</strong> ammortamento e <strong>di</strong> pay-back 38 rendendo l’uso dell’energia solare ancora poco conveniente<br />

rispetto all’energia tra<strong>di</strong>zionale a basso prezzo.<br />

7.2 RISCALDAMENTO SOLARE DELL’ACQUA SANITARIA<br />

Me<strong>di</strong>ante l’energia solare si può pensare <strong>di</strong> riscaldare anche l’acqua calda sanitaria utilizzata per<br />

usi domestici.<br />

Va tenuto in considerazione che i collettori solari non funzionano con continuità ma solamente<br />

durante la giornata e pertanto occorre sempre prevedere anche un sistema <strong>di</strong> riscaldamento ausiliario in<br />

aggiunta a quello ad energia solare.<br />

I sistemi per produzione <strong>di</strong> acqua calda sanitaria sono sud<strong>di</strong>visi in due tipologie principali:<br />

1. Sistemi per produzione <strong>di</strong> acqua calda locale<br />

2. Sistemi per produzione <strong>di</strong> acqua calda centralizzata.<br />

Di solito i sistemi con superficie dei collettori fino a 8 m² sono classificati come sistemi locali<br />

mentre quelli con superficie maggiore sono classificati come sistemi centralizzati.<br />

Figura 97: Tipologie <strong>di</strong> attacco dei tubi alla piastra captatrice<br />

38 Si definisce pay-back il tempo necessario a recuperare il capitale investito tenendo conto della svalutazione del<br />

denaro nel tempo (costo attualizzato del denaro).


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

188<br />

Figura 98: Schema <strong>di</strong> un sistema locale per produzione <strong>di</strong> acqua calda sanitaria<br />

Nella Figura 98 è data una rappresentazione schematica <strong>di</strong> un sistema per la produzione<br />

localizzata dell’acqua calda. In esso si riconoscono i seguenti elementi fondamentali:<br />

⋅ Coppia <strong>di</strong> collettori solari piani;<br />

⋅ Boiler per l’accumulo dell’acqua calda sanitaria<br />

⋅ Pompa <strong>di</strong> circolazione dell’acqua calda dal collettore al boiler<br />

⋅ Resistenza elettrica ausiliaria<br />

Anche se non è in<strong>di</strong>cata, è opportuno prevedere una centralina <strong>di</strong> regolazione e controllo che<br />

impe<strong>di</strong>sca, dopo il tramonto del sole, la circolazione parassitaria dell’acqua dal collettore solare al boiler.<br />

Infatti quando il collettore non raccoglie energia solare si trasforma in un ra<strong>di</strong>atore verso l’atmosfera e<br />

pertanto l’acqua che è in circolazione all’interno dei tubi si raffredda.<br />

La centralina impe<strong>di</strong>sce alla pompa <strong>di</strong> alimentare il boiler <strong>di</strong> notte e quin<strong>di</strong> consente <strong>di</strong> mantenere<br />

la temperatura dell’acqua calda all’interno del serbatoio <strong>di</strong> accumulo. Il serbatoio <strong>di</strong> accumulo ha <strong>di</strong><br />

solito due tipi <strong>di</strong> scambiatore, come rappresentato in Figura 103:<br />

⋅ Scambiatore del tipo tube and tube (tubo e tubo);<br />

⋅ Scambiatore del tipo shell and tube (mantello e tubo).<br />

Quest’ultimo tipo risulta più efficiente raggiungendo efficienze superiori <strong>di</strong> 1÷3% rispetto agli<br />

scambiatori tube and tube.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

189<br />

Figura 99: Collettore solare piano a tubi d’acqua<br />

Figura 100: Layout <strong>di</strong> un impianto solare domestico


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

190<br />

Figura 101: Vista <strong>di</strong> un boiler <strong>di</strong> accumulo per impianti solari<br />

Figura 102: Schema <strong>di</strong> installazione <strong>di</strong> un impianto solare domestico


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

191<br />

Tabella 15: Schema circuitale <strong>di</strong> un impianto solare con integrazione termica per riscaldamento<br />

7.3 CRITERI DI PROGETTO PER I SISTEMI LOCALIZZATI<br />

Si elencano alcune regole pratiche utili per il <strong>di</strong>mensionamento rapido <strong>di</strong> sistemi localizzati per la<br />

produzione dell’acqua calda sanitaria.<br />

⋅ La superficie dei collettori solari può essere calcolata considerando almeno 1 m² per persona<br />

avendo cura <strong>di</strong> formare una superficie <strong>di</strong> raccolta <strong>di</strong> almeno due collettori.<br />

⋅ L’orientamento dei collettori è a SUD con deviazioni massime tollerate <strong>di</strong> 10° verso EST o<br />

OVEST.<br />

⋅ L’angolo <strong>di</strong> inclinazione dei collettori è pari alla latitu<strong>di</strong>ne L del luogo per un funzionamento<br />

continuo annuale mentre è consigliato L-15° per un funzionamento principalmente invernale ed<br />

L+10° per un funzionamento prevalentemente estivo.<br />

⋅ La scelta del tipo <strong>di</strong> collettore solare <strong>di</strong>pende anche dal valore <strong>di</strong> insolazione <strong>di</strong>sponibile sul<br />

posto. In generale si può <strong>di</strong>re, per le nostre latitu<strong>di</strong>ni, che un collettore a piastra <strong>di</strong>pinta <strong>di</strong> nero e<br />

con una sola copertura <strong>di</strong> vetro semplice va bene per un funzionamento annuale. Qualora si<br />

desideri avere un miglior funzionamento prevalentemente invernale allora è consigliabile un<br />

collettore con vetro doppio. L’uso <strong>di</strong> piastre con vernice selettiva è necessario solo per<br />

applicazioni che richiedono elevate temperature (>50 °C).<br />

⋅ La capacità termica del serbatoio può essere <strong>di</strong>mensionata prevedendo 50÷70 kg per collettore<br />

ovvero anche 30÷50 kg/m² <strong>di</strong> collettore. E’ opportuno ricordare che i valori più elevati <strong>di</strong><br />

<strong>volume</strong> <strong>di</strong> accumulo portano ad avere efficienze <strong>di</strong> raccolta maggiori ma anche temperature <strong>di</strong><br />

accumulo inferiori.<br />

⋅ Per i sistemi <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> acqua calda localizzati è opportuno prevedere una resistenza<br />

elettrica ausiliaria <strong>di</strong> almeno 2 kW.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

192<br />

Figura 103: Boiler per sistemi localizzati con scambiatore del tipo tube and tube e a shell and tube<br />

Figura 104: Sezione <strong>di</strong> un accumulatore solare ad acqua calda


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

193<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

Tabella 16: Dati tecnici <strong>di</strong> accumulatori ad acqua<br />

E’ necessario isolare il serbatoio <strong>di</strong> accumulo con almeno 10 cm <strong>di</strong> isolante termico (ad esempio<br />

lana <strong>di</strong> vetro) e il rivestimento esterno deve essere in alluminio o in lamiera <strong>di</strong> acciaio<br />

galvanizzato.<br />

Tutti i tubi <strong>di</strong> collegamento fra collettori e boiler debbono essere coibentati con isolante termico<br />

<strong>di</strong> spessore <strong>di</strong> almeno 5 cm.<br />

Al fine <strong>di</strong> ridurre la potenza <strong>di</strong> circolazione è opportuno limitare al massimo sia la lunghezza dei<br />

tubi che le resistenze concentrate me<strong>di</strong>ante raccor<strong>di</strong> curvi non angolati e valvole a minore<br />

resistenza. La pompa <strong>di</strong> circolazione ha <strong>di</strong> solito una prevalenza <strong>di</strong> 1000÷2000 Pa.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

194<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

La portata del fluido refrigerante può essere calcolata prevedendo un valore <strong>di</strong> 100÷120 kg/h per<br />

collettore (<strong>di</strong> superficie <strong>di</strong> 1.5 m²).<br />

Il vaso <strong>di</strong> espansione ha una capacità <strong>di</strong> 15÷20 litri.<br />

E’ necessario prevedere, come già segnalato, una centralina <strong>di</strong> regolazione e controllo collegata ai<br />

collettori e al boiler per impe<strong>di</strong>re la circolazione inversa parassita.<br />

Per evitare il pericolo del congelamento invernale si può svuotare l’impianto, se questo non è<br />

attivo, oppure aggiungere 10÷20% <strong>di</strong> glicole etilenico per uso organico in modo da abbassare il<br />

punto <strong>di</strong> congelamento del fluido refrigerante.<br />

7.4 SISTEMI CENTRALIZZATI PER L’ACQUA CALDA SANITARIA<br />

I sistemi con più <strong>di</strong> quattro collettori solari sono tipicamente utilizzati per la produzione<br />

dell’acqua sanitaria centralizzata. Si tratta, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> impianti <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni adatti per la<br />

produzione <strong>di</strong> acqua sanitaria per condomini, alberghi, scuole , campeggi,….. Essi sono strutturati in<br />

modo più complesso, come in<strong>di</strong>cato in figura seguente.<br />

La superficie dei collettori solari è realizzata con un numero elevato <strong>di</strong> collettori solari e tale da<br />

potere effettuare un collegamento serie-parallelo degli stessi.<br />

Quando due collettori solari sono collegati in serie allora la temperatura <strong>di</strong> uscita dell’acqua calda<br />

è maggiore rispetto al caso <strong>di</strong> un collettore singolo, per contro si ha una <strong>di</strong>minuzione del ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong><br />

trasformazione dell’energia solare poiché crescendo la temperatura <strong>di</strong> uscita aumenta la temperatura<br />

me<strong>di</strong>a dei collettori e quin<strong>di</strong> aumentano le per<strong>di</strong>te per convezione e ra<strong>di</strong>azione (cresce, quin<strong>di</strong>, U L ).<br />

Il collegamento in parallelo dei collettori solari mantiene la temperatura <strong>di</strong> uscita del singolo<br />

collettore, cresce la portata del fluido refrigerante e quin<strong>di</strong> l’energia raccolta e il ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong><br />

trasformazione dell’energia solare è più elevato rispetto al collegamento in serie.<br />

In figura 6 si può osservare come i collettori sono collegati in batterie da tre collettori serie e poi<br />

le batterie sono collegati in parallelo.<br />

Il fluido refrigerante viene inviato in un primo boiler dove si riscalda l’acqua me<strong>di</strong>ante uno<br />

scambiatore a shell and tube molto efficiente.<br />

Da questo primo accumulatore l’acqua calda viene mandata in un secondo scambiatore <strong>di</strong><br />

miscelazione con l’acqua calda fornita da una caldaia ausiliaria in modo da raggiungere la temperatura<br />

desiderata per l’utenza.<br />

La centralina <strong>di</strong> regolazione provvede a bloccare la pompa primaria del circuito solare per evitare<br />

la circolazione inversa.<br />

7.4.1 CRITERI DI PROGETTO DI UN IMPIANTO CENTRALIZZATO<br />

Molti dei criteri già evidenziati per i sistemi localizzati possono ancora ritenersi vali<strong>di</strong> per i sistemi<br />

centralizzati. Si forniscono qui altri criteri più in<strong>di</strong>cati per i sistemi centralizzati.<br />

⋅ Per bilanciare i circuiti <strong>di</strong> collegamento delle batterie solari è opportuno utilizzare l’anello <strong>di</strong><br />

Tickelman. Esso consiste in un collegamento a ritorno inverso in modo da realizzare per tutti i<br />

circuiti un percorso <strong>di</strong> eguale lunghezza.<br />

⋅ I collegamenti dei collettori in serie nelle singole batterie debbono essere realizzati in modo da<br />

evitare eccessive per<strong>di</strong>te localizzate.<br />

⋅ Non eccedere nel collegamento in serie dei collettori solari per non penalizzare eccessivamente il<br />

ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> trasformazione solare. Di solito si limita il collegamento a 2÷3 collettori.<br />

⋅ L’orientamento e l’inclinazione dei collettori solari segue le stesse in<strong>di</strong>cazioni viste per i sistemi<br />

localizzati: l’angolo <strong>di</strong> inclinazione dei collettori è pari alla latitu<strong>di</strong>ne L del luogo per un<br />

funzionamento continuo annuale mentre è consigliato L-15° per un funzionamento<br />

principalmente invernale ed L+10° per un funzionamento prevalentemente estivo.<br />

⋅ Limitare al massimo le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione nei circuiti in modo da ridurre la potenza <strong>di</strong><br />

pompaggio. La velocità del fluido refrigerante non dovrebbe mai superare 1 m/s.<br />

⋅<br />

⋅<br />

L’alimentazione dell’acqua fredda dovrebbe anche avere una valvola <strong>di</strong> drenaggio e filtraggio.<br />

La centralina elettronica deve avere un termostato <strong>di</strong>fferenziale per il controllo della pompa<br />

principale <strong>di</strong> circolazione.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

195<br />

⋅<br />

I tubi, il boiler primario e quello <strong>di</strong> miscelazione debbono essere generosamente coibentati per<br />

limitare per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> energia nel circuito.<br />

⋅<br />

⋅<br />

Figura 105: Schema <strong>di</strong> un impianto centralizzato per la produzione dell’acqua calda<br />

La capacità del boiler primario può essere calcolata prevedendo un consumo specifico C=40÷50<br />

l/giorno/persona e quin<strong>di</strong>:<br />

V = n⋅<br />

C<br />

con:<br />

C consumo specifico per persona, come sopra in<strong>di</strong>cato;<br />

n numero <strong>di</strong> persone da servire<br />

Il numero dei collettori solari, T, è determinato dalla relazione:<br />

V<br />

T =<br />

P<br />

ove:<br />

P produzione unitaria <strong>di</strong> acqua calda (litri/giorno per collettore) <strong>di</strong> solito pari a:<br />

⋅ P=50 L/g/collettore per il periodo invernale;<br />

⋅ P=60 L/g/collettore per un periodo annuale;<br />

⋅ P=70 L/g/collettore per il periodo estivo invernale;<br />

⋅ La capacità termica dello scambiatore <strong>di</strong> calore, H, preferibilmente del tipo shell and tube, è data<br />

dalla relazione:<br />

H<br />

= V ⋅u⋅<br />

s<br />

con:<br />

V capacità (litri) del serbatoio <strong>di</strong> accumulo;<br />

u fattore <strong>di</strong> utilizzazione dello scambiatore <strong>di</strong> calore (solitamente pari a 0.3);<br />

s fattore <strong>di</strong> acculo (<strong>di</strong> solito pari a 1.25).<br />

⋅ La portata del fluido refrigerante è pari a:<br />

M = m⋅<br />

T


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

196<br />

⋅<br />

con:<br />

m = 100÷120 kg/h/collettore (portata <strong>di</strong> massa specifica per collettore);<br />

T = numero <strong>di</strong> collettori solari del sistema.<br />

La capacità del vaso <strong>di</strong> espansione, E, è data dalla relazione:<br />

E = e⋅<br />

T<br />

ove:<br />

e<br />

T<br />

= 5 L/collettore (espansione specifica per collettore);<br />

= numero <strong>di</strong> collettori solari del sistema.<br />

7.4.2 METODO F - CHART<br />

I criteri sopra enunciati sono <strong>di</strong> larga massima e non debbono essere considerati <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà<br />

generalizzata.<br />

Per il <strong>di</strong>mensionamento corretto degli impianti solari occorre fare riferimento a co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo<br />

specializzati (ad esempio TRNSYS) o a criteri <strong>di</strong> maggiore affidamento, quale l’f-Chart.<br />

Questo metodo si basa su alcune correlazioni ottenute da simulazioni numeriche dettagliate per<br />

impianti solari in <strong>di</strong>verse configurazioni e con con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> insolazione variabile.<br />

Le simulazioni hanno consentito <strong>di</strong> calcolare la frazione mensile dell’energia utilizzata, f, definita dal<br />

rapporto fra l’energia solare fornita dall’impianto, E S , e quella totale necessaria per il riscaldamento<br />

dell’acqua sanitaria, E R , nell’arco <strong>di</strong> un mese:<br />

ES<br />

f = [92]<br />

E<br />

R<br />

Nota la quantità <strong>di</strong> acqua calda da produrre, M, si può calcolare l’energia E R necessaria:<br />

E = Mgc t − t [93]<br />

( )<br />

R p e A<br />

ove si ha:<br />

⋅ g numero <strong>di</strong> giorni del mese considerato,<br />

⋅ t A temperatura dell’acqua <strong>di</strong> rete, °C,<br />

⋅ t e temperatura <strong>di</strong> erogazione dell’acqua sanitaria, °C.<br />

Se si conosce f allora si può conoscere l’energia complementare necessaria da fornire me<strong>di</strong>ante<br />

caldaia, oltre quella fornita dall’impianto solare:<br />

E = 1− f E<br />

[94]<br />

C<br />

( )<br />

R<br />

Le simulazioni numeriche hanno consentito <strong>di</strong> calcolare la frazione f fornita dall’impianto solare:<br />

2 2<br />

f = 1.029Y −0.065 X − 0.245Y + 0.0018 X + 0.0215<br />

[95]<br />

ove X ed Y hanno le seguenti espressioni:<br />

e ancora:<br />

'<br />

( )<br />

⎡ F 100<br />

'<br />

RKS − tm gD ⎤ ⎡11.6 + 1.18te + 3.86tA − 2.32t<br />

⎤<br />

m<br />

X = ⎢ ⎥<br />

'<br />

E ⎢<br />

R<br />

100 − t ⎥<br />

⎣⎢ ⎦⎥ ⎣ m ⎦<br />

ξ F<br />

Y =<br />

'<br />

R<br />

( ατ )<br />

ove si ha il simbolismo:<br />

⋅ F’ R (ατ) e prodotto del fattore <strong>di</strong> rimozione termica per il l’assorbimento-trasmissione effettivo del<br />

collettore solare utilizzato;<br />

⋅ ξ fattore correttivo per tenere conto dell’angolo <strong>di</strong> incidenza della ra<strong>di</strong>azione solare sul collettore<br />

rispetto alla <strong>di</strong>rezione normale. Si può assumere ξ=0.90 per collettori ad un vetro e ξ=0.88 per<br />

collettori a due vetri;<br />

⋅ D durata del giorno, in ore;<br />

E<br />

R<br />

e<br />

gH<br />

T


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

197<br />

⋅ g numero <strong>di</strong> giorni nel mese considerato;<br />

⋅ t’ m temperatura me<strong>di</strong>a <strong>di</strong>urna nel mese considerato, °C;<br />

⋅ H T ra<strong>di</strong>azione solare me<strong>di</strong>a nel mese considerati, kJ/m²/day;<br />

La temperatura me<strong>di</strong>a mensile, t’ m , può essere stimata nota la temperatura me<strong>di</strong>a giornaliera, tm , e<br />

l’escursione me<strong>di</strong>a giornaliera mensile, <strong>di</strong> solito fornita da opportune tabelle dell’UNI-CTI 10349,<br />

me<strong>di</strong>ante la relazione:<br />

'<br />

t = t + 0.18∆t Estate<br />

m m m<br />

t = t + 0.31∆t Inverno<br />

'<br />

m m m<br />

Il calcolo della ra<strong>di</strong>azione me<strong>di</strong>a giornaliera risulta più complesso ma si possono applicare gli<br />

algoritmi già visti nel Corso <strong>di</strong> Climatologia.<br />

Osservazioni sul metodo f-Chart<br />

Il metodo della f-Chart si può utilizzare anche per impianti solari destinati al riscaldamento<br />

ambientale e alla produzione <strong>di</strong> acqua sanitaria. Quest’ultima variante, per altro più complessa, non<br />

viene qui sviluppata per la limitatezza del Corso e può essere analizzata in manuali tecnici specializzati.<br />

Si osserva però che il metodo nasce non tanto da verifiche sperimentali <strong>di</strong>rette bensì da<br />

applicazioni <strong>di</strong> modelli <strong>di</strong> calcolo affidabili, quale il TRNSYS.<br />

Gli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Kyoto hanno dato nuovo impulso alle applicazioni solari e in particolare alle<br />

applicazioni per produzione <strong>di</strong> acqua calda per usi sanitari. Gli accor<strong>di</strong> prevedono, infatti, una riduzione<br />

delle emissioni <strong>di</strong> CO 2 nell’atmosfera da parte dei paesi industrializzati e per l’Italia è stata assegnata una<br />

percentuale pari al 6% dell’emissione del 1996.<br />

Per raggiungere tale riduzione (invero pesante) occorre limitare l’uso <strong>di</strong> combustibili tra<strong>di</strong>zionali e<br />

pertanto è auspicabile la sostituzione <strong>di</strong> alcuni impianti termici (quelle per usi sanitari, ad esempio) con<br />

impianti solari visti in questo capitolo<br />

Resta da superare la <strong>di</strong>fficoltà del costo totale <strong>di</strong> questi impianti oggi notevolmente elevato<br />

rispetto agli impianti tra<strong>di</strong>zionali. Senza un sensibile abbassamento dei prezzi unitari dei collettori solari<br />

il decollo dell’energia solare resterà solamente un desiderio.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

198<br />

8 IMPIANTI SOLARI DI POTENZA – SOLARE TERMODINAMICO<br />

In questo capitolo si descrive la possibilità <strong>di</strong> integrare una sezione de<strong>di</strong>cata all’energia solare<br />

termica ad alta temperatura alle già esistenti centrali a ciclo combinato. In particolare si esamina la<br />

possibilità <strong>di</strong> integrare una sezione <strong>di</strong> potenza con la tecnologia del Solare Termico alla esistente<br />

centrale Archimede <strong>di</strong> Priolo Gargallo (SR). Il progetto del Solare Termico “Archimede” 39 con tecnologia<br />

basata su specchi parabolici con fluido termovettore costituito da sali fusi prende forma in seguito ad<br />

un accordo tra Enea ed Enel avvenuto il 25 settembre 2003. Il sistema composto della parte solare<br />

termo<strong>di</strong>namica e la parte relativa al ciclo combinato si definisce ibrido. La potenza della parte solare<br />

sarà <strong>di</strong> 20 MW. In Figura 106 si può osservare lo schema semplificato <strong>di</strong> integrazione tra un impianto a<br />

ciclo combinato e un impianto solare.<br />

Figura 106: Schema <strong>di</strong> integrazione del vapore solare in un impianto termoelettrico a ciclo combinato (fonte Enel)<br />

Le principali innovazioni nel campo dell’energia solare riguardano essenzialmente tre aspetti:<br />

• l'utilizzo <strong>di</strong> un accumulo termico <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni, me<strong>di</strong>ante il quale l'impianto può erogare<br />

una potenza elettrica costante nell'arco delle 24 ore, in<strong>di</strong>pendentemente dalla variabilità della<br />

fonte solare;<br />

• l’incremento della temperatura <strong>di</strong> funzionamento dell'impianto (fluido termovettore ed<br />

accumulo). Questa innovazione richiede, da un lato, l'uso <strong>di</strong> un fluido termovettore (miscela <strong>di</strong><br />

nitrati <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> potassio) <strong>di</strong>verso dall’olio sintetico impiegato negli impianti attualmente in<br />

esercizio e, dall’altro lato, un sostanziale miglioramento delle proprietà ottiche del rivestimento<br />

del tubo ricevitore dei collettori che permetta un migliore assorbimento del calore;<br />

• la progettazione <strong>di</strong> un nuovo tipo <strong>di</strong> concentratore, basato sull'impiego <strong>di</strong> specchi più sottili<br />

sostenuti da una struttura, in grado <strong>di</strong> assicurare una significativa riduzione dei costi <strong>di</strong><br />

costruzione e posa in opera.<br />

Il sistema dovrebbe avere costi inferiori a quelli previsti dagli impianti a torre ed essere, rispetto<br />

ad essi, più flessibile per quanto riguarda le con<strong>di</strong>zioni del sito e la <strong>di</strong>sponibilità energetica.<br />

Il collettore parabolico lineare rappresenta il modulo base del sistema. Il raggiungimento della<br />

potenza richiesta è ottenuto me<strong>di</strong>ante l’utilizzo <strong>di</strong> più moduli.<br />

Tale configurazione è facilmente adattabile alle caratteristiche <strong>di</strong> siti reperibili nell’Italia<br />

Meri<strong>di</strong>onale.<br />

39 Attualmente il progetto è fermo. Quantoqui esposto vale come stu<strong>di</strong>o preliminare e <strong>di</strong> fattibilità.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

199<br />

Figura 107: Gli specchi parabolici (fonte Enel)<br />

8.1 DESCRIZIONE GENERALE DELL’ IMPIANTO SOLARE<br />

Il campo solare è costituito da collettori parabolici lineari (Figura 107) <strong>di</strong>sposti in file parallele,<br />

ciascuna delle quali è formata da più elementi, collegati in serie a costituire il singolo modulo o stringa.<br />

Il collettore è un riflettore che raccoglie e concentra continuamente tramite un sistema <strong>di</strong> controllo la<br />

ra<strong>di</strong>azione solare su un ricevitore lineare <strong>di</strong>sposto sul fuoco della parabola. Tale ricevitore consta <strong>di</strong> un<br />

tubo al cui interno circola un fluido termoconvettore che asporta l’energia solare assorbita.<br />

Il sistema <strong>di</strong> accumulo ha poi il compito <strong>di</strong> immagazzinare l’energia termica prodotta dal campo e<br />

renderla <strong>di</strong>sponibile con continuità in<strong>di</strong>pendentemente dalla variabilità della sorgente solare. Esso è<br />

costituito da due serbatoi che operano a due <strong>di</strong>verse temperature, 550°C il caldo e 290°C il freddo. Il<br />

GVS (Generatore <strong>di</strong> Vapore Solare) è il sistema <strong>di</strong> utilizzo dell’energia termica accumulata. Esso è<br />

costituito da scambiatori a superficie, me<strong>di</strong>ante i quali il calore sensibile del fluido <strong>di</strong> processo viene<br />

trasferito all’acqua che passa allo stato <strong>di</strong> vapore e raggiunge le turbine a vapore della centrale<br />

termoelettrica. In Figura 108 è possibile osservare un layout semplificativo del processo appena<br />

descritto.<br />

Serbatoio<br />

caldo<br />

Sistema <strong>di</strong> accumulo<br />

Generatore<br />

<strong>di</strong> vapore<br />

Impianto<br />

Archimede<br />

sali fusi<br />

Serbatoio<br />

freddo<br />

Campo solare<br />

Figura 108: Layout <strong>di</strong> massima (fonte Enel)<br />

I principali sistemi ausiliari dell’impianto sono quelli relativi alla preparazione del fluido <strong>di</strong><br />

processo, alla sua circolazione nell’impianto, al riscaldamento delle tubazioni e dei componenti, al<br />

movimento dei collettori solari. Per finire parte essenziale è il sistema <strong>di</strong> regolazione e controllo della<br />

centrale solare che dovrà assolvere le seguenti funzioni: supervisione e monitoraggio dell’intero<br />

processo, regolazione della temperatura del fluido, calcolo dell’angolo <strong>di</strong> puntamento dei paraboloi<strong>di</strong> e<br />

comunicazione con i sistemi <strong>di</strong> movimentazioni dei collettori, monitoraggio dei sistemi <strong>di</strong> riscaldamento<br />

elettrico delle tubazioni e dei componenti principali, gestione delle sequenze automatiche durante le<br />

transizioni <strong>di</strong> stato, gestione allarmi, procedure <strong>di</strong> sicurezza, emergenze.<br />

Riepilogando, i principali componenti dell’ impianto solare sono dunque:


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

200<br />

• Campo solare o campo specchi<br />

• Circuito idraulico dei sali fusi<br />

• Sistema <strong>di</strong> accumulo termico<br />

• Generatore <strong>di</strong> vapore solare GVS<br />

• Sistemi ausiliari per avviamento e mantenimento impianto<br />

• Sistema <strong>di</strong> regolazione e controllo<br />

E’ bene a questo punto riassumere brevemente quello che rappresenta il ciclo del processo. In<br />

presenza <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azione solare <strong>di</strong>retta il fluido termovettore, prelevato dal serbatoio a 290°C viene fatto<br />

circolare attraverso il campo specchi. In uscita da questo, raggiunti i 550°C, viene inviato al serbatoio<br />

caldo. I Sali fusi in uscita dal serbatoio vengono pompati nel GVS in cui, trasferendo all’acqua il loro<br />

calore sensibile, si raffreddano a 290° e ritornano al serbatoio freddo chiudendo così il ciclo.<br />

8.2 DESCRIZIONE GENERALE CICLO COMBINATO<br />

La centrale termoelettrica ENEL <strong>di</strong> Priolo Gargallo, inizialmente alimentata ad olio combustibile<br />

e <strong>di</strong> recente ambientalizzata a CH4 in assetto combinato, è composta da due sezioni da 380 MWe<br />

ciascuna (250 MWe il gruppo turbogas, 130 MWe il gruppo vapore) per una potenza complessiva <strong>di</strong><br />

760 MWe.<br />

In ognuno dei due gruppi a ciclo combinato della centrale è possibile <strong>di</strong>stinguere quattro<br />

sottosistemi, il gruppo turbogas Siemens V94 3/A (TG), il generatore <strong>di</strong> vapore a recupero (GVR), la<br />

turbina a vapore (TV), e il condensatore (C). Come si può apprezzare dalla Figura 109, nel gruppo<br />

turbogas il metano e l’aria compressa dal compressore CO vengono bruciati nella camera <strong>di</strong><br />

combustione CC; da qui i fumi prodotti dalla combustione vengono inviati nella turbina a gas TG dove<br />

cedono la loro entalpia che viene trasformata in energia meccanica.<br />

La turbina a gas fornisce energia in parte al compressore CO che continua a comprimere nuova<br />

aria proveniente dall’ atmosfera, in parte al generatore elettrico GE1 che immette l’energia elettrica in<br />

rete. I fumi in uscita dalla turbina a gas, essendo ancora ad alto contenuto entalpico, vengono spe<strong>di</strong>ti al<br />

generatore <strong>di</strong> vapore a recupero dove cedono gran parte della loro energia al vapore attraverso i vari<br />

scambiatori <strong>di</strong> calore posti nel GVR: il vapore aumenta così il suo livello entalpico e viene inviato<br />

quin<strong>di</strong> ai vari livelli della turbina a vapore.<br />

Qui il fluido cede la propria energia e viene spe<strong>di</strong>to al condensatore, da cui parte nuovamente per<br />

raggiungere il GVR.<br />

Figura 109: Schema a blocchi - centrale a ciclo combinato (fonte Enel)<br />

Il vapore solare prodotto dalla centrale solare integrata deve essere <strong>di</strong>stribuito alle due turbine a<br />

vapore. Si pone così il problema dello spillamento del vapore che dal GVR deve raggiungere il<br />

generatore <strong>di</strong> vapore solare GVS. Tale problema verrà esaminato più avanti.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

201<br />

1.3.1 I CICLI TERMODINAMICI<br />

Per ciò che concerne il gruppo turbogas, si ricorda che esso segue il ciclo Bryton; con riferimento<br />

alla Figura 110 osserviamo le seguenti trasformazioni: la 1-2 è una compressione a<strong>di</strong>abatica a entropia<br />

crescente, il compressore CO comprime l’ aria proveniente dall’ atmosfera.<br />

La 2-3 rappresenta la trasformazione <strong>di</strong> riscaldamento del fluido grazie alla combustione che<br />

avviene in camera <strong>di</strong> combustione: si può osservare che la 2-3 non è isobara, ma la pressione tende via<br />

via a <strong>di</strong>minuire, sebbene <strong>di</strong> poco, a causa delle per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico.<br />

La 3-4 rappresenta l’espansione in turbina e la trasformazione risulta essere a<strong>di</strong>abatica a entropia<br />

crescente. A chiudere il ciclo interviene la 4-1 che avviene nell’ atmosfera.<br />

Figura 110 : Ciclo Bryton, Ciclo Hirn<br />

Il ciclo Hirn descrive invece il processo compiuto dal vapore; la 0-1 in<strong>di</strong>ca la fase <strong>di</strong><br />

riscaldamento dell’ acqua che avviene nella parte meno calda del Generatore <strong>di</strong> Vapore a Recupero, in<br />

particolare negli scambiatori detti “Economizzatori” (Eco); la 1-2 è una trasformazione isotermobarica <strong>di</strong><br />

vaporizzazione, avviene sempre nel GVR, ma nelle sezioni dei cosiddetti “Evaporatori” (Eva); la 2-3<br />

rappresenta la fase <strong>di</strong> surriscaldamento del vapore, tale fase avviene ancora all’ interno del GVR ma<br />

nelle sezioni dei surriscaldatori (SH); la 3-4’ rappresenta una prima espansione del vapore (ciò avviene<br />

nella Turbina a vapore) che rimane comunque, allo scarico, ancora surriscaldato; da qui il vapore viene<br />

ancora risurriscaldato dai risurriscaldatori (RH) del GVR ed inviato in turbina dove si espande secondo<br />

la 3’-4; siamo ora all’uscita del vapore dalla turbina e a questo punto il vapore viene inviato al<br />

condensatore C dove avviene appunto la condensazione del vapore lungo la isotermobarica 4-0.<br />

8.3 LA CENTRALE A CICLO COMBINATO<br />

In questo capitolo si tiene conto, in prima battuta, degli aspetti generali del ciclo combinato; non<br />

entrando nei particolari del gruppo turbogas, già sufficientemente descritto nel capitolo introduttivo,<br />

passando poi alla descrizione del GVR, propedeutica ai fini dello stu<strong>di</strong>o dell’integrazione della centrale<br />

solare col ciclo combinato.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

202<br />

Figura 111:Centrale Archimede<br />

8.3.1 GENERALITÀ SUGLI IMPIANTI COMBINATI GAS – VAPORE<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista strettamente termo<strong>di</strong>namico le turbine a gas sono convertitori <strong>di</strong> energia <strong>di</strong><br />

buona resa; tuttavia per meglio sfruttare la loro potenza è bene far ricorso agli impianti in assetto<br />

combinati gas-vapore. In tali impianti, come detto, il calore dei gas <strong>di</strong> scarico della turbina a gas viene<br />

utilizzato in una caldaia a recupero per generare vapore d’ acqua che evolve in un ciclo a vapore a<br />

condensazione. A tale ciclo viene quin<strong>di</strong> demandato il ruolo <strong>di</strong> recuperare, nel modo più efficiente<br />

possibile, il calore presente allo scarico della turbina a gas e <strong>di</strong> trasformarlo in energia<br />

meccanica/elettrica. L’accoppiamento dei due circuiti gas-vapore consente <strong>di</strong> realizzare un’ esigenza<br />

sempre perseguita nella termo<strong>di</strong>namica dei cicli <strong>di</strong> potenza: la coesistenza dell’ introduzione <strong>di</strong> calore ad<br />

alta temperatura (possibile solo in impianti a combustione interna) e del rilascio del calore a bassa<br />

temperatura (possibile solo con cicli a condensazione).<br />

Figura 112: Centrale Archimede


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

203<br />

Nonostante l’idea base dei cicli combinati sia nota da lungo tempo, la realizzazione industriale <strong>di</strong><br />

tali impianti, essendo ovviamente subor<strong>di</strong>nata allo sviluppo tecnologico della turbina a gas, è molto<br />

recente. Le prime applicazioni dei cicli combinati risalgono agli anni ’60, ma non ebbero grande<br />

<strong>di</strong>ffusione perché i ren<strong>di</strong>menti delle turbine a gas <strong>di</strong> quell’ epoca erano inferiori allo 0,25 e <strong>di</strong><br />

conseguenza il ren<strong>di</strong>mento dei cicli combinati non raggiungeva lo 0,40: essi erano quin<strong>di</strong> poco<br />

competitivi rispetto alle tra<strong>di</strong>zionali centrali a vapore. Inoltre la tecnologia della turbina a gas era poco<br />

sviluppata e la macchina era ritenuta scarsamente affidabile. La situazione è ra<strong>di</strong>calmente cambiata solo<br />

con il recente avvento (anni ’80) delle turbine a gas industriali <strong>di</strong> seconda generazione con ren<strong>di</strong>menti<br />

superiori a 0,3: tutte le centrali a ciclo combinato installate negli anni ’80 presentano così ren<strong>di</strong>menti<br />

netti compresi fra 0,44 e 0,50, ben superiori a quelli delle centrali convenzionali a vapore.<br />

Le moderne centrali a ciclo combinato, come la centrale Archimede <strong>di</strong> Priolo Gargallo, Figura<br />

111 e Figura 112, ha un ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> 57,75%, impensabile sino a qualche tempo fà.<br />

Ma oltre ai pregi dell’ elevato ren<strong>di</strong>mento gli impianti combinati hanno altri vantaggi <strong>di</strong> carattere<br />

economico e funzionale, in particolare:<br />

a) Ren<strong>di</strong>menti elettrici elevati anche ai carichi parziali;<br />

b) Alta flessibilità <strong>di</strong> esercizio, consentendo:<br />

1. Il funzionamento <strong>di</strong> “base”<br />

2. Il funzionamento con “modulazione <strong>di</strong> carico”<br />

3. Il funzionamento <strong>di</strong> “punta”<br />

4. Avviamenti giornalieri<br />

5. Ridotto impatto ambientale<br />

6. Bassi costi <strong>di</strong> installazione, esercizio e manutenzione<br />

7. Possibilità <strong>di</strong> utilizzare <strong>di</strong>versi combustibili<br />

8. Elevata affidabilità e <strong>di</strong>sponibilità<br />

9. Tempi brevi <strong>di</strong> costruzione e <strong>di</strong> installazione<br />

La turbina il cui combustore è alimentato a gas naturale è il tipo <strong>di</strong> macchina meno inquinante tra<br />

quelle esistenti perché, all’assenza <strong>di</strong> emissioni a base <strong>di</strong> zolfo, unisce una concentrazione <strong>di</strong> pochi ppm<br />

<strong>di</strong> CO e <strong>di</strong> idrocarburi incombusti e al massimo <strong>di</strong> 70 ppm <strong>di</strong> NOx essendo provvista <strong>di</strong> sistema <strong>di</strong><br />

abbattimento con iniezione <strong>di</strong> acqua o vapore in camera <strong>di</strong> combustione.<br />

Una ulteriore riduzione a 10-15 ppm <strong>di</strong> NOx , può essere ottenuta con l’installazione <strong>di</strong> un<br />

sistema catalitico inserito nella caldaia a recupero, oppure <strong>di</strong> camere <strong>di</strong> combustione “a secco” a<br />

premiscelazione.<br />

8.3.2 IL GVR DEL CICLO COMBINATO<br />

Il Generatore <strong>di</strong> Vapore a Recupero (GVR), come detto più volte, ha il compito <strong>di</strong> trasferire il<br />

calore dei gas <strong>di</strong> scarico del gruppo turbogas ad un ciclo termico al fine <strong>di</strong> ottenere vapore atto ad<br />

alimentare una turbina a vapore accoppiata al relativo alternatore. I GVR installati nella centrale<br />

Archimede sono 2, uno per ogni gruppo turbogas presente; sono <strong>di</strong> tipo orizzontale rispetto al flusso<br />

dei gas provenienti dalla Turbina a Gas TG.<br />

Sono composti da sezioni <strong>di</strong> scambio termico che producono vapore a tre livelli <strong>di</strong> pressione con<br />

banchi evaporanti a circolazione naturale a tubi verticali e privi <strong>di</strong> qualunque sistema <strong>di</strong> post<br />

combustione (la post combustione è nociva in quanto, sotto il profilo termo<strong>di</strong>namico, è beneficio<br />

introdurre nel ciclo l’energia pregiata del combustibile alle temperature più elevate, e quin<strong>di</strong> nella<br />

camera <strong>di</strong> combustione del gruppo turbogas, piuttosto che degradarla, come si fa nella post<br />

combustione, in uno scambio termico a temperature relativamente basse come quelle del ciclo a<br />

vapore).<br />

Il GVR è previsto per il solo funzionamento a recupero, con i livelli <strong>di</strong> AP MP e BP a pressione<br />

variabile in funzione del carico, ed è completamente drenabile.<br />

I dati <strong>di</strong> progetto del GVR riferiti al CNC, ovvero al carico nominale continuo, sono sotto<br />

riportati:


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

204<br />

Riferimenti<br />

Temperatura ambiente<br />

Pressione ambiente<br />

Umi<strong>di</strong>tà Relativa<br />

Ingresso fumi da turbogas<br />

Portata fumi<br />

Temperatura<br />

Temperatura <strong>di</strong> progetto max<br />

O2 nei fumi<br />

H2O nei fumi<br />

650,4 kg/s<br />

591,5° C<br />

Sezione <strong>di</strong> AP<br />

Portata vapore<br />

Pressione vapore uscita GVR<br />

Temperatura vapore uscita GVR<br />

Portata desurriscaldamento SH<br />

Pressione cc<br />

15° C<br />

1013,25 mbar<br />

60%<br />

620° C<br />

14,19% massa<br />

5,19% massa<br />

Per<strong>di</strong>ta carico totale fumi GVR<br />

31 mbar<br />

72,7 kg/s uscita GVR<br />

101,17 bar<br />

540° C<br />

105,5 bar<br />

0<br />

Sezione <strong>di</strong> MP<br />

Portata vapore<br />

Pressione vapore uscita GVR<br />

Temperatura vapore uscita GVR<br />

Pressione cc<br />

Sezione <strong>di</strong> BP<br />

Portata vapore<br />

Pressione vapore uscita GVR<br />

Temperatura vapore uscita GVR<br />

Pressione cc<br />

Portata ricircolo ECO<br />

Temperatura ingresso ECO<br />

16,8 kg/s<br />

15,5 bar<br />

294° C<br />

16,5 bar<br />

8,1 kg/s<br />

3,82 bar<br />

300° C<br />

4,5 bar<br />

39,16 kg/s<br />

60° C<br />

Sezione <strong>di</strong> RH<br />

Portata vapore da turbina<br />

Portata vapore uscita GVR<br />

Temperatura monte miscelazione SHMP<br />

Pressione vapore ingresso GVR<br />

Pressione vapore uscita GVR<br />

Temperatura vapore uscita GVR<br />

65,63 kg/s<br />

82,44 kg/s<br />

292,6° C<br />

15,47 bar<br />

13,97 bar<br />

540° C


S37<br />

S40<br />

DUCT<br />

C1<br />

S31<br />

CMB1<br />

S36<br />

EX1<br />

RHTMIX<br />

S47<br />

S22<br />

ADMMIX<br />

S43<br />

CND1<br />

HPPUMP<br />

S23<br />

PUMP1<br />

PUMP2<br />

CNDPMP<br />

PMPSPL<br />

S30<br />

S29<br />

RINGRAZIAMENTI E DEDICA 205<br />

La larghezza del GVR, intesa quella <strong>di</strong> alloggiamento <strong>di</strong> tutti i fasci tubieri (arpe) è <strong>di</strong> 10 m. L’<br />

altezza del GVR interessata all’ attraversamento dei fumi è 21 m, mentre l’altezza massima del GVR<br />

rispetto al pianori riferimento è <strong>di</strong> 36m: a tale quota sono installati i silenziatori degli sfiati ed il<br />

serbatoio per la conservazione del GVR in azoto. La mezzeria dei tre corpi cilindrici si trova a quota<br />

31,3m dal piano <strong>di</strong> riferimento, e la loro lunghezza è <strong>di</strong> 12m.<br />

la lunghezza del convogliatore del gas verso il GVR, compreso il giunto <strong>di</strong>latatore, è <strong>di</strong> 14m. la<br />

mezzeria del condotto <strong>di</strong> scarico gas dalla TG si trova a 4,58m da terra. La ciminiera è alta circa 90m.I<br />

quantitativi <strong>di</strong> acqua richiesta per il riempimento <strong>di</strong> tutto il GVR sono <strong>di</strong> circa 271m 3 <strong>di</strong> acqua.<br />

Ogni banco <strong>di</strong> riscaldamento è costituito da tre banchi verticali detti appunto arpe. Ogni arpa è<br />

costituita da più gruppi <strong>di</strong> 1, 2, 3, 4 tubi alettati, in parallelo per quanto riguarda il percorso dei fumi.<br />

Un certo numero <strong>di</strong> arpe costituiscono i vari banchi ECO, tubi vaporizzatori, e <strong>di</strong><br />

surriscaldamento dei vari livelli <strong>di</strong> pressione.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista del percorso dei fumi, tutti i banchi sono <strong>di</strong>sposti in serie. In Figura 113 è<br />

riportato uno schema <strong>di</strong> principio del GVR e delle sue interconnessioni con il turbogas e la turbina a<br />

vapore. L’impianto <strong>di</strong> Priolo possiede due impianti simili a quello <strong>di</strong> figura, esercibili in maniera<br />

in<strong>di</strong>pendente, per una potenza complessiva <strong>di</strong> circa 2 x 385 MW elettrici.<br />

Energia elettrica (130 MW)<br />

TURBINA A VAPORE<br />

CONDENSATORE<br />

Ingr. Acqua mare<br />

HPST<br />

S32<br />

IPST<br />

S41<br />

S19<br />

Usc. Acqua mare<br />

USCUTA<br />

S33<br />

S14<br />

S25<br />

CONDST<br />

S44<br />

GVR<br />

S48<br />

S3<br />

S24<br />

S2<br />

S39<br />

S45<br />

S49<br />

S34<br />

S42<br />

S21<br />

S28<br />

S46<br />

S35<br />

S27<br />

S26<br />

S38<br />

S5 S6 S7 S8 S9 S10 S11 S12 S15 S16 S17 S18 S20 S13<br />

S50<br />

S4<br />

Fumi<br />

SH2AP<br />

RH2MP<br />

RH1MP<br />

SH1AP<br />

EVAAP<br />

SHMP<br />

SHBP<br />

ECO3AP<br />

EVAMP<br />

ECO2AP<br />

ECOMP<br />

ECO1AP<br />

EVABP<br />

WHTR<br />

S1<br />

Metano<br />

TURBOGAS<br />

PRIOLO - Ciclo Combinato <strong>di</strong> base<br />

Aria<br />

Schema semplificato <strong>di</strong> principio<br />

Energia elettrica (250 MW)<br />

Figura 113: Ciclo combinato <strong>di</strong> base, fonte ENEL


RINGRAZIAMENTI E DEDICA 206<br />

8.4 IL CICLO DEL VAPORE ALL’ INTERNO DEL GVR<br />

8.4.1 SEZIONE DI BASSA PRESSIONE BP<br />

L'acqua <strong>di</strong> alimento proveniente dal condensatore, dopo essere passata attraverso<br />

l'economizzatore <strong>di</strong> BP, viene inviata alla torre degasante posta sopra il CC <strong>di</strong> BP.. Per eliminare i<br />

possibili fenomeni <strong>di</strong> condensazione del vapore d'acqua contenuto nei fumi, dovuti alla bassa<br />

temperatura dell'acqua <strong>di</strong> alimento, è stato previsto un sistema <strong>di</strong> ricircolo <strong>di</strong> una parte dell'acqua in<br />

uscita-ingresso ECO, tramite una pompa ed una valvola <strong>di</strong> regolazione temperatura ingresso ECO che<br />

regola la temperatura stessa a 60°C circa.<br />

Inoltre, per evitare i fenomeni <strong>di</strong> vaporizzazione dell'acqua uscita ECO BP, è prevista una valvola<br />

a tre vie che serve per regolare la temperatura in ingresso al degasatore ad un valore <strong>di</strong> 10 °C inferiore<br />

alla temperatura del saturo all'interno del C.C. (Sottorafreddamento); comunque la pressione all'interno<br />

delle tubazioni dell'economizzatore <strong>di</strong> BP sarà garantita, dalla PEC (Pompe Estrazione Condensato), ad<br />

un valore nettamente superiore a quella esistente nel C.C., pertanto non si dovrebbero verificare<br />

fenomeni <strong>di</strong> vaporizzazione dell'acqua ingresso torre degasante.<br />

La valvola a tre vie, inoltre, è <strong>di</strong>mensionata anche da by-pass eco BP per evitare che temperatura<br />

dei gas <strong>di</strong> scarico scendano al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> un certo valore (100°C).<br />

II C.C. BP è collocato sotto la torretta del degasatore e serve da serbatoio <strong>di</strong> raccolta acqua<br />

degasata e riscaldata per mezzo vapore prodotto nello stesso CC; la sua capacita deve garantire il<br />

corretto e stabile funzionamento in tutte le con<strong>di</strong>zioni operative nominali.<br />

L'acqua satura dal corpo cilindrico <strong>di</strong> B.P. è inviata al circuito evaporante, costituito da tubi <strong>di</strong><br />

caduta (downcomers), evaporatore, in cui avviene lo scambio termico acqua/fumi equicorrente rispetto<br />

al flusso dei fumi, dai tubi <strong>di</strong> ritorno (risers) che convogliano la miscela liquido - vapore all'interno del<br />

CC; la circolazione nel circuito evaporante avviene in modo naturale.<br />

La miscela acqua/vapore prodotta viene fatta passare entro "cicloni" con separatori in modo da<br />

realizzare una prima sostanziale separazione dell'acqua dal vapore e dopo questa prima separazione il<br />

vapore attraversa i filtri essiccatori situati <strong>di</strong>rettamente al <strong>di</strong> sotto delle uscite del vapore dal corpo, che<br />

provvedono ad essiccare al massimo il vapore.<br />

Dal corpo cilindrico è derivata la linea che serve le pompe <strong>di</strong> acqua alimento per i livelli <strong>di</strong> alta e<br />

me<strong>di</strong>a pressione del GVR; in esso si innestano anche le due linee separate dei ricircolo <strong>di</strong> minima<br />

portata delle pompe acqua <strong>di</strong> alimento.<br />

II degasatore è integrato con il corpo cilindrico <strong>di</strong> BP il cui evaporatore produce, oltre al vapore<br />

<strong>di</strong> processo, anche il vapore per il degasaggio dell'acqua alimento; quin<strong>di</strong> la maggior portata <strong>di</strong> vapore<br />

richiesta per la degasazione sarà sottratta a quella erogata dall'SH BP.<br />

Le valvole <strong>di</strong> regolazione livello C.C. sono due, una normalmente in regolazione, l’ altra <strong>di</strong> riserva.<br />

8.4.2 SEZIONE DI MEDIA PRESSIONE MP<br />

L'acqua mandata da uno stacco interme<strong>di</strong>o delle pompe <strong>di</strong> alimento, secondo il verso <strong>di</strong><br />

percorrenza perviene in ingresso al GVR dove si trovano le seguenti apparecchiature:<br />

• valvola motorizzata <strong>di</strong> intercettazione dell'alimento <strong>di</strong> MP con relativa valvola <strong>di</strong> non ritorno;<br />

• derivazione per la linea <strong>di</strong> attemperamento utilizzata per il controllo della temperatura del vapore<br />

SH <strong>di</strong> MP;<br />

• economizzatore <strong>di</strong> MP con relativa valvola <strong>di</strong> sicurezza che garantisce la protezione<br />

termomeccanica <strong>di</strong> emergenza dell'economizzatore che scarica al serbatoio spurghi intermittente;<br />

• valvola motorizzata al serbatoio spurghi intermittente per flussare il banco ECO <strong>di</strong> MP quando la<br />

portata è inferiore ad un certo valore;<br />

• complesso <strong>di</strong> regolazione <strong>di</strong> livello del corpo cilindrico costituito da due valvole una <strong>di</strong> riserva<br />

all'altra; è installato a valle dei banchi ECO MP in modo da mantenere più alta la pressione ed<br />

aumentare quin<strong>di</strong> il margine <strong>di</strong>sponibile prima <strong>di</strong> trovarsi in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> saturazione;<br />

• corpo cilindrico <strong>di</strong> MP;


RINGRAZIAMENTI E DEDICA 207<br />

• sfiato motorizzato C.C. al serbatoio spurghi intermittente; su questa linea s'immette l'attacco per<br />

la conservazione in azoto.<br />

L'acqua satura dal corpo cilindrico <strong>di</strong> MP è inviata al circuito evaporante, costituito da tubi <strong>di</strong><br />

caduta (downcomers), evaporatore, in cui avviene lo scambio termico acqua/fumi equicorrente rispetto<br />

al flusso dei fumi, dai tubi <strong>di</strong> ritorno (risers) che convogliano la miscela liquido - vapore all'interno del<br />

CC; la circolazione nel circuito evaporante avviene in modo naturale.<br />

La miscela acqua/vapore prodotta viene fatta passare entro "cicloni".<br />

A valle valvola stop troviamo la valvola pneumatica <strong>di</strong> regolazione con relativa non ritorno, per<br />

immissione vapore <strong>di</strong> MP sulla linea dell'RHF.<br />

Attraverso questa linea, opportunamente dotata <strong>di</strong> valvola <strong>di</strong> sicurezza, il vapore SH <strong>di</strong> MP<br />

insieme a quello proveniente dallo scarico turbina <strong>di</strong> AP perviene nei primi due banchi dell'RH,<br />

nell'attemperatore per controllarne, tramite immissione <strong>di</strong> acqua mandata pompe alimento, la<br />

temperatura finale e, successivamente, nell'ultimo banco dell'RH.<br />

8.4.3 SEZIONE DI ALTA PRESSIONE AP<br />

L'acqua mandata dalle pompe <strong>di</strong> alimento, secondo il verso <strong>di</strong> percorrenza, perviene in ingresso al<br />

GVR dove si trovano le seguenti apparecchiature:<br />

• valvola motorizzata <strong>di</strong> intercettazione dell'alimento <strong>di</strong> AP e relativa non ritorno;<br />

• immissione mandata pompa per eventuale conservazione in umido;<br />

• Economizzatore AP <strong>di</strong> bassa temperatura;<br />

• Economizzatore AP <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a e <strong>di</strong> alta temperatura;<br />

• valvola <strong>di</strong> sicurezza che scarica al serbatoio spurghi intermittenti;<br />

• valvola motorizzata al serbatoio spurghi intermittente per flussare il banco ECO <strong>di</strong> AP quando la<br />

portata è inferiore ad un certo valore;<br />

• linea <strong>di</strong> immissione azoto per la conservazione;<br />

• complesso <strong>di</strong> regolazione <strong>di</strong> livello del corpo cilindrico;<br />

• sfiato, motorizzato, che scarica al serbatoio spurghi intermittenti con linea <strong>di</strong> conservazione in<br />

azoto;<br />

L'acqua satura dal corpo cilindrico <strong>di</strong> AP è inviata al circuito evaporante, costituito da tubi <strong>di</strong><br />

caduta (downcomers), evaporatore, in cui avviene lo scambio termico acqua/fumi equicorrente rispetto<br />

al flusso dei fumi, dai tubi <strong>di</strong> ritorno (risers) che convogliano la miscela liquido - vapore all'interno del<br />

CC; la circolazione nel circuito evaporante avviene in modo naturale.<br />

II vapore saturo secco in uscita dal C.C, attraversa i banchi dell'SH sino alla valvola stop caldaia.<br />

A monte valvola stop troviamo lo sfiato finale, regolante, con relativo silenziatore; su questa linea<br />

s'immette l'eventuale conservazione in azoto, la presa per campione chimico, la mandata pompa per<br />

eventuale conservazione in umido e la valvola <strong>di</strong> sicurezza.<br />

8.5 LA TURBINA A VAPORE<br />

Nella Centrale Archimede <strong>di</strong> Priolo Gargallo sono attualmente presenti due turbine <strong>di</strong><br />

costruzione Tosi (anni 1975 e 1978), <strong>di</strong> potenza nominale originaria <strong>di</strong> 329 MW, prima a<strong>di</strong>bite al<br />

funzionamento accoppiato a caldaie a vapore <strong>di</strong> tipo olio / gas.<br />

La turbina, in figura 2.4, a fronte della trasformazione in Centrale a Ciclo Combinato, è stata<br />

mo<strong>di</strong>ficata nelle sezioni <strong>di</strong> alta e me<strong>di</strong>a pressione come in Figura 114.<br />

Le per<strong>di</strong>te meccaniche in questa macchina sono <strong>di</strong> 1000 kW, le per<strong>di</strong>te dell’ alternatore sono <strong>di</strong><br />

2336 kW, la potenza netta ai morsetti risulta essere pari a 131 MW.


RINGRAZIAMENTI E DEDICA 208<br />

Figura 114: Turbina prima della mo<strong>di</strong>fica per il funzionamento a ciclo combinato<br />

Figura 115: Turbina a vapore mo<strong>di</strong>ficata


RINGRAZIAMENTI E DEDICA 209<br />

8.6 L’ IMPIANTO SOLARE<br />

In questo capitolo si descrive dettagliatamente ogni componente necessario per il buon<br />

funzionamento della centrale solare a partire dagli specchi parabolici che raccolgono l’energia solare.<br />

8.6.1 I CONCENTRATORI PARABOLICI LINEARI<br />

La sezione <strong>di</strong> raccolta dell’energia solare è costituita da pannelli, elementi, collettori e moduli. Il<br />

sistema base è un paraboloide riflettente <strong>di</strong> lunghezza 12 m e apertura 5,9 m denominato Elemento.<br />

Ogni elemento è costituito da 10 specchi ricurvi detti Pannelli, vedere le Figura 116 e Figura<br />

117. I collettori sono costituiti da 8, 6 o 4 elementi e hanno lunghezze rispettivamente <strong>di</strong> 100 m, 75<br />

m, 50 m. Il modulo o stringa è un insieme <strong>di</strong> collettori collegati in serie idraulicamente: ha una<br />

lunghezza <strong>di</strong> 600 m.<br />

L’asse focale sarà quella nord-sud, il moto <strong>di</strong> inseguimento solare avverrà sul piano azimutale,<br />

da est a ovest. Per il pannello riflettente abbiamo il coefficiente <strong>di</strong> riflessione ρ = 0,94; il tubo<br />

ricevitore è caratterizzato dal coefficiente <strong>di</strong> trasmissione τ = 0,97 (è in acciaio) ed è alloggiato in un<br />

tubo esterno <strong>di</strong> vetro antiriflettente.<br />

Figura 116: Concentratore Parabolico Lineare<br />

Fra i due tubi vi è un’intercape<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> vuoto con pressione <strong>di</strong> 10¯² Pa, con<strong>di</strong>zione questa<br />

finalizzata alla massima limitazione delle per<strong>di</strong>te termiche del tubo ricevitore per conduzione e<br />

convezione. Sul tubo in acciaio si ha un rivestimento in cermet (film <strong>di</strong> allumina e tungsteno) avente<br />

coefficiente <strong>di</strong> assorbimento dello spettro solare α = 0,94. Il ren<strong>di</strong>mento ottico del sistema risulta allora<br />

η ottico = ρ τ α γ , con γ fattore <strong>di</strong> intercettazione, cioè frazione <strong>di</strong> flusso solare intercettato dal ricevitore.<br />

In letteratura tecnico-scientifica γ = 0,95, per cui il ren<strong>di</strong>mento ottico risulta pari a η ottico =<br />

ρ τ α γ = 0,81. Con i valori più bassi <strong>di</strong> ρ, τ otteniamo un ηottico <strong>di</strong>rty pari a 0,77. Il ren<strong>di</strong>mento totale del<br />

paraboloide ηtot = η ottico * η termico.<br />

Il ren<strong>di</strong>mento termico è funzione del coefficiente <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta globale del sistema, delle con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong> scambio termico nell’interfaccia fluido – ricevitore, della temperatura <strong>di</strong> lavoro, dell’irra<strong>di</strong>anza solare.<br />

Il fluido termovettore è costituito da una miscela <strong>di</strong> sali composta per il 40% da nitrato <strong>di</strong><br />

potassio, per il 60% da nitrato <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o. Questi sali sono stabili fino a 600° e sono poco inquinanti,<br />

poco costosi, poco corrosivi.<br />

Passando da 550° a 290° la potenza termica estraibile in perfetta a<strong>di</strong>abaticità da 1 kg/s è q =<br />

393,96 kW con C x 1,515 kJ/kgK.


RINGRAZIAMENTI E DEDICA 210<br />

Figura 117: Vista in scala dei supporti per i pannelli (fonte Enel)<br />

Figura 118: vista dall’alto <strong>di</strong> un elemento da 10 pannelli


RINGRAZIAMENTI E DEDICA 211<br />

Figura 119: Specchi e collettori in fase <strong>di</strong> montaggio (fonte Enel)<br />

Figura 120: Moduli rispettivamente a 8, 6 4 elementi.


RINGRAZIAMENTI E DEDICA 212<br />

Figura 121: Layout del collettore<br />

8.7 BILANCI DI ENERGIA NEI SOTTOINSIEMI DELLA CENTRALE SOLARE<br />

L’energia che entra in gioco nel bilancio dei vari sottoinsiemi è:<br />

• Energia solare raccolta dal campo specchi<br />

• Energia termica trasmessa al fluido termovettore (assorbita) in uscita dal campo specchi<br />

• Energia potenzialmente immagazzinabile nel sistema <strong>di</strong> accumulo ottenuta sottraendo alla energia<br />

termica assorbita dal fluido le per<strong>di</strong>te termiche della rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione durante le ore <strong>di</strong><br />

produzione del campo specchi<br />

• Energia persa durante le ore notturne e <strong>di</strong> bassa insolazione<br />

• Energia scartata (causa serbatoio caldo già saturo <strong>di</strong> miscela)<br />

• Energia integrata, energia che occorre integrare quando il serbatoio caldo non è alla massima<br />

capacità <strong>di</strong> accumulo e si è <strong>di</strong> notte o in presenza <strong>di</strong> bassa insolazione<br />

• Energia utilizzata, inviata cioè al GVS<br />

• Energia elettrica, prodotto finale della centrale solare<br />

8.8 PERDITE<br />

Nei perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> insufficiente ra<strong>di</strong>azione solare (notte, giornate nuvolose), all’interno del campo<br />

solare e nella rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione, è necessario mantenere i sali fusi in movimento allo scopo <strong>di</strong><br />

evitarne la cristallizzazione. Nel campo solare si hanno quin<strong>di</strong> per<strong>di</strong>te dal campo specchi e dalla rete <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stribuzione in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> scarsa irra<strong>di</strong>azione e per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> energie, essenzialmente dalla rete <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stribuzione, in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> energia.<br />

Le ore <strong>di</strong> funzionamento annue del campo specchi con produzione <strong>di</strong> energia termica sono 2393,<br />

le ore <strong>di</strong> non funzionamento 6367. Le per<strong>di</strong>te termiche annuali del campo specchi e della rete <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stribuzione in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> mancanza <strong>di</strong> produzione termica da fonte solare ammontano a 23,7<br />

GWh. Le per<strong>di</strong>te termiche annuali della rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> produzione termica da<br />

fonte solare sono <strong>di</strong> circa 5,2 GWh.


RINGRAZIAMENTI E DEDICA 213<br />

8.9 BILANCIO TERMICO NELL’ACCUMULO<br />

In assenza <strong>di</strong> accumulo termico la produzione <strong>di</strong> energia sarebbe possibile solamente in presenza<br />

<strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azione solare, con un fattore <strong>di</strong> carico (rapporto tra l’energia termica inviata al GVS e quella<br />

necessaria se l’impianto lavorasse sempre nelle ore <strong>di</strong> funzionamento alla potenza nominale) pari a circa<br />

il 16%. Per il <strong>di</strong>mensionamento dell’accumulo termico si è prima fatta l’ipotesi <strong>di</strong> funzionamento<br />

continuo dell’impianto; un documento dell’ENEA conclude che la capacità termica ottimale è <strong>di</strong> 500<br />

MWh, corrispondente a circa 14 ore <strong>di</strong> accumulo alla massima potenza termica <strong>di</strong> 36,4 MWt.<br />

1.0<br />

Fattore <strong>di</strong> utilizzo<br />

Fattore <strong>di</strong> carico<br />

0.8<br />

Frazione<br />

0.6<br />

0.4<br />

0.2<br />

0.0<br />

0 500 1,000 1,500 2,000 2,500<br />

Capacità accumulo [ MWh ]<br />

Figura 122: Fattore <strong>di</strong> utilizzo e fattore <strong>di</strong> carico, in funzione della capacità <strong>di</strong> accumulo<br />

Il fattore <strong>di</strong> utilizzo, rapporto tra l’energia termica inviata al GVS e la massima accumulabile,<br />

raggiunge il 90%, il fattore <strong>di</strong> carico aumenta al 38%. L’energia solare che arriva annualmente sul campo<br />

specchi è pari a 253,4 GWht e l’energia termica prodotta (assorbita dal fluido) è pari a 156,6 GWht. Le<br />

per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> rete annuali sono, durante la produzione, pari a 5,2 GWht e dunque l’energia accumulabile a<br />

tali con<strong>di</strong>zioni è 151,3 GWht.<br />

Assumendo che il generatore <strong>di</strong> vapore solare GVS utilizzi 120,3 GWht si determina una potenza<br />

termica me<strong>di</strong>a annua <strong>di</strong> 19,4 MW; appena il 30,12 % del carico massimo ammissibile dal GVS.<br />

L’energia termica accumulabile è dunque <strong>di</strong> 151,3 GWht, che depurata dell’energia spesa nel ricircolo<br />

notturno determina l’energia termia consegnabile al GVS a meno <strong>di</strong> quantità scartate o reintegrate, ed è<br />

pari a 127,6 GWht. Ma allora ci si aspetta che complessivamente la somma algebrica degli scarti (-) e dei<br />

reintegri (+) sia uguale a 127,6 – 120,3 = 7,3 GWht. Inoltre l’energia scartata è <strong>di</strong> 13,1 GWht mentre la<br />

reintegrata è <strong>di</strong> 5,7 GWht.<br />

L’energia effettivamente accumulata nel serbatoio sarà allora pari a 138,2 GWht, in quanto<br />

<strong>di</strong>fferenza tra l’ accumulabile e la scartata. Dunque la centrale solare riesce ad accumulare l’ 88,3 %<br />

dell’energia solare trasferita al fluido ed a utilizzare nel GVS l’ 87 % dell’energia accumulata (fattore <strong>di</strong><br />

utilizzo). Alla potenza termica entrante nel GVS corrisponde un ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> conversione termico<br />

elettrico del 38,1 %. L’energia elettrica prodotta dalla centrale solare è quin<strong>di</strong> pari a 0,381*120,3=45,83<br />

GWht,con un ren<strong>di</strong>mento annuo solare elettrico del 18,09 %. La potenza elettrica prodotta me<strong>di</strong>ata<br />

sulle 6200 ore <strong>di</strong> funzionamento è pari a 7,4 MW.<br />

Rifacendo lo stesso ragionamento possiamo poi effettuare il bilancio nell’ipotesi in cui la centrale<br />

sia in funzione tra le 7 e le 21, ovvero per 14 ore al giorno, per un totale annuo <strong>di</strong> 5.110 ore (il 58 %<br />

delle ore) osserviamo che:<br />

• L’energia solare che arriva annualmente sul campo specchi è pari a 253,4 GWht e l’ energia<br />

termica prodotta annualmente dai paraboloi<strong>di</strong> (assorbita cioè dal fluido) è pari a 156,5 GWht<br />

con un ren<strong>di</strong>mento me<strong>di</strong>o annuo del sistema solare pari al 61,8%.<br />

• Durante la produzione, essendo le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> rete 5,2 GWht, l’energia accumulabile è <strong>di</strong> 151,3<br />

GWht.


RINGRAZIAMENTI E DEDICA 214<br />

Figura 123: Schema a blocchi che riassume il bilancio energetico annuale con funzionamento “parzializzato” <strong>di</strong> 14 h/d .I pe<strong>di</strong>ci<br />

“s”, “t” ed “e” in<strong>di</strong>cano rispettivamente potenza solare, termica ed elettrica<br />

• L’energia termica scartata scende a 1,4 GWht (contro i 13,1 <strong>di</strong> energia scartata nel caso <strong>di</strong><br />

funzionamento continuo); ciò <strong>di</strong>mostra come in tale modalità si massimizzi l’energia l’utilizzo<br />

dell’energia termica prodotta dal campo specchi.<br />

• Evidentemente l’energia effettivamente accumulata nel serbatoio caldo sarà pari a 149,9 GWht .<br />

• Il GVS in tal modo utilizza 130,6 GWht che determinano una potenza termica me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 47,1 MW<br />

• La centrale riesce ad accumulare dunque il 99,1% dell’energia solare accumulabile e ad utilizzare<br />

nel GVS l’87% dell’energia accumulata (fattore <strong>di</strong> utilizzo): alla potenza termica entrante nel<br />

GVS si ha un ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> conversione termico elettrico pari al 42,% per cui annualmente si<br />

ha una potenza elettrica me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 20,1 MW e una produzione <strong>di</strong> energia elettrica lorda da fonte<br />

solare <strong>di</strong> 55,9 GWht. L’energia elettrica netta viene ottenuta dalla lorda sottraendo da questa un<br />

3% necessario al funzionamento degli ausiliari relativi alla parte solare.<br />

• Rispetto al funzionamento continuo l’aver ridotto il numero il numero <strong>di</strong> ore <strong>di</strong> produzione ha<br />

notevolmente aumentato potenza termica me<strong>di</strong>a e potenza elettrica me<strong>di</strong>a dell’impianto.<br />

8.10 DIMENSIONAMENTO DELL’ACCUMULO<br />

L’energia termica in joule accumulata in un kg <strong>di</strong> sale quando questo si riscalda passando da 290°<br />

a 550° è <strong>di</strong> 393,962 kJ. Poiché la capacità termica <strong>di</strong> progetto del serbatoio è <strong>di</strong> 500 MWh, la massa <strong>di</strong><br />

sale fuso necessaria sarà: m = (500*3,6*10E6)/393,962 = 4569 t. La densità è pari a 1740 kg/m³,<br />

dunque il <strong>volume</strong> del sale è <strong>di</strong> 2626 m³. Stimando in prima approssimazione la quantità <strong>di</strong> Sali presenti<br />

nel campo solare e nelle tubazioni che collegano i serbatoi al campo solare e al GVS, complessivamente<br />

la massa <strong>di</strong> sale che deve essere accumulata nei serbatoi è pari a circa 5168*10 3 kg con un <strong>volume</strong> ( a<br />

550°) pari a 2970 m³.<br />

L’effettiva capacità dei serbatoi è stata definita prevedendo anche uno spazio vuoto tra il livello<br />

massimo e il tetto del serbatoio e una quantità aggiuntiva <strong>di</strong> sali da lasciare sempre nel serbatoio per un<br />

livello pari ad un metro, questo allo scopo <strong>di</strong> mantenere assicurata la presenza dei Sali fusi in tutto il<br />

sistema <strong>di</strong> riscaldamento <strong>di</strong> questi ultimi. In definitiva la quantità complessiva <strong>di</strong> sali nel serbatoio risulta<br />

pari a 6615*10 3 kg , ovvero circa 3800 m³ a 550°.<br />

8.11 INTERAZIONE GVS CON GVR E TV DEL CICLO COMBINATO<br />

Il vapore prodotto dall’impianto solare servirà ad integrare quello prodotto dal recupero del<br />

calore dei fumi del gruppo turbogas. La scelta progettuale è quella <strong>di</strong> creare un GVS <strong>di</strong>stinto dal


RINGRAZIAMENTI E DEDICA 215<br />

generatore <strong>di</strong> vapore a recupero dell’attuale ciclo combinato. Naturalmente il GVS è uno scambiatore <strong>di</strong><br />

calore sali fusi – acqua/vapore. E’ stato ipotizzato <strong>di</strong> produrre nel GVS vapore con caratteristiche simili<br />

a quello prodotto dal GVR, sfruttando la controcorrente dei due flui<strong>di</strong>.<br />

Il GVS sarà pertanto costituito da tre scambiatori, economizzatore, evaporatore, surriscaldatore.<br />

L’acqua da inviare al GVS verrà spillata dal GVR dell’attuale ciclo combinato. Se il turbogas<br />

lavora a con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> carico nominale la maggiore portata <strong>di</strong> vapore dovuta alla produzione <strong>di</strong> vapore<br />

solare in uscita dal GVS altera i valori <strong>di</strong> pressione e temperatura. Occorre dunque aver ben presenti i<br />

valori <strong>di</strong> pressione massima ammissibile e <strong>di</strong> temperatura per i vari componenti dell’attuale GVR.<br />

Possiamo già anticipare che il vapore <strong>di</strong> origine solare va inviato ad entrambi i due gruppi dell’attuale<br />

ciclo combinato. Dall’analisi delle varie modalità <strong>di</strong> spillamento dell’acqua dal GVR risulta che la<br />

soluzione più efficiente è quella che prevede lo spillamento dell’acqua in uscita dall’ ECO2 AP. I<br />

benefici legati a tale configurazione sono i seguenti:<br />

• Acqua prelevata a valle del degasatore, non richiede dunque specifici trattamenti <strong>di</strong> degasaggio.<br />

• La pressione <strong>di</strong> spillamento è superiore a quella a cui avviene l’immissione <strong>di</strong> vapore nella turbina<br />

<strong>di</strong> alta temperatura; ciò consente <strong>di</strong> utilizzare la pompa attualmente presente a valle<br />

dell’economizzatore <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a pressione, previa verifica funzionale.<br />

• La temperatura <strong>di</strong> spillamento è la massima possibile, per cui la portata <strong>di</strong> acqua da ricircolare<br />

dall’uscita all’ingresso dell’economizzatore per riscaldare l’acqua a 238° è la minima possibile.<br />

• È possibile sfruttare al massimo le possibilità offerte dall’impianto a ciclo combinato in termine <strong>di</strong><br />

integrazione <strong>di</strong> vapore aggiuntivo.<br />

• L’efficienza elettrica <strong>di</strong> conversione dell’energia termica solare raggiunge il valore massimo.<br />

• La soluzione <strong>di</strong> prelievo dell’ acqua dal GVR a vale dell’ ECO2 AP garantisce che la potenza<br />

termica scambiabile nel GVS sia <strong>di</strong> 32,2 MW, senza che nel GVR si superino i limiti <strong>di</strong><br />

pressione <strong>di</strong> esercizio. In definitiva le limitazioni della potenza aggiuntiva solare generabile sono<br />

dovute:<br />

• Al <strong>di</strong>mensionamento del generatore <strong>di</strong> vapore che con i suoi 70 MW potrebbe contribuire ad una<br />

generazione elettrica <strong>di</strong> poco oltre 30 MW.<br />

• Al raggiungimento dei limiti <strong>di</strong> prestazione dei due attuali cicli combinati che, ove non si volesse<br />

ridurre la portata <strong>di</strong> metano ai turbogas, potranno contribuire per circa 28 MW aggiuntivi.<br />

Figura 124: Interazione GVS e GVR (fonte Enel)


RINGRAZIAMENTI E DEDICA 216<br />

In Figura 126 è riportato l’andamento previsto della potenza elettrica totale <strong>di</strong> origine solare e del<br />

relativo ren<strong>di</strong>mento netto <strong>di</strong> conversione, in funzione del carico termico del GVS.<br />

La situazione reale, ai bassi carichi, potrà essere qualitativamente migliore <strong>di</strong> quanto presentato,<br />

nell’ipotesi per esempio che tutta l’integrazione <strong>di</strong> vapore (purché inferiore a 12,7 kg/s) sia inviata ad un<br />

solo gruppo a ciclo combinato, innalzandone così il ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> conversione.<br />

Integrazione potenza termica solare su due cicli combinati<br />

M W e totali<br />

50<br />

45<br />

40<br />

35<br />

30<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0,500<br />

0,450<br />

0,400<br />

0,350<br />

0,300<br />

0,250<br />

0,200<br />

0,150<br />

0,100<br />

0,050<br />

R en<strong>di</strong>m ento netto<br />

0<br />

0,000<br />

0 10 20 30 40 50 60 70 80<br />

Potenza ingresso sali fusi al GVS (MWt)<br />

Potenza el. Solare netta (MW)<br />

Ren<strong>di</strong>mento netto fra sali ed en.el.<br />

Figura 125: Integrazione potenza termica e solare su due cicli combinati (fonte Enel)<br />

Figura 126: Possibilità <strong>di</strong> integrazione (fonte Enel)


RINGRAZIAMENTI E DEDICA 217<br />

8.12 DIMENSIONAMENTO DEL GVS<br />

Come detto, la potenza termica presa a riferimento nella progettazione del GVS è stata fissata<br />

pari a 70 MW (per via del <strong>di</strong>mensionamento del campo specchi, dell’accumulo termico, del<br />

funzionamento della centrale), superiore dunque alla potenza <strong>di</strong> 64,40 MW (32,20 x 2) che corrisponde<br />

al raggiungimento delle pressioni massime ammissibili per il GVR. Supponendo ora, preliminarmente,<br />

una <strong>di</strong>spersione <strong>di</strong> calore nel GVS pari all’1%, causa imperfetta a<strong>di</strong>abaticità coibentazioni scambiatore e<br />

tubazioni, la potenza termica <strong>di</strong>sponibile per la produzione <strong>di</strong> vapore risulta essere:<br />

Qd = 0,99 *Qp = 0,99 * 70 = 69,3 MW<br />

Nelle nuove con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> progetto:<br />

Caratteristiche dell’acqua in<br />

ingresso<br />

al GVS<br />

Caratteristiche del vapore in<br />

ingresso alla turbina AP del ciclo<br />

combinato<br />

Portata <strong>di</strong> acqua<br />

spillata<br />

Calore assorbito<br />

dall’acqua<br />

Potenza<br />

Elettrica<br />

UM ° C bar °C Bar kg/s MW MW<br />

Spillamento a<br />

valle ECO2<br />

AP<br />

213,3 122,67 535 111,18<br />

Tabella 17: Spillamento <strong>di</strong> vapore<br />

13,67*2<br />

=27,34<br />

34,63*2<br />

=69,26<br />

14,86*2<br />

=29,72<br />

Dalla potenza nominale <strong>di</strong> progetto 70MW si ottiene la portata <strong>di</strong> sali fusi Msale che è necessario<br />

far fluire in con<strong>di</strong>zioni nominali <strong>di</strong> carico termico:<br />

Msale = Qp/q = 70*10³/393,96 = 177,6 kg/s<br />

Il rapporto tra la massima potenza scambiabile, 70 MW, ed il salto entalpico tra il vapore<br />

surriscaldato a 535° alla pressione <strong>di</strong> 112,3 bar, e l’acqua prelevata dall’ ECO AP2 a 213,3° e a una<br />

pressione <strong>di</strong> 122,67 bar da la portata <strong>di</strong> vapore all’uscita del GVS: 27,34 kg/s, che deve essere<br />

ugualmente ripartita all’ingresso <strong>di</strong> ciascuna delle due turbine <strong>di</strong> alta pressione.<br />

• Nell’ EVA evaporatore la potenza scambiata è <strong>di</strong> 34,3 MW.<br />

• Nel SH surriscaldatore è 20,3.<br />

• Nell’ ECO economizzatore 14 MW.<br />

Vedere grafico relativo allo scambio termico (Figura 127).<br />

Figura 127: Profilo <strong>di</strong> scambio termico in con<strong>di</strong>zioni nominali <strong>di</strong> esercizio del GVS (calcolo preliminare).<br />

Il <strong>di</strong>mensionamento dei tre scambiatori costituenti il GVS (economizzatore, evaporatore e<br />

surriscaldatore) richiede preliminarmente le seguenti scelte progettuali:<br />

• configurazione geometrica del fascio tubiero e del mantello;<br />

• orientamento dei tubi e del mantello rispetto al piano orizzontale;


RINGRAZIAMENTI E DEDICA 218<br />

• tipologia <strong>di</strong> circolazione all’interno dell’evaporatore: naturale, assistita o del tipo a “piscina”<br />

(evaporatore kettle).<br />

A seguito <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> effettuati sulle varie possibilità, si sono scelti gli elementi così costituiti:<br />

• L’economizzatore è costituito da uno scambiatore con tubi ad U e mantello rettilineo con due<br />

passaggi sia lato tubi che lato mantello e fluido scaldante lato mantello.<br />

• L’evaporatore è uno scambiatore <strong>di</strong> tipo kettle con sale fuso all’interno <strong>di</strong> un fascio <strong>di</strong> tubi ad U e<br />

acqua lato mantello.<br />

Figura 128: Evaporatore Kettle<br />

• Il surriscaldatore è uno scambiatore con tubi (fluido scaldante lato tubi) e mantello ad U ed <strong>unico</strong><br />

passaggio sia lato tubi che lato mantello.<br />

8.12.1 SCAMBIATORE DI TIPO KETTLE.<br />

L’evaporatore kettle, estremamente frequente nelle colonne <strong>di</strong> <strong>di</strong>stillazione, è utilizzato per la<br />

vaporizzazione del fluido posto nel lato mantello.<br />

Comunemente il fascio tubiero, <strong>di</strong> tipo orizzontale, è ad U con un’unica piastra tubiera,<br />

eliminando così i problemi legati alle <strong>di</strong>latazioni <strong>di</strong>fferenziali tra tubi e mantello.<br />

Possiede generalmente un minore coefficiente globale <strong>di</strong> scambio rispetto alle altre<br />

configurazioni, poiché la circolazione del fluido freddo tra i canali del fascio tubiero è alquanto limitata<br />

(Coulson e Richardson, 1996). A parità <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> esercizio, dunque, sono necessarie maggiori<br />

<strong>di</strong>mensioni e quin<strong>di</strong> anche un costo maggiore.<br />

Al <strong>di</strong> sopra del pelo libero dell’acqua è necessario inoltre prevedere un apposito spazio per<br />

consentire la separazione delle gocce <strong>di</strong> acqua trascinate dal vapore. La presenza del fluido a più alta<br />

pressione nel lato mantello richiede che quest’ultimo sia <strong>di</strong>mensionato opportunamente come un<br />

recipiente ad alta pressione (ad esempio, come un corpo cilindrico <strong>di</strong> una comune caldaia).<br />

Poiché il funzionamento dell’evaporatore kettle <strong>di</strong>pende limitatamente da fattori idro<strong>di</strong>namici, il<br />

suo esercizio ai vari carichi è estremamente semplice e non sussistono problemi <strong>di</strong> stabilità (Hewitt et<br />

al., 1994).<br />

Qualora sia richiesto che il fluido freddo venga evaporato completamente, la portata <strong>di</strong> liquido in<br />

uscita si annulla ed è, quin<strong>di</strong>, possibile fare a meno della pompa <strong>di</strong> circolazione ed eliminare lo<br />

stramazzo.<br />

L’adozione <strong>di</strong> un evaporatore <strong>di</strong> tipo kettle comporta il grande vantaggio <strong>di</strong> fare a meno del corpo<br />

cilindrico, la cui funzione è svolta proprio dallo scambiatore stesso.<br />

Infine in tali tipi <strong>di</strong> evaporatori può accadere che si formino sul fondo accumuli <strong>di</strong> sostanze<br />

estranee, a meno che non venga adottato un apposito spurgo.<br />

Nella Figura 129è riportato un <strong>di</strong>segno 3D dell’appena esaminato GVS.


RINGRAZIAMENTI E DEDICA 219<br />

Figura 129: Configurazione esterna del GVS in prospettiva 3D (fonte Enel)<br />

8.13 ANALISI DEL SISTEMA DI REGOLAZIONE E CONTROLLO<br />

8.13.1 IL CONTROLLO SULLA MASSIMA TEMPERATURA RAGGIUNGIBILE<br />

Il collettore solare è sud<strong>di</strong>viso in due rami posti simmetricamente ai lati <strong>di</strong> un <strong>unico</strong> sistema <strong>di</strong><br />

movimentazione (dotato <strong>di</strong> un proprio motore) situato al centro del collettore stesso e in grado <strong>di</strong> far<br />

ruotare simultaneamente i due rami.<br />

Ogni ramo è composto da 4 elementi fra loro uguali collegati meccanicamente in serie. Il sistema<br />

collettore è concepito come un apparato in<strong>di</strong>pendente in grado <strong>di</strong> realizzare la funzione <strong>di</strong> puntamento<br />

del <strong>di</strong>sco solare con la dovuta precisione. Il collettore è connesso in serie con altre 5 unità simili in<br />

modo da formare moduli collegati in parallelo e costituenti nel loro insieme il campo solare.<br />

Il sistema collettore deve essere collegato ad una rete <strong>di</strong> alimentazione elettrica per il funzionamento<br />

dei suoi organi attivi e ad un sistema <strong>di</strong> gestione centrale dell’impianto che ne definisce costantemente lo<br />

stato operativo e ne imposta i parametri <strong>di</strong> funzionamento.<br />

Il sistema <strong>di</strong> gestione centrale e controllo dell’impianto è dunque il cuore dell’impianto stesso,<br />

comandando contemporaneamente tutti i sistemi meccanici e idraulici <strong>di</strong> regolazione e controllo.<br />

Come è ormai noto la temperatura del fluido termovettore in uscita dai <strong>di</strong>versi moduli deve<br />

essere non inferiori a 550° e non superiore a 570° (rispettivamente per non raffreddare l’accumulo<br />

caldo e per non deteriorare il rivestimento <strong>di</strong> CERMET). È dunque necessario realizzare un controllo<br />

severo della temperatura del fluido in uscita dai moduli.<br />

Le modalità <strong>di</strong> controllo possibili in<strong>di</strong>viduate sono tre:<br />

• Controllo tramite modulazione portata complessiva prodotta dalle pompe <strong>di</strong> circolazione. Si<br />

utilizza un algoritmo feed-forward che in funzione della ra<strong>di</strong>azione solare me<strong>di</strong>a calcolerà quel<br />

valore <strong>di</strong> portata che minimizza lo scarto tra il set-point <strong>di</strong> temperatura e la temperatura <strong>di</strong> uscita.<br />

• Controllo tramite modulazione portata nelle singole stringhe, per mezzo <strong>di</strong> valvole motorizzate<br />

con algoritmo <strong>di</strong> retroazione <strong>di</strong> temperatura sulla stringa.


RINGRAZIAMENTI E DEDICA 220<br />

• Controllo – limitazione della temperatura tramite messa fuori fuoco parziale o totale dei<br />

paraboloi<strong>di</strong> introducendo un errore <strong>di</strong> puntamento intenzionale. Algoritmo a retroazione <strong>di</strong><br />

temperatura sulla stringa ed eventualmente basato su rilevazione locale <strong>di</strong> irraggiamento con<br />

fotocellule.<br />

Naturalmente la messa fuori fuoco dei paraboloi<strong>di</strong> è il metodo più efficiente ed efficace per la<br />

regolazione imme<strong>di</strong>ata della temperatura del fluido termovettore e verrà adoperata allorquando sarà<br />

necessario evitare il dannoso deterioramento del rivestimento <strong>di</strong> cermet a seguito <strong>di</strong> bruschi<br />

innalzamenti <strong>di</strong> temperatura.<br />

8.14 LA CENTRALE SOLARE IN PRODUZIONE NORMALE PN<br />

Tramite una delle due pompe ad asse verticale presenti nel serbatoio freddo del sistema <strong>di</strong><br />

accumulo viene prelevata la miscela <strong>di</strong> sali fusi alla temperatura <strong>di</strong> 290°C.<br />

La pompa dota il fluido della prevalenza necessaria alla circolazione all’interno della rete idraulica<br />

presente tra le stringhe <strong>di</strong> collettori.<br />

In uscita dal campo specchi il fluido termovettore raggiunge poi il serbatoio caldo che costituisce<br />

l’accumulo ad alta temperatura del sistema solare.<br />

Figura 130: Ciclo <strong>di</strong>urno con alta insolazione<br />

Naturalmente la portata dei sali attraverso i condotti viene regolata in funzione della ra<strong>di</strong>azione<br />

solare; tale regolazione si effettua agendo <strong>di</strong>rettamente sulla velocità <strong>di</strong> rotazione della pompa.<br />

Al solo fine <strong>di</strong> dare un’idea dell’entità <strong>di</strong> tale portata, essa è pari a 6,5 kg/s in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

massimo irraggiamento solare per stringa: con un calcolo esteso all’intero campo specchi il valore della<br />

portata <strong>di</strong> Sali a 344,5 kg/s, cui corrisponde una potenza termica <strong>di</strong> picco del campo solare <strong>di</strong> circa 136<br />

MWh.<br />

E’ bene tener presente che il calcolo è stato effettuato considerando il flusso solare pari a 1000<br />

W/mq e un’efficienza <strong>di</strong> picco della stringa <strong>di</strong> collettori del 76%.<br />

8.15 CENTRALE SOLARE IN PRODUZIONE RIDOTTA SR<br />

In questa modalità operativa il fluido termovettore viene prelevato dal serbatoio a 290° e fatto<br />

circolare attraverso le stringhe <strong>di</strong> specchi. Si ammette tale stato lavorativo nel caso in cui il fluido non<br />

riesca a scaldarsi oltre i 530°C. il sale in uscita dal campo solare viene reimmesso nel serbatoio freddo.<br />

La modalità <strong>di</strong> funzionamento descritta in tale paragrafo viene adottata in due casi; nel caso in cui<br />

vi sia la presenza <strong>di</strong> nuvole passeggere in giornate soleggiate, tali nuvole potrebbero lasciare presto il<br />

cielo soprastante l’impianto e condurre dunque ad un repentino e potenzialmente dannoso aumento <strong>di</strong><br />

temperatura in uscita.<br />

E’ proprio allo scopo <strong>di</strong> evitare tale eventualità che si preferisce mantenere costante il valore della<br />

portata <strong>di</strong> prima della comparsa delle nubi. Il secondo caso è quello in cui vi sia una leggera velatura del<br />

cielo o una bassa insolazione, prime ore del mattino, o ore preservali.


RINGRAZIAMENTI E DEDICA 221<br />

Figura 131: Ciclo <strong>di</strong>urno con bassa insolazione o notturno<br />

8.16 CAMPO SOLARE IN CIRCOLAZIONE A BASSA PORTATA CN<br />

Quando non vi è possibilità alcuna <strong>di</strong> captare energia solare, ovvero durante le ore notturne, il<br />

sistema è descritto ancora una volta dalla Figura 131. In questa configurazione <strong>di</strong> funzionamento il<br />

fluido termovettore viene prelevato dal serbatoio freddo alla temperatura me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 290°C e viene fatto<br />

circolare attraverso le stringhe allo scopo <strong>di</strong> mantenere in tutti i punti della rete idraulica del campo<br />

solare una temperatura adeguatamente maggiore <strong>di</strong> 238°C. i tubi e i serbatoi sono riscaldati<br />

opportunamente da serpentine pre<strong>di</strong>sposte al mantenimento delle temperature previste da progetto. Il<br />

fluido termovettore in uscita dal campo specchi si riversa nel serbatoio freddo a una temperatura <strong>di</strong><br />

275°C. per ogni modulo la portata <strong>di</strong> Sali viene mantenuta ad un valore <strong>di</strong> 3,2 kg/s, complessivamente<br />

170 kg/s.<br />

8.17 CAMPO SOLARE IN PRODUZIONE NORMALE CON DEFOCALIZZAZIONE DN<br />

Tale modalità si attiva se, nel corso della modalità operativa <strong>di</strong> produzione normale SN, la<br />

temperatura in uscita dal campo specchi dovesse superare il valore <strong>di</strong> 560°C. In tale eventualità il<br />

sistema centrale <strong>di</strong> controllo interviene inviando al sistema <strong>di</strong> puntamento dei collettori un angolo <strong>di</strong><br />

puntamento errato appositamente, allo scopo <strong>di</strong> non far salire ulteriormente la temperatura della<br />

miscela. Naturalmente la portata dei Sali viene in questo caso mantenuta al suo valore massimo <strong>di</strong> 344<br />

kg/s.<br />

8.18 IL FLUIDO TERMOVETTORE<br />

8.18.1 RAFFRONTO FRA LE ALTERNATIVE POSSIBILI: MISCELA SALI FUSI – OLIO<br />

DIATERMICO<br />

Il fluido termovettore costituito da Sali fusi rappresenta una delle innovazioni <strong>di</strong> questa tipologia<br />

<strong>di</strong> impianto solare ad alta temperatura e al tempo stesso uno dei punti <strong>di</strong> forza <strong>di</strong> questa nuova<br />

tecnologia.<br />

Prima dell’adozione della miscela <strong>di</strong> sali fusi, gli impianti solari termici a specchi parabolici erano<br />

ad olio <strong>di</strong>atermico (miscela <strong>di</strong> ossido <strong>di</strong> Difenile e Bifenile) e seguivano lo schema <strong>di</strong> Figura 132.<br />

Come abbiamo visto la presenza dei serbatoi <strong>di</strong> Sali fusi garantisce la continuità <strong>di</strong><br />

funzionamento.<br />

Al più, la miscela <strong>di</strong> Sali fusi è stata utilizzata precedentemente esclusivamente per l’accumulo <strong>di</strong><br />

energia termica; in uno scambiatore <strong>di</strong> calore l’olio <strong>di</strong>atermico proveniente dal campo specchi cede<br />

parte della sua entalpia alla miscela <strong>di</strong> sali che, proveniente da un serbatoio freddo, si accumula, una<br />

volta avvenuto il processo <strong>di</strong> scambio termico, in un serbatoio caldo.


RINGRAZIAMENTI E DEDICA 222<br />

Il processo è descritto in Figura 133.<br />

Figura 132: Centrale ad olio <strong>di</strong>atermico<br />

Figura 133: Combinazione olio <strong>di</strong>atermico – miscela sali fusi<br />

Effettuando un paragone tra i sali fusi e l’olio <strong>di</strong>atermico osserviamo che l’olio ha un costo <strong>di</strong><br />

circa <strong>di</strong>eci volte maggiore rispetto a quello dei sali, alle temperature <strong>di</strong> utilizzo possiede elevata<br />

infiammabilità ( si avrebbero costi <strong>di</strong> realizzazione del sistema <strong>di</strong> accumulo e <strong>di</strong> tutto il ridondante<br />

sistema antincen<strong>di</strong>o decisamente maggiori).<br />

Inoltre la tensione <strong>di</strong> vapore dell’ olio <strong>di</strong>atermico alla sua massima temperatura <strong>di</strong> processo è pari<br />

a 10,6 bar e ciò comporta la necessità <strong>di</strong> mantenere pressurizzate le varie parti impianto. Ancora, l’olio è<br />

una sostanza tossica, mentre i nitrati <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o e potassio sono attualmente utilizzati come fertilizzanti.<br />

Appare ora chiaro perché non siano mai stati realizzati sistemi <strong>di</strong> accumulo utilizzanti olio.<br />

8.19 LA MISCELA DI SALI FUSI: NITRATO DI SODIO – NITRATO DI POTASSIO<br />

Nell’ultimo trentennio l’interesse per la miscela <strong>di</strong> sali fusi, nitrato <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o - nitrato <strong>di</strong> potassio, è<br />

cresciuto sempre più proprio per via delle applicazioni sul campo del solare termo<strong>di</strong>namico. Proprio<br />

per questo è stato possibile recuperare una innumerevole quantità <strong>di</strong> articoli riguardanti lo stu<strong>di</strong>o delle<br />

proprietà termofisiche della miscela <strong>di</strong> nostro interesse, pubblicati su riviste scientifiche dalla San<strong>di</strong>a<br />

National Laboratories e da numerose università <strong>di</strong> tutto il mondo. E’ interessante notare come la


RINGRAZIAMENTI E DEDICA 223<br />

maggior parte degli articoli abbiano in comune il metodo <strong>di</strong> analisi “DSC” <strong>di</strong>fferential scanning calorimetry<br />

utilizzato per la stesura del <strong>di</strong>agramma <strong>di</strong> fase.<br />

Figura 134: Diagramma <strong>di</strong> Stato miscela sali fusi<br />

La scelta della composizione <strong>di</strong> utilizzo è dettata dalla necessità <strong>di</strong> avere un fluido con minore<br />

temperatura <strong>di</strong> fusione possibile; tale considerazione porterebbe dunque ad utilizzare una miscela con<br />

composizione eutettica e quin<strong>di</strong>, in base al <strong>di</strong>agramma <strong>di</strong> stato, equimolare.<br />

Una breve analisi dei costi ( il costo del nitrato <strong>di</strong> potassio è due volte il costo del nitrato <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o)<br />

ha spinto ad adottare una composizione nominale <strong>di</strong> progetto pari al 64% in moli <strong>di</strong> nitrato <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o<br />

(60% in massa). Il punto <strong>di</strong> inizio cristallizzazione per tale composizione della miscela è <strong>di</strong> 511 K<br />

(238°C).Si riporta sotto una tabella con le proprietà della miscela e le curve caratterizzanti densità,<br />

calore specifico, viscosità assoluta e conducibilità termica in funzione della temperatura.<br />

Proprietà della miscela in fase liquida<br />

Densità kg/m 3 δ=2090 - 0.636 * T (temp. espressa in °C)<br />

Calore<br />

specifico<br />

Viscosità<br />

assoluta<br />

Conducibilità<br />

termica<br />

J/kg ° Cp=1443 + 0.172 * T (temp. espressa in °C)<br />

mPa s µ=22.714 - 0.120 * T + 2.281 * 10 -4 * T 2 - 1.474 x 10 -7 * T 3<br />

(temp. espressa in °C)<br />

W/m °C k = 0.443 + 1.9 * 10 -4 * T (temp. espressa in °C)<br />

Tabella 18: Caratteristiche miscela<br />

Variazione della densità al variare della temperatura<br />

Densità [kg/m3]<br />

2000<br />

1950<br />

1900<br />

1850<br />

1800<br />

1750<br />

1700<br />

1650<br />

1600<br />

1550<br />

210<br />

235<br />

260<br />

285<br />

310<br />

335<br />

360<br />

385<br />

410<br />

435<br />

460<br />

485<br />

510<br />

535<br />

560<br />

585<br />

610<br />

Temperatura [°C]<br />

Variazione della densità al variare della temperatura<br />

Figura 135: Sali fusi: densità in funzione della temperatura


RINGRAZIAMENTI E DEDICA 224<br />

1560<br />

Variazione del Calore Specifico in funzione della temperatura<br />

1540<br />

1520<br />

1500<br />

1480<br />

1460<br />

1440<br />

238<br />

260<br />

282<br />

304<br />

326<br />

348<br />

370<br />

392<br />

414<br />

436<br />

458<br />

480<br />

502<br />

524<br />

546<br />

Calore Specifico<br />

568<br />

590<br />

Temperatura [°C]<br />

Variazione del Calore Specifico in funzione della temperatura<br />

Figura 136: Sali fusi: calore specifico in funzione della temperatura<br />

Variazione della viscosità assoluta in funzione della temperatura<br />

35<br />

Viscosità assoluta<br />

30<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

238<br />

259<br />

280<br />

301<br />

322<br />

343<br />

364<br />

385<br />

406<br />

427<br />

448<br />

469<br />

490<br />

511<br />

532<br />

553<br />

574<br />

595<br />

Temperatura [°C]<br />

Variazione della viscosità assoluta in funzione della temperatura<br />

Figura 137: Sali fusi: viscosità assoluta in funzione della temperatura<br />

Variazione della conducibilità temica al variare della temperatura<br />

0,58<br />

Conducibilità termica<br />

0,56<br />

0,54<br />

0,52<br />

0,5<br />

0,48<br />

0,46<br />

0,44<br />

238<br />

259<br />

280<br />

301<br />

322<br />

343<br />

364<br />

385<br />

406<br />

427<br />

448<br />

469<br />

490<br />

511<br />

532<br />

553<br />

574<br />

595<br />

Temperatura [°C]<br />

Variazione della conducibilità temica al variare della temperatura<br />

Figura 138: Sali fusi: conducibilità termica in funzione della temperatura


RINGRAZIAMENTI E DEDICA 225<br />

8.20 CONCLUSIONI SUL SOLARE TERMODINAMICO<br />

L’integrazione dell’impianto solare termo<strong>di</strong>namico con sistemi per la generazione <strong>di</strong> potenza in<br />

assetto combinato è fortemente consigliata in quei siti dove vi è una significativa irra<strong>di</strong>azione solare (in<br />

Europa ad esempio nelle aree me<strong>di</strong>terranee).<br />

Per altro è necessario sottolineare come impianti solari a specchi parabolici abbiano bisogno <strong>di</strong><br />

terreni molto ampi per contenere la necessaria estensione del campo specchi.<br />

Riguardo l’impatto socio-economico della zona, è importante evidenziare un preve<strong>di</strong>bile effetto<br />

positivo sull'occupazione, limitato per l'occupazione <strong>di</strong>retta, ma più ampio per l'indotto e le attività<br />

ricettive.<br />

I rischi specifici dell'impianto solare sono legati ai riflessi dei collettori e alle caratteristiche dei<br />

nitrati. Tuttavia in entrambi i casi si tratta <strong>di</strong> rischi <strong>di</strong> limitata entità e per i quali sono possibili semplici<br />

precauzioni per contenerne le conseguenze.<br />

Da quanto sopra detto si è può osservare come gli Impianti Solari Termo<strong>di</strong>namici sono<br />

integrabili in modo relativamente semplice a impianti <strong>di</strong> potenza ad assetto combinato. Naturalmente<br />

occorrono accurati stu<strong>di</strong> che vanno dallo stu<strong>di</strong>o dell’irra<strong>di</strong>azione solare e l’esame del territorio all’analisi<br />

del GVR e dei possibili punti <strong>di</strong> spillamento del vapore.<br />

A tal proposito si vuole sottolineare che nell’ ambito della ormai consolidata collaborazione<br />

scientifica tra l’Enel ed il DIIM dell’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Catania è stato sviluppato con successo il<br />

modello matematico complessivo dell’impianto <strong>di</strong> generazione Archimede.<br />

È dunque auspicabile che tale tecnologia possa essere realizzata in un sempre maggior numero <strong>di</strong><br />

impianti, allo scopo <strong>di</strong> ridurre le quantità <strong>di</strong> emissioni nocive nell’atmosfera e l’anidride carbonica<br />

inevitabile nei processi <strong>di</strong> ossidazione <strong>di</strong> combustibile <strong>di</strong> natura fossile.<br />

Certamente i costi per la produzione <strong>di</strong> un siffatto impianto sono attualmente molto elevati, e<br />

probabilmente poco competitivi secondo quanto esitato dai recenti stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> fattibilità.<br />

Tuttavia se la produzione fosse estesa a più impianti sul territorio e si avviasse una produzione in<br />

serie dei componenti dell’impianto, a seguito dell’economia <strong>di</strong> scala si avrebbe un netto abbattimento<br />

dei costi ed il tutto a favore <strong>di</strong> un domani più pulito, più vivibile, più “naturale”, in una parola …<br />

sostenibile. L’energia sta alla base <strong>di</strong> tutto.<br />

La produzione <strong>di</strong> energia da fonti rinnovabili deve essere l’obiettivo comune <strong>di</strong> tutte le aziende<br />

del settore per un armonico sviluppo delle società del terzo millennio.<br />

U.M.<br />

Orientamento collettori<br />

NS<br />

Ra<strong>di</strong>azione <strong>di</strong>retta normale kWh/(m 2 a) 1.748<br />

Ra<strong>di</strong>azione me<strong>di</strong>a annua sui collettori 40 kWh/(m 2 a) 1.415<br />

Numero <strong>di</strong> collettori 318<br />

Superficie collettori 10 4 m 2 17,91<br />

Potenza <strong>di</strong> picco del campo solare 41 MWt 136,1<br />

Temperatura serbatoio caldo °C 550<br />

Temperatura serbatoio freddo °C 290<br />

Portata sali fusi nel campo solare alla potenza <strong>di</strong> kg/s<br />

picco<br />

345,6<br />

Energia solare massima (DNI) GWht/a 313,1<br />

Energia solare sul piano dei collettori GWht/a 253,4<br />

Energia solare trasferita al fluido GWht/a 156.5<br />

Ren<strong>di</strong>mento me<strong>di</strong>o annuo <strong>di</strong> raccolta 42 % 61,8<br />

40 Tiene conto dell’orientamento dei collettori e dell’effetto delle loro ombre.<br />

41 Con un flusso solare <strong>di</strong> 1.000 Watt/m 2 e un’efficienza <strong>di</strong> picco dei collettori del 76%.<br />

42 Calcolato sull’energia solare sul piano dei collettori


RINGRAZIAMENTI E DEDICA 226<br />

Energia solare massima accumulabile GWht/a 151.3<br />

Capacità accumulo MWh 500<br />

Potenza termica massima del GV MWt 64,4<br />

Energia termica accumulata GWht/a 149.9<br />

Energia termica utilizzata GWht/a 130,6<br />

Frazione rispetto alla accumulata % 87,2<br />

Frazione rispetto a quella sul piano dei collettori % 51,6<br />

Potenza elettrica nominale MWe 28,08<br />

Efficienza alla potenza nominale % 43,6<br />

Energia elettrica lorda prodotta 43 GWhe/a 55,9<br />

Ore annue <strong>di</strong> funzionamento previste h/a 5.110<br />

Ore effettive <strong>di</strong> funzionamento h/a 2.774<br />

Fattore <strong>di</strong> utilizzazione dell’impianto 44 % 38,9<br />

Ren<strong>di</strong>mento me<strong>di</strong>o annuo elettrico netto sul DNI % 17,3<br />

Risparmio <strong>di</strong> energia primaria 45 TEP 11.835<br />

Emissione CO 2 evitata 45 10 3 kg 36.306<br />

Tabella 19: Parametri riassuntivi dell’applicazione all’impianto <strong>di</strong> Priolo Gargallo<br />

43 Per ottenere la produzione netta occorre detrarre l’assorbimento degli ausiliari relativi alla parte solare, stimati al 3% dell’energia<br />

prodotta.<br />

44 Rapporto tra l’energia prodotta e quella producibile se l’impianto lavorasse alla potenza nominale per tutte le ore <strong>di</strong><br />

funzionamento previste.<br />

45 Si è considerato un consumo specifico termico me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 2.184 kcal/kWh e un’emissione specifica <strong>di</strong> 670 g CO 2/kWh, dati<br />

me<strong>di</strong> ENEL 2003 per produzione termoelettrica.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

227<br />

9 IMPIANTI SOLARI FOTOVOLTAICI<br />

Un altro interessante sistema <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> energia elettrica <strong>di</strong>rettamente dall’energia solare è<br />

dato dai sistemi fotovoltaici. Questi hanno avuto un grande interesse <strong>di</strong> ricerca con l’industria<br />

aerospaziale, fin dagli anni ’50, e in particolare per fornire energia elettrica ai satelliti.<br />

9.1 FISICA DI BASE DELLE CELLE FOTOVOLTAICHE<br />

La Fisica <strong>di</strong> base per il funzionamento <strong>di</strong> questi <strong>di</strong>spositivi è molto interessante e si basa anche su<br />

considerazioni quantistiche. In Figura 139 si ha la legge <strong>di</strong> emissione ra<strong>di</strong>ativa <strong>di</strong> Planck relativa ad un<br />

corpo ideale detto corpo nero e in Figura 140 si ha la rappresentazione grafica della stessa legge.<br />

Figura 139: Legge <strong>di</strong> Planck per l’emissione ra<strong>di</strong>ativa del corpo nero<br />

Figura 140: Distribuzione ra<strong>di</strong>ativa del corpo nero<br />

L’intervallo <strong>di</strong> lunghezze d’onda fra 380 e 780 nm riveste grande importanza per l’Uomo perché<br />

esso si riferisce a ra<strong>di</strong>azioni capaci <strong>di</strong> impressionare la retina degli occhi e quin<strong>di</strong> produrre la visione.<br />

Noi chiamiamo luce la ra<strong>di</strong>azione elettromagnetica compresa in questo intervallo: dalla Figura<br />

140 e dalla Figura 141 si può osservare come la luce visibile rappresenti circa il 30% della ra<strong>di</strong>azione<br />

solare fra 0 e 2500 nm (ra<strong>di</strong>azioni <strong>di</strong> bassa lunghezza d’onda). Nella Figura 141 si ha, sovrapposta alla<br />

<strong>di</strong>stribuzione ra<strong>di</strong>ativa <strong>di</strong> un corpo nero a 5879 K, la <strong>di</strong>stribuzione della ra<strong>di</strong>azione solare a livello del<br />

mare: si osservino i picchi <strong>di</strong> assorbimento dovuti ai gas presenti nell’atmosfera. Nella stessa figura è<br />

rappresentato l’intervallo <strong>di</strong> lunghezza d’onda della luce visibile, come sopra in<strong>di</strong>cato, e si può osservare<br />

come, a causa dei picchi <strong>di</strong> assorbimento suddetti, la percentuale <strong>di</strong> queste ra<strong>di</strong>azioni visibili è <strong>di</strong> circa<br />

40-45% (a seconda dell’altitu<strong>di</strong>ne e della trasparenza atmosferica).


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

228<br />

Tutti i corpi a temperatura T > 0 K emettono ra<strong>di</strong>azioni elettromagnetiche che in genere non<br />

ve<strong>di</strong>amo perché al <strong>di</strong> fuori dell’intervallo <strong>di</strong> visibilità. Alcuni corpi, ad esempio i filamenti delle lampade,<br />

a temperatura elevata (in genere al <strong>di</strong> sopra 1000 K) emettono ra<strong>di</strong>azioni visibili, come si può osservare in<br />

Figura 142 ove si riporta anche la ra<strong>di</strong>azione solare per confronto. In base alla teoria quantistica ad ogni<br />

ra<strong>di</strong>azione è associata una energia data dalla relazione:<br />

h<br />

E = hν =<br />

λ<br />

Con h costante <strong>di</strong> Planck, ν la frequenza e λ la lunghezza d’onda della ra<strong>di</strong>azione considerata.<br />

Figura 141: Distribuzione reale della ra<strong>di</strong>azione solare<br />

Se consideriamo giunzioni <strong>di</strong> particolari semiconduttori, caratterizzati da avere una matrice silicea<br />

con l’aggiunta <strong>di</strong> elementi droganti <strong>di</strong> tipo p se rendono libere cariche positive e <strong>di</strong> tipo n se rendono<br />

cariche negative, si fare in modo (selezionando opportunamente la tipologia e i materiali costitutivi) che la<br />

ra<strong>di</strong>azione solare <strong>di</strong> particolare lunghezza d’onda (e quin<strong>di</strong> particolare energia) liberi una carica elettrica che<br />

può essere sottoposta ad un campo elettrico esterno e quin<strong>di</strong> dare una corrente elettrica.<br />

Figura 142: Distribuzione dello spettro <strong>di</strong> alcune sorgenti luminose


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

229<br />

Figura 143: Curve isora<strong>di</strong>ative per l’Italia<br />

Tabella 20: Ra<strong>di</strong>azione mensile me<strong>di</strong>a in alcune località<br />

In Figura 144 sia ha una sezione <strong>di</strong> una cella fotovoltaica con l’in<strong>di</strong>cazione degli strati <strong>di</strong><br />

semiconduttori: un fotone <strong>di</strong> energia hν opportuna può rompere il legame che lega la carica elettrica alla<br />

struttura cristallina del semiconduttore rendendola libera e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>sponibile per il circuito <strong>di</strong><br />

polarizzazione esterno, come schematizzato in Figura 145.<br />

La corrente che una cella fotovoltaica può rendere <strong>di</strong>sponibile all’utilizzatore (cioè al carico esterno)<br />

<strong>di</strong>pende dalla tensione <strong>di</strong> alimentazione ed è riportata in curve dette caratteristiche delle celle, come<br />

rappresentato in Figura 146.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

230<br />

Si tratta comunque <strong>di</strong> corrente continua che deve poi essere convertita in corrente alternata<br />

me<strong>di</strong>ante particolari <strong>di</strong>spositivi detti inverter prima <strong>di</strong> essere inviata ad una utenza domestica.<br />

Figura 144: La cella fotovoltaica<br />

Figura 145: Schema <strong>di</strong> funzionamento della cella fotovoltaica<br />

Figura 146: Curva caratteristica tensione – corrente per una cella solare<br />

Il ren<strong>di</strong>mento massimo teorico della trasformazione <strong>di</strong> energia solare in energia elettrica è del<br />

32%. Le celle fotovoltaiche attualmente <strong>di</strong>sponibili hanno un ren<strong>di</strong>mento dal 10% al 28 % circa, ma<br />

sono allo stu<strong>di</strong>o celle avanzate con ren<strong>di</strong>menti molto maggiori. Ad esempio il ren<strong>di</strong>mento delle celle<br />

fotovoltaiche ad arseniuro <strong>di</strong> gallio-antimoniuro <strong>di</strong> gallio raggiunge una efficienza del 35%, con un<br />

costo <strong>di</strong> produzione dell’energia elettrica cinque volte maggiore <strong>di</strong> quello con celle tra<strong>di</strong>zionali.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

231<br />

In Figura 148 si ha uno schema elettrico semplificato per un utilizzo domestico dei sistemi<br />

fotovoltaici.<br />

Figura 147: Esempio <strong>di</strong> curve caratteristiche per una cella fotovoltaica<br />

Si osservi che la produzione <strong>di</strong> energia elettrica è sincrona con la <strong>di</strong>sponibilità della ra<strong>di</strong>azione<br />

solare e pertanto solo durante le ore <strong>di</strong>urne possiamo produrre energia elettrica. Se vogliamo utilizzare<br />

nelle ore serali l’energia elettrica prodotta <strong>di</strong> giorno dalle celle fotovoltaiche dobbiamo accumularla in<br />

accumulatori elettrici in modo da avere un uso asincrono dalla ra<strong>di</strong>azione solare. Questo ulteriore<br />

<strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> accumulo rende critico l’intero processo <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> energia elettrica me<strong>di</strong>ante le<br />

celle fotovoltaiche perché si tratta <strong>di</strong> un <strong>di</strong>spositivo costoso e <strong>di</strong> durata limitata.<br />

Figura 148: Configurazione <strong>di</strong> rete in sistemi residenziali


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

232<br />

In definitiva perché si possa avere un sistema fotovoltaico occorre avere almeno tre componenti: il<br />

generatore fotovoltaico, il sistema <strong>di</strong> accumulo e il sistema meccanico <strong>di</strong> supporto delle celle<br />

fotovoltaiche (ve<strong>di</strong> Figura 149).<br />

Figura 149: Componenti fondamentali <strong>di</strong> un sistema fotovoltaico<br />

Figura 150: Data Sheet <strong>di</strong> una cella fotovoltaica<br />

Le celle fotovoltaiche sono <strong>di</strong> solito raggruppate in matrici in modo da ottenere una tensione ed<br />

una corrente nominale meglio utilizzabile nelle applicazioni domestiche o industriali.<br />

I moduli, <strong>di</strong> solito composti da 36 celle, sono assemblati come in<strong>di</strong>cato in Figura 152 e in Figura<br />

154 e in Figura 153 ove sono visibili le connessioni elettriche interne delle celle.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

233<br />

In pratiche i moduli fotovoltaici sono dei pannelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> 30-40 cm x 60 – 80 cm (con<br />

potenza <strong>di</strong> circa 40- 50 W <strong>di</strong> picco) che debbono essere posizionati in modo opportuno in modo da<br />

raccogliere la maggiore quantità <strong>di</strong> energia solare.<br />

Figura 151: Caratteristiche tecniche e costruttive <strong>di</strong> un pannello fotovoltaico<br />

Per fare questo si utilizzano dei sistemi <strong>di</strong> supporto che possono essere fissi o mobili (per inseguire<br />

il sole nel suo cammino apparente), come illustrati in Figura 155. In ogni caso la posa in opera dei pannelli<br />

solari fotovoltaici pone gli stessi problemi dei sistemi a collettori piani <strong>di</strong> tipo termico visti nel paragrafo<br />

precedente.<br />

Si deve sempre risolvere un problema <strong>di</strong> tipo architettonico che pone anche, in sub or<strong>di</strong>ne, problemi<br />

<strong>di</strong> impatto visivo non in<strong>di</strong>fferenti.<br />

Nelle figure seguenti si hanno esempi <strong>di</strong> installazione <strong>di</strong> pannelli solari in e<strong>di</strong>fici sfruttando le<br />

superfici orizzontali (tetti), verticali (pareti) o inclinate.<br />

Si osserva che l’impatto visivo è uno dei maggiori ostacoli all’utilizzo dei sistemi solari aventi<br />

superfici <strong>di</strong> captazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni non trascurabili.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

234<br />

Figura 152: Modulo <strong>di</strong> celle fotovoltaiche<br />

Figura 153: Connessione circuitale dei moduli fotovoltaici<br />

Figura 154: Particolare dell’array <strong>di</strong> celle fotovoltaiche


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

235<br />

Figura 155: Tipologia <strong>di</strong> posa : a inseguimento, a cavalletto, su pali<br />

Figura 156: Tetto fotovoltaico - Esempio <strong>di</strong> installazione<br />

Figura 157: Problemi <strong>di</strong> installazione sui tetti


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

236<br />

Figura 158: Particolari <strong>di</strong> installazione sui tetti<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista dell’incidenza dei sistemi fotovoltaici sul totale dei consumi elettrici in Italia si<br />

deve osservare che siamo ancora lontani dall’avere apporti significativi. Il costo dei sistemi fotovoltaici è<br />

ancora elevato a causa, fra l’altro, del ridotto mercato presente.<br />

Figura 159: Installazione su facciate verticali


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

237<br />

Figura 160: Installazione su facciate inclinate<br />

Lo Stato, in relazione all’attuazione degli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Kyoto per la riduzione <strong>di</strong> circa il 6.6% dei gas<br />

serra, fornisce contributi significativi ai privati per l’installazione dei soffitti solari – fotovoltaici e in più<br />

consente <strong>di</strong> avere un contratto <strong>di</strong> allacciamento con la rete elettrica nazionale tale da evitare<br />

l’installazione, se si vuole, degli accumulatori elettrici. In pratica durante il giorno l’energia prodotta<br />

viene venduta al Gestore della Rete e <strong>di</strong> sera viene riacquistata: la rete elettrica nazionale fa da<br />

accumulatore elettrico.<br />

Il vantaggio che si ha è imme<strong>di</strong>ato: durante le ore <strong>di</strong> maggiore insolazione si ha anche il maggior<br />

carico elettrico e pertanto la cessione in rete <strong>di</strong> energia elettrica riduce l’esigenza <strong>di</strong> importazione <strong>di</strong><br />

energia dall’estero.<br />

Tuttavia si osserva che quando si è data applicazione alla L. 9/91 (Piano Energetico Nazionale)<br />

favorendo la produzione privata <strong>di</strong> energia elettrica si è incentivata la ven<strong>di</strong>ta dell’energia prodotta con<br />

un provve<strong>di</strong>mento, noto come CIP 6, che vedeva il prezzo del kWh venduto all’ENEL pari a circa 200<br />

L <strong>di</strong> allora.<br />

Successivamente, esaurita la fase iniziale <strong>di</strong> incentivazione, si è posto fine al CIP 6 e in più<br />

l’ENEL (ora Gestore Nazionale Rete Elettrica) non accetta più la ven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia elettrica autoprodotta<br />

se non con potenze e certe garanzie che solo gran<strong>di</strong> produttori possono fornire.<br />

Questa politica si è rivelata <strong>di</strong>sastrosa sia per l’esistenza dei piccoli produttori <strong>di</strong> energia elettrica<br />

sia per lo sviluppo dei sistemi <strong>di</strong> cogenerazione (dei quali si parlerà più avanti) limitando, <strong>di</strong> fatto,<br />

l’interazione con la rete elettrica (serbatoio elettrico).<br />

Si ha un fondato sospetto che si percorrerà la stessa strada anche per la ven<strong>di</strong>ta in rete <strong>di</strong> energia<br />

elettrica autoprodotta con sistemi fotovoltaici non appena si esaurirà la spinta incentivante iniziale. Del<br />

resto tutte le misure <strong>di</strong> incentivazione hanno durata limitata !<br />

Si vedrà negli anni prossimi se anche per l’energia fotovoltaica si avrà un insuccesso come quello<br />

avuto con l’energia solare termica. si ricorda ancora la campagna dell’ENEL per gli scalda acqua solari<br />

che non ha innescato la nascita <strong>di</strong> un mercato autosufficiente dei pannelli solari.<br />

I sistemi fotovoltaici si prestano bene anche per la costruzione <strong>di</strong> piccole centrali <strong>di</strong> potenza<br />

come quella <strong>di</strong> Vulcano da 80 kWep (ve<strong>di</strong> Figura 161) e <strong>di</strong> Serre (ve<strong>di</strong> Figura 162) da 3.3 MWep.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

238<br />

Figura 161: Installazione <strong>di</strong> pannelli nell’isola <strong>di</strong> Vulcano – Potenza 80 kWep<br />

Figura 162: Impianti da 3.3 MWep <strong>di</strong> Campo Serre (Salerno)


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

239<br />

Figura 163: Installazioni particolari <strong>di</strong> pannelli fotovoltaici<br />

Probabilmente i costi <strong>di</strong> installazione iniziali sono ancora elevati e i tempi <strong>di</strong> pay back non proprio<br />

esaltanti, tuttavia le centrali fotovoltaiche offrono numerosi vantaggi che spesso non hanno un<br />

riscontro economico. Esse sono ecologiche, sono compatibili con lo sviluppo sostenibile e possono<br />

essere installate in luoghi che presentano problemi <strong>di</strong> logistica notevoli, come per la centrale <strong>di</strong> Vulcano<br />

o in genere là dove si ha una scarsa accessibilità ai luoghi, come illustrato in Figura 163.<br />

Anche le applicazioni domestiche degli impianti fotovoltaici sono economicamente poco<br />

convenienti, ve<strong>di</strong> Figura 164. Il Ministero dell’Ambiente ha avviato un Programma biennale <strong>di</strong> incentivi<br />

per la realizzazione <strong>di</strong> impianti fotovoltaici, il primo incentivo è apparso nel Bando pubblicato sulla<br />

Gazzetta Ufficiale 29 marzo 2001 n. 74 riservato però esclusivamente ai soggetti della Pubblica<br />

Amministrazione, entro settembre 2001 è atteso un secondo Bando che si rivolgerà a tutti i citta<strong>di</strong>ni.<br />

L’apporto economico sarà del 75% escluso l’IVA, e verrà dato dal Ministero dell’Ambiente a chi<br />

realizzerà gli impianti solari fotovoltaici.<br />

Da dati pubblicati dal CESI i costi <strong>di</strong> realizzazione degli impianti fotovoltaici sono così descritti:<br />

⋅ • 1 kW <strong>di</strong> pannelli fotovoltaici = circa 10 mq. <strong>di</strong> superficie esposta tra sud – est e sud –<br />

ovest senza ombreggiamento a circa 14 – 15 milioni <strong>di</strong> cui il 75% finanziato dal Ministero<br />

esclusa l’IVA.<br />

⋅ • Taglia degli impianti ammessi = Compresa tra 1 e 20 chilowatt • Produzione conseguibile<br />

con un Impianto da 1 kW = circa 250.000 – 300.000 Lit/anno alle tariffe attuali dell’energia<br />

elettrica<br />

⋅ • Altri costi = Il richiedente deve essere l’intestatario <strong>di</strong> contratto <strong>di</strong> utenza elettrica; il<br />

nuovo impianto solare <strong>di</strong> produzione deve essere collegato alla rete elettrica con un secondo<br />

contatore, che costa 60.000 Lit/anno (nolo contatore + lettura + verifica annuale<br />

dell’impianto a cura della società elettrica.)<br />

⋅<br />

• Conteggio rapporto produzione/ consumi. La produzione <strong>di</strong> energia dell’impianto<br />

fotovoltaico viene sottratta al consumo dell’utente, con conguaglio annuale tra le letture dei<br />

due contatori: se la produzione dovesse superare i consumi, l’eccedenza verrà conteggiata a<br />

cre<strong>di</strong>to nell’anno successivo, ma mai compensata in denaro, in quanto questo costituirebbe<br />

un red<strong>di</strong>to con implicazioni fiscali.<br />

Per la realizzazione degli impianti <strong>di</strong> potenza compresa tra 1 e 5 kWp, il costo massimo<br />

dell’investimento riconosciuto del Programma, è fissato in 8.000 Euro circa (Lire 15.500.000) per kWp<br />

installato; mentre per gli impianti <strong>di</strong> potenza superiore e comunque fino a 20 kWp, il tetto è quello<br />

ottenibile con la seguente formula:<br />

C = 13,5 + 10/P


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

240<br />

⋅<br />

dove, C è il costo massimo identificato dal Programma, in milioni <strong>di</strong> lire/kW, P è la<br />

potenza nominale dell’impianto in kW.<br />

Figura 164: Prezzi dei tetti solari fotovoltaici<br />

L’impianto può essere installato sul tetto <strong>di</strong> abitazioni e <strong>di</strong> strutture e<strong>di</strong>lizie o dovunque ci sia<br />

<strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> spazio purché i moduli siano orientati a sud per ottenere la massima energia prodotta. In<br />

Figura 165 si ha uno schema riassuntivo del programma Tetti Fotovoltaici del Ministero dell’Ambiente<br />

per gli enti pubblici.<br />

Figura 165: Il programma tetti fotovoltaici del Ministero dell’Ambiente


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

241<br />

Figura 166: Esempio <strong>di</strong> variabilità del carico elettrico giornaliero<br />

Tabella 21: Esempio <strong>di</strong> costo <strong>di</strong> un impianto fotovoltaico<br />

9.2 DIMESIONAMENTO DELL’IMPIANTO FOTOVOLTAICO<br />

Per <strong>di</strong>mensionare gli impianti fotovoltaici si utilizzano gli stessi dati già visti in precedenza per la<br />

<strong>di</strong>sponibilità dell’energia solare. Si rimanda al $6.2 per ulteriori dettagli.<br />

9.3 CRITERI DI DIMENSIONAMENTO DEGLI IMPIANTI FOTOVOLTAICI<br />

⋅<br />

I sistemi fotovoltaici possono vantaggiosamente essere utilizzati per:<br />

Sistemi autonomi (stand alone)


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

242<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

Sistemi connessi alla rete (grid connected)<br />

Centrali fotovoltaiche<br />

Sistemi integrati negli e<strong>di</strong>fici<br />

Nel caso dei sistemi autonomi si hanno utenze <strong>di</strong>fficilmente collegabili alla rete perché ubicati in<br />

aree poco accessibili. In genere le utenze con bassi consumi <strong>di</strong> energia non rendono conveniente il<br />

costo dell’allacciamento (esempio tipico delle utenze nelle isole).<br />

Per le utenze connesse alla rete si utilizza come sistema <strong>di</strong> accumulo la rete principale. In questo<br />

caso si utilizzano contatori bi<strong>di</strong>rezionali. Senza lo scambio con la rete si dovrebbero utilizzare gli<br />

accumulatori <strong>di</strong> energia con conseguenti alti costi.<br />

Controllo <strong>di</strong> potenza<br />

Per regolare la tensione in uscita dalle celle fotovoltaiche occorre un sistema <strong>di</strong> controllo (BOS<br />

Balance Of System) che ne mantenga costanti i valori. Le funzioni svolte sono:<br />

⋅ Regolatore <strong>di</strong> cariche delle batterie preservando gli accumulatori da un eccesso <strong>di</strong> carica o scarica;<br />

⋅ Dispositivo <strong>di</strong> inseguimento del punto <strong>di</strong> massima potenza;<br />

⋅ Convertitore CC/CA o inverter nel caso si richieda la CA per l’utenza o questa sia connessa in<br />

rete;<br />

⋅ Dispositivo <strong>di</strong> controllo per adattare la tensione alla rete (filtraggio delle armoniche e<br />

rifasamento).<br />

Potenzialità del fotovoltaico<br />

La quantità <strong>di</strong> energia elettrica prodotta <strong>di</strong>pende:<br />

⋅ Dalla superficie dell’impianto<br />

⋅ Dalla posizione dei moduli (angolo rispetto all’orizzontale ed angolo <strong>di</strong> orientamento rispetto al<br />

Sud)<br />

⋅ Ra<strong>di</strong>azione solare incidente sul sito<br />

⋅ Efficienza dei moduli<br />

⋅ Efficienza del sistema <strong>di</strong> regolazione (BOS)<br />

⋅ Temperatura <strong>di</strong> funzionamento.<br />

Se si ipotizza che il modulo fotovoltaico presenti un’efficienza linearmente <strong>di</strong>pendente dalla<br />

temperatura si ha la relazione:<br />

( T T )<br />

η = η ⎡⎣<br />

1− β −<br />

R c R<br />

Ove ηR è il prodotto dell’efficienza <strong>di</strong> riferimento della cella per il fattore <strong>di</strong> riempimento del<br />

modulo mentre T R è la temperatura <strong>di</strong> riferimento per l’efficienza precedente. β è il coefficiente <strong>di</strong><br />

efficienza <strong>di</strong> temperatura della cella.<br />

Un bilancio energetico del modulo fotovoltaico fornisce la potenza elettrica utile prodotta:<br />

E = AI τη = AI τα − AU T − T<br />

β<br />

β<br />

⎤⎦<br />

( )<br />

L c a<br />

Ove I β è l’intensità dell’energia solare incidente sul piano del modulo;<br />

U L è il coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>spersione termica del modulo;<br />

τ la trasmissività solare della copertura protettiva;<br />

α il fattore <strong>di</strong> assorbimento della cella<br />

Tenendo conto che UL è almeno un or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> grandezza maggiore del gruppo<br />

la seguente espressione approssimata per il ren<strong>di</strong>mento (sottostimata al 5%):<br />

⎧<br />

βτα Iβ<br />

⎫<br />

η = ηR ⎨−β<br />

( Ta −TR<br />

) − ⎬<br />

⎩<br />

U<br />

L ⎭<br />

si ottiene


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

243<br />

La me<strong>di</strong>a mensile dell’energia elettrica giornaliera prodotta dalla cella si ottiene integrando sul<br />

mese il valore istantaneo e <strong>di</strong>videndo per il numero N <strong>di</strong> giorni del mese:<br />

E 1<br />

=<br />

b<br />

N<br />

∫ Edt = AI βταη dt = A τ H η<br />

mese ∫ mese<br />

Dove è la me<strong>di</strong>a mensile della ra<strong>di</strong>azione solare giornaliera incidente sul piano del modulo, τ è<br />

il valore me<strong>di</strong>o mensile della trasmissività.<br />

Il valore me<strong>di</strong>o mensile dell’efficienza del modulo è dato da:<br />

η<br />

∫<br />

∫<br />

ηI dt η ⎡<br />

β<br />

⎤<br />

I dt b ( T T ) I dt I dt⎥<br />

⎦<br />

2<br />

mese<br />

β<br />

R<br />

= = ⎢<br />

mese mese<br />

a R<br />

NH<br />

∫ β<br />

− ∫ −<br />

β<br />

− τα<br />

U<br />

∫mese<br />

β<br />

I dt<br />

β<br />

L<br />

mese<br />

β ⎣<br />

Il primo integrale è la ra<strong>di</strong>azione solare mensile sulla superficie del modulo, il secondo integrale è<br />

la <strong>di</strong>fferenza fra la temperatura ambiente me<strong>di</strong>a mensile pesata con l’intensità della ra<strong>di</strong>azione T’a e la<br />

temperatura <strong>di</strong> riferimento mentre il terzo integrale va valutato in termini del prodotto me<strong>di</strong>o mensile<br />

trasmissività - assorbimento ed una variabile a<strong>di</strong>mensionale V definita come:<br />

2<br />

n ∫ I dt<br />

mese<br />

β<br />

V =<br />

2<br />

NH β<br />

Con n numero <strong>di</strong> ore o <strong>di</strong> secon<strong>di</strong> nel giorno.<br />

La variabile <strong>di</strong> riferimento viene espressa nella forma:<br />

2<br />

V = aX + bX + c<br />

Con i seguenti valori:<br />

Ove si hanno:<br />

X<br />

=<br />

R<br />

R<br />

'<br />

( ω<br />

s<br />

1,548 Kh ) + (( 1−1,548<br />

Kh ) ωs<br />

)<br />

a = K − K +<br />

2<br />

12,16<br />

h<br />

9,88<br />

h<br />

0,80<br />

n<br />

2<br />

1,90<br />

h<br />

9,79<br />

h<br />

10,15<br />

b = − K − K +<br />

2<br />

2,04Kh<br />

1, 23 0,58<br />

c = + −<br />

Con K<br />

h<br />

in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> trasparenza atmosferica e con il simbolismo già visto per il calcolo della<br />

ra<strong>di</strong>azione solare.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

244<br />

10 ENERGIA EOLICA<br />

Una fonte <strong>di</strong> energia certamente rinnovabile e assolutamente eco-compatibile è quella eolica.<br />

L'energia eolica, a stretto rigore, altro non è che una forma in<strong>di</strong>retta <strong>di</strong> energia solare, poiché il<br />

movimento delle masse d'aria è innescato dalle <strong>di</strong>suniformità nel riscaldamento terrestre (<strong>di</strong>verso<br />

riscaldamento dell'equatore rispetto ai poli nord e sud; della terra ferma rispetto al mare; ecc.)<br />

Mulini a vento ad asse verticale<br />

Le prime macchine (mulini a vento persiani) erano macchine ad asse verticale, realizzati con vele<br />

inizialmente in tela e poi in legno collegate a gran<strong>di</strong> ruote orizzontali, messe in rotazione dalla pressione<br />

generata dal vento sulle vele. Simili macchine furono in uso anche in Cina (13° secolo AC) e, più tar<strong>di</strong>,<br />

si <strong>di</strong>ffusero in Europa.<br />

Figura 167: La prima turbina eolica - F. Brush (1849-1929)<br />

Fra le macchine ad asse verticale ricor<strong>di</strong>amo quella basata sul rotore Savonious (1924) e quella <strong>di</strong><br />

Darrieus (1920)<br />

Nei tempi antichi l'energia cinetica del vento venne inizialmente impiegata per scopi propulsivi; la<br />

produzione <strong>di</strong> energia meccanica dal vento è più recente: pare che i primi mulini a vento risalgano a<br />

non più <strong>di</strong> qualche migliaio d'anni fa.<br />

Per quanto riguarda la generazione <strong>di</strong> energia elettrica, le macchine ad asse verticale non<br />

richiedono <strong>di</strong>spositivi per l'orientazione del rotore; moltiplicatore e generatore sono al suolo, il che<br />

semplifica le operazioni <strong>di</strong> manutenzione; per contro non traggono pieno vantaggio della maggior<br />

velocità del vento e della minor tubolenza alle maggiori altezze dal suolo.<br />

Mulini a vento ad asse orizzontale<br />

Si svilupparono quando i mulini a vento si <strong>di</strong>ffusero in Europa (nel Me<strong>di</strong>oevo, ai tempi delle<br />

crociate): una ruota verticale mette in rotazione un albero (verticale) me<strong>di</strong>ante opportuni sistemi ad<br />

ingranaggio. Le prime macchine <strong>di</strong> questo tipo comparvero in Francia ed in Inghilterra;


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

245<br />

successivamente si <strong>di</strong>ffusero anche in America e trovarono svariati impieghi (tipicamente come<br />

aeropompe); nei Paesi Bassi essi trovarono largo impiego.<br />

Generazione <strong>di</strong> energia elettrica<br />

Figura 168: Gedser Wind Turbine (1956-57)<br />

Il primo mulino a vento accoppiato ad un generatore elettrico ("aerogeneratore" o "aeromotore")<br />

venne realizzato verso la fine del 19° secolo (in Danimarca). Solo dopo la prima guerra mon<strong>di</strong>ale si<br />

costruirono le prime vele con profili aero<strong>di</strong>namici per mulini a vento e le nuove macchine assunsero in<br />

seguito la denominazione <strong>di</strong> "turbine eoliche".<br />

Figura 169: Mulini ad assi verticali e primo impianto con turbine da 630 kW<br />

Nel 1940 negli Stati Uniti fu costruita una macchina da 1250 kW bipala (installata a 610 m <strong>di</strong><br />

altitu<strong>di</strong>ne, sul Grandpa's Knob, in Vermont), con una torre <strong>di</strong> 34 m; un rotore <strong>di</strong> 55 m <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro, a 28<br />

giri/min nominali.<br />

Il rotore si ruppe nel 1945 per fatica ed in seguito il progetto venne abbandonato in quanto allora<br />

l'energia eolica non poteva economicamente competere con la produzione <strong>di</strong> energia elettrica da<br />

centrali a combustibile fossile e idroelettriche.<br />

In<strong>di</strong>rettamente l’energia eolica è figlia dell’energia solare poiché si tratta <strong>di</strong> spostamenti <strong>di</strong> massa<br />

d’aria innescati da surriscaldamenti locali dovuti alla ra<strong>di</strong>azione solare. Tutta la meteorologia è figlia<br />

della <strong>di</strong>stribuzione dell’energia solare sulla Terra.<br />

Questi impianti sono concettualmente semplici: l’energia <strong>di</strong>namica dell’aria in movimento mette<br />

in azione un mulino a pale opportunamente sagomate che a sua volta aziona un generatore elettrico per<br />

la produzione <strong>di</strong> energia elettrica.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

246<br />

Oggi sono <strong>di</strong>sponibili pale che possono entrare in azione con velocità <strong>di</strong> 2-4 m/s. La fattibilità<br />

economica <strong>di</strong> questi impianti è assicurata in zone particolarmente ventose durante tutto l’anno.<br />

Figura 170: Azione del vento<br />

Figura 171: Utilizzo dell’energia eolica<br />

Figura 172: Campo <strong>di</strong> generatori eolici su terraferma


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

247<br />

Figura 173: Campo <strong>di</strong> generatori eolici in mare<br />

Figura 174: Generatori eolici in mare – torre da 133 m e <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 122 m<br />

La scelta dei siti <strong>di</strong> installazione delle pale a vento è effettuata, oltre che in base all’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />

ventosità, anche in funzione dell’inquinamento acustico prodotto da questi generatori. Pertanto sono<br />

favoriti i siti lontani dai centri abitati o ad<strong>di</strong>rittura in mare.<br />

In Sicilia è già attiva una Legge Regionale che incentiva l’installazione <strong>di</strong> questi sistemi <strong>di</strong><br />

conversione. Si conta <strong>di</strong> avere una potenza elettrica installata <strong>di</strong> almeno 500 MWe. L’energia prodotta è<br />

<strong>di</strong>rettamente immessa nella rete del GRNT. Il costo me<strong>di</strong>o è <strong>di</strong> circa 1.000.000 €/MWe a seconda della<br />

taglia dell’impianto. Sono in corso <strong>di</strong>verse iniziative nazionali e regionali per l’installazioni <strong>di</strong> campi <strong>di</strong><br />

generatori eolici e l’incidenza <strong>di</strong> potenza elettrica così prodotta potrà arrivare al 5% della potenza totale<br />

prodotta in Italia.<br />

10.1 LE RISORSE EOLICHE IN ITALIA<br />

L'Italia, situata al centro <strong>di</strong> un bacino chiuso come quello del Me<strong>di</strong>terraneo, non è interessata dai<br />

venti <strong>di</strong> forte intensità e <strong>di</strong> andamento regolare che spirano in altre parti della terra.<br />

Per l'Italia settentrionale risulta trascurabile l'apporto dell'intera pianura padana, mentre buone<br />

velocità me<strong>di</strong>e del vento si riscontrano in località alpine e appenniniche al <strong>di</strong> sopra degli 800-1000 m <strong>di</strong><br />

quota.<br />

Le zone costiere dell'Italia centro-settentrionale presentano velocità me<strong>di</strong>e più elevate sul versante<br />

tirrenico che su quello adriatico, mentre le località interne del centro offrono situazioni alquanto varie.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

248<br />

L'Italia meri<strong>di</strong>onale e le isole sono caratterizzate in genere da buone velocità del vento, che<br />

pongono queste regioni tra le più interessanti dal punto <strong>di</strong> vista dello sfruttamento dell'energia eolica<br />

nel nostro paese.<br />

Per quanto riguarda l'andamento stagionale si ha una certa prevalenza del periodo invernoprimavera<br />

al sud e nelle isole, nonché alle alte quote alpine e appenniniche e nelle regioni costiere. Le<br />

zone interne del nord e del centro (alle basse quote) presentano invece una ventosità maggiore nel<br />

periodo primavera-estate.<br />

Stu<strong>di</strong> sulle prospettive eoliche in Europa attribuiscono alla fonte eolica la possibilità <strong>di</strong> coprire<br />

l'1% del fabbisogno energetico italiano.<br />

10.2 PRINCIPI DI FUNZIONAMENTO DELLE MACCHINE EOLICHE<br />

Potenza totale <strong>di</strong>sponibile<br />

La potenza totale <strong>di</strong>sponibile in una corrente <strong>di</strong> vento è pari al flusso <strong>di</strong> energia cinetica KEi,<br />

ovvero<br />

Nella quale,<br />

P = potenza totale, W<br />

V<br />

tot<br />

•<br />

m<br />

i<br />

=<br />

=<br />

portata in massa, kg/s<br />

velocità del flusso incidente, m/s<br />

• •<br />

P = m KE = m<br />

tot<br />

i<br />

V<br />

2<br />

La portata in massa è data dalla equazione <strong>di</strong> continuità<br />

Nella quale,<br />

ρ =<br />

densità dell'aria, kg/m<br />

A = sezione normale alla corrente, m<br />

Dunque,<br />

3<br />

P<br />

•<br />

m = ρ AV i<br />

tot<br />

2<br />

1<br />

= ρ AV<br />

2<br />

Risulta quin<strong>di</strong> che la potenza totale <strong>di</strong>sponibile nella corrente è proporzionale al cubo della sua<br />

velocità, all'area intercettata e alla densità dell'aria incidente.<br />

10.3 LA RISORSA EOLICA<br />

Per la progettazione <strong>di</strong> una Wind Farm è necessario conoscere la <strong>di</strong>sponibilità della risorsa eolica.<br />

L’informazione sul potenziale eolico deve essere riferita a perio<strong>di</strong> significativi (anno, stagione, anni), e<br />

non semplicemente a dati puntuali.<br />

La scelta del tipo <strong>di</strong> generatore, e della <strong>di</strong>sposizione dei generatori all’interno del parco <strong>di</strong>pende<br />

fortemente da questa analisi. Lo stu<strong>di</strong>o è <strong>di</strong> tipo prettamente statistico: esso <strong>di</strong>pende dalla probabilità <strong>di</strong><br />

occorrenza <strong>di</strong> una certa intensità <strong>di</strong> vento nell’arco <strong>di</strong> un tempo definito.<br />

Anche la probabilità <strong>di</strong> occorrenza <strong>di</strong> eventi straor<strong>di</strong>nari dovrebbe essere presa in considerazione<br />

10.3.1 DISTRIBUZIONE DI WEIBULL<br />

Si definisce la funzione densità <strong>di</strong> probabilità p(u):<br />

3<br />

i<br />

2<br />

i<br />

β −1<br />

β ⎛ u ⎞ ⎛ ⎛ u ⎞<br />

f ( u) = exp<br />

η<br />

⎜ −<br />

η<br />

⎟ ⎜ ⎜<br />

η<br />

⎟<br />

⎝ ⎠ ⎝ ⎝ ⎠<br />

β<br />

⎞<br />

⎟<br />


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

249<br />

La funzione cumulativa è definita da:<br />

⎛ ⎛ u ⎞<br />

= − −<br />

⎜ ⎜<br />

η<br />

⎟<br />

⎝ ⎝ ⎠<br />

( ) 1 exp<br />

F u<br />

⋅ u = velocità del vento<br />

⋅ η = parametro <strong>di</strong> scala (anche “c” od “A”):<br />

⋅ si riferisce alla me<strong>di</strong>a, e quin<strong>di</strong> in<strong>di</strong>ca “quanto” un sito è ventoso<br />

⋅ β = parametro <strong>di</strong> forma, a<strong>di</strong>mensionale (anche “k”): in<strong>di</strong>ca quanto le velocità tendono ad<br />

essere concentrate attorno ad un valore (peaked <strong>di</strong>stribution)<br />

β<br />

⎞<br />

⎟<br />

⎠<br />

Figura 175: Tipica <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> Weibull<br />

⋅ β = 2 Distribuzione <strong>di</strong> Rayleigh<br />

⋅ β = 1 Distribuzione esponenziale<br />

⋅ (il fatto che la <strong>di</strong>stribuzione non sia simmetrica è detto “Skeweness”)<br />

Noti η e β (c e k) si calcola la u più probabile:<br />

u MP<br />

La u che trasporta la max energia in (m/s)<br />

Densità <strong>di</strong> potenza in (W/m 2 )<br />

∞<br />

0<br />

⎛ β −1⎞<br />

= η ⎜<br />

β ⎟<br />

⎝ ⎠<br />

u MaxE<br />

1<br />

β<br />

⎛ β + 2 ⎞<br />

= η ⎜<br />

β ⎟<br />

⎝ ⎠<br />

(m/s)<br />

1<br />

β<br />

P<br />

1 3 ⎛ β + 3⎞<br />

= P( u) f ( u) du ρη<br />

A<br />

∫<br />

= Γ<br />

2 ⎜<br />

β ⎟<br />

⎝ ⎠<br />

Densità <strong>di</strong> energia del vento per un dato periodo T :<br />

dove la funzione Γ è :<br />

E<br />

A<br />

1 ⎛ β + 3⎞<br />

T<br />

2 ⎝ β ⎠<br />

3<br />

= ρη Γ ⎜ ⎟<br />

∞<br />

−t<br />

x t e dt<br />

x−1<br />

( )<br />

Γ = ∫<br />

0


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

250<br />

10.3.2 TURBINA IDEALE<br />

In questa ipotesi ’energia <strong>di</strong>sponibile nel vento è completamente estratta e si ha che:<br />

⋅ P aumenta tra u cut-in (u I ) e u rated (u R ), e quin<strong>di</strong> resta costante fino a u cut-out (u 0 );<br />

⋅ la P a velocità nominale (Rated wind speed) è:<br />

1 3<br />

PR<br />

= ρ AVR<br />

2<br />

L’energia prodotta in tutto l’intervallo è :<br />

∞ uR<br />

u<br />

⎛<br />

O<br />

⎞<br />

( ) ( ) ⎜ ( ) ( ) ( )<br />

∫ ∫ ∫<br />

ETW<br />

= T P u f u du = T P u f u du + PR<br />

f u du<br />

⎜<br />

⎟<br />

0<br />

⎝ uI<br />

uR<br />

⎠<br />

e sostituendo le espressioni per P(u) = (1/2) ρ A u 3 e P R si ottiene :<br />

u<br />

β −1 β 1<br />

R<br />

u<br />

β −<br />

β<br />

O<br />

ρ ⎛<br />

3 β ⎛ u ⎞ ⎛ ⎛ u ⎞ ⎞<br />

3 β ⎛ u ⎞ ⎛ ⎛ u ⎞⎞<br />

⎞<br />

ETW<br />

= TA u exp<br />

− du + uR<br />

exp − du<br />

2 ⎜ ∫ η<br />

⎜<br />

η<br />

⎟ ⎜ ⎜<br />

η<br />

⎟ ⎟ ∫<br />

⎜ ⎟<br />

η<br />

⎜<br />

η<br />

⎟ ⎜<br />

η<br />

⎟<br />

⎟<br />

⎝<br />

u ⎝ ⎠ ⎝ ⎠<br />

I<br />

⎝ ⎠<br />

u ⎝ ⎠ ⎝ ⎠<br />

R<br />

⎝ ⎠ ⎠<br />

Questo è riferito al caso ideale. L’integrale deve essere risolto con meto<strong>di</strong> numerici.<br />

10.3.3 TURBINA REALE<br />

Non è possibile estrarre tutta l’energia dal vento (il flusso dovrebbe arrestarsi completamente sul<br />

rotore). La potenza effettiva P T prodotta dalla turbina :<br />

L’energia effettivamente estraibile dal vento è dunque:<br />

u<br />

1<br />

O<br />

u<br />

β −<br />

β<br />

R<br />

3 2 β ⎛ u ⎞ ⎛ ⎛ u ⎞ ⎞<br />

ETA = T ∫ PT ( u) f ( u) du = TPR<br />

∫ ( a1u + a2u + a3u + a4 ) exp du<br />

η<br />

⎜<br />

η<br />

⎟ − +<br />

⎜ ⎜<br />

η<br />

⎟ ⎟<br />

uI<br />

u<br />

⎝ ⎠ ⎝ ⎠<br />

I<br />

⎝ ⎠<br />

Ren<strong>di</strong>mento della macchina (Wind Turbine Efficiency)<br />

Rapporto tra E reale (E TA ) e E ideale (E TW ): (in accordo con la teoria <strong>di</strong> Betz (ve<strong>di</strong> più avanti), non<br />

può superare 0.59)<br />

ETA<br />

η =<br />

E<br />

Capacity Factor C F<br />

Rapporto tra l’energia reale estratta in un dato periodo e quella che si avrebbe facendo lavorare la<br />

turbina alla potenza nominale per lo stesso arco <strong>di</strong> tempo (con E TR = TP R )<br />

u<br />

β −1 β 1<br />

R<br />

u<br />

β −<br />

β<br />

O<br />

ETA<br />

3 2 β ⎛ u ⎞ ⎛ ⎛ u ⎞ ⎞ β ⎛ u ⎞ ⎛ ⎛ u ⎞ ⎞<br />

CF<br />

= = ( a1u a2u a3u a4 ) exp du exp du<br />

E<br />

∫ + + +<br />

TR<br />

η<br />

⎜<br />

η<br />

⎟ − + −<br />

⎜ ⎜<br />

η<br />

⎟ ⎟ ∫ η<br />

⎜<br />

η<br />

⎟ ⎜<br />

η<br />

⎟<br />

u ⎝ ⎠ ⎝ ⎠ ⎜ ⎟<br />

I<br />

⎝ ⎠ u ⎝ ⎠ ⎝ ⎠<br />

R<br />

⎝ ⎠<br />

Availability Factor A F<br />

Misura della percentuale <strong>di</strong> tempo in cui la turbina è operativa :<br />

TW


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

251<br />

u<br />

β −1<br />

β<br />

O<br />

β ⎛ u ⎞ ⎛ ⎛ u ⎞ ⎞<br />

AF = P( uI ≤ u < uO<br />

) = ∫ exp du<br />

η<br />

⎜<br />

η<br />

⎟ −<br />

⎜ ⎜<br />

η<br />

⎟ ⎟<br />

u ⎝ ⎠ ⎝ ⎠<br />

I<br />

⎝ ⎠<br />

A F aumenta al <strong>di</strong>minuire della velocità <strong>di</strong> Cut-in e al crescere <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> Cut-out e <strong>di</strong> quella me<strong>di</strong>a.<br />

Considerare separatamente ren<strong>di</strong>mento η e coefficienti C F ed A F porterebbe a considerazioni erronee:<br />

è possibile avere un elevato A F ma con basso ren<strong>di</strong>mento elettrico della macchina e viceversa.<br />

Il giusto approccio consiste quin<strong>di</strong> nel valutare nel loro complesso i parametri, così da ottimizzare<br />

il più possibile lo sfruttamento delle risorse con il minor costo.<br />

La maggiore energia nel vento si trova a velocità superiori a quella me<strong>di</strong>a, ve<strong>di</strong> Figura 176 per la<br />

quale si hanno i valori:<br />

⋅ Me<strong>di</strong>a (7 m/s)<br />

⋅ Me<strong>di</strong>ana (linea nera, 6.6 m/s)<br />

⋅ Moda (5.5 m/s)<br />

Figura 176: Utilizzo dell’energia eolica<br />

Figura 177: Distribuzione <strong>di</strong> Weibull e utilizzo dell’energia eolica


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

252<br />

Figura 178: Distribuzione del vento a Taiwan<br />

Tabella 22: Esempio <strong>di</strong> dati <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione dell’energia eolica


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

253<br />

10.4 POTENZA MASSIMA UTILIZZABILE (TEORIA DI BETZ)<br />

Consideriamo una macchina ad asse orizzontale con girante tipo elica (la turbina eolica<br />

attualmente del tipo più comune).<br />

Figura 179: Frontespizio della pubblicazione <strong>di</strong> Betz<br />

Assumiamo che la girante della turbina abbia uno spessore a-,b che la pressione e la velocità del<br />

vento incidente, sufficientemente lontano dalla turbina, siano P i e V i , e che all'uscita la pressione e la<br />

velocità del vento, <strong>di</strong> nuovo sufficientemente lontano dalla macchina, siano, rispettivamente, P e e V e .<br />

La velocità Ve risulterà inferiore a Vi poiché energia cinetica è stata estratta dalla turbina dalla corrente.<br />

Figura 180: Ipotesi <strong>di</strong> Betz


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

254<br />

Si assume un modello mono-<strong>di</strong>mensionale <strong>di</strong> un rotore ideale. Il rotore è un <strong>di</strong>sco permeabile;<br />

Ideale (nessun attrito, nessuna componente rotazionale).<br />

Il rotore rallenta il flusso da V0 (upstream) ad u (nel piano del rotore) e quin<strong>di</strong> u1 (downstream). Le<br />

linee <strong>di</strong> flusso <strong>di</strong>vergono.<br />

Considerando l'aria incidente compresa fra i ed a come un sistema termo<strong>di</strong>namico, ed assumendo<br />

costante la sua densità (una approssimazione valida poiché pressione e temperatura variano poco<br />

rispetto ai valori iniziali, dell'ambiente), nell'ipotesi che non vi siano variazioni nell'energia potenziale e<br />

che non vi sia cessione o estrazione <strong>di</strong> lavoro e calore (fra i ed a) l'equazione della conservazione della<br />

energia si può scrivere come<br />

Analogamente, per la regione <strong>di</strong> uscita b-e:<br />

V V<br />

Pi<br />

+ ρ = +<br />

2 2<br />

2 2<br />

i<br />

a<br />

Pa<br />

ρ<br />

V V<br />

Pe<br />

+ ρ = +<br />

2 2<br />

2 2<br />

e<br />

b<br />

Pb<br />

ρ<br />

La velocità del vento attraverso la turbina <strong>di</strong>minuisce da a a b, poiché parte della sua energia<br />

cinetica è convertita in lavoro. La velocità del vento non decresce bruscamente, ma gradualmente,<br />

passando dal valore Vi <strong>di</strong> avvicinamento al valore V a e poi raggiungendo il valore V e . Dunque V i > V a<br />

e Vb >V e , conseguentemente P a > P i e P b < P e ; cioè la pressione del vento cresce quando esso si<br />

avvicina alla macchina e cresce quando si allontana da essa.<br />

Combinando le equazioni precedenti si ottiene<br />

2 2 2 2<br />

Vi −Va Ve −Vb<br />

Pa − Pb = ( Pi + ρ ) − ( Pe<br />

+ ρ )<br />

2 2<br />

E' ragionevole assumere che lontano dalla girante, in e, la pressione del vento ritorni uguale alla<br />

pressione ambiente, ovvero<br />

P = P<br />

e<br />

e che la velocità all'interno della girante, V t , possa essere ritenuta in prima approssimazione<br />

costante (l'ampiezza della pala a-b è piccola rispetto alla <strong>di</strong>stanza totale considerata), cosi che<br />

V ≈V ≈ V<br />

t a b<br />

La combinazione delle equazioni delle precedenti tre equazioni fornisce<br />

2 2<br />

Vi<br />

−Ve<br />

Pa<br />

− Pb<br />

= ρ( )<br />

2<br />

La forza assiale Fx, nella <strong>di</strong>rezione della corrente, sulla ruota, <strong>di</strong> sezione A perpen<strong>di</strong>colare al<br />

flusso, è data dalla<br />

2 2<br />

Vi<br />

−Ve<br />

Fx = ( Pa − Pb<br />

) A = ρ A( )<br />

2<br />

Questa forza è anche uguale alla variazione della quantità <strong>di</strong> moto della corrente<br />

•<br />

∆( mV )<br />

•<br />

m = ρ AVt<br />

F = ρ AV ( V −V<br />

)<br />

x t i e<br />

Dalle precedenti equazioni si ottiene:<br />

1<br />

Vt = ( Vi + Ve<br />

)<br />

2<br />

i


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

255<br />

Si consideri ora il sistema globale delimitato dalle sezioni i ed e. Le variazioni <strong>di</strong> energia potenziale<br />

sono, come prima, nulle, così come le variazioni <strong>di</strong> energia interna (Ti = T e ) e l'energia <strong>di</strong> pulsione<br />

(Pi/ρ = Pe/ρ); non c'è calore aggiunto od estratto dal sistema. La conservazione della energia fornisce<br />

allora il lavoro W<br />

V<br />

W = KE − KE =<br />

La potenza P si calcola poi come flusso <strong>di</strong> lavoro<br />

i<br />

e<br />

−V<br />

2<br />

2 2<br />

i e<br />

• 2 2<br />

Vi<br />

−Ve<br />

1<br />

P = m = ρ AV V − V<br />

2 2<br />

2 2<br />

t<br />

(<br />

i e<br />

)<br />

Dalla equazione della V t si ottiene:<br />

1<br />

2 2<br />

P = ρ A( Vi + Ve )( Vi − Ve<br />

)<br />

4<br />

1 3<br />

L'equazione precedente si semplifica nella equazione Ptot<br />

= ρ AVi<br />

per P = Ptot, quando Vt =<br />

2<br />

Vi e Ve sono eguali a 0; cioè quando il vento si arresta completamente a valle della turbina. Ciò,<br />

ovviamente, è impossibile poiché il vento non si può accumulare all'uscita dalla turbina. Esiste un<br />

valore ottimale della velocità <strong>di</strong> uscita Ve,opt in corrispondenza della quale si ha una massima potenza<br />

P max , ottenibile <strong>di</strong>fferenziando P nella equazione precedente rispetto a V e per un dato V i ed<br />

eguagliando a zero la derivata.<br />

2 2<br />

3V + 2VV − V = 0<br />

e i e i<br />

La ra<strong>di</strong>ce positiva V e che risolve la precedente equazione da V e,opt<br />

1<br />

Ve,<br />

opt<br />

= Vi<br />

3<br />

Dall'equazione<br />

1<br />

P A V V V V<br />

4<br />

2 2<br />

= ρ (<br />

i<br />

+<br />

e)( i<br />

−<br />

e<br />

) si ottiene poi P max<br />

8<br />

27<br />

3<br />

Pmax<br />

= ρ AV i<br />

Il ren<strong>di</strong>mento (o coefficiente <strong>di</strong> potenza) ideale, massimo, teorico ηmax <strong>di</strong> una turbina eolica si può<br />

valutare come rapporto fra la potenza massima ottenibile e quella <strong>di</strong>sponibile:<br />

Pmax 8 16<br />

η = = × 2 = = 0.5926<br />

P 27 27<br />

tot<br />

In altre parole, una turbina eolica e' in grado, al massimo, <strong>di</strong> convertire non più <strong>di</strong> circa il 60%<br />

della potenza totale <strong>di</strong>sponibile nella corrente.<br />

La Potenza è a<strong>di</strong>mensionalizzata rispetto a P avail e si definisce il “Power Coefficient C P ”:<br />

C p = P / [ (1/2) r V 0<br />

3 A]<br />

In modo analogo, si definisce il “Thrust Coefficient CT”:<br />

C T = T / [ (1/2) ρ V 0<br />

2 A]<br />

Inserendo le equazioni P, T = f(a, ρ, V 0 , A) precedentemente in<strong>di</strong>viduate nelle espressioni<br />

definite per C P e C T :<br />

C P = 4a (1 – a) 2<br />

C T = 4a (1 – a)


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

256<br />

Differenziando CP rispetto ad a si ricava:<br />

(dCP / da) = 4 (1-a) (1-3a)<br />

C pmax = 16/27 per a = 1/3<br />

Si è dunque ricavato il massimo teorico C P =16/27<br />

⋅ per a=1/3 (detto Limite <strong>di</strong> Betz), valido<br />

⋅ per una turbina ideale ad asse orizzontale<br />

⋅ per a < 0.4<br />

⋅ per a > 0.4 il salto (V0 - u1) è grande a sufficienza da formare vortici che trasportano QdM<br />

dal flusso esterno nella scia (turbulent wake state), e quin<strong>di</strong> la teoria semplice della QdM non è<br />

più valida<br />

10.5 POTENZA REALE<br />

Figura 181: Distribuzione dei coefficienti C T e C P<br />

Lungo le pale <strong>di</strong> una turbina eolica la velocità periferica varia sensibilmente dalla base all'apice<br />

così che le pale sono spesso svergolate.<br />

Il coefficiente massimo <strong>di</strong> potenza 0,5926 assume con<strong>di</strong>zioni uniformi lungo tutta la pala.<br />

Un calcolo più rigoroso della potenza estratta dalla turbina mostra che il coefficiente <strong>di</strong> portata<br />

ideale <strong>di</strong>pende dal rapporto velocità periferica (all'apice della pala)/velocità del vento e raggiunge il<br />

valore <strong>di</strong> 0.6 solo quando la velocità periferica è circa 6-7 volte la velocità del vento.<br />

Come detto, il massimo teorico C P =16/27 per a=1/3 (detto Limite <strong>di</strong> Betz) è valido:<br />

- per una turbina ideale ad asse orizzontale per a < 0.4<br />

- per a > 0.4 il salto (V 0 - u 1 ) è grande a sufficienza da formare vortici che trasportano QdM dal<br />

flusso esterno nella scia (turbulent wake state), e quin<strong>di</strong> la teoria semplice della QdM non è più valida


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

257<br />

Figura 182: Distribuzione dei filetti nel mulino reale<br />

Figura 183: Distribuzione dei regimi <strong>di</strong> funzionamento <strong>di</strong> una turbina reale<br />

10.6 CONVERSIONE DELLA ENERGIA DEL VENTO E CARATTERISTICA<br />

POTENZA-RESA VELOCITÀ DEL VENTO PER UNA TURBINA EOLICA<br />

La velocità del vento oltre che variare da luogo a luogo subisce anche notevoli variazioni locali<br />

nel tempo. L'analisi della possibile conversione della energia cinetica del vento in energia elettrica (kWh<br />

utili) deve iniziare dunque da una analisi statistica delle velocità locali del vento (tenendo anche conto<br />

della variazione della velocità me<strong>di</strong>a con l'altezza, così da avere la velocità al mozzo della turbina); dalla<br />

integrazione delle potenze su successivi intervalli <strong>di</strong> tempo e dal fattore <strong>di</strong> carico della macchina.<br />

Ad esempio, una macchina da 100 kW nominali nell'anno potrebbe produrre 8.76 × 10 5 kWh, e<br />

si tenga presente che questi 100 kW massimi <strong>di</strong> progetto sono solo una frazione della energia cinetica<br />

del vento (tipicamente il 40%, tenendo conto del limite <strong>di</strong> Betz e del ren<strong>di</strong>mento della macchina).<br />

A seconda delle caratteristiche del luogo considerato poi una turbina eolica può funzionare<br />

me<strong>di</strong>amente alla potenza massima solo per una ben determinata frazione del tempo (tipicamente per il<br />

30%), con una <strong>di</strong>sponibilità del 90-95%: il fattore <strong>di</strong> carico sarà dunque pari a 0.3 × 0.95 = 28.5% e<br />

l'energia effettivamente prodotta 2.5 × 10 5 kWh.<br />

Le prestazioni <strong>di</strong> un aeromotore vengono sintetizzate me<strong>di</strong>ante una curva che rappresenta<br />

l'andamento della potenza resa (in or<strong>di</strong>nata) in funzione della velocità del vento (in ascissa).


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

258<br />

Per l'aerogeneratore viene considerata la potenza elettrica resa ai morsetti. Si definisce come<br />

velocità del vento <strong>di</strong> "avviamento" ("iniziale", o <strong>di</strong> "start-up") la minima velocità alla quale la macchina<br />

inizia a ruotare (valore tipico: 5 m/s).<br />

Si definisce invece velocità del vento <strong>di</strong> "inserimento" o <strong>di</strong> generazione ("cut-in") la minima<br />

velocità per cui l'aerogeneratore inizia ad erogare energia elettrica. Corrisponde <strong>di</strong> solito all'inserzione<br />

della macchina in rete.<br />

La velocità del vento "nominale" ("rated") è in genere la minima velocità del vento che da la<br />

potenza resa corrispondente al massimo ren<strong>di</strong>mento aero<strong>di</strong>namico del rotore (potenza nominale)<br />

(valore tipico: 9-12 m/s).<br />

La velocità del vento <strong>di</strong> "fuori servizio" (o <strong>di</strong> "stacco" o <strong>di</strong> "cut-out") è la velocità alla quale la<br />

macchina viene staccata dalla rete, provocando l'intervento delle protezioni contro le sovra-velocità<br />

Infine la velocità del vento al limite della resistenza è la massima velocità che una macchina può<br />

sopportare senza danno.<br />

Per un aerogeneratore ideale la curva potenza-velocità del vento mostra una potenza che cresce<br />

dalla velocità <strong>di</strong> "cut-in" a quella nominale e poi si mantiene costante fino alla velocità <strong>di</strong> "cut-out".<br />

Quest'ultimo fatto è dovuto alla necessità <strong>di</strong> evitare che la macchina elettrica venga sovraccaricata<br />

oppure che si scelga un generatore sovra<strong>di</strong>mensionato, le cui possibilità verrebbero poi sfruttate per un<br />

tempo assai ridotto.<br />

Nelle macchine reali questa curva è realizzata me<strong>di</strong>ante la regolazione continua (meccanica) del<br />

passo ("pitch regulation"), che consente, una volta raggiunta la potenza massima, <strong>di</strong> 'sfiorare' la potenza in<br />

eccesso fornita dal vento. Quando la velocità del vento raggiunge il valore <strong>di</strong> "stacco" le pale entrano in<br />

stallo.<br />

10.7 CARATTERISTICHE DEL VENTO<br />

La potenza del vento è proporzionale al cubo della sua velocità ed è quin<strong>di</strong> essenziale conoscerne<br />

con precisione le caratteristiche se si vuole realisticamente prevedere le prestazioni <strong>di</strong> un aeromotore.<br />

Le più elevate velocità del vento si incontrano sulle creste montuose, sulle coste e nel mare aperto (o in<br />

vicinanza dei gran<strong>di</strong> laghi). I parametri del vento che servono per un corretto <strong>di</strong>mensionamento <strong>di</strong> una<br />

turbina eolica sono: le velocità me<strong>di</strong>e, le variazioni istantanee (raffiche), giornaliere ed annuali, la<br />

variazione con l'altitu<strong>di</strong>ne e le <strong>di</strong>rezioni prevalenti: caratteristiche strettamente <strong>di</strong>pendenti dal sito che si<br />

considera e che possono venire raccolte solo dopo anni <strong>di</strong> indagini statistiche e misure.<br />

Di solito la velocità locale manifesta notevoli fluttuazioni nel tempo (v. per esempio la Figure 1.2)<br />

e la velocità istantanea V può essere descritta sommando ad un valore me<strong>di</strong>o V m una componete<br />

fluttuante nel tempo v:<br />

V = Vm<br />

+ v<br />

La velocità me<strong>di</strong>a V m tipicamente viene determinata su prefissati intervalli temporali (10 minuti,<br />

per esempio).<br />

Tu<br />

2<br />

2<br />

v 1 ⎡ 1 T<br />

2<br />

⎤<br />

= = ⎢ v dt<br />

Vm<br />

Vm<br />

T<br />

∫ ⎥<br />

0<br />

La fluttuazione del flusso viene solitamente espressa con riferimento alla ra<strong>di</strong>ce quadrata della<br />

me<strong>di</strong>a del quadrato delle componenti turbolente della velocità istantanea:<br />

Per terreni ad elevata rugosità (con alberi ed e<strong>di</strong>fici) l'intensità della turbolenza solitamente varia<br />

fra 0.15-0.2; per terreni lisci tipicamente 0.1.<br />

La velocità del vento sulla superficie del terreno è nulla (a causa dell'attrito fra aria e terreno);<br />

cresce poi rapidamente con l'altezza, tipicamente sino a circa 2 km, dopo <strong>di</strong> che il gra<strong>di</strong>ente verticale <strong>di</strong><br />

velocità praticamente si annulla.<br />

La variazione verticale della velocità del vento viene <strong>di</strong> solito descritta con funzioni esponenziali<br />

del tipo<br />

⎣<br />


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

259<br />

α<br />

⎛ z ⎞<br />

V ( z) = Vr<br />

⎜ ⎟<br />

⎝ z<br />

r ⎠<br />

Nella quale z rappresenta l'altezza dal suolo, V r la velocità del vento alla quota <strong>di</strong> riferimento z r ,<br />

V(z) la velocità me<strong>di</strong>a alla quota z. Il parametro α <strong>di</strong>pende dalla rugosità locale (un valore tipico può<br />

essere 0.1). Si veda in proposito la Tabella seguente.<br />

Tipo del terreno Classe <strong>di</strong> Esponent<br />

rugosità<br />

e α<br />

Gran<strong>di</strong> superfici acquatiche 0 0.01<br />

Terreni aperti con pochi ostacoli 1 0.12<br />

Terreni agricoli con e<strong>di</strong>fici e barriere (<strong>di</strong> protezione, siepi, ecc.) 2 0.16<br />

Aree agricole con molti alberi, boschi e paesi 3 0.28<br />

Figura 184: Parametro α<br />

L'istogramma da la probabilità (calcolata sulle rilevazioni in <strong>di</strong>versi anni) che si presenti una<br />

determinata velocità compresa fra V e V+∆V (nel caso <strong>di</strong> Figura ∆V=1 m/s). Ad esempio, la<br />

probabilità che il vento abbia velocità compresa fra 4.5 e 5.5 m/s è 0.104 ovvero (0.104 × 8760)=910<br />

ore/anno.<br />

Diagrammi simili (della "<strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> frequenza") sono <strong>di</strong>sponibili a livello annuale, stagionale<br />

o mensile e presentano tutti una caratteristica forma a campana con asimmetria a sinistra (tipica<br />

<strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> Weibull e Rayleigh).<br />

La "<strong>di</strong>stribuzione cumulata della frequenza", detta anche "curva <strong>di</strong> durata", viene poi ottenuta dalla<br />

precedente <strong>di</strong>stribuzione in modo da poter valutare (ad esempio in termini <strong>di</strong> ore/anno) il numero delle<br />

ore nelle quali una determinata velocità viene ecceduta.<br />

10.8 AERODINAMICA DEL PROFILO<br />

Si definiscono due coefficienti<br />

⋅ Lift Coeff. C L : C L = L / [ 0.5 ρ V ∞<br />

2 c]<br />

⋅ Drag Coeff. C D : C D = D / [ 0.5 ρ V ∞<br />

2 c]<br />

c è la corda del profilo, ρ la densità.<br />

Figura 185: Definizione del Lift e del Drag<br />

In un profilo per uso aeronautico, L/D deve essere massimizzato.<br />

⋅ L è la forza che si oppone alla gravità (maggiore L, maggiore il carico (payload) trasportabile)


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

260<br />

⋅ D è bilanciato dalla spinta del propulsore<br />

E’ inoltre definito un terzo coefficiente<br />

⋅ Moment Coeff. C M : C M = M / [ 0.5 ρ V 2 ∞ c]<br />

M agisce circa ad ¼ della corda dal lea<strong>di</strong>ng edge. Il momento è positivo se il profilo ruota in senso<br />

orario (nose up).<br />

Spiegazione del Lift:<br />

Figura 186: Forze agenti sulle pale<br />

La forma del profilo forza il flusso a curvare attorno alla geometria. Un gra<strong>di</strong>ente <strong>di</strong> pressione è<br />

necessario per curvare le linee <strong>di</strong> flusso. Nella parte superiore del profilo si ha una p < p atm , mentre in<br />

quella inferiore p > patm.<br />

Figura 187: Il Lift<br />

Profilo allineato al flusso SL (Strato Limite) non separato. La resistenza è principalmente<br />

causata dall’attrito con l’aria.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

261<br />

Figura 188: Rappresentazione vettoriale delle forze agenti sulla pala<br />

In generale, CL, CD e CM = f(α, Re, Ma) con:<br />

⋅ α = ang.<strong>di</strong> attacco (tra corda e V ∞ )<br />

⋅ Re = c V ∞ /ν (Re basato su corda e V ∞ )<br />

⋅ Ma = V ∞ / a (a = velocità del suono)<br />

Per turbine eoliche si hanno C L , C D e C M = f(α, Re)<br />

Drag<br />

Risulta:<br />

P = D v r<br />

dove v r = (v w – v). Dalla definizione del coeff. C D si ha:<br />

da cui risulta una Potenza pari a:<br />

D = C D (ρ/2) (v w – v) 2 A,<br />

P = C D (ρ/2) (v w – v) 2 A v r<br />

Esprimendo la P in rapporto a quella contenuta nella corrente d’aria<br />

C P = P / P 0 = [C D (ρ/2) (v w – v) 2 A v r ] / [(ρ/2) v w<br />

3 A ]<br />

In modo analogo a quanto fatto in precedenza, si trova CPmax per v/vw = 1/3<br />

C Pmax = (4/27) C D<br />

Dato che CD <strong>di</strong>fficilmente supera il valore <strong>di</strong> 1.3, si ha<br />

C Pmax ≈ 0.2<br />

Quin<strong>di</strong>, si raggiunge circa solo un terzo del valore 0.593.<br />

C L aumenta linearmente con α, con pendenza pari a circa 2π/rad, fino ad un max, dove il profilo<br />

“stalla” e C L <strong>di</strong>minuisce rapidamente. Per piccoli angoli <strong>di</strong> attacco, C D è circa costante, ma poi<br />

aumenta rapidamente.<br />

La <strong>di</strong>pendenza da Re <strong>di</strong>venta sempre meno significativa oltre un certo valore. Questa <strong>di</strong>pendenza<br />

è correlata al punto in cui avviene la transizione SL laminare – SL turbolento.<br />

Il comportamento allo stallo <strong>di</strong>pende dalla geometria. Profili molto fini, con lea<strong>di</strong>ng edge molto<br />

stretto, tendono ad andare in stallo in modo più improvviso <strong>di</strong> quelli con grosso spessore.<br />

Questo <strong>di</strong>pende da come lo SL si separa sul lato superiore del profilo: se la separazione avviene in<br />

modo morbido dal trailing edge all’aumentare dell’angolo <strong>di</strong> attacco soft stall.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

262<br />

Se la separazione avviene sul lea<strong>di</strong>ng edge, l’intero SL può separarsi istantaneamente con per<strong>di</strong>ta<br />

imme<strong>di</strong>ata <strong>di</strong> portanza.<br />

Figura 189: La forza Drag<br />

Per<strong>di</strong>te<br />

Si hanno le seguenti per<strong>di</strong>te:<br />

Figura 190: Distribuzione <strong>di</strong> C T e C D


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

263<br />

⋅ Free tip vortices<br />

⋅ induced drag<br />

⋅ Blade tip losses<br />

Dalla <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> pressione al tip tra le due facce si hanno le Hub losses (scia <strong>di</strong>etro all’Hub).<br />

Si usano modelli (complex vortex model) e si definiscono i coefficienti:<br />

Power coefficient: CP = P / [0.5 ρ vw 3 A]<br />

Torque coefficient: CQ = M / [0.5 ρ vw 2 A R]<br />

C P = λ C Q<br />

(A = Area del rotore)<br />

Blade tip-speed ratio: λ = u /vw = R ω / vw dove<br />

u = velocità tangenziale della pala al tip<br />

vw = velocità del vento<br />

La <strong>di</strong>pendenza <strong>di</strong> CP da λ è una caratteristica del rotore<br />

La Teoria <strong>di</strong> Betz fornisce un C P costante ed ideale (0.593), in<strong>di</strong>pendente da λ. Quando si<br />

considerano i vortici nella scia CP = f(λ). Solo quando λ è infinitamente elevato si ha che CP<br />

approssima il valore ideale in<strong>di</strong>cato da Betz. CP ha un ottimo per un dato valore <strong>di</strong> λ. Per ogni rotore<br />

caratterizzato da un numero “n” <strong>di</strong> pale, esiste un λ tale da massimizzare C P .<br />

10.9 CARATTERISTICHE DEI ROTORI<br />

Figura 191: Distribuzione delle per<strong>di</strong>te<br />

I mulini a vento raggiungevano CP ≈ 0.3 ed erano basati essenzialmente sul concetto <strong>di</strong> Drag.<br />

I moderni generatori raggiungono CP ≈ 0.5. Si assiste alla superiorità del concetto <strong>di</strong> Lift rispetto<br />

a quello <strong>di</strong> Drag.<br />

Relativamente a CP, i rotori a più alto tip-speed ratio sono preferibili. Rispetto a CQ, i rotori lenti<br />

multi-pala hanno la coppia più alta.<br />

Possibili problemi <strong>di</strong> avvio si possono avere per rotori mono e bi-pala. Il Rotore tripala<br />

rappresenta il miglior compromesso. Si hanno i seguenti coefficienti:<br />

Power coefficient: C P = P / [0.5 ρ v w 3 A]<br />

Torque coefficient: C Q = M / [0.5 ρ v w 2 A R]


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

264<br />

Figura 192: Evoluzione dei moderni rotori<br />

Non interessa una turbina con elevato ren<strong>di</strong>mento (poiché il combustibile è a costo zero) quanto<br />

la produzione <strong>di</strong> energia al più basso costo possibile.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

265<br />

11 LA PROBLEMATICA DELLE FUEL CELLS<br />

Gli attuali motori endotermici sembrano aver quasi raggiunto i loro limiti tecnologici e pertanto il<br />

rapporto fra il ciclo reale e quello ideale, η R /η I , tende al valore massimo consentito dai materiali<br />

utilizzati. Si ricorda, infatti, che il limite tecnologico è imposto oggi quasi esclusivamente dalla<br />

temperatura massima raggiungibile in con<strong>di</strong>zioni stazionarie nel ciclo termo<strong>di</strong>namico: per i motori a<br />

scoppio questa è data dalla fase <strong>di</strong> scoppio seguita da altre fasi <strong>di</strong> raffreddamento mentre per i motori a<br />

gas (turbine a gas con ciclo Joule) la temperatura massima si ha in uscita dalla camera <strong>di</strong> combustione e in<br />

ingresso al <strong>di</strong>stributore del primo anello della turbina ed infine per i cicli a vapore la temperatura<br />

massima si ha all’uscita dal generatore <strong>di</strong> vapore.<br />

In tutti i precedenti casi i limiti tecnologici sembrano ormai raggiunti e sono stabili da decenni e<br />

non si vedono altri miglioramenti a meno <strong>di</strong> cambiare i materiali utilizzati. In ogni caso il miglioramento<br />

sul ren<strong>di</strong>mento termo<strong>di</strong>namico è ormai marginale.<br />

Figura 193: Confronto fra i ren<strong>di</strong>menti dei cicli oggi <strong>di</strong>sponibili<br />

Figura 194: Confronto dei sistemi <strong>di</strong> conversione dell’energia<br />

La tecnologia delle celle a combustibile che qui si vuole presentare supera entrambi i limiti sopra<br />

detti (limite termo<strong>di</strong>namico <strong>di</strong> 2° principio e tecnologici per i materiali) potendosi anche ipotizzare un ren<strong>di</strong>mento<br />

<strong>di</strong> trasformazione unitario nell’ipotesi (ovviamente ideale) <strong>di</strong> trasformazioni perfettamente reversibili.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

266<br />

Le celle a combustibile sono generatori elettrochimici dove l’energia chimica dei combustibili è<br />

trasformata <strong>di</strong>rettamente in energia elettrica senza combustione 46 .<br />

11.1 FUNZIONAMENTO BASILARE DELLE CELLE A COMBUSTIBILE<br />

L’idea <strong>di</strong> utilizzare processi elettrolitici per produrre energia elettrica non è nuova e risale già alla<br />

seconda metà dell’ottocento. Tuttavia gli sviluppi più importanti si sono avuti a partire dalla seconda<br />

metà del novecento sia con l’esigenza, prima, <strong>di</strong> avere generatori compatti per applicazioni spaziali e,<br />

poi, <strong>di</strong> sostituire le tecnologie basate sugli idrocarburi nei normali cicli a combustione con altre <strong>di</strong> tipo<br />

alternativo meno inquinanti e maggiormente performanti 47 , come in<strong>di</strong>cato in un confronto con gli<br />

attuali cicli in Figura 193.<br />

Celle a combustibile con elettrolita acido<br />

Il meccanismo <strong>di</strong> base del funzionamento <strong>di</strong> una cella a combustibile è in<strong>di</strong>cato in Figura 195 e<br />

può essere descritto nelle seguenti fasi:<br />

⋅ Nelle celle con elettrolita <strong>di</strong> tipo acido, ve<strong>di</strong> Figura 195, si invia combustibile (H 2 ) che a<br />

contatto con il catalizzatore si <strong>di</strong>ssocia in protoni ed elettroni secondo la reazione:<br />

H 2 → 2H + + 2e -<br />

E 0= 0.000 V<br />

⋅<br />

In corrispondenza dell’anodo si invia il comburente (O 2 ) che riceve gli elettroni liberati<br />

dall’idrogeno e provenienti esternamente attraverso il circuito esterno e si <strong>di</strong>ssocia in<br />

ione ossigeno che combinandosi con gli ioni idrogeno proveniente attraverso l’elettrolita<br />

forma acqua secondo la relazione:<br />

O 2 + 4 H + + 4 e - → 2H 2O -<br />

E 0= 1.229 V<br />

Figura 195: Schema base delle celle a combustibile con elettrolita acido<br />

46 Si ricorderà dal Corso <strong>di</strong> Fisica Tecnica che il processo <strong>di</strong> combustione è responsabile <strong>di</strong> una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> exergia <strong>di</strong><br />

circa il 30% (ve<strong>di</strong> Diagramma <strong>di</strong> Sunkey delle centrali a ciclo Rankine) a causa delle per<strong>di</strong>te insite nel processo chimico-fisico<br />

della combustione e del generatore termico. Nelle celle a combustibile si ha un processo <strong>di</strong> ossido-riduzione non termico ma<br />

elettrochimico che evita le per<strong>di</strong>te termo<strong>di</strong>namiche suddette.<br />

47 In realtà si sta assistendo ad uno sviluppo accelerato nell’ultimo decennio per motivi anche geo-politici legati al<br />

costo e alla <strong>di</strong>sponibilità del petrolio oltre che ad una accettata necessità <strong>di</strong> ridurre le emissioni inquinanti per ridurre l’effetto<br />

serra (Protocollo <strong>di</strong> Kyoto).


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

267<br />

In definitiva si forniscono alla cella da un lato idrogeno e dall’altro lato ossigeno ottenendo<br />

formazione <strong>di</strong> acqua e <strong>di</strong> energia elettrica secondo la reazione (non più <strong>di</strong> combustione):<br />

2H 2 + O 2 → H 2O<br />

E 0= 1.229 V<br />

Il prodotto finale è assolutamente non inquinante e la cella fornisce <strong>di</strong>rettamente energia elettrica<br />

senza passare attraverso il ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> Carnot. Si osservi che la trasformazione inversa consente <strong>di</strong><br />

separare dall’acqua idrogeno ed ossigeno ricostituendo i componenti fondamentali <strong>di</strong> ingresso della<br />

cella. In questo senso si avrebbe, qualora si raggiungesse l’effettiva reversibilità, un ciclo ideale<br />

reversibile con ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> trasformazione unitario.<br />

Celle a combustibile con elettrolita basico<br />

Si possono avere celle a combustibile con elettrolita basico il cui funzionamento è schematizzato<br />

nella seguente sequenza <strong>di</strong> reazioni per l’anodo e per il catodo:<br />

H 2 + 2 OH -- - → 2H 2O + 2e --<br />

E 0=- 0.828 V<br />

O 2 + 2 H 2O + 4 e - → 4 OH --<br />

In definitiva ancora una volta si ha la reazione complessiva:<br />

2H 2 + O 2 → H 2O<br />

11.2 TIPOLOGIE DI CELLE A COMBUSTIBILE<br />

E 0= 0.401 V<br />

E 0= 1.229 V<br />

In base a quanto sopra visto la tipologia dell’elettrolita stabilisce anche il tipo <strong>di</strong> celle a<br />

combustibile. Possiamo riassumere le varie tipologie nella seguente Tabella 23.<br />

Le celle AFC (<strong>di</strong> tipo alcalino) sono le più conosciute e stu<strong>di</strong>ate ma sono anche le più ingombranti e<br />

vanno bene per impianti fissi (<strong>di</strong> terra) e funzionano con ossigeno puro.<br />

Le celle PAFC (ad acido fosforico) sono utilizzate per le missioni spaziali. Le celle SOFC hanno<br />

buon ren<strong>di</strong>mento ma bassa densità <strong>di</strong> potenza. Le cella MCFC hanno bisogno <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong><br />

ricircolo della CO 2 .<br />

Le celle PEMFC (con membrana a scambio protonico) sono quelle più interessanti per un uso<br />

automobilistico poiché risultano compatte e leggere oltre a funzionare a bassa temperatura e quin<strong>di</strong><br />

avviabili senza un preriscaldamento esterno. Queste ultime celle possono essere utilizzate in<br />

abbinamento con un reformer per la produzione <strong>di</strong> idrogeno da metanolo.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

268<br />

Figura 196: Cella a combustibile <strong>di</strong>sassemblata<br />

In Figura 196 si ha una vista <strong>di</strong> insieme <strong>di</strong> una cella <strong>di</strong>sassemblata nella quale sono visibili gli<br />

elettro<strong>di</strong> esterni e lo strato elettrolitico interno.<br />

Tabella 23: Tipologie <strong>di</strong> celle a combustibile<br />

Figura 197; Schema <strong>di</strong> funzionamento dei vari tipi <strong>di</strong> celle a combustibile<br />

11.3 TERMODINAMICA DELLE CELLE A COMBUSTIBILE<br />

Il lavoro reversibile prodotto da una cella a combustibile può essere calcolato me<strong>di</strong>ante la<br />

relazione:<br />

L rev = n F E rev = - ∆G<br />

Ove si hanno i seguenti simboli:<br />

⋅ n numero <strong>di</strong> elettroni liberati;<br />

⋅ E rev è la tensione nominale della cella;<br />

⋅ F la costante <strong>di</strong> Faraday 48<br />

⋅ ∆G l’energia libera <strong>di</strong> Gibbs.<br />

L’energia libera <strong>di</strong> Gibbs rappresenta quin<strong>di</strong> l’energia convertibile in lavoro.<br />

Il ren<strong>di</strong>mento è calcolato rispetto al massimo calore estraibile da una normale reazione <strong>di</strong><br />

ossidazione (combustione) e corrispondente al potere calorifico inferiore (∆H) del combustibile usato.<br />

Si ricorda, dalla Termo<strong>di</strong>namica, che per il potenziale <strong>di</strong> Gibbs si ha la seguente relazione:<br />

48 La costante <strong>di</strong> Faraday è la quantità <strong>di</strong> carica elettrica (detta anche faraday, simbolo F) che libera agli elettro<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

una cella elettrolitica un equivalente chimico <strong>di</strong> sostanza; è uguale a 96.487 Coulomb, valore che viene generalmente<br />

arrotondato a 96.500 Coulomb. Per evitare confusioni con il farad è stato proposto <strong>di</strong> chiamare tale costante Davy, dal nome<br />

del chimico H. Davy.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

269<br />

∆G = ∆H - T∆S<br />

con ∆S variazione <strong>di</strong> entropia all’interno della cella e con T∆S calore prodotto (o assorbito) dalla<br />

cella. Possiamo esprimere il ren<strong>di</strong>mento della cella me<strong>di</strong>ante il rapporto:<br />

∆G<br />

T∆S<br />

η = = 1−<br />

∆H<br />

∆H<br />

Questa relazione ci <strong>di</strong>ce che il ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> trasformazione della cella è minore <strong>di</strong> uno 49 per celle<br />

a bassa temperatura. Per celle ad alta temperatura la variazione <strong>di</strong> entropia per la formazione dell’acqua<br />

è positiva e pertanto, essendo ∆H negativa, si ha un ren<strong>di</strong>mento maggiore <strong>di</strong> uno 50 .<br />

Un’altra osservazione da fare è la variazione dell’efficienza <strong>di</strong> una cella a combustibile con la<br />

temperatura. In genere l’aumento della temperatura porta ad un decremento delle prestazioni: ad<br />

esempio un tipo <strong>di</strong> celle passa da ren<strong>di</strong>mento 83% a 25 °C a ren<strong>di</strong>mento 78 % a 100 °C. In definitiva<br />

rispetto a cicli termo<strong>di</strong>namici tra<strong>di</strong>zionali si ha un andamento opposto, come illustrato nella Figura 198.<br />

Figura 198: Confronto dei ren<strong>di</strong>menti al variare della temperatura<br />

L’osservazione del grafico in<strong>di</strong>ca che ad elevate temperature (nel caso in esame oltre 1100 °C) è<br />

più conveniente usare un ciclo <strong>di</strong> Carnot anziché una cella a combustibile. Il confronto non si può fare<br />

con riferimento ai cicli reali sia per il ren<strong>di</strong>mento inferiore a quello <strong>di</strong> Carnot che per il limite<br />

tecnologico citato nell’introduzione.<br />

11.4 POTENZIALE DI UNA CELLA A COMBUSTIBILE<br />

Assumiamo come riferimento una generica reazione del tipo:<br />

a A + b B → c C + d D<br />

nella quale A e B sono i reagenti e C e D sono i prodotti mentre a,b,c,d sono i coefficienti<br />

stechiometrici. Il lavoro estraibile da una cella è dato, come si ricorderà dall’elettrochimica, dalla<br />

relazione:<br />

∆ = ∆ +<br />

0<br />

G G RT<br />

ln<br />

c<br />

[ C] [ D]<br />

a<br />

[ A] [ B]<br />

ove in parentesi quadra si hanno le attività delle specie chimiche coinvolte nella reazione tipo<br />

sopra in<strong>di</strong>cata. Tale attività coincidono, nel caso <strong>di</strong> miscele <strong>di</strong> gas ideali, con le pressioni parziali.<br />

d<br />

b<br />

49 Si <strong>di</strong>mostra che ∆H è negativo e che anche ∆S è negativo per la formazione <strong>di</strong> acqua con T< 100 °C.<br />

50 Questa apparente contrad<strong>di</strong>zione si giustifica con il fatto che si è preso come riferimento il ptere calorifico<br />

inferiore anziché quello superiore. In effetti qualcosa <strong>di</strong> analogo succede per il ren<strong>di</strong>mento delle caldaie a condensazione<br />

nelle quali si recupera anche il calore latente <strong>di</strong> condensazione del vapore liberato nella reazione <strong>di</strong> combustione.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

270<br />

Esprimendo ∆G in funzione <strong>di</strong> E rev e sostituendo nella precedente relazione si ottiene la relazione<br />

<strong>di</strong> Nerst:<br />

E<br />

a<br />

[ A] [ B]<br />

[ ] [ ]<br />

RT<br />

= E + ln<br />

nF C D<br />

0<br />

rev c d<br />

con E 0 potenziale della reazione in con<strong>di</strong>zioni standard. Per una miscela <strong>di</strong> gas ideali,<br />

generalizzando la relazione, si ottiene:<br />

E<br />

rev<br />

RT<br />

= E + ln<br />

nF<br />

m<br />

∐<br />

0 i=<br />

1<br />

p<br />

con m numero dei reagenti nella reazione e con p numero dei prodotti, e con p i e p j pressione<br />

parziali dei reagenti e dei prodotti e con v i e v j i coefficienti stechiometrici.<br />

Per una cella funzionante con idrogeno ed ossigeno si ha:<br />

0 RT p ⋅ p<br />

2 2<br />

E<br />

ln H O<br />

rev<br />

= E +<br />

nF p<br />

Quest’ultima relazione <strong>di</strong>ce che un aumento delle pressione porta ad un aumento del potenziale<br />

<strong>di</strong> cella e quin<strong>di</strong> anche ad aumento <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>mento. Si ha anche un aumento della densità <strong>di</strong> energia e<br />

quin<strong>di</strong> un minor peso e ingombro (oltre che minor costo) della cella a combustibile.<br />

Quanto detto vale per con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> reversibilità dei processi esaminati e cioè quando la cella<br />

funziona a vuoto, cioè non si ha carico elettrico. In presenza <strong>di</strong> un carico elettrico vale la legge <strong>di</strong> Ohm<br />

per cui i potenziali elettrici misurabili <strong>di</strong>fferiscono da quelli ideali. La quota <strong>di</strong> energia libera <strong>di</strong> Gibbs,<br />

pari a T∆S, viene trasformata in calore e quin<strong>di</strong> si ha irreversibilità termica. Si hanno altre cause <strong>di</strong><br />

irreversibilità dette polarizzazioni.<br />

11.4.1 POLARIZZAZIONE OHMICA<br />

Le per<strong>di</strong>te ohmiche si hanno nelle resistenze agli elettro<strong>di</strong> per gli elettroni e alle resistenze degli<br />

ioni nell’elettrolita, oltre alle per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> contatto agli elettrodo e ai separatori. La caduta <strong>di</strong> tensione è<br />

pari, com’è noto dalla legge <strong>di</strong> Ohm, da:<br />

∆V = R i<br />

In base a quanto sopra detto, per ridurre queste per<strong>di</strong>te occorre <strong>di</strong>minuire la <strong>di</strong>stanza fra gli<br />

elettro<strong>di</strong>, lo spessore <strong>di</strong> elettrolita attraversato dagli ioni, aumentare la superficie <strong>di</strong> contatto tra<br />

elettrolita ed elettro<strong>di</strong> e migliorare la conducibilità <strong>di</strong> entrambi (ionica ed elettronica).<br />

11.4.2 POLARIZZAZIONE PER CONCENTRAZIONE<br />

La rapi<strong>di</strong>tà del consumo dei reagenti porta ad avere un gra<strong>di</strong>ente <strong>di</strong> concentrazione che<br />

contribuisce ad una lenta <strong>di</strong>ffusione gassosa nei pori degli elettro<strong>di</strong> e dei reagenti attraverso l’elettrolita<br />

fino alla zona in cui avvengono le reazioni chimiche. Si ha, pertanto, un effetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>minuzione della<br />

tensione della cella inversamente proporzionale alla concentrazione dei reagenti. La velocità <strong>di</strong> trasporto<br />

della massa alla superficie <strong>di</strong> un elettrodo è esprimibile con la legge della <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> Fick:<br />

nFD ( Cb<br />

− Cs<br />

)<br />

i =<br />

δ<br />

∐<br />

j=<br />

1<br />

p<br />

p<br />

vi<br />

i<br />

v j<br />

j<br />

H2O<br />

ove si hanno i simboli:<br />

⋅ D coefficienti <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione dei reagenti;<br />

⋅ C b la concentrazione me<strong>di</strong>a;<br />

⋅ C s la concentrazione superficiale;<br />

⋅ δ spessore dello strato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione;<br />

⋅ F costante <strong>di</strong> Faraday.<br />

B


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

271<br />

La concentrazione dei reagenti non può scendere al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> certi limiti per evitare forti per<strong>di</strong>te<br />

per polarizzazione per concentrazione.<br />

11.4.3 POLARIZZAZIONE PER ATTIVAZIONE<br />

Le reazioni elettrochimiche avvengono solamente quando si supera la barriera <strong>di</strong> attivazione<br />

(analogamente a quanto avviene per le reazioni chimiche). Ne consegue una <strong>di</strong>minuzione del potenziale<br />

<strong>di</strong> cella valutabile con la legge <strong>di</strong> Tafel:<br />

RT i<br />

∆ Vatt<br />

= ln<br />

α n F i<br />

ove si ha:<br />

⋅ α coefficiente <strong>di</strong> trasporto;<br />

⋅ i 0 densità <strong>di</strong> corrente <strong>di</strong> scambio.<br />

Di solito si usa la forma semplificata:<br />

∆V = a + b log i<br />

ove a è una costante e b la pendenza <strong>di</strong> Tafel.<br />

Le per<strong>di</strong>te per attivazione inducono a ricercare elettrocatalizzatori che portino ad una riduzione<br />

del coefficiente b.<br />

11.5 DIFFERENZA DI POTENZIALE REALE DELLA CELLA<br />

Possiamo ora riassumere le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> tensione in un <strong>unico</strong> termine dato dalla relazione:<br />

∆ V = ∆ V + ∆ V + ∆ V<br />

pot Ohm conc att<br />

Ne consegue che la riduzione complessiva del potenziale della cella sotto carico è data da:<br />

E = E − ∆ V<br />

rev<br />

L’andamento della tensione effettiva della cella in funzione della densità <strong>di</strong> corrente è data in<br />

Figura 199 ove sono anche evidenziate le singole per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> tensione sopra descritte. Si osservi che al<br />

crescere della corrente decresce la tensione <strong>di</strong> cella e quin<strong>di</strong> le celle a combustibile funzionano meglio a<br />

carico ridotto.<br />

pot<br />

0<br />

Figura 199: Potenziale effettivo della cella in funzione della corrente<br />

Per quanto detto in precedenza possiamo <strong>di</strong>re che per ridurre globalmente le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> tensione<br />

occorre:<br />

⋅ Aumentare la pressione dei reagenti in modo da accrescere il potenziale <strong>di</strong> cella;


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

272<br />

⋅ Aumentare la temperatura <strong>di</strong> cella: quest’azione da un lato fa <strong>di</strong>minuire il ren<strong>di</strong>mento<br />

elettrochimico della cella e dall’altro fa <strong>di</strong>minuire le polarizzazioni elettroniche ed<br />

aumenta la conducibilità dell’elettrolita.<br />

Si osservi che entrambi gli interventi portano ad avere con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> esercizio più severi dei<br />

componenti della cella e <strong>di</strong> conseguenza anche una vita me<strong>di</strong>a inferiore.<br />

Altri interventi utili alla riduzione delle per<strong>di</strong>te sono:<br />

⋅ lo sviluppo <strong>di</strong> elettrocatalizzatori migliori;<br />

⋅ scelta <strong>di</strong> migliori materiali per gli elettro<strong>di</strong>, gli elettroliti e le connessioni tra i vari<br />

elementi;<br />

⋅ utilizzo <strong>di</strong> gas con minori impurezze.<br />

11.6 ELETTRODI A DIFFUSIONE DI GAS<br />

Sia il combustibile che il comburente sono gassosi e le reazioni <strong>di</strong> ossidoriduzione avvengono in<br />

corrispondenza degli elettro<strong>di</strong>. Ne segue che questi ultimi debbono essere <strong>di</strong> tipo poroso a <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong><br />

gas che hanno la caratteristica <strong>di</strong> presentare una grande superficie <strong>di</strong> reazione 51 e <strong>di</strong> consentire sia il<br />

passaggio dei reagenti che la raccolta dei prodotti finali.<br />

Definiamo superficie geometrica quella microscopicamente misurabile sull’elettrodo mentre<br />

definiamo superficie <strong>di</strong> reazione o anche superficie elettrochimica la superficie interessata effettivamente dalle<br />

reazioni elettrochimiche.<br />

Nel caso si elettro<strong>di</strong> porosi (polveri metalliche sinterizzate) si hanno superfici <strong>di</strong> reazione molto<br />

maggiori delle superfici geometriche raggiungendo valore dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 100 m²/g <strong>di</strong> polveri metalliche e<br />

dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 1000 m²/g per elettro<strong>di</strong> <strong>di</strong> grafite.<br />

La tipologia degli elettro<strong>di</strong> <strong>di</strong>pende dal metodo <strong>di</strong> fabbricazione.<br />

11.6.1 ELETTRODI IDROFOBICI<br />

Sono costituiti da polvere <strong>di</strong> carbonio fissata in una matrice plastica, generalmente Teflon, come<br />

in<strong>di</strong>cato in Figura 200. Le polveri <strong>di</strong> grafite sono leggere ed hanno una grande superficie. Esse<br />

consentono <strong>di</strong> depositare vari tipi <strong>di</strong> catalizzatori. Gli elettro<strong>di</strong> con matrice <strong>di</strong> PTFE sono facili da<br />

lavorare e da costruire su larga scala. In genere si possono <strong>di</strong>stinguere due parti <strong>di</strong>stinte nella sezione <strong>di</strong><br />

questi elettro<strong>di</strong>: una parte altamente idrofobica ed una sottile superficie bagnabile. Le reazioni<br />

avvengono nell’interfaccia fra le due parti e pertanto deve essere presente anche il catalizzatore.<br />

Figura 200: Elettro<strong>di</strong> idrofobici: a) gas, b) grafite, c) agente impermeabile, d) elettrolita liquido<br />

L’idrofobicità dell’elettrodo impe<strong>di</strong>sce all’elettrolita liquido <strong>di</strong> penetrare a fondo nell’elettrodo<br />

stesso lasciando i pori liberi per la <strong>di</strong>ffusione dei gas <strong>di</strong> reazione.<br />

51 Si consideri, ad esempio, che un elettrodo <strong>di</strong> platino con superficie liscia consente <strong>di</strong> generare densità <strong>di</strong> correnti<br />

dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> µA/cm² mentre con superficie porosa si hanno densità <strong>di</strong> corrente dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> A/cm².


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

273<br />

11.6.2 ELETTRODI IDROFILICI<br />

Si tratta <strong>di</strong> elettro<strong>di</strong> formati da polveri metalliche sinterizzate. Superficialmente si hanno fori <strong>di</strong><br />

maggiori <strong>di</strong>mensioni (strato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione) rispetto allo strato in cui avvengono le reazioni. Le forze<br />

capillari fanno in modo che l’elettrolita rimanga nei pori più piccoli quando viene applicata una<br />

sovrapressione dei gas <strong>di</strong> reazione (ve<strong>di</strong> Figura 201).<br />

Figura 201: Elettro<strong>di</strong> idrofilici: a) gas, b) particelle metalliche, c) elettrolita, θ angolo <strong>di</strong> contatto<br />

Gli elettro<strong>di</strong> idrofilici sono pesanti rispetto agli elettro<strong>di</strong> idrofobici ma hanno il vantaggio <strong>di</strong> una<br />

grande conducibilità elettrica. Uno dei sistemi costruttivi più utilizzati è il sistema 52 Raney® che evitano<br />

l’utilizzo del platino come catalizzatore.<br />

11.7 CELLE A COMBUSTIBILE AD ELETTROLITA POLIMERICO (PEMFC)<br />

Si tratta <strong>di</strong> una tipologia <strong>di</strong> fuel cella con elettrolita polimerico e si presentano molto promettenti<br />

per l’utilizzo nella trazione su veicoli elettrici grazie anche alla possibilità <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> idrogeno a<br />

bordo me<strong>di</strong>ante un sistema che utilizza metanolo.<br />

Figura 202: Celle a combustibile ad elettrolita polimerica (PEMFC)<br />

52 Si tratta <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> catalizzatore al NiSn utilizzato per la produzione <strong>di</strong> idrogeno per fuel cells me<strong>di</strong>ante<br />

reforming <strong>di</strong> idrocarburi derivati da biomasse.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

274<br />

L’elettrolita è un foglio <strong>di</strong> materiale polimerico conduttore <strong>di</strong> protoni. Si tratta <strong>di</strong> una base<br />

fluoropolimerica (simile al Teflon®) alla quale sono attaccati gruppi sul fonici aci<strong>di</strong> (SO 3- H + ). Le<br />

molecole acide sono fissate al polimero mentre i protoni dei gruppi aci<strong>di</strong> sono liberi <strong>di</strong> migrare<br />

attraverso la membrana come accade per la conduzione elettronica nei metalli, ve<strong>di</strong> Figura 202.<br />

Principali vantaggi delle PEMFC<br />

Si possono qui elencare i principali vantaggi delle fuel cells a matrice polimetrica:<br />

⋅ Assenza <strong>di</strong> sostanze corrosive nelle celle (a <strong>di</strong>fferenza delle AFC);<br />

⋅ Facilità <strong>di</strong> costruzione delle celle;<br />

⋅ Possibilità <strong>di</strong> lavorare a <strong>di</strong>verse pressioni senza <strong>di</strong>fficoltà;<br />

⋅ Possibilità <strong>di</strong> utilizzare aria come comburente al posto dell’ossigeno;<br />

⋅ Lunga vita <strong>di</strong> esercizio;<br />

⋅ Bassa temperatura <strong>di</strong> funzionamento;<br />

⋅ Partenze anche a temperatura ambiente.<br />

Principali svantaggi delle PEMFC<br />

Fra gli svantaggi delle PEMFC si possono ricordare:<br />

⋅ Elevato costo attuale delle membrane elettrolitiche e quin<strong>di</strong> anche delle fuel cells;<br />

⋅ Difficile gestione dell’acqua nella membrana (caratteristica determinante);<br />

⋅ Bassa tolleranza al CO;<br />

⋅ Difficoltà <strong>di</strong> integrazione interna <strong>di</strong> un reformer.<br />

Funzionamento delle celle PEMFC<br />

Le reazioni che avvengono sono le stesse descritte per le celle ad elettrolita acido. L’acqua<br />

prodotta si <strong>di</strong>ssolve nel gas comburente e viene espulsa con quest’ultimo (inviato in eccesso proprio per<br />

questa funzione).<br />

L’acqua <strong>di</strong> reazione provoca anche l’umi<strong>di</strong>ficazione della membrana elettrolitica che, in definitiva,<br />

prolunga la vita della cella poiché evita i problemi <strong>di</strong> essiccazione del polimetro che, a sua volta, riduce<br />

la conducibilità protonica della membrana elettrolitica.<br />

Un metodo per avere raggiungere questo beneficio consiste nell’umi<strong>di</strong>ficazione dei gas reagenti in<br />

camere separate e nel mantenere pressioni <strong>di</strong>verse tra la camera ano<strong>di</strong>ca e quella cato<strong>di</strong>ca. La pressione<br />

in quest’ultima è maggiore della prima in modo da evitare l’asporto <strong>di</strong> acqua sotto forma <strong>di</strong> vapore con<br />

il comburente.<br />

Il grado <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>ficazione deve essere accuratamente tenuto sotto controllo perché un eccesso<br />

porterebbe ad un allagamento della membrana con conseguente calo <strong>di</strong> conducibilità.<br />

I principali elettroliti <strong>di</strong>sponibili sono: Nafion® (prodotto dalla DuPont®), Dow (della Dow Chemical<br />

Company), Aciplex®-S (della Asahi Chemical Industry Company).<br />

Sistema <strong>di</strong> impilamento delle PEMFC<br />

Le PEMFC hanno una bassa tensione in uscita e pertanto si è soliti utilizzarle impilate per<br />

formare degli stack sia in costruzione monopolare (ve<strong>di</strong> Figura 203) che bipolare (ve<strong>di</strong> Figura 204)


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

275<br />

Figura 203: Celle PEMFC impilate in stack monopolare<br />

Avvelenamento da CO delle PEMFC<br />

Figura 204: Celle PEMFC impilate in stack bipolare<br />

Si è già detto che le PEMFC soffrono della presenza <strong>di</strong> CO nei reagenti. Quest’ultimo, infatti,<br />

provoca una specie <strong>di</strong> avvelenamento del catalizzatore con drastica riduzione delle prestazioni, come<br />

illustrato in Figura 205.<br />

Questo problema si presenta allorquando le celle PEMFC sono utilizzate con un impianto <strong>di</strong><br />

reforming <strong>di</strong> metanolo per la produzione on board dell’idrogeno.<br />

Oggi si costruiscono sistemi con una maggiore tolleranza ma l’avvelenamento provoca anche una<br />

riduzione della vita della cella a combustibile.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

276<br />

Per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> polarizzazione nelle PEMFC<br />

Figura 205: Effetto della CO sulle celle PEMFC<br />

Un altro problema che si ha nelle PEMFC sono le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> polarizzazione ohmica dovuto ad un<br />

contatto non esteso fra elettro<strong>di</strong> ed elettrolita.<br />

Per ridurre questo effetto si interpone tra elettrodo ed elettrolita uno strato <strong>di</strong> materiale<br />

elettrolitico solubilizzato.<br />

Effetti della pressione e della temperatura sulla tensione delle PEMFC<br />

Gli effetti della pressione sul potenziale delle celle PEMFC è dato in Figura 206.<br />

Figura 206: Effetto della pressione sul potenziale delle PEMFC<br />

Gli effetti della temperatura sul potenziale delle celle PEMFC sono riportati in Figura 207.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

277<br />

Figura 207: Effetto della temperatura sul potenziale delle PEMFC<br />

In genere l’aumento della pressione provoca effetti benefici sul potenziale mentre l’incremento<br />

della temperatura provoca una <strong>di</strong>minuzione del potenziale della cella. Tuttavia l’aumento della<br />

temperatura comporta anche una riduzione della resistenza interna della cella ed una conseguente<br />

<strong>di</strong>minuzione delle pre<strong>di</strong>te ohmiche tale da compensare l’effetto negativo sul potenziale. Si può<br />

concludere che un incremento controllato della temperatura comporta un miglioramento complessivo<br />

delle prestazioni della cella PEMFC.<br />

11.8 COSTRUZIONE DI UNA PEMFC<br />

Ancora oggi, dopo una fase iniziale <strong>di</strong> sperimentazione ed utilizzo della NASA, si hanno<br />

pochissime informazione tecniche sulla progettazione e costruzione delle celle a matrice polimerica<br />

anche per l’interesse commerciale esclusivo <strong>di</strong> poche industrie statunitensi.<br />

Fra le <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> realizzazione e sperimentazione <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> celle si ha la pericolosità<br />

dell’ossigeno che ha un punto <strong>di</strong> infiammabilità molto ampio (dal 4 al 74,2 %) che comporta la<br />

necessità <strong>di</strong> un <strong>volume</strong> <strong>di</strong> controllo a tenuta.<br />

11.8.1 ELEMENTI COSTRUTTIVI DI UNA PEMFC<br />

In Figura 208 è riassunto il funzionamento <strong>di</strong> una fuel cells: i gas reagenti (idrogeno ed ossigeno)<br />

sono incanalati e <strong>di</strong>stribuiti agli elettro<strong>di</strong> nel modo più omogeneo possibile. I due elettro<strong>di</strong> sono <strong>di</strong>visi<br />

tra loro da una membrana polimetrica del tipo Nafion®.<br />

Possiamo <strong>di</strong>re che gli elementi costruttivi <strong>di</strong> una cella a combustibile sono tre: elettro<strong>di</strong>,<br />

membrana e <strong>di</strong>stribuzione dei reagenti.<br />

Gli elettro<strong>di</strong> possono essere caricati con almeno 1 mg/cm² <strong>di</strong> platino in una matrice metallica.<br />

Elementi importanti delle celle PEMFC sono gli umi<strong>di</strong>ficatori nei quali far gorgogliare i gas<br />

reagenti per mantenere umide le membrane. Detti umi<strong>di</strong>ficatori debbono essere sempre tenuti sotto<br />

controllo per evitare l’allagamento degli elettro<strong>di</strong>.<br />

La pressione <strong>di</strong> esercizio e dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 2.3 bar e pertanto tutti i componenti debbono essere<br />

<strong>di</strong>mensionati per resistere a questa pressione.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

278<br />

Figura 208: Funzionamento <strong>di</strong> una fuel cells<br />

11.9 CELLE A COMBUSTIBILE DI TIPO ALCALINE (AFC)<br />

In questo tipo <strong>di</strong> celle, fra l’altro le più antiche 53 e più utilizzate. Esse usano un elettrolita<br />

composto da una soluzione acquosa <strong>di</strong> KOH che viene trattenuto da una matrice <strong>di</strong> amianto.<br />

Funzionano a bassa temperatura ( 25-90 °C), hanno performance elevate e funzionano senza la<br />

necessità <strong>di</strong> utilizzare catalizzatori costosi.<br />

Presentano l’inconveniente grave dell’avvelenamento da CO 2 che obbliga ad usare reagenti <strong>di</strong><br />

elevata purezza. Le piastre <strong>di</strong> interconnessione sono generalmente in nichel o in acciaio inossidabile o<br />

anche in plastica. Le connessioni elettriche sono effettuate all’esterno delle piastre.<br />

Come catalizzatori si possono utilizzare:<br />

⋅ Anodo: Platino o Nichel <strong>di</strong> Raney o Borro <strong>di</strong> Nichel;<br />

⋅ Catodo: lega <strong>di</strong> Pt-Au o Ag.<br />

L’elettrolita, come già detto, è una soluzione acquosa <strong>di</strong> idrossido <strong>di</strong> metallo alcalino e pertanto si<br />

può usare NaOH o KOH: quest’ultimo è preferito da quasi tutti i costruttori <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> celle e la<br />

concentrazione varia dal 30 al 45% (da 8 a 12 moli per litro).<br />

L’elettrolita può essere sia statico (come nelle applicazioni spaziali) che <strong>di</strong>namico (posto in<br />

circolazione): in quest’ultimo caso l’elettrolita svolge anche la funzione <strong>di</strong> refrigeratore e <strong>di</strong> trasportatore<br />

dell’acqua <strong>di</strong> reazione anche se le probabilità <strong>di</strong> fuga è più elevata.<br />

Con concentrazioni me<strong>di</strong>e <strong>di</strong> potassa (30-45%) e pressione prossima a quella ambiente, la<br />

temperatura <strong>di</strong> funzionamento raggiunge gli 80-90 °C. Con concentrazioni più elevate si hanno<br />

temperature più elevate (260 °C per le pile spaziali) o per pressioni più elevate (le pile spaziali<br />

funzionano a 3-4 bar).<br />

Per pressione quasi atmosferica e temperatura <strong>di</strong> 70 °C la tensione nominale <strong>di</strong> questa cella è pari<br />

a V N = 0.78 V e la densità <strong>di</strong> corrente è I N = 100 mA/cm².<br />

La durata <strong>di</strong> queste pile può essere elevata (circa 15000 ore per le celle costruite negli USA).<br />

53 La NASA le ha scelte ed utilizzate fin dalla metà del novecento nelle applicazioni spaziali. Questo tipo <strong>di</strong> celle sono<br />

attualmente le più conosciute.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

279<br />

11.9.1 ESEMPI DI REALIZZAZIONI<br />

Le celle della Pratt e Whitney utilizzate per le missioni Apollo sono raffigurate in Figura 209<br />

Figura 209: Celle Pratt e Whitney usate per il programma Apollo<br />

Le caratteristiche principali erano:<br />

⋅ Diametro <strong>di</strong> 57 cm, lunghezza 112 cm, peso 110 kg;<br />

⋅ Caratteristiche elettriche: V =0,85 V, I = 150 mA/cm²;<br />

⋅ Potenza nominale unitaria: 1,42 kW a 27-31 V;<br />

⋅ Reagenti: idrogeno ed ossigeno puri;<br />

⋅ Elettrolita: KOH all’85%;<br />

⋅ Pressione <strong>di</strong> funzionamento: 4.1 bar ass.<br />

⋅ Temperatura <strong>di</strong> funzionamento: 260 °C.<br />

Per lo Space Shuttle è stata sviluppata una cella a combustibile, ve<strong>di</strong> Figura 210, con le seguenti<br />

caratteristiche:<br />

⋅ Altezza 35 cm, larghezza 38 cm, lunghezza 101 cm, peso 91 kg;<br />

⋅ Caratteristiche elettriche: V =0,86 V, I = 470 mA/cm²;<br />

⋅ Potenza nominale unitaria: 12 kW a 27,5 V;<br />

⋅ Reagenti: idrogeno ed ossigeno puri;<br />

⋅ Pressione <strong>di</strong> funzionamento: 4.1 bar ass.<br />

⋅ Temperatura <strong>di</strong> funzionamento: 80-90 °C.<br />

⋅ Anodo: catalizzatore 10 mg <strong>di</strong> Pt + PTFE depositato si uno strato <strong>di</strong> nichel argentato;<br />

⋅ Catodo: 20 mg <strong>di</strong> oro sullo stesso strato.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

280<br />

11.9.2 ASPETTI ECONOMICI DELLE AFC<br />

Figura 210: Modulo utilizzato nello Space Shuttle<br />

Tenuto conto dei materiali utilizzati, queste celle a combustibile sono a tutt’oggi le meno costose<br />

anche se i prezzi <strong>di</strong>vulgati sono solo quelli prototipali e non commerciali.<br />

11.10 CELLE A COMBUSTIBILE AD ACIDO FOSFORICO (PAFC)<br />

In queste celle si ha un elettrolita costituito da una soluzione concentrata <strong>di</strong> acido fosforico in una<br />

matrice <strong>di</strong> carburi <strong>di</strong> silicio.<br />

Si tratta <strong>di</strong> una tecnologia matura per impieghi stazionari ad esempio per la cogenerazione nei<br />

settori residenziali e nel terziario. Le taglie <strong>di</strong> potenza vanno da 200 kW ad 1 MW.<br />

Figura 211: Esempio <strong>di</strong> cella ad acido fosforico (PAFC)<br />

11.11 CELLA A COMBUSTIBILE A CARBONATI FUSI (MCFC)<br />

L’elettrolita è composto da una miscela <strong>di</strong> carbonati alcalini (Li, Na, K) trattenuta da una matrice<br />

ceramica <strong>di</strong> LiAlO 2 . Questo tipo <strong>di</strong> celle presenta il vantaggio <strong>di</strong> poter avere il reforming del metano<br />

all’interno della cella e la possibilità <strong>di</strong> integrazione con cicli a gas o a vapore.<br />

La temperatura massima <strong>di</strong> utilizzo è <strong>di</strong> 600-650 °C.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

281<br />

Figura 212: celle a carbonati Fusi (MCFC)<br />

Alcuni moduli <strong>di</strong> celle <strong>di</strong> questo tipo sono in corso <strong>di</strong> installazione in Umbria da parte<br />

dell’Ansaldo per una potenza complessiva <strong>di</strong> 5 MW.<br />

11.12 CELLE A COMBUSTIBILE AD OSSIDI SOLIDI (SOFC)<br />

L’elettrolita è composto da un solido metallici non poroso, in genere ossido <strong>di</strong> zirconio drogato<br />

con ossido <strong>di</strong> ittrio. In queste celle è possibile operare il reforming del metano.<br />

Presentano problemi <strong>di</strong> materiali ed hanno una temperatura massima <strong>di</strong> 800-1000 °C. L’alta<br />

temperatura è necessaria per assicurare una conducibilità sufficiente dell’elettrolita<br />

Figura 213: celle ad ossi<strong>di</strong> soli<strong>di</strong> (SOFC)


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

282<br />

11.13 CELLE A METANOLO DIRETTO (DMFC)<br />

Operano a temperature fra 70 e 120 °C ed utilizzano come elettrolita una membrana polimerica.<br />

Sono ancora allo sta<strong>di</strong>o iniziale <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o ma presentano interessantissime caratteristiche che le rendono<br />

appetibili per applicazioni automobilistiche.<br />

11.14 CONFRONTO LA DIVERSE TIPOLOGIE DI CELLE A COMBUSTIBILE<br />

Il confronto fra le <strong>di</strong>verse tipologie <strong>di</strong> celle a combustibile è sintetizzato nella Tabella 24 e nella<br />

Tabella 25.<br />

Figura 214: Applicazioni delle celle a combustibile<br />

Tabella 24: Confronto fra le <strong>di</strong>verse tipologie <strong>di</strong> celle a combustibile (Fonte ENEA)


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

283<br />

Tabella 25: Confronto analitico fra le tipologie <strong>di</strong> celle a combustibile<br />

Nella Tabella 25 si ha una sintesi delle possibili applicazioni delle celle a combustibile.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

284<br />

11.15 PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA CON CELLE A COMBUSTIBILE<br />

Gli impianti con celle a combustibile sono costituiti da 3 sezioni principali (ve<strong>di</strong> Figura 215):<br />

⋅ una sezione <strong>di</strong> trattamento del combustibile (gas naturale, metanolo, metano, olio<br />

combustibile, carbone), che converte lo stesso in un gas <strong>di</strong> sintesi contenente idrogeno,<br />

purificato secondo le necessità imposte dal tipo <strong>di</strong> cella. La produzione <strong>di</strong> idrogeno può<br />

essere ottenuta con sistemi che utilizzano processi <strong>di</strong> steam reforming 54 , ossidazione<br />

parziale, ecc.. Il processo normalmente impiegato quando si parte da idrocarburi leggeri<br />

è quello <strong>di</strong> reforming catalitico con vapore, seguito da conversione dell’ossido <strong>di</strong><br />

carbonio, abbiamo:<br />

⋅<br />

⋅<br />

CnHm+ nH2O nCO + (m/2 + n) H2<br />

nCO + nH2O nCO2 + n H2<br />

Nel processo occorre adottare con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> reazione che prevengano la formazione <strong>di</strong><br />

composti indesiderati (es. formazione <strong>di</strong> carbone) che comprometterebbero l’efficienza<br />

del processo stesso. Questa sezione non è presente se si utilizza idrogeno o se si<br />

impiegano celle ad alta temperatura (MCFC e SOFC) in cui la riforma del combustibile<br />

avviene all’interno della cella stessa.<br />

una sezione elettrochimica, costituita dalle celle che producono energia elettrica per via<br />

elettrochimica attraverso una reazione tra idrogeno alimentato all’anodo e l’ossigeno<br />

alimentato al catodo; la reazione elettrochimica è accompagnata da produzione <strong>di</strong><br />

calore.<br />

un sistema <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionamento della potenza elettrica, che trasforma l’energia, prodotta<br />

sotto forma <strong>di</strong> corrente elettrica continua, in corrente alternata <strong>di</strong> opportune<br />

caratteristiche.<br />

Completano l’impianto un sistema <strong>di</strong> regolazione e <strong>di</strong> recupero del calore, che può essere<br />

utilizzato sia all’interno dell’impianto (ad es. per il reattore <strong>di</strong> conversione del combustibile), che per<br />

utenze esterne <strong>di</strong> cogenerazione e un sistema <strong>di</strong> controllo che assicura il coor<strong>di</strong>namento delle <strong>di</strong>verse<br />

sezioni dell’impianto.<br />

Figura 215: Schema a blocchi <strong>di</strong> un impianto con celle a combustibile<br />

54 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> produzione dell’idrogeno saranno meglio trattati nel prosieguo.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

285<br />

11.16 BENEFICI INGEGNERISTICI DELL’USO DELLE CELLE A COMBUSTIBILE<br />

Oltre ai benefici ambientali sopra <strong>di</strong>scussi, l’uso delle fuel cells presenta notevoli vantaggi<br />

ingegneristici che qui si riassumono.<br />

⋅ Flessibilità: Una fuel cell può lavorare con idrogeno proveniente da qualunque<br />

combustibile fossile oggi <strong>di</strong>sponibile;<br />

⋅ Potenza generata: la potenza generata da una FC <strong>di</strong> un assegnato <strong>volume</strong> è espressa in<br />

kWh/L. La ricerca sta sempre più incrementando questa potenza;<br />

⋅ Con<strong>di</strong>zioni operative: la temperatura <strong>di</strong> lavoro varia da 80 a 1000 °C, a secondo del<br />

tipo <strong>di</strong> cella, e quin<strong>di</strong> nettamente inferiore alla temperatura raggiunta nei motori a<br />

combustione (circa 2200 °C);<br />

⋅ flessibilità del sito: una FC può essere collocata in qualunque area, anche residenziale,<br />

in quanto non provoca alcun inquinamento acustico, ambientale e non richiede<br />

permessi governativi;<br />

⋅ Capacità <strong>di</strong> cogenerazione: il calore esotermico della reazione elettrochimica può<br />

essere utilizzato per riscaldare l’acqua o per sod<strong>di</strong>sfare il fabbisogno <strong>di</strong> riscaldamento o<br />

<strong>di</strong> raffreddamento (con macchine ad assorbimento). Questo riutilizzo del calore<br />

incrementa il ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> una FC fino al 90%;<br />

⋅ Risposta rapida a variazioni <strong>di</strong> carico: per sod<strong>di</strong>sfare le richieste <strong>di</strong> potenza<br />

energetica e rispondere rapidamente alle variazioni <strong>di</strong> carico basta alimentare una FC<br />

con una maggiore quantità <strong>di</strong> combustibile. Vale il principio more fuel more power;<br />

⋅ Semplicità ingegneristica: il funzionamento <strong>di</strong> una FC non prevede alcun organo <strong>di</strong><br />

movimento e ciò determina un progetto più semplice, una maggiore affidabilità e<br />

silenziosità;<br />

⋅ Sicurezza integrata: l’idrogeno può essere autoprodotto me<strong>di</strong>ante reforming del gas<br />

naturale o altro processo tecnologico che utilizzi sia combustibili fossili o biomasse. Ciò<br />

contribuisce a ridurre la <strong>di</strong>pendenza dal petrolio e a temere meno le future crisi<br />

energetiche.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

286<br />

12 PRODUZIONE DELL’IDROGENO<br />

Prima <strong>di</strong> parlare delle produzione dell’idrogeno occorre fare alcune precisazioni anche concettuali<br />

anche per prevenire certe deformazioni mentali causate dalla <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> notizie <strong>di</strong> scarso valore<br />

scientifico. L’idrogeno, insieme all’energia elettrica, è un vettore <strong>di</strong> energia in grado <strong>di</strong> garantire la<br />

minimizzazione delle emissioni. L’idrogeno, inoltre, permette lo stoccaggio (ancora meglio dell’energia<br />

elettrica) ed offre una maggiore flessibilità nella gestione della domanda energetica. Infine va ancora<br />

sottolineato il fatto che l’idrogeno è molto flessibile negli utilizzi in una vasta gamma <strong>di</strong> applicazioni (ad<br />

esempio stazionarie, trasporti, portatili).<br />

Il sistema energetico italiano è caratterizzato da una efficienza non elevata ed è fondato<br />

sull’utilizzo <strong>di</strong> risorse non rinnovabili, soprattutto fossili.<br />

Figura 216: Sistema energetico italiano nel decennio 1999-2000<br />

Figura 217: Sistema energetico e fonti rinnovabili


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

287<br />

In Figura 217 si ha una quadro sinottico del sistema <strong>di</strong> conversione energetico sia per le fonti<br />

rinnovabili che per le fonti non rinnovabili (o anche esauribili).<br />

In Figura 218 si ha l’andamento della tendenza all’utilizzo delle varie fonti <strong>di</strong> energia ed è<br />

possibile osservare imme<strong>di</strong>atamente come le uniche fonti in preve<strong>di</strong>bile crescita sono quelle derivanti<br />

dall’energia nucleare, dalla fusione nucleare, dall’energia solare e, soprattutto, dall’idrogeno. Le fonti<br />

petrolifero sono date in decrescita nella seconda parte del 2000.<br />

Osservazioni sul settore dei trasporti<br />

Figura 218: Tendenza nell’uso delle fonti energetiche<br />

Il settore dei trasporti corrisponde meno agli in<strong>di</strong>rizzi <strong>di</strong> sostenibilità e necessita quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

strategie fortemente innovative. L’aumento dei consumi registrato negli ultimi anni è stato rilevante sia<br />

in termini assoluti sia come incidenza sul totale dei consumi nazionali.<br />

Si osserva, inoltre, che l’impatto locale dei trasporti, dovuto soprattutto al <strong>volume</strong> crescente <strong>di</strong><br />

traffico su strada, desta notevole preoccupazione.<br />

Da dati recenti emerge che i soli trasporti stradali hanno contribuito per il 72% alle emissioni<br />

complessive <strong>di</strong> monossido <strong>di</strong> carbonio in Italia, per il 52% a quelle <strong>di</strong> ossido <strong>di</strong> azoto e per il 46% a<br />

quelle <strong>di</strong> composti organici. Il settore dei trasporti, inoltre, contribuisce alle emissioni <strong>di</strong> CO2 per una<br />

quota percentuale del 22%.<br />

L’uso dell’idrogeno prospetta nuovi scenari possibili. Esso può essere prodotto da combustibili<br />

fossili (previa conversione degli stessi e separazione della CO 2 ) e quin<strong>di</strong> può essere considerato come il<br />

modo più pulito <strong>di</strong> utilizzo <strong>di</strong> questi combustibili. L’idrogeno può essere prodotto anche da altre fonti<br />

(rinnovabili, nucleare) senza emissione <strong>di</strong> CO 2 .<br />

Infine il suo utilizzo non genera gas serra (CO 2 ) né altri inquinanti sia per applicazioni nei<br />

trasporti che per produzione <strong>di</strong> energia elettrica. Grazie a queste caratteristiche uno scenario energetico<br />

basato nel breve termine sull’uso dell’idrogeno consentirebbe <strong>di</strong> contenere l’effetto serra senza<br />

rinunciare 55 ai combustibili fossili e lasciando tempo per sviluppare nuove fonti energetiche (fusione<br />

nucleare).<br />

55 Una riduzione drastica dell’utilizzo delle fonti energetiche tra<strong>di</strong>zionali basate si combustibili fossili potrebbe avere<br />

contraccolpi politici ed economici notevoli. Ciò consiglia una certa prudenza nel prevederne l’eliminazione. Va inoltre<br />

considerato che una qualunque forma <strong>di</strong> energia si volesse sostituire a quella derivata dal petrolio dovrebbe avere una catena<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione capillare che risulterebbe costosa e <strong>di</strong>fficile da creare. Per questo motivo un utilizzo razionale e congruente<br />

delle fonti petrolifere me<strong>di</strong>ante produzione e <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> idrogeno sembra la via più adeguata per risolvere i problemi


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

288<br />

L’idrogeno per il trasporto<br />

Figura 219: Possibile schema <strong>di</strong> utilizzo dell’idrogeno<br />

Per quanto riguarda le applicazioni relative al trasporto, l’idrogeno può essere usato sia in celle a<br />

combustibile che in motori a combustione interna. Con le celle a combustibile utilizzanti idrogeno puro<br />

si avrebbero veicoli veramente ad emissione zero producendo solo acqua (come visto in precedenza).<br />

Inoltre il ren<strong>di</strong>mento delle celle a combustibile è due - tre volte superiore a quello dei veicoli<br />

tra<strong>di</strong>zionali, a pari prestazioni in termini <strong>di</strong> autonomia, velocità ed accelerazione.<br />

Molti costruttori hanno sviluppato autovetture con celle a combustibile, settore oggi <strong>di</strong><br />

gran<strong>di</strong>ssimo interesse e sviluppo.<br />

geo-politico-economici sopra in<strong>di</strong>cati. Un sistema <strong>di</strong> conversione da prodotti petroliferi ad idrogeno consentirebbe <strong>di</strong><br />

mantenere le catene <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione capillari oggi esistenti e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> non sconvolgere il mercato.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

289<br />

Figura 220: Vetture con celle a combustibile<br />

La Fiat sta attivamente ricercando la configurazione ottimale dell’auto alimentata con fuel cells.<br />

Nel prosieguo si hanno esempi e confronti della Fiat 600 elettrica e dello stesso modello<br />

alimentato con FC.<br />

Figura 221: Fiat 600 elettrica e a cella a combustibile<br />

Le caratteristiche della Fiat 600 FC sono in<strong>di</strong>cate nella seguente figura. Si osservi il notevole<br />

ingombro e il peso del sistema FC - Motore elettrico e la ridotta capacità del serbatoio. Si tratta<br />

comunque <strong>di</strong> un prototipo sul quale fare esperienza e non è ancora commercializzato.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

290<br />

Anche per trasporto collettivo si hanno stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> bus alimentati con fuel cells. Nella figura<br />

seguente si hanno le caratteristiche <strong>di</strong> un bus . Si osservi il numero <strong>di</strong> serbatoi per l’idrogeno, ben 9 a<br />

250 bar. Le prestazioni sono del tutto confrontabili con quelli tra<strong>di</strong>zionali. Gli ingombri dei propulsori<br />

sono in questo caso meno penalizzanti.<br />

Figura 222: Prototipo <strong>di</strong> CityClass a celle a combustibile<br />

Figura 223: Il prototipo della Fiat 600 FC<br />

L’idrogeno può essere usato anche nei motori a combustione interna alimentati ad idrogeno (o<br />

miscele ricche <strong>di</strong> idrogeno). Attività <strong>di</strong>mostrative in questo campo sono condotte da BMW e Ford<br />

Motor Co.<br />

Figura 224: Autovetture con motori a combustione interna ad idrogeno


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

291<br />

Uso dell’idrogeno nei cicli termici<br />

Figura 225: Bus con motore alimentato ad idrogeno<br />

L’idrogeno può essere utilizzato anche nei tra<strong>di</strong>zionali cicli termici a gas con benefici effetti sui<br />

ren<strong>di</strong>menti e forti riduzioni dell’inquinamento atmosferico.<br />

Figura 226: Ciclo Joule con combustione <strong>di</strong> idrogeno<br />

Oggi sono in corso notevoli investimenti industriali per il perfezionamento <strong>di</strong> tecnologie<br />

all’idrogeno per produzione <strong>di</strong> energia elettrica con ren<strong>di</strong>menti fino al 60% ed oltre ed emissioni<br />

bassissime <strong>di</strong> NO entro il 2020.<br />

Oggi questi sistemi sono ancora costosi se paragonati ai sistemi tra<strong>di</strong>zionali ma va tenuto in conto<br />

la riduzione drastica dei danni provocati all’ambiente (esternalità).<br />

Sicurezza nell’uso dell’idrogeno<br />

Stu<strong>di</strong> nei quali sono paragonati idrogeno, metano e benzina in<strong>di</strong>cano che nessun combustibile è<br />

intrinsecamente più sicuro <strong>di</strong> un altro ma che in ogni caso tutti i combustibili possono essere utilizzati<br />

in modo sicuro.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

292<br />

Tabella 26: Caratteristiche <strong>di</strong> pericolo <strong>di</strong> alcuni combustibili<br />

Gas ricchi <strong>di</strong> idrogeno sono stati impiegati per usi residenziali (power gas) per oltre un secolo prima<br />

che si rendesse <strong>di</strong>sponibile il gas naturale.<br />

Il gas <strong>di</strong> città <strong>di</strong>stribuito in precedenza infatti costituito da circa il 50% <strong>di</strong> idrogeno e 50% <strong>di</strong> CO.<br />

Figura 227: Propagazione della fiamma per idrogeno e benzina<br />

12.1.1 PRODUZIONE DELL’IDROGENO<br />

L’idrogeno può essere prodotto in vari mo<strong>di</strong>. Una delle vie principali è la produzione da<br />

combustibili fossili.<br />

Oggi si tende a stabilizzare le tecnologie produttive e a ridurre la produzione <strong>di</strong> gas serra<br />

stoccando la CO 2 in pozzi esausti ed acquiferi profon<strong>di</strong>. A questo scopo si stanno sviluppando<br />

tecnologie <strong>di</strong> iniezione della CO 2 e <strong>di</strong> monitoraggio dei pozzi.<br />

Una seconda e promettente via <strong>di</strong> produzione dell’idrogeno è quella <strong>di</strong> utilizzare fonti rinnovabili,<br />

ad esempio me<strong>di</strong>ante gassificazione e pirolisi da biomasse o me<strong>di</strong>ante produzione biologica e<br />

fotoelettrochimica.<br />

Si vedranno più in dettaglio nel prosieguo i principali sistemi <strong>di</strong> produzione dell’idrogeno.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

293<br />

Figura 228: Ciclo produttivo dell’idrogeno<br />

12.1.2 DISTRIBUZIONE DELL’IDROGENO<br />

La <strong>di</strong>stribuzione dell’idrogeno non è semplice e richiede cure ed attenzioni particolari. Si stanno<br />

stu<strong>di</strong>ando le varie problematiche e si stanno realizzando le prime mini reti (vedasi, ad esempio, il<br />

progetto Bicocca).<br />

Figura 229: realizzazione del progetto Bicocca per la <strong>di</strong>stribuzione dell’idrogeno<br />

Questo progetto avanza <strong>di</strong> pari passo con lo sviluppo <strong>di</strong> motori a combustione interna alimentati<br />

ad idrogeno (vedasi progetto BMW). Associato al problema della <strong>di</strong>stribuzione vi è anche il problema<br />

dell’accumulo dell’idrogeno. Oltre alle metodologie classiche (serbatoi gas in pressione e serbatoi per<br />

idrogeno liquido) si stanno stu<strong>di</strong>ando nuove tecnologie che fanno uso <strong>di</strong> gas in pressione (oltre i 250<br />

bar con materiali compositi), <strong>di</strong> idruri (soli<strong>di</strong> con materiali avanzati con concentrazione <strong>di</strong> H 2 oltre il<br />

2% in peso e con alta ciclabilità o anche liqui<strong>di</strong> quali il So<strong>di</strong>o Boroidrato). Molto interessanti sono<br />

anche le nanostrutture <strong>di</strong> carbonio (sia nanotubi che nanofibre).<br />

La <strong>di</strong>stribuzione e l’accumulo dell’idrogeno influenza anche la sperimentazione <strong>di</strong> sistemi a celle a<br />

combustibile per la produzione <strong>di</strong>stribuita dell’energia elettrica sia per usi residenziali (taglia da 3 a 30<br />

kW) che per il terziario (taglia da 50 a 100 kW) e per sistemi portatili ed applicazioni speciali (taglie<br />

piccole inferiori a 1.5 kW).


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

294<br />

La <strong>di</strong>stribuzione dell’idrogeno caratterizza anche lo sviluppo <strong>di</strong> nuovi veicoli da trasporto ad<br />

idrogeno. Si stanno, infatti, stu<strong>di</strong>ando prototipi <strong>di</strong> veicoli ad idrogeno (autobus, vetture da città, scooter<br />

per i quali sono interessate la Fiat e la Aprilia). Per quest’ultimo sviluppo si rende necessario avere una<br />

normativa per l’utilizzo dell’idrogeno. Oggi questa è praticamente assente e questo fatto può vere effetti<br />

negativi per il successivo sviluppo delle applicazioni.<br />

Nel prosieguo si vedranno più in dettaglio le principale tecniche <strong>di</strong> stoccaggio e <strong>di</strong>stribuzione.<br />

12.2 CARATTERISTICHE DELL’IDROGENO<br />

Le principali caratteristiche dell’idrogeno (dal greco hydor e geno, generatore d’acqua, nome dato da<br />

Lavoisier) sono:<br />

⋅ È allo stato gassoso alle con<strong>di</strong>zioni ambientali;<br />

⋅ È inodoro, insaporo e incoloro;<br />

⋅ È infiammabile;<br />

⋅ Non è tossico;<br />

⋅ È un asfissiante semplice;<br />

⋅ Nello stato liquido è trasparente, senza odore e non corrosivo;<br />

⋅ È l’elemento più abbondante e leggero in natura;<br />

⋅ Il suo punto <strong>di</strong> ebollizione è -252,8 °C;<br />

⋅ Quando l’idrogeno è allo stato liquido tutti gli altri gas (escluso l’elio) sono soli<strong>di</strong>;<br />

⋅ 1 <strong>volume</strong> <strong>di</strong> idrogeno liquido è pari a circa 840 volumi <strong>di</strong> idrogeno gassoso, nelle<br />

con<strong>di</strong>zioni ambientali;<br />

⋅ l’idrogeno liquido è 93 volte più leggero dell’acqua;<br />

⋅ l’idrogeno gassoso è circa 14 volte più leggero dell’aria;<br />

⋅ ha un coefficiente <strong>di</strong> conducibilità termica circa 7 volte maggiore <strong>di</strong> quello dell’aria;<br />

⋅ <strong>di</strong>ffonde almeno 5 volte più velocemente dell’azoto;<br />

⋅ ad alta pressione e con particolare con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> temperatura può provocare<br />

infragilimento <strong>di</strong> alcuni materiali;<br />

⋅ esiste in due forme: orto idrogeno (spin opposto) e para idrogeno (spin parallelo);<br />

⋅ Le due forme hanno identiche caratteristiche chimiche ma <strong>di</strong>fferenti proprietà fisiche;<br />

⋅ Allo stata liquido e quasi completamente nella forma para;<br />

⋅ Allo stato gassoso è composto del 75% della forma para e 25% della forma orto;<br />

⋅ È quasi invisibile alla luce del giorno;<br />

⋅ Temperatura <strong>di</strong> combustione <strong>di</strong> circa 2.045 °C;<br />

⋅ Il calore rilasciato dalla fiamma è 10 volte inferiore a quello <strong>di</strong> altri combustibili a causa<br />

dell’assenza <strong>di</strong> fuliggine;<br />

⋅ È in<strong>di</strong>viduabile osservando trasversalmente le onde termiche sviluppate.<br />

Figura 230: Dati chimico fisici dell’idrogeno


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

295<br />

Figura 231: Diagramma (T,p) per idrogeno, elio, azoto<br />

I dati termofisici più rilevanti dell’idrogeno sono riportati nella Figura 230. In Figura 231 si ha il<br />

<strong>di</strong>agramma (T,p) per l’idrogeno, l’elio e l’azoto.<br />

12.3 PROCESSI DI PRODUZIONE DELL’IDROGENO<br />

L’idrogeno, pur essendo l’elemento più <strong>di</strong>ffuso dell’universo, non si trova <strong>di</strong>rettamente<br />

<strong>di</strong>sponibile per le applicazioni. Esso deve essere preparato me<strong>di</strong>ante processi industriali complessi e<br />

costosi che rendono spesso l’economia dell’idrogeno ancora non competitiva, almeno da un punto <strong>di</strong><br />

vista energetico, con quella delle altre fonti energetiche.<br />

Vedremo nel prosieguo una breve carrellata dei processi industriali più utilizzati e si farà qualche<br />

cenno sulle tecnologie future oggi considerate più promettenti.<br />

12.3.1 TRASFORMAZIONE DEGLI IDROCARBURI (STEAM REFORMING)<br />

Uno dei processi utilizzati è lo steam reformer del metano. Si tratta <strong>di</strong> un processo ben sviluppato ed<br />

altamente commercializzato che produce oltre il 48% dell’idrogeno mon<strong>di</strong>ale. Questo processo si può<br />

applicare anche all’etano e alla nafta. Gli idrocarburi più pesanti non sono utilizzati perché potrebbero<br />

avere percentuali <strong>di</strong> impurità elevate: per questi si usano processi <strong>di</strong>versi quali l’ossidazione parziale.<br />

Il processo <strong>di</strong> steam reforming (SMR) implica la reazione <strong>di</strong> metano e vapore in presenza <strong>di</strong><br />

catalizzatori alla temperatura <strong>di</strong> circa 800 °C ed una pressione <strong>di</strong> 2.5 MPa (25 bar). In una prima fase si<br />

decompone il metano in idrogeno e monossido <strong>di</strong> carbonio. Nella seconda fase (detta shift reaction) il<br />

monossido <strong>di</strong> carbonio e l’acqua si trasformano in biossido <strong>di</strong> carbonio e idrogeno.<br />

Le reazioni implicate nel processo sono, nel reformer:<br />

CH 4 + H 2O CO + 3H 2 (endotermica)<br />

All’uscita dal reformer il monossido <strong>di</strong> carbonio reagisce con vapore secondo la reazione:<br />

CO + H 2O CO 2 + H 2 (esotermica)<br />

In definitiva il processo ha una reazione complessiva:<br />

CH 4 + 2H 2O CO 2 + 4H 2<br />

con un ren<strong>di</strong>mento complessivo del 50-70%.<br />

Nel processo <strong>di</strong> steam reforming si utilizzano gli idrocarburi sia come reagenti che per produzione <strong>di</strong><br />

energia termica (circa il 45%).<br />

Questo processo porta ad avere idrogeno ad un costo superiore del metano <strong>di</strong> partenza e quin<strong>di</strong><br />

da un punto <strong>di</strong> vista dell’utilizzo quale combustibile risulta più conveniente usare <strong>di</strong>rettamente il<br />

metano. Tuttavia la produzione dell’idrogeno con questo processo risulta più conveniente rispetto ai<br />

proce<strong>di</strong>menti per elettrolisi o con altre tecnologie. Inoltre lo steam reforming rispetta l’ambiente avendo<br />

un ridottissimo impatto ambientale.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

296<br />

Questa tecnologia appare conveniente se adottata in congiunzione con celle a combustibile per<br />

autotrazione o per applicazioni a scala ridotta.<br />

Oggi si tende a mo<strong>di</strong>ficare il processo SMR con un nuovo processo denominato Sorbtion Enhanced<br />

Reforming (SER) che porta a produrre idrogeno a bassa temperatura ed elimina la CO 2 prodotta durante<br />

il reforming. In definitiva con la tecnologia SER si ottengono due flussi separati ed altamente puri: uno <strong>di</strong><br />

idrogeno e l’altro <strong>di</strong> biossido <strong>di</strong> carbonio. Quest’ultima possibilità può essere utile sia per avere<br />

idrogeno puro che per convogliare il biossido <strong>di</strong> carbonio in pozzi <strong>di</strong> assorbimento per ridurre l’effetto<br />

serra. I costi <strong>di</strong> produzione sono notevolmente ridotti rispetto al tra<strong>di</strong>zionale SMR e molto competitivi<br />

con gli altri processi.<br />

12.3.2 GASSIFICAZIONE DEL CARBONE E DEI COMBUSTIBILI FOSSILI<br />

Questo processo consiste nella parziale ossidazione, non catalitica, <strong>di</strong> carbone per produrre un<br />

combustibile gassoso formato principalmente da idrogeno, ossido <strong>di</strong> carbonio e da idrocarburi leggeri<br />

(ad esempio metano).<br />

Con la gassificazione del carbone si ottiene un gas usato come combustibile (i vecchi gasometri<br />

urbani si fondavano su questo processo) o per altri processi chimici (ad esempio per la produzione <strong>di</strong><br />

fertilizzanti).<br />

La produzione dell’idrogeno con la gassificazione ha costi elevati e risulta conveniente solo nei<br />

paesi dove si ha poco gas naturale.<br />

Le reazioni implicate nel processo sono le seguenti:<br />

C + H 2O CO + H 2<br />

Aggiungendo ancora vapore a 500 °C con catalizzatore a base <strong>di</strong> ossi<strong>di</strong> <strong>di</strong> ferro si ha:<br />

CO + H 2O CO 2 + H 2<br />

La reazione complessiva risulta allora:<br />

C + 2H 2O CO 2 + 2H 2<br />

La gassificazione del carbone presenta costi interessanti nei paesi ove si ha abbondanza <strong>di</strong><br />

carbone a basso prezzo.<br />

12.3.3 IDROLISI DELL’ACQUA<br />

Si hanno vari meto<strong>di</strong> per la produzione dell’idrogeno dall’acqua. Si citano qui alcuni dei principali.<br />

Elettrolisi<br />

L’elettrolisi viene effettuata su vapore ad alta temperatura (circa 1000 °C) sia per accelerare le<br />

reazioni che per ridurre le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> polarizzazione degli elettro<strong>di</strong>. In questo modo il consumo <strong>di</strong><br />

energia elettrica si riduce <strong>di</strong> circa il 35% rispetto ai normali elettrolizzatori.<br />

Il processo dell’elettrolisi fu applicato per la prima volta da Sir William Grove, nell’ anno 1839.<br />

Questo processo richiede il passaggio <strong>di</strong> corrente elettrica attraverso l’acqua. La corrente entra<br />

nella cella elettrolitica tramite un elettrodo caricato negativamente, il catodo, attraversa l’acqua e va via<br />

attraverso un elettrodo caricato positivamente, l’anodo.<br />

L’idrogeno e l’ossigeno così separati confluiscono rispettivamente verso il catodo e verso l’anodo.<br />

H 2O H 2 + O


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

297<br />

Figura 232: Bilancio energetico dell’elettrolisi dell’acqua<br />

L’elettrolisi è il metodo più comune per la produzione <strong>di</strong> idrogeno anche se incontra notevoli<br />

ostacoli per la quantità limitata <strong>di</strong> idrogeno prodotta e per i costi, ancora troppo elevati, dovuti<br />

all’impiego <strong>di</strong> energia elettrica.<br />

Attualmente, solo il 4% della produzione mon<strong>di</strong>ale <strong>di</strong> idrogeno avviene per elettrolisi. Per<br />

risolvere questi problemi, si prevede l’applicazione dell’elettrolisi con vapore ad alta temperatura (900-<br />

1000 °C).<br />

Decomposizione me<strong>di</strong>ante cicli termochimica<br />

E’ possibile ottenere la <strong>di</strong>ssociazione dell’acqua per mezzo <strong>di</strong> cicli chiusi <strong>di</strong> reazioni chimiche ti<br />

tipo endotermico. Queste tecnologie sono interessanti per le possibili applicazioni con fonti energetiche<br />

ad alta temperatura (solare o nucleare) e con un ren<strong>di</strong>mento globale elevato e anche superiore al<br />

processo per elettrolisi.<br />

12.3.4 ALTRI PROCESSI DI PRODUZIONE<br />

Figura 233: Elettrolisi dell’acqua<br />

L’obiettivo della ricerca nel settore della produzione dell’idrogeno è <strong>di</strong> abbattere i costi e ridurre<br />

la quantità <strong>di</strong> materiali utilizzati aumentando, al contempo, l’efficienza <strong>di</strong> produzione.<br />

Un altro obiettivo che si cerca <strong>di</strong> raggiungere è la riduzione dell’impatto ambientale nei processi<br />

che usano idrocarburi. Inoltre si cerca <strong>di</strong> sostituire l’uso dell’energia elettrica con l’energia solare<br />

utilizzando un catalizzatore per la scissione dell’acqua.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

298<br />

Tecnologie fotobiologiche<br />

Queste tecnologie tendono a produrre idrogeno da sistemi biologici utilizzando generalmente<br />

luce solare. Ad esempio alcune alghe o batteri sono in grado <strong>di</strong> produrre idrogeno sotto specifiche<br />

con<strong>di</strong>zioni: i pigmenti delle alghe assorbono energia solare e gli enzimi nella cellula agiscono da<br />

catalizzatori per scindere l’acqua nei suoi componenti <strong>di</strong> idrogeno ed ossigeno.<br />

Si tratta <strong>di</strong> sistemi ancora in fase iniziale <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e con efficienze produttive ancora basse (circa il<br />

5%). Sono stati identificati circa 400 batteri che possono produrre idrogeno combinando monossido <strong>di</strong><br />

carbonio ed acqua.<br />

Tecnologie fotoelettrochimiche<br />

I sistemi fotoelettrochimica usano degli elettro<strong>di</strong> semiconduttori in una cella fotoelettrochimica<br />

per convertire energia ottica in energia chimica. Si hanno due tipologie <strong>di</strong> questi sistemi: una utilizza<br />

semiconduttori e l’altro usa metalli complessi <strong>di</strong>ssolti.<br />

Nel primo caso un materiale semiconduttore è usato sia per assorbire l’energia solare sia per agire<br />

da elettrodo per la scissione dell’acqua. Il secondo tipo <strong>di</strong> sistemi fotoelettrochimica utilizza materiali<br />

complessi <strong>di</strong>ssolti come catalizzatori. Il materiale complesso solubile assorbe energia e crea una<br />

separazione tramite carica elettrica che conduce alla reazione <strong>di</strong> scissione dell’acqua.<br />

12.4 STOCCAGGIO DELL’IDROGENO<br />

L’idrogeno è un gas leggerissimo ed ha una bassissima energia <strong>di</strong> attivazione in presenza <strong>di</strong><br />

comburente. Pertanto esso ha una elevata probabilità <strong>di</strong> rischio qualora non si attuino tutte le procedure<br />

necessarie per la sicurezza. L’idrogeno già a contatto con l’aria forma miscele esplosive che possono<br />

facilmente scoppiare. Tuttavia grazie alla sua leggerezza l’idrogeno si <strong>di</strong>sperde facilmente <strong>di</strong>minuendo il<br />

rischio della concentrazione critica.<br />

Abbiamo <strong>di</strong>versi sistemi <strong>di</strong> stoccaggio dell’idrogeno che qui si <strong>di</strong>scuteranno più in dettaglio.<br />

12.4.1 COMPRESSIONE DELL’IDROGENO<br />

L’idrogeno in forma gassosa può essere immagazzinato in appositi contenitori a pressioni molto<br />

alte (circa 20-25 MPa) me<strong>di</strong>ante opportuni compressori. A causa delle ridottissime <strong>di</strong>mensioni delle<br />

molecole dell’idrogeno si usano recipienti in pressione <strong>di</strong> grafite/fibra <strong>di</strong> carbonio ad alta pressione che<br />

presentano un grande <strong>volume</strong> malgrado la loro leggerezza.<br />

12.4.2 LIQUEFAZIONE DELL’IDROGENO<br />

I processi <strong>di</strong> liquefazione usano una combinazione <strong>di</strong> compressori, scambiatori <strong>di</strong> calore e valvole<br />

a farfalla per ottenere il raffreddamento desiderato. Il processo <strong>di</strong> liquefazione usate è il Linde che fa<br />

uso dell’effetto Joule - Thompson (si vedano i riferimenti in Fisica Tecnica). In pratica si comprime il<br />

gas e lo si raffredda per portarlo a sinistra della curva <strong>di</strong> inversione (ve<strong>di</strong> <strong>di</strong>agramma T,p) ove lo si può<br />

ulteriormente raffreddare per semplice espansione in una valvola (effetto J-T). Il processo è ciclico: ad<br />

ogni passaggio nella valvola <strong>di</strong> espansione si forma del liquido ( a -253 °C) che viene separato dal gas<br />

che viene <strong>di</strong> nuovo inviato a monte della valvola <strong>di</strong> espansione.<br />

La liquefazione dell’idrogeno risulta utile sia per la produzione stazionaria <strong>di</strong> energia che per il<br />

rifornimento <strong>di</strong> veicoli (la BMW utilizza questo metodo per accumulare l’idrogeno). In genere il mantenimento<br />

della bassa temperatura <strong>di</strong> stoccaggio dell’idrogeno liquido (-253 °C) richiede un utilizzo dello stesso<br />

idrogeno che viene fatto espandere dalla bombola verso l’esterno producendo un raffreddamento per<br />

effetto J-T del liquido all’interno della stessa bombola. In pratica si ha un consumo <strong>di</strong> circa il 30%<br />

dell’idrogeno per il suo accumulo liquido. Si osserva, inoltre, che l’idrogeno liquido tende a sfuggire<br />

facilmente dai serbatoi e ciò comporta una notevole cura nella scelta dei materiali dei serbatoi.<br />

Tutto il calore che attraversa le pareti del recipiente (per conduzione, convezione e irraggiamento ma anche<br />

per conversione da stato orto a stato para) <strong>di</strong> contenimento dell’idrogeno liquido lo riscalda al <strong>di</strong> sopra del<br />

punto <strong>di</strong> ebollizione e quin<strong>di</strong> si ha la sua evaporazione. Per ridurre la trasmissione <strong>di</strong> calore si usano<br />

recipienti criogenici isolati costruiti con doppia parete riflettente con intercape<strong>di</strong>ne vuota.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

299<br />

In genere i contenitori per idrogeno liquido hanno forma sferica perché questa ha il rapporto <strong>di</strong><br />

forma (S/V 56 ) migliore rispetto a qualsiasi altra geometria e garantisce le minori trasmissioni termiche<br />

attraverso la superficie esterna. Tuttavia i contenitori cilindrici sono più semplici da costruire e quin<strong>di</strong><br />

più economici. L’idrogeno evaporato viene mantenuto in parte all’interno del recipiente per aumentare<br />

la pressione interna, parte viene espulso per raffreddare il recipiente e parte viene espulso in aria<br />

attraverso opportune valvole.<br />

Per quanto riguarda il rifornimento dei veicoli l’utilizzo dell’idrogeno liquefatto è una soluzione<br />

possibile ed oggi utilizzata. Tuttavia permangono notevoli problemi <strong>di</strong> sicurezza legati alle fughe <strong>di</strong> gas<br />

soprattutto in ambienti chiusi e/o a bordo dei veicoli.<br />

In questo caso si usano serbatoi a più strati cilindrici congiunti con un reticolato rinforzato<br />

all’interno. In questo modo si realizza un contenitore multi-cella il cui numero è ottimizzato in funzione<br />

del <strong>volume</strong> <strong>di</strong> liquido fa immagazzinare.<br />

12.4.3 ACCUMULO IN IDRURI DI METALLO E IDRURI CHIMICI<br />

Gli idruri <strong>di</strong> metalli trattengono l’idrogeno nello spazio interatomico. Il loro uso risale al 1866<br />

quando Graham osservò l’assorbimento <strong>di</strong> consistenti quantità <strong>di</strong> idrogeno da parte del palla<strong>di</strong>o.<br />

Malgrado questo comportamento fosse noto da tempo l’interesse per questi accumulatori naturali<br />

si manifestato solo <strong>di</strong> recente quando si sono conosciuti i comportamenti degli idruri formati con leghe<br />

<strong>di</strong> metalli. Gli idruri si formano ed agiscono attraverso due fasi: l’assorbimento ed il rilascio<br />

dell’idrogeno.<br />

L’assorbimento dell’idrogeno nello spazio interatomico (idrogenazione) è un processo esotermico<br />

che richiede raffreddamento mentre la sottrazione <strong>di</strong> idrogeno (deidrogenazione) è un processo<br />

endotermico e quin<strong>di</strong> richiede energia termica.<br />

Quando inizialmente la pressione dell’idrogeno viene aumentata questo si <strong>di</strong>ssolve nel metallo e<br />

comincia a legarsi con esso: la pressione operativa rimane costante fino al raggiungimento del 90% della<br />

capacità <strong>di</strong> immagazzinamento. Al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> questo limite è necessario operare con pressioni elevate<br />

per potere raggiungere il 100% della capacità <strong>di</strong> immagazzinamento.<br />

La <strong>di</strong>spersione <strong>di</strong> calore durante la formazione dell’idruro deve essere continuamente rimossa<br />

onde evitare che l’idruro si infiammi.<br />

Se l’idrogeno viene estratto da un altro gas una parte <strong>di</strong> esso può essere liberata in modo che<br />

porti via gli elementi estranei che non si legano al metallo.<br />

Con la deidrogenazione si effettua l’operazione inversa: si spezzano i legami formatisi fra metalli<br />

ed idrogeno e la pressione operativa aumenta all’aumentare della temperatura. Inizialmente si opera a<br />

pressione elevata e viene rilasciato idrogeno puro.<br />

Successivamente, a seguito della rottura del legame con il metallo, la pressione si stabilizza fino a<br />

ridursi drasticamente quando nell’idruro rimane circa il 10% dell’idrogeno immagazzinato. Quest’ultima<br />

parte <strong>di</strong> gas è <strong>di</strong>fficile da estrarre essendo molto legata al metallo e pertanto spesso non la si recupera<br />

nel normale ciclo <strong>di</strong> carico e scarico.<br />

La temperatura e la pressione <strong>di</strong> queste reazioni <strong>di</strong>pendono dalla composizione specifica<br />

dell’idruro. Il calore <strong>di</strong> reazione può variare da 9300 fino a 23250 kJ/kg <strong>di</strong> idrogeno e la pressione può<br />

anche superare i 10 MPa. La temperatura <strong>di</strong> deidrogenazione può a sua volta superare i 500 °C.<br />

In considerazione del vasto range <strong>di</strong> variazione sia della pressione che della temperatura, la<br />

progettazione delle unità <strong>di</strong> accumulo <strong>di</strong> questo tipo risulta molto complessa.<br />

Ogni tipo <strong>di</strong> lega ha <strong>di</strong>verse caratteristiche quali il ciclo <strong>di</strong> vita e la temperatura <strong>di</strong> reazione.<br />

56 Si ricorderà dalla Trasmissione del Calore che, supponendo che la resistenza interna sia trascurabile, il transitorio <strong>di</strong><br />

⎡ ( )<br />

riscaldamento è dato dalla relazione 1 − hS τ cV<br />

0 e<br />

ρ ⎤<br />

θ = θ ⎢ − ⎥ . Per avere un raffreddamento il più lento possibile occorre<br />

⎣ ⎦<br />

avere, a parità <strong>di</strong> h, ρ e <strong>di</strong> c, un rapporto S/V grande. La sfera è la forma geometrica che il massimo <strong>volume</strong> e la minima<br />

superficie esterna e pertanto questa garantisce, ceteris paribus, il riscaldamento più lento.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

300<br />

Il contenitore dell’idruro deve essere pressurizzato e contenere un’area sufficientemente grande<br />

per lo scambio del calore al fine <strong>di</strong> garantire la rapi<strong>di</strong>tà delle fasi <strong>di</strong> carico e scarico dell’idruro per le<br />

quali è richiesta, inoltre, stabilità termica e strutturale della lega utilizzata.<br />

Anche se per la deidrogenazione è necessario calore, l’eventualità che si verifichino per<strong>di</strong>te <strong>di</strong><br />

idrogeno non riveste particolare importanza ed è questo il motivo per cui queste tecnologie sono<br />

ritenute sicure.<br />

I costi elevati, gli ingombri e i pesi notevoli non consentono ancora un uso <strong>di</strong>ffuso su larga scala<br />

<strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> immagazzinamento. I costi operativi comprendono anche quelli <strong>di</strong> riscaldamento per<br />

l’idrogenazione e il raffreddamento per la deidrogenazione il cui ammontare <strong>di</strong>pende dal tipo <strong>di</strong> lega<br />

usato e dal tipo <strong>di</strong> applicazione considerata.<br />

Se si usa l’accumulo ad idruri con una cella a combustibile allora si può recuperare il calore<br />

estratto per il raffreddamento della cella per riscaldare l’idruro e quin<strong>di</strong> questo costo <strong>di</strong>viene<br />

trascurabile. Ad esempio, gli idruri a bassa temperatura si integrano bene con le celle a membrana<br />

polimerica (PEM) che operano a 80 °C mentre gli idruri ad alta temperatura operano bene con celle a<br />

combustibile del tipo ad ossido solido (SOFC) che operano a 1000 °C e a carbonati fusi (MCFC) che<br />

operano a 650 °C.<br />

Gli altri sistemi <strong>di</strong> immagazzinamento non hanno la possibilità <strong>di</strong> integrarsi con questa tecnologia.<br />

Il costo <strong>di</strong> questi accumulatori <strong>di</strong> idrogeno <strong>di</strong>pende dal costo degli idruri e dall’assenza <strong>di</strong><br />

economie <strong>di</strong> scala essendo le leghe utilizzate prodotte in piccola quantità. Un incremento <strong>di</strong> mercato<br />

potrebbe anche far lievitare il costo per l’in<strong>di</strong>sponibilità delle materie prime.<br />

Idruri chimici<br />

Gli idruri chimici costituiscono un altro metodo <strong>di</strong> immagazzinamento dell’idrogeno,<br />

specialmente per accumuli stagionali. Sono state proposte <strong>di</strong>verse sostanze chimiche contenenti<br />

l’idrogeno tra cui l’ammoniaca e il metanolo la cui elevata tossicità pone numerosi problemi.<br />

L’uso dei sistemi chimici è vantaggioso perché le infrastrutture <strong>di</strong> trasporto e <strong>di</strong><br />

immagazzinamento sono già esistenti, la tecnologia sfruttabile commercialmente e l’idrogeno liquido è<br />

facilmente maneggiabile.<br />

12.4.4 SISTEMI DI ACCUMULO BASATI SUL CARBONIO<br />

A temperature criogeniche (70-113 K) e pressioni moderate (42-54 bar) il carbonio reso<br />

ra<strong>di</strong>oattivo può assorbire, in modo reversibile, 0.043-0.072 kg <strong>di</strong> H 2 per kg <strong>di</strong> carbonio.<br />

Altri meto<strong>di</strong> si affacciano oggi nel mondo scientifico e quin<strong>di</strong> domani nel mercato.<br />

12.4.5 I NANOTUBI IN CARBONIO<br />

I nanotubi in carbonio sono stati scoperti in maniera fortuita nel 1991 dal ricercatore giapponese<br />

Sumio Iijima, che ne ha osservato la presenza <strong>di</strong> tra i prodotti secondari della produzione <strong>di</strong> fullereni .<br />

E' estremamente <strong>di</strong>fficile dare una definizione precisa dei nanotubi <strong>di</strong> carbonio, soprattutto a<br />

causa dell'enorme varietà <strong>di</strong> taglie e conformazioni che essi possono avere. In generale è possibile<br />

<strong>di</strong>videre i nanotubi in due gran<strong>di</strong> famiglie: i nanotubi a parete singola (single-walled nanotubes, o SWNT) e i<br />

nanotubi a parete multipla (multi-walled nanotubes, o MWNT).<br />

I SWNT possono essere considerati, per conformazione e struttura, come degli appartenenti alla<br />

famiglia dei fullereni, mentre i MWNT sono più prossimi alla famiglia dei nanofilamenti, <strong>di</strong> cui<br />

rappresentano un caso particolare.<br />

Per meglio comprendere la natura e le caratteristiche dei nanotubi è quin<strong>di</strong> necessario chiarire<br />

cosa si intenda per "fullereni" e "nanofilamenti".<br />

I fullereni<br />

Fino al 1985 erano note solamente due forme <strong>di</strong> carbonio cristallino: quella tri<strong>di</strong>mensionale del<br />

<strong>di</strong>amante (sp³) e quella planare della grafite (sp²). Gli stu<strong>di</strong> dello scienziato americano Richard E. Smalley<br />

hanno portato alla scoperta (grazie alla quale egli ha ottenuto il premio Nobel) <strong>di</strong> una terza forma <strong>di</strong><br />

arrangiamento regolare degli atomi <strong>di</strong> carbonio : quella dei fullereni. I fullereni sono delle "gabbie"


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

301<br />

approssimativamente sferiche formate da un arrangiamento or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> strutture esagonali e<br />

pentagonali <strong>di</strong> atomi <strong>di</strong> carbonio.<br />

Figura 234: Struttura del fullerene C60 e della cupola geodetica <strong>di</strong> R. Buckminster-Fuller<br />

La quantità <strong>di</strong> poligoni presenti e la loro relativa proporzione determinano la forma e le<br />

<strong>di</strong>mensioni del fullerene. Il primo fullerene scoperto è il C60 che ha la stessa forma <strong>di</strong> un pallone da<br />

calcio, ed è per questo conosciuto anche col nome <strong>di</strong> "buckyball".<br />

Questa famiglia <strong>di</strong> composti ha preso il nome <strong>di</strong> "fullereni" in onore dell'architetto Richard<br />

Buckminster-Fuller, le cui creazioni chiamate "cupole geodesiche" ricordano la struttura dei fullereni.<br />

I fullereni vengono prodotti artificialmente con un sistema <strong>di</strong> vaporizzazione del carbonio ad alta<br />

temperatura ma sono stati ritrovati in minime percentuali anche in nella miniera <strong>di</strong> carbone <strong>di</strong><br />

Yinpinglang, in Cina.<br />

Nanofibre<br />

Le nanofibre, o nanofilamenti, sono delle strutture fibrose il cui <strong>di</strong>ametro è compreso tra qualche<br />

decina e qualche centinaio <strong>di</strong> nanometri. Queste fibre possono avere strutture molto <strong>di</strong>fferenti,<br />

spaziando dai "graphite wiskers", costituiti da uno strato <strong>di</strong> grafite arrotolato più volte su se stesso, fino<br />

alle fibre "platelet", costituite da strati <strong>di</strong> grafite perpen<strong>di</strong>colari all'asse della fibra.<br />

In generale è possibile <strong>di</strong>videre i nanofilamenti in tre gran<strong>di</strong> famiglie, a seconda dell'angolo<br />

esistente tra l'asse del filamento e il piano degli strati <strong>di</strong> grafite.<br />

Si possono quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere le fibre "platelet" (angolo = 0°, grafite perpen<strong>di</strong>colare all'asse),<br />

"herringbone", o a "spina <strong>di</strong> pesce" ( 0°


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

302<br />

tubo in carbonio formato da uno strato <strong>di</strong> grafite arrotolato su se stesso a formare un cilindro, chiuso<br />

alle due estremità da due calotte emisferiche. Il corpo del nanotubo è formato da soli esagoni, mentre le<br />

strutture <strong>di</strong> chiusura (le sue semisfere) sono formate da esagoni e pentagoni, come i normali fullereni.<br />

Per questa ragione i SWNT possono essere considerati come una sorta <strong>di</strong> "fullereni giganti", e sono per<br />

questo motivo chiamati anche "buckytubes".<br />

Nella realtà i nanotubi presentano spesso dei <strong>di</strong>fetti strutturali o delle imperfezioni nella struttura<br />

geometrica (ad esempio la presenza <strong>di</strong> strutture pentagonali o ettagonali nel corpo del tubo) che<br />

deformano il cilindro. Il <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> un SWNT è compreso tra un minimo <strong>di</strong> 0,7 nm (corrispondente al<br />

doppio della <strong>di</strong>stanza interplanare della grafite) e un massimo <strong>di</strong> 10 nm, ma nella stragrande<br />

maggioranza dei casi il <strong>di</strong>ametro è inferiore ai 2 nm. L’area superficiale dei nanotubi arriva fino a 1000<br />

m²/g. L'elevatissimo rapporto (10 4 – 10 5 ) tra lunghezza e <strong>di</strong>ametro dei SWNT consente <strong>di</strong> considerarli<br />

come delle nanostrutture virtualmente mono<strong>di</strong>mensionali, e conferisce a queste molecole delle<br />

proprietà peculiari, che vedremo in seguito.<br />

Ogni SWNT è caratterizzato dal suo <strong>di</strong>ametro e dal suo "vettore chirale" (n,n) o "elicità", cioè dalla<br />

<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> arrotolamento della grafite in rapporto all'asse del tubo. I SWNT (10,10) e (9,0) prendono i<br />

nomi <strong>di</strong> "armchair" e "zig-zag".<br />

Figura 236: SWNT ideale chiuso alle due estremità da due fullereni<br />

Figura 237: Strato <strong>di</strong> grafite con le possibili <strong>di</strong>rezioni <strong>di</strong> arrotolamento (n.n)<br />

Figura 238: Nanotubo (10,10) armchair e nanotubo (9,0) zig-zag


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

303<br />

Figura 239: Struttura <strong>di</strong> alcuni nanotubi<br />

Nanotubi a parete multipla - MWNT<br />

Figura 240: Elicità dei nanotubi<br />

I MWNT sono nanotubi formati da più SWNT concentrici, e vengono perciò chiamati nanotubi<br />

"a parete multipla".<br />

Possono essere presenti dei legami tra le varie pareti (lip-lip interactions) che pare stabilizzino la<br />

crescita <strong>di</strong> questi nanotubi. Il <strong>di</strong>ametro dei MWNT è <strong>di</strong> norma maggiore <strong>di</strong> quello dei SWNT, e cresce<br />

con il numero <strong>di</strong> pareti, potendo arrivare fino a qualche decina <strong>di</strong> nanometri.<br />

Il confine tra i nanotubi a pareti multiple e i nanofilamenti non e' molto ben definito, e un<br />

MWNT <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni può essere considerato come un caso particolare <strong>di</strong> fibra tubolare.<br />

L'eventuale presenza <strong>di</strong> un grande numero <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti strutturali o <strong>di</strong> interazioni tra pareti<br />

all'interno del tubo rende ancora più labile questa separazione.<br />

I MWNT hanno spesso un grande numero <strong>di</strong> imperfezioni nella loro struttura, e mostrano<br />

un'estrema varietà <strong>di</strong> forme nella loro zona terminale.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

304<br />

Figura 241: Immagini virtuali <strong>di</strong> DWNT (Double Wall Nano Tube) con e senza interazioni tra le pareti<br />

Figura 242: Diversi tipi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti nei nanotubi


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

305<br />

Figura 243: Nanotubi a parete multipla<br />

12.4.6 PROPRIETÀ DEI NANOTUBI E NANOFIBRE<br />

A partire dalla scoperta dei nanotubi da parte <strong>di</strong> Iijima, numerosi stu<strong>di</strong> sono stati effettuati per<br />

determinare le loro proprietà fisiche e chimiche, sia per sperimentazione <strong>di</strong>retta sui campioni, sia<br />

utilizzando delle simulazioni al computer. Allo stesso tempo i ricercatori stanno sviluppando dei sistemi<br />

efficaci per poter sfruttare queste proprietà in vista <strong>di</strong> un'applicazione pratica.<br />

Resistenza meccanica<br />

La resistenza meccanica <strong>di</strong> un manufatto <strong>di</strong>pende da numerosi fattori, tra i quali i più importanti<br />

sono la forza dei legami atomo - atomo del materiale costruttivo e l'assenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti strutturali nel<br />

reticolo cristallino. La presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti gioca un ruolo fondamentale nei processi <strong>di</strong> rottura per<br />

trazione, dato che per rompere un provino completamente privo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti sarebbe necessario vincere<br />

nello stesso istante le forze <strong>di</strong> coesione <strong>di</strong> tutta la superficie perpen<strong>di</strong>colare alla <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> trazione.<br />

Nella realtà la presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong>minuisce enormemente la forza necessaria a rompere il<br />

provino. Per portare a rottura un nanotubo privo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti occorre quin<strong>di</strong> spezzare tutti i legami<br />

covalenti carbonio - carbonio che lo compongono. Dato che questi legami sono i più forti conosciuti in<br />

natura, ne consegue che i nanotubi dovrebbero avere una resistenza meccanica elevatissima.<br />

Una fibra costituita da nanotubi <strong>di</strong> carbonio sarebbe quin<strong>di</strong> non solamente la più resistente mai<br />

fatta, ma ad<strong>di</strong>rittura la più resistente che sia possibile fare.<br />

E' stato calcolato che il modulo <strong>di</strong> Young teorico <strong>di</strong> un nanotubo possa arrivare sino a 4 TPa, e la<br />

sua resistenza a trazione (tensile strenght) dovrebbe essere <strong>di</strong> circa 220 GPa (100 volte più grande <strong>di</strong> quella<br />

dell'acciaio, ma a fronte <strong>di</strong> un peso 6 volte minore).


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

306<br />

In questo tipo <strong>di</strong> misurazione vi sono due principali <strong>di</strong>fficoltà: la prima è quella <strong>di</strong> isolare un<br />

nanotubo per poterlo sottoporre ai test, la seconda è l'enorme <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> manipolare degli oggetti <strong>di</strong><br />

taglia nanometrica. Per questa ragione è spesso necessario ricorrere a delle simulazioni a computer, che<br />

però risentono fortemente delle approssimazioni e dai modelli teorici utilizzati nella simulazione.<br />

I nanotubi non sono solo estremamente resistenti alla rottura per trazione, ma anche molto<br />

flessibili, e possono essere piegati ripetutamente fino a circa 90° senza rompersi o danneggiarsi.<br />

L'estrema resistenza dei nanotubi, unita alla loro flessibilità, li renderebbe ideali per l'uso come<br />

fibre <strong>di</strong> rinforzo nei materiali compositi ad alte prestazioni, in sostituzione delle normali fibre in<br />

carbonio, del kevlar o delle fibre <strong>di</strong> vetro. A queste enormi potenzialità fa però da contraltare il<br />

problema tecnologico della costruzione <strong>di</strong> tali fibre, dato che al momento non e' possibile costruire<br />

delle fibre macroscopiche costituite da nanotubi.<br />

Figura 244: Il nanotubo telescopico creato a Berkeley<br />

Grazie alle loro piccole <strong>di</strong>mensioni e alle loro proprietà <strong>di</strong> resistenza meccanica i nanotubi<br />

possono essere utilizzati anche per applicazioni speciali <strong>di</strong> alto livello, come per esempio quella <strong>di</strong> sonda<br />

per i microscopi a effetto tunnel (Scanning tunnelling). Un'applicazione che per il momento potrebbe<br />

apparire fantascientifica è l'uso dei nanotubi per la costruzione <strong>di</strong> nanomacchine.<br />

Un gruppo <strong>di</strong> fisici dell'università <strong>di</strong> Berkeley è riuscito ad utilizzare un MWNT come se fosse un<br />

tubo telescopico, facendo uscire e rientrare più volte le pareti più interne in quelle esterne. Un nanotubo<br />

<strong>di</strong> questo tipo potrebbe essere usato come "nano-molla" o "nanoammortizzatore"in una macchina <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mensioni nanometriche.<br />

Sensibilità ai campi elettrici<br />

I nanotubi possono essere trattati in maniera da <strong>di</strong>ventare estremamente sensibili alla presenza <strong>di</strong><br />

campi elettrici ad alto voltaggio. Essi reagiscono a tali campi piegandosi fino a 90°, per riprendere la<br />

forma originale non appena il campo elettrico viene interrotto. Sottoponendoli ad un campo elettrico<br />

oscillante, i nanotubi vibrano e, controllando attentamente la frequenza <strong>di</strong> oscillazione, è possibile<br />

portarli a risonanza come se fossero le corde <strong>di</strong> una "nano-chitarra". Le sperimentazioni in tal senso<br />

hanno <strong>di</strong>mostrato che ogni nanotubo ha una sua precisa frequenza <strong>di</strong> risonanza, <strong>di</strong>pendente dalla<br />

lunghezza, dal <strong>di</strong>ametro e dalla morfologia. Tale interessante proprietà potrebbe essere sfruttata in<br />

numerose applicazioni <strong>di</strong> nanotecnologia, che vanno dalla creazione <strong>di</strong> "nanobilance" (nelle quali il<br />

nanotubo vibrante avrebbe la funzione <strong>di</strong> molla) fino alla costruzione <strong>di</strong> nano-attuatori elettromeccanici.<br />

Figura 245: Immagine <strong>di</strong> nanobilancia con particella all’estremità <strong>di</strong> 22 femtogrammi


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

307<br />

Conduttività<br />

La struttura elettronica dei nanotubi è molto simile a quella della grafite, dotata <strong>di</strong> buone capacità<br />

<strong>di</strong> conduzione in <strong>di</strong>rezione planare, e sarebbe quin<strong>di</strong> lecito aspettarsi un comportamento simile da parte<br />

dei nanotubi. I nanotubi hanno invece mostrato delle sorprendenti proprietà <strong>di</strong> conduttività che<br />

cambiano secondo la loro geometria: i SWNT "armchair" mostrano un comportamento metallico, gli<br />

altri un comportamento da metallo o da semiconduttore a seconda dei casi.<br />

Figura 246: Immagine virtuale <strong>di</strong> nanotubo formato da atomi <strong>di</strong> azoto e boro<br />

E' stato anche notato che, in determinate con<strong>di</strong>zioni, gli elettroni possono passare all'interno <strong>di</strong><br />

un nanotubo senza scaldarlo (fenomeno chiamato "conduzione balistica"). Queste proprietà rendono i<br />

nanotubi molto interessanti per lo sviluppo <strong>di</strong> "nanocavi" o "cavi quantici", che potrebbero sostituire il<br />

silicio nel campo dei materiali per l'elettronica, e consentire il passaggio dalla microelettronica alla<br />

nanoelettronica.<br />

Per fare ciò occorrerebbe però sviluppare una tecnica <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> nanotubi <strong>di</strong> forme e<br />

<strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong>verse e strettamente controllabile, cosa che al momento è ancora impossibile. Le proprietà<br />

<strong>di</strong> conduzione dei nanotubi può essere variata "drogandoli", ovverosia inserendo nella loro struttura degli<br />

atomi <strong>di</strong> azoto e <strong>di</strong> boro.<br />

Tra i risultati più interessanti in questo campo c'è un nano<strong>di</strong>odo formato da due nanotubi (<strong>di</strong> cui<br />

un conduttore e un semiconduttore) fusi tra loro, che agisce come un normale <strong>di</strong>odo, facendo passare<br />

la corrente in un senso e non nell'altro. Un'altra possibile applicazione della proprietà <strong>di</strong> conduzione dei<br />

nanotubi è il loro uso come cannoni elettronici per la produzione <strong>di</strong> schermi al plasma ad altissima<br />

definizione.<br />

Adsorbimento <strong>di</strong> gas e capillarità<br />

A causa della loro forma tubolare, i nanotubi mostrano delle forti proprietà <strong>di</strong> capillarità e il loro<br />

grande rapporto superficie/peso li rende teoricamente ideali per l'adsorbimento dei gas. In entrambi i<br />

casi è necessario aprire le estremità dei tubi per permettere al liquido o al gas <strong>di</strong> entrare.<br />

Questa apertura può essere effettuata me<strong>di</strong>ante ossidazione con ossigeno, CO oppure aci<strong>di</strong><br />

ossidanti come HNO3 o H2SO4 .<br />

Le proprietà <strong>di</strong> adsorbimento dei nanotubi in carbonio sono state stu<strong>di</strong>ate soprattutto nel caso<br />

dell'adsorbimento dell'idrogeno, in particolare in vista <strong>di</strong> un suo possibile uso nelle "celle a combustibile",<br />

dato che tutti i sistemi fino ad oggi utilizzati per lo stoccaggio dell'idrogeno (bombole, idruri, carboni<br />

attivi) richiedono <strong>di</strong> lavorare ad alta pressione e bassa temperatura per poter immagazzinare una<br />

sufficiente quantità <strong>di</strong> idrogeno. Gli stu<strong>di</strong> sulla capacità <strong>di</strong> adsorbimento <strong>di</strong> idrogeno da parte <strong>di</strong><br />

nanotubi e nanofibre hanno dato risultati <strong>di</strong>versi e talvolta ad<strong>di</strong>rittura contrad<strong>di</strong>ttori: anche le<br />

simulazioni al computer danno risultati <strong>di</strong>fferenti a seconda dei modelli e delle approssimazioni usate.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

308<br />

Figura 247: Assorbimento dell’idrogeno all’interno dei nanotubi<br />

Grande interesse hanno suscitato invece alcuni esperimento <strong>di</strong> adsorbimento <strong>di</strong> idrogeno su<br />

nanotubi "drogati" con litio o potassio.<br />

L’idrogeno può essere assorbito sulla parte anteriore della parete (stabile) o sulla parte esteriore<br />

della parete (non stabile). L’idrogeno può anche essere contenuto all’interno del nanotubo.<br />

Nei nanotubi a singola parete non puro si raggiunge il 5% <strong>di</strong> accumulo <strong>di</strong> idrogeno mentre sui<br />

nanotubi puri si raggiungono 8-12 %.<br />

Figura 248: Sistemi <strong>di</strong> stoccaggio dell’idrogeno a confronto


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

309<br />

Figura 249: Confronto fra le capacità <strong>di</strong> stoccaggio dell’idrogeno nelle varie tecnologie<br />

Per i sistemi <strong>di</strong> costruzione dei nanotubi si rinvia alle pubblicazioni specializzate.<br />

12.4.7 ACCUMULO DI IDROGENO IN MICROSFERE DI CRISTALLO<br />

La ricerca sta oggi proponendo anche l’accumulo <strong>di</strong> idrogeno in microsfere <strong>di</strong> cristallo. Queste<br />

sono costituite da piccole sfere <strong>di</strong> cristallo, vuote, aventi un <strong>di</strong>ametro variabile da 25 a 500 micron ed<br />

uno spessore <strong>di</strong> un solo micron.<br />

Le microsfere vengono trattate e trasportate commercialmente sotto forma <strong>di</strong> polvere fluida e<br />

possono esser utilizzate su grossi basamenti per accumulare idrogeno ad alta pressione.<br />

L’incapsulamento dell’idrogeno è realizzato tramite il riscaldamento <strong>di</strong> un letto <strong>di</strong> microsfere vuote in<br />

ambiente denso <strong>di</strong> idrogeno. Quest’ultimo si introduce nelle sfere attraverso il sottile strato esterno reso<br />

permeabile dalle alte temperature alle quali il processo avviene (da 200 a 400 °C) e fino a quando la<br />

pressione interna alle sfere raggiunge la pressione esterna. Alla fine il letto viene raffreddato e l’idrogeno<br />

non incapsulato viene espulso o trattenuto per altre applicazioni. L’efficienza del processo <strong>di</strong> accumulo<br />

<strong>di</strong>pende da <strong>di</strong>versi fattori quali, la pressione dell’idrogeno, la temperatura e il <strong>volume</strong> del letto, le<br />

<strong>di</strong>mensioni e composizione chimica delle microsfere.<br />

Le sfere così riempite <strong>di</strong> idrogeno vengono raffreddate, ricoperte ed immagazzinate in recipienti a<br />

bassa pressione e trasportate sotto forma <strong>di</strong> una sottile polvere. L’estrazione dell’idrogeno avviene<br />

me<strong>di</strong>ante riscaldamento delle sfere che vengono poi nuovamente ricoperte e riciclate per altri<br />

incapsulamenti. Il calore necessario può essere fornito tramite una cella a idrogeno o da una batteria che<br />

possono essere ricaricate da un generatore meccanico. Questo metodo <strong>di</strong> immagazzinamento pare<br />

idoneo per applicazioni su veicoli. Esso risulta più conveniente del metodo con idruri <strong>di</strong> metallo e non<br />

presenta problemi in caso <strong>di</strong> esposizione all’aria.<br />

Esso ha anche buone prospettive <strong>di</strong> successo sugli altri meto<strong>di</strong>.<br />

12.5 TRASPORTO DELL’IDROGENO<br />

Come gas compresso l’idrogeno può essere trasportato in cilindri ad alta pressione, autocisterne e<br />

gasdotti. I cilindri ad alta pressione (40MPa) sono molto pericolosi da maneggiare e trasportare mentre<br />

le autocisterne sono composte da <strong>di</strong>versi cilindri <strong>di</strong> acciaio montati su una intelaiatura protettiva e<br />

possono contenere da 63 a 460 kg <strong>di</strong> idrogeno compresso ad una pressione <strong>di</strong> 20 MPa.<br />

L’idrogeno liquido immagazzinato in contenitori isolati viene trasportato me<strong>di</strong>ante autocarri ed<br />

altri automezzi in quantità elevate e con modeste per<strong>di</strong>te per evaporazione (0.3-0.6 % al giorno). Il<br />

trasporto navale viene effettuato quasi esclusivamente con idrogeno liquido.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

310<br />

Una tecnica innovativa per il trasporto dell’idrogeno liquido consiste in un gasdotto contenente<br />

un materiale superconduttore: l’idrogeno liquido agirebbe da refrigerante per il superconduttore e<br />

consentirebbe il trasporto dell’elettricità attraverso lunghe <strong>di</strong>stanze senza le grosse per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> corrente<br />

delle linee convenzionali. Naturalmente questo sistema richiederebbe l’uso <strong>di</strong> materiali isolanti<br />

particolari ed il raffreddamento continuo dell’idrogeno durante il trasporto.<br />

12.5.1 TRASPORTO IN GASDOTTI<br />

Essendo l’idrogeno allo stato gassoso si può pensare <strong>di</strong> gestirlo come avviene per il gas naturale,<br />

seppur con le dovute precauzioni fra le quali si ricordano:<br />

⋅ il contatto dell’idrogeno con acciai speciali provoca il loro infragilimento;<br />

⋅ essendo inodoro e insaporo, occorre stu<strong>di</strong>are sistemi adeguati per in<strong>di</strong>viduare le per<strong>di</strong>te;<br />

⋅ occorre evitare i rischi <strong>di</strong> combustione facendo uso <strong>di</strong> materiali e sistemi antideflagranti.<br />

Per evitare l’infragilimento degli acciaio si devono usare materiali particolari che fanno aumentare<br />

il costo <strong>di</strong> questi sistemi <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione. Le reti per l’idrogeno sono poco estese (la maggiore è <strong>di</strong> 740<br />

km negli USA e circa 600 km nel nord Europa) e servono solo per alimentare intere aree industriali.<br />

Reti <strong>di</strong> minori <strong>di</strong>mensioni sono usate all’interno degli stabilimenti per operazioni <strong>di</strong> reformer.<br />

La capacità <strong>di</strong> trasportare energia in un dato impianto è sempre minore nel caso <strong>di</strong> trasporto <strong>di</strong><br />

idrogeno rispetto al caso <strong>di</strong> gas naturale. Ad una determinata pressione il flusso <strong>di</strong> idrogeno è tre volte<br />

più veloce ma l’entalpia trasportata è tre volte minore a causa delle notevoli <strong>di</strong>spersioni che avvengono<br />

durante il trasporto.<br />

Poiché i compressori <strong>volume</strong>trici agiscono solo sol <strong>volume</strong> del gas e non sul contenuto entalpico<br />

un sistema <strong>di</strong> trasporto <strong>di</strong> idrogeno deve essere ottimizzato per tenere conto delle considerazioni sopra<br />

svolte.<br />

12.5.2 SCELTA DEI SISTEMI DI TRASPORTO<br />

I parametri principali che influenzano la scelta del sistema <strong>di</strong> trasporto dell’idrogeno sono la<br />

quantità e la <strong>di</strong>stanza. Per grossi quantitativi <strong>di</strong> idrogeno è preferibile usare i gasdotti che, pur avendo<br />

costi iniziali <strong>di</strong> investimento elevati, hanno costi operativi bassi.<br />

Il trasporto <strong>di</strong> idrogeno liquido risulta conveniente per lunghe <strong>di</strong>stanze (transoceaniche).<br />

Per brevi o brevissime <strong>di</strong>stanze i gasdotti non sono competitivi mentre l’idrogeno compresso può<br />

rappresentare una alternativa valida rispetto all’idrogeno liquido che ha costi operativi elevati.<br />

12.6 L’IDROGENO PER L’AUTOTRAZIONE<br />

La domanda <strong>di</strong> contenimento, se non <strong>di</strong> riduzione, dei livelli <strong>di</strong> inquinanti nell’aria dei gran<strong>di</strong><br />

centri metropolitani ha raggiunto in Italia livelli <strong>di</strong> tale criticità da configurare, anche da parte degli<br />

amministratori più cauti, misure semi permanenti <strong>di</strong> severa limitazione al traffico in<strong>di</strong>viduale,<br />

commerciale e privato.<br />

Al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni convincente analisi sulle connessioni <strong>di</strong>rette e puntuali tra qualità dell’aria e<br />

intensità del traffico veicolare, il settore mobilità è sotto il tiro dei provve<strong>di</strong>menti restrittivi, in quanto<br />

bersaglio <strong>di</strong> misure <strong>di</strong> più imme<strong>di</strong>ata e percepibile attuazione, anche se, alla fine, si spera sempre nel<br />

“wash out” atmosferico per il ripristino dei parametri <strong>di</strong> normalità. A fronte <strong>di</strong> questa situazione, si<br />

moltiplicano da più parti le ipotesi e le proposte <strong>di</strong> schemi innovativi <strong>di</strong> mobilità che dovrebbero dare<br />

soluzione al problema.<br />

In genere, sul fronte dei nuovi veicoli, si prospettano (nell’arco dei prossimi 5-15 anni) soluzioni<br />

tecnologiche basate su innovazioni ra<strong>di</strong>cali del sistema veicolo-propulsore-fuel, quali quelle legate alla<br />

trazione elettrica <strong>di</strong> tipo BEV ( Battery Elecric Vehicle) o FCV ( fuel Cells Vehicle).<br />

La <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> tali tecnologie si ipotizza possa offrire il duplice vantaggio <strong>di</strong> azzerare le<br />

emissioni urbane e ridurre l'impatto acustico, in quanto basate su comuni motori elettrici e ad<strong>di</strong>rittura<br />

su propulsori senza componenti in movimento.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

311<br />

Ma, come sempre, ogni veicolo pone il problema del proprio combustibile e, tra le opzioni BEV<br />

e FCV, sembra ormai consolidata l'idea che le FCV avranno maggiori chances, così come viene<br />

riportato anche nel recente Piano Generale dei Trasporti.<br />

In pratica, il problema <strong>di</strong> quale motore equipaggerà il veicolo a zero emissioni si sta<br />

progressivamente focalizzando su un punto un po' <strong>di</strong>verso, anche se strettamente correlato: la<br />

produzione e la logistica <strong>di</strong> un nuovo e adeguato combustibile in grado <strong>di</strong> alimentare tale veicolo.<br />

Non a caso, della intera catena relativa allo sviluppo commerciale <strong>di</strong> veicoli FCV, un anello critico<br />

è rappresentato dalle infrastrutture per la produzione e il rifornimento del fuel specifico, cioè<br />

l’idrogeno, sia in termini <strong>di</strong> investimento sia <strong>di</strong> prezzo al consumo.<br />

Di fatto, uno degli elementi portanti per il successo <strong>di</strong> una nuova mobilità pienamente accettabile<br />

per l'ambiente potrebbe risiedere proprio in una realistica e praticabile logistica dell'idrogeno su scala<br />

<strong>di</strong>ffusa.<br />

In Figura 250, è riportato l'albero tecnologico delle opzioni in sviluppo in grado <strong>di</strong> dare una<br />

risposta al problema del veicolo a emissioni nulle e si può osservare come - a partire da <strong>di</strong>verse<br />

tecnologie <strong>di</strong> propulsori - un importante elemento chiave sia la <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> idrogeno.<br />

Ma rispetto al dove e come produrlo, come <strong>di</strong>stribuirlo e come stoccarlo si presentano svariate<br />

soluzioni tecnologiche variamente inter<strong>di</strong>pendenti. In questo quadro, in Italia, quale opzione <strong>di</strong><br />

produzione idrogeno potrà offrire i maggiori vantaggi economici e rappresentare delle nuove<br />

opportunità <strong>di</strong> business?<br />

Per cominciare a rispondere a questa domanda sono state condotte valutazioni economiche sul<br />

costo finale dell’idrogeno "alla pompa" nell'ipotesi <strong>di</strong> soluzioni che ne prevedano uno stoccaggio a<br />

bordo, mettendo a confronto alcune possibili opzioni <strong>di</strong> produzione.<br />

Figura 250:Albero tecnologico delle opzioni in sviluppo<br />

12.6.1 LOGISTICA DELL’IDROGENO PER AUTOTRAZIONE<br />

L’analisi tecnico-economica sulla produzione dell’idrogeno per il rifornimento <strong>di</strong> auto e/o bus è<br />

stata eseguita mettendo a confronto una produzione centralizzata (off site), da un impianto <strong>di</strong> grande


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

312<br />

capacità (tipico <strong>di</strong> una raffineria) e la relativa <strong>di</strong>stribuzione alle stazioni <strong>di</strong> servizio <strong>di</strong> un'area, con la<br />

produzione localizzata nella stazione <strong>di</strong> servizio stessa (on site).<br />

Quali tecnologie <strong>di</strong> produzione sono state considerate lo steam reforming del metano (SMR) per<br />

la produzione centralizzata e on site, e il processo <strong>di</strong> elettrolisi dell’acqua per la produzione on site.<br />

La valutazione è stata effettuata sulla base delle seguenti ulteriori assunzioni:<br />

⋅<br />

⋅<br />

tecnologia veicolare <strong>di</strong> riferimento: FCV;<br />

auto FCV caratterizzata da un consumo <strong>di</strong> H2 pari a 0.01 kg H2 /km e da un serbatoio<br />

che contiene 3 kg H2 (rifornimento settimanale). Bus FCV caratterizzato da un consumo<br />

<strong>di</strong> 0.056 kg H2/km con un serbatoio <strong>di</strong> circa 17 kg <strong>di</strong> capacità (rifornimento giornaliero<br />

per una percorrenza <strong>di</strong> 300 km/giorno);<br />

⋅ impianto <strong>di</strong> produzione con capacità pari a 900 kg H2 /giorno (rifornimento <strong>di</strong> circa 300<br />

auto o 45 bus al giorno). Tale <strong>di</strong>mensione è compatibile sia con la politica <strong>di</strong> accentrare i<br />

siti <strong>di</strong> rifornimento, sia considerando il rifornimento <strong>di</strong> una flotta <strong>di</strong> autobus presso un<br />

deposito. E’ stato anche stu<strong>di</strong>ato il caso <strong>di</strong> una stazione con capacità pari a 180 kg H2<br />

/giorno per meglio valutare le opportunità che possono sorgere nel periodo iniziale<br />

dello sviluppo commerciale;<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

tipologia <strong>di</strong> rifornimento: idrogeno in forma <strong>di</strong> gas compresso. Questa soluzione è<br />

attualmente adottata per il rifornimento degli autobus. L’H2 in forma gassosa resta<br />

comunque la modalità più <strong>di</strong>ffusa per eseguire lo stoccaggio on board me<strong>di</strong>ante idruri,<br />

bombole e, possibilmente nel futuro, anche tramite nanostrutture <strong>di</strong> carbonio;<br />

nel caso <strong>di</strong> produzione centralizzata, è previsto il trasporto dell’idrogeno in forma<br />

liquida dal sito <strong>di</strong> produzione alla stazione <strong>di</strong> servizio;<br />

per il prezzo dell’energia elettrica e del gas naturale, sono stati presi, come riferimento e<br />

a titolo conservativo, quelli pubblicati nel report annuale dell’Autorità per l’Energia, che<br />

rappresentano il prezzo (comprensivo delle fiscalità) che potrebbe pagare, in assenza <strong>di</strong><br />

contratti particolari, un operatore, esterno al business elettrico e/o del gas, che volesse<br />

investire nella produzione <strong>di</strong> idrogeno.<br />

12.6.2 LE TECNOLOGIE DI PRODUZIONE IDROGENO<br />

Le tecnologie <strong>di</strong> produzione on site dell’idrogeno <strong>di</strong> piccola taglia non sono ancora in una fase <strong>di</strong><br />

sviluppo commerciale. Sulla base <strong>di</strong> questa considerazione, alla stima del costo <strong>di</strong> investimento iniziale,<br />

è stato applicato un fattore <strong>di</strong> riduzione pari al 15% per ogni raddoppio delle unità. vendute.<br />

Tale fattore, denominato “learning factor”, è correlato all’aumento <strong>di</strong> produttività iniziale, alla<br />

ottimizzazione <strong>di</strong> processo e <strong>di</strong> gestione della produzione e alla competizione che nasce per un nuovo<br />

prodotto. Tale effetto è stato considerato fino al raggiungimento <strong>di</strong> 10.000 unità vendute (oltre tale<br />

valore entrano in gioco le tra<strong>di</strong>zionali economie <strong>di</strong> scala) che, per un mercato <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni globali,<br />

rappresenta proprio le prime fasi <strong>di</strong> commercializzazione <strong>di</strong> un nuovo prodotto.<br />

Opzione elettrolisi<br />

Per una stazione <strong>di</strong> rifornimento da 900 kg H2 /giorno, il costo dell’idrogeno alla pompa è<br />

risultato pari a 6.5 $/kg (7.5 $/kg per una stazione <strong>di</strong> capacità pari a 180 kg H2 /giorno). La principale<br />

voce <strong>di</strong> costo è rappresentata dal consumo <strong>di</strong> energia elettrica che incide per il 75% sul costo finale <strong>di</strong><br />

produzione.<br />

Opzione Steam Reforming (SMR) on site<br />

Per una stazione <strong>di</strong> rifornimento da 900 kg H2 /giorno, il costo dell’idrogeno alla pompa è<br />

risultato pari a 2.6 $/kg (3.1 $/kg per una stazione <strong>di</strong> capacità pari a 180 kg H2 /giorno). La voce <strong>di</strong><br />

costo che concorre maggiormente al costo finale dell’idrogeno, oltre il 30%, si riferisce al consumo del<br />

gas naturale. Lo stoccaggio on site e relativa <strong>di</strong>stribuzione alla pompa dell’idrogeno sono equivalenti al<br />

caso della opzione elettrolisi.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

313<br />

Opzione SMR centralizzata<br />

L’ipotesi alla base della valutazione consiste nel considerare un impianto centralizzato (off site) <strong>di</strong><br />

produzione <strong>di</strong> idrogeno da gas naturale (SMR) <strong>di</strong> capacità pari a 237 t H2 /giorno. In questo caso il<br />

prezzo del gas naturale e dell’energia elettrica sono inferiori ai casi on site, in ragione al maggiore<br />

consumo. L’idrogeno gassoso prodotto viene poi liquefatto da un impianto che è caratterizzato da<br />

elevati costi <strong>di</strong> investimento e consumo <strong>di</strong> energia elettrica. é stato stimato il costo <strong>di</strong> liquefazione per<br />

impianti <strong>di</strong> capacità nell'intervallo 6-237 t H2 /giorno, pensando, per esempio, che non tutto l’idrogeno<br />

prodotto possa essere in<strong>di</strong>rizzato al settore veicolare.<br />

A valle della liquefazione è stato stimato il costo <strong>di</strong> trasporto dell’idrogeno liquido. Come<br />

riferimento è stata considerata una <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 80 Km dal sito <strong>di</strong> produzione. Per quanto concerne la<br />

stazione <strong>di</strong> rifornimento, l’idrogeno viene stoccato in forma liquida, mentre il rifornimento<br />

dell’idrogeno avviene in forma gassosa compressa (in analogia alle altre opzioni e facendo riferimento<br />

alla stazione <strong>di</strong> rifornimento realizzata dalla Air Products a Chicago). Nelle opzioni precedenti, il<br />

“learning factor” è stato applicato all’intera catena tecnologica, mentre, in questo caso, l’applicazione è<br />

stata limitata ai soli impianti della sola stazione <strong>di</strong> servizio.<br />

Prendendo come riferimento una capacità <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione giornaliera pari a 13 stazioni <strong>di</strong><br />

rifornimento da 900 kg H2 /giorno, il costo finale alla pompa dell’idrogeno è stato stimato pari a 4.3<br />

$/kg. Nella Figura 251 sono rappresentati: il costo alla pompa dell’idrogeno e i costi <strong>di</strong> investimento,<br />

dopo gli effetti della “learning curve”, degli impianti <strong>di</strong> produzione e stoccaggio.<br />

Figura 251: Parametri economici rappresentativi della catena <strong>di</strong> produzione dell’idrogeno<br />

12.6.3 IL MERCATO DELLE FCV A IDROGENO<br />

Il mercato dell’idrogeno per autotrazione si rivolge a due segmenti, quello pubblico<br />

(principalmente autobus) e privato (auto), che presentano, per., delle sostanziali <strong>di</strong>fferenze. Il settore<br />

"bus" è attualmente più maturo, rispetto a quello privato, in quanto molti esemplari da tempo sono in<br />

esercizio e l’elevato costo <strong>di</strong> investimento della vettura è assorbito più rapidamente dalla intensa vita<br />

operativa.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

314<br />

Inoltre, nel caso <strong>di</strong> bus, i depositi centralizzati <strong>di</strong> rifornimento assicurano un consumo costante<br />

ed elevato <strong>di</strong> carburante. Tali con<strong>di</strong>zioni potrebbero avvantaggiare, soprattutto nella fase iniziale,<br />

l’utilizzo dell’idrogeno per l’autotrazione pubblica rispetto a quella privata.<br />

12.6.4 SCENARIO PRELIMINARE PER LA PRODUZIONE E DISTRIBUZIONE<br />

DELL'IDROGENO<br />

Sulla base dei risultati economici e delle caratteristiche tecnologiche delle opzioni considerate, si<br />

può tracciare il seguente scenario (Figura 252) per il breve, me<strong>di</strong>o e lungo termine:<br />

⋅ breve termine: l’elettrolisi rappresenta un’interessante opzione sulla base della elevata<br />

flessibilità <strong>di</strong> esercizio, anche se penalizzata dall’elevato costo dell’energia elettrica.<br />

L’elevata flessibilità potrebbe rappresentare un plus significativo nella fase iniziale della<br />

penetrazione commerciale dei veicoli alimentati a idrogeno, cioè per una domanda<br />

molto limitata e <strong>di</strong>scontinua. Inoltre, altri motivi per investire in questa tecnologia<br />

potrebbero essere stimolati dalla liberalizzazione del mercato elettrico, pensando a<br />

tariffe particolarmente vantaggiose e, inoltre, al coinvolgimento <strong>di</strong> autoproduttori <strong>di</strong><br />

energia elettrica che potrebbero trovare, nella produzione <strong>di</strong> idrogeno, un interessante<br />

business. Nella fase iniziale, anche l’opzione centralizzata potrebbe avere delle chances<br />

in ragione alla flessibilità <strong>di</strong> seguire la domanda e ai minori costi rispetto alla produzione<br />

tramite elettrolisi on site. Per tale modalità <strong>di</strong> produzione risultano avvantaggiate le<br />

aziende che gi. <strong>di</strong>spongono <strong>di</strong> sistemi <strong>di</strong> liquefazione e <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> H2 che<br />

potrebbero in<strong>di</strong>rizzare una quota della produzione al settore automotive (per esempio per<br />

le aziende che producono “gas tecnici”);<br />

⋅ me<strong>di</strong>o termine: con la crescita della domanda <strong>di</strong> idrogeno anche nel settore privato,<br />

l’opzione steam reforming on site del gas naturale potrebbe dominare il mercato in<br />

quanto, lo svantaggio della tecnologia, in termini <strong>di</strong> minore flessibilità <strong>di</strong> esercizio<br />

rispetto all’elettrolisi, non rappresenterebbe più una criticità. Inoltre, è l’opzione<br />

sensibilmente più vantaggiosa economicamente rispetto alle altre e può rappresentare<br />

un’attraente <strong>di</strong>versificazione per il business del gas naturale;<br />

⋅ lungo termine: nell'ipotesi che nessuna altra nuova tecnologia, rispetto a quelle<br />

considerate, entri in gioco, l'opzione SMR on site sarà ancora quella vincente.<br />

In ogni caso, sembra plausibile che nel futuro la competizione tra le <strong>di</strong>verse opzioni tecnologiche<br />

si giocherà, per la specifica applicazione, sulla base soprattutto delle politiche ambientali ed energetiche<br />

ossia sul ricorso, da parte del legislatore, a strumenti <strong>di</strong> incentivazione per l'utilizzo <strong>di</strong> gas naturale e <strong>di</strong><br />

energia elettrica.<br />

Figura 252: Rating dei sistemi <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> idrogeno


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

315<br />

La produzione dell’idrogeno tramite impianti <strong>di</strong> steam reforming del metano, installati presso la<br />

stazione <strong>di</strong> rifornimento, è l’opzione tecnologica economicamente vincente rispetto alla produzione<br />

centralizzata o tramite elettrolisi on site.<br />

Il vantaggio competitivo è elevato per le stazioni <strong>di</strong> rifornimento caratterizzate da una domanda<br />

costante ed elevata (depositi <strong>di</strong> FC-autobus nella fase iniziale e, una volta raggiunta una domanda<br />

costante, anche per le stazioni <strong>di</strong> rifornimento delle auto private).<br />

Le altre opzioni considerate, produzione centralizzata tramite SMR ed elettrolisi, potrebbero<br />

<strong>di</strong>ventare forti competitors se l’idrogeno fosse prodotto da aziende coinvolte nel business elettrico o del<br />

gas, per le quali i costi delle “materie prime” sono sensibilmente minori dei valori utilizzati<br />

nell’elaborazione economica.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

316<br />

13 TERMOVALORIZZAZIONE DEI RIFIUTI SOLIDI<br />

Una categoria <strong>di</strong> generatori termici che si sta affermando in questi ultimi anni è quella degli<br />

inceneritori detti anche termovalorizzatori dei rifiuti soli<strong>di</strong>. Questa tecnologia, fino a pochissimi anni fa<br />

relegata in una fase da laboratorio e implementata solo in paesi più sensibili al rispetto dell’ambiente,<br />

oggi trova applicazione anche in Italia a seguito <strong>di</strong> alcune <strong>di</strong>rettive europee e del noto Decreto Ronchi,<br />

pur con notevole ritardo rispetto ad altre nazioni europee. Si fa strada, quin<strong>di</strong>, la cultura della<br />

valorizzazione termica dei Rifiuti Soli<strong>di</strong> Urbani (RSU) e in genere <strong>di</strong> tutte le tipologie <strong>di</strong> rifiuti che le leggi<br />

vigenti propongono.<br />

Alla base <strong>di</strong> questa filosofia vi è il concetto <strong>di</strong> recupero energetico oltre che materiale <strong>di</strong> alcune<br />

frazioni riciclabili quale la plastica, i materiali ferrosi, la carta .... I RSU o loro assimilabili sono, infatti,<br />

prodotti organici capace <strong>di</strong> fornire energia se opportunamente combusti con un potere calorifico<br />

inferiore (pci) che varia da 1800 ÷ 4500 kcal/kg a seconda della tipologia <strong>di</strong> prodotto.<br />

Considerando una produzione realistica <strong>di</strong> RSU <strong>di</strong> 1.5 kg/p/g (kg <strong>di</strong> RSU per persona al giorno)<br />

e la popolazione residente nel nostro paese ci si rende conto della enorme quantità <strong>di</strong> RSU <strong>di</strong>sponibili<br />

giornalmente, senza considerare le altre produzioni quali quelle industriali e ospedaliere.<br />

Per dare un valore concreto nella sola provincia <strong>di</strong> Catania si hanno circa 1.200 t/g <strong>di</strong> RSU tal<br />

quale che potrebbe fornire (supponendo un valor me<strong>di</strong>o del pci=2000 kcal/kg) circa 2.790.000 kWh e cioè<br />

una quantità <strong>di</strong> energia corrispondente al consumo energetico familiare me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> circa 30.000 famiglie.<br />

Negli ultimi due decenni si sono affermate alcune tecnologie per la termovalorizzazione e in<br />

particolare si ricorda: la combustione a griglia, la combustione a letto fluido, la pirolisi a bassa<br />

temperatura e, <strong>di</strong> recente, la pirolisi ad alta temperatura me<strong>di</strong>ante reattori al plasma. Si tratta <strong>di</strong><br />

tecnologie, vecchie e nuove, che presentano una serie <strong>di</strong> problematiche sia impiantistiche che operative.<br />

Gli impianti <strong>di</strong> termovalorizzazione con forni a griglia sono probabilmente quelli più conosciuti e<br />

in Italia se ne hanno alcune realizzazioni (anche recenti, come a Brescia e Ferrara) perfettamente<br />

funzionanti. Gli impianti a letto fluido possono considerarsi una evoluzione dei precedenti poiché<br />

utilizzano per la combustione il metodo delle caldaie circolanti a pressione atmosferica (ACFB) con<br />

sensibile riduzione della temperatura <strong>di</strong> combustione e maggior controllo delle emissioni atmosferiche.<br />

Entrambe le tipologie sopra in<strong>di</strong>cate utilizzano quale prodotto <strong>di</strong> combustione il CDR<br />

(Combustibile Da Rifiuto) ottenuto dai RSU me<strong>di</strong>ante pretrattamento <strong>di</strong> essiccazione per eliminare<br />

l’umi<strong>di</strong>tà e le frazioni riciclabili. Gli impianti a pirolisi a bassa temperatura, sia endotermica che<br />

esotermica, si basano su conoscenze ormai secolari della scissione pirolitica dei legami molecolari delle<br />

sostanze organiche. Nei forni rotanti pirolitici si raggiungono temperature dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 500÷600 °C e,<br />

in atmosfera ridotta <strong>di</strong> ossigeno, avviene la scissione pirolitica dei rifiuti formando, in genere, gas<br />

pirolitico con residuo <strong>di</strong> coke detto <strong>di</strong> pirolisi.<br />

Il gas così prodotto ha un pci <strong>di</strong> circa 4000÷5000 kcal/kg e può essere utilizzato, previo<br />

trattamenti <strong>di</strong> depolverizzazione, lavaggio e desulfurazione (in alcuni casi anche in relazione al tipo <strong>di</strong><br />

rifiuto utilizzato) per far marciare una turbina a vapore ovvero anche, per gli impianti <strong>di</strong> piccola taglia<br />

(<strong>di</strong> solito al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> 100.000 t/anno), motori endotermici con produzione <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> energia elettrica.<br />

Il coke <strong>di</strong> pirolisi può essere utilizzato per alimentare forni, come carbonella o per alimentare un<br />

impianto <strong>di</strong> craking per produrre altro gas <strong>di</strong> sintesi. In quest’ultimo caso si producono residui vetrosi<br />

non lisciviabili che possono facilmente essere portati a <strong>di</strong>scarica.<br />

Gli impianti a pirolisi ad alta temperatura sono i più recenti e rappresentano un salto tecnologico<br />

nella termovalorizzazione dei RSU. Essi possono trattare praticamente tutte le tipologie <strong>di</strong> rifiuti (soli<strong>di</strong><br />

o liqui<strong>di</strong>) e producono syngas e residui soli<strong>di</strong> basaltici.<br />

La pirolisi è attivata ad alta temperatura (3000÷4000 °C in atmosfera povera <strong>di</strong> ossigeno)<br />

me<strong>di</strong>ante plasma prodotto da elementi ad arco con scarica in aria.<br />

Questa tecnologia <strong>di</strong> derivazione aerospaziale (dove viene utilizzata per produrre materiali ad<br />

altissime temperature) è stata proficuamente utilizzata principalmente per lo smaltimento <strong>di</strong> residui<br />

industriali tossici o per terreni con residui ra<strong>di</strong>oattivi. Oggi se ne prevede anche l’utilizzo come sistema<br />

principale <strong>di</strong> gassificazione in impianti <strong>di</strong> produzione sia <strong>di</strong> energia elettrica che <strong>di</strong> prodotti <strong>di</strong><br />

trasformazione del syngas (metanolo, ...).


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

317<br />

Oltre a potere trattare qualunque tipologia <strong>di</strong> rifiuti, questi impianti presentano interessanti<br />

caratteristiche quali il ridotto <strong>volume</strong> dei prodotti <strong>di</strong> scarico sotto forma <strong>di</strong> basalto (circa il 12%) che<br />

può essere riciclato come pietrame da costruzione (pietrisco o anche ballast) o per formare mattonelle<br />

basaltiche per pavimentazione stradale. In pratica dal rifiuto utilizzato all’ingresso del reattore si<br />

ottengono prodotti tutti riutilizzabili: gas e basalto.<br />

Anche la qualità dei prodotti <strong>di</strong> scarico è eccellente poiché, per effetto della elevata temperatura<br />

nel reattore, le reazioni stabili sono quelle che portano alla produzione <strong>di</strong> H 2 , CO e CO 2 che, me<strong>di</strong>ante<br />

craking attivato con getti <strong>di</strong> vapore d’acqua, viene ridotto a CO per aumentare il pci del syngas e pertanto<br />

i prodotti pericolosi (<strong>di</strong>ossine, furani,....) non sono praticamente presenti. L’attivazione della pirolisi ad<br />

alta temperatura avviene me<strong>di</strong>ante arco elettrico e quin<strong>di</strong> con apporto <strong>di</strong> energia esterna.<br />

Ne segue che questo sistema può funzionare sia con prodotti organici (che producono gas<br />

riutilizzabile) che inorganici per i quali non si ha formazione <strong>di</strong> gas ma solo <strong>di</strong> slag fuso alla base del<br />

reattore. Questo sistema, infatti, è stato prevalentemente utilizzato per fondere materiali metallici<br />

(alluminio, ferro, ....) da oltre 25 anni con funzionamento continuo.<br />

Proprio per questa caratteristica gli impianti al plasma sono anche utilizzati a valle degli impianti<br />

tra<strong>di</strong>zionali per vetrificare le ceneri provenienti dai forni a griglia. Impianti <strong>di</strong> questo genere sono presenti<br />

già in Europa (a Cenon in Francia si ha un impianto al plasma per vetrificare 70.000 t/anno <strong>di</strong> ceneri <strong>di</strong><br />

un impianto a griglia da 350.000 t/anno) e in Italia si stanno stu<strong>di</strong>ando applicazioni simili per gli<br />

impianti a griglia esistenti. Impianti <strong>di</strong> termovalorizzazione al plasma sono sia in fase <strong>di</strong> progettazione<br />

avanzata che <strong>di</strong> inizio costruzione in Europa e in Giappone.<br />

La relazione sviluppa le succitate tematiche fornendo un quadro <strong>di</strong> riferimento ed un confronto<br />

critico delle tecnologie oggi utilizzate. Ve<strong>di</strong>amo nel prosieguo brevemente le peculiarità delle tipologie<br />

<strong>di</strong> impianti sopra elencate, anche alla luce del citato Decreto Ronchi. In particolare si descriveranno con<br />

maggior dettaglio i cicli termo<strong>di</strong>namici, le implicazioni impiantistiche e termotecniche, le caratteristiche<br />

<strong>di</strong> funzionamento, le tipologie <strong>di</strong> scarichi ambientali al fine della Valutazione <strong>di</strong> Impatto Ambientale.<br />

Data la natura e la limitatezza del corso si forniranno solamente gli accenni tecnici necessari alla<br />

caratterizzazioni tecniche delle <strong>di</strong>verse tipologie impiantistiche lasciando i necessari approfon<strong>di</strong>menti ai<br />

manuali tecnici e alla Letteratura tecnica <strong>di</strong>sponibile.<br />

13.1 SISTEMI A PIROLISI A BASSA TEMPERATURA<br />

La pirolisi è un processo chimico <strong>di</strong> scissione dei legami delle molecole organiche in atmosfera priva (o<br />

scarsamente presente) <strong>di</strong> ossigeno in modo da ottenere gas (detto gas <strong>di</strong> sintesi o syngas) e prodotti<br />

residuali soli<strong>di</strong>.<br />

La pirolisi e la gassificazione conseguente ottengono principalmente i seguenti risultati:<br />

⋅ -Riduzione dei problemi <strong>di</strong> deposito degli RSU in <strong>di</strong>scarica attraverso la riduzione dei volumi in<br />

gioco e la scomposizione termica definitiva <strong>di</strong> prodotti potenzialmente pericolosi<br />

⋅ -Trattamento specifico dei materiali (RSU) in entrata.<br />

⋅ -trattamento decentralizzato degli RSU con minori contaminazioni ambientali.<br />

⋅ -Conversione <strong>di</strong> materiali - per i quali non sarebbe possibile alcun riutilizzo - in materiali<br />

utilizzabili (residui carboniosi, metalli) ed energia.<br />

⋅ -Un notevole contributo alla riduzione <strong>di</strong> emissioni <strong>di</strong> anidride carbonica in quanto tale processo<br />

è sostitutivo della abituale della abituale produzione <strong>di</strong> energia me<strong>di</strong>ante combustibili fossili.<br />

⋅ -Un composto carbonioso residuo della pirolisi. Nei processi industriali esistenti i metalli, ferrosi<br />

e non, in esso ancora presenti vengono estratti e lo stesso può, in seguito, essere utilizzato come<br />

carbone attivo negli impianti <strong>di</strong> filtrazione, come sostanza porosa per la produzione <strong>di</strong> mattoni o<br />

come combustibile nelle centrali termoelettriche. Lo si può inoltre sottoporre al processo <strong>di</strong><br />

gassificazione.<br />

⋅ -Attraverso la gassificazione il residuo carbonioso della pirolisi viene convertito in granuli vetrosi<br />

completamente inerti dal punto <strong>di</strong> vista chimico-fisico che possono essere offerti quali prodotti<br />

per l’industria e<strong>di</strong>le o inviati in <strong>di</strong>scarica senza restrizioni ambientali <strong>di</strong> sorta.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

318<br />

⋅<br />

Grazie alla sua stabilità chimica intrinseca tale materiale può essere immagazzinato dovunque per<br />

perio<strong>di</strong> illimitati senza che si renda necessaria alcuna precauzione.<br />

13.1.1 PROCESSO DI UTILIZZAZIONE DEI RSU<br />

Al fine <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>sporre la frazione <strong>di</strong> RSU al trattamento termico si procede alla compressione e<br />

formazione <strong>di</strong> cubi privi il più possibile <strong>di</strong> aria me<strong>di</strong>ante apposita macchina (pressa). Il modulo <strong>di</strong><br />

pirolisi al plasma a bassa temperatura (600÷900 °C me<strong>di</strong>ante reattori rotanti) tratta una portata <strong>di</strong><br />

materiale variabile con la taglia del reattore (<strong>di</strong> solito 2-5 t/h) e produce gas composto essenzialmente<br />

da idrogeno, monossido <strong>di</strong> carbonio, ossido <strong>di</strong> carbonio e prodotti vari in percentuali che <strong>di</strong>pendono<br />

dalla natura chimica dei rifiuti utilizzati. In pratica il processo pirolitico scinde i legami chimici dei<br />

composti organici producendo syngas. Tutto ciò che non è scisso chimicamente si ritrova in basso al<br />

reattore pirolitico sotto forma <strong>di</strong> coke <strong>di</strong> pirolisi cioè <strong>di</strong> carbonella che può anche essere utilizzata per<br />

alimentare forni industriali, per produrre altro gas (processo <strong>di</strong> craking) o essere portato a <strong>di</strong>scarica.<br />

Poiché il coke non è del tutto non lisciviabile il suo smaltimento richiede, in Italia, un pre-trattamento<br />

prima <strong>di</strong> essere portato a <strong>di</strong>scarica.<br />

Dopo un successivo trattamento volto a separare le polveri ed estrarre ulteriori particelle<br />

metalliche il syngas viene raffreddato istantaneamente (quenching) e lavato (Scrabber) in modo da produrre<br />

gas purissimo per la successiva fase <strong>di</strong> produzione del metanolo. Parte del syngas è utilizzato per la<br />

produzione dell’energia elettrica necessaria all’autosufficienza dell’impianto me<strong>di</strong>ante motori alimentati<br />

a gas per produrre elettricità. Il funzionamento del reattore è <strong>di</strong> almeno 8.000 ore/anno con fermate<br />

funzionali <strong>di</strong> circa due mesi per anno.<br />

13.1.2 FASI PRINCIPALI DEL PROCESSO<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

Figura 253: Layout <strong>di</strong> processo per impianti a pirolisi<br />

Le fasi principali del pirolitici sono:<br />

Pretrattamento dei RSU me<strong>di</strong>ante frantumazione e preparazione dei cubetti compressi per<br />

l’alimentazione del reattore per la pirolisi;<br />

Post trattamento del gas <strong>di</strong> sintesi me<strong>di</strong>ante raffreddamento, lavaggio, depolverizzazione e<br />

desulfurazione (eventuale);<br />

Processi termici: frantumazione e preparazione dei cubi compressi per l’alimentazione del<br />

reattore per la pirolisi.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

319<br />

Nella Figura 253 si ha lo schema impiantistico <strong>di</strong> un moderno impianto a pirolisi a bassa<br />

temperatura con forno rotante del tipo endotermico.<br />

13.1.3 ESSICCAZIONE DEI RIFIUTI<br />

I RSU vengono prima trattati per l’eliminazione delle frazioni ferrose e metalliche, dei materiali<br />

plastici e vetrosi. Alla fine del processo vengono essiccati, in camere riscaldate a vapore, fino ad<br />

un’umi<strong>di</strong>tà residua del 10% circa, al fine <strong>di</strong> ottimizzare il successivo processo <strong>di</strong> gassificazione.<br />

L’essiccamento viene effettuato in tamburi rotanti riscaldati in<strong>di</strong>rettamente con vapore che può<br />

essere prodotto dallo stesso impianto a pirolisi. Il processo <strong>di</strong> essiccamento sfrutta il calore <strong>di</strong><br />

essiccazione del vapore e quin<strong>di</strong> la massima temperatura <strong>di</strong> contatto per il materiale, all’interno del<br />

tamburo <strong>di</strong> essiccamento, è <strong>di</strong> circa 190 °C.<br />

Il vapore esausto proveniente dall’essiccazione dei rifiuti viene condensato in un’apposita torre <strong>di</strong><br />

lavaggio con ad<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> soda al fine <strong>di</strong> eliminare ogni odore residuo. Dopo l’essiccazione il materiale<br />

viene in<strong>di</strong>cato come fluff.<br />

13.1.4 PIROLISI E GASSIFICAZIONE<br />

Il tamburo pirolizzatore è dotato <strong>di</strong> un particolare sistema <strong>di</strong> alimentazione in grado <strong>di</strong> garantire<br />

un minimo ingresso <strong>di</strong> aria e <strong>di</strong> fluff e realizzare, quin<strong>di</strong>, una buona compattazione del fluff stesso.<br />

L’entrata totale <strong>di</strong> aria imbibita con la massa <strong>di</strong> fluff è inferiore al 5%. A causa della rotazione e<br />

dell’inclinazione del tamburo il materiale si muove lentamente attraverso il tamburo in <strong>di</strong>rezione<br />

dell’estremità posteriore. Durante questo tempo (circa 50 minuti) il materiale <strong>di</strong>stilla in atmosfera priva<br />

<strong>di</strong> ossigeno: alla fine si producono il gas <strong>di</strong> pirolisi e residui soli<strong>di</strong> essenzialmente rappresentati da<br />

grafite e soli<strong>di</strong> inerti (scorie carboniose). I residui soliti vengono espulsi me<strong>di</strong>ante una coclea orizzontale e<br />

quin<strong>di</strong> raffreddati.<br />

L’atmosfera inerte fa sì che persino all’avviamento non vi sia alcun pericolo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o o <strong>di</strong><br />

esplosione. Il coke <strong>di</strong> pirolisi raffreddato viene convogliato in atmosfera inerte in un silo. Mentre effettua<br />

questo processo un separatore magnetico provvede a rimuovere i residui <strong>di</strong> materiali ferrosi contenuti<br />

nel coke (da unire a quelli grossolani separati durante la fase <strong>di</strong> pretrattamento dei rifiuti).<br />

La rimozione dei metalli non ferrosi viene effettuata me<strong>di</strong>ante un flusso turbolento per quanto<br />

riguarda i pezzi più grossi e me<strong>di</strong>ante vagliatura per quanto riguarda i fini. Il tamburo pirolizzatore<br />

viene riscaldato in<strong>di</strong>rettamente, fatta eccezione per la messa in marcia, il bruciatore viene fatto<br />

funzionare me<strong>di</strong>ante l’utilizzo dello stesso gas <strong>di</strong> pirolisi previamente depurato.<br />

Lo sfruttamento energetico del gas <strong>di</strong> pirolisi e la qualità della combustione (bassa concentrazione<br />

<strong>di</strong> NO x ) vengono positivamente influenzati dalla particolare configurazione della camera <strong>di</strong><br />

combustione. Gli scarichi della combustione passano attraverso uno scambiatore <strong>di</strong> calore nel quale<br />

viene preriscaldata l’aria per la crakezzazione del gas.<br />

13.1.5 TORCIA DI SICUREZZA<br />

La torcia <strong>di</strong> sicurezza provvede a bruciare il gas quando esiste un <strong>di</strong>sservizio del normale<br />

funzionamento dell’impianto. Questa torcia è collegata al tamburo pirolizzatore, al sistema <strong>di</strong> lavaggio<br />

del gas e al sistema <strong>di</strong> stoccaggio del gas. Nel caso in cui il sistema <strong>di</strong> crakezzazione del gas dovesse avere<br />

dei problemi è possibile bloccare il relativo condotto <strong>di</strong> adduzione del gas mentre viene aperto quello <strong>di</strong><br />

adduzione alla torcia.<br />

Anche in caso <strong>di</strong> aumento <strong>di</strong> temperatura del sistema <strong>di</strong> lavaggio gas o nell’eventualità in cui la<br />

pressione del sistema <strong>di</strong> stoccaggio gas dovesse essere troppo elevata, un sistema <strong>di</strong> valvole del<br />

medesimo tipo provvede ad inviare gas alla torcia <strong>di</strong> sicurezza. Durante il funzionamento normale la<br />

torcia è alimentata (per essere mantenuta alla temperatura ottimale e nelle con<strong>di</strong>zioni operative<br />

necessarie) con gas <strong>di</strong> pirolisi così da potere entrare in azione in qualsiasi momento ad una temperatura<br />

<strong>di</strong> combustione ottimale.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

320<br />

13.1.6 CRAKING DEI GAS PIROLITICI<br />

Il gas <strong>di</strong> pirolisi è essenzialmente costituito da una miscela <strong>di</strong> idrocarburi evaporati, <strong>di</strong> vapore<br />

acqueo, polveri <strong>di</strong> grafite, idrogeno, biossido <strong>di</strong> carbonio, monossido <strong>di</strong> carbonio e azoto. Il gas <strong>di</strong><br />

pirolisi viene condotto in un ciclone a gas cal<strong>di</strong>ssimo per essere depolverizzato e quin<strong>di</strong> entra nell’unità<br />

<strong>di</strong> craking. La polvere viene rimossa dal ciclone ed è così evacuata e trasportata verso il successivo<br />

sistema <strong>di</strong> gassificazione.<br />

Il gas viene fatto scorrere in condotte riscaldate al fine <strong>di</strong> evitarne il raffreddamento e la<br />

conseguente condensazione. Il gas <strong>di</strong> pirolisi così depolverato presenta una temperatura <strong>di</strong> circa 500 °C<br />

ed arriva all’unità <strong>di</strong> craking passando attraverso un letto <strong>di</strong> coke cal<strong>di</strong>ssimo. In conseguenza <strong>di</strong> ciò la sua<br />

temperatura aumenta sino ad 1100 °C.<br />

n seguito alle varie reazioni chimiche endotermiche che consumano parte dell’energia, la<br />

temperatura del gas all’uscita dell’unità <strong>di</strong> craking è <strong>di</strong> circa 900 °C. In quel momento, ovvero dopo<br />

circa 3÷5 secon<strong>di</strong>, il gas <strong>di</strong> pirolisi viene trasformato in un gas stabile ed in particolar modo gli<br />

idrocarburi sotto forma <strong>di</strong> vapore vengono scissi in idrogeno, metano e monossido <strong>di</strong> carbonio.<br />

In aggiunta a quanto sopra detto il vapore acqueo presente nel gas <strong>di</strong> pirolisi viene trasformato,<br />

dal carbonio presente nel coke, in monossido <strong>di</strong> carbonio e idrogeno in base alla ben nota reazione<br />

eterogenea acqua-gas<br />

13.1.7 MINERALIZZAZIONE DEL COKE DI PIROLISI<br />

Come già detto, esistono numerose possibilità <strong>di</strong> utilizzo per il coke <strong>di</strong> pirolisi (scorie carboniose),<br />

pertanto è ipotizzabile che parte del coke <strong>di</strong> pirolisi a lungo andare possa essere variamente impiegato<br />

ad esempio per la produzione <strong>di</strong> cemento o laterizi. Tuttavia, attualmente, si ritiene che tutto il coke <strong>di</strong><br />

pirolisi debba possibilmente essere mineralizzato. Ciò include anche l’utilizzo interme<strong>di</strong>o del coke <strong>di</strong><br />

pirolisi quale materiale filtrante.<br />

Si deve tener presente che la gassificazione permette <strong>di</strong> ricavare la maggior parte dell’energia del<br />

materiale in entrata sotto forma <strong>di</strong> gas combustibile il cui utilizzo contribuisce in modo favorevole al<br />

bilancio energetico dell’impianto in quanto, una volta depolverizzato e lavato, questo gas può essere<br />

imme<strong>di</strong>atamente utilizzato. Il coke dopo il processo <strong>di</strong> gassificazione lascia alcuni granuli inerti non<br />

lisciviabili e vetrificati che possono essere ancora utilizzati nell’industria del cemento o quale inerte per<br />

costruzioni civili.<br />

13.1.8 LAVAGGIO DEI GAS DI PIROLISI E GASSIFICAZIONE<br />

Il gas grezzo ottenuto viene lavato e raffreddato. Innanzi tutto il gas passa attraverso una fase <strong>di</strong><br />

quench (raffreddamento) con acqua che lo raffredda da 1500 a 900 °C, quin<strong>di</strong> in una successiva fase <strong>di</strong><br />

raffreddamento, sempre con acqua, che riduce la temperatura del gas da 900 a 70°C. Durante la fase <strong>di</strong><br />

raffreddamento dal ricircolo liqui<strong>di</strong> utilizzato viene estratto uno spurgo ricco <strong>di</strong> metalli pesanti che<br />

vengono separati ed arricchiti me<strong>di</strong>ante se<strong>di</strong>mentazione e filtro-pressatura.<br />

In una seconda fase <strong>di</strong> lavaggio il tenore <strong>di</strong> HCl presente nel gas viene ulteriormente ridotto. In<br />

questa sezione del sistema viene a prodursi una debole soluzione <strong>di</strong> HCl che viene neutralizzata con<br />

soda. In questo modo il pH oscilla fra 7÷8. Il materiale in entrata contiene un certo quantitativo <strong>di</strong> Cl<br />

che viene mobilizzato dal processo termico e <strong>di</strong>lavato dal gas in questa unità. Dopo la neutralizzazione<br />

il Cl assume l’aspetto <strong>di</strong> sale <strong>di</strong>sciolto nell’acqua <strong>di</strong> lavaggio. Successivamente questo sale viene<br />

recuperato, tramite evaporazione, sotto forma <strong>di</strong> granuli secchi.<br />

In relazione alla sostanza utilizzata per la neutralizzazione (idrossido <strong>di</strong> calcio e idrossido <strong>di</strong><br />

so<strong>di</strong>o) il sale recuperato può essere il cloruro <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o o il cloruro <strong>di</strong> calcio. La scelta fra queste due<br />

possibilità viene fatta al fine <strong>di</strong> conseguire un riciclaggio ottimale del sale quale prodotto da riutilizzare.<br />

Il gas viene invece avviato ad una ulteriore filtrazione. Per evitare la condensazione del gas umido<br />

nel filtro, la sua temperatura viene innalzata sino a circa 5 °C oltre il punto <strong>di</strong> rugiada.<br />

Il cosiddetto filtro sul sulphurex viene utilizzato per rimuovere completamente la presenza <strong>di</strong><br />

idrogeno solforato. Il filtro sulphurex opera ad assorbimento secco in una speciale forma <strong>di</strong> ossido <strong>di</strong><br />

ferro-idrossido.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

321<br />

Questo materiale è in grado <strong>di</strong> trasportare un elevato carico <strong>di</strong> zolfo e al raggiungimento della sua<br />

saturazione lo zolfo elementare può essere estratto ed avviato alla rigenerazione presso la casa<br />

fornitrice.<br />

La sequenza del filtraggio è completata da un filtro a carboni attivi per ridurre al minimo i<br />

composti <strong>di</strong> carbonio organico a molecole complesse. Detto filtro ha comunque una funzione <strong>di</strong><br />

sicurezza in modo da garantire una buona qualità dei gas anche nel caso in cui le altri parti del sistema<br />

<strong>di</strong> lavaggio gas non dovessero funzionare in modo ottimale.<br />

13.1.9 TRATTAMENTO DELLE ACQUE DI LAVAGGIO GAS<br />

L’acqua utilizzata per la depurazione del gas viene fatta raffreddare a circa 25÷30 °C per garantire<br />

la massima efficienza <strong>di</strong> lavaggio.<br />

Il raffreddamento viene realizzato un circuito secondario dell’acqua raffreddato ad aria in appositi<br />

air cooler. L’acqua <strong>di</strong> lavaggio arriva ad una vasca <strong>di</strong> se<strong>di</strong>mentazione che costituisce anche il ricettore<br />

delle acque reflue provenienti dai vari circuiti dell’impianto. La polvere separata dal gas nella fase <strong>di</strong><br />

lavaggio se<strong>di</strong>menta, quin<strong>di</strong>, nella vasca <strong>di</strong> se<strong>di</strong>mentazione. Gli inquinanti inorganici contenuta nell’acqua<br />

se<strong>di</strong>mentata vengono inglobati nei grani <strong>di</strong> vetro. Il filtrato liquido presenta un tenore <strong>di</strong> sale<br />

(principalmente cloruri) <strong>di</strong> circa il 10%. Il refluo si fa passare attraverso un proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong><br />

ozonizzazione al fine <strong>di</strong> eliminare la presenza <strong>di</strong> NaCN.<br />

13.1.10 PRODUZIONE DELL’ENERGIA ELETTRICA<br />

Il syngas ottenuto dal processo <strong>di</strong> pirolisi, lavato e depolverizzato, può essere utilizzato, in virtù del<br />

suo potere calorifico <strong>di</strong> circa 4000 kcal/kg o 16000 kJ/kg, per far marciare un impianti <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong><br />

energia elettrica. Negli impianti <strong>di</strong> taglia superiore ai 150.000 t/anno si ha una buona produzione <strong>di</strong> gas<br />

e la taglia degli impianti giustifica un ciclo a vapore del tipo Hirn, raggiungendo ren<strong>di</strong>menti<br />

termo<strong>di</strong>namici superiori al 30%. Per impianti <strong>di</strong> piccola taglia (potenza complessivamente prodotta <<br />

10 MW e ) si possono usare motori endotermici che, utilizzando il syngas come combustibile, producono<br />

energia elettrica me<strong>di</strong>ante accoppiamento <strong>di</strong>retto con un alternatore.<br />

Naturalmente questa tipologia <strong>di</strong> impianti ha ren<strong>di</strong>menti del 20÷24 % e quin<strong>di</strong> molto inferiori<br />

rispetto ai cicli a vapore, pur con una sensibile economia <strong>di</strong> acquisto. Inoltre questi impianti sono<br />

compatti e richiedono una manutenzione ridotta soprattutto per la mancanza della turbina a vapore che<br />

richiede un’attenzione continua ed una manutenzione programmata.<br />

13.1.11 RISPETTO DELL’AMBIENTE E CONFORMITÀ ALLE LEGGI<br />

La tecnologia a pirolisi a bassa temperatura sod<strong>di</strong>sfa tutti i requisiti <strong>di</strong> legge e le normative<br />

europee relativamente agli impianti <strong>di</strong> trattamento e <strong>di</strong>scarica per i rifiuti soli<strong>di</strong> urbani e in particolare la<br />

Circolare Ministero Industria Commercio e Artigianato (MICA) 23/4/97 n. 380/3 (G.U. 30/4/97 n. 99 nota<br />

come Decreto Ronchi). In Particolare sono perfettamente rispettati gli artt. 4 (Recupero dei Rifiuti) e 5<br />

(Smaltimento dei Rifiuti) essendo la tecnologia proposta all’avanguar<strong>di</strong>a nel recupero energetico.<br />

Utilizzando un processo originale ed i più moderni sistemi <strong>di</strong> trattamento delle emissioni la tecnologia<br />

pirolisi ottiene il rispetto <strong>di</strong> tutti i valori limite imposti dalla legge mantenendo peraltro un ampio<br />

margine <strong>di</strong> sicurezza.<br />

13.2 IMPIANTI A GRIGLIA<br />

Questi impianti usano la tecnologia standard e consolidata della combustione ad alta temperatura<br />

(griglia) e me<strong>di</strong>a temperatura (letto fluido, ve<strong>di</strong> nel prosieguo). Hanno bisogno <strong>di</strong> una sezione filtrante ad<br />

alto costo per l’eliminazione delle <strong>di</strong>ossine ed hanno scarichi <strong>di</strong> prodotti <strong>di</strong> combustione in atmosfera.<br />

Inoltre producono generalmente energia me<strong>di</strong>ante cicli a vapore (cicli Hirn semplici o combinati).<br />

Il materiale bruciato in caldaia deve essere precedentemente essiccato (CDR) in modo da ridurre<br />

l’umi<strong>di</strong>tà presente negli RSU originari. Ciò richiede forni <strong>di</strong> essiccamento o superfici per la preparazione<br />

del compostaggio. Il generatore <strong>di</strong> vapore è <strong>di</strong> tipo a griglia e l’impianto produce <strong>di</strong>rettamente energia<br />

elettrica, me<strong>di</strong>ante ciclo Hirn, con turbina a vapore a ciclo combinato ad alto ren<strong>di</strong>mento.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

322<br />

13.2.1 PREPARAZIONE DEL CDR (PRETRATTAMENTO DEI RSU)<br />

La fase <strong>di</strong> pretrattamento dei RSU è in<strong>di</strong>spensabile in questa tipologia <strong>di</strong> impianto. Lo scopo è <strong>di</strong><br />

produrre un Combustibile da Rifiuto (CDR) che abbia un pci <strong>di</strong> 3500÷4500 kcal/kg.<br />

I RSU vengono triturati e le varie frazioni (umida e secca) vengono vagliate e separate.<br />

La frazione umida viene inviata alla preparazione del compost mentre la frazione secca viene<br />

vagliata per la separazione <strong>di</strong> materiali ferrosi e metallici in genere (ad esempio l’alluminio utilizzato<br />

nelle lattine delle bevande), della plastica (ove possibile) e del vetro.<br />

La rimanente parte, opportunamente ridotta <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni me<strong>di</strong>ante un mulino a martelli,<br />

compone il CDR (o RDF in versione inglese). La percentuale <strong>di</strong> CDR che si prepara varia in funzione<br />

della composizione iniziale dei rifiuti trattati e pertanto il pci che si ottiene è anch’esso variabile.<br />

13.2.2 LA GRIGLIA DI COMBUSTIONE<br />

L’elemento fondamentale dei forni a griglia è la griglia <strong>di</strong> combustione. Data la natura composita<br />

del combustile usato (CDR) e della variabilità del suo pci occorre avere una griglia che consenta la<br />

combustione più completa possibile variando la quantità d’aria <strong>di</strong> combustione in funzione anche della<br />

qualità (termica e <strong>di</strong>mensionale) del pezzame. In Figura 254 si ha lo schema funzionale <strong>di</strong> una delle più<br />

usate griglie <strong>di</strong> combustione per CDR, la griglia Martin.<br />

In essa sono visibili i seguenti componenti:<br />

⋅ (4), Tramoggia <strong>di</strong> alimentazione,<br />

⋅ (6), Sistema idraulico <strong>di</strong> alimentazione,<br />

⋅ (7), Ventilatore d’aria <strong>di</strong> combustione,<br />

⋅ (8), Zone dell’aria primaria situate sotto la griglia,<br />

⋅ (9), Focolaio,<br />

⋅ (10), Ugelli <strong>di</strong> aria secondaria,<br />

⋅ (11). Caldaia.<br />

Il sistema prevede prima l’insufflamento <strong>di</strong> aria primaria al <strong>di</strong> sotto delle griglie <strong>di</strong> alimentazione e<br />

poi <strong>di</strong> aria secondaria per la completa combustione dei gas cal<strong>di</strong> che si sono formati sulla griglia stessa.<br />

Le pareti del focolaio e le pareti <strong>di</strong> separazione della caldaia stessa sono realizzate me<strong>di</strong>ante tubi ad<br />

alette longitu<strong>di</strong>nali saldate.<br />

13.2.3 CALDAIA PER IMPIANTI A GRIGLIA<br />

La caldaia <strong>di</strong> questa tipologia <strong>di</strong> impianti è, <strong>di</strong> solito, a più passaggi e contiene una sezione<br />

convettiva che raffredda i fumi in modo da ridurne la temperatura dei gas e delle ceneri all’ingresso<br />

dell’ultimo passaggio. Questo è costituito da un surriscaldatore con tubi orizzontali seguito da un<br />

economizzatore che costituisce un vero e proprio passaggio <strong>di</strong> scambio finale.<br />

A valle dell’economizzatore è posto un ciclone ed un reattore a secco, come in<strong>di</strong>cato in Figura<br />

255 per l’impianto <strong>di</strong> Lisbona da 2000 t/g (attualmente il maggiore d’Europa), dove viene iniettata calce<br />

spenta per la separazione e l’eliminazione dei componenti aci<strong>di</strong> presenti nei fumi.<br />

La calce che ha reagito viene raccolta in filtro a maniche insieme alle ceneri che sono poi<br />

descorificate e poi portate a <strong>di</strong>scarica.<br />

13.2.4 PRODUZIONE DI POTENZA ELETTRICA<br />

Le centrali <strong>di</strong> termovalorizzazione con forni a griglia sono le più numerose nel mondo e sono<br />

solitamente accoppiate con cicli a vapore e/o con cicli cogenerativi per la produzione contemporanea<br />

<strong>di</strong> vapore per riscaldamento urbano, come ad esempio per la centrale ASM <strong>di</strong> Brescia.<br />

I ren<strong>di</strong>menti termo<strong>di</strong>namici sono superiori al 35% e in cicli combinati si hanno valori ancora<br />

maggiori.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

323<br />

13.2.5 PROBLEMATICHE DI ESERCIZIO DELLE CENTRALI A GRIGLIA<br />

Le centrale a griglia sono certamente quelle <strong>di</strong> tecnologia più consolidata e <strong>di</strong>ffusa. Esse<br />

assommano conoscenze derivate dai vari campi dell’impiantistica termica e chimica e non presentano<br />

sorprese <strong>di</strong> sorta. Malgrado la loro apparente semplicità esse sono costose (forse le più costose in<br />

assoluto) per il notevole costo della sezione <strong>di</strong> filtraggio, trattamento dei fumi ed abbattimento delle<br />

<strong>di</strong>ossine.<br />

E' importante sottolineare che i limiti <strong>di</strong> emissione imposti per l'utilizzo dei RSU come fonte <strong>di</strong><br />

energia sono estremamente restrittivi, a tutela della salute dell'uomo e dell'ambiente. L'utilizzo <strong>di</strong> CDR<br />

in generatori <strong>di</strong> vapore a griglia, unitamente alla sezione <strong>di</strong> trattamento dei fumi, raggiunge il rispetto <strong>di</strong><br />

tali ai limiti.<br />

Il sistema <strong>di</strong> controllo in continuo delle emissioni permette la rilevazione e la registrazione della<br />

temperatura dei fumi della concentrazione <strong>di</strong> 0 2 , <strong>di</strong> polveri, <strong>di</strong> S0 2 , <strong>di</strong> HCl, <strong>di</strong> CO, <strong>di</strong> NOx e <strong>di</strong> sostanze<br />

organiche volatili. Viene inoltre controllata in continuo la temperatura nella camera <strong>di</strong> combustione il<br />

cui valore minimo, prescritto dalla normativa vigente, è 850°C.<br />

Figura 254. Schema <strong>di</strong> funzionamento <strong>di</strong> una griglia Martin®<br />

13.2.6 REAZIONE COMUNITARIA ALLE CENTRALI A GRIGLIA<br />

Le centrali <strong>di</strong> termovalorizzazione con forni a griglia presentano notevole <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong><br />

accettazione da parte delle popolazioni vicine al sito dell’impianto per il timore <strong>di</strong> fughe <strong>di</strong> <strong>di</strong>ossine e<br />

furani nel caso <strong>di</strong> malfunzionamento delle apparecchiature <strong>di</strong> controllo. La Valutazione <strong>di</strong> Impatto<br />

Ambientale presenta, pertanto, <strong>di</strong>fficoltà non facili da superare per gli aspetti sociali.<br />

In alcune regioni d’Italia si sono avuti rifiuti decisi delle autorità locali e delle popolazioni<br />

interessate per la costruzione <strong>di</strong> nuove centrali <strong>di</strong> termovalorizzazione a griglia.<br />

Il loro inserimento risulta più agevole in zone industriali o comunque lontane dai centri abitati.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

324<br />

Figura 255: Schema <strong>di</strong> caldaia a griglia e <strong>di</strong> ciclone<br />

13.3 CENTRALI CON CALDAIE A LETTO FLUIDO<br />

Queste rappresentano un’evoluzione delle centrali con forni a griglia viste in precedenza ed<br />

utilizzano la combustione detta a letto fluido che si ottiene insufflando aria dal basso in quantità (e quin<strong>di</strong><br />

portata) tale da far assumere alla massa <strong>di</strong> materiale la caratteristica <strong>di</strong> un fluido. Le particelle non sono<br />

più coese come <strong>di</strong> solito sono in assenza del galleggiamento provocato dal flusso <strong>di</strong> aria.<br />

Figura 256: Schema <strong>di</strong> funzionamento <strong>di</strong> un combustore a letto fluido<br />

Si osserva, infatti, che all’aumentare della velocità dell’aria insufflata, si ha una andamento<br />

crescente delle per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico fino a quando le particelle (<strong>di</strong> piccolo <strong>di</strong>ametro, <strong>di</strong> solito dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

325<br />

qualche millimetro) iniziano una specie <strong>di</strong> galleggiamento che fa assumere alla massa un<br />

comportamento tipico dei flui<strong>di</strong>.<br />

Se allora si utilizza una <strong>volume</strong> <strong>di</strong> controllo nel quale si manda aria dal basso e particelle <strong>di</strong><br />

materiale (coke <strong>di</strong> carbone o <strong>di</strong> CDR) immesse lateralmente si ha, per opportune portate dell’aria, la<br />

formazione del letto fluido. In queste con<strong>di</strong>zioni.<br />

In Figura 256 si ha lo schema <strong>di</strong> funzionamento <strong>di</strong> un combustore a letto fluido del tipo circolante In<br />

un cilindro (riser) si insuffla aria dal basso e si alimenta (con CDR ridotto in piccole particelle me<strong>di</strong>ante<br />

apposito frantumatore) lateralmente. L’aria <strong>di</strong> insufflaggio è in quantità sufficiente alla combustione e<br />

pertanto si ha, all’interno del combustore, una combustione continua ad una temperatura che va dai 900<br />

°C a 850°C.<br />

Nei sistemi a letto fluido circolante il trasporto del materiale <strong>di</strong> combustione è sensibile e tale da<br />

innescare una circolazione che viene controllata da un condotto <strong>di</strong>scendente (downcomer) che riporta le<br />

particelle elutriate all’ingresso del combustore principale. La combustione a letto fluido presenta notevoli<br />

vantaggi rispetto alla combustione normale a griglia.<br />

La temperatura <strong>di</strong> combustione è in genere più bassa (circa 900 °C rispetto a circa 1200 °C dei<br />

forni a griglia tra<strong>di</strong>zionale) e questo consente <strong>di</strong> avere una minore quantità <strong>di</strong> <strong>di</strong>ossina prodotta. Inoltre<br />

alla base del reattore principale si possono aggiungere ad<strong>di</strong>tivi chimici (<strong>di</strong> solito CaCO 3 o solfati) che<br />

abbattono gli ossi<strong>di</strong> COx ed NOx nei fumi.<br />

Si ha anche una minore <strong>di</strong>mensione (circa il 40% in meno) della caldaia e quin<strong>di</strong> un minor costo<br />

dei materiali (acciai) necessari per costruire questi impianti. Per contro si ha un maggior <strong>di</strong>spen<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

energia per l’insufflamento dell’aria e il mantenimento delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> innesco del letto fluido circolante.<br />

Anche il controllo <strong>di</strong> questi impianti è notevole dovendo assicurare sempre le con<strong>di</strong>zioni sia<br />

termo<strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> combustione che fluido<strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> circolazione a letto fluido.<br />

Oggi si possono avere caldaia a letto fluido (FB) sia <strong>di</strong> tipo atmosferico (ACFB) che in pressione<br />

(PCFB). Quest’ultima tipologia <strong>di</strong> impianto (<strong>di</strong> derivazione svedese) presenta <strong>di</strong>mensioni ancora più<br />

ridotte e sembra essere la naturale evoluzione degli impianti a pressione atmosferica che, però, sono<br />

oggi più <strong>di</strong>ffusi e conosciuti.<br />

Le centrali a letto fluido necessitano <strong>di</strong> un pretrattamento dei RSU così come visto per quelle a<br />

griglia. Da questa sezione <strong>di</strong> preparazione viene prodotto il CDR (Combustibile da Rifiuti) che viene poi<br />

ridotto in minutissime particelle me<strong>di</strong>ante un mulino.<br />

Rispetto alle centrali a griglia sono più ridotte le sezioni <strong>di</strong> filtraggio dei fumi per la minore<br />

pericolosità dei prodotti <strong>di</strong> combustione proveniente dalla combustione controllata a letto fluido. Anche<br />

la produzione <strong>di</strong> ceneri appare più ridotta rispetto alle caldaie a griglia (10% rispetto al 30%) e quin<strong>di</strong> i<br />

costi <strong>di</strong> gestione e <strong>di</strong> trasporto a <strong>di</strong>scarica sono sensibilmente minori.<br />

13.3.1 CENNI SUI LETTI FLUIDI<br />

Se si fa attraversare uno strato <strong>di</strong> materiale solido da un fluido (liquido o gas) e si fa variare la<br />

velocità <strong>di</strong> questo si ha un andamento delle cadute <strong>di</strong> pressione dato in Figura 257.<br />

La caduta <strong>di</strong> pressione cresce con l’aumentare della velocità per effetto delle per<strong>di</strong>te per attrito<br />

nella massa del solido finemente sud<strong>di</strong>viso. A partire da un valore della velocità del fluido, detta u mf , la<br />

caduta <strong>di</strong> pressione ha un sussulto e poi si stabilizza ad un valore costante. E’ proprio da questo<br />

momento in poi che il letto <strong>di</strong> materiale solido si è flui<strong>di</strong>zzato cioè non è più solido e separato dal fluido<br />

ma forma con questo una matrice continua nella quale le particelle solide sono <strong>di</strong>sperse.<br />

Nel momento in cui inizia la flui<strong>di</strong>zzazione si hanno vari tipi <strong>di</strong> regimi che sono illustrati in Figura<br />

258.<br />

Inizialmente si forma il moto a bolle, tipi c) in figura (la velocità iniziale corrispondente è in<strong>di</strong>cata<br />

u mb ) nel quale si ha una sorta <strong>di</strong> aggregazione <strong>di</strong> masse solide e <strong>di</strong> zone <strong>di</strong> fluido che assumono la forma<br />

caratteristica <strong>di</strong> una bolla circolare con la base leggermente schiacciata.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

326<br />

Dp<br />

A<br />

B<br />

Letto fluido<br />

Letto fisso<br />

umf<br />

u<br />

Figura 257: Formazione del letto fluido<br />

La velocità u mb può essere calcolata con la relazione:<br />

u<br />

mb<br />

⎛ µ ⎞<br />

F<br />

= 33d<br />

s ⎜ ⎟<br />

⎝ ρF<br />

⎠<br />

−0.1<br />

avendo in<strong>di</strong>cato con d<br />

s<br />

il <strong>di</strong>ametro me<strong>di</strong>o delle particelle solide, µ F e ρ F la viscosità <strong>di</strong>namica e la<br />

densità del fluido utilizzato per la flui<strong>di</strong>zzazione.<br />

[96]<br />

Figura 258: tipologia <strong>di</strong> letti flui<strong>di</strong><br />

Al crescere della velocità del fluido, a partire da u ms , si forma il moto a tappi con formazione <strong>di</strong><br />

grossi brandelli <strong>di</strong> particelle solide <strong>di</strong>sperse nella matrice gassosa (tipo d in figura). A questo segue, a<br />

partire dalla velocità u tr , il regime turbolento (in<strong>di</strong>cato con e in figura).<br />

Al crescere della velocità si ha il regime <strong>di</strong> trasporto nel quale le particelle sono trasportate<br />

massivamente dalla matrice fluida.<br />

Questo regime viene utilizzato per il trasporto dei soli<strong>di</strong> me<strong>di</strong>ante aria ad alta velocità.<br />

Le particelle <strong>di</strong> solido debbono avere <strong>di</strong>mensioni opportune perché si abbia la flui<strong>di</strong>zzazione. In<br />

particolare le <strong>di</strong>mensioni sono state catalogate da Geldart (1973) secondo la seguente Tabella 27.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

327<br />

Caratteristica Gruppo C Gruppo A Gruppo B Gruppo D<br />

Definizione descrittiva Coesivo Aeriforme Pronto per le bolle Grossolano<br />

Dimensioni < 20 µm 20 < d s < 90 µm 90 < d s < 650 µ > 650 µm<br />

Tabella 27: Tabella <strong>di</strong> Geldart per le <strong>di</strong>mensioni delle particelle solide<br />

Se le <strong>di</strong>mensioni delle particelle sono inferiori a 20 µm si hanno polveri impalpabili, tipo talco,<br />

che rimangono sospese nel fluido o formano aggregazioni anomale e non controllabili. Per <strong>di</strong>mensioni<br />

oltre i 650 µm si hanno particelle troppo pesanti per la flui<strong>di</strong>zzazione. Normalmente le applicazioni a<br />

letto fluido usano i gruppi A e B, ad esempio con il polverino <strong>di</strong> carbone o con la triturazione fine dei<br />

rifiuti urbani essiccati (CDR). Lo stu<strong>di</strong>o dei letti flui<strong>di</strong> risulta particolarmente complesso da un punto <strong>di</strong><br />

vista fluido<strong>di</strong>namico poiché si hanno, in genere, almeno due fasi con contorni fortemente variabili e<br />

casuali.<br />

13.3.2 APPLICAZIONI DEI LETTI FLUIDI<br />

I letti flui<strong>di</strong> trovano numerose applicazioni nel campo della Termotecnica, nell’impiantistica chimica<br />

ed industriale (scambiatori a letto fluido e reattori a letto fluido), nel campo della componentistica degli<br />

impianti termotecnici con la combustione a letto fluido. Nel caso degli impianti <strong>di</strong> termovalorizzazione si<br />

utilizza proprio quest’ultima applicazione. In particolare si hanno varie forme <strong>di</strong> combustione a letto<br />

fluido e principalmente si possono così catalogare.<br />

Caldaia a letto fluido atmosferica (APFB)<br />

Si tratta del tipo più antico e ancora il più utilizzato <strong>di</strong> combustione a letto fluido. Si utilizza il<br />

regime a bolle con combustione a pressione atmosferica. Il fluido <strong>di</strong> lavoro è l’aria che serve anche<br />

come comburente per la combustione. La caldaia è costituita da un grosso cilindro nel quale si ha in<br />

basso una griglia che <strong>di</strong>stribuisce il flusso d’aria in modo uniforme, evitando la formazione <strong>di</strong> canali<br />

d’aria preferenziali. Al <strong>di</strong> sopra della griglia si pongono strati <strong>di</strong> calcare e altri materiali inerti che hanno<br />

lo scopo <strong>di</strong> reagire con i composti del tipo CO x ed NO x per trasformarli in composti non gassosi e<br />

quin<strong>di</strong> non inquinanti per l’atmosfera.<br />

La temperatura <strong>di</strong> combustione è limitata a 800 ÷ 900 °C (anche per effetto del forte eccesso<br />

d’aria necessaria per la flui<strong>di</strong>zzazione) e ciò comporta notevoli benefici alla combustione poiché si evita<br />

la formazione delle <strong>di</strong>ossine. Nelle applicazioni impiantistiche la caldaia a letto fluido atmosferico<br />

(APFB) sostituisce la caldaia tra<strong>di</strong>zionale a tutti gli effetti, producendo vapore a 550÷580 °C e pressioni<br />

<strong>di</strong> circa 30 ÷40 bar. Questa caratteristica rende le caldaie APFB molto utili nel refurbishment <strong>di</strong> impianti a<br />

vapore obsoleti che vengono trasformati in impianti a polverino <strong>di</strong> carbone.<br />

Caldaia a letto fluido circolante atmosferica (APCFB)<br />

In questo caso si utilizza il regime detto turbolento per cui la caldaia a letto fluido è costituita da un<br />

grosso cilindro con griglia inferiore ma con un secondo cilindro laterale (detto downcomer) nel quale si<br />

raccoglie il particolato che viene trasportato fuori dal primo cilindro per elutriazione.<br />

Queste caldaie sono più recenti rispetto a quelle con moto a bolle ed hanno <strong>di</strong>mensioni più<br />

ridotte per effetto del miglior regime <strong>di</strong> combustione (anche per effetto della turbolenza propria del<br />

regime <strong>di</strong> moto) che si ottiene. In ogni caso si hanno <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> caldaia <strong>di</strong> circa 40% inferiori<br />

rispetto a quelle con moto a bolle con un risparmio <strong>di</strong> una analoga quantità in peso <strong>di</strong> acciaio.<br />

Caldaia circolante pressurizzata (PCFB)<br />

Sono le caldaie più innovative e lavorano in regime turbolento con fluido circolante con il doppio<br />

cilindro. La pressione in caldaia è maggiore <strong>di</strong> quella atmosferica (qualche bar) e ciò comporta, oltre ad<br />

una migliore efficienza <strong>di</strong> combustione, una riduzione <strong>di</strong> oltre il 50% delle <strong>di</strong>mensioni e del peso <strong>di</strong><br />

acciaio impegnato.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

328<br />

13.3.3 CALDAIA A LETTO FLUIDO<br />

Con riferimento alla centrale <strong>di</strong> Lomellina si ha lo schema <strong>di</strong> impianto <strong>di</strong> Figura 259 che riporta la<br />

sezione caldaia a letto fluido e <strong>di</strong> trattamento dei fumi. La centrale <strong>di</strong> Lomellina tratta 146.000 t/a <strong>di</strong><br />

RSU e RSUA e produce una potenza netta <strong>di</strong> energia elettrica pari a 17 MWe. Come si può osservare<br />

dalla figura, si tratta <strong>di</strong> caldaia del tipo circolante a pressione atmosferica con immissione del polverino<br />

<strong>di</strong> RDF dal basso. La preparazione del polverino <strong>di</strong> RDF richiede un impianto <strong>di</strong> polverizzazione<br />

preliminare che occupa, nel layout complessivo dell’impianto, uno spazio non in<strong>di</strong>fferente.<br />

A valle <strong>di</strong> questa sezione <strong>di</strong> combustione si ha un normale impianto a vapore per la produzione <strong>di</strong><br />

potenza elettrica del tutto simile a quella vista per le centrali a griglia. Il ciclo utilizzato è <strong>di</strong> tipo Hirn<br />

con produzione cogenerativa variabile. Poiché la combustione a letto fluido è più pulita rispetto a quella<br />

a griglia tra<strong>di</strong>zionale, gli impianti <strong>di</strong> depurazione dei fumi sono notevolmente più ridotti e certamente<br />

meno impegnativi, avendosi minori quantità <strong>di</strong> NOx, COx , SOx ed altri inquinanti. In Figura 260 si ha<br />

una vista assonometrica dell’insieme della caldaia a letto fluido e del generatore <strong>di</strong> vapore a recupero<br />

termico.<br />

13.4 TRATTAMENTO DELLE CENERI DEGLI IMPIANTI A GRIGLIA E A LETTO<br />

FLUIDO<br />

Le ceneri attualmente prodotte in tutti gli impianti <strong>di</strong> termovalorizzazione tra<strong>di</strong>zionali con forni a<br />

griglia e a letto fluido contengono numerosi metalli e composti chimici vari.<br />

Queste ceneri possono anche essere umide per la fase <strong>di</strong> lavaggio finale a valle <strong>di</strong> filtri<br />

elettrostatici e sono in percentuale variabile da poco più del 12% nelle caldaie a letto fluido a quasi il<br />

35% per quelle a griglia tra<strong>di</strong>zionali.<br />

Una bella quantità <strong>di</strong> prodotti <strong>di</strong> scarto che oggi viene trasportata nelle <strong>di</strong>scariche pubbliche.<br />

Le ceneri purtroppo sono lisciviabili è cioè possono essere <strong>di</strong>lavata dalle acque e inquinare il<br />

sistema delle falde sotterranee e quin<strong>di</strong>, in attuazione delle nuove <strong>di</strong>rettive europee, non potranno<br />

essere smaltite tal quali ma dovranno subire un processo <strong>di</strong> inertizzazione.<br />

CFB<br />

Steam generator<br />

Stack<br />

RDF<br />

Ciclone Cyclone<br />

Venturi reactor<br />

Furnacee<br />

r<br />

Bag<br />

filter<br />

Water<br />

Intrex<br />

Prim. air<br />

Steam<br />

Slag<br />

Sec. air<br />

Fly ash<br />

Figura 259: Schema della sezione caldaia a letto fluido e trattamento fumi <strong>di</strong> Lomellina


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

329<br />

Figura 260: Vista assonometrica <strong>di</strong> una caldaia a letto fluido e del generatore a recupero<br />

Un sistema oggi proposto ed utilizzato in alcune gran<strong>di</strong> centrali <strong>di</strong> termovalorizzazione europee<br />

(ve<strong>di</strong> Cenon in Francia ove si ha una centrale da 400.000 t/anno <strong>di</strong> RSU con produzione <strong>di</strong> 120.000<br />

t/anno <strong>di</strong> ceneri) è quello <strong>di</strong> vetrificarle me<strong>di</strong>ante trattamento al plasma ad altissima temperatura.<br />

Me<strong>di</strong>ante le torce al plasma (ve<strong>di</strong> nel prosieguo) si raggiungono temperatura variabili fra 4000 e<br />

7000 °C e quin<strong>di</strong> tali da fondere le ceneri in uno slag (una specie <strong>di</strong> lava basaltica) che viene poi<br />

raffreddato per formare mattonelle, portacenere e prodotti vari da riutilizzare.<br />

In Francia è ad<strong>di</strong>rittura nato il consorzio VIVALDI che ha lo scopo <strong>di</strong> trovare sistemi <strong>di</strong><br />

sfruttamento dello slag prodotto dalle torce per fini commerciali. Lo slag è un materiale vetroso e non<br />

lisciviabile e pertanto, oltre all’uso come materiale da costruzione o <strong>di</strong> abbellimento, può essere portato a<br />

<strong>di</strong>scarica tranquillamente con grande vantaggio anche per la notevole riduzione <strong>di</strong> peso e <strong>volume</strong> (da<br />

330 kg iniziali per tonnellata <strong>di</strong> RSU bruciata a 20 kg <strong>di</strong> slag prodotta dalla torcia). La problematica<br />

dell’utilizzo dello slag è comune agli impianti <strong>di</strong> termovalorizzazione al plasma che sono trattati nel<br />

successivo capitolo.<br />

13.5 IMPIANTI AL PLASMA<br />

Le prime torce al plasma sono state sviluppate ed utilizzate nell’industria metallurgica e chimica e in<br />

particolare per:<br />

⋅ fusione dei rottami<br />

⋅ recupero dell’alluminio, nell’industria chimica<br />

⋅ produzione <strong>di</strong> Acetilene dal gas naturale<br />

⋅ produzione <strong>di</strong> materiali speciali<br />

L’idea <strong>di</strong> base degli impianti al plasma è <strong>di</strong> utilizzare le torce al plasma per gassificare (cioè<br />

produrre syngas me<strong>di</strong>ante pirolisi ad alta temperatura) i RSU secondo la metafora <strong>di</strong> Figura 261.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

330<br />

L’elemento innovativo <strong>di</strong> questa tecnologia è la torcia al plasma che, come si vedrà fra poco, è<br />

capace <strong>di</strong> produrre del plasma a temperature elevatissime (le maggiori raggiunte in processi industriali<br />

controllati) e tali da provocare una <strong>di</strong>ssociazione termochimica <strong>di</strong> tutto ciò che viene investito. Se il<br />

materiale <strong>di</strong>ssociato è <strong>di</strong> tipo organico allora si produrrà gas <strong>di</strong> sintesi e quin<strong>di</strong> energia altrimenti si<br />

provocherà solamente la fusione del materiale metallico o <strong>di</strong> qualunque altra natura.<br />

Figura 261: Metafora per gli impianti al plasma<br />

Quest’ultimo proce<strong>di</strong>mento viene oggi utilizzato per fondere materiali metallici alluminosi (lattine<br />

usate) per avere nuovamente materia prima per nuovi utilizzi.<br />

13.5.1 LA TORCIA AL PLASMA<br />

Esistono torce alimentate in Corrente Continua (DC) e torce alimentate in Alternata (AC). Per le<br />

applicazioni ai RSU è conveniente utilizzare torce DC: esse necessitano <strong>di</strong> un convertitore AC–DC, ma<br />

sono più perfezionate rispetto alle torce AC.<br />

Modalità <strong>di</strong> Funzionamento della torcia al plasma<br />

Per quando riguarda le modalità <strong>di</strong> funzionamento, le torce al plasma si possono classificare in<br />

due gruppi (ve<strong>di</strong> Figura 262):<br />

⋅ arco trasferito;<br />

⋅ arco non trasferito.<br />

Figura 262: Sistemi ad arco trasferito e non trasferito<br />

Nel tipo ad arco trasferito l’elettrodo nel corpo della torcia funge da anodo o da catodo (a seconda<br />

del modello <strong>di</strong> torcia) mentre il materiale che deve essere trattato funge da altro elettrodo.<br />

Polarità della torcia della torcia al plasma<br />

La modalità <strong>di</strong> lavoro della torcia ad arco trasferito con anodo sulla torcia e catodo nel materiale<br />

da trattare è conosciuta come “polarità inversa”. La pratica opposta è nota come “polarità <strong>di</strong>retta”, ve<strong>di</strong><br />

Figura 263. Nel caso della torcia ad arco non trasferito entrambe gli elettro<strong>di</strong> sono inseriti nella torcia.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

331<br />

Similmente a quanto detto per le torce trasferite, quelle non trasferite operano in polarità inversa<br />

quando l’elettrodo posteriore funge da anodo e quello anteriore da catodo, viceversa quando il catodo è<br />

costituito dall’elettrodo anteriore e l’anodo da quello posteriore esse funzionano in polarità <strong>di</strong>retta.<br />

Ci sono delle notevoli <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> comportamento tra le torce ad arco trasferito e non trasferito<br />

riguardo al trattamento dei rifiuti. Poiché le torce ad arco trasferito lasciano passare corrente attraverso<br />

il materiale fuso che deve essere trattato, si può determinare una considerabile componente <strong>di</strong><br />

riscaldamento per effetto joule nell’energia che viene trasferita al rifiuto.<br />

SCHEMA DELLA TORCIA AL PLASMA<br />

T.A. P. a polarità <strong>di</strong>retta<br />

T.A. P. a polarità inversa<br />

Elettrodo<br />

posteriore<br />

- +<br />

Elettrodo<br />

posteriore<br />

Aria<br />

Aria<br />

Plasma<br />

Aria<br />

Aria<br />

Plasma<br />

Fiamma<br />

+<br />

Elettrodo<br />

anteriore<br />

Fiamma<br />

-<br />

Elettrodo<br />

anteriore<br />

Figura 263: Schemi principali <strong>di</strong> torce al plasma<br />

Questo crea temperature più alte che genera correnti convettive nel bacino <strong>di</strong> fusione<br />

contribuendo alla omogeneizzazione della fusione. Quin<strong>di</strong> un sistema con torcia ad arco trasferito è in<br />

grado <strong>di</strong> trattare una portata maggiore <strong>di</strong> materiale, inoltre esso utilizza generalmente un flusso<br />

<strong>volume</strong>trico <strong>di</strong> gas <strong>di</strong> un or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> grandezza inferiore rispetto alle torce ad arco non trasferito; una<br />

portata <strong>di</strong> gas più piccola può essere importante per il trattamento dei rifiuti in quanto si riduce in<br />

questo modo la quantità <strong>di</strong> particolato trasportato nel sistema <strong>di</strong> pulizia del gas <strong>di</strong> sintesi, il <strong>volume</strong> del<br />

gas combustibile è inoltre minore e quin<strong>di</strong> si riducono le <strong>di</strong>mensioni del sistema <strong>di</strong> pulizia dei gas.<br />

Lo svantaggio principale della torcia ad arco trasferito è che il materiale deve essere conduttivo,<br />

mentre la maggior parte del materiale inorganico presente generalmente nel rifiuto risulta conduttivo<br />

solo allo stato fuso, questo potrebbe rendere l’avvio della torcia estremamente <strong>di</strong>fficoltoso dopo arresti<br />

improvvisi, causando serie <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> gestione operativa.<br />

13.000<br />

12.000<br />

Polarità inversa<br />

13.000<br />

12.000<br />

11.000<br />

11.000<br />

T(C°)<br />

10.000<br />

9.000<br />

3.000<br />

Polarità <strong>di</strong>retta<br />

10.000<br />

9.000<br />

3.000<br />

0 5 10 15 20 25 30<br />

Z(mm)<br />

Figura 264: temperature massime raggiungibili con le torce al plasma


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

332<br />

Tutte queste esigenze possono essere ampiamente sod<strong>di</strong>sfatte attraverso l’utilizzo della torcia ad<br />

arco non trasferito a polarità <strong>di</strong>retta il cui schema è mostrato nella seguente figura.<br />

In funzione della polarizzazione si possono raggiungere le temperature in<strong>di</strong>cate nella Figura 264<br />

ove in ascisse si ha la <strong>di</strong>stanza fra gli elettro<strong>di</strong>.<br />

Gas attivi utilizzati<br />

Figura 265: Schema del funzionamento del reattore al plasma<br />

Per il funzionamento delle torce occorre utilizzare un gas <strong>di</strong> attivazione che può essere, <strong>di</strong> solito,<br />

uno dei seguenti:<br />

⋅ Argon (richiede sistema <strong>di</strong> accumulo)<br />

⋅ Elio (richiede sistema <strong>di</strong> accumulo)<br />

⋅ Azoto (richiede sistema <strong>di</strong> accumulo)<br />

⋅ Aria (non richiede sistema <strong>di</strong> accumulo)<br />

⋅ Vapore d’acqua (richiede sistema <strong>di</strong> preparazione.<br />

13.5.2 UTILIZZO DELLA TORCIA PER RSU<br />

⋅<br />

⋅<br />

La torcia al plasma trova impiego anche nella termo-valorizzazione dei RSU. Essa, infatti:<br />

consente elevate temperature tali portare a fusione e pirolisi il RSU.<br />

l’elevata temperatura nel bagno fuso consente la conversione in gas (reforming) del carbonio<br />

presente.<br />

Termocinetica e chimica <strong>di</strong> base<br />

Le reazioni principali che interessano l’applicazione delle torce al plasma sono in<strong>di</strong>cate in Figura<br />

266 ove è data anche la composizione del gas <strong>di</strong> sintesi.<br />

Dall’esame <strong>di</strong> questa si può dedurre che il gas prodotto è sufficientemente pulito, non presente<br />

impurezze inquinanti (<strong>di</strong>ossine,…) ed è sufficientemente pulito per le applicazioni civili ed industriali<br />

che si possono fare.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

333<br />

REAZIONI DI EQUILIBRIO<br />

DIAGR. DI EQUILIBRIO<br />

sistema C-H-O<br />

C + H 2 O + E CO + H 2<br />

0.7<br />

0.6<br />

CO<br />

CO<br />

CO+ H 2 O + E CO 2 + H 2<br />

C + CO 2 + E 2CO<br />

CH 4 + E C + 2H 2<br />

600 800 1000 1200 1400 1600<br />

Frazione Mole, X l<br />

0.5<br />

0.4<br />

0.3<br />

0.2<br />

0.1<br />

H 2<br />

O<br />

H 2<br />

O<br />

CO 2<br />

CO 2<br />

H 2<br />

H 2<br />

Temperatura, °K<br />

Figura 266: Termocinetica e <strong>di</strong>grammi <strong>di</strong> equilibrio nelle torce al plasma per RSU<br />

13.5.3 IL BILANCIO ENERGETICO<br />

Il bilancio energetico effettuato nel reattore al plasma <strong>di</strong>pende, ovviamente, dalla composizione<br />

dei RSU e quin<strong>di</strong> dalla percentuale <strong>di</strong> composti organici presenti, dall’umi<strong>di</strong>tà, ..<br />

Figura 267: Bilancio energetico nel reattore al plasma<br />

Me<strong>di</strong>amente per RSU avente pci <strong>di</strong> 2400 kcal/kg si ha il bilancio in<strong>di</strong>cato in Figura 267 per<br />

tonnellata <strong>di</strong> RSU introdotta nel reattore.<br />

La composizione del syngas è data in Figura 268 e in Figura 269 si quella dello slag per RSU.<br />

Questa composizione varia al variare della tipologia <strong>di</strong> rifiuti utilizzati. In pratica i componenti <strong>di</strong><br />

maggior peso sono idrogeni (H 2 ), azoto (N 2 ) e monossido <strong>di</strong> carbonio (CO).<br />

La composizione dello slag, anch’essa variabile con la tipologia <strong>di</strong> rifiuti utilizzati, presenta forti<br />

percentuali <strong>di</strong> Si, Al, Na e Ca con tracce <strong>di</strong> altri componenti.<br />

13.5.4 SEZIONE DEL REATTORE AL PLASMA<br />

Il reattore al plasma per RSU ha una particolare geometria stu<strong>di</strong>ata sia per consentire la cinetica<br />

delle reazioni sopra in<strong>di</strong>cate sia per il reforming del carbone prodotto dalle stesse reazioni.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

334<br />

Figura 268: Composizione del syngas<br />

A questo scopo si utilizza un getto <strong>di</strong> vapore d’acqua in<strong>di</strong>rizzato verso la sezione contenente i<br />

prodotti fusi (alla base).<br />

Figura 269: Composizione dello slag<br />

La sezione schematica <strong>di</strong> un reattore al plasma con torce a polarità <strong>di</strong>retta con gas aria è riportata<br />

in Figura 270. Le <strong>di</strong>mensioni sono piuttosto contenute: il <strong>di</strong>ametro è <strong>di</strong> circa tre metri e l’altezza <strong>di</strong> circa<br />

cinque metri.<br />

13.5.5 IL TRATTAMENTO DEI RIFIUTI<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

Processo <strong>di</strong> pirolisi e vetrificazione può essere applicato a:<br />

Rifiuti Soli<strong>di</strong> Urbani ed Assimilati<br />

Rifiuti Ospedalieri e Farmaceutici<br />

Rifiuti Agricoli e scarti <strong>di</strong> produzione (morchia olearia, raspi, etc.)<br />

Rifiuti Tossici e Nocivi<br />

Rifiuti Debolmente Ra<strong>di</strong>oattivi<br />

Recupero “in situ” <strong>di</strong> terreni inquinati:


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

335<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

Discariche Abbandonate e/o Abusive<br />

Rifiuti Sepolti<br />

Olii da combustione<br />

Residui da industria chimica<br />

Rifiuti navali<br />

Le torce al plasma sono particolarmente convenienti per l’eliminazione <strong>di</strong> rifiuti industriali, terre<br />

ra<strong>di</strong>oattive, fanghi industriali, rifiuti ospedalieri e quant’altro richieda attenzione particolare nello<br />

smaltimento.<br />

Una delle applicazioni principali, infatti, è la vetrificazione <strong>di</strong> rifiuti pericolosi grazie all’elevata<br />

temperatura raggiungibile.<br />

Figura 270: Sezione tipica del reattore al plasma per RSU<br />

13.5.6 LAY-OUT DI UN IMPIANTO AL PLASMA<br />

Lo schema generalizzato a blocchi <strong>di</strong> un tipico impianto al plasma è in<strong>di</strong>cato in Figura 271. La<br />

sezione <strong>di</strong> produzione dell’energia può essere sia con macchine termiche o me<strong>di</strong>ante ciclo combinato<br />

Joule-Hirn.<br />

In quest’ultimo caso si hanno ren<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> trasformazione molto elevati e la produzione netta <strong>di</strong><br />

energia risulta superiore al 50% <strong>di</strong> quella propria dei RSU.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

336<br />

ENERGIA<br />

Rifiuti<br />

Caric. &<br />

Compatt.<br />

Rifiuti<br />

Vapore<br />

Re agenti<br />

Sistema <strong>di</strong> Recupero Energia Residua<br />

Aria<br />

Energia<br />

Reattore<br />

al<br />

Plasma<br />

Raffred.<br />

Gas <strong>di</strong><br />

Pirolisi<br />

Scrubber<br />

Desolfor.<br />

Compr.<br />

dei<br />

Gas<br />

Turbina<br />

Idrocarburi<br />

Fanghi<br />

FUSO<br />

Acqua<br />

Separaz.<br />

Frazione<br />

Liquida<br />

Acqua<br />

Trattam.<br />

delle<br />

Acque<br />

Zolfo<br />

ENERGIA<br />

Figura 271: Schema impiantistico<br />

13.5.7 TRASFORMAZIONI DEL PROCESSO AL PLASMA<br />

In sintesi le trasformazioni principali che sono effettuate in un impianto al plasma sono:<br />

⋅ Trasformazione dei componenti organici in gas <strong>di</strong> pirolisi altamente energetico (nel quale si ha, circa,<br />

H 2 = 53%, CO=35%)<br />

⋅ Trasformazione dei componenti inorganici in massa lavica, lo slag, (tipo basalto) totalmente inerte e<br />

non tossica, non lisciviabile, contenente all’interno i metalli pesanti, utilizzabile come materiale da<br />

costruzione.<br />

In Figura 272 si ha una tipica fuoriuscita <strong>di</strong> slag da un reattore al plasma per RSU. In Figura 273 si<br />

hanno varie tipologie <strong>di</strong> materiali ottenuti dalla slag me<strong>di</strong>ante <strong>di</strong>versa velocità <strong>di</strong> raffreddamento e/o con<br />

l’aggiunta <strong>di</strong> inerti (terre) per ottenere colorazioni particolari.<br />

Si ricor<strong>di</strong> che anche se non si volesse utilizzare lo slag per trasformazioni particolari esso può<br />

essere vantaggiosamente portato a <strong>di</strong>scarica poiché totalmente inerte e non lisciviabile.<br />

Il materiale fuso può essere utilizzato anche per la fabbricazione <strong>di</strong> fibre <strong>di</strong> lana <strong>di</strong> roccia,<br />

mattonelle per pavimentazione stradale, pietrame per uso ferroviario (ballast),…<br />

13.5.8 CARATTERISTICHE PRINCIPALI DEL PROCESSO AL PLASMA<br />

Nella seguente tabella si ha la sintesi delle caratteristiche principali degli impianti al plasma in<br />

relazione a quelle tipiche <strong>di</strong> un inceneritore.<br />

Dal confronto risultano evidenti i vantaggi presentati dalla tecnologia al plasma sia in termini<br />

operativi (minori richieste impiantistiche) che <strong>di</strong> flessibilità.<br />

Anche dal punto <strong>di</strong> vista ambientale il confronto, in<strong>di</strong>cato nella successiva tabella, risulta più<br />

favorevole agli impianti al plasma per tutti gli aspetti considerati.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

337<br />

Figura 272: Materiale fuso in uscita dal reattore al plasma<br />

Figura 273: Varie tipologie <strong>di</strong> slag raffreddato<br />

REQUISITI IMPIANTO PLASMA INCENERITORI<br />

Preselezione Non Necessaria Necessaria<br />

Essiccamento Non Necessario Necessario<br />

Umi<strong>di</strong>tà Ammissibile 65 - 75 % 20 - 35 %<br />

PUÒ TRATTARE<br />

Ceneri SI NO<br />

Rif. Osped. SI SI, se specifico<br />

Rif. Industr. SI SI, se specifico<br />

Tossici & Nocivi SI SI, solo in qualche caso<br />

Tabella 28: Confronto <strong>di</strong> alcune tipologie <strong>di</strong> impianto


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

338<br />

RES. ULTIMO IMPIANTO PLASMA INCENERITORI<br />

Ceneri Volanti NO SI<br />

Discariche Speciali NO SI<br />

Ceneri <strong>di</strong> fondo NO SI<br />

Materia Prima Ultima SI NO<br />

Tabella 29: Confronto fra le tipologie <strong>di</strong> residui<br />

In definitiva i vantaggi offerti possono così riassumersi:<br />

⋅ è ecologico (non è una combustione!);<br />

⋅ non emette fumi e sostanze tossiche quali Diossine e Furani;<br />

⋅ non produce ceneri;<br />

⋅ non produce scorie <strong>di</strong> fondo;<br />

⋅ è economico e red<strong>di</strong>tizio;<br />

⋅ ha <strong>di</strong>mensioni ridotte - fino a 30% <strong>di</strong> risparmio sull’investimento (rispetto a inceneritore<br />

convenzionale;<br />

⋅ produce energia in eccesso rispetto a quella necessaria al suo funzionamento;<br />

⋅ è flessibile in quanto può trattare insiemi <strong>di</strong> rifiuti quali RSU-RSA anche umi<strong>di</strong> (fino al 70% u.r.),<br />

metalli, plastiche e vetro, copertoni e rifiuti ospedalieri, ceneri agricole e da allevamenti, etc.;<br />

⋅ è modulare: da 150 a oltre 5.000 ton/giorno (RSU/RSA);<br />

⋅ possibilità <strong>di</strong> aggiungere moduli anche in tempi successivi;<br />

⋅ la torcia può funzionare dal 30 al 110% della sua potenza nominale e ciò garantisce una maggiore<br />

operazionalità <strong>di</strong> questi impianti rispetto ad altre tipologie;<br />

⋅ <strong>di</strong>mensioni ridotte dell’impianto con superfici coperte da un minimo 1.500 m² a un massimo <strong>di</strong><br />

10.000 m² (superficie totale da 1 a 5 ettari) con un’altezza 10-15 m;<br />

⋅ Assenza <strong>di</strong> fumi;<br />

⋅ Acque integralmente riciclate per uso interno;<br />

⋅ Può essere costruito anche in cava <strong>di</strong>smessa e da recuperare;<br />

⋅ Un impianto me<strong>di</strong>o (250÷300 ton/giorno) può essere alimentato giornalmente da 14-20<br />

autocompattatori.<br />

Inoltre La costruzione e il funzionamento nel territorio <strong>di</strong> un impianto al plasma ad alta<br />

tecnologia favorisce:<br />

⋅ il lavoro indotto per la aziende locali, per la costruzione ed operazione dell’impianto;<br />

⋅ lo sviluppo <strong>di</strong> nuovi posti <strong>di</strong> lavoro per la conduzione dell’impianto;<br />

⋅ l’innalzamento del livello tecnologico e della competitività delle aziende esistenti del territorio;<br />

⋅ la costituzione e lo sviluppo <strong>di</strong> un polo industriale ad alta tecnologia da parte <strong>di</strong> aziende attratte<br />

dalla <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> energia e <strong>di</strong> manodopera <strong>di</strong> alta qualificazione;<br />

⋅ sviluppo del livello occupazionale nel territorio;<br />

⋅ riduzione del carico fiscale specifico sulla popolazione;<br />

⋅ inertizzazione totale <strong>di</strong> sostanze tossiche in tempi compatibili con le raccomandazioni europee;<br />

⋅ recupero delle aree inquinate da rifiuti tossici.<br />

13.6 SMALTIMENTO DI RIFIUTI SPECIALI<br />

I rifiuti speciali (ospedalieri, industriali e nocivi) richiedono una procedura <strong>di</strong> smaltimento<br />

controllata. Di solito gli impianti a pirolisi a bassa temperatura, griglia e a letto fluido possono smaltire i<br />

rifiuti ospedalieri e industriali purché vengano dotati <strong>di</strong> particolare griglie <strong>di</strong> alimentazione separate da<br />

quelle per i RSU e assimilabili.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

339<br />

I fanghi <strong>di</strong> scarico industriali e da espurgo <strong>di</strong> pozzi possono ancora essere smaltiti da queste<br />

tipologie <strong>di</strong> impianto e vengono utilizzate <strong>di</strong>verse tecniche per alimentare i forni. Ad esempio si<br />

possono mescolare i fanghi in percentuale con i RSU in modo da formare un impasto non<br />

eccessivamente molle. Nei forni rotanti a pirolisi si può avere una bocca <strong>di</strong> alimentazione separata che<br />

alimenta, a cicli alterni, i forni stessi.<br />

Per i rifiuti tossici e ra<strong>di</strong>oattivi (terre contaminate, prodotti <strong>di</strong> scarto dell’industria nucleare, …) i<br />

mezzi <strong>di</strong> smaltimento non sono molti. Per decenni si è utilizzata la torcia al plasma per vetrificarli e<br />

renderli quin<strong>di</strong> non lisciviabili. Pertanto gli impianti al plasma per RSU possono, con una alimentazione<br />

separata e controllata, smaltire qualsivoglia tipologia <strong>di</strong> prodotti.<br />

13.7 SMALTIMENTO DELLE FRAZIONI DIFFERENZIATE<br />

Il Decreto Ronchi prevede la raccolta <strong>di</strong>fferenziata obbligatoria dei RSU. Attualmente esiste un<br />

notevole <strong>di</strong>vario fra le regioni del nord e quelle del sud. Nelle prime si sono raggiunte percentuali <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fferenziazione che hanno raggiunto il 36% a Brescia e percentuali <strong>di</strong> poco inferiori in altre gran<strong>di</strong><br />

città. Nel Sud d’Italia la raccolta <strong>di</strong>fferenziata è ancora da inventare e in alcuni casi si raggiungono<br />

percentuali dell’or<strong>di</strong>ne del 5%, ancora basse.<br />

Le frazioni <strong>di</strong>fferenziate dovrebbero essere conferite ai consorzi pre<strong>di</strong>sposti per legge al riuso <strong>di</strong><br />

questi materiali ma spesso le frazioni <strong>di</strong>fferenziate vengono egualmente smaltite in <strong>di</strong>scarica. In pratica<br />

si ha una sorta <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfacimento della legge per la raccolta <strong>di</strong>fferenziata ma non per il riuso. In pratica<br />

è come trasportare a <strong>di</strong>scarica la frazione umida me<strong>di</strong>ante autocompattatrici e con altri camion le<br />

frazioni <strong>di</strong>fferenziate.<br />

Gli impianti <strong>di</strong> termovalorizzazione possono certamente utilizzare con profitto alcune frazioni<br />

<strong>di</strong>fferenziate, escluse quelle vetrose e metalliche. La carta e la plastica, infatti, elevano il potere calorifico<br />

dei rifiuti e migliorano il CDR prodotto dal pretrattamento. Un <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>verso si potrebbe fare sulla<br />

convenienza energetica del riuso delle frazioni <strong>di</strong>fferenziate rispetto all’utilizzo negli impianti <strong>di</strong><br />

termovalorizzazione. Il riuso richiede, infatti, una ulteriore quantità <strong>di</strong> energia <strong>di</strong> lavorazione che risulta<br />

essere maggiore <strong>di</strong> quella che se ne potrebbe ottenere negli impianti <strong>di</strong> termovalorizzazione.<br />

Questo tipo <strong>di</strong> analisi viene detta Life Cicle Analysis e si avvale <strong>di</strong> considerazioni <strong>di</strong> tipo<br />

termo<strong>di</strong>namico ed exergonomico oggi molto importanti.<br />

Probabilmente l’impostazione delle leggi attualmente in vigore risulta già vecchia rispetto alle<br />

nuove concezioni exergonomiche attuali. Il riutilizzo dei materiali aveva certamente un significato<br />

(anche morale) se confrontato con il consumismo e con la <strong>di</strong>scarica dei RSU tal quali.<br />

Oggi con gli impianti <strong>di</strong> termovalorizzazione possiamo ottenere <strong>di</strong> più, in senso termo<strong>di</strong>namico e<br />

sinergico, me<strong>di</strong>ante trasformazione dei rifiuti in energia primaria che me<strong>di</strong>ante il riuso delle frazioni<br />

<strong>di</strong>fferenziate energetiche. La raccolta <strong>di</strong>fferenziata dei materiali metallici (ferrosi e alluminosi in<br />

particolare) può consentire un riuso proficuo degli stessi perché possono essere riportati in fonderia e<br />

quin<strong>di</strong> utilizzati quale materia prima. Anche il vetro può essere riciclato nelle vetrerie anche se non con<br />

la stessa efficacia dei materiali metallici.<br />

La carta può essere riciclata per ottenere carta <strong>di</strong> minore pregio ma che, in ogni caso, riduce il<br />

consumo <strong>di</strong> nuova cellulosa.<br />

La plastica può essere riciclata per ottenere prodotti definiti utili (sistemi <strong>di</strong> imballaggio, utensili<br />

per giar<strong>di</strong>naggio, ….) ma che spesso stentano a trovare una collocazione <strong>di</strong> mercato.<br />

La domanda <strong>di</strong> fondo è allora questa: se per riciclare questi prodotti debbo consumare energia<br />

primaria in quantità maggiore <strong>di</strong> quella che gli stessi materiali produrrebbero negli impianti <strong>di</strong><br />

termovalorizzazione è ancora conveniente riciclare?<br />

L’energia primaria è ottenuta me<strong>di</strong>ante fonti prevalentemente non rinnovabili e quin<strong>di</strong> si ha sia un<br />

impoverimento energetico che un maggiore inquinamento dovuto all’emissione <strong>di</strong> gas serra in atmosfera.<br />

Un bilancio sull’emissione <strong>di</strong> CO 2 me<strong>di</strong>ante termovalorizzazione con forni a griglia porta ai<br />

seguenti risultati (fonte ASM <strong>di</strong> Brescia):<br />

⋅ contributo netto <strong>di</strong> CO 2 per conferimento <strong>di</strong> RSU a <strong>di</strong>scarica: 690 kg/t RSU<br />

⋅ contributo netto <strong>di</strong> CO 2 per conferimento a termovalorizzatore -550 kg/t RSU


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

340<br />

Pertanto per ogni tonnellata <strong>di</strong> RSU conferita al termovalorizzatore si ha una <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> 1240<br />

kg <strong>di</strong> CO 2 scaricata in atmosfera.<br />

Se confrontiamo questo dato con la maggiore produzione <strong>di</strong> CO 2 per la maggiore quantità <strong>di</strong><br />

energia necessaria al riciclo si intuisce come tutta l’attuale legislazione debba essere rivista.<br />

Gli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Kyoto impongono agli stati europei una riduzione non in<strong>di</strong>fferente della<br />

produzione <strong>di</strong> CO 2 e per l’Italia si dovrebbe avere una riduzione del 6.5% rispetto al 1990.<br />

Se non si rivede in senso anche energetico la legislazione italiana ed europea questo obiettivo<br />

<strong>di</strong>viene <strong>di</strong>fficile da realizzare.<br />

Un calcolo effettuato dalla ASM <strong>di</strong> Brescia mostra come con 40 impianti aventi la potenziali<br />

equivalente del termovalorizzatore <strong>di</strong> Brescia (240.000 t/anno <strong>di</strong> CDR) si potrebbe avere una riduzione<br />

<strong>di</strong> 20.000 <strong>di</strong> tonnellate <strong>di</strong> CO 2 entro 2012, rispettando pienamente gli impegni <strong>di</strong> Kyoto.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

341<br />

14 LA VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE<br />

Nella decisione e progettazione <strong>di</strong> un’opera vengono coinvolti <strong>di</strong>versi e molteplici aspetti, alcuni<br />

dei quali sono in rapporto conflittuale tra loro. La stessa decisione <strong>di</strong> realizzare opere <strong>di</strong> ingegneria<br />

comporta intrinsecamente la possibilità <strong>di</strong> alterare equilibri esistenti. L’opera realizzata determinerà un<br />

impatto complessivo sull’ambiente la cui qualità ed entità sarà in funzione dei criteri adottati in fase <strong>di</strong><br />

progettazione e gestione.<br />

Negli ultimi anni si è quin<strong>di</strong> affermata in modo sempre più netto l’esigenza <strong>di</strong> una valutazione<br />

sistematica preventiva degli effetti che possono derivare da opere, <strong>di</strong> rilevante portata, sull’ambiente. Il<br />

concetto <strong>di</strong> ambiente in questo contesto comprende il complesso <strong>di</strong> fattori, sociali, culturali ed estetici che<br />

riguardano gli in<strong>di</strong>vidui e le comunità e che, in definitiva, ne determinano, il carattere, le relazioni e lo sviluppo.<br />

Con il termine Impatto Ambientale si definisce l’insieme delle alterazioni dei fattori e sistemi ambientali<br />

prodotto dall’attività collegata alla realizzazione <strong>di</strong> un’opera data.<br />

Lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> impatto ambientale risponde ai contenuti richiesti dal D.M. n. 559 del 28 <strong>di</strong>cembre<br />

1987 in relazione alle analisi della compatibilità ambientale degli impianti <strong>di</strong> interesse ambientale, per<br />

quello che riguarda, in particolare, la valutazione degli impatti fisici sia positivi che negativi sulle<br />

componenti ambientali potenzialmente soggette a subire gli effetti del progetto.<br />

Per la valutazione dei sopraccitati impatti si utilizzate le metodologie già elaborate e consolidate<br />

sul contesto della problematica attinente la valutazione <strong>di</strong> impatto ambientale (V.I.A.) così come<br />

definite dalle <strong>di</strong>rettive CEE del 27/6/1985, a cui fa riferimento, per la definizione delle procedure <strong>di</strong><br />

valutazione, la recente normativa emanata dal Ministero Ambiente (DPCM 377/88 e DPCM del<br />

27/12/88).<br />

L’elaborato finale dello Stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Impatto Ambientale (SIA) si propone <strong>di</strong> affrontare il problema<br />

ambientale evidenziando e misurando solamente gli impatti fisici, sia positivi che negativi.<br />

14.1 DEFINIZIONE DI VALUTAZIONE DI MPATTO AMBIENTALE<br />

La V.I.A. (Valutazione Impatto Ambientale) rappresenta una procedura <strong>di</strong> analisi pre<strong>di</strong>sposta per<br />

in<strong>di</strong>viduare preventivamente tutte le ripercussioni che la realizzazione <strong>di</strong> una nuova opera può avere sull’ecosistema;<br />

valutandone gli effetti già in fase <strong>di</strong> programmazione dell’intervento.<br />

In base a tali in<strong>di</strong>cazioni è possibile:<br />

⋅ - formulare un giu<strong>di</strong>zio motivato sulla “compatibilità ambientale dell’opera progettata”;<br />

⋅ - <strong>di</strong>sporre gli adeguamenti infrastrutturali eventualmente ritenuti necessari o, nei casi estremi,<br />

non autorizzarne la realizzazione.<br />

La V.I.A. costituisce una procedura tecnico-amministrativa volta alla formulazione <strong>di</strong> un giu<strong>di</strong>zio<br />

<strong>di</strong> ammissibilità sugli effetti che una determinata azione avrà sull’ambiente. Si tratta cioè <strong>di</strong> pervenire<br />

alle più corrette valutazioni sulla pubblica accettazione dei futuri cambiamenti ambientali, dovuti ad una<br />

azione proposta, e del probabile effetto sulla futura qualità della vita delle popolazioni.<br />

Si intende cioè assicurare la prevenzione dell’ambiente da inquinamenti e da altre perturbazioni<br />

già nella fase della progettazione, in<strong>di</strong>viduando i rischi associati e valutandone l’entità, intervenendo per<br />

ridurli e/o eliminarli in fase progettuale anziché intervenire successivamente all’acca<strong>di</strong>mento<br />

dell’alterazione ecosistema. Si configura, quin<strong>di</strong>, come uno stu<strong>di</strong>o per procedere e, per quanto possibile,<br />

quantificare gli effetti provocati sui sistemi ambientali dalle costruzioni e dall’esercizio <strong>di</strong> determinate<br />

opere ed attività.<br />

La V.I.A. costituisce, quin<strong>di</strong>, l’elemento <strong>di</strong> raccordo fra la fase <strong>di</strong> programmazione e quella<br />

tecnico-esecutiva dell’opera in progetto, ed è costituita da due componenti <strong>di</strong>fferenti ed essenziali:<br />

⋅ 1) una procedura d’impatto ambientale costituita dal complesso degli atti amministrativi che<br />

permettono <strong>di</strong> arrivare (o non) ad una decisione <strong>di</strong> accettabilità ambientale dell’opera;<br />

⋅ 2) uno stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> impatto ambientale (S.I.A.) realizzato dal proponente l’opera, me<strong>di</strong>ante il<br />

quale, tramite tecniche, il più possibile oggettive, si determinano i futuri assetti<br />

sull’ambiente in relazione all’opera o alla attività proposta.<br />

In termini estremamente semplificati lo Stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Impatto Ambientale (S.I.A.) si articola in tre<br />

momenti metodologicamente interconnessi:


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

342<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

- segmentazione delle componenti ambientali sulle quali è ipotizzabile l’impatto;<br />

- definizione <strong>di</strong> tutte le attività collegate alla fase <strong>di</strong> realizzazione e <strong>di</strong> esercizio dell’opera, che<br />

possono produrre mo<strong>di</strong>ficazioni dell’ecosistema preesistente;<br />

- valutazione ed analisi degli impatti e delle interrelazioni quali-quantitative tra le due classi<br />

preesistenti.<br />

14.2 SIGNIFICATO DELLA V.I.A. IN RAPPORTO AGLI ASPETTI ECONOMICI DI UN<br />

INTERVENTO<br />

Il termine “Valutazione <strong>di</strong> Impatto Ambientale” traduce <strong>di</strong>fferenti nomenclature derivate<br />

dalle attuali normative esistenti in materia negli Stati Uniti, in Inghilterra e in Francia. Nel seguito del<br />

presente lavoro si intenderà la V.I.A. come definita nella “Direttiva del Consiglio delle Comunità Europee del<br />

27/6/1985 concernente la valutazione dell’impatto ambientale <strong>di</strong> determinati progetti pubblici e privati”<br />

(1985/337/CE).<br />

Cioè come l’insieme <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>, rilevazioni, documenti, istanze partecipative, atti amministrativi finalizzati ad<br />

effettuare previsioni (suffragate da metodologie atten<strong>di</strong>bili) riguardo al verificarsi <strong>di</strong> conseguenze (impatti) positive o<br />

negative, <strong>di</strong>rette od in<strong>di</strong>rette, sull’ambiente dovute alla realizzazione <strong>di</strong> un progetto e <strong>di</strong> valutare la portata delle stesse in<br />

termini <strong>di</strong> entità, estensione temporale e spaziale, nonché la <strong>di</strong>stribuzione delle componenti ambientali e dei gruppi sociali<br />

coinvolti.<br />

L’accezione <strong>di</strong> ambiente che si assume considera lo stesso come sistema <strong>di</strong> interscambio tra<br />

attività umana e risorse, tenendo conto sia delle componenti fisiche, chimiche e biologiche, che degli<br />

aspetti sociali, economici e culturali. In pratica la suddetta procedura dovrebbe consentire <strong>di</strong> rendere<br />

trasparenti i conflitti in atto sull’uso delle risorse, l’effettiva allocazione dei benefici e dei costi previsti, i<br />

criteri seguiti per l’assunzione delle decisioni, al fine <strong>di</strong> assumere le decisioni per la ottimale utilizzazione<br />

delle risorse, e cioè definire la migliore allocazione dell’opera da realizzare con il minimo impatto<br />

sull’ambiente ed a costi ragionevoli.<br />

Un’altro aspetto della problematica decisionale connessa con la V.I.A. è quello del rapporto tra la<br />

procedura della V.I.A. e l’analisi costi-benefici; cioè se la V.I.A. deve esprimere un giu<strong>di</strong>zio finale sul<br />

prevalere dei costi sui benefici o limitarsi alla valutazione consultiva per il solo aspetto ambientale,<br />

nell’ambito <strong>di</strong> un meccanismo decisionale comprendente le altre valutazioni (economiche, sociali,<br />

politiche). L’ottimo sarebbe <strong>di</strong> poter misurare con <strong>unico</strong> metro tutti i costi e tutti i benefici compresi<br />

quelli ambientali; ma poiché la valutazione dei fattori ambientali è <strong>di</strong>fficilmente monetizzabile si ricorre,<br />

per quanto riguarda l’ambiente, alle valutazioni in termini fisici, necessariamente eterogenee.<br />

La decisione <strong>di</strong> investimento, tuttavia, non può fondarsi soltanto sugli aspetti ambientali, ma<br />

anche su quelli <strong>di</strong> natura economica. Si tratta, dunque, <strong>di</strong> vedere se, e nel caso positivo come, integrare i<br />

due aspetti valutandoli separatamente. Inoltre, anche la citata <strong>di</strong>rettiva CEE è chiaramente improntata<br />

ad escludere qualsiasi tipo <strong>di</strong> valutazione costi-benefici, tenendo ad interpretare la V.I.A. come<br />

valutazione comparata tra più progetti per in<strong>di</strong>viduare quello che comporta i minori effetti fisici<br />

sull’ambiente. L’impostazione ricorrente è quella <strong>di</strong> porre in evidenza nell’ambito della problematica<br />

progettuale il citato “vincolo ecologico”. In tal senso si imposta la progettazione, per cui le opere proposte,<br />

le attività e i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> realizzazione sono stati in<strong>di</strong>viduati, tra quelli possibili ed idonei a risolvere le<br />

problematiche tecniche dell’intervento, tenendo conto del suddetto vincolo, nell’ambito delle decisioni<br />

già assunte, quali la localizzazione dell’intervento e la sua potenzialità complessiva.<br />

Lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> impatto ambientale ha lo scopo, <strong>di</strong> norma, <strong>di</strong> evidenziare e misurare solamente gli<br />

impatti fisici sia positivi che negativi. Si ritiene, infatti, che gli aspetti socio-economici connessi con la<br />

realizzazione del progetto, debbano essere analizzati separatamente, come già in<strong>di</strong>cato in precedenza<br />

per l’analisi economica <strong>di</strong> un SET.<br />

Inoltre, anche la citata <strong>di</strong>rettiva CEE è chiaramente improntata ad escludere qualsiasi tipo <strong>di</strong><br />

valutazione costo-benefici, tenendo ad interpretare la V.I.A. come valutazione comparata tra più progetti, per<br />

in<strong>di</strong>viduare quello che comporta i minori effetti fisici sull’ambiente.<br />

In pratica la VIA può essere utilizzata anche come complemento <strong>di</strong> una analisi multicriteriale<br />

complessa (ambientale ed anche economica) per la scelta progettuale migliore sia dal punto <strong>di</strong> vista<br />

ambientale che economico.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

343<br />

Questa possibilità <strong>di</strong> scelta è <strong>di</strong> fondamentale importanza già in fase <strong>di</strong> progettazione <strong>di</strong> massima<br />

per in<strong>di</strong>viduare la soluzione tecnica migliore ancora prima della progettazione definitiva ed esecutiva (ai<br />

sensi della L 109/91 Legge Merloni).<br />

14.3 LO STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE (SIA)<br />

L’elaborato relativo allo Stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Impatto Ambientale correda la proposta progettuale ed è,<br />

pertanto, da considerarsi un allegato tecnico fondamentale.<br />

I possibili obiettivi che si possono porre nel momento in cui ci si appresta ad uno S.I.A. possono<br />

essere così sintetizzati:<br />

⋅ a) scegliere l’opera d’impatto minimo tra più <strong>di</strong> un progetto e più <strong>di</strong> un sito;<br />

⋅ b) scegliere l’opera d’impatto minimo tra più <strong>di</strong> un progetto per un solo sito;<br />

⋅ c) scegliere tra un solo progetto e più <strong>di</strong> un sito;<br />

⋅ d) giu<strong>di</strong>care l’ammissibilità ambientale <strong>di</strong> un solo progetto per un solo sito;<br />

⋅ e) giu<strong>di</strong>care l’entità dell’accettabilità ambientale <strong>di</strong> un’opera già allocata.<br />

Il lavoro sarà articolato secondo le seguenti fasi:<br />

⋅ - identificazione delle componenti ambientali coinvolte dall’infrastruttura;<br />

⋅ - determinazione delle caratteristiche più rappresentative del sito e dell’impianto;<br />

⋅ - in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> una scala <strong>di</strong> valori con cui stimare le <strong>di</strong>verse situazioni <strong>di</strong> ciascun fattore;<br />

⋅ - definizione del contributo ponderale del singolo fattore su ciascuna componente ambientale;<br />

⋅ - raccolte <strong>di</strong> dati peculiari sul sito e loro quantificazione;<br />

⋅ - valutazione degli impatti elementari con l’ausilio <strong>di</strong> modelli (matrici-grafici, networks, liste <strong>di</strong> controllo,<br />

etc.). Su questo aspetto si svilupperà nel prosieguo un metodo <strong>di</strong> rating matriciale basato<br />

sull’applicazione della fuzzy logic. Esso consente <strong>di</strong> ottenere non solo il rating (giu<strong>di</strong>zio)<br />

assoluto ma anche la sua variabilità (sensitività) in modo in<strong>di</strong>retto ma efficace.<br />

Punto <strong>di</strong> partenza per l’impostazione del citato stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> definire il concetto <strong>di</strong> “ambiente”.<br />

Per ambiente deve intendersi quel complesso involucro fisico entro il quale si sviluppano tutte le relazioni<br />

“orizzontali”, che legano fra <strong>di</strong> loro le <strong>di</strong>verse attività e i <strong>di</strong>versi soggetti variamente <strong>di</strong>slocati nello spazio e “verticali”, che<br />

legano, invece, ciascuna attività e ciascun soggetto alle con<strong>di</strong>zioni e alle risorse naturali.<br />

Il raggiungimento <strong>di</strong> un equilibrio stabile <strong>di</strong> tali rapporti o il suo mantenimento è <strong>di</strong>venuto ormai<br />

il problema centrale nel campo della pianificazione territoriale ed ambientale che deve ricercare quella<br />

interazione equilibrata fra sistemi <strong>di</strong> attività, esigenze dello sviluppo e sistemi ambientali.<br />

Lo stu<strong>di</strong>o dell’inserimento <strong>di</strong> nuove opere nell’ambiente dovrà, pertanto, definire da un lato i<br />

soggetti ed i sistemi ambientali che saranno integrati da mo<strong>di</strong>fiche e dall’altro valutare l’entità degli<br />

impatti che le nuove opere avranno sui primi.<br />

14.4 PROCEDURE DA SEGUIRE PER LA STESURA DI UNO STUDIO DI IMPATTO<br />

AMBIENTALE<br />

⋅<br />

⋅<br />

Lo Stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Impatto Ambientale si sud<strong>di</strong>vide nelle seguenti fasi fondamentali:<br />

Quadro <strong>di</strong> Riferimento Programmatico: in questa fase occorre in<strong>di</strong>care tutti i riferimenti<br />

normativi (quadro Normativo <strong>di</strong> Riferimento) e legislativi (Quadro Legislativo <strong>di</strong> Riferimento) previsti per<br />

l’opera in progetto. Ogni componente del progetto deve trovare una giustificazione legislativa<br />

ben precisa. In questa sezione, in pratica, si giustifica la legittimità dell’opera in progetto e<br />

pertanto deve essere posta molta attenzione nel pre<strong>di</strong>sporla.<br />

Quadro <strong>di</strong> Riferimento Progettuale: Comprende l’analisi degli ambiti territoriali,<br />

l’inquadramento territoriale, l’inquadramento progettuale dell’opera (descrizione dettagliata delle<br />

sue finalità tecniche e dei suoi componenti), in<strong>di</strong>cazione ed analisi delle scelte tecniche e della loro<br />

compatibilità ambientale, ricerca dei fattori <strong>di</strong> impatto. Si tratta <strong>di</strong> una sezione tecnica nella quale<br />

occorre descrivere il progetto avendo come chiave <strong>di</strong> lettura l’impatto che l’opera genera<br />

nell’ambiente.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

344<br />

⋅<br />

Quadro <strong>di</strong> Riferimento Ambientale: E’ questa la sezione portante dello Stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Impatto<br />

Ambientale. In essa si delineano i componenti <strong>di</strong> impatto e si analizzano le azioni e gli effetti <strong>di</strong><br />

tutte le componenti. Ciò viene effettuato con l’ausilio <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> specialistici (ad esempio<br />

inquinamento prodotto nell’aria, nel suolo e nelle acque, inquinamento acustico, azioni sulla flora<br />

e sulla fauna, azioni sociali, ….) che vengono sintetizzati in opportune scale <strong>di</strong> valutazioni i cui<br />

valori sono inseriti in una matrice azione-effetti detta anche matrice <strong>di</strong> impatto. Si possono<br />

avere <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>sporre queste matrici (matrici <strong>di</strong> Leopold, Matrici coassiali, …). Nel<br />

prosieguo si in<strong>di</strong>cherà una procedura detta delle matrici azioni-effetti e si analizzerà una<br />

procedura <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio (rating) cioè un modo <strong>di</strong> pervenire, da un insieme <strong>di</strong> dati raccolti in modo<br />

sistematico in forma matriciale, ad un valore che costituisca un riferimento certo per il Giu<strong>di</strong>zio<br />

<strong>di</strong> Impatto.<br />

Per l’in<strong>di</strong>viduazione dei fattori <strong>di</strong> impatto ci si avvale, <strong>di</strong> solito, <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> analoghi effettuati per la<br />

stessa tipologia <strong>di</strong> opere o <strong>di</strong> guide pre<strong>di</strong>sposte da vari enti (CNR, Ministeri vari, associazioni culturali,<br />

…) che suggeriscono gli insiemi più efficaci <strong>di</strong> fattori <strong>di</strong> impatto.<br />

Per ciascun fattore <strong>di</strong> impatto occorre valutare le azioni e gli effetti me<strong>di</strong>ante stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> settore. Ad<br />

esempio per in Impianto <strong>di</strong> Termovalorizzazione dei Rifiuti Soli<strong>di</strong> Urbani (RSU) con produzione <strong>di</strong><br />

energia e calore per teleriscaldamento occorre esaminare le seguenti categorie <strong>di</strong> impatto in<strong>di</strong>viduate<br />

nella matrice sotto la voce “potenziali alterazioni ambientali”:<br />

a) Per la fase <strong>di</strong> costruzione dell’impianto:<br />

1) occupazione <strong>di</strong> aree;<br />

2) impatti connessi alla fase <strong>di</strong> realizzazione delle opere;<br />

b) Per la fase <strong>di</strong> gestione dell’impianto:<br />

3) inquinamento acustico;<br />

4) per<strong>di</strong>ta inodorosità dell’aria;<br />

5) inquinamento atmosferico;<br />

6) effetti sulla vegetazione;<br />

7) utilizzo sottoprodotti;<br />

8) prelievi ed inquinamento idrico;<br />

9) bilancio energetico;<br />

10) incremento occupazionale;<br />

11) alterazioni paesaggistiche;<br />

12) mo<strong>di</strong>ficazioni con<strong>di</strong>zioni del traffico.<br />

Tale elenco <strong>di</strong> potenziali impatti è determinato partendo dall’analisi delle componenti ambientali<br />

<strong>di</strong>rettamente coinvolte nella rete dei flussi in entrata ed in uscita dall’impianto <strong>di</strong> termovalorizzazione ed<br />

ipotizzando, <strong>di</strong> conseguenza, le mo<strong>di</strong>ficazioni indotte sull’ambiente in base ai flussi <strong>di</strong> apporto o <strong>di</strong><br />

prelievo.<br />

Rispetto alle in<strong>di</strong>cate categorie <strong>di</strong> potenziali impatti verranno fornite le caratteristiche generali<br />

del fenomeno desumibili da dati <strong>di</strong> letteratura e standard normativi e le analisi del caso specifico, cioè:<br />

⋅ fattori causali che determinano il potenziale impatto,<br />

⋅ misure tecnologiche e organizzative attuate nell’impianto per impe<strong>di</strong>rne il manifestarsi o limitarne<br />

gli effetti in caso <strong>di</strong> fattori accidentali.<br />

Quanto appena enunciato in modo generale troverà applicazione nel prosieguo nella procedura <strong>di</strong><br />

rating della matrice <strong>di</strong> impatto con logica fuzzy.<br />

14.5 CENNI DI LOGICA FUZZY<br />

Prima <strong>di</strong> affrontare le problematiche della matrix rating proprie <strong>di</strong> una procedura <strong>di</strong> valutazione <strong>di</strong><br />

impatto ambientale occorre qui introdurre alcuni concetti basilari <strong>di</strong> una nuova (circa vent’anni)<br />

procedura <strong>di</strong> calcolo e <strong>di</strong> analisi basata sulla fuzzy logic.<br />

L'avvento dei computer ha stimolato un rapido sviluppo dell'interesse verso tecniche <strong>di</strong> tipo<br />

quantitativo per l'analisi <strong>di</strong> processi economici, sociali, biologici ed in generale per tutta la classe dei<br />

processi nei quali interagisce l'uomo.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

345<br />

Storicamente si è preferito ricorrere per la descrizione <strong>di</strong> tali processi a meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> analisi che in<br />

realtà erano stati sviluppati per processi il cui comportamento segue le leggi della meccanica,<br />

dell'elettromagnetismo e della termo<strong>di</strong>namica; il successo dell'applicazione <strong>di</strong> tali meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> analisi nei<br />

campi originali ha suggerito, infatti, l'idea che essi fossero <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà generale.<br />

Le <strong>di</strong>fficoltà incontrate nell'applicare tale strategia nei campi sopra in<strong>di</strong>cati hanno invece suggerito<br />

il dubbio che le tecniche <strong>di</strong> analisi quantitative siano inadatte allo stu<strong>di</strong>o dei processi in cui sia coinvolta<br />

la componente umana o comunque dei sistemi <strong>di</strong> notevole complessità.<br />

Tale incapacità può essere espressa informalmente introducendo un principio <strong>di</strong> incompatibilità;<br />

questo principio può essere formulato asserendo che la nostra capacità <strong>di</strong> esprimere delle asserzioni precise e<br />

significative sulle caratteristiche <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong>minuisce all'aumentare della complessità <strong>di</strong> questo.<br />

Partendo da tale spunto Zadeh introdusse nel 1965 una nuova logica, detta fuzzy; tale approccio<br />

all'analisi della realtà si basa sulla premessa che gli elementi chiave nell'attività del pensare umano non<br />

sono numeri ma, piuttosto, identificatori <strong>di</strong> insiemi sfocati. Ovvero in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> classi <strong>di</strong> oggetti in cui la<br />

proprietà <strong>di</strong> appartenenza è data da una funzione continua anziché da una funzione booleana del tipo si o<br />

no; cade quin<strong>di</strong> il principio <strong>di</strong> non contrad<strong>di</strong>zione: uno stesso elemento può contemporaneamente<br />

appartenere e non appartenere a un insieme.<br />

In realtà la presenza costante <strong>di</strong> concetti imprecisi nel pensiero suggerisce, secondo Zadeh, l'idea che<br />

il ragionamento umano sia impostato su una logica imprecisa, che utilizza degli insiemi, dei connettivi e<br />

delle implicazioni fuzzy, piuttosto che sulla logica <strong>di</strong> tipo binaria. Sembra anzi che sia proprio questa<br />

logica fuzzy a giocare un ruolo importante in una delle caratteristiche principali del pensiero umano: la<br />

capacità <strong>di</strong> sintetizzare le informazioni per estrarre dall'insieme <strong>di</strong> dati che sollecitano i nostri sensi solo<br />

quei sottoinsiemi che sono <strong>di</strong> una qualche utilità nel determinare la reazione corretta alle sollecitazioni<br />

esterne.<br />

In questo capitolo si intende descrivere alcune applicazioni della logica fuzzy a dei problemi <strong>di</strong><br />

elaborazione <strong>di</strong> segnali. Infatti tale strategia unisce alla potenza, tipica dei meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> calcolo non lineari,<br />

la possibilità <strong>di</strong> rappresentare la realtà utilizzando un linguaggio simile a quello umano. Essa si presenta<br />

come una teoria stimolante per la rappresentazione <strong>di</strong> fenomeni più o meno complessi utilizzando un<br />

certo numero <strong>di</strong> fuzzy set (insiemi del tipo fuzzy) elaborati attraverso degli opportuni connettivi e<br />

descrivendo i legami causa-effetto che regolano il processo me<strong>di</strong>ante delle implicazioni fuzzy.<br />

14.6 IL CONCETTO DI FUZZY SET<br />

Pur non volendo fornire nel seguito una trattazione completa della logica fuzzy si introdurranno<br />

nel seguito alcuni concetti <strong>di</strong> tale logica, pur nell'ottica particolare utilizzata per l'elaborazione dei<br />

segnali. L'introduzione della logica fuzzy permette <strong>di</strong> manipolare in maniera appropriata informazioni <strong>di</strong><br />

tipo qualitativo ed impreciso; l'elemento fondamentale <strong>di</strong> tale approccio è costituito dal fuzzy set che, come<br />

suggerisce il nome stesso, rappresenta una generalizzazione del concetto classico <strong>di</strong> insieme. In maniera<br />

formale si può affermare che:<br />

Un insieme fuzzy A è una collezione <strong>di</strong> oggetti dell'universo del <strong>di</strong>scorso U che hanno una qualche proprietà in<br />

µ : U → 0,1 che associa ad ogni elemento<br />

comune. L'insieme è caratterizzato da una funzione <strong>di</strong> appartenenza [ ]<br />

y <strong>di</strong> U un numero reale µ A (y) appartenente all'intervallo [0,1]; esso rappresenta il grado <strong>di</strong> appartenenza <strong>di</strong> y<br />

all'insieme A.<br />

In generale più grande è il valore della funzione <strong>di</strong> appartenenza dell'elemento y al fuzzy set A<br />

maggiore è l'evidenza che l'oggetto y appartenga alla categoria descritta dall'insieme A.<br />

L'insieme dei punti <strong>di</strong> U per cui la funzione <strong>di</strong> appartenenza ad un dato fuzzy set A è positiva<br />

viene detto sostegno <strong>di</strong> A. Si definisce singleton un fuzzy set il cui sostegno è un solo punto <strong>di</strong> U.<br />

Si supponga, ad esempio, <strong>di</strong> specificare in maniera linguistica una misura <strong>di</strong> temperatura che cada<br />

nell'intervallo [100, 200] °C e identificata come temperatura <strong>di</strong> circa 150°C . Tale concetto può essere<br />

espresso, utilizzando la logica tra<strong>di</strong>zionale me<strong>di</strong>ante una funzione <strong>di</strong> appartenenza binaria, ovvero che<br />

possa assumere solo i valori 0 o 1: se µ(T)=0 la temperatura non appartiene all'insieme specificato,<br />

altrimenti, se µ(T)=1 la misura rappresenta un elemento dell'insieme. Ciò può essere descritto<br />

utilizzando una funzione rettangolare come riportato in Figura 274.<br />

A


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

346<br />

D'altra parte un fuzzy set che rappresenta lo stesso concetto può utilizzare valori della funzione <strong>di</strong><br />

appartenenza che variano nell'intervallo [0,1]; ad esempio può essere specificato come riportato in<br />

Figura 275.<br />

µ(T)<br />

100 135 165 200<br />

T<br />

Figura 274: Rappresentazione dell'insieme temperatura pari a circa 150 °C ottenuta utilizzando i concetti<br />

dell'insiemistica classica.<br />

Un fuzzy set, d'altro canto, permette <strong>di</strong> rappresentare l'imprecisione <strong>di</strong> un dato concetto attraverso<br />

la gradualità della funzione <strong>di</strong> appartenenza. 57)<br />

µ(T)<br />

100 135 165 200<br />

T<br />

Figura 275: Rappresentazione dell'insieme temperatura pari a circa 150 °C"<br />

ottenuta utilizzando i concetti della fuzzy logic<br />

Un insieme or<strong>di</strong>nario è quin<strong>di</strong> preciso nel suo significato, presentando una definita transizione<br />

dall'appartenenza alla non-appartenenza. Un'interessante interpretazione della funzione <strong>di</strong> appartenenza<br />

può essere ottenuta nel campo dei circuiti elettrici (Pedricz, 1989).<br />

Si consideri un circuito elettrico costituito da una sorgente <strong>di</strong> forza elettromotrice, con resistenza<br />

interna r, collegata ad un resistore <strong>di</strong> valore R. E' noto che, se si sceglie R = r si ottiene il massimo<br />

trasferimento <strong>di</strong> potenza sul carico. Viceversa valori <strong>di</strong> R più gran<strong>di</strong> comportano una <strong>di</strong>minuzione della<br />

quantità <strong>di</strong> potenza trasferita sulla R. Se si traccia il valore della potenza ottenuta in uscita, in funzione<br />

del valore della resistenza R, si ottiene, dopo un'opportuna normalizzazione, la curva riportata in<br />

Figura 276<br />

Essa può essere utilizzata come funzione <strong>di</strong> appartenenza del valore della resistenza R al fuzzy set<br />

che descrive la capacità della R stessa ad assorbire potenza dal generatore in esame.<br />

57) Si veda la nota <strong>di</strong> Tong - A control engineering review of fuzzy systems - Automatica, 13-1977


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

347<br />

In altri casi la scelta della funzione <strong>di</strong> appartenenza può risultare più problematica e si preferisce<br />

fare affidamento alle in<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong> qualche esperto del settore che si sta considerando.<br />

1<br />

0<br />

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10<br />

R/r<br />

Figura 276: Esempio <strong>di</strong> funzione <strong>di</strong> appartenenza <strong>di</strong> un fuzzy set che descrive la facoltà della resistenza R<br />

14.7 LE OPERAZIONI SUGLI INSIEMI FUZZY<br />

Per introdurre le operazioni sugli insiemi fuzzy si può ricorrere alla relazione esistente tra la<br />

funzione caratteristica (per insiemi tra<strong>di</strong>zionali) e la funzione <strong>di</strong> appartenenza (per insiemi fuzzy).<br />

Se si considerano le operazioni <strong>di</strong> unione, intersezione e negazione, nel caso degli insiemi or<strong>di</strong>nari<br />

si ha, con ovvio significato dei simboli:<br />

{ }<br />

{ }<br />

{ }<br />

A∪ B = u ∈U u ∈ Aor u ∈ B<br />

A∩ B = u ∈U u ∈ Aand u ∈ B<br />

A = u ∈U u ∉ A<br />

Considerando la funzione caratteristica, le operazioni sopra in<strong>di</strong>cate comportano le seguenti<br />

relazioni:<br />

( u) = max ( ( u) , ( u)<br />

) = ( u) ∨ ( u)<br />

( u) = min ( ( u) , ( u)<br />

) = ( u) ∧ ( u)<br />

( u) = 1−<br />

χ ( u)<br />

χ χ χ χ χ<br />

A∪B A B A B<br />

χ χ χ χ χ<br />

χ<br />

A∩B A B A B<br />

A<br />

A<br />

Sostituendo la funzione caratteristica con la funzione <strong>di</strong> appartenenza, si ottengono le definizioni<br />

delle operazioni <strong>di</strong> unione, intersezione negazione per gli insiemi fuzzy:<br />

( )<br />

( )<br />

( A∪ B)( u) = max A( u) , B ( u)<br />

( A∩ B)( u) = min A( u) , B ( u)<br />

A( u) = 1−<br />

A( u)<br />

E' possibile <strong>di</strong>mostrare che con le definizioni adottate continuano a valere formalmente le leggi <strong>di</strong><br />

De Morena e le proprietà <strong>di</strong> assorbimento e <strong>di</strong> idempotenza; tuttavia nel caso dei fuzzy set si ha:<br />

A∪<br />

A ≠ U<br />

A∩<br />

A ≠ 0<br />

Ciò era del resto preve<strong>di</strong>bile dato che la teoria fuzzy non prevede la <strong>di</strong>cotomia, caratteristica della<br />

teoria degli insiemi. Si supponga che nell'universo del <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> una grandezza x siano definiti i due<br />

fuzzy set, x is me<strong>di</strong>a e x is grande, riportati in Figura 277.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

348<br />

µ(x)<br />

x_me<strong>di</strong>a<br />

x_grande<br />

x<br />

Figura 277: Funzione <strong>di</strong> appartenenza dei due fuzzy set x is me<strong>di</strong>a AND x is grande<br />

In Figura 278 é riportata la funzione <strong>di</strong> appartenenza dell'insieme x is me<strong>di</strong>a or x is grande:<br />

µ(x)<br />

x_me<strong>di</strong>a or x_grande<br />

x<br />

Figura 278: Funzione <strong>di</strong> appartenenza del fuzzy set, x is me<strong>di</strong>a OR x is grande<br />

In Figura 279 é riportata la funzione <strong>di</strong> appartenenza per il set x is me<strong>di</strong>a and x is grande.<br />

µ (x)<br />

x_me<strong>di</strong>a and x_grande<br />

x<br />

Figura 279: Funzione <strong>di</strong> appartenenza del fuzzy set, x is me<strong>di</strong>a and x is grande<br />

In Figura 280 viene riportata, infine, la funzione <strong>di</strong> appartenenza per l'insieme x is not grande.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

349<br />

µ (x)<br />

x_is_not_grande<br />

x<br />

Figura 280: Funzione <strong>di</strong> appartenenza del fuzzy set x is not grande<br />

14.8 L'IMPLICAZIONE E L'ALGORITMO FUZZY<br />

Si è precedentemente affermato che la logica fuzzy viene spesso utilizzata per descrivere il<br />

comportamento <strong>di</strong> un sistema. Tale descrizione avviene utilizzando una serie <strong>di</strong> implicazioni fuzzy<br />

associate in modo da costituire un algoritmo fuzzy. Nel seguito viene data una definizione <strong>di</strong> entrambi i<br />

termini utile per le applicazioni descritte nel presente lavoro.<br />

Una implicazione fuzzy può essere espressa dal costrutto:<br />

if x is A then y is B<br />

ove sia A che B sono dei fuzzy set. In tale espressione si riconoscono due parti <strong>di</strong>stinte; il<br />

termine:<br />

viene detto antecedente, mentre la parte:<br />

if x is A<br />

then y is B<br />

si chiama conseguente della regola.<br />

Nella logica classica il risultato <strong>di</strong> un'implicazione è governato dalla regola del Modus Ponens: la<br />

verità dell'implicazione <strong>di</strong>pende dalla verità della premessa.<br />

Sebbene nella logica introdotta da Zadeh si mantenga fede a tale postulato, bisogna tenere conto<br />

del fatto che l'antecedente dell'implicazione è in generale caratterizzato da un grado <strong>di</strong> verità compreso<br />

nell'intervallo [0,1]. Estendendo il principio del modus ponens, si ammette che una regola, e quin<strong>di</strong> il suo<br />

conseguente, non può essere più vera <strong>di</strong> quanto lo sia l'antecedente.<br />

µ (X)<br />

x_is_me<strong>di</strong>a<br />

µ (Y)<br />

y_is_grande<br />

if X is then Y is<br />

X<br />

Y<br />

Figura 281: Rappresentazione grafica della regola fuzzy if x is me<strong>di</strong>a then y is grande<br />

Supposto noto un vettore reale contenente le misure delle variabili fuzzy, si definisca l'algoritmo<br />

fuzzy in modo tale che per ciascuna implicazione il valore calcolato sia dato da:


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

350<br />

( 0 0 0 0<br />

1<br />

,<br />

2<br />

,<br />

3<br />

,..., )<br />

y = g x x x x<br />

i i k<br />

Il valore <strong>di</strong> verità <strong>di</strong> questo risultato può essere ottenuto me<strong>di</strong>ante una generalizzazione del criterio<br />

del Modus Ponens e cioè:<br />

v la conseguenza <strong>di</strong> una regola fuzzy é tanto vera quanto é vera la sua antecedente<br />

ovvero anche:<br />

v la conseguenza <strong>di</strong> una regola fuzzy é non può essere più vera della sua antecedente<br />

In questo caso ciascuna regola ha un valore <strong>di</strong> verità dato da:<br />

( ( 0 ) ( 0 ) ( 0<br />

))<br />

1 1 2 2<br />

y = y = min A x , A x ,..., A x<br />

i i i ki k<br />

ove |*| significa valore <strong>di</strong> verità della proposizione *.<br />

Il risultato finale é calcolato me<strong>di</strong>ante la relazione (ve<strong>di</strong> maggiori dettagli nel prosieguo):<br />

y =<br />

∑<br />

∑<br />

y = y y<br />

i<br />

y = y<br />

ove la somma é estesa a tutte le regole che costituiscono l'algoritmo fuzzy.<br />

Si consideri a titolo d'esempio la Figura 281. In essa viene riportata le regola:<br />

if x is me<strong>di</strong>a then y is grande.<br />

Nasce il problema <strong>di</strong> determinare l'uscita <strong>di</strong> tale regola quando si misura un certo valore della<br />

grandezza x che compare nell'antecedente. E' necessario, a tal fine, riportare sull'asse delle x il valore<br />

numerico assunto da tale variabile.<br />

Il valore assunto dalla funzione <strong>di</strong> appartenza in corrispondenza del punto che in<strong>di</strong>vidua il valore <strong>di</strong><br />

x rappresenterà il grado <strong>di</strong> appartenza della grandezza misurata al fuzzy set in<strong>di</strong>cato come x is me<strong>di</strong>a. Tale<br />

operazione assume il nome <strong>di</strong> fuzzyficazione <strong>di</strong> un valore numerico.<br />

Si è inoltre detto che l'uscita <strong>di</strong> un'implicazione non può avere, per il principio del modus ponens, un<br />

grado <strong>di</strong> verità maggiore rispetto al proprio antecedente.<br />

Ciò può essere ottenuto con vari meto<strong>di</strong>. Generalmente si adottano i meto<strong>di</strong> del troncamento e del<br />

prodotto. Nel primo caso si tronca il valore della funzione <strong>di</strong> appartenenza dell'uscita al corrispondente<br />

valore calcolato per l'antecedente, nel secondo si moltiplica la funzione <strong>di</strong> appartenenza del<br />

conseguente per il grado <strong>di</strong> attivazione dell'antecedente.<br />

Quanto detto è riportato con un esempio in Figura 282. In tale figura viene riportato il fuzzy set<br />

associato all'implicazione precedente in corrispondenza <strong>di</strong> un valore numerico della grandezza x. Tale<br />

fuzzy set è rappresentato utilizzando delle spezzate a tratto spesso.<br />

Le definizioni introdotte possono essere estese al caso, molto comune nella pratica e in<br />

particolare nell'elaborazione dei segnali, in cui il segnale scelto per rappresentare l'uscita <strong>di</strong> un<br />

fenomeno <strong>di</strong>penda da più variabili; si può pensare, infatti, che in tale caso il verificarsi del conseguente<br />

<strong>di</strong>penda da tutte le con<strong>di</strong>zioni espresse dall'antecedente e che quin<strong>di</strong> queste siano connesse tra loro da<br />

un'operazione <strong>di</strong> and fuzzy. L'implicazione assume, nella sua forma più generale, la seguente struttura:<br />

costrutto:<br />

if x is A and y is B ... and n is N then k is B<br />

dove A, B,...,N e C sono dei fuzzy set, definiti in opportuni universi del <strong>di</strong>scorso. Il termine:<br />

if x is A and y is B ... and n is N<br />

in analogia con quanto precedentemente definito, viene ancora detto antecedente, mentre il<br />

costituisce il conseguente dell'implicazione.<br />

then k is B<br />

i<br />

i


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

351<br />

Metodo del troncamento<br />

µ (X)<br />

x_is_me<strong>di</strong>a<br />

µ (Y)<br />

y_is_grande<br />

if X is then Y is<br />

x<br />

X<br />

Y<br />

Figura 282: Esempi <strong>di</strong> calcolo del conseguente <strong>di</strong> una regola utilizzando il metodo del troncamento<br />

Metodo del prodotto<br />

µ (X)<br />

x_is_me<strong>di</strong>a<br />

µ (Y)<br />

y_is_grande<br />

if X is then Y is<br />

x<br />

X<br />

Y<br />

Figura 283: Esempi <strong>di</strong> calcolo del conseguente <strong>di</strong> una regola utilizzando il metodo del prodotto<br />

Ricordando quanto detto a proposito del principio del modus ponens si deduce che se<br />

nell'antecedente della regola si hanno più con<strong>di</strong>zioni, ognuna attiva parzialmente, l'intero antecedente, e<br />

quin<strong>di</strong> anche il conseguente, deve presentare un grado <strong>di</strong> attivazione uguale al fuzzy and <strong>di</strong> tutti gli<br />

antecedenti.<br />

Si consideri, ad esempio, la seguente regola:<br />

if x is me<strong>di</strong>a and y is grande then k is grande<br />

riportata graficamente in Figura 284.<br />

In Figura 285 viene riportata l'uscita <strong>di</strong> tale regola, in corrispondenza <strong>di</strong> due valori numerici delle<br />

grandezze x ed y e supponendo <strong>di</strong> utilizzare il metodo del troncamento.<br />

Anche in questo caso il fuzzy set determinato viene rappresentato utilizzando una spezzata a<br />

tratto spesso.<br />

Quando si descrive un fenomeno complesso in termini linguistici, spesso è necessario utilizzare<br />

più inferenze, ciascuna per descrivere un particolare aspetto dell'intero processo in esame.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

352<br />

µ (X)<br />

x_is_me<strong>di</strong>a<br />

µ (Y)<br />

y_is_grande<br />

k_is_grande<br />

if X is<br />

X<br />

and Y is<br />

Y<br />

then<br />

K is<br />

K<br />

Figura 284- Rappresentazione grafica della regola: if x is me<strong>di</strong>a and y is grande then k is grande<br />

Risulta, pertanto, evidente la necessità <strong>di</strong> combinare varie implicazioni fuzzy al fine <strong>di</strong> ottenere una<br />

struttura più flessibile (l'algoritmo fuzzy) in grado <strong>di</strong> rappresentare fenomeni complessi.<br />

µ (X)<br />

x_is_me<strong>di</strong>a<br />

µ (Y)<br />

y_is_grande<br />

k_is_grande<br />

if X is<br />

x<br />

X<br />

and Y is<br />

y<br />

Y<br />

then K is<br />

K<br />

Figura 285: Esempio del calcolo dell'uscita <strong>di</strong> un'implicazione fuzzy contenente due fuzzy set nell'antecedente<br />

Formalmente si può definire un algoritmo fuzzy come una collezione <strong>di</strong> regole espresse nella forma<br />

precedentemente in<strong>di</strong>cata. Un algoritmo con m regole definite su n variabili assume allora la seguente<br />

forma generale:<br />

R : if x is A and ... and x is A then y is B<br />

1 1 11 n 1n<br />

1<br />

R : if x is A and ... and x is A then y is B<br />

2 1 21 n 2n<br />

2<br />

..........<br />

..........<br />

R : if x is A and ... and x is A then y is B<br />

m 1 m1<br />

n mn m<br />

con ovvio significato dei simboli. Nasce così il problema <strong>di</strong> definire come vada calcolata l'uscita<br />

<strong>di</strong> un tale algoritmo. Si osservi che le varie regole forniscono, sotto forma <strong>di</strong> fuzzy set, e ciascuna<br />

in<strong>di</strong>pendentemente dalle altre, un valore per l'uscita. Inoltre, ogni regola contribuisce a cumulare<br />

certezza sul valore assunto dalla variabile <strong>di</strong> uscita. Quin<strong>di</strong> appare logico stabilire che l'uscita <strong>di</strong> un<br />

algoritmo fuzzy vada determinata calcolando l'or fuzzy delle uscite associate alle singole regole. Si<br />

consideri, ad esempio il seguente algoritmo costituito da due regole:<br />

R1: if x is me<strong>di</strong>a and y is grande then k is grande<br />

R2: if x is grande and y is grande then k is molto_grande<br />

rappresentato in forma grafica in Figura 286. Supponendo <strong>di</strong> aver misurato due valori per le<br />

grandezze X ed Y e <strong>di</strong> utilizzare il metodo d'inferenza del troncamento, si ottiene per l'uscita <strong>di</strong> tale<br />

algoritmo un fuzzy set, come riportato graficamente in Figura 287, dove l'uscita dell'intero algoritmo è<br />

rappresentata dalla spezzata a tratto spesso riportata in basso a destra.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

353<br />

µ (X)<br />

x_is_me<strong>di</strong>a<br />

µ (Y)<br />

y_is_grande<br />

k_is_grande<br />

if X is<br />

X<br />

and Y is<br />

Y<br />

then K is<br />

K<br />

µ (X)<br />

x_is_grande<br />

µ (Y)<br />

y_is_grande<br />

k_is_molto_grande<br />

if X is<br />

X<br />

and Y is<br />

Y<br />

then K is<br />

K<br />

Figura 286: Esempio <strong>di</strong> algoritmo fuzzy, costituito da due regole<br />

Da quanto finora espresso risulta evidente che l'uscita <strong>di</strong> un algoritmo fuzzy è costituita<br />

fuzzy set.<br />

da un<br />

µ (X)<br />

x_is_me<strong>di</strong>a<br />

µ (Y)<br />

y_is_grande<br />

µ (K)<br />

k_is_grande<br />

if X is<br />

X<br />

and Y is<br />

Y<br />

then K is<br />

K<br />

µ (X)<br />

x_is_grande<br />

µ (Y)<br />

y_is_grande<br />

µ (K)<br />

k_is_molto_grande<br />

if X is<br />

X<br />

and Y is<br />

Y<br />

then K is<br />

K<br />

µ (K)<br />

K<br />

Figura 287: Determinazione dell'uscita <strong>di</strong> un algoritmo fuzzy con il metodo del troncamento<br />

Poiché nei problemi pratici, e in particolar modo nell'analisi dei segnali, si è interessati a<br />

descrivere una grandezza utilizzando un numero reale, è necessario introdurre un ulteriore operatore,<br />

che associ a un fuzzy set un numero reale adatto a rappresentare, secondo un qualche criterio, il<br />

contenuto informativo del fuzzy set stesso.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

354<br />

Tale operazione è detta <strong>di</strong> defuzzyficazione e costituisce il legame tra il mondo fuzzy<br />

dell'algoritmo e il modo dei numeri reali, con cui siamo abituati a descrivere il mondo che ci circonda.<br />

Per tale operazione sono state proposte in letteratura varie definizioni. In particolare, in quanto<br />

segue verrà utilizzato il metodo <strong>di</strong> defuzzyficazione detto del centroide: il fuzzy set viene rappresentato,<br />

secondo tale metodo, dal baricentro della figura che rappresenta la funzione <strong>di</strong> appartenenza<br />

dell'insieme stesso. Si ha, quin<strong>di</strong>:<br />

k<br />

c<br />

= ∑ ∑<br />

b g c b g h<br />

u i µ u i<br />

µ cubigh<br />

la sommatoria essendo estesa agli elementi del fuzzy set che hanno funzione <strong>di</strong> appartenenza non<br />

nulla. Un altro metodo, detto delle altezze (usato quando si vuole defuzzyficare un insieme che proviene<br />

dall'unione <strong>di</strong> più fuzzy set), fornisce un valore che é la me<strong>di</strong>a pesata dei valori corrispondenti ai centroi<strong>di</strong><br />

delle funzioni <strong>di</strong> appartenenza delle uscite associate alle varie regole.<br />

I pesi corrispondono al grado <strong>di</strong> verità degli antecedenti delle varie regole. Si ha, quin<strong>di</strong>:<br />

k<br />

c<br />

∑ u ( A( i)<br />

) µ ( u ( A ))<br />

=<br />

( ( )) i<br />

∑ µ u Ai<br />

14.9 L'ALGORITMO FUZZY CON CONSEGUENTE LINEARE<br />

Nelle applicazioni descritte nel presente lavoro si è preferito ricorrere a una struttura delle<br />

implicazioni fuzzy leggermente <strong>di</strong>versa rispetto a quanto suggerito da Zadeh. In particolare le regole<br />

fuzzy considerate assumono la seguente forma, secondo quanto proposto da Sugeno 58) in un lavoro<br />

ritenuto fondamentale nel campo della logica fuzzy:<br />

i i i i<br />

i i<br />

if x is A and x is A and ... and x is A<br />

1 1 2 2<br />

i i i i<br />

then y = g d x x x<br />

i<br />

1<br />

,<br />

2<br />

, ...,<br />

n i<br />

Il modello introdotto presenta una struttura che può essere considerata come un caso particolare<br />

del modello generale, introdotto da Zadeh e in particolare esso presenta le peculiarità:<br />

v le funzioni <strong>di</strong> appartenenza per i fuzzy set degli antecedenti sono tutte funzioni lineari a tratti, non<br />

crescenti o non decrescenti;<br />

v il conseguente è espresso da un numero reale; questo può essere considerato un particolare<br />

fuzzy set avente funzione <strong>di</strong> appartenenza unitaria in un solo punto dell'universo del <strong>di</strong>scorso,<br />

ovvero un singleton.<br />

Si assume, inoltre, che il conseguente sia ottenuto come funzione dei valori assunti da alcune,<br />

eventualmente tutte, delle variabili che entrano in gioco nell'antecedente. Nella struttura proposta in<br />

Sugeno (1985) si assume in particolare che la funzione g i () sia lineare.<br />

Pertanto la i-ma implicazione assume la forma riportata graficamente in Figura 288. Se<br />

l'algoritmo fuzzy contiene m regole, della forma precedentemente introdotta, applicando il metodo<br />

defuzzyficazione del centroide si ricava che l'uscita y deve essere calcolata come me<strong>di</strong>a pesata, secondo<br />

il grado <strong>di</strong> attivazione delle singole regole, delle rispettive uscite y i :<br />

n<br />

n<br />

58) Si veda S. Sugeno - Fuzzy Identification of Systems and its Applications to Modelling and Control - IEEE Trans. on<br />

Systems, Man and Cybernetics, Vol. SMC-15, No. 1, 1985.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

355<br />

m<br />

∑ b ig<br />

i<br />

c<br />

= = 1<br />

m<br />

∑ µ<br />

i<br />

i=<br />

1<br />

k<br />

µ y y<br />

i<br />

1<br />

A1<br />

1<br />

A2<br />

1<br />

An<br />

if<br />

x1 is<br />

0<br />

and<br />

x2 is<br />

0<br />

and, ... ,and<br />

xn is<br />

0<br />

x11<br />

x12<br />

x21<br />

x22<br />

xn1<br />

xn2<br />

then y= p0+p1*x1+p2*x2+...+pn*xn<br />

Figura 288: Esempio <strong>di</strong> implicazione proposta in Sugeno, 1985<br />

14.10 OPERAZIONI ARITMETICHE E ANALISI DEGLI INTERVALLI<br />

Un tipo <strong>di</strong> grandezza fuzzy é quella definita ad intervallo cioè da un valore centrale a e da un<br />

intervallo <strong>di</strong> variazione (a-α, a, a+α) con α semiampiezza dell'intervallo detta varianza. La<br />

rappresentazione grafica é del tipo in<strong>di</strong>cato in Figura 289.<br />

a- α b<br />

a<br />

a+ α b- β b+ β<br />

Figura 289- Grandezze fuzzy ad intervallo<br />

La combinazione delle varianze nella fuzzy set theory tiene conto dell'effetto contemporaneo degli<br />

estremi positivi e negativi producendo un allargamento della varianza. Tale effetto non può essere ottenuto<br />

me<strong>di</strong>ante la sola combinazione <strong>di</strong> effetti estremi (positivi e negativi) come si fa nell'analisi <strong>di</strong> sensitività<br />

usualmente condotta sulle matrici <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> tipo deterministico.<br />

La regola fuzzy per la combinazione <strong>di</strong> proprietà <strong>di</strong> un insieme fuzzy é data dalle seguente<br />

relazione:<br />

a f a = Sup (u,v) Inf c u f , x c<br />

avf<br />

y<br />

w<br />

c x*y<br />

ove é:<br />

w = u * v<br />

e χ x e χ y sono le funzioni <strong>di</strong> appartenenza fuzzy (membership function). In particolare, nel nostro caso,<br />

tali funzioni <strong>di</strong>pendono dagli intervalli (cioè dalle varianze) presi in considerazione. Pertanto le varianze<br />

entrano in gioco <strong>di</strong>rettamente nella determinazione del valore centrale.<br />

Le tre regole <strong>di</strong> combinazione per l'analisi degli intervalli (forma esplicita derivata dalla regola<br />

generale precedente):<br />

Somma :<br />

e<br />

(a,α) + (b,β) = (a+b, α+β)<br />

j


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

356<br />

Differenza:<br />

Prodotto :<br />

(a,α) - (b,β) = (a-b, α+β)<br />

(a,α) * (b,β) = (ab+αβ, aβ+bα)<br />

ove a e b sono i valori centrali <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio e α e β sono le varianze e pertanto gli intervalli fuzzy<br />

sono definiti dalle relazioni (a-α,a,a+α) e (b-β,b,b+β), come in<strong>di</strong>cato in figura 17.<br />

Si può così osservare che le <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> valori centrali <strong>di</strong> eguale valore assoluto forniscono<br />

valore centrale nullo ma varianza pari alla somma delle varianze.<br />

Lo stesso allargamento (spread) si ha per la somma <strong>di</strong> variabili fuzzy. Per il prodotto fuzzy si ha un<br />

valore centrale che é la somma del prodotto dei due valori centrali e delle due varianze mentre lo spread<br />

si allarga con la combinazione lineare delle varianze e dei valori centrali.<br />

E’ anche possibile affrontare il problema della scelta tra varie alternative, ciascuna delle quali<br />

rappresentata da un vettore con componenti intervalli.<br />

A tale scopo conviene utilizzare due or<strong>di</strong>namenti parziali tra intervalli recentemente introdotto<br />

da Ishibuchi e Tanaka.<br />

DEF1. Dati due intervalli A = [a1.a2] e B = [b1,b2] <strong>di</strong>remo che<br />

A [


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

357<br />

14.12 METODI DI ANALISI MULTICRITERIALI PER LA V.I.A.<br />

Non rientra nello scopo della presente relazione descrivere la metodologia dell'analisi<br />

multicriteriale (AMC) ma si vuole egualmente fornirne la traccia operativa in modo da renderne<br />

possibile il confronto con il metodo fuzzy descritto in altra relazione. Obiettivo dell'AMC é <strong>di</strong><br />

massimizzare una funzione detta <strong>di</strong> valore o <strong>di</strong> utilità della forma:<br />

U =U (g 1 , g 2 ,g 3 ,..., g n )<br />

che ingloba i <strong>di</strong>fferenti giu<strong>di</strong>zi g i sulle azioni possibili. La metodologia usata può variare a seconda<br />

dei casi : quelle maggiormente utilizzate sono:<br />

v meto<strong>di</strong> del surclassamento;<br />

v meto<strong>di</strong> interattivi;<br />

v meto<strong>di</strong> dell'utilità multiattributo.<br />

Nel caso del metodo del surclassamento si possono utilizzare anche gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> concordanza (o anche<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>scordanza) variabili fra 0 e 1. In questo modo il metodo utilizza anche definizioni fuzzy degli attributi<br />

(procedura ELECTRE III).<br />

I criteri <strong>di</strong> analisi debbono essere <strong>di</strong> volta in volta scelti in funzione della tipologia dell'opera e dei<br />

giu<strong>di</strong>zi espressi.<br />

14.13 APPLICAZIONE DELLA FUZZY LOGIC ALL’ANALISI MULTICRITERIA<br />

Alle metodologie sopra esposte si può aggiungere una variante del surclassamento detta analisi <strong>di</strong><br />

dominanza. Le azioni possibili delle alternative progettuali possono essere qualificate secondo criteri<br />

quantitativi o anche con criteri non quantitativi.<br />

Ciascun criterio può anche presentare fattori non deterministici (e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> tipo fuzzy) che<br />

possono essere incorporati nell'analisi multicriteriale.<br />

Al fine <strong>di</strong> determinare i vettori <strong>di</strong> impatto <strong>di</strong> riferimento occorre per ciascuna alternativa<br />

progettuale preparare le matrici <strong>di</strong> azione-effetti sulla base <strong>di</strong> opportune liste <strong>di</strong> controllo, ad esempio<br />

quelle in<strong>di</strong>cate dalla Società Italiana <strong>di</strong> Ecologia elaborate per l'opera in esame.<br />

Ad esempio per la costruzione <strong>di</strong> una strada si possono ipotizzare le seguenti azioni :<br />

v Uso della strada<br />

v Fattori Fisici<br />

v Aree interessate<br />

v Azioni correttive<br />

Gli effetti possono essere, sempre nell'esemplificazione assunta, i seguenti :<br />

v Impatto economico e sociale<br />

v Impatto sul traffico degli abitati<br />

v Impatto sul traffico della strada<br />

v Impatto sulla flora e sulla fauna<br />

v Impatto Geofisico<br />

E' pertanto possibile costruire, per ciascuna alternativa progettuale, una matrice azioni-effetti<br />

avente nelle righe le azioni e nelle colonne gli effetti sopra considerati.<br />

Nella compilazione delle matrici si può adottare una simbologia che evidenzi l'esistenza <strong>di</strong> un<br />

impatto positivo, negativo o neutro. Per la gerarchizzazione degli impatti si possono considerare i<br />

seguenti aspetti:<br />

IMPATTO DEL PROGETTO<br />

+ positivo<br />

- negativo<br />

N<br />

Neutro (parte positivo e parte negativo, indeterminato o incerto).<br />

IMPORTANZA DELL'IMPATTO<br />

S<br />

M<br />

Scarsa<br />

Me<strong>di</strong>a


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

358<br />

G<br />

Grande<br />

PROBABILITÀ DELL'IMPATTO<br />

C<br />

Certa<br />

P<br />

Probabile<br />

I<br />

Improbabile<br />

S<br />

Indeterminata<br />

DURATA DELL'IMPATTO<br />

T<br />

Temporanea<br />

P<br />

permanente<br />

La descrizione <strong>di</strong> ciascun impatto risulta pienamente completata nelle tabelle derivate dalla<br />

matrice <strong>di</strong> relazione. Il numero e le tipologie <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio possono essere <strong>di</strong>verse da quelle sopra in<strong>di</strong>cate<br />

che sono qui riportate solo quale riferimento esemplificativo.<br />

E' anche opportuno osservare che l'uso <strong>di</strong> connotazioni linguistiche può facilitare la<br />

formulazione del giu<strong>di</strong>zio. La scala dei giu<strong>di</strong>zi può essere anche più estesa <strong>di</strong> quella sopra in<strong>di</strong>cata per i<br />

<strong>di</strong>versi aspetti degli impatti ma l'esperienza <strong>di</strong>mostra che al crescere del numero dei valori si ha un<br />

<strong>di</strong>sper<strong>di</strong>mento del giu<strong>di</strong>zio. Per la formulazione <strong>di</strong> ciascun giu<strong>di</strong>zio occorre avere un gruppo <strong>di</strong> lavoro<br />

polivalente, composto da <strong>di</strong>versi esperti (da tre a cinque) dei rispettivi settori interessati, che esprimano<br />

i loro giu<strong>di</strong>zi in<strong>di</strong>pendentemente l'uno dall'altro e che ciascun giu<strong>di</strong>zio sia determinato sulla base <strong>di</strong> un<br />

criterio <strong>unico</strong> per tutte le alternative <strong>di</strong> progetto (prevalenza, surclassamento, me<strong>di</strong>a,..).<br />

La verifica degli impatti é anche possibile sulla base <strong>di</strong> approcci culturali e metodologici <strong>di</strong>versi; in<br />

questa sede si vuole privilegiare l'aspetto tecnico-analitico delle azioni e degli effetti e pertanto i giu<strong>di</strong>zi<br />

<strong>di</strong> impatto possono (là dove possibile) essere conseguenti a stu<strong>di</strong> specifici.<br />

Ad esempio per l'impatto geofisico il giu<strong>di</strong>zio può derivare da stu<strong>di</strong> mirati sul terreno <strong>di</strong><br />

intervento; così per la <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> inquinanti il giu<strong>di</strong>zio può derivare dall'analisi dei risultati <strong>di</strong> un<br />

opportuno modello matematico <strong>di</strong> simulazione, ...<br />

Dall'esame della matrice <strong>di</strong> relazione deriverà un giu<strong>di</strong>zio sull'impatto globale dell'opera per<br />

ciascuna alternativa esaminata. Tale giu<strong>di</strong>zio appare, però, influenzabile dai pesi attribuiti agli impatti<br />

non deterministici e quin<strong>di</strong> soggettivi e pertanto nasce il problema <strong>di</strong> oggettivizzare il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> impatto il<br />

più possibile me<strong>di</strong>ante analisi <strong>di</strong> tipo quantitativo, quando ciò é possibile.<br />

La matrice <strong>di</strong> relazione finale ottenuta dal giu<strong>di</strong>zio del gruppo <strong>di</strong> esperti prende il nome <strong>di</strong><br />

matrice <strong>di</strong> riferimento e si suppone che rappresenti il massimo nell'oggettivazione ed<br />

omogeneizzazione dei giu<strong>di</strong>zi e dei pesi.<br />

L'analisi delle matrici <strong>di</strong> riferimento per ciascuna delle ipotesi <strong>di</strong> lavoro alternative può essere<br />

effettuata, ad esempio, con una delle seguenti metodologie:<br />

v analisi crisp<br />

v analisi fuzzy con varianza fissa<br />

v analisi fuzzy con varianza proporzionale<br />

14.14 ANALISI CRISP : METODOLOGIA OPERATIVA<br />

Le sottomatrici deterministiche (crisp) sono state ottenute assegnando ai giu<strong>di</strong>zi presenti nelle<br />

matrici <strong>di</strong> riferimento i seguenti valori :<br />

IMPORTANZA PROBABILITÀ DURATA<br />

G=1 C=1 P=1<br />

M=0,5 P=0,6 T=0,1<br />

S=0,1<br />

I=0,2<br />

Il rapporto fra il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> permanenza e <strong>di</strong> temporaneità é stato fissato pari a quello della durata<br />

presunta dell'opera e quella presunta del cantiere.<br />

Il valore 0,1 per la temporaneità deve, quin<strong>di</strong>, intendersi in senso matematico come probabilità <strong>di</strong><br />

durata. Si vedrà nel prosieguo come la varianza <strong>di</strong> questo giu<strong>di</strong>zio influenza le sottomatrici risultante.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

359<br />

Con l'analisi deterministica (crisp) i giu<strong>di</strong>zi sono numericamente espressi da valori unici e la<br />

valutazione delle matrici <strong>di</strong> riferimento porta a valori univoci delle sottomatrici e del vettore finale <strong>di</strong><br />

impatto. Viene valutata per ogni sottomatrice della matrice <strong>di</strong> azioni-effetti effettuando una<br />

sommatoria dei prodotti dei valori <strong>di</strong> importanza per la probabilità per la durata ciascuno con il<br />

segno dato dal tipo <strong>di</strong> impatto.<br />

Per gli impatti indeterminati si effettua un calcolo separato per ciascuna sottomatrice. Ad esempio<br />

per il progetto <strong>di</strong> una strada con tre alternative in esame si possono ottenere i risultati in<strong>di</strong>cati nella<br />

seguente tabella per gli impatti positivi e negativi:<br />

ALTERNATIVA<br />

RATING MATRIX PER LE TRE ALTERNATIVE<br />

IMPATTO SUL IMPATTO SUL<br />

TRAFFICO NEL TRAFFICO<br />

BACINO DI UTENZA NELLA STRADA<br />

IMPATTO<br />

ECONOMICO E<br />

SOCIALE<br />

IMPATTO SULLA<br />

FLORA E SULLA<br />

FAUNA<br />

IMPATTO<br />

GEOFISICO<br />

A 7,63 8,63 -0,37 -3,76 -5,91<br />

B 12,93 9,63 0,63 -3,52 -4,41<br />

C 5,33 9,63 -0,37 -4,48 -4,41<br />

e per i vettori degli impatti indeterminati si ha la seguente tabella:<br />

RATING MATRIX DEI GIUDIZI INDETERMINATI PER LE TRE ALTERNATIVE<br />

ALTERNATIVA IMPATTO<br />

ECONOMICO E<br />

SOCIALE<br />

IMPATTO SUL<br />

TRAFFICO NEL<br />

BACINO DI UTENZA<br />

IMPATTO SUL<br />

TRAFFICO NELLA<br />

STRADA<br />

IMPATTO SULLA<br />

FLORA E SULLA<br />

FAUNA<br />

IMPATTO<br />

GEOFISICO<br />

A 1,02 0 0 0,16 3,81<br />

B 1,02 0 0 0,16 3,81<br />

C 1,02 0 0 0,16 3,81<br />

I pesi considerati sono unitari per tutti gli impatti: si é pertanto assegnata eguale importanza agli<br />

impatti considerati trascurandone l'eventuale peso politico che potrebbe maggiormente far risaltare un<br />

impatto rispetto agli altri. Ad esempio l'impatto economico e sociale ha una valenza politica maggiore<br />

rispetto agli altri: la necessità <strong>di</strong> un'opera ha giustificazioni economiche e sociali che spesso trascendono<br />

gli altri effetti possibili. Le sottomatrici crisp per ciascuna alternativa siano le seguenti :<br />

IMPATTO<br />

ECONOMICO<br />

E SOCIALE<br />

IMPATTO SUL<br />

TRAFFICO NEL<br />

BACINO DI<br />

UTENZA<br />

ALTERNATIVA A<br />

IMPATTO SUL<br />

TRAFFICO<br />

NELLA STRADA<br />

IMPATTO SULLA<br />

FLORA E SULLA<br />

FAUNA<br />

IMPATTO<br />

GEOFISICO<br />

5,36 6,7 -0,26 -0,8 -0,72<br />

-3,41 -0,01 -0,11 -3,8 -4,63<br />

-1,47 1,94 0 -0,6 -3,36<br />

7,16 0 0 1,44 2,8<br />

ALTERNATIVA B<br />

IMPATTO<br />

ECONOMICO<br />

E SOCIALE<br />

IMPATTO SUL<br />

TRAFFICO NEL<br />

BACINO DI<br />

UTENZA<br />

IMPATTO SUL<br />

TRAFFICO<br />

NELLA STRADA<br />

IMPATTO SULLA<br />

FLORA E SULLA<br />

FAUNA<br />

IMPATTO<br />

GEOFISICO<br />

9,66 7,77 0,74 -0,8 -0,72<br />

-3,41 -0,01 -0,11 -3,8 -4,63<br />

-1,47 1,94 o -0,6 -3,36<br />

8,16 0 0 1,68 4,3<br />

ALTERNATIVA C<br />

IMPATTO<br />

ECONOMICO<br />

E SOCIALE<br />

IMPATTO SUL<br />

TRAFFICO NEL<br />

BACINO DI<br />

UTENZA<br />

IMPATTO SUL<br />

TRAFFICO<br />

NELLA STRADA<br />

IMPATTO SULLA<br />

FLORA E SULLA<br />

FAUNA<br />

IMPATTO<br />

GEOFISICO<br />

5,36 7,7 -0,26 -0,8 -0,72<br />

-4,21 -0,01 -0,11 -3,8 -4,63<br />

-1,47 1,94 0 -0,6 -3,36<br />

5,66 0 0 0,72 4,3<br />

L'esame <strong>di</strong> queste sottomatrici mostra come gli impatti siano quasi sempre negativi sull'ambiente<br />

mentre risulta prevalentemente positivo quello economico e sociale la cui valenza politica é stata in<br />

questa sede trascurata.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

360<br />

14.15 ANALISI FUZZY : METODOLOGIA OPERATIVA<br />

La metodologia presa in esame nella presente situazione consiste nel valutare gli elementi<br />

della matrice <strong>di</strong> relazione a seconda dei seguenti parametri:<br />

SEGNO<br />

IMPORTANZA<br />

PROBABILITÀ<br />

DURATA.<br />

In assenza <strong>di</strong> correlazioni tra le azioni e gli effetti viene assegnato il valore A ( assente) per il<br />

segno dell'elemento ed in tal modo i valori associati <strong>di</strong> :<br />

IMPORTANZA<br />

PROBABILITÀ<br />

DURATA<br />

vengono inizializzati a zero. Il SEGNO può essere :<br />

POSITIVO<br />

NEGATIVO<br />

NEUTRO<br />

Per NEUTRO si intende un segno non ancora determinato (in<strong>di</strong>cante la presenza <strong>di</strong> effetti in<br />

parte positivi ed in parte negativi ). Il concetti <strong>di</strong> IMPORTANZA ,PROBABILITÀ,DURATA<br />

vengono definiti come VARIABILI LINGUISTICHE FUZZY , che prendono come valori<br />

sottoinsiemi FUZZY. In particolare: l'IMPORTANZA può assumere i valori :<br />

GRANDE<br />

MEDIA<br />

SCARSA<br />

La PROBABILITÀ può assumere i valori:<br />

CERTA<br />

PROBABILE<br />

IMPROBABILE<br />

La DURATA può assumere i valori:<br />

PERMANENTE<br />

TEMPORANEA<br />

Ognuno <strong>di</strong> questi valori é rappresentato da un insieme FUZZY definito da una funzione <strong>di</strong><br />

appartenenza. Come prima implementazione del metodo sono state utilizzate le funzioni <strong>di</strong><br />

appartenenza che sono le funzioni caratteristiche <strong>di</strong> intervalli, caratterizzate da un valore <strong>di</strong> picco e<br />

dall'ampiezza dell'intervallo. L'elaborazione della matrice <strong>di</strong> relazione segue le stesse regole che nel caso<br />

non fuzzy, come esposte precedentemente; l'unica <strong>di</strong>fferenza é che le operazioni aritmetiche sono<br />

interpretate secondo le regole della teoria fuzzy (che nel caso degli intervalli, si riducono a quelle<br />

dell'Analisi <strong>di</strong> Intervalli).<br />

In tal modo si ottiene un vettore <strong>di</strong> valutazione finale le cui componenti sono insiemi fuzzy,<br />

caratterizzati da un valore <strong>di</strong> picco e dall'ampiezza <strong>di</strong> oscillazione. L'analisi <strong>di</strong> sensitività e quin<strong>di</strong><br />

automaticamente inglobata nella presente metodologia.<br />

14.16 APPLICAZIONE AL CASO ESEMPIO DI UNA STRADA<br />

I giu<strong>di</strong>zi presenti nelle matrici <strong>di</strong> riferimento possono essere solitamente affetti da incertezza e<br />

pertanto possono essere considerati variabili fuzzy. Detta variabilità può anche essere presa in<br />

considerazione me<strong>di</strong>ante l'analisi deterministica tra<strong>di</strong>zionale utilizzando l'analisi <strong>di</strong> sensitività.<br />

Questa consiste nel valutare le sottomatrici in tutte le combinazioni possibili <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio,<br />

assegnando alle scale <strong>di</strong> valutazione valori <strong>di</strong>screti variabili fra un valore minimo (giu<strong>di</strong>zi negativi) ed<br />

un valore massimo (giu<strong>di</strong>zi positivi). In pratica me<strong>di</strong>ante analisi <strong>di</strong> sensitività occorre combinare fra<br />

loro tutti i valori attribuiti, ad esempio, ad un evento improbabile da 0,1 a 0,3 o per un evento la


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

361<br />

probabile da 0,5 a 0,7,. ecc... Il numero delle combinazioni cresce notevolmente con il numero dei<br />

giu<strong>di</strong>zi e delle sottomatrici (azioni-effetti) considerati. La fuzzy logic, dal canto suo, utilizza lo stesso<br />

concetto introdotto nella teoria dei fuzzy set: una proposizione logica fuzzy non deve essere<br />

necessariamente vera o falsa, ad essa può essere associato, o per essa può essere ricavato, un valore <strong>di</strong><br />

verità variante con continuità da 0 ad 1.<br />

Le tecniche fuzzy potrebbero fornire uno strumento semplificatore nella fase <strong>di</strong> progettazione <strong>di</strong><br />

modelli economici-ambientali e, in un secondo tempo, permettere <strong>di</strong> costruire sistemi esperti fuzzy<br />

all'interno dei quali inserire oltre alla conoscenza legislativa quella tecnico-economica e quella ambientale<br />

in modo da costruire un Sistema Esperto con il compito <strong>di</strong> inferire, in maniera più o meno<br />

approssimata e soggettiva, la giusta o più probabilistica valutazione sull'impatto ambientale <strong>di</strong> un'opera.<br />

Tale opinione nasce da una serie <strong>di</strong> osservazioni sulla reale natura del processo <strong>di</strong> VIA e, più<br />

precisamente, dalle seguenti :<br />

v i valori degli elementi <strong>di</strong> una classica matrice <strong>di</strong> Via sono linguistici; più precisamente i modelli<br />

<strong>di</strong> VIA non possono essere semplici adattamenti <strong>di</strong> modelli economici in cui le variabili<br />

ambientali vengano aggiunte e trattate alla stessa stregua delle variabili quantitative;<br />

v la definizione delle variabili <strong>di</strong> sistema é spesso un processo soggettivo <strong>di</strong>pendente da fattori non<br />

quantificabili.<br />

L'elaborazione della matrice <strong>di</strong> relazione segue le stesse regole che nel caso deterministico, già<br />

esposte precedentemente; l'unica <strong>di</strong>fferenza é che le operazioni aritmetiche sono interpretate secondo le<br />

regole della teoria fuzzy (che, nel caso degli intervalli, si riducono a quelle dell'Analisi <strong>di</strong> Intervalli).<br />

In questo modo si ottiene un vettore <strong>di</strong> valutazione finale le cui componenti sono insiemi fuzzy ,<br />

caratterizzati cioè da un valore <strong>di</strong> picco e dall'ampiezza <strong>di</strong> oscillazione (varianza). L'analisi fuzzy si<br />

rivela più probante rispetto all'analisi tra<strong>di</strong>zionale (crisp) in quanto meglio descrittiva delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

soggettività e <strong>di</strong> incertezza proprie dei giu<strong>di</strong>zi. Le varianze, infatti, più ancora dell'analisi <strong>di</strong> sensitività,<br />

in<strong>di</strong>cano come la centralità del valore <strong>di</strong> impatto venga alterata dall'incertezza dei giu<strong>di</strong>zi.<br />

Inoltre la combinazione degli intervalli <strong>di</strong> variazione secondo la fuzzy set theory risulta più<br />

congruente e matematicamente più corretta a posizionare il vettore d'impatto che non il semplice<br />

calcolo dei massimi effetti positivi o negativi dell'analisi <strong>di</strong> sensitività.<br />

La combinazione delle varianze nella fuzzy set theory tiene conto dell'effetto contemporaneo degli<br />

estremi positivi e negativi producendo un allargamento della varianza. Tale effetto non può essere ottenuto<br />

me<strong>di</strong>ante la sola combinazione <strong>di</strong> effetti estremi (positivi e negativi) come nell'analisi <strong>di</strong> sensitività<br />

usualmente condotta sulle matrici <strong>di</strong> azione <strong>di</strong> tipo deterministico.<br />

La regola fuzzy per la combinazione <strong>di</strong> proprietà <strong>di</strong> un insieme é data, come già visto in<br />

precedenza, dalle seguente relazione :<br />

{ }<br />

( u v)<br />

( )<br />

( )<br />

w u v<br />

x y<br />

Sup Inf ,<br />

, x y<br />

χ<br />

∗<br />

= χ χ (97)<br />

ove é: w=u*v e χ x e χ y sono le funzioni <strong>di</strong> appartenenza fuzzy. In particolare, nel nostro caso, tali<br />

funzioni <strong>di</strong>pendono dagli intervalli presi in considerazione. Pertanto le varianze entrano in gioco<br />

<strong>di</strong>rettamente nella determinazione del valore centrale.<br />

Consideriamo le seguenti tre regole <strong>di</strong> combinazione (forma esplicita della regola precedente) :<br />

Somma :<br />

Differenza:<br />

Prodotto :<br />

(a,α) + (b,β<br />

,β) = (a+b, α+β)<br />

(a,α) - (b,β) = (a-b, α+β)<br />

(a,α) * (b,β<br />

,β) = (ab+αβ<br />

αβ, aβ+bα)<br />

Si può così osservare che le <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> valori centrali <strong>di</strong> eguale valore assoluto forniscono<br />

valore centrale nullo ma varianza pari alla somma delle varianze. Lo stesso allargamento (spread) si ha<br />

per la somma <strong>di</strong> variabili fuzzy.<br />

Per il prodotto fuzzy si ha un valore centrale che é la somma del prodotto dei due valori centrali e<br />

delle due varianze mentre lo spread si allarga con la combinazione lineare delle varianze e dei valori<br />

centrali. L'analisi <strong>di</strong> sensitività é quin<strong>di</strong> automaticamente inglobata nella presente metodologia.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

362<br />

I valori <strong>di</strong> rating attribuiti ai giu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> impatto nelle matrici <strong>di</strong> riferimento sono ora dati nella<br />

seguente tabella:<br />

IMPORTANZA PROBABILITÀ DURATA<br />

G=0,9±0,1 C=0,9±0,1 P=0,9±0,1<br />

M=0,5±0,1 P=0,6±0,1 T=0,15±0,1<br />

S=0,1±0,1<br />

I=0,2±0,1<br />

La scelta della varianza pari a 0,1 comporta un valore più fuzzy (cioè più incerto) per i giu<strong>di</strong>zi<br />

nominalmente inferiori. Un intervallo <strong>di</strong> variabilità inferiore avvicinerebbe l'analisi fuzzy all'analisi crisp:<br />

si vedrà nel prosieguo l'effetto <strong>di</strong> questa riduzione.<br />

14.16.1 VALUTAZIONE QUANTITATIVA DELL'EFFETTO<br />

Innanzitutto si considera un gruppo <strong>di</strong> esperti { 1,2,...,N}. A ciascun esperto viene chiesto <strong>di</strong><br />

valutare i gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> impatto per ciascun elemento della matrice secondo la metodologia seguente. Ogni<br />

impatto A n,m(k) dove l'in<strong>di</strong>ce k si riferisce al k-esimo esperto viene ottenuto dopo un'analisi del<br />

segno dell'impatto, importanza dell'impatto, probabilità dell'impatto, durata dell'impatto, per il<br />

momento intese come connotazioni linguistiche.<br />

Il segno dell'impatto può essere:<br />

positivo (+)<br />

negativo (-)<br />

neutro (N)<br />

ove per neutro si intende che ha componenti sia positive che negative che si bilanciano.<br />

L'importanza dell'impatto può essere:<br />

Grande (G)<br />

Me<strong>di</strong>a (M)<br />

Scarsa (S)<br />

Tale sud<strong>di</strong>visione può ovviamente essere raffinata, ammettendo altre caratterizzazioni come molto<br />

grande, molto scarsa, ecc. Noi qui ci limiteremo ad esaminare la sud<strong>di</strong>visione tria<strong>di</strong>ca citata in quanto,<br />

essendo i nostri propositi esemplificativi, é perfettamente adeguata allo scopo.<br />

La probabilità dell'impatto può essere:<br />

Certa (C)<br />

Probabile (P)<br />

Improbabile (I)<br />

Anche per la probabilità valgono le stesse osservazioni fatte per l'importanza riguardanti la<br />

possibilità <strong>di</strong> ulteriori sud<strong>di</strong>visioni.<br />

La durata dell'impatto può essere:<br />

Temporanea (T)<br />

Permanente (Pe)<br />

Anche in questo caso é possibile raffinare la sud<strong>di</strong>visione prevedendo impatti a me<strong>di</strong>o termine,<br />

ecc. La quantificazione delle connotazioni linguistiche precedentemente esposte avviene associando<br />

valori numerici compresi tra 0 e 1 a ciascun aggettivo ( tranne al segno neutro ). In particolare<br />

vengono scelti i seguenti valori (la giustificazione <strong>di</strong> tali scelte é in qualche modo a posteriori ) :<br />

G = 1<br />

M = 0.5<br />

S = 0.1<br />

C = 1<br />

P = 0.6<br />

I = 0.2<br />

Pe = 1<br />

T = 0.1


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

363<br />

I valori <strong>di</strong> segno sono il segno algebrico corrispondente, tranne che per il segno neutro (N) che<br />

viene lasciato in<strong>di</strong>cato. La scelta dei valori numerici per permanente e temporanea é stata fatta sulla<br />

base del confronto tra durata ipotizzabile dell'opera e <strong>di</strong> quella dei cantieri necessari per la realizzazione.<br />

A questo punto il grado <strong>di</strong> impatto viene definito come il prodotto dei valori <strong>di</strong> importanza,<br />

probabilità, durata, preceduto dal segno. Ripetendo questa operazione per ogni elemento della matrice,<br />

si ottiene una matrice i cui elementi sono numeri con il segno (+, -, N).<br />

Gli elementi nulli vengono anche designati con la lettera A (in<strong>di</strong>cante assente).<br />

La matrice risultante, <strong>di</strong> generico elemento A n,m (k) é caratteristica del k-esimo esperto. Un'unica<br />

matrice <strong>di</strong> relazione del progetto in<strong>di</strong>cata con A n,m si ottiene aggregando le varie matrici determinate<br />

dai vari esperti. Sono possibili <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> aggregazione:<br />

pessimistica: che corrisponde a prendere i minimi , cioè<br />

A n,m = min{A n,m (k) } , k=1,2,...N<br />

ottimistica: che corrisponde a prendere i massimi, cioè<br />

A n,m = max{A n,m (k) } ,<br />

me<strong>di</strong>a: che corrisponde ad eseguire il valore me<strong>di</strong>o<br />

k=1,2,...N<br />

A n,m = (1/N)ΣA n,m (k)<br />

É possibile poi definire altri tipi <strong>di</strong> aggregazione, come la pessimistica mo<strong>di</strong>ficata, ecc.<br />

14.16.2 AGGREGAZIONE DEI VALORI DI IMPATTO<br />

Vi sono <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> aggregare la matrice A n,m per ottenere una valutazione globale (o per<br />

raggruppamenti <strong>di</strong> azioni od effetti). Uno <strong>di</strong> quelli utilizzati nella pratica é quello <strong>di</strong> aggregare la matrice<br />

per gruppi <strong>di</strong> effetti, cioè prendere il valore me<strong>di</strong>o degli elementi <strong>di</strong> una colonna, ottenendo così un<br />

vettore <strong>di</strong> valutazione ad M0 componenti (dove M0 é il numero <strong>di</strong> gruppi <strong>di</strong> effetti e N0 é il numero <strong>di</strong><br />

gruppi <strong>di</strong> azioni, talché la matrice [A] consta <strong>di</strong> N0x M0 sottomatrici ).<br />

I valori delle componenti <strong>di</strong> un vettore <strong>di</strong> valutazione sono ovviamente <strong>di</strong>pendenti dai valori<br />

numerici assegnati alle connotazioni <strong>di</strong> importanza, probabilità,durata. É allora molto importante<br />

determinare la sensitività dei risultati alla variazione <strong>di</strong> tali valori numerici.<br />

Ciò si realizza variando (separatamente o in combinazione, utilizzando possibilmente generatori<br />

<strong>di</strong> numeri casuali, Metodo Monte-Carlo) i valori numerici assegnati a Grande, Me<strong>di</strong>a, ecc. e ricalcolando i<br />

vettori <strong>di</strong> valutazione corrispondenti.<br />

Bisogna poi confrontare i vari vettori <strong>di</strong> valutazione ottenuti, tramite l'introduzione <strong>di</strong><br />

opportune metriche. É evidente che tale proce<strong>di</strong>mento é particolarmente oneroso dal punto <strong>di</strong> vista del<br />

calcolo in quanto il numero delle combinazioni possibili é elevato e non riesce mai ad essere<br />

esauriente.<br />

Un altro tipo <strong>di</strong> analisi <strong>di</strong> sensitività che viene condotta é quello <strong>di</strong> assegnare importanza grande a<br />

tutti i giu<strong>di</strong>zi positivi e scarsa a quelli negativi, ottenendo così il vettore <strong>di</strong> valutazione corrispondente<br />

alla propensione ottimistica; poi ripetere l'operazione assegnando importanza grande a tutti i giu<strong>di</strong>zi negativi<br />

e scarsa a quelli positivi ottenendo così il vettore <strong>di</strong> valutazione corrispondente alla propensione<br />

pessimistica.<br />

Il posizionamento del vettore <strong>di</strong> valutazione corrispondente ai giu<strong>di</strong>zi iniziali inalterati (vettore <strong>di</strong><br />

riferimento) relativamente ai vettori corrispondenti alle propensioni ottimistica e pessimistica ( misurata<br />

tramite un'opportuna metrica, ad esempio quella euclidea) dà un'in<strong>di</strong>cazione del grado <strong>di</strong> ottimismo o<br />

pessimismo insito nella valutazione.<br />

Procedendo nell'applicazione dei suddetti concetto al caso esempio della costruzione <strong>di</strong> una<br />

strada con tre alternative <strong>di</strong> progetto, i vettori <strong>di</strong> impatto fuzzy sono dati dalla seguente tabella:<br />

ALTERNAT<br />

IVA<br />

VETTORI DI IMPATTO DI RIFERIMENTO FUZZY PER LE TRE ALTERNATIVE<br />

IMPATTO IMPATTO SUL IMPATTO SUL IMPATTO<br />

ECONOMICO TRAFFICO NEL TRAFFICO SULLA FLORA E<br />

E SOCIALE BACINO DI NELLA SULLA FAUNA<br />

IMPATTO<br />

GEOFISIC<br />

O<br />

UTENZA STRADA<br />

A 6,37±7,65 6,84±2,64 -0,58±1,46 -3,76±3,76 -4,82±4,18


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

364<br />

B 9,87±8,43 7,49±2,78 0,08±1,60 -3,56±3,82 -3,84±4,39<br />

C 4,81±7,02 7,49±2,78 -0,58±1,46 -4,33±3,61 -3,84±4,39<br />

Per i giu<strong>di</strong>zi indeterminati (contrassegnati dalla lettera N nelle matrici <strong>di</strong> relazione) si ha la<br />

seguente tabella riassuntiva:<br />

VETTORI DI IMPATTO DI RIFERIMENTO DEI GIUDIZI INDETERMINATI PER LE TRE<br />

ALTERNATIVE<br />

ALTERNAT<br />

IMPATTO<br />

IVA<br />

GEOFISICO<br />

IMPATTO<br />

ECONOMICO<br />

E SOCIALE<br />

IMPATTO SUL<br />

TRAFFICO NEL<br />

BACINO DI<br />

UTENZA<br />

IMPATTO SUL<br />

TRAFFICO<br />

NELLA<br />

STRADA<br />

IMPATTO<br />

SULLA FLORA<br />

E SULLA<br />

FAUNA<br />

A 1,06±0,54 0,00±0,00 0,00±0,00 0,32±0,28 3,02±1,06<br />

B 1,06±0,54 0,00±0,00 0,00±0,00 0,32±0,28 3,02±1,06<br />

C 1,06±0,54 0,00±0,00 0,00±0,00 0,32±0,28 3,02±1,06<br />

Si omette per semplicità <strong>di</strong> riportare le sottomatrici fuzzy per ciascuna delle tre alternative.<br />

L'osservazione dei vettori <strong>di</strong> impatto nominali consentirebbe già imme<strong>di</strong>atamente <strong>di</strong> effettuare<br />

alcune osservazioni: l'impatto economico e sociale e l'impatto sul traffico nel bacino <strong>di</strong> utenza risultano<br />

nettamente positivi sui valori centrali e ciò potrebbe anche giustificare l'attribuzione <strong>di</strong> un peso politico<br />

maggiore a questi impatti. La variabilità dell'impatto dai limiti estremi positivi e negativi dell'incertezza<br />

finale é testimonianza <strong>di</strong> una sensibile indeterminazione del giu<strong>di</strong>zio che incide maggiormente in<br />

corrispondenza dei valori più bassi delle scale considerate per il rating.<br />

Volendo effettuare un confronto fra i due tipi <strong>di</strong> analisi fin qui considerate si consideri la seguente<br />

tabella riepilogativa:<br />

ALTERNATIV<br />

A<br />

VETTORI DI IMPATTO DI RIFERIMENTO CRISP PER LE TRE ALTERNATIVE<br />

IMPATTO IMPATTO SUL IMPATTO SUL IMPATTO<br />

ECONOMICO TRAFFICO NEL TRAFFICO SULLA FLORA<br />

E SOCIALE BACINO DI NELLA E SULLA<br />

IMPATTO<br />

GEOFISICO<br />

UTENZA STRADA FAUNA<br />

A 7,63 8,63 -0,37 -3,76 -5,91<br />

B 12,93 9,63 0,63 -3,52 -4,41<br />

C 5,33 9,63 -0,37 -4,48 -4,41<br />

VETTORI DI IMPATTO DI RIFERIMENTO FUZZY PER LE TRE ALTERNATIVE<br />

ALTERNATIV<br />

A<br />

IMPATTO<br />

ECONOMICO<br />

E SOCIALE<br />

IMPATTO SUL<br />

TRAFFICO NEL<br />

BACINO DI<br />

UTENZA<br />

IMPATTO SUL<br />

TRAFFICO<br />

NELLA<br />

STRADA<br />

IMPATTO<br />

SULLA FLORA<br />

E SULLA<br />

FAUNA<br />

IMPATTO<br />

GEOFISICO<br />

A 6,37±7,65 6,84±2,64 -0,58±1,46 -3,76±3,76 -4,82±4,18<br />

B 9,87±8,43 7,49±2,78 0,08±1,60 -3,56±3,82 -3,84±4,39<br />

C 4,81±7,02 7,49±2,78 -0,58±1,46 -4,33±3,61 -3,84±4,39<br />

I valori centrali dell'impatto economico e sociale risultano comparabili solo le alternative A (7,76<br />

crisp contro 6,37 fuzzy) e C (5,33 crisp contro 4,81 fuzzy) mentre per l'alternativa B si hanno forti<br />

<strong>di</strong>screpanze (12,93 crisp contro 9,87 fuzzy) ed inoltre per quest'ultima si ha una varianza <strong>di</strong> 8,43 che<br />

porta ad avere quali estremi <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio i valori 1,44 (pessimistico) e 18,3 (ottimistico).<br />

Per l'alternativa A l'impatto economico e sociale varia da -1,28 (pessimistico) a 14,02 (ottimistico)<br />

mentre per l'alternativa B esso varia da -2,21 (pessimistico) a 11,83 (ottimistico): in entrambi i casi i<br />

valori pessimistici risultano negativi e i quelli ottimistici positivi e <strong>di</strong> valore assoluto inferiori a quelli<br />

dell'alternativa B.<br />

Si può pertanto osservare come l'analisi fuzzy risulti più significativa dell'analisi crisp che non<br />

riesce a tenere conto delle combinazioni <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio in modo così completo come invece<br />

automaticamente si ottiene con la prima.<br />

La stessa chiave <strong>di</strong> lettura può essere applicata all'esame degli altri impatti per i quali, pur essendo<br />

maggiormente comparabili i valori centrali fuzzy e quelli crisp, si hanno variazioni dovute alle<br />

combinazioni matematiche fuzzy delle varianze.<br />

Gli intervalli fuzzy per le tre alternative possono qui essere riepilogate nella seguente tabella:<br />

INTERVALLI DI VARIABILITÀ FUZZY PER LE TRE ALTERNATIVE


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

365<br />

ALTERNATI<br />

VA<br />

IMPATTO<br />

ECONOMICO<br />

E SOCIALE<br />

IMPATTO SUL<br />

TRAFFICO NEL<br />

BACINO DI<br />

UTENZA<br />

IMPATTO SUL<br />

TRAFFICO<br />

NELLA<br />

STRADA<br />

IMPATTO<br />

SULLA FLORA<br />

E SULLA<br />

FAUNA<br />

IMPATTO<br />

GEOFISICO<br />

A -1,28 : 14,02 4,20 : 9,48 -2,04 : 0,88 -7,52 : 0,00 -9,00 : -0,60<br />

B 1,44 : 18,30 4,71 : 10,27 -1,52 : 1,68 -7,38 : 0,26 -8,23 : 0,55<br />

C -2,21 : 11,83 4,71 : 10,27 -2,04 : 0,88 -7,94 : -0,72 -8,23 : 0,55<br />

Si noti come per l'impatto nel bacino <strong>di</strong> utenza i valori crisp si mantengano spostati verso i valori<br />

più ottimistici fuzzy: l'analisi crisp non ha tenuto conto in modo corretto della variabilità <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio<br />

fornendo valori crisp in eccesso. Analoghe osservazioni valgono per gli altri impatti sopra in<strong>di</strong>cati.<br />

14.16.3 MATRICI FUZZY CON VARIANZA PROPORZIONALE<br />

Nel caso precedente si é imposto un allargamento (spread) fisso dei giu<strong>di</strong>zi fuzzy. In realtà<br />

potrebbe essere più opportuno avere uno spread proporzionale al valore centrale <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio, ad esempio<br />

secondo uno schema dato nella seguente tabella:<br />

GIUDIZI FUZZY CON VARIANZA<br />

PROPORZIONALE<br />

IMPATTO GRANDE 0,9 ± 0,10<br />

MEDIO 0,50 ± 0,05<br />

SCARSO 0,15 ± 0,01<br />

GIUDIZI FUZZY CON VARIANZA<br />

PROPORZIONALE<br />

PROBABILITÀ CERTA 0,90 ± 0,10<br />

PROBABILE 0,60 ± 0,05<br />

IMPROBABILE 0,20 ± 0,02<br />

DURATA PERMANENTE 0,90 ± 0,10<br />

TEMPORANEA 0,15 ± 0,01<br />

I vettori <strong>di</strong> impatto che ne conseguono sono dati nelle seguenti tabelle:<br />

VETTORI DI IMPATTO DI RIFERIMENTO FUZZY PROPORZIONALE PER LE TRE<br />

ALTERNATIVE<br />

IMPATTO IMPATTO SUL IMPATTO SUL IMPATTO<br />

ECONOMICO TRAFFICO NEL TRAFFICO SULLA FLORA<br />

E SOCIALE BACINO DI NELLA E SULLA<br />

ALTERNATIV<br />

A<br />

IMPATTO<br />

GEOFISICO<br />

UTENZA STRADA FAUNA<br />

A 6,27 ± 5,90 6,78 ± 2,21 -0,49 ± 0,74 -3,52 ± 1,88 -4,73 ± 2,98<br />

B 9.86 ± 7,10 7,46 ± 2,44 0,18 ± 0,97 -3,32 ± 1,94 -3,72 ± 3,32<br />

C 4,67 ± 4,92 7,46 ± 2,44 -0,49 ± 0,74 -4,10 ± 1,70 -3,72 ± 3,32<br />

VETTORI DI IMPATTO DI RIFERIMENTO DEI GIUDIZI INDETERMINATI FUZZY<br />

PROPORZIONALI<br />

ALTERNATIV<br />

A<br />

IMPATTO<br />

ECONOMICO<br />

E SOCIALE<br />

IMPATTO SUL<br />

TRAFFICO NEL<br />

BACINO DI<br />

UTENZA<br />

IMPATTO SUL<br />

TRAFFICO<br />

NELLA<br />

STRADA<br />

IMPATTO<br />

SULLA FLORA<br />

E SULLA<br />

FAUNA<br />

IMPATTO<br />

GEOFISICO<br />

A 1,00 ± 0,28 0,00 ± 0,00 0,00 ± 0,00 0,22 ± 0,06 2,99 ± 0,95<br />

B 1,00 ± 0,28 0,00 ± 0,00 0,00 ± 0,00 0,22 ± 0,06 2,99 ± 0,95<br />

C 1,00 ± 0,28 0,00 ± 0,00 0,00 ± 0,00 0,22 ± 0,06 2,99 ± 0,95<br />

Si tralasciano le sottomatrici fuzzy delle tre alternative. Il confronto con i vettori <strong>di</strong> riferimento<br />

<strong>di</strong> impatto fuzzy a varianza fissa rivela un sostanziale equilibrio nei valori centrali che non presentano<br />

apprezzabili variazioni per tutte le alternative.<br />

La varianza si riduce apprezzabilmente per l'impatto economico e sociale (<strong>di</strong> circa 2) e si <strong>di</strong>mezza<br />

per gli altri impatti. Come era da attendersi la sensitività dei giu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong>minuisce e si hanno i seguenti<br />

intervalli <strong>di</strong> variazione:<br />

ALTERNATIV<br />

A<br />

INTERVALLI DI VARIABILITÀ DEI GIUDIZI FUZZY PROPORZIONALI<br />

IMPATTO IMPATTO SUL IMPATTO SUL IMPATTO<br />

ECONOMICO TRAFFICO NEL TRAFFICO SULLA FLORA<br />

E SOCIALE BACINO DI NELLA E SULLA<br />

IMPATTO<br />

GEOFISICO<br />

UTENZA STRADA FAUNA<br />

A 0,37 : 12,17 4,57 : 8,99 -1,23 : 0,25 -5,40 : -1,64 -7,71 : -1,75<br />

B 2,76 : 16,96 5,05 : 9,90 -0,79 : 1,15 -5,26 : -1,38 -7,04 : -0,40


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

366<br />

C -0,25 : 9,59 5,05 : 9,90 -1,23 : 0,25 -5,80 : -2,40 -7,04 : -0,40<br />

E' ovvio osservare che al decrescere della varianza cresce la precisione <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio e pertanto<br />

l'analisi fuzzy tende verso l'analisi deterministica (crisp).<br />

L'avere utilizzato una varianza proporzionale ha portato ad ottenere vettori <strong>di</strong> impatto più<br />

ottimistici rispetto al caso <strong>di</strong> varianza fissa e <strong>di</strong>minuisce l'intervallo <strong>di</strong> variabilità degli impatti.<br />

14.16.4 DISCRIMINAZIONE FRA LE ALTERNATIVE DI INTERVENTO<br />

Una volta ottenuti NA vettori <strong>di</strong> valutazione (pari al numero <strong>di</strong> progetti alternativi, compreso il<br />

non intervento ) si pone il problema <strong>di</strong> selezionare l'alternativa più favorevole, utilizzando i meto<strong>di</strong><br />

dell'analisi multicriteriale.<br />

Uno dei meto<strong>di</strong> più utilizzati é quello della matrice <strong>di</strong> dominanza. Si tratta <strong>di</strong> una matrice<br />

quadrata NAxNA il cui elemento generico d[i,j] é il numero <strong>di</strong> volte che il vettore <strong>di</strong> valutazione<br />

dell'alternativa j domina quello dell'alternativa i (cioè quante componenti del vettore j-esimo sono<br />

maggiori delle rispettive componenti del vettore i-esimo).<br />

La somma degli elementi della k-esima colonna, in<strong>di</strong>cata con Col(k), in<strong>di</strong>ca quante volte<br />

l'alternativa k-esima domina tutte le altre mentre la somma degli elementi della p-esima riga, in<strong>di</strong>cata<br />

con Rig(p) in<strong>di</strong>ca quante volte l'alternativa p-esima é dominata dalle altre.<br />

Le alternative da preferire sono quin<strong>di</strong> quelle con il valore più alto <strong>di</strong> Col(k) e più basso <strong>di</strong><br />

Rig(k). Tali alternative sono quin<strong>di</strong> quelle che massimizzano la <strong>di</strong>fferenza Col(k) - Rig(k). La scelta<br />

tra le varie alternative massimizzanti può poi essere fatta con altri criteri.<br />

A mò <strong>di</strong> ulteriore esempio citiamo un metodo basato sull'attribuzione <strong>di</strong> pesi ai vari effetti<br />

ambientali che caratterizzano gli elementi del vettore <strong>di</strong> valutazione.<br />

Sia V i(r) l'r-esimo vettore <strong>di</strong> valutazione, r=1,..NA, i=1,..No e supponiamo <strong>di</strong> assegnare, secondo<br />

qualche proce<strong>di</strong>mento, dei pesi wi ai vari fattori ambientali.<br />

Allora possiamo definire, per ogni vettore <strong>di</strong> valutazione, una funzione obiettivo, f(r), data da:<br />

f ( r) = ∑ wi ∗Vi<br />

( r)<br />

(98)<br />

L'alternativa da preferire é allora quella che massimizza tale funzione obiettivo.<br />

Ovviamente vi é una dose <strong>di</strong> soggettività nella scelta dei pesi wi che però può essere ridotta<br />

utilizzando algoritmi <strong>di</strong> confronto tra le importanze relative dei vari fattori ambientali.<br />

É degno <strong>di</strong> nota che la relativa arbitrarietà nella scelta dei pesi può anche essere un vantaggio in<br />

quanto permette <strong>di</strong> formalizzare delle scelte <strong>di</strong> importanza relativa che possono venire fatte dalle<br />

comunità locali interessate o dalle competenti autorità politiche.<br />

É ovvio che, una volta determinata l'alternativa massimizzante, é necessario investigare la<br />

sensitività del risultato alla variazione dei pesi wi e verificare l'intervallo <strong>di</strong> variabilità <strong>di</strong> questi ultimi<br />

entro il quale l'or<strong>di</strong>namento delle alternative rimane stabile.<br />

14.16.5 ANALISI MULTICRITERIALE FUZZY: ANALISI DI DOMINANZA<br />

L'AMC fuzzy viene realizzata me<strong>di</strong>ante analisi <strong>di</strong> dominanza sulle alternative che possono<br />

essere caratterizzate me<strong>di</strong>ante criteri sia quantitativi che qualitativi (e quin<strong>di</strong> fuzzy): nel caso dell'analisi <strong>di</strong><br />

valutazione ambientale occorre esaminare effetti e azioni intangibili quali la qualità dell'ambiente, la<br />

protezione civile, gli aspetti estetici e legali,.., che non possono essere interpretati in termini quantitativi in<br />

criteri <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio univoci e determinati.<br />

L'applicazione dell'analisi <strong>di</strong> dominanza richiede la conoscenza dei vettori <strong>di</strong> riferimento <strong>di</strong><br />

impatto che rappresentano, in forma numerica, la somma degli effetti sulle sfere <strong>di</strong> influenza<br />

considerate. I valori presi qui in considerazione sono <strong>di</strong> tipo crisp.<br />

L'insieme dei vettori <strong>di</strong> riferimento <strong>di</strong> impatto costituiscono una nuova matrice detta <strong>di</strong><br />

valutazione fra le variabili fuzzy per l'AMC.<br />

Ipotesi <strong>di</strong> base per l'applicabilità del metodo della dominanza é che le ipotesi progettuali<br />

(alternative) si possano considerare ipotesi in<strong>di</strong>pendenti e quin<strong>di</strong> fra loro non correlate.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

367<br />

Nel caso-esempio considerato quest'ipotesi é stata particolarmente verificata scegliendo tre<br />

percorsi alternativi con considerazioni economiche-sociali e progettuali in<strong>di</strong>pendenti.<br />

La matrice <strong>di</strong> valutazione (rating matrix) é formata da tante righe quante sono le ipotesi<br />

progettuali in esame e da tante colonne quanti sono gli impatti considerati : nel caso-esempio esaminato<br />

si hanno 3 righe e cinque colonne.<br />

La matrice <strong>di</strong> valutazione é qui riportata nella seguente tabella:<br />

ALTERNATIV<br />

E<br />

MATRICE DI VALUTAZIONE PER L'ANALISI MULTICRITERIALE<br />

IMPATTI<br />

TRAFFICO NEL TRAFFICO FLORA E<br />

ECONOMICO BACINO DI NELLA SULLA FAUNA<br />

E SOCIALE UTENZA STRADA<br />

GEOFISICO<br />

A 7,63 8,63 -0,37 -3,76 -5,91<br />

B 12,93 9,63 0,63 -3,52 -4,41<br />

C 5,33 9,63 -0,37 -4,48 -4,41<br />

Ciascun elemento della rating matrix rappresenta l'effetto j mo<br />

(colonna) per la i ma alternativa<br />

(riga). Ciascun effetto é stato ottenuto con criteri omogenei ed é pertanto possibile effettuare<br />

operazioni su <strong>di</strong> essi. Si costruisce quin<strong>di</strong> la matrice <strong>di</strong> dominanza D nella quale ciascun elemento d i,j<br />

rappresenta il numero <strong>di</strong> fattori dell'alternativa j che dominano (non inferiori) l'alternativa i.<br />

Le <strong>di</strong>mensioni della matrice D sono date dal numero <strong>di</strong> alternative in esame: nel nostro caso 3x3.<br />

La matrice <strong>di</strong> dominanza che si ottiene é rappresentata nella seguente tabella :<br />

0 5 2 7 -5<br />

0 0 0 0 8<br />

2 3 0 5 3<br />

2 8 2 Somma delle<br />

righe e delle<br />

colonne<br />

Vettore<br />

dominante<br />

Differenze<br />

delle somme<br />

delle colonne<br />

e delle righe<br />

In essa sono state in<strong>di</strong>cate anche (nella quarta colonna) la somma dei valori <strong>di</strong> dominanza delle<br />

righe e nell'ultima riga la somma delle dominanze delle colonne. La somma delle colonne in<strong>di</strong>ca quante<br />

volte l'alternativa corrispondente domina le altre. La somma delle righe rappresenta quante volte<br />

l'alternativa corrispondente é dominata dalle altre.<br />

Nell'ultima colonna si é in<strong>di</strong>cata la <strong>di</strong>fferenza fra le somme delle dominanze delle colonne e delle<br />

dominanze delle righe. Si conclude, pertanto, che l'alternativa ottimale é quella che ha il valore<br />

maggiore nell'ultima riga, cioè la più dominante.<br />

Nel caso-esempio l'alternativa migliore é la B. Nel caso <strong>di</strong> vettori <strong>di</strong> riferimento fuzzy occorre avere<br />

con<strong>di</strong>zioni omogenee <strong>di</strong> varianza (almeno all'interno della stessa classe <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zi) e pertanto si farà qui<br />

riferimento, per semplicità, solamente all'analisi fuzzy con varianza fissa. Il criterio <strong>di</strong> dominanza ha ora<br />

bisogno <strong>di</strong> essere ridefinito per tenere conto delle nuove possibilità <strong>di</strong> raffronto fra due giu<strong>di</strong>zi.<br />

Possiamo definire che nel confronto fra due giu<strong>di</strong>zi fuzzy:<br />

é dominante un giu<strong>di</strong>zio che abbia valore centrale maggiore e varianza minore;<br />

é dominante un giu<strong>di</strong>zio che abbia il suo intervallo <strong>di</strong> variazione tutto a destra (maggiore)<br />

dell'altro (criterio della prevalenza).<br />

Applicando entrambe le due regole <strong>di</strong> dominanza all'esempio in esame si ritrova ancora la stessa<br />

matrice <strong>di</strong> dominanza <strong>di</strong>anzi citata e pertanto l'alternativa B risulta quella dominante rispetto alle<br />

altre. Questa conclusione non é però <strong>di</strong> carattere generale ed é possibile ottenere matrici <strong>di</strong><br />

dominanza <strong>di</strong>verse per ciascun criterio <strong>di</strong> definizione della dominanza.<br />

Sono attualmente allo stu<strong>di</strong>o definizioni più congruenti con le funzioni fuzzy e tali da superare i<br />

problemi <strong>di</strong> omogeneità <strong>di</strong>anzi esposti.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

368<br />

14.16.6 USO DELLA FUZZY LOGIC NEL CICLO DI PROGETTAZIONE<br />

L'analisi multicriteriale fuzzy può essere <strong>di</strong> fondamentale importanza durante le fasi progettuali<br />

qualora il gruppo <strong>di</strong> progettazione collabori con quello per la V.I.A. L'AMC é infatti considerata anche<br />

un supporto alla decisione fondamentale quando si debbono risolvere problemi complessi e con<strong>di</strong>zionati.<br />

Nell'esempio sopra esposto l'AMC può migliorare il progetto finale poiché, oltre all'analisi costibenefici<br />

solitamente svolta, consente <strong>di</strong> ottimizzare le prestazioni ambientali dell'opera in tutte le<br />

componenti prese in esame nella matrice <strong>di</strong> azioni-effetti.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

369<br />

15 IMPIANTI ANTINCENDIO<br />

Il rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o è oggi rilevante anche a causa dell’uso sempre crescente <strong>di</strong> materiali<br />

altamente infiammabili (ad esempio materiale plastico, carta, legno, ….) presenti nei locali <strong>di</strong> lavoro o <strong>di</strong><br />

abitazione.<br />

L’Italia è una delle nazioni più all’avanguar<strong>di</strong>a nel campo della prevenzione degli incen<strong>di</strong> con una<br />

serie <strong>di</strong> norme tecniche che coprono tutti i settori civili e industriali.<br />

Si tralascia in questa sede, a causa del tempo limitato, il problema dei gran<strong>di</strong> rischi <strong>di</strong> tipo<br />

industriale regolamentati dal D.Lgs 334/99 (detto anche Seveso 2) per soffermarci solamente ai classici<br />

impianti antincen<strong>di</strong>o per impianti civili ed industriali normali.<br />

Una delle norme più importanti è data dal D.Lgs 149/96: Approvazione della regola tecnica <strong>di</strong><br />

prevenzione e incen<strong>di</strong> per la progettazione, costruzione ed esercizio dei locali <strong>di</strong> intrattenimento e pubblico spettacolo”. Di<br />

essa si riportano alcuni fra gli articoli più importanti 59 . Si vedranno anche altre norme e/o decreti<br />

riguardanti l’argomento qui trattato.<br />

Prima <strong>di</strong> procedere all’esame delle leggi e norme vigenti si vuole qui presentare la problematica<br />

che gli impianti antincen<strong>di</strong>o debbono affrontare.<br />

15.1 FINALITÀ DEGLI IMPIANTI ANTINCENDIO<br />

Gli impianti antincen<strong>di</strong>o hanno come finalità la riduzione dei danni conseguenti al verificarsi <strong>di</strong><br />

un incen<strong>di</strong>o, agendo quin<strong>di</strong> sulla Magnitudo dell’evento incen<strong>di</strong>o.<br />

Gli interventi si sud<strong>di</strong>vidono in misure <strong>di</strong> protezione attiva o passiva in relazione alla necessità o<br />

meno dell’intervento <strong>di</strong> un operatore o dell’azionamento <strong>di</strong> un impianto.<br />

⋅ Protezione PASSIVA - non c'è il bisogno <strong>di</strong> un intervento<br />

⋅ Protezione ATTIVA - c'è il bisogno <strong>di</strong> un intervento<br />

15.2 LA PROTEZIONE PASSIVA<br />

Gli impianti antincen<strong>di</strong>o hanno come finalità la riduzione dei danni conseguenti al verificarsi <strong>di</strong><br />

un incen<strong>di</strong>o, agendo quin<strong>di</strong> sulla Magnitudo dell’evento incen<strong>di</strong>o.<br />

Gli interventi si sud<strong>di</strong>vidono in misure <strong>di</strong> protezione attiva o passiva in relazione alla necessità o<br />

meno dell’intervento <strong>di</strong> un operatore o dell’azionamento <strong>di</strong> un impianto.<br />

⋅ Protezione PASSIVA - non c'è il bisogno <strong>di</strong> un intervento<br />

⋅ Protezione ATTIVA - c'è il bisogno <strong>di</strong> un intervento<br />

15.3 LA PROTEZIONE ATTIVA<br />

L’insieme delle misure <strong>di</strong> protezione che richiedono l’azione <strong>di</strong> un uomo o l’azionamento <strong>di</strong> un<br />

impianto sono quelle finalizzate alla precoce rilevazione dell’incen<strong>di</strong>o, alla segnalazione e all’azione <strong>di</strong><br />

spegnimento dello stesso.:<br />

⋅ estintori<br />

⋅ rete idrica antincen<strong>di</strong><br />

⋅ impianti <strong>di</strong> rivelazione automatica d’incen<strong>di</strong>o<br />

⋅ impianti <strong>di</strong> spegnimento automatici<br />

⋅ <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> segnalazione e d’allarme<br />

⋅ evacuatori <strong>di</strong> fumo e calore<br />

59 La Norma Tecnica è tutta parimenti importante ma in questa sede si vuole porre maggiormente l’attenzione sugli<br />

aspetti progettuali della norma stessa. Si rimanda l’Allievo ad una lettura <strong>di</strong> tutto il testo per un maggiore approfon<strong>di</strong>mento.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

370<br />

15.4 MISURE DI PROTEZIONE PASSIVA<br />

Si tratta, come sopra specificato, <strong>di</strong> misure insite nell’e<strong>di</strong>ficio e che non richiedono interventi<br />

esterni. Ve<strong>di</strong>amole in dettaglio.<br />

15.4.1 DISTANZE DI SICUREZZA<br />

La protezione passiva realizzata con il metodo delle barriere antincen<strong>di</strong>o è basata sul concetto<br />

dell’interposizione, tra aree potenzialmente soggette ad incen<strong>di</strong>o, <strong>di</strong> spazi scoperti o <strong>di</strong> strutture. Nel<br />

caso <strong>di</strong> interposizione <strong>di</strong> spazi scoperti la protezione ha lo scopo <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re la propagazione<br />

dell’incen<strong>di</strong>o principalmente per trasmissione <strong>di</strong> energia termica raggiante.<br />

Nella terminologia utilizzata per la stesura delle normative nazionali ed internazionali per in<strong>di</strong>care<br />

l’interposizione <strong>di</strong> spazi scoperti fra gli e<strong>di</strong>fici o installazioni si usa il termine <strong>di</strong> “<strong>di</strong>stanze <strong>di</strong> sicurezza”.<br />

Le <strong>di</strong>stanze <strong>di</strong> sicurezza si <strong>di</strong>stinguono in <strong>di</strong>stanze <strong>di</strong> sicurezza interne e <strong>di</strong>stanze <strong>di</strong> sicurezza esterne a<br />

seconda che siano finalizzate a proteggere elementi appartenenti ad uno stesso complesso o esterni al<br />

complesso stesso.<br />

Un altro tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> sicurezza è da considerarsi la “<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> protezione” che è definita la<br />

<strong>di</strong>stanza misurata orizzontalmente tra il perimetro in pianta <strong>di</strong> ciascun elemento pericoloso <strong>di</strong> una<br />

attività e la recinzione (ove prescritta) ovvero il confine dell’area su cui sorge l’attività stessa.<br />

La determinazione delle <strong>di</strong>stanze <strong>di</strong> sicurezza in via teorica è basata sulle determinazioni<br />

dell’energia termica irraggiata dalle fiamme <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o. Esistono vari modelli <strong>di</strong> calcolo che<br />

forniscono dati molto orientativi. Nelle norme antincen<strong>di</strong>o ufficiali vengono introdotti invece valori<br />

ricavati empiricamente da dati ottenuti dalle misurazioni dell’energia raggiante effettuata in occasione <strong>di</strong><br />

incen<strong>di</strong> reali e in incen<strong>di</strong> sperimentali.<br />

Appare evidente che compartimentare una struttura ricorrendo alla sola adozione <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanze <strong>di</strong><br />

sicurezza comporta l’utilizzo <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> spazi che dovranno essere lasciati vuoti e costituire <strong>di</strong> per se una<br />

misura poco conveniente <strong>di</strong> realizzazione <strong>di</strong> una barriera antincen<strong>di</strong>o da un punto <strong>di</strong> vista economico,<br />

anche nel caso <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici industriali dove si <strong>di</strong>spone <strong>di</strong> solito <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> spazi, poiché così facendo si<br />

aumenterebbero i tempi <strong>di</strong> lavorazione e i costi relativi all’incremento dei servizi <strong>di</strong> trasporto dei<br />

prodotti all’interno del ciclo produttivo.<br />

Pertanto la protezione passiva si realizza anche me<strong>di</strong>ante la realizzazione <strong>di</strong> elementi si<br />

separazione strutturale del tipo “tagliafuoco”.<br />

15.4.2 RESISTENZA AL FUOCO E COMPARTIMENTAZIONE<br />

La resistenza al fuoco delle strutture rappresenta il comportamento al fuoco degli elementi che<br />

hanno funzioni strutturali nelle costruzioni degli e<strong>di</strong>fici, siano esse funzioni portanti o funzioni<br />

separanti.<br />

In termini numerici la resistenza al fuoco rappresenta l’intervallo <strong>di</strong> tempo, espresso in minuti primi,<br />

<strong>di</strong> esposizione dell’elemento strutturale ad un incen<strong>di</strong>o, durante il quale l’elemento costruttivo<br />

considerato conserva i requisiti progettuali <strong>di</strong> stabilità meccanica, tenuta ai prodotti della combustione,<br />

nel caso più generale, <strong>di</strong> coibenza termica.<br />

La determinazione della resistenza al fuoco delle strutture si effettua generalmente me<strong>di</strong>ante un<br />

metodo <strong>di</strong> calcolo globale (Circolare del Ministero dell’Interno n. 91 del 1961) che si basa su una relazione tra<br />

la durata presumibile dell’incen<strong>di</strong>o e il carico d’incen<strong>di</strong>o che caratterizza il compartimento in esame,<br />

facendo inoltre riferimento ad un incen<strong>di</strong>o con una curva standard temperatura-tempo <strong>di</strong> regola piuttosto<br />

severa rispetto alle possibili con<strong>di</strong>zioni reali.<br />

Più specificatamente la resistenza al fuoco può definirsi come l’attitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un elemento da<br />

costruzione (componente o struttura) a conservare:<br />

⋅ la stabilità R<br />

⋅ la tenuta E<br />

⋅ l’isolamento termico I


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

371<br />

⋅<br />

⋅<br />

R stabilità<br />

l’attitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un elemento da costruzione a conservare la resistenza meccanica sotto l’azione del<br />

fuoco;<br />

E tenuta<br />

attitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un elemento da costruzione a non lasciar passare ne produrre se sottoposto<br />

all’azione del fuoco su un lato fiamme, vapori o gas cal<strong>di</strong> sul lato non esposto al fuoco;<br />

I isolamento termico<br />

⋅ attitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un elemento da costruzione a ridurre, entro un dato limite, la trasmissione del calore<br />

Pertanto:<br />

⋅ con il simbolo REI si identifica un elemento costruttivo che deve conservare, per un determinato<br />

tempo, la stabilità, la tenuta e l’isolamento termico;<br />

⋅ con il simbolo RE si identifica un elemento costruttivo che deve conservare, per un determinato<br />

tempo, la stabilità e la tenuta;<br />

⋅ con il simbolo R si identifica un elemento costruttivo che deve conservare, per un determinato<br />

tempo, la stabilità;<br />

Quin<strong>di</strong> in relazione ai requisiti degli elementi strutturali in termini <strong>di</strong> materiali da costruzione<br />

utilizzati e spessori realizzati, essi vengono classificati da un numero che esprime i minuti primi per i<br />

quali conservano le caratteristiche suin<strong>di</strong>cate in funzione delle lettere R, E o I, come <strong>di</strong> seguito in<strong>di</strong>cato<br />

per alcuni casi:<br />

⋅ R 45 R 60 R 120<br />

⋅ RE 45 RE 60 RE 120<br />

⋅ REI 45 REI 60 REI 120<br />

Le barriere antincen<strong>di</strong>o realizzate me<strong>di</strong>ante interposizione <strong>di</strong> elementi strutturali hanno invece la<br />

funzione <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re la propagazione degli incen<strong>di</strong> sia lineare (barriere locali) che tri<strong>di</strong>mensionale (barriere<br />

totali) nell’interno <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio, nonché, in alcuni casi, quella <strong>di</strong> consentire la riduzione delle <strong>di</strong>stanze <strong>di</strong><br />

sicurezza.<br />

Per una completa ed efficace compartimentazione i muri tagliafuoco non dovrebbero avere<br />

aperture, ma è ovvio che in un ambiente <strong>di</strong> lavoro è necessario assicurare un’agevole comunicazione tra<br />

tutti gli ambienti destinati, anche se a <strong>di</strong>versa destinazione d’uso.<br />

Pertanto è inevitabile realizzare le comunicazioni e dotarle <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> chiusura aventi le stesse<br />

caratteristiche <strong>di</strong> resistenza al fuoco del muro su cui sono applicati. Tali elementi <strong>di</strong> chiusura si possono<br />

<strong>di</strong>stinguere in:<br />

Porte incernierate<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

porte munite <strong>di</strong> sistemi <strong>di</strong> chiusura automatica quali fusibili, cavetti e contrappesi o sistemi<br />

idraulici o a molla, che in caso d’incen<strong>di</strong>o fanno chiudere il serramento;<br />

porte scorrevoli: porte sospese ad una guida inclinata <strong>di</strong> pochi gra<strong>di</strong> rispetto al piano orizzontale<br />

me<strong>di</strong>ante ruote fissate al pannello. Normalmente stanno in posizione aperta trattenute da un<br />

contrappeso e da un cavo in cui è inserito un fusibile che in caso d’incen<strong>di</strong>o si fonde liberando il<br />

contrappeso e permettendo alla porta <strong>di</strong> chiudersi;<br />

porte a ghigliottina: porte installate secondo un principio analogo a quello adottato per le porte<br />

scorrevoli, ma con la <strong>di</strong>fferenza che in questo caso il pannello viene mantenuto sospeso sopra<br />

l’apertura e le guide sono verticali.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

372<br />

Tabella 30: Spessore delle pareti tagliafuoco<br />

Tabella 31: Spessori minimi dei solai<br />

Per quanto attiene al trattamento delle strutture, è ormai alquanto noto che alcuni particolari<br />

rivestimenti tra i quali vernici intumescenti, conseguono una vera e propria azione protettiva delle<br />

strutture sulle quali sono applicate, realizzando un grado <strong>di</strong> resistenza al fuoco determinato sperimentalmente.<br />

Prerogativa essenziale <strong>di</strong> questi elementi protettivi è <strong>di</strong> essere ininfiammabili, <strong>di</strong> possedere<br />

capacità isolanti al calore, nonché la particolarità <strong>di</strong> rigonfiarsi, schiumando, generando così uno strato<br />

coibente ed isolante, quando sono investite dalla fiamma o da una sorgente <strong>di</strong> calore ad alta<br />

temperatura.<br />

Dalla Tabella 30 fino alla Tabella 33 si hanno gli spessori richiesti per i rivestimenti, le murature<br />

antincen<strong>di</strong>o, dei rivestimenti e dei solai.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

373<br />

Tabella 32: Spessore minimo del rivestimento<br />

Tabella 33: Tipi e spessori dei rivestimenti


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

374<br />

15.4.3 VIE DI ESODO<br />

Nonostante il massimo impegno per prevenire l’insorgere <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o e la massima attenzione<br />

nell’adozione dei più moderni mezzi <strong>di</strong> rivelazione, segnalazione e spegnimento <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o, non si<br />

può escludere con certezza la possibilità che l’incen<strong>di</strong>o stesso si estenda con produzione <strong>di</strong> calore e<br />

fumi tale da mettere a repentaglio la vita umana.<br />

In considerazione <strong>di</strong> tutto ciò, il problema dell’esodo delle persone minacciate da un incen<strong>di</strong>o è<br />

universalmente riconosciuto <strong>di</strong> capitale importanza, a tal punto da comportare soluzioni tecniche<br />

irrinunciabili.<br />

Le soluzioni tecniche finalizzate all’esodo delle persone dai locali a rischio d’incen<strong>di</strong>o nelle<br />

migliori con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> sicurezza possibile in caso d’incen<strong>di</strong>o o <strong>di</strong> qualsiasi altra situazione <strong>di</strong> pericolo<br />

reale o presunto.<br />

Gli elementi fondamentali nella progettazione del sistema <strong>di</strong> vie d’uscita si possono fissare in:<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

<strong>di</strong>mensionamento e geometria delle vie d’uscita;<br />

sistemi <strong>di</strong> protezione attiva e passiva delle vie d’uscita;<br />

sistemi <strong>di</strong> identificazione continua delle vie d’uscita (segnaletica, illuminazione or<strong>di</strong>naria e <strong>di</strong> sicurezza).<br />

In particolare il <strong>di</strong>mensionamento delle vie d’uscita dovrà tenere conto del massimo affollamento<br />

ipotizzabile nell’e<strong>di</strong>ficio (prodotto tra densità <strong>di</strong> affollamento persone al m² e superficie degli ambienti soggetti ad<br />

affollamento <strong>di</strong> persone m²) nonché della capacità d’esodo dell’e<strong>di</strong>ficio (numero <strong>di</strong> uscite, larghezza delle uscite,<br />

livello delle uscite rispetto al piano <strong>di</strong> campagna).<br />

Di norma occorre avere almeno una via <strong>di</strong> fuga sicura entro i 50 m e pertanto occorre<br />

pre<strong>di</strong>sporre architettonicamente attraversamenti (con porte tagliafuoco) e/o uscite esterne su luoghi sicuri.<br />

Ulteriori notizie e norme operative possono essere trovate del D.M. 10-03-1998.<br />

In quest’ottica vanno inserite, ove necessario, le scale <strong>di</strong> emergenza antincen<strong>di</strong>o. Per una<br />

applicazione <strong>di</strong> quanto qui esposto si veda la relazione CPI dell’esempio pratico descritto nel §20.<br />

15.5 MISURE DI PROTEZIONE ATTIVE<br />

Queste misure richiedono l’intervento <strong>di</strong> impianti de<strong>di</strong>cati all’antincen<strong>di</strong>o. Ve<strong>di</strong>amone i più<br />

significativi.<br />

15.5.1 ESTINTORI<br />

Gli estintori sono in molti casi i mezzi <strong>di</strong> primo intervento più impiegati per spegnere i principi <strong>di</strong><br />

incen<strong>di</strong>o.<br />

Vengono sud<strong>di</strong>visi in:<br />

⋅ estintori portatili<br />

⋅ estintori carrellati<br />

Gli estintori portatili<br />

Sono concepiti per essere utilizzati a mano ed hanno un peso che può superare 20 Kg. Essi<br />

vengono classificati in base alla loro capacità estinguente. Infatti sono sperimentati su fuochi <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa<br />

natura classificati in base al tipo <strong>di</strong> combustibile.<br />

⋅ Classe “A” fuochi <strong>di</strong> soli<strong>di</strong> con formazione <strong>di</strong> brace<br />

⋅ Classe “B” fuochi <strong>di</strong> liqui<strong>di</strong> infiammabili<br />

⋅ Classe “C” fuochi <strong>di</strong> gas infiammabile<br />

⋅<br />

⋅<br />

Classe “D” fuochi <strong>di</strong> metalli<br />

Classe ”E” fuochi da materiale elettrico sotto tensione (classifica oggi non più utilizzata).<br />

La scelta dell’estintore va fatta in base al tipo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o ipotizzabile nel locale da proteggere.<br />

Su ciascun estintore sono in<strong>di</strong>cate le classi dei fuochi ed i focolai convenzionali che è in grado <strong>di</strong><br />

estinguere (esempio: 21A 89BC). Per norma devono essere <strong>di</strong> colore rosso e riportate una etichetta con le<br />

istruzioni e le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> utilizzo.<br />

La posizione deve essere scelta privilegiando la facilità <strong>di</strong> accesso, la visibilità e la possibilità <strong>di</strong><br />

raggiungere uno percorrendo al massimo 20 m.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

375<br />

L’operatore deve usare l’estintore avendo cura <strong>di</strong> mettersi sopravvento, cercando <strong>di</strong> colpire con il<br />

getto <strong>di</strong> scarica la base del focolaio senza provocare la fuoriuscita <strong>di</strong> liqui<strong>di</strong> infiammabili dal loro<br />

contenitore.<br />

Nel caso in cui operino contemporaneamente due estintori, le persone che li utilizzano devono<br />

<strong>di</strong>sporsi sfalsate <strong>di</strong> circa 90°.<br />

Ulteriori valutazioni sulle corrette tecniche <strong>di</strong> intervento con gli estintori saranno fatte nella parte<br />

conclusiva del corso nella quale vengono previste esercitazioni pratiche <strong>di</strong> spegnimento.<br />

Gli estintori carrellati<br />

Hanno le medesime caratteristiche funzionali degli estintori portatili ma, a causa delle maggiori<br />

<strong>di</strong>mensioni e peso, presentano una minore praticità d’uso e maneggevolezza connessa allo spostamento<br />

del carrello <strong>di</strong> supporto, ve<strong>di</strong> Figura 290.<br />

La loro scelta può essere dettata dalla necessità <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> una maggiore capacità estinguente e<br />

sono comunque da considerarsi integrativi <strong>di</strong> quelli portatili.<br />

Vengono <strong>di</strong> seguito citate le varie tipologie <strong>di</strong> estintori:<br />

⋅ ad acqua, ormai in <strong>di</strong>suso,<br />

⋅ a schiuma, adatto per liqui<strong>di</strong> infiammabili,<br />

⋅ ad idrocarburi alogenati, adatto per motori <strong>di</strong> macchinari,<br />

⋅ a polvere, adatto per liqui<strong>di</strong> infiammabili ed apparecchi elettrici,<br />

⋅ ad anidride carbonica, idoneo per apparecchi elettrici;<br />

Figura 290: Esempi <strong>di</strong> estintori – carrellato, a polvere a CO 2<br />

Per queste ultime due tipologie <strong>di</strong> estintori, <strong>di</strong> uso più <strong>di</strong>ffuso, vengono fornite ulteriori<br />

informazioni:<br />

Estintori a polvere<br />

Per il lancio delle polveri antincen<strong>di</strong>o si adoperano estintori costituiti da un involucro metallico,<br />

contenente la miscela <strong>di</strong> bicarbonato <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o e polvere inerte; collegato ad una bombola <strong>di</strong> gas<br />

compresso o liquefatto (CO 2<br />

).<br />

Il gas propellente della polvere può essere CO 2<br />

, per estintori <strong>di</strong> capacità sino a 30 Kg; per gli<br />

estintori <strong>di</strong> maggiore capacità il gas è aria, o meglio azoto in pressione (150 bar effettivi). Il CO 2<br />

contenuto nella bomboletta, interna od esterna all’estintore, è circa, in peso, 1/10 della polvere da<br />

espellere.<br />

Un sistema <strong>di</strong> tubicini, opportunamente <strong>di</strong>sposti nell’interno dell’estintore, <strong>di</strong>stribuisce con<br />

regolarità la pressione in tutta la massa, sommovendo la polvere e favorendo la rapida ed uniforme


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

376<br />

espulsione attraverso un tubo pescante collegato alla manichetta <strong>di</strong> gomma <strong>di</strong> erogazione al termine<br />

della quale è sistemato un cono <strong>di</strong>ffusore oppure una lancia con comando a pistola.<br />

Estintore ad anidride carbonica<br />

Gli estintori a CO 2<br />

sono costituiti da una bombola collaudata e revisionata ogni 5 anni<br />

dall’ISPESL (ex ANCC) per una pressione <strong>di</strong> carica, a 15°C. a 250 ate; da una valvola <strong>di</strong> erogazione a<br />

volantino o a leva e da una manichetta snodata rigida o flessibile con all’estremità un <strong>di</strong>ffusore in<br />

materiale isolante.<br />

Il congegno <strong>di</strong> apertura della bombola può essere:<br />

⋅<br />

⋅<br />

con valvola <strong>di</strong> comando a leva, con tenuta in ebanite normalmente usata per gli estintori portatili;<br />

con valvola <strong>di</strong> comando a vite, con tenuta in ebanite normalmente usata per gli estintori carrellati.<br />

Sull’ogiva della bombola in colore grigio chiaro sono punzonati i dati <strong>di</strong> esercizio, <strong>di</strong> collaudo e<br />

delle revisioni. All’estremità della manichetta dell’estintore è montato un cono <strong>di</strong>ffusore <strong>di</strong> gomma,<br />

ebanite o bachelite. Sconsigliabile il metallo che potrebbe venire a contatto con parti elettriche in<br />

tensione.<br />

Al momento dell’apertura della bombola a mezzo delle valvole il liquido spinto dalla pressione<br />

interna, sale attraverso un tubo pescante, passa attraverso la manichetta raggiungendo il <strong>di</strong>ffusore dove,<br />

uscendo all’aperto, una parte evapora istantaneamente provocando un brusco abbassamento <strong>di</strong><br />

temperatura (79° C.) tale da soli<strong>di</strong>ficare l’altra parte in una massa gelida e leggera detta “neve<br />

carbonica” o “ghiaccio secco”.<br />

La neve carbonica si adagia sui corpi che bruciano, si trasforma rapidamente in gas sottraendo<br />

loro una certa quantità <strong>di</strong> calore; il gas poi, essendo più pesante dell’aria, circonda i corpi infiammabili e,<br />

provocando un abbassamento della concentrazione <strong>di</strong> ossigeno, li spegne per soffocamento.<br />

Nei locali chiusi occorre prevedere una quantità <strong>di</strong> anidride carbonica pari al 30 % della cubatura<br />

del locale stesso per ottenere lo spegnimento dell’incen<strong>di</strong>o per saturazione d’ossigeno.<br />

Determinazione del numero degli estintori da installare<br />

É determinato da <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> legge solo in alcuni casi (alberghi, autorimesse etc.).<br />

Negli altri casi si deve eseguire il criterio <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre questi mezzi <strong>di</strong> primo intervento in modo<br />

che siano prontamente <strong>di</strong>sponibili ed utilizzabili.<br />

Si può ritenere che sia sufficiente <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> un numero <strong>di</strong> estintori in modo che almeno uno <strong>di</strong><br />

questi possa essere raggiunto con un percorso non superiore a 15 m circa. Ne consegue che la<br />

<strong>di</strong>stanza tra gruppi <strong>di</strong> estintori deve essere circa 30 m.<br />

Posizionamento degli estintori<br />

Debbono essere sempre posti nella massima evidenza, in modo da essere in<strong>di</strong>viduati<br />

imme<strong>di</strong>atamente, preferibilmente vicino alle scale od agli accessi.<br />

Estintori, <strong>di</strong> tipo idoneo, saranno inoltre posti in vicinanza <strong>di</strong> rischi speciali (quadri elettrici, cucine,<br />

impianti per la produzione <strong>di</strong> calore a combustibile solido, liquido o gassoso eccetera).<br />

Gli estintori potranno essere poggiati a terra od attaccati alle pareti, me<strong>di</strong>ante idonei attacchi che<br />

ne consentano il facile sganciamento; se l'estintore non può essere posto in posizione ben visibile da<br />

ogni punto della zona interessata, dovranno porsi dei cartelli <strong>di</strong> segnalazione, se necessario a ban<strong>di</strong>era)<br />

del tipo conforme alle norme della segnaletica <strong>di</strong> sicurezza.<br />

Campi <strong>di</strong> utilizzo degli estintori<br />

Ad ogni classe <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o corrispondono agenti estintori maggiormente in<strong>di</strong>cati <strong>di</strong> altri. I campi<br />

<strong>di</strong> utilizzo degli estintori possono essere riassunti nella seguente Tabella 34.<br />

Sostanza estinguente Campo <strong>di</strong> impiego Non adatti per<br />

Acqua sotto forma <strong>di</strong> getti<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> sostanze solide, in genere incen<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

classe A<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> apparecchiature elettriche,<br />

oli minerali, gas infiammabili.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

377<br />

Acqua nebulizzata<br />

Schiuma<br />

Polvere chimica<br />

Anidride carbonica<br />

Composti alogenati<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> idrocarburi e similari, apparecchiature<br />

elettriche<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> oli minerali, bitumi. In genere incen<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> classe B ed A.<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> oli, vernici, bitumi, liqui<strong>di</strong> e gas<br />

infiammabili, apparecchiature elettriche<br />

Apparecchiature elettriche, oli minerali. Grassi,<br />

vernici, solventi, etc.<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> liqui<strong>di</strong> infiammabili e apparecchiature<br />

elettriche<br />

Tabella 34: Sostanze estinguenti e loro utilizzo<br />

Gas infiammabili<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> impianti elettrici e gas<br />

infiammabili<br />

Incen<strong>di</strong> che si sviluppano con<br />

formazioni <strong>di</strong> braci<br />

Materiali che bruciano con<br />

formazione <strong>di</strong> braci<br />

Locali gran<strong>di</strong> e molto ventilati e per<br />

sostanze che formano braci<br />

15.5.2 RETE IDRICA ANTINCENDIO<br />

A protezione delle attività industriali o civili caratterizzate da un rilevante rischio viene <strong>di</strong> norma<br />

istallata una rete idrica antincen<strong>di</strong>o collegata <strong>di</strong>rettamente, o a mazzo <strong>di</strong> vasca <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgiunzione,<br />

all’acquedotto citta<strong>di</strong>no.<br />

La presenza della vasca <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgiunzione è necessaria ogni qualvolta l’acquedotto non garantisca<br />

continuità <strong>di</strong> erogazione e sufficiente pressione.<br />

In tal caso le caratteristiche idrauliche richieste agli erogatori (idranti UNI 45 oppure UNI 70)<br />

vengono assicurate in termini <strong>di</strong> portata e pressione dalla capacità della riserva idrica e dal gruppo <strong>di</strong><br />

pompaggio.<br />

La rete idrica antincen<strong>di</strong> deve, a garanzia <strong>di</strong> affidabilità e funzionalità, rispettare i seguenti criteri<br />

progettuali:<br />

⋅ In<strong>di</strong>pendenza della rete da altre utilizzazioni.<br />

⋅ Dotazione <strong>di</strong> valvole <strong>di</strong> sezionamento.<br />

⋅ Disponibilità <strong>di</strong> riserva idrica e <strong>di</strong> costanza <strong>di</strong> pressione.<br />

⋅ Ridondanza del gruppo pompe.<br />

⋅ Disposizione della rete ad anello.<br />

⋅ Protezione della rete dall’azione del gelo e della corrosione.<br />

Figura 291: Esempi <strong>di</strong> idranti a parete UNI-45<br />

Caratteristiche idrauliche pressione-portata (50 % degli idranti UNI 45 in fase <strong>di</strong> erogazione con<br />

portata <strong>di</strong> 120 lt/min e pressione residua <strong>di</strong> 2 bar al bocchello). Idranti (a muro, a colonna, sottosuolo o<br />

naspi, ve<strong>di</strong> Figura 291 e Figura 292) collegati con tubazioni flessibili a lance erogatrici che consentono,<br />

per numero ed ubicazione, la copertura protettiva dell’intera attività.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

378<br />

Un breve cenno va de<strong>di</strong>cato alla rete antincen<strong>di</strong> costituita da naspi che rappresenta, per la<br />

possibilità <strong>di</strong> impiego anche da parte <strong>di</strong> personale non addestrato, una valida alternativa agli idranti<br />

soprattutto per le attività a rischio lieve.<br />

Figura 292: Esempi <strong>di</strong> naspi<br />

Le reti idriche con naspi vengono <strong>di</strong> solito collegate alla normale rete sanitaria, <strong>di</strong>spongono <strong>di</strong><br />

tubazioni in gomma avvolte su tamburi girevoli e sono provviste <strong>di</strong> lance da 25 mm. con getto<br />

regolabile (pieno o frazionato) con portata <strong>di</strong> 50 lt/min ad 1,5 bar.<br />

Alimentazione della rete per idranti<br />

Figura 293: Esempi <strong>di</strong> idranti per sopra suolo UNI-70<br />

La rete antincen<strong>di</strong>o ad idranti deve essere alimentata da una rete separata da quella idrica e, se<br />

possibile, in modo preferenziale. L’acqua può provenire da pozzi, canali, serbatoi o anche dalla rete<br />

pubblica. Nel caso in cui non si utilizzi la rete pubblica è bene che le pompe <strong>di</strong> alimentazione della rete<br />

antincen<strong>di</strong>o siano alimentate elettricamente in modo preferenziale 60 .<br />

Nel caso <strong>di</strong> acquedotto pubblico occorre verificare che la portata contrattuale sia sufficiente alle<br />

necessità dell’impianto.<br />

In caso <strong>di</strong> verifica negativa occorre prevedere un serbatoio <strong>di</strong> accumulo specificamente utilizzato<br />

per l’alimentazione della rete antincen<strong>di</strong>o e capace <strong>di</strong> alimentare la rete per almeno 2 ore.<br />

Se si usano serbatoi sopraelevati è bene che la riserva idrica si la zona inferiore con pescaggio<br />

solamente per l’impianto antincen<strong>di</strong>o.<br />

60 Cioè in modo elettricamente autonomo e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>rettamente da un gruppo elettrogeno esterno alla rete normale.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

379<br />

La rete <strong>di</strong> alimentazione degli idranti (UNI-45 o UNI-70) è priva <strong>di</strong> contatore e le saracinesche<br />

dei singoli idranti devono essere piombate ed aperte solo in caso <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o. La rete <strong>di</strong> alimentazione interna<br />

deve avere almeno una connessione con la rete esterna UNI-70 in modo da potere essere alimentata<br />

dalla autocisterna dei VV.F. in caso <strong>di</strong> necessità.<br />

Per la rete esterna (UNI-70) occorre che gli idranti non <strong>di</strong>stino più <strong>di</strong> 50 m l’uno dall’altro.<br />

Nel caso <strong>di</strong> impianti industriali si utilizzano anche super idranti (UNI-100, UNI-125)<br />

caratterizzati da un <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> attacco alle tubazioni pari a DN 100 e DN 125.<br />

Fra idranti e rete si può inserire una saracinesca (da tenere normalmente aperta!) che risulta utile in<br />

caso <strong>di</strong> riparazioni alla rete o agli idranti.<br />

La progettazione della rete antincen<strong>di</strong>o con idranti fissi può essere eseguita con le metodologie<br />

usuali delle reti idriche. I dati <strong>di</strong> partenza sono la portata delle lance antincen<strong>di</strong>o, le pressioni minime<br />

dell’acqua da assicurare ai singoli idranti. Apposite tabelle o anche i dati forniti dai costruttori<br />

consentono <strong>di</strong> determinare la portata d’acqua dagli idranti al variare della pressione <strong>di</strong> alimentazione.<br />

In genere si impone una pressione <strong>di</strong> 3-4 bar all’idrante più lontano nella rete. La portata minima<br />

della rete è <strong>di</strong> 600-800 lt/min (per consentire un buon fattore <strong>di</strong> contemporaneità) e la velocità dell’acqua è <strong>di</strong> 2-<br />

3 m/s.<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

15.5.3 IDRANTI DI SPEGNIMENTO AUTOMATICI SPRINKLER<br />

Tali impianti possono classificarsi in base alle sostanze utilizzate per l’azione estinguente:<br />

Impianti ad acqua Sprinkler (ad umido, a secco, alternativi, a preallarme, a <strong>di</strong>luvio etc.);<br />

Impianti a schiuma;<br />

Impianti ad anidride carbonica;<br />

Impianti ad halon;<br />

Impianti a polvere.<br />

Un impianto automatico <strong>di</strong> estinzione ad acqua consta <strong>di</strong> più parti:<br />

Fonte <strong>di</strong> alimentazione (acquedotto, serbatoi, vasca, serbatoio in pressione);<br />

Pompe <strong>di</strong> mandata;<br />

Centralina valvolata <strong>di</strong> controllo e allarme;<br />

Condotte montanti principali;<br />

Rete <strong>di</strong> condotte secondarie;<br />

Serie <strong>di</strong> testine erogatrici (sprinkler).<br />

Tipi <strong>di</strong> impianto<br />

L’erogazione <strong>di</strong> acqua può essere comandata da un impianto <strong>di</strong> rilevazione incen<strong>di</strong>, oppure essere<br />

provocata <strong>di</strong>rettamente dalla apertura delle teste erogatrici, per fusione <strong>di</strong> un elemento metallico o per<br />

rottura a determinate temperature, <strong>di</strong> un elemento termosensibile a bulbo che consente in tal modo la<br />

fuoriuscita d’acqua.<br />

⋅ Ad umido: tutto l’impianto è permanentemente riempito <strong>di</strong> acqua in pressione: è il sistema più<br />

rapido e si può adottare nei locali in cui non esiste rischio <strong>di</strong> gelo.<br />

⋅ A secco: la parte d’impianto non protetta, o sviluppantesi in ambienti soggetti a gelo, è riempita<br />

<strong>di</strong> aria in pressione: al momento dell’intervento una valvola provvede al riempimento delle<br />

colonne con acqua.<br />

⋅ Alternativi : funzionano come impianti a secco nei mesi fred<strong>di</strong> e ad umido nei mesi cal<strong>di</strong>.<br />

⋅ A preallarme: sono dotati <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivo che <strong>di</strong>fferisce la scarica per dar modo <strong>di</strong> escludere i<br />

falsi allarmi.<br />

⋅ A <strong>di</strong>luvio :impianti con sprinklers aperti alimentati da valvole ad apertura rapida in grado <strong>di</strong><br />

fornire rapidamente grosse portate.<br />

⋅ Gli impianti a schiuma sono concettualmente simili a quelli ad umido e <strong>di</strong>fferiscono per la<br />

presenza <strong>di</strong> un serbatoio <strong>di</strong> schiumogeno e <strong>di</strong> idonei sistemi <strong>di</strong> produzione e scarico della schiuma<br />

(versatori).


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

380<br />

⋅<br />

Impianti <strong>di</strong> anidride carbonica, ad halon, a polvere: hanno portata limitata dalla capacità<br />

geometrica della riserva (batteria <strong>di</strong> bombole, serbatoi). Gli impianti a polvere, non essendo<br />

l’estinguente un fluido, non sono in genere costituiti da condotte, ma da teste singole<br />

autoalimentate da un serbatoio incorporato <strong>di</strong> modeste capacità. La pressurizzazione è sempre<br />

ottenuta me<strong>di</strong>ante un gas inerte (azoto, anidride carbonica).<br />

Erogatori<br />

Alla base del funzionamento degli impianti automatici <strong>di</strong> spegnimento vi sono gli erogatori<br />

(sprinkler) che sono costituiti da elementi termosensibili che, raggiunta una temperatura limite, rilasciano<br />

automaticamente un getto d’acqua in modalità predefinite (dalla forma e posizione dell’ugello, ve<strong>di</strong><br />

Figura 294).<br />

Figura 294: Esempi <strong>di</strong> sprinkler, <strong>di</strong> sistema ad acqua, valvola <strong>di</strong> allarme sprinkler<br />

Lo sprinkler è costituito da una parte filettata per il fissaggio al tubo <strong>di</strong> mandata dell’acqua, da un<br />

erogatore per il rilascio dell’acqua e da un bulbo <strong>di</strong> vetro che si rompe al raggiungimento della<br />

temperatura prefissata. La tipologia degli sprinkler può ridursi alle due seguenti:<br />

⋅ Erogatori che producono un getto d’acqua (fra l’80 e il 90% della portata totale) <strong>di</strong> forma<br />

parabolica verso il pavimento su un’area definita;<br />

⋅ Erogatore che fornisce un getto d’acqua semiparabolico verso il pavimento e la parte retrostante.<br />

Essi sono utilizzati in prossimità delle pareti, <strong>di</strong> pilastri o in genere in vicinanza <strong>di</strong> ostacoli che<br />

possono ostacolare il flusso d’acqua.<br />

Portata <strong>di</strong> scarica<br />

La portata minima <strong>di</strong> scarica degli erogatori, espressa in lt/min, è determinata me<strong>di</strong>ante la<br />

relazione:<br />

Q = K P<br />

con K coefficiente <strong>di</strong> efflusso (funzione del <strong>di</strong>ametro dell’erogatore) e P la pressione minima all’erogatore<br />

(espressa in MPa). Ad esempio con K = 253 e P = 0.05 MPa si ha una portata <strong>di</strong> scarica <strong>di</strong> 56.7 lt/min.<br />

Il valore <strong>di</strong> K viene fornito dai costruttori.<br />

In Figura 299 si ha un esempio <strong>di</strong> selezione <strong>di</strong> sprinkler, me<strong>di</strong>ante CAD, con l’in<strong>di</strong>cazione del<br />

simbolismo e della sigla.<br />

Posizionamento degli erogatori<br />

Gli sprinkler debbono essere installati con una <strong>di</strong>sposizione il più possibile regolare) come<br />

in<strong>di</strong>cato dalla norma UNI 9489) con <strong>di</strong>ffusore parallelo all’intradosso dei solai <strong>di</strong> copertura ed in modo<br />

da evitare interferenze fra i getti degli erogatori contigui. A questo scopo è opportuno rispettare le<br />

seguenti <strong>di</strong>stanze:<br />

⋅ Al <strong>di</strong> sotto degli erogatori deve esserci sempre una <strong>di</strong>stanza dal muro o pavimento non inferiore a<br />

50 cm;<br />

⋅ La <strong>di</strong>stanza fra due erogatori non sarà mai inferiore a 2 m;


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

381<br />

⋅ La <strong>di</strong>stanza dalle estremità <strong>di</strong> ciascuna <strong>di</strong>ramazione sarà eguale alla metà della <strong>di</strong>stanza fra i singoli<br />

erogatori;<br />

⋅ La <strong>di</strong>stanza dal soffitto dovrà essere compresa fra 75 e 150 cm e in ogni caso ad una <strong>di</strong>stanza mai<br />

superiore ai 450 cm.<br />

In Figura 295 si ha un esempio <strong>di</strong> installazione <strong>di</strong> sprinkler per un capannone industriale e in<br />

Figura 296 si ha una vista assonometrica dell’installazione in un locale chiuso.<br />

Figura 295: Esempio <strong>di</strong> installazione <strong>di</strong> impianto sprinkler in un capannone<br />

Elementi termosensibili<br />

Gli elementi termosensibili sono costituiti da bulbi <strong>di</strong> vetro con all’interno un liquido<br />

opportunamente scelto. Il colore del liquido caratterizza la temperatura nominale <strong>di</strong> taratura e quin<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> apertura dell’ugello. Si utilizzano liqui<strong>di</strong> e colori corrispondenti alla seguente Tabella 35. La selezione<br />

del tipo <strong>di</strong> liquido deve essere fatta in modo che la temperatura nominale sia almeno 30 °C superiore a<br />

quella dell’ambiente.<br />

Alimentazione<br />

Temperatura Nominale <strong>di</strong> Taratura (°C) Colore del liquido<br />

57 Arancione<br />

68 Rosso<br />

79 Giallo<br />

93 Verde<br />

141 Blu<br />

182 Lilla<br />

227 Nero<br />

260 Nero<br />

343 Nero<br />

Tabella 35: Co<strong>di</strong>ce dei colori per gli sprinkler<br />

L’alimentazione dell’impianto sprinkler entra in funzione automaticamente quando una o più<br />

testine entrano in funzione. Essa deve garantire una pressione adeguata anche quando l’impianto non è<br />

in fase operativa.<br />

E’ opportuno alimentare gli impianti sprinkler con utenze preferenziali 61 ed è opportuno avere<br />

anche un attacco UNI-70 esterno (opportunamente segnalato) per consentire, in caso <strong>di</strong> necessità,<br />

l’alimentazione esterna dalle autobotti del VV.F.<br />

61 Le utenze preferenziali sono quelle che debbono comunque essere alimentate dalla rete elettrica o da quella idrica<br />

per garantire le massime con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> sicurezza. Ad esempio solo utenze idriche presenziali gli impianti ad idranti, quelli<br />

sprinkler, le reti UNI-70 esterne. Le pompe <strong>di</strong> alimentazione o le autoclavi, se presenti, debbono essere alimentate in modo<br />

preferenziale elettricamente.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

382<br />

Valvole ed apparecchiature ausiliarie<br />

A valle dell’alimentazione e a monte del resto dell’impianto occorre installare le seguenti<br />

apparecchiature <strong>di</strong> controllo:<br />

⋅ Valvola principale <strong>di</strong> intercettazione;<br />

⋅ Valvola <strong>di</strong> comando allarme;<br />

⋅ Campana idraulica <strong>di</strong> allarme;<br />

⋅ Valvola principale <strong>di</strong> scarico;<br />

⋅ Apparecchiature <strong>di</strong> prova;<br />

⋅ Due manometri.<br />

In Figura 297 si ha un esempio <strong>di</strong> gruppo <strong>di</strong> controllo <strong>di</strong> un impianto sprinkler.<br />

Tubazioni<br />

Le tubazioni avranno in ogni caso un <strong>di</strong>ametro non inferiore a DN 32 e <strong>di</strong> tipo in acciaio PN 10.<br />

Esse debbono essere ancorate alle strutture del fabbricato me<strong>di</strong>ante opportuni sostegni che<br />

garantiscano la stabilità dell’impianto in ogni con<strong>di</strong>zione. I sostegni debbono assorbire gli sforzi assiali e<br />

trasversali in fase <strong>di</strong> scarica e dovranno essere incombustibili.<br />

I tubi debbono essere trattenuti me<strong>di</strong>ante collari <strong>di</strong> sostegno che li inviluppano per intero e non si<br />

possono utilizzare graffe elastiche o sostegni <strong>di</strong> tipo aperto.<br />

Figura 296: Esempio <strong>di</strong> sprinkler a secco 62<br />

62 Gli impianti sprinkler a secco sono impiegati a protezione delle aree dove non vi è riscaldamento, <strong>di</strong> conseguenza<br />

pericolo <strong>di</strong> formazione <strong>di</strong> ghiaccio nei mesi invernali all’interno delle tubazioni dell’impianto sprinkler. Quest’ultime, alle<br />

quali sono collegati gli erogatori, sono caricate ed alimentate con aria compressa in qualità <strong>di</strong> agente <strong>di</strong> pressurizzazione. Il<br />

calore sviluppato dall’incen<strong>di</strong>o provoca l’apertura <strong>di</strong> uno o più erogatori sprinkler, causando la fuoriuscita dell’aria e la<br />

relativa caduta <strong>di</strong> pressione. Di conseguenza l’acqua riempie l’intera rete <strong>di</strong> tubazioni e verrà erogata solo dagli sprinkler<br />

aperti in quel momento, ponendo sotto controllo l’incen<strong>di</strong>o dell’area interessata e attivando il sistema <strong>di</strong> allarme generale<br />

dell’impianto.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

383<br />

Figura 297: Vista assonometrica del montaggio <strong>di</strong> un sistema sprinkler<br />

La <strong>di</strong>stanza fra i sostegni non dovrà mai superare i 4 m per tubazioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro sotto DN 65 e<br />

<strong>di</strong> 6 m per <strong>di</strong>ametri superiori.<br />

Criteri <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento <strong>di</strong> un impianto sprinkler<br />

Il <strong>di</strong>mensionamento è effettuato prendendo in considerazione le aree operative (<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni<br />

<strong>di</strong>pendenti dalla classe dell’e<strong>di</strong>ficio, ve<strong>di</strong> esempio <strong>di</strong> Figura 298) e alla densità <strong>di</strong> scarica risultanti dalla<br />

UNI 9489 per la classe dell’e<strong>di</strong>ficio. La rete <strong>di</strong> alimentazione è del tipo a pettine con collettore centrale<br />

o ad anello a seconda dei casi.<br />

La procedura <strong>di</strong> calcolo della rete parte dalla determinazione, per ciascuna area operativa, <strong>di</strong> tutte<br />

le caratteristiche idrauliche dell’area operativa (portate, per<strong>di</strong>te <strong>di</strong>stribuite e concentrate), della<br />

prevalenza totale, della portata totale e della curva <strong>di</strong> domanda dell’area operativa.<br />

Le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong>stribuite sono calcolate me<strong>di</strong>ante la relazione <strong>di</strong> Hazen-Williams:<br />

6,05⋅Q ⋅10<br />

p =<br />

1,85 4,87<br />

C ⋅d<br />

1,85 9<br />

dove:<br />

⋅ p è la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> carico unitaria, in millimetri <strong>di</strong> colonna d’acqua al metro <strong>di</strong> tubazione;<br />

⋅ Q è la portata, in litri al minuto;<br />

⋅ C è la costante <strong>di</strong>pendente dalla natura del tubo, che è assunta uguale a:<br />

⋅ 100 per tubi in ghisa;<br />

⋅ 120 per tubi in acciaio;<br />

⋅ 140 per tubi <strong>di</strong> acciaio inossidabile, in rame e ghisa rivestita;<br />

⋅ 150 per tubi in plastica, fibra <strong>di</strong> vetro e materiali analoghi;<br />

⋅ d è il <strong>di</strong>ametro interno me<strong>di</strong>o della tubazione, in millimetri.<br />

Le per<strong>di</strong>te concentrate dovute ai pezzi speciali inseriti in ciascun tratto della rete possono essere<br />

calcolate, ad esempio, con il metodo della lunghezza equivalente e quin<strong>di</strong> associando a ciascun pezzo<br />

speciale un coefficiente <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> Darcy opportuno. I coefficienti utilizzati sono dati nella Tabella 36.<br />

Per il calcolo viene impostata la pressione <strong>di</strong> scarica minima da assicurare alle testine <strong>di</strong> erogazione<br />

idraulicamente più sfavorita, pari a 50 kPa, nell’ipotesi che tutti gli erogatori dell’area operativa<br />

eroghino simultaneamente una portata totale pari alla portata da destinare all’area operativa.<br />

La progettazione delle reti sprinkler può essere effettuata me<strong>di</strong>ante CAD specifici che<br />

consentono anche il <strong>di</strong>segno della rete.<br />

Ad esempio in Figura 298 si ha il caso <strong>di</strong> un impianto sprinkler per una biblioteca. Il CAD<br />

consente <strong>di</strong> selezionare il tipo <strong>di</strong> sprinkler, ve<strong>di</strong> Figura 299 e la Figura 300, e le aree operative e la<br />

pompa <strong>di</strong> alimentazione, ve<strong>di</strong> Figura 301.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

384<br />

Tipo <strong>di</strong> elemento<br />

Fattore <strong>di</strong> Darcy<br />

Valvole 0.3<br />

Curve a 90 ° 1.5<br />

Innesti a T 1.5<br />

Restringimenti 0.5<br />

Allargamenti 1.0<br />

Saracinesche 5.0<br />

Curve graduali 0.5<br />

Tabella 36: Fattori <strong>di</strong> Darcy per alcuni elementi<br />

Poi effettua i calcoli <strong>di</strong> verifica e <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento della rete (tubazioni, per<strong>di</strong>te, portate totali) e<br />

consente <strong>di</strong> avere stampe del tipo in<strong>di</strong>cate in Tabella 37 e Tabella 38. In quest’ultima si ha la stampa<br />

solo <strong>di</strong> alcune righe a titolo <strong>di</strong> esempio. Caratteristica degli impianti sprinkler a maglia chiusa è <strong>di</strong> potere<br />

ricevere l’alimentazione idrica da più <strong>di</strong>rezioni essendo la rete chiusa ad anello. Ciò rende migliore<br />

l’operatività <strong>di</strong> queste reti potendosi avere con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> sicurezza certamente più elevate. La<br />

sud<strong>di</strong>visione in aree operative consente <strong>di</strong> progettare una rete per un incen<strong>di</strong>o ridotto avente<br />

<strong>di</strong>mensioni pari a quella dell’area operativa calcolata. E’ dunque necessario effettuare le verifiche per<br />

tutte le aree operative ed in<strong>di</strong>viduare quella nelle peggiori con<strong>di</strong>zioni.<br />

Figura 298: Rete sprinkler, in pianta, per una biblioteca<br />

Figura 299: Selezione degli sprinkler da inserire in rete


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

385<br />

Figura 300: Dati caratteristici <strong>di</strong> uno sprinkler<br />

Figura 301: Selezione della pompa <strong>di</strong> alimentazione<br />

Tabella 37: Dati generali <strong>di</strong> calcolo per l’impianto sprinkler della biblioteca


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

386<br />

Tabella 38: Risultati <strong>di</strong> calcolo per l’impianto sprinkler della biblioteca<br />

15.5.4 SISTEMI DI ALLARME INCENDIO<br />

La gestione della sicurezza dei sistemi antincen<strong>di</strong>o è spesso affidata all’Uomo che interviene<br />

manualmente (ad esempio con estintori) o attivando gli impianti attivi. Oggi questa gestione è automatizzata<br />

me<strong>di</strong>ante sistemi elettronici <strong>di</strong> intervento che vengono attivati da rivelatori <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o (rivelatori <strong>di</strong> fumo).<br />

Essi consentono, ad esempio, <strong>di</strong> attivare la chiusura delle porte antincen<strong>di</strong>o o gli stessi impianti<br />

antincen<strong>di</strong>o (a idranti o sprinkler).<br />

Essi consentono, altresì, <strong>di</strong> chiamare automaticamente i VV.F. e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> avere un intervento<br />

esterno rapido e sicuro. Se ne presenta nel prosieguo una breve descrizione.<br />

15.5.5 SISTEMI DI RIVELAZIONE AUTOMATICA<br />

Tali impianti rientrano a pieno titolo tra i provve<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> protezione attiva e sono finalizzati alla<br />

rivelazione tempestiva del processo <strong>di</strong> combustione prima cioè che questo degeneri nella fase <strong>di</strong><br />

incen<strong>di</strong>o generalizzato.<br />

È fondamentale riuscire ad avere un tempo d’intervento possibilmente inferiore al tempo <strong>di</strong> prima<br />

propagazione (prima parte della curva <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Figura 309), ossia intervenire prima che si sia<br />

verificato il “flash over”; infatti siamo ancora nel campo delle temperature relativamente basse, l’incen<strong>di</strong>o<br />

non si è ancora esteso a tutto il sistema e quin<strong>di</strong> ne è più facile lo spegnimento ed i danni sono ancora<br />

contenuti.<br />

Dal <strong>di</strong>agramma qualitativo riportato in Figura 309 si può vedere che l’entità dei danni, se non si<br />

interviene prima, ha un incremento notevole non appena si è verificato il “flash over”. Pertanto un<br />

impianto <strong>di</strong> rivelazione automatica trova il suo utile impiego nel ridurre il “tempo reale” e consente:<br />

⋅ <strong>di</strong> avviare un tempestivo sfollamento delle persone, sgombero dei beni etc;<br />

⋅ <strong>di</strong> attivare un piano <strong>di</strong> intervento;


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

387<br />

⋅<br />

⋅<br />

<strong>di</strong> attivare i sistemi <strong>di</strong> protezione contro l’incen<strong>di</strong>o (manuali e/o automatici <strong>di</strong> spegnimento).<br />

Rivelatori d’incen<strong>di</strong>o – Generalità<br />

I rivelatori <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o possono essere classificati in base al fenomeno chimico-fisico rilevato in:<br />

<strong>di</strong> Calore<br />

Rilevatori<br />

⋅ <strong>di</strong> fumo (a ionizzazione o ottici)<br />

⋅ <strong>di</strong> gas<br />

⋅ <strong>di</strong> fiamme<br />

oppure in base al metodo <strong>di</strong> rivelazione:<br />

⋅ statici (allarme al superamento <strong>di</strong> un valore <strong>di</strong> soglia)<br />

⋅ <strong>di</strong>fferenziali (allarme per un dato incremento)<br />

⋅ velocimetrici (allarme per velocità <strong>di</strong> incremento).<br />

La sud<strong>di</strong>visione può essere infine effettuata in base al tipo <strong>di</strong> configurazione del sistema <strong>di</strong><br />

controllo dell’ambiente:<br />

⋅ puntiformi<br />

⋅ Rilevatori a punti multipli (poco <strong>di</strong>ffusi)<br />

⋅ lineari (poco <strong>di</strong>ffusi).<br />

In sintesi potremo quin<strong>di</strong> definire un “rilevatore automatico d’incen<strong>di</strong>o” come un <strong>di</strong>spositivo installato<br />

nella zona da sorvegliare che è in grado <strong>di</strong> misurare come variano nel tempo grandezze tipiche della<br />

combustione, oppure la velocità della loro variazione nel tempo, oppure la somma <strong>di</strong> tali variazioni nel<br />

tempo. Inoltre esso è in grado <strong>di</strong> trasmettere un segnale d’allarme in un luogo opportuno quando il<br />

valore della grandezza tipica misurata supera oppure è inferiore ad un certo valore prefissato (soglia).<br />

“L’impianto <strong>di</strong> rivelazione” può essere definito come un insieme <strong>di</strong> apparecchiature fisse utilizzate<br />

per rilevare e segnalare un principio d’incen<strong>di</strong>o. Lo scopo <strong>di</strong> tale tipo d’impianto è quello <strong>di</strong> segnalare<br />

tempestivamente ogni principio d’incen<strong>di</strong>o, evitando al massimo i falsi allarmi, in modo che possano<br />

essere messe in atto le misure necessarie per circoscrivere e spegnere l’incen<strong>di</strong>o.<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

Componenti dei sistemi automatici <strong>di</strong> rivelazione<br />

Un impianto rilevazione automatica d’incen<strong>di</strong>o è generalmente costituito da :<br />

• rilevatori automatici d’incen<strong>di</strong>o;<br />

• centrale <strong>di</strong> controllo e segnalazione;<br />

• <strong>di</strong>spositivi d’allarme;<br />

• coman<strong>di</strong> d’attivazione;<br />

⋅ • elementi <strong>di</strong> connessione per il trasferimento <strong>di</strong> energia ed informazioni.<br />

Evidentemente vi possono essere impianti che hanno componenti in più o in meno rispetto a<br />

quelli elencati.<br />

La centrale <strong>di</strong> controllo e segnalazione garantisce l’alimentazione elettrica (continua e stabilizzata)<br />

<strong>di</strong> tutti gli elementi dell’impianto ed è <strong>di</strong> solito collegata anche ad una “sorgente <strong>di</strong> energia alternativa”<br />

(batterie, gruppo elettrogeno, gruppo statico ecc.) che garantisce il funzionamento anche in caso <strong>di</strong> “mancanza <strong>di</strong><br />

alimentazione elettrica”. Avvenuto l’incen<strong>di</strong>o, l’allarme può essere “locale” o “trasmesso a <strong>di</strong>stanza”.<br />

L’intervento può essere manuale (azionamento <strong>di</strong> un estintore o <strong>di</strong> un idrante, intervento squadre VV.F.)<br />

oppure automatico (movimentazione <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> compartimentazione e/o aerazione, azionamento <strong>di</strong> impianti <strong>di</strong><br />

spegnimento automatico, d’inertizzazione, pre<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> un piano esodo).<br />

Un approfon<strong>di</strong>to stu<strong>di</strong>o delle operazioni svolte manualmente ed automaticamente e la loro<br />

interconnessione e sequenza temporale e procedurale può evitare falsi allarmi e mancati funzionamenti<br />

oppure ridurne gli effetti negativi.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

388<br />

Ad esempio nel caso <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> rivelazione automatica collegato ad un impianto fisso <strong>di</strong><br />

spegnimento a pioggia è preferibile, se è possibile, che in seguito ad un allarme un operatore possa<br />

visualizzare sul pannello <strong>di</strong> controllo della centrale in quale zona dell’inse<strong>di</strong>amento è stato rilevato<br />

l’incen<strong>di</strong>o (presunto); effettuato un controllo visivo, solo se effettivamente è in corso un incen<strong>di</strong>o,<br />

l’operatore aziona l’impianto <strong>di</strong> spegnimento.<br />

E’ opportuno quin<strong>di</strong> perseguire soluzioni equilibrate che prevedono un grado d’automazione<br />

compatibile con le soluzioni tecnologiche già ampiamente collaudate affidando all’uomo il compito <strong>di</strong><br />

effettuare i controlli che si rendessero necessari.<br />

Tali tipi d’impianti trovano valide applicazioni in presenza <strong>di</strong>:<br />

⋅ Depositi intensivi;<br />

⋅ Depositi <strong>di</strong> materiali e/o sostanze ad elevato valore specifico;<br />

⋅<br />

⋅<br />

Ambienti con elevato carico d’incen<strong>di</strong>o, non compartimentabili;<br />

Ambienti destinati ad impianti tecnici <strong>di</strong>fficilmente accessibili e controllabili (c<strong>unico</strong>li, cave<strong>di</strong>,<br />

intercape<strong>di</strong>ni al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> controsoffitti etc.).<br />

15.6 SEGNALETICA DI SICUREZZA<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

In base al D.Lgs 14081996 N. 493 si hanno le seguenti definizioni:<br />

segnaletica <strong>di</strong> sicurezza e <strong>di</strong> salute sul luogo <strong>di</strong> lavoro una segnaletica che, riferita ad un<br />

oggetto, ad una attività o ad una situazione determinata, fornisce una in<strong>di</strong>cazione o una<br />

prescrizione concernente la sicurezza o la salute sul luogo <strong>di</strong> lavoro, o che utilizza, a seconda dei<br />

casi, un cartello, un colore, un segnale luminoso o acustico, una comunicazione verbale o un<br />

segnale gestuale;<br />

segnale <strong>di</strong> <strong>di</strong>vieto, un segnale che vieta un comportamento che potrebbe far correre o causare<br />

un pericolo;<br />

segnale <strong>di</strong> avvertimento, un segnale che avverte <strong>di</strong> un rischio o pericolo;<br />

segnale <strong>di</strong> prescrizione, un segnale che prescrive un determinato comportamento;<br />

segnale <strong>di</strong> salvataggio o <strong>di</strong> soccorso, un segnale che fornisce in<strong>di</strong>cazioni relative alle uscite <strong>di</strong><br />

sicurezza o ai mezzi <strong>di</strong> soccorso o <strong>di</strong> salvataggio;<br />

Figura 302: Segnaletica <strong>di</strong> salvataggio e antincen<strong>di</strong>o<br />

15.6.1 ILLUMINAZIONE DI SICUREZZA<br />

Si tratta <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> illuminazione che fa uso principale della energia elettrica e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

luce artificiale: esso deve garantire una illuminazione sufficiente a permettere <strong>di</strong> evacuare in sicurezza i<br />

locali (intensità minima <strong>di</strong> illuminazione 5 lux).


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

389<br />

Dovranno pertanto essere illuminate le in<strong>di</strong>cazioni delle porte e delle uscite <strong>di</strong> sicurezza, i segnali<br />

in<strong>di</strong>canti le vie <strong>di</strong> esodo, i corridoi e tutte quelle parti che è necessario percorrere per raggiungere<br />

un’uscita verso luogo sicuro. E’ opportuno, per quanto possibile, che le lampade ed i segnali luminosi<br />

dell’impianto luci <strong>di</strong> sicurezza non siano posizionati in alto (la presenza <strong>di</strong> fumo ne potrebbe ridurre la<br />

visibilità in maniera drastica sin dai primi momenti).<br />

L’Impianto deve essere alimentato da una adeguata fonte <strong>di</strong> energia quali batterie in tampone o<br />

batterie <strong>di</strong> accumulatori con <strong>di</strong>spositivo per la ricarica automatica (con autonomia variabile da 30 minuti<br />

a 3 ore, a secondo del tipo <strong>di</strong> attività e delle circostanze) oppure da apposito ed idoneo gruppo<br />

elettrogeno; l’intervento dovrà comunque avvenire in automatico, in caso <strong>di</strong> mancanza della fornitura<br />

principale dell’energia elettrica, entro 5 secon<strong>di</strong> circa (se si tratta <strong>di</strong> gruppi elettrogeni il tempo può<br />

raggiungere i 15 secon<strong>di</strong>). In caso <strong>di</strong> impianto alimentato da gruppo elettrogeno o da batterie <strong>di</strong><br />

accumulatori centralizzate sarà necessario posizionare tali apparati in luogo sicuro, non soggetto allo<br />

stesso rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o della attività protetta; in questo caso il relativo circuito elettrico deve essere<br />

in<strong>di</strong>pendente da qualsiasi altro ed essere inoltre protetto dai danni causati dal fuoco, da urti, ecc.<br />

15.6.2 EVACUATORI DI FUMO E DI CALORE<br />

Tali sistemi <strong>di</strong> protezione attiva dall’incen<strong>di</strong>o sono <strong>di</strong> frequente utilizzati in combinazione con<br />

impianti <strong>di</strong> rivelazione e sono basati sullo sfruttamento del movimento verso l’alto delle masse <strong>di</strong> gas<br />

cal<strong>di</strong> generate dall’incen<strong>di</strong>o che, a mezzo <strong>di</strong> aperture sulla copertura, vengono evacuate all’esterno.<br />

Gli evacuatori <strong>di</strong> fumo e calore (EFC) consentono pertanto <strong>di</strong>:<br />

⋅ Agevolare lo sfollamento delle persone presenti e l’azione dei soccorritori grazie alla maggiore<br />

probabilità che i locali restino liberi da fumo almeno fino ad un’altezza da terra tale da non<br />

compromettere la possibilità <strong>di</strong> movimento.<br />

⋅ Agevolare l’intervento dei soccorritori rendendone più rapida ed efficace l’opera.<br />

⋅ Proteggere le strutture e le merci contro l’azione del fumo e dei gas cal<strong>di</strong>, riducendo in particolare<br />

il rischio e <strong>di</strong> collasso delle strutture portanti.<br />

⋅<br />

⋅<br />

Ritardare o evitare l’incen<strong>di</strong>o a pieno sviluppo “flash over”.<br />

Ridurre i danni provocati dai gas <strong>di</strong> combustione o da eventuali sostanze tossiche e corrosive<br />

originate dall’incen<strong>di</strong>o.<br />

Gli EFC devono essere installati, per quanto possibile, in modo omogeneo nei singoli<br />

compartimenti, a soffitto in ragione, ad esempio, <strong>di</strong> uno ogni 200 m 2 (su coperture piane o con<br />

pendenza minore del 20 %) come previsto dalla regola tecnica <strong>di</strong> progettazione costituita dalla norma<br />

UNI VVF 9494. Degli EFC si parlerà estesamente nel §19.5. La ventilazione dei locali può essere<br />

ottenuta con vari sistemi:<br />

⋅ lucernari a soffitto :possono essere ad apertura comandata dello sportello o ad apertura per<br />

rottura del vetro, che deve essere allora del tipo semplice<br />

⋅ ventilatori statici continui: la ventilazione in questo caso avviene attraverso delle fessure laterali<br />

continue. L’ingresso dell’acqua è impe<strong>di</strong>to da schermi e cappucci opportunamente <strong>di</strong>sposti. In<br />

taluni casi questo tipo è dotato <strong>di</strong> chiusura costituita da una serie <strong>di</strong> sportelli con cerniera centrale<br />

o laterale, la cui apertura in caso d’incen<strong>di</strong>o avviene automaticamente per la rottura <strong>di</strong> un fusibile<br />

⋅ sfoghi <strong>di</strong> fumo e <strong>di</strong> calore: il loro funzionamento è in genere automatico a mezzo <strong>di</strong> fusibili od<br />

altri congegni. La loro apertura può essere anche manuale. E’ preferibile avere il maggior numero<br />

possibile <strong>di</strong> sfoghi, al fine <strong>di</strong> ottenere che il sistema <strong>di</strong> ventilazione entri in funzione il più presto<br />

possibile in quanto la <strong>di</strong>stanza tra l’eventuale incen<strong>di</strong>o e lo sfogo sia la più piccola possibile<br />

⋅ aperture a shed: si possono prestare ad ottenere dei risultati sod<strong>di</strong>sfacenti, se vengono<br />

pre<strong>di</strong>sposti degli sportelli <strong>di</strong> adeguate <strong>di</strong>mensioni ad apertura automatica o manuale<br />

⋅ superfici vetrate normali: l’installazione <strong>di</strong> vetri semplici che si rompano sotto l’effetto del<br />

calore può essere adottata a con<strong>di</strong>zione che sia evitata la caduta dei pezzi <strong>di</strong> vetro per rottura<br />

accidentale me<strong>di</strong>ante rete metallica <strong>di</strong> protezione.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

390<br />

Figura 303: efficacia degli evacuatori <strong>di</strong> fumo e <strong>di</strong> calore<br />

15.7 CODICE ATTIVITÀ<br />

Figura 304: Tipologia <strong>di</strong> EFC<br />

Ogni e<strong>di</strong>ficio viene identificato me<strong>di</strong>ante un co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> attività, opportunamente previsti dalle<br />

norme vigenti, che ne descrive le funzioni principali. E’ anche possibile avere una attività principale ed<br />

una secondaria. Nel caso <strong>di</strong> Figura 305 si ha un primo co<strong>di</strong>ce 86 che si riferisce ad ospedali ed un<br />

secondo co<strong>di</strong>ce 77 che si riferisce ad autorimesse.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

391<br />

15.8 IL CARICO DI INCENDIO<br />

Figura 305: Esempio <strong>di</strong> selezione del co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> attività<br />

Il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, ve<strong>di</strong> Circolare 14-09-1961 nel prosieguo, é espresso dalla quantità equivalente<br />

<strong>di</strong> legno per m², che si ottiene <strong>di</strong>videndo per 4.400 (potere calorifico del legno) il numero <strong>di</strong> calorie per<br />

unità <strong>di</strong> superficie orizzontale del locale, o del piano considerato, che al massimo si possono sviluppare<br />

per effetto della combustione <strong>di</strong> tutti i materiali combustibili presenti:<br />

q = Σg i H i / (A • 4400)<br />

dove:<br />

⋅ q é il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o (in kg legna / m²)<br />

⋅ g i il peso (in kg) del generico fra gli n combustibili che si prevedono presenti nel locale o<br />

nel piano nelle con<strong>di</strong>zioni più gravose <strong>di</strong> carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

⋅ H i é il potere calorifico superiore (in kcal/kg) del generico fra gli n combustibili <strong>di</strong> peso g i ;<br />

⋅ A é la superficie orizzontale (in m²) del locale o del piano del fabbricato considerato<br />

⋅<br />

4.400 é il potere calorifico del legno (in kcal/kg).<br />

Le con<strong>di</strong>zioni più gravose del carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> un certo locale o piano sono quelle per le quali<br />

la sommatoria g i • H i è massima e vanno determinate esaminando le previste utilizzazioni dei locali e dei<br />

piani come <strong>di</strong>chiarato dal progettista e dal proprietario del fabbricato stesso.<br />

Si osservi che il calcolo del Carico <strong>di</strong> Incen<strong>di</strong>o (CdI) può essere effettuato con CAD specifici che<br />

facilitano molto il lavoro. In Figura 306 si ha un esempio <strong>di</strong> selezione dei materiali.<br />

Per i fabbricati civili con struttura <strong>di</strong> acciaio vengono <strong>di</strong>stinte le seguenti classi:<br />

⋅ Classe 15<br />

⋅ Classe 30<br />

⋅ Classe 45<br />

⋅ Classe 60<br />

⋅ Classe 90<br />

⋅ Classe 120<br />

⋅ Classe 180<br />

Il numero in<strong>di</strong>cativo <strong>di</strong> ogni classe esprime il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o virtuale in kg/m² <strong>di</strong> legna<br />

standard. Detto numero in<strong>di</strong>cativo esprime anche in minuti primi la durata minima <strong>di</strong> resistenza al<br />

fuoco da richiedere alla struttura o all’elemento costruttivo in esame.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

392<br />

Figura 306: Selezione dei materiali interni ad un comparto<br />

Figura 307: Selezione del tipo <strong>di</strong> archivio (Categorie dei materiali)<br />

La classe del piano o del locale considerato si determina pertanto in base alla formula:<br />

C = k • q<br />

in cui:<br />

⋅ C è il numero in<strong>di</strong>cativo della classe<br />

⋅ q è il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong>chiarato (in kg legna/m2)<br />

⋅ k è un coefficiente <strong>di</strong> riduzione che tiene conto delle con<strong>di</strong>zioni reali <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o del<br />

locale o del piano nel complesso dell’e<strong>di</strong>ficio.<br />

Il valore del coefficiente k, compreso tra 0,2 e 1,0, viene determinato secondo le modalità che<br />

seguono, in base alle caratteristiche dell’e<strong>di</strong>ficio, alla natura del materiale combustibile presente, alla<br />

destinazione, alla <strong>di</strong>stanza da altri e<strong>di</strong>fici ed alle esistenti misure <strong>di</strong> segnalazione e prevenzione degli<br />

incen<strong>di</strong>.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

393<br />

Tabella 39: In<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> valutazione


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

394<br />

Per il calcolo del coefficiente <strong>di</strong> riduzione, i singoli fattori <strong>di</strong> influenza vengono valutati me<strong>di</strong>ante<br />

in<strong>di</strong>ci numerici che possono essere negativi o positivi, in quanto si intendono riferiti alle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

un caso reale me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o.<br />

Gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> valutazione degli e<strong>di</strong>fici nel loro complesso, e dei singoli piani e locali sono in<strong>di</strong>cati<br />

nella Tabella 39.<br />

Il valore della somma algebrica degli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> valutazione, riportato in ascisse nel <strong>di</strong>agramma <strong>di</strong><br />

Figura 308, fornisce <strong>di</strong>rettamente il coefficiente <strong>di</strong> riduzione, per cui va moltiplicato il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

per la determinazione della classe del piano e del locale nell'ambito dell' e<strong>di</strong>ficio considerato.<br />

Qualora il numero in<strong>di</strong>cativo della classe risultante dal carico fosse <strong>di</strong>verso dal numero <strong>di</strong>stintivo<br />

delle classi previste dalle presenti Norme, si assegnerà l'e<strong>di</strong>ficio o la parte <strong>di</strong> esso considerata alla classe<br />

imme<strong>di</strong>atamente superiore.<br />

Nel caso in cui i numeri in<strong>di</strong>cativi <strong>di</strong> classe risultassero dal calcolo superiori alla classe 180,<br />

l'e<strong>di</strong>ficio o la parte <strong>di</strong> esso considerata saranno assegnati alla classe 180.<br />

Figura 308: Diagramma per gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> valutazione


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

395<br />

16 LEGGI – NORME E DECRETI UTILI PER L’ANTINCENDIO<br />

Quanto descritto nel precedente capitolo è una sintesi delle procedure previste da Norme,<br />

Decreti e Leggi sugli impianti antincen<strong>di</strong>o. In questo capitolo si vuole riportare una breve sintesi <strong>di</strong><br />

alcune delle norme, Leggi e decreti <strong>di</strong> riferimento in questo settore. L’Allievo potrà osservare come<br />

molo <strong>di</strong> quanto sopra detto derivi imme<strong>di</strong>atamente dal testo normativo che viene presentato nei<br />

successivi paragrafi. E’ sempre opportuno fare riferimento al testo vigente !<br />

16.1 D.LGS 149/96 – LOCALI DI INTRATTENIMENTO E PUBBLICO SPETTACOLO<br />

Art. 4.5.3 Ventilazione<br />

I vani scala devono essere provvisti superiormente <strong>di</strong> aperture <strong>di</strong> aerazione con superficie non<br />

inferiore a 1 m2, con sistema <strong>di</strong> apertura degli infissi comandato automaticamente da rivelatori <strong>di</strong><br />

incen<strong>di</strong>o o manualmente in prossimità dell’entrata alle scale, in posizione segnalata.<br />

Art. 5.2.5 Sistema <strong>di</strong> evacuazione fumi e calore<br />

La scena deve essere dotata <strong>di</strong> un efficace sistema <strong>di</strong> evacuazione fumi e calore, realizzato a regola<br />

d’arte. I <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> comando manuale del sistema devono essere ubicati in posizione segnalata e<br />

protetta in caso <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o.<br />

Art. 5.3 Scena integrata nella sala<br />

L’affollamento sulla base del quale vanno <strong>di</strong>mensionate le vie d’uscita, deve tenere conto, oltre<br />

che del pubblico, anche degli artisti e del personale <strong>di</strong> servizio alla scena, qualora l’area riservata alla<br />

scena non <strong>di</strong>sponga <strong>di</strong> vie d’uscita a uso esclusivo.<br />

La lunghezza massima delle vie d’uscita deve essere ridotta del 20% rispetto a quanto previsto al<br />

punto 4.3.4. Il numero <strong>di</strong> uscite dalla sala e quelle che immettono sull’esterno non può essere in ogni<br />

caso inferiore a tre, <strong>di</strong> larghezza non inferiore a 1,2 m. ciascuna. Lo spazio riservato al pubblico deve<br />

<strong>di</strong>stare <strong>di</strong> almeno 2 m. dalla scena. Gli scenari devono essere <strong>di</strong> tipo fisso e <strong>di</strong> classe <strong>di</strong> reazione al fuoco<br />

non superiore a1. La sala deve essere dotata <strong>di</strong> un efficace sistema <strong>di</strong> evacuazione fumi.<br />

Capo I Disposizioni generali<br />

Art. 1 Campo <strong>di</strong> applicazione<br />

⋅<br />

1. Le presenti norme <strong>di</strong> sicurezza si applicano agli e<strong>di</strong>fici pubblici e privati che, nella loro<br />

globalità, risultino normalmente sottoposti a tutela ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089<br />

(pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 184 dell’8 agosto 1939), destinati a contenere biblioteche<br />

ed archivi.<br />

...omissis...<br />

Capo II Prescrizioni tecniche<br />

Art. 3 Disposizioni in esercizio<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

1. E’ vietato, nei locali <strong>di</strong> cui all’Art. 1, tenere ed usare fiamme libere, fornelli o stufe a gas, stufe<br />

elettriche con resistenza in vista, stufe a kerosene, apparecchi a incandescenza senza protezione,<br />

nonché depositare sostanze che possono, per la loro vicinanza, reagire tra loro provocando<br />

incen<strong>di</strong> e/o esplosioni.<br />

2. Il carico d’incen<strong>di</strong>o delle attività <strong>di</strong> cui all’Art. 1, certificato all’atto della richiesta del certificato<br />

<strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong>, non può essere incrementato introducendo negli ambienti nuovi elementi<br />

<strong>di</strong> arredo combustibili con esclusione del materiale librario e cartaceo la cui quantità massima<br />

dovrà essere in ogni caso predeterminata.<br />

3. Negli atri, nei corridoi <strong>di</strong> <strong>di</strong>simpegno, nelle scale, e nelle rampe, il carico d’incen<strong>di</strong>o esistente<br />

costituito dalle strutture, certificato come sopra, non potrà essere mo<strong>di</strong>ficato con l’apporto <strong>di</strong><br />

ulteriori arre<strong>di</strong> e <strong>di</strong> materiali combustibili.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

396<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

4. Per le attività <strong>di</strong> cui al comma 1 dell’Art. 1 <strong>di</strong> nuova istituzione o per gli ampliamenti da<br />

realizzare negli e<strong>di</strong>fici sottoposti nella loro globalità a tutela ai sensi della legge n. 1089/1939, il<br />

carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o relativo agli arre<strong>di</strong> e al materiale depositato, con esclusione delle strutture e<br />

degli infissi combustibili esistenti, non dovrà superare i 50 kg/m2 in ogni singolo ambiente.<br />

5. Gli elementi <strong>di</strong> arredo combustibili introdotti negli ambienti successivamente alla data <strong>di</strong><br />

entrata in vigore della presente norma, con esclusione del materiale esposto, debbono risultare<br />

omologati nelle seguenti classi <strong>di</strong> reazione al fuoco: i materiali <strong>di</strong> rivestimento dei pavimenti<br />

debbono essere <strong>di</strong> classe non superiore a 2; gli altri materiali <strong>di</strong> rivestimenti e i materiali<br />

suscettibili <strong>di</strong> prendere fuoco su ambo le facce debbono essere <strong>di</strong> classe 1; i mobili imbottiti<br />

devono essere <strong>di</strong> classe 1 IM.<br />

Art. 5 Depositi<br />

1. Nei depositi il materiale ivi conservato deve essere posizionato all’interno del locale in scaffali<br />

e/o contenitori metallici consentendo passaggi liberi non inferiori a 0,90 m tra i materiali ivi<br />

depositati.<br />

2. Le comunicazioni tra questi locali ed il resto dell’e<strong>di</strong>ficio debbono avvenire tramite porte REI<br />

120 munite <strong>di</strong> congegno <strong>di</strong> autochiusura.<br />

3. Nei depositi il cui carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o è superiore a 50 kg/m 2 debbono essere installati impianti<br />

<strong>di</strong> spegnimento automatico collegati ad impianti <strong>di</strong> allarme.<br />

4. Nei locali dovrà essere assicurata la ventilazione naturale pari a 1/30 della superficie in pianta o<br />

n. 2 ricambi ambiente/ora con mezzi meccanici.<br />

Art. 8 Mezzi antincen<strong>di</strong>o<br />

3. Devono essere installati impianti fissi <strong>di</strong> rivelazione automatica <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o. Questi debbono<br />

essere collegati me<strong>di</strong>ante apposita centrale a <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> allarme ottici e/o acustici percepibili in locali<br />

presi<strong>di</strong>ati.<br />

Capo III prescrizioni per la gestione<br />

Art. 9 Gestione della sicurezza<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

3. Il responsabile tecnico addetto alla sicurezza deve intervenire affinché:<br />

a) siano mantenuti efficienti i mezzi antincen<strong>di</strong>o e siano eseguite con tempestività le<br />

manutenzioni o sostituzioni necessarie. Siano altresì condotte perio<strong>di</strong>camente verifiche degli<br />

stessi mezzi con cadenza non superiore a sei mesi ed annotate nel registro dei controlli <strong>di</strong> cui al<br />

punto 4;<br />

b) siano mantenuti costantemente in buono stato tutti gli impianti presenti nell’e<strong>di</strong>ficio. Gli<br />

schemi aggiornati <strong>di</strong> detti impianti nonché <strong>di</strong> tutte le condotte, fogne e opere idrauliche,<br />

strettamente connesse al funzionamento dell’e<strong>di</strong>ficio, ove in dotazione all’Istituto, devono essere<br />

conservati in apposito fascicolo. In particolare per gli impianti elettrici deve essere previsto che<br />

un addetto qualificato provveda, con la perio<strong>di</strong>cità stabilita dalle specifiche normative CEI, al loro<br />

controllo e manutenzione ed a segnalare al responsabile dell’attività eventuali carenze e/o<br />

malfunzionamento, per gli opportuni provve<strong>di</strong>menti. Ogni loro mo<strong>di</strong>fica o integrazione dovrà<br />

essere annotata nel registro dei controlli e inserita nei relativi schemi. In ogni caso tutti gli<br />

impianti devono essere sottoposti a verifiche perio<strong>di</strong>che con cadenza non superiore a tre anni;<br />

c) siano tenuti in buono stato gli impianti <strong>di</strong> ventilazione, <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionamento e riscaldamento<br />

ove esistenti, prevedendo in particolare una verifica perio<strong>di</strong>ca degli stessi con cadenza non<br />

superiore ad un anno. Le centrali termiche e frigorifere devono essere condotte da personale<br />

qualificato in conformità con quanto previsto dalle vigenti normative;<br />

d) sia previsto un servizio organizzato composto da un numero proporzionato <strong>di</strong> addetti<br />

qualificati, in base alle <strong>di</strong>mensioni e alle caratteristiche dell’attività, esperti nell’uso dei mezzi<br />

antincen<strong>di</strong>o installati;


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

397<br />

⋅<br />

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⋅<br />

⋅<br />

e) siano eseguite per il personale addetto all’attività perio<strong>di</strong>che riunioni <strong>di</strong> addestramento e <strong>di</strong><br />

istruzioni sull’uso dei mezzi <strong>di</strong> soccorso e <strong>di</strong> allarme, nonché esercitazioni <strong>di</strong> sfollamento<br />

dell’attività.<br />

4. Il responsabile tecnico addetto alla sicurezza <strong>di</strong> cui al comma 1 deve altresì curare la tenuta <strong>di</strong><br />

un registro ove sono annotati tutti gli interventi ed i controlli relativi all’efficienza degli impianti<br />

elettrici dell’illuminazione <strong>di</strong> sicurezza e dei presi<strong>di</strong> antincen<strong>di</strong>o, nonché all’osservanza della<br />

normativa relativa ai carichi d’incen<strong>di</strong>o nei vari ambienti dell’e<strong>di</strong>ficio e nelle aree a rischio<br />

specifico.<br />

Art. 10 Piani <strong>di</strong> intervento e istruzioni <strong>di</strong> sicurezza<br />

1. Nelle attività <strong>di</strong> cui al comma 1 dell’Art. 1 devono essere pre<strong>di</strong>sposti adeguati piani <strong>di</strong><br />

intervento da porre in atto in occasione delle situazioni <strong>di</strong> emergenza ragionevolmente<br />

preve<strong>di</strong>bili. Il personale addetto deve essere edotto sull’intero piano e, in particolare, sui compiti<br />

affidati ai singoli.<br />

2. Detti piani, definiti caso per caso in relazione alle caratteristiche dell’attività, devono essere<br />

concepiti in modo che in tali situazioni:<br />

...omissis...<br />

sia attivato il personale addetto, secondo predeterminate sequenze, ai provve<strong>di</strong>menti del caso,<br />

quali interruzione dell’energia elettrica e verifica dell’intervento degli impianti <strong>di</strong> emergenza,<br />

arresto delle installazioni <strong>di</strong> ventilazione e con<strong>di</strong>zionamento, azionamento dei sistemi <strong>di</strong><br />

evacuazione dei fumi e dei mezzi <strong>di</strong> spegnimento e quanto altro previsto nel piano <strong>di</strong> intervento.<br />

...omissis...<br />

5. All’ingresso dell’attività va esposta una pianta dell’e<strong>di</strong>ficio corredata dalle seguenti in<strong>di</strong>cazioni:<br />

scale e vie <strong>di</strong> esodo;<br />

mezzi <strong>di</strong> estinzione;<br />

<strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> arresto degli impianti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione del gas, dell’energia elettrica e dell’eventuale<br />

impianto <strong>di</strong> ventilazione e <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionamento;<br />

eventuale quadro generale del sistema <strong>di</strong> rivelazione e <strong>di</strong> allarme;<br />

impianti e locali a rischio specifico.<br />

6. A cura del responsabile dell’attività dovrà essere pre<strong>di</strong>sposto un registro dei controlli perio<strong>di</strong>ci<br />

relativo all’efficienza degli impianti elettrici, dell’illuminazione <strong>di</strong> sicurezza, dei presi<strong>di</strong><br />

antincen<strong>di</strong>o, dell’osservanza della limitazione dei carichi d’incen<strong>di</strong>o nei vari ambienti della attività<br />

e delle aree a rischio specifico. Tale registro deve essere mantenuto costantemente aggiornato e<br />

<strong>di</strong>sponibile per i controlli da parte dell’autorità competente.<br />

16.2 D.P.R. N. 37 DEL 12/10/98 – CONTROLLO DELLE CONDIZIONI DI SICUREZZA<br />

⋅<br />

Art. 1 Oggetto del regolamento<br />

1. Il presente regolamento <strong>di</strong>sciplina i proce<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> controllo delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> sicurezza per<br />

la prevenzione incen<strong>di</strong> attribuiti, in base alla vigente normativa, alla competenza dei coman<strong>di</strong><br />

provinciali dei vigili del fuoco, per le fasi relative all’esame dei progetti, agli accertamenti<br />

sopralluogo, all’esercizio delle attività soggette a controllo, all’approvazione delle deroghe alla<br />

normativa <strong>di</strong> conformità.<br />

...omissis...<br />

Art. 2 Parere <strong>di</strong> conformità<br />

⋅<br />

⋅<br />

1. Gli enti e i privati responsabili delle attività <strong>di</strong> cui al comma 3 dell’articolo 1 sono tenuti a<br />

richiedere al comando l’esame dei progetti <strong>di</strong> nuovi impianti o costruzioni o <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>fiche <strong>di</strong> quelli<br />

esistenti.<br />

2. Il comando esamina i progetti e si pronuncia sulla conformità degli stessi alla normativa<br />

antincen<strong>di</strong>o entro quarantacinque giorni dalla data <strong>di</strong> presentazione. Qualora la complessità del<br />

progetto lo richieda, il predetto termine, previa comunicazione all’interessato entro 15 giorni dalla


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

398<br />

data <strong>di</strong> presentazione del progetto, è <strong>di</strong>fferito al novantesimo giorno. In caso <strong>di</strong> documentazione<br />

incompleta od irregolare ovvero nel caso in cui il comando ritenga assolutamente in<strong>di</strong>spensabile<br />

richiedere al soggetto interessato l’integrazione della documentazione presentata, il termine è<br />

interrotto, per una sola volta, e riprende a decorrere dalla data <strong>di</strong> ricevimento della<br />

documentazione integrativa richiesta. Ove il comando non si esprima nei termini: prescritti, il<br />

progetto si intende respinto.<br />

Art. 3 Rilascio del certificato <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong><br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

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⋅<br />

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⋅<br />

1. Completate le opere <strong>di</strong> cui al progetto approvato, gli enti e privati sono tenuti a presentare al<br />

comando domanda <strong>di</strong> sopralluogo in conformità a quanto previsto nel decreto <strong>di</strong> cui all’articolo<br />

1, comma 4.<br />

2. Entro novanta giorni dalla data <strong>di</strong> presentazione della domanda il comando effettua il<br />

sopralluogo per accertare il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa <strong>di</strong> prevenzione<br />

degli incen<strong>di</strong> nonché la sussistenza dei requisiti <strong>di</strong> sicurezza antincen<strong>di</strong>o richiesti. Tale termine<br />

può essere prorogato, per una sola volta, <strong>di</strong> quarantacinque giorni, dandone motivata<br />

comunicazione all’ interessato.<br />

3. Entro quin<strong>di</strong>ci giorni dalla data <strong>di</strong> effettuazione del sopralluogo viene rilasciato all’interessato,<br />

in caso <strong>di</strong> esito positivo, il certificato <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong> che costituisce, ai soli fini<br />

antincen<strong>di</strong>o, il nulla osta all’esercizio dell’attività.<br />

4. Qualora venga riscontrata la mancanza dei requisiti <strong>di</strong> sicurezza richiesti, il comando ne dà<br />

imme<strong>di</strong>ata comunicazione all’interessato ed alle autorità competenti ai fini dell’adozione dei<br />

relativi provve<strong>di</strong>menti.<br />

5. Fatto salvo quanto <strong>di</strong>sposto dal comma 1, l’interessato, in attesa del sopralluogo, può<br />

presentare al comando una <strong>di</strong>chiarazione, corredata da certificazioni <strong>di</strong> conformità dei lavori<br />

eseguiti al progetto approvato, con la quale attesta che sono state rispettate le prescrizioni vigenti<br />

in materia <strong>di</strong> sicurezza antincen<strong>di</strong>o e si impegna al rispetto degli obblighi <strong>di</strong> cui all’articolo 5. Il<br />

comando rilascia all’interessato contestuale ricevuta dell’avvenuta presentazione della<br />

<strong>di</strong>chiarazione che costituisce, ai soli fini antincen<strong>di</strong>o, autorizzazione provvisoria all’esercizio<br />

dell’attività.<br />

6. Al fine <strong>di</strong> evitare duplicazioni, nel rispetto del criterio <strong>di</strong> economicità, qualora il sopralluogo<br />

richiesto dall’interessato debba essere effettuato dal comando nel corso <strong>di</strong> un proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong><br />

autorizzazione che preveda un atto deliberativo propedeutico emesso da organi collegiali dei quali<br />

è chiamato a far parte il comando stesso, il termine <strong>di</strong> cui al comma 2 non si applica dovendosi<br />

far riferimento ai termini proce<strong>di</strong>mentali ivi stabiliti.<br />

Art. 4 Rinnovo del certificato <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong><br />

1. Ai fini del rinnovo del certificato <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong>, gli interessati presentano al comando,<br />

in tempo utile e comunque prima della scadenza del certificato, apposita domanda conforme alle<br />

previsioni contenute nel decreto <strong>di</strong> cui all’articolo 1, comma 4, corredata da una <strong>di</strong>chiarazione del<br />

responsabile dell’attività, attestante che non è mutata la situazione riscontrata alla data del rilascio<br />

del certificato stesso, e da una perizia giurata, comprovante l’efficienza dei <strong>di</strong>spositivi, nonché dei<br />

sistemi e degli impianti antincen<strong>di</strong>o. Il comando, sulla base della documentazione prodotta,<br />

provvede entro quin<strong>di</strong>ci giorni dalla data <strong>di</strong> presentazione della domanda.<br />

Art. 5 Obblighi connessi con l’esercizio dell’attività<br />

1. Gli enti e i privati responsabili <strong>di</strong> attività soggette ai controlli <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong> hanno<br />

l’obbligo <strong>di</strong> mantenere in stato <strong>di</strong> efficienza i sistemi, i <strong>di</strong>spositivi, le attrezzature e le altre misure<br />

<strong>di</strong> sicurezza antincen<strong>di</strong>o adottate e <strong>di</strong> effettuare verifiche <strong>di</strong> controllo ed interventi <strong>di</strong><br />

manutenzione secondo le cadenze temporali che sono in<strong>di</strong>cate dal comando nel certificato <strong>di</strong><br />

prevenzione o all’atto del rilascio della ricevuta a seguito della <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> cui all’articolo<br />

3, comma 5. Essi provvedono, in particolare, ad assicurare una adeguata informazione e<br />

formazione del personale <strong>di</strong>pendente sui rischi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o connessi con la specifica attività, sulle


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

399<br />

⋅<br />

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⋅<br />

misure <strong>di</strong> prevenzione e protezione adottate, sulle precauzioni da osservare per evitare l’insorgere<br />

<strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o e sulle procedure da attuare in caso <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o.<br />

2. I controlli, le verifiche, gli interventi <strong>di</strong> manutenzione, l’informazione e la formazione del<br />

personale, che vengono effettuati, devono essere annotati in un apposito registro a cura dei<br />

responsabili dell’attività. Tale registro deve essere mantenuto aggiornato e reso <strong>di</strong>sponibile ai fini<br />

dei controlli <strong>di</strong> competenza del comando.<br />

3. Ogni mo<strong>di</strong>fica delle strutture o degli impianti ovvero delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> esercizio dell’attività,<br />

che comportano una alterazione delle preesistenti con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> sicurezza antincen<strong>di</strong>o, obbliga<br />

l’interessato ad avviare nuovamente le procedure previste dagli articoli 2 e 3 del presente<br />

regolamento.<br />

5. Fatto salvo quanto <strong>di</strong>sposto dal comma 1, l’interessato, in attesa del sopralluogo, può<br />

presentare al comando una <strong>di</strong>chiarazione, corredata da certificazioni <strong>di</strong> conformità dei lavori<br />

eseguiti al progetto approvato, con la quale attesta che sono state rispettate le prescrizioni vigenti<br />

in materia <strong>di</strong> sicurezza antincen<strong>di</strong>o e si impegna al rispetto degli obblighi <strong>di</strong> cui all’articolo 5. Il<br />

comando rilascia all’interessato contestuale ricevuta dell’avvenuta presentazione della<br />

<strong>di</strong>chiarazione che costituisce, ai soli fini antincen<strong>di</strong>o, autorizzazione provvisoria all’esercizio<br />

dell’attività.<br />

6. Al fine <strong>di</strong> evitare duplicazioni, nel rispetto del criterio <strong>di</strong> economicità, qualora il sopralluogo<br />

richiesto dall’interessato debba essere effettuato dal comando nel corso <strong>di</strong> un proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong><br />

autorizzazione che preveda un atto deliberativo propedeutico emesso da organi collegiali dei quali<br />

è chiamato a far parte il comando stesso, il termine <strong>di</strong> cui al comma 2 non si applica dovendosi<br />

far riferimento ai termini proce<strong>di</strong>mentali ivi stabiliti.<br />

Art. 6 Proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> deroga<br />

1. Qualora gli inse<strong>di</strong>amenti o gli impianti sottoposti a controllo <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong> e le attività<br />

in essi svolte presentino caratteristiche tali da non consentire l’integrale osservanza della<br />

normativa vigente, gli interessati, secondo le modalità stabilite dal decreto <strong>di</strong> cui all’articolo 1,<br />

comma 4, possono presentare al comando domanda motivata per la deroga al rispetto delle<br />

con<strong>di</strong>zioni prescritte.<br />

2. Il comando esamina la domanda e, con proprio motivato parere, la trasmette entro trenta<br />

giorni dal ricevimento, all’ispettorato regionale dei vigili del fuoco. L’ispettore regionale, sentito il<br />

comitato tecnico regionale <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong>, <strong>di</strong> cui all’articolo 20 del decreto del Presidente<br />

della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, si pronuncia entro sessanta giorni dalla ricezione,<br />

dandone contestuale comunicazione al comando ed al richiedente. L’ispettore regionale dei vigili<br />

del fuoco trasmette ai competenti organi tecnici centrali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco i<br />

dati inerenti alle deroghe esaminate per la costituzione <strong>di</strong> una banca dati, da utilizzare per<br />

garantire i necessari in<strong>di</strong>rizzi e l’uniformità applicativa nei proce<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> deroga.<br />

16.3 D.M. 8/3/85 – DIRETTIVE SULLE MISURE DI PREVENZIONE INCENDI<br />

⋅<br />

⋅<br />

1. Aerazione<br />

1.1. In<strong>di</strong>pendentemente dai singoli locali in cui si articola, il complesso ove si svolge l’attività deve<br />

essere dotato <strong>di</strong> aperture <strong>di</strong> aerazione anche se munite <strong>di</strong> serramento comunque realizzato.<br />

1.2. Nei locali dove si depositano o si impiegano sostanze che possono dar luogo a miscele<br />

infiammabili o esplosive deve essere assicurata una superficie <strong>di</strong> aerazione naturale, realizzata<br />

eventualmente anche a mezzo <strong>di</strong> aperture munite <strong>di</strong> infissi, non inferiore ad 1/30 della loro<br />

superficie in pianta per ambienti sino a 400 m3 e <strong>di</strong> 1/50 per la superficie eccedente i 400 m3. Per i<br />

locali ove sono presenti gas con densità relativa maggiore <strong>di</strong> 0,8 tale superficie deve essere<br />

equamente <strong>di</strong>stribuita in basso ed in alto. Ove non sia possibile raggiungere per l’aerazione<br />

naturale il rapporto <strong>di</strong> superfici prescritto è ammesso il ricorso all’aerazione meccanica con<br />

portata <strong>di</strong> almeno 2 ricambi orari semprechè sia assicurata una superficie <strong>di</strong> aerazione naturale<br />

pari ad almeno il 25% <strong>di</strong> quella prescritta. Quando poi l’aerazione naturale dovesse risultare<br />

incompatibile con la tecnologia <strong>di</strong> particolari processi produttivi possono consentirsi soluzioni


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

400<br />

⋅<br />

⋅<br />

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⋅<br />

⋅<br />

alternative che facciano conseguire con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> sicurezza equivalente. Se all’atto della<br />

presentazione dell’istanza del nulla osta provvisorio siano in corso i lavori per il conseguimento<br />

delle superfici prescritte o il relativo iter procedurale, e tale circostanza risulti da documentazione<br />

allegata all’istanza stessa, può farsi ugualmente luogo al rilascio del nulla osta provvisorio a<br />

con<strong>di</strong>zione che nella suddetta documentazione sia precisata la data <strong>di</strong> ultimazione dei lavori che<br />

deve essere contenuta entro il termine <strong>di</strong> tre mesi dalla data <strong>di</strong> rilascio del nulla osta.<br />

...omissis...<br />

L’ispettore regionale, sentito il comitato tecnico regionale <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong>, <strong>di</strong> cui<br />

all’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, si pronuncia<br />

entro sessanta giorni dalla ricezione, dandone contestuale comunicazione al comando ed al<br />

richiedente. L’ispettore regionale dei vigili del fuoco trasmette ai competenti organi tecnici<br />

centrali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco i dati inerenti alle deroghe esaminate per la<br />

costituzione <strong>di</strong> una banca dati, da utilizzare per garantire i necessari in<strong>di</strong>rizzi e l’uniformità<br />

applicativa nei proce<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> deroga.<br />

3. limitazione del carico d’incen<strong>di</strong>o<br />

3.1. Per le attività <strong>di</strong> cui ai punti 85 e 86 del D. M. 16 febbraio 1982 (G. U. n. 98 del 9 aprile<br />

1982), il carico d’incen<strong>di</strong>o non può superare i seguenti valori:<br />

30 kg/m2 per locali ai piani fuori terra;<br />

20 kg/m2 per locali al 1o e 2° piano interrato;<br />

15 kg/m2 per locali oltre il 2° piano interrato.<br />

I valori suddetti del carico d’incen<strong>di</strong>o possono essere raddoppiati quando sono installati impianti<br />

<strong>di</strong> estinzione ad attivazione automatica. Per i locali ai piani fuori terra i valori del carico<br />

d’incen<strong>di</strong>o possono essere raddoppiati anche in presenza d’impianti <strong>di</strong> rivelazione automatica<br />

d’incen<strong>di</strong>o.<br />

Negli atri, nei corridoi <strong>di</strong> <strong>di</strong>simpegno, nelle scale, nelle rampe e nei passaggi in genere, il carico<br />

d’incen<strong>di</strong>o non può superare i 10 kg/m2.<br />

3.2. Per le attività <strong>di</strong> cui ai punti 82 e 89 del D. M. 16 febbraio 1982 (G. U. n. 98 del 9 aprile<br />

1982), sprovviste <strong>di</strong> servizio <strong>di</strong> vigilanza aziendale durante le ore <strong>di</strong> attività o <strong>di</strong> sistema <strong>di</strong><br />

estinzione automatica o <strong>di</strong> rivelazione d’incen<strong>di</strong>o, il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o non può superare 50<br />

kg/m2.<br />

Nelle scale e nelle rampe il carico d’incen<strong>di</strong>o non può superare i 10 kg/m2.<br />

3.3. Per gli e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> cui al punto 94 del D. M. 16 febbraio 1982 (G. U. n. 98 del 9 aprile 1982), il<br />

carico d’incen<strong>di</strong>o non può superare i seguenti valori:<br />

20 kg/m2 per locali al 1o e 2° piano interrato;<br />

15 kg/m2 per locali oltre il 2° piano interrato é consentita la comunicazione dei piani interrati con<br />

i vani scala e/o ascensori, ove non sia possibile documentare tali valori per il carico d’incen<strong>di</strong>o,<br />

purché vengano interposte porte a chiusura automatica aventi resistenza al fuoco non inferiore a<br />

30’.<br />

... omissis...<br />

6. Comportamento al fuoco delle strutture<br />

6.1. I locali dove si tengono in deposito o si manipolano sostanze capaci <strong>di</strong> emettere, a<br />

temperatura or<strong>di</strong>naria, vapori in quantità tali da produrre, se mescolati con l’aria dell’ambiente,<br />

miscele esplosive o infiammabili, devono essere realizzati con strutture portanti non combustibili.<br />

Sono consentite strutture portanti in legno purché sia certificato che la sezione residua, dopo un<br />

tempo pari al valore del carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, calcolato come da circolare del Ministero dell’interno<br />

n. 91 del 14 settembre 1961, conservi la stabilità R, in relazione ai carichi cui è sottoposta,<br />

essendo noto che le <strong>di</strong>mensioni degli elementi strutturali si riducono sotto l’azione del fuoco<br />

secondo i seguenti valori:<br />

Travi estradosso e laterali 0,8 mm/min<br />

intradosso 1,1 mm/min


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

401<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

Pilastri 0,7 mm/min<br />

Altre strutture orizzontali 1,1 mm/min<br />

Le finalità <strong>di</strong> cui sopra possono essere raggiunte anche con interventi protettivi realizzati con<br />

materiali certificati.<br />

6.2. Per i locali <strong>di</strong> cui al punto 83 del D. M. 16 febbraio 1982 (G. U. n. 98 del 9 aprile 1982), si<br />

applicano gli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 del D. M. 6 luglio 1983 (G. U. n. 201 del 23 luglio 1983), e<br />

successive mo<strong>di</strong>ficazioni <strong>di</strong> cui al D. M. 28 agosto 1984 (G. U. n. 246 del 6 settembre 1984),<br />

nonché quanto consentito dal D. M. 4 febbraio 1985 (G. U. n. 49 del 26 febbraio 1985). Anche in<br />

questo caso sono consentite strutture portanti in legno la cui stabilità R deve essere certificata con<br />

le stesse determinazioni <strong>di</strong> cui al punto precedente.<br />

6.3. Per le attività <strong>di</strong> cui ai punti 85, 86 e 89 del D. M. 16 febbraio 1982 (G. U. n. 98 del 9 aprile<br />

1982), i tendaggi, se posti in opera negli atrii, nei corridoi <strong>di</strong> <strong>di</strong>simpegno esterni ai locali dagli<br />

stessi serviti, nelle scale e nelle rampe, devono essere <strong>di</strong> classe I <strong>di</strong> reazione al fuoco, secondo il<br />

D. M. 26 giugno 1984 (G. U. n. 234 del 25 agosto 1984), e alle con<strong>di</strong>zioni stabilite dal D. M. 4<br />

febbraio 1985 (G. U. n. 49 del 26 febbraio 1985). Limitatamente all’attività <strong>di</strong> cui al punto 89,<br />

negli atrii e nei corridoi <strong>di</strong> <strong>di</strong>simpegno esterni ai locali stessi serviti, nelle scale e nelle rampe<br />

possono essere mantenuti in opera tendaggi non rispondenti al requisito <strong>di</strong> cui al comma<br />

precedente purché siano installati impianti automatici d’estinzione o <strong>di</strong> rivelazione d’incen<strong>di</strong>o,<br />

ovvero, nell’ambito delle attività, siano assicurati i servizi <strong>di</strong> emergenza contro gli incen<strong>di</strong>, come<br />

da successivo punto n. 9.<br />

... omissis...<br />

11. Attività <strong>di</strong> cui al punto 92 del d. m. 16 febbraio 1982 (g. u. n. 98 del 9 aprile 1982)<br />

autorimesse<br />

L’aerazione naturale deve essere non inferiore ad 1/30 della superficie in pianta del locale. Ove<br />

non sia possibile raggiungere per l’aerazione naturale il rapporto <strong>di</strong> superfici prescritto, è ammesso il<br />

ricorso all’aerazione meccanica con portata <strong>di</strong> almeno 3 ricambi orari semprechè sia assicurata una<br />

superficie <strong>di</strong> aerazione naturale pari ad almeno il 50% <strong>di</strong> quella prescritta. E’ vietato:<br />

⋅ usare fiamme libere;<br />

⋅ depositare sostanze infiammabili;<br />

⋅ parcheggiare automezzi funzionanti a g.p.l.;<br />

⋅<br />

⋅<br />

eseguire riparazioni a caldo e prove motori;<br />

fumare.<br />

Le autorimesse devono essere separate da altri ambienti a <strong>di</strong>versa utilizzazione con strutture <strong>di</strong><br />

resistenza al fuoco non inferiore a REI 30. Per le autorimesse pubbliche non è consentita la<br />

comunicazione con vani scala ed ascensori che non siano ad esclusivo uso delle stesse; per le<br />

autorimesse ad uso privato ivi comprese quelle a servizio <strong>di</strong> uffici, è consentita la comunicazione con<br />

vani scale ed ascensori me<strong>di</strong>ante porte metalliche piene con autochiusura. La capacità <strong>di</strong> parcamento<br />

deve essere <strong>di</strong>chiarata dal titolare dell’attività sotto la propria responsabilità secondo le in<strong>di</strong>cazioni<br />

contenute nella circolare del Ministero dell’interno n. 2 del 16 gennaio 1982.<br />

La superficie massima <strong>di</strong> ogni compartimento deve essere conforme alla tabella 2.30 del D. M. 20<br />

novembre 1981 (G. U. n. 333 del 3 <strong>di</strong>cembre 1981) con tolleranza del 15%. Deve essere installato n. 1<br />

idrante per capacità <strong>di</strong> parcamento superiore a 50 autoveicoli e n. 1 estintore <strong>di</strong> tipo approvato con<br />

capacità estinguente non inferiore a 21A, 89B ogni 20 autoveicoli.<br />

Le uscite <strong>di</strong> sicurezza per le persone verso spazi a cielo libero o grigliato devono essere facilmente<br />

accessibili, apribili dall’interno, <strong>di</strong> larghezza non inferiore a 0,60 m e raggiungibili con percorsi non<br />

superiori a 40 m o 50 m se i locali sono dotati <strong>di</strong> impianto <strong>di</strong> spegnimento automatico.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

402<br />

12. Attività <strong>di</strong> cui al punto 95 del d. m. 16 febbraio 1982 (g. u. n. 98 del 9 aprile 1982)<br />

Il vano ascensore non può comunicare <strong>di</strong>rettamente con autorimesse pubbliche, impianti <strong>di</strong><br />

produzione <strong>di</strong> calore (con esclusione <strong>di</strong> cucine e lavaggio stoviglie) e deve essere, da tale attività,<br />

separato con elementi costruttivi <strong>di</strong> resistenza al fuoco non inferiore a REI 30.<br />

I vani montacarichi non possono comunicare <strong>di</strong>rettamente con i locali depositi ad eccezione degli<br />

impianti a servizio <strong>di</strong> attività industriali e commerciali.<br />

L’aerazione naturale dall’esterno, per il vano corsa, se <strong>di</strong> tipo chiuso, e per il locale macchine deve<br />

essere non inferiore a 0,05 m3.<br />

Ove non sia possibile raggiungere per l’aerazione naturale il rapporto <strong>di</strong> superfici prescritto, è<br />

ammesso il ricorso all’aerazione meccanica con portata <strong>di</strong> almeno 3 ricambi orari semprechè sia<br />

assicurata una superficie <strong>di</strong> aerazione naturale pari ad almeno il 50% <strong>di</strong> quella prescritta.<br />

Le porte <strong>di</strong> accesso al locale macchine devono essere <strong>di</strong> materiale non combustibile.<br />

13. Depositi <strong>di</strong> sostanze infiammabili a servizio delle attività <strong>di</strong> cui ai punti 85,86,89 del<br />

DM. 16 febbraio 1982 (GU. n. 98 del 9 aprile 1982).<br />

La presente <strong>di</strong>rettiva si applica ai depositi costituiti da contenitori <strong>di</strong> capacità geometrica unitaria<br />

superiore a litri 2 <strong>di</strong> infiammabili liqui<strong>di</strong>, gassosi liquefatti o <strong>di</strong>sciolti.<br />

I locali destinati a tali depositi devono avere una aerazione naturale non inferiore ad 1/30 della<br />

loro superficie in pianta.<br />

La separazione con altri ambienti deve avvenire con strutture <strong>di</strong> resistenza al fuoco non inferiore<br />

a REI 30 senza comunicazioni.<br />

Gli accessi devono avvenire unicamente da spazi a cielo libero o tramite filtro a prova <strong>di</strong> fumo.<br />

Le attrezzature mobili <strong>di</strong> estinzione devono essere costituite da n. 1 estintore <strong>di</strong> tipo approvato<br />

con capacità estinguente non inferiore a 21A, 89B per ogni locale.<br />

E’ consentito tenere in deposito ai piani fuori terra e non oltre il 2° piano interrato i seguenti<br />

quantitativi massimi <strong>di</strong> sostanze infiammabili: liqui<strong>di</strong> litri 300, gas compressi m3 0,25, gas <strong>di</strong>sciolti<br />

liquefatti kg 25.<br />

Per i depositi ubicati ai piani interrati deve essere installato un impianto <strong>di</strong> rivelazione <strong>di</strong> fughe <strong>di</strong><br />

gas. E’ vietato depositare insieme nello stesso locale liqui<strong>di</strong> infiammabili, gas compressi, gas <strong>di</strong>sciolti o<br />

liquefatti, materiali combustibili, gas comburenti.<br />

14. Spazi a<strong>di</strong>biti a depositi <strong>di</strong> materiali soli<strong>di</strong> combustibili, archivi, biblioteche a servizio<br />

delle attività <strong>di</strong> cui ai punti 85, 86, 89 del DM. 16 febbraio 1982 (g. u. n. 98 del 9 aprile 1982) con carico<br />

d’incen<strong>di</strong>o superiore a quanto previsto al punto 3 del presente allegato<br />

I locali oggetto della presente <strong>di</strong>rettiva devono avere una aerazione naturale, realizzata<br />

eventualmente anche a mezzo <strong>di</strong> aperture munite <strong>di</strong> infissi, non inferiore ad 1/40 della loro superficie<br />

in pianta per ambienti sino a 400 m3 e <strong>di</strong> 1/50 per la superficie eccedente i 400 m3.<br />

Ove non sia possibile raggiungere per l’aerazione naturale il rapporto <strong>di</strong> superfici prescritte, è<br />

ammesso il ricorso all’aerazione meccanica con portata <strong>di</strong> almeno 2 ricambi orari semprechè sia<br />

assicurata una superficie <strong>di</strong> aerazione naturale pari ad almeno il 25% <strong>di</strong> quella prescritta.<br />

I locali possono essere ubicati ai piani fuori terra e non oltre il 2° piano interrato; è vietato il<br />

deposito <strong>di</strong> sostanze infiammabili.<br />

La separazione con altri ambienti ai piani interrati deve avvenire con strutture <strong>di</strong> resistenza al<br />

fuoco non inferiore a REI 30 senza comunicazioni.<br />

Nei piani interrati gli accessi possono avvenire dall’interno con vani provvisti <strong>di</strong> porte metalliche<br />

piene con autochiusura.<br />

Le attrezzature mobili <strong>di</strong> estinzione devono essere costituite da n. 1 estintore, <strong>di</strong> tipo approvato,<br />

<strong>di</strong> capacità estinguente non inferiore a 13A, ogni 200 m3 <strong>di</strong> superficie.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

403<br />

16.4 D.M. 10/03/1998 – SICUREZZA INCENDIO NELLE ZONE DI EMERGENZA DEI<br />

LUOGHI DI LAVORO<br />

⋅<br />

⋅<br />

Arti. 1 Oggetto campo <strong>di</strong> applicazione<br />

1. Il presente decreto stabilisce, ...omissis..., i criteri per la valutazione dei rischi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o nei<br />

luoghi <strong>di</strong> lavoro ed in<strong>di</strong>ca le misure <strong>di</strong> prevenzione e <strong>di</strong> protezione antincen<strong>di</strong>o da adottare, al fine<br />

<strong>di</strong> ridurre l’insorgenza <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi.<br />

2. Il presente decreto si applica alle attività che si svolgono nei luoghi <strong>di</strong> lavoro come definiti<br />

dall’Art. ...omissis... <strong>di</strong> seguito denominato decreto legislativo n. 626/1994.<br />

⋅ 3. Per le attività che si svolgono nei cantieri temporanei o mobili <strong>di</strong> cui al decreto legislativo 19<br />

settembre 1996, n. 494, e per le attività industriali <strong>di</strong> cui all’Art. 1 del decreto del Presidente della<br />

Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, e successive mo<strong>di</strong>fiche, soggette all’obbligo della<br />

<strong>di</strong>chiarazione ovvero della notifica, ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso, le <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong><br />

cui al presente decreto si applicano limitatamente alle prescrizioni <strong>di</strong> cui agli articoli 6 e 7.<br />

...omissis...<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

Art. 3 misure preventive, protettive e precauzionali <strong>di</strong> esercizio<br />

...omissis...<br />

c) realizzare le misure per una rapida segnalazione dell’incen<strong>di</strong>o al fine <strong>di</strong> garantire l’attivazione<br />

dei sistemi <strong>di</strong> allarme e delle procedure <strong>di</strong> intervento, in conformità ai criteri <strong>di</strong> cui all’allegato IV;<br />

...omissis...<br />

Art. 4 controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincen<strong>di</strong>o<br />

1. Gli interventi <strong>di</strong> manutenzione ed i controlli sugli impianti e sulle attrezzature <strong>di</strong> protezione<br />

antincen<strong>di</strong>o sono effettuati nel rispetto delle <strong>di</strong>sposizioni legislative e regolamentari vigenti, delle<br />

norme <strong>di</strong> buona tecnica emanate dagli organismi <strong>di</strong> normalizzazione nazionali ed europei o, in<br />

assenza <strong>di</strong> dette norme <strong>di</strong> buona tecnica, delle istruzioni fornite dal fabbricante e/o<br />

dall’installatore.<br />

Art. 8 <strong>di</strong>sposizioni transitorie e finali<br />

...omissis...<br />

2. Sono fatti salvi i corsi <strong>di</strong> formazione degli addetti alla prevenzione incen<strong>di</strong>, lotta antincen<strong>di</strong>o e<br />

gestione delle emergenze, ultimati entro la data <strong>di</strong> entrata in vigore del presente decreto.<br />

...omissis...<br />

16.4.1 LINEE GUIDA PER LA VALUTAZIONE DEI RISCHI DI INCENDIO NEI<br />

LUOGHI DI LAVORO<br />

1.3.obiettivi della valutazione dei rischi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

La valutazione dei rischi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o deve consentire al datore <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> prendere i<br />

provve<strong>di</strong>menti che sono effettivamente necessari per salvaguardare la sicurezza dei lavoratori e delle<br />

altre persone presenti nel luogo <strong>di</strong> lavoro. Questi provve<strong>di</strong>menti comprendono:<br />

⋅ la prevenzione dei rischi;<br />

⋅ l’informazione dei lavoratori e delle altre persone presenti;<br />

⋅<br />

⋅<br />

la formazione dei lavoratori;<br />

le misure tecnico organizzative destinate a porre in atto i provve<strong>di</strong>menti necessari.<br />

La prevenzione dei rischi costituisce uno degli obiettivi primari della valutazione dei rischi. Nei<br />

casi in cui non è possibile eliminare i rischi essi devono essere <strong>di</strong>minuiti nella misura del possibile e<br />

devono essere tenuti sotto controllo i rischi residui, tenendo conto delle misure generali <strong>di</strong> tutela <strong>di</strong> cui<br />

all’Art. 3 del decreto legislativo n. 626. La valutazione del rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o tiene conto:<br />

⋅<br />

⋅<br />

del tipo <strong>di</strong> attività;<br />

dei materiali immagazzinati e manipolati;


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

404<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

delle attrezzature presenti nel luogo <strong>di</strong> lavoro compresi gli arre<strong>di</strong>;<br />

delle caratteristiche costruttive del luogo <strong>di</strong> lavoro compresi i materiali <strong>di</strong> rivestimento;<br />

delle <strong>di</strong>mensioni e dell’articolazione del luogo <strong>di</strong> lavoro;<br />

del numero <strong>di</strong> persone presenti, siano esse lavoratori <strong>di</strong>pendenti che altre persone, e della loro<br />

prontezza ad allontanarsi in caso <strong>di</strong> emergenza.<br />

1.4.criteri per procedere alla valutazione dei rischi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

La valutazione dei rischi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o si articola nelle seguenti fasi:<br />

in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> ogni pericolo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o (p.e. sostanze facilmente combustibili e infiammabili,<br />

sorgenti <strong>di</strong> innesco, situazioni che possono determinare la facile propagazione dell’incen<strong>di</strong>o);<br />

in<strong>di</strong>viduazione dei lavoratori e <strong>di</strong> altre persone presenti nel luogo <strong>di</strong> lavoro esposte a rischi <strong>di</strong><br />

incen<strong>di</strong>o;<br />

eliminazione o riduzione dei pericoli <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o;<br />

valutazione del rischio residuo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o;<br />

verifica della adeguatezza delle misure <strong>di</strong> sicurezza esistenti ovvero in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> eventuali<br />

ulteriori provve<strong>di</strong>menti e misure necessarie ad eliminare o ridurre i rischi residui <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o.<br />

1.4.1. Identificazione dei pericoli <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

1.4.1.1. Materiali combustibili e/o infiammabili<br />

I materiali combustibili se sono in quantità limitata,correttamente manipolati e depositati in<br />

sicurezza, possono non costituire oggetto <strong>di</strong> particolare valutazione. Alcuni materiali presenti nei luoghi<br />

<strong>di</strong> lavoro costituiscono pericolo potenziale poiché essi sono facilmente combustibili od infiammabili o<br />

possono facilitare il rapido sviluppo <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o. A titolo esemplificativo essi sono:<br />

⋅ vernici e solventi infiammabili; adesivi infiammabili<br />

⋅ gas infiammabili;<br />

⋅ gran<strong>di</strong> quantitativi <strong>di</strong> carta e materiali <strong>di</strong> imballaggio;<br />

⋅ materiali plastici, in particolare sotto forma <strong>di</strong> schiuma<br />

⋅ gran<strong>di</strong> quantità <strong>di</strong> manufatti infiammabili;<br />

⋅ prodotti chimici che possono essere da soli infiammabili o che possono reagire con altre<br />

sostanze provocando un incen<strong>di</strong>o;<br />

⋅ prodotti derivati dalla lavorazione del petrolio;<br />

⋅ vaste superfici <strong>di</strong> pareti o solai rivestite con materiali facilmente combustibili.<br />

1.4.1.2. Sorgenti <strong>di</strong> innesco<br />

Nei luoghi <strong>di</strong> lavoro possono essere presenti anche sorgenti <strong>di</strong> innesco e fonti <strong>di</strong> calore che<br />

costituiscono cause potenziali <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o o che possono favorire la propagazione <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o. Tali<br />

fonti, in alcuni casi, possono essere <strong>di</strong> imme<strong>di</strong>ata identificazione mentre, in altri casi, possono essere<br />

conseguenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti meccanici od elettrici. A titolo esemplificativo si citano:<br />

⋅ presenza <strong>di</strong> fiamme o scintille dovute a processi <strong>di</strong> lavoro, quali taglio, affilatura, saldatura;<br />

⋅ presenza <strong>di</strong> sorgenti <strong>di</strong> calore causate da attriti;<br />

⋅ presenza <strong>di</strong> macchine ed apparecchiature in cui si produce calore non installate e utilizzate<br />

secondo le norme <strong>di</strong> buona tecnica;<br />

⋅ uso <strong>di</strong> fiamme libere;<br />

⋅ presenza <strong>di</strong> attrezzature elettriche non installate e utilizzate secondo le norme <strong>di</strong> buona tecnica.<br />

...omissis...<br />

⋅ 1.4.3.2. Misure per ridurre i pericoli causati da sorgenti <strong>di</strong> calore<br />

...omissis...


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

405<br />

16.4.2 CLASSIFICAZIONE DEL LIVELLO DI RISCHIO DI INCENDIO<br />

Sulla base della valutazione dei rischi è possibile classificare il livello <strong>di</strong> rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

dell’intero luogo <strong>di</strong> lavoro o <strong>di</strong> ogni parte <strong>di</strong> esso: tale livello può essere basso, me<strong>di</strong>o o elevato.<br />

A. Luoghi <strong>di</strong> lavoro a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o BASSO<br />

Si intendono a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o basso i luoghi <strong>di</strong> lavoro o parte <strong>di</strong> essi, in cui sono presenti<br />

sostanze a basso tasso <strong>di</strong> infiammabilità e le con<strong>di</strong>zioni locali e <strong>di</strong> esercizio offrono scarse possibilità <strong>di</strong><br />

sviluppo <strong>di</strong> principi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o ed in cui, in caso <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, la probabilità <strong>di</strong> propagazione dello stesso<br />

è da ritenersi limitata.<br />

B. Luoghi <strong>di</strong> lavoro a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o MEDIO<br />

Si intendono a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o me<strong>di</strong>o i luoghi <strong>di</strong> lavoro o parte <strong>di</strong> essi, in cui sono presenti<br />

sostanze infiammabili e/o con<strong>di</strong>zioni locali e/o <strong>di</strong> esercizio che possono favorire lo sviluppo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>,<br />

ma nei quali, in caso <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, la probabilità <strong>di</strong> propagazione dello stesso è da ritenersi limitata. Si<br />

riportano in allegato IX, esempi <strong>di</strong> luoghi <strong>di</strong> lavoro a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o me<strong>di</strong>o.<br />

C. Luoghi <strong>di</strong> lavoro a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o ELEVATO<br />

Si intendono a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o elevato i luoghi <strong>di</strong> lavoro o parte <strong>di</strong> essi, in cui:<br />

⋅ per presenza <strong>di</strong> sostanze altamente infiammabili e/o per le con<strong>di</strong>zioni locali e/o <strong>di</strong> esercizio<br />

sussistono notevoli probabilità <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong> e nella fase iniziale sussistono forti<br />

probabilità <strong>di</strong> propagazione delle fiamme, ovvero non è possibile la classificazione come luogo a<br />

rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o basso o me<strong>di</strong>o. Tali luoghi comprendono:<br />

⋅ aree dove i processi lavorativi comportano l’utilizzo <strong>di</strong> sostanze altamente infiammabili (p.e.<br />

impianti <strong>di</strong> verniciatura), o <strong>di</strong> fiamme libere, o la produzione <strong>di</strong> notevole calore in presenza <strong>di</strong><br />

materiali combustibili;<br />

⋅ aree dove c’è deposito o manipolazione <strong>di</strong> sostanze chimiche che possono, in determinate<br />

circostanze, produrre reazioni esotermiche, emanare gas o vapori infiammabili, o reagire con altre<br />

sostanze combustibili;<br />

⋅ aree dove vengono depositate o manipolate sostanze esplosive o altamente infiammabili;<br />

⋅ aree dove c’è una notevole quantità <strong>di</strong> materiali combustibili che sono facilmente incen<strong>di</strong>abili;<br />

⋅ e<strong>di</strong>fici interamente realizzati con strutture in legno.<br />

Al fine <strong>di</strong> classificare un luogo <strong>di</strong> lavoro o una parte <strong>di</strong> esso come avente rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

elevato occorre inoltre tenere presente che:<br />

⋅ molti luoghi <strong>di</strong> lavoro si classificano della stessa categoria <strong>di</strong> rischio in ogni parte. Ma una<br />

qualunque area a rischio elevato può elevare il livello <strong>di</strong> rischio dell’intero luogo <strong>di</strong> lavoro, salvo<br />

che l’area interessata sia separata dal resto del luogo attraverso elementi separanti resistenti al<br />

fuoco;<br />

⋅ una categoria <strong>di</strong> rischio elevata può essere ridotta se il processo <strong>di</strong> lavoro è gestito accuratamente<br />

e le vie <strong>di</strong> esodo sono protette contro l’incen<strong>di</strong>o;<br />

⋅ nei luoghi <strong>di</strong> lavoro gran<strong>di</strong> o complessi, è possibile ridurre il livello <strong>di</strong> rischio attraverso misure <strong>di</strong><br />

protezione attiva <strong>di</strong> tipo automatico quali impianti automatici <strong>di</strong> spegnimento, impianti automatici<br />

<strong>di</strong> rivelazione incen<strong>di</strong> o impianti <strong>di</strong> estrazione fumi.<br />

...omissis...<br />

1.4.5. Adeguatezza delle misure <strong>di</strong> sicurezza<br />

Nelle attività soggette al controllo obbligatorio da parte dei Coman<strong>di</strong> provinciali dei vigili del<br />

fuoco, che hanno attuato le misure previste dalla vigente normativa, in particolare per quanto attiene il<br />

comportamento al fuoco delle strutture e dei materiali, compartimentazioni, vie <strong>di</strong> esodo, mezzi <strong>di</strong><br />

spegnimento, sistemi <strong>di</strong> rivelazione ed allarme, impianti tecnologici, è da ritenere che le misure attuate<br />

in conformità alle vigenti <strong>di</strong>sposizioni siano adeguate.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

406<br />

Per le restanti attività, fermo restando l’obbligo <strong>di</strong> osservare le normative vigenti ad esse<br />

applicabili, ciò potrà invece essere stabilito seguendo i criteri relativi alle misure <strong>di</strong> prevenzione e<br />

protezione riportati nel presente allegato.<br />

Qualora non sia possibile il pieno rispetto delle misure previste nel presente allegato, si dovrà<br />

provvedere ad altre misure <strong>di</strong> sicurezza compensative. In generale l’adozione <strong>di</strong> una o più delle seguenti<br />

misure possono essere considerate compensative:<br />

...omissis...<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

C. Rivelazione ed allarme antincen<strong>di</strong>o<br />

installazione <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> allarme più efficiente (p.e. sostituendo un allarme azionato<br />

manualmente con uno <strong>di</strong> tipo automatico);<br />

riduzione della <strong>di</strong>stanza tra i <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> segnalazione manuale <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o;<br />

installazione <strong>di</strong> impianto automatico <strong>di</strong> rivelazione incen<strong>di</strong>o;<br />

miglioramento del tipo <strong>di</strong> allertamento in caso <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o (p.e. con segnali ottici in aggiunta a<br />

quelli sonori, con sistemi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione messaggi tramite altoparlante, ecc.;<br />

...omissis...<br />

16.4.3 MISURE INTESE A RIDURRE LA PROBABILITÀ DI INSORGENZA<br />

DEGLI INCENDI<br />

Generalità<br />

All’esito della valutazione dei rischi devono essere adottate una o più tra le seguenti misure intese<br />

a ridurre la probabilità <strong>di</strong> insorgenza degli incen<strong>di</strong>.<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

A) Misure <strong>di</strong> tipo tecnico:<br />

...omissis...<br />

ventilazione degli ambienti in presenza <strong>di</strong> vapori, gas o polveri infiammabili;<br />

adozione <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> sicurezza.<br />

...omissis...<br />

3.8. Misure per limitare la propagazione dell’incen<strong>di</strong>o<br />

⋅ A) Accorgimenti per la presenza <strong>di</strong> aperture su pareti e/o solai Le aperture o il passaggio <strong>di</strong><br />

condotte o tubazioni, su solai, pareti e soffitti, possono contribuire in maniera significativa alla<br />

rapida propagazione <strong>di</strong> fumo, fiamme e calore e possono impe<strong>di</strong>re il sicuro utilizzo delle vie <strong>di</strong><br />

uscita.<br />

Misure per limitare le conseguenze <strong>di</strong> cui sopra includono:<br />

⋅ provve<strong>di</strong>menti finalizzati a contenere fiamme e fumo;<br />

⋅ installazione <strong>di</strong> serrande tagliafuoco sui condotti.<br />

Tali provve<strong>di</strong>menti sono particolarmente importanti quando le tubazioni attraversano muri o<br />

solai resistenti al fuoco.<br />

Allegato II<br />

MISURE PER LA RIVELAZIONE E L’ALLARME IN CASO DI INCENDIO<br />

....omissis....<br />

4.1. Obiettivo<br />

L’obiettivo delle misure per la rivelazione degli incen<strong>di</strong> e l’allarme è <strong>di</strong> assicurare che le persone<br />

presenti nel luogo <strong>di</strong> lavoro siano avvisate <strong>di</strong> un principio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o prima che esso minacci la loro<br />

incolumità. L’allarme deve dare avvio alla procedura per l’evacuazione del luogo <strong>di</strong> lavoro nonché<br />

l’attivazione delle procedure d’intervento.<br />

....omissis....


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

407<br />

4.3. Misure per i luoghi <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni o complessi<br />

Nei luoghi <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni o complessi, il sistema <strong>di</strong> allarme deve essere <strong>di</strong> tipo<br />

elettrico. Il segnale <strong>di</strong> allarme deve essere u<strong>di</strong>bile chiaramente in tutto il luogo <strong>di</strong> lavoro o in quelle parti<br />

dove l’allarme è necessario.<br />

In quelle parti dove il livello <strong>di</strong> rumore può essere elevato, o in quelle situazioni dove il solo<br />

allarme acustico non è sufficiente, devono essere installati in aggiunta agli allarmi acustici anche<br />

segnalazioni ottiche. I segnali ottici non possono mai essere utilizzati come <strong>unico</strong> mezzo <strong>di</strong> allarme.<br />

....omissis....<br />

4.5. Rivelazione automatica <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

....omissis....Nella gran parte dei luoghi <strong>di</strong> lavoro un sistema <strong>di</strong> rivelazione incen<strong>di</strong>o a comando<br />

manuale può essere sufficiente, tuttavia ci sono delle circostanze in cui una rivelazione automatica <strong>di</strong><br />

incen<strong>di</strong>o è da ritenersi essenziale ai fini della sicurezza delle persone. Nei luoghi <strong>di</strong> lavoro costituiti da<br />

attività ricettive, l’installazione <strong>di</strong> impianti <strong>di</strong> rivelazione automatica <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o deve essere<br />

normalmente prevista. In altri luoghi <strong>di</strong> lavoro dove il sistema <strong>di</strong> vie <strong>di</strong> esodo non rispetta le misure<br />

in<strong>di</strong>cate nel presente allegato, si può prevedere l’installazione <strong>di</strong> un sistema automatico <strong>di</strong> rivelazione<br />

quale misura compensativa.<br />

Un impianto automatico <strong>di</strong> rivelazione può essere previsto in aree non frequentate ove un<br />

incen<strong>di</strong>o potrebbe svilupparsi ed essere scoperto solo dopo che ha interessato le vie <strong>di</strong> esodo.<br />

Se un allarme viene attivato, sia tramite un impianto <strong>di</strong> rivelazione automatica che un sistema a<br />

comando manuale, i due sistemi devono essere tra loro integrati.<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

ATTREZZATURE ED IMPIANTI DI ESTINZIONE DEGLI INCENDI<br />

5.1 Classificazione degli incen<strong>di</strong><br />

Ai fini del presente decreto, gli incen<strong>di</strong> sono classificati come segue:<br />

incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe A: incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> materiali soli<strong>di</strong>, usualmente <strong>di</strong> natura organica, che portano alle<br />

formazioni <strong>di</strong> braci;<br />

incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe B: incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> materiali liqui<strong>di</strong> o soli<strong>di</strong> liquefacibili, quali petrolio, paraffina,<br />

vernici, oli, grassi, ecc.;<br />

incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe C: incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> gas;<br />

incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe D: incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> sostanze metalliche.<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe A<br />

L’acqua, la schiuma e la polvere sono le sostanze estinguenti più comunemente utilizzate per tali<br />

incen<strong>di</strong>. Le attrezzature utilizzanti gli estinguenti citati sono estintori, naspi, idranti, od altri impianti <strong>di</strong><br />

estinzione ad acqua.<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe B<br />

Per questo tipo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong> gli estinguenti più comunemente utilizzati sono costituiti da schiuma,<br />

polvere e anidride carbonica.<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe C<br />

L’intervento principale contro tali incen<strong>di</strong> è quello <strong>di</strong> bloccare il flusso <strong>di</strong> gas chiudendo la valvola<br />

<strong>di</strong> intercettazione o otturando la falla. A tale proposito si richiama il fatto che esiste il rischio <strong>di</strong><br />

esplosione se un incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> gas viene estinto prima <strong>di</strong> intercettare il flusso del gas.<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe D<br />

Nessuno degli estinguenti normalmente utilizzati per gli incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe A e B è idoneo per<br />

incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> sostanze metalliche che bruciano (alluminio, magnesio, potassio, so<strong>di</strong>o). In tali incen<strong>di</strong><br />

occorre utilizzare delle polveri speciali od operare con personale particolarmente addestrato.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

408<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> impianti ed attrezzature elettriche sotto tensione<br />

Gli estinguenti specifici per incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> impianti elettrici sono costituiti da polveri <strong>di</strong>elettriche e da<br />

anidride carbonica....omissis...<br />

6.4. Attrezzature ed impianti <strong>di</strong> protezione antincen<strong>di</strong>o<br />

Il datore <strong>di</strong> lavoro è responsabile del mantenimento delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> efficienza delle<br />

attrezzature ed impianti <strong>di</strong> protezione antincen<strong>di</strong>o.<br />

Il datore <strong>di</strong> lavoro deve attuare la sorveglianza, il controllo e la manutenzione delle attrezzature<br />

ed impianti <strong>di</strong> protezione antincen<strong>di</strong>o in conformità a quanto previsto dalle <strong>di</strong>sposizioni legislative e<br />

regolamentari vigenti.<br />

Scopo dell’attività <strong>di</strong> sorveglianza, controllo e manutenzione è quello <strong>di</strong> rilevare e rimuovere<br />

qualunque causa, deficienza, danno od impe<strong>di</strong>mento che possa pregiu<strong>di</strong>care il corretto funzionamento<br />

ed uso dei presi<strong>di</strong> antincen<strong>di</strong>o.<br />

L’attività <strong>di</strong> controllo perio<strong>di</strong>ca e la manutenzione deve essere eseguita da personale competente e<br />

qualificato. ....<br />

…..omissis...<br />

9.2. Attività a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o elevato<br />

La classificazione <strong>di</strong> tali luoghi avviene secondo i criteri <strong>di</strong> cui all’allegato I al presente decreto. A<br />

titolo esemplificativo e non esaustivo si riporta un elenco <strong>di</strong> attività da considerare ad elevato rischio <strong>di</strong><br />

incen<strong>di</strong>o:<br />

⋅ industrie e depositi <strong>di</strong> cui agli articoli 4 e 6 del DPR n. 175/1988, e successive mo<strong>di</strong>fiche ed<br />

integrazioni;<br />

⋅ fabbriche e depositi <strong>di</strong> esplosivi;<br />

⋅ centrali termoelettriche;<br />

⋅ aziende estrattive <strong>di</strong> oli minerali e gas combustibili;<br />

⋅ impianti e laboratori nucleari;<br />

⋅ depositi al chiuso <strong>di</strong> materiali combustibili aventi superficie superiore a 20.000 m2;<br />

⋅ attività commerciali ed espositive con superficie aperta al pubblico superiore a 10.000 m2;<br />

⋅ scali aeroportuali, infrastrutture ferroviarie e metropolitane;<br />

⋅ alberghi con oltre 200 posti letto;<br />

⋅ ospedali, case <strong>di</strong> cura e case <strong>di</strong> ricovero per anziani;<br />

⋅ scuole <strong>di</strong> ogni or<strong>di</strong>ne e grado con oltre 1000 persone presenti;<br />

⋅ uffici con oltre 1000 <strong>di</strong>pendenti;<br />

⋅ cantieri temporanei o mobili in sotterraneo per la costruzione, manutenzione e riparazione <strong>di</strong><br />

gallerie, caverne, pozzi ed opere simili <strong>di</strong> lunghezza superiore a 50 m;<br />

⋅ cantieri temporanei o mobili ove si impiegano esplosivi.<br />

I corsi <strong>di</strong> formazione per gli addetti nelle sovrariportate attività devono essere basati sui contenuti<br />

e durate riportate nel corso C.<br />

⋅<br />

⋅<br />

9.3. Attività a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o me<strong>di</strong>o<br />

Rientrano in tale categoria <strong>di</strong> attività:<br />

i luoghi <strong>di</strong> lavoro compresi nell’allegato D.M. 16 febbraio 1982 e nelle tabelle A e B annesse al<br />

DPR n. 689 del 1959, con esclusione delle attività considerate a rischio elevato;<br />

i cantieri temporanei e mobili ove si detengono ed impiegano sostanze infiammabili e si fa uso<br />

<strong>di</strong> fiamme libere, esclusi quelli interamente all’aperto. La formazione dei lavoratori addetti in tali<br />

attività deve essere basata sui contenuti del corso B.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

409<br />

9.4. Attività a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o basso<br />

Rientrano in tale categoria <strong>di</strong> attività quelle non classificabili a me<strong>di</strong>o ed elevato rischio e dove, in<br />

generale, sono presenti sostanze scarsamente infiammabili, dove le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> esercizio offrono<br />

scarsa possibilità <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> focolai e ove non sussistono probabilità <strong>di</strong> propagazione delle fiamme.<br />

...omissis...<br />

16.5 CIRCOLARE N. 91 DEL 14/09/61<br />

Con l’aumento della produzione dei materiali ferrosi, che negli ultimi anni ha assunto un ritmo<br />

rapidamente crescente, si è reso possibile, anche dal punto <strong>di</strong> vista economico, l’utilizzazione dei<br />

profilati d’acciaio per la costituzione delle strutture portanti anche nelle costruzioni a<strong>di</strong>bite a fini civili.<br />

Tale impiego, che se effettuato in<strong>di</strong>scriminatamente, potrebbe determinare gravi pericoli per la<br />

stabilità degli e<strong>di</strong>fici in caso <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, ha consigliato lo stu<strong>di</strong>o e l’emanazione <strong>di</strong> apposite Norme<br />

<strong>di</strong>rette alla protezione delle persone presenti in tali costruzioni dai pericoli innanzi detti.<br />

Dopo un preventivo fondamentale stu<strong>di</strong>o delle Norme stesse condotto da apposita Commissione<br />

del Consiglio Nazionale delle Ricerche, questo Ministero ha pre<strong>di</strong>sposto un proprio schema che si<br />

allega alla presente.<br />

Le Norme tengono conto <strong>di</strong> esperienze sia estere che nazionali in materia nonché dalla pratica <strong>di</strong><br />

servizio che il Corpo Nazionale Vigili del fuoco ha nel campo <strong>di</strong> sua specifica competenza.<br />

Esse sono basate sul criterio fondamentale che la struttura debba resistere, senza rovinare,<br />

all’incen<strong>di</strong>o delle sostanze combustibili in essa contenute.<br />

Pertanto il grado <strong>di</strong> protezione delle strutture <strong>di</strong> acciaio varia secondo la qualità e la quantità dei<br />

materiale combustibili presenti nei singoli locali, nonché in base alla destinazione dei locali stessi, alla<br />

posizione ed al numero delle uscite, al pericolo della propagazione del fuoco ad altri fabbricati e<br />

finalmente alla rapi<strong>di</strong>tà ed importanza presuntiva del soccorso.<br />

Poichè gli elementi <strong>di</strong> valutazione della natura e dell’entità del rischio, nonchè della rapi<strong>di</strong>tà ed<br />

importanza dei mezzi <strong>di</strong> soccorso, devono essere determinati in sede <strong>di</strong> progetto, le <strong>di</strong>chiarazioni<br />

rilasciate dai richiedenti la licenza <strong>di</strong> costruzione debbono avere carattere vincolante per l’uso cui<br />

l’e<strong>di</strong>ficio sarà destinato.<br />

Le Norme <strong>di</strong> cui al testo allegato dovranno essere applicate per la formulazione del parere che, ai<br />

fini della sicurezza, i Coman<strong>di</strong> dei Vigili del fuoco esprimeranno in sede <strong>di</strong> approvazione dei progetti<br />

degli e<strong>di</strong>fici civili.<br />

...omissis...<br />

16.5.1 PREMESSE<br />

Le presenti Norme hanno lo scopo <strong>di</strong> fornire ai progettisti ed ai costruttori <strong>di</strong> fabbricati civili con<br />

struttura <strong>di</strong> acciaio i criteri per il proporzionamento della protezione contro il fuoco da <strong>di</strong>sporre a <strong>di</strong>fesa<br />

delle strutture metalliche, in modo che l’incen<strong>di</strong>o delle materie combustibili nel fabbricato si esaurisca<br />

prima che le strutture stesse raggiungano temperature tali da comprometterne la stabilità. Le Norme<br />

non si applicano ai fabbricati militari ed industriali.<br />

Sono valide tutte le norme <strong>di</strong> carattere <strong>di</strong>stributivo, costruttivo ed in genere <strong>di</strong> sicurezza previste<br />

dalle vigenti <strong>di</strong>sposizioni che <strong>di</strong>sciplinano la <strong>di</strong>stribuzione ed il funzionamento dei locali a<strong>di</strong>biti ad usi<br />

speciali.<br />

Per durata <strong>di</strong> resistenza al fuoco in forno si intende il tempo in minuti, misurato a partire<br />

dall’accensione del fuoco, dopo il quale l’elemento costruttivo considerato, sottoposto a prova a fuoco<br />

secondo la curva unificata <strong>di</strong> temperatura e le modalità delle prove in forno (1), perde la sua capacità<br />

portante.<br />

La durata <strong>di</strong> resistenza al fuoco effettiva <strong>di</strong> un locale o <strong>di</strong> una struttura, sottoposti ad incen<strong>di</strong>o<br />

reale, é in relazione <strong>di</strong>retta con la quantità <strong>di</strong> materiale combustibile presente, espressa dal “carico <strong>di</strong><br />

incen<strong>di</strong>o” ed é in ogni caso maggiore della durata <strong>di</strong> resistenza determinata eseguendo una prova in<br />

forno con curva unificata <strong>di</strong> temperatura e con lo stesso carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o.<br />

Il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o é espresso dalla quantità equivalente <strong>di</strong> legno per m², che si ottiene <strong>di</strong>videndo<br />

per 4.400 (potere calorifico superiore del legno) il numero <strong>di</strong> calorie per unità <strong>di</strong> superficie orizzontale del


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

410<br />

locale, o del piano considerato, che al massimo si possono sviluppare per effetto della combustione <strong>di</strong><br />

tutti i materiali combustibili presenti:<br />

q = Σg i H i / (A• 4400)<br />

dove:<br />

⋅ q é il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o (in kg legna / m²)<br />

⋅ gi il peso (in kg) del generico fra gli n combustibili che si prevedono presenti nel locale o<br />

nel piano nelle con<strong>di</strong>zioni più gravose <strong>di</strong> carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

⋅ H i é il potere calorifico (in kcal/kg) del generico fra gli n combustibili <strong>di</strong> peso g i ;<br />

⋅ A é la superficie orizzontale (in m²) del locale o del piano del fabbricato considerato<br />

⋅ 4.400 é il potere calorifico del legno (in kcal/kg).<br />

Le con<strong>di</strong>zioni più gravose del carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> un certo locale o piano sono quelle per le quali<br />

la sommatoria g i • H i è massima e vanno determinate esaminando le previste utilizzazioni dei locali e dei<br />

piani come <strong>di</strong>chiarato dal progettista e dal proprietario del fabbricato stesso.<br />

Gli elementi che determinano la durata <strong>di</strong> resistenza al fuoco durante le prove in forno sono<br />

riportati in Appen<strong>di</strong>ce (omissis).<br />

Poichè la durata <strong>di</strong> resistenza al fuoco viene determinata in base ai risultati della prova <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

unificata eseguita in forno le presenti Norme forniscono gli elementi necessari per stabilire la relazione<br />

che esiste far l’incen<strong>di</strong>o reale e l’incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> prova in forno. Il proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> determinazione <strong>di</strong> questi<br />

elementi si basa sulla valutazione statistica dei vari fattori che influiscono sulla durata <strong>di</strong> resistenza al<br />

fuoco effettiva in casi normali <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o.<br />

...omissis...<br />

Art. 3. classi <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici<br />

Per i fabbricati civili con struttura <strong>di</strong> acciaio vengono <strong>di</strong>stinte le seguenti classi:<br />

⋅ Classe 15<br />

⋅ Classe 30<br />

⋅ Classe 45<br />

⋅ Classe 60<br />

⋅ Classe 90<br />

⋅ Classe 120<br />

⋅ Classe 180<br />

Il numero in<strong>di</strong>cativo <strong>di</strong> ogni classe esprime il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o virtuale in kg/m2 <strong>di</strong> legna<br />

standard. Detto numero in<strong>di</strong>cativo esprime anche in minuti primi la durata minima <strong>di</strong> resistenza al<br />

fuoco da richiedere alla struttura o all’elemento costruttivo in esame.<br />

Art. 4. determinazione delle classi<br />

La classe del piano o del locale considerato si determina pertanto in base alla formula:<br />

C = k • q<br />

in cui:<br />

⋅ C è il numero in<strong>di</strong>cativo della classe<br />

⋅ q è il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong>chiarato (in kg legna/m2)<br />

⋅ k è un coefficiente <strong>di</strong> riduzione che tiene conto delle con<strong>di</strong>zioni reali <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o del locale<br />

o del piano nel complesso dell’e<strong>di</strong>ficio.<br />

Art. 5. calcolo del coefficiente <strong>di</strong> riduzione del carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

Il valore del coefficiente k, compreso tra 0,2 e 1,0, viene determinato secondo le modalità che<br />

seguono, in base alle caratteristiche dell’e<strong>di</strong>ficio, alla natura del materiale combustibile presente, alla<br />

destinazione, alla <strong>di</strong>stanza da altri e<strong>di</strong>fici ed alle esistenti misure <strong>di</strong> segnalazione e prevenzione degli<br />

incen<strong>di</strong>. Per il calcolo del coefficiente <strong>di</strong> riduzione, i singoli fattori <strong>di</strong> influenza vengono valutati


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

411<br />

me<strong>di</strong>ante in<strong>di</strong>ci numerici che possono essere negativi o positivi, in quanto si intendono riferiti alle<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> un caso reale me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o.<br />

Gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> valutazione degli e<strong>di</strong>fici nel loro complesso e dei singoli piani e locali sono in<strong>di</strong>cati<br />

nella Tabella 39. Il valore della somma algebrica degli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> valutazione, riportato in ascisse nel<br />

<strong>di</strong>agramma <strong>di</strong> fig. 1 a pag. seguente (omissis), fornisce <strong>di</strong>rettamente il coefficiente <strong>di</strong> riduzione, per cui<br />

va moltiplicato il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o per la determinazione della classe del piano e del locale nell’ambito<br />

dell’e<strong>di</strong>ficio considerato.<br />

Art. 1 poteri calorifici superiori <strong>di</strong> alcuni combustibili<br />

A scopo in<strong>di</strong>cativo, ai fini del calcolo dei carichi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o nei singoli piani e locali <strong>di</strong> un<br />

e<strong>di</strong>ficio, si riportano nella presente Tabella 40 i calori specifici superiori delle sostanze combustibili più<br />

comunemente presenti negli e<strong>di</strong>fici civili.<br />

Tabella 40: Alcuni poteri calorifici utili


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

412<br />

17 SICUREZZA E RESISTENZA AL FUOCO<br />

Il rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> un ambiente <strong>di</strong>pende da numerose variabili: dalle caratteristiche dello<br />

scenario <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, quali la presenza <strong>di</strong> sorgenti <strong>di</strong> ignizione, le <strong>di</strong>stanze delle sorgenti dal prodotto<br />

potenzialmente infiammabile, l’area esposta, l’orientamento verticale o orizzontale del prodotto, la<br />

forma, le <strong>di</strong>mensioni e la posizione delle aperture <strong>di</strong> areazione.<br />

Il livello <strong>di</strong> pericolo globale è inoltre con<strong>di</strong>zionato dai pericoli della reazione al fuoco dei materiali<br />

contenuti nell’ambiente. Con questo articolo si intende fornire una trattazione sintetica che evidenzi<br />

l’importanza che attualmente rivestono, ai fini della sicurezza contro gli incen<strong>di</strong>, le valutazioni <strong>di</strong><br />

comportamento al fuoco dei prodotti, con particolare riferimento alla reazione al fuoco dei materiali<br />

contenuti nell’ambiente abitativo, industriale, commerciale e all’attuale quadro normativo.<br />

17.1 D.M. 26/08/1984<br />

Art. 1 scopo<br />

Il presente decreto ha lo scopo <strong>di</strong> stabilire norme, criteri e procedure per la classificazione <strong>di</strong><br />

reazione al fuoco e l’omologazione dei materiali ai fini della prevenzione incen<strong>di</strong> con esclusione dei<br />

rischi derivanti dai fumi emessi, in caso d’incen<strong>di</strong>o, dai suddetti materiali.<br />

Art. 2 Definizione<br />

2.1 Materiale<br />

Il componente (o i componenti variamente associati) che può (o possono) partecipare alla<br />

combustione in <strong>di</strong>pendenza della propria natura chimica e delle effettive con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> messa in opera<br />

per l’utilizzazione.<br />

2.2 Reazione al fuoco<br />

Gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> partecipazione <strong>di</strong> un materiale combustibile al fuoco al quale è sottoposto. In relazione<br />

a ciò i materiali sono assegnati alle classi 0, 1, 2, 3, 4, 5 con l’aumentare della loro partecipazione alla<br />

combustione; quelli <strong>di</strong> classe 0 sono non combustibili.<br />

17.2 D.M. 30/11/1983<br />

1.3. Carico d’incen<strong>di</strong>o<br />

Potenziale termico della totalità dei materiali combustibili contenuti in uno spazio, ivi compresi i<br />

rivestimenti dei muri, delle pareti provvisorie, dei pavimenti e dei soffitti.<br />

Convenzionalmente è espresso in chilogrammi <strong>di</strong> legno equivalente (potere calorifico inferiore<br />

4.400 Kcal/Kg.)<br />

1.11. Resistenza al fuoco<br />

Attitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un elemento da costruzione (componente o struttura) a conservare, secondo un<br />

programma termico prestabilito e per un tempo determinato in tutto o in parte: la stabilità “R”, la<br />

tenuta “E”, l’isolamento termico “I”, così definiti:<br />

⋅ R stabilità: attitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un elemento da costruzione a conservare la resistenza meccanica sotto<br />

l’azione del fuoco;<br />

⋅ E tenuta : attitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un elemento da costruzione a non lasciar passare ne produrre, se<br />

sottoposto all’azione del fuoco su un lato, fiamme, vapori o gas cal<strong>di</strong> sul lato non esposto;<br />

⋅ I isolamento termico: attitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un elemento da costruzione a ridurre, entro un dato limite,<br />

la trasmissione del calore.<br />

Gli intervalli <strong>di</strong> tempo stabiliti sono: 15, 30, 45, 60, 90 120 e 180 minuti primi. Pertanto:<br />

⋅ con il simbolo “REI 90” si identifica un elemento costruttivo che deve conservare, per 90<br />

minuti, la stabilità, la tenuta e l’isolamento termico.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

413<br />

⋅ con il simbolo “RE” si identifica un elemento costruttivo che deve conservare, per un tempo<br />

determinato, la stabilità e la tenuta.<br />

⋅ con il simbolo “R 120” si identifica un elemento costruttivo che deve rimanere, per 120 minuti,<br />

indenne all’esposizione dell’incen<strong>di</strong>o, ma non garantisce dalla possibilità del passaggio <strong>di</strong> fumi e<br />

calore attraverso <strong>di</strong> essa.<br />

Per la classificazione degli elementi non portanti il criterio “R” è automaticamente sod<strong>di</strong>sfatto<br />

qualora siano sod<strong>di</strong>sfatti i criteri “E” ed “I”.<br />

17.3 CIRCOLARE N. 24 DEL 26/01/1993<br />

Come è noto gli impianti <strong>di</strong> protezione attiva antincen<strong>di</strong> nel loro complesso costituiscono una<br />

delle misure fondamentali per il conseguimento delle finalità della prevenzione incen<strong>di</strong>. In particolare<br />

tali impianti sono annoverati fra gli accorgimenti intesi a ridurre le conseguenze dell’incen<strong>di</strong>o a mezzo<br />

della sua rivelazione precoce e della estinzione rapida nella fase del suo sviluppo.<br />

In considerazione pertanto dell’importanza che tali impianti rivestono, si ritiene necessario<br />

fornire le seguenti in<strong>di</strong>cazioni affinché in sede <strong>di</strong> esame dei progetti e <strong>di</strong> rilascio dei certificati <strong>di</strong><br />

prevenzione incen<strong>di</strong>, venga particolarmente curato l’aspetto dell’impiantistica antincen<strong>di</strong>o, anche in<br />

correlazione con le <strong>di</strong>sposizioni legislative concernenti la sicurezza degli impianti <strong>di</strong> cui alla legge 5<br />

marzo 1990, n. 46 e DPR 6 <strong>di</strong>cembre 1991, n. 477. In tale ottica si ravvisa l’opportunità che i Coman<strong>di</strong><br />

Provinciali dei Vigili del Fuoco acquisiscano fra la documentazione allegata all’istanza <strong>di</strong> approvazione<br />

preventiva dei progetti, per le attività soggette ai controlli <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong> il progetto<br />

particolareggiato degli impianti antincen<strong>di</strong>o previsti dalle specifiche norme <strong>di</strong> sicurezza, ovvero richiesti<br />

dai Coman<strong>di</strong> stessi in virtù dell’articolo 3 del DPR 29 luglio 1982, n. 577 per attività non normate.<br />

Gli impianti in argomento dovranno essere progettati nel rispetto delle specifiche norme <strong>di</strong><br />

sicurezza antincen<strong>di</strong> e secondo la regola d’arte. Nel richiamare che questo Ministero per attività<br />

soggette a controllo ha gia provveduto ad emanare normative relative a tipi <strong>di</strong> impianto, a caratteristiche<br />

generali e a prestazioni specifiche, si rende noto che sono in via <strong>di</strong> recepimento, con decreti ministeriali,<br />

le norme tecniche UNI-VV.F., i cui estremi si riportano in allegato, e che nelle more del recepimento<br />

stesso, definendo compiutamente caratteristiche e prestazioni <strong>di</strong> impianti e componenti, rendono<br />

possibile considerare gli impianti realizzati secondo dette norme rispondenti alla regola dell’arte.<br />

Il progetto dovrà essere redatto allegando una serie <strong>di</strong> elaborati tecnici necessari per ottenere una<br />

completa visione degli impianti antincen<strong>di</strong>o che lo costituiscono quali:<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

schema a blocchi dell’impianto con rappresentazione delle parti principali;<br />

<strong>di</strong>segni planimetrici, in scala opportuna, con la rappresentazione grafica degli impianti e del tipo<br />

<strong>di</strong> installazione, con l’ubicazione delle attrezzature <strong>di</strong> protezione attiva e dei coman<strong>di</strong><br />

dell’impianto, con specifico riferimento ai singoli ambienti da proteggere;<br />

relazione tecnico descrittiva sulla tipologia e consistenza degli impianti e relative in<strong>di</strong>cazioni sul<br />

calcolo analitico effettuato secondo le norme <strong>di</strong> riferimento.<br />

Gli elaborati grafici e la relazione tecnica dovranno essere redatti facendo uso dei simboli grafici e<br />

della terminologia contenuta nel DM 30 novembre 1983 e debitamente firmati da professionisti<br />

regolarmente abilitati nell’ambito delle specifiche competenze.<br />

Ai fini del rilascio del certificato <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong> i Coman<strong>di</strong> Provinciali, anche per quanto<br />

attiene gli impianti <strong>di</strong> protezione attiva antincen<strong>di</strong> ed i relativi componenti, oltre agli accertamenti ed<br />

alle valutazioni <strong>di</strong>rettamente eseguite, potranno richiedere certificazioni rilasciate da enti, laboratori o<br />

professionisti autorizzati ed iscritti negli elenchi del Ministero dell’interno ai sensi dell’articolo I, comma<br />

2 della legge 7 <strong>di</strong>cembre 1984, n. 818; dovranno inoltre acquisire la <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> conformità degli<br />

impianti realizzati nel rispetto delle specifiche norme <strong>di</strong> sicurezza antincen<strong>di</strong> e secondo la regola d’arte.<br />

Tale <strong>di</strong>chiarazione dovrà essere rilasciata dalla <strong>di</strong>tta installatrice secondo il modello al DM 20 febbraio<br />

1992 (G.U. n. 49 del 28 febbraio 1992).<br />

Fermo restando quanto innanzi detto, per gli impianti antincen<strong>di</strong> negli e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> civile abitazione<br />

con altezza in gronda superiore a 24 m, soggetti ai controlli <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong> ai sensi del punto 94<br />

del D.M. 16 febbraio 1982, si richiama l’attenzione sull’obbligatorietà del rispetto del <strong>di</strong>sposto<br />

normativo con le <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> cui all’Art. 14 della legge 5 marzo 1990, n. 46.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

414<br />

17.4 ALLEGATO: NORME UNI-VV.F RELATIVE AI COMPONENTI DI IMPIANTO<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

UNI-VV.F. 9485 Apparecchiature per estinzione incen<strong>di</strong> Idranti a colonna soprasuolo in ghisa.<br />

UNI-VV.F. 9486 Apparecchiature per estinzione incen<strong>di</strong> Idranti sottosuolo in ghisa.<br />

UNI-VV.F. 9487 Apparecchiature per estinzione incen<strong>di</strong> Tubazioni flessibili antincen<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

DN 45 e 70 per pressioni <strong>di</strong> esercizio fino a 1.2 MPa.<br />

UNI-VV.F. 9488 Apparecchiature per estinzione incen<strong>di</strong> Tubazioni semirigide DN 20 e 25 per<br />

naspi antincen<strong>di</strong>o.<br />

UNI-VV.F. 9491 Apparecchiature per estinzione incen<strong>di</strong>, impianti fissi <strong>di</strong> estinzione automatici<br />

a pioggia , erogatori (sprinkler).<br />

UNI-VV.F. 9487 Apparecchiature per estinzione incen<strong>di</strong> Tubazioni flessibili antincen<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

DN 45 e 70 per pressioni <strong>di</strong> esercizio fino a 1.2 MPa.<br />

17.5 NORME UNI-VV.F RELATIVE A IMPIANTI<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

UNI-VV.F. 9489 Apparecchiature per estinzione incen<strong>di</strong>, impianti fissi <strong>di</strong> estinzione automatici<br />

a pioggia (sprinkler).<br />

UNI-VV.F. 9490 Apparecchiature per estinzione incen<strong>di</strong> Alimentazioni idriche per impianti<br />

automatici antincen<strong>di</strong>o.<br />

UNI-VV.F. 9494 Evacuatori <strong>di</strong> fumo e calore: caratteristiche, <strong>di</strong>mensionamento e prove.<br />

UNI-VV.F. 9795 Sistemi fissi automatici <strong>di</strong> rivelazione e <strong>di</strong> segnalazione manuale d’incen<strong>di</strong>o.<br />

17.6 D.P.R. 29/07/1982 N. 577<br />

Art. 1.5 compartimento antincen<strong>di</strong>o<br />

Parte <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficio 63 delimitata da elementi costruttivi <strong>di</strong> resistenza al fuoco predeterminata e<br />

organizzato per rispondere alle esigenze della prevenzione incen<strong>di</strong>.<br />

Art. 3 principi <strong>di</strong> base e misure tecniche fondamentali<br />

Per il conseguimento delle finalità perseguite dal presente decreto del Presidente della Repubblica<br />

si provvede, oltre che me<strong>di</strong>ante controlli, anche me<strong>di</strong>ante norme tecniche che vengono adottate dal<br />

Ministero dell’interno <strong>di</strong> concerto con le amministrazioni <strong>di</strong> volta in volta interessate.<br />

Le predette norme, fondate su presupposti tecnico scientifici generali in relazione alle situazioni<br />

<strong>di</strong> rischio tipiche da prevenire, dovranno specificare:<br />

⋅ 1. misure, provve<strong>di</strong>menti ed accorgimenti operativi intesi a ridurre la probabilità dell’insorgere<br />

dell’incen<strong>di</strong>o quali <strong>di</strong>spositivi, sistemi, impianti, procedure <strong>di</strong> svolgimento <strong>di</strong> determinate<br />

operazioni atti ad influire sulle sorgenti d’ignizione, sul materiale combustibile e sull’agente<br />

ossidante;<br />

⋅ 2. misure, provve<strong>di</strong>menti ed accorgimenti operativi atti a limitare le conseguenze dell’incen<strong>di</strong>o<br />

quali sistemi, <strong>di</strong>spositivi e caratteristiche costruttive, sistemi per le vie d’esodo d’emergenza,<br />

<strong>di</strong>spositivi, impianti, <strong>di</strong>stanziamenti, compartimentazioni e simili;<br />

⋅ 3. apprestamenti e misure antincen<strong>di</strong> pre<strong>di</strong>sposti a cura <strong>di</strong> titolari <strong>di</strong> attività comportanti notevoli<br />

livelli <strong>di</strong> rischio ai sensi <strong>di</strong> quanto fissato dall’Art. 2, comma c) della legge 13 maggio 1961, n. 469.<br />

63 Le <strong>di</strong>mensioni dei comparti sono determinate <strong>di</strong> volta in volta in funzione della destinazione d’uso del locale<br />

secondo quanto stabilito dalle varie Regole Tecniche dei VV.F.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

415<br />

18 LA PREVENZIONE DEGLI INCENDI<br />

L’incen<strong>di</strong>o, definito come “una combustione incontrollata <strong>di</strong> materiali e strutture<br />

combustibili”, costituisce una delle maggiori insi<strong>di</strong>e che minacciano l’integrità <strong>di</strong> strutture, <strong>di</strong> beni e la<br />

sicurezza delle persone. Tale fenomeno, vista la rilevanza e la globalità delle conseguenze, deve essere<br />

affrontato sia a livello <strong>di</strong> prevenzione sia a livello <strong>di</strong> protezione; la materia inter<strong>di</strong>sciplinare che stu<strong>di</strong>a e<br />

applica i provve<strong>di</strong>menti, i mezzi, le azioni ed i mo<strong>di</strong> per il conseguimento degli obiettivi della sicurezza<br />

contro i rischi dell’incen<strong>di</strong>o è la “prevenzione incen<strong>di</strong>”.<br />

⋅ L’attuale concezione della prevenzione incen<strong>di</strong> intesa come l’azione <strong>di</strong>retta al con<strong>di</strong>zionamento<br />

dei sistemi <strong>di</strong> combustione, sia allo stato potenziale <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o sia allo stato <strong>di</strong> combustione, può<br />

essere espressa attraverso:<br />

⋅ la prevenzione degli incen<strong>di</strong> vera e propria, che persegue l’obiettivo <strong>di</strong> ridurre la probabilità<br />

⋅<br />

dell’acca<strong>di</strong>mento dell’incen<strong>di</strong>o;<br />

la protezione antincen<strong>di</strong>o, che ha lo scopo <strong>di</strong> ridurre i danni entro limiti accettabili.<br />

In merito ai provve<strong>di</strong>menti da attuare per il conseguimento degli obiettivi sopra esposti si<br />

possono definire conseguentemente le misure <strong>di</strong> prevenzione antincen<strong>di</strong>o e le misure <strong>di</strong> protezione<br />

antincen<strong>di</strong>o, precisando che queste ultime svolgono il ruolo <strong>di</strong> protezione attiva e protezione<br />

passiva.<br />

I sistemi <strong>di</strong> evacuazione del fumo e del calore, tema principale della presente trattazione,<br />

costituiscono uno dei provve<strong>di</strong>menti da adottare ai fini della prevenzione incen<strong>di</strong> intesa sia a livello <strong>di</strong><br />

prevenzione sia a livello <strong>di</strong> protezione.<br />

In ultimo è opportuno ricordare che un sistema <strong>di</strong> combustione allo stato potenziale presenta<br />

sempre un rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, e che tale rischio non può essere annullato, ma solamente ridotto. Lo<br />

stu<strong>di</strong>o dello stato <strong>di</strong> un sistema e delle sue possibili evoluzioni, l’in<strong>di</strong>viduazione e la valutazione dei<br />

fattori <strong>di</strong> rischio, nonché la riduzione <strong>di</strong> tali fattori e delle conseguenze dovute al mancato controllo del<br />

rischio primario, costituiscono l’analisi dei rischi.<br />

18.1 PROFILO DI INCENDIO<br />

L’incen<strong>di</strong>o è un fenomeno complesso che coinvolge generalmente materiali <strong>di</strong>fferenti e nelle<br />

con<strong>di</strong>zioni più <strong>di</strong>verse; può manifestarsi imme<strong>di</strong>atamente o restare latente anche per tempi non brevi, e<br />

poi manifestarsi con grande violenza e rapi<strong>di</strong>tà, con la propagazione esplosiva del fuoco (flash-over<br />

UNI9494) e con fenomeni dovuti a ignizioni esplosive <strong>di</strong> gas incombusti.<br />

La latenza, nel suo significato più generale, in<strong>di</strong>ca il periodo <strong>di</strong> tempo che intercorre tra l’inizio<br />

dell’incen<strong>di</strong>o e la sua scoperta; quest’ultima <strong>di</strong>pende sicuramente dal luogo dove ha origine l’incen<strong>di</strong>o e<br />

dalla modalità con cui viene rilevato (ve<strong>di</strong> anche la presenza ed efficienza <strong>di</strong> sistemi <strong>di</strong> protezione<br />

attiva).<br />

Superato il periodo <strong>di</strong> latenza, l’incen<strong>di</strong>o si sviluppa molto rapidamente, in funzione ovviamente<br />

delle con<strong>di</strong>zioni ambientali e dei tipi e dei quantitativi <strong>di</strong> materiali interessati dal fenomeno; la velocità <strong>di</strong><br />

propagazione dello stesso può essere notevolmente accelerata dalla presenza <strong>di</strong> liqui<strong>di</strong> infiammabili, o<br />

da fenomeni esplosivi dovuti alla formazione <strong>di</strong> miscele combustibili gassose o <strong>di</strong> nubi <strong>di</strong> polvere.<br />

Sulla base dei risultati emersi da stu<strong>di</strong> e ricerche effettuati su scala reale, nonché dagli elementi<br />

emersi dall’analisi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong> accaduti realmente, si è definita una schematica rappresentazione delle<br />

caratteristiche dell’incen<strong>di</strong>o che si può sviluppare all’interno <strong>di</strong> uno spazio chiuso.<br />

L’incen<strong>di</strong>o così identificato, rappresentato della relativa curva temperatura-tempo (Figura 309),<br />

può essere sud<strong>di</strong>viso in tre fasi:<br />

Prima Fase, Iniziale O Accensione<br />

Caratterizzata da una durata <strong>di</strong> circa 20 minuti, presenta un rapido aumento della temperatura<br />

me<strong>di</strong>a e della velocità <strong>di</strong> combustione delle sostanze coinvolte. In questa fase il calore delle fiamme e<br />

dei prodotti della combustione viene trasferito ai materiali presenti i quali liberano gas <strong>di</strong> <strong>di</strong>stillazione.<br />

La temperatura del locale è relativamente bassa, i danni sono limitati e si hanno considerevoli<br />

possibilità <strong>di</strong> intervento e <strong>di</strong> sfollamento delle persone.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

416<br />

Seconda Fase, Di Combustione Attiva Costante<br />

Caratterizzata da una combustione generalizzata <strong>di</strong> tutti i materiali (flash-over) con temperatura<br />

tendenzialmente uniforme in tutta l’area interessata. I gas <strong>di</strong> <strong>di</strong>stillazione prodotti formano con l’aria<br />

dell’ambiente una miscela combustibile che può entrare in combustione unitamente ai materiali che già<br />

bruciano. La temperatura me<strong>di</strong>a sale molto rapidamente, si raggiungono i 1000°C e oltre; la velocità <strong>di</strong><br />

combustione delle sostanze coinvolte passa da 0,51 kg/min dell’inizio della combustione ai 1516<br />

kg/min dopo il flash-over.<br />

Terza Fase, <strong>di</strong> Regressione o <strong>di</strong> Raffreddamento<br />

La combustione volge alla conclusione; la temperatura si abbassa gradualmente.<br />

18.2 CAUSE DI INCENDIO<br />

Figura 309: Curva tipo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

Le cause <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o propriamente dette, identificate come il motivo iniziale dell’accensione, sono<br />

<strong>di</strong> natura più svariata; comunque, in linea teorica, sono conosciute. Parlando <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, ovvero <strong>di</strong><br />

prevenzione incen<strong>di</strong>, dobbiamo però analizzare le cause <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o ed i fattori che le determinano: gli<br />

eventi che causano o concorrono alla creazione delle con<strong>di</strong>zioni dell’acca<strong>di</strong>mento primario; si può<br />

pertanto parlare più precisamente <strong>di</strong> “fattori <strong>di</strong> rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o”.<br />

Mentre le cause <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o propriamente dette sono conosciute, esiste un margine <strong>di</strong> incertezza<br />

nell’analisi dei fattori che le determinano:<br />

⋅ si può considerare, ad esempio, l’influenza <strong>di</strong> particolari fenomeni impreve<strong>di</strong>bili, quella dovuta ad<br />

anomalie <strong>di</strong> apparecchi, o quella dovuta ad errore umano.<br />

Anche uno stu<strong>di</strong>o incentrato sul punto <strong>di</strong> vista probabilistico, in funzione delle caratteristiche<br />

ambientali e strutturali, delle caratteristiche specifiche delle attività svolte e della destinazione d’uso<br />

delle strutture, nonchè dei tassi <strong>di</strong> guasto <strong>di</strong> impianti ed apparecchiature ed errori umani, risulta<br />

estremamente <strong>di</strong>fficile.<br />

Tentativi <strong>di</strong> definizione del criterio probabilistico sono basati pertanto sui risultati <strong>di</strong> eventi<br />

realmente accaduti e documentati da statistiche.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

417<br />

18.3 PROPAGAZIONE<br />

La propagazione dell’incen<strong>di</strong>o si manifesta con la propagazione della fiamma dal centro <strong>di</strong><br />

ignizione ad altri punti posti a <strong>di</strong>fferenti <strong>di</strong>stanze nello spazio circostante e la <strong>di</strong>ffusione estesa dei<br />

prodotti della combustione.<br />

In una certa area l’energia raggiante della fiamma ed il calore dei prodotti della combustione<br />

producono altri centri <strong>di</strong> ignizione e l’aumento della temperatura dell’ambiente circostante e dei<br />

materiali presenti; questo comporta l’incremento della velocità <strong>di</strong> combustione e l’estensione dei<br />

contorni dell’incen<strong>di</strong>o stesso ad aree o locali contigui senza soluzione <strong>di</strong> continuità.<br />

In materia <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong>, al fine <strong>di</strong> ridurre i danni prodotti dal suddetto fenomeno, è<br />

stato introdotto il concetto <strong>di</strong> “compartimentazione” ovvero la realizzazione, all’interno <strong>di</strong> locali o<br />

piani, <strong>di</strong> settori delimitati nel contorno (<strong>volume</strong>tricamente parlando) da elementi costruttivi atti ad impe<strong>di</strong>re,<br />

entro certi limiti, il propagarsi dell’incen<strong>di</strong>o e dei suoi prodotti. Più precisamente nel D.M. del 30<br />

novembre 1983 (ve<strong>di</strong> cap. Norme e <strong>di</strong>rettive tecniche) si definisce come “compartimento antincen<strong>di</strong>o”<br />

la «Parte <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio delimitata da elementi costruttivi <strong>di</strong> resistenza al fuoco predeterminata e<br />

organizzata per rispondere alle esigenze <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong>».<br />

18.4 MATERIALI COMBUSTIBILI<br />

In linea generale vengono chiamate combustibili le sostanze che non si incen<strong>di</strong>ano molto<br />

facilmente e danno luogo ad incen<strong>di</strong> con velocità <strong>di</strong> propagazione relativamente bassa, mentre vengono<br />

chiamate infiammabili le sostanze più facilmente incen<strong>di</strong>abili che presentano una velocità <strong>di</strong><br />

propagazione elevata. I materiali combustibili possono essere sud<strong>di</strong>visi in funzione delle loro<br />

caratteristiche <strong>di</strong> infiammabilità, del loro stato fisico, del loro modo <strong>di</strong> bruciare e del tipo <strong>di</strong> fuoco cui<br />

possono dar luogo.<br />

18.4.1 CLASSIFICAZIONE DEI COMBUSTIBILI IN BASE AL TIPO DI FUOCO<br />

Tale sistema <strong>di</strong> classificazione raggruppa i materiali in base al tipo <strong>di</strong> fuoco cui possono dare<br />

luogo; in<strong>di</strong>cano gli estinguenti appropriati e quelli esclusi (ve<strong>di</strong> Tabella 41)<br />

Tabella 41: Classificazione dei combustibili in base al tipo <strong>di</strong> fuoco<br />

18.4.2 CLASSIFICAZIONE DEI COMBUSTIBILI IN BASE ALLE<br />

CARATTERISTICHE<br />

Tale sistema <strong>di</strong> classificazione raggruppa i materiali in base alle loro caratteristiche chimicofisiche<br />

ed alle loro caratteristiche <strong>di</strong> infiammabilità (tab. IV e V); questa classificazione è finalizzata alla<br />

progettazione <strong>di</strong> impianti <strong>di</strong> produzione, trasformazione ed immagazzinamento.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

418<br />

Tabella 42: Classificazione dei combustibili in base alle caratteristiche<br />

Tabella 43: Classificazione dei combustibili in base al punto <strong>di</strong> infiammabilità<br />

18.4.3 COMBUSTIONE DI LIQUIDI<br />

La combustione dei liqui<strong>di</strong>, intesa come combustione del vapore in presenza della fase liquida,<br />

necessita della formazione <strong>di</strong> miscela infiammabile nelle vicinanze della superficie del liquido stesso.<br />

La temperatura alla quale ha inizio il fenomeno è chiamata “punto <strong>di</strong> infiammabilità”. A questo<br />

proposito si richiama la tabella precedentemente riportata per la classificazione italiana dei minerali, dei<br />

residui e delle miscele carburanti. Nel caso in cui il liquido sia trasformato allo stato <strong>di</strong> vapore e<br />

miscelato con aria, l’ignizione e la combustione non <strong>di</strong>fferiscono da quelle dei gas combustibili.<br />

Altro elemento fondamentale per la combustione dei vapori <strong>di</strong> liqui<strong>di</strong> è la concentrazione della<br />

miscela vapori-aria; se la quantità <strong>di</strong> aria è inferiore o superiore a determinati limiti, la miscela non può<br />

infiammarsi.<br />

Ciascun liquido ha un proprio punto <strong>di</strong> infiammabilità ed una <strong>di</strong>versa velocità <strong>di</strong> combustione; si<br />

deduce pertanto che si abbiano anche <strong>di</strong>versi gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> pericolosità dal punto <strong>di</strong> vista dell’incen<strong>di</strong>o.<br />

Sono elementi <strong>di</strong> maggior pericolo una bassa temperatura <strong>di</strong> infiammabilità, un ampio campo <strong>di</strong><br />

infiammabilità, una bassa temperatura <strong>di</strong> accensione ed un basso limite inferiore <strong>di</strong> infiammabilità.<br />

Va ricordato che in presenza <strong>di</strong> liqui<strong>di</strong> infiammabili e con<strong>di</strong>zioni ambientali particolari si possono<br />

anche avere esplosioni.<br />

18.4.4 COMBUSTIONE DI GAS<br />

Agli effetti della combustione si può ritenere simile il comportamento dei gas e quello dei vapori<br />

<strong>di</strong> liqui<strong>di</strong> infiammabili; ai fini della infiammabilità inoltre si ritiene ininfluente la <strong>di</strong>stinzione tra gas e<br />

vapori. La maggior pericolosità dei gas rispetto ai liqui<strong>di</strong> infiammabili sta nel fatto che questi, così come<br />

si trovano, risultano già idonei alla combustione; fermo restando che anche per essi valgono le<br />

espressioni limite legate alle caratteristiche <strong>di</strong> infiammabilità.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

419<br />

Va fatto presente che, ai fini pratici <strong>di</strong> utilizzazione, i gas vengono sempre conservati sotto<br />

pressione in appositi contenitori, nelle più svariate grandezze e con <strong>di</strong>verse modalità <strong>di</strong> stoccaggio, a<br />

seconda del tipo <strong>di</strong> gas e <strong>di</strong> impiego cui esso è destinato.<br />

Un gas infiammabile fuoriuscito dal suo contenitore può essere incen<strong>di</strong>ato ed in particolari<br />

con<strong>di</strong>zioni ambientali può causare una esplosione; tali effetti possono essere prodotti anche<br />

dall’aumento <strong>di</strong> temperatura dello stesso contenitore. Pertanto per una corretta valutazione del rischio<br />

si dovrà tenere conto anche delle caratteristiche <strong>di</strong> conservazione e stoccaggio dei liqui<strong>di</strong> e gas<br />

infiammabili.<br />

18.4.5 COMBUSTIONE DI POLVERI<br />

Con il termine <strong>di</strong> polvere si vuole in<strong>di</strong>care lo stato <strong>di</strong> sud<strong>di</strong>visione spinta delle sostanze solide; la<br />

loro eventuale presenza in un ambiente, al <strong>di</strong> fuori del loro normale sistema <strong>di</strong> contenimento,<br />

costituisce pericolo <strong>di</strong> esplosione. Strati o mucchi <strong>di</strong> polveri infiammabili sono pericolosi e, se innescati,<br />

possono formare atmosfere esplosive.<br />

La maggior parte dei combustibili soli<strong>di</strong> allo stato <strong>di</strong> polveri può dar luogo ad esplosioni se la<br />

concentrazione delle particelle <strong>di</strong>sperse in aria è compresa nei limiti <strong>di</strong> infiammabilità; sono purtroppo<br />

numerosi i casi <strong>di</strong> violente esplosioni causate da <strong>di</strong>spersioni <strong>di</strong> polveri <strong>di</strong> materie plastiche, <strong>di</strong> materiali<br />

organici e <strong>di</strong> metalli. I fattori che influenzano la reattività <strong>di</strong> una atmosfera con pericolo <strong>di</strong> esplosione<br />

sono:<br />

⋅ la granulometria delle particelle;<br />

⋅ la presenza <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà;<br />

⋅<br />

⋅<br />

la composizione e concentrazione della miscela;<br />

l’energia della sorgente <strong>di</strong> ignizione.<br />

La valutazione della preve<strong>di</strong>bilità del pericolo <strong>di</strong> esplosione <strong>di</strong> una polvere è lasciata alla<br />

competenza e responsabilità del progettista dell’impianto <strong>di</strong> lavorazione o <strong>di</strong> deposito. Nella Tabella 44<br />

sono riportate alcune caratteristiche significative <strong>di</strong> polveri infiammabili.<br />

Tabella 44: Dati caratteristici per la combustione delle polveri


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

420<br />

19 CALCOLO DEL CARICO DI INCENDIO<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista del comportamento al fuoco dei materiali e delle strutture ha grande<br />

importanza la quantità <strong>di</strong> calore che viene sviluppata nel corso <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o; questa <strong>di</strong>pende dal<br />

potere calorifico dei materiali coinvolti nell’incen<strong>di</strong>o, dalla loro qualità e quantità, nonché dalle<br />

con<strong>di</strong>zioni ambientali, ivi inclusa la ventilazione, e dal tipo <strong>di</strong> strutture.<br />

La massima emissione <strong>di</strong> calore è data dalla somma dei prodotti dei pesi dei materiali combustibili<br />

presenti per il loro potere calorifico inferiore; la misura del massimo calore che verrebbe emesso per<br />

combustione completa <strong>di</strong> tutti i combustibili presenti in un certo compartimento, ivi comprese le parti<br />

<strong>di</strong> strutture costituite da materiali combustibili, è il “carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o q”. In Italia, secondo la vigente<br />

normativa, si usa esprimere il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o specifico in kg <strong>di</strong> legna standard (potere calorifico<br />

inferiore 4400 kcal/kg) per m2 <strong>di</strong> superficie lorda in pianta del compartimento considerato; calcolandolo<br />

tramite la formula:<br />

q = Σg i H i / (A• 4400)<br />

dove:<br />

⋅ q é il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o (in kg legna/ m²);<br />

⋅ gi é il peso (in kg) del generico fra gli n combustibili che si prevedono presenti nel locale o<br />

nel piano nelle con<strong>di</strong>zioni più gravose <strong>di</strong> carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o;<br />

⋅ Hi é il potere calorifico (in kcal/kg) del generico fra gli n combustibili <strong>di</strong> peso g i ;<br />

⋅ A é la superficie orizzontale (in m²) del locale o del piano del fabbricato considerato;<br />

⋅ 4.400 é il potere calorifico superiore del legno (in kcal/kg).<br />

Il carico d’incen<strong>di</strong>o così definito fornisce, entro certi limiti, il grado <strong>di</strong> pericolo che presenta un<br />

fabbricato contenente materiale combustibile, essendo associabile alla durata dell’incen<strong>di</strong>o e alla<br />

massima temperatura raggiungibile. Il grafico (Figura 310) riportato a titolo in<strong>di</strong>cativo dà un’idea delle<br />

quantità ideali <strong>di</strong> legno, in relazione alle rispettive durate <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o nel loro periodo principale, ed alle<br />

massime temperature raggiungibili.<br />

Figura 310: Quantità ideali <strong>di</strong> legno standard al variare della temperatura<br />

Lo stesso valore <strong>di</strong> “q” costituisce un fattore determinante, unitamente ad altri fattori quali la<br />

destinazione <strong>di</strong> uso del fabbricato e la presenza <strong>di</strong> impianti <strong>di</strong> protezione antincen<strong>di</strong>o, per il<br />

<strong>di</strong>mensionamento delle aree dei compartimenti antincen<strong>di</strong>o, e per il <strong>di</strong>mensionamento <strong>di</strong> altri sistemi <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fesa passiva contro gli incen<strong>di</strong> dei fabbricati.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

421<br />

19.1 PRODOTTI DELLA COMBUSTIONE<br />

I prodotti della combustione più importanti dal punto <strong>di</strong> vista del danno arrecato alle persone e<br />

della propagazione dell’incen<strong>di</strong>o sono:<br />

⋅ i gas della combustione, il calore ed i fumi.<br />

I gas sono i prodotti della combustione che rimangono allo stato gassoso anche se raffreddati alla<br />

temperatura ambiente <strong>di</strong> 15°C.<br />

Poiché la maggior parte dei combustibili contengono carbonio, i gas più <strong>di</strong>ffusi sono:<br />

⋅ anidride carbonica: se la combustione avviene con un’alta concentrazione <strong>di</strong> ossigeno<br />

⋅ ossido <strong>di</strong> carbonio: se la combustione avviene con una bassa concentrazione <strong>di</strong> ossigeno<br />

Gli altri gas prodotti <strong>di</strong>pendono dalla composizione chimica del combustibile interessato, dalla<br />

concentrazione <strong>di</strong> ossigeno nell’aria comburente e dalla temperatura raggiunta durante l’incen<strong>di</strong>o. I gas<br />

della combustione sono in maggior parte tossici per l’organismo umano; oltre all’ossido <strong>di</strong> carbonio<br />

precedentemente citato, l’uso massivo e generalizzato dei materiali plastici ha introdotto altre sostanze<br />

altamente tossiche, quali l’acido cloridrico, l’acido cianitrico, il fosgene ed altri.<br />

Va tenuto presente che la presenza dei gas tossici e la mancanza <strong>di</strong> ossigeno costituiscono<br />

la principale causa dei decessi che si verificano durante gli incen<strong>di</strong>.<br />

Il calore che si sviluppa durante la combustione, trasmesso nei mo<strong>di</strong> usuali (per conduzione, per<br />

convezione e per irraggiamento), costituisce uno degli effetti più appariscenti dell’incen<strong>di</strong>o e la causa<br />

principale della propagazione dello stesso.<br />

Il calore costituisce inoltre anche un pericolo per le persone: una prolungata esposizione<br />

dell’organismo umano a temperature elevate può causare la <strong>di</strong>sidratazione dei tessuti, scottature,<br />

<strong>di</strong>fficoltà o blocco della respirazione, arresto car<strong>di</strong>aco.<br />

In via in<strong>di</strong>cativa si può considerare che l’apparato polmonare è in grado <strong>di</strong> resistere a temperature<br />

dell’aria superiori ai 60-65°C solo per brevi perio<strong>di</strong>, mentre a 150°C la funzione respiratoria <strong>di</strong>venta<br />

impossibile dopo pochi secon<strong>di</strong>.<br />

Il fumo è costituito da piccolissime particelle solide incombuste e particelle liquide o vapore<br />

d’acqua trascinate dai gas cal<strong>di</strong> della combustione. La quantità <strong>di</strong> fumo che si sviluppa in un incen<strong>di</strong>o è<br />

notevole e generalmente è tale da invadere i locali interessati e quelli contigui, se non opportunamente<br />

compartimentati, in tempi molto brevi. La pericolosità del fumo, in relazione alla sua densità ed ai<br />

fattori ambientali, va analizzata sia dal punto <strong>di</strong> vista della nocività <strong>di</strong>retta sull’organismo umano (è noto<br />

l’effetto irritante e tossico del fumo), sia dal punto <strong>di</strong> vista più generale della sicurezza, in quanto la sua<br />

presenza riduce sensibilmente la visibilità.<br />

Quest’ultimo fenomeno crea notevoli <strong>di</strong>fficoltà nello svolgimento delle operazioni <strong>di</strong> sfollamento<br />

delle persone con conseguente prolungamento dei tempi <strong>di</strong> permanenza in ambienti pericolosi.<br />

19.2 VENTILAZIONE DEI LOCALI<br />

In caso <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o all’interno <strong>di</strong> un locale i prodotti della combustione si innalzano e, lambendo<br />

la superficie del comparto, <strong>di</strong>lagano negli spazi circostanti invadendo completamente il locale in tempi<br />

estremamente brevi, anche se questo è <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni. Le modalità della <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong>pendono<br />

ovviamente dalla configurazione stessa del locale e dalle con<strong>di</strong>zioni ambientali.<br />

La <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> questi prodotti causa il rapido innalzamento della temperatura delle strutture,<br />

pareti e materiali anche in punti lontani dell’area dell’incen<strong>di</strong>o, e può essere causa della formazione <strong>di</strong><br />

concentrazioni <strong>di</strong> gas o vapori infiammabili che in determinate circostanze possono dar luogo a<br />

fenomeni <strong>di</strong> combustione ad altissima velocità o ad esplosioni.<br />

Inoltre, come già accennato, la presenza dei fumi interferisce notevolmente sulle operazioni <strong>di</strong><br />

evacuazione delle persone e sulle operazioni <strong>di</strong> soccorso. La presenza <strong>di</strong> superfici <strong>di</strong> ventilazione aperte<br />

tempestivamente riduce sensibilmente tali fenomeni dannosi; infatti, sulla scorta <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> e<br />

sperimentazioni affidabili, si è riscontrato che l’intervento <strong>di</strong> un “sistema <strong>di</strong> evacuazione <strong>di</strong> fumo e <strong>di</strong> calore”,<br />

correttamente <strong>di</strong>mensionato e realizzato, apporta in termini <strong>di</strong> sicurezza contro l’incen<strong>di</strong>o tangibili<br />

benefici, quali:


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

422<br />

⋅ la riduzione sensibile dell’accumulo <strong>di</strong> calore con conseguente riduzione della progressione della<br />

temperatura rispetto a quella dell’incen<strong>di</strong>o tipo ed un ritardo del fenomeno “flashover”;<br />

⋅ la limitazione all’interno del locale e del fabbricato della “<strong>di</strong>ffusione orizzontale” dei prodotti della<br />

combustione;<br />

⋅ la riduzione negli spazi interni interessati della concentrazione dei gas e relativi componenti<br />

pericolosi;<br />

⋅ la realizzazione ed il mantenimento negli stessi spazi interni <strong>di</strong> una “predeterminata altezza”da terra<br />

libera da fumo, con<strong>di</strong>zione che permette un più agevole intervento dei soccorsi e sfollamento<br />

delle persone.<br />

Tali benefici sono particolarmente evidenti in locali ove siano presenti “cortine a tenuta <strong>di</strong> fumo” e<br />

“carichi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o” non troppo elevati; per contro, si possono considerare la presenza <strong>di</strong> ampie superfici<br />

<strong>di</strong> coperto senza compartimentazioni, la presenza <strong>di</strong> elevati carichi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o e la presenza <strong>di</strong> materiali<br />

con velocità <strong>di</strong> combustione elevata.<br />

Sono inoltre da escludere in linea generale casi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> sostanze infiammabili in gran<strong>di</strong><br />

superfici o casi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o con presenza <strong>di</strong> fenomeni esplosivi.<br />

Le cortine a tenuta <strong>di</strong> fumo sono, in genere, setti realizzati con materiale apposito resistente al<br />

calore; partono dalla copertura estendendosi fino ad una certa altezza dal pavimento, creando nella<br />

parte alta del locale dei compartimenti atti ad ostacolare la <strong>di</strong>ffusione orizzontale dei “fumi” (Figura<br />

311).<br />

La compartimentazione con cortine può essere realizzata anche utilizzando eventuali<br />

caratteristiche strutturali della copertura del locale, ad esempio travi sporgenti, shed o altri elementi.<br />

Figura 311: Compartimentazione a soffitto<br />

Infine si evidenzia che il “tiraggio” del sistema <strong>di</strong> evacuazione <strong>di</strong>pende dall’efficacia aero<strong>di</strong>namica<br />

del sistema stesso, e che pertanto si rende necessaria la presenza <strong>di</strong> opportune aperture per l’immissione<br />

<strong>di</strong> aria nella parte bassa del locale.<br />

19.3 RIFERIMENTI NORMATIVI<br />

Per quanto precedentemente descritto si può ritenere che il problema della evacuazione dei<br />

prodotti della combustione, ovvero, della realizzazione <strong>di</strong> sistemi atti a garantire una “corretta evacuazione<br />

del fumo e del calore” dell’incen<strong>di</strong>o, deve essere affrontato nell’ambito della “prevenzione incen<strong>di</strong>”,<br />

costituendo esso stesso un provve<strong>di</strong>mento che può contribuire al raggiungimento <strong>di</strong> un certo livello <strong>di</strong><br />

sicurezza contro gli incen<strong>di</strong>.<br />

Questo concetto è stato concretamente recepito nell’ambito della sicurezza nei luoghi <strong>di</strong> lavoro<br />

ed “attività” soggette ai controlli <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong>, ve<strong>di</strong> D.L. n. 626 del 19 settembre 1994 «...<br />

Legislazione sulla sicurezza ed igiene del lavoro» e D.M. del 10 marzo 1998 «Criteri generali <strong>di</strong><br />

sicurezza antincen<strong>di</strong>o e per la gestione dell’emergenza nei luoghi <strong>di</strong> lavoro», realtà per le quali si<br />

è ritenuto molto importante, in caso <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, minimizzare gli effetti causati dai prodotti della<br />

combustione sia per tutelare la sicurezza delle persone sia per preservare i beni dall’incen<strong>di</strong>o.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

423<br />

Inoltre, in considerazione dell’importanza che gli impianti <strong>di</strong> protezione antincen<strong>di</strong>o rivestono, in<br />

sede Ministeriale si è ritenuto necessario fornire delle in<strong>di</strong>cazioni specifiche affinché in sede <strong>di</strong> esame<br />

dei progetti e <strong>di</strong> rilascio dei certificati <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong> venga particolarmente curato<br />

l’aspetto della impiantistica antincen<strong>di</strong>o, anche in correlazione con le <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> cui alla Legge del<br />

5 marzo 1990 in materia <strong>di</strong> sicurezza degli impianti.<br />

In tale ottica si è ravvisata altresì l’opportunità che i Coman<strong>di</strong> Provinciali dei Vigili del Fuoco<br />

acquisiscano, con le precisate modalità, il progetto particolareggiato degli impianti antincen<strong>di</strong>o previsti<br />

dalle specifiche norme <strong>di</strong> sicurezza, ovvero richiesti dai Coman<strong>di</strong> stessi in virtù dell’Art. 3 del DPR del<br />

29 luglio 1982 n. 577 per le attività non normate.<br />

Per quanto sopra ve<strong>di</strong> DPR del 12 gennaio 1998 n. 37 «Regolamento recante <strong>di</strong>sciplina dei<br />

proce<strong>di</strong>menti relativi alla prevenzione incen<strong>di</strong> a norma dell’Art. 20, comma 8, della legge 15<br />

marzo 1997 n. 59», e la precedente Circolare n. 24 MI. SA del 26 gennaio 1993 «Impianti <strong>di</strong><br />

protezione attiva antincen<strong>di</strong>».<br />

Per la definizione delle caratteristiche tecniche e la progettazione dei sistemi <strong>di</strong> evacuazione <strong>di</strong><br />

fumo e <strong>di</strong> calore, a livello nazionale, si fa <strong>di</strong>rettamente riferimento alle norme UNI attualmente in<br />

vigore in materia specifica; in particolare alla norma UNI-VV.F. 9494, nella quale vengono stabiliti i<br />

requisiti funzionali ed i criteri <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento degli “evacuatori <strong>di</strong> fumo e calore”.<br />

19.4 EVACUATORI DI FUMO E CALORE (EFC)<br />

Un aspetto importante nella lotta antincen<strong>di</strong>o è che l’incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong>fficilmente può essere soffocato<br />

chiudendo tutte le aperture, al contrario esso trova sempre o quasi il modo per <strong>di</strong>ffondersi rapidamente<br />

grazie all’abbondanza <strong>di</strong> comburente (ossigeno) presente nell’aria e quin<strong>di</strong> in ogni ambiente.<br />

Scoppiato l’incen<strong>di</strong>o all’interno <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio, la propagazione dei prodotti della combustione<br />

(anidride carbonica, ceneri, etc.) avviene rapidamente ed in queste con<strong>di</strong>zioni la visibilità <strong>di</strong>venta molto bassa<br />

o ad<strong>di</strong>rittura nulla, creando un ambiente invivibile per le persone ed estremamente dannoso per i beni<br />

in esso contenuti. Lo scopo dell’EFC è quello <strong>di</strong> limitare l’accumulo <strong>di</strong> fumo e <strong>di</strong> ridurre il<br />

surriscaldamento all’interno <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio nel quale si sia sviluppato l’incen<strong>di</strong>o.<br />

Ciò consente <strong>di</strong> ottenere nella parte inferiore dei locali, come espresso nella norma UNI 9494,<br />

una zona libera da fumo facilitando l’intervento dei mezzi <strong>di</strong> soccorso e la sopravvivenza delle persone<br />

presenti. Inoltre, temperature più basse, permettono <strong>di</strong> preservare le strutture per un tempo maggiore<br />

ritardando o evitando la fase <strong>di</strong> “flash-over” in cui vi é una accelerazione ed una generalizzazione<br />

dell’evento.<br />

La ventilazione, provocata da questo tipo <strong>di</strong> evacuatori, avviene naturalmente; infatti i prodotti<br />

della combustione a causa della loro elevata temperatura tendono ad innalzarsi spontaneamente in<br />

senso verticale creando una corrente ascensionale.<br />

La presenza poi <strong>di</strong> aperture nella copertura e nella parte inferiore del locale interessato<br />

dall’incen<strong>di</strong>o, crea un fenomeno <strong>di</strong> “tiraggio” assimilando il locale ad un condotto percorso dai prodotti<br />

della combustione.<br />

Esistono altri sistemi <strong>di</strong> evacuazione poco utilizzati in Italia ma presenti nel resto del mondo che,<br />

a titolo informativo, elenchiamo <strong>di</strong> seguito:<br />

⋅ sistemi <strong>di</strong> aspirazione costituiti da ventilatori creati appositamente per le alte temperature;<br />

⋅ sistemi <strong>di</strong> protezione degli ambienti per pressurizzazione;<br />

⋅ sistemi composti che prevedono la pressurizzazione e l’evacuazione naturale.<br />

19.5 CRITERI DI PROGETTAZIONE<br />

Visti gli aspetti più generali in materia <strong>di</strong> incen<strong>di</strong> e prevenzione incen<strong>di</strong>, ed evidenziata<br />

l’importanza dei sistemi <strong>di</strong> evacuazione fumi, si può passare al tema della progettazione <strong>di</strong> tali sistemi;<br />

ossia alla in<strong>di</strong>viduazione ed analisi delle componenti che caratterizzano il sistema “attività struttura”<br />

in esame, alla valutazione delle con<strong>di</strong>zioni ottimali <strong>di</strong> installazione, al <strong>di</strong>mensionamento delle superfici<br />

delle aperture <strong>di</strong> scarico, ai criteri <strong>di</strong> manutenzione.<br />

La progettazione <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> evacuazione fumi richiede uno stu<strong>di</strong>o mirato, che deve tenere<br />

conto <strong>di</strong> numerose variabili, che possono intervenire anche in combinazione tra <strong>di</strong> loro, quali il rischio ed


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

424<br />

il profilo dell’incen<strong>di</strong>o, la tipologia della struttura che è sede del rischio, la configurazione e destinazione d’uso della<br />

stessa, il tipo e quantità <strong>di</strong> sostanze combustibili presenti e le loro modalità <strong>di</strong> stoccaggio, il valore presunto<br />

dell’altezza da terra libera dai “fumi” nell’area considerata e la presenza <strong>di</strong> cortine a tenuta <strong>di</strong> fumo.<br />

Il <strong>di</strong>mensionamento della superficie <strong>di</strong> apertura <strong>di</strong> evacuazione risulta pertanto <strong>di</strong>pendente da vari<br />

fattori e <strong>di</strong>fficilmente determinabili, che sono legati specificatamente al “sistema combustione fumi”<br />

della particolare attività in esame.<br />

In campo nazionale è la norma UNI VV.F. 9494 che fornisce i criteri ed i meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> calcolo per<br />

determinare la superficie utile totale d’apertura (Sut) richiesta per ogni area “A” (compartimento),<br />

considerata invasa del fumo, in relazione ai fattori <strong>di</strong> variabilità citati.<br />

Secondo tale norma la superficie Sut viene <strong>di</strong>mensionata attraverso la formula:<br />

Asα<br />

Sut<br />

=<br />

100<br />

⋅ dove As = area del compartimento a soffitto considerato;<br />

α = coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento da determinarsi secondo le procedure dettate negli articoli<br />

6.3, 6.4 e 6.5 della norma stessa.<br />

Dall’analisi <strong>di</strong> quanto esposto emerge che nella calcolazione della Sut è il coefficiente “α” a tenere<br />

conto delle caratteristiche specifiche connesse con l’ambiente e l’attività esercitata, con la tipologia della<br />

struttura ed il sistema <strong>di</strong> combustione, nonché con i sistemi <strong>di</strong> protezione previsti e con l’altezza della<br />

zona libera da fumo.<br />

Inoltre si evidenzia che dei vari fattori che concorrono a determinare tale coefficiente gli unici<br />

che risultano variabili e gestibili dal progettista per correlare la Sut all’ “attività” in esame, sono l’altezza<br />

della zona libera da fumo e la velocità <strong>di</strong> propagazione dell’incen<strong>di</strong>o.<br />

In merito all’altezza della zona libera da fumo, il cui valore risulta con<strong>di</strong>zionato in maniera<br />

significativa dalla presenza <strong>di</strong> cortine e tenuta <strong>di</strong> fumo e dell’entità della superficie del compartimento in<br />

esame si osserva che la norma impone: «l’altezza della zona libera da fumo y deve corrispondere<br />

almeno al valore <strong>di</strong> 0,5 h e non deve essere minore <strong>di</strong> 2 m».<br />

Va precisato tuttavia che quanto richiesto dalla norma rappresenta la con<strong>di</strong>zione minima che deve<br />

essere comunque garantita; il progettista, su valutazioni fatte in funzione delle reali caratteristiche<br />

dell’attività mirate a limitare il danno prodotto dal contatto dei fumi con strutture e beni, e a migliorare<br />

le con<strong>di</strong>zioni operative dei soccorritori, ha l’opportunità <strong>di</strong> assumere valori <strong>di</strong> altezza superiori a quelli<br />

imposti dalla norma.<br />

Per quanto riguarda la velocità <strong>di</strong> propagazione dell’incen<strong>di</strong>o la norma fornisce tre parametri<br />

(bassa normale alta) senza definire esplicitamente alcun parallelismo che permetta al progettista <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>viduare la corrispondenza tra questi ed il tipo <strong>di</strong> attività in esame; ovvero la corrispondenza tra<br />

questi parametri e l’elencazione delle attività soggette al controllo dei VV.F., o le funzioni/lavorazioni<br />

aziendali, o la tipologia dei depositi/magazzini/natura delle merci in essi contenute.<br />

In altri termini viene lasciato al progettista il compito <strong>di</strong> definire, anche se solo<br />

parzialmente, l’incidenza del tipo <strong>di</strong> rischio in funzione dell’attività in esame.<br />

Pertanto, in base a tali considerazioni, è emersa la necessità <strong>di</strong> introdurre il concetto della<br />

classificazione delle attività e delle aree interessate (compartimenti) dell’installazione degli evacuatori,<br />

in funzione del rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o.<br />

Si rende quin<strong>di</strong> necessario in<strong>di</strong>viduare, per le attività ed aree suddette, <strong>di</strong>fferenti livelli <strong>di</strong> rischio,<br />

in base al loro contenuto ed alla probabilità <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o; ad ogni livello <strong>di</strong> rischio<br />

potranno essere poi associati i parametri relativi alla velocità <strong>di</strong> propagazione dell’incen<strong>di</strong>o.<br />

Come prima ipotesi si può parlare <strong>di</strong> correlazione tra pericolosità dell’incen<strong>di</strong>o e la quantità <strong>di</strong><br />

calore sviluppata nel corso dell’incen<strong>di</strong>o. Quest’ultima <strong>di</strong>pende essenzialmente dal potere calorifico<br />

delle sostanze coinvolte e dalla loro quantità; ovvero dal carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o.<br />

A titolo in<strong>di</strong>cativo riportiamo un prospetto, Tabella 45, con il <strong>di</strong>mensionamento <strong>di</strong> massima delle<br />

aperture e delle cortine (schermi), così come suggerito dalla National Fire Protection Association nella<br />

pubblicazione n. 204 May 1968.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

425<br />

Tabella 45: Dimensionamento delle aperture e delle cortine<br />

A completamento del prospetto riportato si fa presente che la norma della N.F.P.A. in<strong>di</strong>ca una<br />

classificazione in base alle emissioni <strong>di</strong> “calore” anziché in base ai “carichi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o” e<br />

precisamente:<br />

⋅ Attività che possono dar luogo a “basse emissioni <strong>di</strong> calore”: Rientrano in questa classe i<br />

locali nei quali si trovano normalmente senza continuità piccole quantità <strong>di</strong> materiali combustibili;<br />

come ad esempio nelle officine meccaniche (che non impiegano oli combustibili <strong>di</strong><br />

raffreddamento, flui<strong>di</strong> idraulici infiammabili), nelle fonderie, nei caseifici, nei laboratori <strong>di</strong><br />

lavorazione carni, fabbriche <strong>di</strong> acque minerali.<br />

⋅ Attività che possono dar luogo a “moderate emissioni <strong>di</strong> calore”: Rientrano in questa classe i<br />

locali nei quali si trovano <strong>di</strong>stribuite, con una certa uniformità, moderate quantità <strong>di</strong> materiali<br />

combustibili; come ad esempio laboratori per la lavorazione del cuoio (escluso cuoio artificiale e<br />

rigenerato, concerie), lavorazioni meccaniche con presenza <strong>di</strong> oli combustibili per il<br />

raffreddamento.<br />

⋅ Attività che possono dar luogo a “notevoli emissioni <strong>di</strong> calore”: Rientrano in questa classe i<br />

locali ove sono concentrate significative quantità <strong>di</strong> materiali combustibili o sono svolte<br />

operazioni definibili pericolose; come ad esempio reparti <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> gomma, <strong>di</strong> produzione<br />

vernici, <strong>di</strong> produzione prodotti chimici.<br />

Alle classi così definite possono essere associati in<strong>di</strong>cativamente i seguenti valori <strong>di</strong> carico <strong>di</strong><br />

incen<strong>di</strong>o:<br />

⋅ bassa emissione <strong>di</strong> calore: < 20 kg/m2 <strong>di</strong> legna std.<br />

⋅<br />

⋅<br />

moderata emissione <strong>di</strong> calore: da 20 a 60 kg/m2 <strong>di</strong> legna std.<br />

notevole emissione <strong>di</strong> calore: > 60 kg/m2 <strong>di</strong> legna std.<br />

L’efficacia della ventilazione nella terza classe non può essere assicurata in ogni con<strong>di</strong>zione, in<br />

quanto, in presenza <strong>di</strong> quantitativi apprezzabili <strong>di</strong> materiali a rapida combustione, <strong>di</strong>fficilmente si<br />

riuscirà a produrre e mantenere la voluta altezza da terra libera da fumo, anche con i più alti rapporti<br />

superficie <strong>di</strong> evacuazione superficie del pavimento. Si precisa inoltre che i dati forniti hanno carattere<br />

orientativo, in quanto suscettibili <strong>di</strong> significative variazioni dovute all’incidenza del fattore “velocità <strong>di</strong><br />

combustione”.<br />

Quest’ultimo fattore riveste particolare importanza nella determinazione del grado <strong>di</strong> pericolosità<br />

(grado <strong>di</strong> severità) dell’incen<strong>di</strong>o, infatti il grado <strong>di</strong> pericolo risulta legato non solo alla quantità <strong>di</strong> calore<br />

che i vari materiali possono, per combustione completa, svolgere; ma anche al tempo in cui tale<br />

fenomeno avviene.<br />

Si prenda ad esempio la notevole <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> pericolosità esistente tra la celluloide, che ha un<br />

potere calorifico <strong>di</strong> circa 4500 kcal/kg, ed il legno std che ha un potere calorifico <strong>di</strong> 4400 kcal/kg. Ne<br />

consegue, pertanto, che sarebbe più opportuno ai fini della determinazione del potenziale pericolo<br />

presentato dai vari materiali combustibili, <strong>di</strong> valutare, oltre ai carichi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, anche la loro velocità<br />

<strong>di</strong> combustione nello stato in cui si trovano; in altri termini <strong>di</strong> assumere come fattore rappresentativo<br />

del pericolo dell’incen<strong>di</strong>o la “potenza del fuoco”. A titolo in<strong>di</strong>cativo riportiamo una tabella con alcune<br />

caratteristiche tecniche <strong>di</strong> materiali combustibili.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

426<br />

Tabella 46: Materiali Combustibili


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

427<br />

Tabella 47: Tabella Combustibili<br />

Riprendendo il tema della classificazione delle attività precedentemente introdotto si può pensare,<br />

per quanto emerso in quest’ultima analisi, <strong>di</strong> attribuire una certa attività ad un livello <strong>di</strong> rischio non solo<br />

in funzione del relativo carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, ma prendendo in esame anche altri fattori, quali la velocità <strong>di</strong><br />

combustione e la probabilità <strong>di</strong> innesco dei materiali presenti.<br />

La definizione del livello <strong>di</strong> rischio non può essere pertanto eseguita semplicemente tramite<br />

verifica <strong>di</strong> parametri prestabiliti, ma deve essere determinata secondo esperienza e valutazione oggettiva<br />

delle con<strong>di</strong>zioni specifiche dell’attività interessata.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

428<br />

Alla luce <strong>di</strong> ciò, può risultare utile mantenere, per l’uso specifico, i livelli <strong>di</strong> rischio in<strong>di</strong>viduati<br />

dalla norma UNI 10779 “Impianti <strong>di</strong> estinzione incen<strong>di</strong> Reti <strong>di</strong> idranti”, in or<strong>di</strong>ne alle aree da<br />

proteggere. La suddetta norma, all’appen<strong>di</strong>ce B “Criteri <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento degli impianti”,<br />

definisce per le aree da proteggere tre livelli <strong>di</strong> rischio identificandoli come “livelli <strong>di</strong> area”:<br />

⋅ aree <strong>di</strong> livello 1: Aree nelle quali la quantità e/o la combustibilità dei materiali presenti sono<br />

basse e che presentano comunque basso rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o in termini <strong>di</strong> probabilità d’innesco,<br />

velocità <strong>di</strong> propagazione delle fiamme e possibilità <strong>di</strong> controllo dell’incen<strong>di</strong>o da parte delle<br />

squadre <strong>di</strong> emergenza. Le aree <strong>di</strong> livello 1 corrispondono in buona parte a quelle definite <strong>di</strong> classe<br />

A dalla UNI 9489, cui si può fare riferimento per ulteriori in<strong>di</strong>cazioni; rientrano pertanto in tale<br />

classe tutte le attività <strong>di</strong> lavorazione <strong>di</strong> materiali prevalentemente incombustibili ed alcune delle<br />

attività <strong>di</strong> tipo residenziale, <strong>di</strong> ufficio, ecc., a basso carico d’incen<strong>di</strong>o.<br />

⋅ aree <strong>di</strong> livello 2: Aree nelle quali c’è una presenza non trascurabile <strong>di</strong> materiali combustibili e<br />

che presentano un moderato rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o come probabilità d’innesco, velocità <strong>di</strong><br />

propagazione <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o e possibilità <strong>di</strong> controllo dell’incen<strong>di</strong>o stesso da parte delle squadre<br />

<strong>di</strong> emergenza. Le aree <strong>di</strong> livello 2 corrispondono in buona parte a quelle definite <strong>di</strong> classe B dalla<br />

UNI 9489, cui si può fare riferimento per ulteriori in<strong>di</strong>cazioni; rientrano pertanto in tale classe<br />

tutte le attività <strong>di</strong> lavorazione in genere che non presentano accumuli particolari <strong>di</strong> merci<br />

combustibili e nelle quali sia trascurabile la presenza <strong>di</strong> sostanze infiammabili.<br />

⋅ aree <strong>di</strong> livello 3: Sono le aree nelle quali c’è una notevole presenza <strong>di</strong> materiali combustibili e<br />

che presentano un alto rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o in termini <strong>di</strong> probabilità d’innesco, velocità <strong>di</strong><br />

propagazione delle fiamme e possibilità <strong>di</strong> controllo dell’incen<strong>di</strong>o da parte delle squadre <strong>di</strong><br />

emergenza. Le aree <strong>di</strong> livello 3 corrispondono in buona parte a quelle definite <strong>di</strong> classe C e D<br />

dalla norma UNI 9489, cui si può fare riferimento per ulteriori in<strong>di</strong>cazioni; rientrano pertanto in<br />

questa categoria le aree a<strong>di</strong>bite a magazzinaggio intensivo come definito dalla UNI 9489, le aree<br />

dove sono presenti materie plastiche espanse, liqui<strong>di</strong> infiammabili, le aree dove si lavorano o<br />

depositano merci ad alto rischio d’incen<strong>di</strong>o quali cascami, prodotti vernicianti, prodotti<br />

elastomerici, ecc.<br />

Ai livelli così definiti possono essere associati, in<strong>di</strong>cativamente, i seguenti valori <strong>di</strong> carico <strong>di</strong><br />

incen<strong>di</strong>o:<br />

⋅ carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o limitato (basso): < 20 kg/m2 legna std<br />

⋅ carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o moderato: da 20 a 45 kg/m2 legna std<br />

⋅ carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o elevato: > 45 kg/m2 legna std<br />

⋅ Infine si riportano alcune precisazioni in merito ai criteri <strong>di</strong> classificazione adottatati nella norma<br />

UNI 9489 sopra citata:<br />

⋅ le attività considerate sono <strong>di</strong>stinte esclusivamente in “reparti” ed in “depositi”, intendendo per<br />

“deposito” sia i locali interamente e permanentemente destinati a magazzini, sia le zone <strong>di</strong> quelli<br />

a<strong>di</strong>biti a “reparto” nelle quali si ha sensibile accumulo, anche temporaneo, <strong>di</strong> merci e materiali;<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

per “reparto” si intende tutto quanto non definibile “deposito”;<br />

l’attribuzione dell’area protetta o una certa attività ad una determinata classe è effettuata in base<br />

alle caratteristiche <strong>di</strong> comportamento al fuoco del solo contenuto, prescindendo da quelle del<br />

fabbricato;<br />

nel caso <strong>di</strong> elevata combustibilità degli elementi costruttivi potrà essere necessario assumere per<br />

quanto in esame una classificazione superiore alla normale;<br />

le in<strong>di</strong>cazioni fornite per la classificazione dei reparti fanno riferimento a reparti <strong>di</strong> pericolosità<br />

corrispondente a quella me<strong>di</strong>amente riscontrata.<br />

Nei paragrafi precedenti sono state fatte delle considerazioni ed ipotesi per associare il parametro<br />

“velocità <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o” al tipo <strong>di</strong> attività in esame; sulla scorta <strong>di</strong> tali ipotesi sono stati in<strong>di</strong>viduati<br />

dei livelli <strong>di</strong> rischio <strong>di</strong> attività o aree <strong>di</strong> esse, ed una corrispondenza tra questi ed una data classificazione<br />

<strong>di</strong> attività. A questo punto, facendo riferimento ai “livelli <strong>di</strong> rischio” in<strong>di</strong>viduati dalla norma UNI 10779,<br />

alla “classificazione delle attività” determinate dalla norma UNI 9489 ed alla “velocità <strong>di</strong> propagazione <strong>di</strong><br />

incen<strong>di</strong>o” definita dalla norma UNI 9494, si possono assumere, quale ipotesi finale <strong>di</strong> lavoro, le<br />

rispondenze in<strong>di</strong>cate nella Tabella 48.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

429<br />

Tabella 48: Classificazione incen<strong>di</strong>o<br />

La scelta del parametro velocità sarà effettuata pertanto in funzione delle caratteristiche <strong>di</strong><br />

comportamento al fuoco dell’area in esame; tuttavia, in sede <strong>di</strong> progetto, può essere razionale fare<br />

riferimento all’area che presenta il livello <strong>di</strong> rischio più alto <strong>di</strong> tutta l’attività, e questo per consentire la<br />

maggior flessibilità in materia <strong>di</strong> “layout” aziendali.<br />

Nel caso <strong>di</strong> “attività” o “area <strong>di</strong> attività” ove coesistano reparti attribuiti a classi <strong>di</strong>verse o<br />

coesistano reparti e depositi (non compartimentati), caso non raro nella realtà industriale, verrà fatto<br />

riferimento alla classe <strong>di</strong> requisiti superiori.<br />

19.6 CALCOLO DELLA SUPERFICIE TOTALE DEGLI EFC.<br />

Nel capitolo precedente sono state fatte delle considerazioni ed ipotesi in merito ad alcuni fattori<br />

che concorrono a determinare, tramite il coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento “α”, la superficie utile totale<br />

<strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> evacuatori EFC; in questo paragrafo si intende illustrare, con l’ausilio <strong>di</strong> due esempi, la<br />

modalità con cui questa superficie può essere determinata.<br />

Come già detto, in campo nazionale é la norma UNI CN VVF 9494 (4) che stabilisce i criteri<br />

funzionali e <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento degli EFC; pertanto, <strong>di</strong> seguito, riassumiamo le definizioni e le<br />

formule <strong>di</strong> tale norma per determinare la superficie totale <strong>di</strong> apertura degli evacuatori:<br />

⋅ altezza <strong>di</strong> riferimento h (<strong>di</strong> un locale): Distanza tra il pavimento ed il punto me<strong>di</strong>o tra l'estremo<br />

superiore e quello inferiore interni della struttura formante la copertura.<br />

⋅ aperture: Luci libere che vengono a fermarsi nella copertura per azionamento degli evacuatori <strong>di</strong><br />

fumo e calore in seguito ad un incen<strong>di</strong>o.<br />

⋅ compartimento (A): Settore dell'e<strong>di</strong>ficio considerato limitato da pareti e solai resistenti al fuoco<br />

per un tempo predeterminato.<br />

⋅ compartimento a soffitto o al <strong>di</strong> sotto della copertura ( As): Area compresa tra due cortine a<br />

tenuta <strong>di</strong> fumo o tra due elementi strutturali similari (per esempio travi) formanti la copertura.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

430<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

cortine <strong>di</strong> contenimento del fumo: Separazioni verticali, pendenti dalla copertura fino ad una<br />

certa altezza dal pavimento, atte ad evitare l'espandersi dei fumi e dei gas cal<strong>di</strong> in senso<br />

orizzontale all'interno del locale, incombustibili ed aventi adeguata resistenza meccanica.<br />

evacuatore <strong>di</strong> fumo e calore (EFC): Apparecchiatura destinata ad assicurare, in caso <strong>di</strong><br />

incen<strong>di</strong>o ed a partire da un dato istante, l'evacuazione dei fumi e dei gas cal<strong>di</strong> con capacità<br />

predeterminata e con funzionamento naturale. L'apparecchiatura è schematizzabile in:<br />

basamento e suoi organi <strong>di</strong> fissaggio alla copertura;<br />

elementi mobili <strong>di</strong> chiusura;<br />

<strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> apertura.<br />

incen<strong>di</strong>o allo stato nascente: Sta<strong>di</strong>o dell'incen<strong>di</strong>o caratterizzato dalla temperatura minore <strong>di</strong><br />

300 °C del locale o all'interno dello strato <strong>di</strong> gas combusto.<br />

incen<strong>di</strong>o in sviluppo avanzato: Sta<strong>di</strong>o dell'incen<strong>di</strong>o caratterizzato dalla temperatura maggiore<br />

<strong>di</strong> 300 °C, ma minore <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> "flash-over".<br />

incen<strong>di</strong>o a pieno sviluppo: Sta<strong>di</strong>o dell'incen<strong>di</strong>o dopo la propagazione esplosiva del fuoco (flashover).<br />

superficie geometrica d'apertura <strong>di</strong> un evacuatore <strong>di</strong> fumo e calore (SGA): Superficie della<br />

sezione inferiore dell'evacuatore <strong>di</strong> fumo e calore.<br />

⋅ superficie utile d'apertura <strong>di</strong> un evacuatore <strong>di</strong> fumo e calore (SUA): Superficie<br />

aero<strong>di</strong>namicamente efficace dell'evacuatore <strong>di</strong> fumo e calore ridotta rispetto alla superficie<br />

geometrica d'apertura. Tale valore alla base del calcolo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento è dato da:<br />

Su = Sg • CVV<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

superficie utile totale d'apertura (sut) degli evacuatori <strong>di</strong> fumo e calore: Somma delle singole<br />

superfici utili <strong>di</strong> apertura.<br />

Sut = Σ Su<br />

zona libera da fumo: Parte inferiore del locale <strong>di</strong> altezza y in cui, durante l'incen<strong>di</strong>o, non si ha<br />

presenza <strong>di</strong> fumo e gas <strong>di</strong> combustione (vedere fig. 1 della norma UNI 9494).<br />

zona invasa da fumo: Parte superiore del locale in cui durante l'incen<strong>di</strong>o si accumulano il fumo<br />

ed i gas <strong>di</strong> combustione prima <strong>di</strong> essere evacuati all'esterno (vedere fig. 1 della norma UNI 9494).<br />

altezza minima della zona libera da fumi y: L'altezza della zona libera da fumo y deve<br />

corrispondere almeno al valore 0,5 h e non deve essere minore <strong>di</strong> 2 m. L'area del compartimento<br />

As invaso da fumo non deve essere maggiore <strong>di</strong> 1.600 m². Il bordo inferiore della cortina deve<br />

corrispondere a quello inferiore dello strato <strong>di</strong> fumo. Nel caso <strong>di</strong> cortine con altezza minore dello<br />

strato <strong>di</strong> fumo e <strong>di</strong> compartimenti a soffitto con superficie maggiore <strong>di</strong> 1.600 m², il valore y viene<br />

corretto in:<br />

∆h<br />

⎛ A s<br />

−1600<br />

⎞<br />

y0<br />

= y + ⎜ ⎟<br />

2 ⎝ 1600 ⎠<br />

dove: yc è y corretto<br />

⋅ A S è l'area del compartimento maggiore <strong>di</strong> 1.600 m²<br />

⋅ ∆h = h (y + hc ) con hc altezza della cortina <strong>di</strong> contenimento fumo, in metri (vedere Norma UNI<br />

9494).<br />

⋅ Il valore yc deve comunque essere > 0,5 h. Per superfici <strong>di</strong> compartimento A maggiori <strong>di</strong> 3.200<br />

m², nell'equazione sopra riportata deve essere utilizzato A = 3.200 m². Se l'utilizzazione lo<br />

richiede (per esempio oggetti facilmente danneggiabili dal fumo) per y possono essere utilizzati<br />

valori più alti.<br />

⋅ durata convenzionale prevista <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o: La durata convenzionale <strong>di</strong> sviluppo<br />

dell’incen<strong>di</strong>o viene stabilità sommando il tempo <strong>di</strong> allarme e quello <strong>di</strong> intervento:


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

431<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

il tempo <strong>di</strong> allarme, cioè quello che intercorre tra l’inizio dell’incen<strong>di</strong>o e l’allarme, è<br />

convenzionalmente fissato in 5 min. ma può essere posto =0 in presenza <strong>di</strong> impianti automatici<br />

<strong>di</strong> rivelazione fumo;<br />

il tempo <strong>di</strong> intervento, che è quello che intercorre tra l’allarme e l’inizio dell’azione <strong>di</strong><br />

spegnimento da parte <strong>di</strong> squadre esterne, viene stabilito convenzionalmente in 10, 15 e 20 min. Se<br />

esistono squadre interne, impianti <strong>di</strong> spegnimento automatico o in presenza <strong>di</strong> particolari<br />

con<strong>di</strong>zioni favorevoli, il tempo <strong>di</strong> intervento può essere posto convenzionalmente = 5 min.<br />

Si verificano così cinque possibili durate convenzionali: 5 min, ≤10 min, 15 min, 20 min e 25 min<br />

superficie convenzionale <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, gruppi <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento: Sono previsti 7 gruppi <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mensionamento determinati in base alla durata convenzionale <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o come<br />

in<strong>di</strong>cato nel prospetto II (6.4) della norma e riportato in Tabella 49.<br />

Dimensionamento<br />

La SUT è determinata utilizzando i coefficienti α <strong>di</strong> cui al prospetto III secondo la formula:<br />

Asα<br />

Sut<br />

=<br />

100<br />

in cui α: coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento risulta tabellato, ve<strong>di</strong> prospetto III della norma<br />

riportato in Tabella 50, in funzione dell’altezza della zona libera da fumo y (oppure della yc<br />

corretta ve<strong>di</strong> 6.2 della norma) e del gruppo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento; quest’ultimo viene definito in<br />

base alla durata convenzionale prevista <strong>di</strong> sviluppo dell’incen<strong>di</strong>o, sopra definita, e alla velocità<br />

preve<strong>di</strong>bili <strong>di</strong> sviluppo dell’incen<strong>di</strong>o, ve<strong>di</strong> prospetto II della norma, sopra riportato;<br />

A S = area in pianta del compartimento a soffitto considerato<br />

Tabella 49: Gruppi <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento<br />

Tabella 50: Coefficienti <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento<br />

Volendo ora procedere alla calcolazione della SUT relativa ad una certa “attività”, tenuto conto<br />

delle formule e definizioni suddette, nonché <strong>di</strong> quanto esposto precedentemente, si rende necessario<br />

in<strong>di</strong>viduare l’attività in oggetto in relazione a:<br />

⋅ caratteristiche e geometria del fabbricato;<br />

⋅ destinazione d’uso, lavorazioni, materiali contenuti (tipo e quantità);<br />

⋅ impianti e sistemi <strong>di</strong> protezione antincen<strong>di</strong>o interni;


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

432<br />

⋅<br />

⋅<br />

tempi <strong>di</strong> intervento <strong>di</strong> squadre <strong>di</strong> soccorso esterne;<br />

altezza della zona libera da fumo.<br />

Tali dati saranno esplicitati in progetto al fine <strong>di</strong> rendere noto, anche al gestore dell’impianto, i<br />

criteri utilizzati per la determinazione del livello <strong>di</strong> rischio e il conseguente <strong>di</strong>mensionamento<br />

dell’impianto in funzione delle con<strong>di</strong>zioni specifiche dell’attività in oggetto.<br />

Il primo caso trattato ha come oggetto una azienda produttrice <strong>di</strong> colori e prodotti affini; in<br />

particolare la struttura esaminata è destinata internamente ad un reparto produttivo ed imballaggio con<br />

annesse aree <strong>di</strong> stazionamento per i prodotti in lavorazione.<br />

Sono presenti in quantitativi significativi anche materiali combustibili vari e prodotti in resine<br />

espanse. Il fabbricato è costituito essenzialmente da un capannone monopiano, <strong>di</strong> tipo industriale, con<br />

figura geometrica semplice nelle <strong>di</strong>mensioni in pianta <strong>di</strong> 25 m e 45 m, rispettivamente per la larghezza e<br />

la lunghezza.<br />

L’intero <strong>volume</strong> non presenta compartimentazioni interne e pertanto sarà trattato come un <strong>unico</strong><br />

locale, la copertura <strong>di</strong> tipo piano non presenta cortine <strong>di</strong> altezza significativa; l’altezza <strong>di</strong> riferimento h<br />

del locale risulta 8 m. Inoltre ai fini della nostra trattazione si evidenzia:<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

la presenza <strong>di</strong> un idoneo impianto <strong>di</strong> rivelazione incen<strong>di</strong> con sistema <strong>di</strong> comunicazione <strong>di</strong>retta<br />

con i VV.F;<br />

la presenza <strong>di</strong> una squadra interna addestrata, ma limitatamente alle ore lavorative (circa 16 ore<br />

giornaliere);<br />

un tempo <strong>di</strong> intervento da parte <strong>di</strong> squadre esterne non superiore ai 15 min.;<br />

l’assenza <strong>di</strong> impianti fissi <strong>di</strong> estinzione a pioggia (sprinkler).<br />

La presenza <strong>di</strong> un impianto tipo sprinkler non influisce sul <strong>di</strong>mensionamento della sut<br />

degli EFC, tuttavia è da evidenziare in quanto con<strong>di</strong>ziona il sistema <strong>di</strong> evacuazioni fumi in<br />

or<strong>di</strong>ne alla temperatura <strong>di</strong> intervento degli elementi termosensibili (5) ed in or<strong>di</strong>ne al<br />

posizionamento degli EFC (6).<br />

A seguito <strong>di</strong> quanto descritto sino ad ora, possono essere in<strong>di</strong>viduati i seguenti fattori:<br />

⋅ 1. durata convenzionale <strong>di</strong> sviluppo dell’incen<strong>di</strong>o, che in base a:<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

un tempo <strong>di</strong> allarme T1 = 0 (presenza impianto automatico <strong>di</strong> rivelazione);<br />

un tempo <strong>di</strong> intervento T2 = 15 min (con<strong>di</strong>zione più sfavorevole ore notturne);<br />

risulta T = T1 + T2 = 15 min<br />

2. velocità <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, che in virtù dell’ “attività” in esame può essere<br />

ragionevolmente considerata “alta”.<br />

3. gruppo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento Gd, che ricavato dal prospetto II della norma in funzione della<br />

durata convenzionale e della velocità <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> cui ai precedenti punti 1 e 2, risulta uguale a 5.<br />

4. altezza della zona libera fumo y: Per quanto riguarda l’altezza dello spazio interno al locale<br />

libero da fumo, si osserva che il valore minimo impostato dalla norma come 0,5 h, e<br />

corrispondente pertanto a 4 m, può essere considerato sufficiente ai fini della sicurezza e della<br />

limitazione dei danni alle apparecchiature. Sarà quin<strong>di</strong> “0,5 h”: il valore utilizzato per la<br />

determinazione del coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento “α”.<br />

5. coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento: A questo punto, in base al gruppo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento<br />

Gd ed all’altezza della zona libera da fumo y, viene in<strong>di</strong>viduato tramite il prospetto III della<br />

norma, un coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento α uguale a 1.<br />

6. calcolo della superficie utile totale: La Sut è determinata attraverso la formula già nota<br />

Asα<br />

Sut<br />

=<br />

100<br />

dove:<br />

⋅ A S = superficie del compartimento a soffitto privo <strong>di</strong> cortine, e coincidente con la superficie<br />

totale del locale = 25 x 45 = 1.125 m2<br />

⋅ α = 1<br />

pertanto:


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

433<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

S ut<br />

1.125⋅1 = = 11.25<br />

100<br />

7. numero degli EFC da installare: Il numero degli evacuatori richiesti si ottiene <strong>di</strong>videndo la<br />

superficie Sut sopra calcolata per la superficie utile <strong>di</strong> apertura (SUA) del modello <strong>di</strong> evacuatore<br />

che si intende installare; è importante richiamare l’attenzione sulla definizione “superficie utile”<br />

ampiamente descritta in precedenza. Sulla base del numero<br />

Sut<br />

N = S<br />

u<br />

si dovrà in seguito verificare che siano sod<strong>di</strong>sfatte le con<strong>di</strong>zioni, in numero e posizione poste<br />

specificatamente dalla Norma. A titolo in<strong>di</strong>cativo, in questo caso, si possono installare n. 8<br />

evacuatori con superficie utile <strong>di</strong> apertura Su = 1,41 m² (oppure n. 10 con Su = 1,13 m²).<br />

8. Afflusso Di Aria Fresca: Per garantire l’efficacia aero<strong>di</strong>namica al sistema occorre che nella<br />

parte bassa dei locali ci siano aperture per l’immissione <strong>di</strong> aria aventi superficie non minore <strong>di</strong> due<br />

volte la superficie geometrica <strong>di</strong> apertura della totalità degli EFC installati. Pertanto, nel caso in<br />

cui fossero impiegati evacuatori con un coefficiente <strong>di</strong> flusso Cvv = 0,75, dovremmo garantire<br />

aperture <strong>di</strong> afflusso aria per una superficie non minore <strong>di</strong> 30 m2.<br />

Il secondo caso trattato ha come oggetto uno stabilimento industriale dove si costruiscono<br />

macchine ed apparecchiature elettriche; la struttura esaminata è destinata in parte ai reparti produttivi ed<br />

in parte a magazzini per materiali in ingresso e prodotti finiti.<br />

Il fabbricato è costituito essenzialmente da un capannone monopiano, <strong>di</strong> tipo industriale, con<br />

figura geometrica semplice nelle <strong>di</strong>mensioni in pianta <strong>di</strong> 60 m e 96 m, rispettivamente per la larghezza e<br />

la lunghezza.<br />

La copertura <strong>di</strong> tipo a minished non presenta cortine o elementi strutturali similari <strong>di</strong> altezza<br />

significativa; l’altezza <strong>di</strong> riferimento h del locale risulta 6.5 m.<br />

All’interno, me<strong>di</strong>ante pareti tagliafuoco, sono stati creati due compartimenti delle <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong><br />

3.600 m2 e 2.160 m2; il primo è de<strong>di</strong>cato principalmente ai reparti produttivi e collau<strong>di</strong>, il secondo ai<br />

reparti <strong>di</strong> imballaggio spe<strong>di</strong>zione e magazzini.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista dell’incen<strong>di</strong>o l’“attività” presenta livelli <strong>di</strong> rischio <strong>di</strong>fferenti a seconda delle aree:<br />

Reparti produttivi:<br />

Livello 2 con moderata probabilità <strong>di</strong> innesco e moderati accumuli <strong>di</strong> materiali combustibili;<br />

Magazzini e reparti <strong>di</strong> imballaggio:<br />

livello 3 con elevata probabilità <strong>di</strong> innesco, elevato carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, accumuli <strong>di</strong> materiali<br />

elettrici ed elettronici, presenza <strong>di</strong> materie plastiche varie ed anche <strong>di</strong> tipo espanso, presenza <strong>di</strong> olii e<br />

liqui<strong>di</strong> infiammabili (in quantitativi limitati).<br />

Inoltre ai fini della nostra trattazione si evidenzia:<br />

⋅ la presenza <strong>di</strong> un idoneo impianto <strong>di</strong> rivelazione incen<strong>di</strong> con sistema <strong>di</strong> comunicazione <strong>di</strong>retto ai<br />

VV.F;<br />

⋅ la presenza <strong>di</strong> una squadra interna addestrata, ma limitatamente alle ore lavorative (circa 16 ore<br />

giornaliere);<br />

⋅ un tempo <strong>di</strong> intervento da parte <strong>di</strong> squadre esterne non superiore ai 15 min.;<br />

⋅ l’assenza <strong>di</strong> impianti fissi <strong>di</strong> estinzione a pioggia (sprinkler).


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

434<br />

Figura 312: Tipologie <strong>di</strong> coperture <strong>di</strong> magazzini<br />

A seguito <strong>di</strong> quanto descritto sino ad ora, possono essere in<strong>di</strong>viduati i seguenti fattori:<br />

⋅ 1. durata convenzionale <strong>di</strong> sviluppo dell’incen<strong>di</strong>o, che in base a:<br />

⋅ un tempo <strong>di</strong> allarme T1 = 0 (presenza impianto automatico <strong>di</strong> rivelazione);<br />

⋅ un tempo <strong>di</strong> intervento T2 = 15 min (con<strong>di</strong>zione più sfavorevole ore notturne);<br />

risulta T = T1 + T2 = 15 min<br />

⋅ 2. velocità <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, che in virtù dell’ “attività” in esame può essere<br />

ragionevolmente considerata “alta” per il compartimento magazzini, e “normale” per il<br />

compartimento reparti.<br />

⋅ 3. gruppo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento Gd, che ricavato dal prospetto II della norma in funzione della<br />

durata convenzionale e della velocità <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> cui ai precedenti punti 1 e 2, risulta uguale a 5<br />

per il compartimento magazzini e 4 per il compartimento reparti.<br />

⋅ 4. altezza della zona libera fumo y: Per quanto riguarda l’altezza della zona libera da fumo,<br />

viste le caratteristiche strutturali dei due compartimenti in esame e le necessità produttive, si<br />

osserva che:<br />

⋅ non sono sod<strong>di</strong>sfatte le con<strong>di</strong>zioni limite imposte dalla Norma per la definizione <strong>di</strong> tale altezza;<br />

⋅ il valore minimo <strong>di</strong> altezza imposto della Norma stessa come 0,5 h, corrispondente a 3,25 m, è<br />

considerato insufficiente ai fini della limitazione dei danni alle apparecchiature.<br />

⋅ Ne consegue, pertanto, che il coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento α sarà determinato tramite il<br />

valore y c (valore <strong>di</strong> y corretto, Art. 6.2 Norma) calcolato con la nota relazione:<br />

∆h<br />

⎛ A s<br />

−1600<br />

⎞<br />

y0<br />

= y + ⎜ ⎟<br />

2 ⎝ 1600 ⎠<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

Per il compartimento reparti produttivi avremo:<br />

y = 0,5 h = 3,25 m<br />

∆h = h (y + hc) per hc = 0 ∆h = 3,25 m<br />

A = superficie coperta del compartimento 3.600 m2<br />

As = superficie del compartimento a soffitto limitata della Norma a 3.200 m² per cui:<br />

∆h<br />

⎛ 3200 −1600<br />

⎞<br />

y0<br />

= y + ⎜<br />

⎟ = 4.87 m<br />

2 ⎝ 1600 ⎠<br />

Il nuovo valore dell’altezza libera da fumo, da impiegare nel prospetto III, per determinare il<br />

coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento α, risulta pertanto “0,75 h”.<br />

Per il compartimento magazzini avremo:<br />

y = 0,5 h = 3,25 m<br />

∆h = h (y + hc) per hc = 0 ∆h = 3,25 m<br />

A = superficie coperta del compartimento 2.160 m2<br />

As = superficie del compartimento a soffitto 2.160 m2<br />

per cui:


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

435<br />

∆h<br />

⎛ 2160 −1600<br />

⎞<br />

y0<br />

= y + ⎜<br />

⎟ = 3.82 m<br />

2 ⎝ 1600 ⎠<br />

⋅ che corrisponde ad un nuovo valore <strong>di</strong> altezza da impiegare nel prospetto III, come già citato per<br />

i reparti, uguale a “0,59 h”. Tuttavia, volendo garantire un’altezza minima libera da fumo non<br />

inferiore ai 4 m, per determinare il coefficiente α sarà assunto un valore pari a “0,62 h”.<br />

⋅ 5. coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento: Giunti a questa fase, in base ai gruppi <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mensionamento Gd ed alle altezze della zona libera da fumo y e yc, vengono in<strong>di</strong>viduati tramite<br />

il prospetto III della norma, i coefficienti <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento:<br />

⋅ compartimento magazzini: Gd = 5 y = 0,63 h α = 1,68<br />

⋅ compartimento reparti: Gd = 4 y = 0,75 h α = 2,1<br />

⋅ 6. calcolo della superficie utile totale : La Sut è determinata attraverso la formula già nota dove:<br />

Asα<br />

Sut<br />

=<br />

100<br />

⋅ A S = superficie del compartimento a soffitto, che corrisponde a 2.160 m2 per i magazzini e 3600<br />

m2 per i reparti;<br />

⋅ pertanto:<br />

2160 −1.68<br />

2<br />

⋅ per il compartimento magazzini Sut<br />

= = 36.29m<br />

100<br />

3600 − 2.1 2<br />

⋅ per il compartimento reparti Sut<br />

= = 76.5 m<br />

100<br />

Visti i risultati ottenuti può risultare interessante esaminare quale influenza possa avere nella<br />

determinazione <strong>di</strong> α e conseguentemente della superficie totale Sut, fermi restando gli altri fattori, la<br />

realizzazione <strong>di</strong> compartimenti a soffitto con superficie non maggiore <strong>di</strong> 1.600 m2 me<strong>di</strong>ante l’impiego <strong>di</strong><br />

cortine a tenuta <strong>di</strong> fumo. Nel caso del compartimento reparti la realizzazione <strong>di</strong> cortine comporterebbe<br />

le seguenti variazioni (ve<strong>di</strong> Tabella 51):<br />

Tabella 51: Variazioni<br />

⋅ Le <strong>di</strong>minuzioni percentuali riportate nel prospetto si traducono in analoghe <strong>di</strong>minuzioni della Sut;<br />

questo può essere tradotto in chiave economica per una giusta valutazione dei costi complessivi<br />

delle opere da realizzare, sia a livello <strong>di</strong> impianti sia a livello <strong>di</strong> strutture.<br />

⋅ Nella valutazione complessiva si dovranno inoltre includere gli eventuali svantaggi portati dalla<br />

presenza fisica delle cortine che si estendono dalla copertura verso il basso fino all’altezza<br />

determinata.<br />

⋅ 7. numero degli EFC da installare: Anche in questo caso il numero degli evacuatori richiesti si<br />

ottiene <strong>di</strong>videndo la superficie Sut calcolata per ciascun compartimento, per la superficie utile <strong>di</strong><br />

apertura (SUA) del modello <strong>di</strong> evacuatore che si intende installare in quel compartimento.<br />

S<br />

⋅ Sulla base del numero N =<br />

ut<br />

si dovrà in seguito verificare che siano sod<strong>di</strong>sfatte le con<strong>di</strong>zioni,<br />

Su<br />

in numero e posizione, poste specificatamente dalla Norma.<br />

⋅ A titolo in<strong>di</strong>cativo, in questo caso, si possono installare:<br />

⋅ nel compartimento magazzini: n. 25 evacuatori con Su = 1.5 m2<br />

⋅ nel compartimento reparti: n. 51 evacuatori con Su = 1.5 m2


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

436<br />

⋅<br />

8. afflusso <strong>di</strong> aria fresca: Considerando quanto specificato in precedenza in merito all’efficienza<br />

delle aperture <strong>di</strong> afflusso aria, si suppone, in questo caso, l’impiego <strong>di</strong> evacuatori con coefficiente<br />

<strong>di</strong> flusso Cvv = 0,7. Le aperture previste devono avere una superficie non minore <strong>di</strong> 107,2 m2 per il<br />

compartimento magazzini e <strong>di</strong> 219 m2 per il compartimento reparti.<br />

19.7 CRITERI DI INSTALLAZIONE DEGLI EFC<br />

L’installazione degli evacuatori <strong>di</strong> fumo deve essere realizzata in modo tale da garantirne, in ogni<br />

con<strong>di</strong>zione, il funzionamento ottimale e la massima efficienza per quelle che sono le proprie<br />

caratteristiche costruttive e le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> progetto del sistema <strong>di</strong> evacuazione.<br />

Quin<strong>di</strong> si dovrà avere cura <strong>di</strong> non alterare, <strong>di</strong>rettamente o in<strong>di</strong>rettamente, le caratteristiche<br />

costruttive e <strong>di</strong> funzionamento comprovate dal costruttore dell’apparecchiatura; ad esempio,<br />

mo<strong>di</strong>ficandone i fattori aero<strong>di</strong>namici interni ed esterni (griglie, veline, controsoffitti, etc.), o<br />

installandolo non conformemente alle prescrizioni del costruttore (con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> posa, orientazione<br />

delle aperture, etc.), o installandolo in con<strong>di</strong>zioni che possono compromettere il regolare scarico <strong>di</strong><br />

fumi (presenza e posizione <strong>di</strong> impianti sprinklers o altri impianti <strong>di</strong> spegnimento, posizione sulla<br />

copertura, etc.).<br />

Gli evacuatori devono essere installati, per quanto possibile, in modo omogeneo nei singoli<br />

compartimenti a soffitto, sia come <strong>di</strong>stribuzione sia come modalità <strong>di</strong> installazione sulla copertura;<br />

analogo criterio dovrebbe essere seguito per tutti i compartimenti <strong>di</strong> una stessa struttura.<br />

La norma UNI 9494 stabilisce inoltre i seguenti criteri <strong>di</strong> installazione:<br />

⋅ In generale è preferibile installare un numero elevato <strong>di</strong> EFC <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni ridotte piuttosto che<br />

pochi <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni. Occorre inoltre prevedere, come minimo, un EFC ogni 200 m2 su<br />

coperture piane o con pendenza non maggiore del 20% ed un EFC ogni 400 m2 su coperture con<br />

pendenza maggiore del 20% (le misure sono riferite alla superficie coperta).<br />

⋅ Nei locali in cui la copertura ha una pendenza maggiore del 20% gli EFC devono essere posti,<br />

per quanto possibile, nella parte più alta della copertura stessa. Il centro <strong>di</strong> ogni singolo<br />

apparecchio non deve comunque trovarsi al <strong>di</strong> sotto dell'altezza <strong>di</strong> riferimento h del locale.<br />

⋅ Per coperture piane e con pendenza non maggiore del 20% la <strong>di</strong>stanza fra gli EFC non deve<br />

essere maggiore <strong>di</strong> 20 m né minore <strong>di</strong> 5 m, tra gli EFC e le pareti perimetrali la <strong>di</strong>stanza massima<br />

deve essere <strong>di</strong> 10 m e quella minima <strong>di</strong> 5 m.<br />

⋅ Nessun lato <strong>di</strong> un EFC deve avere lunghezza maggiore <strong>di</strong> 2,5 m.<br />

⋅ Nel caso <strong>di</strong> copertura a dente <strong>di</strong> sega o a shed non possono essere installati EFC sulla falda<br />

verticale o a maggiore pendenza se il loro funzionamento è negativamente influenzato dal vento.<br />

⋅ Per il montaggio <strong>di</strong> EFC su e<strong>di</strong>fici con altezza maggiore <strong>di</strong> 20 m o e<strong>di</strong>fici particolarmente<br />

esposti, come per esempio i capannoni per aviorimessa, devono essere verificati i parametri <strong>di</strong><br />

stabilità e sicurezza.<br />

⋅<br />

Particolare cura deve essere posta nella realizzazione <strong>di</strong> tali installazioni al fine <strong>di</strong> evitare che esse<br />

stesse possano aggravare il pericolo <strong>di</strong> propagazione <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o da un fabbricato ad un altro, nel<br />

fabbricato stesso e da un compartimento all'altro.<br />

In ultimo, dopo aver illustrato i criteri da seguire per installare correttamente gli evacuatori, si<br />

evidenzia la necessità <strong>di</strong> assicurare un flusso <strong>di</strong> aria fresca dall’esterno adeguato quantitativamente al<br />

flusso <strong>di</strong> fumi evacuato.<br />

Per garantire la massima efficacia aero<strong>di</strong>namica al sistema occorre che nella parte bassa dei locali<br />

siano presenti aperture per l’immissione <strong>di</strong> aria aventi superficie non minore <strong>di</strong> due volte la superficie<br />

geometrica <strong>di</strong> apertura della totalità degli evacuatori installati.<br />

La norma specifica che nel calcolo si devono considerare portoni, porte e finestre purché poste<br />

nella zona libera da fumo; è necessario però precisare che gli infissi <strong>di</strong> tali elementi devono consentire il<br />

flusso libero dell’aria in caso <strong>di</strong> intervento degli EFC.<br />

In questo caso si dovrà pertanto provvedere all’apertura degli infissi considerati<br />

contemporaneamente all’intervento degli EFC.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

437<br />

19.8 DESCRIZIONE DEGLI EFC<br />

Esistono <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> evacuatore <strong>di</strong> fumo e calore che, a titolo informativo, elenchiamo <strong>di</strong><br />

seguito:<br />

⋅ E.F.C. A funzionamento meccanico: Il sistema si serve <strong>di</strong> un meccanismo a molla o<br />

contrappeso.<br />

⋅ E.F.C. a funzionamento elettrico: Il sistema si serve del motore elettrico e della relativa<br />

batteria tampone.<br />

⋅ E.F.C. A funzionamento pneumatico: Il sistema si serve <strong>di</strong> gas CO2, azoto o aria compressa.<br />

Tra questi <strong>di</strong>versi sistemi l’E.F.C. pneumatico si è <strong>di</strong>mostrato il più affidabile e funzionale; <strong>di</strong><br />

seguito ne descriveremo in dettaglio le componenti ed il funzionamento.<br />

19.8.1 EFC PNEUMATICO<br />

Il meccanismo prevede che il cilindro pneumatico porti l’anta mobile in apertura fino ad un<br />

angolo <strong>di</strong> 110°, dopo<strong>di</strong>ché, per effetto del passaggio oltre la verticale, prosegua in caduta libera con<br />

l’<strong>unico</strong> vincolo della molla ad azione frenante. Questo meccanismo (Figura 313), stu<strong>di</strong>ato in conformità<br />

alla norma DIN 18232/3 può sod<strong>di</strong>sfare quanto richiesto dalla norma UNI 9494 .<br />

Figura 313: EFC pneumatico<br />

Se al sistema sopra descritto viene applicata una forza contraria alla <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> apertura, come<br />

quella data dal vento, essa si somma all’azione frenante della molla. La somma <strong>di</strong> queste forze può<br />

rallentare o ad<strong>di</strong>rittura impe<strong>di</strong>re l’apertura dell’evacuatore.<br />

Il cilindro pneumatico (Figura 314) nonostante le contenute <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> lunghezza in stato <strong>di</strong><br />

chiusura ha lo stelo configurato in modo telescopico ed e composto da tre sfili.<br />

Figura 314: Cilindro pneumatico<br />

Grazie a questo meccanismo, al termine dell’espulsione totale dello stelo, l’anta fissa e l’anta<br />

mobile si vengono a trovare solidamente contrastate dal cilindro.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

438<br />

20 ESEMPIO DI RELAZIONE PER CPI<br />

Si vuole qui fornire un esempio <strong>di</strong> stesura <strong>di</strong> una relazione per la richiesta del CPI (Certificato <strong>di</strong><br />

Prevenzione Incen<strong>di</strong>) per una ipotetica costruzione. L’Allievo osservi l’articolato dei paragrafi,<br />

l’impostazione del calcolo e i riferimenti normativi citati. I dati illustrati nell’esempio qui considerato<br />

sono riferiti ad un ipotetico ospedale.<br />

20.1 GENERALITÀ<br />

Il carico d’incen<strong>di</strong>o è stato calcolato secondo le definizioni ed in<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong> cui alla Circolare del<br />

Ministero degli Interni n. 91 del 14 settembre 1961.<br />

Il carico d’incen<strong>di</strong>o è per definizione il potenziale termico della totalità dei materiali combustibili<br />

contenuti in uno spazio, ivi compresi i rivestimenti dei muri, delle pareti, dei pavimenti e dei soffitti.<br />

Esso è espresso convenzionalmente dalla quantità in chilogrammi <strong>di</strong> legna equivalente (potere<br />

calorifero superiore a 18.48 MJ/kg).<br />

Il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o specifico è quello riferito all’unità <strong>di</strong> superficie (1 m²) orizzontale; esso si<br />

ottiene <strong>di</strong>videndo per 18.48 (pcs del legno) il numero <strong>di</strong> MJ per unità <strong>di</strong> superficie orizzontale (1 m²) del<br />

locale che al massimo si possono sviluppare per effetto della combustione <strong>di</strong> tutti i materiali<br />

combustibili presenti, cioè con l’espressione:<br />

Σ g i ·H i<br />

q = —————<br />

18.48 · A<br />

⋅<br />

⋅<br />

dove:<br />

q è il carico d’incen<strong>di</strong>o [kg legno/m²]<br />

g i è il peso [kg] del generico fra gli n, combustibili che si prevede siano presenti nel locale nelle<br />

con<strong>di</strong>zioni più gravose <strong>di</strong> carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

⋅ Hi è il potere calorifero [MJ/kg] del generico combustibile fra gli n presenti<br />

⋅ A è la superficie orizzontale [m²] del locale o del piano del fabbricato considerato 18.48 è il<br />

potere calorifero [MJ/kg] del legno.<br />

Le con<strong>di</strong>zioni più gravose del carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> un certo locale o piano sono quelle per le quali<br />

la sommatoria g i H i è massima e vengono determinate esaminando le previste utilizzazioni dei locali e<br />

dei piani. In base alle previsioni <strong>di</strong> progetto si sono stabilite le situazioni reali <strong>di</strong> tutti i materiali<br />

combustibili da utilizzare, arrivando quin<strong>di</strong> alla determinazione <strong>di</strong> una lista ove compaiono le quantità<br />

(pesi, numero <strong>di</strong> pezzi, …) dei suddetti materiali in opera.<br />

La classe d’incen<strong>di</strong>o dell’e<strong>di</strong>ficio esprime il carico virtuale in kg/m² <strong>di</strong> legna standard ed è<br />

in<strong>di</strong>cativa anche dei minuti primi <strong>di</strong> durata minima <strong>di</strong> resistenza al fuoco da richiedere alla struttura in<br />

esame.<br />

La classe dell’e<strong>di</strong>ficio si determina in base alla formula:<br />

C = K · q<br />

in cui:<br />

⋅ C è il numero in<strong>di</strong>cativo della classe<br />

⋅ q è il carico d’incen<strong>di</strong>o in legna standard<br />

⋅ K è il coefficiente <strong>di</strong> riduzione (compreso ta 0,2 e 1) che tiene conto delle con<strong>di</strong>zioni reali<br />

<strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o dell’e<strong>di</strong>ficio.<br />

20.2 LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO<br />

Le Leggi, regolamenti e Norme Tecniche <strong>di</strong> riferimento sono le seguenti:<br />

⋅ Norme sulla sicurezza del lavoro, D.P.R. n. 457 del 27/04/1955, D.P.R. n. 164 del 07/01/1956,<br />

D.P.R. n. 302 del 19/03/1956 e D.Lgs 626/94;<br />

⋅ Norme generali per l’igiene del lavoro, D.P.R. n. 303 del 19/03/1956;


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

439<br />

⋅ Circolare Ministeriale n. 91 del 14/09/1961 recante “Norme <strong>di</strong> sicurezza per la protezione contro<br />

il fuoco dei fabbricati a struttura in acciaio destinati ad uso civile”;<br />

⋅ Circolare Ministeriale n. 68 recante “Norme <strong>di</strong> sicurezza per impianti termici a gas <strong>di</strong> rete”<br />

⋅ Legge n. 1083 del 06/12/71 “Norme per la sicurezza dell’impiego del gas combustibile”<br />

⋅ Circolare Ministeriale n. 31 MLSA del 31/08/1978 recante “Norme <strong>di</strong> sicurezza per<br />

l’installazione <strong>di</strong> motori a combustione interna accoppiati a macchina generatrice elettrica o a<br />

macchina operatrice”;<br />

⋅ Decreto del Ministero dell’Interno del 16/02/1982 “Mo<strong>di</strong>ficazioni del D.M. 27/08/1965<br />

concernete la determinazione delle attività soggette a visite <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong>”;<br />

⋅ D.P.R. n. 577 del 29/07/1982 “Approvazione del regolamento concernete l’espletamento dei<br />

servizi <strong>di</strong> prevenzione e <strong>di</strong> vigilanza antincen<strong>di</strong>”;<br />

⋅ Decreto Ministero degli Interni del 30/11/1983 recante “Termini, definizioni generali e simboli<br />

grafici <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong>”;<br />

⋅ Decreto Ministero degli Interni del 30/11/1983 “Classificazione <strong>di</strong> reazione al fuoco ed<br />

omologazione dei materiali ai fini della prevenzione incen<strong>di</strong>”;<br />

⋅ D.M. del 01/02/1986 Recante “Norme <strong>di</strong> sicurezza antincen<strong>di</strong> per la costruzione e l’esercizio <strong>di</strong><br />

autorimesse e simili”;<br />

⋅ Decreto Ministero degli Interni n. 246 del 01/02/1986 “Norme <strong>di</strong> sicurezza antincen<strong>di</strong>o per la<br />

costruzione e l’esercizio <strong>di</strong> autorimesse e simili”;<br />

⋅ DM. N. 246 del 16/05/1987 recante “Norme <strong>di</strong> sicurezza antincen<strong>di</strong>o per gli e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> civile<br />

abitazione” e in particolare il punto 2.5 per gli ascensori;<br />

⋅ L. n. 46 del 05/03/1990 recante “Norme per la sicurezza degli Impianti”;<br />

⋅ D.P.R. n. 447 del 06/12/91 “Regolamento <strong>di</strong> attuazione della L. 46/90 in materia <strong>di</strong> sicurezza<br />

negli impianti”;<br />

⋅ Decreto Ministero degli Interni del 09/04/1994 “approvazione della regola tecnica <strong>di</strong><br />

prevenzione e incen<strong>di</strong> per la costruzione e l’esercizio delle attività ricettive turistico –<br />

alberghiere”;<br />

⋅ D.Lgs n. 626 del 19/09/1994 “attuazione delle <strong>di</strong>rettive europee riguardanti il miglioramento<br />

della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo <strong>di</strong> lavoro”;<br />

⋅ D.M. del 12/04/1996 recante la “Regola Tecnica <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong> per la progettazione,<br />

costruzione e l’esercizio degli impianti termici alimentati a gas metano”;<br />

⋅ D.P.R. 14/01/1997 recante “Approvazione dell’atto <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzo e coor<strong>di</strong>namento alle regioni e<br />

alle province autonome <strong>di</strong> Trento e Bolzano, in materia <strong>di</strong> requisiti strutturali, tecnologici ed<br />

organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitari”;<br />

⋅ D.M. 10/03/1998 recante “Criteri generali <strong>di</strong> sicurezza antincen<strong>di</strong>o e per la gestione<br />

dell’emergenza nei luoghi <strong>di</strong> lavoro”;<br />

⋅ Decreto Ministero degli Interni del 04/05/1998 “Disposizioni relative alle modalità <strong>di</strong><br />

presentazione ed al contenuto delle domande per l’avvio dei proce<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> prevenzione<br />

incen<strong>di</strong>, nonché all’uniformità dei connessi servizi resi dal Coman<strong>di</strong> provinciali dei vigili del<br />

fuoco”;<br />

⋅ Circolare Ministero degli Interni n. 9 del 05/05/1998 e D.P.R. n. 37 del 12/01/1998 recante<br />

“Regolamento per la <strong>di</strong>sciplina dei proce<strong>di</strong>menti relativi alla prevenzione incen<strong>di</strong>. Chiarimenti<br />

applicativi”;<br />

⋅ Norma UNI-VV.F 8478, “Criteri per assicurare la robustezza delle lance a getto pieno per l’acqua<br />

antincen<strong>di</strong>”;<br />

⋅ Norma UNI-VV.F. 9485 e 9846, “Criteri progettuali e <strong>di</strong>mensionali per le reti idriche ove si<br />

impiegano idranti a colonna fissa”:<br />

⋅ Norma UNI-VV.F. 9487, “Norme <strong>di</strong> progettazione <strong>di</strong> reti con idranti a colonna in ghisa”;<br />

⋅ Norma UNI-VV.F. 9489 “Criteri <strong>di</strong> progettazione, <strong>di</strong>mensionamento e classificazione degli<br />

impianti fissi <strong>di</strong> estinzione automatici a pioggia”;


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

440<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

Norma UNI-VV.F. 9490, “Norme <strong>di</strong> progettazione delle reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione degli erogatori”;<br />

Norma UNI-VV.F. 9491, “Norme <strong>di</strong> progettazione delle reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione degli impianti<br />

sprinkler”;<br />

Norma UNI-VV.F. 9502, “Proce<strong>di</strong>mento analitico per valutare la resistenza al fuoco degli<br />

elementi costruttivi <strong>di</strong> conglomerato armato, normale e precompresso”<br />

Norma UNI-VV.F. 9503, “Proce<strong>di</strong>mento analitico per valutare la resistenza a fuoco degli<br />

elementi costruttivi <strong>di</strong> acciaio”;<br />

Norma UNI-VV.F. 9504, “Proce<strong>di</strong>mento analitico per valutare la resistenza a fuoco degli<br />

elementi costruttivi <strong>di</strong> legno”;<br />

Norma UNI 9795 “Sistemi fissi automatici <strong>di</strong> rivelazione e <strong>di</strong> segnalazione incen<strong>di</strong>”<br />

Norma UNI-VV.F. 10779, “Riferimento per la progettazione <strong>di</strong> una rete <strong>di</strong> idranti, classificazione<br />

dei rischi e <strong>di</strong>mensionamento delle installazioni”<br />

⋅ Norme UNIEN (3/1, 3/2, ¾, 3/5).<br />

Caratteristiche Costruttive<br />

Le caratteristiche costruttive dell’e<strong>di</strong>ficio in progetto variano a seconda dei locali e dei comparti<br />

considerati.<br />

Le strutture portanti sono in calcestruzzo armato con telai or<strong>di</strong>ti nelle due <strong>di</strong>rezioni trasversali<br />

principali e conformi, tra l’altro, alla vigente normativa sismica e ai coefficienti <strong>di</strong> rischio per ospedali.<br />

La resistenza a fuoco degli elementi strutturali, valutata ai sensi della Circolare Ministero degli<br />

Interni n. 91 del 14/09/1961, le Norme UNI-VV.F. 9502 e 9503 e le Regole Tecniche in<strong>di</strong>cate in<br />

precedenza, è in<strong>di</strong>cata con le lettere:<br />

⋅ R, stabilità, è l’attitu<strong>di</strong>ne a conservare la resistenza meccanica sotto l’azione del fuoco;<br />

⋅<br />

⋅<br />

E, tenuta: è l’attitu<strong>di</strong>ne a non lasciar passare fiamme, vapori o gas cal<strong>di</strong> sul lato non esposto;<br />

I, Isolamento termico: è l’attitu<strong>di</strong>ne a ridurre la trasmissione del calore dalla faccia esposta a quella<br />

non esposta.<br />

In conseguenza <strong>di</strong> questa classificazione si ha la seguente classificazione delle strutture:<br />

⋅ Pareti piani interrati : R/REI 120<br />

⋅ Pareti piani fuori terra: R/REI 90<br />

La muratura <strong>di</strong> tamponamento è costituita dalle seguenti tipologie:<br />

⋅ Degenze e stu<strong>di</strong>: Pareti esterne in Curtain Wall con elementi esterni in alluminio;<br />

⋅ Degenze e stu<strong>di</strong>: Pareti esterne e <strong>di</strong> confine con muratura a doppia parete <strong>di</strong> forati <strong>di</strong> 12 e<br />

8 cm separati da intercape<strong>di</strong>ne interna riempita <strong>di</strong> lana <strong>di</strong> roccia in pannelli rigi<strong>di</strong> ed intonaco sulle<br />

due facce;<br />

⋅ Degenze e stu<strong>di</strong>: Pareti <strong>di</strong>visorie in laterizio forato da 8 cm con intonaco ai due lati;<br />

⋅ Scale e ascensori. Muratura in cemento a faccia vista da 25 cm <strong>di</strong> spessore;<br />

⋅ Degenze e stu<strong>di</strong>: Copertura a terrazzo con solaio da 32 cm e piastrelle;<br />

⋅ Stu<strong>di</strong>: Copertura a solaio a volta esterna rivestita con lastre in alluminio<br />

metallico.<br />

La resistenza a fuoco dei vani scala ed ascensori nonché dei montacarichi, compresi i vani<br />

macchina, sarà pari a REI 90.<br />

20.3 MATERIALI UTILIZZATI<br />

In conformità alle Regole Tecniche relative al presente progetto i materiali nelle <strong>di</strong>verse aree<br />

avranno le seguenti caratteristiche:<br />

⋅ Negli atri, nei corridoi, nei <strong>di</strong>simpegni, nelle scale, nelle rampe e nei passaggi in genere si<br />

utilizzeranno materiali in Classe 1 in ragione <strong>di</strong> almeno il 50% massimo della loro superficie totale<br />

mentre per le restanti parti si utilizzerà materiale in Classe 0;<br />

⋅ I materiali <strong>di</strong> rivestimento ed i materiali isolanti saranno posti in opera in aderenza agli elementi<br />

costruttivi <strong>di</strong> Classe 0 escludendo spazi vuoti o intercape<strong>di</strong>ni;


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

441<br />

⋅ I tendaggi saranno <strong>di</strong> Classe non superiore ad 1 mentre i materassi ed i mobili saranno in Classe<br />

1M;<br />

⋅ Le pavimentazioni saranno <strong>di</strong> tipo resiliente in Classe 1;<br />

⋅ I corridoi e gli altri locali ove sono posti canali, tubi o scarichi a soffitto saranno controsoffittati<br />

con pannelli smontabili in gesso o fibra minerale.<br />

20.4 COMPARTIMENTAZIONE<br />

Una misura fondamentale per la riduzioni dei rischi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o è la compartimentazione<br />

dell’e<strong>di</strong>ficio, cioè la delimitazione <strong>di</strong> parti <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficio detti “compartimenti antincen<strong>di</strong>o” in<strong>di</strong>spensabili per<br />

isolare un incen<strong>di</strong>o ed impe<strong>di</strong>rne la propagazione in altre zone a rischio o con presenza <strong>di</strong> persone.<br />

La Classe <strong>di</strong> un compartimento è data dalla resistenza al fuoco delle strutture che lo delimitano,<br />

come in<strong>di</strong>cato nelle tabelle che seguono.<br />

La compartimentazione è stata effettuata cercando <strong>di</strong> coniugare le esigenze imposte dalle Norme<br />

Tecniche con quelle <strong>di</strong> funzionalità del comparto in modo da limitare al minimo la fruibilità degli<br />

ambienti e dei servizi ad essi associati.<br />

Si è fatto riferimento all’ipotesi <strong>di</strong> Norma Tecnica <strong>di</strong> cui alla Circolare del Ministero dell’Interno<br />

prot. 341/4122 sott. 46 All. 1 del 15/04/2002 64 in ottemperanza al decreto della Commissione Europea<br />

previsto dalla <strong>di</strong>rettiva 94/34/CE.<br />

Le aree compartimentali sono così definite:<br />

⋅ Aree <strong>di</strong> tipo A: aree o impianti a rischio specifico e classificate come attività soggette al<br />

controllo dei V.V.F ai sensi del D.M. 16/02/1982 e del D.P.R. 689/59 (impianti <strong>di</strong> produzione<br />

del calore , gruppi elettrogeni, autorimesse, ecc…);<br />

⋅ Aree <strong>di</strong> tipo B: aree a rischio specifico accessibile al solo personale <strong>di</strong>pendente (Aule e<br />

laboratori <strong>di</strong> ricerca, depositi, , etc..) ubicati nel <strong>volume</strong> degli e<strong>di</strong>fici destinati, anche in parte, ad<br />

aree <strong>di</strong> tipo C e D;<br />

⋅ Aree <strong>di</strong> tipo C: aree destinate a stu<strong>di</strong> dei docenti;<br />

⋅ Aree <strong>di</strong> tipo D: aree destinate ad unità speciali (laboratori speciali, ….);<br />

⋅ Aree <strong>di</strong> tipo E: aree destinate ad altri servizi (uffici, scuole e convitti professionali, spazi<br />

per riunioni e convegni, mensa aziendale, spazi per visitatori inclusi bar e limitati spazi<br />

commerciali, ecc…)<br />

La compartimentazione sarà ottenuta utilizzando i seguenti sistemi costruttivi:<br />

⋅ Solai intonacati per la compartimentazione orizzontali;<br />

⋅ Infissi tagliafuoco per le aperture <strong>di</strong> comunicazione;<br />

⋅ Serrande tagliafuoco ed altri accorgimenti (quali collari tagliafuoco, sigillanti tagliafuoco, ….) per<br />

la compartimentazione in presenza <strong>di</strong> passaggi impiantistici.<br />

Le comunicazioni con i percorsi <strong>di</strong> esodo (orizzontali e/o verticali) avvengono tramite filtri a<br />

prova <strong>di</strong> fumo. I filtri hanno le seguenti caratteristiche:<br />

⋅ Strutture <strong>di</strong> delimitazione con resistenza al fuoco al fuoco pari ad almeno REI 60 o REI 120 nel<br />

copro dell’e<strong>di</strong>ficio B <strong>di</strong> altezza superiore a 24 m;<br />

⋅ Accessi dotati <strong>di</strong> porte con resistenza al fuoco almeno pari a REI 60 o 120 per l’e<strong>di</strong>ficio B munite<br />

⋅<br />

<strong>di</strong> congegno <strong>di</strong> chiusura automatica in caso <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o;<br />

Aerazione ottenuta me<strong>di</strong>ante canna <strong>di</strong> ventilazione per l’evacuazione dei fumi <strong>di</strong> tipo Shunt<br />

realizzata con pareti resistenti al fuoco REI 90, della sezione minima pari a 0.10 m².<br />

Il passaggio fra un comparto e quello imme<strong>di</strong>atamente a ridosso è protetto con l’inserimento <strong>di</strong><br />

una zona <strong>di</strong> filtro dotata <strong>di</strong> canna <strong>di</strong> ventilazione della sezione minima <strong>di</strong> 40 x 50 cm² per l’evacuazione<br />

dei fumi.<br />

64 Questa Regola Tecnica per gli ospedali è stata successivamente pubblicata come D.M. Interni nel settembre 2002.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

442<br />

Figura 315: Esempio <strong>di</strong> compartimentazione <strong>di</strong> più reparti ospedalieri<br />

In questo modo si può classificare il reparto a<strong>di</strong>acente come luogo sicuro statico o <strong>di</strong>namico, ove poter<br />

trasferire i pazienti del reparto interessato attiguo in attesa dei soccorsi.<br />

Si aumenta, pertanto, la sicurezza e gestibilità delle operazioni <strong>di</strong> emergenza potendo attuare una<br />

evacuazione orizzontale progressiva.<br />

Le delimitazioni dei compartimenti e le relative superfici sono rilevabili nei <strong>di</strong>segni allegati (ed in<br />

parte visibili nelle tavole <strong>di</strong> Figura 315 fino alla Figura 317) alla presente Relazione per il C.P.I


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

443<br />

Figura 316: Esempio <strong>di</strong> compartimentazione <strong>di</strong> un piano operatorio


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

444<br />

Figura 317: Esempio <strong>di</strong> compartimentazione <strong>di</strong> degenze ospedaliere 65<br />

65 Nelle tavole relative alla compartimentazione si sono utilizzati dei simboli per i componenti <strong>di</strong> impianto<br />

antincen<strong>di</strong>o che sono raccolti nella seguente tavola sinottica:<br />

Simboli per gli impianti antincen<strong>di</strong>o


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

445<br />

20.5 DESCRIZIONE DEI LOCALI, DEI PIANI O DELLE ZONE<br />

I locali (zone) presi in esame sono elencati nella seguente tabella:<br />

Zona Attività(*) Descrizione Superficie [m²]<br />

A 85 PIANO A QUOTA 130.60 1080,00<br />

B 85 PIANO A QUOTA 138.60 800,00<br />

C 85 PIANO A QUOTA 142.60 800,00<br />

D 85 PIANO A QUOTA 146.60 800,00<br />

(*) Si veda l’elenco dei depositi e industrie pericolose soggetti alle visite ed ai controlli <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> cui al DM 16-2-1982 e alle<br />

successive mo<strong>di</strong>fiche e integrazioni.<br />

Tabella 52: A – Superfici dei comparti dell’ipotetico e<strong>di</strong>ficio<br />

20.6 CALCOLO DEL CARICO D’INCENDIO SPECIFICO<br />

Considerando, in base alla <strong>di</strong>chiarazione del titolare dell’attività, per le zone definite dalla tabella<br />

A la presenza me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> materiali definita dalle tabelle D, si ha per ogni zona un carico d’incen<strong>di</strong>o<br />

specifico come dal seguente prospetto:<br />

Zona Superficie [m²] Potenza Energetica calcolata [MJ] C.d.I [kg/m²]<br />

A 1080,00 135118,00 6,77<br />

B 800,00 94312,00 6,38<br />

C 800,00 94312,00 6,38<br />

D 800,00 94312,00 6,38<br />

Tabella 53: B – Carico d’incen<strong>di</strong>o specifico<br />

4 Calcolo della classe d’incen<strong>di</strong>o<br />

In base alla Circolare n. 91 si è determinato, per ogni zona, un in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> valutazione globale e un<br />

coefficiente <strong>di</strong> riduzione del carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o per tenere conto delle circostanze particolari in relazione<br />

alla sicurezza antincen<strong>di</strong>o.<br />

La tabella C riporta tali valori insieme alla classe d’incen<strong>di</strong>o corrispondente.<br />

I fattori determinanti il coefficiente <strong>di</strong> riduzione sono riportati nelle tabelle seguenti .<br />

Zona C.d.I. [kg/m²] K (coefficiente <strong>di</strong> riduzione) C.d.I. ridotto [kg/m²] Classe<br />

A 6,77 0,55 3,69 15<br />

B 6,38 0,55 3,52 15<br />

C 6,38 0,55 3,52 15<br />

D 6,38 0,55 3,52 15<br />

Tabella 54: C – Calcolo della classe <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

20.7 ELENCO DEI MATERIALI PRESENTI NEI SINGOLI LOCALI O ZONE<br />

Per le singole zone si hanno le seguenti tabelle.<br />

Materiale Pcs [MJ] Quantità Totale [MJ]<br />

Apparecchio ra<strong>di</strong>o 84,00 6 504,00


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

446<br />

Arma<strong>di</strong>o a muro (a 2 porte) 1340,00 6 8040,00<br />

Poltrone 335,00 240 80400,00<br />

Scrivania grande (2 serie <strong>di</strong> cassetti) 2177,00 6 13062,00<br />

Se<strong>di</strong>a non imbottita 67,00 258 17286,00<br />

Tavolo allungabile grande 590,00 6 3540,00<br />

Tende (al m2 <strong>di</strong> superficie finestra) 23,00 24 552,00<br />

Carta, oggetti <strong>di</strong> 1100,00 3 3300,00<br />

Legno, rivestimento o impiallacciato 4200,00 2 8400,00<br />

PVC elastico 34,00 1 34,00<br />

Tabella 55: D – Materiali presenti nella zona A.<br />

Materiale Pcs [MJ] Quantità Totale [MJ]<br />

Apparecchio ra<strong>di</strong>o 84,00 8 672,00<br />

Arma<strong>di</strong>o a muro (a 2 porte) 1340,00 8 10720,00<br />

Poltrone 335,00 12 4020,00<br />

Scrivania grande (2 serie <strong>di</strong> cassetti) 2177,00 8 17416,00<br />

Se<strong>di</strong>a non imbottita 67,00 520 34840,00<br />

Tavolo allungabile grande 590,00 8 4720,00<br />

Tende (al m2 <strong>di</strong> superficie finestra) 23,00 30 690,00<br />

Carta, oggetti <strong>di</strong> 1100,00 4 4400,00<br />

Legno, rivestimento o impiallacciato 4200,00 4 16800,00<br />

PVC elastico 34,00 1 34,00<br />

Tabella 56: D – Materiali presenti nella zona B.<br />

Materiale Pcs [MJ] Quantità Totale [MJ]<br />

Apparecchio ra<strong>di</strong>o 84,00 8 672,00<br />

Arma<strong>di</strong>o a muro (a 2 porte) 1340,00 8 10720,00<br />

Poltrone 335,00 12 4020,00<br />

Scrivania grande (2 serie <strong>di</strong> cassetti) 2177,00 8 17416,00<br />

Se<strong>di</strong>a non imbottita 67,00 520 34840,00<br />

Tavolo allungabile grande 590,00 8 4720,00<br />

Tende (al m2 <strong>di</strong> superficie finestra) 23,00 30 690,00<br />

Carta, oggetti <strong>di</strong> 1100,00 4 4400,00<br />

Legno, rivestimento o impiallacciato 4200,00 4 16800,00<br />

PVC elastico 34,00 1 34,00


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

447<br />

Tabella 57: D – Materiali presenti nella zona C.<br />

Materiale Pcs [MJ] Quantità Totale [MJ]<br />

Apparecchio ra<strong>di</strong>o 84,00 8 672,00<br />

Arma<strong>di</strong>o a muro (a 2 porte) 1340,00 8 10720,00<br />

Poltrone 335,00 12 4020,00<br />

Scrivania grande (2 serie <strong>di</strong> cassetti) 2177,00 8 17416,00<br />

Se<strong>di</strong>a non imbottita 67,00 520 34840,00<br />

Tavolo allungabile grande 590,00 8 4720,00<br />

Tende (al m2 <strong>di</strong> superficie finestra) 23,00 30 690,00<br />

Carta, oggetti <strong>di</strong> 1100,00 4 4400,00<br />

Legno, rivestimento o impiallacciato 4200,00 4 16800,00<br />

PVC elastico 34,00 1 34,00<br />

Tabella 58: D – Materiali presenti nella zona D


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

448<br />

20.8 INDICI DI VALUTAZIONE E DETERMINAZIONE DEL COEFFICIENTE DI<br />

RIDUZIONE<br />

Fattori<br />

1.1 Altezza totale dell’e<strong>di</strong>ficio 4<br />

1.2 Altezza dei piani <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio multipiano 1<br />

2.1 Superficie interna delimitata da muri tagliafuoco, pareti esterne, antincen<strong>di</strong>o... 4<br />

3.1 Materiali presenti nell'e<strong>di</strong>ficio 5<br />

3.2 Destinazione dei locali 10<br />

3.3 Uscite <strong>di</strong> soccorso 0<br />

4.1 Distanza dagli e<strong>di</strong>fici circostanti 1<br />

5.1 Squadra interna soccorso 25<br />

5.2 Impianto Sprinkler 0<br />

5.3 Avvisatore automatico in <strong>di</strong>retto collegamento con la caserma VV.F. 0<br />

5.4 Guar<strong>di</strong>ania permanente con telefono 0<br />

5.5 Impianto interno <strong>di</strong> idranti senza guar<strong>di</strong>ania 2<br />

5.6 Impianto esterno <strong>di</strong> idranti in prossimità dell'e<strong>di</strong>ficio 1<br />

5.7 Estintori senza guar<strong>di</strong>ania 1<br />

5.8 Tempo richiesto per l'arrivo dei vigili del fuoco 2<br />

5.9 Difficoltà <strong>di</strong> accesso interno 0<br />

In<strong>di</strong>ce totale <strong>di</strong> valutazione 16<br />

Tabella 59: In<strong>di</strong>ci per zona A.<br />

I.V.<br />

Figura 318: Calcolo del coefficiente <strong>di</strong> riduzione per la zona A


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

449<br />

Fattori<br />

1.1 Altezza totale dell’e<strong>di</strong>ficio 4<br />

1.2 Altezza dei piani <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio multipiano 2<br />

2.1 Superficie interna delimitata da muri tagliafuoco, pareti esterne, antincen<strong>di</strong>o... 4<br />

3.1 Materiali presenti nell'e<strong>di</strong>ficio 5<br />

3.2 Destinazione dei locali 10<br />

3.3 Uscite <strong>di</strong> soccorso 0<br />

4.1 Distanza dagli e<strong>di</strong>fici circostanti 1<br />

5.1 Squadra interna soccorso 25<br />

5.2 Impianto Sprinkler 0<br />

5.3 Avvisatore automatico in <strong>di</strong>retto collegamento con la caserma VV.F. 0<br />

5.4 Guar<strong>di</strong>ania permanente con telefono 0<br />

5.5 Impianto interno <strong>di</strong> idranti senza guar<strong>di</strong>ania 2<br />

5.6 Impianto esterno <strong>di</strong> idranti in prossimità dell'e<strong>di</strong>ficio 1<br />

5.7 Estintori senza guar<strong>di</strong>ania 1<br />

5.8 Tempo richiesto per l'arrivo dei vigili del fuoco 2<br />

5.9 Difficoltà <strong>di</strong> accesso interno 0<br />

In<strong>di</strong>ce totale <strong>di</strong> valutazione 15<br />

Tabella 60: In<strong>di</strong>ci per zona B.<br />

I.V.<br />

Figura 319: Calcolo del coefficiente <strong>di</strong> riduzione per la zona B


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

450<br />

Fattori<br />

1.1 Altezza totale dell’e<strong>di</strong>ficio 4<br />

1.2 Altezza dei piani <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio multipiano 2<br />

2.1 Superficie interna delimitata da muri tagliafuoco, pareti esterne, antincen<strong>di</strong>o... 4<br />

3.1 Materiali presenti nell'e<strong>di</strong>ficio 5<br />

3.2 Destinazione dei locali 10<br />

3.3 Uscite <strong>di</strong> soccorso 0<br />

4.1 Distanza dagli e<strong>di</strong>fici circostanti 1<br />

5.1 Squadra interna soccorso 25<br />

5.2 Impianto Sprinkler 0<br />

5.3 Avvisatore automatico in <strong>di</strong>retto collegamento con la caserma VV.F. 0<br />

5.4 Guar<strong>di</strong>ania permanente con telefono 0<br />

5.5 Impianto interno <strong>di</strong> idranti senza guar<strong>di</strong>ania 2<br />

5.6 Impianto esterno <strong>di</strong> idranti in prossimità dell'e<strong>di</strong>ficio 1<br />

5.7 Estintori senza guar<strong>di</strong>ania 1<br />

5.8 Tempo richiesto per l'arrivo dei vigili del fuoco 2<br />

5.9 Difficoltà <strong>di</strong> accesso interno 0<br />

In<strong>di</strong>ce totale <strong>di</strong> valutazione 15<br />

Tabella 61: In<strong>di</strong>ci per zona C.<br />

I.V.<br />

Figura 320: Calcolo del coefficiente <strong>di</strong> riduzione per la zona C


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

451<br />

Fattori<br />

1.1 Altezza totale dell’e<strong>di</strong>ficio 4<br />

1.2 Altezza dei piani <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio multipiano 2<br />

2.1 Superficie interna delimitata da muri tagliafuoco, pareti esterne, antincen<strong>di</strong>o... 4<br />

3.1 Materiali presenti nell'e<strong>di</strong>ficio 5<br />

3.2 Destinazione dei locali 10<br />

3.3 Uscite <strong>di</strong> soccorso 0<br />

4.1 Distanza dagli e<strong>di</strong>fici circostanti 1<br />

5.1 Squadra interna soccorso 25<br />

5.2 Impianto Sprinkler 0<br />

5.3 Avvisatore automatico in <strong>di</strong>retto collegamento con la caserma VV.F. 0<br />

5.4 Guar<strong>di</strong>ania permanente con telefono 0<br />

5.5 Impianto interno <strong>di</strong> idranti senza guar<strong>di</strong>ania 2<br />

5.6 Impianto esterno <strong>di</strong> idranti in prossimità dell'e<strong>di</strong>ficio 1<br />

5.7 Estintori senza guar<strong>di</strong>ania 1<br />

5.8 Tempo richiesto per l'arrivo dei vigili del fuoco 2<br />

5.9 Difficoltà <strong>di</strong> accesso interno 0<br />

In<strong>di</strong>ce totale <strong>di</strong> valutazione 15<br />

Tabella 62: In<strong>di</strong>ci per zona D<br />

I.V.<br />

Figura 321: del coefficiente <strong>di</strong> riduzione per la zona D


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

452<br />

20.9 RISPONDENZA DEGLI ELEMENTI DI PROGETTO ALLE NORME<br />

Il <strong>di</strong>mensionamento degli spessori e delle protezioni da adottare per le varie classi <strong>di</strong> strutture e<br />

nei vari casi delle pareti, dei solai, degli elementi strutturali in acciaio sollecitati a flessione e trazione, e<br />

degli elementi compressi (colonne) è in<strong>di</strong>cato nella Tabella 30 fino alla Tabella 33.<br />

Qualora il rivestimento protettivo non sia completamente aderente alla struttura metal1ica,<br />

intorno alla quale perciò si forma una canna, si dovrà provvedere ad interrompere la continuità della<br />

canna stessa in corrispondenza dei solai interponendovi un idoneo <strong>di</strong>aframma.<br />

Segue ora l’applicazione <strong>di</strong> quanto sopra in<strong>di</strong>cato<br />

Locale (zona) A, B,C e D , classe 15<br />

Strutture previste:<br />

I vari comparti saranno separati da pareti in muratura da 25 cm Le pareti <strong>di</strong> separazione dei locali<br />

a<strong>di</strong>biti ad aule saranno realizzate in sette <strong>di</strong> cemento a faccia vista da cm 20.<br />

⋅ • I solai dovranno avere uno spessore minimo <strong>di</strong> cm 30<br />

⋅ • I rivestimenti dei solai è effettuato con intonaco <strong>di</strong> spessore 2 cm. Le travi principali e<br />

secondarie hanno copriferro <strong>di</strong> almeno 3 cm.<br />

⋅ • I rivestimenti delle colonne saranno con intonaco con un rapporto <strong>di</strong> miscelazione con sabbia<br />

del 30%.<br />

⋅ • La sporgenza minima del pannello per colonne esterne a contatto <strong>di</strong> vani <strong>di</strong> porte e finestre<br />

sarà <strong>di</strong> 5 cm su ciascuno dei lati della colonna. Le colonne avranno una <strong>di</strong>stanza minima dalla più<br />

vicina via <strong>di</strong> uscita delle fiamme <strong>di</strong> cm 50.<br />

20.10 STRUTTURA DEGLI ELEMENTI CONNETTIVI<br />

Particolare riguardo è dato agli elementi connettivi (scale, ascensori, montacarichi) dell’e<strong>di</strong>ficio in<br />

progetto.<br />

20.10.1 SCALE<br />

Le scale <strong>di</strong> accesso alle varie aree dell’e<strong>di</strong>ficio sono realizzate a prova <strong>di</strong> fumo e provviste <strong>di</strong><br />

aerazione permanete in sommità avente superficie non inferiore ad 1 m². Le <strong>di</strong>mensioni sono conformi<br />

alle vigenti regole tecniche. La resistenza al fuoco delle strutture è pari a REI 120.<br />

20.10.2 ASCENSORI<br />

Ogni ascensore utilizzerà un vano corsa <strong>di</strong>stinto con caratteristiche REI 120, come prescritto dal<br />

D.M. n. 246 del 16/05/1987. La superficie netta <strong>di</strong> aerazione sarà non inferiore al 3% della superficie<br />

del vano stesso e mai inferiore a 0.20 m². Le porte <strong>di</strong> piano dell’ascensore saranno del tipo metallico<br />

con resistenza a fuoco REI 120 e l’accesso allo sbarco dei piani avverrà con filtro a prova <strong>di</strong> fumo con<br />

caratteristica <strong>di</strong> resistenza al fuoco REI 120. Gli ascensori saranno dotati <strong>di</strong> impianto citofonico fra le<br />

cabine, il locale macchine, i pianerottoli e la sala controllo. L’alimentazione elettrica degli ascensori sarà<br />

doppia, una <strong>di</strong> sicurezza che interverrà automaticamente in caso <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o. I montanti delle due linee<br />

elettriche, ciascuno separato dall’altro, saranno adeguatamente protetti contro l’azione del fuoco.<br />

20.11 MISURE PER L’EVACUAZIONE<br />

Come in<strong>di</strong>cato nel D.M. 10/03/1998, si sono in<strong>di</strong>cate le vie <strong>di</strong> esodo compatibilmente con il<br />

massimo affollamento ipotizzabile per l’attività in esame.<br />

La densità <strong>di</strong> affollamento delle varie aree è stata calcolata sulla base delle vigenti regole tecniche<br />

<strong>di</strong>anzi citate. Sono stati adottati i seguenti parametri:<br />

⋅ Aree <strong>di</strong> tipo C Aule e simili 0.1 persone/m²;<br />

⋅ Sale <strong>di</strong> attesa: 0.4 persone /m²;<br />

20.11.1 CAPACITÀ DI DEFLUSSO<br />

La capacità <strong>di</strong> deflusso per i vari piani è stata assunta in conformità ai valori seguenti:


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

453<br />

⋅ 50/modulo per i piani con pavimento a quota compresa ± 1 m rispetto al piano <strong>di</strong><br />

uscita dell’e<strong>di</strong>ficio;<br />

⋅ 37.5/modulo per piani con pavimento a quota compresa tra ± 7.5 m rispetto al piano<br />

<strong>di</strong> uscita dall’e<strong>di</strong>ficio;<br />

⋅ 33/modulo per piani con pavimento a quota al <strong>di</strong> sopra o al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> ± 7.5 m<br />

rispetto al piano <strong>di</strong> uscita dall’e<strong>di</strong>ficio.<br />

In generale le porte <strong>di</strong> accesso alle scale e quelle che immettono all’esterno si apriranno nel verso<br />

dell’esodo a semplice spinta.<br />

Le porte che si aprono sulle vie <strong>di</strong> uscita non riducono la larghezza utile delle stesse.<br />

Il calcolo dell’affollamento massimo ipotizzabile e la verifica della capacità <strong>di</strong> deflusso, per<br />

ciascuna area, sono riportati nella tabella seguente.<br />

20.11.2 PIANI DI EVACUAZIONE<br />

Le operazioni <strong>di</strong> evacuazione saranno del tipo orizzontale progressivo.<br />

A tale scopo i compartimenti sono <strong>di</strong>mensionati anche in modo da potere ospitare gli occupanti<br />

dei compartimenti viciniori in attesa che l’incen<strong>di</strong>o sia domato o, se necessario, della successiva<br />

evacuazione verticale.<br />

20.11.3 SISTEMI DI VIE DI USCITA, LUNGHEZZA, CARATTERISTICHE,<br />

LARGHEZZA<br />

I compartimenti sono dotati un sistema organizzato <strong>di</strong> vie <strong>di</strong> uscita <strong>di</strong>mensionato in modo da<br />

garantire lo sfollamento totale <strong>di</strong> ogni singolo compartimento sia in senso orizzontale che verticale.<br />

La larghezza dei percorsi per raggiungere i luoghi sicuri, le scale <strong>di</strong> esodo verticali o il<br />

compartimento a<strong>di</strong>acente, è stata <strong>di</strong>mensionata nel rispetto dei limiti e delle tolleranze imposte dalla<br />

specifica regola tecnica. I percorsi sono realizzati con pavimento non sdrucciolevole e non presentano<br />

ostacoli o intralci lungo lo sviluppo orizzontale.<br />

Le aperture delle uscite <strong>di</strong> sicurezza, previste apribili nel verso dell’esodo, sono dotate <strong>di</strong><br />

maniglione antipanico.<br />

Nelle aree <strong>di</strong> tipo D la profon<strong>di</strong>tà dei pianerottoli delle scale con cambio <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione a 180° non<br />

è inferiore a 2 m, misurata nella <strong>di</strong>rezione dell’asse delle rampe, per consentire la movimentazione dei<br />

letti o delle barelle in casi <strong>di</strong> emergenza.<br />

20.12 AREE ED IMPIANTI A RISCHIO SPECIFICO<br />

20.12.1 LOCALI ADIBITI A DEPOSITO DI MATERIALE COMBUSTIBILE<br />

I locali a<strong>di</strong>biti a deposito <strong>di</strong> materiale combustibile ubicati all’interno dei compartimenti avranno<br />

superficie contenuta entro i 12 m² ed un valore del carichi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o non superiore a 30 kg/m².<br />

Detti locali saranno provvisti <strong>di</strong> strutture <strong>di</strong> separazione con caratteristiche <strong>di</strong> resistenza al fuoco<br />

REI 90 e saranno dotati <strong>di</strong> impianto automatico <strong>di</strong> rivelazione ed allarme <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o nonché <strong>di</strong> porte<br />

con resistenza al fuoco REI 120.<br />

20.12.2 LABORATORI<br />

I servizi <strong>di</strong> laboratorio saranno separati dai reparti presenti allo stesso piano me<strong>di</strong>ante pareti <strong>di</strong><br />

tamponamento e strutture REI 90. Le porte, dotate <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> chiusura automatico, saranno <strong>di</strong><br />

pari resistenza al fuoco, REI 90. I laboratori saranno serviti dalla rete a gas metano per alimentare i<br />

bunsen e per effettuare le analisi chimiche. La rete del gas sarà esterna all’e<strong>di</strong>ficio ed entrerà solo per<br />

alimentare gli apparecchi utilizzatori.<br />

Le condotte del gas saranno dotate <strong>di</strong> intercettazione esterna ed interna su ogni singola<br />

<strong>di</strong>ramazione e saranno realizzate con i <strong>di</strong>spositivi e i materiali conformi alle Norme UNI – CIG.<br />

20.12.3 CENTRALE IDRICA<br />

La centrale idrica sarà posta nel livello inferiore, a fianco della sottocentrale termica.<br />

L’alimentazione sarà derivata dalla rete esistente che fornisce la necessaria portata e prevalenza.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

454<br />

La rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione sarà in acciaio zincato e, ove possibile, correrà in controsoffitto nel<br />

corridoio per scendere sotto traccia nelle pareti in corrispondenza delle utenze.<br />

L’adduzione idrica nei singoli locali sarà effettuata me<strong>di</strong>ante tubazioni in rame che si <strong>di</strong>rameranno<br />

da collettori complanari del tipo Modul contenuti in cassette facilmente ispezionabili. Ciascun ramo <strong>di</strong><br />

alimentazione ad utenze idriche sarà munito <strong>di</strong> saracinesca <strong>di</strong> intercettazione facilmente accessibile in<br />

cassetta. L’acqua calda sanitaria sarà prodotta me<strong>di</strong>ante bollitori ad accumulo dotati <strong>di</strong> scambiatori <strong>di</strong><br />

calore. La temperatura <strong>di</strong> accumulo sarà <strong>di</strong> 60 °C mentre quella <strong>di</strong>stribuita ai piani avrà temperatura<br />

massima <strong>di</strong> 48 °C.<br />

20.12.4 CABINA MT/BT E GRUPPO ELETTROGENO<br />

Gli impianti elettrici saranno alimentati da una cabina elettrica <strong>di</strong> trasformazione che verrà<br />

alimentata a sua volta dalla rete a MT dell’ENEL <strong>di</strong>rettamente dall’esterno. Il locale <strong>di</strong> consegna<br />

dell’ENEL sarà ubicato nella centrale elettrica, al livello più basso dell’e<strong>di</strong>ficio, accessibile esternamente<br />

dal lato ENEL. Nella suddetta centrale elettrica (power center) troveranno posto anche:<br />

⋅ Il locale <strong>di</strong> trasformazione MT/BT contenente le celle <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a tensione e i trasformatori;<br />

⋅<br />

⋅<br />

Il locale quadro generale <strong>di</strong> bassa tensione, del tipo Power Center;<br />

Il locale contenente il gruppo elettrogeno <strong>di</strong> riserva.<br />

Tutti i suddetti locali saranno accessibili dall’esterno, aerati e dotati <strong>di</strong> n. 2 estintori <strong>di</strong> cui 1 a CO 2<br />

da 5 kg ed uno a polvere da 6 kg posto nel locale che ospiterà il gruppo elettrogeno mentre negli altri<br />

locali vi saranno 2 estintori a CO 2 da 5 kg.<br />

20.12.5 SOTTOCENTRALE TERMICA<br />

Dalla esistente Centrale Termica saranno derivate le tubazioni <strong>di</strong> acqua surriscaldata per gli<br />

scambiatori <strong>di</strong> calore per il riscaldamento, l’alimentazione dei gruppi frigoriferi ad assorbimento e i<br />

bollitori ad accumulo per l’acqua sanitaria. Completano la sottocentrale termica le pompe <strong>di</strong><br />

circolazione e gli organi <strong>di</strong> controllo.<br />

20.12.6 CENTRALE FRIGORIFERA<br />

I gruppi <strong>di</strong> refrigerazione, tre <strong>di</strong> cui uno <strong>di</strong> riserva, saranno alimentati con acqua surriscaldata, del<br />

tipo bista<strong>di</strong>o, e saranno raffreddati con acqua e torri <strong>di</strong> raffreddamento.<br />

In prossimità dei gruppi frigoriferi saranno posti due estintori a polvere da 6 kg ciascuno.<br />

20.13 IMPIANTO DI RIVELAZIONE E SEGNALAZIONE DI INCENDI<br />

L’intero e<strong>di</strong>ficio sarà dotato <strong>di</strong> impianti <strong>di</strong> segnalazione <strong>di</strong> allarmi incen<strong>di</strong> e <strong>di</strong> rivelazione incen<strong>di</strong>,<br />

giusto quanto in<strong>di</strong>cato dalla UNI 9795 “Sistemi fissi automatici <strong>di</strong> rivelazione e <strong>di</strong> segnalazione incen<strong>di</strong>”, in<strong>di</strong>cati<br />

nei <strong>di</strong>segni allegati alla presente Relazione C.P.I.<br />

La segnalazione <strong>di</strong> allarme proveniente da uno qualsiasi dei rivelatori utilizzati determinerà<br />

sempre una segnalazione ottica ed acustica <strong>di</strong> allarme incen<strong>di</strong>o nella centrale <strong>di</strong> controllo e segnalazione<br />

in ambiente presi<strong>di</strong>ato. La rivelazione fumi e la segnalazione incen<strong>di</strong> sarà automaticamente gestita da un<br />

impianto <strong>di</strong> buil<strong>di</strong>ng automation con inoltro automatico delle segnalazioni e chiamata ai V.V.F.<br />

Lo stesso impianto elettronico gestirà le fasi <strong>di</strong> emergenza con l’avvio delle procedure <strong>di</strong> sicurezza<br />

previste dal programma monitor.<br />

20.14 IMPIANTI DI ESTINZIONE DEGLI INCENDI<br />

Si prevedono <strong>di</strong> utilizzare sia impianti ad idranti che estintori.<br />

20.14.1 IMPIANTI AD IDRANTI<br />

I naspi ed idranti UNI 45 saranno <strong>di</strong>sposti in modo che, pur in presenza <strong>di</strong> interferenze, ogni<br />

punto dell’e<strong>di</strong>ficio venga a trovarsi a non più <strong>di</strong> 5 metri dalla lancia <strong>di</strong> erogazione.<br />

Gli idranti UNI 45 saranno posti in vicinanza delle porte <strong>di</strong> accesso dall’esterno o dai comparti<br />

a<strong>di</strong>acenti e, in caso <strong>di</strong> presenza <strong>di</strong> filtri a prova <strong>di</strong> fumo, all’interno <strong>di</strong> essi.<br />

Gli idranti UNI 70 saranno posti esternamente all’e<strong>di</strong>ficio e collocati in modo il fronte<br />

dell’e<strong>di</strong>ficio protetto da ciascun idrante non superi i 60 m.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

455<br />

Essi saranno posti ad una <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> sicurezza non inferiore a 6 m dal fronte dell’e<strong>di</strong>ficio, al fine<br />

<strong>di</strong> ridurre il rischio <strong>di</strong> inagibilità <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o. Appositi cartelli segnalatori ne agevoleranno<br />

l’in<strong>di</strong>viduazione a <strong>di</strong>stanza. Saranno seguiti i seguenti criteri:<br />

⋅ La rete degli idranti idrici sarà costituita da un anello collegato con montanti <strong>di</strong>sposti nelle gabbie<br />

scale o delle rampe oppure in posizione perimetrale;<br />

⋅ Il collegamento ad ogni idrante UNI 45 avverrà con tubazione DN 40;<br />

⋅ Il collegamento ad ogni naspo avverrà con tubazione DN 25;<br />

⋅ Il collegamento ad ogni idrante UNI 70 avverrà con tubazione DN 65;<br />

⋅ La custo<strong>di</strong>a degli idranti sarà situata in un punto ben visibile e sarà munita <strong>di</strong> sportello in vetro<br />

trasparente ed una profon<strong>di</strong>tà tale da consentire, a sportello chiuso, <strong>di</strong> mantenere collegate<br />

manichetta e lancia;<br />

⋅ La tubazione flessibile sarà costituita da un tratto <strong>di</strong> apposito tubo <strong>di</strong> lunghezza che consenta <strong>di</strong><br />

raggiungere col getto ogni punto dell’area protetta;<br />

⋅ Le tubazioni fisse della rete idranti sarà costituita da tubi in acciaio zincato protetto contro il gelo<br />

per le parti esposte e tale rete sarà in<strong>di</strong>pendente dalle altre reti PN16;<br />

⋅ Le caratteristiche idrauliche dell’impianto ad idranti garantiranno al bocchello della lancia, nelle<br />

con<strong>di</strong>zioni più sfavorevoli <strong>di</strong> altimetria e <strong>di</strong>stanza, una portata non inferiore a 120 L7m ad una<br />

pressione <strong>di</strong> almeno 2 bar per gli UNI 45 con idranti in funzione;<br />

⋅ Per gli idranti antincen<strong>di</strong>o si <strong>di</strong>sporrà un gruppo <strong>di</strong> pompaggio costituito da elettropompe e<br />

motopompa rispondenti alle norme UNI 9480 ed avente caratteristiche tali da ottenere le portate<br />

e prevalenze ai bocchello degli idranti sopra descritte;<br />

⋅ La riserva idrica è già pre<strong>di</strong>sposta nei serbatoi <strong>di</strong> accumulo del Policlinico, appositamente a<strong>di</strong>biti<br />

per l’uso antincen<strong>di</strong>o ed alimentati dal serbatoio piezometrico.<br />

Esternamente all’e<strong>di</strong>ficio, nei punti <strong>di</strong> più facile accesso dei mezzi <strong>di</strong> soccorso antincen<strong>di</strong>o,<br />

saranno posizionati gli attacchi per motopompa VV.F.<br />

20.14.2 ESTINTORI<br />

Si prevede l’installazione <strong>di</strong> estintori portatili da 6 kg aventi capacità estinguente pari a 55° 233BC<br />

in ragione <strong>di</strong> 1 estintore ogni 100 m² <strong>di</strong> superficie. Il posizionamento sarà segnalato me<strong>di</strong>ante<br />

cartellonistica adeguata posta in punti ben visibili.<br />

20.15 SEGNALETICA ED ISTRUZIONI DI SICUREZZA<br />

Secondo quanto <strong>di</strong>sposto dal D.Lgs n. 493 del 14/08/1993 verrà <strong>di</strong>sposta idonea ed adeguata<br />

segnaletica facilmente in<strong>di</strong>viduabile da ogni punto dei comparti, posizionata in basso ed idoneamente<br />

illuminata. Tale segnaletica dovrà in<strong>di</strong>care:<br />

⋅ Le vie <strong>di</strong> fuga;<br />

⋅ Le vie <strong>di</strong> circolazione;<br />

⋅ Le uscite <strong>di</strong> sicurezza;<br />

⋅ Gli spazi calmi in termini <strong>di</strong> posizione e <strong>di</strong> funzione:<br />

⋅ La presenza <strong>di</strong> mezzi <strong>di</strong> estinzione mobili e fissi;<br />

⋅ La posizione dei <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> arresto <strong>di</strong> tutti gli impianti presenti (<strong>di</strong>stribuzione del gas,<br />

dell’energia elettrica, dell’impianto <strong>di</strong> ventilazione, ….) ed il relativo impianto afferente;<br />

⋅ L’in<strong>di</strong>cazione degli impianti e dei locali a rischio specifico;<br />

⋅ Il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> compiere azioni pericolose;<br />

⋅ Il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> usare acqua per spegnere gli incen<strong>di</strong> su apparecchiature elettriche;<br />

⋅ Le informazioni necessarie ed i numeri utili in caso <strong>di</strong> emergenza;<br />

⋅<br />

⋅<br />

L’obbligo dell’uso dei <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> protezione in<strong>di</strong>viduale (DPI) previsti per le specifiche attività;<br />

Gli ostacoli ed i punti <strong>di</strong> pericolo delle vie <strong>di</strong> circolazione.<br />

In aggiunta alla segnaletica <strong>di</strong> cui sopra verranno esposti all’ingresso dei fabbricati e/o dei<br />

comparti le istruzioni relative al comportamento del personale e dell’eventuale pubblico in caso <strong>di</strong><br />

emergenza nonché una planimetria riportante la posizione <strong>di</strong> quanto segue:


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

456<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

Delle scale e delle vie <strong>di</strong> esodo;<br />

Dei mezzi <strong>di</strong> estinzione mobili e fissi;<br />

Dei <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> arresto degli impianti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione del gas e dell’elettricità;<br />

Dei <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> arresto del sistema ventilazione;<br />

Del quadro generale del sistema <strong>di</strong> rivelazione ed allarme;<br />

Degli impianti e dei locali che presentano un rischio specifico;<br />

Degli spazi calmi.<br />

In corrispondenza <strong>di</strong> ogni piano sarà riportata una planimetria d’orientamento riportante:<br />

⋅<br />

⋅<br />

⋅<br />

Le vie <strong>di</strong> esodo;<br />

L’in<strong>di</strong>cazione del <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> usare gli ascensori;<br />

L’in<strong>di</strong>cazione degli altri <strong>di</strong>vieti che l’Ente Gestore dell’attività riterrà opportuno evidenziare.<br />

Sarà attuato quanto previsto ai punti 14, 15, 16 e 17 del D.M. 09/04/1994 come pure saranno<br />

rispettate tutte le in<strong>di</strong>cazioni previste nel citato D.M. anche se non espressamente riportate nella<br />

presente relazione.<br />

20.16 ORGANIZZAZIONE E GESTIONE DELLA SICUREZZA<br />

L’Amministrazione proprietaria provvederà ad organizzare e gestire un sistema permanente <strong>di</strong><br />

prevenzione incen<strong>di</strong>, lotta antincen<strong>di</strong>o e gestione dell’emergenza in generale. Sarà pertanto redatto un<br />

programma per l’attuazione ed il controllo delle misure poste in atto e in particolare:<br />

⋅ misure per prevenire il verificarsi <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o e la sua propagazione (<strong>di</strong>vieti, precauzioni,<br />

esercizi e controlli);<br />

⋅ controllo e manutenzione dei presi<strong>di</strong> antincen<strong>di</strong>o;<br />

⋅ informazione e formazione del personale.<br />

Sarà pre<strong>di</strong>sposto un registro dei controllo perio<strong>di</strong>ci nel quale saranno annotati:<br />

⋅ tutti gli interventi ed i controlli relativi all’efficienza degli impianti elettrici e <strong>di</strong> illuminazione <strong>di</strong><br />

sicurezza;<br />

⋅ tutti gli interventi ed i controlli relativi all’efficienza dei presi<strong>di</strong> antincen<strong>di</strong>o, dei <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong><br />

sicurezza e <strong>di</strong> controllo delle aree a rischio specifico;<br />

⋅<br />

⋅<br />

dell’osservanza delle limitazioni dei carichi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o dei vari ambienti dell’attività;<br />

le riunioni <strong>di</strong> addestramento e le esercitazioni <strong>di</strong> evacuazione.<br />

Il registro sarà mantenuto aggiornato e posto a <strong>di</strong>sposizione del Comando dei VV.F. per i<br />

controlli richiesti.<br />

20.17 AUTORIMESSA<br />

La struttura in progetto sarà dotata <strong>di</strong> un autoparcheggio posto a quota 166.70 m s.l.m. capace <strong>di</strong><br />

ospitare circa 250 auto e destinato ai <strong>di</strong>pendenti e ai visitatori. Il parcheggio per i <strong>di</strong>pendenti avrà una<br />

superficie <strong>di</strong> 2550 m² per un totale <strong>di</strong> 80 posti auto. Questa zona è servita da idranti UNI 45 <strong>di</strong>sposti ai<br />

due lati del parcheggio. Quest’area risulta aperta da tutti i lati, aerata e a contatto con il cielo libero.<br />

Pertanto per le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> sicurezza si utilizzano gli usuali mezzi antincen<strong>di</strong>o (naspi, UNI45,<br />

estintori). Il parcheggio per i visitatori è <strong>di</strong> 1500 m² al piano 166.70 m.s.l.m. per un totale <strong>di</strong> 80 posti<br />

auto.<br />

Le realizzazioni dell’autorimessa saranno eseguite a regola d’arte, nel rispetto del D.M.<br />

01/02/1986 “Norme <strong>di</strong> sicurezza antincen<strong>di</strong> per la costruzione e l’esercizio <strong>di</strong> autorimesse e simili”, delle norme<br />

UNI e CEI e della L. 46/90.<br />

Il parcheggio interrato è compartimentato in una zona <strong>di</strong> area pari a 2550 m². Non sarà concesso<br />

il parcheggio <strong>di</strong> auto alimentate a GPL nei piani interrati e tale <strong>di</strong>vieto sarà segnalato da appositi cartelli<br />

posti in punti ben visibili e con chiara <strong>di</strong>citura.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

457<br />

20.17.1 RESISTENZA A FUOCO DELLE STRUTTURE<br />

I vani scala <strong>di</strong> accesso all’autorimessa saranno separati dagli ambienti destinati al parcamento e<br />

alla manovra delle vetture con pareti tagliafuoco aventi resistenza al fuoco REI 120 e dotate <strong>di</strong><br />

congegno <strong>di</strong> autochiusura. Le altre strutture non separanti dell’autorimessa avranno comunque<br />

resistenza al fuoco almeno pari a REI 90.<br />

20.17.2 AFFOLLAMENTO ED USCITE DI SICUREZZA<br />

La densità <strong>di</strong> affollamento prevista è <strong>di</strong> n. 1 persona ogni 20 metri quadrati <strong>di</strong> superficie lorda<br />

(0.05 pers./m², D.M. 01/02/1986) con i seguenti affollamenti: Livello 166.70 m.s.l.m. , 128 persone<br />

L’accesso e l’uscita dal parcheggio avverrà tramite la prevista viabilità sia a pari quota esterna che<br />

all’interno dell’e<strong>di</strong>ficio, lungo il corpo longitu<strong>di</strong>nale del complesso. Sono previste n 4 uscite <strong>di</strong> sicurezza<br />

organizzate in modo da avere almeno 3 moduli (capacità <strong>di</strong> deflusso pari a 150 persone del comparto).<br />

L’accesso ad ogni vano scale avverrà me<strong>di</strong>ante filtro a prova <strong>di</strong> fumo in modo da rendere le stesse scale<br />

un luogo sicuro (<strong>di</strong>namico) ai fini delle normative antincen<strong>di</strong>o.<br />

Le uscite <strong>di</strong> sicurezza saranno <strong>di</strong>stribuite opportunamente ed organizzate in modo da avere una<br />

<strong>di</strong>stanza non superiore a 40 m. Saranno evitate barriere architettoniche (scalini, guide sporgenti dei<br />

portoni, telai, …) sui percorsi <strong>di</strong> fuga in modo tale da permettere un sicuro raggiungimento dei vani<br />

scala, delle rampe e degli ascensori.<br />

Le pendenze del pavimento dovranno impe<strong>di</strong>re o span<strong>di</strong>mento dei liqui<strong>di</strong> verso le uscite e le<br />

rampe e comunque i <strong>di</strong>slivelli <strong>di</strong> 3÷4 cm che potranno essere presenti a tale scopo saranno sempre<br />

raccordati opportunamente in modo da non costituire barriera architettonica.<br />

20.17.3 SEGNALAZIONI DI SICUREZZA<br />

E’ prevista l’installazione <strong>di</strong> cartelloni <strong>di</strong> sicurezza secondo quanto previsto dalla normativa<br />

vigente ed evidenziata negli elaborati grafici allegati alla presente relazione. In corrispondenza delle<br />

uscite <strong>di</strong> sicurezza saranno apposti cartelli e segnalazioni luminose che in<strong>di</strong>cheranno anche le vie <strong>di</strong><br />

fuga.<br />

In corrispondenza delle rampe <strong>di</strong> accesso saranno <strong>di</strong>sposti i cartelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>vieto per l’ingresso delle<br />

auto alimentate a GPL. Inoltre saranno apposti nelle zone <strong>di</strong> accesso i cartelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> deposito <strong>di</strong><br />

sostanze combustibili e/o infiammabile.<br />

20.17.4 IMPIANTO ANTINCENDIO<br />

L’impianto antincen<strong>di</strong>o sarà costituito da una rete <strong>di</strong> idranti alimentata dalla riserva idrica con la<br />

garanzia <strong>di</strong> pressione adeguata per il funzionamento degli idranti.<br />

La rete per gli idranti dell’autorimessa partirà dal collettore primario antincen<strong>di</strong>o, in parallelo con<br />

la rete dell’e<strong>di</strong>ficio stesso.<br />

Il numero <strong>di</strong> idranti sarà il seguente: Autorimessa: 1° comparto: 8 idranti<br />

Sono previsti estintori aventi carica <strong>di</strong> 6 kg del tipo approvato per fuochi A – B C con capacità<br />

estinguente non inferiore a 21° e 113B, uniformemente <strong>di</strong>stribuiti nelle zone <strong>di</strong> parcamento e manovra<br />

e in prossimità degli ingressi.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

458<br />

Figura 322: Schema parziale della rete <strong>di</strong> idranti uni45 ed uni70 per l’autorimessa<br />

Il numero complessivo <strong>di</strong> idranti ed estintori per ciascun comparto non sarà inferiore a quanto<br />

in<strong>di</strong>cato dal D.M. 01/02/1986 “Norme <strong>di</strong> sicurezza antincen<strong>di</strong>o per la costruzione e l’esercizio <strong>di</strong> autorimesse e<br />

simili”. In particolare si avrà almeno 1 estintore ogni 5 autoveicoli per i primi 20 autoveicoli ed 1 ogni 10<br />

fino a 200 autoveicoli. Oltre i 200 autoveicoli gli estintori saranno posizionati in funzione anche della<br />

geometria e della funzionalità della struttura. Sono previsti anche attacchi VV.F. del tipo UNI 70,<br />

adeguatamente segnalati e facilmente raggiungibili dalle autobotti.<br />

20.17.5 PRESCRIZIONE PER LE RETI IDRANTI<br />

La rete per gli impianti idranti sarà costituita da una serie <strong>di</strong> anelli presenti ad ogni<br />

compartimento. Il collegamento ad ogni idrante avverrà con tubazioni da 1” ½. Le tubazioni fisse della<br />

rete per idranti sarà costituita da tubi in acciaio zincato, protette contro il gelo per le parti esposte,<br />

in<strong>di</strong>pendenti dalle altre reti e con resistenza alla pressione PN 16.<br />

Le caratteristiche idriche dell’impianto saranno tali da garantire al bocchello della lancia, nelle<br />

con<strong>di</strong>zioni più sfavorevoli <strong>di</strong> altimetria e <strong>di</strong>stanza, una portata non inferiore a 120 L/m con una<br />

pressione <strong>di</strong> almeno 2 bar. La custo<strong>di</strong>a degli idranti sarà situata in un punto ben visibile e sarà munita <strong>di</strong><br />

sportello in vetro trasparente ed una profon<strong>di</strong>tà che consenta <strong>di</strong> tenere, a sportello chiuso, manichetta e<br />

lancia permanentemente collegate. La tubazione flessibile dovrà consentire <strong>di</strong> raggiungere col getto ogni<br />

punto dell’area protetta.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

459<br />

20.18 RETI IDRANTI UNI70<br />

Per il <strong>di</strong>mensionamento della rete idranti, <strong>di</strong> cui alla tavola <strong>di</strong> Figura 322, si hanno i seguenti<br />

risultati <strong>di</strong> calcolo ottenuti me<strong>di</strong>ante CAD specifico per impianti antincen<strong>di</strong>o.<br />

A P finale Coeff.K Q erog. Q tubo ds L<br />

Pezzi<br />

speciali dpQ/m dpQ dpstat velocità<br />

nodo [bar] [l/min] [l/min] [mm] [m] [bar] [bar] [bar] [m/s]<br />

1020 21,725 0 0 7205,8 131,7 1,581 0,056 0,089 0 8,8<br />

1 19,633 170 753,3 753,2 41,8 3,428 2*K9,1*T 0,23 1,896 0,196 9,1<br />

1019 20,41 0 0 6452,5 131,7 28,706 0,046 1,315 0 7,9<br />

2 18,426 170 729,7 729,7 41,8 3,428 2*K9,1*T 0,217 1,788 0,196 8,9<br />

1018 19,396 0 0 5722,8 131,7 27,655 0,037 1,014 0 7<br />

3 17,496 170 711,1 711,1 41,8 3,428 2*K9,1*T 0,207 1,704 0,196 8,6<br />

1017 14,819 0 0 5011,7 107,1 55,268 1*K9 0,079 4,577 0 9,3<br />

4 13,285 170 619,6 619,6 41,8 3,529 2*K9,1*T 0,161 1,337 0,196 7,5<br />

1016 14,05 0 0 4392,1 107,1 12,495 0,062 0,769 0 8,1<br />

1012 12,199 0 0 2838,9 82,5 18,914 0,098 1,85 0 8,9<br />

5 10,134 170 541,2 541,2 35,9 3,529 2*K9,1*T 0,262 1,869 0,196 8,9<br />

1011 7,345 0 0 2297,8 70,3 32,761 1*K4 0,144 4,854 0 9,9<br />

9 6,131 170 420,9 420,9 35,9 2,579 2*K9,1*T 0,165 1,018 0,196 6,9<br />

1010 6,77 0 0 1876,8 70,3 5,797 0,099 0,575 0 8,1<br />

1007 4,943 0 0 1275,4 70,3 37,651 0,049 1,827 0 5,5<br />

12 2,835 170 286,3 286,3 27,2 3,428 2*K9,1*T 0,312 1,911 0,196 8,2<br />

1006 4,325 0 0 989,1 70,3 20,349 0,03 0,617 0 4,2<br />

1003 4,144 0 0 486,8 70,3 22,23 0,008 0,182 0 2,1<br />

15 2 170 240,4 240,4 27,2 5,926 2*K9,1*T 0,226 1,948 0,196 6,9<br />

1002 4,018 0 0 246,4 70,3 53,374 1*K4 0,002 0,126 0 1,1<br />

16 2,101 170 246,4 246,4 27,2 4,584 2*K9,1*T 0,236 1,721 0,196 7,1<br />

1005 4,164 0 0 502,3 70,3 14,191 1*K4,1*T 0,009 0,162 0 2,2<br />

13 2,165 170 250,1 250,1 27,2 4,719 2*K9,1*T 0,243 1,803 0,196 7,2<br />

1004 3,888 0 0 252,2 70,3 110,446 2*K9 0,002 0,276 0 1,1<br />

14 2,2 170 252,2 252,2 27,2 3,345 2*K9,1*T 0,247 1,491 0,196 7,2<br />

1009 6,411 0 0 601,4 70,3 25,225 1*K4,1*T 0,012 0,359 0 2,6<br />

10 2,807 170 284,8 284,8 27,2 8,333 2*K9,1*T 0,309 3,408 0,196 8,2<br />

1008 6,058 0 0 316,7 70,3 93,864 1*K9 0,004 0,353 0 1,4<br />

11 3,47 170 316,7 316,7 27,2 3,665 2*K9,1*T 0,376 2,392 0,196 9,1<br />

1015 13,034 0 0 1553,2 70,3 10,927 1*T 0,07 1,015 0 6,7<br />

6 9,729 170 530,3 530,3 35,9 8,714 2*K9,1*T 0,252 3,109 0,196 8,7<br />

1014 10,99 0 0 1022,9 70,3 63,367 0,032 2,045 0 4,4<br />

7 9,26 170 517,3 517,3 35,9 2,758 2*K9,1*T 0,241 1,534 0,196 8,5<br />

1013 10,569 0 0 505,6 70,3 46,187 1*K9 0,009 0,421 0 2,2<br />

8 8,846 170 505,6 505,6 35,9 3,006 2*K9,1*T 0,231 1,527 0,196 8,3<br />

K9 = Curva 90°<br />

T = Pezzo a Tee o a croce<br />

K4 = Curva 45°<br />

Tabella 63. Dimensionamento della rete UNI70 a quota 167.80 mslm<br />

20.19 IMPIANTO SPRINKLER<br />

Questo documento descrive le ipotesi, le metodologie ed i risultati del calcolo dei circuiti relativi<br />

alla rete sprinkler dell’impianto antincen<strong>di</strong>o da installare nella zona magazzini del piano secondo


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

460<br />

sottopiano. Viene realizzato un impianto sprinkler a protezione degli ambulatori. L’area (in base alla<br />

norma UNI 9489) è da considerarsi come area a livello <strong>di</strong> rischio <strong>di</strong> classe D0)<br />

20.19.1 DOCUMENTI D RIFERIMENTO<br />

• Norma UNI 10779 Impianti <strong>di</strong> estinzione incen<strong>di</strong>. Reti <strong>di</strong> Idranti: progettazione, installazione<br />

ed esercizio<br />

• Norma UNI EN 671 – Sistemi fissi <strong>di</strong> estinzione incen<strong>di</strong><br />

• Norma VdS 2107 – Rules for sprinklers systems<br />

• Varie norme UNI relative ad apparecchiature per estinzione incen<strong>di</strong> e tubazioni<br />

• Tubazioni UNI 8863 / UNI 6363<br />

20.19.2 METODO DI CALCOLO RETE SPRINKLER<br />

L’impianto viene <strong>di</strong>mensionato unicamente me<strong>di</strong>ante calcolo idraulico integrale. Il<br />

<strong>di</strong>mensionamento è stato eseguito tenendo conto <strong>di</strong> questi fattori:<br />

⋅ Area specifica < 12 m 2<br />

⋅ Area operativa 16 m 2<br />

⋅ Pressione <strong>di</strong> scarica 0,05 mPa (500 mbar)<br />

⋅ Densità <strong>di</strong> scarica 5 l/m2/min<br />

⋅ Distanza max fra due erogatori 4m<br />

⋅ Erogatore DN15 (K e = 80, K UNI = 253 )<br />

Conoscendo la caratteristica <strong>di</strong> erogazione dell’erogatore (in termini <strong>di</strong> K equivalente), la sua<br />

portata è univocamente definita dalla pressione al punto <strong>di</strong> attacco secondo l’espressione:<br />

Q = K P<br />

dove Q è la portata espressa in litri al minuto e P è la pressione espressa in MPa.<br />

Nel nostro caso si considera:<br />

⋅ K = 253<br />

⋅ P = 0,05 mPa<br />

Per cui:<br />

⋅ Q = 56 litri/min<br />

Per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico <strong>di</strong>stribuite<br />

Le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico per attrito nelle tubazioni devono essere calcolate me<strong>di</strong>ante la formula <strong>di</strong><br />

Hazen Williams:<br />

6,05⋅Q ⋅10<br />

p =<br />

1,85 4,87<br />

C ⋅d<br />

1,85 9<br />

dove:<br />

⋅ p è la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> carico unitaria, in millimetri <strong>di</strong> colonna d’acqua al metro <strong>di</strong> tubazione;<br />

⋅ Q è la portata, in litri al minuto;<br />

⋅ C è la costante <strong>di</strong>pendente dalla natura del tubo, che è assunta uguale a:<br />

⋅ 100 per tubi in ghisa;<br />

⋅ 120 per tubi in acciaio;<br />

⋅ 140 per tubi <strong>di</strong> acciaio inossidabile, in rame e ghisa rivestita;<br />

⋅ 150 per tubi in plastica, fibra <strong>di</strong> vetro e materiali analoghi;<br />

⋅ d è il <strong>di</strong>ametro interno me<strong>di</strong>o della tubazione, in millimetri.<br />

Per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico localizzate<br />

Le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico localizzate dovute ai raccor<strong>di</strong>, curve, pezzi a T e raccor<strong>di</strong> a croce, attraverso i<br />

quali la <strong>di</strong>rezione del flusso subisce una variazione <strong>di</strong> 45° o maggiore e alle valvole <strong>di</strong> intercettazione e


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

461<br />

<strong>di</strong> non ritorno, sono state trasformate in “lunghezza <strong>di</strong> tubazione equivalente” come specificato nel<br />

prospetto C. 1 della norma UNI 10799 ed aggiunte alla lunghezza reale della tubazione <strong>di</strong> uguale<br />

<strong>di</strong>ametro e natura.<br />

Nella determinazione delle per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico localizzate si tiene inoltre presente che:<br />

− quando il flusso attraversa un pezzo a T o un raccordo a croce senza cambio <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione, le<br />

relative per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico possono essere trascurate;<br />

−<br />

−<br />

quando il flusso attraversa un pezzo a T o un raccordo a croce in cui, senza cambio <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione,<br />

si ha una riduzione della sezione <strong>di</strong> passaggio, deve essere presa in considerazione la “lunghezza<br />

equivalente” relativa alla sezione <strong>di</strong> uscita (la minore) del raccordo medesimo;<br />

quando il flusso subisce un cambio <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione (curva, pezzo a T o raccordo a croce), deve<br />

essere presa in conto la “lunghezza equivalente” relativa alla sezione <strong>di</strong> uscita.<br />

20.19.3 DESCRIZIONE DELL’IMPIANTO<br />

La rete sprinkler è alimentata dalla rete antincen<strong>di</strong>o.<br />

La pressione minima nel punto <strong>di</strong> consegna sarà non inferiore a 3,5 bar, tenendo conto del<br />

prelievo massimo della rete antincen<strong>di</strong>o, pari a 1040 litri/min.<br />

Sull’alimentazione principale acqua antincen<strong>di</strong>o dalla rete stradale <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione, saranno<br />

installati i componenti (ed in particolare il <strong>di</strong>spositivo antinquinamento).<br />

Figura 323: Vista assonometrica della <strong>di</strong>stribuzione degli sprinkler<br />

In Figura 323 si ha la vista assonometrica <strong>di</strong> un impianto sprinkler per un’area destinata a<br />

parcheggio sotterraneo <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio.<br />

In esso sono visibili il punto <strong>di</strong> alimentazione (in basso), la topologia della rete (<strong>di</strong>stribuita in<br />

altezza) e la sud<strong>di</strong>visione in aree operative.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

462<br />

Tabella 64: Dati Generali per il <strong>di</strong>mensionamento della rete Sprinkler<br />

In Figura 324 si ha vista in pianta dello stesso impianto sprinkler. Si osservino le aree operative<br />

per le quali si eseguono i calcoli <strong>di</strong> verifica determinando quella nelle peggiori con<strong>di</strong>zioni. L’area<br />

operativa non è inferiore a 12 m².<br />

20.19.4 RISULTATI DI CALCOLO DELLA RETE SPRINKLER<br />

Seguono poi la Tabella 64 e la Tabella 65 che forniscono una stampa (parziale) dei risultati<br />

ottenuti nei calcoli con un CAD de<strong>di</strong>cato alla progettazione <strong>di</strong> impianti antincen<strong>di</strong>o e sprinkler. Detto<br />

CAD consente <strong>di</strong> selezionare il tipo <strong>di</strong> testina sprinkler, come illustrato in Figura 299. allo stesso modo<br />

si seleziona la pompa.<br />

20.19.5 VENTILAZIONE NATURALE E FORZATA<br />

L’autorimessa è dotata <strong>di</strong> aperture laterali per la ventilazione naturale realizzate lungo le pareti<br />

verticali ed aventi superficie almeno pari ad 1/25 della superficie in pianta.<br />

Tali aperture saranno prive <strong>di</strong> serramenti e rispetteranno con largo margine il valore minimo <strong>di</strong><br />

0.003 m²/m² <strong>di</strong> superficie lorda dell’autorimessa.<br />

Nel rispetto del D.M. 01/02/1986 (>125 posti auto), essendo l’autorimessa a quota 166,70 s.l.m.<br />

interrata rispetto al resto dell’e<strong>di</strong>fico, sarà presente anche una ventilazione forzata.<br />

20.19.6 IMPIANTO DI SMALTIMENTO DELLE ACQUE PIOVANE<br />

L’impianto <strong>di</strong> smaltimento delle acque piovane sarà in grado <strong>di</strong> convogliare verso la fognatura<br />

comunale le acque piovane che entrano all’interno del piano interrato attraverso le rampe e gli accessi<br />

vari, nonché le eventuali acque utilizzate internamente.<br />

Saranno installate n. 2 pompe <strong>di</strong> sollevamento, una <strong>di</strong> riserva, in un pozzetto ispèzionabile <strong>di</strong><br />

opportune <strong>di</strong>mensioni. La rete <strong>di</strong> raccolta delle acque <strong>di</strong> scarico interna sarà dotata nel punto terminale,<br />

prima dell’immissione nel tubo <strong>di</strong> collegamento con il pozzetto delle pompe, <strong>di</strong> un pozzetto <strong>di</strong><br />

separazione liqui<strong>di</strong> infiammabili e <strong>di</strong> decantazione, <strong>di</strong> opportune <strong>di</strong>mensioni ed ispezionabile.<br />

L’alimentazione elettrica delle pompe <strong>di</strong> sollevamento sarà effettuata sulla linea preferenziale<br />

allacciata al gruppo elettrogeno <strong>di</strong> emergenza.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

463<br />

Tabella 65: Dimensionamento rete sprinkler<br />

20.20 IMPIANTI ELETTRICI DELL’AUTORIMESSA<br />

Gli impianti elettrici dell’autorimessa saranno realizzati con grado <strong>di</strong> protezione IP55, con<br />

apparecchiature <strong>di</strong> tipo ADFT e comunque nel rispetto delle norme CEI vigenti e relative alla tipologia<br />

dei locali interessati. E’ prevista l’illuminazione <strong>di</strong> sicurezza onde garantire un sufficiente grado <strong>di</strong><br />

illuminamento in caso <strong>di</strong> mancanza dell’alimentazione principale ENEL. L’inserimento<br />

dell’illuminazione <strong>di</strong> sicurezza sarà automatico ed imme<strong>di</strong>ato e l’intensità <strong>di</strong> illuminazione sarà non<br />

inferiore a 20 lux.<br />

20.21 ALLEGATI ALLA RELAZIONE CPT<br />

Gli allegati fondamentali sono le tavole grafiche che illustrano la compartimentazione dell’e<strong>di</strong>ficio<br />

(con segni grafici ben visibili), le uscite <strong>di</strong> sicurezza, la localizzazione delle porte REI, degli idranti e<br />

degli estintori, delle bocche UNI70 esterne e gli eventuali impianti sprinkler.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

464<br />

Figura 324: Vista in pianta della rete sprinkler


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

465<br />

Figura 325: Vista d’insieme degli impianti antincen<strong>di</strong>o per l’autorimessa


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

466<br />

21 DICHIARAZIONE ISPESL<br />

Gli impianti <strong>di</strong> riscaldamento, con una potenzialità superiore a 34,9 kW (30.000 Kcal/h) al<br />

focolare, sono regolamentati dal DM 1/12/1975, titolo II: Norme <strong>di</strong> sicurezza per gli apparecchi<br />

contenenti liqui<strong>di</strong> cal<strong>di</strong> sotto pressione e relative specificazioni tecniche applicative (Raccolta R).<br />

Gli impianti <strong>di</strong> riscaldamento possono essere sud<strong>di</strong>visi in:<br />

⋅ impianti <strong>di</strong> riscaldamento a vaso <strong>di</strong> espansione aperto<br />

⋅ impianti <strong>di</strong> riscaldamento a vaso <strong>di</strong> espansione chiuso.<br />

Prima dell’installazione, deve essere presentata domanda in bollo al <strong>di</strong>partimento ISPESL<br />

competente per territorio.<br />

A tale domanda debbono essere allegati:<br />

⋅ - modello ISPESL RD, firmato dalla <strong>di</strong>tta installatrice, nel quale saranno in<strong>di</strong>cati i dati <strong>di</strong><br />

identificazione dell’impianto e del luogo <strong>di</strong> installazione;<br />

⋅ - relazione tecnica redatta sul modello ISPESL RR (per un solo generatore <strong>di</strong> calore) o RR1 (per<br />

più generatori <strong>di</strong> calore), nei quali Il progettista in<strong>di</strong>cherà tutte le caratteristiche richieste,<br />

ponendo particolare attenzione alla sud<strong>di</strong>visione dei circuiti dell’impianto, alle capacità dei relativi<br />

vasi <strong>di</strong> espansione e alla correlazione fra pressione e temperatura. Questi modelli debbono essere<br />

firmati da un tecnico progettista iscritto all’Albo<br />

⋅ - <strong>di</strong>chiarazioni del tecnico progettista secondo quanto richiesto nell’ appen<strong>di</strong>ce VI, della Raccolta<br />

R:<br />

⋅ - <strong>di</strong>segno schematico dell’impianto<br />

⋅ - fotocopia della prima pagina del libretto matricolare del vaso chiuso, se la sua capacità è<br />

superiore ai 25 l.<br />

Qualora l’esame del progetto risulti positivo, l’utente provvederà a richiedere con un’altra<br />

domanda in bollo la verifica <strong>di</strong> impianto.<br />

A seguito <strong>di</strong> ogni domanda, l’utente riceverà un bollettino con in<strong>di</strong>cato l’importo per la<br />

prestazione richiesta. A versamento effettuato, l’utente provvederà ad inviare l’attestazione <strong>di</strong><br />

pagamento, senza la quale non sarà possibile effettuare la prestazione richiesta.<br />

21.1 MODULISTICA DA PRESENTARE:<br />

- Richiesta <strong>di</strong> esame dei progetto, ai sensi dei D.M. 1/12/1975;<br />

- duplice copia dei modelli RD - RR - RR/1;<br />

- schema <strong>di</strong> progetto;<br />

- dati complementari.<br />

Di seguito si ha la modulistica completa per la denuncia ISPESL <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> riscaldamento.<br />

Si illustrerà la procedura me<strong>di</strong>ante un esempio completo nel quale sono completate del tutti le<br />

schede RD, RR ed RR1.<br />

Per la piena comprensione dei riquadri è opportuno fare riferimento ai <strong>di</strong>segni che rappresentano<br />

il layout della centrale termica con il particolare del collettore <strong>di</strong> mandata.<br />

Particolare attenzione va posta al <strong>di</strong>mensionamento dei vasi <strong>di</strong> espansione chiusi e alla selezione<br />

delle valvole <strong>di</strong> sicurezza.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

467<br />

D.M. 01.12.1975<br />

Generatori <strong>di</strong> calore per impianti <strong>di</strong> riscaldamento ad acqua calda sotto pressione<br />

con temperatura non superiore a quella <strong>di</strong> ebollizione a pressione atmosferica.<br />

RACCOLTA "R"<br />

ELENCO DELLE FASI DELLA PRASSI OPERATIVA<br />

LISTA DI VERIFICA<br />

UTENTE:<br />

E<strong>di</strong>ficio<br />

In<strong>di</strong>rizzo<br />

N° pratica<br />

Caldaia<br />

Potenza focolare<br />

Combustibile<br />

Vaso<br />

<strong>Dipartimento</strong> ISPESL <strong>di</strong><br />

A.S.L. <strong>di</strong><br />

Si tratta <strong>di</strong> una lista <strong>di</strong> verifica che costituisce anche una guida per i vari adempimenti necessari per<br />

l'omologazione delle Centrali Termiche.<br />

E' importante che l'utente, o per esso l'operatore incaricato, provveda a tutti gli adempimenti previsti, fino al n.17 della<br />

lista <strong>di</strong> verifica, in quanto, <strong>di</strong>versamente, la Centrale Termica non risulterebbe in regola con le <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> legge.<br />

Nella lista <strong>di</strong> verifica, per Esecutore si intende l'operatore che normalmente pre<strong>di</strong>spone gli elaborati, raccogliendo<br />

eventualmente le firme dei soggetti obbligati. Per l'identificazione dei titolari dell'obbligo, vedere il paragrafo delle<br />

istruzioni.<br />

Data<br />

Esecutore<br />

1. Stesura del progetto della centrale termica Progettista<br />

2. Domanda in carta bollata; Progettista<br />

Richiedente<br />

Modulo RD (denuncia) 2 copie<br />

Moduli RR - RR/1 (relazione) 2 copie<br />

Firma lnstallatore<br />

(Progettista, lnstallatore o Utente)<br />

kW<br />

Progettista<br />

Progettista<br />

lnstallatore<br />

3. Invio al <strong>Dipartimento</strong> I.S.P.E.S.L. (raccomandata A.R.) Progettista<br />

4. Risposta I.S.P.E.S.L. al Richiedente (Progettista o lnstallatore o Utente)<br />

I.S.P.E.S.L.<br />

con allegato bollettino <strong>di</strong> versamento<br />

5. Versamento bollettino £ Utente<br />

6. Spe<strong>di</strong>zione dell'originale dell'attestazione <strong>di</strong> versamento al <strong>Dipartimento</strong><br />

I.S.P.E.S.L. (raccomandata A.R.)<br />

7. Risposta esito esame del progetto al Richiedente (Progettista o lnstallatore<br />

o Utente)<br />

Esito: positivo negativo<br />

Motivi dell'esito negativo:<br />

Progettista<br />

Utente<br />

I.S.P.E.S.L.<br />

8. Esecuzione lavori Inizio lnstallatore<br />

Termine<br />

9. Raccolta delle <strong>di</strong>chiarazioni dell'installatore e delle certificazioni <strong>di</strong> caldaie<br />

e <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> sicurezza e <strong>di</strong> protezione, ai sensi del Cap. R.4.A. o R.4.B.,<br />

secondo i modelli pre<strong>di</strong>sposti<br />

lnstallatore<br />

Dir. Lavori<br />

o


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

468<br />

0.<br />

1.<br />

2.<br />

3.<br />

4.<br />

5.<br />

Verifica a cura del <strong>di</strong>rettore dei lavori della corretta esecuzione e della<br />

documentazione fornita, <strong>di</strong> cui al punto 9, ai sensi dei capitolo R.4.A o<br />

R.4.B.<br />

Domanda <strong>di</strong> omologazione dell’impianto in carta bollata a nome del<br />

Richiedente_________________________<br />

Allegare copie del Libretto degli eventuali vasi <strong>di</strong> espansione chiusi <strong>di</strong><br />

capacità > 25 dm 3<br />

Risposta I.S.P.E.S.L. al Richiedente (Dir. Lavori o lnstallatore o Utente)<br />

con allegato bollettino <strong>di</strong> versamento<br />

Versamento bollettino £<br />

Spe<strong>di</strong>zione dell'originale dell'attestazione <strong>di</strong> versamento al <strong>Dipartimento</strong><br />

I.S.P.E.S.L. (raccomandata A.R.)<br />

Visita <strong>di</strong> verifica a cura dei tecnico I.S.P.E.S.L. Alla visita è opportuno<br />

siano presenti l'installatore, l'Utente e il Direttore Lavori. All'atto della visita<br />

bisogna consegnare al tecnico I.S.P.E.S.L. la documentazione <strong>di</strong> cui al<br />

punto 9<br />

Esito: positivo negativo<br />

Motivi dell'esito negativo:<br />

Data<br />

Rilascio del certificato <strong>di</strong> omologazione (libretto matricolare)<br />

6.<br />

Domanda in carta semplice per la verifica perio<strong>di</strong>ca. (Da presentare, per<br />

7. conto dell'utente, a cura del Direttore Lavori subito dopo il rilascio del<br />

certificato <strong>di</strong> omologazione).<br />

Controlli perio<strong>di</strong>ci - ogni 5 anni a cura dell'A.S.L.<br />

8.<br />

18.1 Controllo A.S.L. Data<br />

Esecut<br />

ore<br />

Dir.<br />

Lavori<br />

Dir.<br />

Lavori o Utente<br />

o lnstallatore<br />

S.L.<br />

I.S.P.E.<br />

Utente<br />

Dir.<br />

Lavori o Utente<br />

I.S.P.E.<br />

S.L.<br />

I.S.P.E.<br />

S.L.<br />

Dir.<br />

Lavori<br />

Esito: positivo negativo A.S.L.<br />

Motivi dell'esito negativo:<br />

18.2 Controllo A.S.L. Data<br />

Esito: positivo negativo A.S.L.<br />

Motivi dell'esito negativo:<br />

18.3 Controllo A.S.L. Data<br />

Esito: positivo negativo A.S.L.<br />

Motivi dell'esito negativo:


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

469<br />

MA<br />

RCA DA<br />

BOLLO<br />

Spett.le<br />

I.S.P.E.S.L.<br />

<strong>Dipartimento</strong> <strong>di</strong><br />

via<br />

c.a.p.<br />

città<br />

OGGETTO: Richiesta <strong>di</strong> Verifica Omologativa <strong>di</strong> nuovo impianto ai sensi dell'Art. 22 D.M. 01.12.75 e<br />

del Decreto lnterministeriale 22.07.86.<br />

Utente<br />

Via<br />

Comune (Prov )<br />

Il sottoscritto<br />

cognome<br />

nome<br />

con sede in<br />

città prov. Via<br />

nella sua qualità <strong>di</strong><br />

chiede<br />

LA VERIFICA OMOLOGATIVA SUL LUOGO DELL'IMPIANTO.<br />

Impianto <strong>di</strong> riscaldamento ad acqua calda, n° <strong>di</strong> pra tica:<br />

Potenzialità del focolare espressa in kW:<br />

Eventuali vasi <strong>di</strong> espansione chiusi <strong>di</strong> capacità superiore a 25 dm 3 :<br />

Si allega fotocopia del frontespizio del libretto matricolare dei vasi <strong>di</strong> espansione sopra elencati (n<br />

Persona da contattare per concordare il collaudo:<br />

Nominativo<br />

N° telefonico<br />

fotocopie).<br />

Data,<br />

Timbro e firma


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

470<br />

D.M. 01.12.1975<br />

Generatori <strong>di</strong> calore per impianti <strong>di</strong> riscaldamento ad acqua calda sotto pressione con temperatura<br />

non superiore a quella <strong>di</strong> ebollizione a pressione atmosferica.<br />

RACCOLTA "R"<br />

DOCUMENTAZIONE DA CONSEGNARE AL TECNICO I.S.P.E.S.L.<br />

ALL'ATTO DELLA VISITA DI VERIFICA OMOLOGATIVA<br />

DELL'IMPIANTO DI RISCALDAMENTO<br />

"A"<br />

Dichiarazioni del tecnico qualificato<br />

"B"<br />

Certificazioni<br />

CAPITOLO R.4.B. - Punto 2.1<br />

VASO CHIUSO<br />

UTENTE:<br />

E<strong>di</strong>ficio<br />

In<strong>di</strong>rizzo<br />

N° pratica<br />

Caldaia<br />

Potenza focolare<br />

Combustibile<br />

Vaso chiuso<br />

kW<br />

"A" Dichiarazioni dei tecnico qualificato (installatore responsabile):<br />

Nome<br />

Il sottoscritto:<br />

Cognome<br />

In<strong>di</strong>rizzo<br />

ai sensi del Capitolo R.4.B, punto 2.1.C.<br />

<strong>di</strong>chiara che:<br />

1) la capacità dell'impianto e quella dei vasi d'espansione sono quelle <strong>di</strong>chiarate nel progetto approvato;<br />

2) gli scarichi dei <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> sicurezza possono avvenire senza recare danno a persone;<br />

3) i complessi d'interruzione dell'apporto <strong>di</strong> calore per regolazione e per blocco sono funzionalmente in<strong>di</strong>pendenti fra<br />

loro;<br />

4) gli elementi sensibili dei termostati <strong>di</strong> regolazione e <strong>di</strong> blocco, qualora installati sulla tubazione <strong>di</strong> uscita del<br />

generatore <strong>di</strong> calore, sono posizionati in modo che la temperatura nei generatori non superi i limiti stabiliti<br />

dalla normativa;<br />

5) (<strong>di</strong>chiarazione attestante, qualora non siano state installate valvole <strong>di</strong> scarico termico o valvole d'intercettazione del<br />

combustibile, che esiste nell'impianto la correlazione fra aumento della pressione e corrispondente aumento della<br />

temperatura);<br />

NOTA: cancellare la voce che non interessa.<br />

5.1) non esiste la correlazione fra aumento <strong>di</strong> pressione e corrispondente aumento della temperatura;<br />

è pertanto installata la valvola <strong>di</strong> intercettazione del combustibile (oppure la valvola <strong>di</strong> scarico termico);


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

471<br />

oppure:<br />

5.2) esiste la correlazione fra aumento <strong>di</strong> pressione e corrispondente aumento della temperatura.<br />

In tal caso i circuiti intercettabili hanno le seguenti capacità:<br />

CIRCUITO DENOMINAZIONE CAPACITÀ (dm 3 )<br />

1<br />

2<br />

3<br />

4<br />

5<br />

6) I pressostati ed i termostati <strong>di</strong> regolazione e <strong>di</strong> blocco sono in<strong>di</strong>pendenti negli organi <strong>di</strong> comando e <strong>di</strong> controllo.<br />

Data,<br />

Firma<br />

"B" Certificazioni - Vaso chiuso<br />

Si allegano le seguenti certificazioni, corrispondenti alle caselle barrate:<br />

1) certificazione rilasciata dal costruttore attestante il buon esito della prova idraulica del generatore;<br />

quantità n°<br />

2) certificazione <strong>di</strong> taratura al banco da parte dell'A.N.C.C. (ora I.S.P.E.S.L.) delle valvole <strong>di</strong> sicurezza;<br />

quantità n°<br />

3) certificazione <strong>di</strong> taratura al banco da parte dell'A.N.C.C. (ora I.S.P.E.S.L.) delle valvole <strong>di</strong> intercettazione del<br />

combustibile;<br />

quantità n°<br />

4) certificazione <strong>di</strong> taratura al banco da parte dell'A.N.C.C. (ora I.S.P.E.S.L.) delle valvole <strong>di</strong> scarico termico;<br />

quantità n°<br />

⋅ 5) certificazione <strong>di</strong> qualifica dei <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> protezione, a meno che gli stessi non<br />

siano contrad<strong>di</strong>stinti con il marchio del fabbricante e gli estremi della qualificazione ottenuta;<br />

5.1) interruttore termico automatico <strong>di</strong> regolazione; quantità n°<br />

5.2) interruttore termico automatico <strong>di</strong> blocco; quantità n°<br />

5.3) pressostato <strong>di</strong> blocco; quantità n°<br />

⋅ 6) libretto matricolare dei vasi <strong>di</strong> espansione chiusi collaudati I.S.P.E.S.L., con<br />

riportata certificazione rilasciata dal costruttore attestante il buon esito della prova idraulica;<br />

quantità n°<br />

7) fotocopia patentino <strong>di</strong> abilitazione alla conduzione degli impianti termici con potenzialità superiore<br />

a 232 kW (solo se a combustibile liquido).


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

472<br />

21.2 ESEMPIO DI DENUNCIA ISPESL<br />

Si riporta un esempio <strong>di</strong> denuncia completa ISPESL <strong>di</strong> un progetto fittizio.<br />

MARCA<br />

DA<br />

BOLLO<br />

Spett.le<br />

I.S.P.E.S.L.<br />

DIPARTIMENTO DI<br />

MILANO<br />

Via Mangiagalli, 3<br />

via<br />

20133 Milano<br />

cap.<br />

città<br />

Oggetto: DENUNCIA DI IMPIANTO TERMICO AD ACQUA CALDA AI SENSI DELL’ART. 18<br />

D.M. 01/12/1975<br />

UTENTE Condominio Primula Rossa<br />

INDIRIZZO Via Balzac 12<br />

COMUNE BRUGHERIO (PROV. MI )<br />

Il sottoscritto XYXYXYX Andrea<br />

cognome<br />

nome<br />

con sede in Milano MI Via Franco Franchi 18<br />

città prov. In<strong>di</strong>rizzo<br />

nella sua qualità <strong>di</strong> legale rappresentante della <strong>di</strong>tta installatrice<br />

C H I E D E<br />

l’esame del progetto relativo all’impianto <strong>di</strong> riscaldamento installato in<br />

Via Balzac 12 Milano<br />

<strong>di</strong> cui si allega la documentazione in duplice copia.<br />

Data, 28/09/1999<br />

Termica XYXYXY<br />

Allegati (in duplice copia):<br />

· Mod. RD.<br />

· Mod. RR - RR/1.<br />

· Schema <strong>di</strong> progetto.<br />

· Dati complementari (Appen<strong>di</strong>ce VI - Art. 8)<br />

(Timbro e Firma)<br />

All. URP<br />

3.2-1


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

473<br />

D.M. 01.12.1975<br />

I.S.P.E.S.L. - RACCOLTA ‘R’<br />

GENERATORE DI CALORE PER IMPIANTI DI RISCALDAMENTO AD<br />

ACQUA CALDA SOTTO PRESSIONE CON TEMPERATURA NON<br />

SUPERIORE A QUELLA DI EBOLLIZIONE A PRESSIONE ATMOSFERICA<br />

- Mod RD - Denuncia <strong>di</strong> impianto centrale <strong>di</strong> riscaldamento ad acqua calda.<br />

- Mod RR - RR/1 - Relazione tecnica per impianto centrale <strong>di</strong> riscaldamento ad acqua calda.<br />

- Schema <strong>di</strong> progetto e dati complementari - Raccolta ‘R’ (Appen<strong>di</strong>ce VI - Art. 8)<br />

UTENTE<br />

Condominio Primula Rossa<br />

In<strong>di</strong>rizzo Via Balzac 12<br />

Comune BRUGHERIO ( MI )<br />

INSTALLATORE<br />

Termica XYXYXYX<br />

In<strong>di</strong>rizzo Via Franco Franchi 18<br />

Comune Milano ( MI )<br />

Data, 28/09/1999<br />

Nome e Cognome del Progettista<br />

In<strong>di</strong>rizzo del Progettista


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

474<br />

ISPESL<br />

SEZIONE I.S.P.E.S.L. - DIPARTIMENTO DI<br />

Via Balzac 12<br />

in<strong>di</strong>rizzo <strong>di</strong> installazione dell’impianto<br />

Mod. RD<br />

Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro<br />

(Legge 23/12/1978, n. 833; Legge 12/8/1982, n. 597)<br />

<strong>Dipartimento</strong> Periferico <strong>di</strong> MILANO<br />

Legge 16 giugno 1927, n. 1132<br />

(Regolamento RD 12/5/1927, n. 824 - DM 1/12/1975)<br />

Denuncia <strong>di</strong> impianto centrale <strong>di</strong> riscaldamento ad acqua calda<br />

MILANO<br />

COMUNE Milano PROVINCIA MI CAP 2 0 0 1 0<br />

Condominio Primula Rossa<br />

nome o ragione sociale<br />

Via Balzac 12<br />

in<strong>di</strong>rizzo<br />

COMUNE Milano PROVINCIA MI CAP 2 0 0 1 0<br />

Termica i<br />

nome o ragione sociale<br />

Via Franco Franchi 18<br />

in<strong>di</strong>rizzo per invio corrispondenza<br />

COMUNE Milano PROVINCIA MI CAP 2 0 0 1 6<br />

POTENZIALITA’ GLOBALE(*) kW 2 7 6 , 4<br />

Estremi impianto da mo<strong>di</strong>ficare<br />

X<br />

NUOVA ESISTE DA MODIFICARE (R)<br />

DESTINAZIONE: X RISCALDAMENTO AMBIENTI PRODUZIONE ACQUA CALDA PER SERVIZI<br />

Cognome XYXYXYXi Nome Andrea<br />

Recapito: COMUNE Milano PROVINCIA MI<br />

In<strong>di</strong>rizzo: Via Franco Franchi 18<br />

Nella mia qualità <strong>di</strong> legale rappresentante della <strong>di</strong>tta installatrice Termica XYXYXY<br />

<strong>di</strong>chiaro che gli elementi forniti corrispondono alla realtà.<br />

Data: 2 8 0 9 1 9 9 9 Firma<br />

g m a<br />

(*) Per potenzialità si intende quella del focolare (cioè quella del bruciatore). Nel caso <strong>di</strong> impianti con più <strong>di</strong> un generatore la<br />

potenzialità è la somma delle potenzialità dei vari generatori.<br />

N. della pratica (R)<br />

Sigla<br />

Matricola<br />

All. URP 3.2-2<br />

Mod. RR


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

475<br />

I.S.P.E.S.L.<br />

ISTITUTO SUPERIORE PER LA PREVENZIONE E LA SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Relazione tecnica per impianto centrale <strong>di</strong> riscaldamento ad acqua calda<br />

Mod. RR/1<br />

con riferimento al generatore n. or<strong>di</strong>ne 1<br />

DATI TECNICI DELL'IMPIANTO (R)<br />

(Barrare solo le caselle interessate)<br />

Contenuto <strong>di</strong> acqua 2986<br />

dell’impianto : litri<br />

VASO DI ESPANSIONE APERTO<br />

VASO DI ESPANSIONE CHIUSO<br />

Capacità totale : litri utile: litri Capacità totale: 250 litri<br />

Dislivello vaso/generatore m Dislivello generatore/sommità impianto 14 m<br />

Tubo <strong>di</strong> sfogo<br />

Dislivello vaso/valvola <strong>di</strong> sicurezza +1,0 m<br />

<strong>di</strong>ametro interno mm Tipo: autopressurizzato X a <strong>di</strong>aframma pre-pressurizzato<br />

protezione dal gelo SI N Potenzialità nominale globale dei generatori serviti:<br />

O<br />

248,8 kW ripartita su n. 1 circuiti<br />

<strong>di</strong>ametro interno mm Pressione iniziale pi 1,82 bar<br />

Tubi <strong>di</strong> troppo pieno scarico visibile SI N<br />

O<br />

protezione dal gelo SI N<br />

O<br />

Pressione <strong>di</strong> targa 6 bar<br />

Diametro interno tubo <strong>di</strong> collegamento 21,7 mm<br />

VALVOLE DI SICUREZZA (n. 1 )<br />

TUBAZIONE DI SICUREZZA: protezione dal gelo SI N Tipo : or<strong>di</strong>naria ad alzata controllata X qualificata<br />

O<br />

Potenzialità nominale resa all'acqua dei<br />

generatori serviti kW Diametro interno orifizio 20 mm<br />

Diametro interno minimo mm Pressione <strong>di</strong> taratura 4 bar<br />

Lunghezza effettiva m Sovrapressione 10 %<br />

Lunghezza virtuale m Portata <strong>di</strong> scarico <strong>di</strong> vapore 533,6 kg/h<br />

VALVOLA A TRE VIE DI INTERCETTAZIONE DEL GENERATORE<br />

VALVOLA DI SCARICO TERMICO<br />

Diametro della valvola mm Portata <strong>di</strong> scarico <strong>di</strong> acqua kg/h<br />

<strong>di</strong>ametro interno mm Esiste blocco del flusso <strong>di</strong> combustibile? SI NO<br />

Tubo <strong>di</strong> sfogo lunghezza effettiva m Il reintegro è con il seguente sistema :<br />

lunghezza virtuale<br />

DISPOSITIVI DI CONTROLLO<br />

Manometro, graduato in bar fino a 6 con attacco per il controllo.<br />

Termometro, graduato fino a 120 °C con pozzetto per il controllo.<br />

DISPOSITIVI DI PROTEZIONE<br />

Esiste l’interruttore termico automatico <strong>di</strong> regolazione ? x SI NO<br />

m<br />

Esiste l’interrutore termico automatico <strong>di</strong> blocco ? x SI NO Ne esiste un secondo ? SI NO x<br />

Esiste il pressostato <strong>di</strong> blocco ? x SI NO<br />

Esiste il flussostato ? SI NO x<br />

DISPOSITIVI E SISTEMI SPECIALI PER IMPIANTI ALIMENTATI A COMBUSTIBILE SOLIDO<br />

Esiste il <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> allarme acustico ? SI N<br />

O<br />

Esiste il <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> arresto automatico dell’aria comburente ? SI N<br />

O<br />

L’impianto è a circolazione naturale, senza organi <strong>di</strong> intercettazione sul circuito dell’acqua ? SI N<br />

O<br />

Il generatore è corredato <strong>di</strong>:<br />

riscaldatore d’acqua <strong>di</strong> consumo<br />

scambiatore <strong>di</strong> calore <strong>di</strong> emergenza<br />

Il riscaldatore (o lo scambiatore) è munito <strong>di</strong> scarico <strong>di</strong> sicurezza termico ? SI N<br />

O<br />

Il generatore è corredato <strong>di</strong> focolare meccanico, con adduzione meccanica dell’aria comburente ? SI N<br />

O<br />

IL TECNICO


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

476<br />

D.M. 01.12.1975<br />

I.S.P.E.S.L. - RACCOLTA ‘R’<br />

GENERATORE DI CALORE PER IMPIANTI DI RISCALDAMENTO AD ACQUA CALDA<br />

UTENTE<br />

Condominio Primula Rossa<br />

In<strong>di</strong>rizzo Via Balzac 12<br />

Comune Milano ( MI )<br />

INSTALLATORE<br />

Termica XYXYXY<br />

In<strong>di</strong>rizzo Via Franco Franchi 18<br />

Comune Milano ( MI )<br />

SCHEMA DI PROGETTO E DATI COMPLEMENTARI<br />

COMMENTO<br />

1- ELENCO DEI COMPONENTI INDICATI SULLA TAVOLA GRAFICA CON LA DESCRIZIONE<br />

DELLE LORO CARATTERISTICHE<br />

2- COMMENTO AI DATI INDICATI SULLA TAVOLA GRAFICA ED INDICAZIONI DI PROGETTO<br />

3- DATI COMPLEMENTARI - RACCOLTA ‘R’ (Appen<strong>di</strong>ce VI - Art. 8)<br />

4- TAVOLA GRAFICA N° 1234/99<br />

Data 28/09/1999<br />

Nome e Cognome del Progettista<br />

In<strong>di</strong>rizzo del Progettista)


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

477<br />

1- ELENCO DEI COMPONENTI INDICATI SULLA TAVOLA GRAFICA CON LA DESCRIZIONE DELLE LORO<br />

CARATTERISTICHE<br />

1 Bruciatore<br />

Bruciatore<br />

Costruttore<br />

Talisman<br />

Tipo<br />

MP3<br />

Combustibile<br />

Metano<br />

Potenza nominale (Qb) 248,8 kW<br />

Caldaia<br />

2 Caldaia<br />

Costruttore<br />

Similar<br />

Tipo 2R 14<br />

Potenza termica utile (Qu) 248,8 kW<br />

Potenza termica al focolare (Qf) 276,4 kW<br />

Pressione massima <strong>di</strong> esercizio (Peg) 5 bar<br />

Valvola <strong>di</strong> sicurezza<br />

3 Valvola <strong>di</strong> sicurezza<br />

Costruttore<br />

Caleffi<br />

Tipo 527540<br />

Qualifica<br />

QUALIFICATA<br />

Diametro nominale (Dv) 3/4"<br />

Diametro orifizio (Do) 20 mm<br />

Coefficiente <strong>di</strong> efflusso (K) ,67<br />

Portata <strong>di</strong> scarico vapore (W) 533,6 kg/h<br />

Potenza termica scaricabile (Qt) 309,5 kW<br />

Numeri <strong>di</strong> valvole (Ns) 1<br />

Potenza termica scaricabile totale (Qtv) 309,5 kW<br />

Pressione <strong>di</strong> taratura (Pt) 4 bar<br />

Sovrapressione (Sp) 10 %<br />

Pressione <strong>di</strong> scarico (Psc) 4,4 bar<br />

4 Vaso <strong>di</strong> espansione a <strong>di</strong>aframma<br />

Vaso <strong>di</strong> espansione a <strong>di</strong>aframma<br />

Circuito<br />

Unico<br />

Contenuto d'acqua dell'impianto (C) 2986 litri<br />

Pressione assoluta iniziale precarica (Pi ass) 2,83 bar<br />

Pressione finale assoluta (Pf ass) 5,13 bar<br />

Pressione massima esercizio (relativa) (Pev) 6 bar<br />

Capacità del vaso (proposta) (Cv prop) 240 litri<br />

Volume d'espansione (Ve) 107 litri<br />

Capacità del vaso (adottata) (Cv ad) 250 litri<br />

Correlazione tra aumento t e p<br />

ASSENTE


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

478<br />

5 Interruttore termico automatico <strong>di</strong> regolazione<br />

Interruttore termico automatico <strong>di</strong> regolazione <strong>di</strong> tipo omologato tarato ad una temperatura non<br />

superiore a 95 °C.<br />

Costruttore<br />

Tipo<br />

in caldaia<br />

6 Interruttore termico automatico <strong>di</strong> blocco<br />

Interruttore termico automatico <strong>di</strong> blocco a riarmo manuale <strong>di</strong> tipo omologato tarato ad una<br />

temperatura non superiore a 100 °C.<br />

Costruttore<br />

Tipo<br />

in caldaia<br />

7 Pressostato <strong>di</strong> blocco<br />

Pressostato <strong>di</strong> blocco a riarmo manuale <strong>di</strong> tipo omologato.<br />

Costruttore<br />

Caleffi<br />

Tipo<br />

SQ-D<br />

Pressione <strong>di</strong> taratura pressostato Ppr 3,80 bar<br />

8 In<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> temperatura<br />

In<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> temperatura con scala graduata in °C e fondo scala <strong>di</strong> 120 °C.<br />

Costruttore<br />

Caleffi<br />

Tipo F 15<br />

9 Pozzetto<br />

Pozzetto per inserzione termometro <strong>di</strong> controllo con <strong>di</strong>ametro interno non inferiore a 10 mm.<br />

Costruttore -<br />

Tipo -<br />

10 Valvola <strong>di</strong> intercettazione del combustibile<br />

Valvola <strong>di</strong> intercettazione del combustibile ad azione positiva non azionata da energia esterna,<br />

omologata.<br />

Costruttore<br />

Caleffi<br />

Tipo 54108<br />

Diametro nominale 1" 1/2


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

479<br />

IMPIANTO A VASO CHIUSO<br />

DATI INDICATI SULLA TAVOLA GRAFICA.<br />

Sono in<strong>di</strong>cati sulla tavola grafica allegata:<br />

a) Diametro nominale delle tubazioni in pollici.<br />

b) Diametro interno (in mm) delle tubazioni <strong>di</strong> espansione, <strong>di</strong> ingresso alla valvola <strong>di</strong> sicurezza e <strong>di</strong> scarico<br />

della valvola <strong>di</strong> sicurezza.<br />

c) Altezza idrostatica Hi.<br />

d) Altezza dello sbocco della valvola <strong>di</strong> sicurezza.<br />

e) Altezza dell'attacco del vaso <strong>di</strong> espansione.<br />

f ) Posizione dei <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> protezione ed i limiti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza dall'uscita della caldaia (ove richiesto).<br />

g) Raggi <strong>di</strong> curvatura “R” del tubo <strong>di</strong> collegamento del vaso <strong>di</strong> espansione.<br />

TUBAZIONE DI COLLEGAMENTO TRA IL GENERATORE ED IL VASO DI ESPANSIONE.<br />

La tubazione <strong>di</strong> collegamento tra generatore e vaso <strong>di</strong> espansione deve essere protetta dal gelo, deve<br />

essere realizzata in modo da non presentare punti <strong>di</strong> accumulo <strong>di</strong> incrostazioni o depositi e deve avere curve<br />

con raggio <strong>di</strong> curvatura “R” non inferiore a 1,5 volte il <strong>di</strong>ametro interno.<br />

⋅<br />

PRESCRIZIONI PER IL POSIZIONAMENTO DEI DISPOSITIVI DI SICUREZZA,<br />

PROTEZIONE E CONTROLLO.<br />

La tabella seguente descrive le prescrizioni per il posizionamento dei <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> sicurezza,<br />

protezione e controllo (riguarda le <strong>di</strong>stanze dal generatore e le tubazioni <strong>di</strong> installazione).<br />

COMPONENTI TIPO COMPONENTE INSTAL-<br />

LATO SUL GENERATO-<br />

RE DI CALORE O SULLA<br />

TUBAZIONE AD UNA<br />

DISTANZA MASSIMA<br />

DALLA CALDAIA DI:<br />

INSTALLAZIONE PRIMA<br />

DI QUALSIASI VALVOLA<br />

DI INTERCETTAZIONE E<br />

TUBAZIONE DI INSTAL-<br />

LAZIONE<br />

RIFERIMENTO<br />

RACCOLTA R<br />

ISPESL<br />

ED. 1982<br />

VALVOLA DI SICUREZZA SICUREZZA 1,0 m SI - MANDATA R.3.B. 2.4.<br />

VALVOLA INTERCETTAZIONE SICUREZZA 0,5 m SI - MANDATA R.2.A. 4.2.<br />

COMBUSTIBILE<br />

TERMOSTATO DI REGOLAZIONE PROTEZIONE 0,5 m SI - MANDATA R.2.B. 1.8.<br />

TERMOSTATO DI BLOCCO PROTEZIONE 0,5 m SI - MANDATA R.2.B. 1.8.<br />

PRESSOSTATO DI BLOCCO PROTEZIONE (-) SI - MANDATA R.2.B. 1.8.<br />

TERMOMETRO CONTROLLO (-) SI - MANDATA R.2.C. 3.4.<br />

POZZETTO PER TERMOMETRO CONTROLLO (-) SI - MANDATA R.2.C. 3.4.<br />

CAMPIONE<br />

MANOMETRO CON FLANGIA CONTROLLO (-) SI - MANDATA O R.2.C. 2.5.<br />

RITORNO<br />

VASO DI ESPANSIONE (-) SI - MANDATA O R.3.B. 3.5.<br />

RITORNO<br />

(VALVOLA DI SCARICO TERMICO) SICUREZZA 0,5 m SI - MANDATA R.2.A. 3.3.<br />

(FLUSSOSTATO) (-) NO R.3.B. 5.4.<br />

(-) non è prevista una <strong>di</strong>stanza massima.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

480<br />

COLLEGAMENTI ELETTRICI.<br />

L’installatore idraulico dovrà richiedere all’installatore elettricista che siano rispettate le prescrizioni <strong>di</strong><br />

seguito elencate.<br />

· I termostati devono essere in<strong>di</strong>pendenti negli organi <strong>di</strong> comando e <strong>di</strong> controllo.<br />

· Nel caso <strong>di</strong> bruciatori monofase è ammesso il collegamento in serie dei termostati <strong>di</strong> regolazione, <strong>di</strong><br />

blocco e del pressostato <strong>di</strong> blocco purché detti <strong>di</strong>spositivi interrompano <strong>di</strong>rettamente il circuito elettrico <strong>di</strong><br />

alimentazione (senza fare uso <strong>di</strong> contattori interme<strong>di</strong>).<br />

· Nel caso <strong>di</strong> bruciatori atmosferici i termostati <strong>di</strong> regolazione e <strong>di</strong> blocco devono agire su due <strong>di</strong>stinte<br />

elettrovalvole <strong>di</strong> intercettazione del gas (che possono essere riunite in un <strong>unico</strong> corpo multifunzionale).<br />

· Nel caso <strong>di</strong> bruciatori trifase il termostato <strong>di</strong> regolazione deve agire su un contattore, mentre il termostato<br />

<strong>di</strong> blocco e il pressostato <strong>di</strong> blocco devono agire su un secondo contattore.<br />

Entrambi i contattori devono interrompere <strong>di</strong>rettamente il circuito elettrico <strong>di</strong> alimentazione.<br />

DOCUMENTI DA CONSERVARE E DA CONSEGNARE PER LA VISITA DI VERIFICA<br />

OMOLOGATIVA.<br />

E’ onere dell’installatore raccogliere, conservare e consegnare all’utente (con documento <strong>di</strong> ricevuta) i<br />

seguenti documenti:<br />

COMPONENTE<br />

DOCUMENTO DA CONSERVARE<br />

CALDAIA<br />

CERTIFICATO DEL COSTRUTTORE: PROVA IDRAULICA<br />

VALVOLA INTERCETTAZIONE COMBUSTIBILE<br />

CERTIFICATO DI TARATURA A BANCO<br />

VALVOLA DI SICUREZZA<br />

CERTIFICATO DI TARATURA A BANCO<br />

VASI DI ESPANSIONE OLTRE 24 LITRI<br />

LIBRETTO MATRICOLARE<br />

TERMOSTATO DI REGOLAZIONE<br />

CERTIFICATO DI RISPONDENZA PROTOTIPO<br />

TERMOSTATO DI BLOCCO<br />

CERTIFICATO DI RISPONDENZA PROTOTIPO<br />

PRESSOSTATO DI BLOCCO<br />

CERTIFICATO DI RISPONDENZA PROTOTIPO<br />

Inoltre l’installatore dovrà rilasciare, dopo la fine lavori, la <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> tecnico qualificato secondo<br />

le <strong>di</strong>sposizioni ISPESL.<br />

NOTA: Per tutti i componenti <strong>di</strong> nuova installazione conservare il certificato <strong>di</strong> omologazione e<br />

riporlo nell'apposita cassetta porta documenti, in quanto da presentare al funzionario<br />

ISPESL in sede <strong>di</strong> collaudo.<br />

In caso <strong>di</strong> smarrimento del certificato il componente dovrà essere sostituito.<br />

ISOLAMENTO TERMICO DELLE TUBAZIONI.<br />

L’isolamento termico delle tubazioni corrisponderà alle in<strong>di</strong>cazioni della legge n. 10/91 e del DPR<br />

412/93. Per tubazioni correnti in centrale termica gli spessori saranno il 100% dell’Allegato B - DPR 412, pari<br />

a:<br />

CONDUTTIVITÀ<br />

(W/m°C)<br />

DIAMETRO ESTERNO DELLA TUBAZIONE<br />

(mm)<br />

< 20 da 20 a 39 da 40 a 59 da 60 a 79 da 80 a 99 >100<br />

0.030 13 19 26 33 37 40<br />

0.032 14 21 29 36 40 44<br />

0.034 15 23 31 39 44 48<br />

0.036 17 25 34 43 47 52<br />

0.038 18 28 37 46 51 56<br />

0.040 20 30 40 50 55 60<br />

0.042 22 32 43 54 59 64<br />

0.044 24 35 46 58 63 69<br />

0.046 26 38 50 62 68 74<br />

0.048 28 41 54 66 72 79<br />

0.050 30 44 58 71 77 84<br />

Nella tavola grafica la scritta IS ___ in<strong>di</strong>ca lo spessore (in mm) dell’isolante, avente una conduttività <strong>di</strong><br />

prova a 50°C (lambda) non superiore a 0,041 W/m°C.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

481<br />

⋅ RIFERIMENTI NORMATIVI PER LE PRESCRIZIONI DI SICUREZZA,<br />

ANTINCENDIO, RISPARMIO ENERGETICO ED IMPIANTI ELETTRICI.<br />

Il locale focolari, l'impianto <strong>di</strong> alimentazione del combustibile, l’aerazione, gli apparecchi ed i bruciatori,<br />

i canali <strong>di</strong> fumo, i camini, l'impianto elettrico e le strutture e<strong>di</strong>li devono essere conformi alle vigenti<br />

<strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> legge:<br />

a) per impianti elettrici:<br />

• Legge n. 186/68<br />

• Norma CEI 64-8<br />

• Norma CEI 64-2<br />

b) per combustibili liqui<strong>di</strong> (norme antincen<strong>di</strong>o):<br />

• Legge n. 615/66<br />

• DPR 22.12.1970 n. 1391<br />

• Circolare del Ministero dell’Interno n. 73 del 29.07.1971<br />

c) per combustibili gassosi (norme antincen<strong>di</strong>o):<br />

• D.M. 12.04.1996<br />

• Legge n. 1083/71<br />

• Norme UNI - CIG<br />

• D.M. 24.11.1984<br />

d) per la sicurezza:<br />

• Legge n. 46/90<br />

• DPR n. 547/55<br />

• DLgs n. 626/94<br />

e) per il risparmio energetico:<br />

• Legge n. 10/91<br />

• DPR n. 412/93<br />

• D.M. 13.12.1993<br />

Alla fine dei lavori l’installatore dovrà rilasciare la <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> conformità ai sensi della legge n.<br />

46/90, completa degli allegati obbligatori in 3 copie (n.1 per l’utente, n.1 per il Comune e n.1 per la Camera<br />

<strong>di</strong> Commercio).


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

482<br />

3 - DATI COMPLEMENTARI - RACCOLTA “R” (Appen<strong>di</strong>ce VI - Art. 8)<br />

IMPIANTO A VASO CHIUSO<br />

a) Nell’impianto è prevista sia la valvola <strong>di</strong> sicurezza sia la valvola <strong>di</strong> intercettazione combustibile in quanto<br />

non esiste correlazione tra l’aumento <strong>di</strong> temperatura e l’aumento <strong>di</strong> pressione.<br />

b) In luogo della valvola <strong>di</strong> scarico termico si è impiegata la valvola <strong>di</strong> intercettazione del combustibile.<br />

c) La pressione <strong>di</strong> precarica del vaso è <strong>di</strong>: 1,82 bar<br />

d) Non è prevista l’interruzione <strong>di</strong> apporto del calore all’atto dell’arresto della circolazione.<br />

e) Lo scarico delle valvole <strong>di</strong> sicurezza, delle eventuali valvole <strong>di</strong> scarico termico e delle eventuali valvole<br />

<strong>di</strong> intercettazione a tre vie risulta ubicato in modo da non recare danni alle persone o alle cose in caso<br />

<strong>di</strong> intervento.<br />

f )<br />

La <strong>di</strong>stanza degli organi <strong>di</strong> sicurezza, <strong>di</strong> protezione e <strong>di</strong> controllo dall’uscita dal generatore non è<br />

maggiore dei valori previsti, come in<strong>di</strong>cato nella tabella precedentemente riportata.<br />

g) E’ attuata l’in<strong>di</strong>pendenza dei <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> protezione me<strong>di</strong>ante almeno due circuiti separati, salvo il caso<br />

in cui operino su un bruciatore azionato da un motore monofase.<br />

h) La pressione <strong>di</strong> esercizio <strong>di</strong>chiarata dal costruttore del generatore è tale da assicurare la sua stabilità<br />

anche alla temperatura massima <strong>di</strong> intervento degli organi <strong>di</strong> sicurezza.<br />

i )<br />

La valvola <strong>di</strong> intercettazione a tre vie, se esistente sull’impianto, non presenta posizioni <strong>di</strong> manovra in<br />

cui risultino contemporaneamente intercettate entrambe le vie <strong>di</strong> uscita, oppure in cui una delle due vie<br />

sia completamente chiusa e l’altra aperta solo parzialmente.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

483<br />

21.3 ESEMPIO DI DIMENSIONAMENTO DI COMPONENTI ISPESL<br />

Dimensionamento vaso <strong>di</strong> espansione chiuso<br />

E<strong>di</strong>ficio<br />

Condominio Primula Rossa<br />

Via Balzac 12 - BRUGHERIO (MI)<br />

Committente AMMINISTRATORE Rag. PIGA Augusto<br />

Via Rembrant 14 - VIMERCATE (MI)<br />

Impianto<br />

Centrale termica condominale ad uso riscaldamento<br />

Progettista EDILCLIMA S.r.l. - Progettazione Impianti - Tel. 0322/835816<br />

Via Torrione, 30 - 28021 BORGOMANERO (NO)<br />

Generatore n° 1<br />

Marca e modello Similar 2R 14<br />

Potenza termica al focolare Qf 276,4 kW<br />

Potenza termica utile Qu 248,8 kW<br />

Pressione <strong>di</strong> esercizio Peg 5,00 bar<br />

Circuito<br />

Pressione atmosferica Pa 1,01 bar<br />

Contenuto d’acqua totale del circuito C 2986 litri<br />

Coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>latazione globale e 0,036 dm³/dm³<br />

Altezza idrostatica dell’impianto Hi 14,0 m<br />

Aumento pressione <strong>di</strong> precarica del vaso Pr 0,50 bar<br />

Altezza della valvola <strong>di</strong> sicurezza Hvs 1,5 m<br />

Altezza del vaso <strong>di</strong> espansione Hve 0,5 m<br />

Valvola <strong>di</strong> sicurezza<br />

Marca e modello Caleffi 527540<br />

Pressione <strong>di</strong> taratura Pt 4,00 bar<br />

Sovrapressione Sp 10 %<br />

Diametro Dv 20 mm<br />

Risultati<br />

Numero <strong>di</strong> vasi Nv 1<br />

Capacità totale Cv 250 litri<br />

Pressione massima <strong>di</strong> esercizio del vaso Pev 6,00 bar<br />

Diametro del tubo <strong>di</strong> collegamento Dt 21,7 mm<br />

Raggio <strong>di</strong> curvatura Rt ≥ 33 mm<br />

Vasi scelti<br />

Marca Modello Capacità (litri) Pressione (bar)<br />

Caleffi 556250 250 6,00<br />

Controlli<br />

Pressione massima <strong>di</strong> esercizio del generatore Peg ≥ Pt * (1 + Sp/100) bar 5,00 ≥ 4,40 Sì<br />

Pressione massima <strong>di</strong> esercizio del vaso adottato Pev ad ≥ Pev prop bar 6,00 ≥ 4,50 Sì<br />

Pressione massima <strong>di</strong> esercizio del vaso adottato Pev ad ≥ Pf rel effettivo bar 6,00 ≥ 3,95 Sì<br />

Aumento pressione <strong>di</strong> precarica del vaso Pr ≥ 0.15 bar 0,50 ≥ 0,15 Sì<br />

Capacità del vaso adottato Cv ad ≥ Cv prop dm³ 250 ≥ 240 Sì<br />

Diametro adottato Dt ad ≥ Dt prop mm 21,7 ≥ 18,0 Sì<br />

Raggio <strong>di</strong> curvatura adottato Rt ad ≥ 1.5 * Dt at mm 33 ≥ 33 Sì<br />

Calcolo pressioni<br />

Pressione iniziale Pi ass 2,83 Pi rel 1,82 bar<br />

Pressione finale (valori proposti) Pf ass’ 5,11 Pf rel’ 4,10 bar<br />

Pressione finale (valori adottati) Pf ass 4,96 Pf rel 3,95 bar<br />

Pressione <strong>di</strong> precarica del vaso Pirel 1,82 bar<br />

Volume <strong>di</strong> espansione C * e 107 dm³<br />

Rif.<br />

Valvola <strong>di</strong> sicurezza


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

484<br />

E<strong>di</strong>ficio<br />

Committente<br />

Impianto<br />

Dimensionamento valvola <strong>di</strong> sicurezza<br />

Condominio Primula Rossa<br />

Via Balzac 12 - BRUGHERIO (MI)<br />

AMMINISTRATORE Rag. PIGA Augusto<br />

Via Rembrant 14 - VIMERCATE (MI)<br />

Centrale termica condominale ad uso riscaldamento<br />

Progettista EDILCLIMA S.r.l. - Progettazione Impianti - Tel. 0322/835816<br />

Via Torrione, 30 - 28021 BORGOMANERO (NO)<br />

Generatore n° 1<br />

Marca e modello Similar 2R 14<br />

Potenza termica al focolare Qf 276,4 kW<br />

Potenza termica utile Qu 248,8 kW<br />

Pressione <strong>di</strong> esercizio Peg 5,00 bar<br />

Pressioni<br />

Pressione massima <strong>di</strong> esercizio del vaso Pev 6,00 bar<br />

Pressione <strong>di</strong> taratura pressostato Ppr 3,80 bar<br />

Differenza <strong>di</strong> pressione vaso-valvola per quota dq 0,10 bar<br />

Fondo scala manometro 6,00 bar<br />

Valvola <strong>di</strong> sicurezza<br />

Marca<br />

Caleffi<br />

Modello 527540<br />

Pressione <strong>di</strong> taratura Pt 4,00 bar<br />

Sovrapressione <strong>di</strong> apertura Sp 10 %<br />

Diametro valvola Dv 3/4"<br />

Risultati<br />

Numero <strong>di</strong> valvole Ns 1<br />

Potenza utile della valvola scelta Qv 309,5 kW<br />

Potenza totale delle valvole Qtv 309,5 kW<br />

Potenza minima da adottare Qu 248,8 kW<br />

Dati<br />

Sezione netta A 3,1416 cm²<br />

Coefficiente <strong>di</strong> efflusso K 0,67<br />

Pressione <strong>di</strong> scarico Psc 4,40 bar<br />

Valore M (Racc. R - Cap. R.2.A. Punto 2) M 0,710<br />

Diametro orifizio Do 20 mm<br />

Diametro della tubazione <strong>di</strong> uscita dalla valvola Ø sc 1"<br />

Portata <strong>di</strong> scarico vapore W 533,6 kg/h<br />

Controlli<br />

Portata <strong>di</strong> scarico vapore W ≥ Qu / 0.58 kg/h 533,6 ≥ 429,0 Sì<br />

Potenza termica scaricabile Qtv ≥ Qu kW 309,5 ≥ 248,8 Sì<br />

Sovrapressione <strong>di</strong> apertura Sp Ap ≤ 20 % 10 ≤ 20 % Sì<br />

Scarto <strong>di</strong> chiusura Sp Ch ≤ 20 % 20 ≤ 20 % Sì<br />

Pressione <strong>di</strong> esercizio del generatore Peg ≥ Psc bar 5,00 ≥ 4,40 Sì<br />

Pressione <strong>di</strong> esercizio del vaso tenuto conto del<br />

<strong>di</strong>slivello tra vaso e valvola<br />

Pev ≥ Psc + dq bar 6,00 ≥ 4,50 Sì<br />

Se Qu ≤ 580 kW X Ns ≥ 1<br />

Se Qu > 580 kW Ns ≥ 2<br />


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

485<br />

Rif.<br />

E<strong>di</strong>ficio<br />

Committente<br />

Impianto<br />

Valvola <strong>di</strong> intercettazione del combustibile<br />

Dimensionamento valvola <strong>di</strong> intercettazione del combustibile<br />

Condominio Primula Rossa<br />

Via Balzac 12 -Milano)<br />

AMMINISTRATORE Rag. UUUUU Augusto<br />

Via Rembrant 14 - Milano (MI)<br />

Centrale termica condominale ad uso riscaldamento<br />

Progettista Nome e Cognome del Progettista<br />

In<strong>di</strong>rizzo del Progettista)<br />

Generatore n° 1<br />

Marca e modello Similar 2R 14<br />

Potenza termica al focolare Qf 276,4 kW<br />

Potenza termica utile Qu 248,8 kW<br />

Pressione <strong>di</strong> esercizio Peg 5,00 bar<br />

Circuito<br />

Combustibile<br />

Metano<br />

Moltiplicatore della portata MP 1,0<br />

Potere calorifico inferiore 34,00 MJ/Stm³<br />

Portata Gc 29,27 Stm³/h<br />

Dp ammissibile Dpa 20 daPa<br />

Valvola intergettazione del combustibile<br />

Numero <strong>di</strong> valvole Ni 1<br />

Marca<br />

Caleffi<br />

Modello 54108<br />

Misura 1" 1/2<br />

Dp effettivo Dpe 11 daPa<br />

Controlli<br />

Dp effettivo ≤ Dp ammissibile Dpe ≤ Dpa daPa 11 ≤ 20 Sì


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

486<br />

Rif.<br />

E<strong>di</strong>ficio<br />

Committente<br />

Impianto<br />

Dimensionamento <strong>di</strong>spositivi a vaso chiuso<br />

Condominio Primula Rossa<br />

Via Balzac 12 Milano (MI)<br />

AMMINISTRATORE Rag. XXXX Augusto<br />

Via Rembrant 14 - Milano (MI)<br />

Centrale termica condominale ad uso riscaldamento<br />

Schema impianto a vaso chiuso<br />

Progettista Nome e Cognome<br />

In<strong>di</strong>rizzo del Progettista<br />

Generatore n° 1<br />

Marca e modello Similar 2R 14<br />

Potenza termica al focolare Qf 276,4 kW<br />

Potenza termica utile Qu 248,8 kW<br />

Pressione <strong>di</strong> esercizio Peg 5,00 bar<br />

LEGENDA<br />

C Contenuto d’acqua totale del circuito Po Pozzetto per termometro campione<br />

Cv Capacità del vaso PR Pressostato<br />

Dpe Dp effettivo Pt Pressione <strong>di</strong> taratura<br />

Dt Diametro del tubo <strong>di</strong> collegamento Qf Potenza al focolare<br />

Hi Altezza idrostatica dell’impianto Qtv Potenza totale delle valvole <strong>di</strong> sicurezza<br />

Hve Altezza del vaso <strong>di</strong> espansione Qu Potenza utile del generatore<br />

Hvs Altezza della valvola <strong>di</strong> sicurezza Qv Potenza della valvola <strong>di</strong> sicurezza<br />

M Manometro Rt Raggio <strong>di</strong> curvatura<br />

Ni Numero <strong>di</strong> valvole <strong>di</strong> intercettazione del combustibile Sp Sovrapressione <strong>di</strong> chiusura<br />

Ns Numero <strong>di</strong> valvole <strong>di</strong> sicurezza T Termometro<br />

Nv Numero <strong>di</strong> vasi <strong>di</strong> espansione TB Termostato <strong>di</strong> blocco<br />

Peg Pressione <strong>di</strong> esercizio del generatore TR Termostato <strong>di</strong> regolazione<br />

Pev Pressione <strong>di</strong> esercizio del vaso


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

487<br />

21.4 USO DI CAD PER LA DICHIARAZIONE ISPEL<br />

Per la preparazione della <strong>di</strong>chiarazione ISPESL è oggi possibile utilizzare CAD appositamente<br />

pre<strong>di</strong>sposti. Nel prosieguo si presenterà uno dei CAD commerciali <strong>di</strong>sponibile per mostrare come<br />

questi funzionino.<br />

In genere la prima fase è relativa alla preparazione dei dati generali che saranno poi inseriti nel<br />

Modello RD, ve<strong>di</strong> Figura 326.<br />

Figura 326: Dati generali per la <strong>di</strong>chiarazione ISPESL<br />

Successivamente si passa e pre<strong>di</strong>sporre i moduli previsti per la <strong>di</strong>chiarazione ISPESL, come<br />

in<strong>di</strong>cato in Figura 327.<br />

Figura 327: Dati per il Modulo RD


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

488<br />

Successivamente si attiva la maschera per i dati del modulo RR, come illustrato in Figura 328.<br />

Figura 328: Dati per il Modulo RR<br />

Si osserva che per i dati tecnici del generatore è possibile attivare una finestra <strong>di</strong> selezione da una<br />

banca dati solitamente fornita dalla Software House, come illustrato in Figura 330.<br />

Figura 329: Esempio <strong>di</strong> maschera <strong>di</strong> selezione dei dati del generatore<br />

Figura 330: Esempio <strong>di</strong> dati per generatore


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

489<br />

Si osservi nella zona inferiore della Figura 328 la possibilità <strong>di</strong> selezionare la destinazione d’uso<br />

dei locali riscaldati, come prescritto dalla normativa ISPESL. Inoltre si osservi nella stessa figura<br />

(seconda riga) l’in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> utilizzo <strong>di</strong> un vaso chiuso per il quale si può effettuare il<br />

<strong>di</strong>mensionamento me<strong>di</strong>ante una maschera <strong>di</strong> input del tipo riportata in Figura 331.<br />

Figura 331: Dimensionamento del vaso chiuso, Modulo RR1<br />

In questa figura si può osservare la possibilità <strong>di</strong> selezionare il tipo <strong>di</strong> vaso <strong>di</strong> espansione chiuso<br />

(auto pressurizzato, a <strong>di</strong>aframma, pre pressurizzato), <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care il contenuto d’acqua <strong>di</strong> ciascun circuito<br />

considerato 66 , come in<strong>di</strong>cato nell’angolo in basso a sinistra (Generatore ). I dati inseriti in questa<br />

maschera debbono essere quelli reali <strong>di</strong> impianto e dei componenti utilizzati.<br />

In alcuni casi si hanno software specifici per il <strong>di</strong>mensionamento dei componenti ISPESL che<br />

consentono <strong>di</strong> selezionare i componenti <strong>di</strong> sicurezza da cataloghi commerciali, ve<strong>di</strong> Figura 332.<br />

66 Il quadro RR1 deve essere ripetuto per ciascun circuito dell’impianto. In particolare si deve considerare il circuito<br />

<strong>di</strong> ciascun generatore e poi ogni circuito che si <strong>di</strong>parte dai collettori <strong>di</strong> mandata e ritorno.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

490<br />

Figura 332: Esempio <strong>di</strong> software <strong>di</strong> selezione e progetto <strong>di</strong> componenti <strong>di</strong> sicurezza ISPESL<br />

Per il progetto e selezione del vaso <strong>di</strong> espansione chiuso (ma in base alla scelta fatta in Figura 328<br />

si può anche selezionare un vaso aperto) si ha una maschera <strong>di</strong> input del tipo <strong>di</strong> Figura 333.<br />

Figura 333: Maschera <strong>di</strong> selezione e progetto <strong>di</strong> un vaso chiuso<br />

Il programma consente, <strong>di</strong> solito, <strong>di</strong> selezionare il vaso chiuso commercialmente <strong>di</strong>sponibile con<br />

le caratteristiche <strong>di</strong> progetto, come in<strong>di</strong>cato in Figura 334.<br />

Figura 334: Selezione <strong>di</strong> un vaso chiuso da un data base commerciale


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

491<br />

Anche per la valvola <strong>di</strong> sicurezza si ha la possibilità <strong>di</strong> avere una maschera <strong>di</strong> selezione, del tipo<br />

in<strong>di</strong>cato in Figura 335, e <strong>di</strong> progetto, come in<strong>di</strong>cato nella maschera <strong>di</strong> Figura 336. Naturalmente i dati<br />

qui inseriti debbono essere quelli reali relativi all’impianto realizzato 67 .<br />

Figura 335: Selezione <strong>di</strong> una valvola <strong>di</strong> sicurezza da un data base commerciale<br />

67 Si ricor<strong>di</strong> che la <strong>di</strong>chiarazione ISPESL viene effettuata dall’Installatore ad impianto realizzato.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

492<br />

Figura 336: Maschera <strong>di</strong> selezione e progetto <strong>di</strong> una valvola <strong>di</strong> sicurezza<br />

Lo stesso <strong>di</strong>scorso può essere fatto per la valvola <strong>di</strong> intercettazione del combustibile, come<br />

in<strong>di</strong>cato nella Figura 337 per la maschera <strong>di</strong> input e in Figura 338 per la scelta dal data base<br />

commerciale.<br />

Figura 337: Maschera <strong>di</strong> selezione della valvola <strong>di</strong> intercettazione del combustibile<br />

Figura 338: Maschera si selezione <strong>di</strong> una valvola <strong>di</strong> intercettazione combustibile da data base


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

493<br />

Figura 339: Visualizzazione dei componenti <strong>di</strong> sicurezza ISPESL<br />

Come si è già detto in precedenza, la <strong>di</strong>chiarazione ISPESL deve essere corredata da un <strong>di</strong>segno<br />

schematico della centrale termica con l’in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> tutti i componenti <strong>di</strong> sicurezza inseriti<br />

nell’impianto.<br />

Figura 340: Esempio <strong>di</strong> schema centrale per <strong>di</strong>chiarazione ISPESL<br />

21.5 UN SECONDO USO DI CAD PER DICHIARAZIONE ISPESL<br />

Oltre a programmi propriamente detti sono presenti anche applicativi che utilizzano come<br />

piattaforma <strong>di</strong> base Excel <strong>di</strong> Microsoft con l’aggiunta <strong>di</strong> macro appositamente sviluppate. Nel prosieguo<br />

si ha una rassegna <strong>di</strong> maschere desunte da un progetto in libreria.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

494<br />

Figura 341: Maschera <strong>di</strong> input dei dati generali per la <strong>di</strong>chiarazione ISPESL


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

495<br />

Figura 342: Uso <strong>di</strong> excel per la <strong>di</strong>chiarazione ISPESL


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

496<br />

Figura 343: Modello RD della <strong>di</strong>chiarazione ISPESL


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

497<br />

Figura 344: Maschera per l’input dei generatori<br />

Figura 345: Maschera <strong>di</strong> input per la Relazione ISPESL


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

498<br />

Figura 346: Maschera <strong>di</strong> input per vaso <strong>di</strong> espansione chiuso<br />

Figura 347: Maschera per l’elenco dei circuiti <strong>di</strong> impianto


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

499<br />

Figura 348: Maschera <strong>di</strong> calcolo del vaso chiuso <strong>di</strong> un circuito<br />

Figura 349: Maschera <strong>di</strong> calcolo del vaso chiuso <strong>di</strong> un circuito – Valori calcolati


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

500<br />

Figura 350: Maschera per la richiesta <strong>di</strong> verifica impianto all’ISPESL<br />

Figura 351: Maschera <strong>di</strong> input per i dati integrativi <strong>di</strong> calcolo


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

501<br />

Figura 352: Tabella dei <strong>di</strong>ametri interni delle tubazioni <strong>di</strong> sicurezza<br />

Figura 353: Tabella <strong>di</strong> archivio <strong>di</strong> vasi <strong>di</strong> espansione


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

502<br />

Figura 354: Tabella delle valvole <strong>di</strong> sicurezza<br />

Figura 355: Tabella delle valvole <strong>di</strong> intercettazione combustibile<br />

Figura 356: Tabella delle valvole <strong>di</strong> scarico termico<br />

La stampa della <strong>di</strong>chiarazione ISPESL è conforme ai moduli ministeriali e se ne omette la<br />

raffigurazione per motivi <strong>di</strong> spazio.


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

503<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

1. G. CAMMARATA: “Fisica Tecnica <strong>Industriale</strong>”, Vol. 1÷ 4, AA. 2005-2006<br />

2. G. CAMMARATA: “La Valutazione <strong>di</strong> Impatto Ambientale me<strong>di</strong>ante Fuzzy Logic”, Università <strong>di</strong><br />

Catania, Master Europeo su Tecnico del Controllo Ambientale, 2000<br />

3. A. CAVALLINI, L. MATTAROLO:: “Termo<strong>di</strong>namica Applicata”, Cleup, Padova<br />

4. J. MARECKI: “Combined heat and power generating systems”, IEE, 1988, London<br />

5. L. SCHIBUOLA: “La cogenerazione <strong>di</strong> energia elettrica e calore”, Progetto Leonardo, Bologna<br />

6. L. SCHIBUOLA: “La pompa <strong>di</strong> calore elettrica reversibile”, Progetto Leonardo, Bologna<br />

7. G. MONCADA LO GIUDICE, L. DE SANTOLI: “Progettazione <strong>di</strong> Impianti Tecnici”, Masson,<br />

1999<br />

8. G. CHIESA, G. DALL’O:” Gestione delle risorse energetiche nel territorio”, Masson, 1997


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

504<br />

INDICE GENERALE<br />

1 D.LGS 192/05 E LA CERTIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI 9<br />

1.1 DECRETO LEGISLATIVO N. 192 DEL 19 AGOSTO 2005. 9<br />

1.2 CONSIDERAZIONI SUL D.LGS 192/2005 12<br />

1.3 NORME TRANSITORIE 13<br />

1.3.1 SANZIONI PREVISTE 13<br />

1.3.2 NORME ABROGATE 14<br />

1.3.3 COSA SI DEVE FARE OGGI? 14<br />

1.3.4 NUOVO INDICATORE DI PRESTAZIONE ENERGETICA 14<br />

1.3.5 DISPOSITIVI DI REGOLAZIONE 16<br />

1.3.6 EDIFICI PUBBLICI 16<br />

1.4 I REQUISITI PRESCRITTIVI INTRODOTTI DAL D.LGS 192/05 17<br />

1.5 LE RACCOMANDAZIONI 17<br />

1 a raccomandazione: 18<br />

2 a raccomandazione: 18<br />

3 a raccomandazione: 18<br />

4 a raccomandazione: 18<br />

5 a raccomandazione: 18<br />

1.6 NUOVA RELAZIONE EX ART. 28 L. 10/91 18<br />

1.6.1 NUOVO FORMATO DELLA RELAZIONE DI CALCOLO 19<br />

1.7 ESEMPI DI APPLICAZIONE DEL D.LGS 192/05 33<br />

2 I CONSUMI ENERGETICI E LO SVILUPPO SOSTENIBILE 34<br />

2.1 LA TRASFORMAZIONE DELL’ENERGIA 35<br />

2.2 FABBISOGNI ENERGETICI 35<br />

2.3 EMISSIONI DI GAS PER LE VARIE TIPOLOGIE DI IMPIANTI 36<br />

2.4 CONSUMI ENERGETICI 37<br />

2.5 DINSIQUINARE EQUIVALE A INQUINARE MENO? 39<br />

3 LA COGENERAZIONE 41<br />

3.1 STORIA DELLA COGENERAZIONE 41<br />

3.2 EXERGIA 42<br />

3.3 EFFICIENZA DELL’USO DELL’ENERGIA 43<br />

3.4 IL FATTORE DI QUALITÀ, FQ 45<br />

3.5 ESPRESSIONI DEI RENDIMENTI 46<br />

3.6 RISPARMIO ENERGETICO NEL RISCALDAMENTO DEGLI EDIFICI 47<br />

4 SISTEMI AD ENERGIA TOTALE, SET 49<br />

4.1 CONFIGURAZIONE DEI SISTEMI ENERGETICI TOTALI (SET) 49<br />

4.2 METODI DI ANALISI PROGETTUALI PER UN SET 52<br />

4.2.1 ANALISI DELLE ESIGENZE DELL’UTENZA 52<br />

4.2.2 SETTORE CIVILE 52<br />

4.2.3 SETTORE INDUSTRIALE 53<br />

4.3 SCELTA DELLA CONFIGURAZIONE 53<br />

4.3.1 OTTIMIZZAZIONE DEGLI IMPIANTI SET 54<br />

4.4 ANALISI ENERGETICA ED ECONOMICA DI UN SET 54<br />

4.5 ANALISI ENERGETICA DI UN SET 54


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

505<br />

Ren<strong>di</strong>mento Elettrico (o Termo<strong>di</strong>namico) N E 54<br />

Ren<strong>di</strong>mento Termico N T 55<br />

Ren<strong>di</strong>mento Globale N Tot 55<br />

Ren<strong>di</strong>mento Exergetico E Ex 55<br />

Ren<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione 55<br />

Risparmio <strong>di</strong> Energia Primaria, R 55<br />

Costo Marginale del Calore, C MT 56<br />

Costo Marginale dell’Energia Elettrica, C ME 56<br />

Modalità <strong>di</strong> Confronto fra SET ed SC 56<br />

4.6 ANALISI ECONOMICA DI UN SET 56<br />

Scopi dell’analisi economica 57<br />

Metodo del Cash Flow Attualizzato 57<br />

Osservazione sul metodo del Net Cash Flow 60<br />

4.6.1 TEMPO DI RITORNO ATTUALIZZATO DELL’INVESTIMENTO, TAR 61<br />

4.6.2 ANALISI DI SENSITIVITÀ 61<br />

4.6.3 INDICE ENERGETICO IEN 62<br />

4.7 I MOTORI PRIMI DEL SET 63<br />

4.7.1 MOTORI ALTERNATIVI 63<br />

4.7.2 CICLO DIESEL 64<br />

Ciclo Termo<strong>di</strong>namico 64<br />

4.7.3 CICLO OTTO 65<br />

4.7.4 COMBUSTIBILI UTILIZZATI DAI DIESEL 66<br />

4.7.5 IMPATTO AMBIENTALE DI UNA LOCALIZZAZIONE DI MOTORI ALTERNATIVI 67<br />

4.7.6 COGENERAZIONE DEI MOTORI DIESEL 68<br />

4.7.7 SCHEMI DI IMPIANTO 69<br />

4.7.8 MOTORI PRIMO CON TURBINE A GAS 69<br />

4.7.9 IL CICLO TERMODINAMICO 71<br />

4.7.10 IMPIANTI DI TERRA 74<br />

4.7.11 COMBUSTIBILI UTILIZZATI DALLE TURBINE A GAS 75<br />

4.7.12 VALUTAZIONE DELL’IMPATTO AMBIENTALE PER LE TURBINE A GAS 76<br />

4.7.13 LA RUMOROSITÀ DEGLI IMPIANTI CON TURBINA A GAS 76<br />

4.7.14 POSSIBILITÀ DI COGENERAZIONE DELLE TURBINE A GAS 76<br />

4.7.15 LE MICROTURBINE 78<br />

4.7.16 4.1 − DESCRIZIONE DELLA TECNOLOGIA 79<br />

4.7.17 4.2 − COMPONENTI DI BASE 79<br />

Turbocompressore 79<br />

Generatore 80<br />

Recuperatore 80<br />

4.7.18 4.3 − APPLICAZIONI COGENERATIVE (CHP) 81<br />

4.7.19 PRESTAZIONI DELLE MICROTURBINE 81<br />

Efficienza elettrica 82<br />

Prestazioni a carico parziale 83<br />

Effetti delle con<strong>di</strong>zioni ambientali sulle prestazioni delle microturbine 83<br />

Recupero <strong>di</strong> calore 84<br />

Emissioni 85<br />

4.7.20 ESEMPIO DI COGENERATORI CON TURBINE GAS 85<br />

4.7.21 MOTORE PRIMO CON TURBINA A VAPORE 87<br />

4.7.22 CICLO TERMODINAMICO 87<br />

4.7.23 DISPOSITIVI FONDAMENTALI PER LE CENTRALI TERMICHE A VAPORE 90<br />

La Caldaia 90<br />

La Turbina a vapore 93<br />

Condensatore 94<br />

Pompe <strong>di</strong> alimentazione in caldaia 94<br />

4.7.24 CICLO HIRN 94<br />

4.7.25 CICLI A SPILLAMENTO 95<br />

4.7.26 COMBUSTIBILI UTILIZZATI 97<br />

4.7.27 POSSIBILITÀ DI COGENERAZIONE 98


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

506<br />

Impianti a derivazione e condensazione 98<br />

4.7.28 IMPIANTI A CONTROPRESSIONE 99<br />

4.8 ESEMPI DI APPLICAZIONI DELLA COGENERAZIONE 100<br />

4.8.1 APPLICAZIONI INDUSTRIALI DELLA COGENERAZIONE 101<br />

4.8.2 IL TELERISCALDAMENTO 101<br />

4.8.3 GLI OSPEDALI 102<br />

4.8.4 IL TERZIARIO 102<br />

4.8.5 LA MICROGENERAZIONE 103<br />

4.8.6 CENTRALI TERMO-ELETTRO-FRIGORIFERE 103<br />

4.9 LA TRIGENERAZIONE 105<br />

4.9.1 LA TURBINA A GAS 105<br />

4.9.2 CALDAIA A RECUPERO, HRSG 105<br />

4.9.3 LA REGOLAZIONE DELL’IMPIANTO DI TRIGENERAZIONE 107<br />

Regolazione della Turbina a Gas me<strong>di</strong>ante IGV 107<br />

Regolazione del carico me<strong>di</strong>ante post combustione 107<br />

Scelta della modalità della regolazione 107<br />

Macchine ad assorbimento 107<br />

4.9.4 COSTI DELL’IMPIANTO DI TRIGENERAZIONE 109<br />

4.9.5 SCELTA DELLA TAGLIA DELL’IMPIANTO 110<br />

Carico Elettrico Imposto (Power Driven) 110<br />

Carico termico Imposto (Heat Driven) 110<br />

Scelta della Turbina a Gas 111<br />

4.9.6 ANALISI ECONOMICA 112<br />

Simulazione dell’Impianto 112<br />

5 COGENERAZIONE NELL’INDUSTRIA 115<br />

5.1 RIFERIMENTI NORMATIVI 115<br />

5.2 DELIBERAZIONE 19 MARZO 2002: CONDIZIONI PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PRODUZIONE<br />

COMBINATA DI ENERGIA ELETTRICA E CALORE COME COGENERAZIONE AI SENSI DELL’ARTICOLO 2,<br />

COMMA 8, DEL DECRETO LEGISLATIVO 16 MARZO 1999, N. 79 (DELIBERAZIONE N. 42/02) 118<br />

5.2.1 COMMENTI SULLE NORME VIGENTI SULLA COGENERAZIONE 126<br />

6 IL CLIMA E INFLUENZE SULLA PROGETTAZIONE IMPIANTISTICA 127<br />

6.1 IL CLIMA RISPETTO ALLE SCALE GEOGRAFICHE 129<br />

6.2 FATTORI CLIMATICI 129<br />

6.2.1 RADIAZIONE SOLARE 129<br />

6.2.2 FENOMENI CHE MODIFICANO LA TRASPARENZA ATMOSFERICA 136<br />

Scattering (Diffusione) atmosferico 136<br />

Assorbimento atmosferico 137<br />

Influenza della massa d’aria 137<br />

6.2.3 RADIAZIONE EMESSA DALLA TERRA 137<br />

6.2.4 ANALISI STATISTICA DELLA RADIAZIONE SOLARE 138<br />

Procedure operative 139<br />

Analisi dei risultati: Curva PDF della frequenza <strong>di</strong> insolazione 139<br />

Analisi delle frequenze 139<br />

Descrizione dell'algoritmo per la generazione della matrice <strong>di</strong> Markoff 142<br />

L'analisi statistica dell'anno casuale 143<br />

Considerazioni sui meto<strong>di</strong> statistici per l’analisi della ra<strong>di</strong>azione. 144<br />

6.2.5 NUVOLOSITÀ 144<br />

6.2.6 TEMPERATURA DELL’ARIA 145<br />

6.2.7 MOVIMENTI D’ARIA 145<br />

6.2.8 UMIDITÀ DELL’ARIA 145<br />

6.3 INFLUENZA DEL SITO SULLA PROGETTAZIONE IMPIANTISTICA 145


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

507<br />

6.3.1 EFFETTI DELL’ALTITUDINE 145<br />

6.3.2 EFFETTI DI CORPI D’ACQUA 146<br />

6.3.3 EFFETTI DELLA VEGETAZIONE 147<br />

6.3.4 EFFETTI DELL’EDIFICATO URBANO 148<br />

6.3.5 INFLUENZA DEL RAPPORTO DI FORMA E DEL RAPPORTO SUPERFICIE-VOLUME 148<br />

6.3.6 INFLUENZA DEL CLIMA SULLA DENSITÀ URBANA 149<br />

6.4 CARATTERIZZAZIONE CLIMATICA DEL TERRITORIO 150<br />

6.4.1 VELOCITÀ DEL VENTO 151<br />

Azioni per la riduzione degli effetti <strong>di</strong> convezione termica indotti dal vento. 153<br />

6.5 CALCOLO DELLA RADIAZIONE SOLARE MEDIA 153<br />

6.6 SIMULAZIONE DEI CIRCUITI SOLARI CON L’ANNO TIPO 165<br />

6.7 ENERGIE RINNOVABILI – EFFETTO SERRA E RIMOZIONE CO 2 165<br />

Il Protocollo <strong>di</strong> Kyoto 167<br />

6.8 TECNICHE PER LA SEPARAZIONE E CATTURA DELLA CO 2 NEGLI IMPIANTI DI POTENZA 169<br />

Assorbimento chimico 169<br />

Rimozione della CO 2 con membrane 171<br />

Rimozione della CO 2 con membrane ad assorbimento 171<br />

Rimozione della CO 2 con membrane a trasporto facilitato 172<br />

Rimozione della CO 2 con sistemi misti 172<br />

Stoccaggio, smaltimento e riutilizzo della CO 2 173<br />

Dispersione negli oceani 174<br />

Ciclo combinato semichiuso con rimozione della CO 2 (SCGT/CC) 175<br />

Il ciclo SCGT/RE 175<br />

Il ciclo L– Matiant 176<br />

Il ciclo Schat 177<br />

Cicli con decarbonizzazione del combustibile: Rimozione CO 2 in cicli combinati con Gassificatori <strong>di</strong><br />

carbone 177<br />

7 IMPIANTI SOLARI ATTIVI CON COLLETTORI PIANI 178<br />

7.1 ANALISI DEL FUNZIONAMENTO 178<br />

7.1.1 RELAZIONE DI HOTTEL WHILLIER BLISS 180<br />

7.1.2 EFFICIENZA DI RACCOLTA DELL’ENERGIA SOLARE 182<br />

7.2 RISCALDAMENTO SOLARE DELL’ACQUA SANITARIA 187<br />

7.3 CRITERI DI PROGETTO PER I SISTEMI LOCALIZZATI 191<br />

7.4 SISTEMI CENTRALIZZATI PER L’ACQUA CALDA SANITARIA 194<br />

7.4.1 CRITERI DI PROGETTO DI UN IMPIANTO CENTRALIZZATO 194<br />

7.4.2 METODO F - CHART 196<br />

Osservazioni sul metodo f-Chart 197<br />

8 IMPIANTI SOLARI DI POTENZA – SOLARE TERMODINAMICO 198<br />

8.1 DESCRIZIONE GENERALE DELL’ IMPIANTO SOLARE 199<br />

8.2 DESCRIZIONE GENERALE CICLO COMBINATO 200<br />

1.3.1 I CICLI TERMODINAMICI 201<br />

8.3 LA CENTRALE A CICLO COMBINATO 201<br />

8.3.1 GENERALITÀ SUGLI IMPIANTI COMBINATI GAS – VAPORE 202<br />

8.3.2 IL GVR DEL CICLO COMBINATO 203<br />

8.4 IL CICLO DEL VAPORE ALL’ INTERNO DEL GVR 206<br />

8.4.1 SEZIONE DI BASSA PRESSIONE BP 206<br />

8.4.2 SEZIONE DI MEDIA PRESSIONE MP 206<br />

8.4.3 SEZIONE DI ALTA PRESSIONE AP 207<br />

8.5 LA TURBINA A VAPORE 207<br />

8.6 L’ IMPIANTO SOLARE 209


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

508<br />

8.6.1 I CONCENTRATORI PARABOLICI LINEARI 209<br />

8.7 BILANCI DI ENERGIA NEI SOTTOINSIEMI DELLA CENTRALE SOLARE 212<br />

8.8 PERDITE 212<br />

8.9 BILANCIO TERMICO NELL’ACCUMULO 213<br />

8.10 DIMENSIONAMENTO DELL’ACCUMULO 214<br />

8.11 INTERAZIONE GVS CON GVR E TV DEL CICLO COMBINATO 214<br />

8.12 DIMENSIONAMENTO DEL GVS 217<br />

8.12.1 SCAMBIATORE DI TIPO KETTLE. 218<br />

8.13 ANALISI DEL SISTEMA DI REGOLAZIONE E CONTROLLO 219<br />

8.13.1 IL CONTROLLO SULLA MASSIMA TEMPERATURA RAGGIUNGIBILE 219<br />

8.14 LA CENTRALE SOLARE IN PRODUZIONE NORMALE PN 220<br />

8.15 CENTRALE SOLARE IN PRODUZIONE RIDOTTA SR 220<br />

8.16 CAMPO SOLARE IN CIRCOLAZIONE A BASSA PORTATA CN 221<br />

8.17 CAMPO SOLARE IN PRODUZIONE NORMALE CON DEFOCALIZZAZIONE DN 221<br />

8.18 IL FLUIDO TERMOVETTORE 221<br />

8.18.1 RAFFRONTO FRA LE ALTERNATIVE POSSIBILI: MISCELA SALI FUSI – OLIO DIATERMICO 221<br />

8.19 LA MISCELA DI SALI FUSI: NITRATO DI SODIO – NITRATO DI POTASSIO 222<br />

8.20 CONCLUSIONI SUL SOLARE TERMODINAMICO 225<br />

9 IMPIANTI SOLARI FOTOVOLTAICI 227<br />

9.1 FISICA DI BASE DELLE CELLE FOTOVOLTAICHE 227<br />

9.2 DIMESIONAMENTO DELL’IMPIANTO FOTOVOLTAICO 241<br />

9.3 CRITERI DI DIMENSIONAMENTO DEGLI IMPIANTI FOTOVOLTAICI 241<br />

Controllo <strong>di</strong> potenza 242<br />

Potenzialità del fotovoltaico 242<br />

10 ENERGIA EOLICA 244<br />

Mulini a vento ad asse verticale 244<br />

Mulini a vento ad asse orizzontale 244<br />

Generazione <strong>di</strong> energia elettrica 245<br />

10.1 LE RISORSE EOLICHE IN ITALIA 247<br />

10.2 PRINCIPI DI FUNZIONAMENTO DELLE MACCHINE EOLICHE 248<br />

10.3 LA RISORSA EOLICA 248<br />

10.3.1 DISTRIBUZIONE DI WEIBULL 248<br />

10.3.2 TURBINA IDEALE 250<br />

10.3.3 TURBINA REALE 250<br />

Ren<strong>di</strong>mento della macchina (Wind Turbine Efficiency) 250<br />

Capacity Factor CF 250<br />

Availability Factor AF 250<br />

10.4 POTENZA MASSIMA UTILIZZABILE (TEORIA DI BETZ) 253<br />

10.5 POTENZA REALE 256<br />

10.6 CONVERSIONE DELLA ENERGIA DEL VENTO E CARATTERISTICA POTENZA-RESA VELOCITÀ DEL<br />

VENTO PER UNA TURBINA EOLICA 257<br />

10.7 CARATTERISTICHE DEL VENTO 258<br />

10.8 AERODINAMICA DEL PROFILO 259<br />

Spiegazione del Lift: 260<br />

Drag 261<br />

Per<strong>di</strong>te 262<br />

10.9 CARATTERISTICHE DEI ROTORI 263<br />

11 LA PROBLEMATICA DELLE FUEL CELLS 265


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

509<br />

11.1 FUNZIONAMENTO BASILARE DELLE CELLE A COMBUSTIBILE 266<br />

Celle a combustibile con elettrolita acido 266<br />

Celle a combustibile con elettrolita basico 267<br />

11.2 TIPOLOGIE DI CELLE A COMBUSTIBILE 267<br />

11.3 TERMODINAMICA DELLE CELLE A COMBUSTIBILE 268<br />

11.4 POTENZIALE DI UNA CELLA A COMBUSTIBILE 269<br />

11.4.1 POLARIZZAZIONE OHMICA 270<br />

11.4.2 POLARIZZAZIONE PER CONCENTRAZIONE 270<br />

11.4.3 POLARIZZAZIONE PER ATTIVAZIONE 271<br />

11.5 DIFFERENZA DI POTENZIALE REALE DELLA CELLA 271<br />

11.6 ELETTRODI A DIFFUSIONE DI GAS 272<br />

11.6.1 ELETTRODI IDROFOBICI 272<br />

11.6.2 ELETTRODI IDROFILICI 273<br />

11.7 CELLE A COMBUSTIBILE AD ELETTROLITA POLIMERICO (PEMFC) 273<br />

Principali vantaggi delle PEMFC 274<br />

Principali svantaggi delle PEMFC 274<br />

Funzionamento delle celle PEMFC 274<br />

Sistema <strong>di</strong> impilamento delle PEMFC 274<br />

Avvelenamento da CO delle PEMFC 275<br />

Per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> polarizzazione nelle PEMFC 276<br />

Effetti della pressione e della temperatura sulla tensione delle PEMFC 276<br />

11.8 COSTRUZIONE DI UNA PEMFC 277<br />

11.8.1 ELEMENTI COSTRUTTIVI DI UNA PEMFC 277<br />

11.9 CELLE A COMBUSTIBILE DI TIPO ALCALINE (AFC) 278<br />

11.9.1 ESEMPI DI REALIZZAZIONI 279<br />

11.9.2 ASPETTI ECONOMICI DELLE AFC 280<br />

11.10 CELLE A COMBUSTIBILE AD ACIDO FOSFORICO (PAFC) 280<br />

11.11 CELLA A COMBUSTIBILE A CARBONATI FUSI (MCFC) 280<br />

11.12 CELLE A COMBUSTIBILE AD OSSIDI SOLIDI (SOFC) 281<br />

11.13 CELLE A METANOLO DIRETTO (DMFC) 282<br />

11.14 CONFRONTO LA DIVERSE TIPOLOGIE DI CELLE A COMBUSTIBILE 282<br />

11.15 PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA CON CELLE A COMBUSTIBILE 284<br />

11.16 BENEFICI INGEGNERISTICI DELL’USO DELLE CELLE A COMBUSTIBILE 285<br />

12 PRODUZIONE DELL’IDROGENO 286<br />

Osservazioni sul settore dei trasporti 287<br />

L’idrogeno per il trasporto 288<br />

Uso dell’idrogeno nei cicli termici 291<br />

Sicurezza nell’uso dell’idrogeno 291<br />

12.1.1 PRODUZIONE DELL’IDROGENO 292<br />

12.1.2 DISTRIBUZIONE DELL’IDROGENO 293<br />

12.2 CARATTERISTICHE DELL’IDROGENO 294<br />

12.3 PROCESSI DI PRODUZIONE DELL’IDROGENO 295<br />

12.3.1 TRASFORMAZIONE DEGLI IDROCARBURI (STEAM REFORMING) 295<br />

12.3.2 GASSIFICAZIONE DEL CARBONE E DEI COMBUSTIBILI FOSSILI 296<br />

12.3.3 IDROLISI DELL’ACQUA 296<br />

Elettrolisi 296<br />

Decomposizione me<strong>di</strong>ante cicli termochimica 297<br />

12.3.4 ALTRI PROCESSI DI PRODUZIONE 297<br />

Tecnologie fotobiologiche 298<br />

Tecnologie fotoelettrochimiche 298<br />

12.4 STOCCAGGIO DELL’IDROGENO 298<br />

12.4.1 COMPRESSIONE DELL’IDROGENO 298<br />

12.4.2 LIQUEFAZIONE DELL’IDROGENO 298<br />

12.4.3 ACCUMULO IN IDRURI DI METALLO E IDRURI CHIMICI 299


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

510<br />

Idruri chimici 300<br />

12.4.4 SISTEMI DI ACCUMULO BASATI SUL CARBONIO 300<br />

12.4.5 I NANOTUBI IN CARBONIO 300<br />

I fullereni 300<br />

Nanofibre 301<br />

Nanotubi a parete singola - SWNT 301<br />

Nanotubi a parete multipla - MWNT 303<br />

12.4.6 PROPRIETÀ DEI NANOTUBI E NANOFIBRE 305<br />

Resistenza meccanica 305<br />

Sensibilità ai campi elettrici 306<br />

Conduttività 307<br />

Adsorbimento <strong>di</strong> gas e capillarità 307<br />

12.4.7 ACCUMULO DI IDROGENO IN MICROSFERE DI CRISTALLO 309<br />

12.5 TRASPORTO DELL’IDROGENO 309<br />

12.5.1 TRASPORTO IN GASDOTTI 310<br />

12.5.2 SCELTA DEI SISTEMI DI TRASPORTO 310<br />

12.6 L’IDROGENO PER L’AUTOTRAZIONE 310<br />

12.6.1 LOGISTICA DELL’IDROGENO PER AUTOTRAZIONE 311<br />

12.6.2 LE TECNOLOGIE DI PRODUZIONE IDROGENO 312<br />

Opzione elettrolisi 312<br />

Opzione Steam Reforming (SMR) on site 312<br />

Opzione SMR centralizzata 313<br />

12.6.3 IL MERCATO DELLE FCV A IDROGENO 313<br />

12.6.4 SCENARIO PRELIMINARE PER LA PRODUZIONE E DISTRIBUZIONE DELL'IDROGENO 314<br />

13 TERMOVALORIZZAZIONE DEI RIFIUTI SOLIDI 316<br />

13.1 SISTEMI A PIROLISI A BASSA TEMPERATURA 317<br />

13.1.1 PROCESSO DI UTILIZZAZIONE DEI RSU 318<br />

13.1.2 FASI PRINCIPALI DEL PROCESSO 318<br />

13.1.3 ESSICCAZIONE DEI RIFIUTI 319<br />

13.1.4 PIROLISI E GASSIFICAZIONE 319<br />

13.1.5 TORCIA DI SICUREZZA 319<br />

13.1.6 CRAKING DEI GAS PIROLITICI 320<br />

13.1.7 MINERALIZZAZIONE DEL COKE DI PIROLISI 320<br />

13.1.8 LAVAGGIO DEI GAS DI PIROLISI E GASSIFICAZIONE 320<br />

13.1.9 TRATTAMENTO DELLE ACQUE DI LAVAGGIO GAS 321<br />

13.1.10 PRODUZIONE DELL’ENERGIA ELETTRICA 321<br />

13.1.11 RISPETTO DELL’AMBIENTE E CONFORMITÀ ALLE LEGGI 321<br />

13.2 IMPIANTI A GRIGLIA 321<br />

13.2.1 PREPARAZIONE DEL CDR (PRETRATTAMENTO DEI RSU) 322<br />

13.2.2 LA GRIGLIA DI COMBUSTIONE 322<br />

13.2.3 CALDAIA PER IMPIANTI A GRIGLIA 322<br />

13.2.4 PRODUZIONE DI POTENZA ELETTRICA 322<br />

13.2.5 PROBLEMATICHE DI ESERCIZIO DELLE CENTRALI A GRIGLIA 323<br />

13.2.6 REAZIONE COMUNITARIA ALLE CENTRALI A GRIGLIA 323<br />

13.3 CENTRALI CON CALDAIE A LETTO FLUIDO 324<br />

13.3.1 CENNI SUI LETTI FLUIDI 325<br />

13.3.2 APPLICAZIONI DEI LETTI FLUIDI 327<br />

Caldaia a letto fluido atmosferica (APFB) 327<br />

Caldaia a letto fluido circolante atmosferica (APCFB) 327<br />

Caldaia circolante pressurizzata (PCFB) 327<br />

13.3.3 CALDAIA A LETTO FLUIDO 328<br />

13.4 TRATTAMENTO DELLE CENERI DEGLI IMPIANTI A GRIGLIA E A LETTO FLUIDO 328<br />

13.5 IMPIANTI AL PLASMA 329<br />

13.5.1 LA TORCIA AL PLASMA 330


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

511<br />

Modalità <strong>di</strong> Funzionamento della torcia al plasma 330<br />

Polarità della torcia della torcia al plasma 330<br />

Gas attivi utilizzati 332<br />

13.5.2 UTILIZZO DELLA TORCIA PER RSU 332<br />

Termocinetica e chimica <strong>di</strong> base 332<br />

13.5.3 IL BILANCIO ENERGETICO 333<br />

13.5.4 SEZIONE DEL REATTORE AL PLASMA 333<br />

13.5.5 IL TRATTAMENTO DEI RIFIUTI 334<br />

13.5.6 LAY-OUT DI UN IMPIANTO AL PLASMA 335<br />

13.5.7 TRASFORMAZIONI DEL PROCESSO AL PLASMA 336<br />

13.5.8 CARATTERISTICHE PRINCIPALI DEL PROCESSO AL PLASMA 336<br />

13.6 SMALTIMENTO DI RIFIUTI SPECIALI 338<br />

13.7 SMALTIMENTO DELLE FRAZIONI DIFFERENZIATE 339<br />

14 LA VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE 341<br />

14.1 DEFINIZIONE DI VALUTAZIONE DI MPATTO AMBIENTALE 341<br />

14.2 SIGNIFICATO DELLA V.I.A. IN RAPPORTO AGLI ASPETTI ECONOMICI DI UN INTERVENTO 342<br />

14.3 LO STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE (SIA) 343<br />

14.4 PROCEDURE DA SEGUIRE PER LA STESURA DI UNO STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE 343<br />

14.5 CENNI DI LOGICA FUZZY 344<br />

14.6 IL CONCETTO DI FUZZY SET 345<br />

14.7 LE OPERAZIONI SUGLI INSIEMI FUZZY 347<br />

14.8 L'IMPLICAZIONE E L'ALGORITMO FUZZY 349<br />

14.9 L'ALGORITMO FUZZY CON CONSEGUENTE LINEARE 354<br />

14.10 OPERAZIONI ARITMETICHE E ANALISI DEGLI INTERVALLI 355<br />

14.11 LA FUZZY LOGIC PER IL RATING DELLE MATRICI DI IMPATTO 356<br />

14.12 METODI DI ANALISI MULTICRITERIALI PER LA V.I.A. 357<br />

14.13 APPLICAZIONE DELLA FUZZY LOGIC ALL’ANALISI MULTICRITERIA 357<br />

14.14 ANALISI CRISP : METODOLOGIA OPERATIVA 358<br />

14.15 ANALISI FUZZY : METODOLOGIA OPERATIVA 360<br />

14.16 APPLICAZIONE AL CASO ESEMPIO DI UNA STRADA 360<br />

14.16.1 VALUTAZIONE QUANTITATIVA DELL'EFFETTO 362<br />

14.16.2 AGGREGAZIONE DEI VALORI DI IMPATTO 363<br />

14.16.3 MATRICI FUZZY CON VARIANZA PROPORZIONALE 365<br />

14.16.4 DISCRIMINAZIONE FRA LE ALTERNATIVE DI INTERVENTO 366<br />

14.16.5 ANALISI MULTICRITERIALE FUZZY: ANALISI DI DOMINANZA 366<br />

14.16.6 USO DELLA FUZZY LOGIC NEL CICLO DI PROGETTAZIONE 368<br />

15 IMPIANTI ANTINCENDIO 369<br />

15.1 FINALITÀ DEGLI IMPIANTI ANTINCENDIO 369<br />

15.2 LA PROTEZIONE PASSIVA 369<br />

15.3 LA PROTEZIONE ATTIVA 369<br />

15.4 MISURE DI PROTEZIONE PASSIVA 370<br />

15.4.1 DISTANZE DI SICUREZZA 370<br />

15.4.2 RESISTENZA AL FUOCO E COMPARTIMENTAZIONE 370<br />

R stabilità 371<br />

E tenuta 371<br />

I isolamento termico 371<br />

Porte incernierate 371<br />

15.4.3 VIE DI ESODO 374<br />

15.5 MISURE DI PROTEZIONE ATTIVE 374<br />

15.5.1 ESTINTORI 374<br />

Gli estintori portatili 374


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

512<br />

Gli estintori carrellati 375<br />

Estintori a polvere 375<br />

Estintore ad anidride carbonica 376<br />

Determinazione del numero degli estintori da installare 376<br />

Posizionamento degli estintori 376<br />

Campi <strong>di</strong> utilizzo degli estintori 376<br />

15.5.2 RETE IDRICA ANTINCENDIO 377<br />

Alimentazione della rete per idranti 378<br />

15.5.3 IDRANTI DI SPEGNIMENTO AUTOMATICI SPRINKLER 379<br />

Tipi <strong>di</strong> impianto 379<br />

Erogatori 380<br />

Portata <strong>di</strong> scarica 380<br />

Posizionamento degli erogatori 380<br />

Elementi termosensibili 381<br />

Alimentazione 381<br />

Valvole ed apparecchiature ausiliarie 382<br />

Tubazioni 382<br />

Criteri <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento <strong>di</strong> un impianto sprinkler 383<br />

15.5.4 SISTEMI DI ALLARME INCENDIO 386<br />

15.5.5 SISTEMI DI RIVELAZIONE AUTOMATICA 386<br />

Rivelatori d’incen<strong>di</strong>o – Generalità 387<br />

Rilevatori 387<br />

Componenti dei sistemi automatici <strong>di</strong> rivelazione 387<br />

15.6 SEGNALETICA DI SICUREZZA 388<br />

15.6.1 ILLUMINAZIONE DI SICUREZZA 388<br />

15.6.2 EVACUATORI DI FUMO E DI CALORE 389<br />

15.7 CODICE ATTIVITÀ 390<br />

15.8 IL CARICO DI INCENDIO 391<br />

16 LEGGI – NORME E DECRETI UTILI PER L’ANTINCENDIO 395<br />

16.1 D.LGS 149/96 – LOCALI DI INTRATTENIMENTO E PUBBLICO SPETTACOLO 395<br />

Art. 4.5.3 Ventilazione 395<br />

Art. 5.2.5 Sistema <strong>di</strong> evacuazione fumi e calore 395<br />

Art. 5.3 Scena integrata nella sala 395<br />

Capo I Disposizioni generali 395<br />

Art. 1 Campo <strong>di</strong> applicazione 395<br />

Capo II Prescrizioni tecniche 395<br />

Art. 3 Disposizioni in esercizio 395<br />

Art. 5 Depositi 396<br />

Art. 8 Mezzi antincen<strong>di</strong>o 396<br />

Capo III prescrizioni per la gestione 396<br />

Art. 9 Gestione della sicurezza 396<br />

Art. 10 Piani <strong>di</strong> intervento e istruzioni <strong>di</strong> sicurezza 397<br />

16.2 D.P.R. N. 37 DEL 12/10/98 – CONTROLLO DELLE CONDIZIONI DI SICUREZZA 397<br />

Art. 1 Oggetto del regolamento 397<br />

Art. 2 Parere <strong>di</strong> conformità 397<br />

Art. 3 Rilascio del certificato <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong> 398<br />

Art. 4 Rinnovo del certificato <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong> 398<br />

Art. 5 Obblighi connessi con l’esercizio dell’attività 398<br />

Art. 6 Proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> deroga 399<br />

16.3 D.M. 8/3/85 – DIRETTIVE SULLE MISURE DI PREVENZIONE INCENDI 399<br />

1. Aerazione 399<br />

6. Comportamento al fuoco delle strutture 400<br />

11. Attività <strong>di</strong> cui al punto 92 del d. m. 16 febbraio 1982 (g. u. n. 98 del 9 aprile 1982) autorimesse 401<br />

12. Attività <strong>di</strong> cui al punto 95 del d. m. 16 febbraio 1982 (g. u. n. 98 del 9 aprile 1982) 402


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

513<br />

13. Depositi <strong>di</strong> sostanze infiammabili a servizio delle attività <strong>di</strong> cui ai punti 85,86,89 del DM. 16 febbraio<br />

1982 (GU. n. 98 del 9 aprile 1982). 402<br />

14. Spazi a<strong>di</strong>biti a depositi <strong>di</strong> materiali soli<strong>di</strong> combustibili, archivi, biblioteche a servizio delle attività <strong>di</strong> cui<br />

ai punti 85, 86, 89 del DM. 16 febbraio 1982 (g. u. n. 98 del 9 aprile 1982) con carico d’incen<strong>di</strong>o superiore a<br />

quanto previsto al punto 3 del presente allegato 402<br />

16.4 D.M. 10/03/1998 – SICUREZZA INCENDIO NELLE ZONE DI EMERGENZA DEI LUOGHI DI LAVORO403<br />

Arti. 1 Oggetto campo <strong>di</strong> applicazione 403<br />

Art. 3 misure preventive, protettive e precauzionali <strong>di</strong> esercizio 403<br />

Art. 4 controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincen<strong>di</strong>o 403<br />

Art. 8 <strong>di</strong>sposizioni transitorie e finali 403<br />

16.4.1 LINEE GUIDA PER LA VALUTAZIONE DEI RISCHI DI INCENDIO NEI LUOGHI DI LAVORO 403<br />

1.4.criteri per procedere alla valutazione dei rischi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o 404<br />

1.4.1. Identificazione dei pericoli <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o 404<br />

1.4.1.1. Materiali combustibili e/o infiammabili 404<br />

1.4.1.2. Sorgenti <strong>di</strong> innesco 404<br />

16.4.2 CLASSIFICAZIONE DEL LIVELLO DI RISCHIO DI INCENDIO 405<br />

A. Luoghi <strong>di</strong> lavoro a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o BASSO 405<br />

B. Luoghi <strong>di</strong> lavoro a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o MEDIO 405<br />

C. Luoghi <strong>di</strong> lavoro a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o ELEVATO 405<br />

1.4.5. Adeguatezza delle misure <strong>di</strong> sicurezza 405<br />

C. Rivelazione ed allarme antincen<strong>di</strong>o 406<br />

16.4.3 MISURE INTESE A RIDURRE LA PROBABILITÀ DI INSORGENZA DEGLI INCENDI 406<br />

Generalità 406<br />

A) Misure <strong>di</strong> tipo tecnico: 406<br />

3.8. Misure per limitare la propagazione dell’incen<strong>di</strong>o 406<br />

Allegato II 406<br />

MISURE PER LA RIVELAZIONE E L’ALLARME IN CASO DI INCENDIO 406<br />

4.1. Obiettivo 406<br />

4.3. Misure per i luoghi <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni o complessi 407<br />

....omissis.... 407<br />

4.5. Rivelazione automatica <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o 407<br />

ATTREZZATURE ED IMPIANTI DI ESTINZIONE DEGLI INCENDI 407<br />

5.1 Classificazione degli incen<strong>di</strong> 407<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe A 407<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe B 407<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe C 407<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe D 407<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> impianti ed attrezzature elettriche sotto tensione 408<br />

6.4. Attrezzature ed impianti <strong>di</strong> protezione antincen<strong>di</strong>o 408<br />

9.2. Attività a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o elevato 408<br />

9.3. Attività a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o me<strong>di</strong>o 408<br />

9.4. Attività a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o basso 409<br />

16.5 CIRCOLARE N. 91 DEL 14/09/61 409<br />

16.5.1 PREMESSE 409<br />

Art. 3. classi <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici 410<br />

Art. 4. determinazione delle classi 410<br />

Art. 5. calcolo del coefficiente <strong>di</strong> riduzione del carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o 410<br />

Art. 1 poteri calorifici superiori <strong>di</strong> alcuni combustibili 411<br />

17 SICUREZZA E RESISTENZA AL FUOCO 412<br />

17.1 D.M. 26/08/1984 412<br />

Art. 1 scopo 412<br />

Art. 2 Definizione 412<br />

2.1 Materiale 412<br />

2.2 Reazione al fuoco 412


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

514<br />

17.2 D.M. 30/11/1983 412<br />

1.3. Carico d’incen<strong>di</strong>o 412<br />

1.11. Resistenza al fuoco 412<br />

17.3 CIRCOLARE N. 24 DEL 26/01/1993 413<br />

17.4 ALLEGATO: NORME UNI-VV.F RELATIVE AI COMPONENTI DI IMPIANTO 414<br />

17.5 NORME UNI-VV.F RELATIVE A IMPIANTI 414<br />

17.6 D.P.R. 29/07/1982 N. 577 414<br />

Art. 1.5 compartimento antincen<strong>di</strong>o 414<br />

Art. 3 principi <strong>di</strong> base e misure tecniche fondamentali 414<br />

18 LA PREVENZIONE DEGLI INCENDI 415<br />

18.1 PROFILO DI INCENDIO 415<br />

Prima Fase, Iniziale O Accensione 415<br />

Seconda Fase, Di Combustione Attiva Costante 416<br />

Terza Fase, <strong>di</strong> Regressione o <strong>di</strong> Raffreddamento 416<br />

18.2 CAUSE DI INCENDIO 416<br />

18.3 PROPAGAZIONE 417<br />

18.4 MATERIALI COMBUSTIBILI 417<br />

18.4.1 CLASSIFICAZIONE DEI COMBUSTIBILI IN BASE AL TIPO DI FUOCO 417<br />

18.4.2 CLASSIFICAZIONE DEI COMBUSTIBILI IN BASE ALLE CARATTERISTICHE 417<br />

18.4.3 COMBUSTIONE DI LIQUIDI 418<br />

18.4.4 COMBUSTIONE DI GAS 418<br />

18.4.5 COMBUSTIONE DI POLVERI 419<br />

19 CALCOLO DEL CARICO DI INCENDIO 420<br />

19.1 PRODOTTI DELLA COMBUSTIONE 421<br />

19.2 VENTILAZIONE DEI LOCALI 421<br />

19.3 RIFERIMENTI NORMATIVI 422<br />

19.4 EVACUATORI DI FUMO E CALORE (EFC) 423<br />

19.5 CRITERI DI PROGETTAZIONE 423<br />

19.6 CALCOLO DELLA SUPERFICIE TOTALE DEGLI EFC. 429<br />

Dimensionamento 431<br />

Reparti produttivi: 433<br />

Magazzini e reparti <strong>di</strong> imballaggio: 433<br />

19.7 CRITERI DI INSTALLAZIONE DEGLI EFC 436<br />

19.8 DESCRIZIONE DEGLI EFC 437<br />

19.8.1 EFC PNEUMATICO 437<br />

20 ESEMPIO DI RELAZIONE PER CPI 438<br />

20.1 GENERALITÀ 438<br />

20.2 LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO 438<br />

20.3 MATERIALI UTILIZZATI 440<br />

20.4 COMPARTIMENTAZIONE 441<br />

20.5 DESCRIZIONE DEI LOCALI, DEI PIANI O DELLE ZONE 445<br />

20.6 CALCOLO DEL CARICO D’INCENDIO SPECIFICO 445<br />

20.7 ELENCO DEI MATERIALI PRESENTI NEI SINGOLI LOCALI O ZONE 445<br />

20.8 INDICI DI VALUTAZIONE E DETERMINAZIONE DEL COEFFICIENTE DI RIDUZIONE 448<br />

20.9 RISPONDENZA DEGLI ELEMENTI DI PROGETTO ALLE NORME 452<br />

20.10 STRUTTURA DEGLI ELEMENTI CONNETTIVI 452<br />

20.10.1 SCALE 452<br />

20.10.2 ASCENSORI 452<br />

20.11 MISURE PER L’EVACUAZIONE 452


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

515<br />

20.11.1 CAPACITÀ DI DEFLUSSO 452<br />

20.11.2 PIANI DI EVACUAZIONE 453<br />

20.11.3 SISTEMI DI VIE DI USCITA, LUNGHEZZA, CARATTERISTICHE, LARGHEZZA 453<br />

20.12 AREE ED IMPIANTI A RISCHIO SPECIFICO 453<br />

20.12.1 LOCALI ADIBITI A DEPOSITO DI MATERIALE COMBUSTIBILE 453<br />

20.12.2 LABORATORI 453<br />

20.12.3 CENTRALE IDRICA 453<br />

20.12.4 CABINA MT/BT E GRUPPO ELETTROGENO 454<br />

20.12.5 SOTTOCENTRALE TERMICA 454<br />

20.12.6 CENTRALE FRIGORIFERA 454<br />

20.13 IMPIANTO DI RIVELAZIONE E SEGNALAZIONE DI INCENDI 454<br />

20.14 IMPIANTI DI ESTINZIONE DEGLI INCENDI 454<br />

20.14.1 IMPIANTI AD IDRANTI 454<br />

20.14.2 ESTINTORI 455<br />

20.15 SEGNALETICA ED ISTRUZIONI DI SICUREZZA 455<br />

20.16 ORGANIZZAZIONE E GESTIONE DELLA SICUREZZA 456<br />

20.17 AUTORIMESSA 456<br />

20.17.1 RESISTENZA A FUOCO DELLE STRUTTURE 457<br />

20.17.2 AFFOLLAMENTO ED USCITE DI SICUREZZA 457<br />

20.17.3 SEGNALAZIONI DI SICUREZZA 457<br />

20.17.4 IMPIANTO ANTINCENDIO 457<br />

20.17.5 PRESCRIZIONE PER LE RETI IDRANTI 458<br />

20.18 RETI IDRANTI UNI70 459<br />

20.19 IMPIANTO SPRINKLER 459<br />

20.19.1 DOCUMENTI D RIFERIMENTO 460<br />

20.19.2 METODO DI CALCOLO RETE SPRINKLER 460<br />

Per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico <strong>di</strong>stribuite 460<br />

Per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico localizzate 460<br />

20.19.3 DESCRIZIONE DELL’IMPIANTO 461<br />

20.19.4 RISULTATI DI CALCOLO DELLA RETE SPRINKLER 462<br />

20.19.5 VENTILAZIONE NATURALE E FORZATA 462<br />

20.19.6 IMPIANTO DI SMALTIMENTO DELLE ACQUE PIOVANE 462<br />

20.20 IMPIANTI ELETTRICI DELL’AUTORIMESSA 463<br />

20.21 ALLEGATI ALLA RELAZIONE CPT 463<br />

21 DICHIARAZIONE ISPESL 466<br />

21.1 MODULISTICA DA PRESENTARE: 466<br />

21.2 ESEMPIO DI DENUNCIA ISPESL 472<br />

IMPIANTO A VASO CHIUSO 479<br />

3 - DATI COMPLEMENTARI - RACCOLTA “R” (Appen<strong>di</strong>ce VI - Art. 8) 482<br />

21.3 ESEMPIO DI DIMENSIONAMENTO DI COMPONENTI ISPESL 483<br />

21.4 USO DI CAD PER LA DICHIARAZIONE ISPEL 487<br />

21.5 UN SECONDO USO DI CAD PER DICHIARAZIONE ISPESL 493


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

516<br />

INDICE DELLE FIGURE<br />

Figura 1: Andamento dei consumi al variare delle tariffe 3<br />

Figura 2: Principio <strong>di</strong> base delle Celle a Combustibile 3<br />

Figura 3: Principio <strong>di</strong> base <strong>di</strong> un modulo complesso con celle a combustibile 4<br />

Figura 4: Nuovi parametri del Dlgs 192/05 9<br />

Figura 5: Nuovi parametri del Dlgs 192/05 10<br />

Figura 6: Pre<strong>di</strong>sposizioni previste dal Dlgs 192/05 11<br />

Figura 7: Nuovi dati nella relazione <strong>di</strong> calcolo del Dlgs 192/95 12<br />

Figura 8: Applicazione del D.Lgs 192/05 33<br />

Figura 9: Consumi energetici nazionali dal 1971 al 1995 37<br />

Figura 10: Andamento dell’intensità energetica nell’industria italiana dal 1971 al 1995 38<br />

Figura 11: Andamento del Fattore <strong>di</strong> Carnot 45<br />

Figura 12: Schema <strong>di</strong> principio <strong>di</strong> un SET 49<br />

Figura 13: Schema chiuso <strong>di</strong> un SET 50<br />

Figura 14: Schema Aperto <strong>di</strong> un SET 50<br />

Figura 15: Andamento cumulativo dei carichi (Diagramma <strong>di</strong> Frequenza) 53<br />

Figura 16: Inserimento <strong>di</strong> una pompa <strong>di</strong> calore per incrementare il carico elettrico 54<br />

Figura 17: Schema a blocchi <strong>di</strong> un Cash Flow per un SET 58<br />

Figura 18: Andamento tipico <strong>di</strong> un Cash Flow nell’arco <strong>di</strong> 15 anni 59<br />

Figura 19: Andamento <strong>di</strong> IEN in funzione dei rapporti <strong>di</strong> trasformazione elettrica e termica 63<br />

Figura 20: Ciclo ideale Diesel 64<br />

Figura 21: Ciclo Otto per motori a benzina 65<br />

Figura 22: Spettro a banda <strong>di</strong> terzi <strong>di</strong> ottava <strong>di</strong> un motore a benzina 67<br />

Figura 23: Bilancio <strong>di</strong> un motore Diesel 68<br />

Figura 24: Schema <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> recupero del calore <strong>di</strong> un motore <strong>di</strong>esel 70<br />

Figura 25: Schema <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> recupero del calore <strong>di</strong> un motore <strong>di</strong>esel con economizzatore 70<br />

Figura 26: Schema <strong>di</strong> impianto con motore Diesel e recupero <strong>di</strong> calore con produzione <strong>di</strong> vapore 71<br />

Figura 27: Ciclo Joule – Bryton con aria standard 72<br />

Figura 28: Layout del ciclo Joule – Bryton 73<br />

Figura 29: Sezione <strong>di</strong> una turbina a gas per aereo 74<br />

Figura 30: Andamento del ren<strong>di</strong>mento del ciclo Joule – Bryton e del Rapporto dei lavori 74<br />

Figura 31: Impianti a gas <strong>di</strong> terra 75<br />

Figura 32: Bilancio energetico per una turbina a gas 77<br />

Figura 33: Ciclo combinato a gas e a vapore 77<br />

Figura 34: Impianto cogenerativo con turbina a gas : 120 kWe e 146 MWe 78<br />

Figura 35: Schema <strong>di</strong> una microturbina. 79<br />

Figura 36: Ciclo rigenerativo con l’evidenziazione del calore trasferito. 81<br />

Figura 37: Efficienza della microturbina in funzione del rapporto <strong>di</strong> compressione e della temperatura<br />

<strong>di</strong> fiamma. 82<br />

Figura 38: Potenza specifica delle microturbine in funzione del rapporto <strong>di</strong> compressione e temperatura<br />

<strong>di</strong> fiamma. 83<br />

Figura 39: Prestazioni a carico parziale <strong>di</strong> una microturbina. 83<br />

Figura 40: Effetto della temperatura ambiente sulle prestazioni <strong>di</strong> una microturbina. 84<br />

Figura 41: Effetto dell’altitu<strong>di</strong>ne sulle prestazioni della microturbina. 84<br />

Figura 42: Ciclo rigenerativo a gas 85<br />

Figura 43: Esempio <strong>di</strong> modulo compatto <strong>di</strong> cogeneratore con turbina a gas 86<br />

Figura 44: Vista frontale del modulo 86<br />

Figura 45: Interno del modulo Turbec da 100 kWe nominali. 86<br />

Figura 46: Curva <strong>di</strong> Andrews per il vapore d’acqua 88


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

517<br />

Figura 47: Ciclo <strong>di</strong> Carnot con vapore saturo 89<br />

Figura 48: Ciclo delle macchine a vapore <strong>di</strong> Rankine 90<br />

Figura 49: Rappresentazione del Ciclo Rankine ideale. 91<br />

Figura 50: Confronto fra il ciclo Rankine e il ciclo <strong>di</strong> Carnot 91<br />

Figura 51: Layout <strong>di</strong> una caldaia <strong>di</strong> potenza per gran<strong>di</strong> centrali 92<br />

Figura 52: Schema <strong>di</strong> una turbina a vapore 93<br />

Figura 53: Turbina a vapore aperta 94<br />

Figura 54: Turbina a vapore ad anelli contrapposti 95<br />

Figura 55: Ciclo Hirn nel piano (T,s) 96<br />

Figura 56: Ciclo Hirn con due surriscaldamenti 96<br />

Figura 57: Cicli a spillamento 97<br />

Figura 58; Ciclo a vapore a derivazione e condensazione 98<br />

Figura 59: Schema <strong>di</strong> un impianto a vapore con turbina in contropressione 99<br />

Figura 60: Schema <strong>di</strong> un impianto a contropressione con due turbine e due livelli <strong>di</strong> scarico vapore 100<br />

Figura 61: Schema <strong>di</strong> un SET con turbina a vapore a contropressione per reti <strong>di</strong> teleriscaldamento 100<br />

Figura 62: Schema dell’accoppiamento <strong>di</strong> un motore primo con un compressore ed un generatore 104<br />

Figura 63: Schema <strong>di</strong> un impianto per Trigenerazione 105<br />

Figura 64: Diagramma <strong>di</strong> scambio gas <strong>di</strong> scarico acqua 106<br />

Figura 65: Schema impiantistico <strong>di</strong> un trigeneratore 106<br />

Figura 66: Schema <strong>di</strong> una macchina frigorifera ad assorbimento 108<br />

Figura 67: Copertura del carico termico con il post combustore 111<br />

Figura 68: Andamento del Cash Flow attualizzato al variare della potenza della turbina 111<br />

Figura 69: Costo me<strong>di</strong>o specifico, y, <strong>di</strong> una turbina a gas in funzione della potenza nominale (x in kWe)<br />

112<br />

Figura 70: Rappresentazione <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> Trigenerazione con GATE CYCLE 113<br />

Figura 71: VAN per varie potenze <strong>di</strong> turbine a gas installate 114<br />

Figura 72: Andamento del VAN e TPB al variare del costo energetico 114<br />

Figura 73: Angoli fondamentali per l’irra<strong>di</strong>azione solare. 160<br />

Figura 74: Bilancio energetico ra<strong>di</strong>ativo sulla Terra 166<br />

Figura 75: Ripartizione della CO 2 a livello mon<strong>di</strong>ale 167<br />

Figura 76: Layout <strong>di</strong> un impianto ad assorbimento 170<br />

Figura 77: Layout per la rimozione della CO 2 con membrane 171<br />

Figura 78: : Layout per la rimozione della CO 2 con membrane ad assorbimento 172<br />

Figura 79: Layout per la rimozione della CO 2 con membrane a trasporto facilitato 172<br />

Figura 80: Schema <strong>di</strong> stoccaggio della CO 2 173<br />

Figura 81: Variazione delle proprietà della CO 2 con la profon<strong>di</strong>tà 174<br />

Figura 82: Layout del ciclo combinato semichiuso 175<br />

Figura 83: Layout del ciclo SCGT/RE 175<br />

Figura 84: Layout del ciclo L – Matiant 176<br />

Figura 85: Ciclo termo<strong>di</strong>namico L – Matiant 176<br />

Figura 86: Layout del ciclo con decarbonizzazione del combustibile 177<br />

Figura 87: Fattore <strong>di</strong> trasmissione <strong>di</strong> alcuni tipi <strong>di</strong> vetro 178<br />

Figura 88: Schema <strong>di</strong> un collettore solare piano 178<br />

Figura 89: Spaccato <strong>di</strong> un collettore solare piano 179<br />

Figura 90: Illustrazione schematica della <strong>di</strong>stribuzione dell’energia nei collettori solari piani 182<br />

Figura 91: Retta <strong>di</strong> efficienza per un collettore solare piano 183<br />

Figura 92: Esempio <strong>di</strong> cut-off con utilizzatore ad alta temperatura 184<br />

Figura 93: Esempio <strong>di</strong> cut-off con utilizzatore a bassa temperatura 184<br />

Figura 94: Esempio <strong>di</strong> cut-off con utilizzatore a bassa temperatura per docce 185<br />

Figura 95: Andamento del cut-off per circuito chiuso a bassa temperatura 186


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

518<br />

Figura 96: Andamento delle temperature per circuito aperto 186<br />

Figura 97: Tipologie <strong>di</strong> attacco dei tubi alla piastra captatrice 187<br />

Figura 98: Schema <strong>di</strong> un sistema locale per produzione <strong>di</strong> acqua calda sanitaria 188<br />

Figura 99: Collettore solare piano a tubi d’acqua 189<br />

Figura 100: Layout <strong>di</strong> un impianto solare domestico 189<br />

Figura 101: Vista <strong>di</strong> un boiler <strong>di</strong> accumulo per impianti solari 190<br />

Figura 102: Schema <strong>di</strong> installazione <strong>di</strong> un impianto solare domestico 190<br />

Figura 103: Boiler per sistemi localizzati con scambiatore del tipo tube and tube e a shell and tube 192<br />

Figura 104: Sezione <strong>di</strong> un accumulatore solare ad acqua calda 192<br />

Figura 105: Schema <strong>di</strong> un impianto centralizzato per la produzione dell’acqua calda 195<br />

Figura 106: Schema <strong>di</strong> integrazione del vapore solare in un impianto termoelettrico a ciclo combinato<br />

(fonte Enel) 198<br />

Figura 107: Gli specchi parabolici (fonte Enel) 199<br />

Figura 108: Layout <strong>di</strong> massima (fonte Enel) 199<br />

Figura 109: Schema a blocchi - centrale a ciclo combinato (fonte Enel) 200<br />

Figura 110 : Ciclo Bryton, Ciclo Hirn 201<br />

Figura 111:Centrale Archimede 202<br />

Figura 112: Centrale Archimede 202<br />

Figura 113: Ciclo combinato <strong>di</strong> base, fonte ENEL 205<br />

Figura 114: Turbina prima della mo<strong>di</strong>fica per il funzionamento a ciclo combinato 208<br />

Figura 115: Turbina a vapore mo<strong>di</strong>ficata 208<br />

Figura 116: Concentratore Parabolico Lineare 209<br />

Figura 117: Vista in scala dei supporti per i pannelli (fonte Enel) 210<br />

Figura 118: vista dall’alto <strong>di</strong> un elemento da 10 pannelli 210<br />

Figura 119: Specchi e collettori in fase <strong>di</strong> montaggio (fonte Enel) 211<br />

Figura 120: Moduli rispettivamente a 8, 6 4 elementi. 211<br />

Figura 121: Layout del collettore 212<br />

Figura 122: Fattore <strong>di</strong> utilizzo e fattore <strong>di</strong> carico, in funzione della capacità <strong>di</strong> accumulo 213<br />

Figura 123: Schema a blocchi che riassume il bilancio energetico annuale con funzionamento<br />

“parzializzato” <strong>di</strong> 14 h/d .I pe<strong>di</strong>ci “s”, “t” ed “e” in<strong>di</strong>cano rispettivamente potenza solare, termica<br />

ed elettrica 214<br />

Figura 124: Interazione GVS e GVR (fonte Enel) 215<br />

Figura 125: Integrazione potenza termica e solare su due cicli combinati (fonte Enel) 216<br />

Figura 126: Possibilità <strong>di</strong> integrazione (fonte Enel) 216<br />

Figura 127: Profilo <strong>di</strong> scambio termico in con<strong>di</strong>zioni nominali <strong>di</strong> esercizio del GVS (calcolo<br />

preliminare). 217<br />

Figura 128: Evaporatore Kettle 218<br />

Figura 129: Configurazione esterna del GVS in prospettiva 3D (fonte Enel) 219<br />

Figura 130: Ciclo <strong>di</strong>urno con alta insolazione 220<br />

Figura 131: Ciclo <strong>di</strong>urno con bassa insolazione o notturno 221<br />

Figura 132: Centrale ad olio <strong>di</strong>atermico 222<br />

Figura 133: Combinazione olio <strong>di</strong>atermico – miscela sali fusi 222<br />

Figura 134: Diagramma <strong>di</strong> Stato miscela sali fusi 223<br />

Figura 135: Sali fusi: densità in funzione della temperatura 223<br />

Figura 136: Sali fusi: calore specifico in funzione della temperatura 224<br />

Figura 137: Sali fusi: viscosità assoluta in funzione della temperatura 224<br />

Figura 138: Sali fusi: conducibilità termica in funzione della temperatura 224<br />

Figura 139: Legge <strong>di</strong> Planck per l’emissione ra<strong>di</strong>ativa del corpo nero 227<br />

Figura 140: Distribuzione ra<strong>di</strong>ativa del corpo nero 227<br />

Figura 141: Distribuzione reale della ra<strong>di</strong>azione solare 228


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

519<br />

Figura 142: Distribuzione dello spettro <strong>di</strong> alcune sorgenti luminose 228<br />

Figura 143: Curve isora<strong>di</strong>ative per l’Italia 229<br />

Figura 144: La cella fotovoltaica 230<br />

Figura 145: Schema <strong>di</strong> funzionamento della cella fotovoltaica 230<br />

Figura 146: Curva caratteristica tensione – corrente per una cella solare 230<br />

Figura 147: Esempio <strong>di</strong> curve caratteristiche per una cella fotovoltaica 231<br />

Figura 148: Configurazione <strong>di</strong> rete in sistemi residenziali 231<br />

Figura 149: Componenti fondamentali <strong>di</strong> un sistema fotovoltaico 232<br />

Figura 150: Data Sheet <strong>di</strong> una cella fotovoltaica 232<br />

Figura 151: Caratteristiche tecniche e costruttive <strong>di</strong> un pannello fotovoltaico 233<br />

Figura 152: Modulo <strong>di</strong> celle fotovoltaiche 234<br />

Figura 153: Connessione circuitale dei moduli fotovoltaici 234<br />

Figura 154: Particolare dell’array <strong>di</strong> celle fotovoltaiche 234<br />

Figura 155: Tipologia <strong>di</strong> posa : a inseguimento, a cavalletto, su pali 235<br />

Figura 156: Tetto fotovoltaico - Esempio <strong>di</strong> installazione 235<br />

Figura 157: Problemi <strong>di</strong> installazione sui tetti 235<br />

Figura 158: Particolari <strong>di</strong> installazione sui tetti 236<br />

Figura 159: Installazione su facciate verticali 236<br />

Figura 160: Installazione su facciate inclinate 237<br />

Figura 161: Installazione <strong>di</strong> pannelli nell’isola <strong>di</strong> Vulcano – Potenza 80 kWep 238<br />

Figura 162: Impianti da 3.3 MWep <strong>di</strong> Campo Serre (Salerno) 238<br />

Figura 163: Installazioni particolari <strong>di</strong> pannelli fotovoltaici 239<br />

Figura 164: Prezzi dei tetti solari fotovoltaici 240<br />

Figura 165: Il programma tetti fotovoltaici del Ministero dell’Ambiente 240<br />

Figura 166: Esempio <strong>di</strong> variabilità del carico elettrico giornaliero 241<br />

Figura 167: La prima turbina eolica - F. Brush (1849-1929) 244<br />

Figura 168: Gedser Wind Turbine (1956-57) 245<br />

Figura 169: Mulini ad assi verticali e primo impianto con turbine da 630 kW 245<br />

Figura 170: Azione del vento 246<br />

Figura 171: Utilizzo dell’energia eolica 246<br />

Figura 172: Campo <strong>di</strong> generatori eolici su terraferma 246<br />

Figura 173: Campo <strong>di</strong> generatori eolici in mare 247<br />

Figura 174: Generatori eolici in mare – torre da 133 m e <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 122 m 247<br />

Figura 175: Tipica <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> Weibull 249<br />

Figura 176: Utilizzo dell’energia eolica 251<br />

Figura 177: Distribuzione <strong>di</strong> Weibull e utilizzo dell’energia eolica 251<br />

Figura 178: Distribuzione del vento a Taiwan 252<br />

Figura 179: Frontespizio della pubblicazione <strong>di</strong> Betz 253<br />

Figura 180: Ipotesi <strong>di</strong> Betz 253<br />

Figura 181: Distribuzione dei coefficienti C T e C P 256<br />

Figura 182: Distribuzione dei filetti nel mulino reale 257<br />

Figura 183: Distribuzione dei regimi <strong>di</strong> funzionamento <strong>di</strong> una turbina reale 257<br />

Figura 184: Parametro α 259<br />

Figura 185: Definizione del Lift e del Drag 259<br />

Figura 186: Forze agenti sulle pale 260<br />

Figura 187: Il Lift 260<br />

Figura 188: Rappresentazione vettoriale delle forze agenti sulla pala 261<br />

Figura 189: La forza Drag 262<br />

Figura 190: Distribuzione <strong>di</strong> C T e C D 262<br />

Figura 191: Distribuzione delle per<strong>di</strong>te 263


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

520<br />

Figura 192: Evoluzione dei moderni rotori 264<br />

Figura 193: Confronto fra i ren<strong>di</strong>menti dei cicli oggi <strong>di</strong>sponibili 265<br />

Figura 194: Confronto dei sistemi <strong>di</strong> conversione dell’energia 265<br />

Figura 195: Schema base delle celle a combustibile con elettrolita acido 266<br />

Figura 196: Cella a combustibile <strong>di</strong>sassemblata 268<br />

Figura 197; Schema <strong>di</strong> funzionamento dei vari tipi <strong>di</strong> celle a combustibile 268<br />

Figura 198: Confronto dei ren<strong>di</strong>menti al variare della temperatura 269<br />

Figura 199: Potenziale effettivo della cella in funzione della corrente 271<br />

Figura 200: Elettro<strong>di</strong> idrofobici: a) gas, b) grafite, c) agente impermeabile, d) elettrolita liquido 272<br />

Figura 201: Elettro<strong>di</strong> idrofilici: a) gas, b) particelle metalliche, c) elettrolita, θ angolo <strong>di</strong> contatto 273<br />

Figura 202: Celle a combustibile ad elettrolita polimerica (PEMFC) 273<br />

Figura 203: Celle PEMFC impilate in stack monopolare 275<br />

Figura 204: Celle PEMFC impilate in stack bipolare 275<br />

Figura 205: Effetto della CO sulle celle PEMFC 276<br />

Figura 206: Effetto della pressione sul potenziale delle PEMFC 276<br />

Figura 207: Effetto della temperatura sul potenziale delle PEMFC 277<br />

Figura 208: Funzionamento <strong>di</strong> una fuel cells 278<br />

Figura 209: Celle Pratt e Whitney usate per il programma Apollo 279<br />

Figura 210: Modulo utilizzato nello Space Shuttle 280<br />

Figura 211: Esempio <strong>di</strong> cella ad acido fosforico (PAFC) 280<br />

Figura 212: celle a carbonati Fusi (MCFC) 281<br />

Figura 213: celle ad ossi<strong>di</strong> soli<strong>di</strong> (SOFC) 281<br />

Figura 214: Applicazioni delle celle a combustibile 282<br />

Figura 215: Schema a blocchi <strong>di</strong> un impianto con celle a combustibile 284<br />

Figura 216: Sistema energetico italiano nel decennio 1999-2000 286<br />

Figura 217: Sistema energetico e fonti rinnovabili 286<br />

Figura 218: Tendenza nell’uso delle fonti energetiche 287<br />

Figura 219: Possibile schema <strong>di</strong> utilizzo dell’idrogeno 288<br />

Figura 220: Vetture con celle a combustibile 289<br />

Figura 221: Fiat 600 elettrica e a cella a combustibile 289<br />

Figura 222: Prototipo <strong>di</strong> CityClass a celle a combustibile 290<br />

Figura 223: Il prototipo della Fiat 600 FC 290<br />

Figura 224: Autovetture con motori a combustione interna ad idrogeno 290<br />

Figura 225: Bus con motore alimentato ad idrogeno 291<br />

Figura 226: Ciclo Joule con combustione <strong>di</strong> idrogeno 291<br />

Figura 227: Propagazione della fiamma per idrogeno e benzina 292<br />

Figura 228: Ciclo produttivo dell’idrogeno 293<br />

Figura 229: realizzazione del progetto Bicocca per la <strong>di</strong>stribuzione dell’idrogeno 293<br />

Figura 230: Dati chimico fisici dell’idrogeno 294<br />

Figura 231: Diagramma (T,p) per idrogeno, elio, azoto 295<br />

Figura 232: Bilancio energetico dell’elettrolisi dell’acqua 297<br />

Figura 233: Elettrolisi dell’acqua 297<br />

Figura 234: Struttura del fullerene C60 e della cupola geodetica <strong>di</strong> R. Buckminster-Fuller 301<br />

Figura 235: Fibre in carbone <strong>di</strong> tipo tubolare, a spin <strong>di</strong> pesce e platelet 301<br />

Figura 236: SWNT ideale chiuso alle due estremità da due fullereni 302<br />

Figura 237: Strato <strong>di</strong> grafite con le possibili <strong>di</strong>rezioni <strong>di</strong> arrotolamento (n.n) 302<br />

Figura 238: Nanotubo (10,10) armchair e nanotubo (9,0) zig-zag 302<br />

Figura 239: Struttura <strong>di</strong> alcuni nanotubi 303<br />

Figura 240: Elicità dei nanotubi 303


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

521<br />

Figura 241: Immagini virtuali <strong>di</strong> DWNT (Double Wall Nano Tube) con e senza interazioni tra le pareti<br />

304<br />

Figura 242: Diversi tipi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti nei nanotubi 304<br />

Figura 243: Nanotubi a parete multipla 305<br />

Figura 244: Il nanotubo telescopico creato a Berkeley 306<br />

Figura 245: Immagine <strong>di</strong> nanobilancia con particella all’estremità <strong>di</strong> 22 femtogrammi 306<br />

Figura 246: Immagine virtuale <strong>di</strong> nanotubo formato da atomi <strong>di</strong> azoto e boro 307<br />

Figura 247: Assorbimento dell’idrogeno all’interno dei nanotubi 308<br />

Figura 248: Sistemi <strong>di</strong> stoccaggio dell’idrogeno a confronto 308<br />

Figura 249: Confronto fra le capacità <strong>di</strong> stoccaggio dell’idrogeno nelle varie tecnologie 309<br />

Figura 250:Albero tecnologico delle opzioni in sviluppo 311<br />

Figura 251: Parametri economici rappresentativi della catena <strong>di</strong> produzione dell’idrogeno 313<br />

Figura 252: Rating dei sistemi <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> idrogeno 314<br />

Figura 253: Layout <strong>di</strong> processo per impianti a pirolisi 318<br />

Figura 254. Schema <strong>di</strong> funzionamento <strong>di</strong> una griglia Martin® 323<br />

Figura 255: Schema <strong>di</strong> caldaia a griglia e <strong>di</strong> ciclone 324<br />

Figura 256: Schema <strong>di</strong> funzionamento <strong>di</strong> un combustore a letto fluido 324<br />

Figura 257: Formazione del letto fluido 326<br />

Figura 258: tipologia <strong>di</strong> letti flui<strong>di</strong> 326<br />

Figura 259: Schema della sezione caldaia a letto fluido e trattamento fumi <strong>di</strong> Lomellina 328<br />

Figura 260: Vista assonometrica <strong>di</strong> una caldaia a letto fluido e del generatore a recupero 329<br />

Figura 261: Metafora per gli impianti al plasma 330<br />

Figura 262: Sistemi ad arco trasferito e non trasferito 330<br />

Figura 263: Schemi principali <strong>di</strong> torce al plasma 331<br />

Figura 264: temperature massime raggiungibili con le torce al plasma 331<br />

Figura 265: Schema del funzionamento del reattore al plasma 332<br />

Figura 266: Termocinetica e <strong>di</strong>grammi <strong>di</strong> equilibrio nelle torce al plasma per RSU 333<br />

Figura 267: Bilancio energetico nel reattore al plasma 333<br />

Figura 268: Composizione del syngas 334<br />

Figura 269: Composizione dello slag 334<br />

Figura 270: Sezione tipica del reattore al plasma per RSU 335<br />

Figura 271: Schema impiantistico 336<br />

Figura 272: Materiale fuso in uscita dal reattore al plasma 337<br />

Figura 273: Varie tipologie <strong>di</strong> slag raffreddato 337<br />

Figura 274: Rappresentazione dell'insieme temperatura pari a circa 150 °C ottenuta utilizzando i<br />

concetti dell'insiemistica classica. 346<br />

Figura 275: Rappresentazione dell'insieme temperatura pari a circa 150 °C" ottenuta utilizzando i<br />

concetti della fuzzy logic 346<br />

Figura 276: Esempio <strong>di</strong> funzione <strong>di</strong> appartenenza <strong>di</strong> un fuzzy set che descrive la facoltà della resistenza<br />

R 347<br />

Figura 277: Funzione <strong>di</strong> appartenenza dei due fuzzy set x is me<strong>di</strong>a AND x is grande 348<br />

Figura 278: Funzione <strong>di</strong> appartenenza del fuzzy set, x is me<strong>di</strong>a OR x is grande 348<br />

Figura 279: Funzione <strong>di</strong> appartenenza del fuzzy set, x is me<strong>di</strong>a and x is grande 348<br />

Figura 280: Funzione <strong>di</strong> appartenenza del fuzzy set x is not grande 349<br />

Figura 281: Rappresentazione grafica della regola fuzzy if x is me<strong>di</strong>a then y is grande 349<br />

Figura 282: Esempi <strong>di</strong> calcolo del conseguente <strong>di</strong> una regola utilizzando il metodo del troncamento 351<br />

Figura 283: Esempi <strong>di</strong> calcolo del conseguente <strong>di</strong> una regola utilizzando il metodo del prodotto 351<br />

Figura 284- Rappresentazione grafica della regola: if x is me<strong>di</strong>a and y is grande then k is grande<br />

352


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

522<br />

Figura 285: Esempio del calcolo dell'uscita <strong>di</strong> un'implicazione fuzzy contenente due fuzzy set<br />

nell'antecedente 352<br />

Figura 286: Esempio <strong>di</strong> algoritmo fuzzy, costituito da due regole 353<br />

Figura 287: Determinazione dell'uscita <strong>di</strong> un algoritmo fuzzy con il metodo del troncamento 353<br />

Figura 288: Esempio <strong>di</strong> implicazione proposta in Sugeno, 1985 355<br />

Figura 289- Grandezze fuzzy ad intervallo 355<br />

Figura 290: Esempi <strong>di</strong> estintori – carrellato, a polvere a CO 2 375<br />

Figura 291: Esempi <strong>di</strong> idranti a parete UNI-45 377<br />

Figura 292: Esempi <strong>di</strong> naspi 378<br />

Figura 293: Esempi <strong>di</strong> idranti per sopra suolo UNI-70 378<br />

Figura 294: Esempi <strong>di</strong> sprinkler, <strong>di</strong> sistema ad acqua, valvola <strong>di</strong> allarme sprinkler 380<br />

Figura 295: Esempio <strong>di</strong> installazione <strong>di</strong> impianto sprinkler in un capannone 381<br />

Figura 296: Esempio <strong>di</strong> sprinkler a secco 382<br />

Figura 297: Vista assonometrica del montaggio <strong>di</strong> un sistema sprinkler 383<br />

Figura 298: Rete sprinkler, in pianta, per una biblioteca 384<br />

Figura 299: Selezione degli sprinkler da inserire in rete 384<br />

Figura 300: Dati caratteristici <strong>di</strong> uno sprinkler 385<br />

Figura 301: Selezione della pompa <strong>di</strong> alimentazione 385<br />

Figura 302: Segnaletica <strong>di</strong> salvataggio e antincen<strong>di</strong>o 388<br />

Figura 303: efficacia degli evacuatori <strong>di</strong> fumo e <strong>di</strong> calore 390<br />

Figura 304: Tipologia <strong>di</strong> EFC 390<br />

Figura 305: Esempio <strong>di</strong> selezione del co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> attività 391<br />

Figura 306: Selezione dei materiali interni ad un comparto 392<br />

Figura 307: Selezione del tipo <strong>di</strong> archivio (Categorie dei materiali) 392<br />

Figura 308: Diagramma per gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> valutazione 394<br />

Figura 309: Curva tipo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o 416<br />

Figura 310: Quantità ideali <strong>di</strong> legno standard al variare della temperatura 420<br />

Figura 311: Compartimentazione a soffitto 422<br />

Figura 312: Tipologie <strong>di</strong> coperture <strong>di</strong> magazzini 434<br />

Figura 313: EFC pneumatico 437<br />

Figura 314: Cilindro pneumatico 437<br />

Figura 315: Esempio <strong>di</strong> compartimentazione <strong>di</strong> più reparti ospedalieri 442<br />

Figura 316: Esempio <strong>di</strong> compartimentazione <strong>di</strong> un piano operatorio 443<br />

Figura 317: Esempio <strong>di</strong> compartimentazione <strong>di</strong> degenze ospedaliere 444<br />

Figura 318: Calcolo del coefficiente <strong>di</strong> riduzione per la zona A 448<br />

Figura 319: Calcolo del coefficiente <strong>di</strong> riduzione per la zona B 449<br />

Figura 320: Calcolo del coefficiente <strong>di</strong> riduzione per la zona C 450<br />

Figura 321: del coefficiente <strong>di</strong> riduzione per la zona D 451<br />

Figura 322: Schema parziale della rete <strong>di</strong> idranti uni45 ed uni70 per l’autorimessa 458<br />

Figura 323: Vista assonometrica della <strong>di</strong>stribuzione degli sprinkler 461<br />

Figura 324: Vista in pianta della rete sprinkler 464<br />

Figura 325: Vista d’insieme degli impianti antincen<strong>di</strong>o per l’autorimessa 465<br />

Figura 326: Dati generali per la <strong>di</strong>chiarazione ISPESL 487<br />

Figura 327: Dati per il Modulo RD 487<br />

Figura 328: Dati per il Modulo RR 488<br />

Figura 329: Esempio <strong>di</strong> maschera <strong>di</strong> selezione dei dati del generatore 488<br />

Figura 330: Esempio <strong>di</strong> dati per generatore 488<br />

Figura 331: Dimensionamento del vaso chiuso, Modulo RR1 489<br />

Figura 332: Esempio <strong>di</strong> software <strong>di</strong> selezione e progetto <strong>di</strong> componenti <strong>di</strong> sicurezza ISPESL 490<br />

Figura 333: Maschera <strong>di</strong> selezione e progetto <strong>di</strong> un vaso chiuso 490


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

523<br />

Figura 334: Selezione <strong>di</strong> un vaso chiuso da un data base commerciale 490<br />

Figura 335: Selezione <strong>di</strong> una valvola <strong>di</strong> sicurezza da un data base commerciale 491<br />

Figura 336: Maschera <strong>di</strong> selezione e progetto <strong>di</strong> una valvola <strong>di</strong> sicurezza 492<br />

Figura 337: Maschera <strong>di</strong> selezione della valvola <strong>di</strong> intercettazione del combustibile 492<br />

Figura 338: Maschera si selezione <strong>di</strong> una valvola <strong>di</strong> intercettazione combustibile da data base 492<br />

Figura 339: Visualizzazione dei componenti <strong>di</strong> sicurezza ISPESL 493<br />

Figura 340: Esempio <strong>di</strong> schema centrale per <strong>di</strong>chiarazione ISPESL 493<br />

Figura 341: Maschera <strong>di</strong> input dei dati generali per la <strong>di</strong>chiarazione ISPESL 494<br />

Figura 342: Uso <strong>di</strong> excel per la <strong>di</strong>chiarazione ISPESL 495<br />

Figura 343: Modello RD della <strong>di</strong>chiarazione ISPESL 496<br />

Figura 344: Maschera per l’input dei generatori 497<br />

Figura 345: Maschera <strong>di</strong> input per la Relazione ISPESL 497<br />

Figura 346: Maschera <strong>di</strong> input per vaso <strong>di</strong> espansione chiuso 498<br />

Figura 347: Maschera per l’elenco dei circuiti <strong>di</strong> impianto 498<br />

Figura 348: Maschera <strong>di</strong> calcolo del vaso chiuso <strong>di</strong> un circuito 499<br />

Figura 349: Maschera <strong>di</strong> calcolo del vaso chiuso <strong>di</strong> un circuito – Valori calcolati 499<br />

Figura 350: Maschera per la richiesta <strong>di</strong> verifica impianto all’ISPESL 500<br />

Figura 351: Maschera <strong>di</strong> input per i dati integrativi <strong>di</strong> calcolo 500<br />

Figura 352: Tabella dei <strong>di</strong>ametri interni delle tubazioni <strong>di</strong> sicurezza 501<br />

Figura 353: Tabella <strong>di</strong> archivio <strong>di</strong> vasi <strong>di</strong> espansione 501<br />

Figura 354: Tabella delle valvole <strong>di</strong> sicurezza 502<br />

Figura 355: Tabella delle valvole <strong>di</strong> intercettazione combustibile 502<br />

Figura 356: Tabella delle valvole <strong>di</strong> scarico termico 502


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

524<br />

ELENCO DELLE TABELLE<br />

Tabella 1: Valori del Fep 14<br />

Tabella 2: Impianti <strong>di</strong> produzione dal 1997 al 2000 35<br />

Tabella 3: Distribuzione dei consumi in Sicilia dal 1997 al 2000 36<br />

Tabella 4: Dati <strong>di</strong> emissione e <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>mento per le varie tipologie <strong>di</strong> impianti 36<br />

Tabella 5: Produzione <strong>di</strong> polvere nelle centrali ENEL dal 1998 al 2001 37<br />

Tabella 6: Emissioni <strong>di</strong> inquinanti dell’industria per usi energetici termici ed elettrici 39<br />

Tabella 7: Rapporto exergia-potere calorifico inferiore per alcuni combustibili 46<br />

Tabella 8: Proprietà dei frazioni leggere per Diesel 66<br />

Tabella 9: Proprietà dei frazioni pesanti per Diesel 66<br />

Tabella 10: Calcolo dei coefficienti <strong>di</strong> Hottel 163<br />

Tabella 11: Emissioni <strong>di</strong> gas serra 167<br />

Tabella 12: Possibilità <strong>di</strong> riduzione della CO 2 168<br />

Tabella 13: Fattore <strong>di</strong> assorbimento al variare dl numero <strong>di</strong> lastre 181<br />

Tabella 14: Coefficienti globali <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta al variare del numero <strong>di</strong> vetri 182<br />

Tabella 15: Schema circuitale <strong>di</strong> un impianto solare con integrazione termica per riscaldamento 191<br />

Tabella 16: Dati tecnici <strong>di</strong> accumulatori ad acqua 193<br />

Tabella 17: Spillamento <strong>di</strong> vapore 217<br />

Tabella 18: Caratteristiche miscela 223<br />

Tabella 19: Parametri riassuntivi dell’applicazione all’impianto <strong>di</strong> Priolo Gargallo 226<br />

Tabella 20: Ra<strong>di</strong>azione mensile me<strong>di</strong>a in alcune località 229<br />

Tabella 21: Esempio <strong>di</strong> costo <strong>di</strong> un impianto fotovoltaico 241<br />

Tabella 22: Esempio <strong>di</strong> dati <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione dell’energia eolica 252<br />

Tabella 23: Tipologie <strong>di</strong> celle a combustibile 268<br />

Tabella 24: Confronto fra le <strong>di</strong>verse tipologie <strong>di</strong> celle a combustibile (Fonte ENEA) 282<br />

Tabella 25: Confronto analitico fra le tipologie <strong>di</strong> celle a combustibile 283<br />

Tabella 26: Caratteristiche <strong>di</strong> pericolo <strong>di</strong> alcuni combustibili 292<br />

Tabella 27: Tabella <strong>di</strong> Geldart per le <strong>di</strong>mensioni delle particelle solide 327<br />

Tabella 28: Confronto <strong>di</strong> alcune tipologie <strong>di</strong> impianto 337<br />

Tabella 29: Confronto fra le tipologie <strong>di</strong> residui 338<br />

Tabella 30: Spessore delle pareti tagliafuoco 372<br />

Tabella 31: Spessori minimi dei solai 372<br />

Tabella 32: Spessore minimo del rivestimento 373<br />

Tabella 33: Tipi e spessori dei rivestimenti 373<br />

Tabella 34: Sostanze estinguenti e loro utilizzo 377<br />

Tabella 35: Co<strong>di</strong>ce dei colori per gli sprinkler 381<br />

Tabella 36: Fattori <strong>di</strong> Darcy per alcuni elementi 384<br />

Tabella 37: Dati generali <strong>di</strong> calcolo per l’impianto sprinkler della biblioteca 385<br />

Tabella 38: Risultati <strong>di</strong> calcolo per l’impianto sprinkler della biblioteca 386<br />

Tabella 39: In<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> valutazione 393<br />

Tabella 40: Alcuni poteri calorifici utili 411<br />

Tabella 41: Classificazione dei combustibili in base al tipo <strong>di</strong> fuoco 417<br />

Tabella 42: Classificazione dei combustibili in base alle caratteristiche 418<br />

Tabella 43: Classificazione dei combustibili in base al punto <strong>di</strong> infiammabilità 418<br />

Tabella 44: Dati caratteristici per la combustione delle polveri 419<br />

Tabella 45: Dimensionamento delle aperture e delle cortine 425<br />

Tabella 46: Materiali Combustibili 426<br />

Tabella 47: Tabella Combustibili 427


COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

525<br />

Tabella 48: Classificazione incen<strong>di</strong>o 429<br />

Tabella 49: Gruppi <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento 431<br />

Tabella 50: Coefficienti <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento 431<br />

Tabella 51: Variazioni 435<br />

Tabella 52: A – Superfici dei comparti dell’ipotetico e<strong>di</strong>ficio 445<br />

Tabella 53: B – Carico d’incen<strong>di</strong>o specifico 445<br />

Tabella 54: C – Calcolo della classe <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o 445<br />

Tabella 55: D – Materiali presenti nella zona A. 446<br />

Tabella 56: D – Materiali presenti nella zona B. 446<br />

Tabella 57: D – Materiali presenti nella zona C. 447<br />

Tabella 58: D – Materiali presenti nella zona D 447<br />

Tabella 59: In<strong>di</strong>ci per zona A. 448<br />

Tabella 60: In<strong>di</strong>ci per zona B. 449<br />

Tabella 61: In<strong>di</strong>ci per zona C. 450<br />

Tabella 62: In<strong>di</strong>ci per zona D 451<br />

Tabella 63. Dimensionamento della rete UNI70 a quota 167.80 mslm 459<br />

Tabella 64: Dati Generali per il <strong>di</strong>mensionamento della rete Sprinkler 462<br />

Tabella 65: Dimensionamento rete sprinkler 463

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