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impianti termotecnici - volume 3 - Dipartimento di Ingegneria ...

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UNIVERSITÀ DI CATANIA<br />

FACOLTÀ DI INGEGNERIA<br />

IMPIANTI TERMOTECNICI<br />

VOLUME TERZO<br />

RETI DI DISTRIBUZIONE DELL’ACQUA E L’ARIA<br />

CIRCOLAZIONE DEI FLUIDI BIFASE<br />

STABILITA’ DEI TUBI BOLLITORI<br />

RETI DI DISTRIBUZIONE DEL VAPORE<br />

RETI DI DISTRIBUZIONE DELL’ARIA COMPRESSA<br />

COGENERAZIO E TRIGENERAZIONE<br />

IMPIANTI ANTINCENDIO<br />

RUMORE NEGLI IMPIANTI MECCANICI<br />

PROF. ING. GIULIANO CAMMARATA<br />

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA INDUSTRIALE E MECCANICA<br />

SEZIONE DI ENERGETICA INDUSTRIALE ED AMBIENTALE<br />

UNIVERSITÀ DI CATANIA<br />

AGGIORNAMENTO DEL 02/10/2010


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL. 3° 1<br />

FILE: IMPIANTI TERMOTECNICI - VOLUME 3 EDIZIONE 10-11.DOC<br />

AUTORE: GIULIANO CAMMARATA<br />

DATA: 2 OTTOBRE 2010<br />

www.gcammarata.net<br />

cammaratagiuliano@tin.it<br />

gcamma@<strong>di</strong>im.unict.it<br />

La riproduzione a scopi <strong>di</strong>dattici <strong>di</strong> quest‟opera è libera da parte degli Studenti purché non siano<br />

cancellati i riferimenti all‟Autore sopra in<strong>di</strong>cati. Non sono consentiti usi commerciali <strong>di</strong> alcun genere<br />

senza il consenso dell‟Autore


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

1<br />

1. DIMENSIONAMENTO DELLE RETI PER L’ACQUA E L’ARIA<br />

Il moto dei flui<strong>di</strong> 1 ha grande importanza non solamente nell‟ambito degli Impianti Termotecnici.<br />

I flui<strong>di</strong> sono capaci <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare la loro forma e sono sud<strong>di</strong>visi in liqui<strong>di</strong> e in aeriformi. Il moto<br />

dei flui<strong>di</strong> ed il loro comportamento sono soggetti a specifiche leggi fisiche. Si vuole qui approfon<strong>di</strong>re<br />

maggiormente la problematica relativa al moto dei flui<strong>di</strong> e alle reti <strong>di</strong> condotti. Si generalizzerà la<br />

trattazione al caso generico <strong>di</strong> flui<strong>di</strong> perché è importante conoscere sia il comportamento dei liqui<strong>di</strong><br />

che quello degli aeriformi.<br />

Ad esempio nell‟ambito dell‟<strong>impianti</strong>stica civile si hanno reti per il trasporto <strong>di</strong> acqua (calda e/o<br />

fredda) per gli <strong>impianti</strong> idrotermici come anche reti per il trasporto <strong>di</strong> aria (vedansi gli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong><br />

climatizzazione ad aria) che reti <strong>di</strong> gas tecnologici in genere (ad esempio <strong>di</strong> gas me<strong>di</strong>cali per gli ospedali). Dopo<br />

avere ripreso i concetti fondamentali <strong>di</strong> Fluido<strong>di</strong>namica già visti, per altro, in Fisica Tecnica, si<br />

approfon<strong>di</strong>ranno gli aspetti progetti delle reti tecnologiche, cioè <strong>di</strong> quelle reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> flui<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> lavoro (acqua, aria, vapore, aria compressa, gas me<strong>di</strong>cali, …….) funzionali agli <strong>impianti</strong> ai quali sono<br />

asservite.<br />

Una rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> acqua sanitaria o non tecnologica in genere non produce<br />

malfunzionamenti negli <strong>impianti</strong> nei quali sono inserite: in pratica se da un rubinetto sanitario esce una<br />

portata <strong>di</strong> acqua fredda o calda maggiore o minore <strong>di</strong> quella nominale <strong>di</strong> progetto non succede nulla se<br />

non un possibile <strong>di</strong>sturbo dell‟Utente. Se una rete tecnologica fallisce il suo obiettivo allora tutto<br />

l‟impianto ne risente. Ad esempio se ad un ra<strong>di</strong>atore arriva una portata <strong>di</strong> acqua calda minore <strong>di</strong> quella<br />

<strong>di</strong> progetto allora (ricordando la relazione Q mc T<br />

esso cede all‟ambiente una quantità <strong>di</strong> calore<br />

minore e quin<strong>di</strong> in quest‟ultimo non si raggiungeranno le con<strong>di</strong>zioni termo-igrometriche <strong>di</strong> progetto.<br />

1.1 CARATTERISTICHE TERMOFLUIDODINAMICHE<br />

p<br />

Un fluido è caratterizzato da alcune caratteristiche termofisiche e fluido<strong>di</strong>namiche che qui<br />

brevemente si cercherà <strong>di</strong> richiamare. Intanto alcuni <strong>di</strong> questi parametri sono già noti dallo stu<strong>di</strong>o della<br />

Termo<strong>di</strong>namica.<br />

1.1.1 CARATTERISTICHE ELASTO -TERMOMETRICHE<br />

Fra le caratteristiche elastiche si ricorda:<br />

v <strong>volume</strong> specifico, [m³/kg];<br />

massa specifica (detta anche densità) con =1/v, [kg/m³];<br />

Fra le caratteristiche termometriche:<br />

c p calore specifico a pressione costante, [kJ/kg];<br />

c v calore specifico a <strong>volume</strong> costante, [kJ/kg];<br />

k rapporto <strong>di</strong> a<strong>di</strong>abacità k =c p /c v ;<br />

<br />

1 v<br />

<br />

coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>latazione isobaro, <br />

vT<br />

, [K-1 ].<br />

1.1.2 CARATTERISTICHE FLUIDODINAMICHE<br />

Fra le caratteristiche più importanti vi è la viscosità <strong>di</strong> un fluido che caratterizza l‟attitu<strong>di</strong>ne che<br />

esso ha a non cambiare il suo stato <strong>di</strong> quiete o <strong>di</strong> moto. Si consideri la situazione <strong>di</strong> Figura 1 ove una<br />

superficie S è fatta scorrere con velocità w rispetto ad un piano fisso.<br />

La <strong>di</strong>stribuzione della velocità è triangolare, come in<strong>di</strong>cato in Figura 1. Newton ha mostrato che<br />

la forza da applicare per mantenere le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> moto è:<br />

p<br />

1 Questo Capitolo è quasi del tutto ripreso dal corso <strong>di</strong> Fisica Tecnica ed è qui riportato per como<strong>di</strong>tà degli Allievi.<br />

Si sono integrati i paragrafi progettuali anche alla luce <strong>di</strong> quanto emerso sin qui dai capitoli precedenti. Anche le<br />

conoscenza <strong>di</strong> Meccanica dei Flui<strong>di</strong> possono risultare utili all‟Allievo specialmente per gli aspetti matematici che in questa<br />

sede sono necessariamente ridotti.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

2<br />

dw<br />

F S [1]<br />

dy<br />

Il coefficiente è una proprietà del fluido e prende il nome <strong>di</strong> viscosità <strong>di</strong>namica. Le sue unità <strong>di</strong><br />

misura sono [Ns/m²] o anche [Pa.s]. Osservando la <strong>di</strong>stribuzione della velocità si può anche <strong>di</strong>re che<br />

ogni strato del fluido agisce n modo da rallentare lo strato più veloce che lo sovrasta e da velocizzare<br />

lo strato più lento sottostante. La relazione <strong>di</strong> Newton può anche scriversi in una forma opportuna:<br />

F<br />

grad w<br />

[2]<br />

S<br />

e quin<strong>di</strong> lo sforzo tangenziale che ogni strato esercita è funzione del gra<strong>di</strong>ente trasversale <strong>di</strong><br />

velocità e quin<strong>di</strong> è tanto maggiore quanto maggiore è la variazione <strong>di</strong> velocità imposta.<br />

y<br />

Piano mobile<br />

F<br />

dw<br />

dy S<br />

Distribuzione <strong>di</strong> velocità<br />

w<br />

Piano Fisso<br />

Forza da applicare<br />

x<br />

Figura 1: Moto <strong>di</strong> Couette fra due piani paralleli<br />

Se si mantiene costante con il gra<strong>di</strong>ente il fluido si <strong>di</strong>ce newtoniano. Nella realtà si hanno quasi<br />

sempre flui<strong>di</strong> non newtoniani (fanghi, acque nere, acque reflue,…) il cui stu<strong>di</strong>o risulta molto<br />

complesso e al <strong>di</strong> fuori dei limiti <strong>di</strong> questo corso.<br />

<br />

o<br />

Paste dentifricie<br />

Flui<strong>di</strong> non newtoniani (corpo plastico)<br />

Flui<strong>di</strong> newtoniani<br />

<br />

Figura 2: Diagramma sforzo – scorrimento per i flui<strong>di</strong><br />

dw/dy<br />

In Figura 2 si ha l‟andamento tipico <strong>di</strong> alcune varietà <strong>di</strong> flui<strong>di</strong> reali. Il fluido newtoniano è<br />

rappresentato da una retta con inclinazione costante.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

3<br />

Gli altri flui<strong>di</strong> hanno variabile con dw/dy = grad(w) e possono essere <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso tipo (corpi<br />

plastici, tipici delle acque nere). Si hanno anche flui<strong>di</strong> con uno sforzo iniziale 0 residuo, come avviene,<br />

ad esempio per alcuni flui<strong>di</strong> usati nell‟industria o anche per le paste dentifrice per le quali occorre uno<br />

sforzo iniziale prima che avvenga il moto.<br />

Lo stu<strong>di</strong>o dei flui<strong>di</strong> non newtoniani, invero assai complesso, esula dal presente corso. Si<br />

possono trovare notizie utili nei testi <strong>di</strong> Reologia.<br />

Per l'acqua si può calcolare la viscosità <strong>di</strong>namica me<strong>di</strong>ante l'utile relazione:<br />

0.1<br />

<br />

[3]<br />

2<br />

2.1482 A 8078.4 A 120<br />

con<br />

<br />

<br />

<br />

A t 8.435 °C [4]<br />

Viene spesso utilizzata un‟altra grandezza fluido<strong>di</strong>namica importante detta viscosità cinematica (o<br />

anche <strong>di</strong>ffusività meccanica) definita dal rapporto:<br />

<br />

[5]<br />

<br />

Le unità <strong>di</strong> misura <strong>di</strong> sono quelle <strong>di</strong> una velocità aereolare [m²/s]. Per l‟acqua (fluido <strong>di</strong> lavoro<br />

fra i più importanti nell‟<strong>impianti</strong>stica, specialmente negli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> riscaldamento e <strong>di</strong><br />

con<strong>di</strong>zionamento) si ha la seguente tabella <strong>di</strong> riferimento:<br />

Temperatura (°C)<br />

Viscosità <strong>di</strong>namica<br />

(m²/s)<br />

<br />

Viscosità cinematica<br />

(cSt)<br />

Massa volumica (kg/m³)<br />

0 1.7910 -6 1.79 999.8<br />

5 1.5210 -6 1.52 999.7<br />

10 1.3110 -6 1.31 999.6<br />

15 1.1410 -6 1.14 999.4<br />

20 1.0110 -6 1.01 998.2<br />

30 0.8010 -6 0.80 6 995.4<br />

40 0.6510 -6 0.65 992.0<br />

50 0.5610 -6 0.56 987.7<br />

60 0.4810 -6 0.48 983.0<br />

70 0.4210 -6 0.42 977.2<br />

80 0.3710 -6 0.37 972.0<br />

90 0.3310 -6 0.33 964.6<br />

100 0.3010 -6 0.30 958.0<br />

1.2 REGIMI DI MOTO<br />

Tabella 1: Valori termofisici per l’acqua<br />

Il moto dei flui<strong>di</strong> può avvenire in due regimi fondamentali 2 detti:<br />

2 Questo è vero per flui<strong>di</strong> monofase mentre per i flui<strong>di</strong> bifase o multifase in genere si hanno molteplici regimi <strong>di</strong><br />

moto (a nebbia, a tappi, anulare, …). Si tralascia questa trattazione considerata la finalità del presente corso.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

4<br />

Laminare: quando gli strati <strong>di</strong> fluido si muovono gli uni parallelamente agli altri. Il moto è<br />

or<strong>di</strong>nato e non si hanno oscillazioni interne. Se iniettassimo getti <strong>di</strong> inchiostro colorato a varie<br />

altezza questi scorrerebbero parallelamente senza mescolamenti.<br />

Turbolento: quando le particelle <strong>di</strong> fluido sono dotate <strong>di</strong> moto casuale e pertanto si ha<br />

mescolamento fra gli strati <strong>di</strong> fluido. I getti <strong>di</strong> inchiostro a varie altezze si mescolerebbero<br />

rapidamente fra loro per la vorticosità del moto. Il moto turbolento è quin<strong>di</strong> un moto <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nato.<br />

Vi è anche un terzo regime <strong>di</strong> moto, detto <strong>di</strong> transizione e che corrisponde ad un regime non<br />

definito che porta il fluido a passare, in modo alternato, dal regime laminare a quello turbolento e<br />

viceversa. Questo regime è fortemente <strong>di</strong>ssipativo ed è opportuno evitarlo nelle applicazioni<br />

<strong>impianti</strong>stiche. Un modo per caratterizzare il regime <strong>di</strong> moto è <strong>di</strong> verificare il Numero <strong>di</strong> Reynolds.<br />

Questo, infatti, è definito, come più volte detto anche nei capitoli precedenti, dal rapporto:<br />

2<br />

Re wd w Forze <strong>di</strong> inerzia<br />

<br />

w <br />

<br />

Forze vis cos e<br />

d<br />

Pertanto se il Numero <strong>di</strong> Reynolds è elevato (rispetto ad un valore limite caratteristico del tipo<br />

<strong>di</strong> moto, come si vedrà fra poco) allora prevalgono le forze <strong>di</strong> inerzia (proporzionali a w²) ed il moto<br />

è turbolento. Se, invece, Re è piccolo (sempre rispetto al valore limite) allora prevalgono le forze<br />

viscose (proporzionali al w/d per la [1]) e il moto è laminare. Vedremo fra poco i valori limiti <strong>di</strong><br />

riferimento per i regimi <strong>di</strong> moto.<br />

1.2.1 STRATI LIMITI DINAMICI<br />

Il moto dei flui<strong>di</strong> a contatto con le pareti generano un fenomeno molto interessante detto strato<br />

limite <strong>di</strong>namico. Se si osserva la seguente Figura 3 si ha alla sinistra una corrente <strong>di</strong> fluido in<strong>di</strong>sturbata<br />

con <strong>di</strong>stribuzione costante della velocità.<br />

Non appena il fluido tocca la parete fissa i primi strati molecolari del fluido aderiscono ad essa<br />

fermandosi.<br />

C o rr e n t e f lu id a in d is t r u b a t a<br />

W w w w<br />

S t ra t o li m it e t u r b o l e n t o<br />

S t ra t o li m it e l a m i n a r e<br />

Z o n a d i e f f e t t o<br />

d e ll a p a r e t e<br />

P A R E T E F I S S A<br />

S u b s t r a t o l a m i n a r e<br />

Figura 3: Formazione dello strato limite <strong>di</strong>namico<br />

L‟azione <strong>di</strong> aderenza viene esercitata, tramite la viscosità <strong>di</strong>namica, anche agli strati soprastanti<br />

che, pur non arrestandosi del tutto, vengono rallentati. La <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> velocità cambia, come si<br />

può osservare nella stessa Figura 3: solo al <strong>di</strong> sopra della zona tratteggiata il <strong>di</strong>agramma è ancora<br />

invariato mentre al <strong>di</strong> sotto della zona tratteggiata la velocità varia da zero (alla parete) fino al 99%<br />

della velocità in<strong>di</strong>sturbata.<br />

La zona ove il <strong>di</strong>sturbo è manifesto e la velocità varia al <strong>di</strong> sotto del 99% del valore iniziale viene<br />

detta strato limine <strong>di</strong>namico. Essa caratterizza l‟azione <strong>di</strong> attrito e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>fica del profilo iniziale<br />

della velocità del fluido.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

5<br />

Se le con<strong>di</strong>zioni iniziali sono tipiche del regime laminare lo strato limite è detto laminare<br />

altrimenti è detto turbolento. Si osserva, però, che anche se lo strato limite è turbolento si ha sempre,<br />

nelle imme<strong>di</strong>ate vicinanze della parete, uno strato limite detto sublaminare nel quale è forte l‟azione <strong>di</strong><br />

attrito della parete e in esso il regime <strong>di</strong> moto è tipicamente laminare. Lo spessore, , dello strato<br />

limite <strong>di</strong>namico per il caso dello strato piano si <strong>di</strong>mostra essere proporzionale alla <strong>di</strong>stanza dal bordo<br />

<strong>di</strong> attacco e inversamente proporzionale al numero <strong>di</strong> Reynolds secondo la relazione:<br />

x<br />

4.92 [6]<br />

Re<br />

Il valore limite caratteristico per il passaggio dal regime laminare a quello turbolento è Re=5 .10 5 ,<br />

pertanto per valori inferiori ad esso si ha il regime laminare mentre per valori superiori si ha il regime<br />

turbolento. Un fenomeno analogo si ha nel moto all‟interno dei condotti. In questo caso il moto è<br />

confinato superiormente dalle pareti del condotto e quin<strong>di</strong> lo spessore non può crescere<br />

indefinitamente perché si ha il congiungimento sull‟asse degli strati limiti generati da pareti opposte.<br />

In Figura 4 si ha una presentazione schematica del fenomeno. Come si vede a partire da un<br />

certo punto lo strato limite <strong>di</strong>namico raggiunge l‟asse del condotto. A partire da questo punto il<br />

profilo <strong>di</strong> velocità si stabilizza. In figura sono anche rappresentate le zone laminari e quelle turbolente.<br />

La lunghezza <strong>di</strong> imbocco può essere stimata pari a 70 <strong>di</strong>ametri. Per condotti inferiori o comparabili con<br />

questa lunghezza (tubi corti) si hanno notevoli per<strong>di</strong>te per attrito (ve<strong>di</strong> §1.4.1) e quin<strong>di</strong> è opportuno<br />

evitarli. Il regime <strong>di</strong> moto è laminare, nei condotti circolari o ad essi assimilabili, per Re2900. Nell‟intervallo 2300 < Re < 2900 il moto si <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> transizione<br />

e, come già accennato, è opportuno evitarlo perché fortemente <strong>di</strong>ssipativo.<br />

1.3 LEGGI FONDAMENTALI DELLA FLUIDODINAMICA<br />

Scriviamo subito alcune equazioni valide in generale per il moto <strong>di</strong> qualunque fluido. Si è già<br />

parlato <strong>di</strong> questo argomento in Termo<strong>di</strong>namica Applicata ma si vuole qui presentare in forma organica<br />

l‟apparato matematico-fisico 3 che interessa le applicazioni delle quali si parlerà in seguito.<br />

1.3.1 EQUAZIONE DELL’ENERGIA PER I SISTEMI APERTI STAZIONARI<br />

Abbiamo già scritto l‟equazione dell‟energia in regime stazionario per i sistemi aperti che qui si<br />

ripete per como<strong>di</strong>tà:<br />

3 In questa breve introduzione si tralasciano le equazioni costitutive <strong>di</strong> Navier Stokes alle quali si rimanda per uno<br />

stu<strong>di</strong>o più approfon<strong>di</strong>to dell‟argomento.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

6<br />

w<br />

w<br />

2<br />

2 2<br />

2 1<br />

<br />

<br />

g z z h h q l [7]<br />

2 1 2 1<br />

Possiamo scrivere ancora la stessa equazione nella forma:<br />

2 2<br />

w2 w1<br />

h2 gz2 h1 gz1<br />

q l [8]<br />

2 2<br />

Pertanto la metalpia 4 o entalpia totale nella sezione <strong>di</strong> uscita 2 è pari alla somma della metalpia nella<br />

sezione <strong>di</strong> ingresso 1 più la somma algebrica (riferita alla convenzione dei segni per la Termo<strong>di</strong>namica)<br />

della quantità <strong>di</strong> calore e <strong>di</strong> lavoro scambiati per kg <strong>di</strong> fluido fra le due sezioni. Ciò, evidentemente,<br />

esprime in parole <strong>di</strong>verse il Primo Principio della Termo<strong>di</strong>namica o <strong>di</strong> Conservazione dell’energia.<br />

Qualora si desideri riferire la [7] ad una portata m si ha, per estensione <strong>di</strong>retta:<br />

2 2<br />

w2 w<br />

<br />

1<br />

m g z2 z1 h2 h1 m( q l)<br />

Q L<br />

2<br />

<br />

[9]<br />

<br />

<br />

ove è:<br />

mq Q il flusso termico totale scambiato, [W];<br />

ml L il lavoro totale effettuato, positivo se fatto dal fluido, [W].<br />

L‟equazione [9] è ancora il Primo Principio scritto in forma globale (regime stazionario).<br />

1.3.2 EQUAZIONE DI BERNOULLI PER I SISTEMI APERTI STAZIONARI<br />

L‟equazione dell‟energia [9] si può scrivere in una nuova forma che utilizza solamente termini<br />

meccanici e detta equazione <strong>di</strong> Bernoulli.<br />

Infatti se si ricorda che vale l‟equazione:<br />

2<br />

q h vdp<br />

[10]<br />

allora la [9] <strong>di</strong>viene:<br />

w<br />

w<br />

2 2<br />

2 1<br />

2<br />

da cui:<br />

w<br />

w<br />

2<br />

2 2<br />

2 1<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

1<br />

g z z h h h h vdp l<br />

2 1 2 1 2 1<br />

g z z vdp l 0<br />

2 1<br />

<br />

1<br />

2<br />

Il lavoro l può ancora essere espresso come somma del lavoro motore e del lavoro resistente (attrito):<br />

l l l<br />

[12]<br />

e pertanto si ha:<br />

w<br />

w<br />

2<br />

2 2<br />

2 1<br />

<br />

2 1<br />

m<br />

<br />

r<br />

<br />

1<br />

2<br />

2<br />

m r<br />

0 [13]<br />

1<br />

g z z vdp l l <br />

In questa equazione il lavoro motore è quello effettuato nel tratti 1-2 del condotto considerato<br />

ed analogamente l r è il lavoro resistivo (sempre presente) nello stesso tratto <strong>di</strong> condotto. Per flui<strong>di</strong><br />

incompressibili (quali l‟acqua o anche gli aeriformi a velocità piccole rispetto alla celerità del suono 5 e<br />

[11]<br />

4 Si definisce metalpia, o anche entalpia totale, la somma dei termini energetici h<br />

isolato che non scambia lavoro e calore essa rimane costante.<br />

w<br />

<br />

2<br />

5 Si <strong>di</strong>mostra (ve<strong>di</strong> Flui<strong>di</strong> comprimibili) che la celerità del suono è data dalla relazione c<br />

2<br />

gz<br />

<br />

H<br />

. Nel caso <strong>di</strong> condotto<br />

Fp<br />

<br />

K<br />

I <br />

per i gas a comportamento ideale. Se un gas si muove a velocità elevate (>0.1c) gli effetti della variazione <strong>di</strong> pressione<br />

s<br />

kRT


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

7<br />

in gran parte delle applicazioni si è certamente in queste con<strong>di</strong>zioni) la precedente relazione si può<br />

scrivere in forma più <strong>di</strong>retta, risolvendo l‟integrale che <strong>di</strong>pende dalla trasformazione che qui si<br />

suppone a v = costante:<br />

2 2<br />

w2 w1<br />

g z2 z1 v( p2 p1<br />

) lm<br />

lr<br />

0 [14]<br />

2<br />

L‟equazione [14] <strong>di</strong>viene:<br />

2 2<br />

w2 w1<br />

p2v2 gz2 p1v 1<br />

gz1<br />

lm<br />

lr<br />

[15]<br />

2 2<br />

2<br />

w<br />

In Idraulica si definisce piezometrica la somma pv gz ; quest‟ultima, sempre a condotto<br />

2<br />

isolato, si mantiene invariata passando dalla sezione 1 alla sezione 2 per un fluido ideale (resistenze<br />

interne nulle) mentre per un fluido reale viene <strong>di</strong>minuita del lavoro complessivamente svolto nel tratto<br />

<strong>di</strong> condotto.<br />

L‟applicazione delle precedenti equazioni [14] e [15] richiede che ci si riferisca ad un tubo <strong>di</strong> flusso<br />

<strong>di</strong> sezione molto piccola in modo che si possa parlare, senza commettere errore, <strong>di</strong> un‟unica velocità,<br />

un unico <strong>volume</strong> specifico, <strong>di</strong> una sola quota e proprietà termofisiche costanti nella sezione <strong>di</strong><br />

condotto considerata.<br />

Se, invece, la sezione del condotto è molto grande allora le variazioni dei parametri sono<br />

significative ed occorre riscrivere le precedenti equazioni in forma <strong>di</strong>fferenziale e poi integrate<br />

all‟intera sezione. In forma <strong>di</strong>fferenziale si ha, per l‟equazione dell‟energia:<br />

wdw gdz dh dq dl [16]<br />

e ancora:<br />

wdw gdz vdp dl dl 0<br />

[17]<br />

m<br />

Si vuole qui osservare che le due equazioni [16] e [17] sono solo apparentemente <strong>di</strong>verse: in<br />

realtà esse esprimono sempre il principio <strong>di</strong> Conservazione dell’energia già citato.<br />

Nell‟equazione dell‟energia [16] si hanno forme energetiche anche termiche mentre<br />

nell‟equazione <strong>di</strong> Bernoulli [17] si hanno solo forme energetiche meccaniche. Ma l‟equazione [10] lega<br />

le due forme <strong>di</strong> energia e pertanto solo apparentemente nella [11] si hanno termini meccanici poiché<br />

nel lavoro è anche presente il calore scambiato (anche per attrito visto che l r degrada in calore e si<br />

trasforma internamente al fluido in energia interna). In alcuni casi può essere utile vedere l‟equazione <strong>di</strong><br />

Bernoulli [14] in modo <strong>di</strong>verso per esaltarne alcune caratteristiche fisiche. Ad esempio se <strong>di</strong>vi<strong>di</strong>amo<br />

per l‟accelerazione <strong>di</strong> gravità g tutti i termini dell‟equazione [13] si ottiene:<br />

2 2<br />

w 2<br />

2<br />

w1<br />

v l<br />

2 1<br />

m<br />

l<br />

z z dp<br />

r<br />

0<br />

2g <br />

[18]<br />

1<br />

g g g<br />

Si osservi che ogni termine della [18] espresso nel S.I. è omogeneo a ad un‟altezza e quin<strong>di</strong> si<br />

esprime in metri . Si tenga ancora presente che nella [18] si ha:<br />

v 1 1<br />

g<br />

g<br />

<br />

[19]<br />

ove è il peso specifico del fluido (N/m³).<br />

Per la loro caratteristica unità <strong>di</strong> misura la precedente equazione è detta equazione delle altezze e i<br />

singoli termini sono detti:<br />

z 2 -z 1 altezza geometrica;<br />

r<br />

comportano anche sensibili effetti nella variazione della densità (o del <strong>volume</strong> specifico v) che non possono essere<br />

trascurati. La Gas<strong>di</strong>namica si occupa <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> flui<strong>di</strong> detti compressibili e che trovano grande riscontro in Aeronautica ed<br />

Astronautica.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

8<br />

<br />

<br />

<br />

w w<br />

2g<br />

v dp<br />

g<br />

2 2<br />

2 1<br />

altezza <strong>di</strong>namica;<br />

2<br />

altezza <strong>di</strong> pressione<br />

1<br />

lr<br />

zr<br />

altezza <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> carico per attrito.<br />

g<br />

Qualche volta è anche comodo scrivere l‟equazione <strong>di</strong> Bernoulli [14] in termini <strong>di</strong> pressione:<br />

2 2<br />

w2 w1<br />

p2 gz2 p1 gz1<br />

lm<br />

lr<br />

[20]<br />

2 2<br />

In questo caso ogni termine della [20] è omogeneo ad una pressione e quin<strong>di</strong> si esprime in<br />

termini <strong>di</strong> Pascal ([Pa]=[N/m²]). Dalla [20] si può ancora ricavare un‟interessante espressione molto<br />

utile nelle applicazioni future:<br />

2 2<br />

w1 w2<br />

p2 p1 g( z1 z2)<br />

pm<br />

pr<br />

[21]<br />

2<br />

Quin<strong>di</strong> la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> pressione (primo membro) è dovuta alla somma <strong>di</strong> tre effetti: la caduta<br />

cinetica più la caduta gravimetrica più la caduta per lavoro (motore e resistivo).<br />

Data l‟arbitrarietà nello scegliere le sezioni 1 e 2 si può fare in modo che il lavoro motore non<br />

sia presente nel bilancio [20] e pertanto possiamo scrivere che la caduta <strong>di</strong> pressione in un tratto <strong>di</strong><br />

condotto è data dalla relazione:<br />

2 2<br />

w2 w1<br />

p1 p2 g( z2 z1)<br />

pr<br />

[22]<br />

2<br />

1.4 LE PERDITE DI PRESSIONE PER ATTRITO<br />

Le per<strong>di</strong>te per attrito sono dovute essenzialmente a due cause: le per<strong>di</strong>te per attrito <strong>di</strong>stribuito<br />

(dovute all’interazione fra fluido e pareti) e per<strong>di</strong>te per attrito concentrato (dovute a bruschi cambiamenti <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>rezione o per la presenza <strong>di</strong> ostruzioni lungo tratti molto piccoli <strong>di</strong> condotto).<br />

1.4.1 PERDITE PER ATTRITO DISTRIBUITO<br />

Per calcolare p r per attrito <strong>di</strong>stribuito occorre utilizzare la relazione <strong>di</strong> Weissbach -Darcy:<br />

2<br />

lw<br />

pa<br />

<br />

[23]<br />

d 2<br />

ove è detto fattore <strong>di</strong> attrito <strong>di</strong>stribuito. La [23] ci <strong>di</strong>ce che le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong>stribuite sono <strong>di</strong>rettamente<br />

proporzionali alla lunghezza del condotto e all‟energia cinetica per unità <strong>di</strong> <strong>volume</strong> e sono<br />

inversamente proporzionali al <strong>di</strong>ametro del condotto. Il fattore <strong>di</strong> attrito è funzione dai seguenti<br />

parametri:<br />

, w, d, ,<br />

e [24]<br />

<br />

ove:<br />

è la densità del fluido, [kg/m³];<br />

w è la velocità del fluido, [m/s];<br />

d è il <strong>di</strong>ametro del condotto, [m];<br />

è la viscosità <strong>di</strong>namica del fluido, [kg.s/m²];<br />

e è la scabrezza assoluta, [m].<br />

La scabrezza assoluta è l‟altezza delle singole asperità superficiali presenti nel condotto.<br />

Esse sono sempre presenti, qualunque sia il grado <strong>di</strong> finitura superficiale del condotto; in alcuni<br />

casi, tubi per <strong>impianti</strong>stica in genere, si hanno valori assoluti molto piccoli tanto da far ritenere questi<br />

condotti come lisci, cioè privi <strong>di</strong> asperità. E‟ comunque una semplificazione <strong>di</strong> calcolo.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

9<br />

Applicando il Teorema <strong>di</strong> Buckingam 6 alla [24], assumendo come unità fondamentali [M,L,T] e<br />

ipotizzando una funzione monomia 7 del tipo:<br />

a b c f g<br />

C w d e [25]<br />

con le <strong>di</strong>mensioni:<br />

=[ML -3 ]<br />

[w]=[LT -1 ];<br />

[d]=[L];<br />

[e]=[L]<br />

[]=[ML -1 T -1 ]<br />

]=[1]<br />

si perviene alla seguente equazione <strong>di</strong> omogeneità <strong>di</strong>mensionale<br />

da cui deriva il sistema:<br />

3<br />

a<br />

1<br />

b c 1 1<br />

f<br />

1 C ML LT L ML T L<br />

[26]<br />

0 a<br />

f<br />

Per M<br />

<br />

0 3 a b c f g Per L<br />

0 b f<br />

Per T<br />

Si hanno 5 incognite e 3 equazioni in<strong>di</strong>pendenti (minore caratteristico pari a 3) e quin<strong>di</strong> si<br />

possono avere infinito elevato a 5-3=2 soluzioni.<br />

Scelte due variabili in<strong>di</strong>pendenti e risolvendo il sistema si trova che la [25] <strong>di</strong>viene:<br />

m<br />

wd<br />

e<br />

<br />

C <br />

<br />

d<br />

<br />

<br />

n<br />

g<br />

[27]<br />

I gruppi <strong>di</strong>mensionali sono, quin<strong>di</strong>:<br />

wd wd<br />

Re <br />

<br />

Numero <strong>di</strong> Reynolds;<br />

e<br />

scabrezza relativa.<br />

d<br />

Possiamo scrivere la [27] nella forma:<br />

C Re m <br />

n<br />

[28]<br />

Una relazione che rispetta il legame funzionale della [28] è la relazione esplicita <strong>di</strong> Haaland:<br />

1.11<br />

1 <br />

6.9<br />

1.8log<br />

<br />

[29]<br />

3.7 d Re <br />

Per tubi lisci si può utilizzare la relazione <strong>di</strong> Weissbach:<br />

0.2<br />

0.184 Re<br />

[30]<br />

valida per<br />

2 10 Re 3 10<br />

0.316Re<br />

[31]<br />

<br />

4<br />

<br />

5<br />

. Un‟altra relazione valida per tubi lisci è quella <strong>di</strong> Blasius 8 :<br />

0.25<br />

6 L‟analisi a<strong>di</strong>mensionale qui presentata è una semplificazione della trattazione generale tramite le equazioni <strong>di</strong><br />

Navier Stokes già vista nel corso <strong>di</strong> Trasmissione del Calore. Quanto qui presentato vuole essere un rapido richiamo ed una<br />

presentazione <strong>di</strong> un nuovo punto <strong>di</strong> vista semplificato.<br />

7 Si ricor<strong>di</strong> che la <strong>di</strong>pendenza <strong>di</strong> tipo monomiale non è necessaria ma viene qui ipotizzata per semplificare la<br />

trattazione.<br />

8 Per acqua a 70 °C si ha la comoda relazione:<br />

Re = 2385 w d<br />

Con velocità espressa in m/s e il <strong>di</strong>ametro interno del condotto in mm.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

10<br />

4 5<br />

valida per 10 Re 5 10 .<br />

Il calcolo del fattore <strong>di</strong> attrito può agevolmente essere effettuato utilizzando l‟abaco <strong>di</strong> Moody<br />

riportato nella Figura 5. In esso abbiamo in ascissa il numero <strong>di</strong> Reynolds (Re), in coor<strong>di</strong>nate<br />

logaritmiche, e in or<strong>di</strong>nate il fattore <strong>di</strong> attrito .<br />

Nella zona relativa al regime laminare (Re2900) è ben visibile la <strong>di</strong>pendenza, oltre da Re, da . Tuttavia osservando le curve al<br />

variare <strong>di</strong> si può notare che non varia più con Re a partire da una certa ascissa per ogni valore della<br />

scabrezza relativa. In effetti una curva trasversale ben in<strong>di</strong>cata nella Figura 5 in<strong>di</strong>vidua due zone: nella<br />

prima (a sinistra) varia sia con Re che con mentre nella seconda (a destra, detta anche regione <strong>di</strong><br />

turbolenza completa) varia solo con . Dalla [23] si può ancora ricavare il lavoro perduto per attrito<br />

<strong>di</strong>stribuito dato da:<br />

2<br />

lw<br />

lrd<br />

<br />

[33]<br />

d 2<br />

le cui unità sono [J/kg] essendo sempre omogeneo ad un lavoro specifico.<br />

Figura 5: Abaco <strong>di</strong> Moody<br />

La scabrezza relativa in<strong>di</strong>cata in Figura 5 <strong>di</strong>pende dal tipo <strong>di</strong> tubazione.<br />

Materiale costituente la tubazione<br />

<br />

Vetro 0,001÷0,002<br />

PVC, PEAD, PP 0,002÷0,004<br />

Rame, Ottone 0,004÷0,01<br />

Alluminio 0,015÷0,05<br />

Acciaio zincato 0,02÷0,03<br />

Acciaio saldato nuovo 0,04÷0,1


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

11<br />

Acciaio trafilato nuovo 0,2÷0,5<br />

Acciaio incrostato e corroso 0,2÷1,0<br />

Acciaio trafilato in uso 0,6÷1,2<br />

Ghisa nuova 0,6÷1,2<br />

Ghisa in uso 2÷4<br />

Ghisa centrifugata in uso 2÷4<br />

Ghisa in uso da vari anni 3,5÷6<br />

Ghisa incrostata 6÷10<br />

Tabella 2: Valori me<strong>di</strong> del coefficiente <strong>di</strong> scabrezza relativa<br />

Ai fini delle applicazioni <strong>impianti</strong>stiche si fa spesso l‟ipotesi che i tubi in ferro mannesmann, i<br />

tubi zincati o in rame siano lisci e che pertanto valgano le relazioni ridotte <strong>di</strong> Weissbach [30] e <strong>di</strong> Blasius<br />

[31] sopra descritte per il calcolo del fattore <strong>di</strong> attrito in regime turbolento. Per gli altri casi si<br />

utilizzano le relazioni più complete e complesse quali la [29] <strong>di</strong> Colebrook:<br />

1 2.51 <br />

2Log<br />

<br />

[34]<br />

Re<br />

3.71d<br />

<br />

Questa relazione è data in forma implicita (cioè è funzione <strong>di</strong> sé stessa) e richiede una risoluzione<br />

numerica iterativa, contrariamente a quella <strong>di</strong> Haaland che è esplicita ma che fornisce un errore<br />

inferiore al 3% (accettabilissimo nelle applicazioni pratiche). La relazione <strong>di</strong> Colebrook può essere utilizzata<br />

anche per tubi lisci (=0) per regimi turbolenti con Re oltre 10 5 ÷10 6 (relazioni <strong>di</strong> Weissbach e Blasius). In<br />

questo caso la relazione, ancora implicita, <strong>di</strong>viene (Prandtl – Von Karmann – Nikuradze):<br />

1 2.51 <br />

2Log<br />

<br />

[35]<br />

Re<br />

<br />

Nella zona <strong>di</strong> regime <strong>di</strong> transizione (cioè fra 2300 < Re < 2900) si applica ancora la relazione<br />

implicita <strong>di</strong> Colebrook:<br />

1 2.51 <br />

2Log<br />

<br />

Re<br />

3.71d<br />

<br />

Qualora il regime <strong>di</strong> moto sia turbolento, detto anche regime idraulico sviluppato, cioè quando risulta:<br />

200<br />

Re <br />

<br />

d<br />

allora si può porre:<br />

1<br />

<br />

2Log<br />

[36]<br />

3.71d<br />

e pertanto il fattore <strong>di</strong> attrito <strong>di</strong>pende solo dalla scabrezza relativa e non da Re.<br />

1.4.2 PERDITE PER ATTRITO CONCENTRATO<br />

Le per<strong>di</strong>te per attrito concentrato (dette anche per<strong>di</strong>te localizzate) sono espresse dalla relazione <strong>di</strong><br />

Darcy per il lavoro resistivo:<br />

2<br />

w<br />

lrc<br />

c<br />

[37]<br />

2<br />

e per le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione:<br />

2<br />

w<br />

pc<br />

c [38]<br />

2


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

12<br />

Il fattore c è detto <strong>di</strong> Darcy e varia in funzione del tipo <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta localizzata esaminata. Spesso si<br />

utilizza un modo <strong>di</strong>verso per esprimere l c o p c ricorrendo al concetto <strong>di</strong> lunghezza equivalente. Si<br />

suppone, infatti, <strong>di</strong> avere un tratto <strong>di</strong> condotto lungo l’ in modo da avere per<strong>di</strong>te <strong>di</strong>stribuite pari alla<br />

per<strong>di</strong>ta localizzata che si desidera eguagliare, cioè si pone:<br />

2 2<br />

l ' w w<br />

c<br />

d 2 2<br />

dalla quale deriva:<br />

d<br />

l'<br />

c [39]<br />

<br />

e quin<strong>di</strong> la lunghezza equivalente è funzione del fattore <strong>di</strong> Darcy, del <strong>di</strong>ametro del condotto e del<br />

fattore <strong>di</strong> attrito. Nei manuali si hanno tabelle o nomogrammi che consentono <strong>di</strong> avere sia il fattore <strong>di</strong><br />

Darcy che la lunghezza equivalente. Nella Figura 6 si hanno alcune per<strong>di</strong>te per il fitting (raccorderia) per<br />

le tubazioni utilizzate negli <strong>impianti</strong> idro-termo-sanitari.<br />

Nella Figura 7 si hanno i fattori <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta per alcuni tipi <strong>di</strong> valvolame utilizzato nello stesso tipo<br />

<strong>di</strong> Impianti Termotecnici. Nella Figura 11 si hanno i fattori <strong>di</strong> Darcy e le lunghezze equivalenti per alcuni<br />

componenti <strong>di</strong> Impianti Termotecnici. Nelle seguenti tabelle si hanno i valori più ricorrenti per<br />

l‟<strong>impianti</strong>stica <strong>di</strong> riscaldamento e con<strong>di</strong>zionamento.<br />

DIRAMAZIONI<br />

Lungo il tronco che si <strong>di</strong>rama a T 1.5<br />

Idem ma con angolo a 90° 0.75<br />

Lungo il tronco che confluisce a T 1.0<br />

Idem ma con angolo a 90° 0.5<br />

Lungo i due tronchi con una doppia <strong>di</strong>ramazione a T 3.0<br />

Idem ma con curve <strong>di</strong> raccordo 2.0<br />

Lungo i due tronchi con una doppia confluenza a T 3.0<br />

Idem ma con curve <strong>di</strong> raccordo 2.0<br />

Lungo la linea principale che non cambia sezione 0.0<br />

Lungo la linea principale che cambia sezione 0.5<br />

VARIAZIONI DI DIAMETRO<br />

Restringimento brusco 0.5<br />

Restringimento raccordato (valore me<strong>di</strong>o) 0.35<br />

Allargamento brusco 1.0<br />

Allargamento raccordato (valore me<strong>di</strong>o) 0.75<br />

COMPONENTI<br />

Ra<strong>di</strong>atore 3.0<br />

Caldaia 3.0<br />

Piastra 4.5<br />

Tabella 3: Valori sperimentali del fattore <strong>di</strong> Darcy per alcune per<strong>di</strong>te localizzate<br />

RACCORDERIA E VALVOLAME<br />

D<br />

8÷16 mm<br />

D<br />

18÷28 mm<br />

D<br />

> 28 mm<br />

Gomito a 90° 2.0 1.5 1.0<br />

Curva a 90° normale 1.5 1.0 0.5<br />

Curva a 90 ° larga 1.0 0.5 0.3<br />

Doppio gomito a 180 ° 3.0 2.0 1.5<br />

Curva a 180° normale 2.0 1.5 1.0<br />

Saracinesca a passaggio pieno 0.2 0.2 0.1


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

13<br />

Saracinesca a passaggio ridotto 1.2 1.0 0.8<br />

Valvola inclinata a Y 4.5 4.0 3.5<br />

Valvola a sfera a passaggio pieno 0.2 0.2 0.1<br />

Valvola sfera a passaggio ridotto 1.5 1.0 0.8<br />

Valvola a d angolo 4.0 4.0 3.0<br />

Valvola <strong>di</strong> ritegno a Clapet 3.0 2.0 1.0<br />

Valvola a farfalla 3.0 2.0 1.5<br />

Valvola a tre vie 10.0 10.0 8.0<br />

Valvola a quattro vie 6.0 6.0 4.0<br />

Tabella 4: Valori del fattore <strong>di</strong> Darcy per la raccorderia e Valvolame<br />

Si osservi come tali fattori <strong>di</strong>pendono anche dal <strong>di</strong>ametro della tubazioni in cui tale resistenze concentrate<br />

sono inserite. Di questo fatto si dovrà tener conto allorquando parleremo dei criteri per il<br />

<strong>di</strong>mensionamento delle reti idriche per l‟<strong>impianti</strong>stica. Analoghe tabelle si hanno per il moto dell‟aria<br />

nei canali <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione.<br />

Nella Figura 12 si hanno le per<strong>di</strong>te localizzate per una curva <strong>di</strong> un canale d‟aria a sezione<br />

rettangolare. Analogamente nella Figura 13 si hanno le per<strong>di</strong>te localizzate per una curva in canali a<br />

sezione circolare. Nella Figura 14 e nella Figura 15 si hanno i fattori <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta localizzata per varie<br />

tipologie (curve, raccor<strong>di</strong>, separazioni, unioni, ….) per canali d‟aria.<br />

Si osservi come in alcuni casi si ha solamente i fattore <strong>di</strong> Darcy e in altri la sola lunghezza<br />

equivalente (magari espressa in numero <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametri o <strong>di</strong> altra grandezza geometrica caratteristica del<br />

canale) o in altri ancora entrambi i parametri.<br />

1.4.3 TEOREMA DI BORDA – CARNOT<br />

Fra le per<strong>di</strong>te concentrate rivestono particolare importanza le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> imbocco nel condotto e <strong>di</strong><br />

sbocco dal condotto. Si <strong>di</strong>mostra per allargamenti o restringimenti bruschi (teorema <strong>di</strong> Borda – Carnot) la<br />

per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> pressione vale:<br />

w<br />

2<br />

2<br />

w1<br />

p<br />

<br />

[40]<br />

2<br />

e quin<strong>di</strong> la per<strong>di</strong>ta è data dalla variazione cinetica corrispondente alla variazione <strong>di</strong> sezione<br />

considerata. Se il fluido è fermo in un recipiente allora w 1 =0 e quin<strong>di</strong> risulta:<br />

2<br />

w<br />

pimbocco<br />

<br />

[41]<br />

2<br />

Analogamente se il fluido sbocca in un grande recipiente nel quale la velocità finale è nulla.<br />

1.4.4 DIAMETRO EQUIVALENTE AI FINI DELLA PORTATA<br />

Le relazioni finora riportate utilizzano il <strong>di</strong>ametro del condotto quale elemento geometrico <strong>di</strong><br />

riferimento. Spesso, però, occorre utilizzare sezioni aventi geometria <strong>di</strong>versa e/o più complessa <strong>di</strong><br />

quella circolare. Ad esempio sono molto utilizzate le sezioni rettangolari per i canali d‟aria o si<br />

possono configurare geometrie più complesse negli scambiatori <strong>di</strong> calore (ad esempio a sezione<br />

esagonale per meglio riempire una sezione <strong>di</strong> passaggio). Ci chie<strong>di</strong>amo allora se è possibile definire<br />

una grandezza <strong>di</strong> riferimento per qualsivoglia geometria in modo da potere continuare ad utilizzare le<br />

relazioni precedenti senza dover ricorrere a nuove riscritture e parzializzazioni. In effetti se ricor<strong>di</strong>amo<br />

l‟equazione <strong>di</strong> continuità (o <strong>di</strong> Leonardo) a regime stazionario per flui<strong>di</strong> non compressibili:<br />

m w S [42]<br />

possiamo <strong>di</strong>re che una equivalenza fra geometrie si ha sulla base del valore dell‟area della<br />

superficie della sezione <strong>di</strong> passaggio S. Per la sezione circolare (supposta tutta bagnata dal fluido <strong>di</strong><br />

passaggio) è possibile scrivere:<br />

d P<br />

S d d<br />

[43]<br />

4 4


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

14<br />

dalla quale si può ricavare:<br />

4<br />

S<br />

d [44]<br />

P<br />

La [44] consente, allora, <strong>di</strong> esprimere il <strong>di</strong>ametro equivalente <strong>di</strong> una qualsivoglia sezione nella forma:<br />

4 Sezione<br />

_ Passaggio<br />

dequivalente<br />

[45]<br />

Contorno _ Bagnato<br />

E‟ bene che l‟Allievo ricor<strong>di</strong> questa definizione e si abitui ad usarla nel modo in<strong>di</strong>cato. Facciamo<br />

qualche esempio. Se utilizziamo una sezione rettangolare <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni a e b tutta bagnata dal fluido<br />

allora il <strong>di</strong>ametro equivalente è dato dalla relazione:<br />

4a b<br />

a b<br />

de<br />

2<br />

[46]<br />

2 a b a b<br />

Se l‟altezza a è piccola rispetto a b allora la [46] <strong>di</strong>viene:<br />

2 ab<br />

<br />

d<br />

2<br />

e<br />

a<br />

a<br />

b<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

Pertanto il <strong>di</strong>ametro equivalente è dato dalla somma delle due lati <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni minori e le<br />

per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione, per la [47], sono tanto maggiori quanto minore è l‟altezza a. Segue da quanto<br />

detto che utilizzare i canali a sezione rettangolare 9 non è sempre del tutto equivalente rispetto all‟uso dei<br />

canali circolari.<br />

1.4.5 DIAMETRO EQUIVALENTE AI FINI DELLA PERDITA DI PRESSIONE<br />

Un concetto <strong>di</strong>verso si ha quando ci pone il problema <strong>di</strong> determinare il <strong>di</strong>ametro equivalente non<br />

più solamente a pari portata <strong>di</strong> fluido bensì anche a pari per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> pressione. Lo sviluppo analitico è più<br />

complesso <strong>di</strong> quanto visto nel paragrafo precedente. Con riferimento alle geometrie circolari e<br />

rettangolari si perviene alla seguente relazione analitica:<br />

d<br />

'<br />

e<br />

1.3<br />

<br />

<br />

ab <br />

<br />

<br />

a<br />

b<br />

0.625<br />

0.250<br />

con <strong>di</strong>mensioni tute espresse, come si è soliti fare nelle applicazioni <strong>impianti</strong>stiche, in mm. Si fa<br />

osservare che, a parità <strong>di</strong> portata e <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> pressione, anche in conseguenza della [23], la velocità<br />

nel canale rettangolare è inferiore rispetto a quella che avrebbe nel canale a sezione circolare e quin<strong>di</strong><br />

la sezione del canale rettangolare equivalente deve essere maggiore <strong>di</strong> quella del canale circolare. Nei<br />

manuali specializzati è possibile avere la [48] anche sotto forma tabellare, come riportato nella Tabella<br />

9 e nella Figura 33.<br />

1.5 DIMENSIONAMENTO DELLE RETI DI CONDOTTI<br />

Quanto sin qui esaminato consente <strong>di</strong> affrontare il problema <strong>di</strong> progettare le reti <strong>di</strong> condotti. E‟<br />

questo un problema importante sia per l‟<strong>impianti</strong>stica termotecnica (riscaldamento e<br />

con<strong>di</strong>zionamento) che per quella idrica (sia per acqua fredda che calda <strong>di</strong> consumo) e antincen<strong>di</strong>o.<br />

Progettare una rete vuol <strong>di</strong>re, sostanzialmente, determinare i <strong>di</strong>ametri dei condotti che la<br />

compongono visto che le loro lunghezze sono, quasi sempre, un problema geometrico imposto dalla<br />

configurazione <strong>di</strong> impianto. Il problema presenta aspetti <strong>di</strong>versi a seconda che si abbiano circuiti aperti<br />

o circuiti chiusi.<br />

<br />

[47]<br />

[48]<br />

9 I canali circolari sono quelli che hanno per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione minore, a parità <strong>di</strong> portata, rispetto a qualsivoglia<br />

altra geometria. Purtroppo non è agevole sistema questi canali all‟interno delle abitazioni poiché si verrebbe ad abbassare<br />

notevolmente l‟altezza utile dei vani ove questi canali passano. Si utilizzano, quin<strong>di</strong>, le sezioni rettangolari che presentano il<br />

grosso vantaggio <strong>di</strong> potere fissare liberamente l‟altezza e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> ridurre l‟inconveniente sopra in<strong>di</strong>cato. Ad esempio una<br />

sezione rettangolare <strong>di</strong> 300x1200 mm equivale ad una sezione circolare <strong>di</strong> 480 mm: si vede bene come l‟abbassamento <strong>di</strong><br />

un eventuale controsoffitto ponga minori problemi con il canale rettangolare che non con quello circolare.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

15<br />

1.5.1 COLLEGAMENTO IN SERIE DEI CONDOTTI<br />

Si ha un collegamento in serie quando la portata <strong>di</strong> fluido che attraversa i condotti è sempre la<br />

stessa, come in<strong>di</strong>cato in Figura 16. Ciascuno dei condotti ha suoi parametri: <strong>di</strong>ametro, velocità e fattori<br />

<strong>di</strong> attrito (<strong>di</strong>stribuito e localizzato). Se in<strong>di</strong>chiamo con l t1 ed l t2 le lunghezze totali somma <strong>di</strong> quelle reali<br />

(responsabili delle per<strong>di</strong>te per attrito <strong>di</strong>stribuito) e quelle equivalenti <strong>di</strong> tutte le resistenze localizzate<br />

presenti in ciascun condotto, allora possiamo applicare la [33] e scrivere 10 :<br />

2 2<br />

lt1 w1 lt2<br />

w2<br />

ptotale pt1 p t 2 1 2<br />

d1 2 <br />

<br />

d2<br />

2<br />

[49]<br />

<br />

<br />

Possiamo scrivere <strong>di</strong>versamente la [49] esprimendo la velocità in funzione della portata<br />

me<strong>di</strong>ante l‟equazione <strong>di</strong> continuità [42]. Infatti si ha:<br />

2<br />

m w S w d [50]<br />

4<br />

da cui deriva:<br />

4 m<br />

w m k<br />

[51]<br />

2 2<br />

d d<br />

ove k in<strong>di</strong>ca un valore costante 4 <br />

caratteristico del fluido che scorre nel condotto.<br />

Figura 6: Per<strong>di</strong>te localizzate per la raccorderia delle tubazioni<br />

10 Si ricor<strong>di</strong> che l=p.v e pertanto risulta p=l.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

16<br />

Figura 7: Per<strong>di</strong>te localizzate per alcuni tipi <strong>di</strong> valvole per tubazioni<br />

Figura 8: Lunghezze equivalenti <strong>di</strong> alcune resistenze localizzate


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

17<br />

Figura 9: Lunghezze equivalenti <strong>di</strong> alcuni tipi <strong>di</strong> valvole<br />

Figura 10: Lunghezze equivalenti per bruschi allargamenti o restringimenti


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

18<br />

Figura 11: Per<strong>di</strong>te localizzate in alcuni componenti <strong>di</strong> impianto<br />

Tenendo conto della [51] la [49] <strong>di</strong>viene:<br />

lt1 1 l<br />

2<br />

1 <br />

t<br />

ptotale pt1 pt<br />

2<br />

1 4 2<br />

k m<br />

4 <br />

d1 2d<br />

d<br />

1<br />

2<br />

2d<br />

2<br />

<br />

che possiamo ancora or<strong>di</strong>nare nella forma:<br />

2<br />

p ( R R ) k m [52]<br />

totale<br />

1 2<br />

avendo in<strong>di</strong>cata con resistenza totale fluido<strong>di</strong>namica <strong>di</strong> ciascun tratto l‟espressione:<br />

l t<br />

5<br />

R K<br />

[53]<br />

d<br />

<strong>di</strong>pendente solamente dai parametri fluido<strong>di</strong>namici del tratto <strong>di</strong> condotto considerato. In K sono<br />

inglobati tutti i valori costanti numerici. Si conclude che per condotti in serie <strong>di</strong> sommano le resistenze<br />

fluido<strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> ciascun tratto.<br />

1.5.2 COLLEGAMENTO IN PARALLELO DEI CONDOTTI<br />

Si ha un collegamento in parallelo quando i vari rami partono e arrivano tutti negli stessi punti e<br />

pertanto quando la caduta <strong>di</strong> pressione ai loro estremi è costante, come in<strong>di</strong>cato in Figura 17.<br />

Adesso la portata entrante in A si <strong>di</strong>vide in due: m<br />

1<br />

ed m<br />

2<br />

. L‟elemento comune ai due tronchi è<br />

la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> pressione p A -p B .Sempre applicando la [42] e la [23] si può scrivere:<br />

l m l<br />

p k K m<br />

2 <br />

5<br />

d d d<br />

2<br />

2<br />

[54]<br />

2


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

19<br />

Tabella 5: Calcolo rapido delle resistenze localizzate<br />

Allora la portata totale <strong>di</strong>viene:<br />

5 5<br />

d1 d <br />

2<br />

m m1 m2 p Y1 Y2 p A1 A2<br />

<br />

l1 l <br />

<br />

2 <br />

ove nella [55] si sono in<strong>di</strong>cate con A le aperture equivalenti dei singoli tronchi:<br />

5<br />

d<br />

A Y [56]<br />

l<br />

[55]<br />

Possiamo <strong>di</strong>re, per la [55], che per i circuiti in parallelo si sommano le aperture equivalenti <strong>di</strong> ogni<br />

ramo collegato.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

20<br />

Figura 12: Per<strong>di</strong>te localizzate per una curva a sezione rettangolare<br />

1.5.3 DIAMETRI NOMINALI DELLE TUBAZIONI<br />

Per le tubazioni in acciaio si hanno i dati riportati nella Tabella 6 per le tubazioni Gas e nella<br />

Tabella 7 per le tubazioni DIN.<br />

Tabella 6: Dati per tubazioni in acciaio Gas<br />

Per le tubazione in rame si hanno i dati <strong>di</strong> Tabella 8.<br />

1.6 DISPOSITIVI PER LA CIRCOLAZIONE DEI FLUIDI<br />

Prima <strong>di</strong> procedere alle problematiche del <strong>di</strong>mensionamento delle reti occorre fare un breve<br />

cenno alle macchine che consentono ai flui<strong>di</strong> <strong>di</strong> circolare: le pompe per i liqui<strong>di</strong> e le soffianti per gli<br />

aeriformi.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

21<br />

1.6.1 LE POMPE DI CIRCOLAZIONE<br />

Le pompe <strong>di</strong> circolazione sono <strong>di</strong> vario tipo a seconda dell‟esigenza <strong>impianti</strong>stica da sod<strong>di</strong>sfare.<br />

Non affronteremo in questa sede lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> questi componenti <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> in senso<br />

macchinistico ma vedremo solamente gli elementi necessari alla loro utilizzazione in sede progettuale e<br />

<strong>impianti</strong>stica. Gli elementi che le caratterizzano sono:<br />

La portata <strong>volume</strong>trica q v [m³/s] o la portata massica m [kg/s];<br />

La prevalenza in termini <strong>di</strong> altezza <strong>di</strong> colonna <strong>di</strong> fluido, z [m], (equazione [18]) o <strong>di</strong> pressione, p<br />

[Pa], (equazione [21]);<br />

La potenza impressa al fluido, P i [W];<br />

Tabella 7: Dati per tubazioni in acciaio DIN<br />

Tabella 8: Dati per tubazioni in rame


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

22<br />

La potenza elettrica impegnata nel motore <strong>di</strong> alimentazione, [W];<br />

Il ren<strong>di</strong>mento espresso come rapporto fra la potenza ceduta al fluido e la potenza elettrica<br />

Pi<br />

impegnata nel motore <strong>di</strong> alimentazione: ;<br />

P<br />

L‟NPSH, altezza positiva netta <strong>di</strong> aspirazione, [m].<br />

La velocità <strong>di</strong> rotazione n (giri al secondo, [s -1 ].<br />

In Figura 21 si ha una rappresentazione tipica delle caratteristiche <strong>di</strong> una pompa <strong>di</strong> circolazione<br />

per una data velocità <strong>di</strong> rotazione (pompa centrifuga). In ascissa è in<strong>di</strong>cata la portata <strong>volume</strong>trica ma è<br />

anche possibile avere la portata massica 11 . La potenza elettrica impegnata è data da:<br />

P m g z q g z mvp q p<br />

<br />

P [57]<br />

v<br />

Per pompe <strong>di</strong> tipo centrifugo (quali sono le pompe alle quali ci riferiremo nel prosieguo) al<br />

variare del numero <strong>di</strong> giri della girante si hanno le seguenti relazioni:<br />

qv<br />

1<br />

n1<br />

<br />

qv2 n2<br />

2 [58]<br />

z1 p <br />

1<br />

n <br />

1<br />

<br />

z2 p2 n2<br />

<br />

per le quali si può supporre, con buona approssimazione, 1 = 2 .<br />

v<br />

Figura 13: Per<strong>di</strong>te localizzate per una curva a sezione circolare<br />

11 La portata <strong>volume</strong>trica è q v = wS mentre la portata ponderale è m wS q v<br />

.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

23<br />

Figura 14: Per<strong>di</strong>te localizzate per i raccor<strong>di</strong> dei canali d’aria


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

24<br />

Figura 15: per<strong>di</strong>te localizzate per variazione <strong>di</strong> sezione dei canali d’aria<br />

d1,w1,<br />

d2,w2,<br />

l1<br />

l2<br />

Figura 16: Collegamento in serie <strong>di</strong> condotti<br />

Queste relazioni risultano comode sia per costruire le curve caratteristiche al variare del numero<br />

<strong>di</strong> giri della girante, come rappresentato in Figura 23 che per mo<strong>di</strong>ficare i dati <strong>di</strong> impianto in sede <strong>di</strong><br />

bilanciamento 12 della rete.<br />

12 Si vedrà in seguito cosa si intende per bilanciamento <strong>di</strong> una rete. Adesso basti sapere che è un‟operazione<br />

complessa con la quale si cerca <strong>di</strong> equilibrare le portate nei vari rami <strong>di</strong> un circuito.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

25<br />

Tabella 9: Diametri equivalenti per sezioni rettangolari<br />

I Costruttori <strong>di</strong> circolatori sono soliti presentare una famiglia <strong>di</strong> componenti con caratteristiche<br />

tali da ricoprire aree <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong>verse. Le curve caratteristiche complessive formano una <strong>di</strong>agramma a<br />

zone (o anche a conchiglia) come in<strong>di</strong>cato in Figura 24.<br />

l1,d1,w1,<br />

A<br />

B<br />

l2,d2,w12<br />

Figura 17: Collegamento in parallelo dei circuiti


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

26<br />

Figura 18: Esempio <strong>di</strong> circolatori per acqua fredda e/o calda in versione singola o gemellata<br />

Figura 19: Schema <strong>di</strong> una elettropompa centrifuga<br />

Figura 20: Sezione <strong>di</strong> una elettropompa centrifuga


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

27<br />

Figura 21: Curve caratteristiche <strong>di</strong> una pompa <strong>di</strong> circolazione<br />

Figura 22: Zona <strong>di</strong> funzionamento ottimale <strong>di</strong> una pompa<br />

Figura 23: Curve caratteristiche al variare del numero <strong>di</strong> giri


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

28<br />

Figura 24: Diagramma a zone per le pompe <strong>di</strong> circolazione<br />

Come si può osservare, al variare della portata <strong>volume</strong>trica e della <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> pressione<br />

generata si hanno famiglie, in<strong>di</strong>cate con numeri, <strong>di</strong> curve in gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare le varie esigenze <strong>di</strong><br />

impianto.<br />

All‟interno <strong>di</strong> ogni zona numerata si hanno più curve caratteristiche del tipo in<strong>di</strong>cate in Figura<br />

23 al variare del numero <strong>di</strong> giri: questi vengono variati me<strong>di</strong>ante un reostato elettrico con tre o quattro<br />

posizioni (numeri <strong>di</strong> giri) possibili.<br />

In Figura 25 si hanno le curve caratteristiche reali dei circolatori <strong>di</strong> Figura 18 sia installati<br />

singolarmente che in parallelo.<br />

1.6.2 LE SOFFIANTI<br />

Per muovere i flui<strong>di</strong> aeriformi si utilizzano le soffianti (dette anche ventilatori). Esse sono macchine<br />

dotate <strong>di</strong> palette in grado <strong>di</strong> imprimere all‟aria (o al gas in generale) che l‟attraversa energia cinetica<br />

sufficiente a vincere le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione della rete (o canalizzazione) seguente. In conseguenza<br />

2<br />

dell‟incremento della velocità si ha un incremento della pressione <strong>di</strong>namica ( <br />

w<br />

2 ) che si aggiunge alla<br />

pressione statica prodotta.<br />

La somma della pressione statica e della pressione <strong>di</strong>namica è detta pressione totale della soffiante.<br />

Le curve caratteristiche <strong>di</strong> queste macchine sono del tipo in<strong>di</strong>cato in Figura 26.<br />

Vi sono due tipologie <strong>di</strong> soffianti: a pale in avanti e a pale in<strong>di</strong>etro.<br />

Esse si <strong>di</strong>versificano per la pressione totale che riescono a creare sul fluido. Le soffianti a pale in<br />

avanti sono utilizzate quando si richiedono elevate prevalenze.<br />

In Figura 27 si ha una fotografia <strong>di</strong> un ventilatore reale inserito all‟interno <strong>di</strong> un contenitore<br />

insonorizzato per ridurre la rumorosità trasmessa nei canali d‟aria che da esso si <strong>di</strong>partono.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

29<br />

Figura 25: Curve caratteristiche reali <strong>di</strong> circolatori singoli e in parallelo<br />

Ventilatori centrifughi con pale in avanti<br />

Questo tipo <strong>di</strong> ventilatore trova applicazione nelle Unità <strong>di</strong> Trattamento Aria costruite in serie e<br />

nelle quali la pressione statica prodotta non supera 1200 Pa (120 mm. c.a.).<br />

Questi ventilatori hanno una curva caratteristica piatta e quin<strong>di</strong> con ridotto incremento <strong>di</strong><br />

pressione con portate d‟aria inferiori. Hanno anche un ingombro ridotto e costo inferiore alle altre<br />

tipologie.<br />

Per contro questi ventilatori presentano un ren<strong>di</strong>mento inferiore rispetto agli altri tipi, la<br />

potenza assorbita dal motore aumenta proporzionalmente alla portata d‟aria trattata e pertanto il<br />

motore deve essere necessariamente <strong>di</strong>mensionato per la portata massima e protetto dai sovraccarichi.<br />

Inoltre questi ventilatori non sono in genere adatti in <strong>impianti</strong> con elevate per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico e<br />

quando si richiede una forte regolazione della portata d‟aria trattata.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

30<br />

Figura 26: Curve caratteristiche <strong>di</strong> una soffiante del tipo a pale in avanti<br />

Figura 27: Ventilatore nel suo contenitore insonorizzato<br />

Ventilatori centrifughi con pale rovesce<br />

Questo tipo <strong>di</strong> ventilatore viene impiegato nel caso si richiedano gran<strong>di</strong> portate e con pressioni<br />

statiche superiori a 1200 Pa. In alcuni casi (con portate elevate e quin<strong>di</strong> con gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni frontali)<br />

le pale rovesce sono sostituite da pale con profilo alare.<br />

Questi ventilatori hanno buoni ren<strong>di</strong>menti ed una curva caratteristica non soggetta a<br />

sovraccarichi: la potenza elettrica assorbita dal motore raggiunge un valore massimo per poi <strong>di</strong>minuire.<br />

Inoltre presentano buone capacità <strong>di</strong> adattamento alle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> carico desiderate.<br />

Per contro la curva caratteristica presenta una notevole pendenza e quin<strong>di</strong> generano un aumento<br />

rilevante della pressione quando la portata d‟aria varia.<br />

In genere la configurazione a pale rovesce necessita <strong>di</strong> un maggiore ingombro ed ha un maggior<br />

costo rispetto alle altre tipologie.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

31<br />

Ventilatori assiali<br />

Questi ventilatori hanno pale a passo variabile e vengono impiegati negli <strong>impianti</strong> con portate<br />

d‟aria molto elevate con pressioni statiche fini a 2000 Pa. Presentano un buon ren<strong>di</strong>mento ed una<br />

buona capacità <strong>di</strong> adattamento ai carichi grazie all‟orientabilità delle pale.<br />

Per contro la loro curva caratteristica presenta una pendenza notevole. La loro convenienza si<br />

ha nei modelli che consentono la variazione del passo con giranti in moto. Hanno un costo elevato e<br />

pertanto non sono convenienti per unità <strong>di</strong> trattamento aria <strong>di</strong> tipo standard.<br />

Figura 28: Curve caratteristiche <strong>di</strong> un ventilatore a pale in avanti


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

32<br />

Figura 29: Curve caratteristiche <strong>di</strong> un ventilatore a pale rovesce<br />

1.6.3 COLLEGAMENTI DI POMPE IN PARALLELO E IN SERIE<br />

Spesso occorre collegare fra loro due o più pompe per mo<strong>di</strong>ficare in modo opportuno le<br />

caratteristiche complessive. Se colleghiamo in parallelo due pompe della stessa famiglia si ottiene un<br />

gruppo che, operando a pari p perché in parallelo, consentono <strong>di</strong> avere portate doppie, come<br />

in<strong>di</strong>cato in Figura 31. Se si collegano due pompe in serie (stessa portata <strong>di</strong> fluido) le curve<br />

caratteristiche si mo<strong>di</strong>ficano come in<strong>di</strong>cato in Figura 32: a pari portata si ha un raddoppio della<br />

<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> pressione p generata.<br />

Pertanto il collegamento in serie o in parallelo può fornire curve caratteristiche complessive che<br />

meglio si adattano alle esigenze <strong>impianti</strong>stiche nei casi in cui non siano <strong>di</strong>sponibili a listino circolatori<br />

che rispondono <strong>di</strong>rettamente a queste esigenze perché si hanno portate <strong>volume</strong>triche troppo gran<strong>di</strong> o<br />

<strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> pressioni troppo elevate. Quanto detto per le pompe <strong>di</strong> circolazione si può applicare<br />

anche al collegamento in serie e in parallelo delle soffianti. Naturalmente sono da considerare con<br />

attenzione le problematiche sui collegamenti delle soffianti.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

33<br />

Figura 30: Curve caratteristiche <strong>di</strong> un ventilatore a pale rovesce a profilo alare<br />

Figura 31: Collegamento <strong>di</strong> pompe in parallelo


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

34<br />

Figura 32: Collegamento <strong>di</strong> pompe in serie<br />

1.7 DIMENSIONAMENTO DEI CIRCUITI APERTI<br />

In questo caso il fluido è spostato da punto ad un altro del circuito, come rappresentato in<br />

Figura 34: esso si porta dalla sezione 1 alla sezione 2 che può anche essere a quota <strong>di</strong>versa. Per il<br />

<strong>di</strong>mensionamento del condotto occorre utilizzare la [14] con la quale è possibile risolvere rispetto ad<br />

una incognita. Naturalmente per questo condotto vale l‟equazione <strong>di</strong> continuità [42]. I parametri in<br />

gioco sono:<br />

La portata <strong>di</strong> massa del fluido, m , [kg/s];<br />

La sezione <strong>di</strong> passaggio, S [m²], ovvero anche il <strong>di</strong>ametro, d [m], essendo S=0.25d 2 ;<br />

<br />

<br />

La caduta <strong>di</strong> pressione, p 1 -p 2 , [Pa];<br />

La velocità, w, del fluido [m/s].<br />

Si suppongono note le quote, z 1 e z 2 , delle due sezioni 1 e 2. In base alla [14] occorre conoscere<br />

le per<strong>di</strong>te per attrito (<strong>di</strong>stribuito più localizzato) che a loro volta <strong>di</strong>pendono dal <strong>di</strong>ametro (ve<strong>di</strong> [23] e<br />

[38]), ancora incognito, del condotto.<br />

Avendo due equazioni (la [14] e la [42]) si possono risolvere solo due incognite e pertanto le<br />

altre grandezze presente nelle due relazioni debbono essere note a priori o anche imposte me<strong>di</strong>ante<br />

opportuni criteri progettuali. Di solito, se è nota la portata <strong>di</strong> massa, si fissa la velocità massima che il<br />

fluido può avere nel condotto. Ciò per <strong>di</strong>verse ragioni fra le quali si ricorda la necessità <strong>di</strong> ridurre il<br />

lavoro <strong>di</strong> pompaggio (che <strong>di</strong>pende dal quadrato della velocità del fluido) e il rumore prodotto dal<br />

passaggio.<br />

I valori massimi consigliati sono <strong>di</strong> 1 m/s nel caso <strong>di</strong> condotti inseriti in ambienti sensibili nei<br />

quali non si desidera immettere rumorosità generata dal fluido, <strong>di</strong> 2÷4 m/s nel caso <strong>di</strong> condotte<br />

principali lontane da luoghi sensibili. Naturalmente fissare la velocità massima non significa avere<br />

esattamente questa velocità per il fluido: del resto l‟equazione <strong>di</strong> continuità risolve completamente il<br />

problema del <strong>di</strong>mensionamento poiché si ha:<br />

d <br />

4m<br />

w<br />

<br />

max<br />

In realtà così facendo dalla [14] si può trovare p 2 se si conosce p 1 .<br />

Se invece la caduta <strong>di</strong> pressione p è imposta allora la [14] consente <strong>di</strong> calcolare, unitamente<br />

all‟equazione d continuità, il <strong>di</strong>ametro e la velocità congruenti con i dati imposti.<br />

[59]


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

35<br />

Il problema risolutivo si ha nella [14] poiché le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione per attrito, p a , <strong>di</strong>pendono<br />

esse stesse dal <strong>di</strong>ametro del condotto e quin<strong>di</strong> non essendo esplicitabili <strong>di</strong>rettamente rappresentano<br />

esse stesse un‟altra incognita del problema o quanto meno si ha un‟equazione implicita che richiede<br />

più iterazioni <strong>di</strong> calcolo.<br />

Per facilitare il calcolo si suole scrivere la [14] in una forma più comoda per gli sviluppi futuri.<br />

Infatti si ha:<br />

2 2<br />

p w w<br />

H<br />

[60]<br />

l 2d d<br />

ove è detta per<strong>di</strong>ta specifica <strong>di</strong> pressione ([Pa/m] nel SI e [mm.ca/m] nel ST). Per la [42] si ha anche:<br />

2 2 2<br />

<br />

p w k<br />

m N<br />

m [61]<br />

5 5<br />

l 2d d d<br />

ed N in<strong>di</strong>ca un fattore ingloba i valori costanti della [61]. Se si prendono i logaritmi <strong>di</strong> ambo i<br />

membri della [61] e della [60] si hanno le equazioni:<br />

log<br />

2log w log d log H<br />

log<br />

2log m 5log d log N<br />

Queste due relazioni risultano comode per costruire un abaco del tipo riportato in Figura 35.<br />

Di questi abachi se ne hanno <strong>di</strong>versi a seconda del tipo <strong>di</strong> tubazioni o <strong>di</strong> fluido considerato.<br />

In Figura 36 si hanno le per<strong>di</strong>te specifiche <strong>di</strong> pressione per aria in canali circolari. In ciascuno <strong>di</strong><br />

questi abachi si hanno portate, per<strong>di</strong>te specifiche , velocità e <strong>di</strong>ametri dei condotti.<br />

Fissati due qualunque <strong>di</strong> questi parametri si possono determinare gli altri due.<br />

Il problema del <strong>di</strong>mensionamento del circuito aperto si risolve se, scelta la velocità massima e<br />

imposta la caduta <strong>di</strong> pressione per per<strong>di</strong>te <strong>di</strong>stribuite 13 , si trova, nota la lunghezza geometrica reale l<br />

del ramo, la per<strong>di</strong>ta specifica = p d /l.<br />

Dall‟abaco corrispondente al caso in esame si determina il <strong>di</strong>ametro (commerciale o equivalente)<br />

corrispondente.<br />

Poiché quasi mai il punto <strong>di</strong> selezione nell‟abaco corrisponde ad un <strong>di</strong>ametro commerciale allora<br />

occorre scegliere o il <strong>di</strong>ametro inferiore o quello superiore.<br />

Nel primo caso si avranno velocità e per<strong>di</strong>te specifiche maggiori <strong>di</strong> quella inizialmente imposta e<br />

nel secondo caso si ha l‟opposto.<br />

Fissato il <strong>di</strong>ametro commerciale desiderato si può adesso calcolare la caduta <strong>di</strong> pressione per le<br />

resistenze concentrate e verificare che sia:<br />

p p p<br />

[63]<br />

d<br />

c<br />

Qualora questa con<strong>di</strong>zione non sia rispettata occorre ripetere il calcolo con nuovi valori <strong>di</strong><br />

tentativo per p c fino a quando la [63] è verificata.<br />

Spesso i circuiti aperti collegano ambienti a quote <strong>di</strong>verse, come riportato in Figura 37, allora si<br />

può riportare in <strong>di</strong>agramma (ve<strong>di</strong> grafico in basso <strong>di</strong> Figura 37) in funzione della portata sia la caduta<br />

<strong>di</strong> pressione (espressa in metri come nell‟equazione [18]) che la variazione <strong>di</strong> quota.<br />

Poiché le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione sono proporzionali (ve<strong>di</strong> [23]) al quadrato della portata ne segue<br />

che tale curva è una parabola che parte dalla quota gravimetrica z 0 iniziale (ve<strong>di</strong> ancora Figura 37).<br />

[62]<br />

13 Poiché sussiste il problema implicito delle per<strong>di</strong>te localizzate funzioni del <strong>di</strong>ametro, si può in una prima fase<br />

assegnare un‟aliquota della caduta <strong>di</strong> pressione alle per<strong>di</strong>te <strong>di</strong>stribuite che sappiamo <strong>di</strong>pendono dalla lunghezza reale del<br />

circuito. Ad esempio si può, inizialmente, assegnare il 40% della p alle sole per<strong>di</strong>te <strong>di</strong>stribuite e quin<strong>di</strong> la <strong>di</strong>viene<br />

imme<strong>di</strong>atamente nota.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

36<br />

Figura 33: Abaco per la selezione dei <strong>di</strong>ametri equivalenti dei canali rettangolari<br />

2<br />

1<br />

Figura 34: Circuito aperto


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

37<br />

Figura 35: Per<strong>di</strong>te specifiche in tubi in acciaio con acqua a 80 °C


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

38<br />

Figura 36: Per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione in canali d’aria


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

39<br />

1.8 TIPOLOGIA DI CIRCUITI CHIUSI<br />

Figura 37: Circuiti aperti fra ambienti a <strong>di</strong>versa quota<br />

Si possono avere due tipologie <strong>di</strong> circuiti chiusi:<br />

Reti semplici, con mandata e ritorno separati (dette a ritorno <strong>di</strong>retto, come in Figura 38):<br />

<br />

Figura 38: Esempio <strong>di</strong> reti a ritorno <strong>di</strong>retto per estate e inverno<br />

Reti a ritorno inverso (dette anche ad anello <strong>di</strong> Tickelmann), ve<strong>di</strong> Figura 39, nelle quali il ritorno<br />

dai terminali avviene attraverso una tubazione inversa che rende quasi eguali le lunghezze totali<br />

dei vari circuiti. In pratica l‟anello inverso (detto anche a tre tubi) bilancia automaticamente le reti<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione equalizzando le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong>stribuite.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

40<br />

Figura 39: Reti a ritorno inverso<br />

1.9 DIMENSIONAMENTO DEI CIRCUITI CHIUSI<br />

Un circuito si <strong>di</strong>ce chiuso quando i punti iniziali e finali coincidono, come rappresentato in<br />

Figura 40. In essa con P si in<strong>di</strong>ca la pompa e V la valvola <strong>di</strong> intercettazione.<br />

L<br />

V<br />

H<br />

2<br />

1<br />

P<br />

Figura 40: Circuito chiuso<br />

L‟equazione <strong>di</strong> Bernoulli [14] porta ad avere (essendo 1 e 2 coincidenti):<br />

l l<br />

0 [64]<br />

m<br />

r<br />

e quin<strong>di</strong> il lavoro motore (effettuato dalla pompa) deve bilanciare il lavoro resistente (generato dagli<br />

attriti e dalle per<strong>di</strong>te localizzate). Le variazioni <strong>di</strong> quote e <strong>di</strong> velocità all‟interno dl circuito non<br />

influenzano questo bilancio. Per la valutazione del lavoro resistivo occorre utilizzare le relazioni <strong>di</strong><br />

Weissbach e Darcy. Vale ancora quanto detto a proposito dei circuiti aperti e sulle problematiche che si<br />

hanno nel <strong>di</strong>mensionamento dei circuiti. Anche in questo caso occorre rispettare <strong>di</strong>versi vincoli quali,<br />

la velocità massima, il lavoro fatto dalla pompa e, negli <strong>impianti</strong> termici, i bilanci energetici 14 relativi<br />

agli <strong>impianti</strong>, ….<br />

1.10 DIMENSIONAMENTO DI RETI PER ACQUA<br />

Spesso occorre progettare non un solo circuiti ma una rete complessa composta <strong>di</strong> più circuiti<br />

chiusi, caso tipico negli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> riscaldamento o <strong>di</strong> raffrescamento ad acqua. In Figura 41 si ha un<br />

semplice esempio schematico 15 <strong>di</strong> rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione composta da due circuiti, ciascuno che alimenta<br />

<strong>di</strong> due ra<strong>di</strong>atori.<br />

14 Negli <strong>impianti</strong> termici per il riscaldamento per l‟e<strong>di</strong>lizia si hanno tre <strong>di</strong>stinte fasi da realizzare: generare il calore<br />

necessario a riscaldare gli ambienti, trasportarlo in modo che ogni ambiente abbia la quantità necessaria e infine cederlo<br />

agli ambienti. Ogni fase, apparentemente <strong>di</strong>stinta dalle altre, con<strong>di</strong>ziona il corretto funzionamento degli <strong>impianti</strong>. E‟<br />

perfettamente inutile generare più calore se non si è in grado <strong>di</strong> trasportarlo agli ambienti perché la rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione è<br />

sotto<strong>di</strong>mensionata. Così pure è inutile trasportare più energia <strong>di</strong> quanto i terminali (ad esempio i ra<strong>di</strong>atori) non riescono a<br />

cedere agli ambienti. Nei circuiti idrici questi problemi non si hanno perché le reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione debbono solamente<br />

trasportare quanto necessario per i fabbisogni nei singoli ambienti.<br />

15 L‟Allievo tenga presente che nella figura mancano molti componenti circuitali che per semplicità non sono stati<br />

aggiunti, quali, ad esempio, il vaso <strong>di</strong> espansione, le valvole <strong>di</strong> regolazione e <strong>di</strong> intercettazione, …..


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

41<br />

A<br />

B<br />

R1<br />

Q1<br />

D<br />

Q3<br />

R3<br />

Circuito 1 Circuito 2<br />

C Q2<br />

R2<br />

F<br />

E<br />

Q4<br />

R4<br />

G<br />

C<br />

1 2<br />

P<br />

H<br />

Figura 41: Rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione<br />

La pompa <strong>di</strong> circolazione, P, è unica e pertanto la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> pressione che essa può<br />

generare è unica. Ne deriva che entrambi i circuiti debbono avere la stessa caduta <strong>di</strong> pressione, cioè il<br />

fluido partendo dalla bocca premente, 1, e ritornando nella bocca aspirante, 2, deve subire sempre la<br />

stessa caduta <strong>di</strong> pressione. I percorsi qui possibili sono ben quattro:<br />

Circuito 1: 1-A-B-R1-F-H-2- P<br />

Circuito 1: 1-A-C-R2-F-H-2- P<br />

<br />

<br />

Circuito 2: 1-A-D-R3-G-H-2- P<br />

Circuito 2: 1-A-E-R4-G-H-2- P<br />

A <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quanto avviene perle reti idriche nelle quali la portata è imposta dai fabbisogni<br />

richiesti nei punti <strong>di</strong> utenza, le reti tecnologiche debbono trasportare energia me<strong>di</strong>ante il fluido <strong>di</strong><br />

lavoro. Se, seguendo l‟esempio <strong>di</strong> una rete per riscaldamento domestico <strong>di</strong> Figura 41, si utilizza acqua<br />

calda, allora l‟energia che essa trasporta è data dalla relazione:<br />

Q c m T [65]<br />

p<br />

ove vale il solito simbolismo e con T si in<strong>di</strong>ca la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> temperatura del fluido fra la<br />

mandata e il ritorno. La [65] ci <strong>di</strong>ce che se vogliamo fornire ad ogni ra<strong>di</strong>atore la potenza richiesta (Q1,<br />

Q2,Q3,Q4) occorre che la portata d‟acqua, per determinato T che qui supponiamo costante 16 per<br />

semplicità, sia quello che l‟applicazione della [65] comporta.<br />

Si deve, in definitiva, fornire a ciascun ra<strong>di</strong>atore la portata necessaria:<br />

m Q<br />

<br />

[66]<br />

c T<br />

p<br />

e quin<strong>di</strong> avremo le portate termo<strong>di</strong>namiche m1 , m2 , m3 , m<br />

4<br />

. Sei ra<strong>di</strong>atori ricevono portate<br />

<strong>di</strong>verse essi non potranno fornire ali ambienti le quantità <strong>di</strong> calore richieste e quin<strong>di</strong> non si<br />

raggiungeranno le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> comfort desiderate. In pratica se si <strong>di</strong>mensiona male la rete si avrà<br />

anche un impianto <strong>di</strong> riscaldamento non funzionante secondo le specifiche <strong>di</strong> progetto.<br />

Calcolate le portate necessarie nei rami finali (cioè quelli che alimentano i ra<strong>di</strong>atori) si possono<br />

determinare, applicando semplicissime regole <strong>di</strong> congruenza, le portate nei singoli rami dei due circuiti:<br />

ad esempio per il caso esaminato si hanno le portate riportate nella seguente Tabella 10.<br />

16 Nella realtà occorre tenere conto del raffreddamento per <strong>di</strong>spersioni termiche del fluido nel passaggio dalla<br />

caldaia al ra<strong>di</strong>atore considerato. Se le tubazioni sono ben coibentate allora in una prima fase <strong>di</strong> calcolo si può trascurare<br />

questo <strong>di</strong>sper<strong>di</strong>mento e considerare che la temperatura <strong>di</strong> ingresso in ogni ra<strong>di</strong>atore sia costante e pari a quella <strong>di</strong> uscita<br />

dalla caldaia. La Legge 10/91 e il DPR 412/93 impongono le modalità <strong>di</strong> isolamento e tengono conto dei <strong>di</strong>sper<strong>di</strong>menti<br />

me<strong>di</strong>ante un ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione (si rimanda allo stu<strong>di</strong>o della L. 10/91 per l‟approfon<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> questo argomento).


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

42<br />

RAMO<br />

PORTATA<br />

1-A m‟‟ 1 +m‟‟ 2 +m‟‟ 3 +m‟‟ 4<br />

A-D m‟‟ 3 +m‟‟ 4<br />

D-R3 m‟‟ 3<br />

R3-G m‟‟ 3<br />

G-H m‟‟ 3 +m‟‟ 4<br />

H-2 m‟‟ 1 +m‟‟ 2 +m‟‟ 3 +m‟‟ 4<br />

2-P m‟‟ 1 +m‟‟ 2 +m‟‟ 3 +m‟‟ 4<br />

D-E m‟‟ 4<br />

E-R4 m‟‟ 4<br />

R4-G m‟‟ 4<br />

A-B m‟‟ 1 +m‟‟ 2<br />

B-R1 m‟‟ 1<br />

R1-F m‟‟ 1<br />

F-H m‟‟ 1 +m‟‟ 2<br />

B-C m‟‟ 2<br />

C-R2 m‟‟ 2<br />

R2-F m‟‟ 2<br />

Tabella 10: Calcolo delle portate nei singoli rami<br />

Adesso il problema del progetto della rete è quello <strong>di</strong> determinare i <strong>di</strong>ametri dei singoli condotti<br />

in modo che si abbiano le portate desiderate nei singoli rami. Si hanno due criteri principali che<br />

possono essere adottati e che qui brevemente si illustrano.<br />

Metodo del ramo Principale<br />

Il criterio qui seguito per il <strong>di</strong>mensionamento della rete è noto come metodo del ramo<br />

principal e consiste nel ritenere ogni circuito in<strong>di</strong>pendente dagli altri, salvo le congruenze <strong>di</strong> portate e<br />

pressioni, e <strong>di</strong> calcolare i circuiti partendo da quello più sfavorito. Il circuito più sfavorito è <strong>di</strong> solito<br />

quello <strong>di</strong> maggiore sviluppo in lunghezza ma questa regola non è sempre verificata poiché si possono<br />

avere circuiti <strong>di</strong> minore lunghezza ma con resistenze localizzate <strong>di</strong> maggior peso. Più correttamente si<br />

può <strong>di</strong>re che il circuito più sfavorito è quello che ha la maggiore lunghezza equivalente.<br />

Sfortunatamente la lunghezza equivalente non è calcolabile a priori poiché non sono noti i<br />

<strong>di</strong>ametri dei condotti e quin<strong>di</strong> il criterio guida per la scelta rimane quello della maggiore lunghezza<br />

geometrica, salvo poi a verificare l‟ipotesi fatta calcolando le lunghezze equivalenti. Il circuito più<br />

sfavorito viene <strong>di</strong>mensionato con uno dei criteri che si illustreranno nel prosieguo (a velocità costante o<br />

a per<strong>di</strong>ta specifica <strong>di</strong> pressione costante). Dopo il <strong>di</strong>mensionamento <strong>di</strong> questo circuito molti rami<br />

della rete sono già <strong>di</strong>mensionati e sono note le pressioni in corrispondenza dei no<strong>di</strong> comuni al circuito<br />

più sfavorito e pertanto si possono <strong>di</strong>mensionare gli altri circuiti (in genere la parte restante dei rami<br />

non comuni dei vari circuiti) con gli stessi criteri <strong>di</strong> progettazione.<br />

Criterio a velocità costante<br />

In questo caso si fissa la velocità massima che si desidera avere in ogni ramo, così come in<strong>di</strong>cato<br />

nel §1.7, e allora si può utilizzare l‟abaco delle per<strong>di</strong>te specifiche <strong>di</strong> Figura 35: la portata è nota e<br />

pertanto imponendo la velocità si determina il punto interno all‟abaco cui corrisponde un <strong>di</strong>ametro<br />

(non è detto che sia quello commerciale!) e la per<strong>di</strong>ta specifica <strong>di</strong> pressione corrispondente.<br />

In Figura 42 si ha un esempio <strong>di</strong> applicazione del metodo esposto: si può osservare come,<br />

scegliendo un <strong>di</strong>ametro commerciale minore <strong>di</strong> quello teorico si ha una per<strong>di</strong>ta specifica maggiore e<br />

viceversa con la scelta del <strong>di</strong>ametro commerciale maggiore.<br />

Anche la velocità nel condotto varia con la scelta del <strong>di</strong>ametro commerciale in modo concorde<br />

alla per<strong>di</strong>ta specifica. Di solito è opportuno scegliere i <strong>di</strong>ametri maggiori per i tratti <strong>di</strong> circuito che<br />

portano maggiori portate (ad esempio nei rami 1A, A-D, G-H, H-2) mentre è conveniente scegliere i<br />

<strong>di</strong>ametri minori nei rami terminali (compatibilmente con le esigenze <strong>di</strong> rumorosità ambientale).


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

43<br />

Ripetendo lo stesso proce<strong>di</strong>mento per tutti i rami dei due circuiti si ottiene una nuova tabella<br />

contenente i <strong>di</strong>ametri selezionati, le velocità e le per<strong>di</strong>te specifiche effettive. Adesso è possibile<br />

valutare le per<strong>di</strong>te localizzate <strong>di</strong> ciascun ramo (curve, gomiti, derivazioni, valvole, ra<strong>di</strong>atori, caldaie,<br />

…..) secondo quanto in<strong>di</strong>cato nella Figura 11. Alla fine siamo in grado <strong>di</strong> conoscere le per<strong>di</strong>te totali<br />

(<strong>di</strong>stribuite più localizzate) <strong>di</strong> ciascun ramo:<br />

p <br />

L p <br />

L l<br />

'<br />

ramo <strong>di</strong>str. i<br />

ramo<br />

idel ramo<br />

<br />

[67]<br />

Sommando le per<strong>di</strong>te totali <strong>di</strong> ogni ramo <strong>di</strong> ciascun percorso dei due circuiti si ottengono le<br />

per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione calcolate secondo lo schema seguente:<br />

Circuito 1: 1-A-B-R1-F-H-2- P: p <br />

1<br />

p<br />

1 1 ti<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

circuito percorso <br />

Circuito 1: 1-A-C-R2-F-H-2- P p <br />

2<br />

p<br />

1 2 ti<br />

circuito percorso <br />

Circuito 2: 1-A-D-R3-G-H-2- P p <br />

3<br />

p<br />

2 1 ti<br />

circuito percorso <br />

Circuito 2: 1-A-E-R4-G-H-2- P p <br />

4<br />

p<br />

2 2 ti<br />

circuito percorso <br />

Ben <strong>di</strong>fficilmente si ottengono p eguali (come richiesto dall‟unicità della pompa).<br />

Di solito i circuiti più corti hanno per<strong>di</strong>te <strong>di</strong>stribuite minori per la [67] e quin<strong>di</strong> (assumendo che<br />

ogni ramo terminale serva un ra<strong>di</strong>atore e quin<strong>di</strong> il numero e tipologie d resistenze localizzate sia<br />

sostanzialmente equivalente) le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione totali dei percorsi più brevi sono inevitabilmente<br />

minori <strong>di</strong> quelle relative ai circuiti <strong>di</strong> maggior lunghezza.<br />

Il risultato <strong>di</strong> questa incongruenza è facilmente preve<strong>di</strong>bile: si tratta, come si può osservare nella<br />

Figura 41, <strong>di</strong> circuiti in parallelo ai capi della pompa (che è quella che crea la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> pressione<br />

positiva) e quin<strong>di</strong> se p è unica il circuito che offre minore resistenza totale avrà una portata maggiore<br />

degli altri circuiti (in generale si hanno più circuiti) secondo quanto visto nel §1.5.2.<br />

Di conseguenza la <strong>di</strong>stribuzione delle portate non è più quella <strong>di</strong> progetto in<strong>di</strong>cata nella Tabella<br />

10 ma una nuova (e soprattutto <strong>di</strong>versa) che comporta uno squilibro nel funzionamento dei ra<strong>di</strong>atori<br />

(per quanto detto in precedenza).<br />

Nasce quin<strong>di</strong> la necessità <strong>di</strong> equilibrare la rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione cioè <strong>di</strong> fare in modo che le<br />

cadute totali <strong>di</strong> pressione in tutti i percorsi dei vari circuiti siano eguali e pari a quelle <strong>di</strong> progetto. Per<br />

fare ciò si utilizzano opportune valvole dette <strong>di</strong> taratura che provocano per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione localizzate<br />

note in funzione <strong>di</strong> una ghiera tarata (ve<strong>di</strong> §1.16).<br />

Pertanto è bene inserire (anche in fase <strong>di</strong> progetto) questo tipo <strong>di</strong> valvole nei vari rami dei circuiti in<br />

modo da potere poi effettuare correttamente l‟equilibratura della rete.<br />

Si ba<strong>di</strong> bene che non è necessario misurare le portate per effettuare l‟equilibratura della rete.<br />

Se si fa in modo che negli ambienti si abbia la temperatura desiderata (<strong>di</strong> progetto) allora vuol <strong>di</strong>re<br />

che i ra<strong>di</strong>atori stanno fornendo il calore necessario per sod<strong>di</strong>sfare il carico termico e quin<strong>di</strong>, poiché<br />

deve essere Q mcp t , che la portata <strong>di</strong> acqua calda ricevuta è quella giusta. Dall‟abaco<br />

corrispondente al caso in esame si determina il <strong>di</strong>ametro (commerciale o equivalente) corrispondente.<br />

Poiché quasi mai il punto <strong>di</strong> selezione nell‟abaco corrisponde ad un <strong>di</strong>ametro commerciale allora<br />

occorre scegliere o il <strong>di</strong>ametro inferiore o quello superiore.<br />

Nel primo caso si avranno velocità e per<strong>di</strong>te specifiche maggiori <strong>di</strong> quella inizialmente imposta e<br />

nel secondo caso si ha l‟opposto.<br />

Fissato il <strong>di</strong>ametro commerciale desiderato si può adesso calcolare la caduta <strong>di</strong> pressione per le<br />

resistenze concentrate e verificare che sia:<br />

p p p<br />

[68]<br />

d<br />

c<br />

In genere è meglio scegliere prima il circolatore e poi fare in modo che la rete sia sod<strong>di</strong>sfatta dal<br />

p generato, come vedremo con il metodo a per<strong>di</strong>ta specifica costante.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

44<br />

Figura 42: Esempio d’uso dell’abaco delle per<strong>di</strong>te specifiche con velocità costante imposta


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

45<br />

Figura 43: Esempio d’uso dell’abaco con il metodo della per<strong>di</strong>ta specifica costante<br />

Metodo a per<strong>di</strong>ta specifica <strong>di</strong> pressione costante<br />

Questo metodo è certamente più equilibrato del precedente anche se leggermente più laborioso.<br />

Se scegliamo prima il circolatore, in base all‟esperienza <strong>di</strong> progettazione e alla tipologia <strong>di</strong><br />

impianto, allora si deve ottenere l‟eguaglianza:<br />

p p p<br />

[69]<br />

d<br />

c<br />

In questa equazione non è possibile conoscere le per<strong>di</strong>te concentrate p c perché esse<br />

<strong>di</strong>pendono dal <strong>di</strong>ametro delle tubazioni (ve<strong>di</strong> §1.4.2) mentre le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong>stribuite, p d , possono essere<br />

calcolate me<strong>di</strong>ante la relazione:


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

46<br />

RamiCircuito<br />

p<br />

L [70]<br />

d i i<br />

i1<br />

Si osserva imme<strong>di</strong>atamente che, se conoscessimo a priori p d potremmo scrivere, per ogni<br />

circuito:<br />

pd<br />

<br />

me<strong>di</strong>a<br />

<br />

[71]<br />

RamiCircuito<br />

L<br />

<br />

i1<br />

La sommatoria a denominatore è la lunghezza geometrica complessiva del circuito esaminato e<br />

quin<strong>di</strong> un dato <strong>di</strong> progetto poiché la <strong>di</strong>mensione della rete <strong>di</strong>pende dall‟architettura dell‟e<strong>di</strong>ficio che è<br />

nota a priori. La per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong>stribuita totale possiamo stimarla, inizialmente, supponendo che essa sia<br />

un‟aliquota della per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> pressione totale p, ad esempio si può supporre che sia il 50% della per<strong>di</strong>ta<br />

totale. Allora, essendo p d noto 17 , avendo scelto già la pompa (e quin<strong>di</strong> le sue curve caratteristiche<br />

sono note), ne segue che la [71] definisce univocamente la me<strong>di</strong>a del circuito.<br />

L‟abaco delle per<strong>di</strong>te specifiche <strong>di</strong> pressione <strong>di</strong> Figura 35 consente <strong>di</strong> calcolare, note le portate e<br />

la me<strong>di</strong>a , sia il <strong>di</strong>ametro teorico che la velocità del fluido. In realtà si ha sempre la necessità <strong>di</strong> dovere<br />

scegliere un <strong>di</strong>ametro commerciale che solo poche volte coincide con quello teorico. Pertanto si<br />

procede come già detto con il precedente metodo: si sceglie il <strong>di</strong>ametro maggiore nei tratti che hanno<br />

maggiore portata e il <strong>di</strong>ametro minore per quelli terminali.<br />

In Figura 43 si ha la schematizzazione esemplificativa del metodo. Si è tracciata una linea<br />

verticale corrispondente alla me<strong>di</strong>a calcolata con la [71]. Per varie portate si sono in<strong>di</strong>viduati i punti <strong>di</strong><br />

intersezione con questa retta: ogni punto in<strong>di</strong>vidua un <strong>di</strong>ametro teorico e per uno <strong>di</strong> essi si sono<br />

in<strong>di</strong>cate le possibili scelte <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametri maggiore e minore con l‟evidenziazione delle per<strong>di</strong>te specifiche e<br />

delle velocità reali corrispondenti.<br />

Eseguite queste operazioni per tutti i rami dei circuiti si possono calcolare le per<strong>di</strong>te concentrati<br />

reali e quin<strong>di</strong> le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione totali sia dei rami che dei circuiti me<strong>di</strong>ante le equazioni del tipo<br />

[71] e quin<strong>di</strong> si avranno i p i <strong>di</strong> tutti i percorsi della rete.<br />

Anche in questo caso, a seguito della <strong>di</strong>scretizzazione dei <strong>di</strong>ametri commerciali, si hanno in<br />

genere valori non coincidenti con il p scelto della pompa ma gli scostamenti sono <strong>di</strong> gran lunga<br />

inferiori rispetto al metodo a velocità costante per effetto della scelta della me<strong>di</strong>a iniziale che porta ad avere<br />

valori sensibilmente vicini a quanto in<strong>di</strong>cato dalla [71]. I vantaggi del metodo sono evidenti nel<br />

momento in cui lo si applica veramente e i risultati ottenuti portano quasi sempre ad un minor lavoro<br />

<strong>di</strong> equilibratura della rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione. La scelta iniziale della pompa, inoltre, garantisce da<br />

eventuali eccessi <strong>di</strong> potenza <strong>di</strong> pompaggio richiesta.<br />

I collettori complanari<br />

Da qualche decennio si è imposta una tecnica <strong>impianti</strong>stica per la <strong>di</strong>stribuzione dell‟acqua calda<br />

e fredda negli <strong>impianti</strong> sia termici che sanitari che utilizza i collettori complanari, ve<strong>di</strong> Figura 44. Questi<br />

sono grossi tratti <strong>di</strong> condotti <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro grande dai quali si <strong>di</strong>partono (o arrivano, nel caso del ritorno<br />

dell‟acqua in circuiti chiusi) i condotti che alimentano i ra<strong>di</strong>atori, fan coils, …, ve<strong>di</strong> in Figura 45.<br />

La rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione risulta maggiormente semplificata e più razionalmente <strong>di</strong>sposta risposta<br />

ad altri tipi. Il primo vantaggio è che un collettore complanare può avere da 2 a 8 uscite e pertanto si<br />

può centralizzare la <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> un appartamento, ve<strong>di</strong> Figura 48.<br />

La rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione principale, pertanto, si occupa <strong>di</strong> alimentare i collettori complanari (uno<br />

o più) dei singoli appartamenti e da questi, solitamente con tubazioni in rame (facilmente flessibile e<br />

quin<strong>di</strong> comodo per la posa in opera) o in plastica opportunamente irrigi<strong>di</strong>ta (Wirsboflex o similare), si<br />

alimentano i terminali.<br />

i<br />

17 Si ricor<strong>di</strong> che noto il p della pompa e fissata la percentuale presunta per le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong>stribuite, ad esempio il<br />

40%, si determina univocamente p d <strong>di</strong>sponibile.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

47<br />

Figura 44: Tipologia <strong>di</strong> collettori complanari<br />

Figura 45: Distributore a collettore complanare<br />

I collettori complanari rappresentano praticamente un nodo da cui si <strong>di</strong>partono i vari circuiti. E‟<br />

allora importante che le per<strong>di</strong>te nel collettore complanare siano piccole rispetto a quella dei singoli<br />

circuiti (che sono praticamente in parallelo rispetto ad esso). Per questo motivo il numero <strong>di</strong> attacchi<br />

varia a seconda del <strong>di</strong>ametro degli attacchi stessi. I collettori complanari hanno solitamente una<br />

valvola <strong>di</strong> chiusura a monte che consente la manutenzione dell‟impianto in modo agevole.<br />

Nel caso <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> riscaldamento si hanno coppie <strong>di</strong> collettori, uno per la mandata ed uno<br />

per il ritorno dell‟acqua calda, come in<strong>di</strong>cato in Figura 46. Per gli <strong>impianti</strong> idrici e sanitari (acqua <strong>di</strong><br />

consumo) si hanno collettori singoli per l‟acqua fredda e per l‟acqua calda, a meno che non si preveda il<br />

sistema <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione ad anello e quin<strong>di</strong> con doppio collettore.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

48<br />

Figura 46: Esempio <strong>di</strong> inserimento <strong>di</strong> collettori complanari in una rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione<br />

Figura 47: Esempio <strong>di</strong> collettori complanari per usi sanitari


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

49<br />

Figura 48: Esempio <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione dell’acqua calda con collettore complanare in un appartamento<br />

Figura 49: Esempio <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione me<strong>di</strong>ante collettori complanari in due appartamenti


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

50<br />

Figura 50: Distribuzione in e<strong>di</strong>ficio a due piani : piano terra<br />

Figura 51: : Distribuzione in e<strong>di</strong>ficio a due piani : piano Primo


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

51<br />

Figura 52: Esempio <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> a collettori complanari su più appartamenti<br />

Figura 53: Vista assonometrica del piping per una centrale termica


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

52<br />

Figura 54: Vista assonometrica <strong>di</strong> una centrale termica con piping interno<br />

1.11 COMPONENTI DI UNA RETE DI DISTRIBUZIONE AD ACQUA<br />

La realizzazione <strong>di</strong> una rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione ad acqua è ben <strong>di</strong>versa dalla progettazione teorica,<br />

come descritto nei precedenti paragrafi. Quando si costruisce una rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione tecnologica<br />

occorre fare i conti con effetti particolari dovuti al bilanciamento non perfetto, all‟accoppiamento fra<br />

circuiti, alla regolazione della rete (spesso molto vasta e complessa con migliaia <strong>di</strong> rami).<br />

Per ottenere gli effetti teorici desiderati (cioè che ad ogni terminale arrivi la portata teorica <strong>di</strong><br />

acqua calda o fredda alla temperatura desiderata) occorre inserire alcuni componenti fondamentali e<br />

assolutamente necessari che verranno descritti nei prossimi paragrafi.<br />

Si tratta <strong>di</strong> componenti <strong>di</strong> reti (fitting) <strong>di</strong> tipo commerciale per la cui presentazione si è<br />

ampiamente e volutamente fatto ricorso a dati tecnici reperibili nei manuali tecnici pubblicati dai vari<br />

Costruttori e ai quali si rimanda per altri approfon<strong>di</strong>menti.<br />

1.11.1 COLPI DI ARIETE NELLE RETI DI DISTRIBUZIONE<br />

Sono colpi forti e in rapida successione che si generano nelle condotte chiuse quando il fluido è<br />

frenato o accelerato in tempi molto brevi: ad esempio quando si chiude rapidamente un rubinetto, oppure<br />

quando si avvia o si arresta una pompa. Sono colpi provocati dall‟energia, ceduta o sottratta al fluido,<br />

quando si varia la sua velocità.<br />

L‟intensità dei colpi d‟ariete idraulici <strong>di</strong>pende da fattori complessi da determinare e da collegare<br />

fra loro. Tuttavia (considerando l’or<strong>di</strong>ne delle grandezze in gioco) possiamo ritenere che la sovrappressione<br />

massima indotta da un colpo d‟ariete sia data da:<br />

2vl<br />

p<br />

<br />

g t<br />

<br />

<br />

ove si ha:<br />

P = sovrappressione del colpo d‟ariete, (m c.a)<br />

v = velocità dell‟acqua, m/s


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

53<br />

l = lunghezza del tubo, m<br />

g = accelerazione <strong>di</strong> gravità (9,81 m/s2)<br />

t = tempo <strong>di</strong> chiusura della valvola, s.<br />

Tanto più rapido è il tempo <strong>di</strong> interruzione del flusso, tanto più elevata è la sovrapressione<br />

generata dal colpo <strong>di</strong> ariete. Ad esempio per v = 2 m/s, l = 500 m, t=0,5 s si ha P = 407 m. ca, cioè<br />

411 MPa circa. Negli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> climatizzazione, questi effetti sono, in genere, assai limitati e quin<strong>di</strong><br />

trascurabili. Al contrario, negli <strong>impianti</strong> idrosanitari possono essere <strong>di</strong> notevole rilievo e provocare:<br />

rotture o forti deformazioni dei materiali a minor resistenza meccanica (bollitori, tubi in plastica,<br />

riduttori <strong>di</strong> pressione, valvole ecc …);<br />

usura delle giunzioni e delle saldature;<br />

forti rumori e vibrazioni;<br />

deterioramento dei rubinetti <strong>di</strong> erogazione.<br />

La formula precedente evidenzia che per eliminare o almeno mitigare sensibilmente i colpi<br />

d‟ariete, bisogna <strong>di</strong>minuire le velocità del fluido e aumentare i tempi <strong>di</strong> chiusura dei rubinetti.<br />

È però <strong>di</strong>fficile intervenire su questi tempi, in quanto si usano ormai generalmente rubinetti e a<br />

chiusura rapida. Pertanto, per poter tenere con certezza sotto controllo i colpi d‟ariete è consigliabile<br />

adottare appositi apparecchi ammortizzatori che possono essere del tipo:<br />

- acqua-aria,<br />

- a stantuffo,<br />

- a membrana,<br />

- a molla.<br />

Figura 55: tipologia <strong>di</strong> ammortizzatore <strong>di</strong> colpi <strong>di</strong> ariete<br />

Quelli acqua-aria sono, in genere, da evitare perché richiedono il costante rinnovo del cuscino<br />

d‟aria che tende a sciogliersi nell‟acqua. Sono utilizzati ammortizzatori <strong>di</strong> colpi <strong>di</strong> ariete sopra le<br />

colonne, come in<strong>di</strong>cati in Figura 56. È la soluzione tra<strong>di</strong>zionale adottata per <strong>impianti</strong> gran<strong>di</strong> e me<strong>di</strong>ogran<strong>di</strong><br />

con sviluppo a colonne. Gli ammortizzatori sono posti (in cassette o cave<strong>di</strong> ispezionabili) sopra<br />

le colonne <strong>di</strong> acqua fredda e calda. Le colonne <strong>di</strong> ricircolo sono collegate <strong>di</strong>rettamente a quelle<br />

dell‟acqua calda. È una soluzione che consente <strong>di</strong> ottenere risultati vali<strong>di</strong> per quanto riguarda<br />

l‟attenuamento dei colpi d‟ariete. Gli ammortizzatori, infatti, non sono troppo lontani dai rubinetti:<br />

cioè dalle sorgenti dei colpi d‟ariete. È, però, una soluzione che presenta anche controin<strong>di</strong>cazioni per<br />

quanto riguarda la sicurezza antilegionella. Controin<strong>di</strong>cazioni legate al fatto che in alcune zone<br />

dell‟impianto l‟acqua calda non può circolare. Pertanto, in queste zone (dette zone morte) non può<br />

essere attuata la <strong>di</strong>sinfezione termica. Nel caso specifico le zone morte sono <strong>di</strong> due tipi:<br />

le prime sono costituite dai tratti <strong>di</strong> tubo che (sopra gli attacchi al ricircolo) collegano le colonne<br />

d‟acqua calda agli ammortizzatori;<br />

le seconde corrispondono alle zone degli ammortizzatori che contengono acqua.<br />

Un‟altra soluzione adottabile è quella <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre gli ammortizzatori a molla (ve<strong>di</strong> Figura 57) sui<br />

collettori <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione, ve<strong>di</strong> Figura 58.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

54<br />

È una soluzione che prevede la messa in opera sui collettori <strong>di</strong> piccoli ammortizzatori a molla.<br />

Con simile soluzione si sposta l‟azione <strong>di</strong> smorzamento dei colpi d‟ariete dalla sommità delle colonne<br />

all‟interno delle cassette <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione.<br />

Figura 56: Ammortizzatori <strong>di</strong> colpi <strong>di</strong> ariete sopra le colonne<br />

Figura 57: Ammortizzatore <strong>di</strong> colpo <strong>di</strong> ariete a molla<br />

Figura 58: Ammortizzatori a molle sui collettori <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione<br />

In pratica, si passa da un‟azione smorzante <strong>di</strong> tipo semicentralizzato ad una <strong>di</strong> tipo periferico,<br />

con vantaggi legati al fatto che gli ammortizzatori operano nelle imme<strong>di</strong>ate vicinanze dei rubinetti:<br />

cioè dei punti in cui hanno principalmente luogo i colpi <strong>di</strong> ariete. I miscelatori antiscottatura servono a<br />

rendere possibili e sicuri i trattamenti termici antilegionella, sia quelli continui che quelli perio<strong>di</strong>ci.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

55<br />

I collettori <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione sono, inoltre, dotati <strong>di</strong> valvole in grado <strong>di</strong> intercettare le singole<br />

derivazioni. E questa è una funzione <strong>di</strong> rilievo, perché, in caso <strong>di</strong> per<strong>di</strong>te, consente <strong>di</strong> escludere solo il<br />

rubinetto responsabile.<br />

1.11.2 REGOLAZIONE DI PORTATA NELLE RETI AD ACQUA<br />

Si possono avere due casi:<br />

Circuiti senza valvola <strong>di</strong> regolazione<br />

In questo caso la pompa <strong>di</strong> circolazione, ve<strong>di</strong> Figura 59, può essere attivata o <strong>di</strong>sattivata da un<br />

termostato, oppure può funzionare in continuo negli <strong>impianti</strong> con regolazioni periferiche, cioè negli<br />

<strong>impianti</strong> con:<br />

valvole <strong>di</strong> zona;<br />

valvole termostatiche;<br />

<br />

<br />

ventilconvettori ed aerotermi;<br />

macchine <strong>di</strong> trattamento aria con regolazione sulle macchine stesse.<br />

La valvola <strong>di</strong> ritegno serve (a pompa ferma) per impe<strong>di</strong>re circolazioni indesiderate: circolazioni che<br />

possono essere naturali (l’acqua calda tende ad andare in alto e quella fredda in basso) oppure indotte dalle<br />

altre pompe, come vedremo meglio in seguito.<br />

Circuiti con valvola <strong>di</strong> regolazione<br />

Figura 59: Circuiti senza valvola <strong>di</strong> regolazione<br />

In questo caso si inserisce una valvola <strong>di</strong> regolazione come in<strong>di</strong>cato in Figura 60.<br />

Figura 60: Circuiti con valvola <strong>di</strong> regolazione<br />

Miscelando opportunamente il ritorno con l‟andata, la valvola <strong>di</strong> regolazione consente <strong>di</strong><br />

ottenere fluido alla temperatura richiesta per alimentare i terminali.


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56<br />

Per evitare pencolamenti della valvola e rese inadeguate dei terminali, questi circuiti devono<br />

poter funzionare a portata costante (quella <strong>di</strong> progetto). È però questa una prestazione che un<br />

normale circuito <strong>di</strong> regolazione non può dare, perchè la sua valvola, agendo come uno spartitraffico<br />

mobile, mo<strong>di</strong>fica continuamente i flussi del fluido e quin<strong>di</strong> le portate dei vari tratti <strong>di</strong> circuito.<br />

Ad esempio (con riferimento allo schema della Figura 60) la portata nel circuito terminali sarà:<br />

minima con valvola aperta: la pompa deve vincere le resistenze sia del circuito terminali, sia del<br />

circuito caldaia;<br />

massima con valvola chiusa: la pompa infatti deve praticamente vincere solo le resistenze del<br />

circuito terminali;<br />

interme<strong>di</strong>a con valvola modulante.<br />

Pertanto tutti i terminali si trovano ad una pressione esterna praticamente identica.<br />

Bilanciamento con valvole <strong>di</strong> taratura<br />

Nel caso <strong>di</strong> bilanciamento con valvola <strong>di</strong> taratura questo si ottiene ponendo una valvola <strong>di</strong><br />

taratura sul by-pass <strong>di</strong> regolazione, regolandola in modo che essa contrasti il passaggio del fluido con<br />

resistenze pari a quelle del circuito caldaia. Il circuito presenta così le stesse resistenze sia con valvola<br />

aperta, che con valvola chiusa. Pertanto, sia con valvola aperta che con valvola chiusa, funziona a<br />

portata costante. Si può ritenere che funzioni a portata costante anche con valvola modulante, pur<br />

essendo questa deduzione un po‟ arbitraria e non del tutto vera. Dal punto <strong>di</strong> vista pratico, il sistema<br />

<strong>di</strong> bilanciamento con valvola <strong>di</strong> taratura presenta due inconvenienti:<br />

1. esige una corretta taratura della valvola (cosa non sempre agevole);<br />

2. può essere facilmente starato.<br />

Bilanciamento con valvole Autoflow<br />

Figura 61: Inserimento della valvola <strong>di</strong> taratura<br />

Il bilanciamento con valvole <strong>di</strong>namiche si può ottenere ponendo un Autoflow sul by-pass (come<br />

la valvola <strong>di</strong> taratura), oppure ponendo un Autoflow sul ritorno del circuito, come illustrato nello<br />

schema <strong>di</strong> Figura 62.<br />

Figura 62: Inserimento della valvola <strong>di</strong> Autoflow<br />

Posto sul ritorno l‟Autoflow assicura non solo una portata costante del circuito, ma garantisce<br />

anche una portata rigorosamente uguale a quella stabilita progettualmente. Infatti, in tale posizione,<br />

l‟Autoflow esercita la sua azione autoregolante non solo a valvola chiusa, ma anche a valvola aperta e<br />

modulante.


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57<br />

Effetti della regolazione sui terminali<br />

Nei circuiti <strong>di</strong> regolazione, va pure considerato che può manifestarsi un fenomeno alquanto<br />

strano: i terminali continuano a restare cal<strong>di</strong> (cioè continuano a cedere calore) anche a valvola chiusa.<br />

Per cercare <strong>di</strong> capire la causa <strong>di</strong> tale fenomeno, esamineremo dapprima il flusso dell‟acqua che in<br />

teoria siamo indotti a ritenere più logico, e poi il flusso che in realtà si instaura nel circuito. A valvola<br />

chiusa, nel circuito che serve i corpi scaldanti dovrebbe circolare solo acqua fredda, in quanto il<br />

circuito non riceve (o meglio non dovrebbe ricevere) alcun apporto <strong>di</strong> calore.<br />

Cal<strong>di</strong> invece dovrebbero rimanere i tratti <strong>di</strong> circuito (<strong>di</strong> andata e <strong>di</strong> ritorno) posti a monte del bypass,<br />

in quanto collegati (<strong>di</strong>rettamente o attraverso i collettori) alla caldaia.<br />

Schematicamente la situazione potrebbe essere rappresentata come in Figura 63. In realtà però<br />

le cose vanno in modo un pò <strong>di</strong>verso. Nella zona d‟innesto tra il by-pass e il tubo <strong>di</strong> ritorno, l‟acqua<br />

non scorre in modo continuo. Scorre bensì in modo turbolento, con vene <strong>di</strong> acqua fredda che entrano<br />

nella zona dell‟acqua calda.<br />

Si creano così dei vortici che risucchiano acqua calda dal tubo <strong>di</strong> ritorno e la portano in<br />

circolazione. Ed è questa acqua calda risucchiata ad impe<strong>di</strong>re il raffreddamento del circuito che<br />

alimenta i terminali.<br />

A valvola chiusa i corpi scaldanti possono restare cal<strong>di</strong> anche quando la valvola fila. Un mezzo<br />

efficace per capire cosa in realtà sta avvenendo è quello <strong>di</strong> sentire con mano (non c‟è pericolo <strong>di</strong><br />

scottature) la temperatura superficiale del tubo <strong>di</strong> by-pass.<br />

Se la temperatura del tubo è omogenea si tratta <strong>di</strong> trafilamento, se invece la temperatura è<br />

eterogenea (cioè se ci sono zone più calde che si alternano a zone più fredde) si tratta <strong>di</strong> una<br />

circolazione per risucchio.<br />

Figura 63: Effetti <strong>di</strong> risucchio nella zona <strong>di</strong> chiusura della valvola<br />

Il manifestarsi o meno <strong>di</strong> questo fenomeno, <strong>di</strong>pende da molti fattori <strong>di</strong>fficili da definire e da<br />

collegare fra loro. Può comunque essere praticamente evitato adottando una delle seguenti misure:<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

mantenere una <strong>di</strong>stanza (D) fra il by-pass e il collettore non inferiore a 8 <strong>di</strong>ametri del by-pass<br />

stesso (tale <strong>di</strong>stanza non dovrebbe mai essere inferiore a 50 cm);<br />

realizzare un‟ansa <strong>di</strong> protezione fra il by-pass e il collettore, in modo che la controtendenza<br />

introdotta ostacoli la risalita dell‟acqua calda fra il collettore e la zona <strong>di</strong> risucchio;<br />

installare, fra il by-pass e il collettore, una valvola <strong>di</strong> ritegno;<br />

installare, fra il by-pass e il collettore, una Ballstop invece della semplice valvola <strong>di</strong> intercettazione<br />

normalmente prevista.


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58<br />

Separatori idraulici<br />

Figura 64: Accorgimenti per evitare il fenomeno del risucchio<br />

I separatori idraulici sono prodotti destinati ad assumere un ruolo sempre più importante nel<br />

modo <strong>di</strong> concepire e realizzare i circuiti idraulici in generale, e le centrali termiche in particolare.<br />

La loro funzione è essenzialmente quella <strong>di</strong> rendere in<strong>di</strong>pendenti (cioè <strong>di</strong> separare) i vari circuiti<br />

<strong>di</strong> un impianto. Ed è una funzione che serve ad evitare, nei circuiti stessi, l'insorgere <strong>di</strong> interferenze e<br />

<strong>di</strong>sturbi reciproci. Quando nello stesso impianto si hanno sia un circuito primario <strong>di</strong> produzione<br />

dotato della propria pompa che un circuito secondario <strong>di</strong> utenza con una o più pompe <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stribuzione, ci possono essere delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> funzionamento dell‟impianto per cui le pompe<br />

interagiscono, creando variazioni anomale delle portate e delle prevalenze ai circuiti (ve<strong>di</strong> nel prosieguo).<br />

Il separatore idraulico crea una zona a ridotta per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> carico, che permette <strong>di</strong> rendere<br />

idraulicamente in<strong>di</strong>pendenti i circuiti primario e secondario ad esso collegati; il flusso in un circuito<br />

non crea flusso nell‟altro se la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> carico nel tratto comune è trascurabile. In questo caso la<br />

portata che passa attraverso i rispettivi circuiti <strong>di</strong>pende esclusivamente dalle caratteristiche <strong>di</strong> portata<br />

delle pompe, evitando la reciproca influenza dovuta al loro accoppiamento in serie.<br />

Figura 65: Schema <strong>di</strong> funzionamento <strong>di</strong> un separatore idraulico<br />

Utilizzando, quin<strong>di</strong>, un <strong>di</strong>spositivo con queste caratteristiche, la portata nel circuito secondario<br />

viene messa in circolazione solo quando la relativa pompa è accesa, permettendo all‟impianto <strong>di</strong><br />

sod<strong>di</strong>sfare le specifiche esigenze <strong>di</strong> carico del momento.


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59<br />

Figura 66: Schemi <strong>di</strong> intervento del separatore idraulico<br />

Quando la pompa del secondario è spenta, non c‟è circolazione nel corrispondente circuito;<br />

tutta la portata spinta dalla pompa del primario viene by-passata attraverso il separatore. Con il<br />

separatore idraulico si può così avere un circuito <strong>di</strong> produzione a portata costante ed un circuito <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stribuzione a portata variabile, con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> funzionamento tipicamente caratteristiche dei moderni<br />

<strong>impianti</strong> <strong>di</strong> climatizzazione.<br />

Di seguito, al fine <strong>di</strong> presentare in modo adeguato utilità e prestazioni <strong>di</strong> questi nuovi prodotti<br />

dovremo:<br />

analizzare come interferiscono fra loro i circuiti negli <strong>impianti</strong> tra<strong>di</strong>zionali;<br />

definire un in<strong>di</strong>ce per misurare tali interferenze;<br />

<br />

<br />

esaminare le anomalie <strong>di</strong> funzionamento che le interferenze possono causare;<br />

vedere, infine, come i separatori idraulici impe<strong>di</strong>scono il nascere <strong>di</strong> qualsiasi interferenza fra i<br />

circuiti ad essi collegati.<br />

Figura 67: Separatore idraulico<br />

Per evidenziare interferenze fra i vari circuiti, prenderemo in esame l‟impianto sotto riportato e<br />

cercheremo <strong>di</strong> vedere cosa succede man mano che si avviano le pompe. Per ragioni che possiamo già<br />

intuire, ma che vedremo meglio in seguito, presteremo la nostra attenzione soprattutto a come varia la<br />

pressione fra i due collettori al netto del loro <strong>di</strong>slivello: <strong>di</strong>fferenza che, per brevità, chiameremo P. Il<br />

variare <strong>di</strong> tale pressione sarà previsto per via teorica, cercando in ogni caso <strong>di</strong> evitare considerazioni<br />

troppo astratte e complesse.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

60<br />

Figura 68: Situazione dei circuiti a pompa ferma<br />

È comunque possibile verificare in pratica le conclusioni a cui ci porterà l‟analisi teorica.<br />

A tal fine, basta infatti: poter <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> una centrale a più circuiti, installare (se non ci sono già)<br />

due manometri sui collettori, attivare una pompa per volta e, dopo ogni attivazione, leggere i relativi<br />

P sui manometri. Esaminiamo cosa succede attivando le pompe del circuito <strong>di</strong> Figura 68.<br />

Pompe Ferme<br />

Se non consideriamo il fenomeno della circolazione naturale, in questa situazione il fluido<br />

dell‟impianto resta fermo e il P è nullo.<br />

Pompa del circuito 1 attivata<br />

Mette in movimento il fluido del suo circuito e fa crescere il P fra i collettori. Tale crescita è<br />

uguale alla pressione che la pompa deve spendere per far passare il fluido dal collettore <strong>di</strong> ritorno a<br />

quello <strong>di</strong> andata: vale a <strong>di</strong>re attraverso il circuito caldaia. Lo stesso P sussiste logicamente anche agli<br />

attacchi dei circuiti 2 e 3 con pompa ferma, e può pertanto attivare in essi circolazioni parassite:<br />

circolazioni peraltro <strong>di</strong> senso contrario a quello normalmente previsto, dato che la pompa attiva lavora<br />

in aspirazione sul collettore <strong>di</strong> mandata.<br />

Pompa del circuito 2 attivata<br />

Per mettere in movimento, nel giusto senso, il fluido del suo circuito, questa pompa deve<br />

inizialmente vincere il P contrario indotto dalla pompa 1 (P esistente tra i due collettori). La sua<br />

attivazione comporta poi un‟ulteriore aumento del P fra i collettori, in quanto aumenta la portata del<br />

circuito caldaia, e quin<strong>di</strong> la pressione che deve essere spesa per far passare il fluido attraverso tale<br />

circuito.<br />

Pompa del circuito 3 attivata<br />

Per mettere in movimento, nel giusto senso, il fluido del suo circuito, la pompa deve vincere il<br />

P contrario indotto dalle pompe 1 e 2. Lo sforzo richiesto potrebbe essere così impegnativo da<br />

rendere la pompa incapace <strong>di</strong> servire adeguatamente il suo circuito. L‟attivazione della pompa<br />

comporta comunque un ulteriore incremento del P per i motivi sopra specificati.<br />

In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> interferenza fra i vari circuiti<br />

Come abbiamo visto, in un impianto tra<strong>di</strong>zionale, man mano che si attivano le pompe cresce sia<br />

il P fra i collettori, sia il reciproco <strong>di</strong>sturbo (cioè il livello d‟interferenza) fra le pompe dei vari circuiti.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

61<br />

Possiamo quin<strong>di</strong>, in base ad una simile correlazione, assumere il P come in<strong>di</strong>ce atto a valutare<br />

l‟interferenza fra i circuiti. Ed è questo un in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> grande utilità pratica, perchè ci consente <strong>di</strong><br />

valutare (numericamente e in modo molto semplice) l‟intensità <strong>di</strong> un fenomeno altrimenti molto<br />

<strong>di</strong>fficile e complesso da rappresentare quantitativamente.<br />

Non è possibile stabilire con precisione valori al <strong>di</strong> sotto dei quali si può ritenere accettabile il<br />

P: cioè valori, al <strong>di</strong> sotto dei quali l‟interferenza fra i circuiti non causa evidenti irregolarità <strong>di</strong><br />

funzionamento. Tali valori <strong>di</strong>pendono infatti da troppe variabili, e sono legati anche al tipo <strong>di</strong> pompe<br />

utilizzate. Si possono tuttavia ritenere generalmente accettabili P inferiori a 0,4÷0,5 m c.a.<br />

Valori più elevati (e non è raro trovare centrali con P <strong>di</strong> 1,5÷2,0 m c.a.) possono invece<br />

provocare gravi inconvenienti. Gli inconvenienti <strong>di</strong> maggior rilievo possono essere così riassunti:<br />

Pompe che non riescono a dare la portata richiesta<br />

È una grave <strong>di</strong>sfunzione che succede soprattutto negli <strong>impianti</strong> in cui ci sono sia pompe gran<strong>di</strong>,<br />

sia pompe piccole. In questi <strong>impianti</strong>, infatti, spesso le pompe piccole non riescono a “farcela” perchè<br />

(come visto in precedenza) devono spendere troppe energie per vincere l‟azione contraria delle pompe<br />

più gran<strong>di</strong>. Ce la possono fare solo se viene <strong>di</strong>sattivata una o più pompe degli altri circuiti, cioè solo se<br />

<strong>di</strong>minuisce il P contrario indotto dalle altre pompe. Ma <strong>di</strong> certo questa non è una soluzione<br />

generalmente perseguibile.<br />

Pompe che si bruciano facilmente<br />

È una <strong>di</strong>sfunzione legata al fatto che le interferenze fra i circuiti possono portare le pompe a<br />

lavorare fuori campo, vale a <strong>di</strong>re in con<strong>di</strong>zioni che portano le pompe stesse a bruciarsi facilmente.<br />

Ra<strong>di</strong>atori cal<strong>di</strong> anche a pompa ferma<br />

Come l‟anomalia è dovuta alle correnti parassite inverse generate dalle pompe attive. Va<br />

considerato che fenomeni simili possono succedere anche per circolazione naturale o per circolazione<br />

nei by-pass con valvole <strong>di</strong> regolazione chiuse.<br />

Quando è dovuta ad un elevato P fra i collettori, questa anomalia presenta però caratteristiche<br />

specifiche che la fanno riconoscere facilmente: i ra<strong>di</strong>atori hanno superfici calde in modo irregolare e i<br />

loro attacchi <strong>di</strong> ritorno sono più cal<strong>di</strong> <strong>di</strong> quelli <strong>di</strong> mandata: logica conseguenza del fatto che i ra<strong>di</strong>atori<br />

sono riscaldati con correnti <strong>di</strong> senso inverso a quello previsto.<br />

Altre anomalie<br />

Accanto alle anomalie segnalate, ce ne sono altre, magari meno visibili, ma non per questo meno<br />

importanti. Anomalie che possiamo riassumere con una semplice constatazione: ben <strong>di</strong>fficilmente gli<br />

<strong>impianti</strong> tra<strong>di</strong>zionali con elevato P tra i collettori (cosa che succede quasi sempre negli <strong>impianti</strong><br />

me<strong>di</strong>o-gran<strong>di</strong>) possono lavorare nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> progetto previste: cioè nelle con<strong>di</strong>zioni ottimali.<br />

Uso del separatore idraulico per azzerare le interferenze fra i circuiti<br />

Per giustificare la fondatezza <strong>di</strong> questa tesi, possiamo considerare l‟impianto sotto riportato e<br />

<strong>di</strong>mostrare che il suo P fra i collettori è praticamente sempre uguale a zero.<br />

In vero si tratta <strong>di</strong> una <strong>di</strong>mostrazione abbastanza facile. Infatti, come visto in precedenza, a<br />

pompe attive il P fra i collettori è uguale alla pressione che le pompe devono spendere per far<br />

passare il fluido dal collettore <strong>di</strong> ritorno a quello <strong>di</strong> andata: pressione che, nel caso in esame, è<br />

praticamente nulla perchè il fluido, per passare da un collettore all‟altro, deve vincere solo le resistenze<br />

del separatore, vale a <strong>di</strong>re resistenze sostanzialmente nulle, dato che il separatore altro non è che un<br />

largo by-pass fra i collettori.<br />

Dunque, con questa specie <strong>di</strong> uovo <strong>di</strong> Colombo, si può evitare, in modo molto semplice, il<br />

nascere <strong>di</strong> qualsiasi interferenza fra i circuiti e pertanto si possono evitare tutti i problemi connessi.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

62<br />

Aspetti da considerare quando si usa un separatore idraulico<br />

Sono aspetti che riguardano essenzialmente il <strong>di</strong>mensionamento delle pompe e il bilanciamento<br />

dei circuiti <strong>di</strong> regolazione.<br />

Pompe a monte del separatore<br />

La portata <strong>di</strong> queste pompe va determinata in base al calore che esse devono trasportare e al<br />

salto termico ipotizzato per tale “trasporto”, normalmente variabile da 10 a 20°C.<br />

Pompe dei circuiti derivati dai collettori<br />

La loro prevalenza va determinata considerando che, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quanto avviene negli<br />

<strong>impianti</strong> tra<strong>di</strong>zionali, non devono essere messe in bilancio le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico del circuito caldaia.<br />

Bilanciamento dei circuiti <strong>di</strong> regolazione<br />

Non è necessario bilanciare il by-pass con valvola <strong>di</strong> taratura o con Autoflow (ve<strong>di</strong> quanto detto<br />

in precedenza). Infatti, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quanto avviene negli <strong>impianti</strong> tra<strong>di</strong>zionali, il circuito da cui<br />

deriva calore e il circuito <strong>di</strong> by-pass hanno, in qualsiasi posizione della valvola, per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico<br />

sostanzialmente uguali in quanto sostanzialmente nulle.<br />

Separatori idraulici lungo le linee <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione<br />

Oltre che per evitare interferenze fra i circuiti, i separatori possono essere vantaggiosamente<br />

utilizzati anche per servire sottostazioni <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> a sviluppo esteso.<br />

In questi casi, servono ad evitare l‟inserimento <strong>di</strong> scambiatori nelle sottocentrali, oppure ad<br />

impe<strong>di</strong>re che le pompe della <strong>di</strong>stribuzione principale <strong>di</strong>sturbino troppo quelle che lavorano nelle<br />

sottostazioni.<br />

Lo schema, riportato in Figura 70, illustra in merito la soluzione adottata per riscaldare una<br />

scuola con un‟unica centrale termica e quattro sottostazioni, poste a servizio <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici fra loro<br />

in<strong>di</strong>pendenti.<br />

Gli Autoflow sono utilizzati per dare ad ogni separatore, e quin<strong>di</strong> ad ogni sottostazione, la giusta<br />

quantità <strong>di</strong> fluido.<br />

Figura 69: Uso del separatore idraulico fra i circuiti


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

63<br />

Figura 70: Inserimento dei separatori idraulici lungo le linee <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione<br />

Osservazioni conclusive sui separatori idraulici<br />

Prima <strong>di</strong> chiudere questo lungo <strong>di</strong>scorso é opportuno soffermare la nostra attenzione su alcuni<br />

aspetti, organizzativi e operativi, che riguardano più da vicino la realizzazione della Centrale termica.<br />

Va subito ben sottolineato che è decisamente sconsigliabile iniziare i lavori senza un piano<br />

preciso, sperando che, strada facendo, tubo dopo tubo, l‟insieme della Centrale si definisca da solo:<br />

anzi questa è la via più sicura per ottenere pessimi risultati.<br />

È necessario invece, ancor prima <strong>di</strong> iniziare i lavori, aver ben chiaro dove installare la caldaia,<br />

che tipo <strong>di</strong> collettori utilizzare, dove far passare i tubi, dove installare i vasi <strong>di</strong> espansione, le pompe, le<br />

apparecchiature <strong>di</strong> regolazione e tutti i componenti principali: cioè è necessario aver ben chiaro lo<br />

sviluppo esecutivo della Centrale.<br />

Per definire tale sviluppo, in genere non servono dettagliati <strong>di</strong>segni in bella copia: possono<br />

bastare semplici abbozzi o schizzi. Risultano molto utili i moderni CAD <strong>termotecnici</strong> che consentono<br />

<strong>di</strong> definire con molta precisione il layout sia della Centrale termica che dell‟intera rete.<br />

In Figura 71 e in Figura 72 si hanno due esempi <strong>di</strong> layout ottenuto con un CAD termotecnico <strong>di</strong><br />

nuova generazione.<br />

È importante, inoltre, che le Centrali siano pensate e realizzate in modo semplice e razionale: la<br />

loro “trama” deve essere facilmente “leggibile”. Centrali troppo complicate costano <strong>di</strong> più non solo in<br />

fase <strong>di</strong> realizzazione, ma anche (rendendo tutto più <strong>di</strong>fficile) in fase <strong>di</strong> gestione e <strong>di</strong> manutenzione.<br />

Va infine considerato che la Centrale è, quasi sempre, la zona dell‟impianto che esige più<br />

esperienza ed impegno.<br />

D‟altra parte è anche la zona dell‟impianto che meglio può ripagare il lavoro svolto, perchè<br />

meglio può far risultare le scelte, la serietà e la professionalità <strong>di</strong> chi l‟ha realizzata, oltre che essere<br />

motivo <strong>di</strong> giusto orgoglio per chi “ci tiene” al proprio lavoro.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

64<br />

Figura 71: Esempio <strong>di</strong> piping <strong>di</strong> una centrale termica con un moderno CAD termotecnico<br />

Figura 72: Esempio <strong>di</strong> dettagli costruttivi per il piping <strong>di</strong> centrale con un moderno CAD<br />

1.11.3 IL DISPOSITIVO AUTOFLOW<br />

Il <strong>di</strong>spositivo Autoflow è uno stabilizzatore automatico <strong>di</strong> portata la cui funzione è quella <strong>di</strong><br />

mantenere costante la portata al variare della pressione <strong>di</strong>fferenziale tra monte e valle.<br />

L'elemento regolatore dell'Autoflow è costituito <strong>di</strong> due parti essenziali (Figura 73):<br />

1. un pistone che presenta, quali sezioni <strong>di</strong> passaggio per il fluido, un foro <strong>di</strong> testa e aperture<br />

laterali a geometria variabile;<br />

2. una molla a spirale che contrasta la spinta del fluido sul pistone.<br />

L'equilibrio si realizza tra la forza della molla e la forza creata dalla pressione <strong>di</strong>fferenziale tra<br />

monte e valle sulla superficie della testa del pistone.<br />

Figura 73: Sezione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> autoflow<br />

Le leggi dell‟equilibrio dell‟autoflow sono le seguenti:


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

65<br />

G KA<br />

p<br />

F p A 0<br />

F K X<br />

ove si ha il seguente simbolismo:<br />

G portata del fluido;<br />

K coefficiente <strong>di</strong> equilibrio;<br />

A Sezione <strong>di</strong> passaggio del fluido;<br />

F Forza;<br />

p Pressione <strong>di</strong>fferenziale;<br />

A 0 Superficie della testa del pistone;<br />

K s Costante caratteristica della molla;<br />

X spostamento del pistone.<br />

Elaborando opportunamente le relazioni precedenti si arriva a definire la geometria che deve<br />

avere la sezione <strong>di</strong> passaggio del fluido affinché la portata rimanga costante al variare della pressione<br />

<strong>di</strong>fferenziale., come si può osservare in Figura 73. A seconda della portata nominale e del campo <strong>di</strong><br />

pressione <strong>di</strong>fferenziale <strong>di</strong> lavoro, cambiano le forme e le <strong>di</strong>mensioni delle sezioni <strong>di</strong> passaggio. Queste<br />

sono legate naturalmente alle <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> ingombro complessive del regolatore stesso. Per questo<br />

motivo i regolatori Autoflow vengono costruiti con forme e grandezze <strong>di</strong>fferenti. Il funzionamento<br />

del <strong>di</strong>spositivo Autoflow può essere meglio compreso facendo riferimento alla curva p-G e ad uno<br />

schema <strong>di</strong> base che evidenzino l'andamento delle grandezze in gioco. Si hanno tre casi possibili.<br />

Flusso sotto il campo <strong>di</strong> lavoro<br />

In questo caso il pistone <strong>di</strong> regolazione resta in equilibrio senza comprimere la molla e offre al<br />

fluido la massima sezione libera <strong>di</strong> passaggio. In pratica il pistone agisce come un regolatore fisso<br />

e,quin<strong>di</strong>,la portata che attraversa l'Autoflow <strong>di</strong>pende solo dalla pressione <strong>di</strong>fferenziale.<br />

s<br />

0.5<br />

Flusso entro il campo <strong>di</strong> lavoro<br />

Figura 74: Curva p-G per un autoflow sotto il campo <strong>di</strong> lavoro<br />

Figura 75; Curva p-G per un autoflow entro il campo <strong>di</strong> lavoro<br />

Se la pressione <strong>di</strong>fferenziale è compresa nel campo <strong>di</strong> lavoro, il pistone comprime la molla e<br />

offre al fluido una sezione <strong>di</strong> libero passaggio tale da consentire il regolare flusso della portata per cui<br />

è abilitato. La portata nominale viene mantenuta con una tolleranza del 5%.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

66<br />

Flusso fuori dal campo <strong>di</strong> lavoro<br />

Figura 76: p-G per un autoflow fuori dal campo <strong>di</strong> lavoro<br />

In questo campo <strong>di</strong> lavoro il pistone comprime completamente la molla e lascia solo il foro <strong>di</strong><br />

testa come via <strong>di</strong> passaggio per il fluido. Come nel primo caso il pistone agisce da regolatore fisso.<br />

La portata che attraversa l'Autoflow <strong>di</strong>pende, quin<strong>di</strong>, solo dalla pressione <strong>di</strong>fferenziale.<br />

Applicazione dell’autoflow nei circuiti<br />

Seguono alcuni esempi <strong>di</strong> applicazione dell‟autoflow nei vari tipi <strong>di</strong> circuiti.<br />

I <strong>di</strong>spositivi Autoflow vanno installati sulla tubazione <strong>di</strong> ritorno del circuito. Servono a far fluire,<br />

attraverso le colonne, le quantità <strong>di</strong> fluido richieste.<br />

Squilibri nella ripartizione delle portate possono, comunque, determinarsi lungo le colonne per i<br />

motivi evidenziati nell‟esame dei circuiti semplici. Per tale ragione, questi circuiti sono normalmente<br />

utilizzati in e<strong>di</strong>fici che non superano i 5 o 6 piani.<br />

I <strong>di</strong>spositivi Autoflow vanno installati sulla tubazione <strong>di</strong> ritorno del circuito. Sono in grado <strong>di</strong><br />

far fluire, attraverso ogni terminale, le quantità <strong>di</strong> fluido richieste.<br />

Si fa notare come in questo caso non sia necessario bilanciare tra <strong>di</strong> loro le colonne, dato<br />

l‟ampio campo <strong>di</strong> lavoro dell‟Autoflow.<br />

Nel caso <strong>di</strong> valvole manuali invece, si sarebbero dovute bilanciare anche queste ultime tra <strong>di</strong><br />

loro inserendo in più una valvola <strong>di</strong> bilanciamento per ogni colonna stessa.<br />

Figura 77: Bilanciamento con autoflow ai pie<strong>di</strong> delle colonne<br />

Gli Autoflow posti sul ritorno delle derivazioni <strong>di</strong> zona consentono <strong>di</strong> mantenere costante la<br />

portata <strong>di</strong> ogni derivazione sia a valvole aperte, sia a valvole chiuse.<br />

In questo caso non è necessario bilanciare le vie <strong>di</strong> by-pass delle valvole a tre vie, in quanto<br />

l‟Autoflow assorbe automaticamente le eventuali variazioni <strong>di</strong> per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico tra la via aperta verso<br />

l‟utenza o aperta verso il by-pass.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

67<br />

Figura 78: Bilanciamento con autoflow in ogni terminale<br />

Figura 79: Bilanciamento con autoflow in <strong>impianti</strong> con valvole a tre vie<br />

Figura 80: Regolazione con autoflow delle batterie con valvole a tre vie


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

68<br />

Inoltre, nel caso <strong>di</strong> valvole a tre vie modulanti, esso mantiene costante la portata complessiva<br />

anche nelle posizioni interme<strong>di</strong>e dell‟otturatore della valvola.<br />

I <strong>di</strong>spositivi Autoflow vanno installati sulla tubazione <strong>di</strong> ritorno del circuito. Gli Autoflow<br />

consentono <strong>di</strong> mantenere costanti le portate dei circuiti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione sia a valvole aperte, sia a<br />

valvole chiuse.<br />

Inoltre, nel caso <strong>di</strong> valvole a tre vie modulanti, esso mantiene costante la portata complessiva<br />

anche nelle posizioni interme<strong>di</strong>e dell‟otturatore della valvola.<br />

Figura 81: Regolazione con valvole a due vie e pompa a velocità variabile<br />

Figura 82: Bilanciamento <strong>di</strong> gruppi <strong>di</strong> refrigerazione acqua con autoflow<br />

I <strong>di</strong>spositivi Autoflow vanno installati sulla tubazione <strong>di</strong> ritorno del circuito. Questa soluzione è<br />

utilizzata soprattutto in <strong>impianti</strong> con ventilconvettori e valvole <strong>di</strong> regolazione modulanti. Gli Autoflow<br />

servono a stabilizzare la quantità <strong>di</strong> fluido che passa attraverso i terminali.<br />

In un impianto con valvole a due vie e pompa a velocità variabile, senza una riequilibratura<br />

automatica dell‟impianto a carico ridotto (cioè senza Autoflow) si possono avere terminali con flusso<br />

insufficiente. Tale situazione riduce, per esempio, in modo considerevole le capacità dei terminali <strong>di</strong><br />

deumi<strong>di</strong>ficazione.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

69<br />

Figura 83: Bilanciamento delle torri <strong>di</strong> raffreddamento con autoflow<br />

Figura 84: Bilanciamento <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> teleriscaldamento con autoflow<br />

Per bilanciare i circuiti che servono gli evaporatori o i condensatori dei gruppi refrigeranti; sugli<br />

scambiatori la portata è sempre costante anche nel caso <strong>di</strong> parzializzazione dei gruppi, con<br />

conseguente ottimizzazione delle prestazioni. Negli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> teleriscaldamento, per bilanciare le<br />

varie sottocentrali e limitarne la potenza termica al valore nominale; si assicurano così le con<strong>di</strong>zioni<br />

ottimali <strong>di</strong> funzionamento degli scambiatori <strong>di</strong> calore.<br />

1.11.4 RIDUTTORI DI PRESSIONE<br />

Sono <strong>di</strong>spositivi, ve<strong>di</strong> Figura 85, che servono a ridurre la pressione <strong>di</strong>sponibile ad un valore<br />

predefinito e costante. Sono essenzialmente costituiti da:<br />

– un <strong>di</strong>sco <strong>di</strong> regolazione,<br />

– una molla <strong>di</strong> contrasto,<br />

– una membrana elastica,<br />

– uno stelo con otturatore collegato alla membrana.<br />

Funzionano nel seguente modo:<br />

1. quando la pressione a valle supera quella <strong>di</strong> taratura del riduttore, il fluido comprime la<br />

membrana e manda in parziale chiusura il <strong>di</strong>spositivo stelo-otturatore. In tal modo si determina<br />

un incremento della resistenza al passaggio del fluido e <strong>di</strong> conseguenza una <strong>di</strong>minuzione della<br />

pressione a valle.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

70<br />

<br />

2. quando la pressione a valle è inferiore a quella <strong>di</strong> taratura del riduttore, il fluido fa<br />

decomprimere la membrana e manda in parziale apertura il <strong>di</strong>spositivo stelo-otturatore. In tal<br />

modo si determina una <strong>di</strong>minuzione della resistenza al passaggio del fluido e <strong>di</strong> conseguenza un<br />

incremento della pressione a valle, il cui valore in ogni caso non può superare quello della<br />

pressione <strong>di</strong>sponibile a monte.<br />

Figura 85: sezione <strong>di</strong> un riduttore <strong>di</strong> pressione<br />

I riduttori <strong>di</strong> pressione possono essere a sede normale e a sede compensata. Quelli a sede<br />

compensata consentono prestazioni migliori soprattutto per quanto riguarda la precisione e la stabilità<br />

<strong>di</strong> funzionamento<br />

1.11.5 I DISCONNETTORI<br />

Sono <strong>di</strong>spositivi antinquinamento che servono a garantire il “non ritorno” dell'acqua. Si usano<br />

per proteggere le reti <strong>di</strong> acqua potabile da possibili contaminazioni <strong>di</strong> natura chimica o batteriologica.<br />

<br />

<br />

<br />

Figura 86: Sezione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>sconnettore<br />

Sono essenzialmente costituiti da tre zone fra loro in<strong>di</strong>pendenti:<br />

zona a monte: è separata dalla zona interme<strong>di</strong>a me<strong>di</strong>ante una valvola <strong>di</strong> ritegno a molla.<br />

zona interme<strong>di</strong>a: è dotata <strong>di</strong> un meccanismo che scarica l'acqua all'esterno quando la sua<br />

pressione supera quella della zona a monte: cioè quando sussistono le con<strong>di</strong>zioni per<br />

un'inversione <strong>di</strong> flusso del fluido.<br />

zona a valle: è separata dalla zona interme<strong>di</strong>a me<strong>di</strong>ante una valvola <strong>di</strong> ritegno<br />

a molla.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

71<br />

I <strong>di</strong>sconnettori possono essere con o senza prese <strong>di</strong> pressione. Quelli con prese <strong>di</strong> pressione<br />

consentono <strong>di</strong> verificare il funzionamento o meno delle valvole <strong>di</strong> ritegno e del meccanismo <strong>di</strong><br />

scarico.<br />

1.11.6 VALVOLE DI RITEGNO<br />

Sono valvole che servono a consentire il passaggio del fluido in un solo senso. Possono essere<br />

così classificate:<br />

Valvole a battente o a clapet,<br />

Valvole a <strong>di</strong>sco o a tappo,<br />

<br />

<br />

Valvole a sfera,<br />

Valvole a fuso.<br />

Le loro caratteristiche principali sono descritte nei manuali tecnici dei vari Costruttori.<br />

Valvole a clapet<br />

Sono caratterizzate dall‟avere un otturatore a battente (o a clapet) incernierato al corpo valvola.<br />

Il flusso normale mantiene aperto il battente, mentre il suo peso e il contro-flusso lo mandano<br />

in chiusura. Sono utilizzate dove si richiedono basse per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico.<br />

Le normali valvole a battente provocano vibrazioni e farfallamenti nei regimi idraulici variabili.<br />

In tali regimi è bene installare valvole speciali con battente equilibrato a contrappeso.<br />

Nota: La messa in opera <strong>di</strong> queste valvole deve essere fatta in modo che l‟otturatore resti chiuso<br />

in assenza <strong>di</strong> flusso.<br />

Valvole a tappo o a <strong>di</strong>sco<br />

Figura 87: Sezioni <strong>di</strong> alcuni tipi <strong>di</strong> valvole <strong>di</strong> ritegno<br />

Aprono e chiudono me<strong>di</strong>ante un otturatore (a tappo o a <strong>di</strong>sco) che scorre come un pistone in<br />

una apposita guida.<br />

Il flusso normale solleva il pistone, mentre il suo peso, il contro-flusso e l‟eventuale azione <strong>di</strong><br />

molle lo mandano in chiusura. Possono essere utilizzate anche in regimi idraulici pulsanti. Limiti<br />

d‟uso: depositi e incrostazioni possono compromettere la tenuta della chiusura.<br />

Valvole a sfera<br />

La loro azione <strong>di</strong> apertura-chiusura è affidata ad un otturatore a sfera. Il flusso normale solleva<br />

la sfera, mentre il suo peso e il contro-flusso la mandano in chiusura. Sono utilizzate con flui<strong>di</strong> viscosi<br />

e con liqui<strong>di</strong> sporchi. E‟ sconsigliabile il loro uso in regimi idraulici pulsanti.<br />

Valvole a fuso<br />

Aprono e chiudono me<strong>di</strong>ante un otturatore a forma <strong>di</strong> fuso e con richiamo a molla. Il flusso<br />

normale solleva il fuso, mentre il peso del fuso stesso, l‟azione <strong>di</strong> una o più molle e il contro-flusso lo<br />

mandano in chiusura. Sono utilizzate per limitare gli effetti dei colpi d‟ariete. Limiti d‟uso: depositi e<br />

incrostazioni possono compromettere la tenuta della chiusura.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

72<br />

1.11.7 VINCOLI DELLE TUBAZIONI<br />

Vi sono <strong>di</strong>spositivi meccanici che servono ad equilibrare le forze, statiche e <strong>di</strong>namiche, che<br />

normalmente agiscono sulle reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione. Forze <strong>di</strong> natura statica sono il peso proprio dei tubi,<br />

il peso del fluido in essi contenuto e il peso <strong>di</strong> eventuali apparecchiature e accessori (raccor<strong>di</strong>,<br />

valvolame, pompe, rivestimenti, ecc...). Forze <strong>di</strong> natura <strong>di</strong>namica sono, invece, quelle che derivano<br />

dalle <strong>di</strong>latazioni termiche dei tubi. I vincoli delle tubazioni devono essere <strong>di</strong>sposti in modo da evitare:<br />

• sollecitazioni troppo elevate, specie in prossimità <strong>di</strong> attacchi flangiati e <strong>di</strong> saldature;<br />

• percorsi a onda, che possono causare sacche d‟aria (negli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> riscaldamento) e depositi<br />

<strong>di</strong> acqua condensata (negli <strong>impianti</strong> a vapore).<br />

In base al tipo <strong>di</strong> azione esercitata, i vincoli si possono così classificare:<br />

punti fissi, servono a “bloccare” le tubazioni nei punti voluti;<br />

guide, permettono lo spostamento dei tubi in una sola <strong>di</strong>rezione;<br />

appoggi o sostegni, hanno esclusivamente il compito <strong>di</strong> sostenere il peso delle tubazioni.<br />

Punti fissi<br />

Sono vincoli che bloccano le tubazioni in modo da impe<strong>di</strong>re qualsiasi movimento. Si possono<br />

classificare in punti fissi principali e punti fissi secondari.<br />

Punti fissi principali<br />

Si trovano all‟inizio e alla fine dell‟impianto, ve<strong>di</strong> Figura 88, come pure nei tratti con curve.<br />

Devono essere <strong>di</strong>mensionati in modo da poter resistere all‟azione delle seguenti forze:<br />

• spinte conseguenti alla deformazione dei <strong>di</strong>latatori (per i <strong>di</strong>latatori artificiali, il valore <strong>di</strong> tale<br />

spinta è in genere fornito dal costruttore);<br />

• resistenza dovuta agli <strong>di</strong> attriti delle guide che sono comprese fra il compensatore e il punto<br />

fisso;<br />

• spinta dovuta alla pressione del fluido (praticamente da considerarsi solo in <strong>impianti</strong> a vapore<br />

o ad acqua surriscaldata);<br />

• forza centrifuga indotta dalla velocità del fluido (generalmente questa spinta si considera solo<br />

per tubazioni che hanno <strong>di</strong>ametro superiore a 300 mm).<br />

Punti fissi secondari o interme<strong>di</strong><br />

Figura 88: Schematizzazione dei punti fissi principali<br />

Sono posti su tubazioni rettilinee con lo scopo <strong>di</strong> sud<strong>di</strong>videre queste in tratti <strong>di</strong> minor<br />

lunghezza, aventi ciascuno una <strong>di</strong>latazione propria.<br />

Se si utilizzano compensatori artificiali, la lunghezza dei tratti compresi fra due punti fissi è<br />

generalmente scelta in base alla corsa massima dei compensatori stessi. I punti fissi secondari devono<br />

resistere alle spinte conseguenti alla deformazione dei <strong>di</strong>latatori e alla resistenza dovuta agli attriti delle<br />

guide.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

73<br />

Guide<br />

Figura 89; Schematizzazione dei punti fissi secondari<br />

Sono vincoli che consentono alle tubazioni <strong>di</strong> muoversi solamente lungo una <strong>di</strong>rezione<br />

prefissata. In base al tipo <strong>di</strong> scorrimento, si possono classificare in guide ad attrito radente e in guide<br />

ad attrito volvente. Le guide ad attrito radente scorrono per strisciamento sulle superfici <strong>di</strong> appoggio.<br />

Le guide ad attrito volvente si muovono, invece, su appositi rulli e consentono spostamenti più<br />

uniformi. Sono da preferirsi per i tubi <strong>di</strong> grande <strong>di</strong>ametro.<br />

Appoggi e sostegni<br />

Figura 90: Esempi <strong>di</strong> guide<br />

Sono vincoli che lasciano alle tubazioni la possibilità <strong>di</strong> muoversi assialmente e lateralmente. Gli<br />

appoggi lavorano in compressione e scaricano il peso dei tubi su travi o mensole <strong>di</strong> supporto.<br />

I sostegni sono vincoli che lavorano in trazione e tengono sospesi i tubi me<strong>di</strong>ante collari pensili..<br />

Figura 91: Esempi <strong>di</strong> sostegni a mensole


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

74<br />

Figura 92: Esempi <strong>di</strong> sostegni a collare<br />

1.11.8 CIRCUITI INVERSI<br />

Questo circuito - definito anche “compensato” o “bilanciato” - consente <strong>di</strong> garantire ai suoi<br />

terminali (corpi scaldanti, colonne o derivazioni <strong>di</strong> zona) valori <strong>di</strong> prevalenza pressoché uguali fra loro.<br />

Simile prestazione si ottiene sviluppando il circuito in modo tale che:<br />

il primo terminale dell‟andata sia l‟ultimo del ritorno;<br />

il secondo terminale dell‟andata sia il penultimo del ritorno;<br />

il terzo terminale dell‟andata sia il terzultimo del ritorno, e così via fino a che<br />

l‟ultimo terminale dell‟andata sia il primo del ritorno.<br />

Figura 93: Esempi <strong>di</strong> reti a circuito inverso<br />

Il circuito inverso può essere del tipo a sviluppo lineare (comunemente detto a tre tubi o anello <strong>di</strong><br />

Tickelmann) oppure a sviluppo anulare (falso tre tubi).


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

75<br />

Le applicazioni <strong>di</strong> questo circuito (specie nel tipo a sviluppo lineare) sono limitate soprattutto<br />

dai suoi costi relativamente elevati. In molti casi, il bilanciamento delle derivazioni <strong>di</strong> rete può essere<br />

ottenuto più convenientemente con valvole <strong>di</strong> taratura o con limitatori <strong>di</strong> portata.<br />

1.11.9 DILATAZIONI LINEARI DELLE TUBAZIONI<br />

Per effetto della temperatura del fluido <strong>di</strong> lavoro le tubazioni sono soggette a <strong>di</strong>latazione termica<br />

della quale si deve tenere conto in sede progettuale.<br />

Le <strong>di</strong>latazioni termiche lineari possono essere calcolate con la formula:<br />

L = · L T<br />

dove:<br />

L = <strong>di</strong>latazione termica lineare, mm<br />

= coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>latazione termica lineare, mm/m°C<br />

L = lunghezza della tubazione, m<br />

T = <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> temperatura, °C<br />

Nella seguente Tabella 11sono riportati i valori <strong>di</strong> per i tubi normalmente utilizzati negli<br />

<strong>impianti</strong> idro-termosanitari.<br />

Tabella 11: Coefficienti <strong>di</strong> <strong>di</strong>latazione per alcuni materiali<br />

In alternativa alla tabella si può utilizzare l‟abaco <strong>di</strong> Figura 94 che fornisce i coefficienti <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>latazione per i vari materiali d‟uso in funzione della temperatura.<br />

Figura 94: Abaco per il calcolo dei coefficienti <strong>di</strong> <strong>di</strong>latazione lineare


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

76<br />

Controllo delle <strong>di</strong>latazioni termiche<br />

Negli <strong>impianti</strong> con reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione a sviluppo limitato, le <strong>di</strong>latazioni termiche dei tubi sono<br />

in genere assorbite dalla elasticità “naturale” delle reti stesse. Tale elasticità <strong>di</strong>pende soprattutto dal<br />

numero e dal tipo <strong>di</strong> curve inserite nella rete.<br />

Le curve, infatti, si deformano facilmente e possono così assorbire in modo “naturale”<br />

l‟allungamento e l‟accorciamento dei tubi. Le curve che meglio assorbono le <strong>di</strong>latazioni termiche dei<br />

tubi sono quelle che hanno <strong>di</strong>ametri piccoli ed elevati raggi <strong>di</strong> curvatura.<br />

Al contrario, negli <strong>impianti</strong> a grande sviluppo, l‟elasticità propria delle reti non è in genere<br />

sufficiente a garantire l‟assorbimento delle <strong>di</strong>latazioni termiche. In questi casi si deve provvedere alla<br />

messa in opera <strong>di</strong> appositi compensatori che possono essere <strong>di</strong> tipo naturale o artificiale.<br />

Compensatori naturali<br />

Sono così definiti i compensatori ottenuti con tratti rettilinei e con curve degli stessi tubi che<br />

costituiscono le reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione. Questi <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> <strong>di</strong>latazione sono facili da realizzare, sono<br />

poco costosi e hanno un elevato grado <strong>di</strong> sicurezza.<br />

Possono però presentare l‟inconveniente <strong>di</strong> richiedere molto spazio e, quin<strong>di</strong>, non sempre sono<br />

realizzabili, specie quando i tubi sono posti in cunicoli o in cave<strong>di</strong>.<br />

Per limitare le loro <strong>di</strong>mensioni, questi compensatori possono essere messi in opera con una<br />

pretensione, cioè con uno stato <strong>di</strong> tensione <strong>di</strong> segno contrario a quello indotto dalla <strong>di</strong>latazione<br />

termica dei tubi. Simile tecnica <strong>di</strong> montaggio consente <strong>di</strong> ridurre l‟entità della <strong>di</strong>latazione effettiva da<br />

assorbire.<br />

Figura 95: Abaco per i <strong>di</strong>latatori ad U<br />

Solitamente conviene che l‟allungamento <strong>di</strong> pretensione sia uguale a metà della <strong>di</strong>latazione<br />

termica prevista. I compensatori naturali più comunemente usati sono quelli che hanno forma<br />

geometrica a U, L e Z.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

77<br />

In genere i compensatori a U devono essere realizzati appositamente, mentre i compensatori a<br />

L, oppure a Z, possono essere ricavati anche dal normale percorso delle tubazioni, posizionando<br />

opportunamente i punti fissi e le guide <strong>di</strong> scorrimento.<br />

I <strong>di</strong>agrammi <strong>di</strong> Figura 95, Figura 96 e Figura 97 consentono <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionare i compensatori del<br />

tipo a U, L e Z in relazione al loro <strong>di</strong>ametro e al valore della <strong>di</strong>latazione da compensare.<br />

Compensatori artificiali<br />

Sono <strong>di</strong>spositivi meccanici, deformabili con facilità, appositamente costruiti per poter assorbire<br />

le <strong>di</strong>latazioni termiche dei tubi.<br />

Commercialmente sono <strong>di</strong>sponibili nei tipi: a soffietto metallico, in gomma, a telescopio e a<br />

tubo flessibile.<br />

Compensatori a soffietto metallico<br />

Sono tratti <strong>di</strong> condotto costituiti principalmente da una parete metallica ondulata e deformabile,<br />

simile ad un soffietto.<br />

Assicurano una buona tenuta (anche con forti pressioni e con temperature elevate), non sono<br />

ingombranti e hanno la possibilità <strong>di</strong> compiere un‟ampia gamma <strong>di</strong> movimenti.<br />

Per queste loro caratteristiche, i compensatori a soffietto metallico sono molto utilizzati negli<br />

<strong>impianti</strong> sanitari e <strong>di</strong> riscaldamento nonché negli <strong>impianti</strong> industriali. Secondo il tipo <strong>di</strong> movimento si<br />

classificano in: assiali, laterali e angolari.<br />

E‟ importante ricordare che questi compensatori per poter lavorare correttamente debbono<br />

avere le omega non in tensione inizialmente. Essi vengono montati con una compressione iniziale in<br />

modo che la successiva <strong>di</strong>latazione termica venga assorbita dalla <strong>di</strong>latazione delle omega.<br />

Se montati non correttamente questi <strong>di</strong>latatori possono provocare incidenti anche gravi<br />

(specialmente nelle tubazioni ad acqua surriscaldata) per rottura a fatica delle omega.<br />

Compensatori in gomma<br />

Sono <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> compensazione costituiti essenzialmente da un tratto <strong>di</strong> condotto in gomma<br />

con superficie a “onda” semplice o multipla. Sono in grado <strong>di</strong> assicurare compensazioni assiali, laterali<br />

e angolari.<br />

Sono, inoltre, particolarmente utili per assorbire le vibrazioni e per interrompere la continuità<br />

metallica.<br />

Questi compensatori non sono utilizzabili né con alte temperature (temperatura massima<br />

100÷105°C), né con elevate pressioni (pressione massima 8÷10 atm) e neppure con quei flui<strong>di</strong> che, per<br />

le loro caratteristiche fisico-chimiche, non possono essere convogliati in condotti <strong>di</strong> gomma.<br />

Compensatori telescopici<br />

Sono realizzati con due tubi coassiali liberi <strong>di</strong> scorrere fra loro come gli elementi del tubo <strong>di</strong> un<br />

telescopio. La tenuta idraulica è ottenuta con una o più guarnizioni in materiale elastico.<br />

I compensatori telescopici possono essere utilizzati solo con pressioni limitate e con movimenti<br />

delle tubazioni rigorosamente assiali.<br />

Se i movimenti delle tubazioni non sono assiali, i tubi interni dei compensatori tendono ad<br />

“impuntarsi”, compromettendo così l‟efficienza della tenuta idraulica.<br />

Compensatori a tubo flessibile<br />

Sono dei semplici tubi flessibili. Devono essere installati perpen<strong>di</strong>colarmente alla <strong>di</strong>rezione in<br />

cui avviene la <strong>di</strong>latazione termica.<br />

I compensatori a tubo flessibile sono utilizzati soprattutto per assorbire le <strong>di</strong>latazioni dei tubi<br />

piccoli e me<strong>di</strong>. Con i tubi <strong>di</strong> elevato <strong>di</strong>ametro, questi compensatori risultano troppo ingombranti.<br />

Si tenga presente quanto detto per i compensatori a soffietto: anche questi compensatori<br />

debbono lavorare correttamente evitando che la <strong>di</strong>latazione termica produca tensioni superiori a quella<br />

<strong>di</strong> rottura.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

78<br />

Figura 96: Abaco per <strong>di</strong>latatori ad L<br />

Figura 97: Abaco per <strong>di</strong>latatori a Z


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

79<br />

Figura 98: Schema <strong>di</strong> funzionamento dei compensatori a soffietto<br />

1.12 DIMENSIONAMENTO DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE DELL’ARIA<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

Le reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione per l‟aria, possono essere classificate in:<br />

condotte <strong>di</strong> mandata;<br />

condotte <strong>di</strong> ripresa;<br />

condotte <strong>di</strong> aspirazione;<br />

condotte <strong>di</strong> espulsione.<br />

Questa classificazione è sostanzialmente ininfluente sulla tecnologia costruttiva delle condotte,<br />

poiché la tecnica della loro realizzazione non varia, nella maggior parte dei casi, con la variazione <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>rezione del flusso d‟aria.<br />

La <strong>di</strong>stinzione può <strong>di</strong>ventare invece importante nel momento in cui intervengono fattori o<br />

vincoli che determinano un <strong>di</strong>verso <strong>di</strong>mensionamento delle condotte, oppure esigenze che obbligano<br />

al conseguimento <strong>di</strong> una determinata tenuta alle fughe d‟aria, oppure ancora le problematiche<br />

connesse alla coibentazione termica.<br />

1.12.1 CLASSIFICAZIONE DELLE CONDOTTE PER L’ARIA<br />

Negli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionamento esistono due meto<strong>di</strong> per convogliare l‟aria verso i locali<br />

con<strong>di</strong>zionati, chiamati “a bassa” e “ad alta” velocità. La linea <strong>di</strong> separazione tra i due sistemi non è ben<br />

definita, tuttavia, come valori <strong>di</strong> riferimento per le velocità iniziali, il progettista può assumere i<br />

seguenti:<br />

1. Impianti commerciali e residenziali:<br />

a) Bassa velocità: fino a 13 m/s. Normalmente compresa fra i 6 e gli 11 m/s;<br />

b) Alta velocità: sopra i 13 m/s.<br />

2. Impianti industriali:<br />

a) Bassa velocità: fino a 13 m/s. Normalmente compresa tra gli 11 ed i 13 m/s;<br />

b) Alta velocità: da 13 a 25 m/s.<br />

I canali <strong>di</strong> ripresa negli <strong>impianti</strong> a bassa o ad alta velocità vengono normalmente <strong>di</strong>mensionati a<br />

bassa velocità. Per i canali <strong>di</strong> ripresa le velocità raccomandate sono:<br />

1. Impianti commerciali e residenziali:<br />

Bassa velocità: fino a 10 m/s. Normalmente compresa tra 7.5 e 9 m/s.<br />

2. Impianti industriali:<br />

Bassa velocità: fino a 13 m/s. Normalmente compresa tra 9 e 11 m/s.<br />

In base alle pressioni, i canali per la <strong>di</strong>stribuzione dell‟aria vengono <strong>di</strong>visi in tre categorie.<br />

Queste, che corrispondono alle classi I, II e III dei ventilatori, vengono definite nel modo<br />

seguente:<br />

1. Bassa pressione: fino a 900 Pa, ventilatore della classe I.<br />

2. Me<strong>di</strong>a pressione: da 900 a 1700 Pa, ventilatore della classe II.<br />

3. Alta pressione: da 1700 a 3000 Pa, ventilatore della classe III.<br />

Questi valori si riferiscono alla pressione totale e comprendono le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico che si<br />

verificano nella centrale <strong>di</strong> trattamento dell‟aria, nei canali <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione e nei <strong>di</strong>ffusori.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

80<br />

La funzione <strong>di</strong> una rete <strong>di</strong> canali è <strong>di</strong> convogliare l‟aria dalla centrale <strong>di</strong> trattamento ai vari locali<br />

da con<strong>di</strong>zionare. Per assolvere questa funzione nel migliore dei mo<strong>di</strong>, la rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione deve<br />

essere progettata avendo presente <strong>di</strong>versi fattori, quali: lo spazio a <strong>di</strong>sposizione, le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico, la<br />

velocità dell‟aria, il livello <strong>di</strong> rumorosità, le rientrate e le <strong>di</strong>spersioni <strong>di</strong> calore, le fughe per la non<br />

perfetta tenuta.<br />

Per i canali <strong>di</strong> mandata e <strong>di</strong> ripresa, lo spazio <strong>di</strong>sponibile per la loro sistemazione e l‟aspetto<br />

estetico determinano, molto spesso, il progetto ed impongono, a volte, un tipo <strong>di</strong> impianto.<br />

Negli alberghi e negli uffici, con una <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> spazio limitata, l‟impiego <strong>di</strong> terminali ad<br />

induzione con canali d‟aria circolari ad alta velocità può risultare spesso, a parte ogni altra<br />

considerazione, la soluzione migliore.<br />

Nei gran<strong>di</strong> magazzini o nei grossi centri commerciali già esistenti, l‟impianto può richiedere dei<br />

canali in vista appesi al soffitto. In questo caso sono particolarmente consigliati dei canali a sezione<br />

rettangolare costante che assumono l‟aspetto <strong>di</strong> travi.<br />

Per ottenere questo risultato, i canali dovranno essere esternamente lisci e ridotti al massimo i<br />

cambiamenti <strong>di</strong> sezione.<br />

Negli <strong>impianti</strong> industriali, l‟ingombro e l‟aspetto estetico dei canali assumono un‟importanza<br />

secondaria. Anche per questi <strong>impianti</strong>, comunque, spesso il canale a forma rettangolare rappresenta la<br />

soluzione migliore e più economica.<br />

Le canalizzazioni, possono essere <strong>di</strong>mensionati, analogamente a quanto visto per le reti ad<br />

acqua, con i meto<strong>di</strong> a velocità costante , per<strong>di</strong>ta specifica <strong>di</strong> pressione costante e con un nuovo<br />

metodo, valido solo per i canali d‟aria, detto a recupero <strong>di</strong> pressione (ve<strong>di</strong> nel prosieguo).<br />

In questo caso, però, occorre tenere conto che la <strong>di</strong>stribuzione dell‟aria trova i terminali alla<br />

stessa pressione, quella ambientale.<br />

Metodo a velocità costante per i canali d’aria<br />

Nel primo caso si procede sostanzialmente come già in<strong>di</strong>cato per le tubazione dell‟acqua. La<br />

portata da immettere in ogni ambiente tramite i terminali (bocchette <strong>di</strong> mandata o <strong>di</strong>ffusori) è<br />

calcolata in proporzione al carico termico dell‟ambiente rispetto a quello totale.<br />

Qi<br />

mi<br />

m0<br />

[72]<br />

Q<br />

0<br />

con Q i carico totale dell‟ambiente i.esimo, Q 0 carico totale dell‟e<strong>di</strong>ficio, m<br />

0<br />

portata massica totale<br />

dell‟e<strong>di</strong>ficio dell‟aria, m<br />

i<br />

portata massica dell‟aria nell‟ambiente i.esimo.<br />

Note le portate nei tronchi terminali 18 si calcolano le portate nei tronchi principali. Si impone la<br />

velocità in ogni tronco avendo cura <strong>di</strong> scegliere il valore più opportuno contemperando le esigenze <strong>di</strong><br />

economicità della rete con quelle dell‟efficienza e della silenziosità. I valori consigliati, per e<strong>di</strong>fici civili,<br />

sono i seguenti:<br />

Velocità minima (m/s) Velocità massima (m/s)<br />

Tronchi principali 4 8<br />

Tronchi secondari e terminali 2 4<br />

Tronco in partenza dalla soffiante 4 16<br />

Tabella 12: Valori consigliati delle velocità dell’aria nei canali<br />

Utilizzando l‟abaco <strong>di</strong> Figura 36 per l‟aria si determina, note le coppie ( m , w i ) il <strong>di</strong>ametro<br />

equivalente, D eq , e la per<strong>di</strong>ta specifica <strong>di</strong> pressione i <strong>di</strong> ogni ramo.<br />

Noto il <strong>di</strong>ametro equivalente si determinano le <strong>di</strong>mensioni a e b della sezione rettangolare<br />

equivalente (a parità delle per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione) me<strong>di</strong>ante la relazione:<br />

i<br />

18 Cioè quelli che portano l‟aria ai <strong>di</strong>ffusori negli ambienti.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

81<br />

D<br />

eq<br />

1.3<br />

<br />

<br />

ab <br />

<br />

<br />

a<br />

b<br />

0,625<br />

0,25<br />

ove una delle <strong>di</strong>mensioni deve essere fissata a priori. Di solito si impone l‟altezza a del canale<br />

per motivi <strong>di</strong> ingombro (controsoffitto) e quin<strong>di</strong> la precedente relazione consente <strong>di</strong> calcolare b. I Valori<br />

usuali delle <strong>di</strong>mensioni dei canali variano a modulo <strong>di</strong> 50 mm. Pertanto determinata la sezione<br />

rettangolare finale occorre ricalcolare il D eq me<strong>di</strong>ante la [73] e poi, tramite l‟abaco per l‟aria, riottenere i<br />

valori finali della velocità e della per<strong>di</strong>ta specifica <strong>di</strong> pressione.<br />

Fatti i calcoli per ogni circuito occorre poi calcolare le effettive pressioni a monte delle<br />

bocchette <strong>di</strong> mandata ed inserire delle serrande <strong>di</strong> regolazione in modo che ogni bocchetta (o<br />

anemostato) abbia la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> pressione necessaria per il lancio e la velocità <strong>di</strong> uscita desiderati. La<br />

soffiante dovrà fornire, per la portata totale, un p capace <strong>di</strong> far fronte alle per<strong>di</strong>te nei canali <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stribuzione e nelle apparecchiature interne alla centrale <strong>di</strong> trattamento aria.<br />

Queste cadute <strong>di</strong> pressione (per le batterie calde e/o fredde, per l‟umi<strong>di</strong>ficatore, il separatore <strong>di</strong><br />

gocce, filtri, …) sono fornite dai costruttori delle stesso apparecchiature e sono riportate in abachi<br />

specialistici nei manuali tecnici.<br />

[73]<br />

Tabella 13: Pesi dei canali d’aria<br />

Metodo a per<strong>di</strong>ta specifica costante per i canali d’aria<br />

Anche in questo caso occorre tenere presente la formazione della rete dei canali. Il metodo a<br />

=costante si applica con qualche leggera variazione rispetto ai condotti d‟acqua.<br />

Di solito la velocità <strong>di</strong> uscita dalla soffiante viene imposta sia per ottenere <strong>di</strong>mensioni minime<br />

dei canali d‟aria, proprio per il tronco principale che convoglia l‟intera portata massica della rete, sia<br />

per motivi tecnici relativi alla selezione della soffiante.<br />

Pertanto si fissa la velocità del primo tronco secondo quanto in<strong>di</strong>cato nella Tabella 12 e si<br />

procede a w =costante come in<strong>di</strong>cato nel precedente paragrafo e si impone la per<strong>di</strong>ta specifica <strong>di</strong><br />

pressione, 0 , così ottenuta a tutti gli altri tronchi a valle. A partire dal secondo tronco, quin<strong>di</strong>, si opera<br />

utilizzando l‟abaco <strong>di</strong> Figura 36 con le coppie iniziali <strong>di</strong> dati ( 0 , m<br />

i<br />

).<br />

Si rilevano dall‟abaco i valori della velocità e del <strong>di</strong>ametro equivalente. Adesso per calcolare le<br />

<strong>di</strong>mensioni della sezione rettangolare equivalente occorre utilizzare la [48].<br />

Come al solito si fissa l‟altezza della sezione, a, e si calcola la larghezza b me<strong>di</strong>ante la suddetta<br />

relazione o me<strong>di</strong>ante la Tabella 9. Fissate le <strong>di</strong>mensioni reali commerciali si ricalcola il D eq e tramite<br />

l‟abaco si ottengono le effettive velocità e per<strong>di</strong>te specifiche <strong>di</strong> pressione.<br />

Completati i calcoli per tutti i rami si procede al bilanciamento della rete.<br />

In questo caso, però, si potrebbe utilizzare il metodo a per<strong>di</strong>ta specifica costante calcolando la<br />

pressione effettiva al nodo <strong>di</strong> attacco <strong>di</strong> ogni tronco terminale e, note le <strong>di</strong>mensioni geometriche e le<br />

tipologie delle per<strong>di</strong>te localizzate, calcolare la da imporre per avere la stessa pressione finale.<br />

In questo modo si ha una rete certamente più bilanciata rispetto al metodo a velocità costante.<br />

In Figura 99 si ha un esempio <strong>di</strong> rete <strong>di</strong> canali: è possibile osservare la particolare <strong>di</strong>sposizione<br />

dei canali che consente un eventuale mascheramento con finte travi e/o finti pilastri.<br />

Si osservi l‟ingombro della rete ad aria rispetto a quella ad acqua (ve<strong>di</strong> Figura 48).


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

82<br />

Metodo a recupero <strong>di</strong> pressione<br />

Figura 99: Esempio <strong>di</strong> installazione <strong>di</strong> canali d’aria<br />

Si definisce pressione statica quella esercitata dall‟aria perpen<strong>di</strong>colarmente alle pareti del condotto<br />

mentre si definisce pressione <strong>di</strong>namica quella esercitata su una superficie perpen<strong>di</strong>colare alla <strong>di</strong>rezione del<br />

moto. In corrispondenza <strong>di</strong> un allargamento brusco <strong>di</strong> sezione, ve<strong>di</strong> Figura 105, l‟aria nel canale<br />

subisce una espansione dando luogo ad una produzione <strong>di</strong> lavoro. Infatti dalla equazione dell‟energia:<br />

dq dl dh gdz wdw<br />

assumendo che la trasformazione sia a<strong>di</strong>abatica ed isoterma si ha,<br />

vdp wdw<br />

0<br />

dh c dT vdp vdp :<br />

La somma della pressione statica e quella <strong>di</strong>namica è la pressione totale del fluido. Quin<strong>di</strong> ad un<br />

decremento del termine cinetico (wdw) corrisponde un pari incremento del termine del termine<br />

<strong>di</strong>pendente dalla pressione vdp. Se il <strong>volume</strong> specifico dell‟aria si mantiene costante (ipotesi<br />

ragionevole nel campo delle velocità usuali nell‟<strong>impianti</strong>stica) si ha un lavoro:<br />

l v p p<br />

<br />

2 1<br />

Se la velocità a valle dell‟allargamento è minore <strong>di</strong> quella a monte allora il lavoro viene fatto dalle<br />

pressioni statiche. Si può pensare <strong>di</strong> utilizzare questo lavoro per vincere (in parte o tutto) le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong><br />

pressione per attrito nel tratto a valle della <strong>di</strong>ramazione.<br />

Poiché la pressione <strong>di</strong>namica vale:<br />

p<br />

d<br />

w<br />

<br />

2<br />

la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> pressione <strong>di</strong>namica fra monte e valle dell‟allargamento vale:<br />

w<br />

p p <br />

d1 d2<br />

2<br />

<br />

2 2<br />

1<br />

w2<br />

2<br />

p<br />

0


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

83<br />

La variazione delle pressioni statiche può allora compensare la <strong>di</strong>minuzione delle pressioni<br />

<strong>di</strong>namiche. Il recupero <strong>di</strong> pressione statica vale allora:<br />

w<br />

p<br />

<br />

recuperata<br />

2 2<br />

1<br />

w2<br />

2<br />

Nella pratica non tutta la variazione <strong>di</strong> pressione statica viene recuperata anche per effetto delle<br />

per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione nella variazione <strong>di</strong> sezione (Borda Carnot) e della variazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione dei filetti<br />

flui<strong>di</strong>. E‟ uso comune assumere che solo il 75% della pressione venga recuperata.<br />

Il metodo detto a recupero <strong>di</strong> pressione si applica solo ai canali per l‟aria negli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong><br />

climatizzazione.<br />

In corrispondenza degli allargamenti bruschi il recupero <strong>di</strong> pressione statica è determinato,<br />

come si è detto, dal rallentamento del fluido a valle, tuttavia in corrispondenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>ramazioni dei<br />

canali (ove si ha una variazione della portata che si <strong>di</strong>stribuisce fra i rami) si può fare in modo <strong>di</strong> avere<br />

un recupero <strong>di</strong> pressione statica anche se a valle della <strong>di</strong>ramazione si ha un restringimento della<br />

sezione.<br />

La velocità dell‟aria nel canale viene ridotta in corrispondenza ad ogni <strong>di</strong>ramazione (dove si ha<br />

una variazione <strong>di</strong> portata <strong>di</strong> massa o <strong>volume</strong>trica) in modo che la caduta <strong>di</strong> pressione nel tratto<br />

susseguente alla <strong>di</strong>ramazione sia bilanciata dalla conversione <strong>di</strong> pressione <strong>di</strong>namica in pressione statica.<br />

I rami a valle del primo (<strong>di</strong> solito quello susseguente alla soffiante) sono <strong>di</strong>mensionati, quin<strong>di</strong>,<br />

facendo recuperare pressione statica (che <strong>di</strong>minuisce con le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione) me<strong>di</strong>ante la<br />

conversione <strong>di</strong> pressione <strong>di</strong>namica consente alla variazione della sezione del canale a valle.<br />

In questo modo la pressione statica dei canali rimane costante e la rete è bilanciata. Si supponga<br />

<strong>di</strong> avere una semplice rete <strong>di</strong> canali come illustrato in Figura 107.<br />

Pertanto dal punto <strong>di</strong> intersezione si determinano la velocità a valle, w 2 , e la variazione della<br />

pressione statica che dovrà bilanciare le per<strong>di</strong>te totali del ramo. Il primo tratto (L 1 ) viene <strong>di</strong>mensionato<br />

con uno dei due precedenti criteri (ad esempio a w = costante, cioè alla velocità imposta dal<br />

ventilatore).<br />

Il tratto a valle (L 2 ) si <strong>di</strong>mensiona in modo che la sua velocità, w 2 , produca una variazione <strong>di</strong><br />

pressione <strong>di</strong>namica recuperata per il 75% (ipotesi <strong>di</strong> partenza) e data dalla relazione:<br />

2 2<br />

w1 w <br />

2<br />

p<strong>di</strong>namica<br />

0.75 <br />

[74]<br />

2 <br />

con velocità w espresse in [m/s].<br />

Deve essere verificata l‟eguaglianza:<br />

2 2<br />

w1 w <br />

2<br />

0.75 <br />

<br />

2 <br />

L Leq<br />

w2<br />

, Q<br />

<br />

con Q portata <strong>volume</strong>trica dell‟aria a valle della <strong>di</strong>ramazione e (w 2 ,Q) funzione per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong><br />

pressione <strong>di</strong>stribuita.<br />

La metodologia <strong>di</strong> calcolo CARRIER (che qui non si <strong>di</strong>mostra) prevede il calcolo del parametro:<br />

L<br />

j [75]<br />

0.61<br />

Q<br />

m ). Noto il<br />

<br />

ove Q in<strong>di</strong>ca la portata <strong>volume</strong>trica (m³/h) del tratto a valle ( Q 3600<br />

parametri j si utilizza l‟abaco della Figura 107 nel quale sono noti: la velocità del tratto a monte, w 1<br />

(m/s) e il parametro j. Assumendo l‟ipotesi data dalla [74] sul recupero della pressione si può<br />

utilizzare anche un metodo iterativo che può facilmente essere implementato su computer o su CAD<br />

matematici 19 .<br />

19 Ad esempio Mathematica®, Maple®, MathCad®, Matlab®, Derive®.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

84<br />

Figura 100: Vista assonometrica <strong>di</strong> un impianto a tutt’aria<br />

Infatti l‟ipotesi del recupero del 75% <strong>di</strong> pressione <strong>di</strong>namica per vincere le per<strong>di</strong>te statiche porta a<br />

risolvere la seguente equazione:<br />

2 2 2.49<br />

1 2 2<br />

0.75 w <br />

<br />

w 0.175 LRamo<br />

Lequivalente<br />

w<br />

[76]<br />

0.64<br />

2<br />

Q<br />

ove vale il seguente simbolismo:<br />

w 1 velocità a monte del tratto, m/s;<br />

w 2 velocità a valle del tratto, m/s, (incognita del problema);<br />

L Ramo lunghezza geometrica del ramo a vallo, m;<br />

L equivalente lunghezza equivalente delle resistenze localizzate del tratto in progetto, m;<br />

Q 2 portata d‟aria nel tratto a valle, m³/h.<br />

L‟equazione precedente deve essere risolta iterativamente, essendo w 2 in entrambi i membri.<br />

Determinata a velocità a valle si calcola l‟area della sezione <strong>di</strong> passaggio me<strong>di</strong>ante la relazione:<br />

Q2<br />

A <br />

3600<br />

w<br />

[77]<br />

e poi si calcola il <strong>di</strong>ametro del canale:<br />

d <br />

2<br />

Si <strong>di</strong>mensiona il canale scegliendo b e a in modo che abbiano la stessa per<strong>di</strong>ta specifica <strong>di</strong><br />

pressione me<strong>di</strong>ante la [48].<br />

4A<br />

<br />

2


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

85<br />

Figura 101: Particolare dei canali d’aria in una zona critica<br />

Poiché la scelta delle due <strong>di</strong>mensioni reali comporta sempre uno scostamento rispetto al<br />

<strong>di</strong>ametro ideale occorre ricalcolare la velocità reale a valle. Infatti note le <strong>di</strong>mensioni b ed a si ha anche<br />

la velocità reale a valle:<br />

Q2<br />

w2<br />

<br />

reale<br />

3600<br />

ba <br />

<br />

<br />

Figura 102: Particolare <strong>di</strong> attraversamento dei canali fra piani


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

86<br />

p<br />

statica<br />

Figura 103: Misura della pressione statica in un canale<br />

p <strong>di</strong>namica<br />

Figura 104: Misura della pressione <strong>di</strong>namica in un canale<br />

p totale<br />

1<br />

p<br />

<strong>di</strong>namica<br />

p statica<br />

2<br />

Figura 105: Andamento delle pressioni in un cambiamento <strong>di</strong> sezione<br />

e pertanto la [76], questa volta con w 2reale nota, fornisce la nuova percentuale del recupero 20 :<br />

2.49<br />

w2<br />

reale<br />

0.175<br />

LRamo<br />

Lequivalente<br />

<br />

0.64<br />

Q2<br />

Precupero<br />

<br />

100<br />

[78]<br />

2 2<br />

w1 w2reale<br />

<br />

2<br />

20 Questa equazione è stata derivata da interpolazioni dell‟abaco Carrier sul metodo a recupero <strong>di</strong> pressione.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

87<br />

Figura 106: Abaco per il calcolo del recupero della pressione statica<br />

Esempio <strong>di</strong> calcolo <strong>di</strong> progettazione a recupero <strong>di</strong> pressione<br />

In Figura 107 si ha una rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione d‟aria per un impianto <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionamento.<br />

Applicando il criterio a recupero <strong>di</strong> pressione e a per<strong>di</strong>ta specifica costante si hanno le seguenti<br />

tabelle comparative.<br />

Dati <strong>di</strong> rete Calcolo a costante (=2 Pa/m) Calcolo a recupero <strong>di</strong> pressione statica<br />

Tratto<br />

Q<br />

w<br />

S=Q/3600/w<br />

m 3 /h ( (m 2 )<br />

(m/s) (m 2 )<br />

m/s)<br />

0-1 5500 10 0.15 10.0 0.15<br />

w<br />

S=Q/3600/w<br />

1-2 5000 9 0.15 9.0 0.15<br />

2-3 3000 8 0.10 6.6 .12<br />

3-4 1000 6 0.04 4.1 0.07<br />

Tabella 14: Esempio <strong>di</strong> calcolo <strong>di</strong> una rete <strong>di</strong> canali


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

88<br />

Dati <strong>di</strong> rete<br />

Calcolo a costante (=2 Pa/m) Calcolo a recupero <strong>di</strong> pressione<br />

Tratto L+L eq p=(L+L eq )<br />

p<br />

(m)<br />

(Pa/m)<br />

(Pa)<br />

(Pa)<br />

0-1 3 2 6 6<br />

1-2 10 2 20<br />

2-3 7 2 14<br />

3-4 15 2 30<br />

Totale 70 6<br />

Tabella 15: Confronto fra le cadute <strong>di</strong> pressione<br />

3m 10m 7m 15m<br />

5500 mc/h<br />

10 m/s<br />

5000 mc/h 1000 mc/h<br />

500 mc/h 2000 mc/h 2000 mc/h<br />

Figura 107: Canali d’aria per il recupero <strong>di</strong> pressione<br />

L‟esame <strong>di</strong> queste tabella mostra come con il metodo a recupero <strong>di</strong> pressione statica porti ad<br />

avere sezioni <strong>di</strong> canale maggiori rispetto al metodo a costante ma, in compenso, la rete a valle del<br />

primo tratto ha p=0 e le cadute <strong>di</strong> pressione totali sono sensibilmente minori.<br />

In definitiva con il metodo a recupero <strong>di</strong> pressione si hanno costi <strong>di</strong> installazione più elevati per<br />

via delle maggior <strong>di</strong>mensioni dei canali e costi <strong>di</strong> gestione inferiori, sempre rispetto a qualunque altro<br />

metodo <strong>di</strong> progetto, poiché le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione totali sono notevolmente inferiori.<br />

Figura 108: Esempio <strong>di</strong> rete <strong>di</strong> canali d’aria <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a estensione<br />

1.12.2 CANALI AD ALTA VELOCITÀ<br />

La <strong>di</strong>stribuzione dell‟aria con<strong>di</strong>zionata ad alta velocità è essenzialmente legata alla necessità <strong>di</strong><br />

limitare l‟ingombro delle canalizzazioni, e ciò a spese <strong>di</strong> una più elevata potenza richiesta per i<br />

ventilatori.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

89<br />

Per i sistemi <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione dell‟aria ad alta velocità valgono le regole generali viste fino ad ora;<br />

in più, occorre tener conto <strong>di</strong> alcune importanti considerazioni:<br />

Il livello sonoro dell‟impianto deve essere accuratamente controllato. Qualora i terminali non<br />

siano muniti <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivi afonici, è necessario installare a valle degli eventuali <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong><br />

miscelazione dell‟aria canali rivestiti all‟interno <strong>di</strong> materiale fonoassorbente.<br />

Negli <strong>impianti</strong> ad alta velocità si ricorre frequentemente all‟uso <strong>di</strong> canali a sezione circolare<br />

(realizzati me<strong>di</strong>ante nastro metallico avvolto a spirale) per la facilità <strong>di</strong> assicurarne la tenuta e per<br />

la loro rigi<strong>di</strong>tà.<br />

Devono impiegarsi curve e raccor<strong>di</strong> a bassa per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> carico, per evitare cadute <strong>di</strong> pressione<br />

eccessive ed eventuale rumorosità.<br />

Le modalità <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento e <strong>di</strong> costruzione dei canali ad alta velocità sono oggetto <strong>di</strong><br />

manuali specializzati, che il progettista dovrà tenere opportunamente presenti.<br />

1.12.3 ISOLAMENTO DEI CANALI D’ARIA<br />

Le rientrate e le <strong>di</strong>spersioni <strong>di</strong> calore attraverso i canali <strong>di</strong> mandata e <strong>di</strong> ripresa possono risultare<br />

rilevanti. Queste si verificano non solo quando i canali attraversano ambienti non con<strong>di</strong>zionati (estate)<br />

o non riscaldati (inverno), ma anche nei tratti molto lunghi installati in ambienti climatizzati.<br />

Il trasferimento <strong>di</strong> calore avviene in estate dall‟ambiente esterno all‟aria che circola nel canale ed<br />

in inverno in senso inverso. Per semplicità faremo riferimento al funzionamento estivo, ma con ovvia<br />

estensione a quello invernale.<br />

Nel calcolo del bilancio termico estivo, occorre tener conto delle rientrate <strong>di</strong> calore che si<br />

verificano nel tratto <strong>di</strong> canale che attraversa un locale non con<strong>di</strong>zionato.<br />

Esse comportano una maggiore potenza frigorifera dell‟impianto e, molto spesso, richiedono<br />

una maggiore quantità <strong>di</strong> aria da inviare all‟ambiente.<br />

Frequentemente, oltre al maggior quantitativo, viene richiesta una temperatura più bassa dell‟aria<br />

<strong>di</strong> mandata.<br />

Per ridurre le rientrate <strong>di</strong> calore, a volte può essere necessario mo<strong>di</strong>ficare l‟iniziale ripartizione<br />

del quantitativo d‟aria ai terminali. Inoltre, si è verificato che:<br />

1. le rientrate <strong>di</strong> calore maggiori si verificano nei canali che presentano il coefficiente <strong>di</strong> forma<br />

più alto;<br />

<br />

<br />

2. canali con piccole portate, a bassa velocità, presentano le più elevate rientrate <strong>di</strong> calore;<br />

3. l‟isolamento del canale riduce le rientrate: ad esempio, un rivestimento isolante con<br />

coefficiente <strong>di</strong> trasmissione k = 0.7, ridurrà del 90% circa le rientrate <strong>di</strong> calore.<br />

Se ne deduce facilmente che progettare i canali con il più basso coefficiente <strong>di</strong> forma e con una<br />

velocità relativamente elevata serve a <strong>di</strong>minuire le rientrate <strong>di</strong> calore, così come si rivela molto utile<br />

l‟utilizzo <strong>di</strong> un isolante.<br />

Con particolare cura si deve ovviamente evitare il fenomeno della condensazione sulla superficie<br />

fredda dei canali, che si verifica quando la loro temperatura superficiale scende sotto la temperatura <strong>di</strong><br />

rugiada dell‟aria dell‟ambiente considerato: a questo punto si vede come un opportuno isolamento<br />

delle condotte sia praticamente in<strong>di</strong>spensabile.<br />

La coibentazione delle condotte si realizza generalmente con feltri <strong>di</strong> fibra <strong>di</strong> vetro dello<br />

spessore <strong>di</strong> 30 mm, avvolti all‟esterno e finiti superficialmente con un foglio <strong>di</strong> plastica o <strong>di</strong> alluminio.<br />

Non sono più accettabili gli isolamenti interni alle condotte, realizzati con fibre <strong>di</strong> vetro e film <strong>di</strong><br />

protezione, perché, nell‟ipotesi <strong>di</strong> sfaldamento della protezione, le fibre vengono messe in circolo<br />

nell‟ambiente.<br />

1.13 USO DI PROGRAMMI DI CALCOLO<br />

Oggi non è <strong>di</strong>fficile utilizzare programmi <strong>di</strong> calcolo che facilitano il progetto delle reti <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stribuzione secondo uno dei due meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> calcolo anzidetti. Si possono anche utilizzare semplici<br />

fogli elettronici nei quali si impostano le fasi <strong>di</strong> calcolo prima descritte.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

90<br />

1.13.1 PROGRAMMI PER RETI DI DISTRIBUZIONE DELL’ACQUA CALDO E/O FREDDA<br />

Reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione in acciaio<br />

Per le reti ad acqua calda con tubazioni in acciaio si può immaginare un algoritmo <strong>di</strong> progettazione<br />

a =costante schematizzato nelle seguenti fasi (che riepilogano quanto sopra fatto).<br />

Numerare i no<strong>di</strong> della rete in modo da in<strong>di</strong>viduare, per ciascun circuito, i singoli tratti;<br />

Calcolare la portata <strong>di</strong> acqua calda per ciascun tratto terminale <strong>di</strong> circuito me<strong>di</strong>ante la [66];<br />

Calcolare la portata totale dei vari rami applicando il criterio <strong>di</strong> congruenza;<br />

Scegliere da catalogo una pompa <strong>di</strong> circolazione con prevalenza giu<strong>di</strong>cata sufficiente per il tipo<br />

<strong>di</strong> impianto e per la portata totale sopra calcolata;<br />

Fissare la percentuale <strong>di</strong> per<strong>di</strong>te <strong>di</strong>stribuite da utilizzare per il calcolo della me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> ogni circuito<br />

me<strong>di</strong>ante la [71] nella quale la lunghezza totale è nota;<br />

Calcolare per ciascun tratto il <strong>di</strong>ametro teorico me<strong>di</strong>ante abachi o utilizzando la relazione 21 :<br />

<br />

<br />

<br />

0.36<br />

d 3.84 m 0.2<br />

<br />

ove le unità <strong>di</strong> misura sono: d [mm], m [kg/h], [mm. c.a.];<br />

Scegliere il <strong>di</strong>ametro commerciale più vicino (in <strong>di</strong>fetto o in eccesso) a quello teorico sopra<br />

calcolato;<br />

Calcolare la per<strong>di</strong>ta specifica <strong>di</strong> pressione reale conseguente al <strong>di</strong>ametro commerciale selezionato<br />

me<strong>di</strong>ante abaco o con la relazione:<br />

1.8<br />

m<br />

<br />

reale<br />

8183<br />

5<br />

d<br />

con d [mm], m [kg/h], [mm. c.a.];<br />

Calcolare la velocità effettiva del fluido corrispondente al <strong>di</strong>ametro commerciale selezionato<br />

me<strong>di</strong>ante abaco o me<strong>di</strong>ante la relazione:<br />

0.556 0.778<br />

w 0.00858 <br />

d<br />

con d [mm], w [m/s], [mm. c.a.];<br />

calcolare le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong>stribuite del ramo, p<strong>di</strong> iLi<br />

, e le per<strong>di</strong>te concentrate e quin<strong>di</strong> le per<strong>di</strong>te<br />

totale del ramo;<br />

ripetere le fasi precedenti per tutti i rami e quin<strong>di</strong> calcolare le per<strong>di</strong>te totali <strong>di</strong> ogni circuito<br />

me<strong>di</strong>ante la relazione pcircuito p<br />

Rami i<br />

;<br />

ripetere il calcolo per tutti circuiti tenendo conto che i tratti comuni sono già <strong>di</strong>mensionati<br />

(partendo dai circuiti più lunghi) e che <strong>di</strong> questi si conoscono le per<strong>di</strong>te specifiche vere e quin<strong>di</strong><br />

nel calcolo della me<strong>di</strong>a si deve tenere conto solamente dei rami ancora da <strong>di</strong>mensionare e della p<br />

che hanno <strong>di</strong>sponibile;<br />

Confrontare le cadute <strong>di</strong> pressione <strong>di</strong> tutti i circuiti e provvedere al calcolo delle resistenze <strong>di</strong><br />

compensazione (rispetto alla caduta <strong>di</strong> pressione maggiore) de circuiti più favoriti;<br />

Verificare la scelta della pompa <strong>di</strong> circolazione.<br />

Reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione in Rame<br />

Per tubi a bassa rugosità, quali sono le tubazioni in rame, si deve tenere conto delle minori<br />

per<strong>di</strong>te per attrito. Usando ancora la relazione <strong>di</strong> Blasius, [31], si può calcolare:<br />

1.75<br />

0.25 m<br />

0.214 <br />

( Pa / m)<br />

[79]<br />

4.75<br />

d<br />

21 Queste relazioni sono desunte <strong>di</strong>rettamente dagli abachi visti in precedenza.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

91<br />

ovvero:<br />

1.75<br />

0.25 m<br />

14.68 <br />

( mmc. a./ m)<br />

[80]<br />

4.75<br />

d<br />

con d in (mm), in (m 2 /s), in (kg/m 3 ) e portata in (kg/s) per il S.I. e (litri/ora) nel S.T.<br />

Si ricor<strong>di</strong> che per l‟acqua sia che variano con la temperatura. Ad esempio si hanno:<br />

Temperatura (°C) Viscosità cinematica m 2 /s) Densità (kg/m 3 )<br />

10 1.30 10 -6 999.6<br />

80 0.39 10 -6 971.1<br />

Tabella 16: Parametri termofisici per l’acqua<br />

Relazione <strong>di</strong> Hazen Williams<br />

Per calcolare la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> pressione specifica si può usare la relazione <strong>di</strong> Hazen Williams<br />

seguente:<br />

1.85 9<br />

6.05m<br />

10<br />

<br />

1.85 4.87<br />

C d<br />

Con:<br />

m portata del fluido, [l/m];<br />

Per<strong>di</strong>ta specifica <strong>di</strong> pressione, [mm.ca/m];<br />

d <strong>di</strong>ametro della tubazione, [mm];<br />

C costante funzione del tipo <strong>di</strong> tubazione:<br />

C=100 tubi in ghisa<br />

C=120 tubi in acciaio<br />

C=140 tubi in rame<br />

C=150 tubi in plastica.<br />

Dalla stessa relazione, nota si può calcolare il <strong>di</strong>ametro della tubazione con la relazione:<br />

6.05m<br />

10<br />

d 1.85<br />

C <br />

1.85 9<br />

Queste due relazioni possono essere utilizzate in sostituzione delle precedenti.<br />

Verifiche <strong>di</strong> funzionalità<br />

Quanto sopra esposto si riferisce al puro calcolo delle reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzioni dell‟acqua calda e/o<br />

fredda. Nulla si è detto circa la verifica <strong>di</strong> funzionalità dell‟impianto <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione.<br />

Il calcolo della portata <strong>di</strong> fluido è effettuata con la relazione<br />

m Q<br />

c T<br />

ove T è la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> temperatura del fluido fra l‟andata e il ritorno:<br />

p<br />

T T T<br />

Ricordando che il terminale cede calore all‟ambiente me<strong>di</strong>ante la relazione:<br />

Q K S T F<br />

con:<br />

<br />

m<br />

r<br />

ml<br />

<br />

<br />

<br />

0.205<br />

1 2<br />

Tml<br />

con: =tf<br />

t<br />

1 f2<br />

1<br />

ln<br />

<br />

2


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

92<br />

Figura 109: Schema <strong>di</strong> collegamento <strong>di</strong> un terminale<br />

ed F opportuno fattore geometrico <strong>di</strong> scambio si ha che la trasmissione <strong>di</strong> calore all‟ambiente<br />

<strong>di</strong>pende dalla <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> temperatura me<strong>di</strong>a logaritmica e dalla forma del corpo scaldante. Di solito<br />

si pone lo scambio termico nella forma:<br />

n<br />

QCS<br />

C<br />

T<br />

cs amb<br />

ove si ha:<br />

- Tcs amb<br />

<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> temperatura fra la T me<strong>di</strong>a del corpo scaldante e l‟aria ambiente;<br />

- C coefficiente <strong>di</strong> scambio termico;<br />

- n esponente che <strong>di</strong>pende dal corpo scaldante.<br />

Si è visto nel Volume 2° <strong>di</strong> questo corso che n è fornito dai Costruttori dei corpi scaldanti con<br />

riferimento ad uno scambio nominale (EN 442) <strong>di</strong> 50 °C fra corpo scaldante ed ambiente.<br />

Tabella 17: Dati <strong>di</strong> libreria <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>atori commerciali


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

93<br />

Tabella 18: Dati <strong>di</strong> libreria <strong>di</strong> fan coil commerciali<br />

Nella Tabella 17 e nella Tabella 18 si hanno i dati funzionali <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>atori e fan coil commerciali<br />

con l‟in<strong>di</strong>cazione dell‟esponente n <strong>di</strong>anzi accennato.<br />

Se, ad esempio, si ha una temperatura <strong>di</strong> mandata <strong>di</strong> 80 °C e <strong>di</strong> ritorno <strong>di</strong> 60 °C si ha una<br />

temperatura me<strong>di</strong>a del corpo scaldante <strong>di</strong> T me<strong>di</strong>a = (80+60)/2= 70 °C. Pertanto la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />

temperatura fra il corpo riscaldante e l‟ambiente (supposto a 20 °C) è pari a T=70 – 20 = 50 °C.<br />

Modello<br />

Resa T=50<br />

EN442 [W]<br />

n<br />

Cont. acqua<br />

[L]<br />

Prof. Alt. Inter. Lungh. attacco<br />

[pollici]<br />

Massa<br />

[kg]<br />

TEMA 2-558 55 1,288 0,53 60 558 500 60 1 3,40<br />

TEMA 2-681 69 1,287 0,60 60 681 623 60 1 3,90<br />

TEMA 2-871 82 1,3 0,77 60 871 813 60 1 5,00<br />

TEMA 3-400 55 1,295 0,51 94 400 342 60 1 3,70<br />

TEMA 3-558 13 1,295 0,73 94 558 500 60 1 4,80<br />

TEMA 3-640 84 1,3 0,75 94 640 581 60 1 5,30<br />

TEMA 3-681 88 1,3 0,85 94 681 623 60 1 5,8<br />

TEMA 3-790 102 1,305 0,9 94 790 731 60 1 6,5<br />

TEMA 3-871 109 1,315 1 94 871 813 60 1 6,80<br />

TEMA 4-558 93 1,299 0,84 128 558 500 60 1 5,80<br />

TEMA 4-681 111 1,276 1,07 128 681 623 60 1 7,90<br />

TEMA 4-871 137 1,331 1,34 128 871 813 60 1 8,60<br />

TEMA 5-558 114 1,312 1,01 162 558 500 60 1 7,30<br />

TEMA 5-681 136 1,322 1,23 162 681 623 60 1 9,00<br />

TEMA 5-871 166 1,324 1,7 162 871 813 60 1 11,00<br />

TEMA 8-300 103 1,326 1,18 267 300 242 60 1 6,70<br />

NEOCLASSIC 4-571 80 1,295 0,68 141 576 500 55 1 4,65<br />

NEOCLASSIC 4-665 92 1,309 0,74 141 669 595 55 1 5,25<br />

NEOCLASSIC 4-871 112 1,345 0,86 141 871 800 55 1 6,89<br />

NEOCLASSIC 6-665 134 1,3 0,96 222 665 595 55 1 1/4 8,30<br />

NEOCLASSIC 6-871 169 1,32 1,5 222 871 800 55 1 1/4 10,80<br />

Tabella 19: Esempio <strong>di</strong> dati per ra<strong>di</strong>atori commerciali


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

94<br />

In queste con<strong>di</strong>zioni la potenza ceduto dal corpo scaldante è quella nominale (ve<strong>di</strong> Tabella 17).<br />

Nel caso in cui si abbia un T fra corpo scaldante ed ambiente <strong>di</strong>versa da 50 °C (valore nominale) allora<br />

occorre apportare la correzione seguente:<br />

Q<br />

Nom<br />

50 <br />

QEff<br />

<br />

Treale<br />

<br />

per calcolare l‟effettiva potenza ceduta dal corpo scaldante. Così, ad esempio, se si alimenta un<br />

ra<strong>di</strong>atore a 70 °C e la temperatura <strong>di</strong> ritorno è 60 °C risulta la T me<strong>di</strong>a = 65 °C e quin<strong>di</strong> la T CS-amb =<br />

65-20 = 45 °C. In base al dati, ad esempio, della Tabella 19, si avrebbe per il TEMA 2-558 (prima riga)<br />

n= 1.288 ed una variazione <strong>di</strong> potenza ceduta pari a:<br />

Q<br />

Q<br />

Nom<br />

Eff<br />

50<br />

<br />

<br />

<br />

45<br />

<br />

1.288<br />

n<br />

1.145<br />

E quin<strong>di</strong> Q Eff =Q Nom /1.145. In definitiva l‟avere ridotto il T fra ra<strong>di</strong>atore e ambiente comporta<br />

una per<strong>di</strong>ta del 14,5% <strong>di</strong> potenza termica ceduta. Ciò significa anche che occorre selezionare un corpo<br />

scaldante <strong>di</strong> maggiori <strong>di</strong>mensioni per ottenere la potenza nominale <strong>di</strong> 55 W/elemento (con riferimento<br />

all’esempio relativo al primo rigo della Tabella 19).<br />

Oltre al comportamento del corpo scaldante occorre anche verificare che la portata che ad esso<br />

perviene sia quella <strong>di</strong> progetto e cioè che sia verificata la relazione:<br />

Tm<br />

Tr<br />

<br />

Q mc<br />

p Tm Tr CTcs amb C Tamb<br />

<br />

2 <br />

Ne consegue che non basta in<strong>di</strong>care, nel calcolo della rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione, la sola T fra<br />

mandata e ritorno del fluido per avere la suddetta congruenza ma occorre anche verificare che T cs-amb<br />

sia quello desiderato (50 °C nel caso <strong>di</strong> valore nominale) o che si sia scelto il corpo scaldante con superficie<br />

corretta per i valori effettivi <strong>di</strong> scambio.<br />

1.13.2 PROGRAMMI DI CALCOLO PER LE RETI DI DISTRIBUZIONE DELL’ARIA<br />

Canali per la <strong>di</strong>stribuzione dell’aria<br />

Relazioni analoghe possono essere trovate per i canali d‟aria. I passi <strong>di</strong> calcolo sono in tutto<br />

simili a quanto detto in precedenza per le reti per l‟acqua.<br />

Occorre tenere presenti che tutti i terminali (<strong>di</strong>ffusori e bocchette per l‟aria) sono alla stessa<br />

pressione atmosferica e quin<strong>di</strong> una rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione per l‟aria è fatta <strong>di</strong> circuiti aperti.<br />

Il primo tratto, quello principale uscente dalla soffiante <strong>di</strong> mandata, si <strong>di</strong>mensiona fissando la<br />

velocità <strong>di</strong> uscita variabile fra 4 ÷ 8 m/s. Si calcolano le grandezze relative, , w, D eq . La per<strong>di</strong>ta<br />

specifica <strong>di</strong> pressione così ottenuta si attribuisce, costante, agli altri tronchi del circuito me<strong>di</strong>ante<br />

la procedura iterativa seguente.<br />

Il <strong>di</strong>ametro equivalente è legato alla per<strong>di</strong>ta specifica dalla relazione:<br />

0.36<br />

m<br />

Deq<br />

15<br />

[81]<br />

0.2<br />

<br />

<br />

ove le unità <strong>di</strong> misura sono: D eq [mm], m [m³/h], [mm. c.a.];<br />

Dato il <strong>di</strong>ametro equivalente occorre scegliere una <strong>di</strong>mensione (nel caso <strong>di</strong> canali rettangolari) e<br />

calcolare la seconda me<strong>di</strong>ante la relazione:<br />

D<br />

eq<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

ab<br />

1.3<br />

a<br />

b<br />

0.625<br />

0.25<br />

[82]


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

95<br />

<br />

<br />

ove, si ricor<strong>di</strong>, si suppone che si mantengano costanti le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione. Di solito le<br />

<strong>di</strong>mensioni pratiche <strong>di</strong> a e <strong>di</strong> b variano a passi <strong>di</strong> 50 mm e pertanto scelte le <strong>di</strong>mensioni effettive<br />

si ricalcala, tramite la stessa [82] il D eq .<br />

Calcolare la per<strong>di</strong>ta specifica <strong>di</strong> pressione reale conseguente al <strong>di</strong>ametro equivalente reale<br />

calcolato me<strong>di</strong>ante abaco o con la relazione:<br />

1.8<br />

m<br />

<br />

reale<br />

787500<br />

5<br />

D<br />

con d [mm], m [m³/h], [mm. c.a.];<br />

Calcolare la velocità effettiva del fluido corrispondente al <strong>di</strong>ametro equivalente selezionato<br />

me<strong>di</strong>ante abaco o me<strong>di</strong>ante la relazione:<br />

0.556 0.778<br />

w 0.21<br />

d<br />

eq<br />

con d [mm], w [m/s], [mm. c.a.];<br />

calcolare le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong>stribuite del ramo, p<strong>di</strong> iLi<br />

, e le per<strong>di</strong>te concentrate e quin<strong>di</strong> le per<strong>di</strong>te<br />

totale del ramo;<br />

ripetere le fasi precedenti per tutti i rami e quin<strong>di</strong> calcolare le per<strong>di</strong>te totali <strong>di</strong> ogni circuito<br />

me<strong>di</strong>ante la relazione pcircuito p<br />

Rami i<br />

;<br />

ripetere il calcolo per tutti circuiti tenendo conto che i tratti comuni sono già <strong>di</strong>mensionati<br />

(partendo dai circuiti più lunghi) e che <strong>di</strong> questi si conoscono le per<strong>di</strong>te specifiche vere e quin<strong>di</strong><br />

nel calcolo della me<strong>di</strong>a si deve tenere conto solamente dei rami ancora da <strong>di</strong>mensionare e della p<br />

che hanno <strong>di</strong>sponibile;<br />

Confrontare le cadute <strong>di</strong> pressione <strong>di</strong> tutti i circuiti e provvedere al calcolo delle resistenze <strong>di</strong><br />

compensazione (rispetto alla caduta <strong>di</strong> pressione maggiore) de circuiti più favoriti;<br />

Verificare la scelta della soffiante <strong>di</strong> mandata ed, eventualmente, dell‟aria <strong>di</strong> ripresa.<br />

Per la <strong>di</strong>stribuzione dell‟aria occorre sempre prevedere le serrande <strong>di</strong> regolazione sia nei canali<br />

principali che a monte dei <strong>di</strong>ffusori e delle bocchette <strong>di</strong> immissione per ottenere le effettive con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> ciascun componente.<br />

Verifiche <strong>di</strong> funzionalità<br />

Anche per le reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione dell‟aria occorre verificare che i terminali (bocchette, <strong>di</strong>ffusori, …)<br />

lavorino effettivamente secondo le loro caratteristiche funzionali.<br />

Così come i ra<strong>di</strong>atori forniscono potenza <strong>di</strong>versa quando sono alimentati con T=CS-amb <br />

50 °C (valore nominale) anche i <strong>di</strong>ffusori hanno bisogno <strong>di</strong> avere la giusta <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> pressione fra<br />

monte e valle per fornire il corretto valore <strong>di</strong> portata.<br />

Ne segue che, effettuato il calcolo della rete <strong>di</strong> canali, occorre verificare che il p per ciascun<br />

<strong>di</strong>ffusore sia quello <strong>di</strong> progetto e, nel caso risulti maggiore, inserire la corretta serranda <strong>di</strong> regolazione.<br />

1.14 FOGLIO DI CALCOLO RETI DI DISTRIBUZIONE<br />

Gli Allievi possono utilizzare un foglio <strong>di</strong> calcolo opportunamente pre<strong>di</strong>sposto per il<br />

<strong>di</strong>mensionamento delle reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione dell‟acqua e dell‟aria. Detto foglio elettronico, in formato<br />

Excel, viene <strong>di</strong>stribuito con il manuale durante le lezioni.<br />

Vale comunque quanto sopra detto per le verifiche <strong>di</strong> funzionalità sia delle reti dell‟acqua che<br />

delle reti dei canali.<br />

1.15 PROGETTO DI RETI COMPLESSE DI FLUIDI<br />

Le reti complesse sono costituite da un numero considerevoli remi fra loro collegati in modo<br />

non regolare e in ogni caso tale da formare circuiti aperti, Figura 110, o chiusa, Figura 111.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

96<br />

Figura 110: Rete complessa aperta<br />

Un modo alternativo <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere le reti è ad albero e a maglie, come in<strong>di</strong>cato negli stessi<br />

esempi.<br />

Reti ad albero<br />

Figura 111: Rete complessa chiusa<br />

Queste reti si possono immaginare che si sviluppino secondo lo schema <strong>di</strong> un albero nel quale si<br />

immagina <strong>di</strong> seguire il percorso linfatico dal tronco ai vari rami.<br />

Queste reti sono, solitamente, aperte, si sviluppano in lunghezza ed hanno una <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong><br />

moto facilmente preve<strong>di</strong>bile (da sinistra a destra, dal basso in alto, ….).<br />

Reti a maglia<br />

Queste reti sono costituite da un insieme <strong>di</strong> circuiti chiusi, variamente collegati in modo da<br />

formare anelli o comunque in generale maglie chiuse.<br />

La complessità delle maglie non consente <strong>di</strong> prevedere la <strong>di</strong>rezione del flusso potendosi avere<br />

alimentazione alle utenze da varie <strong>di</strong>rezioni. Queste reti sono tipiche per gran<strong>di</strong> densità <strong>di</strong> utenza con<br />

elevate portate.<br />

Criteri <strong>di</strong> progetto delle reti complesse<br />

Per la progettazione delle reti complesse occorre sempre tenere presenti alcune regole che qui si<br />

elencano:


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

97<br />

<br />

Vale il principio <strong>di</strong> conservazione della massa in corrispondenza dei no<strong>di</strong> e pertanto la somma delle<br />

portate entranti deve eguagliare le portate uscenti. Ogni equazione scritta per no<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi<br />

consente <strong>di</strong> calcolare una portata incognita fra quelle in<strong>di</strong>cate in bilancio. Per n no<strong>di</strong> si hanno n<br />

equazioni <strong>di</strong> bilancio in<strong>di</strong>pendenti che consentono <strong>di</strong> risolvere n incognite:<br />

u i<br />

mj<br />

mj<br />

[83]<br />

j1 j1<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

ove con u si è in<strong>di</strong>cata l‟uscita e con i l‟ingresso. Per la rete <strong>di</strong> Figura 112 si possono scrivere, per<br />

i tre no<strong>di</strong> che la compongono, le seguenti equazioni <strong>di</strong> bilancio:<br />

m m m<br />

12 13 1<br />

m m m<br />

2 23 12<br />

m m m<br />

3 13 23<br />

e quin<strong>di</strong> si possono calcolare tre portate incognite delle sei in<strong>di</strong>cate.<br />

La pressione è univocamente determinata qualunque sia il percorso seguito per arrivare ad un nodo.<br />

Per ogni tratto a portata uniforme si può scrivere l‟equazione <strong>di</strong> Bernoulli e pertanto per<br />

l‟esempio <strong>di</strong> Figura 112 si hanno le equazioni:<br />

2 2<br />

w2 w1<br />

Tratto1 2 0 v p2 p1 g z2 z1 R12<br />

2<br />

2 2<br />

w3 w1<br />

Tratto1 3 0 v p3 p1 g z3 z1 R13<br />

2<br />

2 2<br />

w2 w3<br />

Tratto3 2 0 v p2 p3 g z2 z3 R23<br />

2<br />

ove con R ij si in<strong>di</strong>ca la generica resistenza al moto totale (concentrata più <strong>di</strong>stribuita) del tratto i-j.<br />

Le resistenze al moto possono essere vinte fornendo una adeguata potenza meccanica tramite<br />

pompe <strong>di</strong> circolazione e/o ventilatori per le quali vale l‟equazione:<br />

2 2<br />

1 <br />

w2 w <br />

1<br />

l v<br />

p2 p1<br />

<br />

<br />

2<br />

<br />

<br />

<br />

ove è il ren<strong>di</strong>mento idraulico (cioè per v uniforme) tra 1 e 2 con il quale si tiene conto delle<br />

resistenze R 12 nella macchina. Si determina il valore della potenza <strong>di</strong> pompaggio tramite la<br />

relazione<br />

P m l<br />

note che siano la portata totale m e le pressioni <strong>di</strong> aspirazione p i =p 1 e <strong>di</strong> mandata p u =p 2 . Ciò<br />

richiede <strong>di</strong> conoscere la <strong>di</strong>stribuzione delle pressioni nella rete. In genere si ritiene che la<br />

pressione sia nota a priori almeno in un punto.<br />

Il calcolo delle reti si effettua utilizzando le proprietà anzidette tenendo conto che, <strong>di</strong> solito, in<br />

fase <strong>di</strong> progetto si conoscono le portate presso gli utilizzatori e si debbono determinare i <strong>di</strong>ametri dei<br />

condotti mentre in fase <strong>di</strong> verifica si conoscono i <strong>di</strong>ametri e si verificano che le portate agli<br />

utilizzatori siano quelle desiderate.<br />

In genere le grandezze sopra in<strong>di</strong>cate sono insufficienti a risolvere il problema per cui occorre<br />

tenere conto anche delle pressioni e della potenza della macchina operatrice (pompa o ventilatore).<br />

Occorre inoltre fare delle ipotesi per calcolare le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione R ji e in particolare occorre<br />

ipotizzare la densità del fluido per potere calcolare i fattori <strong>di</strong> attrito e <strong>di</strong> Darcy.<br />

Questi problemi sono stati ampiamente <strong>di</strong>scussi nei vari meto<strong>di</strong> progetto illustrati nei paragrafi<br />

precedenti.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

98<br />

m2<br />

2<br />

m12<br />

m23<br />

1<br />

m13<br />

3<br />

m3<br />

m1<br />

Figura 112: Esempio <strong>di</strong> rete triangolare<br />

1.15.1 CAD PER LA PROGETTAZIONE DELLE RETI COMPLESSE<br />

Esistono numerosi CAD de<strong>di</strong>cati alla progettazione delle reti complesse. Alcuni <strong>di</strong> essi sono<br />

reperibili in Internet e sono totalmente free e <strong>di</strong> buona qualità, come, a esempio, EPANET per<br />

Windows. In figura seguente si ha un esempio <strong>di</strong> una rete complessa. Me<strong>di</strong>ante la selezione delle<br />

ipotesi <strong>di</strong> calcolo, ve<strong>di</strong> figura, si può avviare la simulazione in transitorio della rete ed ottenere risultati<br />

sia in forma tabellare, per varie variabili selezionate come mostrato nelle figure seguenti, che in forma<br />

grafica. Questo CAD è anche fornito con i sorgenti e quin<strong>di</strong> risulta mo<strong>di</strong>ficabile dagli utenti per<br />

eventuali personalizzazioni.<br />

Figura 113: Esempio <strong>di</strong> rete complessa con EPANET


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

99<br />

Figura 114: Parametri <strong>di</strong> calcolo e risultati per la rete complessa


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

100<br />

Figura 115: Altro esempio <strong>di</strong> stampa tabellare


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

101<br />

Figura 116: Andamento orario della pressione in alcuni no<strong>di</strong> selezionati<br />

Figura 117: Mappa dei risultati


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

102<br />

1.15.2 PUNTO DI LAVORO DI UNA POMPA DI CIRCOLAZIONE<br />

Il punto <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> una pompa è dato dall‟intersezione fra la sua curva caratteristica e la curva<br />

<strong>di</strong> carico della rete alimentata.<br />

In pratica se teniamo conto del fatto che le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione (sia <strong>di</strong>stribuite che localizzate, come<br />

già visto in precedenza) sono proporzionali al quadrato della velocità e quin<strong>di</strong> anche della portata allora si<br />

può riportare sopra il <strong>di</strong>agramma della curva caratteristica della pompa la parabola relativa alla curva <strong>di</strong><br />

carico come in<strong>di</strong>cato nella Figura 118.<br />

Al variare della portata cambia il punto <strong>di</strong> lavoro della pompa. E‟ sempre bene fare in modo che<br />

il punto <strong>di</strong> lavoro della pompa corrisponda sempre al maggior ren<strong>di</strong>mento, secondo quanto in<strong>di</strong>cato in<br />

Figura 118. Se, ad esempio, la portata è grande il punto <strong>di</strong> lavoro si sposta verso l‟asse delle ascisse con<br />

valori del ren<strong>di</strong>mento troppo bassi. In questi casi occorre cambiare modello <strong>di</strong> circolatore tramite il<br />

<strong>di</strong>agramma a zone (ve<strong>di</strong> Figura 24) ovvero costruire accoppiamenti in parallelo <strong>di</strong> pompe.<br />

Per i circuiti aperti si ha una situazione analoga rappresentata in Figura 119 e nella quale si<br />

osserva che la curva <strong>di</strong> carico non parte dall‟origine, così come si è osservato nel §1.7.<br />

Figura 118: Punto <strong>di</strong> lavoro per circuiti chiusi<br />

1.15.3 PUNTO DI LAVORO DI UNA SOFFIANTE<br />

Quanto detto per i circuiti ad acqua vale anche per i canali ad aria. Il punto <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> una<br />

soffiante è il punto <strong>di</strong> intersezione della curva caratteristica con la curva <strong>di</strong> carico della rete, come<br />

in<strong>di</strong>cato nella Figura 120. In essa si ha anche l‟in<strong>di</strong>cazione della variazione del punto <strong>di</strong> lavoro della<br />

soffiante al variare della curva <strong>di</strong> carico.<br />

Figura 119: Punto <strong>di</strong> lavoro per circuiti aperti


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

103<br />

La determinazione del punto <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> una soffiante è <strong>di</strong> grande importanza nella<br />

progettazione <strong>impianti</strong>stica ed occorre sempre fare in modo che questa lavori a ren<strong>di</strong>mento massimo.<br />

A tale scopo le soffianti sono <strong>di</strong> rado (tranne per piccoli <strong>impianti</strong>) accoppiate <strong>di</strong>rettamente ai motori<br />

che li alimentano. In genere si ha un accoppiamento me<strong>di</strong>ante pulegge e il rapporto fra numero <strong>di</strong> giri<br />

del motore e numero <strong>di</strong> giri della soffiante viene scelto in modo da far lavorare sempre il motore in<br />

piene efficienza ed assicurare, al tempo stesso, la necessaria prevalenza della soffiante.<br />

Al variare della portata nella centrale <strong>di</strong> trattamento aria in varia la <strong>di</strong>stanza e il rapporto del<br />

numero <strong>di</strong> giri in modo da ottimizzare i risultati finali.<br />

Figura 120: Punto <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> una soffiante<br />

E‟ quin<strong>di</strong> opportuno tenere presente che valgono i seguenti rapporti fra le grandezze:<br />

Q1 n1<br />

[84]<br />

Q n<br />

2 2<br />

p<br />

p<br />

2<br />

1<br />

n <br />

1<br />

2<br />

2 n2<br />

[85]<br />

3<br />

a1 n1<br />

3<br />

a2 n2<br />

P<br />

P<br />

[86]<br />

ove con Q, p, P a ed n si intendono le portate <strong>volume</strong>triche (m 3 /h), la prevalenza (Pa), la<br />

potenza elettrica assorbita (kW) e il numero <strong>di</strong> giri (gpm).<br />

Si osservi che un ventilatore è <strong>di</strong> norma caratterizzato, fissato il numero <strong>di</strong> giri, da un valore<br />

della portata e da un valore della prevalenza. A questi corrisponde un valore della potenza assorbita e<br />

un ren<strong>di</strong>mento. Se la prevalenza che il ventilatore è chiamato a realizzare cambia allora anche la<br />

portata varia e, per conseguenza delle suddette relazioni, anche le altre grandezze variano.<br />

In genere è <strong>di</strong>fficile prevedere la contemporanea variazione <strong>di</strong> tutte le grandezze anche perché<br />

questa è legata alle caratteristiche costruttive del ventilatore. Le curve caratteristiche fornite dai<br />

costruttori risultano, pertanto, molto utili perché legano, in un unico abaco, tutte le grandezze<br />

interessate. In genere per ventilatori del tipo elicoidale la potenza assorbita cresce al crescere della<br />

prevalenza fornita e raggiunge un massimo a circuito completamente chiuso (portata nulla e pressione<br />

massima). Questa osservazione è utile nel caso in cui il ventilatore sia chiamato a funzionare in un<br />

circuito nel quale si richiedano portate variabili per effetto dell‟azione <strong>di</strong> serrande <strong>di</strong> regolazione.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

104<br />

Per ventilatori centrifughi la potenza assorbita è minima quando funzionano a circuito<br />

completamente chiuso (quin<strong>di</strong> a portata nulla). Per questo tipo <strong>di</strong> ventilatori si hanno due tipologie<br />

costruttive: a pale in avanti e a pale rovesce. Nel caso <strong>di</strong> pale in avanti la potenza assorbita è sempre<br />

crescente al crescere della portata. Ciò significa che se questo ventilatore è inserito in un circuito nel<br />

quale si prevedono forti riduzioni delle per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico e quin<strong>di</strong> aumento della portata allora occorre<br />

sovra<strong>di</strong>mensionare il motore per evitare che venga sovraccaricato. In genere per ventilatori a pale in<br />

avanti si ha un funzionamento a ren<strong>di</strong>mento massimo in corrispondenza <strong>di</strong> una portata pari al 40% <strong>di</strong><br />

quella corrispondente alla portata massima senza carico.<br />

A piccole variazioni <strong>di</strong> pressioni, inoltre, corrispondono gran<strong>di</strong> variazioni <strong>di</strong> portate e quin<strong>di</strong><br />

anche <strong>di</strong> potenze assorbite. Questo genere <strong>di</strong> ventilatori può dar luogo a fluttuazioni rumorose se<br />

sono presenti nel circuiti forti variazioni <strong>di</strong> cadute <strong>di</strong> pressione (ad esempio per effetto <strong>di</strong> by pass nelle<br />

batterie). I ventilatori a pale in avanti sono comunque preferiti, specialmente per i fan coil, perché<br />

garantiscono il minimo ingombro rispetto alle altre tipologie.<br />

Per i ventilatori a pale rovesce in genere si ha un ren<strong>di</strong>mento massimo per una portata pari al<br />

60% della portata a vuoto. La potenza assorbita non cresce continuamente, come nel caso dei<br />

ventilatori a pale in avanti, al <strong>di</strong>minuire del carico e pertanto il motore elettrico è meno soggetto a<br />

surriscaldamenti. Si osserva, ancora, che per i ventilatori a pale rovesce variazioni anche considerevoli<br />

della pressione producono piccole variazioni delle portate e ciò contribuisce a rendere questo tipo <strong>di</strong><br />

ventilatori stabile in circuiti con forti variazioni <strong>di</strong> resistenza. Come conseguenza anche la rumorosità<br />

si stabilizza ed è meno soggetta a fluttuazioni. Negli <strong>impianti</strong> con elevate portate e campi <strong>di</strong> pressione<br />

fino a 2000 Pa si utilizzano i ventilatori assiali con pale a passo variabile. Questi ventilatori presentano<br />

un buon ren<strong>di</strong>mento e buone possibilità <strong>di</strong> adattamento grazie all‟orientabilità delle pale. La curva<br />

caratteristica presenta, però, una pendenza notevole e se la portata deve variare in modo sensibile<br />

occorre utilizzare i modelli con pale a passo variabile anche durante il movimento. Questi ventilatori<br />

hanno costi elevati e non sono convenienti per unità <strong>di</strong> trattamento aria costruite in serie.<br />

Leggi <strong>di</strong> controllo dei ventilatori<br />

La teoria delle macchine operatrici ci fornisce utili relazioni per il controllo dei parametri <strong>di</strong><br />

funzionamento dei ventilatori. Queste permettono <strong>di</strong> prevedere le prestazioni dei ventilatori nelle<br />

ipotesi che:<br />

siano geometricamente simili, per date con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> funzionamento, due ventilatori da<br />

confrontare;<br />

si voglia, per uno stesso ventilatore, esaminare una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> funzionamento <strong>di</strong>versa da<br />

quella nominale.<br />

La portata <strong>volume</strong>trica, V, è data da:<br />

2<br />

d d 3<br />

V S v w wd<br />

4 2 8<br />

con v velocità del fluido, w velocità periferica massima delle pale, d <strong>di</strong>ametro della girante. Se n è<br />

il numero <strong>di</strong> giri del ventilatore allora si ha:<br />

2<br />

<br />

3 3<br />

V 2<br />

nd nd<br />

8 4<br />

Pertanto, dati due ventilatori, 1 e 2, possiamo scrivere:<br />

V1 n <br />

1<br />

d <br />

2<br />

<br />

V2 n2 d1<br />

<br />

3<br />

La prevalenza fornita dal ventilatore è correlata alla velocità del fluido dalla relazione:<br />

pertanto per due ventilatori, 1 e 2, si ha:<br />

[87]<br />

2 2 2 2 2<br />

u<br />

<br />

i <br />

2 4<br />

v v V V V<br />

p<br />

<br />

2 S d d


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

105<br />

2 4<br />

p <br />

2<br />

p <br />

2<br />

V <br />

2<br />

d <br />

<br />

1<br />

<br />

p1 p1 V1 d2<br />

<br />

La potenza assorbita dal ventilatore vale:<br />

W<br />

allora per due ventilatori, 1 e 2, si ha:<br />

p V<br />

3 4<br />

W2 p2 V <br />

2<br />

V <br />

2<br />

d <br />

1<br />

<br />

W1 p1 V1 V1 d2<br />

<br />

Le precedenti relazioni consentono <strong>di</strong> calcolare i parametri <strong>di</strong> funzionamento <strong>di</strong> un ventilatore<br />

note le con<strong>di</strong>zioni operative <strong>di</strong> un secondo ventilatore equivalente.<br />

1.15.4 SISTEMI A PORTATA D’ARIA VARIABILE (VAV)<br />

Negli ultimi anni si sono imposti <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> climatizzazione che si adattano alle variazioni del<br />

carico ambiente me<strong>di</strong>ante una variazione della portata d‟aria inviata. Questi sistemi presentano un<br />

minor consumo <strong>di</strong> energia rispetto agli <strong>impianti</strong> tra<strong>di</strong>zionali anche se hanno alcuni inconvenienti che li<br />

rendono non sempre utilizzabili, soprattutto in presenza <strong>di</strong> forti affollamenti o con gran<strong>di</strong> carichi<br />

latenti.<br />

Si osserva, infatti, che la portata effettiva durante la maggior parte dell‟anno varia fra il 60% e<br />

l‟80% <strong>di</strong> quella massima e quin<strong>di</strong> i sistemi VAV consentono <strong>di</strong> ottenere risparmi significativi <strong>di</strong><br />

energia. I sistemi a portata d‟aria variabile (VAV) fanno variare la portata immessa dai <strong>di</strong>ffusori 22 nei<br />

singoli ambienti e pertanto questa azione si riflette sulla portata totale.<br />

A seconda del tipo <strong>di</strong> ventilatore utilizzato si ha una corrispondente variazione <strong>di</strong> pressione (più<br />

o meno rilevante) nella rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione a monte dei <strong>di</strong>ffusori.<br />

Se si fa variare la portata dell‟aria dal punto V 1 al punto V 2 (ve<strong>di</strong> Figura 121) il punto <strong>di</strong><br />

funzionamento del ventilatore si sposta dal punto A al punto B lungo la curva caratteristica<br />

corrispondente alla velocità <strong>di</strong> rotazione n 1 . Quin<strong>di</strong> il punto <strong>di</strong> lavoro si trova nel punto <strong>di</strong> intersezione<br />

<strong>di</strong> una nuova caratteristica del sistema corrispondente alla portata V 2 con la curva caratteristica del<br />

ventilatore n 1 , supponendo che non ci siano state variazioni della velocità <strong>di</strong> rotazione del ventilatore.<br />

Si genera un eccesso <strong>di</strong> pressione statica, causato dalle <strong>di</strong>minuzioni delle per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico del<br />

sistema in seguito alla riduzione della portata d‟aria, dato da:<br />

p p p<br />

sDA s2 s3<br />

che dovrà essere assorbito, in genere, attraverso i <strong>di</strong>ffusori. Ciò provoca due serie <strong>di</strong><br />

inconvenienti:<br />

si generano problemi acustici nella <strong>di</strong>ffusione;<br />

si hanno sprechi energetici dovuti allo strozzamento.<br />

Serranda <strong>di</strong> strozzamento sul premente<br />

Per evitare questi inconvenienti si utilizzano serrande con strozzamento sul premente che ha lo<br />

scopo <strong>di</strong> far variare la curva caratteristica del sistema creando per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico supplementari.<br />

L‟eccesso <strong>di</strong> pressione statica anzidetto viene assorbito attraverso serrande all‟uscita del<br />

ventilatore: il punto <strong>di</strong> regolazione D viene determinato per una pressione statica superiore a quella<br />

corrispondente alla pressione teorica del punto C.<br />

Con questo margine <strong>di</strong> sicurezza si ha la certezza che la pressione a monte <strong>di</strong> tutti i <strong>di</strong>ffusori, in<br />

qualsiasi con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> esercizio, sarà uguale (o superiore) al valore nominale.<br />

[88]<br />

[89]<br />

22 Si tratta <strong>di</strong> particolari <strong>di</strong>ffusori che consentono variazioni ampie <strong>di</strong> portata senza apprezzabili per<strong>di</strong>te <strong>di</strong><br />

funzionalità (lancio, p, <strong>di</strong>stribuzione,….)


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

106<br />

Dp<br />

Numero <strong>di</strong> giri<br />

Potenza assorbita<br />

Punto B<br />

Punto A<br />

Curva caratteristica<br />

Figura 121: Curve caratteristiche del ventilatore a pale in avanti e della rete<br />

La riduzione della portata attraverso l‟aumento delle per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico del sistema porta<br />

all‟aumento della potenza assorbita dal ventilatore e ciò limita il risparmio energetico che deriverebbe<br />

dal metodo VAV, in<strong>di</strong>pendentemente dal fatto che la serranda <strong>di</strong> strozzamento sia montata sul<br />

<strong>di</strong>ffusore o sull‟uscita del ventilatore.<br />

Il metodo della serranda <strong>di</strong> strozzamento è in<strong>di</strong>cato solo per ventilatori a pale in avanti ed è<br />

assolutamente escluso per i ventilatori assiali. Le serrande <strong>di</strong> strozzamento sono montate sull‟uscita del<br />

ventilatore, verticalmente rispetto all‟albero del ventilatore in modo da evitare il fenomeno della<br />

stratificazione dell‟aria. Il sistema della serranda <strong>di</strong> regolazione sul premente presenta un vantaggio<br />

sostanziale nel fatto che è a basso costo.<br />

Alette <strong>di</strong>rettrici <strong>di</strong> prerotazione<br />

Come metodo <strong>di</strong> regolazione dei sistemi VAV si può pensare <strong>di</strong> far variare la curva caratteristica<br />

del ventilatore me<strong>di</strong>ante alette <strong>di</strong>rettrici montate sulla virola a monte del ventilatore. In questo modo si<br />

mo<strong>di</strong>fica l‟angolo <strong>di</strong> incidenza dell‟aria sulla pala, spostando la curva caratteristica del ventilatore come<br />

in<strong>di</strong>cato in Figura 122.<br />

I punti <strong>di</strong> intersezione della curva caratteristica del sistema con le nuove curve caratteristiche del<br />

ventilatore, B e C, determinano i nuovi punti <strong>di</strong> funzionamento B‟ e C‟.<br />

E‟ opportuno determinare la curva <strong>di</strong> regolazione con un margine <strong>di</strong> sicurezza <strong>di</strong> circa 200 Pa<br />

(punti B‟‟ e C‟‟): questo criterio è sempre valido con qualunque metodo <strong>di</strong> regolazione si desideri<br />

effettuare.<br />

La regolazione della portata d‟aria immessa me<strong>di</strong>ante la mo<strong>di</strong>fica della curva caratteristica del<br />

ventilatore comporta la <strong>di</strong>minuzione della potenza specifica assorbita dal ventilatore proprio nella<br />

fascia <strong>di</strong> funzionamento più interessante per un impianto a portata d‟aria variabile.<br />

Questo metodo è utilizzato soprattutto con ventilatori a pale rovesce e in ogni caso in cui si<br />

hanno curve caratteristiche con notevoli pendenze.<br />

Questo metodo <strong>di</strong> regolazione della portate in funzione dei fabbisogni offre il vantaggio <strong>di</strong> un<br />

costo d‟investimento relativamente contenuto pur con un buon ren<strong>di</strong>mento nell‟intero campo <strong>di</strong><br />

funzionamento del ventilatore.<br />

V


Potenza assorbita<br />

IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

107<br />

Dp<br />

A<br />

Curve caratteristiche del ventilatore<br />

B<br />

ps1<br />

C<br />

B''<br />

A''<br />

A'<br />

ps2<br />

ps3<br />

p1<br />

p2<br />

p3<br />

Curva del punto <strong>di</strong> regolazione<br />

C''<br />

C'<br />

B'<br />

Curva caratteristica della rete<br />

V3<br />

V2<br />

V1<br />

V<br />

Figura 122: Regolazione con alette <strong>di</strong>rettrici <strong>di</strong> prerotazione<br />

%<br />

100<br />

Serranda <strong>di</strong>strozzamento<br />

50<br />

Aletta mobile <strong>di</strong><br />

protezione<br />

Velocita' <strong>di</strong> rotazione variabile<br />

50 Portata Aria 100<br />

%<br />

Figura 123: Potenza assorbita dal ventilatore con i vari meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> regolazione<br />

Variazione della velocità <strong>di</strong> rotazione del ventilatore<br />

Anche questo metodo tende a far variare la curva caratteristica del ventilatore facendo variare la<br />

velocità <strong>di</strong> rotazione del motore (ve<strong>di</strong> Figura 124). Il punto A-C <strong>di</strong> funzionamento del ventilatore si<br />

trova sul punto d‟intersezione della curva caratteristica della rete con la curva caratteristica del<br />

ventilatore corrispondente alla velocità <strong>di</strong> rotazione scelta.<br />

La variazione della velocità <strong>di</strong> rotazione si ottiene sia me<strong>di</strong>ante un motore a velocità variabile<br />

oppure con un motore a velocità costante ma con un sistema <strong>di</strong> trasmissione a rapporto variabile<br />

(trasmissione idraulica).


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

108<br />

Dp<br />

n1<br />

Curve caratteristiche del ventilatore<br />

ps1<br />

ps2<br />

n2<br />

n3<br />

ps3<br />

p1<br />

Curva del punto <strong>di</strong><br />

regolazione<br />

p2<br />

p3<br />

Curva caratteristica della rete<br />

V3<br />

V2V1<br />

V<br />

Figura 124: Funzionamento <strong>di</strong> un ventilatore con velocità <strong>di</strong> rotazione variabile<br />

In questo secondo caso si ha un funzionamento sempre ottimale della velocità <strong>di</strong> rotazione del<br />

motore e quin<strong>di</strong> anche del suo ren<strong>di</strong>mento ottimale.<br />

La trasmissione idraulica, tuttavia, non sempre ren<strong>di</strong>menti costanti e ciò provoca delle per<strong>di</strong>te<br />

energetiche che debbono essere prese in considerazione.<br />

Il metodo della mo<strong>di</strong>fica della curva caratteristica abbassa drasticamente la potenza assorbita in<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> carico parziale (ve<strong>di</strong> Figura 123). I<br />

l metodo si applica bene nel caso <strong>di</strong> sistemi con gran<strong>di</strong> fluttuazioni <strong>di</strong> carico. Esso richiede<br />

notevoli investimenti ma consente <strong>di</strong> ottenere consistenti risparmi <strong>di</strong> energia.<br />

Ventilatore assiale con pale a passo variabile<br />

Se si fa variare l‟angolo <strong>di</strong> incidenza (passo) delle pale <strong>di</strong> un ventilatore assiale si mo<strong>di</strong>fica la sua<br />

curva caratteristica, come in<strong>di</strong>cato in Figura 125. La variazione del passo si effettua con ventilatore in<br />

marcia. Questo metodo mantiene un elevato ren<strong>di</strong>mento in un campo vasto <strong>di</strong> funzionamento e in<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> carico ridotto la potenza specifica assorbita dal ventilatore ha un andamento favorevole.<br />

Dimensionamento <strong>di</strong> un ventilatore per sistemi VAV<br />

Il ventilatore deve essere <strong>di</strong>mensionato sempre per la massima portata contemporanea e per la<br />

corrispondenza pressione statica necessaria. Il punto <strong>di</strong> funzionamento viene <strong>di</strong> solito scelto a destra<br />

del vertice della curva rappresentativa del ren<strong>di</strong>mento in modo che, con carichi parziali, si abbia un<br />

ren<strong>di</strong>mento migliore in funzionamento VAV.<br />

Occorre anche tenere conto dei fattori <strong>di</strong> contemporaneità del carico ambientale in modo da<br />

evitare inutili sovra<strong>di</strong>mensionamenti. In fase <strong>di</strong> avviamento occorre controllare che l‟aumento della<br />

pressione nella rete sia progressivo per non esporre i <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> regolazione e i <strong>di</strong>ffusori a pressioni<br />

intermittenti.<br />

Anche per i ventilatori <strong>di</strong> ripresa occorre rispettare le regole generali sopra esposte per i<br />

ventilatori <strong>di</strong> mandata. E‟ sempre bene che il ventilatori <strong>di</strong> ripresa abbiano una curva caratteristica il<br />

più possibile vicina a quelli <strong>di</strong> mandata in modo da poterli controllare in parallelo ed evitare inutili e<br />

dannose <strong>di</strong>sfunzioni ed intermittenze <strong>di</strong> portate.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

109<br />

Dp<br />

Curve caratteristiche del ventilatore<br />

Ps1<br />

P1<br />

Ps2<br />

P2<br />

PS3<br />

Ps4<br />

P4<br />

Curva del punto<br />

<strong>di</strong> regolazione<br />

Curva Caratteristica della rete<br />

D<br />

C<br />

B<br />

A<br />

V4 V3 V2 V1<br />

V<br />

Figura 125: Variazione del punto <strong>di</strong> lavoro con ventilatore a passo variabile<br />

1.16 BILANCIAMENTO DELLE PORTATE<br />

Metodo delle portate nominali<br />

Quando si bilancia una rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione variando le portate occorre variare la prevalenza<br />

23<br />

applicata me<strong>di</strong>ante la relazione:<br />

p1<br />

<br />

m1<br />

m <br />

p <br />

0.525<br />

ove si ha:<br />

m<br />

1<br />

portata <strong>di</strong> bilanciamento (nuovo valore da assegnare), (kg/s) o (L/h);<br />

m portata del circuito da bilanciare, (kg/s) o (L/h);<br />

p 1 nuova prevalenza, (Pa) o (mm c.a)<br />

p prevalenza del circuito da bilanciare, (Pa) o (mm c.a)<br />

La [90] si basa sull‟ipotesi che le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico totali risultano <strong>di</strong>pendenti dalla portata <strong>di</strong><br />

fluido con potenza <strong>di</strong> valore 1.9. Questa relazione vale abbastanza bene per tubazioni (in acciaio o in<br />

rame) per acqua. Il rapporto fra le portate:<br />

m 1<br />

k [91]<br />

m<br />

determina anche la variazione da applicare, per ogni derivazione o corpo scaldante della rete <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stribuzione, dopo il bilanciamento.<br />

[90]<br />

23 Con questo termine si in<strong>di</strong>ca anche la p creata dalla pompa. Nel S.T. si suole in<strong>di</strong>carla in (mm. c.a) mentre nel<br />

S.I. è espressa in (Pa).


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

110<br />

1.16.1 MODALITÀ OPERATIVE DEL BILANCIAMENTO DELLE RETI<br />

Se due circuiti aventi portate e prevalenze assegnate debbono confluire in un nodo essi debbono<br />

presentare la stessa caduta <strong>di</strong> pressione al nodo. Allora se si conoscono le portate <strong>di</strong> ciascun circuito e<br />

le loro cadute <strong>di</strong> pressione si possono bilanciare secondo tre criteri:<br />

Bilanciamento alla prevalenza maggiore: in questo caso si varia la portata dell‟altro circuito<br />

me<strong>di</strong>ante la [90] e poi si determinano le portate nei ra<strong>di</strong>atori secondo il fattore [91]. Questo<br />

metodo garantisce una buona resa dei corpi scaldanti in quanto accresce la portata del circuito a<br />

prevalenza minore; in compenso crescono anche le velocità e quin<strong>di</strong> si può avere maggior<br />

rumorosità<br />

Bilanciamento alla prevalenza minore: in questo caso si applicano le due relazioni precedenti al<br />

circuito che ha maggiore caduta <strong>di</strong> pressione. In questo caso decresce la portata nei corpi<br />

scaldanti del circuito che prima aveva prevalenza maggiore. In compenso non crescono le<br />

velocità e quin<strong>di</strong> si riducono i rischi <strong>di</strong> rumorosità.<br />

Bilanciamento alla prevalenza me<strong>di</strong>a: si calcola il valore me<strong>di</strong>o delle due cadute <strong>di</strong> pressione e si<br />

applicano la [90] e la [91] ad entrambi i circuiti. Questo metodo raggiunge un compromesso fra i<br />

due precedenti.<br />

1.16.2 BILANCIAMENTO CON VALVOLE DI TARATURA<br />

Oltre che agendo sulle portate si può agire sulle per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione provocate da opportune<br />

valvole tarate.<br />

Figura 126: Sezione e caratteristica <strong>di</strong> una valvola <strong>di</strong> bilanciamento<br />

In questo modo si fa in modo da avere la stessa p per tutti i circuiti. Occorre avere l‟avvertenza<br />

<strong>di</strong> inserire in ogni circuito e nei rami principali queste valvole che sono caratterizzate dall‟avere un<br />

collare graduato in modo che ad ogni giro o anche parte <strong>di</strong> esso si abbia una caduta <strong>di</strong> pressione<br />

calibrata e preve<strong>di</strong>bile, ve<strong>di</strong> Figura 126.<br />

I Costruttori ne forniscono <strong>di</strong>versi modelli (valvole <strong>di</strong>ritte, a squadra, …) e per ciascun modello,<br />

in funzione anche del <strong>di</strong>ametro nominale, forniscono le curve <strong>di</strong> taratura del tipo <strong>di</strong> quelle riportate in<br />

Figura 127.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

111<br />

Figura 127: Esempio <strong>di</strong> utilizzo dell’abaco <strong>di</strong> calcolo delle valvole <strong>di</strong> bilanciamento<br />

Figura 128: Tipi <strong>di</strong> gradazione delle regolazioni<br />

Figura 129: Tipo <strong>di</strong> bloccaggio delle ghiere


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

112<br />

Figura 130: Esempi <strong>di</strong> valvole <strong>di</strong> bilanciamento filettate e flangiate<br />

Figura 131: Esempio <strong>di</strong> installazione <strong>di</strong> una valvola <strong>di</strong> bilanciamento


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

113<br />

Figura 132: Esempi <strong>di</strong> installazione delle valvole <strong>di</strong> bilanciamento


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

114<br />

Esempio <strong>di</strong> equilibratura delle reti<br />

Le reti a ritorno <strong>di</strong>retto presentano l‟inconveniente <strong>di</strong> avere lunghezze dei percorsi dei vari<br />

circuiti <strong>di</strong>verse a seconda della <strong>di</strong>stanza dalla pompa <strong>di</strong> circolazione.<br />

Figura 133: Esempio <strong>di</strong> rete a ritorno <strong>di</strong>retto con equilibratura dei circuiti<br />

In Figura 134 si ha un esempio <strong>di</strong> calcolo delle cadute <strong>di</strong> pressione per i vari circuiti della rete <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> acqua da un refrigeratori a 6 fan coil: si può osservare come il circuito relativo al fan<br />

coil più lontano abbia una caduta <strong>di</strong> pressione <strong>di</strong> 20 kPa mentre quello più vicino ha una caduta <strong>di</strong> 10<br />

kPa. Pertanto una rete a ritorno inverso può spesso essere squilibrata.<br />

Figura 134: Cadute <strong>di</strong> pressione nei vari circuiti della rete a ritorno <strong>di</strong>retto<br />

Nella stessa Figura 134 si ha l‟in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> una valvola <strong>di</strong> taratura che deve provocare una<br />

caduta <strong>di</strong> pressione pari alla <strong>di</strong>fferenza fra la caduta massima e quella del circuito in elaborazione.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

115<br />

1.17 IDRONICA DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE<br />

Inserendo le valvole <strong>di</strong> regolazione nei circuiti si hanno vari effetti dei quali occorre tenere<br />

conto nella progettazione e nell‟esercizio.<br />

Inserimento <strong>di</strong> una valvola <strong>di</strong> regolazione a due vie<br />

La situazione è quella in<strong>di</strong>cata in Figura 135: la valvola a due vie è modulata dal servomotore<br />

variando la posizione dell‟otturatore. La conseguenza è che la portata <strong>di</strong> fluido al carico varia con la<br />

posizione dell‟otturatore mentre la temperatura del fluido resto costante.<br />

Figura 135: Circuito con valvola <strong>di</strong> regolazione a due vie<br />

In pratica si realizza un circuito a portata variabile. La caratteristica della valvola deve essere<br />

scelta in modo che la pressione totale ai capi del circuito si mantenga costante. In pratica le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong><br />

pressione nelle tubazioni cresce quasi quadraticamente con il crescere della portata mentre la<br />

prevalenza della pompa decresce con la portata. Pertanto la valvola deve compensare queste variazioni<br />

con un p variabile in funzione della <strong>di</strong>fferenza delle suddette cadute <strong>di</strong> pressione.<br />

Inserimento <strong>di</strong> una valvola a tre vie miscelatrice<br />

L‟inserimento <strong>di</strong> una valvola atre vie miscelatrice, ve<strong>di</strong> Figura 136, <strong>di</strong>vide il circuito in due<br />

circuiti: quello che contiene la pompa è a portata costante mentre quello che contiene il carico è a<br />

portata variabile. La valvola miscelatrice, infatti, sud<strong>di</strong>vide la portata totale in due rami, quello che<br />

confluisce verso la valvola a tre vie e quello che contiene il carico.<br />

La temperatura nel ramo del carico è, tuttavia, costante e questo fatto può risultare comodo, ad<br />

esempio, per le batterie <strong>di</strong> raffreddamento con deumi<strong>di</strong>ficazione per le quali si desidera una<br />

temperatura superficiale costante.<br />

Figura 136: Circuito con valvola <strong>di</strong> regolazione a tre vie miscelatrice


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

116<br />

Inserimento <strong>di</strong> una valvola a tre vie miscelatrice con portata costante sul carico<br />

L‟inserimento <strong>di</strong> una valvola a tre vie miscelatrice può fornire una portata variabile sul carico<br />

qualora la si monti come in<strong>di</strong>cato in Figura 137. In questo caso la pompa è montata a valle della<br />

valvola miscelatrice, nel ramo contenente il carico. In questo modo anche la pompa è attraversata da<br />

una portata costante.<br />

Figura 137: Circuito con valvola <strong>di</strong> regolazione a tre vie miscelatrice con portata costante sul carico<br />

1.18 IMPIANTI A PORTATA VARIABILE CON REFRIGERATORI D’ACQUA<br />

Gli <strong>impianti</strong> a portata variabile hanno il grande pregio <strong>di</strong> ridurre sensibilmente le spese <strong>di</strong><br />

pompaggio, specialmente in circuiti <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni nei quali le potenze in gioco non sono<br />

trascurabili. In genere ancora oggi si tende a mantenere costante la portata nei refrigeratori d‟acqua<br />

facendo variare la portata nei circuiti secondari (che vedono i carichi). Una tale situazione è data in<br />

Figura 138 ove si può osservare come i refrigeratori abbiano ciascuno la propria pompa <strong>di</strong> alimento<br />

che assicura una portata costante e pari al valore nominale <strong>di</strong> ciascun refrigeratore. Il circuito<br />

secondario, regolato con valvole a due o a tre vie, risulta a portata variabile.<br />

Figura 138: Circuito primaria a portata costante e secondario a portata variabile


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

117<br />

Questa circostante è del tutto compatibile con il funzionamento del circuito primario<br />

contenente i refrigeratori poiché i due circuiti sono <strong>di</strong>saccoppiati me<strong>di</strong>ante l‟inserimento <strong>di</strong> un bypass<br />

a monte delle pompe del circuito secondario.<br />

Il bypass deve evitare il mescolamento fra l‟acqua fredda del primario e quella più calda del<br />

secondario. Pertanto occorre inserire un <strong>di</strong>spositivo che impe<strong>di</strong>sca l‟inversione <strong>di</strong> flusso rispetto a<br />

quello in<strong>di</strong>cato in figura.<br />

Si osservi che il T dell‟acqua del circuito secondario deve essere quello <strong>di</strong> progetto in modo<br />

che i refrigeratori funzionino correttamente con la portata nominale. Per raggiungere questo scopo<br />

occorre inserire opportuni sistemi <strong>di</strong> bilanciamento (e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> regolazione) dei terminali del<br />

secondario. Qualora questa con<strong>di</strong>zione non venisse rispettata si avrebbe una temperatura <strong>di</strong> ritorno<br />

dell‟acqua del secondario inferiore a quella <strong>di</strong> progetto con conseguenze anche gravi sul corretto<br />

funzionamento dell‟impianto.<br />

In Figura 139 si ha un esempio <strong>di</strong> circuito secondario <strong>di</strong>saccoppiato dal primario me<strong>di</strong>ante un<br />

bypass, come detto in precedenza, ma con gruppo <strong>di</strong> pompaggio comune.<br />

Figura 139: Portata variabile nel circuito secondario con <strong>di</strong>saccoppiamento e pompe comuni<br />

Le pompe operano a portata costante e il circuito secondario opera a portata variabile con<br />

terminali regolati con valvole a due vie. Il <strong>di</strong>mensionamento del circuito secondario è effettuato per la<br />

massima portata contemporanea.<br />

Questo schema fa lavorare i refrigeratori in con<strong>di</strong>zioni nominali e questi possono essere<br />

parzializzato in parallelo. La portata <strong>di</strong> acqua rimane costante attraverso ogni evaporatore per qualsiasi<br />

con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> carico.<br />

La valvola a due vie nel ramo <strong>di</strong> bypass consente <strong>di</strong> rilevare la caduta <strong>di</strong> pressione conseguente<br />

alla variazione <strong>di</strong> portata nel secondario e quin<strong>di</strong> è possibile attivare e/o spegnere uno o più<br />

refrigeratori.<br />

In Figura 140 si ha l‟esempio <strong>di</strong> una riduzione del 33% <strong>di</strong> portata nel secondario e conseguente<br />

spegnimento <strong>di</strong> un refrigeratore d‟acqua in modo che gli altri due lavorino a potenza nominale.<br />

Una variante con circuito secondario a portata variabile <strong>di</strong>saccoppiato ma con pompe<br />

<strong>di</strong>versificate è rappresentato in Figura 141. I refrigeratori operano a portata costante e parzializzato in<br />

parallelo. La portata del circuito primario deve essere sempre superiore a quella del secondario.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

118<br />

Figura 140: Portata variabile nel secondario con <strong>di</strong>saccoppiamento e pompe comuni: esempio <strong>di</strong> regolazione<br />

Figura 141: Portata variabile nel secondario con <strong>di</strong>saccoppiamento e pompe <strong>di</strong>versificate<br />

Quando necessario (raramente negli <strong>impianti</strong> con rete secondaria estesa data la massa <strong>di</strong> acqua<br />

nei circuiti) il serbatoio inerziale deve essere miscelato e possibilmente inserito nel circuito primario,<br />

sul ritorno comune dei refrigeratori, ve<strong>di</strong> Figura 142.<br />

In tal modo svolge infatti anche la funzione <strong>di</strong> attenuare la velocità <strong>di</strong> variazione della<br />

temperatura dell‟acqua refrigerata in ingresso ai refrigeratori in funzione, quando si inserisce o<br />

<strong>di</strong>sinserisce una macchina.<br />

Occorre evitare <strong>di</strong> posizionare il serbatoio <strong>di</strong> accumulo sulla mandata, come in<strong>di</strong>cato in Figura<br />

143, poiché in questo modo l‟inevitabile miscelamento dell‟acqua nel serbatoio fa perdere il controllo<br />

della temperatura dell‟acqua <strong>di</strong> mandata ai carichi, senza produrre alcun beneficio.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

119<br />

Figura 142: Corretto inserimento <strong>di</strong> un serbatoio <strong>di</strong> accumulo sul ritorno<br />

Figura 143: Inserimento errato <strong>di</strong> un serbatoio <strong>di</strong> accumulo sulla mandata dei refrigeratori<br />

Il serbatoio <strong>di</strong> accumulo può essere <strong>di</strong>sposto anche correttamente nel ramo <strong>di</strong> bypass, come<br />

in<strong>di</strong>cato in Figura 144 anche se risulta più razionale lo schema <strong>di</strong> Figura 142.<br />

Alcuni produttori accettano una variazione della portata nominale dei refrigeratori in modo da<br />

consentire la portata variabile anche nel circuito primario.<br />

Tuttavia occorre sempre inserire opportuni controlli dei flussi per evitare la ghiacciatura degli<br />

evaporatori.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

120<br />

Figura 144: Inserimento del serbatoio <strong>di</strong> accumulo nel ramo <strong>di</strong> bypass


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

121<br />

2. ISOLAMENTO TERMICO DELLE TUBAZIONI<br />

Le reti tecnologiche trasportano flui<strong>di</strong> <strong>di</strong> lavori ad alta o a bassa temperatura (rispetto a quella<br />

ambientale) e pertanto è necessario isolarle termicamente in modo da non <strong>di</strong>sperdere potenza termica<br />

(<strong>di</strong> qualunque segno). In taluni casi le norme vigenti obbligano all‟isolamento termico per conseguire<br />

un più elevato risparmio energetico e la L. 10/91 ne è un esempio con l‟introduzione anche del<br />

ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione.<br />

Il problema dell‟isolamento per flui<strong>di</strong> cal<strong>di</strong> si risolve con le normali regole della Trasmissione del<br />

Calore e pertanto note le temperature del fluido trasportato e dell‟ambiente esterno nonché i <strong>di</strong>ametri<br />

dei condotti si determina lo spessore minimo necessario.<br />

Si ricor<strong>di</strong> che per piccoli <strong>di</strong>ametri valgono le regole del raggio critico <strong>di</strong> isolamento e quin<strong>di</strong><br />

occorre verificare <strong>di</strong> avere un raggio complessivo (tubo più isolamento) superiore al raggio critico<br />

r c =/h per avere convenienza economica nell‟isolare.<br />

Lo stesso <strong>di</strong>casi per i canali d‟aria ove, <strong>di</strong> solito, la geometria dei canali fa variare, non <strong>di</strong> molto, i<br />

riferimenti al raggio critico. Ci si può riferire, come criterio guida, al <strong>di</strong>ametro equivalente.<br />

Volendo impostare analiticamente il problema si faccia riferimento alla Figura 145 percorsa dalla<br />

portata ponderale G <strong>di</strong> fluido alla temperatura T <strong>di</strong>versa da quella esterna T e . Scriviamo il bilancio <strong>di</strong><br />

energia trasmessa verso l‟esterno nel tratto dL:<br />

G, T, h<br />

dL<br />

Te<br />

Figura 145: Schematizzazione <strong>di</strong> un condotto isolante<br />

dQ<br />

T T<br />

R<br />

e<br />

dL<br />

[92]<br />

T<br />

ove R T è la resistenza termica per unità <strong>di</strong> lunghezza. In regime stazionario questo flusso è pari<br />

al calore trasmesso (e quin<strong>di</strong> perduto) dal fluido attraverso la sezione <strong>di</strong> passaggio. Possiamo stu<strong>di</strong>are<br />

due casi principali.<br />

Flui<strong>di</strong> che non cambiano <strong>di</strong> fase<br />

Si può completare il bilancio in modo semplice scrivendo:<br />

T Te<br />

dQ dL GcpdT<br />

[93]<br />

R<br />

Integrando fra due sezioni si ha:<br />

da cui deriva:<br />

T<br />

dT dL<br />

<br />

T T Gc R<br />

2 2<br />

<br />

1 1<br />

e p T


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

122<br />

T2<br />

Te<br />

L<br />

ln <br />

T T Gc R<br />

1 0<br />

Passando dai logaritmi ai numeri si ha:<br />

L<br />

RT<br />

<br />

T<br />

Gcp<br />

ln<br />

T<br />

Per tubazione fredda si ha T e > T 1 e quin<strong>di</strong>:<br />

e ancora:<br />

<br />

F e e<br />

0<br />

<br />

1<br />

2<br />

Te<br />

T<br />

e<br />

L<br />

GcpRT<br />

p<br />

T<br />

[94]<br />

T T T T e<br />

[95]<br />

R<br />

T<br />

<br />

Gc<br />

p<br />

L<br />

T<br />

ln<br />

T<br />

e<br />

e<br />

T<br />

T<br />

Nota la portata e le caratteristiche geometriche e termiche <strong>di</strong> un condotto, si calcola la caduta <strong>di</strong><br />

temperatura, ovvero, imposta la temperatura finale si calcola la resistenza termica necessaria.<br />

Flui<strong>di</strong> che cambiano <strong>di</strong> fase<br />

1<br />

2<br />

[96]<br />

In questo caso possiamo scrivere il seguente bilancio:<br />

T1 Te<br />

dQ dL Gdh<br />

[97]<br />

R<br />

Integrando si ottiene:<br />

T<br />

T T<br />

[98]<br />

1 e<br />

h2 h1<br />

L<br />

GRT<br />

R<br />

T<br />

T<br />

<br />

T<br />

1<br />

2<br />

Te<br />

L<br />

T G<br />

e<br />

[99]<br />

Nel caso <strong>di</strong> tubazione fredda, t e > T 1 , le precedenti equazioni <strong>di</strong>vengono:<br />

Te<br />

T1<br />

h2 h1 L [100]<br />

GR<br />

R<br />

T<br />

T<br />

<br />

T<br />

e<br />

e<br />

2<br />

T<br />

T1<br />

L<br />

T G<br />

[101]<br />

Perché si abbia cambiamento <strong>di</strong> fase occorre che non sia superata la lunghezza massima:<br />

GRT<br />

r<br />

Lmax<br />

[102]<br />

T<br />

con r calore latente <strong>di</strong> vaporizzazione o <strong>di</strong> condensazione. Al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> questa lunghezza il fluido si<br />

comporta come nel caso precedente e le relazioni <strong>di</strong>vengono esponenziali.<br />

Il fenomeno dello Stillici<strong>di</strong>o<br />

Se il fluido trasportato è a bassa temperatura allora si può avere una temperatura superficiale del<br />

condotto inferiore a quella <strong>di</strong> rugiada nelle con<strong>di</strong>zioni dell‟aria esterna per cui sulla superficie laterale<br />

esterna del condotto si forma un velo <strong>di</strong> condensa che provoca alterazioni del mantello <strong>di</strong> isolamento<br />

e dei materiali vari al <strong>di</strong> sotto. E‟ quin<strong>di</strong> opportuno fare in modo che questo fenomeno non si<br />

verifichi. Con riferimento alla Figura 146 sia T F la temperatura esterna del condotto, ne segue che si<br />

libera una quantità <strong>di</strong> condensa:


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

123<br />

x x x [103]<br />

A<br />

F<br />

La temperatura limite (o <strong>di</strong> rugiada) è T P e quin<strong>di</strong> la temperatura superficiale del condotto non<br />

deve essere inferiore a questo valore.<br />

Con riferimento alla Figura 147 si può scrivere che il calore uscente per unità <strong>di</strong> lunghezza del<br />

condotto è pari al flusso convettivo esterno e cioè:<br />

TP TF TA TP<br />

Q <br />

<br />

[104]<br />

1 1 r 1 1<br />

e<br />

r <br />

I<br />

ln ln <br />

2 h 2 2<br />

2<br />

iri m ri <br />

I r hr<br />

e e I<br />

Da questa relazione si trae:<br />

1<br />

TA<br />

TP<br />

2<br />

herI<br />

R<br />

<br />

<br />

T T 1 1 r <br />

e<br />

1 r R<br />

I<br />

ln ln <br />

2 hi ri 2 m ri 2 I re<br />

<br />

F F Ti<br />

Te<br />

[105]<br />

La precedente relazione esprime la proporzionalità inversa fra i salti termici parziali e le<br />

corrispondenti resistenze termiche.<br />

h<br />

TA<br />

TP<br />

TF<br />

h<br />

A<br />

A<br />

<br />

A<br />

xF<br />

xA<br />

x<br />

Figura 146: Formazione <strong>di</strong> condensa- stillici<strong>di</strong>o<br />

Tf<br />

hi<br />

ri<br />

re<br />

Ta<br />

rs<br />

he<br />

Figura 147: Tubazione isolata


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

124<br />

In fase <strong>di</strong> progetto, nota T A e (dal <strong>di</strong>agramma psicrometrico) T P (temperatura limite) si ricava il<br />

raggio r I e quin<strong>di</strong>, noti i raggi interni ed esterni della tubazione, lo spessore <strong>di</strong> isolante mimino<br />

necessario. In fase <strong>di</strong> verifica, noto r I si calcola la T P <strong>di</strong> parete e si controlla che sia superiore a quella <strong>di</strong><br />

rugiada T Plimite . Se si trascura la resistenza termica per conduzione nel materiale <strong>di</strong> cui è fatto il<br />

r<br />

<br />

I<br />

ln <br />

re<br />

condotto si può ritenere RTi<br />

<br />

<br />

e quin<strong>di</strong>:<br />

2<br />

I<br />

1<br />

TA<br />

TP<br />

2<br />

hr<br />

e I<br />

<br />

TP TF 1 r<br />

<br />

I<br />

ln <br />

2I<br />

re<br />

<br />

La precedente si può scrivere in forma a<strong>di</strong>mensionale:<br />

r <br />

I<br />

r <br />

I<br />

TP TF I<br />

ln <br />

re re TA TP here<br />

Questa relazione è del tipo:<br />

<br />

xln<br />

x costante<br />

[106]<br />

[107]<br />

e quin<strong>di</strong> è una equazione trascendentale che può essere risolta graficamente, come in<strong>di</strong>cato in<br />

Figura 148 o con meto<strong>di</strong> numerici me<strong>di</strong>ante calcolatore. Data la grande variabilità delle con<strong>di</strong>zioni<br />

ambientali esterne è opportuno riferirsi alle con<strong>di</strong>zioni peggiori per motivi cautelativi.<br />

y<br />

y=x ln[x]<br />

y=costante<br />

1/e<br />

1<br />

-1/e x*<br />

x<br />

Figura 148: Determinazione dello spessore <strong>di</strong> isolante<br />

Nel caso <strong>di</strong> geometria piana (come, ad esempio, pareti dei canali rettangolari) le precedenti<br />

relazioni variando, semplificandosi, nella forma seguente:<br />

TP TF TA TP<br />

Q <br />

<br />

[108]<br />

sI<br />

sm<br />

1 1<br />

<br />

h h<br />

I m i<br />

Con analogo proce<strong>di</strong>mento visto per condotti cilindrici si ha:<br />

sI<br />

sm<br />

1<br />

<br />

TP<br />

TF<br />

I m hi<br />

<br />

[109]<br />

T<br />

1<br />

A<br />

TP<br />

h<br />

e<br />

e


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

125<br />

Da questa, risolvendo in modo esplicito, si ha:<br />

1 TP<br />

TF<br />

sm<br />

1 <br />

sI<br />

I<br />

<br />

he TA TP m hi<br />

<br />

[110]<br />

E‟ ovvio che se il calcolo precedente porta ad avere s I T Plimite .<br />

2.1.1 TUBI PERCORSI DA FLUIDI QUASI SATURI<br />

Spesso occorre trasportare flui<strong>di</strong> prossimi al punto <strong>di</strong> saturazione, come avviene per il trasporto<br />

<strong>di</strong> vapore negli <strong>impianti</strong> industriali o anche <strong>di</strong> riscaldamento a vapore. Durante il moto il fluido<br />

scambia calore con l‟esterno per trasmissione termica attraverso le pareti e riceve calore per effetto<br />

delle <strong>di</strong>ssipazioni per attrito durante il moto. Queste ultime con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong>vengono importanti nel caso<br />

<strong>di</strong> moto bifase perché le per<strong>di</strong>te sono superiori a quelle corrispondenti monofase.<br />

Poiché i fenomeni <strong>di</strong> laminazione per attrito sono eliminabili (per il 2° Principio della<br />

Termo<strong>di</strong>namica) allora occorre bilanciare la rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione in modo far pervenire alle utenze il<br />

vapore nelle con<strong>di</strong>zioni desiderate.<br />

<br />

<br />

Tubazione percorsa da vapore saturo<br />

Detta G la portata ponderale <strong>di</strong> vapore saturo, il calore trasmesso attraverso le pareti è:<br />

Tc<br />

Te<br />

dQ dL<br />

[111]<br />

R<br />

T<br />

Il flusso termico ottenuto per attrito vale:<br />

2 3<br />

G G v<br />

w 8G<br />

dQ dL dL dL<br />

[112]<br />

2 2 5<br />

D 2 D<br />

v v i v i<br />

ove si è posto:<br />

2<br />

vw<br />

la per<strong>di</strong>ta per unità <strong>di</strong> lunghezza;<br />

2Di<br />

L<br />

Le<br />

con l‟ipotesi <strong>di</strong> uniforme <strong>di</strong>stribuzione delle resistenze localizzate.<br />

L<br />

Eguagliando i secon<strong>di</strong> membri si ottiene:<br />

3<br />

Tc<br />

Te<br />

8G<br />

dL dL<br />

[113]<br />

2 2 5<br />

R D<br />

Ovvero<br />

T v i<br />

R<br />

D<br />

2 2<br />

T<br />

T<br />

<br />

[114]<br />

T c e v<br />

5 2<br />

i<br />

8G<br />

La resistenza termica R T vale:<br />

1 1 r 1 <br />

e<br />

r 1 1 <br />

I<br />

D <br />

I<br />

RT<br />

ln ln ln <br />

2 hi ri 2 m ri 2 I re 2 here 2 I De<br />

<br />

e pertanto si ha:<br />

dove si è posto:<br />

D<br />

<br />

I<br />

ln KD<br />

De<br />

<br />

<br />

K <br />

5<br />

i<br />

2 2<br />

T<br />

T<br />

<br />

I c e v<br />

3<br />

4G<br />

[116]<br />

[115]


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

126<br />

Si può ancora scrivere:<br />

ove, ponendo:<br />

si ha:<br />

D<br />

<br />

I<br />

ln K'<br />

D<br />

De<br />

<br />

D<br />

e<br />

kD<br />

K<br />

K ' <br />

5<br />

k<br />

Nota la portata G e note le con<strong>di</strong>zioni del vapore, fissato il <strong>di</strong>ametro D i e la velocità del vapore<br />

si calcolano , K, K‟ e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro del tubo isolato, D I .<br />

Tubazione percorsa da liquido saturo<br />

In questo caso le rientrate <strong>di</strong> calore e il riscaldamento per attrito sono complementari ed occorre<br />

determinare il grado <strong>di</strong> sottoraffreddamento del liquido affinché l‟azione combinata dei due fenomeni<br />

porti il liquido in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> saturazione all‟utenza. La temperatura del liquido sottoraffreddato<br />

risulta variabile e si ha:<br />

Te<br />

T<br />

dQ dL<br />

[117]<br />

R<br />

Ponendo ancora:<br />

T<br />

D<br />

r<br />

i<br />

kD<br />

si ha che il riscaldamento per attrito vale:<br />

3 5<br />

8 Gk<br />

dQ ' dL [118]<br />

2 2 5<br />

D<br />

L<br />

e<br />

L‟equazione <strong>di</strong> bilancio termico <strong>di</strong>ce che la somma dei due precedenti flussi deve eguagliare il<br />

riscaldamento del fluido:<br />

3 5<br />

Te T 8 G k<br />

dL dL Gc<br />

2 2 5<br />

pdT<br />

[119]<br />

R D<br />

da cui si ricava:<br />

T L e<br />

3 5<br />

dL T Te 8 G k<br />

[120]<br />

dT Gc R Gc R D<br />

i<br />

5<br />

e<br />

2 2 5<br />

p T p T L e<br />

L‟omogenea associata <strong>di</strong> questa equazione integrale è:<br />

dL T<br />

0<br />

dT Gc R<br />

il cui integrale generale è:<br />

1<br />

p<br />

T C e <br />

T<br />

L<br />

GcpRT<br />

Un integrale particolare può ottenersi ponendo:<br />

T cost<br />

e quin<strong>di</strong> si ha:<br />

T T<br />

<br />

e<br />

3 5<br />

8 G k RT<br />

2 2 5<br />

<br />

L<br />

De


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

127<br />

Pertanto la soluzione della [120] è data da:<br />

L<br />

<br />

3 5<br />

Gc 8<br />

pR<br />

G k R<br />

T<br />

T<br />

<br />

1<br />

<br />

e<br />

[121]<br />

2 2 5<br />

<br />

L<br />

De<br />

T C e T<br />

Imponendo la con<strong>di</strong>zione che per L=0 sia T=T 0 sia ha:<br />

3 5<br />

L<br />

<br />

3 5<br />

8 <br />

T Gc 8<br />

pRT<br />

0 e<br />

2 2 5 <br />

e<br />

2 2 5<br />

L<br />

De L<br />

De<br />

G k R G k R<br />

T T T e T<br />

<br />

<br />

<br />

Si osservi che vale il limite:<br />

e ancora:<br />

lim L 0T T0<br />

3 5<br />

8 G k RT<br />

limL T T<br />

<br />

0 e<br />

2 2 5<br />

<br />

L<br />

De<br />

L‟andamento della temperatura del fluido è data in Figura 149.<br />

T<br />

[122]<br />

T<br />

T lim<br />

0<br />

L<br />

Figura 149: Andamento della temperatura del fluido<br />

Come significato fisico <strong>di</strong> questa tendenza al limite si può <strong>di</strong>re che, raggiunta la T limite il fluido si<br />

porta in con<strong>di</strong>zioni tali da scambiare con l‟esterno (si ricor<strong>di</strong> che è T > T e ) il calore <strong>di</strong>ssipato per<br />

3 5<br />

8 G k RT<br />

attrito fluido<strong>di</strong>namico, come si può verificare ricavando dalla T Te<br />

il rapporto:<br />

2 2 5<br />

D<br />

ovvero Q=Q‟.<br />

T T Gk<br />

3 5<br />

<br />

<br />

e<br />

8 <br />

<br />

2 2 5<br />

RT <br />

L<br />

De<br />

Tubazione percorsa da vapore inizialmente surriscaldato<br />

Se si desidera <strong>di</strong>stribuire alle utenze vapore saturo allora occorre che esso sia immesso in rete<br />

inizialmente surriscaldato in modo da avere, per effetto degli scambi <strong>di</strong> flusso con l‟esterno e per<br />

attrito, le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vapore saturo secco finali.<br />

Con la trattazione seguita per i casi precedenti otteniamo che il bilancio <strong>di</strong> energia vale:<br />

3 5<br />

T Te<br />

8 Gk<br />

dL dL Gc<br />

2 2 5<br />

p<br />

dT [123]<br />

v<br />

R D<br />

T v e<br />

e l‟integrale dell‟equazione <strong>di</strong>fferenziale che ne deriva vale, con analogo ragionamento visto in<br />

precedenza:<br />

L<br />

e


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

128<br />

3 5<br />

L<br />

<br />

3 5<br />

8 <br />

T Gc 8<br />

pvRT<br />

0 e 2 2 5 <br />

e<br />

2 2 5<br />

v<br />

De v<br />

De<br />

G k R G k R<br />

T T T e T<br />

<br />

<br />

<br />

T<br />

[124]<br />

dalla quale, noto il <strong>di</strong>ametro D e si ricava D I. .<br />

Nota la resistenza termica R T , imponendo che per L =L f sia T =T s (temperatura <strong>di</strong> saturazione)<br />

si ottiene<br />

3 5 3 5<br />

L<br />

<br />

8 G k R <br />

T<br />

8 G k R<br />

<br />

T RT Gcpv<br />

0<br />

<br />

e<br />

<br />

2 2 5 s<br />

<br />

e<br />

<br />

2 2 5 <br />

v<br />

De v<br />

De<br />

T T T T e<br />

<br />

<br />

[125]<br />

Se T 0 < T s allora le <strong>di</strong>ssipazioni fluido<strong>di</strong>namiche risultano maggiori del flusso scambiato<br />

attraverso le pareti e pertanto il fluido dovrà essere immesso nella sezione <strong>di</strong> ingresso in con<strong>di</strong>zioni<br />

umide e non surriscaldate. L‟equazione <strong>di</strong> bilancio risulta:<br />

3 5<br />

8 Gk<br />

Tc Te<br />

Gdh dL dL [126]<br />

2 2 5<br />

D R<br />

v e T<br />

Da questa deriva l‟equazione a variabili separabili:<br />

3 5<br />

dh 8 G k Tc Te<br />

[127]<br />

2 2 5<br />

dL D GR<br />

v e T<br />

Ne segue che l‟integrale è:<br />

3 5<br />

8 Gk<br />

Tc T<br />

<br />

e<br />

hF<br />

h0 L<br />

2 2 5 <br />

<br />

v<br />

De GRT<br />

<br />

F<br />

[128]<br />

Se imponiamo che per L =L F sia l‟entalpia finale h F pari a quella del vapore saturo secco si può<br />

ricavare il titolo <strong>di</strong> vapore in ingresso dalla relazione:<br />

3 5<br />

8 Gk<br />

Tc T<br />

<br />

e<br />

h0 hF<br />

L<br />

2 2 5 F<br />

[129]<br />

<br />

v<br />

De GRT<br />

<br />

Quanto sopra detto completa i casi possibili per flui<strong>di</strong> in prossimità delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

saturazione.<br />

2.2 ISOLAMENTO DELLE TUBAZIONI AI SENSI DELLA L. 10/91<br />

La L. 10/91 e il DPR 412/93 impongono che le tubazioni siano isolate anche al fine <strong>di</strong><br />

massimizzare il ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione d definito dalla relazione:<br />

Qhr<br />

d<br />

<br />

Q Q<br />

hr<br />

con:<br />

Q hr è l‟energia termica richiesta per il riscaldamento della zona, fornita in parte dal corpo<br />

scaldante (Qrad) ed in parte dalle tubazioni correnti all‟interno dell‟involucro riscaldato (Qdr è il<br />

calore <strong>di</strong>sperso recuperato);<br />

<br />

Q dnr è l‟energia termica <strong>di</strong>spersa dalla rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione corrente all‟esterno dell‟involucro<br />

riscaldato e quin<strong>di</strong> non recuperata.<br />

Il calcolo dettagliato del calore Qdnr <strong>di</strong>sperso dalla rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione e non recuperato va<br />

effettuato secondo la norma UNI 10347, che fornisce le metodologie <strong>di</strong> calcolo per le <strong>di</strong>verse<br />

situazioni <strong>di</strong> seguito illustrate. L‟energia scambiata da un fluido che scorre all‟interno <strong>di</strong> una tubazione<br />

con l‟ambiente che la circonda si determina, in generale, con la seguente formula:<br />

dnr<br />

DL<br />

Q <br />

t<br />

R<br />

1<br />

d fa p


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

129<br />

dove:<br />

R è la resistenza termica globale, in m 2 K/W;<br />

D 1 è il <strong>di</strong>ametro esterno della tubazione, in m;<br />

L è la lunghezza equivalente della tubazione, cioè la lunghezza effettiva della tubazione,<br />

aumentata <strong>di</strong> una opportuna quantità, che tenga conto della maggiore energia scambiata a causa<br />

della presenza <strong>di</strong> punti singolari quali staffe, appoggi, <strong>di</strong>stanziatori, valvole, ecc., (in caso <strong>di</strong> tubi<br />

affiancati, anche all‟interno <strong>di</strong> un unico involucro isolante, L è la somma della lunghezza dei<br />

tubi) in m;<br />

fa = (f - a) è la <strong>di</strong>fferenza tra la temperatura me<strong>di</strong>a del fluido termovettore e la temperatura<br />

dell‟ambiente che circonda la tubazione, in °C.<br />

Tabella 20: Valori dell’esponente n per il calcolo della potenza erogata dai terminali<br />

La <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> temperatura fa fra fluido e ambiente <strong>di</strong>pende dalla quantità <strong>di</strong> corpi scaldanti<br />

installata (a sua volta funzione della temperatura <strong>di</strong> progetto) e dal tipo <strong>di</strong> conduzione e si calcola nel seguente<br />

modo:<br />

1<br />

<br />

n<br />

m<br />

fa<br />

n<br />

n<br />

<br />

dove:<br />

m è la potenza me<strong>di</strong>a erogata dai terminali <strong>di</strong> emissione nel periodo considerato, in W,<br />

determinata come segue:<br />

Qhr<br />

m<br />

<br />

t<br />

p


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

130<br />

dove:<br />

Q hr è il fabbisogno energetico utile reale, in J;<br />

t p è la durata del periodo <strong>di</strong> erogazione del calore, in s;<br />

n è la potenza termica nominale (nelle con<strong>di</strong>zioni previste dalla relativa norma <strong>di</strong> prova)<br />

degli stessi terminali <strong>di</strong> emissione, in W;<br />

n è la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> temperatura nominale (prevista dalla norma <strong>di</strong> prova) fra corpo scaldante<br />

e ambiente, in °C;<br />

n è l‟esponente che definisce la caratteristica <strong>di</strong> emissione della tipologia <strong>di</strong> corpo scaldante,<br />

fornito dal costruttore o, in mancanza, dalla Tabella 20.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

131<br />

3. CIRCOLAZIONE DEI FLUIDI BIFASE<br />

Un fluido si <strong>di</strong>ce bifase quando è costituito da due fasi fisiche <strong>di</strong>stinti una liquida ed una gassosa.<br />

Una miscela <strong>di</strong> acqua ed aria, ad esempio, costituisce una miscela bifase, come pure una miscela <strong>di</strong><br />

acqua e vapore d‟acqua in equilibrio con essa.<br />

L‟interesse scientifico e tecnico per queste miscele è gran<strong>di</strong>ssimo per le notevoli applicazioni che<br />

si possono avere. Si pensi, ad esempio, agli <strong>impianti</strong> nucleari 24 , agli <strong>impianti</strong> solari 25 , agli <strong>impianti</strong><br />

<strong>termotecnici</strong> civili ed industriali (ad esempio le caldaie e i generatori <strong>di</strong> vapore).<br />

Il moto delle miscele bifase pone <strong>di</strong>versi problemi <strong>di</strong> calcolo fluido<strong>di</strong>namico per le <strong>di</strong>verse<br />

azioni inerziali che esercitano la fase liquida e la fase gassosa.<br />

In generale uno stu<strong>di</strong>o analitico completo richiede l‟applicazione delle equazioni <strong>di</strong> Navier Stokes<br />

e dell‟energia (ve<strong>di</strong> il capitolo sulla Convezione Termica in Fisica Tecnica) sia per la fase liquida che per<br />

quella gassosa. Inoltre, a causa dei <strong>di</strong>versi regimi <strong>di</strong> moto che si possono instaurare nel moto bifase<br />

(ve<strong>di</strong> dopo), si ha la doppia necessità <strong>di</strong> scrivere ed integrare le suddette equazioni <strong>di</strong> equilibrio sia nel<br />

dominio dello spazio (cioè in zone omogenee) che del tempo (con<strong>di</strong>zioni tempo varianti).<br />

Se il moto dei flui<strong>di</strong> bifase è associato anche ad uno scambio energetico (ad esempio in un tubo<br />

bollitore <strong>di</strong> una caldaia o <strong>di</strong> un impianto nucleare) allora si hanno, contemporaneamente ai fenomeni<br />

fluido<strong>di</strong>namici, fenomeni <strong>di</strong> cambiamento <strong>di</strong> fase (ebollizione e/o condensazione) che complicano<br />

non poco le equazioni <strong>di</strong> bilancio. Così, ad esempio, per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione nell‟ebollizione<br />

sottoraffreddata sono più elevate <strong>di</strong> quelle in ebollizione or<strong>di</strong>naria e pur tuttavia l‟incremento non è<br />

eccessivo.<br />

Le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione bifase sono sempre maggiori <strong>di</strong> quelle monofasi e pertanto occorre<br />

sempre stimarle correttamente per evitare problemi <strong>di</strong> sotto<strong>di</strong>mensionamento delle pompe <strong>di</strong><br />

circolazione.<br />

L‟equazione dell‟energia già vista all‟inizio del corso sotto forma <strong>di</strong> equazione <strong>di</strong> Bernoulli<br />

generalizzata può essere scritta in forma <strong>di</strong>fferenziale nella forma:<br />

2<br />

wdw dl w dL<br />

dp<br />

gdz<br />

<br />

m<br />

v d 2v v<br />

Ricordando l‟equazione <strong>di</strong> continuità m wS<br />

l‟equazione <strong>di</strong> Bernoulli generalizzata si può<br />

ancora scrivere nella forma:<br />

2 2<br />

m<br />

1 m dL<br />

dp dv dz <br />

vdl m<br />

2 2<br />

S d 2S v A)<br />

ove si ha il seguente simbolismo:<br />

peso specifico del fluido, kg/m³;<br />

densità del fluido, kg/m³;<br />

v <strong>volume</strong> specifico del fluido, m³/kg;<br />

w velocità del fluido, m/s;<br />

L m lavoro motore sul fluido, J/kg;<br />

fattore d‟attrito del condotto;<br />

d <strong>di</strong>ametro (o <strong>di</strong>ametro equivalente) del condotto, m;<br />

l lunghezza del condotto, m;<br />

p pressione nel fluido, Pa;<br />

m portata <strong>di</strong> massa del fluido, kg/s.<br />

24 Nei reattori ad acqua bollente si ha una circolazione <strong>di</strong> acqua con piccole percentuali <strong>di</strong> vapore in equilibrio<br />

termico. Questo fluido assolve sia alle funzioni <strong>di</strong> refrigerazione che <strong>di</strong> moderazione neutronica.<br />

25 Le centrali eliotermiche <strong>di</strong> potenza utilizzano sia miscele acqua-vapore (centrali tipo Francia) che <strong>di</strong> metalli<br />

liqui<strong>di</strong> (So<strong>di</strong>o fuso o leghe NaK o similari). Anche i collettori a vetro usano una miscela bifasica costituita da freon liquido<br />

e aeriforme.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

132<br />

g accelerazione <strong>di</strong> gravità, m²/s. <br />

Si osservi che qualora ci riferisce alla velocità me<strong>di</strong>a del fluido nella sezione <strong>di</strong> passaggio del<br />

condotto occorre tenere conto, nelle precedenti relazioni, <strong>di</strong> un fattore pari a 1.2 per moto turbolento<br />

e 1.8 per moto laminare, cioè occorre scrivere w<br />

al posto della sola velocità. A questa equazione si<br />

associa l‟equazione dell‟energia per sistemi aperti stazionari:<br />

2<br />

w<br />

<br />

q l 1 2<br />

gz h<br />

2 <br />

ove si è in<strong>di</strong>cato con:<br />

h l‟entalpia del fluido, J/kg;<br />

q il calore fornito all‟unità <strong>di</strong> massa <strong>di</strong> fluido, J/kg;<br />

l=l m +l r il lavoro totale fornito all‟unità <strong>di</strong> massa <strong>di</strong> fluido, J/kg.<br />

Data l‟arbitrarietà nella scelta delle sezioni <strong>di</strong> integrazione si fa in modo da non avere, all‟interno<br />

del condotto in esame, alcun organo motore e pertanto possiamo annullare il lavoro motore presente<br />

nelle precedenti equazioni. Integrando l‟equazione <strong>di</strong> Bernoulli generalizzata fra due sezioni 1 e 2 prive<br />

<strong>di</strong> organi motori si ottiene la seguente espressione:<br />

2 2<br />

m 2dz m 1 2<br />

p1 p2 <br />

2<br />

v2 v1<br />

vdl<br />

1 2<br />

S<br />

<br />

v 2S d<br />

1<br />

B)<br />

Slip<br />

Gravimetriche<br />

Questa equazione <strong>di</strong>ce chiaramente che la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> pressione fra la sezione iniziale e finale<br />

nel condotto esaminato è somma dei tre termini a secondo membro che esprimono, nell‟or<strong>di</strong>ne:<br />

le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione per effetto della variazione <strong>di</strong> energia cinetica (per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> slip);<br />

per per<strong>di</strong>te per alleggerimento termico dovute all‟azione della gravità;<br />

le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> attrito totali dovute alla viscosità del fluido.<br />

Nel caso <strong>di</strong> moto bifase le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> slip debbono tenere conto anche delle <strong>di</strong>verse velocità delle<br />

due fasi e quin<strong>di</strong> dell‟attrito virtuale che si viene a determinare nel moto relativo (scorrimento o slip)<br />

della fase più veloce rispetto a quella più lenta. Questo termine presenta notevoli <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> calcolo<br />

anche in considerazione del tipo <strong>di</strong> moto che si instaura nel condotto. Le per<strong>di</strong>te gravimetriche sono<br />

certamente le più semplici da valutare, come si vedrà nel prosieguo. Le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> attrito sono<br />

nuovamente complesse da determinare proprio per l‟eterogeneità del fluido bifase e del tipo <strong>di</strong> moto<br />

nel condotto.<br />

3.1 TIPI DI MOTO BIFASE<br />

Per condotti verticali si è avuto modo <strong>di</strong> esaminare i regimi <strong>di</strong> flusso che si instaurano durante<br />

l‟ebollizione <strong>di</strong>namica in un tubo bollitore, come illustrato dalla Figura 150. I regimi possono essere:<br />

Moto a bolle: il vapore si muove sotto forma <strong>di</strong> bolle sparse in una matrice <strong>di</strong> liquido;<br />

Moto a tappi: il vapore è presente in quantità elevate e tali da creare, per coalescenza fra bolle<br />

vicine, dei veri e propri tappi interni al condotto;<br />

Moto anulare: il liquido si muove in aderenza alle pareti e il vapore nel cuore interno della<br />

sezione del condotto;<br />

Moto a nebbia: il liquido è quasi del tutto evaporato ed occupa tutto il <strong>volume</strong> <strong>di</strong>sponibile<br />

mentre il liquido, in quantità residuali, si muove sotto forma <strong>di</strong> minute goccioline sparse nella<br />

matrice <strong>di</strong> vapore.<br />

Ciascuna <strong>di</strong> queste tipologie <strong>di</strong> flusso richiede un tipo <strong>di</strong> analisi particolare per la necessità, come<br />

sopra accennato, <strong>di</strong> dovere integrare le equazioni <strong>di</strong> Navier Stokes e dell‟energia in zone <strong>di</strong> spazio<br />

spesso determinate casualmente e quin<strong>di</strong> senza alcuna possibilità pratica <strong>di</strong> previsione analitica.<br />

Del resto anche l‟istaurarsi del regime <strong>di</strong> moto non è facile da prevedere anche se esistono<br />

alcune mappe sperimentali che delimitano, certamente non in modo preciso, i campi <strong>di</strong> esistenza dei<br />

vari regimi <strong>di</strong> flusso.<br />

Attrito


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

133<br />

MOTO A NEBBIA<br />

MOTO ANULARE<br />

MOTO A TAPPI<br />

MOTO A BOLLE<br />

LIQUIDO<br />

CONVEZIONE MONOFASE<br />

Figura 150: Regimi <strong>di</strong> moto in condotto verticale durante l’ebollizione<br />

Figura 151: Tipi <strong>di</strong> flusso per moto in tubi verticali<br />

Fair (1960) ha pre<strong>di</strong>sposto una mappa per i tipi <strong>di</strong> flusso in moto verticale. Anche Hewitt e<br />

Robert (1969) hanno pre<strong>di</strong>sposto una sorta <strong>di</strong> mappa per la previsione del tipo <strong>di</strong> flusso in condotti<br />

verticali.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

134<br />

Figura 152: Mappa <strong>di</strong> FAir per i tipi <strong>di</strong> flusso in condotti verticali<br />

Figura 153: Mappa <strong>di</strong> Hewitt e Robert per i tipi <strong>di</strong> flusso bifase in condotti verticali


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

135<br />

In Figura 154 si ha un esempio <strong>di</strong> regimi <strong>di</strong> flusso per l‟ebollizione in condotti orizzontali.<br />

MOTO A BOLLE<br />

MOTO A TAPPI<br />

MOTO ANULARE<br />

MOTO STRATIFICATO<br />

Figura 154: Regimi <strong>di</strong> moto in condotto orizzontale durante l’ebollizione<br />

Figura 155: Tipi <strong>di</strong> flusso per moto in tubi orizzontali<br />

Oltre ai regimi visti in precedenza si ha il moto stratificato nel quale la fase liquida si mantiene,<br />

per gravità, in basso e la frazione aeriforme nella parte superiore sotto forma <strong>di</strong> bolle. L‟instaurarsi <strong>di</strong><br />

un regime <strong>di</strong> moto piuttosto che un altro <strong>di</strong>pende fortemente dai rapporti delle portate della fase<br />

liquida e della fase aeriforme. I profili <strong>di</strong> velocità nel moto bifase non hanno una definizione ben<br />

precisa, come del resto si può intuire, e spesso si ricorre a rappresentazioni fittizie <strong>di</strong> tipo polinomiali<br />

determinate con esperienze mirate per particolari regimi <strong>di</strong> moto.<br />

Taitel e Dukler (1976) hanno pre<strong>di</strong>sposto una mappa per i tipi <strong>di</strong> flusso in condotti orizzontali<br />

basata sull'utilizzo del moltiplicatore <strong>di</strong> Martinelli e il numero <strong>di</strong> Fraude del gas, Fr G , unitamente ai<br />

parametri T e K. Il parametro <strong>di</strong> Martinelli è dato da:<br />

X<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

dp<br />

dz<br />

dp<br />

dz<br />

<br />

<br />

L<br />

G<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

1/2


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

136<br />

Il numero <strong>di</strong> Fraude è:<br />

Fr<br />

G<br />

mG<br />

<br />

<br />

<br />

G L G i<br />

dg<br />

con g accelerazione <strong>di</strong> gravità. Il parametro K è dato da:<br />

1/2<br />

K Fr G<br />

Re L<br />

Il parametro T è dato dalla relazione:<br />

<br />

dp<br />

dz<br />

L<br />

T <br />

g L<br />

G<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

1/2<br />

1/2<br />

Figura 156: Mappa dei tipi <strong>di</strong> flusso bifase <strong>di</strong> Taitel e Dukler per moto in tubi orizzontali


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

137<br />

3.2 CALCOLO DELLE PERDITE DI PRESSIONE IN REGIME BIFASE<br />

In calcolo delle per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione nel moto bifase è stato oggetto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> da <strong>di</strong>versi decenni.<br />

Esso interessa campi <strong>di</strong> applicazioni vasttissimi e <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>nario interesse, fra i quali si citano gli<br />

<strong>impianti</strong> nucleari, gli <strong>impianti</strong> frigoriferi, gli <strong>impianti</strong> solari <strong>di</strong> potenza a collettori a concentrazione<br />

(parabolici o Fresnel), le caldaie, ....<br />

Inizialmente in mancanza <strong>di</strong> sperimentazioni pratiche si è cercato <strong>di</strong> proporre meto<strong>di</strong> analitici<br />

basati su ipotesi <strong>di</strong> moto semplificati e in particolare immaginando che il fluido complessivo bifase<br />

fosse determinato dalle caratteristiche me<strong>di</strong>e <strong>di</strong> un fluido omogeneo opportunamente definito.<br />

Negli anni „settanta si sono avute le prime sperimentazioni <strong>di</strong> Martinelli e Nelson che hanno<br />

portato alla definizione <strong>di</strong> meto<strong>di</strong> semiempirici ritenuti più affidabili <strong>di</strong> quelli solamente teorici.<br />

Negli anni „ottanta le esperienze <strong>di</strong> Thom hanno fornito una metodologia semiempirica completa<br />

oggi ritenuta fondamentale per il calcolo delle per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione in regimi bifasi.<br />

3.2.1 METODO DI HANFORD<br />

E‟ uno dei primi meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> calcolo analitico delle per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione e si base su alcune ipotesi<br />

semplificative che qui riportiamo:<br />

Si suppone il condotto orizzontale e quin<strong>di</strong> si trascurano le per<strong>di</strong>te gravitazionali;<br />

Il fluido si suppone omogeneo avente <strong>volume</strong> specifico dato dalla relazione:<br />

v<br />

m<br />

v<br />

<br />

<br />

l<br />

<br />

v<br />

<br />

l<br />

con v l<br />

<strong>volume</strong> specifico del liquido, v v <strong>volume</strong> specifico del vapore ed x titolo della miscela. Inoltre il punto 1<br />

in<strong>di</strong>ca l„ingresso del condotto e 2 l‟uscita. La velocità me<strong>di</strong>a del fluido è data dalla relazione inversa <strong>di</strong><br />

Leonardo: w m .<br />

S<br />

Si definisce, inoltre, la flui<strong>di</strong>tà (inverso della viscosità newtoniana) data dalla relazione:<br />

1 1<br />

x x<br />

<br />

<br />

v<br />

1 2<br />

2<br />

ove, per miscele sature, si ha, come si ricorda dalla Termo<strong>di</strong>namica: v v xv v <br />

con la solita convenzione sui pe<strong>di</strong>ci. La flui<strong>di</strong>tà me<strong>di</strong>a del fluido omogeneo è data, analogamente<br />

a quanto visto per <strong>volume</strong> specifico me<strong>di</strong>o, dalla relazione:<br />

<br />

<br />

m<br />

l<br />

1 2<br />

2<br />

essendo 1 e 2 l‟ingresso e l‟uscita del condotto considerato. Nel caso <strong>di</strong> un tubo bollitore o in<br />

ogni caso con scambi termici con l‟esterno l‟ipotesi <strong>di</strong> un fluido omogeneo per lunghi condotti appare<br />

poco realistica e in ogni caso fortemente <strong>di</strong>pendente, per via dei volumi specifici e delle viscosità, dalle<br />

pressioni locali nelle sezioni <strong>di</strong> condotto. Pertanto si può sud<strong>di</strong>videre il condotti in tratti <strong>di</strong> piccola<br />

lunghezza all‟interno dei quali le ipotesi <strong>di</strong> omogeneità appaiono maggiormente valide. Per ogni<br />

condotto si può scrivere, con l‟ipotesi dz=0, l‟equazione <strong>di</strong> Bernoulli:<br />

2 2<br />

( i) ( i)<br />

m ( i) ( i) m 1 ( i) ( i) ( i)<br />

p 1<br />

p 2 2 v2 v1<br />

v<br />

2 m<br />

l<br />

S 2S d <br />

ove con l‟apice (i) si intende il generico tratto del condotto. In pratica partendo dal primo tratto,<br />

nel quale è nota la pressione p , si determina la pressione <strong>di</strong> uscita p che è poi la pressione <strong>di</strong><br />

(1)<br />

1<br />

(2) (1)<br />

ingresso del secondo tratto, cioè si ha p1 p2<br />

e così via per gli altri tronchi fino ad arrivare alla p 2<br />

d‟uscita dell‟ultimo tronco che coincide con la pressione finale all‟uscita del condotto.<br />

In definitiva la somma delle equazioni parziali dei singoli tratti porta all‟equazione totale:<br />

2 2 2 2<br />

m ( i) ( i) m 1 ( i) ( i) ( i)<br />

p1 p2 <br />

2v2 v1<br />

<br />

v<br />

2 <br />

m<br />

l<br />

S 2S d<br />

1 1<br />

v<br />

(1)<br />

2


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

138<br />

Il coefficiente <strong>di</strong> attrito può essere calcolato con la classica relazione <strong>di</strong> Weissbach valida per<br />

tubi lisci:<br />

-0.2<br />

x=0.184 Re<br />

per cui per ogni singolo tratto si può scrivere l‟equazione <strong>di</strong> bilancio 26 :<br />

2<br />

1.8 1.2 0.2<br />

( i) ( i)<br />

m<br />

m<br />

d ()<br />

i<br />

p1 p2 <br />

2 v2 v1<br />

0.184 vm<br />

l<br />

S<br />

S 2<br />

( i) ( i) ( i) ( i)<br />

Per calcolare il <strong>volume</strong> specifico me<strong>di</strong>o, v m , occorre conoscere come varia il titolo in funzione<br />

della lunghezza e della pressione parziale del tratto considerato. L‟equazione dell‟energia per il singolo<br />

tratto (sempre supposto orizzontale) <strong>di</strong>viene:<br />

2<br />

( i) ( i)<br />

w <br />

qe<br />

h<br />

<br />

2 <br />

L‟entalpia della miscela bifase in una generica sezione (i) è dato da:<br />

h h xr<br />

l<br />

ove r è il calore latente <strong>di</strong> vaporizzazione alla pressione parziale nel tratto. Fra le sezioni 1 e 2<br />

<strong>di</strong> ciascun tratto si ha:<br />

h r x r x<br />

1,2 l 2 2 1 1<br />

ove r 2 ed r 1 sono i calori latenti <strong>di</strong> vaporizzazione alle pressioni p 2 e p 1 ed è:<br />

h h h<br />

l l2 l1<br />

la variazione delle entalpie specifiche del liquido alle pressioni suddette. Combinando le<br />

precedenti equazioni si ha, per la velocità me<strong>di</strong>a, l‟espressione:<br />

m m<br />

w v vl xvv vl<br />

<br />

S<br />

<br />

S<br />

<br />

Pertanto si ha:<br />

w m<br />

v x v v v x v v<br />

2 2<br />

2 1<br />

2 2<br />

2 2<br />

2 l1 2 v2 l l1 1 v1<br />

l<br />

S <br />

ove v l e v v sono note una volta conosciute le pressioni p 2 e p 1 .<br />

Si osservi che i volumi specifici del liquido, non appena il titolo x supera qualche centesimo,<br />

<strong>di</strong>vengono trascurabili <strong>di</strong> fronte ai volumi specifici del vapore, per cui la precedente <strong>di</strong>viene:<br />

2 2<br />

w m 2 2 2 2<br />

2 x<br />

2 v<br />

v2 x<br />

1 v<br />

v1<br />

2 2S <br />

Con gli sviluppi sopra esposti si può applicare il metodo <strong>di</strong> Hanford per approssimazioni<br />

successive. Nota la pressione iniziale del prima tratto si stima la pressione <strong>di</strong> uscita dello stesso tratto e<br />

si calcola la x 2 dello stesso tratto (eventualmente risolvendo l‟equazione <strong>di</strong> 2° grado sopra in<strong>di</strong>cata).<br />

A questo scopo, trascurando il termine cinetico (<strong>di</strong> solito piccolo rispetto ai termini termici) si<br />

può scrivere:<br />

(1) (1) (1) (1) (1) (1)<br />

q h r x r x<br />

Il calore fornito<br />

e<br />

1 1 1 2 2<br />

(1)<br />

q<br />

e<br />

può essere calcolato dalla relazione:<br />

26 Si ricor<strong>di</strong> che vale la relazione: Re wd wd dm S<br />

e quin<strong>di</strong> è<br />

<br />

0.2 0.184Re 0.2<br />

0.2<br />

0.184 d m <br />

<br />

S<br />

.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

139<br />

con b perimetro del condotto. nota<br />

e quin<strong>di</strong>:<br />

Si calcola poi:<br />

q<br />

(1)<br />

e<br />

(1)<br />

1 l<br />

<br />

m<br />

<br />

1<br />

(1)<br />

x<br />

2<br />

si ricava<br />

<br />

qbdz<br />

v v x v v<br />

(1) (1) (1) (1) (1)<br />

2 l2 2 v2 l2<br />

v<br />

<br />

v<br />

v<br />

2<br />

(1) (1)<br />

(1)<br />

m<br />

<br />

1 2<br />

<br />

(1) (1)<br />

(1)<br />

m<br />

<br />

1 2<br />

(1)<br />

v<br />

2<br />

dalla relazione:<br />

(1)<br />

Ora si ricava il valore della pressione <strong>di</strong> uscita p<br />

2<br />

che <strong>di</strong> solito <strong>di</strong>fferisce da quella inizialmente<br />

stimata. Se la <strong>di</strong>fferenza è minore dell‟errore massimo tollerabile allora si procede con il tratto<br />

successivo reiterando le operazioni appena descritte.<br />

(1)<br />

Nel caso <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenza maggiore dell‟errore ammissibile allora si assume la p<br />

2<br />

appena calcolata<br />

e si riparte per una nuova iterazione fino a quando la <strong>di</strong>fferenza fra il valore <strong>di</strong> calcolo attuale e quello<br />

del ciclo precedente è minore dell‟errore ammissibile.<br />

La caduta <strong>di</strong> pressione totale è quin<strong>di</strong> data da:<br />

Osservazioni sul metodo <strong>di</strong> Hanford.<br />

iN<br />

<br />

<br />

2<br />

p p p<br />

( i) ( i)<br />

1,2 1 2<br />

i1<br />

L‟ipotesi <strong>di</strong> modello omogeneo, alla base del metodo <strong>di</strong> Hanford, presuppone che la fase<br />

aeriforme sia in percentuale piccolissima (o che si abbia moto a nebbia) o che la pressione me<strong>di</strong>a sia<br />

elevata e vicina alla pressione critica del fluido.<br />

Si ricor<strong>di</strong>, infatti, che alla pressione critica non si ha <strong>di</strong>fferenza fra la fase liquida e quella<br />

aeriforme. In queste con<strong>di</strong>zioni la precisione del metodo è dell‟or<strong>di</strong>ne del 30% che, in mancanza <strong>di</strong><br />

altri dati sperimentali, è da considerarsi buona per le applicazioni <strong>impianti</strong>stiche.<br />

Nelle situazioni <strong>di</strong>verse da quelle sopra in<strong>di</strong>cate il metodo <strong>di</strong> Hanford commette errori non<br />

trascurabili. E va utilizzato con molta cautela.<br />

3.2.2 CONDOTTI VERTICALI E CALCOLO DELLE PERDITE GRAVIMETRICHE<br />

Nel caso <strong>di</strong> condotti verticali occorre valutare anche il termine gravimetrico (prima del tutto<br />

trascurato), cioè il termine:<br />

2 dz<br />

pgrav.<br />

1<br />

v<br />

Ve<strong>di</strong>amo adesso una semplice metodologia per effettuare questo calcolo. Si supponga <strong>di</strong> avere<br />

un flusso termico uniforme lungo la lunghezza del condotto e che il salto <strong>di</strong> pressione sia piccolo 27 .<br />

Allora si può scrivere:<br />

dqe<br />

rdx<br />

ovvero:<br />

qb<br />

dqe<br />

dz rdx<br />

m<br />

<br />

<br />

27 Il salto <strong>di</strong> pressione p è pari alla caduta <strong>di</strong> pressione totale e pertanto questo deve essere comunque limitato<br />

nelle applicazioni <strong>impianti</strong>stiche onde evitare eccessive potenze <strong>di</strong> pompaggio.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

140<br />

con z lunghezza del condotto a partire dall‟ingresso, b il perimetro e q il flusso termico specifico<br />

(J/m²). Questa relazione ci <strong>di</strong>ce che la variazione del titolo è proporzionale alla lunghezza progressiva,<br />

per cui, supponendo che sia x 1 =0, si ha:<br />

x2<br />

v vl xvv vl vl z z1<br />

vv vl<br />

<br />

l<br />

Sostituendo nell‟espressione <strong>di</strong> p grav si ha (per i=z 2 – z 1 ) :<br />

2 dz z2 z v x 1<br />

2 v v<br />

p<br />

.<br />

ln v v l<br />

grav<br />

<br />

1<br />

v x v v v<br />

2<br />

<br />

<br />

v l l<br />

Questa per<strong>di</strong>ta va sommata alle per<strong>di</strong>te per slip e per attrito.<br />

3.2.3 METODO DI FRIEDEL<br />

Friedel (1979) ha sviluppato una correlazione basata sul moltiplicatore due fase per il calcolo<br />

delle per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione bifase. Le per<strong>di</strong>te per attrito sono, infatti, date dalla relazione:<br />

2<br />

p<br />

p<br />

[130]<br />

attr L fr<br />

Le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> attrito monofase solo liquido si calcolano con la relazione <strong>di</strong> Weissbach:<br />

2 2<br />

l w l m"<br />

pL<br />

d 2 <br />

[131]<br />

d 2<br />

con fattore <strong>di</strong> attrito <strong>di</strong> Darcy-Weissbach che si calcola con la relazione <strong>di</strong> Blasius:<br />

0,25<br />

0,316Re<br />

[132]<br />

Il moltiplicatore <strong>di</strong> Friedel è dato da:<br />

2 3.24FH<br />

<br />

fr<br />

E Fr We<br />

[133]<br />

0,045 0,035<br />

H L<br />

ove i tre termini a<strong>di</strong>mensionali sono così definiti:<br />

2<br />

m<br />

FrH<br />

<br />

gd<br />

" totale<br />

2<br />

H<br />

2 2 L L<br />

E 1 x x <br />

<br />

G<br />

0,224<br />

F x 0,78 1<br />

x<br />

0,91 0,19 0,7<br />

<br />

L<br />

<br />

G<br />

<br />

G<br />

H 1<br />

<br />

G L L<br />

<br />

con i pe<strong>di</strong>ci L e G riferiti a liquido e gas. è il fattore <strong>di</strong> attrito <strong>di</strong> Weissbach e con m"<br />

w. la<br />

portata specifica <strong>di</strong> massa (kg/s.m 2 ). Infine il numero <strong>di</strong> Weber del liquido è definito da:<br />

2<br />

m" totale<br />

d<br />

We<br />

i<br />

L<br />

<br />

<br />

con m"<br />

portata specifica <strong>di</strong> massa e H densità omogenea definita in base alla relazione:<br />

x<br />

H<br />

<br />

G<br />

H<br />

G<br />

1<br />

1<br />

x<br />

<br />

L


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

141<br />

Osservazioni sul metodo <strong>di</strong> Friedel<br />

Questo metodo va bene quando il rapporto L <br />

G<br />

è minore <strong>di</strong> 1000 e il titolo varia da 0 a 1.<br />

3.2.4 CORRELAZIONE DI MÜLLER-STEINHAGEN ED HECK<br />

Müller-Steinhagen e Heck hanno definito (1986) una correlazione per calcolare le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong><br />

pressione bifase. Si tratta <strong>di</strong> una correlazione empirica data da:<br />

dp<br />

<br />

1/3 3<br />

G 1 x Bx [134]<br />

dz<br />

<br />

ove il fattore G è dato da:<br />

con:<br />

attrito<br />

G A 2B A<br />

x<br />

dp<br />

<br />

A <br />

dz <br />

ed entrambe le per<strong>di</strong>te possono essere calcolate, per fluido monofase, con la relazione <strong>di</strong><br />

Weissbach.<br />

Osservazione sulla Correlazione <strong>di</strong> Müller-Steinhagen ed Heck<br />

E' una correlazione recente che ben si correla ai dati sperimentali. Essa va bene per titolo<br />

variabile da 0 a 1.<br />

3.2.5 METODO DI MARTINELLI E NELSON<br />

Negli anni „settanta, data la complessità analitica del problema, si effettuarono numerose<br />

esperienze per determinare le cadute <strong>di</strong> pressione in miscele bifasiche <strong>di</strong> acqua ed aria.<br />

Inizialmente Lochkart e Martinelli definirono un moltiplicatore, X tt , definito come ra<strong>di</strong>ce quadrata<br />

del rapporto fra la caduta <strong>di</strong> pressione nella fase liquida e la caduta <strong>di</strong> pressione nella fase aeriforme ed<br />

è dato a sua volta dalla relazione:<br />

X<br />

tt<br />

0.9 0.5 0.1<br />

pl 1<br />

x <br />

v<br />

<br />

l<br />

<br />

pv x l v<br />

<br />

<br />

con x titolo del vapore e con il solito significato per gli altri simboli. In Figura 157 si ha<br />

l‟andamento delle curve sperimentali che forniscono il moltiplicatore <strong>di</strong> Martinelli, Xtt, al variare della<br />

pressione e del titolo della miscela.<br />

Si osservi, però, che il titolo della miscela non è costante lungo il condotto per cui sarebbe<br />

necessario conoscere la legge <strong>di</strong> variazione <strong>di</strong> x e procedere a successive integrazioni.<br />

Successivamente sono state elaborate altre curve sperimentali alla base del metodo <strong>di</strong> calcolo<br />

semiempirico detto <strong>di</strong> Martinelli e Nelson.<br />

Se si suppone, almeno inizialmente, che il titolo vari linearmente fra ingresso e uscita (con x=0<br />

in ingresso del condotto) e che vi sia somministrazione uniforme <strong>di</strong> calore allora Martinelli e Nelson<br />

definiscono il rapporto:<br />

p2<br />

Fa<br />

M p<br />

ove si ha il seguente simbolismo:<br />

p 2Fa caduta <strong>di</strong> pressione per attrito per moto bifase, Pa;<br />

p 1Fla caduta <strong>di</strong> pressione per attrito per portata totale pensata <strong>di</strong> solo liquido, Pa.<br />

In definitiva M (sempre >1) è il rapporto fra le cadute <strong>di</strong> pressione per attrito nelle reali<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> moto bifase rispetto a quelle che si avrebbero, sempre per attrito, se la portata totale<br />

fosse <strong>di</strong> solo liquido.<br />

L<br />

1Fla


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

142<br />

Queste ultime sono calcolabili facilmente con i meto<strong>di</strong> della Fluido<strong>di</strong>namica monofase visti nei<br />

precedenti capitoli e pertanto se si conosce M <strong>di</strong> possono calcolare le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> attrito bifase me<strong>di</strong>ante<br />

la relazione:<br />

p M p<br />

2Fa<br />

1Fla<br />

Martinelli e Nelson hanno determinato l‟andamento sperimentale <strong>di</strong> M partendo dalle curve <strong>di</strong><br />

Lochkart – Martinelli, come rappresentato nell‟abaco <strong>di</strong> Figura 158.<br />

L‟abaco fornisce M al variare della pressione nel condotto per assegnato titolo, x 2 , in uscita.<br />

Si osservi come sia sempre M>1 (quin<strong>di</strong> le per<strong>di</strong>te bifase sono sempre maggiori <strong>di</strong> quelle<br />

monofase) e come le curve tendano a congiungersi per la pressione critica dell‟acqua (222 bar) laddove<br />

non si ha più alcuna <strong>di</strong>fferenza fra la fase liquida e il vapore.<br />

Se il titolo in ingresso è x 1 ,0 allora si può procedere in questo modo, ve<strong>di</strong> Figura 159:<br />

si calcola la M 1 corrispondente alla caduta <strong>di</strong> pressione fittizia <strong>di</strong> un condotto avente titolo in<br />

ingresso nullo e in uscita pari ad x 1 ;<br />

Figura 157: Diagramma del moltiplicatore Xtt <strong>di</strong> Martinelli<br />

Si calcola M 2 per un condotto fittizio nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> titolo in ingresso 0 e in uscita x 2 ;<br />

Si calcola il fattore M per condotto con titolo in ingresso x 1 e in uscita x 2 dalla <strong>di</strong>fferenza:<br />

M M M<br />

1 2<br />

pertanto le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione sono date da:<br />

p M M p<br />

<br />

2Fa<br />

2 1 1Fla<br />

Ricordando quanto detto per le cadute totali <strong>di</strong> pressione:<br />

p p p p<br />

tot<br />

Slip Gravimetrico Attrito<br />

il metodo <strong>di</strong> Martinelli e Nelson consente <strong>di</strong> calcolare le cadute <strong>di</strong> pressione per attrito.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

143<br />

Il termine relativo alle cadute <strong>di</strong> pressione per slip può essere calcolato, sempre<br />

sperimentalmente, ponendo:<br />

2 2<br />

m<br />

m<br />

pslip<br />

<br />

2<br />

v2 v1<br />

R<br />

2<br />

S<br />

S<br />

160.<br />

con R (ove è, per quanto detto in precedenza, R v2 v1) coefficiente dato dall‟abaco <strong>di</strong> Figura<br />

Figura 158: Abaco <strong>di</strong> Martinelli e Nelson per M<br />

Nel caso in cui le con<strong>di</strong>zioni iniziali del titolo siano x 1 0 allora, in analogia a quanto detto per il<br />

calcolo <strong>di</strong> M e con riferimento alla Figura 159, si procede così:<br />

Si calcola R 1 per il tratto fittizio con titolo variabile da 0 a x 1 ;<br />

Si calcola R 2 per il condotto fittizio con titolo variabile da 0 a x 2 ;<br />

Si calcola il valore reale: R=R 2 – R 1 .<br />

Se nel condotto si hanno anche per<strong>di</strong>te concentrate allora queste debbono essere valutate per la<br />

sola fase liquida per una portata <strong>di</strong> liquido equivalente a quella totale. Le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> attrito p 1Fla sono<br />

date da:<br />

p p p<br />

<br />

1Fla 1Fla <strong>di</strong>stribuite 1Fla<br />

concentrate<br />

e le per<strong>di</strong>te bifase totali corrispondenti si calcolano moltiplicando le precedenti per il<br />

coefficiente R calcolato come sopra specificato.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

144<br />

M1<br />

M2<br />

x=0<br />

R1 x=x1 R2<br />

x=x2<br />

L1<br />

L2<br />

Figura 159: Con<strong>di</strong>zioni iniziali con titolo non nullo<br />

Figura 160: Abaco <strong>di</strong> Martinelli e Nelson per R


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

145<br />

Osservazioni sul Metodo <strong>di</strong> Martinelli e Nelson<br />

Questo metodo ha come ipotesi <strong>di</strong> base l‟esistenza <strong>di</strong> due fasi <strong>di</strong>stinte e quin<strong>di</strong> è in netta<br />

contrapposizione con il modello omogeneo <strong>di</strong> Hanford. Il modello <strong>di</strong> riferimento è, quin<strong>di</strong>, quello del<br />

moto anulare o del moto stratificato o anche del moto a nebbia.<br />

I risultati ottenuti con questo metodo vanno bene fino a titoli elevati in uscita (anche x 2 =1).<br />

Esso è tutt‟oggi quello più utilizzato per portate specifiche ( mS) elevate.<br />

I risultati sperimentali, ottenuta da Muscettola del CISE 28 , mostrano una sopravvalutazione <strong>di</strong><br />

circa il 20% delle per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione. Ciò è ritenuto dai progettisti una garanzia <strong>di</strong> maggior sicurezza<br />

sia per le inevitabili incertezze progettuali che per tenere conto dell‟invecchiamento del condotto e<br />

quin<strong>di</strong> dell‟aumento delle per<strong>di</strong>te localizzate 29 . Il metodo <strong>di</strong> Martinelli e Nelson non fornisce meto<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

calcolo del termine gravimetrico e quin<strong>di</strong> occorre effettuare separatamente questo calcolo, ad esempio<br />

come illustrato in precedenza (§3.2.2).<br />

3.2.6 METODO DI THOM<br />

Le ipotesi <strong>di</strong> base sono quin<strong>di</strong> analoghe a quelle <strong>di</strong> Martinelli e Nelson e pertanto si ha un<br />

modello a fasi separate. Le ipotesi <strong>di</strong> base sono quin<strong>di</strong> analoghe a quelle <strong>di</strong> Martinelli e Nelson e<br />

pertanto si ha un modello a fasi separate.<br />

E‟ il metodo semiempirico più recente e si basa su una serie <strong>di</strong> esperienze effettuate negli USA<br />

negli anni cinquanta su miscele <strong>di</strong> acqua e vapore con pressioni variabili da 1 a 210 bar e titolo in<br />

uscita variabile da 3 al 100%.<br />

Il flusso termico è stato mantenuto uniforme (ipotesi fondamentale) lungo la superficie laterale<br />

del condotto. Il titolo iniziale è sempre pari a zero.<br />

Il metodo <strong>di</strong> Thom permette <strong>di</strong> calcolare tutti e tre i termini (slip, gravimetrico e attrito) per la<br />

caduta totale <strong>di</strong> pressione me<strong>di</strong>ante abachi sperimentali.<br />

Analogamente a quanto visto in precedenza si ha ancora la definizione del fattore M:<br />

p2<br />

Fa<br />

M p<br />

anche se le curve sono <strong>di</strong>verse da quelle <strong>di</strong> Figura 158. Le nuove curve sono riportate in Figura<br />

161.<br />

Le curve hanno andamento simile e convergono in corrispondenza della pressione critica<br />

dell‟acqua. Si osservi ancora che Thom tiene conto dell‟influenza dello scorrimento fra le due fase<br />

mentre Martinelli e Nelson non ne tenevano conto.<br />

Le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> slip si definiscono me<strong>di</strong>ante la relazione:<br />

2<br />

m<br />

pslip<br />

R ' v<br />

2 l<br />

S<br />

e quin<strong>di</strong> la formulazione è <strong>di</strong>versa da quella <strong>di</strong> Martinelli e Nelson anche per la presenza del<br />

<strong>volume</strong> specifico del liquido, v l . Il coefficiente R’ è riportato nell‟abaco <strong>di</strong> Figura 162 per vari titoli <strong>di</strong><br />

uscita e per varie pressioni <strong>di</strong> ingresso.<br />

Infine le per<strong>di</strong>te gravimetriche sono calcolate me<strong>di</strong>ante la relazione:<br />

vusc.<br />

dz 1<br />

pgrav.<br />

L<br />

ving<br />

. v v<br />

Il coefficiente è dato dall‟abaco <strong>di</strong> Figura 163 per titoli <strong>di</strong> uscita e pressione <strong>di</strong> ingresso<br />

variabili.<br />

La per<strong>di</strong>ta totale <strong>di</strong> pressione nel tubo bollitore con titolo iniziale nullo è data da:<br />

28 Il CISE (Centro Italiano Stu<strong>di</strong> Elettricità) si è occupato <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> nucleari proponendo, negli anni sessanta, un<br />

tipo <strong>di</strong> reattore prova elementi combustibili denominato CIRENE (CIse REattore Nebbia) caratterizzato dal moto a nebbia<br />

all‟interno dei canali <strong>di</strong> refrigerazione.<br />

29 L‟invecchiamento del condotto porta al deposito <strong>di</strong> materiali (incrostazioni) e all‟incremento delle asperità<br />

interne.<br />

1Fla<br />

l


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

146<br />

2<br />

m L<br />

p p p p R ' v M p<br />

tot 2 l 1Fla<br />

S v<br />

Slip Gravimetrico Attrito<br />

l<br />

Thom estende il suo metodo semiempirico anche al caso in cui non ci sia somministrazione <strong>di</strong><br />

calore: in questo caso restano le formulazioni precedenti ma il termine <strong>di</strong> attrito va calcolato<br />

utilizzando l‟abaco <strong>di</strong> Figura 164 anziché quello <strong>di</strong> Figura 161.<br />

Gli altri coefficienti restano invariati.<br />

Per con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> ingresso <strong>di</strong>verse dal titolo nullo, come illustrato in Figura 159, si procede allo<br />

stesso modo già visto per Martinelli e Nelson utilizzando un condotto fittizio tale che per esso il titolo<br />

vari da x=0 ad x=x 1 .<br />

Osservazioni sul metodo <strong>di</strong> Thom<br />

Rispetto al metodo <strong>di</strong> Martinelli e Nelson questo metodo presenta errori minimi rispetto ai dati<br />

sperimentali.<br />

Figura 161: Abaco <strong>di</strong> Thom per M


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

147<br />

Figura 162: Abaco <strong>di</strong> Thom per R


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

148<br />

Figura 163: Abaco <strong>di</strong> Thom per <br />

E‟ approssimato in eccesso quando le portate specifiche sono inferiori a 230 g/(cm².s).<br />

Il metodo è approssimato in <strong>di</strong>fetto per portate specifiche elevate, cioè > 230 g/(cm².s).<br />

Il metodo <strong>di</strong> Martinelli e Nelson presenta sempre valori stimati in eccesso rispetto ai dati<br />

sperimentali e l‟errore si riduce allorquando il titolo <strong>di</strong> uscita si avvicina al 100%.<br />

3.2.7 METODO DI CHENOVETH, MARTIN, LESTER<br />

Si tratta ancora <strong>di</strong> un metodo semiempirico <strong>di</strong> rapida applicazione per la progettazione <strong>di</strong><br />

<strong>impianti</strong> industriali. La sua vali<strong>di</strong>tà si ha per <strong>di</strong>ametri dei condotti > 2” (quin<strong>di</strong> tubi bollitori <strong>di</strong> caldaie<br />

e/o generatori <strong>di</strong> vapore) con miscela bifasica acqua – aria o acqua – vapore.<br />

Analogamente ai due meto<strong>di</strong> precedenti, si definisce il fattore M:<br />

p2<br />

Fa<br />

M p<br />

con M dati in Figura 165, ove le curve sono in funzione del rapporto fra le cadute <strong>di</strong> pressione<br />

per attrito nella sola fase vapore rispetto a quelle analoghe della fase liquida:<br />

p1<br />

Fva<br />

<br />

p1<br />

Fla<br />

Nel calcolare questo rapporto si immagina <strong>di</strong> calcolare le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione per attrito prima il<br />

condotto con solo vapore <strong>di</strong> portata pari a quella totale e poi <strong>di</strong> solo liquido con analoga portata<br />

totale. In ascisse si ha la frazione <strong>di</strong> sezione occupata dal liquido, 1-, essendo la frazione <strong>di</strong> vuoto<br />

definita dal rapporto fra l‟area occupata dal vapore rispetto all‟area totale della sezione del condotto:<br />

1Fla


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

149<br />

<br />

Questo metodo non è molto in<strong>di</strong>cato per basse pressioni.<br />

S v<br />

S<br />

Figura 164: Abaco <strong>di</strong> Thom per M per condotto senza flusso termico


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

150<br />

3.3 STABILITÀ DEI TUBI BOLLITORI<br />

Figura 165: fattore M per C-M-L<br />

Negli <strong>impianti</strong> industriali (caldaie, generatori <strong>di</strong> vapore, reattori chimici, ….) riveste grande<br />

importanza la stabilità e la sicurezza dei tubi bollitori all‟interno dei quali si hanno i cambiamenti <strong>di</strong><br />

stato dell‟acqua (come <strong>di</strong> qualunque altra sostanza). I fenomeni che possono avvenire all‟interno dei<br />

tubi bollitori sono molteplici in funzione del flusso termico, delle proprietà termofisiche del fluido e<br />

della topologia dell‟impianto.<br />

3.3.1 TUBO BOLLITORE ORIZZONTALE<br />

Si supponga inizialmente che il tubo bollitore sia orizzontale e a sezione costante, che sia nota la<br />

pressione <strong>di</strong> sbocco, p 2 , e che sia uniforme e costante il flusso termico lungo le pareti. Quando non c‟è<br />

ebollizione a velocità elevate il numero <strong>di</strong> Reynolds varia poco con il variare della portata ponderale<br />

poiché alle <strong>di</strong>minuzioni <strong>di</strong> portata corrisponde, a parità <strong>di</strong> flusso termico, un incremento <strong>di</strong><br />

temperatura del fluido secondo la relazione:<br />

Q<br />

e<br />

ct<br />

f<br />

t<br />

p<br />

m <br />

essendo t f la temperatura del fluido e t p la temperatura della parete.<br />

Pertanto la viscosità <strong>di</strong>minuisce ed essendo:<br />

4<br />

Re m d m<br />

K<br />

2<br />

d <br />

si può ritenere che il rapporto m si mantenga sensibilmente costante. Viceversa avviene se la<br />

portata ponderale cresce poiché si avrebbe una <strong>di</strong>minuzione del salto termico ed un incremento della<br />

viscosità <strong>di</strong>namica.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

151<br />

La caduta <strong>di</strong> pressione nel condotto, nell‟ipotesi <strong>di</strong> assenza <strong>di</strong> ebollizione e quin<strong>di</strong> con flusso<br />

monofase, è data dalla solita relazione:<br />

2<br />

Lm<br />

p<br />

v<br />

2<br />

d 2S<br />

ove per la relazione <strong>di</strong> Weissbach si ha:<br />

0.184Re<br />

che varia poco essendo Re sensibilmente costante, come sopra illustrato.<br />

Ne segue che possiamo scrivere, raggruppando i termini:<br />

2<br />

p p p K m<br />

0.2<br />

1 2 1<br />

2<br />

2<br />

che, in coor<strong>di</strong>nate (p, m ), ve<strong>di</strong> Figura 166 ove in ascisse si ha m , è una retta passante per<br />

l‟origine e coefficiente angolare K 1 .(retta OR).<br />

Un <strong>di</strong>agramma più preciso potrebbe essere tracciato per punti calcolando le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione<br />

effettive.<br />

La retta OR rappresenta le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> funzionamento fino alla portata m<br />

B<br />

in cui inizia<br />

l‟ebollizione sottoraffreddata (ve<strong>di</strong> capitolo dell‟Ebollizione).<br />

Al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> questa portata si hanno per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione crescenti (si ricor<strong>di</strong> che le per<strong>di</strong>te<br />

bifase sono sempre maggiori <strong>di</strong> quelle monofasi) al <strong>di</strong>minuire della portata <strong>di</strong> massa anche perché, a<br />

pari flusso termico, cresce il titolo <strong>di</strong> vapore presente.<br />

Allo sbocco abbiamo:<br />

Q e<br />

rx<br />

m <br />

ove x 2 è il titolo finale della miscela.<br />

Si ha, quin<strong>di</strong>, la curva BH <strong>di</strong> Figura 166 che si raccorda con continuità con la OR in quanto<br />

l‟ebollizione non si presenta contemporaneamente e nella stessa forma in tutte le sezioni del condotto.<br />

In corrispondenza ad un titolo x=0250,30 (a seconda dei casi), punto V della figura, si ha il<br />

massimo della caduta <strong>di</strong> pressione p1 v<br />

p2<br />

pv. Se la portata decresce ulteriormente allora p 1<br />

<strong>di</strong>minuisce fino al punto S (dove si ha x=1) dove si ha la scomparsa del liquido allo sbocco.<br />

Una ulteriore <strong>di</strong>minuzione della portata comporta il surriscaldamento del vapore (si è quin<strong>di</strong> in<br />

regime nuovamente monofase ma <strong>di</strong> vapore e non più <strong>di</strong> liquido) con andamento lineare con una<br />

nuova K 2 . In realtà giunti nel punto Z si ha la bruciatura (burn out) del tubo bollitore. Si osservi che ci<br />

si può spingere fino al punto Z solo se il flusso termico specifico (cioè per unità <strong>di</strong> superficie) è basso.<br />

Con i valori correnti dei flussi termici si ha la bruciatura molto prima <strong>di</strong> arrivare ad S, più precisamente<br />

per x = 0.70.8. Se il flusso termico è particolarmente elevato si può avere la bruciatura del tubo<br />

bollitore già durante l‟ebollizione sottoraffreddata. La Figura 166 raffigura la cosiddetta instabilità <strong>di</strong><br />

Le<strong>di</strong>negg.<br />

3.3.2 PUNTO DI LAVORO DEL TUBO BOLLITORE<br />

Supponiamo <strong>di</strong> avere la pressione iniziale p 1 =p R , come in<strong>di</strong>cato in Figura 166, ed introduciamo<br />

all‟ingresso del condotto una resistenza localizzata (ad esempio un ugello) tale che si abbia una caduta<br />

<strong>di</strong> pressione data da:<br />

2 2<br />

r w m v 2<br />

p r<br />

r r ' m<br />

2<br />

v 2 2S<br />

<br />

con r’ funzione della resistenza adottata. In figura si ha la rappresentazione della caduta <strong>di</strong><br />

pressione con la retta p 1R D formante con la p 1R R (orizzontale) un angolo tale che sia tag()=r’.<br />

Il significato fisico <strong>di</strong> queste rette appare evidente se si considera che per ogni valore della<br />

portata <strong>di</strong> massa m si hanno segmenti intercetti fra esse che rappresentano le cadute <strong>di</strong> pressione p r<br />

nella resistenza localizzata.<br />

2


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

152<br />

p<br />

p 1B<br />

Vapore surriscaldato Liquido + Vapore Liquido<br />

p 1K<br />

R''<br />

p 1V<br />

V<br />

H<br />

S<br />

K'<br />

p 1H'<br />

R' N''<br />

Z<br />

p<br />

1R<br />

N<br />

B<br />

M'<br />

M<br />

R<br />

D<br />

D'<br />

p<br />

2<br />

0<br />

m B<br />

m<br />

M<br />

m<br />

R<br />

m<br />

D''<br />

Figura 166: Andamento delle pressioni al variare della portata<br />

I punti M ed N rappresentano punti <strong>di</strong> funzionamento in presenza dell‟ugello quando<br />

all‟imbocco è applicata una pressione p=1R , così come i punti R, R‟ rappresentano punti possibili <strong>di</strong><br />

funzionamento in assenza dell‟ugello. In corrispondenza dei predetti punti, infatti, la somma della<br />

caduta <strong>di</strong> pressione nell‟ugello p r e nel tubo bollitore eguaglia la caduta <strong>di</strong> pressione totale p 1R –p 2 .<br />

I punti come R ed M sono punti <strong>di</strong> funzionamento stabile: infatti se per ragioni accidentali la<br />

portata aumenta o <strong>di</strong>minuisce si ha, rispettivamente, un <strong>di</strong>fetto o un eccesso <strong>di</strong> pressione motrice che<br />

tende a ripristinare le con<strong>di</strong>zioni primitive.<br />

Non si può <strong>di</strong>re lo stesso <strong>di</strong> R‟ ed N‟: infatti un aumento accidentale <strong>di</strong> portata provoca un salto<br />

repentino in R o in M (rispettivamente) mentre una <strong>di</strong>minuzione <strong>di</strong> portata tende ad esaltarsi portando<br />

il condotto alla bruciatura.<br />

Se si sceglie come pressione <strong>di</strong> imbocco p 1K si può ottenere il funzionamento nel punto R con<br />

l‟introduzione <strong>di</strong> una resistenza tale che sia:<br />

p1K<br />

p1R<br />

r ' tag<br />

' <br />

2<br />

m<br />

Per questo valore tracciamo la retta p 1K R tale che sia:<br />

R R"<br />

p<br />

K<br />

p<br />

tag<br />

' r ' <br />

2 2<br />

m R m<br />

1 1R<br />

Questa retta incontra la curva delle pressioni, oltre che in R, anche in K e K‟. Di questi punti<br />

solo R e K sono relativi ad un funzionamento stabile mentre K‟ è instabile e si salta in R o in K.<br />

Quin<strong>di</strong> con la scelta della pressione p 1R per la pressione <strong>di</strong> imbocco una eventuale instabilità si ferma<br />

in K e pertanto, se la bruciatura avviene oltre questo punto, si può evitare il danno al tubo bollitore.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

153<br />

Quando il funzionamento nel punto R è ottenuto con la pressione p 1R si è garantiti contro<br />

eventuali bruciature per ostruzioni accidentali aventi:<br />

RD '<br />

r ' <br />

2<br />

m<br />

mentre con la pressione p 1K questo valore <strong>di</strong>viene più elevato, fino a:<br />

R" D"<br />

r ' <br />

2<br />

m<br />

La pressione p 1K presenta anche il vantaggio che, in caso <strong>di</strong> ostruzioni che portino il<br />

funzionamento nella curva VS, si ha ancora un funzionamento stabile e la bruciatura può essere<br />

evitata con maggiore facilità se si <strong>di</strong>spone <strong>di</strong> un apparecchio <strong>di</strong> allarme acustico. La scelta della<br />

pressione p‟ 1H sulla tangente da R al punto H, oltre a migliorare le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> sicurezza<br />

precedentemente citati (con riferimento alle ostruzioni accidentali) permette un ritorno automatico<br />

delle con<strong>di</strong>zioni dell‟arco ZSH al punto R. Questo non è possibile con pressioni minore <strong>di</strong> p 1V ; infatti<br />

dalla Figura 166 si osserva che se:p 1 < p 1V per il ritorno dell‟arco SV ed R non basta regolare la<br />

resistenza <strong>di</strong> imbocco ma occorre ridurre anche la potenza termica fornita in modo da avere una<br />

<strong>di</strong>minuzione <strong>di</strong> p 1max (in corrispondenza <strong>di</strong> V). La scelta <strong>di</strong> una pressione <strong>di</strong> imbocco più elevata <strong>di</strong> p 1B<br />

consente il funzionamento in tutte le con<strong>di</strong>zioni me<strong>di</strong>ante l‟introduzione <strong>di</strong> resistenza variabili<br />

(saracinesche <strong>di</strong> regolazione); si possono, infatti, intersecare con la retta <strong>di</strong> carico tutti i punti della<br />

curva del tubo bollitore ed avere un funzionamento stabile. In definitiva, la scelta della pressione a<br />

monte <strong>di</strong> un tubo bollitore va fatta oculatamente in base al grado <strong>di</strong> sicurezza che si desidera ottenere.<br />

Il raggiungimento <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> optimum comporta la necessità <strong>di</strong> scegliere pressioni<br />

piuttosto elevate, introducendo all‟ingresso del condotto resistenze concentrate (ugelli, saracinesche,<br />

…).<br />

Queste resistenze proteggono il tubo bollitore (che <strong>di</strong> solito funziona in parallelo ad altri tubi)<br />

dato che variazioni accidentali della portata nominale hanno minore peso. L‟introduzione <strong>di</strong> ugelli allo<br />

sbocco (anziché all‟imbocco) esercita una protezione, nel senso che fa crescere la pressione a monte.<br />

In questo caso l‟ebollizione inizia a temperature più elevate e quin<strong>di</strong> per portate minori. Tuttavia, se<br />

l‟ebollizione inizia allora le con<strong>di</strong>zioni risultano aggravate. L‟ugello posto all‟imbocco è sempre<br />

attraversato da solo liquido mentre se è posto allo sbocco è attraversato da una miscela <strong>di</strong> liquido e<br />

vapore e quin<strong>di</strong> producendo una resistenza maggiore. La portata, per conseguenza, <strong>di</strong>minuisce<br />

rapidamente e la bruciatura del condotto viene facilitata.<br />

R<br />

R<br />

<br />

<br />

3.3.3 TUBO BOLLITORE VERTICALE<br />

Lo stu<strong>di</strong>o dei tubi bollitori verticali è più complesso <strong>di</strong> quello prima mostrato <strong>di</strong> tubi orizzontali.<br />

Per questi condotti si possono avere due casi:<br />

Moto del fluido dal basso verso l‟alto: in questo caso si hanno con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> stabilità maggiori<br />

rispetto ai tubi orizzontali;<br />

Moto del fluido dall‟alto verso il basso: le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> sicurezza <strong>di</strong>minuiscono rispetto al caso<br />

<strong>di</strong> condotto orizzontale.<br />

3.3.4 CALCOLO DELLA PORTATA DI INIZIO E FINE EBOLLIZIONE<br />

Ai fini dell‟analisi della stabilità e sicurezza <strong>di</strong> un tubo bollitore è necessario conoscere le portate<br />

<strong>di</strong> inizio e fine ebollizione. Si abbia, quin<strong>di</strong>, un condotto sottoposto a flusso termico Q e esterno<br />

(supposto costante ed uniforme). Il fluido entra alla temperatura t i con entalpia h l1 e ad una pressione p<br />

che possiamo ritenere costante. Il calore necessario per avere l‟ebollizione è pari a:<br />

q h h<br />

el<br />

,2 l2 l1<br />

x0<br />

ove h l2 è l‟entalpia del fluido in ebollizione alla pressione p e q e il flusso specifico (J/kg) da fornire<br />

al fluido. Noto il flusso totale esterno Q e e la portata totale <strong>di</strong> massa si calcola:


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

154<br />

q<br />

el<br />

,2<br />

Qe<br />

<br />

m<br />

Si può anche scrivere, per la portata totale e il flusso termico totale, la relazione globale <strong>di</strong><br />

bilancio:<br />

m Qe<br />

i<br />

h h<br />

l2 l1<br />

essendo mi<br />

la portata <strong>di</strong> massa <strong>di</strong> inizio ebollizione.<br />

Supponendo costante la pressione 30 p del condotto, alla fine dell‟ebollizione l‟entalpia del vapore<br />

saturo vale:<br />

h h r<br />

v2 l2 2<br />

essendo r 2 il calore latente <strong>di</strong> vaporizzazione alla pressione considerata. Il flusso specifico vale:<br />

q h h h r h<br />

e deve aversi:<br />

ove<br />

l2 v2 l1 l2 2 l1<br />

x1<br />

Q<br />

hl<br />

r<br />

2 2<br />

hl<br />

<br />

1<br />

m<br />

m<br />

f<br />

è la portata specifica <strong>di</strong> fine ebollizione. Risulta, pertanto:<br />

Qe<br />

m<br />

f<br />

<br />

h r h<br />

e<br />

l2 2 l1<br />

Le cadute <strong>di</strong> pressione per portate <strong>di</strong> massa inferiori a quella <strong>di</strong> inizio ebollizione,<br />

calcolano con le solite relazioni per flusso monofase (Weissbach):<br />

2 2<br />

L w L m<br />

p v<br />

2<br />

d 2v d 2S<br />

f<br />

m<br />

i<br />

, si<br />

0.2<br />

Per il calcolo <strong>di</strong> si utilizza la solita correlazione per tubi lisci 0.184Re . Allorquando ha<br />

inizio l‟ebollizione la caduta <strong>di</strong> pressione va calcolata con uno dei meto<strong>di</strong> prima esposti per le per<strong>di</strong>te<br />

<strong>di</strong> pressione in moto bifase, ad esempio con il metodo <strong>di</strong> Thom.<br />

Il titolo <strong>di</strong> vapore in uscita dal tubo bollitore si calcola me<strong>di</strong>ante la già citata equazione<br />

dell‟energia:<br />

2<br />

w <br />

qe l<br />

<br />

,2 1,2 h gz <br />

2 <br />

Ponendo x 1 =0 e trascurando il contributo dei termini meccanici (cinetico e gravimetrico) si può<br />

scrivere:<br />

ovvero anche:<br />

q<br />

r x<br />

e 1,2 2 2<br />

Qe<br />

rx<br />

m <br />

Da questa relazione si calcola il titolo in uscita x 2 al variare <strong>di</strong> m . Noto x 2 si calcola la caduta<br />

totale <strong>di</strong> pressione:<br />

2 2<br />

30 Si ricor<strong>di</strong> che le cadute <strong>di</strong> pressione sono sempre mantenute basse per evitare gran<strong>di</strong> potenze <strong>di</strong> pompaggio per<br />

il moto del fluido nel condotto considerato.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

155<br />

2<br />

m L<br />

p1,2 p2 Fa<br />

pslip pgrav Mp1,2 R v<br />

1Fla<br />

2 l<br />

<br />

2<br />

S v<br />

con M, R e calcolati con gli abachi <strong>di</strong> Thom 31 .<br />

Va osservato, infine, che la portata allo sbocco non può variare a piacere dovendo essere<br />

sempre inferiore alla velocità massima (per tubi a sezione costante) pari a quella del suono, come si è<br />

visto per il moto dei flui<strong>di</strong> comprimibili.<br />

3.3.5 EFFETTI DELLA VARIAZIONE DI DENSITÀ NEL MOTO DEI FLUIDI IN CONDOTTI<br />

VERTICALI<br />

All‟interno dei tubi bollitori o dei canali <strong>di</strong> refrigerazione degli <strong>impianti</strong> nucleari o <strong>di</strong> reattori<br />

chimici si ha moto <strong>di</strong> fluido con cambiamento <strong>di</strong> densità, dovuta alle variazioni <strong>di</strong> temperatura lungo il<br />

condotto, che possono produrre problemi <strong>di</strong> instabilità se non adeguatamente controllati.<br />

Ambiamo già trovato l‟equazione A) che qui si ripete riscrivendo <strong>di</strong>versamente il termine<br />

cinetico:<br />

2<br />

wdw 1 m dL<br />

dp dz <br />

vdl m<br />

2<br />

v d 2S v<br />

Integrando questa equazione fra le sezioni 1 e 2 (ingresso e uscita) e trascurando il termine<br />

dovuto al lavoro positivo del circolatore si ha:<br />

2 wdw 2 2 dR<br />

p1 p2<br />

dz<br />

1<br />

v<br />

<br />

1 1<br />

v<br />

In questa equazione occorre osservare che, per condotti a sezione costante, la variazione <strong>di</strong><br />

<strong>volume</strong> specifico è <strong>di</strong> solito piccola e quin<strong>di</strong> le variazioni <strong>di</strong> velocità sono parimenti piccole e pertanto<br />

il termine cinetico apporta contributi trascurabili.<br />

Nel termine gravimetrici il peso specifico varia con la temperatura secondo la legge:<br />

11 tt1<br />

con coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>latazione cubica (o <strong>di</strong> espansione isobaro già visto in Termo<strong>di</strong>namica) e t<br />

la temperatura corrente. La stessa relazione vale per la variazione della densità con la temperatura.<br />

Per sal<strong>di</strong> termici piccoli si può ritenere parimenti piccola la variazione <strong>di</strong> densità e pertanto si<br />

può utilizzare il suo valore me<strong>di</strong>o, , fra le due sezioni considerate e quin<strong>di</strong> la caduta totale <strong>di</strong><br />

pressione <strong>di</strong>viene:<br />

2<br />

<br />

p p R z z t t dz<br />

1 2 1,2 1 2 1 1 1<br />

1<br />

Sempre supponendo piccole variazioni dei parametri termofisici e linearizzando le variazioni<br />

con l‟altezza, possiamo ancora scrivere:<br />

2<br />

L m z2 z1<br />

Q<br />

p1 p2 1 z1 z2 e<br />

2 1<br />

d 2S 2 cm<br />

ove si è tenuto conto che è Q c mt t <br />

e<br />

.<br />

2 1<br />

L‟ultimo termine (negativo) rappresenta l‟alleggerimento termico (thermal buoyancy) della colonna<br />

<strong>di</strong> fluido dovuto al riscaldamento subito ed è quello che determina il movimento del fluido nei casi <strong>di</strong><br />

circolazione naturale 32 .<br />

<br />

l2<br />

31 E‟ ovvio che lo stesso <strong>di</strong>scorso vale per l‟applicazione del metodo <strong>di</strong> Martinelli e Nelson ove, però, le per<strong>di</strong>te<br />

gravimetriche debbono essere stimate separatamente.<br />

32 La circolazione naturale non è quasi mai utilizzata <strong>di</strong>rettamente per il moto dei flui<strong>di</strong> negli <strong>impianti</strong> ma<br />

rappresenta sempre un elemento <strong>di</strong> sicurezza da considerare quando viene meno la potenza motrice della pompa. Se il<br />

fluido può ancora circolare esso può trasportare calore e quin<strong>di</strong> mantenere la temperatura del canale sotto controllo. In un


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

156<br />

La precedente equazione può essere così schematizzata:<br />

1.8 B<br />

p1 p2 m<br />

Z Am <br />

(movimento verso l'alto)<br />

m<br />

p p Z Am<br />

B<br />

m<br />

1.8<br />

1 2 m<br />

<br />

(movimento verso il basso)<br />

ove A e B sono costanti <strong>di</strong> raggruppamento positive. Gli in<strong>di</strong>ci 1 e 2 si riferiscono sempre<br />

all‟imbocco e allo sbocco, qualunque sia l‟orientamento del condotto.<br />

0.2<br />

Si è anche supposto, secondo la relazione <strong>di</strong> Weissbach per tubi lisci, che sia Km ed<br />

inoltre si è supposto K / in<strong>di</strong>pendente dalla portata e pari al suo valore me<strong>di</strong>o fra le due sezioni<br />

considerate.<br />

In Figura 167 si ha la rappresentazione grafica della caduta totale <strong>di</strong> pressione sia per moto<br />

verso l‟alto che per moto verso il basso. In essa sono riportati anche gli andamenti dei singoli termini,<br />

B<br />

m , 1.8<br />

Am , Z per i due casi, secondo le precedenti equazioni.<br />

Nella figura la portata m è posta in relazione con p – Z per il moto verso l‟alto e con p + Z<br />

per il moto verso il basso. Le curve in neretto rappresentano le combinazioni dei termini, come <strong>di</strong>anzi<br />

specificato. Al crescere della potenza ceduta al fluido la curva complessiva si sposta verso destra,<br />

allontanandosi da quella segnata.<br />

Si osservi che le due curve (moto verso l‟alto e moto verso il basso) si raccordano, per<br />

continuità, nel modo segnato a tratto punteggiato in figura.<br />

Quando la potenza cresce il termine<br />

1.8<br />

Am varia poco mentre cambia molto B m essendo B <br />

Q e .<br />

Le curve reali si arrestano in corrispondenza dei punti X nei quali ha inizio l‟ebollizione.<br />

A pieno carico, cioè per il massimo valore <strong>di</strong> Q e , l‟ebollizione inizia, come si intuisce,a valori più<br />

alti della portata essendo l‟aumento <strong>di</strong> temperatura dato (per quanto detto in precedenza) dalla<br />

relazione:<br />

t<br />

2 1<br />

Q e<br />

t<br />

<br />

cm<br />

Pertanto quando ci si trova nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> fluido lavorante in caldaia o in un reattore<br />

nucleare a potenza ridotta occorre fare in modo che il salto <strong>di</strong> temperatura dello stesso fluido sia il più<br />

possibile costante e pari al valore <strong>di</strong> regime precedente. Ciò si ottiene riducendo la portata m in modo<br />

proporzionale al calore Q e .<br />

Riducendo la portata m ci si porta in corrispondenza del punto M o del punto N (a seconda del<br />

verso del fluido) <strong>di</strong> Figura 167.<br />

Il movimento in corrispondenza <strong>di</strong> questi punti è stabile: infatti, se per qualsivoglia ragione la<br />

portata m cresce o <strong>di</strong>minuisce il punto <strong>di</strong> lavoro si sposta a destra o a sinistra e si determina un<br />

<strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> pressione motrice che tende a ripristinare le con<strong>di</strong>zioni iniziali.<br />

Lo stesso succede a sinistra del punto B. A destra <strong>di</strong> B si ha, invece, instabilità e si tende verso la<br />

con<strong>di</strong>zione del punto X <strong>di</strong> inizio ebollizione e quin<strong>di</strong> verso le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> burn out del condotto.<br />

Anche per il tratto MB le con<strong>di</strong>zioni operative non sono buone perché un aumento accidentale<br />

della resistenza può provocare, con relativa facilità, un salto nel tratto BX della curva.<br />

Tutte le circostanze sopra in<strong>di</strong>cate debbono essere tenute in conto quando si progetta un tubo<br />

bollitore o un qualunque sistema nel quale il fluido lavorante funga da refrigerante per il sistema.<br />

In definitiva, in base a quanto detto, il moto verso l‟alto risulta sempre stabile.<br />

impianto nucleare o in un reattore chimico o in un generatore <strong>di</strong> vapore l‟arresto del fluido all‟interno dei canali può<br />

portare facilmente a scoppi estremamente pericolosi e <strong>di</strong>struttivi.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

157<br />

Tuttavia spesso si preferisce il moto verso il basso per avere <strong>di</strong> migliori con<strong>di</strong>zioni operative ai<br />

fini della protezione in caso <strong>di</strong> incidenti 33 .<br />

Figura 167: Caduta totale <strong>di</strong> pressione<br />

3.3.6 PROGETTO DEI CONDOTTI<br />

Si tenga sempre presente che l‟inizio dell‟ebollizione porta sempre ad avere maggiori per<strong>di</strong>te <strong>di</strong><br />

pressione e quin<strong>di</strong> aumenti consistenti della resistenza al movimento che facilitano le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

burn out del condotto e pertanto occorre intervenire opportunamente per evitare che queste con<strong>di</strong>zioni<br />

si raggiungano. Quando i tubi bollitori sono posti in parallelo (nei generatori termici e nei reattori<br />

nucleari si utilizza spesso questa configurazione) allora le con<strong>di</strong>zioni operative <strong>di</strong>vengono più critiche<br />

poiché l‟aumento della resistenza in un condotto porta ad avere una nuova ri<strong>di</strong>stribuzione della<br />

portata negli altri condotti e quin<strong>di</strong> si ha una variazione rispetto alle con<strong>di</strong>zioni nominali <strong>di</strong> lavoro.<br />

Se si osserva la relazione precedentemente ottenuta:<br />

2<br />

L m z2 z1<br />

Q<br />

p1 p2 1 z1 z2 e<br />

2 1<br />

d 2S 2 cm<br />

33 Negli <strong>impianti</strong> nucleari, ad esempio, il moto verso il basso consente <strong>di</strong> contenere nella zona inferiore<br />

dell‟impianto il fluido caldo e ra<strong>di</strong>oattivo.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

158<br />

si può <strong>di</strong>re che il sistema prima dell‟ebollizione risulta tanto più stabile quanto più il termine<br />

z2 z1<br />

Q<br />

relativo alla variazione della densità, <br />

e<br />

1<br />

, risulta piccolo rispetto a quello delle per<strong>di</strong>te per<br />

2 cm<br />

2<br />

L m<br />

attrito, .<br />

2<br />

d 2S<br />

Cadute <strong>di</strong> pressione molto maggiori delle variazioni <strong>di</strong> densità<br />

Se quest‟ultimo è relativamente grande allora la progettazione <strong>di</strong> condotti in parallelo può essere<br />

effettuata con i meto<strong>di</strong> visti in precedenza per i condotti in serie e in parallelo.<br />

Cadute <strong>di</strong> pressione piccole rispetto alle variazioni <strong>di</strong> densità<br />

Se il termine <strong>di</strong> variazione della densità prevale su quelle delle per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> attrito allora si possono<br />

avere con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> instabilità e si procede iterativamente nella progettazione. In pratica si scelgono le<br />

pressioni <strong>di</strong> imbocco, p 1 , e <strong>di</strong> sbocco, p 2 , ed i <strong>di</strong>ametri dei condotti. Si calcolano le portate mi<br />

dei<br />

singoli condotti utilizzando la relazione precedente e quin<strong>di</strong> si calcola la portata totale m mi<br />

. Se<br />

la portata totale m è inferiore a quella desiderata si mo<strong>di</strong>ficano alcuni parametri <strong>di</strong> progetto e si ripete<br />

il calcolo fino al raggiungimento delle con<strong>di</strong>zioni finali volute. Si osservi che è sempre necessario<br />

verificare, oltre alle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> moto, anche quelle <strong>di</strong> congruenza relative alla trasmissione del calore<br />

e cioè che la superficie totale dei condotti sia tale da assicurare lo smaltimento del calore Q e e cioè:<br />

Caso <strong>di</strong> circolazione naturale<br />

<br />

Q K S t<br />

e i<br />

1 N i i i<br />

Spesso si desidera avere una circolazione del fluido <strong>di</strong> tipo naturale 34 allora la driving force è<br />

proprio dovuta alla variazione <strong>di</strong> densità che è in <strong>di</strong>retta proporzione al calore ricevuto.<br />

Pertanto la velocità <strong>di</strong> regime nei condotti cresce se cresce la potenza termica ceduta e ciò<br />

provoca una sorta <strong>di</strong> uniformazione delle velocità nei condotti che riduce le tensioni termiche fra le<br />

varie zone dell‟impianto. La circolazione naturale avviene usualmente con basse per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione e<br />

ciò porta ad avere <strong>di</strong>ametri <strong>di</strong> condotti superiori ai corrispondenti a circolazione forzata, come già<br />

visto in precedenza.<br />

1N<br />

34 In alcune zone degli <strong>impianti</strong> nucleari, ad esempio negli schermi ra<strong>di</strong>oattivi, si preferisce avere moto verso l‟alto<br />

a bassa velocità e con piccole cadute <strong>di</strong> pressione. Si osservi che le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> circolazione naturale sono sempre da<br />

prendere in considerazione per le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> emergenza. Una fermata delle pompe <strong>di</strong> circolazione, infatti, non può e<br />

non deve comportare il blocco del fluido all‟interno dei tubi bollitori perché ciò produrrebbe certamente un incidente: il<br />

calore fornito non sarebbe più trasportato via e quin<strong>di</strong> si hanno scoppi o altri <strong>di</strong>sastri. E‟ quanto avvenuto, ad esempio, nel<br />

reattore <strong>di</strong> Chernobil dove la fermata (forse volontaria) delle pompe <strong>di</strong> circolazione ha portato alla stagnazione del fluido<br />

refrigerante con conseguente surriscaldamento del nocciolo del reattore nucleare che è fuso.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

159<br />

4. RETI DI DISTRUZIONE DELL’ARIA COMPRESSA<br />

L‟aria compressa riveste notevole importanza in tutta l‟<strong>impianti</strong>stica sia come fluido <strong>di</strong> lavoro<br />

che come fluido ausiliario usato nelle apparecchiature <strong>di</strong> controllo pneumatiche.<br />

Si tralasciano qui le problematiche della produzione dell‟aria, proprie dei corsi <strong>di</strong> Macchine e <strong>di</strong><br />

Impianti Industriali.<br />

Il <strong>di</strong>mensionamento della rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione viene eseguito in base alle massime portate<br />

richieste dalle utenze.<br />

Figura 168: Abaco per il <strong>di</strong>mensionamento delle reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione dell’aria compressa<br />

La velocità dell‟aria viene mantenuta fra 10 20 m/s per evitare che gocce <strong>di</strong> condensa siano<br />

trasportate e che si verifichino sensibili colpi d‟ariete.<br />

La per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione (effetto <strong>di</strong> laminazione fluido<strong>di</strong>namico) comportano un raffreddamento<br />

dell‟aria con possibile formazione <strong>di</strong> condensa dell‟umi<strong>di</strong>tà dell‟aria.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

160<br />

Pertanto le linee sono poste in leggera pendenza (13 %) e nelle sezioni a quota minima si<br />

inseriscono opportuni scaricatori <strong>di</strong> condensa. Sempre per evitare il trascinamento <strong>di</strong> gocce <strong>di</strong><br />

condensa alle utenze, le prese dell‟aria compressa sono effettuate nella parte superiore del collettore<br />

principale e munite, nella parte terminale, ancora <strong>di</strong> scarichi della condensa. Il progetto della rete può<br />

seguire quanto detto per le altre reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione. L‟abaco che lega le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione, i<br />

<strong>di</strong>ametri e le portate è riportato in Figura 168 con un esempio d‟uso.<br />

Scaricatori <strong>di</strong> condensa<br />

Questi elementi hanno grande importanza per evitare grossi problemi alle utenze.<br />

Essi debbono anche essere opportunamente equilibrati in pressione me<strong>di</strong>ante tubi <strong>di</strong><br />

collegamento fra monte e valle, ve<strong>di</strong> Figura 169.<br />

La scelta degli scaricatori <strong>di</strong> condensa viene effettuata in base alla portata <strong>di</strong> condensa che si<br />

prevede nella rete, secondo i modelli forniti dalle case costruttrici.<br />

Separatori <strong>di</strong> liquido<br />

Lungo la rete si è già detto che si pongono gli scaricatori <strong>di</strong> condensa che hanno una sacca si<br />

raccolta in grado <strong>di</strong> eliminare l‟acqua che viene convogliata scorrendo sul fondo delle tubazioni ma<br />

non possono fare nulla per intercettare l‟acqua che scorre in sospensione, senza avere aderito alle<br />

pareti interne delle tubazioni.<br />

Per questo motivo si usano i separatori <strong>di</strong> liquido, installati a mente delle <strong>di</strong>ramazioni principali,<br />

ve<strong>di</strong> Figura 171.<br />

Il funzionamento si basa sulla separazione meccanica per urto delle particelle contro un setto<br />

poroso opportunamente collocato e <strong>di</strong>mensionato, nonché su un effetto <strong>di</strong> decantazione per il<br />

rallentamento al flusso dovuto all‟aumento della sezione, ve<strong>di</strong> Figura 172.<br />

Il separatore <strong>di</strong> liquido deve poi essere munito <strong>di</strong> scaricatore <strong>di</strong> condensa del tipo compatibile<br />

con la pressione <strong>di</strong> esercizio e con la quantità <strong>di</strong> condensa prevista.<br />

Figura 169: Scaricatori <strong>di</strong> condensa con equilibratura<br />

Figura 170: Portate degli scaricatori <strong>di</strong> condensa


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

161<br />

Figura 171: Installazione dei separatori <strong>di</strong> liquido<br />

Figura 172: Sezione <strong>di</strong> un separatore <strong>di</strong> liquido


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

162<br />

5. RETI PER LA DISTRIBUZIONE DEL VAPORE<br />

La <strong>di</strong>stribuzione del vapore, importantissima nei processi industriali e nell‟<strong>impianti</strong>stica in<br />

genere, deve essere effettuata con molta cura. Accade, infatti, che il vapore, per effetto degli scambi <strong>di</strong><br />

calore con l‟esterno attraverso le pareti, si raffred<strong>di</strong> e in parte condensi. Inoltre l‟utenza ciclica utilizza<br />

il vapore in uno scambiatore <strong>di</strong> calore dal quale esce sotto forma <strong>di</strong> condensato per essere<br />

nuovamente inviato nel generatore per la successiva vaporizzazione.<br />

E‟ necessario, quin<strong>di</strong>, prevedere accanto alle tubazioni principali <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione del vapore<br />

anche una seconda rete <strong>di</strong> raccolta condensa.<br />

La progettazione segue quanto già detto a proposito dell‟isolamento delle tubazioni e i singoli<br />

condotti vengono <strong>di</strong>mensionati con appositi abachi nei quali si tiene conto della pressione <strong>di</strong> esercizio,<br />

della velocità <strong>di</strong> trasporto (qualche decina <strong>di</strong> m/s) della portata e del <strong>di</strong>ametro dei tubi. Questi abachi<br />

sono un po‟ più complessi dei soliti visti per la <strong>di</strong>stribuzione dell‟acqua e dell‟aria proprio per gli effetti<br />

dovuti alla condensazione lungo il trasporto.<br />

Lungo la rete, nella condotta principale, occorre prevedere pozzetti <strong>di</strong> drenaggio e <strong>di</strong> scarico<br />

termico della condensa. Quest‟ultima risulta particolarmente pericolosa per la possibilità <strong>di</strong> colpi<br />

d‟ariete che ne possono derivare a causa delle velocità e pressioni elevate nelle reti <strong>di</strong> vapore.<br />

Separatori <strong>di</strong> condensa<br />

Il <strong>di</strong>mensionamento dei separatori <strong>di</strong> condensa viene effettuato tramite l‟abaco <strong>di</strong> Figura 173.<br />

Figura 173: Dimensionamento dei separatori <strong>di</strong> condensa per il vapore<br />

La loro installazione va eseguita con cura secondo lo schema <strong>di</strong> Figura 176 nella quale si<br />

consigliano le soluzioni:<br />

A) per bassa e me<strong>di</strong>a pressione<br />

B) per me<strong>di</strong>a pressione<br />

C) per me<strong>di</strong>a e alta pressione.<br />

I separatori <strong>di</strong> condensa debbono essere installati presso la presa della caldaia per eliminare la<br />

schiuma o proiezioni liquide provenienti da quest‟ultima. In oltre debbono essere installati in<br />

corrispondenza <strong>di</strong> ogni utenza per impe<strong>di</strong>re che nebbie o goccioline <strong>di</strong> condensazione incipiente che si<br />

formano nel vapore vengano trasmesse agli utilizzatori.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

163<br />

Figura 174: Abaco per il <strong>di</strong>mensionamento delle reti <strong>di</strong> vapore – 1° parte


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

164<br />

Figura 175: Abaco per il <strong>di</strong>mensionamento delle reti <strong>di</strong> vapore – 2° parte


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

165<br />

176.<br />

Figura 176: Installazione dei separatori <strong>di</strong> condensa per vapore<br />

Il separatore va sempre munito <strong>di</strong> uno scaricatore con relativo filtro, come in<strong>di</strong>cato in Figura<br />

Tubazioni per la condensa<br />

Le tubazioni per la condensa debbono essere opportunamente <strong>di</strong>mensionate me<strong>di</strong>ante l‟abaco <strong>di</strong><br />

Figura 177 nel quale si tiene conto della pressione <strong>di</strong> condensazione, della portata <strong>di</strong> condensa e del<br />

<strong>di</strong>ametro della tubazione.<br />

Esempio <strong>di</strong> installazione <strong>di</strong> una caldaia per produzione <strong>di</strong> vapore<br />

In Figura 179 si ha un esempio <strong>di</strong> corretta installazione <strong>di</strong> una caldaia per produzione <strong>di</strong> vapore.<br />

In essa sono visibili i collegamenti, la <strong>di</strong>sposizione dei filtri, delle valvole <strong>di</strong> intercettazione e del by<br />

pass <strong>di</strong> servizio, utile per la manutenzione dei <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> controllo<br />

Esempio <strong>di</strong> installazione <strong>di</strong> uno scambiatore <strong>di</strong> calore a vapore<br />

In Figura 179 si ha un esempio sulla corretta installazione <strong>di</strong> uno scambiatore <strong>di</strong> calore con<br />

fluido primario vapore. Questo schema rispecchia la normativa <strong>di</strong> sicurezza (Raccolta H, ex ANCC).


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

166<br />

Figura 177: Abaco per il <strong>di</strong>mensionamento delle tubazioni per la condensa


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

167<br />

Figura 178: Esempio <strong>di</strong> installazione <strong>di</strong> una caldaia per produzione <strong>di</strong> vapore<br />

Figura 179: Esempio <strong>di</strong> installazione <strong>di</strong> uno scambiatore <strong>di</strong> calore a vapore


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

168<br />

6. LA COGENERAZIONE<br />

Le ripetute crisi energetiche degli anni „settanta hanno svegliato l‟interesse verso la cogenerazione<br />

cioè la produzione combinata <strong>di</strong> energia meccanica o elettrica e <strong>di</strong> energia termica. I settori <strong>di</strong> interesse<br />

sono numerosi e variano dai trasporti, al riscaldamento ambientale, alla termovalorizzazione dei rifiuti<br />

soli<strong>di</strong> urbani e in genere a tutti gli usi civili ed industriali dell‟energia.<br />

L‟uso combinato <strong>di</strong> sistemi integrati per la produzione contemporanea <strong>di</strong> energia elettrica e<br />

termica partendo dalla stessa fonte primaria consente non solo <strong>di</strong> avere ren<strong>di</strong>menti complessivi elevati<br />

ma anche <strong>di</strong> ridurre il consumo <strong>di</strong> combustibili <strong>di</strong> tipo tra<strong>di</strong>zionali e quin<strong>di</strong> anche <strong>di</strong> ridurre le<br />

emissioni <strong>di</strong> CO 2 nell‟atmosfera. Quest‟ultimo effetto è quanto mai importante anche alla luce delle<br />

determinazioni della Conferenza Internazionale <strong>di</strong> Kyoto (1992) per la riduzione dell‟effetto serra.<br />

La con<strong>di</strong>zione probabilmente più importante ed impegnativa degli <strong>impianti</strong> cogenerativi è la<br />

simultaneità della richiesta energetica elettrica e termica che porta ad avere una utilizzazione degli<br />

<strong>impianti</strong> quasi costante ed ai massimi livelli. Per questo motivo la cogenerazione ha avuto interessanti<br />

sviluppi nel settore industriale, dove i carichi sono quasi sempre a regime costante, mentre ha stentato<br />

a farsi strada nel settore civile caratterizzati da una variabilità notevoli dei carichi sia termici che<br />

elettrici. Si pensi alla variabilità stagionali dei carichi: in inverno sono elevati quelli termici per il<br />

riscaldamento mentre in estate sono elevati quelli elettrici per il con<strong>di</strong>zionamento (compressori<br />

alimentati elettricamente). L‟uso <strong>di</strong> un frigorifero ad assorbimento potrebbe convertire l‟utenza<br />

elettrica estiva in una termica e quin<strong>di</strong> consentire il recupero dell‟energia termica prodotta dal<br />

cogeneratore ma esistono alcune <strong>di</strong>fficoltà generate dalla non equivalenza dei carichi.<br />

Fra le applicazioni civili, inoltre, spiccano quelle <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> complessi (centri commerciali,<br />

ospedali, gran<strong>di</strong> alberghi, strutture aeroportuali, ….) caratterizzati da una utenza <strong>di</strong> base costante,<br />

sod<strong>di</strong>sfatta dagli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> cogenerazione, e da una parte variabile sod<strong>di</strong>sfatta me<strong>di</strong>ante<br />

apparecchiature ausiliari o importando energia dalle reti esterne.<br />

Ai fini del calcolo dei ren<strong>di</strong>menti occorrerebbe fare riferimento all‟exergia anziché all‟energia a<br />

meno <strong>di</strong> non introdurre macchinose espressioni, spesso prive <strong>di</strong> significato fisico, per meglio definire i<br />

vari contesti operativi degli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> cogenerazione. A questo scopo è utile richiamare i concetti<br />

fondamentali dal corso <strong>di</strong> Termo<strong>di</strong>namica Applicata svolto in Fisica Tecnica.<br />

6.1 STORIA DELLA COGENERAZIONE<br />

Il termine cogeneration fu usato per la prima volta dal Presidente Carter nel suo messaggio<br />

sull‟energia del 1977 ed è un modo moderno <strong>di</strong> rappresentare concetti antichi. Già nel 1930 la centrale<br />

elettrica <strong>di</strong> Langerbrugge (Belgio) forniva anche vapore alla vicina fabbrica <strong>di</strong> carta. Interno agli anno<br />

‟50 si ebbe un nuovo impulso negli USA dove circa il 15% dei fabbisogni energetici dell‟industria<br />

venivano garantiti da <strong>impianti</strong> cogenerativi, pur con notevoli <strong>di</strong>fficoltà dovute al bassissimo prezzo del<br />

petrolio in quegli anni e fino all‟inizio degli anni ‟70. Fu proprio la crisi petrolifera del 1973 che portò<br />

Carter ha promulgare una legge per la privatizzazione della produzione e <strong>di</strong>stribuzione dell‟energia<br />

elettrica in regime <strong>di</strong> puro mercato. Ciò è stato sufficiente per avere uno sviluppo <strong>di</strong> <strong>impianti</strong><br />

cogenerativi che utilizzano meglio le fonti primarie e quin<strong>di</strong> garantiscono un uso più razionale<br />

dell‟energia prodotta.<br />

L‟Italia si è sempre contrad<strong>di</strong>stinta in negativo nel recepire le novità e per oltre due decenni ha<br />

mantenuto intatto il regime <strong>di</strong> monopolio dell‟ENEL, anzi ha complicato le cose introducendo un<br />

assurdo e antieconomico sovrapprezzo termico dettato solamente da esigenze <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa dello stesso del<br />

regime <strong>di</strong> monopolio. Questo balzello (non so come si possa definire altrimenti!) ha praticamente<br />

bloccato lo sviluppo delle energie alternative ed è servito a mantenere ben saldo il potere dell‟ENEL.<br />

Proprio negli anni „settanta nasceva il TOTEM® della Fiat che si è visto chiudere il possibile<br />

mercato a favore del monopolio energetico ENEL. Finalmente nel 1991 con la L. 9/91 e L. 10/91 si<br />

cominciano a recepire gli aspetti innovativi della cogenerazione favorendo lo sviluppo<br />

dell‟autoproduzione dell‟energia elettrica me<strong>di</strong>ante l‟applicazione della nota determinazione del<br />

Comitato Interministeriale Prezzi n. 6 (detta CIP-6) che consentiva ai privati <strong>di</strong> vendere all‟ENEL l‟energia<br />

elettrica autoprodotta in eccesso rispetto ai propri fabbisogni.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

169<br />

Ci sono voluti più <strong>di</strong> venti anni per capire ciò che il resto del mondo aveva capito ed attuato due<br />

decenni prima. E ancora non siamo al meglio: solo <strong>di</strong> recente (Decreto Bersani) si parla <strong>di</strong> ridurre il<br />

monopolio ENEL con la possibilità <strong>di</strong> produzione e <strong>di</strong>stribuzione dell‟energia elettrica aperta ai<br />

privati.<br />

C‟è molto rumore sui nuovi soggetti industriali ma ancora si è fatto poco, ad eccezione <strong>di</strong> un<br />

numero limitato <strong>di</strong> aziende municipalizzate <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> città che hanno sviluppato in proprio il settore<br />

energetico (vedansi gli esempi <strong>di</strong> Milano, Brescia, Ferrara, Roma,..).<br />

Va detto che in questi ultimi anni l‟Italia ha un deficit produttivo <strong>di</strong> energia elettrica dell‟or<strong>di</strong>ne<br />

del 20% e che l‟autoproduzione dei privati ha contribuito per ben il 12% dell‟energia prodotta,<br />

riducendo fortemente il deficit. Forse è stata questa la sorpresa maggiore delle nuove leggi.<br />

Ma quando c‟è un monopolista che vuole <strong>di</strong>fendere i propri interessi c‟è poco da fare: l‟ENEL<br />

ha sempre contrastato l‟applicazione del CIP-6 riguardante la cessione in rete dell‟eccesso <strong>di</strong> energia<br />

autoprodotta per una asserita (e in parte con<strong>di</strong>visibile) <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> gestione e programmazione dei<br />

flussi <strong>di</strong> energia prodotta e nel febbraio 1997 ha abrogato (l‟ENEL è ancora lo stesso Stato!) questa<br />

possibilità consentendo il solo vettoriamento. Per fortuna c‟è l‟Europa!<br />

Infatti le norme sulla libera concorrenza hanno <strong>di</strong> fatto scar<strong>di</strong>nato il potere dei monopoli (che<br />

Italia ancora resistono abbarbicati <strong>di</strong>etro leggi e leggine che ne stanno prolungando ancora la vita con<br />

mille scuse non certo degne <strong>di</strong> uno stato moderno che vuole sentirsi protagonista europeo) e pertanto<br />

l‟ENEL deve rinunciare alla sua (comoda!) posizione <strong>di</strong> monopolista e cedere parte delle proprie<br />

centrali termoelettriche riservandosi (giusto perché siamo in libero mercato) il 50% della produzione<br />

e il monopolio del vettoriamento: la rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione resta sempre dell‟ENEL con buona pace<br />

dell‟Europa. SIC!<br />

Ad ogni buon conto il 50% passerà ai privati che potranno innescare quel benefico regime <strong>di</strong><br />

concorrenza che solo una elevata efficienza industriale potrà garantire.<br />

E‟ certo, comunque, che sia le nuove centrali che il revamping 35 delle vecchie esistenti dovranno<br />

utilizzare cicli combinati e cogenerativi per sfruttare al massimo ogni Joule ottenibile dal combustibile<br />

che, ogni giorno <strong>di</strong> più, <strong>di</strong>viene caro e prezioso.<br />

6.2 EXERGIA<br />

Il ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> una macchina motrice è dato dal rapporto:<br />

Lnetto<br />

(135)<br />

Q<br />

fornito<br />

Il lavoro massimo ottenuto dal calore Q 1 è dato, secondo Carnot, dall‟espressione:<br />

<br />

2<br />

Lmax Q1<br />

1 T <br />

(136)<br />

T1<br />

<br />

Quest‟espressione definisce anche il livello termico <strong>di</strong> riferimento T 2 solitamente coincidente<br />

con l‟ambiente esterno. Gli anglosassoni, sempre piuttosto fioriti nelle loro definizioni, chiamano<br />

l‟ambiente esterno con il termine dead state (stato morto) per meglio testimoniare il fatto che,<br />

approssimandosi la temperatura <strong>di</strong> utilizzo dell‟energia termica alla temperatura dell‟ambiente il lavoro<br />

ottenibile tende a zero. La (136) definisce anche un valore termico della quantità <strong>di</strong> calore Q 1 dato dal<br />

fattore <strong>di</strong> Carnot:<br />

2<br />

1 T (137)<br />

T 1<br />

qualora si assume T 2 come temperatura <strong>di</strong> riferimento.<br />

Si ricorda ancora che la degradazione dell‟energia verso livelli inferiori (ad esempio me<strong>di</strong>ante<br />

uno scambiatore <strong>di</strong> calore) porta ad una per<strong>di</strong>ta inevitabile <strong>di</strong> lavoro dato da:<br />

35 Termine utilizzato nell‟industria per in<strong>di</strong>care il rifacimento o l‟aggiornamento <strong>di</strong> un impianto.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

170<br />

1 1 <br />

L T2<br />

T2S totale<br />

T3 T1<br />

(138)<br />

Una produzione <strong>di</strong> entropia è sempre correlata ad una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> lavoro utile. Si ricorda ancora che il<br />

secondo principio della Termo<strong>di</strong>namica può essere scritto nella forma <strong>di</strong> Clausius:<br />

Q<br />

dS dSirreversibile<br />

(139)<br />

T<br />

la quale esprime il concetto <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> entropia per irreversibilità. Questa produzione è sempre<br />

presente nelle trasformazioni reali e pertanto essa è anche associata ad una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> exergia propria <strong>di</strong><br />

queste trasformazioni. In genere, nota la produzione <strong>di</strong> entropia si ha:<br />

L T S (140)<br />

0<br />

con T 0 temperatura dell‟ambiente (dead state), considerato come serbatoio finale <strong>di</strong> tutte le<br />

trasformazioni reali.<br />

Come conseguenza <strong>di</strong> quanto sopra accennato possiamo <strong>di</strong>re che il primo principio della<br />

Termo<strong>di</strong>namica esprime la conservazione dell‟energia e quin<strong>di</strong> anche <strong>di</strong> quella termica.<br />

Il secondo principio ci <strong>di</strong>ce che, a pari energia, parte dell‟exergia viene perduta nelle trasformazioni<br />

(reali) per <strong>di</strong>venire energia perduta o anergia. Vale, quin<strong>di</strong>, il seguente bilancio:<br />

E X A<br />

(141)<br />

ove si sono in<strong>di</strong>cati:<br />

E variazione <strong>di</strong> energia;<br />

X variazione <strong>di</strong> exergia<br />

A variazioni <strong>di</strong> anergia.<br />

Esiste, quin<strong>di</strong>, una notevole <strong>di</strong>fferenza fra l’energia e la sua <strong>di</strong>sponibilità (availability) ad essere<br />

utilizzata e in particolare ad essere trasformata in lavoro.<br />

Definiamo, pertanto, come energia <strong>di</strong>sponibile <strong>di</strong> un sistema rispetto ad un altro, definito come<br />

serbatoio, la massima quantità <strong>di</strong> energia che può essere trasformata in lavoro quando il sistema è portato in equilibrio<br />

con il serbatoio. Avendo detto che il serbatoio finale delle trasformazioni reali è l‟ambiente esterno allora<br />

definiamo exergia l‟energia <strong>di</strong>sponibile <strong>di</strong> un sistema rispetto all‟ambiente, considerato come serbatoio<br />

ideale. Si definisce exergia <strong>di</strong> sistema per un sistema chiuso la <strong>di</strong>fferenza:<br />

E U T S U T S (142)<br />

x<br />

<br />

0 0 0 0<br />

avendo usato il pe<strong>di</strong>ce 0 per l‟ambiente.<br />

Possiamo dare ancora una nuova definizione del secondo principio della Termo<strong>di</strong>namica:<br />

l‟exergia si conserva solo per i sistemi reversibili mentre si degrada nei sistemi irreversibili.<br />

6.3 EFFICIENZA DELL’USO DELL’ENERGIA<br />

Si è soliti utilizzare, per abitu<strong>di</strong>ne ormai plurisecolare, una definizione <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>mento basato<br />

sull‟energia (detto anche ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> primo principio) e quin<strong>di</strong> assumendo che l‟energia totale del<br />

sistema si conserva (1° Principio). Ne segue che, nelle applicazioni pratiche, l‟ottimizzazione<br />

energetica si risolva in una riduzione al minimo delle per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> energia dal sistema (ad esempio<br />

attraverso i fumi nel camino o attraverso i <strong>di</strong>sper<strong>di</strong>menti dalle pareti o me<strong>di</strong>ante la riduzione degli<br />

attriti, …).<br />

In pratica il ren<strong>di</strong>mento energetico viene definito dal rapporto:<br />

Eutile<br />

en<br />

(143)<br />

E<br />

avendo anche definito:<br />

totale<br />

Eutile Etotale Eperduta<br />

(144)


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

171<br />

Il ren<strong>di</strong>mento energetico è una grandezza minore <strong>di</strong> 1 e il suo complemento esprime il rapporto fra<br />

l‟energia perduta e quella totale. Si intuisce dalla (144) come massimizzare il ren<strong>di</strong>mento significhi<br />

minimizzare le per<strong>di</strong>te. E‟ quello che si fa nelle caldaie, negli accumulatori termici, nel riscaldamento<br />

degli e<strong>di</strong>fici, ….<br />

Si può subito osservare che quanto sopra definito è corretto se le energie in gioco sono tutte<br />

dello stesso valore ovvero se sono della stessa qualità. Va bene per una macchina elettrica o una macchina<br />

operatrice meccanica ma non va bene per una macchina termica perché cambia il valore termico<br />

dell‟energia in funzione della temperatura <strong>di</strong> utilizzo, in base al fattore <strong>di</strong> Carnot (137).<br />

Pertanto se forniamo ad una caldaia calore a 1500 K per riscaldare acqua a 370 K è evidente che<br />

una definizione <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>mento basato sulla (143) è concettualmente errata perché il calore a 370 K ha<br />

un valore termico molto inferiore del calore fornito a 1500 K. Eppure è ciò che viene giornalmente<br />

fatto quando si definisce il ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> caldaia come:<br />

Eutileall ' acqua<br />

caldaia<br />

(145)<br />

E<br />

fornitadal bruciatore<br />

e la <strong>di</strong>fferenza fra denominatore e numeratore è data dalle per<strong>di</strong>te attraverso il mantello della<br />

caldaia e attraverso i fumi. L‟analisi energetica (<strong>di</strong>agramma <strong>di</strong> Sunkey) ci <strong>di</strong>ce che le per<strong>di</strong>te exergetiche<br />

a bassa temperatura (cioè vicine a quella ambiente) sono trascurabili rispetto al degrado termico<br />

effettuato nello scambiatore <strong>di</strong> calore fra 1500 K e 370 K.<br />

Ecco allora che appare più corretto definire il ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> secondo principio (o secondo<br />

or<strong>di</strong>ne) come:<br />

e vale anche la relazione:<br />

L<br />

min ( Exergia utile)<br />

ex<br />

(146)<br />

Lmax(<br />

Exergia introdotta)<br />

Lmax Lmin Ex<br />

(147)<br />

avendo in<strong>di</strong>cato con E X le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> exergia.<br />

Massimizzare il ren<strong>di</strong>mento exergetico significa ridurre le per<strong>di</strong>te exergetiche <strong>di</strong>ssipando la<br />

minore quantità <strong>di</strong> lavoro possibile.<br />

E‟ utile osservare che l‟analisi exergetica può portare a conclusioni anche profondamente <strong>di</strong>verse<br />

da quelle dell‟analisi energetica. Ad esempio il ren<strong>di</strong>mento exergetico <strong>di</strong> una buona caldaia è circa il<br />

5% mentre quello energetico può essere anche il 97%: il primo valore ci <strong>di</strong>ce che siamo <strong>di</strong> fronte ad<br />

un assurdo termo<strong>di</strong>namico (il degrado del calore dall‟alta alla bassa temperatura) mentre il secondo<br />

valore ci inebria e ci riempie <strong>di</strong> illusioni sulla funzionalità della caldaia.<br />

Lo stesso avviene, lo si ricorderà dalla Fisica Tecnica, andando a calcolare le per<strong>di</strong>te exergetiche<br />

definite dal rapporto:<br />

E<br />

exergia _ perduta<br />

<br />

per<strong>di</strong>te _ exergetiche<br />

(148)<br />

Eexergia<br />

_ ricevuta<br />

per un condensatore in un impianto a vapore a ciclo Hirn: le per<strong>di</strong>te energetiche sono enormi<br />

(circa il 66%) mentre quelle exergetiche sono irrisorie (circa 1,5%). Il <strong>di</strong>agramma <strong>di</strong> Sunkey per un ciclo<br />

a vapore ci <strong>di</strong>ce che per<strong>di</strong>amo moltissima exergia nel processo <strong>di</strong> combustione e <strong>di</strong> riscaldamento del<br />

vapore a soli 570 °C pur avendo una temperatura <strong>di</strong> fiamma <strong>di</strong> circa 1800 °C.<br />

In base a quanto detto si può osservare che un impianto <strong>di</strong> riscaldamento può essere reso<br />

efficiente se è possibile migliorare la combustione del gas (ad esempio metano) e degli scambi termici.<br />

Si può immaginare <strong>di</strong> bruciare metano in una centrale termoelettrica con ren<strong>di</strong>mento exergetico<br />

del 40% e <strong>di</strong> riscaldare l‟acqua dei ra<strong>di</strong>atori con una pompa <strong>di</strong> calore con COP 3.<br />

Il ren<strong>di</strong>mento exergetico complessivo <strong>di</strong>viene pari all‟8% circa contro qualche percento<br />

ottenibile con l‟uso <strong>di</strong>retto del metano in caldaia per produrre acqua a 80 °C.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

172<br />

Una seconda ipotesi potrebbe essere quella <strong>di</strong> bruciare metano in un motore a combustione<br />

interna, ad esempio un motore <strong>di</strong> automobile opportunamente convertito per questo utilizzo, con<br />

ren<strong>di</strong>mento exergetico del 35% circa e che azioni una pompa <strong>di</strong> calore. Questa potrebbe preriscaldare<br />

l‟acqua che alimenta i ra<strong>di</strong>atori fino a 50 °C utilizzando parte dell‟energia del liquido <strong>di</strong> raffreddamento<br />

del motore e dei gas <strong>di</strong> scarico del motore per raggiungere temperature fino a 80 °C. Il COP della<br />

pompa <strong>di</strong> calore salirebbe fino a 3,5 ed il ren<strong>di</strong>mento exergetico complessivo salirebbe fino all‟11%.<br />

La cogenerazione e la trigenerazione 36 rispondono bene alle necessità <strong>di</strong> economia dell‟exergia<br />

migliorando la qualità dei processi <strong>di</strong> trasformazione dell‟energia. Queste nuove tecniche applicano il<br />

concetto dell‟energy casca<strong>di</strong>ng e quin<strong>di</strong> consentono alle singole utenze <strong>di</strong> attingere ad una sorgente il cui<br />

livello exergetico è il più consono per gli usi finali preposti. Ciò consente <strong>di</strong> riversare nell‟ambiente un<br />

cascame termico quasi del tutto esausto, cioè con un minor grado <strong>di</strong> irreversibilità e quin<strong>di</strong> con minore<br />

impatto ambientale.<br />

6.4 IL FATTORE DI QUALITÀ, FQ<br />

Per caratterizzare una fonte <strong>di</strong> energia si utilizza il fattore <strong>di</strong> qualità, FQ, che misura la parte <strong>di</strong><br />

exergia contenuta nella quantità totale <strong>di</strong> energia.<br />

Per l‟energia elettrica e meccanica FQ=1 mentre per l‟energia termica vale il fattore <strong>di</strong> Carnot<br />

(137) che esprime il grado <strong>di</strong> conversione ideale <strong>di</strong> una sorgente <strong>di</strong> calore in lavoro utile (cioè la sua<br />

exergia).<br />

In Figura 180 si ha l‟andamento del Fattore <strong>di</strong> Carnot in funzione della temperatura della sorgente<br />

calda rispetto ad un ambiente a 300 K.<br />

0.85<br />

1<br />

0.8<br />

0.6<br />

FQ( T)<br />

0.4<br />

0.2<br />

0<br />

0<br />

0 500 1000 1500 2000<br />

300 T<br />

Figura 180: Andamento del Fattore <strong>di</strong> Carnot<br />

210 3<br />

Si comprende bene, dall‟osservazione <strong>di</strong> questa figura, come FQ tenda a zero quando ci si<br />

avvicina all‟ambiente (dead state) mentre cresce molto quanto più alta è la temperatura della sorgente.<br />

Noto il fattore <strong>di</strong> qualità FQ si può calcolare l‟exergia ottenibile dalla semplice relazione:<br />

e FQ h (149)<br />

ove con h si è in<strong>di</strong>cata l‟entalpia specifica (kJ/kg) della fonte considerata.<br />

36 Con Trigenerazione si intende la produzione simultanea <strong>di</strong> energia elettrica, <strong>di</strong> calore e <strong>di</strong> freddo. Si vedrà in<br />

seguito come sono costituiti gli <strong>impianti</strong> trigenerativi.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

173<br />

6.5 ESPRESSIONI DEI RENDIMENTI<br />

Se consideriamo una macchina cogeneratrice che produrre una potenza elettrica E ed una<br />

termica Q utilizzando una fonte <strong>di</strong> energia primaria C =m(p.c.i.), con m quantità <strong>di</strong> combustibile avente<br />

potere calorifico inferiore p.c.i., si definisce ren<strong>di</strong>mento energetico della cogenerazione:<br />

E Q E Q<br />

<br />

E T<br />

m pci C<br />

<br />

<br />

<br />

(150)<br />

ove E ed T sono i ren<strong>di</strong>menti elettrici e termici ciascuno riferito alla stessa quantità <strong>di</strong> energia<br />

primaria C. L‟exergia del combustibile è definita come il lavoro massimo ottenibile in un sistema<br />

termo<strong>di</strong>namico aperto in regime puramente con possibilità <strong>di</strong> scambio termico solo con l’ambiente esterno, sede <strong>di</strong> una<br />

reazione <strong>di</strong> ossidazione completa (me<strong>di</strong>ante operazioni reversibili) dell’unità <strong>di</strong> massa del combustibile con aria<br />

comburente, i reagenti entrando nel sistema a temperatura e pressione ambiente ed i prodotti della combustione uscendo<br />

dal sistema ancora a temperatura e pressione ambiente, ed in equilibrio chimico con l’ambiente esterno.<br />

Ai fini pratici l‟exergia del combustibile è quasi coincidente con il suo p.c.i. Nella seguente tabella<br />

si ha il rapporto e/pci <strong>di</strong> alcuni combustibili.<br />

:<br />

Combustibile<br />

e/pci<br />

Monossido <strong>di</strong> Carbonio, CO 0,97<br />

Idrogeno, H 2 0.985<br />

Metano, CH 4 1.035<br />

Etano, C 2 H 6 1.046<br />

Etilene, C 2 H 4 1.028<br />

Acetilene, C 2 H 2 1.007<br />

Gas Naturale 1.04<br />

Coke 1.05<br />

Carbone 1.06<br />

Torba 1.16<br />

Oli combustibili 1.04<br />

Tabella 21: Rapporto exergia-potere calorifico inferiore per alcuni combustibili<br />

L‟exergia totale <strong>di</strong> una massa m <strong>di</strong> combustibile può, in prima approssimazione, essere posta pari<br />

e m pci (151)<br />

cambustibile<br />

combustibile<br />

Il ren<strong>di</strong>mento exergetico può essere posto nella forma:<br />

E FQ( E) Q<br />

FQ( T)<br />

exergetico<br />

<br />

E T<br />

FQ( T)<br />

m pci<br />

<br />

(152)<br />

combustibile<br />

ove si è posto, come già osservato, FQ(E) =1. Si osservi che in questa espressione si suppone<br />

che l‟exergia del vapore o dell‟acqua calda sia riferita a quella ambiente (che è nulla). Se ci si riferisce ad<br />

un circuito chiuso con acqua <strong>di</strong> ritorno a temperatura <strong>di</strong>versa da quella ambiente allora occorre<br />

valutare correttamente l‟exergia del flusso <strong>di</strong> calore come <strong>di</strong>fferenza fra il flusso entrante e quello<br />

uscente dal sistema e cioè:<br />

E mH <br />

2O hentrante huscente T0<br />

suscente sentrante<br />

<br />

exergetico<br />

<br />

<br />

<br />

(153)<br />

m pci<br />

combustibile<br />

Si vedrà nel prosieguo che è importante confrontare il ren<strong>di</strong>mento cogenerativo con quella del<br />

Sistema <strong>di</strong> Confronto, SC, definito come il sistema che produce la stessa energia elettrica e termica con<br />

processi separati e quin<strong>di</strong> non partendo dalla stessa fonte <strong>di</strong> energia primaria.<br />

Il ren<strong>di</strong>mento della produzione separata del SC è dato dal rapporto:<br />

E<br />

Q<br />

SC<br />

<br />

(154)<br />

C E C Q


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

174<br />

ove C(E) e C(Q) sono, rispettivamente, le energie primarie necessarie per fornire l‟energia<br />

elettrica E e quella termica Q. Naturalmente la produzione separata si suppone effettuata con le<br />

migliori tecnologie reperibili sul mercato. La cogenerazione è priva <strong>di</strong> interesse quando ha ren<strong>di</strong>mento<br />

minore <strong>di</strong> quello del sistema <strong>di</strong> confronto, cioè con produzione separata.<br />

6.6 RISPARMIO ENERGETICO NEL RISCALDAMENTO DEGLI EDIFICI<br />

La più volte citata L10/91 sul contenimento dei consumi energetici per il riscaldamento<br />

ambientale obbliga al ricorso a fonti rinnovabili o assimilate 37 nel caso <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici pubblici.<br />

Si tratta, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> una norma che tende a favorire il risparmio energetico nelle forme oggi<br />

possibili e sostanzialmente in modo attivo (cioè me<strong>di</strong>ante l‟uso <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> attivi,ad esempio solari) o<br />

passivo (cioè intervenendo sugli involucri degli e<strong>di</strong>fici).<br />

Il risparmio dell‟energia nella climatizzazione degli e<strong>di</strong>fici può essere ottenuto in numerosi mo<strong>di</strong>,<br />

spesso sinergici. In primo luogo si può (e si deve!) intervenire nel sistema costruttivo me<strong>di</strong>ante l‟uso <strong>di</strong><br />

coibenti termici in tipologia e spessori adeguati.<br />

A questo riguardo alcune amministrazione (ad esempio le province autonome <strong>di</strong> Trento e<br />

Bolzano e qualche altra amministrazione del Nord Ovest) incentivano l‟utilizzo dei coibenti termici<br />

anche al <strong>di</strong> là delle prescrizioni in<strong>di</strong>cate dalla L. 10/91 (già viste in precedenza) premiando il maggior<br />

investimento con una riduzione degli oneri <strong>di</strong> urbanizzazione o del sistema <strong>di</strong> tassazione locale.<br />

Un secondo metodo <strong>di</strong> pari efficacia è quello <strong>di</strong> ottimizzare l‟interazione e<strong>di</strong>ficio-impianto<br />

me<strong>di</strong>ante scelte ottimali dei generatori (ad alto ren<strong>di</strong>mento energetico) e con l‟adozione <strong>di</strong> adeguati<br />

piani <strong>di</strong> manutenzione. Infine la sostituzione delle normali finestre a singolo vetro con analoghe a<br />

doppio vetro o con vetro-camera può contribuire in modo significativo alla riduzione dei consumi<br />

energetici, unitamente al controllo delle infiltrazioni esterne.<br />

L‟eliminazione del riscaldamento unifamiliare a favore del riscaldamento centralizzato <strong>di</strong><br />

condominio o, meglio, <strong>di</strong> quartiere può contribuire ancora alla riduzione dei consumi energetici con il<br />

raggiungimento <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>menti energetici dei generatori certamente superiori a quelli dei piccoli<br />

generatori singoli unifamiliari. In quest‟ultima ipotesi si avrebbero benefici notevoli anche sulla<br />

riduzione dell‟inquinamento atmosferico per effetto <strong>di</strong> un miglior controllo della combustione.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista della riduzione dei consumi, l‟applicazione dei concetti <strong>di</strong> cogenerazione può<br />

fornire contributi certamente significativi. Si consideri, infatti, che l‟utilizzo dell‟energia termica per il<br />

riscaldamento ambientale è fatto a temperatura sostanzialmente bassa (70 °C in me<strong>di</strong>a nei ra<strong>di</strong>atori e<br />

35 °C nei pannelli ra<strong>di</strong>anti) e quin<strong>di</strong> il ren<strong>di</strong>mento exergetico risulta molto basso se si tiene conto che la<br />

combustione in caldaia del gasolio o del gas porta ad avere temperature dell‟or<strong>di</strong>ne dei 1000 °C e<br />

quin<strong>di</strong> con un degrado exergetico molto grande.<br />

Ad esempio, con un utilizzo a temperatura <strong>di</strong> 330 K rispetto ad una temperatura <strong>di</strong> fiamma <strong>di</strong><br />

1573 K si ha un ren<strong>di</strong>mento exergetico <strong>di</strong> circa il 4%.<br />

Se consideriamo che ai fini del riscaldamento ambientale solo una frazione (anche se<br />

maggioritaria) dell‟energia prodotta in caldaia arriva agli ambienti (si ricor<strong>di</strong> il ren<strong>di</strong>mento globale<br />

definito con la L. 10/91 come prodotto dei ren<strong>di</strong>menti del generatore, <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione, <strong>di</strong> emissione e<br />

<strong>di</strong> regolazione) allora, detta Q a l‟energia effettivamente utilizzata si ha il ren<strong>di</strong>mento exergetico, riferito<br />

all‟exergia E c fornita alla caldaia me<strong>di</strong>ante il combustibile, si ha:;<br />

T <br />

e<br />

Qa<br />

1<br />

<br />

Tai<br />

T <br />

ae<br />

ex<br />

<br />

<br />

en<br />

1<br />

<br />

(155)<br />

mEc<br />

Tai<br />

<br />

avendo in<strong>di</strong>cato con T ae la temperatura dell‟aria esterna <strong>di</strong> alimentazione della caldaia e T ai quella<br />

dell‟aria interna. Assumendo T ae = 0 °C e T ai = 20 °C ed un ren<strong>di</strong>mento energetico <strong>di</strong> caldaia en =90%<br />

si ottiene un ren<strong>di</strong>mento exergetico pari a ex =6%.<br />

37 Si intendono per fonti assimilabili le fonti energetiche derivanti dalla cogenerazione, il calore recuperato da<br />

scarichi (fumi,…), i risparmi energetici conseguenti all‟utilizzo <strong>di</strong> isolanti termici.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

175<br />

Quanto appena calcolato, confrontato con il ren<strong>di</strong>mento energetico dei generatori <strong>di</strong> calore<br />

normalmente utilizzato nell‟<strong>impianti</strong>stica termotecnica, ci <strong>di</strong>ce che l‟utilizzo dell‟energia termica da<br />

combustione per il riscaldamento ambientale è, da un punto <strong>di</strong> vista termo<strong>di</strong>namico <strong>di</strong> seconda legge,<br />

scarsamente efficiente.<br />

Se invece <strong>di</strong> utilizzare l‟energia termica <strong>di</strong>rettamente nell‟impianto <strong>di</strong> riscaldamento la<br />

utilizziamo per produrre energia elettrica (ciclo Hirn) ed alimentiamo in contropressione la turbina in<br />

modo da avere anche un utilizzo termico allora il fattore <strong>di</strong> utilizzazione energetico <strong>di</strong>viene:<br />

Energia _ Elettrica Energia _ Termica<br />

fu<br />

(156)<br />

Entalpia _ combustibile<br />

Si osservi che la precedente relazione non definisce un ren<strong>di</strong>mento termo<strong>di</strong>namico poiché rapporta<br />

energie non omogenee (cioè <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa qualità exergetica).<br />

Un uso dei combustibili come prima in<strong>di</strong>cato porta ad avere riduzioni significative del 2030%<br />

rispetto alla produzione separata <strong>di</strong> energia elettrica e termica.<br />

Anche l‟uso delle pompe <strong>di</strong> calore risulta exergeticamente più conveniente. Ad esempio, con<br />

riferimento ad un ciclo <strong>di</strong> Carnot inverso, una potenza meccanica W fornisce una potenza termica:<br />

T1<br />

W (157)<br />

T T<br />

1 2<br />

ove T 1 è la temperatura maggiore e T 2 quella minore (in pratica si ha COP=T 1 /(T 1 -T 2 ) ).<br />

Ad esempio operando con un ciclo inverso <strong>di</strong> Carnot fra 1 e 40 °C si ha un COP = 8.06 che, in<br />

un ciclo reale <strong>di</strong>vengono circa 5.<br />

La pompa <strong>di</strong> calore può anche funzionare in modo <strong>di</strong>retto (ciclo estivo) producendo acqua<br />

refrigerata per il con<strong>di</strong>zionamento e quin<strong>di</strong> potrebbe essere utilizzata durante tutto l‟anno per la<br />

climatizzazione degli e<strong>di</strong>fici.<br />

Ne segue che per un uso intelligente dell‟energia occorrerebbe incentivare l‟installazione <strong>di</strong><br />

<strong>impianti</strong> <strong>di</strong> climatizzazione a pompa <strong>di</strong> calore. Purtroppo i costi elevati dei componenti unitamente ad<br />

una tariffazione dell‟energia elettrica che vede l‟Italia molto sfavorita (abbiamo le tariffe più alte in<br />

Europa!) rendono la <strong>di</strong>ffusione delle pompe <strong>di</strong> calore problematica e quasi <strong>di</strong> nicchia, malgrado che<br />

l‟attuale legislazione preveda anche forme <strong>di</strong> sovvenzionamento per i nuovi <strong>impianti</strong>.<br />

La produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e vapore per teleriscaldamento (vedansi gli esempi dei<br />

comuni <strong>di</strong> Brescia e Ferrara) produce benefici elevati sia in termini energetici che <strong>di</strong> costi finali del<br />

riscaldamento ambientale.<br />

6.7 SISTEMI AD ENERGIA TOTALE, SET<br />

La pigrizia mostrata per decenni nell‟uso della cogenerazione viene oggi pian piano combattuta<br />

dall‟esigenza <strong>di</strong> innovazione tecnologica in settori (quelli energetici) spesso scossi da forti crisi<br />

mon<strong>di</strong>ali che finiscono per con<strong>di</strong>zionare la vita stessa dei popoli. In questa ottica si inquadrano i<br />

Sistemi ad Energia Totale (detti SET) che cercano <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare contemporaneamente entrambe le esigenze <strong>di</strong><br />

una utenza: quella termica e quella elettrica. I SET possono utilizzare energie tra<strong>di</strong>zionali o anche fonti<br />

energetiche rinnovabili o comunque alternative a quelle fossili tra<strong>di</strong>zionali. Qui ci limiteremo ad<br />

esaminare con maggior dettaglio i SET alimentati con energia tra<strong>di</strong>zionale.<br />

Occorre precisare che i sistemi SET si stanno sviluppando in Italia solo <strong>di</strong> recente poiché fino a<br />

pochi anni fa la produzione e la <strong>di</strong>stribuzione dell‟energia elettrica era appannaggio unicamente<br />

dell‟ENEL. Con l‟avvento della deregulation in campo energetico elettrico (L. 308/82) si è avuta la<br />

possibilità <strong>di</strong> avere energia elettrica prodotta da terze parti e quin<strong>di</strong> anche da privati o industrie<br />

(piccole e gran<strong>di</strong>) me<strong>di</strong>ante sistemi quasi sempre <strong>di</strong> tipo combinato, cioè che risolvono problemi sia<br />

termici che elettrici.<br />

Si pensi, ad esempio, all‟industria petrolifera che ha in Sicilia tre poli <strong>di</strong> notevole importanza<br />

capaci <strong>di</strong> autoprodursi ed esportare l‟energia elettrica in eccesso con potenze <strong>di</strong> centinaia <strong>di</strong> MW.<br />

Purtroppo le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> monopolio degli enti statali per l‟energia elettrica (ENEL) e per il gas<br />

(SNAM) hanno bloccato ogni sviluppo, anche scientifico, nel settore dei SET.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

176<br />

Finalmente l‟epoca dei monopoli (<strong>di</strong> mentalità tipicamente e strettamente italiana!) sta per finire<br />

sotto l‟impulso delle nuove regole europee <strong>di</strong> libera concorrenza (evviva!) e pertanto anche la<br />

comunità scientifica potrà giovarsi dei nuovi sviluppi che il settore dell‟energia potrà dare.<br />

Si pensi che l‟ENEL sta per lasciare in parte il settore produttivo (le centrali termoelettriche) per<br />

de<strong>di</strong>carsi alla sola <strong>di</strong>stribuzione. Nuovi soggetti, anche privati, potranno produrre energia elettrica e<br />

potranno liberamente <strong>di</strong>stribuirla in rete.<br />

Lo schema <strong>di</strong> funzionamento <strong>di</strong> un sistema ad energia totale, SET, è dato in Figura 181. Si può<br />

osservare come detto sistema cerchi <strong>di</strong> risolvere sia l‟aspetto termico che elettrico dell‟utenza (civile o<br />

industriale) ottimizzando l‟utilizzo delle fonti energetiche e quin<strong>di</strong> massimizzando le qualità<br />

termo<strong>di</strong>namiche (cioè exergetiche). Per potere raggiungere questi obiettivi occorre definire con precisione<br />

le configurazioni <strong>di</strong> impianto, i vincoli esterni, le metodologie <strong>di</strong> analisi exergetica e i criteri <strong>di</strong><br />

valutazione del SET in relazione al mondo esterno (sia sotto l‟aspetto energetico che ambientale).<br />

Ciò comporta la definizione <strong>di</strong> una adeguata metodologia progettuale e <strong>di</strong> impiego <strong>di</strong> tecniche <strong>di</strong><br />

analisi (energetica ed economica) adeguate.<br />

COMBUSTIBILE<br />

MOTORE PRIMO<br />

UTENZE<br />

ELETTRICHE<br />

COMBUSTIBILE<br />

CALDAIA<br />

UTENZE TERMICHE<br />

Figura 181: Schema <strong>di</strong> principio <strong>di</strong> un SET<br />

6.8 CONFIGURAZIONE DEI SISTEMI ENERGETICI TOTALI (SET)<br />

Il SET è un sistema termo<strong>di</strong>namico a tutti gli effetti e pertanto può essere essenzialmente <strong>di</strong> tipo<br />

aperto e <strong>di</strong> tipo chiuso. Definiamo chiusi i SET che interagiscono con la sola utenza, ve<strong>di</strong> Figura 182,<br />

mentre definiamo aperto un SET che interagisce anche con le gran<strong>di</strong> reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione dell‟energia<br />

elettrica e del calore, ve<strong>di</strong> Figura 183.<br />

ENERGIA ELETTRICA<br />

SET<br />

UTENZA<br />

ENERGIA TERMICA<br />

Figura 182: Schema chiuso <strong>di</strong> un SET<br />

La scelta della tipologia è dettata dalla taglia dell‟impianto e dagli obiettivi che si intendono<br />

raggiungere. I sistemi aperti possono esserlo solo dal lato elettrico o dal lato termico o da entrambi i<br />

lati. Per sistemi aperti dal lato elettrico si ha la possibilità <strong>di</strong> sfruttare la rete elettrica ENEL che,<br />

essendo attualmente monopolistica, è piuttosto <strong>di</strong>ffusa e ben magliata. Un sistema aperto dal lato<br />

termico può appoggiarsi alle reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione del calore (reti urbane <strong>di</strong> teleriscaldamento, reti dei<br />

servizi <strong>di</strong> utilities industriali, …).


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

177<br />

E‟ il motore primo che caratterizza il SET. E‟ questo componente, infatti, che alimenta l‟utenza<br />

elettrica con una frazione <strong>di</strong> scarto <strong>di</strong> energia termica.<br />

Spesso non è sufficiente un solo motore primo per sod<strong>di</strong>sfare tutte le esigenze dell‟utenza<br />

poiché esistono quasi sempre vincoli <strong>impianti</strong>stici fra le frazioni <strong>di</strong> energia elettrica e termica prodotte.<br />

Di solito l‟integrazione delle richieste elettriche viene effettuata tramite l‟allacciamento alla rete<br />

ENEL. Se l‟utenza richiede servizi più articolati, ad esempio calore, elettricità e servizi <strong>di</strong><br />

riscaldamento e con<strong>di</strong>zionamento a pompa <strong>di</strong> calore, allora occorre integrare il SET anche con altri<br />

componenti quali pompe <strong>di</strong> calore, macchine ad assorbimento, sistemi <strong>di</strong> refrigerazione e/o <strong>di</strong><br />

accumulo dell‟energia.<br />

RETE ELETTRICA ITALIANA<br />

ENERGIA ELETTRICA<br />

SET<br />

UTENZA<br />

ENERGIA TERMICA<br />

RETE DI CALORE<br />

Figura 183: Schema Aperto <strong>di</strong> un SET<br />

In genere si hanno due tipologie <strong>di</strong> funzionamento del motore primo, a seconda delle esigenze<br />

dell‟utenza e delle con<strong>di</strong>zioni al contorno del SET:<br />

Funzionamento a carico elettrico imposto: il motore primo è <strong>di</strong>mensionato per sod<strong>di</strong>sfare<br />

totalmente il carico elettrico dell‟utenza e pertanto il carico termico può essere sod<strong>di</strong>sfatto anche<br />

con integrazioni esterne (sistema aperto dal lato termico).<br />

Funzionamento a carico termico imposto: il motore primo è <strong>di</strong>mensionato per fornire<br />

totalmente il carico termico dell‟utenza e si utilizza la rete ENEL per sod<strong>di</strong>sfare eventuali<br />

deficienze nel carico elettrico (sistema aperto dal lato elettrico).<br />

La scelta del sistema <strong>di</strong> funzionamento è funzione <strong>di</strong> variabili economiche e <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni al<br />

contorno del SET e dell‟utenza.<br />

Le con<strong>di</strong>zioni al contorno (vincoli) variano a seconda se il SET è in<strong>di</strong>rizzato al settore civile o a<br />

quello industriale. Nel settore civile si possono avere società <strong>di</strong> servizi (energia elettrica, calore, gas)<br />

municipalizzate che possono avere proprie centrali <strong>di</strong> produzione.<br />

Nel settore industriale le industrie (specialmente quelle <strong>di</strong> grande taglia) possono produrre<br />

quantità notevoli <strong>di</strong> energia elettrica e possono anche rivenderla all‟ENEL (in futuro non ci sarà più questo<br />

interlocutore unico, per fortuna). Nel caso <strong>di</strong> cessione <strong>di</strong> energia al Gestore (ENEL) si hanno regole fissate<br />

dall‟attuale legislazione che fissano il prezzo in base alle delibere del Comitato Interministeriale Prezzi<br />

(CIP).<br />

I contratti con ENEL garantiscono i seguenti servizi:<br />

Integrazione: cioè fornitura <strong>di</strong> energia all‟utenza nel caso <strong>di</strong> richiesta (acquisto) <strong>di</strong> energia per i<br />

propri fabbisogni (tipico dei sistemi a carico termico imposto);<br />

Parallelo: cioè capacità <strong>di</strong> collegamento alla rete ENEL con la garanzia del mantenimento della<br />

frequenza (50 Hz 0,5 Hz) e della tensione. In pratica l‟ENEL rende <strong>di</strong>sponibile il proprio


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

178<br />

sistema <strong>di</strong> regolazione potenza-frequenza in modo da mantenere il più uniforme possibili i valori <strong>di</strong><br />

tensione e frequenza. Questa regolazione consente alla rete pubblica <strong>di</strong> avere inserimenti e<br />

<strong>di</strong>sinserimenti <strong>di</strong> carichi (anche gran<strong>di</strong>) senza conseguenze sulle variabili <strong>di</strong> controllo suddette.<br />

Soccorso: in questo caso l‟ENEL fornisce energia all‟utenza nel caso <strong>di</strong> fuori servizio degli<br />

<strong>impianti</strong> interni;<br />

Riserva programmata: viene fornita energia all‟utenza durante i perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> manutenzione<br />

programmata dei loro <strong>impianti</strong>;<br />

Vettoriamento: nel caso <strong>di</strong> soggetti produttori con più se<strong>di</strong> localizzate in siti <strong>di</strong>stinti l‟ENEL si<br />

incarica <strong>di</strong> trasportare l‟energia prodotta da uno stabilimento all‟altro;<br />

Ritiro dell’energia: cioè acquisto da parte ENEL dell‟energia prodotta dal soggetto e che risulti in<br />

eccesso rispetto ai propri fabbisogni interni;<br />

Permuta: quin<strong>di</strong> scambio <strong>di</strong> energia autoprodotta con quella prodotta dall‟ENEL in determinati<br />

perio<strong>di</strong>.<br />

Come già detto in precedenza, in Sicilia si hanno casi notevoli <strong>di</strong> autoproduzione dell‟energia<br />

elettrica nei poli petrolchimici <strong>di</strong> Priolo, Gela e Milazzo. La potenza <strong>di</strong>sponibile in rete è dell‟or<strong>di</strong>ne<br />

del centinaio <strong>di</strong> MW e questo contribuisce a ridurre il deficit energetico ENEL e quin<strong>di</strong> a limitare le<br />

importazione energetiche dal Nord. Una interessante possibilità <strong>di</strong> energia prodotta e venduta come<br />

sopra specificato si avrà in Sicilia con l‟installazione <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> termovalorizzazione dei rifiuti soli<strong>di</strong> urbani<br />

(RSU). Questi nuovi <strong>impianti</strong> potranno produrre una potenza valutata in 100150 MW e quin<strong>di</strong><br />

ridurranno ancora ulteriormente il deficit energetico siciliano. Questa energia, inoltre, avrà un prezzo<br />

<strong>di</strong> acquisto da parte ENEL concordato secondo le in<strong>di</strong>cazioni del CIP6 38 o del nuovo Decreto Bersani 39<br />

entrato in vigore nel 2000.<br />

Si tenga presente che i sistemi SET e in genere i sistemi <strong>di</strong> cogenerazione richiedono<br />

conoscenze tecnologiche aggiuntive a quelle dei tra<strong>di</strong>zionali <strong>impianti</strong> <strong>termotecnici</strong> ed elettrici. Ciò<br />

comporta il ricorso a competenze tecniche specialistiche che aggravano i costi <strong>di</strong> primo impianto e <strong>di</strong><br />

gestione. In campo civile questo problema può essere rilevante mentre in campo industriale si può<br />

pensare che le suddette competenze siano più facilmente reperibili all‟interno delle stesse industrie. In<br />

ogni caso un progetto SET basa la sua motivazione d‟essere sulla maggiore convenienza rispetto agli<br />

<strong>impianti</strong> tra<strong>di</strong>zionali.<br />

Questa convenienza deve essere <strong>di</strong>mostrata con una analisi economica dettagliata (stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

fattibilità tecnico-economica e business plan) che parta dall‟esame dei carichi elettrici e termici e tenga conto<br />

delle con<strong>di</strong>zioni al contorno (<strong>di</strong>stributori esterni <strong>di</strong> elettricità e <strong>di</strong> calore).<br />

Quanto appena detto comporta la necessità <strong>di</strong> descrivere con maggior dettaglio l‟approccio<br />

metodologico all‟analisi progettuale dei SET.<br />

6.9 METODI DI ANALISI PROGETTUALI PER UN SET<br />

La scelta e la composizione <strong>di</strong> un sistema energetico totale può essere molto complessa sia per<br />

la molteplicità <strong>di</strong> soluzioni tecniche possibile che per grande variabilità delle esigenze dell‟utenza.<br />

E‟ necessario, pertanto, una attenta analisi economica ed energetica sulla base dei <strong>di</strong>versi parametri <strong>di</strong><br />

riferimento possibili e <strong>di</strong>sponibili.<br />

38 La delibera del Comitato Interministeriale dei Prezzi relativa alla tariffa speciale <strong>di</strong> acquisto dell‟energia elettrica<br />

prodotta da terze parti è nota come CIP6 del 1992. Attualmente il prezzo dell‟energia è <strong>di</strong> circa 290 L/kWh (prezzo<br />

politico <strong>di</strong> incentivazione) ed ha una vali<strong>di</strong>tà contrattuale <strong>di</strong> 8 anni. Il CIP6 è attualmente sospeso in attesa <strong>di</strong> una nuova<br />

delibera CIP che fissi modalità <strong>di</strong> cessione dell‟energia elettrica confacente alle nuove esigenze <strong>di</strong> produzione e<br />

<strong>di</strong>stribuzione dell‟energia.<br />

39 Questo decreto impone ai nuovi gestori della <strong>di</strong>stribuzione dell‟energia elettrica <strong>di</strong> acquistare e <strong>di</strong>stribuire<br />

almeno il 2% <strong>di</strong> energia in<strong>di</strong>cata col termine verd e cioè prodotta da fonti alternative (fra cui anche i RSU). Questa<br />

percentuale dovrà salire negli anni futuri fino oltre il 6%. L‟energia verde viene ceduta me<strong>di</strong>ante certificati <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>to che<br />

attualmente valgono circa 200 Lire per kWh.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

179<br />

6.9.1 ANALISI DELLE ESIGENZE DELL’UTENZA<br />

L‟analisi progettuale inizia con l‟esame delle esigenze <strong>impianti</strong>stiche dell‟Utenza e cioè dalla<br />

corretta definizione delle esigenze termiche ed elettriche, dalla tipologia <strong>di</strong> impianto (flui<strong>di</strong><br />

termovettori, variabilità temporale dei carichi,….) e dalla conoscenza e definizione dei vincoli<br />

tecnologici ed ambientali.<br />

I parametri principali nell‟analisi del fabbisogno dell‟Utenza si possono qui riassumere:<br />

Potenza elettrica assorbita; P E ;<br />

Potenza termica assorbita, P T ;<br />

Energia elettrica consumata, E E ;<br />

Energia termica consumata, E T ;<br />

Rapporto termico/elettrico (energia termica richiesta rispetto all‟energia elettrica richiesta), C;<br />

Portata del fluido termovettore, Q;<br />

Temperatura e pressione del fluido termovettore, T,p;<br />

Fattore <strong>di</strong> utilizzazione degli <strong>impianti</strong>, f u .<br />

Ai fini della scelta del motore primo occorre conoscere i valori me<strong>di</strong> e le variabilità dei suddetti<br />

parametri. Inoltre questa scelta è funzione della destinazione d‟uso degli <strong>impianti</strong>: per uso civile e per<br />

uso industriale.<br />

6.9.2 SETTORE CIVILE<br />

Per la definizione dei valori dei parametri <strong>di</strong> una utenza civile occorre partire dai dati urbanistici,<br />

demografici e metereologici.<br />

I consumi <strong>di</strong> energia elettrica sono tipicamente destinati a:<br />

Servizi pubblici (acquedotti, illuminazione, );<br />

Servizi abitativi locali (illuminazione esterna,ascensori, elettrodomestici, illuminazione interna,<br />

con<strong>di</strong>zionamento, produzione <strong>di</strong> acqua calda,…);<br />

Servizi per le utenze terziarie (scuole,uffici, negozi,…)<br />

<br />

<br />

I consumi <strong>di</strong> energia termica sono tipicamente destinati a:<br />

Servizi abitativi (riscaldamento, acqua calda per usi sanitari, usi <strong>di</strong> cucina,…);<br />

Servizi per le utenze terziarie (riscaldamento, acqua sanitaria, altri usi, …..).<br />

Nel caso dell‟uso civile la parte preponderante dell‟energia termica è destinata al riscaldamento<br />

ambientale che è caratterizzato da una variabilità giornaliera, mensile e stagionale.<br />

Occorre sapere il tipo <strong>di</strong> combustibile utilizzato (gasolio, metano, oli pesanti,….) e <strong>di</strong> fluido<br />

termovettore (ad esempio acqua calda,..).<br />

I consumi termici possono essere caratterizzati da in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> prima approssimazione (quale, ad<br />

esempio, il consumo specifico per unità <strong>di</strong> <strong>volume</strong>) o <strong>di</strong> seconda approssimazione, più precisi,<br />

derivanti da calcoli specifici in relazione alla tipologia e<strong>di</strong>lizia e alla climatologia del sito.<br />

E‟ possibile anche usare co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo per avere in<strong>di</strong>cazioni più affidabili in funzione dei<br />

parametri e<strong>di</strong>lizi e climatologici del sito. I dati relativi al fabbisogno possono essere globali (riferiti<br />

all‟anno), mensili, giornalieri o anche orari.<br />

6.9.3 SETTORE INDUSTRIALE<br />

Oltre a quanto specificato per il settore civile occorre aggiungere anche i consumi interni per i<br />

processi <strong>di</strong> lavorazione che offrono una grande casistica e variabilità.<br />

Nel caso <strong>di</strong> applicazioni industriali ci si può riferire alla contabilità aziendale per centri <strong>di</strong> costo<br />

per reperire dati certi e specifici sui costi energetici.<br />

Anche in questo caso si possono avere dati organizzati per me<strong>di</strong>a annuale, mensile, giornaliera<br />

ed oraria. Spesso è possibile organizzare i dati me<strong>di</strong>ante curve <strong>di</strong> frequenza che forniscono l‟andamento<br />

cumulativo dei carichi nel tempo.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

180<br />

CARICO<br />

1000 2000 4000<br />

ORE<br />

Figura 184: Andamento cumulativo dei carichi (Diagramma <strong>di</strong> Frequenza)<br />

Occorre anche definire i sistemi <strong>di</strong> produzione e i fattori <strong>di</strong> utilizzo degli <strong>impianti</strong> e dei sistemi<br />

<strong>di</strong> produzione e trasformazione dell‟energia. Quando è possibile, è sempre bene effettuare una<br />

rilevazione <strong>di</strong>retta dei carichi termici ed elettrici.<br />

6.10 SCELTA DELLA CONFIGURAZIONE<br />

La configurazione del SET può essere effettuata una volta noti i carichi, come sopra in<strong>di</strong>cato, e<br />

la <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> servizi aggiuntivi (sistemi aperti). In particolare si può scegliere il motore primo e gli<br />

eventuali componenti aggiuntivi (caldaie, pompe <strong>di</strong> calore, …).<br />

I motori primi <strong>di</strong>sponibili su mercato sono caratterizzati da ben precisi rapporti fra energia<br />

termica ed energia elettrica prodotte:<br />

Energia_Termica_Utile_Prodotta<br />

CMP<br />

(158)<br />

Energia_Elettrica_Utile_Prodotta<br />

Pertanto la scelta del motore primo si effettua confrontando il rapporto offerto rispetto a quello<br />

richiesto dall‟Utenza (ve<strong>di</strong> parametri sopra definiti).<br />

Preliminarmente si assume C MP C U per minimizzare la quantità <strong>di</strong> energia termica recuperata<br />

dal motore non utilizzabile dall‟Utenza.<br />

La scelta del motore primo deve essere compatibile con i livelli entalpici e i flui<strong>di</strong> termovettori<br />

richiesti dall‟Utenza e de essere compatibile con i vincoli esterni (combustibili <strong>di</strong>sponibili, rispetto<br />

ambientale, impatto ambientale, …).<br />

Inoltre occorre tenere conto della durata dei fabbisogni <strong>di</strong> energia termica ed elettrica<br />

dell‟Utenza, cioè del numero <strong>di</strong> ore annuo in cui il rapporto utente è eguagliato o superato.<br />

Di solito si fa in modo che le punte <strong>di</strong> carico (sia termico che elettrico, ve<strong>di</strong> Figura 184) siano<br />

sod<strong>di</strong>sfatte dalle reti <strong>di</strong> servizio esterne (rete elettrica e/o termica) lasciando al motore primo i carichi<br />

interme<strong>di</strong> in modo da non saturarlo. Nel caso <strong>di</strong> in<strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> reti esterne (sistema aperto) si fa<br />

ricorso a componenti integrativi. Spesso la rete termica non è <strong>di</strong>sponibile e pertanto si ricorre ad un<br />

generatore ausiliario mentre si lascia alla rete ENEL il compito <strong>di</strong> intervenire per sod<strong>di</strong>sfare le punte<br />

del carico elettrico.<br />

6.10.1 OTTIMIZZAZIONE DEGLI IMPIANTI SET<br />

La variabilità dei carichi elettrici e termici e le peculiarità dei motori primi <strong>di</strong>sponibili portano<br />

alla necessità <strong>di</strong> ottimizzare gli <strong>impianti</strong> SET ricorrendo a componenti aggiuntivi ed integrativi.<br />

Occorre tenere conto che:


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

181<br />

<br />

La pompa <strong>di</strong> calore elettrica permette <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare il rapporto termico/elettrico dell‟Utenza<br />

trasformando un fabbisogno termico in uno elettrico, ve<strong>di</strong> Figura 185.<br />

COMBUSTIBILE<br />

MOTORE PRIMO<br />

UTENZE<br />

ELETTRICHE<br />

ENERGIA<br />

TERMICA<br />

POMPA DI<br />

CALORE<br />

COMBUSTIBILE<br />

CALDAIA<br />

AUSILIARIA<br />

UTENZE TERMICHE<br />

<br />

<br />

Figura 185: Inserimento <strong>di</strong> una pompa <strong>di</strong> calore per incrementare il carico elettrico<br />

La macchina ad assorbimento permette <strong>di</strong> trasformare un fabbisogno <strong>di</strong> tipo elettrico<br />

(compressore frigorifero tra<strong>di</strong>zionale) in uno <strong>di</strong> tipo termico (cioè si ha il caso duale del<br />

precedente).<br />

Un sistema <strong>di</strong> accumulo <strong>di</strong> energia termica permette <strong>di</strong> ridurre le punte <strong>di</strong> potenza nel<br />

<strong>di</strong>agramma <strong>di</strong> carico orario dell‟Utenza.<br />

Le tre possibilità concorrono ad avvicinare C MP al C U minimizzando il ricorso (interscambio)<br />

all‟integrazione me<strong>di</strong>ante reti esterne (ENEL o <strong>di</strong> servizi calore).<br />

6.11 ANALISI ENERGETICA ED ECONOMICA DI UN SET<br />

Per stabilire la convenienza <strong>di</strong> un SET occorre effettuare una analisi energetica ed una<br />

economica secondo le linee delineate nel prosieguo.<br />

6.12 ANALISI ENERGETICA DI UN SET<br />

Per effettuare l‟analisi energetica <strong>di</strong> un SET occorre seguire una metodologia <strong>di</strong> analisi che sia in<br />

grado <strong>di</strong> quantificare le prestazioni del SET, permetta <strong>di</strong> operare un confronto con la situazione<br />

preesistente o in ogni caso con un sistema convenzionale. Inoltre occorre pervenire alla definizione<br />

dei dati necessari per la valutazione della convenienza economica. Abbiamo fin ad ora caratterizzato il<br />

motore primo me<strong>di</strong>ante il rapporto C MP (rapporto termico/elettrico fornito). E‟ ora opportuno definire<br />

nuovi parametri caratteristici e in particolare:<br />

Ren<strong>di</strong>mento Elettrico (o Termo<strong>di</strong>namico) N E<br />

E‟ dato dal rapporto:<br />

N<br />

E<br />

F<br />

E<br />

E<br />

(159)<br />

ove E E è l‟energia elettrica prodotta ed F è l‟energia primaria del combustibile necessaria per<br />

produrre E E .<br />

Ren<strong>di</strong>mento Termico N T<br />

E‟ dato dal rapporto:<br />

N<br />

E<br />

F<br />

T<br />

T<br />

(160)<br />

con E T energia termica utile prodotta ed F energia del combustibile per produrre E T .


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

182<br />

Ren<strong>di</strong>mento Globale N Tot<br />

E‟ dato dalla somma:<br />

NTot NE NT<br />

(161)<br />

Si ricor<strong>di</strong> che questa somma non è omogenea in quanto si sommano grandezze aventi qualità<br />

termo<strong>di</strong>namica <strong>di</strong>versa.<br />

Ren<strong>di</strong>mento Exergetico E Ex<br />

Dato dalla relazione:<br />

T <br />

0<br />

EEx NE NT<br />

1<br />

<br />

T1<br />

<br />

(162)<br />

ove T 0 è la temperatura <strong>di</strong> riferimento, in K, T 1 è la temperatura <strong>di</strong> utilizzo del calore, in K.<br />

Il ren<strong>di</strong>mento exergetico pesa in modo corretto i contributi elettrici e quelli termici (me<strong>di</strong>ante il<br />

Fattore <strong>di</strong> Carnot) e quin<strong>di</strong> valuta correttamente i benefici <strong>di</strong> un sistema SET basato sulla<br />

cogenerazione. Come è facile dedurre dalla (162), il ren<strong>di</strong>mento exergetico è tanto maggiore quanto<br />

più elevata è la temperatura <strong>di</strong> utilizzo termico T 1 . Quanto sopra in<strong>di</strong>cato vale per un SET nel quale<br />

siano in<strong>di</strong>viduati univocamente i morsetti elettrici (uscita elettrica) e la flangia <strong>di</strong> uscita del calore.<br />

Possono esserci casi più complessi nei quali, ad esempio, gli utilizzi termici avvengono a temperature<br />

<strong>di</strong>verse e quin<strong>di</strong> si dovranno calcolare separatamente i singoli contributi termici.<br />

Ren<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione<br />

Per tenere conto della <strong>di</strong>stribuzione dell‟energia si definiscono i seguenti ren<strong>di</strong>menti:<br />

Ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione elettrica N DE ;<br />

Ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione termica N DT .<br />

Come già detto, per valutare i benefici indotti dal SET occorre effettuare un confronto con la<br />

soluzione preesistente o convenzionale. Ciò si ottiene introducendo il concetto <strong>di</strong> Sistema<br />

Convenzionale <strong>di</strong> Riferimento (SC) definito come quel sistema che produce in modo <strong>di</strong>sgiunto la<br />

stessa quantità <strong>di</strong> energia elettrica e termica ottenuta, questa volta in modo congiunto, dal SET.<br />

Risparmio <strong>di</strong> Energia Primaria, R<br />

E‟ il risparmio <strong>di</strong> energia primaria <strong>di</strong> un SET che abbia ren<strong>di</strong>menti elettrico N E e termico N T è<br />

definito, a pari quantità <strong>di</strong> energia elettrica e termica prodotta, dalla relazione:<br />

1<br />

R <br />

(163)<br />

N<br />

E N<br />

T<br />

<br />

N N<br />

E<br />

ove i parametri sopra segnati sono riferiti al Sistema Convenzionale (SC).<br />

Costo Marginale del Calore, C MT<br />

T<br />

Il Costo Marginale del Calore è l‟energia primaria che occorre fornire in più ad un SET che<br />

produce solo energia elettrica per produrre una unità <strong>di</strong> energia termica e la stessa energia elettrica<br />

prodotta dal SC. Esso è definito, quin<strong>di</strong>, dal rapporto:<br />

NE<br />

1<br />

NE<br />

CMT<br />

(164)<br />

N<br />

Costo Marginale dell’Energia Elettrica, C ME<br />

T<br />

Il Costo Marginale dell’Energia Elettrica è l‟energia primaria che occorre fornire in più ad un SET<br />

che produce solo energia termica per produrre una unità <strong>di</strong> energia elettrica e la stessa energia termica<br />

prodotta dal SC. Esso è definito, quin<strong>di</strong>, dal rapporto:


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

183<br />

C<br />

N<br />

T<br />

1<br />

NT<br />

ME<br />

(165)<br />

NE<br />

Entrambi i due parametri <strong>di</strong> costo marginale possono anche tenere conto dei ren<strong>di</strong>menti <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stribuzione dell‟energia elettrica e termica.<br />

Modalità <strong>di</strong> Confronto fra SET ed SC<br />

Per confrontare il Sistema Convenzionale (SC) ed il Sistema ad Energia Totale (SET) in una data<br />

applicazione si possono utilizzare i ren<strong>di</strong>menti exergetici.<br />

Sulla base dei parametri definiti nel paragrafo precedente è possibile confrontare i flussi <strong>di</strong><br />

energia in entrata e in uscita sia per il SC che per il SET, la quantità <strong>di</strong> energia utile prodotte dal SC e<br />

dal SET, il consumo <strong>di</strong> combustibile, i ren<strong>di</strong>menti ed il risparmio <strong>di</strong> energia primaria.<br />

6.13 ANALISI ECONOMICA DI UN SET<br />

I benefici termofisici (riduzione dei consumi, riduzione <strong>di</strong> energia primaria) <strong>di</strong> un sistema SET<br />

possono essere calcolati me<strong>di</strong>ante le definizioni del paragrafo precedente. Il confronto e la<br />

convenienza <strong>di</strong> un SET è però determinata anche da parametri economici e pertanto è fondamentale<br />

pre<strong>di</strong>sporre un‟analisi economica approfon<strong>di</strong>ta.<br />

Da un punto <strong>di</strong> vista termo<strong>di</strong>namico sarebbe meglio definire un‟analisi exergonomica, cioè<br />

un‟analisi economica basata sui ren<strong>di</strong>menti exergetici anziché solamente energetici. In definitiva<br />

un‟analisi basata sul secondo principio della Termo<strong>di</strong>namica è oggi (da non più <strong>di</strong> due decenni) più<br />

in<strong>di</strong>cata <strong>di</strong> una semplice analisi <strong>di</strong> primo principio.<br />

In genere un sistema termofisico (cioè un impianto <strong>di</strong> cogenerazione nel caso in esame) con i<br />

valori <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>menti più elevati è anche il sistema economicamente più costoso sia in termini <strong>di</strong> primo<br />

investimento che <strong>di</strong> gestione.<br />

Occorre pertanto verificare sempre la convenienza economica <strong>di</strong> una scelta progettuale (SET)<br />

e in particolare, tenuto conto dell‟obiettivo <strong>di</strong> un SET <strong>di</strong> ridurre i consumi energetici rispetto ai sistemi<br />

convenzionali, occorre <strong>di</strong>mostrare che le spese <strong>di</strong> investimento richieste per il SET (certamente<br />

maggiori rispetto a quelle corrispondenti <strong>di</strong> un Sistema Convenzionale che utilizza tecnologie note e<br />

più comuni) siano giustificate da un minor costo <strong>di</strong> gestione.<br />

E‟ proprio quest‟ultimo aspetto che riveste una importanza economica fondamentale: in genere<br />

la fattibilità tecnico economica tende a <strong>di</strong>mostrare che il risparmio <strong>di</strong> gestione (cioè <strong>di</strong> energia<br />

primaria e manutenzione degli <strong>impianti</strong> SET) nell‟arco <strong>di</strong> vita (programmata) dell‟impianto compensa<br />

il maggior costo <strong>di</strong> investimento.<br />

E in genere c‟è anche un utile aggiuntivo 40 che giustifica l‟investimento!<br />

E‟ bene sottolineare che non sempre la convenienza energetica porta (o giustifica) una<br />

convenienza economica per cui è bene condurre le analisi energetica ed economica con molta<br />

attenzione utilizzando dati certi e verificati. Spesso il margine <strong>di</strong> profitto <strong>di</strong> questi investimenti è basso<br />

o ad<strong>di</strong>rittura nullo e l‟investimento si giustifica anche per altri benefici indotti quali il minor<br />

inquinamento, posti <strong>di</strong> lavoro aggiuntivi, rinnovo degli <strong>impianti</strong>, riduzione delle tasse 41 ,….<br />

L‟analisi economica segue le regole finanziarie tipiche dell‟analisi Costi Benefici e/o del Bussiness<br />

Planning che in questa sede non si approfon<strong>di</strong>scono perché appaiono fuori tema. Se ne forniscono<br />

brevemente i principi basilari e si rimanda ai testi specializzati <strong>di</strong> economia per una trattazione<br />

approfon<strong>di</strong>ta.<br />

40 La L. 10/91 si basa su questo concetto <strong>di</strong> ritorno dell‟investimento aggiuntivo favorendo l‟aggiornamento degli<br />

<strong>impianti</strong> da parte <strong>di</strong> Terzi Dante Causa (cioè i Gestori) senza richiedere alcun costo agli Enti Proprietari. In definitiva i<br />

Gestori possono aggiornare gli <strong>impianti</strong> e in particolare possono sostituire le caldaie con altre <strong>di</strong> alto ren<strong>di</strong>mento (più<br />

moderne ed efficienti) pagando le spese con il minor costo <strong>di</strong> gestione (energia e manutenzione) conseguente.<br />

41 Si pensi alla Carbon Tax che oggi in sede europea si vuole applicare a tutte le attività produttive che generano<br />

CO 2 me<strong>di</strong>ante processi <strong>di</strong> combustione.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

184<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

Scopi dell’analisi economica<br />

Fra gli scopi principali occorre:<br />

Valutare gli effetti economici della scelta e quin<strong>di</strong> della costruzione <strong>di</strong> un sistema ad energia<br />

totale, SET, in funzione dei fattori <strong>di</strong> progetto quali, i dati <strong>di</strong> produzione e consumi <strong>di</strong> energia<br />

termica ed elettrica, configurazione dell‟impianto e criteri <strong>di</strong> gestione;<br />

Valutare i dati economici relativi all‟investimento e alla gestione dell‟impianto anche in relazione<br />

al costo <strong>di</strong> mercato dei vari componenti, del costo dell‟energia e dei servizi esterni;<br />

Valutare i dati economici dell‟Utenza, quali il personale, il sito, le strutture ausiliarie, le spese<br />

assicurative, …;<br />

Prevedere lo scenario evolutivo della <strong>di</strong>sponibilità e del costo dell‟energia. Si tratta <strong>di</strong> una<br />

operazione complessa e fortemente aleatoria in quanto legata a variabili non governabili<br />

localmente ma <strong>di</strong>pendenti, a scala mon<strong>di</strong>ale, da situazioni geo-politiche, da interessi economici e<br />

speculativi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile previsione.<br />

In genere i costi vengono sud<strong>di</strong>visi in:<br />

Fissi: sono i costi relativi all‟investimento per l‟acquisto dei componenti, per la realizzazione<br />

delle opere civili, per gli <strong>impianti</strong> ausiliari, per le spese <strong>di</strong> montaggio e collaudo dell‟opera;<br />

Variabili: sono i costi relativi ai combustibili, ai lubrificanti e in genere ai materiali <strong>di</strong> consumo<br />

legati al funzionamento del SET. Sono qui comprese le spese <strong>di</strong> manutenzione e, per i sistemi<br />

aperti, i costi dei flussi <strong>di</strong> energia elettrica e termica dalle reti esterne.<br />

Metodo del Cash Flow Attualizzato<br />

Un metodo molto spesso utilizzato e particolarmente efficace per la valutazione economica è<br />

denominato Cash Flow Attualizzato e rappresenta il bilancio, in genere si base annuale, dei flussi <strong>di</strong> cassa<br />

del denaro attualizzati che interessano una data attività e quin<strong>di</strong> anche per l‟analisi economica <strong>di</strong> un SET.<br />

In Figura 186 si ha lo schema a blocchi <strong>di</strong> un cash flow per un sistema ad energia totale, SET e<br />

vale il seguente simbolismo:<br />

A S incasso annuale totale proveniente dalla globalità delle ven<strong>di</strong>te dei prodotti e/o servizi;<br />

A TE spese totali annuali necessarie per vendere e produrre il prodotto e/o servizi (ad<br />

esclusione degli ammortamenti);<br />

A CI Entrata <strong>di</strong> cassa annuale;<br />

A IT Tassa annuale sulle entrate;<br />

A TC spese annuali <strong>di</strong> capitale <strong>di</strong> investimenti che non sono necessariamente nulli dopo che<br />

l‟impianto è stato costruito (ad esempio, per ampliamenti, mo<strong>di</strong>fiche, sostituzioni, ….);<br />

A CF Flusso <strong>di</strong> cassa annuale al netto delle tasse.<br />

ATE<br />

AIT ATC<br />

As<br />

A CI<br />

ACF<br />

Figura 186: Schema a blocchi <strong>di</strong> un Cash Flow per un SET<br />

Valgono le seguenti relazioni <strong>di</strong> bilancio (espresse in moneta coerente, L/anno o €/anno):<br />

A A A<br />

(166)<br />

CI S TE<br />

ANCI ACI AIT<br />

(167)


CF<br />

IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

185<br />

ove A NCI è l‟entrata <strong>di</strong> cassa netta. Ancora:<br />

A A A A t (168)<br />

<br />

IT CI D A<br />

ove è:<br />

A D quota annuale <strong>di</strong> ammortamento. L‟ammortamento è una grandezza che non<br />

corrisponde ad un vero flusso <strong>di</strong> denaro <strong>di</strong> cassa ma risulta essere una scrittura<br />

contabile <strong>di</strong> una forma <strong>di</strong> ripristino del capitale iniziale speso per gli acquisti<br />

dell‟impianto. Le quote <strong>di</strong> e la durata <strong>di</strong> ammortamento sono determinate da norme<br />

fiscali che possono variare da stato a stato.<br />

A A quota <strong>di</strong> denaro annua corrispondente ad eventuali sgravi fiscali (ad esempio<br />

cofinaziamento o altre forme <strong>di</strong> sgravio fiscale determinato dalla legislazione corrente<br />

per il tipo <strong>di</strong> investimento).<br />

t aliquota <strong>di</strong> tassazione (espressa in valore relativo fra 0 ed 1).<br />

Ancora si ha la relazione:<br />

A A A A A t A (169)<br />

<br />

CF CI CI D A TC<br />

Pertanto il flusso <strong>di</strong> cassa attualizzato si ottiene sommando algebricamente, per tutto l‟arco <strong>di</strong><br />

tempo <strong>di</strong> vita dell‟impianto, le grandezze annuali attualizzate dello schema a blocchi <strong>di</strong> Figura 186.<br />

L‟andamento temporale del Cash Flow varia <strong>di</strong> anno in anno, come in<strong>di</strong>cato a titolo <strong>di</strong> esempio<br />

in Figura 187. All‟inizio il cash flow è negativo perché si pagano gli <strong>impianti</strong> senza riceverne alcun<br />

beneficio e il periodo <strong>di</strong> negatività <strong>di</strong>pende dalla complessità dell‟opera esaminata.<br />

Successivamente il Cash Flow comincia a salire e può variare nel corso degli anni per effetto <strong>di</strong><br />

mo<strong>di</strong>fiche <strong>di</strong> benefici fiscali 42 .<br />

<br />

<br />

Cash Flow (iclu<strong>di</strong>ng taxes)<br />

60.000<br />

40.000<br />

20.000<br />

-20.000<br />

0<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16<br />

Cash Flow (iclu<strong>di</strong>ng taxes)<br />

-40.000<br />

-60.000<br />

-80.000<br />

Anni<br />

Figura 187: Andamento tipico <strong>di</strong> un Cash Flow nell’arco <strong>di</strong> 15 anni<br />

In genere la sola conoscenza dell‟andamento <strong>di</strong> A CF (Cash Flow) nell‟arco <strong>di</strong> tempo considerato<br />

come tempo <strong>di</strong> vita dell‟impianto o dell‟iniziativa fornisce informazioni poco fruibili per la valutazione<br />

42 Ad esempio la tariffazione agevolata CIP6 scade dopo 8 anni e quin<strong>di</strong> la ven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia elettrica a tariffa <strong>di</strong><br />

mercato (notevolmente inferiore a quella CIP6) comporta una riduzione <strong>di</strong> flusso cassa, come in<strong>di</strong>cato in Figura 187.<br />

Analogamente si possono avere cessazioni <strong>di</strong> benefici fiscali per la mano d‟opera: in Sicilia si ha la fiscalizzazioni <strong>di</strong> parte<br />

degli oneri sociali per i primi 5 anni <strong>di</strong> attività. Oppure ci possono essere <strong>di</strong>pendenti assunti con la cosiddetta Legge<br />

Giovanile con oneri fiscali ridotti e che dopo due anni <strong>di</strong> servizio ritornano alla piena fiscalità.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

186<br />

della convenienza economica poiché non è agevole confrontare tra loro movimenti <strong>di</strong> danaro<br />

<strong>di</strong>stribuiti nel tempo in modo non omogeneo.<br />

Si utilizzano, pertanto, opportuni in<strong>di</strong>catori economici che sintetizzano la variabilità nel tempo <strong>di</strong><br />

A CF in espressioni <strong>di</strong> facile e comodo uso.<br />

<br />

<br />

<br />

Valore attuale, VAN: somma estesa a tutto il tempo <strong>di</strong> vita dell‟impianto o dell‟iniziativa <strong>di</strong><br />

tutti i flussi <strong>di</strong> cassa annuali attualizzati ad uno stesso anno, <strong>di</strong> solito quello iniziale;<br />

In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Red<strong>di</strong>tività interno, IIR: tasso <strong>di</strong> interesse che rende nullo il valore attuale;<br />

Tempo <strong>di</strong> pay-back o <strong>di</strong> ritorno, TPB: è il numero <strong>di</strong> anni (o frazione <strong>di</strong> anni) dopo i quali il<br />

cash flow cumulativo <strong>di</strong>viene nullo. In pratica questo parametro in<strong>di</strong>ca il tempo necessario a<br />

riprendere il capitale investito nell‟iniziativa 43 .<br />

Il valore attuale del flusso <strong>di</strong> cassa (in<strong>di</strong>cato universalmente con l‟acronimo NPV, Net Presentò<br />

Value) è dato dalla seguente espressione:<br />

NPV <br />

N<br />

<br />

1<br />

<br />

nA<br />

1<br />

i<br />

CFn<br />

<br />

n<br />

(170)<br />

dove si ha il simbolismo:<br />

i tasso <strong>di</strong> attualizzazione 44 ;<br />

n anno <strong>di</strong> vita considerato dell‟iniziativa;<br />

N tempo <strong>di</strong> vita dell‟impianto o dell‟iniziativa. Questo tempo è dettato, spesso, da<br />

considerazioni finanziarie quali, ad esempio, tempo <strong>di</strong> estinzione del mutuo bancario avuto per<br />

l‟investimento o la durata <strong>di</strong> una concessione pubblica o contrattuale <strong>di</strong> una iniziativa.<br />

Normalmente varia fra 15 e 20 anni anche se si possono considerare tempi più lunghi.<br />

L‟in<strong>di</strong>ce IIR (In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Red<strong>di</strong>tività Interno) si ha quando è NPV=0. Questo in<strong>di</strong>ce è considerato fra i<br />

più importanti per la valutazione economica perché sintetizza numerosi aspetti economici che il Tempo<br />

<strong>di</strong> Ritorno 45 o il Valore Attuale da soli non consentono <strong>di</strong> vedere. Questi ultimi due parametri sono,<br />

però, accessori all‟IIR e comunque richiesti per la valutazione economica.<br />

Viene in<strong>di</strong>cato con Valore Attuale Netto <strong>di</strong> un investimento I nel periodo N e valore attuale NPV<br />

la <strong>di</strong>fferenza:<br />

VAN = NPV – I (171)<br />

Si definisce In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Profitto, IP, il rapporto tra la somma dei flussi <strong>di</strong> cassa lor<strong>di</strong> attualizzati ed il<br />

valore degli investimenti. Nel caso in cui l‟intero investimento sia riferibile al momento iniziale allo si<br />

ha:<br />

VAN I NPV<br />

IP (172)<br />

I I<br />

Si definisce inoltre Red<strong>di</strong>tività dell’Investimento, RI, il rapporto:<br />

VAN<br />

RI (173)<br />

I<br />

Sono oggi molto usati alcuni in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> derivazione anglosassone e in particolare il Tasso <strong>di</strong><br />

Red<strong>di</strong>tività, ROI (Return of Investment), definito dal rapporto fra l‟utile me<strong>di</strong>o annuale e l‟investimento<br />

43 In Figura 187 il tempo <strong>di</strong> pay-back è dato dall‟ascissa <strong>di</strong> intersezione della curva cumulativa con l‟asse dei tempi.<br />

44 L‟attualizzazione tiene conto della svalutazione del denaro per effetto degli interessi (tasso <strong>di</strong> sconto) da pagare<br />

al finanziatore per avere <strong>di</strong>sponibile la somma S al momento iniziale dell‟investimento. Il valore <strong>di</strong> S fra n anni con interessi<br />

i è V S 1<br />

i<br />

n<br />

e V è detto valore attuale della somma S al tasso <strong>di</strong> sconti i dopo n anni.<br />

45 Si può avere un tempo <strong>di</strong> ritorno breve ma poi un cash flow minore per effetto della variabilità dei parametri,<br />

come già osservato. Così pure, il valore attuale può essere piccolo ma essere alla fine del tempo <strong>di</strong> vita dell‟impianto e<br />

quin<strong>di</strong> poco importante per l‟iniziativa.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

187<br />

iniziale. L‟utile me<strong>di</strong>o annuale è definito come <strong>di</strong>fferenza tra il risparmio annuale me<strong>di</strong>o R e la quota <strong>di</strong><br />

ammortamento della spesa iniziale S a , pertanto si ha:<br />

R<br />

S<br />

TR ROI<br />

a<br />

(174)<br />

I<br />

Osservazione sul metodo del Net Cash Flow<br />

Il metodo del flusso <strong>di</strong> cassa netto consente <strong>di</strong> determinare una innumerevole quantità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>ci<br />

(più o meno richiesti dalle banche in sede <strong>di</strong> certificazione del bussiness plan) ma occorre fare molta<br />

attenzione al valore reale che il metodo può avere. Esso, infatti, si basa sulla presunzione <strong>di</strong> prevedere gli<br />

andamenti a lungo termine dei vari parametri finanziari oltre che dei costi e dei ricavi.<br />

Non è assolutamente facile arrivare a tanta sicurezza specialmente se le previsioni si estendono<br />

oltre i cinque anni. Un esempio può chiarire quanto appena enunciato. Se si vuole esaminare la<br />

convenienza economica <strong>di</strong> un SET nell‟arco <strong>di</strong> venti anni si deve inevitabilmente assumere un costo<br />

dell‟energia primaria (gasolio, gas metano, …) che è certamente noto al momento della stesura dello<br />

stu<strong>di</strong>o ma che è del tutto impreve<strong>di</strong>bile nel corso dei successivi venti anni.<br />

Si suole ipotizzare uno scenario <strong>di</strong> sviluppo dei costi che è più o meno cabalistico poiché nessun<br />

operatore economico può prevedere l‟evoluzione geopolitica delle regioni fornitrici <strong>di</strong> materie prime<br />

per l‟energia (paesi arabi, Russia, Regioni africane, ..).<br />

Basta un piccolo conflitto regionale o una ipotesi <strong>di</strong> conflittualità in una regione della terra per<br />

innescare una spirale non controllabile <strong>di</strong> innalzamento dei prezzi. In questi mesi stiamo vivendo una<br />

situazione che esemplifica molto bene quanto appena detto: il costo del barile <strong>di</strong> grezzo è passato nei<br />

giro <strong>di</strong> sei mesi da 14 a 34 $/barile.<br />

All‟inizio degli anni settanta, con la prima grande crisi petrolifera innescata dai conflitti arabo –<br />

israeliani, il costo del petrolio sembrava aumentare del 15% all‟anno e certo una tendenza del genere<br />

avrebbe innescato eventi catastrofici sulle economie degli stati importatori <strong>di</strong> petrolio.<br />

Dopo circa un paio d‟anni il costo del barile scese dai circa 40 $ ai 12 $ annullando tutte le<br />

previsioni possibili, da quelle ottimistiche a quelle pessimistiche. Allo stesso modo è <strong>di</strong>fficile prevedere<br />

il costo del denaro per lunghi perio<strong>di</strong> a causa della contingenza economica ormai su scala mon<strong>di</strong>ale.<br />

La sostanziale insicurezza delle previsioni <strong>di</strong> cassa rende il metodo del cash Flow sostanzialmente<br />

approssimato e quin<strong>di</strong> poco affidabile. Per questo motivo, ad esempio, le banche richiedono molti<br />

in<strong>di</strong>ci economici poiché ognuno <strong>di</strong> essi presenta suscettibilità <strong>di</strong> errore <strong>di</strong>fferenziati.<br />

Inoltre la preve<strong>di</strong>bile imprecisione dei flussi <strong>di</strong> cassa porta a richiedere in<strong>di</strong>ci non solo elevati, e<br />

quin<strong>di</strong> sinonimi <strong>di</strong> convenienza economica dell‟iniziativa esaminata, ma le banche si mettono al riparo<br />

da sorprese possibili richiedendo valori più elevati del necessario in modo da essere sicure che l‟iniziativa<br />

possa recuperare liqui<strong>di</strong>tà anche in situazioni contingenti molto sfavorevole. Così, ad esempio, non<br />

basta che, detratte le tasse, una iniziativa renda il 20% (valore già elevato!) ma si chiede che la<br />

red<strong>di</strong>tività netta sia superiore al 3035% (enorme!).<br />

Si può intuire quale sia la ratio <strong>di</strong> una simile richiesta: una red<strong>di</strong>tività molto alta garantisce un<br />

ritorno degli investimenti in un numero limitato (24) <strong>di</strong> anni e quin<strong>di</strong> le possibilità <strong>di</strong> rischio si<br />

riducono fortemente quanto minore è il tempo <strong>di</strong> pay back.<br />

In genere gli in<strong>di</strong>ci economici <strong>di</strong> breve periodo forniscono più sicurezza alle banche rispetto ad<br />

altri <strong>di</strong> lungo periodo.<br />

6.13.1 TEMPO DI RITORNO ATTUALIZZATO DELL’INVESTIMENTO, TAR<br />

E‟ già stato definito come il tempo necessario a riacquistare l‟investimento iniziale (attualizzato)<br />

e il metodo del flusso <strong>di</strong> cassa consente facilmente, ve<strong>di</strong> l‟esempio <strong>di</strong> Figura 187, <strong>di</strong> trovarlo come<br />

valore dell‟ascissa <strong>di</strong> intersezione con la curva del cash flow.<br />

Questo tempo (Discounted pay back, DPB) assume un significato notevole, come illustrato in<br />

precedenza, poiché fino a quel momento l’investitore è esposto a per<strong>di</strong>te finanziarie e quin<strong>di</strong> incapace <strong>di</strong><br />

riacquistare (e quin<strong>di</strong> le banche non possono riavere) l‟investimento iniziale.<br />

Si osservi che nel lungo periodo, cioè nel tempo <strong>di</strong> vita dell‟impianto o in genere dell‟iniziativa,<br />

non è detto che quanto minore risulta il TRA tanto migliore è l‟iniziativa poiché dopo questo periodo


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

188<br />

si possono avere capovolgimenti <strong>di</strong> ogni sorta. Una iniziativa può essere più favorevole nel lungo<br />

periodo <strong>di</strong> un‟altra anche se con TRA maggiore. Pur tuttavia, anche ai fini <strong>di</strong> un recupero del cre<strong>di</strong>to<br />

da parte <strong>di</strong> enti finanziatori, il TRA riveste gran<strong>di</strong>ssima importanza e l‟analisi <strong>di</strong> cassa in questo breve<br />

periodo (rispetto alla durata dell‟iniziativa che normalmente è <strong>di</strong> 1520 anni) sia quanto più precisa e<br />

coscienziosa possibile. Superato il TRA l‟iniziativa risulta comunque remunerativa e con in<strong>di</strong>ci<br />

economici variabili in base al flusso <strong>di</strong> cassa del periodo successivo fra il TAR e la vita prevista per<br />

l‟iniziativa. Un TRA ridotto è preferito anche nei perio<strong>di</strong> congiunturali meno favorevoli per uno stato.<br />

Nel caso in cui il TRA è <strong>di</strong> pochi anni si può abbandonare l‟ipotesi <strong>di</strong> attualizzare i costi e flussi<br />

<strong>di</strong> cassa. In questo caso il rapporto fra l‟investimento I ed il risparmio R fornisce il Tempo <strong>di</strong> ritorno<br />

Semplice, TRS (SPB Simple Pay Back). Si tratta <strong>di</strong> una stima imme<strong>di</strong>ata ed efficace sulla proponibilità<br />

dell‟iniziativa anche se i flussi considerati non sono attualizzati.<br />

6.13.2 ANALISI DI SENSITIVITÀ<br />

L‟incertezza nella previsione dei flussi <strong>di</strong> cassa e quin<strong>di</strong> dell‟analisi finanziaria giustifica la<br />

necessità <strong>di</strong> conoscere entro quali limiti la realtà può <strong>di</strong>scostarsi dalla previsione senza subire una<br />

per<strong>di</strong>ta finanziaria. Quanto detto comporta l‟analisi <strong>di</strong> sensitività del valore attuale netto, VAN, rispetto<br />

alla variazione <strong>di</strong> uno o più parametri finanziari rispetto ai valori nominali previsti. Risulta utile<br />

conoscere il valore limite <strong>di</strong> un parametro finanziario per cui il VAN si annulla: esso rappresenta il<br />

limite del campo <strong>di</strong> convenienza dell‟investimento.<br />

Il Tasso Interno <strong>di</strong> Red<strong>di</strong>tività, (che gli anglosassoni in<strong>di</strong>cano con IIR Internal Rate of Return)<br />

introdotto in precedenza come il tasso <strong>di</strong> attualizzazione che rende nullo il VAN nel periodo previsto<br />

per l‟investimento, va visto nell‟ottica dell‟analisi <strong>di</strong> sensitività. Poiché il tasso <strong>di</strong> sconto non è mai certo<br />

nel lungo periodo allora l‟IIR in<strong>di</strong>ca il valore limite del tasso che annulla i guadagni (o meglio il VAN)<br />

nel periodo previsto.<br />

Pertanto quanto maggiore è la <strong>di</strong>fferenza fra il Tasso <strong>di</strong> Sconto previsto in analisi e l‟IIR tanto<br />

minore è il rischio legato alla variabilità (o stima approssimata) <strong>di</strong> questo parametro.<br />

L‟analisi <strong>di</strong> sensitività può essere estesa anche ad altri parametri, oltre il tasso <strong>di</strong> sconto, e in<br />

genere si in<strong>di</strong>viduano quei parametri che influenzano il risultato economico e finanziario dell‟iniziativa<br />

e che più sono soggetti ad imprecisione <strong>di</strong> valutazione iniziale.<br />

In genere si calcola l‟IIR in funzione <strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> questi parametri, a parità <strong>di</strong> altre assunzioni,<br />

per cui è possibile in<strong>di</strong>viduare il valore limite del parametro nell‟ambito della convenienza<br />

dell‟impianto (o dell‟iniziativa) che corrisponde ad un dato IIR così calcolato pari al tasso <strong>di</strong> sconto i.<br />

Fra i parametri che interessano gli <strong>impianti</strong> SET sono da considerare il costo dell‟energia<br />

primaria, il fatturato, la spesa <strong>di</strong> investimento (specialmente se il periodo <strong>di</strong> costruzione dell‟impianto<br />

non è breve). L‟analisi <strong>di</strong> sensitività può essere oggi condotta con strumenti <strong>di</strong> calcolo sofisticati e<br />

computerizzati. In ogni caso è sempre bene ricorrere ad uno specialista finanziario per evitare <strong>di</strong><br />

incorrere in errori grossolani.<br />

6.13.3 INDICE ENERGETICO IEN<br />

Si è già detto che l‟attuale legislazione nazionale favorisce le fonti rinnovabili incentivando la<br />

cessione <strong>di</strong> energia all‟ENEL (Prezzo concordato me<strong>di</strong>ante CIP-6 o Certificati Ver<strong>di</strong>).<br />

Per le fonti energetiche tra<strong>di</strong>zionali si <strong>di</strong>ce che sono assimilabili a quelle rinnovabili se l‟efficienze<br />

energetica raggiunta nelle trasformazioni è elevata. In definitiva la Legge tende a favorire i sistemi per<br />

il risparmio energetico per le ricadute sociali ed ambientali che esso produce. Il Criterio <strong>di</strong> Assimilabilità<br />

delle fonti energetiche tra<strong>di</strong>zionali si base sul concetto <strong>di</strong> In<strong>di</strong>ce Energetico (denominato IEN)<br />

definito dalla relazione:<br />

EE<br />

ET<br />

IEN a<br />

E<br />

0.9E<br />

(175)<br />

dove si ha il simbolismo:<br />

E E energia elettrica netta prodotta in un anno;<br />

E T energia termica utile prodotta in un anno;<br />

C<br />

C


RENDIMENTO TERMICO<br />

MEDIO ANNUALE<br />

IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

189<br />

E C energia consumata in un anno me<strong>di</strong>ante combustibili fossili.<br />

Il termine a è dato dalla relazione:<br />

1 E <br />

E<br />

a 10.51<br />

(176)<br />

0.51<br />

EC<br />

<br />

Ne segue che perché un impianto tra<strong>di</strong>zionale sia assimilabile ad un impianto che utilizza fonti<br />

rinnovabili 46 deve essere IEN>0.51.<br />

In questo modo si ha <strong>di</strong>ritto alla tariffazione privilegiata dell‟energia ceduta all‟ENEL. Si osservi<br />

che l‟in<strong>di</strong>ce energetico è la somma del ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> trasformazione elettrica (E E /E C ) più quello <strong>di</strong><br />

trasformazione termica supponendo <strong>di</strong> avere un generatore con ren<strong>di</strong>mento del 90%.<br />

Questa somma viene penalizzata se il ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> trasformazione elettrica è inferiore a 0.51<br />

tramite il fattore sottrattivo a. In Figura 188 si ha l‟andamento dell‟in<strong>di</strong>ce IEN. Ancora meglio vanno<br />

le cose se risulta IEN>0.6 per cui si ha <strong>di</strong>ritto ad una tariffazione più elevata.<br />

Si osservi che il valore limite 0.51 è particolarmente selettivo nei riguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> cogenerativi<br />

con elevate prestazioni.<br />

Per <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> produzione combinati questa limitazione equivale a scrivere:<br />

EE<br />

ET<br />

EC<br />

EC<br />

1<br />

(177)<br />

0.51 0.9<br />

AREA RISPETTO IEN<br />

50%<br />

45%<br />

40%<br />

35%<br />

30%<br />

25%<br />

20%<br />

25% 26% 27% 28% 29% 30% 31% 32% 33% 34% 35% 36% 37% 38% 39% 40%<br />

RENDIMENTO ELETTRICOMEDIO ANNUALE<br />

Figura 188: Andamento <strong>di</strong> IEN in funzione dei rapporti <strong>di</strong> trasformazione elettrica e termica<br />

Si deduce che i due ren<strong>di</strong>menti limiti per l‟assimilabilità sono 0.51 per l‟elettrico e 0.9 per il<br />

termico. Ora mentre è agevole, con le attuali tecnologie, arrivare a 0.9 per un generatore elettrico non<br />

è altrettanto facile raggiungere il valore 0.51 per il ren<strong>di</strong>mento elettrico, specialmente per gli <strong>impianti</strong><br />

cogenerativi.<br />

Ne deriva che per compensare il minor ren<strong>di</strong>mento elettrico si debbono avere forti ren<strong>di</strong>menti<br />

termici e quin<strong>di</strong> risultano favoriti gli <strong>impianti</strong> con una forte utilizzazione termica a scapito degli <strong>impianti</strong> con<br />

forte utilizzazione elettrica.<br />

I cicli misti gas-vapore sono nettamente svantaggiati rispetto ai motori a combustione interna e<br />

alle turbine a gas con forte post combustione 47 (ve<strong>di</strong> nel prossimo capitolo le caratteristiche dei motori<br />

primi). Naturalmente tutto ciò è vero se si ha una piena utilizzazione dell‟energia termica prodotta.<br />

Quest‟ultima osservazione incentiva, specialmente negli usi civili, l‟uso del calore in esubero per<br />

la produzione del freddo nel periodo estivo.<br />

46 Cioè energia solare, eolica, idraulica, geotermica, marina o da rifiuti.<br />

47 La post combustione non incrementa il ren<strong>di</strong>mento elettrico poiché agendo sui soli gas <strong>di</strong> scarico non porta<br />

maggior potenza alla turbina che alimenta il generatore elettrico.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

190<br />

6.14 I MOTORI PRIMI DEL SET<br />

Il componente fondamentale <strong>di</strong> un Sistema ad Energia Totale, SET, è il motore primo cioè il<br />

componente che fornisce energia termica ed elettrica in modo cogenerativo. Quelli maggiormente<br />

utilizzati sono:<br />

Il motore alternativo;<br />

La turbina a vapore;<br />

La turbina a gas.<br />

E‟ importante inquadrare il funzionamento del motore primo in un ciclo termo<strong>di</strong>namico nel<br />

quale si evincano i livelli <strong>di</strong> utilizzo delle frazioni energetiche interessate.<br />

Ve<strong>di</strong>amo ora brevemente (si rimanda ai Corsi <strong>di</strong> Macchine per maggiori approfon<strong>di</strong>menti) i<br />

punti principali da ricordare per la scelta del motore primo <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> cogenerazione.<br />

6.14.1 MOTORI ALTERNATIVI<br />

I motori alternativi che più vengono utilizzati sono quelli endotermici basati su ciclo Diesel e su<br />

Ciclo Otto. Va tenuto presente, tuttavia, che se i combustibili <strong>di</strong> elezione <strong>di</strong> questi motori sono il<br />

gasolio e la benzina, in campo cogenerativo si usano anche combustibili <strong>di</strong>versi quali il metano, il<br />

syngas (derivato da pirolisi industriali), oli pesanti (<strong>di</strong> scarto), …..<br />

La cogenerazione spinge questi motori a funzionare al limite delle possibilità termo<strong>di</strong>namiche<br />

nello spirito <strong>di</strong> utilizzare il maggior numero <strong>di</strong> fonti energetiche primarie possibili.<br />

6.14.2 CICLO DIESEL<br />

Il campo <strong>di</strong> potenza interessato da questi motori si estende fino a 40 MW ed essenzialmente si<br />

utilizzano motori <strong>di</strong>esel o anche, in minor misura, motori a gas.<br />

Il ren<strong>di</strong>mento elettrico delle unità <strong>di</strong> maggiore potenza si avvicina sensibilmente a quello delle<br />

centrali termoelettriche raggiungendo punte del 4042 %.<br />

Il ren<strong>di</strong>mento globale, incluso il recupero <strong>di</strong> calore <strong>di</strong> scarto, raggiunge valori elevati pari a 8085%.<br />

Un grosso vantaggio <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> motore primo è che la curva <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>mento si mantiene<br />

quasi piatta in funzione del carico fino al 5060 % del carico nominale ed inoltre l‟utilizzazione del<br />

calore <strong>di</strong> scarto, anche ad alta temperatura, non riduce le prestazioni meccaniche del motore.<br />

E‟ anche possibile frazionare la potenza in varie unità modulari e ciò consente <strong>di</strong> avere<br />

ren<strong>di</strong>menti massimi in ampie con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> carico.<br />

Il <strong>di</strong>esel può anche funzionare a gas con opportune iniezioni <strong>di</strong> nafta (combustione pilota) in<br />

percentuale del 5% del totale. Questa soluzione (detta dual quel) consente <strong>di</strong> funzionare anche a gas ma<br />

con un aggravio dei consumi <strong>di</strong> circa il 10% rispetto al solo funzionamento a nafta.<br />

Va tenuto conto anche degli aspetti negativi che il motore <strong>di</strong>esel presenta e cioè:<br />

Potenza unitaria limitata e non suscettibile <strong>di</strong> rapi<strong>di</strong> aumenti;<br />

Complessità notevole della macchina e quin<strong>di</strong> maggiori oneri <strong>di</strong> manutenzione;<br />

Abbondante produzione <strong>di</strong> ossi<strong>di</strong> <strong>di</strong> azoto.<br />

Ciclo Termo<strong>di</strong>namico<br />

Il ciclo Diesel è formato da due isoentropiche una isobara ed una isocora, come in<strong>di</strong>cato in<br />

Figura 189.<br />

La fase <strong>di</strong> combustione avviene insufflando, ad alta pressione (oltre 100 bar e oggi si possono<br />

avere pressioni elevatissime fino a 1500 bar nei <strong>di</strong>esel common rail), gasolio nebulizzato in piccolissime<br />

goccioline nel cilindro ove si trova aria compressa nelle con<strong>di</strong>zioni del punto B e quin<strong>di</strong> ad una<br />

temperatura <strong>di</strong> circa 900 °C, sufficiente per fare avvenire la combustione.<br />

Non occorre alcun <strong>di</strong>spositivo elettrico <strong>di</strong> accensione, quin<strong>di</strong>, e la trasformazione avviene ad<br />

una pressione che si può ritenere, almeno idealmente, costante poiché durante la combustione si ha un<br />

aumento <strong>di</strong> <strong>volume</strong> della camera <strong>di</strong> combustione per effetto del movimento del pistone.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

191<br />

Temperatura<br />

CALORE FORNITO<br />

PER COMBUSTIONE A<br />

PRESSIONE<br />

COSTANTE<br />

C<br />

B<br />

LAVORO NEI<br />

CILINDRI<br />

LAVORO<br />

COMPRESSORE<br />

D<br />

A<br />

CALORE DI SCARICO A<br />

VOLUME COSTANTE<br />

Entropia<br />

Figura 189: Ciclo ideale Diesel<br />

Il ren<strong>di</strong>mento del ciclo Diesel è dato dalla relazione:<br />

k<br />

1 rc<br />

1<br />

<br />

1 k1<br />

<br />

rv<br />

krc<br />

1<br />

<br />

(178)<br />

ove r v è sempre il rapporto <strong>di</strong> compressione <strong>volume</strong>trico mentre r c è il rapporto <strong>di</strong> combustione<br />

definito dalla relazione:<br />

vC<br />

rc<br />

(179)<br />

v<br />

B<br />

con i simboli <strong>di</strong> Figura 189. I ren<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> questo ciclo sono elevati, rispetto ai cicli Otto,<br />

poiché si può comprimere solo aria nella fase AB evitando i fenomeni <strong>di</strong> autodetonazione delle<br />

benzine.<br />

I motori <strong>di</strong>esel richiedono poca manutenzione e sono caratterizzati da un numero <strong>di</strong> giri al<br />

minuto inferiore rispetto a quello dei cicli a benzina. Oggi si hanno i cicli misti, cicli Sabathè,<br />

caratteristici dei <strong>di</strong>esel veloci. Si raggiungono circa 6000 g/m ed alti ren<strong>di</strong>menti.<br />

6.14.3 CICLO OTTO<br />

Si tratta <strong>di</strong> uno dei cicli termo<strong>di</strong>namici più utilizzati ed è il ciclo <strong>di</strong> riferimento per i motori a<br />

benzina. Esso si compone, ve<strong>di</strong> Figura 190, <strong>di</strong> una compressione isoentropica, sempre con riferimento<br />

al ciclo ideale ad aria standard, seguito da una combustione interna isocora, me<strong>di</strong>ante scoppio attivato<br />

da una scarica elettrica, seguita da una fase utile <strong>di</strong> espansione e poi <strong>di</strong> una fase <strong>di</strong> scarico dei prodotti<br />

<strong>di</strong> combustione in atmosfera ancora isocora. Il ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> questo ciclo è dato dalla seguente<br />

relazione:<br />

1<br />

(180)<br />

1<br />

k1<br />

r v<br />

ove r v è il rapporto <strong>di</strong> compressione <strong>volume</strong>trico dato da:<br />

vA<br />

rv<br />

(181)<br />

v<br />

B<br />

I valori <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>mento che si ottengono normalmente sono compresi fra il 16 e il 24% e quin<strong>di</strong><br />

bassi rispetto ai valori ottenibili con un ciclo ideale <strong>di</strong> Carnot. Nel confronto con il ciclo Diesel il ciclo<br />

Otto funziona meglio a pari rapporto <strong>di</strong> compressione. In realtà a pari temperatura massima <strong>di</strong> ciclo si<br />

ha un notevole vantaggio nel ren<strong>di</strong>mento dei motori Diesel potendosi raggiungere, in quest‟ultimi,<br />

elevati rapporti <strong>di</strong> compressione con sola aria impensabili con i cicli Otto.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

192<br />

Temperatura<br />

CALORE FORNITO<br />

PER COMBUSTIONE A<br />

VOLUME COSTANTE<br />

C<br />

B<br />

LAVORO NEI<br />

CILINDRI<br />

LAVORO<br />

COMPRESSORE<br />

D<br />

A<br />

CALORE DI SCARICO<br />

Figura 190: Ciclo Otto per motori a benzina<br />

I cicli reali Diesel e Otto risultano alquanto mo<strong>di</strong>ficati rispetto ai cicli ideali sopra in<strong>di</strong>cati per varie<br />

ragioni fra le quali, si ricorda:<br />

Compressione ed espansione reali (politropiche) dei flui<strong>di</strong>;<br />

Comportamento della miscela <strong>di</strong> gas <strong>di</strong>verso dall‟aria standard e quin<strong>di</strong> con calori specifici<br />

variabili alle varie pressioni e temperature;<br />

I prodotti <strong>di</strong> combustione presentano fenomeni <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssociazione ad elevate temperature;<br />

I fenomeni <strong>di</strong> accensione e combustione avvengono in intervalli <strong>di</strong> tempo non trascurabili e<br />

quin<strong>di</strong> non istantanei;<br />

I cicli sono aperti e quin<strong>di</strong> con scambi <strong>di</strong> massa con l‟esterno.<br />

6.14.4 COMBUSTIBILI UTILIZZATI DAI DIESEL<br />

I Diesel possono utilizzare, nelle versioni industriali, <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> oli combustibili e quin<strong>di</strong> sia<br />

frazioni leggere, come il gasolio, che frazioni pesanti. Le caratteristiche delle frazioni leggere sono:<br />

Proprietà Valori Unità <strong>di</strong> Misura<br />

Entropia<br />

Densità 835870 Kg/m²<br />

Viscosità a 40 °C 2.113 CSt<br />

Viscosità a 50 °C 1.11.8 °E<br />

Residuo Conradson (max) 6 %<br />

Ceneri (max) 0.02 %<br />

Acqua e se<strong>di</strong>menti (max) 0.3 %<br />

Zolfo 2.5 %<br />

Potere Calorifico Inferiore 42.7 MJ/kg<br />

Tabella 22: Proprietà dei frazioni leggere per Diesel<br />

Le proprietà delle frazioni pesanti sono:<br />

Proprietà Valori Unità <strong>di</strong> Misura<br />

Densità 950990 Kg/m²


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

193<br />

Viscosità a 38 °C 75120 °E<br />

Residuo Conradson (max) 16 %<br />

Acqua (max) 0.3 %<br />

Ceneri (max) 0.03 %<br />

Asfalteni (max) 411 %<br />

Zolfo (max) 14 %<br />

Potere Calorifico Inferiore 41 MJ/kg<br />

Vana<strong>di</strong>o 100200% ppm<br />

So<strong>di</strong>o 2080% ppm<br />

Tabella 23: Proprietà dei frazioni pesanti per Diesel<br />

Si osservi che il residuo Conradson e le ceneri influiscono molto sullo sporcamento e sull‟usura del<br />

motore. Il tenore <strong>di</strong> vana<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o influenza il grado <strong>di</strong> corrosione ad elevata temperatura e la<br />

formazione <strong>di</strong> depositi sulle valvole.<br />

Infine il tenore <strong>di</strong> zolfo influenza la corrosione nel motore e negli scambiatori <strong>di</strong> recupero termico<br />

dei gas <strong>di</strong> scarico. Le frazioni leggere possono essere usate nei <strong>di</strong>esel veloci ed automobilistici mentre<br />

le frazioni pesanti possono essere usate solo nei <strong>di</strong>esel lenti con opportune scelte <strong>di</strong> materiali (testate<br />

in ghisa).<br />

6.14.5 IMPATTO AMBIENTALE DI UNA LOCALIZZAZIONE DI MOTORI ALTERNATIVI<br />

I motori Diesel (o anche quelli Otto) <strong>di</strong> grande potenza pongono problemi <strong>di</strong> impatto ambientale<br />

(ve<strong>di</strong> capitolo successivo per altri approfon<strong>di</strong>menti) per localizzazioni all‟interno <strong>di</strong> aree urbane e <strong>di</strong><br />

centri densamente abitati a meno <strong>di</strong> ricorrere a soluzioni <strong>di</strong> protezione ambientale spesso costosi e<br />

complessi.<br />

Nel valutare l‟impatto ambientatale occorre considerare:<br />

Le emissioni nei gas <strong>di</strong> scarico (e quin<strong>di</strong> il tipo <strong>di</strong> combustibile utilizzato);<br />

La rumorosità prodotta e quin<strong>di</strong> il rispetto del DPCM 1/3/91 e L. 447/94;<br />

Le vibrazioni eventualmente indotte negli e<strong>di</strong>fici.<br />

Un motore <strong>di</strong>esel produce circa 78 kg/kWh prodotto <strong>di</strong> gas <strong>di</strong> scarico ad una temperatura<br />

uscente dallo scambiatore <strong>di</strong> recupero <strong>di</strong> circa 120180 °C. In genere si ha circa il 77% <strong>di</strong> N 2 , 13% <strong>di</strong><br />

CO 2 , 5% <strong>di</strong> CO e 5% <strong>di</strong> H 2 O. Si hanno, inoltre, varie percentuali <strong>di</strong> CO x ed NO x oltre che idrocarburi<br />

incombusti, ceneri e fuliggine.<br />

Un parametro che deve essere tenuto in considerazione è l‟opacità dei fumi misurata in gra<strong>di</strong> Bosch<br />

o Bacharach e compresa fra 0.30.5 ° Bosch.<br />

Per quanto riguarda la rumorosità i motori Diesel si <strong>di</strong>stinguono dai motori Otto a benzina, ve<strong>di</strong><br />

Figura 191, per uno spettro più ricco alle basse frequenze e <strong>di</strong> notevole ampiezza<br />

In genere le fonti <strong>di</strong> rumorosità sono in<strong>di</strong>viduabili in corrispondenza a:<br />

Aspirazione dell‟aria;<br />

Emissione dei gas <strong>di</strong> scarico;<br />

Funzionamento del motore (specialmente quelli lenti)<br />

Nei primi due casi si può fare uso <strong>di</strong> speciali silenziatori per attenuare la rumorosità mentre per<br />

il rumore del motore occorre intervenire sugli e<strong>di</strong>fici me<strong>di</strong>ante applicazione <strong>di</strong> coibenti acustici.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

194<br />

Figura 191: Spettro a banda <strong>di</strong> terzi <strong>di</strong> ottava <strong>di</strong> un motore a benzina<br />

Per le vibrazioni i problemi possono essere rilevanti in considerazione della notevole massa in<br />

gioco nei motori <strong>di</strong> potenza. In genere occorre progettare bene il blocco <strong>di</strong> fondazione avendo cura <strong>di</strong><br />

isolarlo (me<strong>di</strong>ante tagli) dal terreno circostante con l‟interposizione <strong>di</strong> materiali assorbenti (pannelli <strong>di</strong><br />

gomma, strati <strong>di</strong> sughero, ammortizzatori meccanici, …).<br />

Si ricor<strong>di</strong> che le frequenze naturali dell‟e<strong>di</strong>ficio debbono essere lontane da quelle indotte dalle<br />

vibrazioni dei motori per evitare pericolose risonanze.<br />

Per un corretto stu<strong>di</strong>o del blocco delle fondazioni occorre conoscere i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> vibrazione del<br />

blocco motore-fondazioni, l‟impedenza meccanica del terreno e i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> oscillazione dell‟e<strong>di</strong>ficio.<br />

Come criterio guida per la progettazione della fondazione occorre che la sollecitazione unitaria<br />

sul terreno non deve superare 1/3 ¼ della sollecitazione statica ammissibile, il baricentro dei carichi<br />

deve essere sulla verticale al centro dell‟area <strong>di</strong> base della fondazione, l‟ampiezza delle vibrazioni deve<br />

essere contenuta entro valori limiti imposti dalle norme e il peso della fondazione (cioè del solo blocco<br />

<strong>di</strong> calcestruzzo <strong>di</strong> base) deve essere grande (320 volte maggiore) rispetto a quello del motore, anche<br />

in funzione della velocità <strong>di</strong> rotazione <strong>di</strong> quest‟ultimo.<br />

6.14.6 COGENERAZIONE DEI MOTORI DIESEL<br />

Il motore alternativo <strong>di</strong>esel (ma anche quello a benzina) presenta sorgenti <strong>di</strong>fferenziate <strong>di</strong> calore<br />

in corrispondenza degli scarichi gassosi, dell‟acqua <strong>di</strong> refrigerazione, dell‟aria <strong>di</strong> sovralimentazione,<br />

dell‟olio <strong>di</strong> raffreddamento secondo quanto in<strong>di</strong>cato, sommariamente, in Figura 192.<br />

In genere dagli scarichi si può ricavare 9001200 kcal/kWh <strong>di</strong> lavoro meccanico erogato all‟asse<br />

del motore. Circa il 15% del calore introdotto viene asportato dall‟acqua <strong>di</strong> raffreddamento e dall‟olio<br />

che escono dal motore a temperature <strong>di</strong> 80 e 75 °C rispettivamente. Si tratta <strong>di</strong> calore facilmente<br />

recuperabile me<strong>di</strong>ante l‟inserimento <strong>di</strong> uno scambiatore <strong>di</strong> calore.<br />

In alcuni casi si possono avere temperature dell‟acqua <strong>di</strong> raffreddamento fino a 125130 °C e<br />

dell‟olio <strong>di</strong> 8085 °C.<br />

Per motori con intercooler si può estrarre circa il 9% <strong>di</strong> calore fra il primo e il secondo sta<strong>di</strong>o<br />

del sistema <strong>di</strong> raffreddamento dell‟aria <strong>di</strong> sovralimentazione.<br />

Il calore asportato nei gas <strong>di</strong> scarico è circa il 33% <strong>di</strong> quello totale introdotto ed è <strong>di</strong>sponibile ad<br />

un livello <strong>di</strong> temperatura <strong>di</strong> circa 400 °C. Si osservi che non è possibile raffreddare totalmente a<br />

temperatura ambiente i gas <strong>di</strong> scarico per evitare pericolose e corrosive condense dei fumi. Di solito ci<br />

si ferma a circa 110120 °C anche in funzione del tenore <strong>di</strong> zolfo del combustibile adottato.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

195<br />

Gs <strong>di</strong> scarico a 400 °C<br />

Acqua Motore a 80 °C<br />

Aria sovralimentazione<br />

a 150 °C<br />

Olio Raffreddamento<br />

Irraggiamento Acqua<br />

polverizzatori<br />

Lavoro Utile<br />

Figura 192: Bilancio <strong>di</strong> un motore Diesel<br />

Ipotizzando una portata dei gas <strong>di</strong> scarico <strong>di</strong> 78 kg/kWh si ha una quantità <strong>di</strong> energia termica<br />

recuperabile pari a 400600 kcal/kWh. Considerando l‟elevata temperatura dei gas <strong>di</strong> scarico è anche<br />

ipotizzabile la produzione <strong>di</strong> vapore acqueo.<br />

Il rapporto C = E T /E E per i motori Diesel è compreso fra 11.2 con ren<strong>di</strong>menti elettrici fra<br />

0.350.41. Per motori a ciclo Otto si ha C =1.31.4 ed N E fra 0.30.34.<br />

6.14.7 SCHEMI DI IMPIANTO<br />

Sulla base <strong>di</strong> quanto sopra detto si può pensare <strong>di</strong> utilizzare il motore alternativo in <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong><br />

con soluzioni che tengono conto delle <strong>di</strong>verse esigenze <strong>impianti</strong>stiche.<br />

In Figura 193 si ha la soluzione più semplice: il gas <strong>di</strong> scarico (a 400 °C) viene utilizzato in uno<br />

scambiatore a recupero per produrre vapore mentre l‟acqua <strong>di</strong> raffreddamento e l‟olio <strong>di</strong> lubrificazione<br />

cedono la loro energia termica in uno scambiatore per il recupero a bassa temperatura (7080 °C).<br />

In Figura 194 si ha uno schema <strong>impianti</strong>stico più complesso ove lo scambiatore <strong>di</strong> calore<br />

dell‟acqua <strong>di</strong> raffreddamento e dell‟olio lubrificante serve per preriscaldare l‟acqua <strong>di</strong> alimento dello<br />

scambiatore a recupero dei gas <strong>di</strong> scarico per la produzione <strong>di</strong> vapore.<br />

Si può anche rinunciare alla produzione <strong>di</strong> acqua calda se l‟Utenza non la desidera. In questo<br />

caso si ha solamente produzione <strong>di</strong> vapore che può ancora essere inviato in una turbina per la<br />

produzione <strong>di</strong> energia elettrica.<br />

In Figura 195 si ha un impianto a ciclo combinato con produzione <strong>di</strong> energia elettrica e calore<br />

(sotto forma <strong>di</strong> vapore ed acqua surriscaldata) che raggiunge ren<strong>di</strong>menti complessivi dell‟or<strong>di</strong>ne del<br />

75%. Si può anche immaginare <strong>di</strong> utilizzare il motore primo a ciclo Diesel per produrre acqua calda a<br />

80 °C e surriscaldata a 120200 °C per alimentare una rete <strong>di</strong> teleriscaldamento urbano. Il calore viene<br />

recuperato dall‟acqua <strong>di</strong> raffreddamento e dall‟aria <strong>di</strong> sovralimentazione e dai gas <strong>di</strong> scarico.<br />

6.14.8 MOTORI PRIMO CON TURBINE A GAS<br />

Le turbine a gas si prestano bene alle applicazioni cogenerative. Si tratta <strong>di</strong> macchine a flusso<br />

continuo con fluido comprimibile che può operare sia a ciclo aperto che a ciclo chiuso.<br />

Va osservato che la turbina a gas nella versione per <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> terra (heavy duty) non raggiunge<br />

ren<strong>di</strong>menti paragonabili agli <strong>impianti</strong> a vapore o con motori <strong>di</strong>esel ma presenta alcuni vantaggi<br />

(rapi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> messa in marcia e variabilità del carico) che la fanno preferire per <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong><br />

energia elettrica per carichi <strong>di</strong> punta.<br />

Nelle installazioni heavy duty è possibile mo<strong>di</strong>ficare il ciclo termo<strong>di</strong>namico <strong>di</strong> base con<br />

rigenerazioni termiche, intercooler ed altri accorgimenti tecnici che rendono la turbina a gas<br />

alimentabile con calori <strong>di</strong> scarto e pertanto conveniente anche per i carichi <strong>di</strong> base.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

196<br />

Tra i pregi si citano:<br />

Accettabile costo <strong>di</strong> investimento;<br />

Basso rapporto massa/potenza;<br />

Semplicità costruttiva;<br />

Potenza unitaria elevata (fino a 200 MW);<br />

Avvio rapido;<br />

Non necessita <strong>di</strong> acqua <strong>di</strong> raffreddamento.<br />

Per contro si hanno alcuni <strong>di</strong>fetti che qui si riportano:<br />

Basso ren<strong>di</strong>mento elettrico;<br />

Necessità <strong>di</strong> combustibili <strong>di</strong> elevata qualità;<br />

Vita limitata <strong>di</strong> alcuni componenti;<br />

Necessità <strong>di</strong> manutenzione frequente.<br />

Il ren<strong>di</strong>mento della turbina a ciclo aperto ha valori me<strong>di</strong> dell‟or<strong>di</strong>ne del 30% nel caso <strong>di</strong> ciclo<br />

Bryton semplice e del 35% nel caso <strong>di</strong> ciclo rigenerativo.<br />

ALL-UTENZA<br />

SEPARATORE DI VAPORE<br />

SCAMBIATORE GAS DI<br />

SCARICO<br />

POMPE<br />

``<br />

MOTORE<br />

`<br />

`<br />

ALL-UTENZA<br />

SCAMBIATORE OLIO SCAMBIATORE ACQUA<br />

POMPE<br />

ACQUA DI ALIMENTO<br />

Figura 193: Schema <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> recupero del calore <strong>di</strong> un motore <strong>di</strong>esel


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

197<br />

ALLA UTENZA<br />

ECONOMIZZATORE<br />

AL CAMINO<br />

SCAMBIATORE GAS DI<br />

SCARICO<br />

SCAMBIATORE<br />

ALLA UTENZA<br />

MOTORE<br />

`<br />

`<br />

SCAMBIATORE OLIO SCAMBIATORE ACQUA<br />

POMPE<br />

ACQUA DI ALIMENTO<br />

Figura 194: Schema <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> recupero del calore <strong>di</strong> un motore <strong>di</strong>esel con economizzatore<br />

ALLA UTENZA<br />

SEPARATORE DI VAPORE<br />

ACQUA DI ALIMENTO<br />

SCAMBIATORE GAS DI<br />

SCARICO<br />

VALVOLA<br />

DI BY POASS<br />

MOTORE<br />

POMPA<br />

Figura 195: Schema <strong>di</strong> impianto con motore Diesel e recupero <strong>di</strong> calore con produzione <strong>di</strong> vapore


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

198<br />

6.14.9 IL CICLO TERMODINAMICO<br />

Si utilizza il noto ciclo <strong>di</strong> Joule - Bryton. Esso consiste 48 , con riferimento al ciclo ideale ad aria<br />

standard 49 , in un ciclo formato da due isobare e due isoentropiche, come in<strong>di</strong>cato in Figura 196.<br />

Lungo la trasformazione AB si ha una compressione (qui supposta ideale isoentropica) dell‟aria<br />

esterna fra la pressione p A e la pressione p B .<br />

La compressione viene effettuata in un compressore rotativo alimentato dalla turbina (ve<strong>di</strong><br />

dopo) e pertanto assorbe parte dell‟energia prodotta dalla stessa turbina.<br />

Nella trasformazione BC si ha la combustione <strong>di</strong> petrolio raffinato (detto JP, Jet Propeller)<br />

all‟interno <strong>di</strong> una camera <strong>di</strong> combustione toroidale.<br />

La combustione avviene a pressione costante perché si ha fuoriuscita dei gas <strong>di</strong> combustione in<br />

modo continuo verso l‟anello <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione della turbina <strong>di</strong> potenza.<br />

Temperatura<br />

CALORE FORNITO Q1<br />

C<br />

B<br />

LAVORO<br />

TURBINA<br />

LAVORO<br />

COMPRESSORE<br />

D<br />

A<br />

CALORE CEDUTO Q2<br />

Entropia<br />

Figura 196: Ciclo Joule – Bryton con aria standard<br />

La trasformazione <strong>di</strong> espansione (sempre supposta ideale isoentropica) CD avviene in turbina<br />

ed è proprio in essa che si ha la produzione <strong>di</strong> energia meccanica che serve in parte ad alimentare il<br />

compressore. La <strong>di</strong>fferenza fra l‟energia meccanica prodotta e quella assorbita dal compressore è<br />

l‟energia utile che è possibile utilizzare esternamente al ciclo.<br />

La trasformazione isobare DA è <strong>di</strong> raffreddamento e può avvenire in uno scambiatore <strong>di</strong> calore<br />

(<strong>impianti</strong> fissi <strong>di</strong> terra) o in aria (<strong>impianti</strong> mobili aeronautici) cioè scaricando i prodotti <strong>di</strong> combustione<br />

nell‟atmosfera esterna. Si osservi che avendo aspirato aria atmosferica con il compressore in A lo<br />

scarico equivale ad una cessione <strong>di</strong> calore all‟ambiente esterno a pressione costante.<br />

In Figura 198 si ha la vista sezionata <strong>di</strong> una turbina <strong>di</strong> tipo aeronautico nella quale si possono<br />

vedere i componenti fondamentali del ciclo Joule – Bryton e cioè il compressore, a destra in primo<br />

piano, a cui segue la camera <strong>di</strong> combustione toroidale, al centro, e poi la turbina <strong>di</strong> potenza che, per<br />

questo tipo <strong>di</strong> motore, è seguita da un ugello <strong>di</strong> scarico che fornisce la spinta per far muovere gli aerei.<br />

Per gli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> terra si usano configurazioni <strong>impianti</strong>stiche meno compatte e con elevati<br />

carichi <strong>di</strong> lavoro (heavy duty) tipicamente 8000 ore/anno.<br />

48 Si rimanda ai corsi <strong>di</strong> Macchine per maggiori approfon<strong>di</strong>menti.<br />

49 Un ciclo si <strong>di</strong>ce ideale quando è formato da trasformazioni termo<strong>di</strong>namiche internamente reversibili. I cicli a<br />

combustione (ciclo Otto, Diesel, Sabathè, Joule-Bryton) utilizzano aria come comburente e benzina o gasolio o petrolio come<br />

combustibile. La combustione produce vari composti chimici detti gas <strong>di</strong> combustione e pertanto la composizione del fluido<br />

<strong>di</strong> lavoro (inizialmente aria esterna) viene mo<strong>di</strong>ficata. Poiché le caratteristiche termo<strong>di</strong>namiche complessive (calore<br />

specifico, densità, costante <strong>di</strong> a<strong>di</strong>abaticità,….) non sono molto <strong>di</strong>verse da quelle dell‟aria esterna allora si fa l‟ipotesi<br />

(ovviamente semplificativa) <strong>di</strong> fluido <strong>di</strong> lavoro con caratteristiche costanti e coincidenti con quelle dell‟aria standard ossia<br />

dell‟aria supposta come fluido ideale e quin<strong>di</strong> con calori specifici costanti al variare della temperatura. Questa ipotesi semplifica<br />

molto i calcoli termo<strong>di</strong>namici anche se è un po‟ lontana dalla realtà. Per quanto necessario nell‟ambito <strong>di</strong> questo corso<br />

possiamo accettare pienamente questa semplificazione senza per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> generalità.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

199<br />

Il ren<strong>di</strong>mento del ciclo Joule – Bryton è dato dalla relazione:<br />

1<br />

(182)<br />

1<br />

k1<br />

r k<br />

p<br />

ove r p è il rapporto delle pressioni definito come:<br />

pB<br />

rp<br />

(183)<br />

p<br />

Poiché il lavoro prodotto dalla turbina:<br />

L h h (184)<br />

viene assorbito dal compressore in quantità pari a:<br />

(185)<br />

ne segue che il lavoro utile prodotto dal ciclo è dato dalla <strong>di</strong>fferenza:<br />

<br />

L L L h h h h (186)<br />

A<br />

C<br />

D<br />

<br />

u C D B A<br />

Per motivi <strong>impianti</strong>stici <strong>di</strong>pendenti dalla resistenza termica dei materiali alle elevate temperature<br />

(oltre 1200 °C) occorre limitare la temperatura massima del ciclo e ciò porta anche ad avere un<br />

rapporto massimo delle pressioni che vale:<br />

r<br />

pmax<br />

T<br />

<br />

T<br />

C<br />

A<br />

<br />

<br />

<br />

k k 1<br />

(187)<br />

Figura 197: Layout del ciclo Joule – Bryton<br />

Si definisce Rapporto dei lavori il rapporto fra il lavoro utile e il lavoro positivo della turbina:<br />

<br />

L L r <br />

p<br />

RL 1 <br />

L <br />

rp<br />

max <br />

k1<br />

k<br />

(188)


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

200<br />

Il Rapporto dei lavori è massimo per r p =0 mentre vale 0 quando r p = r p.max come in<strong>di</strong>cato in<br />

Figura 199. In essa si può anche osservare come il lavoro utile abbia un andamento parabolico con un<br />

valore massimo corrispondente interno al rapporto delle pressioni.<br />

Il Rapporto dei lavori è quin<strong>di</strong> massimo in corrispondenza ad un valore ottimale del rapporto delle<br />

pressioni che vale:<br />

r<br />

pottimale<br />

T<br />

C<br />

rp<br />

<br />

max <br />

TA<br />

<br />

<br />

<br />

k<br />

2 k1<br />

<br />

<br />

(189)<br />

I cicli Joule – Bryton sono caratterizzati da uno sviluppo <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> potenze con piccoli volumi <strong>di</strong><br />

impianto. Ciò è dovuto al fatto che, <strong>di</strong>versamente dai motori a scoppio (sia a benzina che <strong>di</strong>esel) essi<br />

producono potenza in continuità.<br />

I ren<strong>di</strong>menti vanno dal 25% al 35% a seconda del rapporto delle pressioni utilizzato e del<br />

rapporto fra la temperatura massima e la minima del ciclo.<br />

Si tratta <strong>di</strong> valori lontano dai ren<strong>di</strong>menti dei cicli a vapore (circa 40% e oltre nei moderni<br />

<strong>impianti</strong>) e pertanto la produzione <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> potenze elettriche è oggi sempre più delle centrali a<br />

vapore (sia tra<strong>di</strong>zionali che nucleari) mentre i cicli a gas sono considerati complementari ai cicli a<br />

vapore.<br />

Figura 198: Sezione <strong>di</strong> una turbina a gas per aereo<br />

Figura 199: Andamento del ren<strong>di</strong>mento del ciclo Joule – Bryton e del Rapporto dei lavori


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

201<br />

6.14.10 IMPIANTI DI TERRA<br />

Negli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> terra si vuole ottenere dal ciclo Joule – Bryton la massima potenza senza avere il<br />

problema del peso da trasportare. Pertanto negli <strong>impianti</strong> fissi si hanno layout che favoriscono gli<br />

scambi termici (combustori esterni ottimizzati) e si possono anche avere cicli rigenerativi cioè cicli nei<br />

quali si riducono le irreversibilità esterne delle trasformazioni <strong>di</strong> scambio termico (Q 1 e Q 2 ) non<br />

isoterme. In pratica si fa in modo <strong>di</strong> recuperare parte del calore che andrebbe riversato in atmosfera<br />

per preriscaldare l‟aria <strong>di</strong> alimento in camera <strong>di</strong> combustione. Il ciclo così mo<strong>di</strong>ficato presente un<br />

miglior ren<strong>di</strong>mento ma richiede uno scambiatore <strong>di</strong> calore in più.<br />

Oltre alla rigenerazione si possono anche usare uno o più raffreddamenti interme<strong>di</strong> sia nella fase<br />

<strong>di</strong> compressione (cicli con intercooler) che nella fase <strong>di</strong> espansione in turbina (cicli ad espansione multipla). In<br />

questi cicli occorre inserire tanti scambiatori <strong>di</strong> calore interme<strong>di</strong> quante sono le interruzioni delle fasi<br />

<strong>di</strong> compressione e <strong>di</strong> espansione. Si rinvia ai testi specializzati per ulteriori approfon<strong>di</strong>menti. In Figura<br />

200 si ha una rappresentazione <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> a gas <strong>di</strong> terra: a sinistra si può osservare il combustore (ora<br />

esterno alla turbina) e a destra si ha una vista <strong>di</strong> una turbina a più sta<strong>di</strong> accoppiata ad un compressore<br />

sullo stesso albero motore.<br />

Figura 200: Impianti a gas <strong>di</strong> terra<br />

6.14.11 COMBUSTIBILI UTILIZZATI DALLE TURBINE A GAS<br />

Negli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> terra le turbine a gas sono nate per bruciare gas naturale ma l‟evoluzione<br />

tecnologica porta oggi all‟uso anche <strong>di</strong> combustibili gassosi <strong>di</strong> altro tipo ed anche liqui<strong>di</strong> purché<br />

sottoposti a trattamenti <strong>di</strong> depurazione particolari.<br />

Le caratteristiche me<strong>di</strong>e dei combustibili gassosi sono le seguenti:<br />

Proprietà Valori Unità <strong>di</strong> Misura<br />

Piombo < 0.02 ppm<br />

Vana<strong>di</strong>o


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

202<br />

Proprietà Valori Unità <strong>di</strong> Misura<br />

Viscosità 320 cSt<br />

Densità


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

203<br />

6.14.14 POSSIBILITÀ DI COGENERAZIONE DELLE TURBINE A GAS<br />

Tipicamente per una turbina a gas si hanno le percentuali <strong>di</strong> energia in<strong>di</strong>cate in Figura 201.<br />

L‟elevata percentuale <strong>di</strong> energia nei gas <strong>di</strong> scarico (67%) lascia intravedere forti possibilità <strong>di</strong><br />

recupero energetico a temperature variabili fra 400 e 550 °C e quin<strong>di</strong> ancora interessanti<br />

<strong>impianti</strong>sticamente.<br />

Naturalmente occorre evitare che la temperatura finale dei gas <strong>di</strong> scarico scenda al <strong>di</strong> sotto dei<br />

120140 °C per evitare il pericolo <strong>di</strong> condensazione dell‟acqua acida.<br />

Le possibilità <strong>di</strong> cogenerazione delle turbine a gas possono essere schematizzate nelle seguenti:<br />

Recupero termico per uso <strong>di</strong>retto <strong>di</strong> processo;<br />

Produzione <strong>di</strong> flui<strong>di</strong> termovettori (ad esempio per il teleriscaldamento)<br />

Ciclo combinato turbina a gas – turbina vapore.<br />

Gs <strong>di</strong> scarico<br />

Olio Raffreddamento<br />

Lavoro Utile<br />

Figura 201: Bilancio energetico per una turbina a gas<br />

Figura 202: Ciclo combinato a gas e a vapore


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

204<br />

Il rapporto C = E T /E E può variare nell‟intervallo 1.73.5 per turbine a semplice recupero.<br />

La produzione <strong>di</strong> acqua calda surriscaldata o anche <strong>di</strong> vapore per tele riscaldamento urbano<br />

lascia intravedere interessanti sviluppi per questo tipo <strong>di</strong> <strong>impianti</strong>.<br />

In Figura 202 si ha lo schema <strong>di</strong> impianto per un ciclo combinato gas- vapore con caldaia a<br />

recupero per la produzione del vapore acqueo da inviare nella turbina a vapore (che può essere a<br />

condensazione, a derivazione, a spillamento o in contropressione a seconda delle esigenze<br />

<strong>impianti</strong>stiche). In Figura 211 si ha lo schema <strong>di</strong> ciclo rigenerativo con la possibilità <strong>di</strong> recupero<br />

termico e produzione <strong>di</strong> vapore.<br />

Si possono pensare <strong>di</strong>verse applicazioni dei cicli cogenerativi negli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong><br />

termovalorizzazione. Infatti, si può gassificare i RSU, alimentare un impianto a gas e poi produrre<br />

acqua calda surriscaldata per alimentare una rete <strong>di</strong> teleriscaldamento. Una applicazione del genere è<br />

realizzata nel comune <strong>di</strong> Brescia per la centrale <strong>di</strong> alimentazione del teleriscaldamento urbano.<br />

Figura 203: Impianto cogenerativo con turbina a gas : 120 kWe e 146 MWe<br />

6.14.15 LE MICROTURBINE<br />

Le microturbine sono dei piccolo generatori elettrici che bruciano combustibile gassoso o<br />

liquido per generare un‟elevata velocità <strong>di</strong> rotazione che mette in moto un alternatore. Oggi la<br />

tecnologia della microturbina è il risultato <strong>di</strong> un lavoro <strong>di</strong> sviluppo nelle piccole turbine a gas degli<br />

autoveicoli, apparecchiature ausiliari <strong>di</strong> potenza, che furono sviluppate dall‟industria automobilistica<br />

dal 1950. I test sulle microturbine iniziano attorno al 1997 e <strong>di</strong>ventano commerciali nel 2000. Le<br />

potenze <strong>di</strong> targa delle microturbine commercializzate vanno dai 30 ai 350 kW, mentre le turbine a gas<br />

convenzionali presentano un range <strong>di</strong> potenze che vanno dai 500 kW ai 250 MW.<br />

Le microturbine come le maggior parte delle turbine a gas, possono essere usate per la<br />

generazione <strong>di</strong> sola potenza elettrica oppure per la produzione combinata <strong>di</strong> calore ed elettricità (CHP<br />

= Combined Heat Power). Esse sono capaci <strong>di</strong> funzionare con una varietà <strong>di</strong> combustibili, includendo<br />

il gas naturale, gas aci<strong>di</strong>, e combustibili liqui<strong>di</strong> come benzina, cherosene, e <strong>di</strong>esel.<br />

Le microturbine sono adatte per le applicazioni <strong>di</strong> “generazione <strong>di</strong>ffusa” dovuto alla loro<br />

flessibilità nei meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> connessione, infatti possono essere collegati in parallelo per servire un grande<br />

carico, inoltre provvedono ad una stabile e atten<strong>di</strong>bile potenza con basse emissioni. Le applicazioni<br />

tipiche sono:<br />

livellamento dei picchi e generazione <strong>di</strong> una potenza base ( grid parallel).<br />

Produzione combinata <strong>di</strong> calore ed elettricità.<br />

Stand-alone power.<br />

ecc,…<br />

I campi <strong>di</strong> applicazione includono le telecomunicazioni, i ristoranti, gli alloggi, gli ospedali, gli<br />

uffici ed altri settori commerciali. Le microturbine sono attualmente utilizzate nelle applicazioni <strong>di</strong>


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

205<br />

recupero <strong>di</strong> risorse nelle sorgenti <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> olio e gas, nelle miniere <strong>di</strong> carbone, ecc. Il loro uso<br />

è importante poiché la maggior parte <strong>di</strong> questi luoghi non sono serviti da corrente elettrica, e spesso<br />

quando sono serviti dalla rete, il servizio è molto costoso.<br />

Nelle applicazioni combinate, il calore <strong>di</strong> scarico della microturbina è usato per produrre acqua<br />

calda sanitaria, per riscaldare gli e<strong>di</strong>fici, per far funzionare una macchina frigorifera ad assorbimento o<br />

a fornire energia<br />

6.14.16 4.1 − DESCRIZIONE DELLA TECNOLOGIA<br />

Le microturbina sono piccole turbine a gas, la maggior parte <strong>di</strong> esse presenta uno scambiatore<br />

interno <strong>di</strong> calore chiamato recuperatore.<br />

In una microturbina, un compressore ra<strong>di</strong>ale centrifugo comprime l‟aria in ingresso che poi è<br />

preriscaldata nel recuperatore usando il calore proveniente dai gas <strong>di</strong> scarico della turbina (Figura 204).<br />

In seguito l‟aria calda uscente dal recuperatore viene miscelata con il combustibile nella camera<br />

<strong>di</strong> combustione. I gas cal<strong>di</strong> della combustione vengono fatti espandere nella turbina. Questo<br />

determina la rotazione della turbina e quin<strong>di</strong> del compressore che a sua volta, nel modello ad albero<br />

singolo, mette in rotazione il generatore.<br />

Nel modello a due alberi, una prima turbina trascina il compressore invece la seconda trascina il<br />

generatore. Alla fine, il recuperatore usa i gas <strong>di</strong> scarico della turbina per preriscaldare l‟aria uscente dal<br />

compressore.<br />

I modelli ad unico albero operano generalmente a velocità superiore ai 60.000 rpm e generano<br />

una potenza elettrica <strong>di</strong> elevata e variabile frequenza (corrente alternata, AC). Questa potenza è<br />

mo<strong>di</strong>ficata in corrente continua (DC) e poi mutata a 60 Hz per gli Stati Uniti.<br />

Nella versione a doppio albero, la turbina è connessa me<strong>di</strong>ante ingranaggi al generatore che<br />

produce potenza elettrica a 60 Hz. Alcuni costruttori offrono delle unità che producono potenza a 50<br />

Hz. Queste vengono richieste da paesi dove la frequenza standard è <strong>di</strong> 50 Hz, come l‟Europa e parte<br />

dell‟Asia.<br />

Figura 204: Schema <strong>di</strong> una microturbina.<br />

6.14.17 4.2 − COMPONENTI DI BASE<br />

I componenti base delle microturbine sono il compressore, la turbina e il recuperatore (Figura<br />

212)<br />

Turbocompressore<br />

Il cuore della microturbina è il turbocompressore, che è comunemente montato su un singolo<br />

albero insieme al generatore elettrico. Due cuscinetti supportano l‟unico albero. Questa soluzione è<br />

utilizzata per ridurre le necessarie manutenzioni e accrescere la totale realizzabilità. Ci sono anche


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

206<br />

versioni a due alberi, le quali, anche se hanno più parti in movimento, non complicano la conversione<br />

dall‟alta frequenza ai 60Hz.<br />

Per le contenute <strong>di</strong>mensioni le turbomacchine a gas usano turbine e compressori assiali<br />

multista<strong>di</strong>o, nelle quali il gas fluisce lungo l‟asse dell‟albero ad è compresso e fatto espandere<br />

attraverso gli sta<strong>di</strong>.<br />

Comunque, il turbocompressore e la turbina delle microturbomacchine sono basati su un<br />

singolo sta<strong>di</strong>o ra<strong>di</strong>ale. La turbomacchine ra<strong>di</strong>ali usano piccole quantità <strong>di</strong> portate <strong>volume</strong>triche <strong>di</strong> aria<br />

e <strong>di</strong> prodotti della combustione con la conseguenza <strong>di</strong> elevate efficienze. Le gran<strong>di</strong> turbine ed i gran<strong>di</strong><br />

compressori assiali sono tipicamente più efficienti <strong>di</strong> quelle ra<strong>di</strong>ali. Comunque, nelle <strong>di</strong>mensioni delle<br />

microturbine ra<strong>di</strong>ali i componenti presentano piccole superficie <strong>di</strong>sperdenti procurando efficienze<br />

molto elevate.<br />

Nelle microturbine, l‟albero del turbocompressore ruota ad elevate velocità, circa 96.000 rpm<br />

nel caso <strong>di</strong> macchine <strong>di</strong> 30 kW e circa 80.000 rpm in quelle <strong>di</strong> 75 kW.<br />

Le turbine ra<strong>di</strong>ali che conducono il compressore sono abbastanza simili in termini <strong>di</strong> modello e<br />

portate <strong>volume</strong>triche a quelle delle automobili, camion, ecc.<br />

Le piccole turbine a gas, delle <strong>di</strong>mensioni e potenze delle microturbine, vengono anche<br />

utilizzate come sistemi ausiliari <strong>di</strong> potenza sugli aeroplani.<br />

Generatore<br />

Le microturbine producono potenza elettrica grazie ad un generatore che è posto in rotazione o<br />

sull‟unico albero del turbocompressore oppure con una seconda turbina <strong>di</strong> potenza che guida,<br />

me<strong>di</strong>ante ingranaggi, un generatore convenzionale che ruota a 3600 rpm. Il generatore del modello ad<br />

unico albero utilizza un alternatore, del tipo magnete permanente (tipicamente Samarium-Cobalt), e<br />

richiede che l‟alta frequenza in AC <strong>di</strong> uscita (circa 1600 Hz per una macchina <strong>di</strong> 30 kW) sia convertita<br />

a 60÷50 Hz per i <strong>di</strong>versi impieghi. Questo tipo <strong>di</strong> operazione richiede due fasi:<br />

rettificazione, in questa fase si mo<strong>di</strong>fica l‟alta frequenza, da corrente alternata (AC) a corrente<br />

continua (DC).<br />

inversione, in questo caso si converte la DC in AC con frequenza <strong>di</strong> 60÷50 Hz.<br />

Il processo <strong>di</strong> conversione comporta una riduzione dell‟efficienza (approssimativamente 5%).<br />

Nella fase <strong>di</strong> avvio, nel modello ad albero singolo, il generatore funge da motore mettendo in<br />

moto il turbocompressore. Raggiunta una sufficiente velocità <strong>di</strong> rotazione si avvia il combustore. Per<br />

completare la fase <strong>di</strong> avviamento sono richiesti parecchi minuti.<br />

Se il sistema opera in<strong>di</strong>pendentemente dalla rete sono richiesti dei gruppi elettronici <strong>di</strong><br />

continuità per avviare il generatore.<br />

Recuperatore<br />

I recuperatori sono degli scambiatori <strong>di</strong> calore che utilizzano i gas cal<strong>di</strong> <strong>di</strong> scarico della turbina<br />

(tipicamente attorno ai 650 °C) per preriscaldare l‟aria compressa (tipicamente attorno ai 150 °C) che<br />

poi va al combustore. In questo modo si riduce <strong>di</strong> molto il combustibile necessario per raggiungere<br />

elevate temperature in ingresso turbina.<br />

Questo tipo <strong>di</strong> sistema è detto rigenerativo (Fig. 4.2.3.1) il quale comporta un elevato<br />

ren<strong>di</strong>mento termo<strong>di</strong>namico rispetto a quello senza rigenerazione, infatti facendo riferimento all‟aria<br />

standard si ha:<br />

senza rigenerazione:<br />

hC<br />

hD<br />

<br />

hB<br />

hA<br />

T<br />

C<br />

TD<br />

<br />

T<br />

B<br />

TA<br />

<br />

<br />

no _ rig<br />

<br />

<br />

h h<br />

T T<br />

<br />

C<br />

B<br />

<br />

<br />

C<br />

B<br />

<br />

<br />

con rigenerazione:<br />

<br />

si _ rig<br />

<br />

hC<br />

hD<br />

<br />

hB<br />

hA<br />

h<br />

h <br />

C<br />

E<br />

<br />

T<br />

C<br />

TD<br />

<br />

T<br />

B<br />

TA<br />

<br />

T<br />

T<br />

<br />

C<br />

E


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

207<br />

Nelle microturbine i recuperatori possono più che raddoppiare l‟efficienza della macchina.<br />

Comunque, poiché c‟è una caduta <strong>di</strong> pressione nel recuperatore sia nel lato turbina che nel lato<br />

compressore, la potenza <strong>di</strong> uscita si abbassa <strong>di</strong> circa 10÷15% da quella ottenibile senza la<br />

rigenerazione.<br />

Il recuperatore inoltre abbassa la temperatura dei gas <strong>di</strong> scarico della microturbine, riducendo<br />

l‟efficacia della microturbine nelle applicazioni cogenerative (CHP).<br />

T<br />

C<br />

p<br />

B<br />

p A<br />

B<br />

E<br />

D<br />

F<br />

A<br />

CALORE DI RIGENERAZIONE<br />

s<br />

Figura 205: Ciclo rigenerativo con l’evidenziazione del calore trasferito.<br />

6.14.18 4.3 − APPLICAZIONI COGENERATIVE (CHP)<br />

Nelle applicazioni cogenerative (CHP) viene utilizzato un secondo scambiatore <strong>di</strong> calore (Figura<br />

211) che trasferisce l‟energia rimanente dei gas <strong>di</strong> scarico della microturbina ad un sistema <strong>di</strong><br />

riscaldamento dell‟acqua sanitaria. Il calore dei gas <strong>di</strong> scarico può essere utilizzato anche per <strong>di</strong>verse<br />

applicazioni come: raffrescamento me<strong>di</strong>ante macchine ad assorbimento, riscaldamento degli e<strong>di</strong>fici,<br />

ecc.<br />

Alcune microturbine realizzate per le applicazioni cogenerative non usano il recuperatore, infatti<br />

in questo caso la temperatura dei gas <strong>di</strong> scarico è più alta e quin<strong>di</strong> più calore può essere utilizzato per<br />

il recupero. Le caratteristiche delle microturbine utilizzate per scopi cogerativi sono:<br />

calore in uscita, le microturbine producono un calore in uscita a temperature comprese tra i 200<br />

ed i 270 °C, adatto per svariati impieghi.<br />

flessibilità sul combustibile, le microturbine possono funzionare usando <strong>di</strong>fferenti combustibili: gas<br />

naturale, gas aci<strong>di</strong>, e combustibili liqui<strong>di</strong> come benzina, cherosene, gasolio.<br />

affidabilità e durata, la durata <strong>di</strong> progetto è stimata tra le 40000 e le 80000 ore <strong>di</strong> lavoro. Sebbene i<br />

componenti hanno <strong>di</strong>mostrato un‟elevata affidabilità, essi non hanno dato, nei servizi<br />

commerciali, una durata abbastanza lunga.<br />

potenza <strong>di</strong> targa, le microturbine commerciali ed in via <strong>di</strong> sviluppo presentano potenze <strong>di</strong> targa<br />

variabili tra i 30 ed i 350 kW.<br />

emissioni, le basse temperature <strong>di</strong> ingresso e gli elevati valori del rapporto aria-combustibile<br />

comportano una riduzione degli NO X <strong>di</strong> circa 10 parti per milioni (ppm) quando si utilizza il gas<br />

naturale.<br />

modularità, le unità possono essere connesse in parallelo per servire un elevato carico.<br />

Carico parziale, poiché le microturbine riducono la potenza riducendo la portata d‟aria e la<br />

temperatura <strong>di</strong> combustione, può succedere che l‟efficienza a carico parziale sia superiore a<br />

quella a pieno carico.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

208<br />

6.14.19 PRESTAZIONI DELLE MICROTURBINE<br />

Le microturbine sono più complesse delle convenzionali turbine a gas a ciclo semplice, inoltre<br />

l‟aggiunta del recuperatore in entrambi i casi riduce la quantità <strong>di</strong> combustibile utilizzato (aumenta <strong>di</strong><br />

molto l‟efficienza) ma introduce una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> pressione interna che abbassa <strong>di</strong> poco l‟efficienza e la<br />

potenza <strong>di</strong> uscita.<br />

Il recuperatore a sua volta presenta quattro connessioni, per cui <strong>di</strong>venta una sfida per il<br />

produttore <strong>di</strong> microturbine fare delle connessioni in modo tale da ridurre le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione,<br />

mantenere i costi <strong>di</strong> produzione bassi ed avere allo stesso tempo un‟elevata affidabilità.<br />

Il recuperatore ha due parametri che ne misurano le prestazioni, l‟efficienza e la caduta <strong>di</strong><br />

pressione, che vengono selezionate facendo un‟analisi dei costi e delle ven<strong>di</strong>te. Un‟elevata efficienza<br />

richiede un recuperatore con grande superficie <strong>di</strong> scambio termico, la quale genera un incremento del<br />

costo e un‟ulteriore caduta <strong>di</strong> pressione.<br />

Quest‟ultima riduce la potenza netta prodotta e <strong>di</strong> conseguenza aumenta il costo delle<br />

microturbine per ogni kW.<br />

Efficienza elettrica<br />

La Figura 206 mostra l‟efficienza elettrica <strong>di</strong> una microturbina con recuperatore in funzione del<br />

rapporto <strong>di</strong> compressione, per un intervallo <strong>di</strong> temperature <strong>di</strong> fiamma comprese tra i 850 ed i 950°C<br />

alle quali corrisponde un‟ottima conservazione della vita dei materiali della turbina.<br />

L‟efficienza riportata è quella lorda infatti non vengono considerate le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> conversione<br />

dall‟alta alla bassa frequenza. La stessa figura 4.4.1.1 mostra una elevata prestazione per un rapporto<br />

delle pressioni compreso tra 3 e 4.<br />

La Figura 207 mostra l‟andamento della potenza specifica per lo stesso intervallo <strong>di</strong> temperature<br />

<strong>di</strong> fiamma e del rapporto delle pressioni. Più elevato è il rapporto <strong>di</strong> compressione e più alta è la<br />

potenza specifica.<br />

Comunque, i limiti pratici del raggiungere certe velocità <strong>di</strong> punta da parte dei componenti del<br />

compressore e della turbina dovuto alla forza centrifuga, fa si che si utilizzano rapporti delle pressioni<br />

tra 3,5 e 5.<br />

Figura 206: Efficienza della microturbina in funzione del rapporto <strong>di</strong> compressione e della temperatura <strong>di</strong><br />

fiamma.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

209<br />

In questa figura è mostrato anche il valore del potere calorifero superiore (HHV), il quale<br />

include il calore <strong>di</strong> condensazione del vapore acqueo nei prodotti della combustione.<br />

Nella letteratura scientifica è spesso usato il potere calorifero inferiore (LHV), il quale non<br />

include il calore <strong>di</strong> condensazione del vapore acqueo.<br />

Il potere calorifero superiore è più grande <strong>di</strong> quello inferiore e nel caso <strong>di</strong> gas naturale la<br />

<strong>di</strong>fferenza è del 10%.<br />

Figura 207: Potenza specifica delle microturbine in funzione del rapporto <strong>di</strong> compressione e temperatura <strong>di</strong><br />

fiamma.<br />

Prestazioni a carico parziale<br />

Quando siamo a carico parziale si richiede una minor potenza <strong>di</strong> uscita dalla microturbina. La<br />

riduzione <strong>di</strong> potenza può avvenire riducendo la portata massica (ottenuta riducendo la velocità del<br />

compressore) e la temperatura <strong>di</strong> ingresso alla turbina.<br />

I tempi necessari ad una microturbina per andare dalla con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> assenza <strong>di</strong> carico a quella a<br />

pieno carico sono dell‟or<strong>di</strong>ne dei 15 secon<strong>di</strong>. Una rapida eliminazione del carico causerà quin<strong>di</strong> un<br />

accumulo <strong>di</strong> energia nella microturbina con un aumento della velocità <strong>di</strong> rotazione che danneggerà la<br />

stessa. Insieme ad una riduzione della potenza, questi cambiamenti delle con<strong>di</strong>zioni operative<br />

riducono anche l‟efficienza (Figura 208).<br />

Figura 208: Prestazioni a carico parziale <strong>di</strong> una microturbina.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

210<br />

Effetti delle con<strong>di</strong>zioni ambientali sulle prestazioni delle microturbine<br />

Le con<strong>di</strong>zioni ambientali in cui lavora una microturbina ha un notevole effetto sulla potenza <strong>di</strong><br />

uscita e sull‟efficienza. Ad una elevata temperatura dell‟aria in ingresso, decrescano sia la potenza che<br />

l‟efficienza. La potenza decresce a causa <strong>di</strong> una minore portata d‟aria d‟ingresso (infatti la densità<br />

dell‟aria <strong>di</strong>minuisce all‟aumentare della temperatura), e l‟efficienza decresce perché il compressore<br />

richiede una maggiore potenza per comprimere aria ad una più elevata temperatura (Figura 209).<br />

Figura 209: Effetto della temperatura ambiente sulle prestazioni <strong>di</strong> una microturbina.<br />

Un altro fattore che con<strong>di</strong>ziona le prestazioni delle microturbine è l‟altitu<strong>di</strong>ne in quanto la<br />

densità decresce all‟aumentare dell‟altitu<strong>di</strong>ne rispetto al livello del mare e <strong>di</strong> conseguenza <strong>di</strong>minuisce la<br />

potenza (Figura 210).<br />

Recupero <strong>di</strong> calore<br />

Figura 210: Effetto dell’altitu<strong>di</strong>ne sulle prestazioni della microturbina.<br />

L‟uso dell‟energia termica contenuta nei gas <strong>di</strong> scarico accresce l‟economicità delle microturbine.<br />

L‟energia contenuta nei gas <strong>di</strong> scarico può essere recuperata ed usata in svariati mo<strong>di</strong>, incluso il<br />

riscaldamento dell‟acqua sanitaria, il riscaldamento degli e<strong>di</strong>fici, il raffrescamento me<strong>di</strong>ante chiller ad<br />

assorbimento.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

211<br />

L‟efficienza del sistema <strong>di</strong> cogenerazione delle microturbine è funzione della temperatura del<br />

calore <strong>di</strong> scarico. L‟efficacia del recuperatore influenza fortemente la temperatura <strong>di</strong> scarico della<br />

microturbina. Di conseguenza i sistemi cogenerativi delle microturbine hanno <strong>di</strong>fferenti valori <strong>di</strong><br />

efficienze e <strong>di</strong> calore netto utilizzabile. Queste variazioni sono dovuti al modello e al costo <strong>di</strong><br />

realizzazione del recuperatore.<br />

Emissioni<br />

Le microturbine presentano delle emissioni particolarmente basse. Tutte la microturbina si<br />

basano sulla tecnologia <strong>di</strong> bruciare combustibili gassosi che hanno la caratteristica <strong>di</strong> essere<br />

premiscelati e magri. In questo caso si riducono gli NO x .. I principali inquinanti che fuoriescono dalle<br />

microturbine sono gli NO x (ossi<strong>di</strong> <strong>di</strong> azoto), CO (monossido <strong>di</strong> carbonio) e idrocarburi incombusti.<br />

Esse producono anche delle piccole quantità <strong>di</strong> SO 2 (<strong>di</strong>ossido <strong>di</strong> zolfo). Le microturbine sono<br />

realizzate per ridurre le emissioni quando siamo a pieno carico; spesso esse sono molto più elevate<br />

quando si opera a carico parziale. L‟inquinante NO x è una miscela <strong>di</strong> NO e NO 2 . Gli NOx si formano<br />

da tre meccanismi quello predominante è quello termico. L‟ossigeno e l‟azoto presenti nell‟aria non<br />

reagiscono tra loro a temperatura ambiente ma possono reagire ad alta temperatura dando luogo<br />

all‟ossido <strong>di</strong> azoto:<br />

O N 2NO<br />

2 2<br />

<br />

Il livello <strong>di</strong> NO x prodotti dall‟effetto termico <strong>di</strong>pende dalla temperatura <strong>di</strong> fiamma e del tempo<br />

<strong>di</strong> residenza. Una elevata temperatura <strong>di</strong> fiamma incrementa <strong>di</strong> molto la produzione <strong>di</strong> NOx.<br />

Figura 211: Ciclo rigenerativo a gas<br />

Una combustioni incompleta ci dà CO ed idrocarburi incombusti. Le emissioni <strong>di</strong> CO sono<br />

dovuti ad un insufficiente tempo <strong>di</strong> residenza ad elevata temperatura. Le emissioni <strong>di</strong> CO <strong>di</strong>pendono<br />

pesantemente anche dalle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> carico. Infatti un‟unità che lavora a bassi carichi tenderà ad<br />

avere una combustione incompleta che incrementerà la formazione <strong>di</strong> CO. I valori <strong>di</strong> CO devono<br />

essere sotto i 50 ppm. Anche se non è considerato come un inquinante nel vero senso della parola, le<br />

emissioni <strong>di</strong> CO 2 sono alquanto pericolose per il contributo al riscaldamento della Terra. Il


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

212<br />

riscaldamento atmosferico è dovuto al fatto che la ra<strong>di</strong>azione solari penetra sulla superficie della Terra<br />

ma la ra<strong>di</strong>azione infrarossa emessa dalla stessa superficie viene assorbita dalla CO 2 presente<br />

nell‟atmosfera incrementando quin<strong>di</strong> la temperatura del globo terrestre. La quantità <strong>di</strong> CO 2 emessa è<br />

funzione del carbonio contenuto nel combustibile e dall‟efficienza del sistema.<br />

6.14.20 ESEMPIO DI COGENERATORI CON TURBINE GAS<br />

Esistono in commercio moduli compatti <strong>di</strong> sistemi <strong>di</strong> cogenerazione con turbina a gas del tipo<br />

<strong>di</strong> quelli in<strong>di</strong>cato in Figura 212 (Sistema Turbec ®) capace <strong>di</strong> produrre, alle con<strong>di</strong>zioni nominali <strong>di</strong> 15<br />

°C <strong>di</strong> temperatura a b.s. dell‟aria <strong>di</strong> immissione, 100 kW <strong>di</strong> energia elettrica e 160 kW <strong>di</strong> energia<br />

termica con acqua a 95 °C.<br />

Figura 212: Esempio <strong>di</strong> modulo compatto <strong>di</strong> cogeneratore con turbina a gas<br />

In Figura 213 si ha la vista frontale dello stesso modulo: sono visibili i canali <strong>di</strong> immissione<br />

dell‟aria esterna e <strong>di</strong> espulsione dei gas combusti. In Figura 214 si ha la vista dell‟interno del modulo<br />

Turbec ® da 100 kWe nominali.<br />

Si osservi come il contenitore (lungo 2900 mm, largo 760 mm ed alto 1900 mm) racchiuda sia la<br />

turbina a gas che il generatore elettrico e i recuperatori <strong>di</strong> calore.<br />

Figura 213: Vista frontale del modulo<br />

I canali <strong>di</strong> immissione aria sono <strong>di</strong> 400 mm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro e quelli <strong>di</strong> espulsione degli incombusti <strong>di</strong><br />

200 mm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro. Il sistema è dato per un funzionamento garantito <strong>di</strong> almeno 60.000 ore (cioè <strong>di</strong><br />

oltre 7 anni continui <strong>di</strong> funzionamento).


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

213<br />

Figura 214: Interno del modulo Turbec da 100 kWe nominali.<br />

Il package sopra in<strong>di</strong>cato consente <strong>di</strong> utilizzare il sistema <strong>di</strong> cogenerazione come un qualsiasi<br />

generatore al quale ci si deve preoccupare <strong>di</strong> garantire l‟aria <strong>di</strong> combustione e lo scarico dei gas. Il<br />

modulo prevede anche, ve<strong>di</strong> figure precedenti, gli attacchi per l‟ingresso e l‟uscita dell‟acqua calda.<br />

Il sistema in<strong>di</strong>cato funziona a gas metano con pressione <strong>di</strong> alimentazione <strong>di</strong> 6.5 bar e con<br />

consumo nominale <strong>di</strong> 360 kW e ren<strong>di</strong>mento globale pari al 72 %..<br />

La rumorosità del modulo è ridottissima e pari a 70 dB ad 1 m <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza. Si tratta, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> un<br />

generatore molto silenzioso, specialmente se paragonato ai generatori a turbina tra<strong>di</strong>zionali.<br />

Il costo in<strong>di</strong>cativo del sistema Turbec ® è <strong>di</strong> circa 280 ML, esclusa installazione e pipino e quin<strong>di</strong><br />

si tratta <strong>di</strong> un sistema interessante sia per le applicazioni <strong>di</strong> cogenerazione <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a grandezza che per<br />

le applicazioni <strong>di</strong> trigenerazione in accoppiamento con un refrigeratore d‟acqua ad assorbimento a<br />

bromuro <strong>di</strong> litio.<br />

6.14.21 MOTORE PRIMO CON TURBINA A VAPORE<br />

La turbina a vapore si presta benissimo quale motore primo per gli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> cogenerazione.<br />

Essa può essere a condensazione, a contropressione o a prelievo regolato.<br />

La turbina a condensazione è solitamente utilizzata per sola produzione <strong>di</strong> energia elettrica ed<br />

hanno ottimi ren<strong>di</strong>menti (specialmente con gruppi <strong>di</strong> potenza > 100 MW).<br />

La turbina a contropressione scarica parte del vapore ad una pressione stabilita per usi esterni<br />

(<strong>di</strong> processo o termici) mentre parte (o anche niente per la contropressione totale) prosegue fino a<br />

condensazione).<br />

La turbina a vapore consente <strong>di</strong> utilizzare combustibili <strong>di</strong>versi ed avere anche caldaie a recupero<br />

per varie applicazioni. Ha una elevata affidabilità, facilità <strong>di</strong> conduzione e manutenzione e bassi<br />

consumi specifici per la produzione <strong>di</strong> elettricità.<br />

In genere la turbina a vapore consente poca elasticità nel carico e quin<strong>di</strong> si ha una elevata rigi<strong>di</strong>tà<br />

<strong>di</strong> impianto. Le turbine a prelievo regolato presentano una maggiore flessibilità in funzione della<br />

variazione del carico.<br />

6.14.22 CICLO TERMODINAMICO<br />

La macchina a vapore utilizza il vapore come fluido <strong>di</strong> lavoro poiché esso gode della<br />

caratteristica <strong>di</strong> operare trasformazioni isotermiche ed isobariche all‟interno della curva <strong>di</strong> Andrews,<br />

come in<strong>di</strong>cato in Figura 215. Si osservi, infatti, che per una generica isobara all‟interno della curva si ha<br />

un andamento orizzontale (coincidente con l‟isoterma, anche se non <strong>di</strong> eguale valore, s‟intende!).<br />

Questo è giustificato dalla varianza ridotta ad 1 quando il vapore è saturo 50 . Questa caratteristica risulta<br />

interessante per la realizzazione <strong>di</strong> un ciclo che si avvicini al ciclo ideale <strong>di</strong> Carnot.<br />

Si osservi, infatti, la Figura 216: in essa si ha all‟interno della curva <strong>di</strong> Andrews un ciclo <strong>di</strong><br />

Carnot a tratto intero. Non vi è dubbio che le trasformazioni BC <strong>di</strong> vaporizzazione e DA <strong>di</strong><br />

50 Un vapore si <strong>di</strong>ce saturo quando è in presenza del proprio liquido.


Temperatura<br />

IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

214<br />

condensazione sono contemporaneamente isotermiche ed isobare. Nella realtà si ha sempre un per<strong>di</strong>ta<br />

<strong>di</strong> pressione nel movimento del vapore saturo nelle tubazioni della caldaia ma si può per il momento<br />

pensare che queste per<strong>di</strong>te siano piccole e trascurabili.<br />

Le trasformazioni CD e AB sono isoentropiche ma non realizzabili nella realtà. L‟espansione<br />

CD può essere politropica e quin<strong>di</strong> con una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> lavoro utile a causa della non isoentropicità. La<br />

trasformazione AB rappresenta una compressione <strong>di</strong> un vapore saturo (in D) che viene compresso<br />

fino al punto A in cui è liquido saturo secco.<br />

Una tale trasformazione non è in alcun modo realizzabile nella pratica, neanche con produzione<br />

<strong>di</strong> irreversibilità, a causa della grande variazione del <strong>volume</strong> specifico del fluido (grande quando c‟è<br />

vapore e piccolo quando c‟è liquido!) e del pericolo <strong>di</strong> impuntamento del pistone <strong>di</strong> compressione.<br />

Pertanto la trasformazione AB viene sostituita, per il momento con riferimento al ciclo ideale<br />

reversibile, con la trasformazione <strong>di</strong> piena condensazione DA‟ e poi segue una compressione in fase<br />

liquida (me<strong>di</strong>ante una normale pompa) da A‟ alla pressione in caldaia, punto A‟‟.<br />

Dal punto A‟‟ occorre ora riscaldare l‟acqua fino al punto B <strong>di</strong> inizio vaporizzazione per poi<br />

proseguire con le fasi normali del ciclo <strong>di</strong> Carnot. Purtroppo la fase <strong>di</strong> riscaldamento A‟‟B è<br />

esternamente irreversibile nel senso che in questa trasformazione si fornisce calore alla macchine<br />

ma a temperatura variabile e pertanto si ha una irreversibilità termo<strong>di</strong>namica che porta ad avere un<br />

ciclo ideale (cioè internamente reversibile) ma con un ren<strong>di</strong>mento inferiore rispetto al ciclo <strong>di</strong> Carnot.<br />

Il ciclo <strong>di</strong> Carnot così mo<strong>di</strong>ficato è il ciclo Rankine che è il ciclo noto fin dalla fine del<br />

settecento come ciclo delle macchine a vapore. Le prime macchine a vapore furono costruite in Gran<br />

Bretagna per azionare i montacarichi nelle miniere del Galles. Esse avevano ren<strong>di</strong>menti bassissimi (2-<br />

4%) ma segnarono l'inizio della cosiddetta era industriale.<br />

Pian piano vennero perfezionate e <strong>di</strong>vennero sempre più affidabili e potenti tanto da potere<br />

essere utilizzate anche per le locomotive a vapore e per i motori marini dei piroscafi.<br />

C<br />

T<br />

x=0.8<br />

A<br />

x=0<br />

x=0.2<br />

X<br />

x=0.4<br />

x=0.6<br />

T e p costanti<br />

B<br />

isobara<br />

x=1<br />

Curva del vapore saturo secco<br />

curva del liquido saturo secco<br />

sl sx sv<br />

s<br />

Entropia Specifica<br />

Figura 215: Curva <strong>di</strong> Andrews per il vapore d’acqua<br />

Le macchine a vapore del secolo scorso (ma che sono utilizzate anche oggi in alcune<br />

applicazioni) utilizzavano quale organo motore il cassonetto con stantuffo.<br />

L'esempio tipico é quello delle locomotive a vapore o dei motori marini vecchio tipo.<br />

Oggi tali organi motori sono stati soppiantati quasi del tutto dalle turbine a vapore. Il ciclo <strong>di</strong><br />

Rankine o delle macchine a vapore e rappresentato in Figura 217 nel piano (p,v).<br />

Il calore viene ceduto in caldaia all'acqua che vaporizza (trasformazione ABC) e poi si invia il<br />

vapore in una turbina dove viene fatto espandere (trasformazione CD).


Temperatura<br />

IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

215<br />

In uscita dalla turbina il vapore viene condensato (cioè passa dallo stato <strong>di</strong> vapore a quello <strong>di</strong><br />

liquido) nel condensatore (trasformazione DA) e da questo me<strong>di</strong>ante una pompa (non é<br />

rappresentata in figura la corrispondente trasformazione perché troppo piccola alla scala considerata)<br />

viene rimandato in caldaia e si ripete il ciclo.<br />

Il ren<strong>di</strong>mento termo<strong>di</strong>namico <strong>di</strong>pende dalle quantità <strong>di</strong> calore cedute nella vaporizzazione in<br />

caldaia e nella condensazione nel condensatore secondo la relazione<br />

L Q2<br />

1<br />

Q<br />

Q<br />

. (190)<br />

1 1<br />

Ricordando che per trasformazioni isobare si può calcolare il calore scambiato me<strong>di</strong>ante<br />

<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> entalpia così come per trasformazioni a<strong>di</strong>abatiche il lavoro è ancora dato dalla <strong>di</strong>fferenza<br />

<strong>di</strong> entalpia, si può ancora scrivere:<br />

L hC<br />

hD<br />

<br />

(191)<br />

Q h h<br />

1<br />

C<br />

A<br />

Questo ciclo é utilizzato in tutte le centrali termiche per ottenere potenze elevate. Esso é<br />

utilizzato nelle centrali ENEL (non nella versione <strong>di</strong> base ora vista ma con ulteriori miglioramenti<br />

<strong>impianti</strong>stici) e negli <strong>impianti</strong> industriali.<br />

Il ciclo Rankine produce, negli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> grande potenza (oggi si hanno centrali da 1 GW),<br />

inquinamento termico nel senso che il condensatore si hanno scarica nell'ambiente enormi quantità <strong>di</strong><br />

calore a bassa temperatura che può, qualora non adeguatamente controllato, provocare mutazioni<br />

nell'equilibrio ecologico dell'ambiente circostante.<br />

In genere si limitano a due o tre i surriscaldamenti per problemi in caldaia.<br />

B<br />

C<br />

A''<br />

A'<br />

A<br />

D<br />

Entropia<br />

Figura 216: Ciclo <strong>di</strong> Carnot con vapore saturo<br />

In Figura 219 si ha il confronto (supponendo trasformazioni internamente reversibili!) fra il<br />

ciclo Rankine ed il ciclo <strong>di</strong> Carnot.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

216<br />

L‟area tratteggiata in<strong>di</strong>ca la per<strong>di</strong>ta ideale 51 rispetto al ciclo <strong>di</strong> Carnot a pari temperature estreme.<br />

La stessa figura spiega anche perché è importante utilizzare i vapori saturi per le macchine termiche.<br />

Si osserva, infatti, che la trasformazione BC è <strong>di</strong> vaporizzazione (da A verso B) e pertanto, per<br />

quanto detto per i cambiamenti <strong>di</strong> stato, la temperatura è costante. Analogo <strong>di</strong>scorso, anche se<br />

parziale, può essere fatto per la trasformazione DE <strong>di</strong> parziale condensazione.<br />

Quin<strong>di</strong> l‟utilizzo <strong>di</strong> trasformazioni all‟interno della curva <strong>di</strong> Andrews consente <strong>di</strong> avere scambi<br />

termici a temperature costanti e quin<strong>di</strong>, almeno idealmente, <strong>di</strong> essere confrontabili con le analoghe<br />

trasformazioni del ciclo <strong>di</strong> Carnot.<br />

Si può ancora osservare dalla Figura 219 che la fase AB <strong>di</strong> preriscaldamento del liquido fino alle<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> saturazione (corrispondenti al punto B) non avviene a temperatura costante e pertanto la<br />

trasformazione, pur essendo internamente reversibile, è esternamente irreversibile con la conseguenza che il<br />

ren<strong>di</strong>mento del ciclo Rankine è ineluttabilmente inferiore a quello del ciclo <strong>di</strong> Carnot corrispondente.<br />

Oggi si cerca <strong>di</strong> ovviare a queste conseguenze me<strong>di</strong>ante la rigenerazione termica con la quale si<br />

riduce al massimo la fase esternamente irreversibile <strong>di</strong> preriscaldamento.<br />

Il Ciclo che ne deriva è più complesso <strong>di</strong> quello schematizzato.<br />

6.14.23 DISPOSITIVI FONDAMENTALI PER LE CENTRALI TERMICHE A VAPORE<br />

Le trasformazioni in<strong>di</strong>cate in Figura 217 sono realizzate me<strong>di</strong>ante particolari <strong>di</strong>spositivi,<br />

schematizzati con simbolismo in Figura 217 a destra.<br />

Questi <strong>di</strong>spositivi sono fra loro collegati me<strong>di</strong>ante tubazioni nelle quale scorre il vapore o<br />

l‟acqua <strong>di</strong> condensa, a seconda delle trasformazioni.<br />

La Caldaia<br />

Le caldaie <strong>di</strong> potenza sono mastodontiche installazioni, ve<strong>di</strong> Figura 220, nelle quali si trasferisce<br />

la massima quantità <strong>di</strong> energia termica dalla fiamma, in basso nella sezione conica, all‟acqua e al vapore<br />

che fluiscono lungo le pareti e nella zona laterale protetta, rispettivamente.<br />

La zona laterale è utilizzata per il surriscaldamento del vapore: essa riceve calore solo per<br />

convezione poiché l‟irraggiamento termico della fiamma viene mascherato dalla struttura e in questo<br />

modo può limitare la temperatura massima del vapore.<br />

Si ricor<strong>di</strong>, infatti, che il calore specifico del vapore è minore <strong>di</strong> quello dell‟acqua e pertanto se si<br />

mantenesse lo stesso flusso termico <strong>di</strong> fiamma si avrebbe il rischio <strong>di</strong> bruciatura dei tubi.<br />

Queste caldaie sono assai ingombranti e pongono seri problemi anche dal punto <strong>di</strong> vista delle<br />

installazioni. Esse richiedono, infatti, strutture portanti <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni, solitamente in acciaio, e<br />

capaci <strong>di</strong> sopportare azioni deflagranti e sismiche.<br />

Per <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> modeste <strong>di</strong>mensioni si possono avere tipologie <strong>di</strong> caldaie più semplici a tubi<br />

d‟acqua e a tubi <strong>di</strong> fumo. La fiamma proveniente dal bruciatore produce fumi che lambiscono i tubi<br />

all‟interno dei quali scorre l‟acqua che viene così riscaldata e/o vaporizzata.<br />

Le caldaie a tubi <strong>di</strong> fumo (cioè con passaggio dei gas <strong>di</strong> combustione all‟interno del fascio tubiero<br />

mentre l‟acqua scorre all‟esterno) hanno limiti <strong>di</strong> pressione e temperatura <strong>di</strong> 30 bar e 350 °C con una<br />

produzione <strong>di</strong> circa 2.8 kg/s (cioè 10 t/h).<br />

Le caldaie a tubi d’acqua possono produrre vapore in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong>verse.<br />

Nelle caldaie a circolazione naturale la circolazione avviene senza organi motori esterni. Nelle<br />

caldaie a circolazione forzata le pompe <strong>di</strong> alimentazione assicurano la circolazione attraverso l‟intero<br />

generatore a vapore in modo da favorire lo scambio termico in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> assoluta sicurezza.<br />

I componenti <strong>di</strong> una caldaia sono, in genere:<br />

La camera <strong>di</strong> combustione in cui avviene la trasformazione dell‟energia del combustibile in calore;<br />

Il corpo cilindrico superiore in cui la miscela acqua-vapore (funzione del titolo <strong>di</strong> uscita) si separa<br />

liberando in alto il vapore acqueo che prosegue il ciclo;<br />

Il corpo cilindrico inferiore che serve per <strong>di</strong>stribuire l‟acqua nel fascio tubiero;<br />

51 Si ricor<strong>di</strong> che le trasformazioni reali sono sempre irreversibili e che le aree nel piano <strong>di</strong> Gibbs non sono pari ai<br />

lavori reali poiché sono incluse anche le per<strong>di</strong>te per irreversibilità che il <strong>di</strong>agramma entropico non visualizza.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

217<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

Il fascio tubiero costituito da tubi, investiti esternamente dai fumi cal<strong>di</strong> e percorsi internamente<br />

dall‟acqua in riscaldamento e/o vaporizzazione;<br />

Il surriscaldatore, costituito da una serpentina ove il vapore passa da saturo a surriscaldato;<br />

Il desurriscaldatore in cui il vapore viene raffreddato in caso <strong>di</strong> necessità;<br />

L‟economizzatore, posto nella parte estrema della caldaia con la funzione <strong>di</strong> riscaldare l‟acqua <strong>di</strong><br />

alimento;<br />

Il riscaldatore d’aria che sfrutta il calore contenuto nei fumi all‟entrata della caldaia;<br />

Le pompe <strong>di</strong> circolazione, presenti solo nelle caldaie a circolazione forzata o controllata;<br />

L‟impianto <strong>di</strong> pulizia della caldaia per allontanare i depositi e/o le incrostazioni.<br />

TURBINA<br />

LAVORO UTILE<br />

CALDAIA<br />

CONDENSATORE<br />

POMPA<br />

Figura 217: Ciclo delle macchine a vapore <strong>di</strong> Rankine<br />

Temperatura<br />

B<br />

C<br />

A<br />

E<br />

D<br />

Entropia<br />

Figura 218: Rappresentazione del Ciclo Rankine ideale.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

218<br />

Temperatura<br />

Zona in <strong>di</strong>fetto rispetto al ciclo <strong>di</strong> Carnot<br />

B<br />

C<br />

A<br />

E<br />

D<br />

Entropia<br />

Figura 219: Confronto fra il ciclo Rankine e il ciclo <strong>di</strong> Carnot<br />

Figura 220: Layout <strong>di</strong> una caldaia <strong>di</strong> potenza per gran<strong>di</strong> centrali


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

219<br />

La Turbina a vapore<br />

L‟organo che produce potenza attiva è la turbina a vapore il cui schema costruttivo è dato in<br />

Figura 221 nella quale sono visibili gli organi <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione del vapore e gli anelli del rotore <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ametro crescente verso l‟uscita 52 . Nella Figura 222 si può osservare una turbina a vapore <strong>di</strong> potenza<br />

aperta in stabilimento. Sono ben visibili gli anelli <strong>di</strong> palette e la sezione crescente verso il collettore <strong>di</strong><br />

uscita (coclea esterna). Le <strong>di</strong>mensioni delle turbine a vapore sono crescenti man mano che la pressione<br />

<strong>di</strong> esercizio si abbassa rispetto a quella atmosferica. Pertanto le turbine ad alta pressione (oltre 50 bar)<br />

sono molto più piccole <strong>di</strong> quelle a bassa pressione (una decina <strong>di</strong> bar). Le turbine ad alta pressione<br />

sono spesso del tipo contrapposto, ve<strong>di</strong> Figura 223, per ridurre lo sforzo sui cuscinetti <strong>di</strong> supporto. In<br />

questo caso la <strong>di</strong>stribuzione del vapore è centrale e il flusso viene poi sud<strong>di</strong>viso verso i due lati in<br />

modo da bilanciare la spinta laterale sui banchi <strong>di</strong> supporto. I parametri che caratterizzano una turbina<br />

a vapore sono i seguenti:<br />

con<strong>di</strong>zioni del vapore all‟ammissione e allo scarico;<br />

portata massica del vapore;<br />

ren<strong>di</strong>mento a<strong>di</strong>abatico;<br />

potenza fornita.<br />

Il ren<strong>di</strong>mento a<strong>di</strong>abatico a <strong>di</strong>pende dal tipo <strong>di</strong> turbina e in particolare dalla taglia secondo la<br />

seguente tabella:<br />

per potenze sopra i 150 MW si ha a = 0.820.83<br />

per potenze tra 5 e 50 MW si ha a = 0.760.82<br />

per potenze fra 1 e 5 MW si ha a = 0.700.76<br />

per potenze < 1 MW si ha a < 0.72<br />

Quando la turbina a vapore è accoppiata ad un alternatore occorre tenere conto, ai fini del<br />

calcolo della potenza elettrica prodotta, del ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> quest‟ultimo variabile, secondo la taglia,<br />

nell‟intervallo 0.960.99.<br />

Figura 221: Schema <strong>di</strong> una turbina a vapore<br />

52 Si ricor<strong>di</strong> che il vapore espandendosi aumenta considerevolmente il suo <strong>volume</strong> specifico e pertanto la turbina<br />

deve consentire questo incremento <strong>volume</strong>trico me<strong>di</strong>ante l‟incremento della sezione <strong>di</strong> passaggio del vapore.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

220<br />

Condensatore<br />

Il condensatore è l‟organo <strong>di</strong> maggiori <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> tutto l‟impianto.<br />

Esso è costituito da gran<strong>di</strong> banchi <strong>di</strong> tubi <strong>di</strong> rame nei quali si fa passare acqua fredda all‟interno<br />

e vapore in uscita dalla turbina all‟esterno.<br />

La condensazione avviene ad una temperatura <strong>di</strong> 32-40 °C e ad una pressione <strong>di</strong> 0,035-0,045<br />

bar.<br />

Si utilizza, <strong>di</strong> norma l‟acqua <strong>di</strong> mare o l‟acqua <strong>di</strong> fiumi <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> portate (ad esempio il Po) per<br />

evitare l‟inquinamento termico cioè l‟innalzamento sensibile della temperatura dell‟acqua e ciò per evitare<br />

conseguenze biologiche nella flora e nella fauna marina.<br />

Pompe <strong>di</strong> alimentazione in caldaia<br />

L‟acqua uscente dal condensatore a bassa pressione (circa 0,04 bar) viene poi portata alla<br />

pressione <strong>di</strong> alimentazione in caldaia (circa 70 bar) me<strong>di</strong>ante opportune pompe <strong>di</strong> alimentazione le cui<br />

<strong>di</strong>mensioni sono piccole rispetto a quelle degli altri organi sopra descritti.<br />

La potenza assorbita dalle pompe <strong>di</strong> alimentazione è <strong>di</strong> 1-÷2 % <strong>di</strong> quella prodotta dalle turbine.<br />

6.14.24 CICLO HIRN<br />

L‟evoluzione naturale del ciclo Rankine è il ciclo Hirn nel quale il vapore in uscita dalla caldaia<br />

non è in con<strong>di</strong>zioni saturo secco bensì surriscaldato, ve<strong>di</strong> Figura 224. Il ren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> questo ciclo è<br />

ancora dato dalla (190) ma con calore Q 1 dato dalla <strong>di</strong>fferenza:<br />

Q h h (192)<br />

1 D E<br />

e pertanto il ren<strong>di</strong>mento vale:<br />

L hD<br />

h<br />

<br />

Q h h<br />

1<br />

D<br />

E<br />

A<br />

(193)<br />

Figura 222: Turbina a vapore aperta


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

221<br />

Rispetto al ciclo Rankine il surriscaldamento del vapore da C a D porta ad avere ren<strong>di</strong>menti più<br />

elevati anche se le per<strong>di</strong>te per irreversibilità rispetto al ciclo <strong>di</strong> Carnot corrispondente sono ancora<br />

maggiori. La temperatura massima oggi raggiungibile in D è <strong>di</strong> circa 570 °C per le centrali ENEL e <strong>di</strong><br />

760 °C per le centrali tedesche. Il motivo <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>versità è da ricercare nel tipo <strong>di</strong> acciaio utilizzato<br />

per le costruzioni <strong>impianti</strong>stiche. In Italia si usano acciai meno pregiati ma più economici mentre in<br />

Germania si utilizzano acciai austenitici più costosi ma che consentono <strong>di</strong> lavorare a temperature più<br />

elevate con conseguente maggior ren<strong>di</strong>mento rispetto alle centrali italiane. Oggi con il combustibile ad<br />

alto costo è preferibile avere ren<strong>di</strong>menti più elevati che costi iniziali <strong>di</strong> installazione più ridotti. Per<br />

aumentare ulteriormente il ren<strong>di</strong>mento del ciclo Hirn si può anche avere più <strong>di</strong> un surriscaldamento,<br />

come riportato in Figura 225.<br />

In genere si limitano a due o tre i surriscaldamenti per problemi in caldaia.<br />

6.14.25 CICLI A SPILLAMENTO<br />

L‟ultima tendenza nella <strong>di</strong>rezione del miglioramento del ren<strong>di</strong>mento del ciclo a vapore è quella<br />

dei cicli a spillamento. In questi cicli, che qui non si approfon<strong>di</strong>scono per la limitatezza del corso, si cerca<br />

<strong>di</strong> riparare al guasto termo<strong>di</strong>namico provocato dal preriscaldamento dell‟acqua prima <strong>di</strong> vaporizzare.<br />

Questa fase è, come già detto in precedenza, fortemente irreversibile e riduce molto il<br />

ren<strong>di</strong>mento del ciclo Hirn (o anche <strong>di</strong> Rankine). Allora se si riesce a riscaldare il più possibile l‟acqua<br />

<strong>di</strong> alimento in caldaia con calore sottratto allo stesso vapore durante l‟espansione in turbina si può<br />

pensare <strong>di</strong> ridurre le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> irreversibilità anzidette.<br />

Figura 223: Turbina a vapore ad anelli contrapposti<br />

Questo è proprio quello che si fa nei cicli a spillamento. Si preleva vapore dalla turbina durante<br />

la fase <strong>di</strong> espansione e lo si fa condensare in uno scambiatore <strong>di</strong> calore (detto recuperatore) in modo da<br />

cedere il calore <strong>di</strong> condensazione all‟acqua che alimenta la caldaia.<br />

In Figura 226 si ha un esempio <strong>di</strong> ciclo Hirn con 4 spillamenti che portano l‟acqua dalle<br />

con<strong>di</strong>zioni del punto A (uscita dalla pompa) fino al punto B‟. Occorrerà fornire solamente il calore <strong>di</strong><br />

preriscaldamento da B‟ a B.<br />

Questo è certamente inferiore al calore AB senza spillamenti e pertanto si riducono le per<strong>di</strong>te<br />

per irreversibilità.


Temperatura<br />

Temperatura<br />

IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

222<br />

D<br />

B<br />

C<br />

A<br />

F<br />

E<br />

Entropia<br />

Figura 224: Ciclo Hirn nel piano (T,s)<br />

D<br />

G<br />

B<br />

C<br />

E<br />

A<br />

F<br />

H<br />

Entropia<br />

Figura 225: Ciclo Hirn con due surriscaldamenti<br />

Aumentando il numero <strong>di</strong> spillamenti si può portare il punto B‟ molto vicino a B<br />

incrementando, così, il ren<strong>di</strong>mento termo<strong>di</strong>namico. Per motivi <strong>di</strong> costo si limitano gli spillamenti a<br />

12÷18 al massimo.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

223<br />

Temperatura<br />

D<br />

B<br />

B'<br />

Calore <strong>di</strong> preriscaldamento<br />

C<br />

Recupero <strong>di</strong> calore<br />

Spillamenti<br />

A<br />

F<br />

E<br />

Figura 226: Cicli a spillamento<br />

Entropia<br />

I cicli a spillamento risultano vantaggiosi anche perché producono una sensibile riduzione delle<br />

<strong>di</strong>mensioni delle turbine e del condensatore. In questi organi, infatti, viene a fluire una portata<br />

inferiore rispetto al caso <strong>di</strong> ciclo senza spillamento.<br />

Per il calcolo del ren<strong>di</strong>mento occorre prima determinare le frazioni <strong>di</strong> vapore spillate e poi<br />

determinare l‟energia utile prodotta dalla quantità residua <strong>di</strong> vapore che si espande fra i vari tratti del<br />

segmento DE. Per la determinazione delle frazioni spillate si ricorre ad equazioni <strong>di</strong> equilibrio termico<br />

nei singoli recuperatori <strong>di</strong> calore (in numero pari agli spillamenti).<br />

Tale applicazione viene qui tralasciata per semplicità. Si osservi ancora che vi sono vari criteri<br />

per in<strong>di</strong>viduare i punti ottimali <strong>di</strong> spillamento.<br />

Un criterio semplice, ma in buon accordo con la pratica, è quello <strong>di</strong> sud<strong>di</strong>videre il salto termico<br />

DE in parti eguali al numero <strong>di</strong> spillamenti desiderati (come in<strong>di</strong>cato nella Figura 226).<br />

6.14.26 COMBUSTIBILI UTILIZZATI<br />

Si è detto che nel ciclo a vapore si può, in generale, utilizzare qualunque tipologia <strong>di</strong><br />

combustibile sia esso solido, liquido o gassoso. La scelta del combustibile si riflette sulle caratteristiche<br />

della caldaia, del ciclo <strong>di</strong> trattamento del combustibile e del sistema <strong>di</strong> depurazione dei fumi. La<br />

combustione con combustibili gassosi e con polverino <strong>di</strong> carbone polverizzato viene realizzata tramite<br />

l‟uso <strong>di</strong> bruciatori nei quali l‟aria viene miscelata al combustibile mentre nel caso <strong>di</strong> combustibili soli<strong>di</strong><br />

(non polverizzati) si ha un focolare dotato <strong>di</strong> griglie.<br />

Fra i combustibili principali si ricordano:<br />

greggio;<br />

olio combustibile<br />

gas naturale<br />

gas residuo (gas <strong>di</strong> cokeria, gas <strong>di</strong> raffineria, …)<br />

polverino <strong>di</strong> carbone;<br />

coal-oil<br />

Nelle caldaie a focolare si possono bruciare:


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

224<br />

<br />

<br />

<br />

carbone povero<br />

combustibile da rifiuti (CDR)<br />

legna<br />

I combustibili gassosi non richiedono, in generale, alcun trattamento ed i bruciatori sono più<br />

semplici che in altri casi. I combustibili liqui<strong>di</strong> comportano una fase <strong>di</strong> filtraggio e riscaldamento al<br />

fine <strong>di</strong> raggiungere i valori necessari <strong>di</strong> pressione e viscosità (4060 bar e < 5 °E) per la successiva<br />

operazione <strong>di</strong> polverizzazione al bruciatore.<br />

I combustibili soli<strong>di</strong> (carbone, scarti <strong>di</strong> lavorazione, RSU, …) possono subire trattamenti<br />

preliminari per raggiungere i valori <strong>di</strong> granulometria e contenuto d‟acqua imposti dal tipo <strong>di</strong> bruciatore<br />

adottato o del tipo <strong>di</strong> forno (ad esempio a letto fluido).<br />

6.14.27 POSSIBILITÀ DI COGENERAZIONE<br />

Per un ciclo cogenerativo nel quale si desideri avere la necessaria flessibilità nel sod<strong>di</strong>sfacimento<br />

del carico elettrico e termico si utilizza, <strong>di</strong> solito, la turbina in derivazione e condensazione (detta<br />

anche a prelievo regolato).<br />

Questo tipo <strong>di</strong> impianto può lavorare anche separatamente dalle reti esterne (parallelo elettrico e<br />

termico) come pure possono lavorare in parallelo con la rete ENEL e cedere energia in caso <strong>di</strong><br />

sovrapproduzione.<br />

Impianti a derivazione e condensazione<br />

Il rapporto C =E T /E E può variare fra 0 e 4 e anche oltre nel caso <strong>di</strong> contropressione. In Figura<br />

227 si ha un esempio <strong>di</strong> impianto con turbina a vapore a derivazione e condensazione.<br />

In questo caso la turbina è sostanzialmente <strong>di</strong>visa in due parti: un corpo ad alta pressione, ove si<br />

espande tutto il vapore prodotto, ed uno a bassa pressione dove avviene l‟espansione del vapore che<br />

eccede quello richiesto dalla utenza.<br />

TURBINA<br />

G<br />

CALDAIA<br />

CONDENSATORE<br />

Figura 227; Ciclo a vapore a derivazione e condensazione<br />

Questo tipo <strong>di</strong> impianto consente <strong>di</strong> realizzare tutti i casi fra la turbina a condensazione pura e<br />

quella in contropressione pura. E‟ quin<strong>di</strong> molto flessibile e segue perfettamente le esigenze del carico<br />

elettrico e termico dell‟Utenza. Si tenga presente che occorre avere almeno 67% <strong>di</strong> vapore in<br />

espansione nella sezione a bassa pressione per avere un raffreddamento del corpo turbina.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

225<br />

Inoltre il corpo a bassa pressione non è <strong>di</strong>mensionato per ricevere tutta la portata <strong>di</strong> vapore e<br />

pertanto i due casi limiti sono solo teorici. Per questa tipologia <strong>di</strong> impianto occorre considerare i<br />

seguenti parametri:<br />

ren<strong>di</strong>mento totale, N<br />

ren<strong>di</strong>mento elettrico, N E<br />

consumo specifico <strong>di</strong> vapore per la produzione elettrica, q p<br />

rapporto energia termica su energia elettrica, C.<br />

Tutti questi parametri variano al variare del carico elettrico e della potenza termica estratta. In<br />

un gruppo a derivazione e condensazione si può variare il carico elettrico, entro certi limiti, senza<br />

pesare sul carico termico e, viceversa, è possibile variare il carico termico senza <strong>di</strong>sturbare il carico<br />

elettrico. La regolazione, infatti, agisce sia sulle valvole <strong>di</strong> ammissione alla turbina che su quelle a valle<br />

del prelievo.<br />

6.14.28 IMPIANTI A CONTROPRESSIONE<br />

Questi <strong>impianti</strong> sono detti a recupero totale e forniscono calore ad una utenza (detta fredda) in<br />

grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssipare tutto il carico. Essi presentano una elevata rigi<strong>di</strong>tà e quin<strong>di</strong> non consentono <strong>di</strong><br />

variare in<strong>di</strong>pendentemente i carichi elettrici e termici.<br />

In genere gli <strong>impianti</strong> a contropressione sono <strong>di</strong>mensionati sull‟utenza termica con ren<strong>di</strong>mento<br />

complessivo che può raggiungere il 90%. In Figura 228 si ha lo schema <strong>di</strong> un impianto in<br />

contropressione nella versione più semplice, adatto per piccole taglie.<br />

Lo sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> riduzione <strong>di</strong> pressione e <strong>di</strong> desurriscaldamento del vapore, unitamente al by-pass<br />

della turbina, è utilizzato sia in fase <strong>di</strong> avviamento del gruppo che in caso <strong>di</strong> fuori servizio della<br />

turbina. Il desurriscaldatore serve ad adattare il vapore alle esigenze dell‟utenza.<br />

In Figura 229 si ha uno schema <strong>di</strong> impianto a contropressione con due turbine: in questo modo<br />

si hanno due livelli <strong>di</strong> scarico del vapore a <strong>di</strong>versa pressione.<br />

DESURRISCALDATORE<br />

TURBINA<br />

GENERATORE<br />

G<br />

CALDAIA<br />

ALLA UTENZA<br />

DEGASATORE<br />

RITORNO CONDENSA<br />

Figura 228: Schema <strong>di</strong> un impianto a vapore con turbina in contropressione


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

226<br />

In Figura 230 si ha uno schema tipico per applicazioni <strong>di</strong> teleriscaldamento. La turbina in<br />

contropressione è regolata dalla quantità <strong>di</strong> combustibile bruciato in caldaia e quin<strong>di</strong> dalla quantità <strong>di</strong><br />

vapore inviato alla turbina stessa, a parità <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni termo<strong>di</strong>namiche.<br />

In linea <strong>di</strong> principio la regolazione può essere asservita sia al carico termico che al carico<br />

elettrico.<br />

TURBINA<br />

AP<br />

TURBINA<br />

BP<br />

GENERATORE<br />

G<br />

CALDAIA<br />

DEGASATORE<br />

RITORNO CONDENSA<br />

Figura 229: Schema <strong>di</strong> un impianto a contropressione con due turbine e due livelli <strong>di</strong> scarico vapore<br />

DESURRISCALDATORE<br />

TURBINA<br />

GENERATORE<br />

G<br />

CALDAIA<br />

RETE ELETTRICA ESTERNA<br />

UTENZA<br />

Figura 230: Schema <strong>di</strong> un SET con turbina a vapore a contropressione per reti <strong>di</strong> teleriscaldamento


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

227<br />

6.15 ESEMPI DI APPLICAZIONI DELLA COGENERAZIONE<br />

Gli effetti della L 9/91 e L 10/91 non si sono fatti aspettare e già oggi si contano numerose<br />

applicazioni della cogenerazione che hanno <strong>di</strong>mostrato maturità e convenienza. In genere i problemi<br />

tecnici sono <strong>di</strong> facile risoluzione per cui la convenienza dei sistemi cogenerativi si basa tutta sull‟analisi<br />

finanziaria ed economica, come precedentemente detto.<br />

Un errore da evitare è quello <strong>di</strong> sovra<strong>di</strong>mensionare questi <strong>impianti</strong> ad esempio scegliendo taglie<br />

dei componenti <strong>di</strong>mensionati per far fronte alle punte dei carichi termici e/o elettrici: si rischia <strong>di</strong><br />

avere oneri finanziari molto gran<strong>di</strong> e ren<strong>di</strong>menti ai carichi ridotti bassi.<br />

Il <strong>di</strong>mensionamento dei componenti <strong>di</strong> impianto e della giusta taglia del SET deve partire<br />

dall‟analisi approfon<strong>di</strong>ta e certa degli andamenti dei carichi termici ed elettrici (ad esempio me<strong>di</strong>ante le<br />

curve cumulative già citate) avendo cura <strong>di</strong> selezionare i carichi me<strong>di</strong> e non le punte.<br />

Non sempre questa analisi risulta agevole poiché certe applicazioni (ad esempio quelle <strong>di</strong><br />

climatizzazione degli e<strong>di</strong>fici) risultano sempre fortemente variabili nel tempo. In questi casi occorre<br />

<strong>di</strong>versificare i casi <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici esistenti per i quali sono reperibili dati storici ed e<strong>di</strong>fici nuovi per i quali si<br />

debbono operare scelte progettuali sulla base <strong>di</strong> confronti e/o assimilazioni con casi esistenti.<br />

Un metodo oggi seguito per la previsione dei carichi è quello dell‟utilizzo <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo<br />

affidabili che forniscano risultati utili per lo scopo prefissato.<br />

In genere si fa riferimento ad un anno tipo (reference year) o a sequenze temporali <strong>di</strong> dati<br />

climatologici tali da essere statisticamente significativi per il periodo <strong>di</strong> simulazione desiderato. Tali<br />

co<strong>di</strong>ci sono reperibili commercialmente 53 o tramite istituti <strong>di</strong> ricerca.<br />

6.15.1 APPLICAZIONI INDUSTRIALI DELLA COGENERAZIONE<br />

La taglia industriale degli <strong>impianti</strong> cogenerativi varia da 100 kW a 20 MW e più e quin<strong>di</strong> si tratta<br />

<strong>di</strong> potenze significative anche rispetto alle applicazioni più importanti in campo civile.<br />

L‟esigenza della cogenerazione scaturisce, <strong>di</strong> norma, dall‟elevato costo dell‟energia elettrica nelle<br />

fasce orarie <strong>di</strong> maggior uso e dalla necessità <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> calore per applicazioni <strong>di</strong> processo (vapore,<br />

acqua calda, reti tecnologiche interne,…). Sono spesso utilizzati motori endotermici (quando si<br />

richiedono basse temperature) più efficienti e como<strong>di</strong> rispetto agli altri tipi <strong>di</strong> motori primi.<br />

Per potenze elevate e per temperature richieste superiori ai 100 °C si utilizzano prevalentemente<br />

turbine a vapore o a gas: si tratta quasi sempre <strong>di</strong> grosse iniziative che nascono in gran<strong>di</strong><br />

raggruppamenti industriali che utilizzano anche residui <strong>di</strong> lavorazione o rifiuti urbani o industriali (oli,<br />

scarti petroliferi, …).<br />

6.15.2 IL TELERISCALDAMENTO<br />

Il teleriscaldamento è una <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> energia termica <strong>di</strong>stribuita sul territorio anche a<br />

notevole <strong>di</strong>stanza e per applicazioni anche <strong>di</strong>fferenziate. In Italia si sono avute applicazioni <strong>di</strong><br />

teleriscaldamento per iniziativa <strong>di</strong> Aziende Municipalizzate per il riscaldamento urbano (vedansi gli<br />

esempi <strong>di</strong> Brescia, Ferrara, …).<br />

Purtroppo questa tecnologia è da considerare ancora agli inizi e limitata a superfici limitate<br />

(qualche quartiere). L‟energia termica viene prodotta in una centrale appositamente attrezzata (forni<br />

policombustibile) e <strong>di</strong>stribuita me<strong>di</strong>ante reti, magliate e/o ramificate, <strong>di</strong> tubi <strong>di</strong> acqua calda a pressione<br />

posta sotto terra. Le centrali cogenerative consentono <strong>di</strong> produrre sia energia termica che elettrica,<br />

entrambe <strong>di</strong>stribuite in rete dalle stesse aziende municipalizzate. Il calore viene utilizzato sia per<br />

riscaldamento ambientale che per usi sanitari e/o ospedaliero.<br />

Il <strong>di</strong>mensionamento dell‟impianto viene effettuato utilizzando i co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo per la<br />

previsione dei carichi termici al variare delle con<strong>di</strong>zioni esterne.<br />

53 Si citano, per la loro grande <strong>di</strong>ffusione e riconosciuta vali<strong>di</strong>tà, i co<strong>di</strong>ci TRNSYS, DOE, BLAST. L’ASHRAE<br />

ha proposto il metodo TEDT/TA nel 1967 e CLTD/CLF nel 1977: entrambi questi meto<strong>di</strong> sono implementati in<br />

programmi commerciali. Anche i co<strong>di</strong>ci BIOCLI e DPM pre<strong>di</strong>sposti dal Gruppo <strong>di</strong> Fisica Tecnica della Facoltà <strong>di</strong><br />

<strong>Ingegneria</strong> <strong>di</strong> Catania si inquadrano in queste tipologie <strong>di</strong> strumenti <strong>di</strong> previsione. Questi, fra l‟altro, sono stati validati<br />

sperimentalmente presso le test facilty europee della Conphoebus <strong>di</strong> Catania.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

228<br />

E‟ così possibile conoscere per una taglia <strong>di</strong> motore primo l‟energia termica che può essere<br />

prodotta per sod<strong>di</strong>sfare l‟utenza (carico termico imposto) e la conseguente energia elettrica <strong>di</strong>sponibile.<br />

La convenienza economica e finanziaria <strong>di</strong> questi <strong>impianti</strong> porta a preferire taglie <strong>di</strong>mensionate<br />

per i carichi comuni più frequenti e quin<strong>di</strong> lontani dai carichi <strong>di</strong> picco: in genere l‟80% dell‟energia<br />

richiesta è circa il 40% inferiore al carico <strong>di</strong> picco.<br />

Per sod<strong>di</strong>sfare le punte massime <strong>di</strong> carico si usano generatori ausiliari (più economici) che<br />

entrano in funzione nel momento richiesto dall‟utenza.<br />

6.15.3 GLI OSPEDALI<br />

Un complesso ospedaliero moderno può essere considerato (per estensione, tipologia e taglia<br />

degli <strong>impianti</strong>) un impianto industriale vero e proprio. Si hanno forti consumi energetici sia termici<br />

che elettrici e, in genere, gli ospedali costituiscono una favorevole occasione per la cogenerazione.<br />

Gli stu<strong>di</strong> preliminari debbono stabilire i consumi (storici per enti esistenti o preve<strong>di</strong>bili per<br />

nuove costruzioni) sia elettrici che termici.<br />

In quest‟ultimo caso occorre anche stabilire le temperature <strong>di</strong> utilizzo delle fonti termiche: ad<br />

esempio, vapore <strong>di</strong> sterilizzazione a 140 °C, vapore per i mangani per la stiratura a 180 °C. In passato<br />

l‟uso <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> quantità <strong>di</strong> vapore ha portato ad avere generatori termici solamente per la produzione<br />

<strong>di</strong> vapore che veniva usato anche per altri scopi, compresi la produzione <strong>di</strong> acqua sanitaria, il<br />

riscaldamento e il raffrescamento (me<strong>di</strong>ante macchine frigorifere ad assorbimento) ambientale.<br />

Oggi, dato l‟alto costo <strong>di</strong> gestione dei generatori <strong>di</strong> vapore e delle reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione, si<br />

preferisce limitare l‟uso del vapore ai soli casi necessari e quin<strong>di</strong> utilizzando normali caldaie per la<br />

produzione <strong>di</strong> acqua sanitaria e per il riscaldamento ambientale.<br />

Un aspetto interessante si ha, sempre negli ospedali, per l‟utilizzo dell‟energia elettrica.<br />

Oltre al normale collegamento alla rete ENEL occorre sempre prevedere gruppi <strong>di</strong> continuità<br />

con alimentazione preferenziale per le sale operatorie, le sale <strong>di</strong> terapia intensiva e per tutti i casi ove la<br />

continuità del servizio è assolutamente necessaria.<br />

Pertanto, oltre all‟uso <strong>di</strong> gruppi <strong>di</strong> continuità elettronici <strong>di</strong> limitata durata, occorre prevedere veri<br />

e propri gruppi elettrogeni alimentati con motori a combustione interna e capaci <strong>di</strong> assicurare l‟energia<br />

elettrica anche per lunghi perio<strong>di</strong>.<br />

Pertanto risulta imme<strong>di</strong>ata la possibilità <strong>di</strong> usare questi motori per cogenerare anche l‟energia<br />

termica usata internamente negli ospedali. Al fine <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionare il sistema cogenerativo occorre<br />

valutare correttamente i carichi termici, sud<strong>di</strong>visi per temperatura <strong>di</strong> utilizzo, e i carichi elettrici,<br />

compresi i carichi per illuminazione.<br />

La scelta del criterio <strong>di</strong> progetto può essere basata sia sul carico termico imposto che sul carico<br />

elettrico imposto. Quest‟ultima possibilità risulta conveniente nel caso <strong>di</strong> tariffa multioraria e in ogni<br />

caso quando il costo <strong>di</strong> autoproduzione dell‟energia elettrica risulta inferiore alla tariffa ENEL.<br />

In genere è l‟analisi economica e finanziaria che consiglia, caso per caso, il criterio migliore da<br />

seguire in base ai tempi <strong>di</strong> ritorno più rapi<strong>di</strong>.<br />

6.15.4 IL TERZIARIO<br />

L‟attuale tendenza alla concentrazione <strong>di</strong> attività commerciali in grossi centri ha creato un nuovo<br />

mercato per la cogenerazione. La mole delle strutture e l‟esigenza <strong>di</strong> climatizzazione sia invernale che<br />

estiva, oltre alle altre esigenze <strong>impianti</strong>stiche interne (catena del freddo, banconi frigoriferi,…)<br />

presentano ottime possibilità per la cogenerazione.<br />

I criteri progettuali sono del tutto simili a quelli in<strong>di</strong>cati per gli ospedali. Occorre quin<strong>di</strong><br />

esaminare correttamente i carichi termici ed elettrici (eventualmente prevedendoli me<strong>di</strong>ante co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong><br />

calcolo opportuni).<br />

Occorre tenere presente che la variabilità climatica incide moltissimo sull‟andamento dei carichi<br />

sia termici che elettrici.<br />

Un sistema sufficientemente semplice <strong>di</strong> cogenerazione è quello <strong>di</strong> recuperare il calore dei<br />

condensatori <strong>di</strong> raffreddamento dei gruppi frigoriferi.<br />

La variabilità delle tipologie e<strong>di</strong>lizie e delle tipologie <strong>di</strong> carico non consentono, a priori, <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>care il miglior sistema cogenerativo. Spesso considerazioni economiche (maggior investimento


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

229<br />

iniziale) e <strong>di</strong> gestione limitano l‟adozione <strong>di</strong> sistemi cogenerativi a soluzioni ibride <strong>di</strong> recupero degli<br />

scarti energetici (ad esempio nei condensatori dei gruppi frigoriferi) o <strong>di</strong> riduzione degli sprechi.<br />

Si tenga presente che per effetto del sistema <strong>di</strong> tariffazione ENEL non risulta spesso<br />

conveniente autoprodurre energia elettrica nel periodo estivo (tariffa F4 per ore vuote in agosto)<br />

perché più costosa <strong>di</strong> quella venduta dall‟ENEL.<br />

Ciò limita notevolmente la possibilità <strong>di</strong> ipotizzare sistemi total energy complessi a favore dei<br />

sistemi cogenerativi ridotti <strong>di</strong>anzi esposti.<br />

6.15.5 LA MICROGENERAZIONE<br />

Per applicazioni al <strong>di</strong> sotto dei 100 kW elettrici (carico elettrico imposto) si hanno<br />

microcogenerazioni che possono risultare convenienti quando si ha una frazione <strong>di</strong> energia termica<br />

richiesta che si mantiene costante durante l‟anno.<br />

Ciò si ottiene, ad esempio, quando si ha un elevato consumo <strong>di</strong> acqua sanitaria e quin<strong>di</strong> questa<br />

microcogenerazione si applica a servizi sportivi, camping, alberghi, …., e cioè la dove i servizi sono<br />

non trascurabili rispetto al riscaldamento ambientale.<br />

L‟impianto <strong>di</strong> cogenerazione viene <strong>di</strong>mensionato sulla base del carico termico costante da<br />

alimentare con motori endotermici a carico elettrico costante.<br />

Sono stati immessi sul mercato da una decina d‟anni sistemi total energy che utilizzano motori<br />

automobilistici per produrre circa 40 kW elettrici e circa 100 kW termici.<br />

Uno <strong>di</strong> questi sistemi è il TOTEM® originariamente pre<strong>di</strong>sposto dalla FIAT con un motore<br />

endotermico derivato da quello della 127. Combinando più unità si possono ottenere potenze<br />

elettriche e termiche anche considerevoli per applicazioni civili condominiali.<br />

6.15.6 CENTRALI TERMO-ELETTRO-FRIGORIFERE<br />

L‟idea <strong>di</strong> base <strong>di</strong> un SET è <strong>di</strong> fornire contemporaneamente elettricità e calore e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare,<br />

<strong>di</strong>rettamente o con l‟inserimento <strong>di</strong> ausiliari o con scambi <strong>di</strong> rete (sistemi aperti) i fabbisogni globali<br />

dell‟utenza. Una delle esigenze oggi in crescita è la produzione del freddo sia per l‟accresciuta<br />

domanda nel settore climatico ambientale sia per applicazioni commerciali ed industriali. Appare<br />

quin<strong>di</strong> logico sod<strong>di</strong>sfare le richieste <strong>di</strong> energia frigorifera sfruttando la produzione <strong>di</strong> calore dei sistemi<br />

cogenerativi. In primo luogo si può pensare <strong>di</strong> usare un motore primo per trasformare energia primaria<br />

(data dal combustibile) in energia meccanica per alimentare i compressori alternativi <strong>di</strong> una macchina a<br />

compressione <strong>di</strong> vapori saturi per la produzione del freddo. Se poi il ciclo è reversibile si può anche<br />

avere produzione <strong>di</strong> calore.<br />

Questa applicazione consente <strong>di</strong> svincolarsi dall‟uso <strong>di</strong>retto dell‟energia elettrica sia per la<br />

produzione <strong>di</strong> freddo che <strong>di</strong> caldo. Inoltre questo schema libera il sistema total energy dal rigido rapporto<br />

fra produzione <strong>di</strong> energia elettrica ed energia termica.<br />

La taglia dei sistemi appena descritti è me<strong>di</strong>o-bassa (entro qualche centinaio <strong>di</strong> kW) e quin<strong>di</strong> il<br />

motore primo è quasi sempre un motore endotermico e, al limite superiore, con piccole turbine a gas.<br />

Un motore endotermico consente facilmente l‟accoppiamento sia ad un compressore che ad un<br />

generatore elettrico, come schematizzato in Figura 231.<br />

Il generatore elettrico è <strong>di</strong> solito sempre accoppiato anche in assenza <strong>di</strong> carico elettrico (con<br />

funzioni <strong>di</strong> volano) mentre il compressore viene accoppiato me<strong>di</strong>ante innesto a frizione nel momento<br />

<strong>di</strong> richiesta del carico. Se il motore elettrico è <strong>di</strong> tipo asincrono può fungere anche da motore <strong>di</strong><br />

alimentazione del compressore nel momento in cui il motore primo si ferma (gusto e/o<br />

manutenzione) assicurando la produzione del freddo. In questo modo il sistema si comporta come<br />

una centrale elettro-termo-frigorifera capace <strong>di</strong> adattarsi a tutte le esigenze <strong>di</strong> carico.<br />

Il compressore fa parte, come già accennato, <strong>di</strong> una pompa <strong>di</strong> calore (freddo-caldo) e quin<strong>di</strong> si<br />

tratta <strong>di</strong> pompe endotermiche e non del tipo usuale con motori elettrici.<br />

Oggi si trovano sul mercato pompe <strong>di</strong> calore endotermiche alimentate da motori a combustioni<br />

interna <strong>di</strong> derivazione automobilistica. Il compressore funziona con R22 o similare. Le taglie <strong>di</strong><br />

potenza termica totale (<strong>di</strong> ciclo inverso e <strong>di</strong> recupero termico) sono variabili da 150 a 400 kW con<br />

gra<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> 50 kW (vedasi il già citato TOTEM®). E‟ possibile avere potenze maggiori me<strong>di</strong>ante<br />

parallelo <strong>di</strong> più moduli termici.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

230<br />

Il motore endotermico può essere alimentato anche con gas metano <strong>di</strong> rete e la regolazione del<br />

numero <strong>di</strong> giri avviene me<strong>di</strong>ante regolazione sulla valvola a farfalla. In questo modo si mantengono<br />

10001500 gpm con un ren<strong>di</strong>mento, quasi costante, <strong>di</strong> circa il 31%. Combinando la variazione del<br />

numero <strong>di</strong> giri con la parzializzazione dei cilindri del compressore (già vista nel capitolo sulle centrali<br />

frigorifere) si possono avere variazioni <strong>di</strong> potenza fra il 15% ed il 100% della potenzialità nominale.<br />

G<br />

GENERATORE<br />

MOTORE PRIMO<br />

INNESTO A<br />

FRIZIONE<br />

COMPRESSORE<br />

Figura 231: Schema dell’accoppiamento <strong>di</strong> un motore primo con un compressore ed un generatore<br />

Dal raffreddamento del motore e dai fumi <strong>di</strong> scarico si può ancora ricavare energia termica, allo<br />

stesso modo <strong>di</strong> quanto già descritto nei sistemi cogenerativi usuali e pertanto la pompa <strong>di</strong> calore<br />

endotermica presente un ren<strong>di</strong>mento termico elevatissimo e superiore a quello relativa ad una buona<br />

caldaia tra<strong>di</strong>zionale ad alto ren<strong>di</strong>mento nella stagione invernale.<br />

Rispetto alle pompe <strong>di</strong> calore elettriche si hanno anche ulteriori vantaggi derivati, ad esempio,<br />

dalla possibilità <strong>di</strong> sbrinamento (quando la temperatura esterna scende al <strong>di</strong> sotto dei 5°C) me<strong>di</strong>ante<br />

calore <strong>di</strong> recupero dal motore e non con inversione <strong>di</strong> ciclo, come avviene nelle pompe <strong>di</strong> calore<br />

alimentate elettricamente. Poiché le pompe <strong>di</strong> calore endotermiche funzionano con ciclo reversibile è<br />

possibile sod<strong>di</strong>sfare anche le esigenze del con<strong>di</strong>zionamento estivo. Per valutare la convenienza<br />

economica <strong>di</strong> questo sistema (che presenta un maggior costo iniziale dovuto al motore primo a al<br />

generatore elettrico) si deve <strong>di</strong>mostrare che sottraendo al costo della macchina il risparmio che si<br />

ottiene per la riduzione della potenzialità della centrale termica e dei refrigeratori tra<strong>di</strong>zionali si ottiene<br />

un vantaggio economico al limite pari a zero.<br />

Si tenga presente che attualmente ci sono contributi previsti dalle leggi vigenti sia per<br />

l‟installazione (e quin<strong>di</strong> per l‟acquisto) <strong>di</strong> pompe <strong>di</strong> calore endotermiche che una riduzione tariffaria<br />

del gas metano <strong>di</strong> alimentazione. Tuttavia non è possibile avere certezza della durata <strong>di</strong> questi incentivi<br />

né della loro estensione a tutti i settori civili e del terziario. Nel <strong>di</strong>mensionare questi tipi <strong>di</strong> sistemi si<br />

ricor<strong>di</strong> che la potenza meccanica dei motori endotermici è pari a circa 1/5 della potenza termica totale<br />

prodotta. Da confronti effettuati in casi reali (e<strong>di</strong>fici commerciali con superfici variabili da 5000 a<br />

12000 m 2 ) si osserva che il risparmio energetico (in termini <strong>di</strong> energia primaria riferita al consumo<br />

nominale dell‟impianto in assenza <strong>di</strong> macchine endotermiche) varia dal 15 al 40% per potenze del<br />

motore variabili da 150 a 1000 MW. Se si considera il consumo energetico per il con<strong>di</strong>zionamento<br />

estivo il sistema a pompa <strong>di</strong> calore endotermica consente <strong>di</strong> raggiungere risparmi maggiori con tariffe<br />

multiorarie. A conclusione <strong>di</strong> questo capitolo si fa osservare che l‟attuale sistema legislativo introduce<br />

sgravi fiscali per il combustibile utilizzato per la semplice cogenerazione termica – elettrica ma non per<br />

l‟alimentazione delle pompe <strong>di</strong> calore endotermiche.<br />

Questa assurda <strong>di</strong>ssimmetria può in taluni casi portare ad una convenienza maggiore installando<br />

un normale sistema cogenerativo che alimenta elettricamente una pompa <strong>di</strong> calore elettrica reversibile.<br />

Per taglie gran<strong>di</strong> (oltre 500 kW) si possono raggiungere economie del 1515% nel combustibile<br />

e questo non per un fatto termo<strong>di</strong>namico ma solo per una sperequazione legislativa. SIC! L‟uso<br />

combinato delle pompe <strong>di</strong> calore endotermiche con accoppiamento al generatore elettrico richiede<br />

un‟analisi complessa che <strong>di</strong>pende fortemente dalla taglia, dall‟andamento dei carichi (elettrici e termici)<br />

e dal tipo <strong>di</strong> tariffazione elettrica utilizzata.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

231<br />

I risparmi energetici e gestionali appaiono maggiormente rilevanti, per gran<strong>di</strong> <strong>impianti</strong>, per<br />

sistemi cogenerativi mentre la red<strong>di</strong>tività è maggiore per i sistemi a pompa <strong>di</strong> calore endotermica<br />

alimentate a gas, malgrado la non favorevole agevolazione fiscale. Per i sistemi alimentati<br />

elettricamente i sistemi cogenerativi, pur fornendo risparmi energetici maggiori, pongono problemi <strong>di</strong><br />

utilizzo della notevole quantità <strong>di</strong> energia termica recuperata.<br />

6.16 LA TRIGENERAZIONE<br />

Si in<strong>di</strong>ca con Trigenerazione la produzione combinata <strong>di</strong> elettricità, calore e freddo applicando i<br />

criteri dell‟energy casca<strong>di</strong>ng ai gas <strong>di</strong> scarico <strong>di</strong> un‟unità motrice rotativa o alternativa. Per la<br />

climatizzazione ambientale si utilizza una macchina ad assorbimento che fornisce caldo in inverno e<br />

freddo in estate.<br />

Per la parte termica si ha, in genere, anche richiesta <strong>di</strong> vapore e pertanto il sistema trigenerativo<br />

utilizza un generatore <strong>di</strong> vapore a recupero alimentato con i gas <strong>di</strong> scarico <strong>di</strong> un motore primo del tipo<br />

turbina a gas.<br />

Lo schema <strong>impianti</strong>stico è dato in Figura 232. Il calore sensibile dei gas <strong>di</strong> scarico è recuperato<br />

attraverso una caldaia a recupero (HRSG) per la produzione <strong>di</strong> vapore destinato alla copertura dei<br />

fabbisogni termici, invernali ed estivi, questi ultimi attraverso un gruppo ad assorbimento.<br />

La turbina è collegata tramite albero ad un alternatore per la produzione dell‟energia elettrica. In<br />

aggiunta si ha un circuito <strong>di</strong> emergenza, ve<strong>di</strong> Figura 234, verso cui scaricare il flusso <strong>di</strong> vapore<br />

prodotto per smaltire il calore in caso <strong>di</strong> overhating oppure <strong>di</strong> overcooling dell‟immobile.<br />

Vapore alle utenze<br />

Gas cal<strong>di</strong><br />

Condensato dall'utenza<br />

Alternatore<br />

Turbina a gas<br />

Figura 232: Schema <strong>di</strong> un impianto per Trigenerazione<br />

Gas <strong>di</strong> scarico al camino<br />

6.16.1 LA TURBINA A GAS<br />

Le turbine a gas hanno subito in questi ultimi anni una grande evoluzione tecnologica dovuto<br />

all‟aumento delle potenze unitarie, al miglioramento dei ren<strong>di</strong>menti e alla riduzione delle emissioni <strong>di</strong><br />

NO x nell‟ambiente. L‟uso <strong>di</strong> quei motori primi in assetto cogenerativo favorisce la flessibilità<br />

dell‟impianto (E/C = 0.31.5). I tempi <strong>di</strong> avviamento sono oggi ridotti a pochi minuti e la caldaia a<br />

recupero inizia a produrre vapore dopo circa venti minuti dall‟avviamento della turbina.<br />

Questi tempi si <strong>di</strong>mezzano con avviamenti a caldo e sono bassissimi rispetto a quelli ottenuti<br />

con turbine a vapore. Di soliti è presente un camino <strong>di</strong> by-pass dei gas <strong>di</strong> scarico e del post bruciatore<br />

per rendere la turbina più flessibile e adatta alle applicazioni del terziario.<br />

6.16.2 CALDAIA A RECUPERO, HRSG<br />

I gas <strong>di</strong> scarico in uscita dall‟espansore della turbina hanno ancora una temperatura <strong>di</strong> circa 500<br />

°C. La caldaia a recupero HRSG (Heat Recovery Steam Generator) permette <strong>di</strong> trasferire parte del calore<br />

sensibile dei gas all‟acqua surriscaldata circolante in pressione all‟interno dei tubi. Si ha così il recupero<br />

del calore dei gas <strong>di</strong> scarico su cui si basa il concetto <strong>di</strong> cogenerazione. L‟acqua surriscaldata alimenta<br />

un corpo cilindrico dove si separa il vapore per l‟utilizzazione.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

232<br />

Questo può essere ulteriormente surriscaldato per usi specifici. Il punto critico della caldaia a<br />

recupero è nella sezione nella quale la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> temperatura tra i gas <strong>di</strong> scarico e l‟acqua <strong>di</strong><br />

alimentazione è la più bassa possibile (pinch point). Per uno scambio efficace occorre avere una<br />

<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> temperatura minima <strong>di</strong> almeno 10 °C.<br />

T<br />

PINCH POINT<br />

Q<br />

Figura 233: Diagramma <strong>di</strong> scambio gas <strong>di</strong> scarico acqua<br />

<br />

<br />

<br />

Figura 234: Schema <strong>impianti</strong>stico <strong>di</strong> un trigeneratore<br />

Le caldaie a recupero sono caratterizzate, da un punto <strong>di</strong> vista costruttivo, da:<br />

Superfici <strong>di</strong> scambio termico superiori alle corrispondenti caldaia ra<strong>di</strong>ative tra<strong>di</strong>zionali;<br />

Utilizzo <strong>di</strong> tubi alettati allo scopo <strong>di</strong> aumentare il coefficiente <strong>di</strong> scambio termico globale;<br />

Pressioni del vapore generalmente inferiori a 40 bar al fine <strong>di</strong> avere un pinch point<br />

sufficientemente elevato.<br />

In Figura 234 si ha un ulteriore dettaglio <strong>impianti</strong>stico del trigeneratore. Questo tipo <strong>di</strong> impianto<br />

<strong>di</strong> cogenerazione risulta conveniente quando si ha la presenza della contemporanea richiesta dei tre<br />

carichi, ad esempio negli ospedali.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

233<br />

6.16.3 LA REGOLAZIONE DELL’IMPIANTO DI TRIGENERAZIONE<br />

Nel caso in cui la richiesta <strong>di</strong> vapore non è costante nel tempo si possono avere due possibilità<br />

<strong>di</strong> regolazione: una riguarda la turbina a gas e l‟altra la caldaia a recupero.<br />

Regolazione della Turbina a Gas me<strong>di</strong>ante IGV<br />

Si varia l‟inclinazione delle pale mobili dello statore all‟ingresso del compressore me<strong>di</strong>ante un<br />

<strong>di</strong>spositivo detto IGV (Inlet Guide Variable) per regolare la portata <strong>di</strong> aria in ingresso alla turbina a gas.<br />

Se la portata in ingresso <strong>di</strong>minuisce la portata dei gas combusti varia all‟incirca nello stesso rapporto<br />

nel caso <strong>di</strong> temperatura <strong>di</strong> ingresso turbina costante.<br />

La <strong>di</strong>minuzione della portata d‟aria in ingresso produce una <strong>di</strong>minuzione analoga della quantità<br />

<strong>di</strong> energia termica recuperabile.<br />

Regolazione del carico me<strong>di</strong>ante post combustione<br />

Qualora il contenuto energetico dei fumi non è sufficiente per coprire i fabbisogni dell‟utenza<br />

allora si ricorre alla post combustione, possibile grazie all‟eccesso d‟aria tipica delle turbine a gas. La<br />

post combustione può aumentare notevolmente la potenza termica della caldaia a recupero<br />

permettendo, così, <strong>di</strong> rispondere alla domanda <strong>di</strong> calore facendo funzionare la turbina in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

funzionamento nominale.<br />

Naturalmente il combustibile utilizzato per la post combustione non fornisce energia elettrica e<br />

pertanto si riduce il risparmio energetico.<br />

D‟altra parte essa è utilizzata per i picchi <strong>di</strong> carico termico e consente <strong>di</strong> ridurre i costi <strong>di</strong><br />

investimento per le turbine <strong>di</strong> maggiori <strong>di</strong>mensioni.<br />

Nel caso la post combustione non sia sufficiente a far fronte alla variazione dei carichi allora si<br />

possono utilizzare generatori tra<strong>di</strong>zionali in parallelo ovvero importare energia dalle reti (sistemi<br />

aperti).<br />

Scelta della modalità della regolazione<br />

La scelta delle opzioni <strong>di</strong> regolazione scaturisce da un compromesso tecnico-economico dovuto<br />

alla grande mole <strong>di</strong> parametri da tenere in conto quali, ad esempio, il costo <strong>di</strong> investimento, il<br />

<strong>di</strong>agramma del carico termico, il costo <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta dell‟energia elettrica (L/kWh), il costo del<br />

combustibile. Se la turbina a gas è <strong>di</strong>mensionata, com‟è solito farsi, per il carico me<strong>di</strong>o allora sono<br />

possibili entrambi i criteri <strong>di</strong> regolazione sopra in<strong>di</strong>cati. Va però tenuto presente che attualmente,<br />

malgrado il risvegliarsi dell‟interesse per la cogenerazione me<strong>di</strong>ante turbine a gas, si hanno ancora<br />

pochi modelli <strong>di</strong>sponibili sul mercato e pertanto la scelta del motore primo è spesso dettata anche da<br />

un compromesso o da una scelta obbligata.<br />

Macchine ad assorbimento<br />

Nel caso della trigenerazione termica si utilizzano, dal lato termico, le macchine ad assorbimento<br />

che garantiscono sia la produzione <strong>di</strong> acqua calda per riscaldamento che l‟acqua fredda per il<br />

con<strong>di</strong>zionamento estivo. Le macchine ad assorbimento costituiscono una valida scelta <strong>impianti</strong>stica<br />

anche in considerazione delle incertezze in materia <strong>di</strong> inquinamento e <strong>di</strong> costo dell‟energia ed inoltre<br />

trasformano un carico solitamente elettrico, quale quello frigorifero, in carico termico e quin<strong>di</strong><br />

migliorando il rapporto E T /E E.<br />

Queste macchine richiedono solo una minima quantità <strong>di</strong> energia elettrica (per gli organi<br />

ausiliari) e pertanto presentano una maggiore compatibilità ambientale rispetto ai compressori<br />

frigoriferi alimentati elettricamente. Il loro costo iniziale <strong>di</strong> investimento è più elevato rispetto ai<br />

frigoriferi tra<strong>di</strong>zionali ma hanno, per contro, un minore costo <strong>di</strong> gestione e <strong>di</strong> manutenzione. Inoltre<br />

non danno luogo a vibrazioni per assenza <strong>di</strong> parti in movimento e pongono pochi problemi <strong>di</strong><br />

installazione nei siti dove sono richieste. Le tipologie oggi maggiormente utilizzate sono:<br />

Acqua ed ammoniaca;<br />

Acqua e bromuro <strong>di</strong> litio.


Pompa<br />

Laminazione<br />

Laminazione<br />

IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

234<br />

Il funzionamento <strong>di</strong> queste macchine è semplice (ve<strong>di</strong> corso <strong>di</strong> Fisica Tecnica). In Figura 235 é<br />

schematizzato lo schema <strong>impianti</strong>stico per una macchina del tipo acqua-ammoniaca.<br />

La miscela acqua-ammoniaca si compone <strong>di</strong> acqua che fa da solvente e <strong>di</strong> ammoniaca che fa da<br />

soluto (e quin<strong>di</strong> più volatile).<br />

NH3<br />

H2O+NH3<br />

H2O+NH3<br />

NH3<br />

Q3<br />

Generatore<br />

130 °C<br />

p1>p2<br />

p2<br />

45 °C<br />

Assorbitore<br />

NH3<br />

Q4<br />

30 °C<br />

Condensatore<br />

Componenti Normali<br />

Q1<br />

Linea delle<br />

pressioni<br />

Q2<br />

Evaporatore<br />

-10 °C<br />

La macchina ad assorbimento si<br />

compone due due bocce dette<br />

- Generatore : ove cedendo una<br />

quantità <strong>di</strong> calore Q3 si fa liberare<br />

NH3 pura;<br />

- Assorbitore : ove l'NH3 pura si<br />

ricombina, cedendo il calore Q4,<br />

con la miscela impoverita proveniente<br />

dal Generatore.<br />

Per effetto del calore Q3 si separa<br />

dalla miscela H2O+NH3 l'ammoniaca<br />

quasi pura che segue poi le normali<br />

fasi del ciclo frigorifero :<br />

- Condensazione;<br />

- Laminazione;<br />

- Evaporazione.<br />

La miscela arricchita nell'assorbitore<br />

viene pompata nel generatore per un<br />

nuovo ciclo interno.<br />

Figura 235: Schema <strong>di</strong> una macchina frigorifera ad assorbimento<br />

Per effetto del calore Q 4 ceduto al serbatoio superiore (detto generatore) si libera NH 3 allo stato<br />

quasi puro e ad alta pressione. L'NH 3 inizia il ciclo classico <strong>di</strong> condensazione, laminazione ed<br />

evaporazione (presente anche nel ciclo frigorifero classico a compressione <strong>di</strong> vapori saturi).<br />

All'uscita dell'evaporatore l'NH 3 si ricombina nel serbatoio inferiore, detto assorbitore, con la<br />

miscela <strong>di</strong> acqua-ammoniaca impoverita <strong>di</strong> ammoniaca e proveniente dal serbatoio superiore (tramite<br />

una valvola <strong>di</strong> laminazione perché in basso c'è una pressione inferiore a quella presente in alto).<br />

La reazione <strong>di</strong> assorbimento é esotermica e quin<strong>di</strong> cede calore Q 4 all'esterno. Una pompa<br />

provvede a riportare la miscela <strong>di</strong> acqua e ammoniaca ricomposta al serbatoio superiore (generatore) e<br />

si riprende il ciclo.<br />

In conclusione si hanno due cicli:<br />

uno interno fra generatore e assorbitore;<br />

uno esterno che produce nell'evaporatore l'effetto frigorifero.<br />

Nella Figura 235 sono anche in<strong>di</strong>cate le temperature tipiche <strong>di</strong> utilizzo della macchina proposta.<br />

Oltre alla miscela acqua-ammoniaca si utilizzano oggi anche miscele acqua-bromuro <strong>di</strong> litio o anche acquafluoruro<br />

<strong>di</strong> litio: in questi casi é l'acqua il componente più volatile.<br />

Queste macchine hanno il pregio <strong>di</strong> funzionare a temperatura inferiore (circa 80 °C) rispetto a<br />

quella ad ammoniaca (130÷150 °C). In alcuni casi si é anche utilizzata l'energia solare per alimentare il<br />

generatore (Q 3 ).<br />

Le macchine ad assorbimento possono essere utilizzate anche con cascami termici (termine usato<br />

per in<strong>di</strong>care i rifiuti termici nei processi <strong>di</strong> lavorazione industriale). L'utilizzo come pompa <strong>di</strong> calore<br />

appare improprio: la temperatura del calore fornito al generatore é maggiore <strong>di</strong> quella del<br />

condensatore anche se in minore quantità.<br />

Negli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> trigenerazione, a causa dell‟elevata temperatura raggiungibile con il vapore<br />

nella caldaia a recupero, si utilizzano assorbitori con acqua e bromuro <strong>di</strong> litio a doppio effetto in modo<br />

da potere avere temperature <strong>di</strong> ingresso all‟assorbitore <strong>di</strong> 190 °C. Le macchine a doppio effetto sono


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

235<br />

certamente più costose rispetto a quelle a singolo effetto ma presentano consumi specifici <strong>di</strong> vapore<br />

inferiori e quin<strong>di</strong> hanno minori costi <strong>di</strong> esercizio.<br />

Il bromuro <strong>di</strong> litio (LiBr) è un sale igroscopico che presenta grande affinità con il vapore acqueo<br />

ed è usato in concentrazioni del 6064%. Non è un sale tossico e non è infiammabile. E‟ leggermente<br />

corrosivo per cui si aggiunge lo 0,4% <strong>di</strong> nitrato <strong>di</strong> litio (LiNO 3 ) per <strong>di</strong>sinibirne l‟aggressività in assenza<br />

<strong>di</strong> aria. Le macchine a doppio effetto <strong>di</strong>spongono <strong>di</strong> due generatori e <strong>di</strong> due scambiatori <strong>di</strong> calore per<br />

la soluzione. I generatori sono detti ad alta pressione (comunque inferiore a quella atmosferica con<br />

uno scambiatore ad alta temperatura) e a bassa pressione (con uno scambiatore a bassa temperatura).<br />

Il fluido frigorigeno è l‟acqua che segue il ciclo canonico (condensazione, laminazione,<br />

evaporazione) per poi essere assorbita nuovamente nel LiBr contenuto nell‟assorbitore. Me<strong>di</strong>ante una<br />

pompa <strong>di</strong> circolazione si riporta la miscela nel generatore <strong>di</strong> alta pressione dove si ha una prima<br />

separazione del vapore acqueo. Da questo generatore si passa in quello a bassa pressione e<br />

temperatura ove si ha una ulteriore fase <strong>di</strong> separazione del vapore acqueo che prosegue il ciclo<br />

frigorifero. La separazione dei due generatori (ad alta e bassa temperatura) consente <strong>di</strong> ottimizzare i<br />

consumi <strong>di</strong> energia in base ai livelli termici richiesti.<br />

Le macchine ad assorbimento hanno la grande capacità <strong>di</strong> adattarsi facilmente alle fluttuazioni <strong>di</strong><br />

carico e quin<strong>di</strong> presentano una buona flessibilità <strong>impianti</strong>stica potendo variare la loro potenzialità<br />

teoricamente nell‟intervallo 0100% con minime variazioni del COP.<br />

La regolazione della capacità frigorifera si ottiene variando la concentrazione della soluzione<br />

nell‟assorbitore in due mo<strong>di</strong>, spesso anche in combinazione fra loro:<br />

variando la quantità <strong>di</strong> vapore o la portata d‟acqua surriscaldata che attraversa il generatore (e<br />

quin<strong>di</strong> regolando l‟energia termica fornita alla macchina);<br />

inviando nell‟assorbitore una soluzione più <strong>di</strong>luita del generatore.<br />

Al <strong>di</strong>minuire del carico termico anche la temperatura dell‟acqua fredda in uscita tende a crescere<br />

per cui una sonda <strong>di</strong> temperatura comanda l‟inizio della chiusura della valvola modulante sul vapore <strong>di</strong><br />

alimentazione o della valvola a tre vie dell‟acqua surriscaldata. In questo modo si rallenta il ripristino<br />

della soluzione concentrata nel generatore e pertanto la quantità <strong>di</strong> refrigerante (acqua) che torna<br />

all‟evaporatore <strong>di</strong>minuisce e quin<strong>di</strong> scende anche il livello <strong>di</strong> acqua in esso presente.<br />

Quando il carico scende a circa il 50% della capacità <strong>di</strong> progetto si può anche ridurre la portata<br />

<strong>di</strong> soluzione <strong>di</strong> LiBr al generatore e ciò fa <strong>di</strong>minuire anche il consumo <strong>di</strong> energia poiché viene richiesta<br />

una minore quantità <strong>di</strong> vapore al generatore.<br />

Un problema a cui può andare incontro una macchina ad assorbimento è la cristallizzazione del<br />

LiBr nel generatore. Questo fenomeno è irreversibile e non produce danni meccanici alla macchina<br />

ma solo una riduzione della capacità frigorifera. La cristallizzazione avviene per <strong>di</strong>versi motivi fra i<br />

quali:<br />

per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> vuoto;<br />

temperatura dell‟acqua <strong>di</strong> condensazione troppo bassa;<br />

arresto improvviso e prolungato della macchina per mancanza <strong>di</strong> corrente;<br />

infiltrazioni <strong>di</strong> incondensabili nel circuito in quantità superiore alla capacità <strong>di</strong> spurgo;<br />

arresto della macchina senza che venga continuato il processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>luizione della soluzione <strong>di</strong><br />

LiBr nell‟assorbitore;<br />

cariche errate <strong>di</strong> refrigerante (acqua) e della soluzione nel circuito della macchina.<br />

Nelle moderne macchine ad assorbimento sono inseriti numerosi accorgimenti atti a ridurre o<br />

ad eliminare il pericolo della cristallizzazione anzidetta. In ogni caso è sempre bene avere personale<br />

tecnico opportunamente addestrato alla gestione <strong>di</strong> questi <strong>impianti</strong>.<br />

6.16.4 COSTI DELL’IMPIANTO DI TRIGENERAZIONE<br />

Spesso si ha il problema <strong>di</strong> sostituire gli <strong>impianti</strong> esistenti con questi cogenerativi. In altri casi<br />

(invero ancora pochi e limitati) occorre affrontare il progetto <strong>di</strong> trigenerazione ex novo partendo da<br />

considerazioni non solo termo<strong>di</strong>namica (certamente positive) ma anche economiche.<br />

Occorre affrontare un‟analisi costi benefici considerando fra i costi:


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

236<br />

Costo fisso <strong>di</strong> impianto<br />

Consumi <strong>di</strong> combustibile dell’unità motrice (dalla simulazione)<br />

Manutenzione e gestione (aggiuntivi)<br />

Interessi passivi sul debito<br />

Fra i benefici si hanno:<br />

Costo evitato sull’acquisto dell’energia elettrica<br />

Costo evitato del combustibile <strong>di</strong> alimentazione delle caldaie<br />

Ricavi dalla ven<strong>di</strong>ta delle eccedenze <strong>di</strong> produzione elettrica al netto delle imposteAlla base delle scelte<br />

economiche ed <strong>impianti</strong>stiche occorre effettuare la scelta della taglia ottimale della turbina a gas e la<br />

valutazione del risparmio <strong>di</strong> gestione sulla fattura energetica rispetto all‟impianto esistente, nel caso <strong>di</strong><br />

sostituzione <strong>di</strong> vecchio impianto, a rispetto al sistema <strong>di</strong> confronto, SC, nel caso <strong>di</strong> nuovo impianto.<br />

6.16.5 SCELTA DELLA TAGLIA DELL’IMPIANTO<br />

La prima decisione è, quin<strong>di</strong>, la taglia da adottare per far fronte alla richiesta energetica<br />

dell‟utenza. La scelta è ancora fra la tipologia a carico elettrico imposto o a carico termico imposto. Ve<strong>di</strong>amo<br />

brevemente quali sono le problematiche che ne scaturiscono.<br />

Carico Elettrico Imposto (Power Driven)<br />

In questa con<strong>di</strong>zione si <strong>di</strong>mensiona l‟impianto in modo da sod<strong>di</strong>sfare con il motore primo tutto<br />

il carico elettrico dell‟utenza. Il calore recuperato dai gas <strong>di</strong> scarico varia con la domanda <strong>di</strong> elettricità.<br />

E‟ questa una soluzione utile quando si hanno carichi elettrici costanti durante tutto l‟anno o<br />

comunque presentano fluttuazioni piccole rispetto al valore me<strong>di</strong>o.<br />

Se la scelta del gruppo motore è fatta sulla massima potenza elettrica richiesta allora la turbina a<br />

gas si troverà a lavorare al <strong>di</strong> sotto delle con<strong>di</strong>zioni nominali quando il carico elettrico risulta inferiore<br />

a quello massimo e ciò comporta una riduzione, anche sensibile, del ren<strong>di</strong>mento termo<strong>di</strong>namico della<br />

turbina a gas.<br />

Inoltre, a causa della <strong>di</strong>retta proporzionalità del calore recuperato con la produzione <strong>di</strong> energia<br />

elettrica, le variazioni <strong>di</strong> carico elettrico debbono essere compensate da variazione <strong>di</strong> pari segno del<br />

carico termico. Qualora queste con<strong>di</strong>zioni non si verifichino allora occorre ricorrere, se si è in <strong>di</strong>fetto<br />

<strong>di</strong> energia termica recuperata, ad fonti energetiche supplementari (generatori termici ausiliari) ovvero,<br />

se si è in eccesso <strong>di</strong> energia termica recuperata, ad una <strong>di</strong>spersione nell‟ambiente dell‟esubero<br />

energetico me<strong>di</strong>ante scambiatori <strong>di</strong> calore raffreddati con aria ambiente.<br />

Carico termico Imposto (Heat Driven)<br />

In questo caso si <strong>di</strong>mensiona il motore primo e quin<strong>di</strong> la taglia dell‟impianto per sod<strong>di</strong>sfare tutto<br />

il carico termico dell‟Utenza. Si ha il caso duale rispetto al precedente e gli eccessi o i <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong><br />

produzione <strong>di</strong> energia elettrica conseguenti alle variazioni del carico termico possono essere<br />

compensati con interscambi positivi o negativi dalla rete ENEL (sistema aperto).<br />

Potendo avere la post combustione per la fornitura <strong>di</strong> energia termica 54 in eccesso da recuperare<br />

le eventuali maggiori richieste del carico termico possono essere sod<strong>di</strong>sfatte rapidamente ed<br />

efficacemente. Pertanto la scelta della taglia <strong>di</strong> impianto va eseguita sui valori me<strong>di</strong> dei carichi termici.<br />

In Figura 236 si ha una schematizzazione <strong>di</strong> quanto appena detto: la sezione inferiore della<br />

figura è coperta dalla configurazione nominale della turbina mentre la parte superiore, dovuta ad una<br />

maggiore richiesta del carico termico, è sod<strong>di</strong>sfatta me<strong>di</strong>ante il post combustore.<br />

Naturalmente l‟uso del post combustore penalizza il ren<strong>di</strong>mento totale <strong>di</strong> cogenerazione poiché<br />

non comporta maggiore produzione <strong>di</strong> energia elettrica ma rappresenta un modo efficace <strong>di</strong> controllo<br />

del carico termico senza dover far ricorso, fin dove è possibile, a generatori ausiliari e quin<strong>di</strong> con una<br />

riduzione degli investimenti iniziali.<br />

54 Si ricor<strong>di</strong> che la post combustione agisce a valle della turbina e quin<strong>di</strong> non produce effetti sulla produzione <strong>di</strong><br />

energia elettrica ottenuta dal generatore elettrico comandato dall‟albero motore della turbina.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

237<br />

Scelta della Turbina a Gas<br />

Nell‟ipotesi, per altro molto spesso rispettata nei casi pratici, <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento a carico termico<br />

imposto, la turbina deve garantire il sod<strong>di</strong>sfacimento del carico termico durante tutto l‟anno. Resta<br />

ancora da valutare se la scelta <strong>di</strong> un grosso gruppo turbogas, e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> grande produzione <strong>di</strong> energia<br />

elettrica, sia conveniente alla luce degli andamenti <strong>di</strong> mercato dell‟energia elettrica in eccesso.<br />

Si verifica, infatti, che quanto più il punto <strong>di</strong> funzionamento nominale della turbina è prossimo<br />

alla domanda <strong>di</strong> calore richiesta dall‟utenza tanto più elevata è la produzione nominale <strong>di</strong> potenza<br />

elettrica. Il costo del motore primo (turbina a gas) rappresenta all‟incirca il 40% del costo totale<br />

dell‟investimento e pertanto esagerare nella taglia potrebbe comportare il rischio <strong>di</strong> investimento non<br />

economico. Inoltre la variabilità <strong>di</strong> regime <strong>di</strong> funzionamento della turbina comporta anche una per<strong>di</strong>ta<br />

<strong>di</strong> ren<strong>di</strong>mento che riduce ulteriormente la convenienza economica dell‟investimento.<br />

A priori non è possibile dare una regola fissa per la scelta del motore primo ma è l‟analisi<br />

economica (cash flow) nel periodo <strong>di</strong> vita previsto dell‟impianto che deve in<strong>di</strong>care, in base alla<br />

variazione dei carichi termici ed elettrici reali dell‟utenza, quale è la migliore scelta <strong>impianti</strong>stica.<br />

In Figura 237 si ha la schematizzazione <strong>di</strong> quanto detto: al variare della potenza nominale della<br />

turbina varia il cash flow attualizzato (NTP, Net Present Value) <strong>di</strong> una determinata applicazione e<br />

pertanto il valore massimo <strong>di</strong> NTP si determina per un valore della potenza ottimale interme<strong>di</strong>o fra la<br />

potenza minima e la massima ammissibile.<br />

Q<br />

CARICO CON POST COMBUSTIONE<br />

CARICO DI BASE<br />

Ore<br />

Figura 236: Copertura del carico termico con il post combustore<br />

NTP<br />

NTPmax<br />

Pot min Pot<br />

ammissibile ottimale<br />

Pot max<br />

ammissibile<br />

Potenza nominale della turbina<br />

Figura 237: Andamento del Cash Flow attualizzato al variare della potenza della turbina


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

238<br />

6.16.6 ANALISI ECONOMICA<br />

Gli in<strong>di</strong>ci economici da prendere in considerazione sono quelli già visti in precedenza e in<br />

particolare i tempo <strong>di</strong> pay back e il VAN a 20 anni (periodo canonico per questo tipo <strong>di</strong> investimenti).<br />

Fra le voci da considerare nell‟analisi economica vi è il costo fisso <strong>di</strong> impianto dovuto alla turbina a<br />

gas. Il costo <strong>di</strong> mercato <strong>di</strong> questo motore primo varia molto in funzione del tipo <strong>di</strong> turbina e della<br />

potenza nominale. In Figura 238 si ha una curva che in<strong>di</strong>ca il costo me<strong>di</strong>o specifico per turbine<br />

commerciali con potenze nominali variabile da 1 MWe a 60 MWe. Questa curva è stata ricavata<br />

me<strong>di</strong>ando i listini commerciali (anno 1999) dei fornitori <strong>di</strong> turbine a gas <strong>di</strong> varia potenzialità.<br />

Questi costi sono suscettibili <strong>di</strong> variazione sia per contingenze economiche sia per innovazione<br />

tecnologica possibile in caso <strong>di</strong> domanda crescente.<br />

Il costo del combustibile è una delle variabili più impreve<strong>di</strong>bile <strong>di</strong> tutta l‟analisi economica<br />

poiché questo elemento varia quasi giornalmente, come gli avvenimenti degli ultimi sei mesi ci hanno<br />

mostrato, in funzione <strong>di</strong> contingenze anche politiche, dell‟andamento dei cambi e dell‟umore dei<br />

fornitori. Si pensi, ad esempio, che all‟inizio del 1999 il gasolio costava 1200 L/Litro circa mentre oggi<br />

costa circa €/L 0.92 (1800 L/Litro). E fra un anno Potrà costare 2,00 €/Litro o anche più: chi può<br />

prevedere un andamento certo <strong>di</strong> questo parametro<br />

1 10 6<br />

9.578<br />

10 5<br />

9 10 5<br />

y( x)<br />

8 10 5<br />

7 10 5<br />

6 10 5<br />

5.077<br />

10 5<br />

5 10 5<br />

0 1 10 4 2 10 4 3 10 4 4 10 4 5 10 4 6 10 4<br />

110 3<br />

x<br />

610 4<br />

Figura 238: Costo me<strong>di</strong>o specifico, y, <strong>di</strong> una turbina a gas in funzione della potenza nominale (x in kWe)<br />

Anche il costo <strong>di</strong> acquisto e <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta dell‟energia elettrica variano in modo non del tutto<br />

in<strong>di</strong>pendenti dal costo del combustibile per via del famigerato sovrapprezzo termico che lega la tariffa<br />

elettrica al costo del petrolio. I costi <strong>di</strong> acquisto variano da 250 a 320 L/kWh.<br />

Simulazione dell’Impianto<br />

Per valutare le prestazioni <strong>di</strong> questo impianto si utilizzano co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo del tipo GATE 55<br />

CYCLE la cui rappresentazione è data in Figura 239. Il programma consente <strong>di</strong> simulare <strong>impianti</strong><br />

esistenti o in fase <strong>di</strong> progettazione in modo descrittivo, combinando una interfaccia grafica con<br />

modelli <strong>di</strong> analisi termo<strong>di</strong>namica dettagliati <strong>di</strong> tutti i processi descritti (turbina, scambiatori <strong>di</strong> calore,<br />

pompe,…).<br />

Il co<strong>di</strong>ce GATE CYCLE è stato pre<strong>di</strong>sposto per simulare <strong>impianti</strong> contenenti turbine a gas <strong>di</strong><br />

costruttori <strong>di</strong>versi 56 e quin<strong>di</strong> svincolando i progettisti dalla necessità <strong>di</strong> utilizzare i co<strong>di</strong>ci proprietari dei<br />

55 Acronimo <strong>di</strong> Gas Turbine Evaluation.<br />

56 Il co<strong>di</strong>ce ha al proprio interno un corposo data base sui modelli <strong>di</strong> turbine esistenti con tutte le loro<br />

caratteristiche meccaniche e termo<strong>di</strong>namiche,


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

239<br />

costruttori che valgono, come si intuisce, solo per i modelli da loro forniti. Nel 1988 il co<strong>di</strong>ce ha<br />

MODEL: COPI4B<br />

integrato i cicli a vapore e da questo deriva il nome GATE CYCLE.<br />

CASE: COPI4B<br />

POWER: 2.69<br />

Nel 1993 è stata aggiunta anche la possibilità <strong>di</strong> usare caldaie tra<strong>di</strong>zionali e quin<strong>di</strong> si ha oggi uno<br />

HR: 13358.7<br />

strumento EFF: valido 26.95 per simulare qualunque tipo <strong>di</strong> impianto <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> potenza. Possono essere<br />

stu<strong>di</strong>ate <strong>di</strong>verse tipologie <strong>di</strong> impianto, dai più semplici basati su cicli a gas a quelli più complessi basati<br />

su cicli combinati a livelli multipli <strong>di</strong> pressione. E‟, inoltre, possibile affrontare problemi <strong>di</strong> repowering e<br />

<strong>di</strong> cogenerazione. L‟uso interattivo del co<strong>di</strong>ce, me<strong>di</strong>ante icone rappresentative <strong>di</strong> componenti <strong>di</strong><br />

impianto, è facilitato anche da un controllo delle connessioni effettuato dallo stesso programma in<br />

base alle caratteristiche dei componenti selezionati.<br />

Me<strong>di</strong>ante alcune macro si possono poi simulare con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> funzionamento particolari. Le macro<br />

stabiliscono un legame tra le variabili presenti nel modello simulato e, ad esempio, si possono scrivere<br />

macro che combinano certe variabili con funzioni definite dall‟operatore. Una macro può calcolare il<br />

consumo aggiuntivo <strong>di</strong> combustibile nel post bruciatore in funzione delle portate <strong>di</strong> acqua calda agli<br />

scambiatori della caldaia a recupero. Con questo co<strong>di</strong>ce si possono simulare i ren<strong>di</strong>menti, le quantità <strong>di</strong><br />

energia termica ed elettrica prodotta ed effettuare confronti fra le prestazioni in varie configurazioni<br />

nel periodo <strong>di</strong> vita ipotizzato e per gli andamenti temporali dei carichi <strong>di</strong>sponibili o ipotizzati (anche in<br />

questo caso me<strong>di</strong>ante co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> simulazione del tipo già citato).<br />

Torre evaporativa<br />

S27<br />

CT1<br />

S26<br />

S28<br />

S25<br />

PUMP3<br />

HX3<br />

S29<br />

V1<br />

S9<br />

Vapore risc. a 10 bar e 180 C<br />

S17<br />

S18<br />

S24<br />

Ritorno del vapore da risc. a 165 C<br />

HX2<br />

S11<br />

SP1<br />

S8<br />

Vapore out verso il generatore: 170 C, 8bar<br />

S5<br />

S20<br />

Vapore macch. ad assorb: 90 C, 8 bar<br />

HX1<br />

S21<br />

S14<br />

M1<br />

S1<br />

S7<br />

S6<br />

S22<br />

Fumi al camino<br />

S16<br />

S12<br />

S13<br />

S2<br />

S3<br />

S4<br />

GT1<br />

T urbina<br />

DUCT1<br />

DB1<br />

post-bruciatori<br />

SPHT1<br />

ECON1<br />

EVAP1<br />

Caldaia a recupero<br />

PUMP2<br />

Figura 239: Rappresentazione <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> Trigenerazione con GATE CYCLE<br />

Il co<strong>di</strong>ce può funzionare in modalità on design ed off design. Nel primo caso vengono stabilite le<br />

caratteristiche operative e fisiche <strong>di</strong> un componente (ad esempio il ren<strong>di</strong>mento della turbina, la<br />

superficie <strong>di</strong> uno scambiatore <strong>di</strong> calore, …) mentre nel secondo modo viene valutata la performance<br />

dell‟intero impianto al variare delle con<strong>di</strong>zioni ottimali, del carico termico e del carico elettrico.<br />

Il co<strong>di</strong>ce GATE CYCLE consente <strong>di</strong> valutare anche le emissioni gassose utilizzando programmi<br />

specifici <strong>di</strong> libreria per la composizione dei gas <strong>di</strong> combustione e <strong>di</strong> scarico in aria.


VAN [G£]<br />

VAN [G£]<br />

anni<br />

IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

240<br />

In questo modo è possibile conoscere le specie chimiche emesse in camino anche ai fini della<br />

valutazione <strong>di</strong> impatto ambientale (ve<strong>di</strong> nel prosieguo). Una simulazione per un caso concreto con<br />

<strong>di</strong>verse turbine a gas ha fornito i risultati riportati in Figura 240. In particolare per una potenza <strong>di</strong> 2.7<br />

MW si hanno i risultati in<strong>di</strong>cati in Figura 241 al variare del costo dell‟energia.<br />

A conclusione <strong>di</strong> questo capitolo si vuole rimarcare la complessità del problema della<br />

progettazione <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> trigenerazione e, in generale, <strong>di</strong> cogenerazione. Occorre evitare<br />

sempre <strong>di</strong> sovra<strong>di</strong>mensionare gli <strong>impianti</strong> perché questo riduce o annulla ad<strong>di</strong>rittura la loro<br />

convenienza economica vanificando l‟investimento. Spesso più che <strong>di</strong> un errore progettuale <strong>di</strong> calcolo<br />

si tratta <strong>di</strong> un errore basato sull‟ignoranza o sul timore <strong>di</strong> sotto<strong>di</strong>mensionare gli <strong>impianti</strong>. Comunque<br />

una scelta sbagliata della taglia si rivela un errore grave perché irreversibile e quin<strong>di</strong> irrecuperabile per<br />

l‟impianto.<br />

Di certo la progettazione in oggetto non è basata su regole certe ma si tratta <strong>di</strong> una<br />

progettazione complessa che richiede la sintesi <strong>di</strong> più algoritmi risolutivi e <strong>di</strong> più competenze<br />

(tecniche, economiche, chimico-fisiche, …).<br />

30<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

-5<br />

-10<br />

-15<br />

-20<br />

120 150 170 200<br />

[£ / kWh]<br />

2,4 MW 3,3 MW<br />

4,5 MW 2,7 MW<br />

Figura 240: VAN per varie potenze <strong>di</strong> turbine a gas installate<br />

25,000<br />

20,000<br />

5,000<br />

4,000<br />

15,000<br />

3,000<br />

10,000<br />

5,000<br />

-<br />

120 150 170 200<br />

[£/kWh]<br />

2,000<br />

1,000<br />

-<br />

VAN<br />

TPB<br />

Figura 241: Andamento del VAN e TPB al variare del costo energetico


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

241<br />

7. COGENERAZIONE NELL’INDUSTRIA<br />

7.1 RIFERIMENTI NORMATIVI<br />

77/714/CEE: ―Raccomandazione del Consiglio, del 25 ottobre 1977, concernente<br />

l’istituzione negli Stati membri <strong>di</strong> organi o comitati consultivi per promuovere la produzione<br />

combinata <strong>di</strong> calore e <strong>di</strong> energia nonché la valorizzazione del calore residuo‖<br />

Il Consiglio delle Comunità Europee ritiene che si può utilizzare più razionalmente l‟energia<br />

ricorrendo maggiormente alla produzione combinata <strong>di</strong> calore ed energia e valorizzando il calore<br />

residuo nei settori dell‟industria, della produzione <strong>di</strong> elettricità e dell‟erogazione <strong>di</strong> calore a <strong>di</strong>stanza.<br />

Invita inoltre gli Stati membri ad in<strong>di</strong>viduare e rimuovere gli ostacoli legislativi, amministrativi o<br />

tariffari che si oppongono allo sviluppo della produzione combinata <strong>di</strong> calore e <strong>di</strong> energia destinati ad<br />

essere erogati all‟industria.<br />

Legge 9 gennaio 1991, n. 9 "Norme per l'attuazione del nuovo Piano energetico<br />

nazionale: aspetti istituzionali, centrali idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi e geotermia,<br />

autoproduzione e <strong>di</strong>sposizioni fiscali" (S.O. alla G.U. n. 13 del 16 gennaio 1991 – Serie<br />

Generale)<br />

L'art. 22 stabilisce che la produzione <strong>di</strong> energia elettrica a mezzo <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> combinati <strong>di</strong><br />

energia e calore non è soggetta alle autorizzazioni previste dalle normative <strong>di</strong> settore ma è sufficiente<br />

una semplice comunicazione al Ministero dell'Industria e all'UTF competente per territorio.<br />

L'eccedenza <strong>di</strong> produzione può essere ceduta all'ENEL o alle imprese produttrici e <strong>di</strong>stributrici.<br />

Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea del 18 <strong>di</strong>cembre 1997 concernente una<br />

strategia comunitaria per promuovere la produzione combinata <strong>di</strong> calore ed elettricità (GUCE<br />

8 gennaio 1998, pag. C 4/01)<br />

Si afferma che “la produzione combinata calore/energia elettrica costituisce un impiego<br />

efficiente delle risorse energetiche e può pertanto contribuire in modo sostanziale alla riduzione delle<br />

emissioni <strong>di</strong> CO2”.<br />

Si in<strong>di</strong>ca anche agli Stati membri che l’obiettivo da raggiungere “è l‟elaborazione <strong>di</strong> una<br />

strategia per assicurare il raddoppio della quota globale della cogenerazione nella Comunità entro il<br />

2010”.<br />

Seconda comunicazione nazionale dell’Italia alla Convenzione-quadro sui cambiamenti<br />

climatici, Roma novembre 1998<br />

Al paragrafo 5.3.6 si riconosce “il ruolo fondamentale e l‟importanza crescente della<br />

cogenerazione per l‟approvvigionamento del paese <strong>di</strong> energia elettrica con caratteristiche <strong>di</strong> elevata<br />

efficienza energetica e basso inquinamento ambientale”.<br />

D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 9 (decreto Bersani) ―Attuazione della <strong>di</strong>rettiva 96/92/CE<br />

recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica‖ (G.U. n.75 del 31 marzo<br />

1999)<br />

La cogenerazione viene definita come la produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore alle<br />

con<strong>di</strong>zioni definite dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, che garantiscano un significativo<br />

risparmio <strong>di</strong> energia rispetto alle produzioni separate. (art. 2, comma 8).<br />

Il decreto stabilisce una serie <strong>di</strong> agevolazioni per l‟utilizzo delle fonti rinnovabili e della<br />

cogenerazione:<br />

art. 3, comma 3: obbligo <strong>di</strong> utilizzazione prioritaria dell‟energia elettrica prodotta da fonti<br />

energetiche rinnovabili e <strong>di</strong> quella prodotta da cogenerazione.<br />

art. 11, commi 1 e 2: obbligo <strong>di</strong> produzione (o alternativamente <strong>di</strong> acquisto) <strong>di</strong> una certa quota<br />

(2%) <strong>di</strong> energia rinnovabile da parte degli autoproduttori.<br />

D.Lgs. 23 maggio 2000, n. 164 (decreto Letta) ―Attuazione della <strong>di</strong>rettiva 98/30/CE<br />

recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’articolo 41 della<br />

legge 17 maggio 1999, n. 144‖ (G.U. n. 142, 20 giugno 2000)


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

242<br />

Art. 22, comma 1, lett. b: Le imprese che acquistano gas per la cogenerazione sono considerate<br />

“cliente idoneo”, in<strong>di</strong>pendentemente dal livello <strong>di</strong> consumo annuale e limitatamente alla quota <strong>di</strong> gas<br />

destinata a tale utilizzo.<br />

Decreto 24 aprile 2001 ―In<strong>di</strong>viduazione degli obiettivi quantitativi nazionali <strong>di</strong> risparmio<br />

energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili <strong>di</strong> cui all’art.16, comma 4, del decreto legislativo<br />

23 maggio 2000, n. 164‖<br />

Decreto 24 aprile 2001 ―In<strong>di</strong>viduazione degli obiettivi quantitativi per l’incremento<br />

dell’efficienza energetica negli usi finali ai sensi dell’art.9, comma 1, del decreto legislativo 16<br />

marzo 1999, n. 79‖ (S.O. n. 125 del 22 maggio 2001 alla G.U. n. 117 del 22 maggio 2001)<br />

Questi due decreti attuano le <strong>di</strong>sposizioni previste dai citati decreti <strong>di</strong> liberalizzazione del<br />

mercato elettrico e del gas e vincolano i <strong>di</strong>stributori energetici a conseguire degli obiettivi<br />

progressivamente crescenti <strong>di</strong> innalzamento dell‟efficienza energetica.<br />

Le possibilità <strong>di</strong> intervento sono in<strong>di</strong>cate in tabelle allegate ai decreti le quali definiscono un<br />

ampio menù <strong>di</strong> soluzioni tecnologiche: tra queste vengono esplicitamente menzionate le sueguenti<br />

tipologie <strong>di</strong> interventi:<br />

la climatizzazione <strong>di</strong>retta tramite teleriscaldamento da cogenerazione<br />

la cogenerazione e i sistemi <strong>di</strong> microcogenerazione come definiti dall‟Autorità per l‟energia<br />

elettrica e il gas<br />

uso del calore geotermico a bassa entalpia e del calore da <strong>impianti</strong> cogenerativi, geotermici o<br />

alimentati da prodotti vegetali e rifiuti organici e inorganici per il riscaldamento <strong>di</strong> ambienti e per<br />

la fornitura <strong>di</strong> calore in applicazioni civili.<br />

Il varo dei decreti offrirà dunque la possibilità <strong>di</strong> far decollare programmi <strong>di</strong> incentivazione per<br />

la <strong>di</strong>ffusione della cogenerazione e della microcogenerazione.<br />

Autorità per l’energia Elettrica e il Gas: Deliberazione 19 marzo 2002, n. 42 ―Con<strong>di</strong>zioni<br />

per il riconoscimento della produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore come<br />

cogenerazione ai sensi dell’articolo 2, comma 8, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79‖<br />

(GU n. 79 del 4 aprile 2002, pag. 58)<br />

La Deliberazione definisce come <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> cogenerazione quelli che sod<strong>di</strong>sfano<br />

contemporaneamente due con<strong>di</strong>zioni:<br />

un risparmio energetico del 10% per ogni nuova sezione dell'impianto<br />

una produzione <strong>di</strong> almeno il 15% <strong>di</strong> energia termica sul totale della produzione complessiva<br />

(termica più elettrica).<br />

Le due con<strong>di</strong>zioni variano in funzione <strong>di</strong> altri parametri (potenza della sezione dell'impianto,<br />

combustibili utilizzati, destinazione dell'energia prodotta).<br />

Decreto del Ministero dell'ambiente 31 luglio 2003 "Mo<strong>di</strong>fiche al decreto 4 giugno 2001,<br />

n. 467, relativo all'in<strong>di</strong>viduazione dei programmi nazionali, previsti ex art. 3 del decreto n. 337<br />

del 2000" (G.U. n. 260 dell'8 novembre 2003)<br />

Vengono definiti nuovi programmi nazionali <strong>di</strong> ricerca per la riduzione delle emissioni ai fini del<br />

raggiungimento degli obiettivi del protocollo <strong>di</strong> Kyoto. Tra gli altri viene approvato il sottoprogramma<br />

3/i "Diffusione dei sistemi ad alta efficienza <strong>di</strong> microcogenerazione <strong>di</strong>ffusa <strong>di</strong> energia elettrica e<br />

calore" (Accordo programmatico con Confindustria), art. 2, comma 1.<br />

Direttiva 2002/91/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 <strong>di</strong>cembre 2003 sul<br />

ren<strong>di</strong>mento energetico nell'e<strong>di</strong>lizia<br />

Tra le altre <strong>di</strong>sposizioni, questa Direttiva richiede agli Stati membri <strong>di</strong> provvedere affinché, per<br />

gli e<strong>di</strong>fici nuovi la cui metratura utile totale superi i 10.000 m2, sia valutata la fattibilità tecnica,<br />

ambientale ed economica dell'installazione <strong>di</strong> sistemi alternativi quali la cogenerazione prima dell'inizio<br />

dei lavori <strong>di</strong> costruzione. (art. 5).<br />

Gli Stati membri dovranno adeguarsi entro il 4 gennaio 2006.<br />

D. Lgs. 29 <strong>di</strong>cembre 2003, n. 387 "Attuazione della <strong>di</strong>rettiva 2001/77/CE relativa alla<br />

promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato<br />

interno dell'elettricità" (s.o. G.U. n. 25 del 31 gennaio 2004))


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

243<br />

L'art. 5, comma 1 prevede la nomina <strong>di</strong> una commissione <strong>di</strong> esperti che, entro un anno<br />

dall'inse<strong>di</strong>amento, pre<strong>di</strong>sponga una relazione nella quale siano in<strong>di</strong>cate, tra l'altro, le con<strong>di</strong>zioni per la<br />

promozione prioritaria degli <strong>impianti</strong> cogenerativi <strong>di</strong> potenza elettrica inferiore a 5 MW (lettera g).<br />

L'art. 5 tratta la valorizzazione energetica delle biomasse, dei gas residuati dai processi <strong>di</strong> depurazione<br />

e del biogas quin<strong>di</strong> è ragionevole pensare che gli <strong>impianti</strong> cogenerativi <strong>di</strong> cui si parla alla lettera g)<br />

siano quelli alimentati da tali fonti.<br />

Autorità per l’energia Elettrica e il Gas: Delibera 30 <strong>di</strong>cembre 2003, n. 168 ―Con<strong>di</strong>zioni<br />

per l’erogazione del pubblico servizio <strong>di</strong> <strong>di</strong>spacciamento dell’energia elettrica sul territorio<br />

nazionale e per l’approvvigionamento delle relative risorse su base <strong>di</strong> merito economico, ai sensi<br />

degli articoli 3 e 5 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79‖ (GU – Supplemento or<strong>di</strong>nario<br />

n. 16 del 30.1.04), poi integrata dalla successiva Delibera AEEG n. 71/2004<br />

La Delibera stabilisce le con<strong>di</strong>zioni per la priorità <strong>di</strong> <strong>di</strong>spacciamento delle unità <strong>di</strong><br />

cogenerazione, nel primo periodo <strong>di</strong> esercizio delle stesse, in maniera da partecipare al sistema delle<br />

offerte avviato con la Borsa elettrica.<br />

Direttiva 2004/8/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell'11 febbraio 2004 sulla<br />

promozione della cogenerazione basata su una domanda <strong>di</strong> calore utile nel mercato interno<br />

dell'energia e che mo<strong>di</strong>fica la <strong>di</strong>rettiva 92/42/CE (GUCE L 52 del 21.2.2004, pag. 50)<br />

La Direttiva si propone <strong>di</strong> creare un quadro utile alla promozione della cogenerazione al fine <strong>di</strong><br />

accrescere l'efficienza energetica e migliorare la sicurezza degli approvvigionamenti nel settore<br />

energetico.<br />

La cogenerazione è definita come "la generazione simultanea in un unico processo <strong>di</strong> energia<br />

termica ed elettrica e/o <strong>di</strong> energia meccanica" (art. 3, lettera a). Al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> 50 kWe si parla <strong>di</strong><br />

microcogenerazione, tra 50 kWe e 1 MWe si parla <strong>di</strong> piccola cogenerazione.<br />

Viene anche definita la cogenerazione ad alto ren<strong>di</strong>mento che si ha quando l'impianto fornisce<br />

un risparmio <strong>di</strong> energia primaria pari almeno al 10% rispetto ai valori <strong>di</strong> riferimento per la produzione<br />

separata <strong>di</strong> elettricità e calore. Gli Stati membri dovranno adeguarsi entro il 21 febbraio 2006.<br />

Legge 23 agosto 2004, n. 240 "Rior<strong>di</strong>no del settore energetico, nonché delega al<br />

Governo per il riassetto delle <strong>di</strong>sposizioni vigenti in materia <strong>di</strong> energia" (G.U. n. 215 del<br />

13.09.2004)<br />

All'art. 1, comma 85 vengono definiti gli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> microgenerazione come "impianto per<br />

la produzione <strong>di</strong> energia elettrica, anche in assetto cogenerativo, con capacità <strong>di</strong> generazione non<br />

superiore a 1 MW".<br />

Al successivo comma 86 viene stabilito che gli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> microgenerazione sono soggetti a<br />

norme autorizzative semplificate.<br />

7.2 DELIBERAZIONE 19 MARZO 2002: CONDIZIONI PER IL RICONOSCIMENTO DELLA<br />

PRODUZIONE COMBINATA DI ENERGIA ELETTRICA E CALORE COME<br />

COGENERAZIONE AI SENSI DELL’ARTICOLO 2, COMMA 8, DEL DECRETO<br />

LEGISLATIVO 16 MARZO 1999, N. 79 (DELIBERAZIONE N. 42/02)<br />

L’AUTORITA’PER L’ENERGIA ELETTRICA E IL GAS<br />

Nella riunione del 19 marzo 2002,<br />

Premesso che:<br />

- l‟articolo 2, comma 8, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, pubblicato nella Gazzetta<br />

Ufficiale, Serie generale, n. 75 del 31 marzo 1999 (<strong>di</strong> seguito: decreto legislativo n. 79/99)<br />

prevede che l‟Autorità per l‟energia elettrica e il gas (<strong>di</strong> seguito:<br />

- Autorità) definisce le con<strong>di</strong>zioni alle quali la produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e<br />

calore è riconosciuta come cogenerazione, e che tali con<strong>di</strong>zioni devono garantire un<br />

significativo risparmio <strong>di</strong> energia rispetto alle produzioni separate;<br />

- - l‟articolo 3, comma 3, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 79/99 stabilisce che<br />

l‟Autorità prevede, nel fissare le con<strong>di</strong>zioni atte a garantire a tutti gli utenti della rete la<br />

libertà <strong>di</strong> accesso a parità <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni, l‟imparzialità e la neutralità del servizio <strong>di</strong><br />

trasmissione e <strong>di</strong>spacciamento, l‟obbligo <strong>di</strong> utilizzazione prioritaria dell‟energia elettrica


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

244<br />

prodotta a mezzo <strong>di</strong> fonti energetiche rinnovabili e <strong>di</strong> quella prodotta me<strong>di</strong>ante<br />

cogenerazione;<br />

- - l‟articolo 11, comma 2, del decreto legislativo n. 79/99 prevede che i titolari degli <strong>impianti</strong><br />

<strong>di</strong> cogenerazione sono esonerati dall‟obbligo <strong>di</strong> immettere nel sistema elettrico nazionale, a<br />

partire dall‟anno 2002, energia elettrica prodotta da <strong>impianti</strong> alimentati da fonti rinnovabili<br />

entrati in esercizio dopo il 31 marzo 1999, gravante sui produttori e sugli importatori <strong>di</strong><br />

energia elettrica da fonti non rinnovabili con produzioni e importazioni annue eccedenti i<br />

100 GWh;<br />

- - l‟articolo 11, comma 4, del medesimo decreto legislativo <strong>di</strong>spone che la società Gestore<br />

della rete <strong>di</strong> trasmissione nazionale Spa assicura la precedenza all‟energia elettrica prodotta<br />

da <strong>impianti</strong> che utilizzano, nell‟or<strong>di</strong>ne, fonti energetiche rinnovabili, sistemi <strong>di</strong><br />

cogenerazione e fonti nazionali <strong>di</strong> energia combustibile primaria;<br />

- - l'articolo 22, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, pubblicato<br />

nella Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 142 del 20 giugno 2000 (<strong>di</strong> seguito: decreto<br />

legislativo n. 164/00) prevede l‟attribuzione della qualifica <strong>di</strong> cliente idoneo alle imprese che<br />

acquistano il gas per la cogenerazione <strong>di</strong> energia elettrica e calore, in<strong>di</strong>pendentemente dal<br />

livello <strong>di</strong> consumo annuale, e limitatamente alla quota <strong>di</strong> gas destinata a tale utilizzo;<br />

Visti:<br />

- il decreto legislativo n. 79/99;<br />

- il decreto legislativo n. 164/00;<br />

- il decreto del Ministro dell‟industria, del commercio e dell‟artigianato, <strong>di</strong> concerto con il<br />

Ministro dell‟ambiente 11 novembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n.<br />

292 del 14 <strong>di</strong>cembre 1999 (<strong>di</strong> seguito: decreto 11 novembre 1999);<br />

- il decreto del Presidente della Repubblica 28 <strong>di</strong>cembre 2000, n. 445;<br />

- il decreto del Ministro dell‟industria, del commercio e dell‟artigianato 9 maggio 2001 recante<br />

<strong>di</strong>sciplina del mercato elettrico, pubblicato nel Supplemento or<strong>di</strong>nario, n. 134 alla Gazzetta<br />

Ufficiale, Serie or<strong>di</strong>naria, n. 127 del 4 giugno 2001 (<strong>di</strong> seguito: decreto ministeriale 9 maggio<br />

2001);<br />

Visti:<br />

- il documento per la consultazione recante Criteri e proposte per la definizione <strong>di</strong><br />

cogenerazione e per la mo<strong>di</strong>fica delle con<strong>di</strong>zioni tecniche <strong>di</strong> assimilabilità degli <strong>impianti</strong> che<br />

utilizzano fonti energetiche assimilate a quelle rinnovabili <strong>di</strong>ffuso dall‟Autorità il 3 agosto 2000;<br />

- il documento per la consultazione recante Con<strong>di</strong>zioni per il riconoscimento della produzione<br />

combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore come cogenerazione <strong>di</strong>ffuso dall‟Autorità il 25 luglio<br />

2001;<br />

- le osservazioni e le proposte inviate dai soggetti interessati all‟Autorità in seguito alla <strong>di</strong>ffusione<br />

<strong>di</strong> due soprarichiamati documenti per la consultazione;<br />

Considerato che:<br />

- l‟Autorità intende definire le con<strong>di</strong>zioni tecniche che devono essere sod<strong>di</strong>sfatte dagli <strong>impianti</strong><br />

per la produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore affinché tali <strong>impianti</strong> possano avvalersi<br />

dei benefici e dei <strong>di</strong>ritti descritti in premessa come previsti dai decreti legislativi n. 79/99 e n.<br />

164/00;<br />

- il risparmio <strong>di</strong> energia conseguibile me<strong>di</strong>ante la produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e <strong>di</strong><br />

calore deve essere valutato con riferimento a soluzioni tecnologiche caratterizzate da specifiche<br />

taglie <strong>di</strong> impianto e tipi <strong>di</strong> combustile utilizzati;<br />

- l‟evoluzione tecnologica dei componenti termici ed elettromeccanici utilizzati nella<br />

realizzazione degli <strong>impianti</strong> con produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore richiede che<br />

vengano perio<strong>di</strong>camente aggiornati i parametri che in<strong>di</strong>viduano le sopra richiamate con<strong>di</strong>zioni<br />

tecniche;<br />

Ritenuto che:


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

245<br />

- gli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> cogenerazione contribuiscano alla promozione della concorrenza nell‟attività <strong>di</strong><br />

generazione elettrica, assicurando un significativo risparmio <strong>di</strong> energia primaria rispetto alle<br />

produzioni separate delle stesse quantità <strong>di</strong> energia elettrica e termica e riducendo le<br />

conseguenze ambientali negative, a parità <strong>di</strong> altre con<strong>di</strong>zioni;<br />

- le norme per la produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e <strong>di</strong> calore debbano favorire<br />

soluzioni tecnologiche che comportano un significativo risparmio <strong>di</strong> energia rispetto alle<br />

produzioni separate, escludendo soluzioni orientate alla produzione <strong>di</strong> sola energia elettrica o <strong>di</strong><br />

sola energia termica per una quota significativa dell‟anno solare;<br />

- sia opportuno fare riferimento agli anni solari nel riconoscimento della produzione combinata<br />

<strong>di</strong> energia elettrica e <strong>di</strong> calore, come previsto dall‟articolo 3, comma 1, del decreto 11 novembre<br />

1999;<br />

- sia opportuno fare riferimento alle sezioni degli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia<br />

elettrica e calore con potenza nominale non inferiore a 10 MVA, in coerenza con la “Disciplina<br />

del mercato elettrico” pre<strong>di</strong>sposta dalla società Gestore del mercato elettrico Spa e approvata<br />

con decreto del Ministro delle attività produttive del 9 maggio 2001;<br />

<br />

DELIBERA<br />

Articolo 1<br />

Definizioni<br />

1.1 Ai fini del presente provve<strong>di</strong>mento, si applicano le definizioni <strong>di</strong> cui all'articolo 2 del decreto<br />

legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e all'articolo 2, lettera g), del decreto legislativo 23 maggio 2000, n.<br />

164, nonché le seguenti:<br />

a) Autorità è l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, istituita con legge 14 novembre 1995, n.<br />

481;<br />

b) decreto legislativo n. 79/99 è il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79;<br />

c) decreto legislativo n. 164/00 è il decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164;<br />

d) impianto <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore è un sistema integrato che converte<br />

l‟energia primaria <strong>di</strong> una qualsivoglia fonte <strong>di</strong> energia nella produzione congiunta <strong>di</strong> energia<br />

elettrica e <strong>di</strong> energia termica (calore), entrambe considerate effetti utili, conseguendo, in<br />

generale, un risparmio <strong>di</strong> energia primaria ed un beneficio ambientale rispetto alla produzione<br />

separata delle stesse quantità <strong>di</strong> energia elettrica e termica. In luogo della produzione <strong>di</strong> energia<br />

elettrica in forma congiunta alla produzione <strong>di</strong> energia termica, è ammessa anche la produzione<br />

<strong>di</strong> energia meccanica. La produzione <strong>di</strong> energia meccanica o elettrica e <strong>di</strong> calore deve avvenire in<br />

modo sostanzialmente interconnesso, implicando un legame tecnico e <strong>di</strong> mutua <strong>di</strong>pendenza tra<br />

produzione elettrica e utilizzo in forma utile del calore, anche attraverso sistemi <strong>di</strong> accumulo. Il<br />

calore generato viene trasferito all'utilizzazione, in forme <strong>di</strong>verse, tra cui vapore, acqua calda,<br />

aria calda, e può essere destinata a usi civili <strong>di</strong> riscaldamento, raffrescamento o raffreddamento o<br />

a usi industriali in <strong>di</strong>versi processi produttivi. Nel caso <strong>di</strong> utilizzo <strong>di</strong> gas <strong>di</strong> sintesi, il sistema <strong>di</strong><br />

gassificazione è parte integrante dell‟impianto <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e<br />

calore. Nel caso <strong>di</strong> impianto a ciclo combinato con postcombustione, il post-combustore è parte<br />

integrante dell‟impianto <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore. Le eventuali<br />

caldaie <strong>di</strong> integrazione de<strong>di</strong>cate esclusivamente alla produzione <strong>di</strong> energia termica non rientrano<br />

nella definizione <strong>di</strong> impianto <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore;<br />

e) sezione <strong>di</strong> impianto <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore è ogni modulo in cui può essere<br />

scomposto l‟impianto <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore in grado <strong>di</strong> operare<br />

anche in<strong>di</strong>pendentemente dalle altre sezioni e composto da un insieme <strong>di</strong> componenti principali<br />

interconnessi tra loro in grado <strong>di</strong> produrre in modo sostanzialmente autosufficiente energia<br />

elettrica e calore. Una sezione può avere in comune con altre sezioni alcuni servizi ausiliari o<br />

generali. Nel caso <strong>di</strong> utilizzo <strong>di</strong> gas <strong>di</strong> sintesi, il sistema <strong>di</strong> gassificazione è parte integrante della<br />

sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore. Nel caso <strong>di</strong> sezione a ciclo


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

246<br />

combinato con post-combustione, il postcombustore è parte integrante della sezione <strong>di</strong><br />

produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore;<br />

f) cogenerazione, agli effetti dei benefici previsti dagli articoli 3, comma 3, 4, comma 2, e 11,<br />

commi 2 e 4, del decreto legislativo n. 79/99 e dell‟articolo 22, comma 1, lettera b), del decreto<br />

legislativo n. 164/00, è la produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore che, ai sensi <strong>di</strong><br />

quanto previsto dall'articolo 2, comma 8, del decreto legislativo n. 79/99 e dell‟articolo 2, lettera<br />

g), del decreto legislativo n. 164/00, garantisce un significativo risparmio <strong>di</strong> energia rispetto alle<br />

produzioni separate, secondo i criteri e le modalità stabiliti nei successivi punti del presente<br />

provve<strong>di</strong>mento;<br />

g) potenza nominale <strong>di</strong> un generatore elettrico è la massima potenza ottenibile in regime continuo,<br />

come fissata nella fase <strong>di</strong> collaudo preliminare all'entrata in esercizio o, in assenza <strong>di</strong> collaudo,<br />

come certificata dal costruttore o dal fornitore dell‟impianto;<br />

h) potenza nominale <strong>di</strong> una sezione <strong>di</strong> impianto <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore è la<br />

somma aritmetica delle potenze nominali dei generatori elettrici della sezione destinati alla<br />

produzione <strong>di</strong> energia elettrica;<br />

i) potenza nominale <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore è la somma<br />

aritmetica delle potenze nominali dei generatori elettrici dell'impianto destinati alla produzione<br />

<strong>di</strong> energia elettrica;<br />

j) taglia <strong>di</strong> riferimento ai fini della determinazione del parametro hes <strong>di</strong> cui all‟articolo 2, comma<br />

2.2, del presente provve<strong>di</strong>mento è:<br />

i) la potenza nominale del generatore elettrico <strong>di</strong> ciascuna delle turbine a gas nel caso <strong>di</strong><br />

sezioni a recupero con più turbine a gas operanti in ciclo semplice o <strong>di</strong> ciascuno dei motori<br />

a combustione interna che alimentano un unico sistema a recupero <strong>di</strong> calore;<br />

ii) ii) la potenza nominale del generatore elettrico <strong>di</strong> ciascuna delle turbine a gas sommata ad<br />

una parte della potenza nominale del generatore elettrico della turbina a vapore della<br />

sezione proporzionale al rapporto tra la potenza nominale <strong>di</strong> ciascuna delle turbine a gas e<br />

la somma delle potenze nominali <strong>di</strong> tutte le turbine a gas nel caso <strong>di</strong> sezioni a ciclo<br />

combinato costituite da più turbine a gas che alimentano un ciclo termico a recupero <strong>di</strong><br />

calore dotato <strong>di</strong> turbina a vapore;<br />

iii) iii) la potenza nominale della sezione, come definita alla precedente lettera h), negli altri<br />

casi;<br />

k) potere calorifico inferiore <strong>di</strong> un combustibile, a pressione costante, è la quantità <strong>di</strong> calore che si libera<br />

nella combustione completa dell'unità <strong>di</strong> peso o <strong>di</strong> <strong>volume</strong> del combustibile, con l‟acqua<br />

contenuta nei fumi allo stato <strong>di</strong> vapore, ovvero con il calore latente del vapor d'acqua contenuto<br />

nei fumi della combustione non utilizzato a fini energetici;<br />

l) energia primaria dei combustibili utilizzati da una sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore<br />

Ec è il contenuto energetico dei combustibili utilizzati, pari al prodotto del peso o del <strong>volume</strong> <strong>di</strong><br />

ciascun tipo <strong>di</strong> combustibile utilizzato nel corso dell'anno solare per il rispettivo potere<br />

calorifico inferiore, come definito alla precedente lettera k). Nel caso <strong>di</strong> sezioni a ciclo<br />

combinato con post-combustione, l‟energia primaria del combustibile utilizzato comprende<br />

anche il contenuto energetico del combustibile che alimenta il post-combustore. Nel caso <strong>di</strong><br />

sezioni alimentate da gas <strong>di</strong> sintesi, l‟energia primaria del combustibile utilizzato comprende il<br />

contenuto energetico <strong>di</strong> tutti i combustibili utilizzati, inclusi quelli che alimentano un eventuale<br />

sistema <strong>di</strong> gassificazione;<br />

m) produzione <strong>di</strong> energia elettrica lorda <strong>di</strong> una sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore è la<br />

quantità <strong>di</strong> energia elettrica prodotta nell‟anno solare, misurata dai contatori sigillati dall‟UTF<br />

situati ai morsetti <strong>di</strong> uscita dei generatori elettrici;<br />

n) produzione <strong>di</strong> energia elettrica netta <strong>di</strong> una sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore Ee è<br />

la quantità <strong>di</strong> energia elettrica lorda prodotta dalla sezione nell'anno solare, <strong>di</strong>minuita dell'energia<br />

elettrica destinata ai servizi ausiliari della sezione e delle per<strong>di</strong>te nei trasformatori principali. I<br />

servizi ausiliari includono i servizi posti sui circuiti che presiedono alla produzione <strong>di</strong> energia


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247<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

elettrica e <strong>di</strong> calore, inclusi quelli <strong>di</strong> un eventuale sistema <strong>di</strong> gassificazione, ed escludono i servizi<br />

ausiliari relativi alla rete <strong>di</strong> trasporto e <strong>di</strong>stribuzione del calore, come le pompe <strong>di</strong> circolazione<br />

dell'acqua calda. Nel caso in cui i servizi ausiliari siano in comune tra più sezioni, i loro consumi<br />

sono da attribuire ad ogni sezione in misura proporzionale alla rispettiva quota parte <strong>di</strong><br />

produzione <strong>di</strong> energia elettrica lorda. Nel caso <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia meccanica e<br />

calore, l‟energia meccanica viene moltiplicata per un fattore pari a 1,05 per convertirla in una<br />

quantità equivalente <strong>di</strong> energia elettrica netta;<br />

o) produzione <strong>di</strong> energia termica utile <strong>di</strong> una sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore Et è la<br />

quantità <strong>di</strong> energia termica utile prodotta dalla sezione nell'anno solare effettivamente ed<br />

utilmente utilizzata a scopi civili o industriali, pari alla <strong>di</strong>fferenza tra il contenuto entalpico del<br />

fluido vettore in uscita ed in ingresso misurato alla sezione <strong>di</strong> separazione tra la sezione <strong>di</strong><br />

produzione e la rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione del calore, al netto dell‟energia termica eventualmente<br />

<strong>di</strong>ssipata in situazioni transitorie o <strong>di</strong> emergenza (scarichi <strong>di</strong> calore). Qualora non esista<br />

fisicamente una rete <strong>di</strong> utilizzazione del calore, la produzione <strong>di</strong> energia termica utile può essere<br />

calcolata con meto<strong>di</strong> in<strong>di</strong>retti. I consumi specifici <strong>di</strong> calore utile risultanti dalle utilizzazioni a<br />

scopo civile o industriale devono risultare confrontabili a quelli utilizzati in campo nazionale per<br />

analoghe applicazioni con produzione separata <strong>di</strong> calore. La produzione <strong>di</strong> energia termica <strong>di</strong><br />

eventuali caldaie <strong>di</strong> integrazione de<strong>di</strong>cate esclusivamente alla produzione <strong>di</strong> energia termica non<br />

rientra nella determinazione della produzione <strong>di</strong> energia termica utile Et. L‟eventuale utilizzo <strong>di</strong><br />

vapore per iniezione nelle turbine a gas non è energia termica utile. Et è somma delle due<br />

componenti Etciv e Etind definite come:<br />

energia termica utile per usi civili Etciv è la parte <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> energia termica utile <strong>di</strong> una<br />

sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore destinata alle utilizzazioni<br />

<strong>di</strong> tipo civile a fini <strong>di</strong> climatizzazione, riscaldamento, raffrescamento, raffreddamento,<br />

con<strong>di</strong>zionamento <strong>di</strong> ambienti residenziali, commerciali e industriali e per uso igienicosanitario,<br />

con esclusione delle utilizzazioni in processi industriali;<br />

energia termica utile per usi industriali Etind è la parte <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> energia termica utile <strong>di</strong><br />

una sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore destinata ad<br />

utilizzazioni <strong>di</strong>verse da quelle previste per Etciv ;<br />

p) ren<strong>di</strong>mento elettrico netto me<strong>di</strong>o annuo hes <strong>di</strong> un impianto destinato alla sola produzione <strong>di</strong> energia<br />

elettrica è il rapporto tra la produzione annua netta <strong>di</strong> energia elettrica e l'energia primaria del<br />

combustibile immessa annualmente nell'impianto, entrambe riferite all‟anno solare;<br />

q) ren<strong>di</strong>mento termico netto me<strong>di</strong>o annuo hts <strong>di</strong> un impianto destinato alla sola produzione <strong>di</strong> energia<br />

termica è il rapporto tra la produzione annua netta <strong>di</strong> energia termica e l'energia primaria del<br />

combustibile immessa annualmente nell'impianto, entrambe riferite all‟anno solare;<br />

r) energia elettrica autoconsumata Eeautocons è la parte <strong>di</strong> energia elettrica prodotta, definita alla<br />

precedente lettera n), che non viene immessa nella rete <strong>di</strong> trasmissione o <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione<br />

dell‟energia elettrica in quanto <strong>di</strong>rettamente utilizzata e autoconsumata nel luogo <strong>di</strong> produzione;<br />

s) energia elettrica immessa in rete Eeimmessa è la parte <strong>di</strong> energia elettrica netta prodotta che non rientra<br />

nella definizione <strong>di</strong> cui alla precedente lettera r);<br />

t) in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> risparmio <strong>di</strong> energia IRE è il rapporto tra il risparmio <strong>di</strong> energia primaria conseguito dalla<br />

sezione <strong>di</strong> cogenerazione rispetto alla produzione separata delle stesse quantità <strong>di</strong> energia<br />

elettrica e termica e l‟energia primaria richiesta dalla produzione separata definito dalla formula:<br />

Ec<br />

IRE 1<br />

Ee Etcv<br />

Etind<br />

<br />

p <br />

es ts, civ ts,<br />

ind<br />

dove:<br />

- Ec, Ee, Etciv e Etind sono definite, rispettivamente, alle precedenti lettere l), n) e o), espresse in<br />

MWh ed arrotondate con criterio commerciale alla terza cifra decimale;


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

248<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

- es è il ren<strong>di</strong>mento elettrico me<strong>di</strong>o netto, come definito alla precedente lettera p), della<br />

modalità <strong>di</strong> riferimento per la produzione <strong>di</strong> sola energia elettrica;<br />

- ts,civ è il ren<strong>di</strong>mento termico netto me<strong>di</strong>o annuo, come definito alla precedente lettera q), della<br />

modalità <strong>di</strong> riferimento per la produzione <strong>di</strong> sola energia termica per usi civili Etciv;<br />

- ts,ind è il ren<strong>di</strong>mento termico netto me<strong>di</strong>o annuo, come definito alla precedente lettera q), della<br />

modalità <strong>di</strong> riferimento per la produzione <strong>di</strong> sola energia termica per usi industriali Etind ;<br />

- p è un coefficiente che rappresenta le minori per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> trasporto e <strong>di</strong> trasformazione<br />

dell‟energia elettrica che gli <strong>impianti</strong> cogenerativi comportano quando autoconsumano l‟energia<br />

elettrica autoprodotta, evitando le per<strong>di</strong>te associate al trasporto <strong>di</strong> energia elettrica fino al livello<br />

<strong>di</strong> tensione cui gli <strong>impianti</strong> stessi sono allacciati o quando immettono energia elettrica nelle reti<br />

<strong>di</strong> bassa o me<strong>di</strong>a tensione, evitando le per<strong>di</strong>te sulle reti, rispettivamente, <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a e alta tensione.<br />

Il coefficiente p è calcolato come me<strong>di</strong>a ponderata dei due valori <strong>di</strong> per<strong>di</strong>te evitate pimmessa e<br />

pautocons rispetto alle quantità <strong>di</strong> energia elettrica autoconsumata Eeautocons ed immessa in rete<br />

Eeimmessa, come definite rispettivamente alle precedenti lettere r) e s), secondo la seguente<br />

formula:<br />

pimmessa Eeimmessa pautocons Eeautocons<br />

p <br />

Ee Ee<br />

immessa<br />

autocons<br />

I valori <strong>di</strong> pimmessa e pautocons <strong>di</strong>pendono dal livello <strong>di</strong> tensione cui è allacciata la sezione <strong>di</strong><br />

produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore e sono riportati nella seguente tabella:<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

u) limite termico LT è il rapporto tra l‟energia termica utile annualmente prodotta Et e l‟effetto<br />

utile complessivamente generato su base annua dalla sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong><br />

energia elettrica e calore, pari alla somma dell‟energia elettrica netta e dell‟energia termica utile<br />

prodotte (Ee + Et), riferiti all‟anno solare, secondo la seguente formula:<br />

Et<br />

LT <br />

Ee Et<br />

con il significato dei simboli definito alla precedente lettera t);<br />

v) data <strong>di</strong> entrata in esercizio <strong>di</strong> una sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore è la data in<br />

cui è stato effettuato il primo funzionamento in parallelo con il sistema elettrico nazionale della<br />

sezione, come risulta dalla denuncia dell‟UTF <strong>di</strong> attivazione <strong>di</strong> officina elettrica;<br />

w) data <strong>di</strong> entrata in esercizio commerciale <strong>di</strong> una sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore è<br />

la data <strong>di</strong> entrata in esercizio commerciale della sezione fissata dal produttore, considerando<br />

come periodo <strong>di</strong> collaudo e avviamento un periodo massimo <strong>di</strong> 12 (do<strong>di</strong>ci) mesi consecutivi a<br />

partire dalla data in cui è stato effettuato il primo funzionamento della sezione in parallelo con il<br />

sistema elettrico nazionale, come risulta dalla denuncia dell‟UTF <strong>di</strong> attivazione <strong>di</strong> officina<br />

elettrica;<br />

x) sezione esistente è la sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore che, alla data<br />

<strong>di</strong> entrata in vigore del presente provve<strong>di</strong>mento, era già entrata in esercizio o per la quale, alla<br />

medesima data, erano state assunte obbligazioni contrattuali relativamente alla maggior parte, in<br />

valore, dei costi <strong>di</strong> costruzione;<br />

y) rifacimento <strong>di</strong> una sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore è l‟intervento su una<br />

sezione dell‟impianto che sia in esercizio, esistente da almeno venti (20) anni, finalizzato a<br />

migliorare le prestazioni energetiche ed ambientali attraverso la sostituzione, il ripotenziamento<br />

o la totale ricostruzione <strong>di</strong> componenti che nel loro insieme rappresentano la maggior parte dei<br />

costi <strong>di</strong> investimento sostenuti per la realizzazione della sezione;


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

249<br />

z) sezione <strong>di</strong> nuova realizzazione è la sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore<br />

con data <strong>di</strong> entrata in esercizio commerciale successiva alla data <strong>di</strong> entrata in vigore del presente<br />

provve<strong>di</strong>mento.<br />

Articolo 2<br />

Definizione <strong>di</strong> cogenerazione ai sensi dell’articolo 2, comma 8, del decreto legislativo n. 79/99 e<br />

dell'articolo 2, lettera g), del decreto legislativo n. 164/00<br />

2.1 Si definisce cogenerazione, ai sensi dell‟articolo 2, comma 8, del decreto legislativo n. 79/99<br />

e dell'articolo 2, lettera g), del decreto legislativo n. 164/00 ed ai fini dei benefici <strong>di</strong> cui al precedente<br />

articolo 1, lettera f), un sistema integrato <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica o meccanica e <strong>di</strong><br />

energia termica, entrambe considerate energie utili, realizzato dalla sezione <strong>di</strong> un impianto per la<br />

produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore, come definita al precedente articolo 1, lettera e),<br />

che, a partire da una qualsivoglia combinazione <strong>di</strong> fonti primarie <strong>di</strong> energia e con riferimento a ciascun<br />

anno solare, sod<strong>di</strong>sfi entrambe le con<strong>di</strong>zioni concernenti il risparmio <strong>di</strong> energia primaria e il limite<br />

termico <strong>di</strong> cui ai successivi commi 2.2 e 2.3.<br />

2.2 Ai fini del riconoscimento della produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore come<br />

cogenerazione, <strong>di</strong> cui al precedente comma 2.1, l'in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> risparmio <strong>di</strong> energia IRE della sezione,<br />

come definito al precedente articolo 1, lettera t), non deve essere inferiore al valore minimo IREmin<br />

che, fino al 31 <strong>di</strong>cembre 2005, viene fissato pari a 0,050 (5,0%) per le sezioni esistenti, come definite al<br />

precedente articolo 1, lettera x), pari a 0,080 (8,0%) per i rifacimenti <strong>di</strong> sezioni, come definiti al<br />

precedente articolo 1, lettera y), e pari a 0,100 (10,0%) per le sezioni <strong>di</strong> nuova realizzazione, come<br />

definite al precedente articolo 1, lettera z), assumendo:<br />

a) per il parametro es il ren<strong>di</strong>mento elettrico netto me<strong>di</strong>o annuo delle modalità <strong>di</strong> riferimento<br />

per la produzione separata <strong>di</strong> sola energia elettrica, <strong>di</strong>fferenziato per ciascuna fascia <strong>di</strong> taglia <strong>di</strong><br />

riferimento, come definita al precedente articolo 1, lettera j), e per ciascun tipo <strong>di</strong> combustibile<br />

utilizzato, secondo i valori riportati nella seguente tabella:<br />

Nel caso <strong>di</strong> utilizzo <strong>di</strong> combustibili soli<strong>di</strong> fossili <strong>di</strong> produzione nazionale in misura non inferiore<br />

al 20% dell‟energia primaria annualmente immessa nella sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia<br />

elettrica e calore, i valori del parametro es riportati in tabella sono ridotti del 5%. A tale fine, non<br />

rientrano tra i combustibili fossili <strong>di</strong> produzione nazionale il carbone <strong>di</strong> tipo coke, prodotto<br />

in Italia a partire da carbone <strong>di</strong> importazione, e il petrocoke o coke <strong>di</strong> petrolio.<br />

Nel caso <strong>di</strong> utilizzo <strong>di</strong> combustibili <strong>di</strong> processo e residui, biogas, gas naturale da giacimenti<br />

minori isolati il parametro es è pari a 0,35 per tutte le taglie <strong>di</strong> riferimento.<br />

Nel caso <strong>di</strong> sezioni <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore che utilizzino più<br />

combustibili <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso tipo C1, C2,…,Cn, il parametro es viene calcolato come me<strong>di</strong>a ponderata dei<br />

parametri <strong>di</strong> cui alla precedente tabella rispetto all‟energia primaria EcC1, EcC2, …,EcCn, dei<br />

combustibili annualmente immessi nella sezione, secondo la seguente formula:<br />

es, C1 EcC1 es, C2 EcC 2<br />

..... es,<br />

Cn<br />

EcCn<br />

es<br />

<br />

Ec Ec ..... Ec<br />

C1 C2<br />

Cn


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

250<br />

Nel caso <strong>di</strong> utilizzo <strong>di</strong> combustibili <strong>di</strong>versi da quelli sopra richiamati, ai fini della determinazione<br />

del parametro es si assume il gas naturale come combustibile <strong>di</strong> riferimento. I valori del parametro es<br />

riportati nella tabella per i rifiuti soli<strong>di</strong>, organici e inorganici, e per le biomasse si applicano nei soli casi<br />

<strong>di</strong> co-combustione, definita come la combustione contemporanea <strong>di</strong> combustibili da fonti rinnovabili,<br />

come definite dall‟articolo 2, comma 15, del decreto legislativo n. 79/99, e <strong>di</strong> combustibili da altre<br />

fonti <strong>di</strong> energia. Ai fini dei benefici <strong>di</strong> cui al precedente articolo 1, lettera f), e in particolare <strong>di</strong> quelli<br />

previsti dall‟articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 79/99, l‟in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> risparmio <strong>di</strong> energia IRE<br />

per gli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore con potenza nominale inferiore a<br />

10 MVA è riferito all‟intero impianto.<br />

Nel caso <strong>di</strong> sezioni <strong>di</strong> impianto aventi n taglie <strong>di</strong> riferimento T1, T2,...,Tn, che in<strong>di</strong>viduano n<br />

ren<strong>di</strong>menti elettrici <strong>di</strong> riferimento es,1, es,2, …, es,n, ed una potenza nominale della sezione pari a P,<br />

il parametro es da utilizzare per il calcolo dell‟in<strong>di</strong>ce IRE della sezione viene determinato con la<br />

seguente formula:<br />

n<br />

es,<br />

j<br />

Tj<br />

es<br />

<br />

P<br />

j1<br />

b) per il parametro ts,civ un valore pari a 0,8 e per il parametro ts,ind un valore pari a 0,9.<br />

Nel caso <strong>di</strong> utilizzo <strong>di</strong> combustibili soli<strong>di</strong> fossili <strong>di</strong> produzione nazionale in misura non inferiore al<br />

20% dell‟energia primaria annualmente immessa nella sezione <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia<br />

elettrica e calore, i valori dei parametri ts,civ e ts,ind sono ridotti del 5%. A tale fine, non rientrano<br />

tra i combustibili fossili <strong>di</strong> produzione nazionale il carbone <strong>di</strong> tipo coke, prodotto in Italia a partire da<br />

carbone <strong>di</strong> importazione, e il petrocoke o coke <strong>di</strong> petrolio.<br />

2.3 Il limite termico LT, come definito al precedente articolo 1, lettera u), per il processo <strong>di</strong> cui al<br />

comma 2.1 non deve essere inferiore al valore minimo LTmin che, fino al 31 <strong>di</strong>cembre 2005, viene<br />

fissato pari a 0,150 (15,0%). Nel caso <strong>di</strong> sezioni <strong>di</strong> nuova realizzazione che sod<strong>di</strong>sfino la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

IREmin <strong>di</strong> cui al comma 2.2, ma non sod<strong>di</strong>sfano la con<strong>di</strong>zione per il limite termico LT è ammessa, ai<br />

soli fini dell‟esenzione dall'obbligo previsto dall'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo n. 79/99,<br />

l‟esenzione dal predetto obbligo per la quota <strong>di</strong> energia elettrica che sod<strong>di</strong>sfa il limite termico <strong>di</strong> 0,150<br />

(15,0%). Ai fini dei benefici <strong>di</strong> cui al precedente articolo 1, lettera f), e in particolare <strong>di</strong> quelli previsti<br />

dall‟articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 79/99, si assume che nel calcolo del limite termico<br />

LT per gli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore con potenza nominale<br />

inferiore a 10 MVA la sezione coincide con l‟impianto.<br />

Articolo 3<br />

Aggiornamento e periodo <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà dei parametri <strong>di</strong> riferimento<br />

3.1 I valori <strong>di</strong> riferimento dei parametri es,ts,civ, ts,ind, LTmin e IREmin, come riportati al<br />

precedente articolo 2, sono in vigore fino al 31 <strong>di</strong>cembre 2005 e vengono aggiornati dall’Autorità<br />

con perio<strong>di</strong>cità triennale.<br />

3.2 Per ciascuna sezione esistente i valori <strong>di</strong> riferimento dei parametri es, ,ts,civ, ts,ind, LTmin e<br />

IREmin<strong>di</strong> cui al precedente articolo 2, rimangono fissi, ai fini del riconoscimento della con<strong>di</strong>zione<br />

tecnica <strong>di</strong> cogenerazione, per un periodo <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci (10) anni a partire dalla data <strong>di</strong> entrata in vigore del<br />

presente provve<strong>di</strong>mento. A partire dall‟anno solare successivo a quello in cui vengono completati i<br />

<strong>di</strong>eci (10) anni <strong>di</strong> esercizio si applicano i valori <strong>di</strong> riferimento dei parametri aggiornati dall‟Autorità su<br />

base triennale, <strong>di</strong> cui al comma 3.1, in vigore per quel triennio.<br />

3.3 Per ciascuna sezione <strong>di</strong> nuova realizzazione e per i rifacimenti i valori <strong>di</strong> riferimento dei<br />

parametri es,ts,civ, ts,ind, LTmin e IREminin vigore alla data <strong>di</strong> entrata in esercizio rimangono fissi, ai<br />

fini del riconoscimento della con<strong>di</strong>zione tecnica <strong>di</strong> cogenerazione, per un periodo <strong>di</strong> quin<strong>di</strong>ci (15)<br />

anni. A partire dall‟anno solare successivo a quello in cui vengono completati i quin<strong>di</strong>ci (15) anni <strong>di</strong><br />

esercizio si applicano i valori <strong>di</strong> riferimento dei parametri aggiornati dall‟Autorità su base triennale, <strong>di</strong><br />

cui al comma 3.1, in vigore per quel triennio.<br />

3.4 Nel caso <strong>di</strong> sezioni dotate <strong>di</strong> reti <strong>di</strong> teleriscaldamento per la <strong>di</strong>stribuzione del calore utile<br />

prodotto i perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> cui ai commi 3.2 e 3.3 vengono estesi <strong>di</strong> 5 (cinque) anni.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

251<br />

3.5 Durante il periodo <strong>di</strong> collaudo e avviamento, e limitatamente al periodo massimo <strong>di</strong> 12<br />

(do<strong>di</strong>ci) mesi consecutivi <strong>di</strong> cui al precedente punto 1, lettera w), si applica per il parametro IREmin un<br />

valore pari a 0,050 (5,0%) e per il parametro LTmin un valore pari a 0,100 (10,0%). Per l‟anno solare in<br />

cui termina il periodo <strong>di</strong> collaudo e avviamento, i valori dei parametri IREmin e LTmin sono calcolati<br />

come me<strong>di</strong>a ponderata sui due perio<strong>di</strong>.<br />

3.6 Agli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> nuova realizzazione per i quali, alla fine <strong>di</strong> un triennio <strong>di</strong> vigenza dei valori <strong>di</strong><br />

riferimento dei parametri es, ,ts,civ, ts,ind, LTmin e IREmin <strong>di</strong> cui al precedente articolo 2, sono state<br />

assunte obbligazioni contrattuali in valore relativamente alla maggior parte dei costi <strong>di</strong> costruzione, si<br />

applicano i valori <strong>di</strong> riferimento previsti per il triennio precedente .<br />

Articolo 4<br />

Attestazione delle con<strong>di</strong>zioni per il riconoscimento della produzione combinata <strong>di</strong> energia<br />

elettrica e calore come cogenerazione<br />

4.1 I soggetti produttori con sezioni <strong>di</strong> produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore che<br />

intendono avvalersi dei benefici <strong>di</strong> cui al precedente articolo 1, lettera f), comunicano, separatamente<br />

per ciascuna sezione, me<strong>di</strong>ante <strong>di</strong>chiarazione sostitutiva <strong>di</strong> atto <strong>di</strong> notorietà firmata dal legale<br />

rappresentante ai sensi degli articoli 21, 38 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28<br />

<strong>di</strong>cembre 2000, n. 445, il valore dell'in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> risparmio <strong>di</strong> energia IRE e del limite termico LT,<br />

calcolati con riferimento ai valori dei parametri es,ts,civ e ts,ind fissati nel precedente articolo 2,<br />

relativi all‟anno solare precedente.<br />

4.2 La <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> cui al comma 4.1 deve essere inviata alla società Gestore della rete <strong>di</strong><br />

trasmissione nazionale Spa entro il 31 marzo <strong>di</strong> ogni anno. La società Gestore della rete <strong>di</strong><br />

trasmissione nazionale Spa, entro il 30 giugno <strong>di</strong> ogni anno, trasmette all‟Autorità un prospetto<br />

riepilogativo delle <strong>di</strong>chiarazioni pervenute ed un piano annuale <strong>di</strong> verifiche sulle sezioni ai sensi<br />

dell‟articolo 5 del presente provve<strong>di</strong>mento. Tale <strong>di</strong>chiarazione deve contenere le seguenti<br />

informazioni:<br />

a) identificazione del soggetto produttore, in particolare: ragione sociale, natura giuri<strong>di</strong>ca, sede<br />

legale, co<strong>di</strong>ce fiscale o partita Iva;<br />

b) identificazione della sezione e dell‟impianto, in particolare: localizzazione geografica,<br />

eventuale denominazione, data <strong>di</strong> entrata in esercizio e data <strong>di</strong> entrata in esercizio<br />

commerciale, come definite, rispettivamente, al precedente articolo 1, lettere v) e w);<br />

c) energia elettrica utile prodotta nell‟anno solare precedente dalla sezione al netto dell‟energia<br />

assorbita dai servizi ausiliari (Ee), come definita al precedente articolo 1, lettera n); energia termica<br />

utile (Et), incluse le due componenti per usi civili Etciv e industriali Etind prodotte nell‟anno solare<br />

precedente dalla sezione, come definite al precedente articolo 1, lettera o); tipologia e quantità dei<br />

combustibili utilizzati (C1, C2, …, Cn) e energia primaria immessa nell‟anno solare precedente nella<br />

sezione per ciascuna tipologia <strong>di</strong> combustibile (EcC1, EcC2, …,EcCn), come definita al precedente<br />

articolo 1, lettera l). Tutti i dati della presente lettera c) devono essere espressi in MWh e arrotondati<br />

con criterio commerciale alla terza cifra decimale;<br />

d) meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> misura e criteri utilizzati per la determinazione dei valori delle grandezze <strong>di</strong> cui alla<br />

precedente lettera c);<br />

e) programma annuale <strong>di</strong> utilizzo della sezione, in particolare: capacità <strong>di</strong> produzione combinata<br />

<strong>di</strong> energia elettrica e calore, ren<strong>di</strong>menti e combustibili utilizzati (inclusi i combustibili <strong>di</strong><br />

processo, residui o recuperi <strong>di</strong> energia, combustibili non commerciali), finalità della produzione<br />

(usi propri, <strong>di</strong>stribuzione, ven<strong>di</strong>ta ad altri soggetti, riportando le quantità annue <strong>di</strong> produzione<br />

dei prodotti nel cui processo <strong>di</strong> lavorazione viene utilizzato il calore, il consumo specifico <strong>di</strong><br />

calore per le <strong>di</strong>verse fasi del ciclo produttivo, nel caso <strong>di</strong> usi propri, e le quantità <strong>di</strong> calore<br />

vendute a terzi, con in<strong>di</strong>cazione dei soggetti acquirenti e delle rispettive quote, nel caso <strong>di</strong><br />

ven<strong>di</strong>ta a terzi);<br />

f) caratteristiche tecniche generali della sezione, in particolare: tipo <strong>di</strong> sezione e <strong>di</strong> impianto,<br />

schema generale <strong>di</strong> funzionamento, identificazione e caratteristiche <strong>di</strong> generatori e scambiatori<br />

<strong>di</strong> calore, motori primi, generatori elettrici (tra cui, almeno, la potenza nominale dei generatori


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

252<br />

elettrici, come definita al precedente articolo 1, lettera g), e taglia <strong>di</strong> riferimento ai fini della<br />

determinazione del parametro es, come definita al precedente articolo 1, lettera j) ed altri<br />

componenti significativi.<br />

4.3 La documentazione <strong>di</strong> cui al precedente comma 4.2, lettere d) e f), deve essere trasmessa in<br />

occasione della prima richiesta <strong>di</strong> riconoscimento della produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e<br />

calore come cogenerazione e, successivamente, solo nel caso in cui siano intervenute variazioni con<br />

conseguenze significative sul rispetto della con<strong>di</strong>zione tecnica <strong>di</strong> cogenerazione.<br />

4.4 L‟invio <strong>di</strong> informazioni incomplete o <strong>di</strong>fformi comporta, per la sezione o per l‟impianto,<br />

l'esclusione, per l‟anno <strong>di</strong> riferimento, dei benefici <strong>di</strong> cui al precedente articolo 1, lettera f). La società<br />

Gestore della rete <strong>di</strong> trasmissione nazionale Spa ne dà comunicazione al soggetto produttore e<br />

all‟Autorità.<br />

4.5 In caso <strong>di</strong> <strong>di</strong>chiarazioni contenenti dati e informazioni non veritiere, l‟Autorità, su<br />

segnalazione della società Gestore della rete <strong>di</strong> trasmissione nazionale Spa, può applicare le sanzioni <strong>di</strong><br />

cui all‟articolo 2, comma 20, lettera c), della legge 14 novembre 1995, n. 481.<br />

Articolo 5<br />

Verifiche sulla sezione<br />

5.1 Le verifiche sulla sezione atte a controllare il rispetto delle con<strong>di</strong>zioni per il riconoscimento<br />

della produzione combinata <strong>di</strong> energia elettrica e calore come cogenerazione ai fini dei benefici <strong>di</strong> cui<br />

al precedente articolo 1, lettera f), sono effettuate dalla società Gestore della rete <strong>di</strong> trasmissione<br />

nazionale Spa e svolte, ove necessario, attraverso sopralluoghi al fine <strong>di</strong> accertare la veri<strong>di</strong>cità delle<br />

informazioni e dei dati trasmessi, avvalendosi eventualmente anche della collaborazione <strong>di</strong> altri<br />

enti o istituti <strong>di</strong> certificazione.<br />

Articolo 6<br />

Disposizioni finali<br />

6.1 La presente deliberazione viene pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana<br />

e nel sito internet dell‟Autorità ed entra in vigore il giorno successivo alla data della sua pubblicazione.<br />

7.2.1 E VIGENTI SULLA COGENERAZIONE<br />

L‟Autorità per l‟Energia e il Gas formula una definizione <strong>di</strong> cogenerazione che consente <strong>di</strong><br />

identificare, sia fra gli <strong>impianti</strong> esistenti che in quelli <strong>di</strong> nuova installazione, quelli che forniscono un<br />

significativo risparmio <strong>di</strong> energia rispetto alle produzioni separate.<br />

A questo scopo sono considerati uno o più in<strong>di</strong>catori che consentono:<br />

<strong>di</strong> valutare il risparmio effettivo <strong>di</strong> energia primaria <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> cogenerazione rispetto alle<br />

produzioni separate;<br />

<strong>di</strong> garantire l‟effettiva natura cogenerativa delle modalità <strong>di</strong> utilizzo dell‟impianto evitando i casi<br />

<strong>di</strong> soluzioni eccessivamente sbilanciate nella produzione <strong>di</strong> energia elettrica.<br />

Questi in<strong>di</strong>catori debbono, inoltre:<br />

risultare applicabili alle <strong>di</strong>verse configurazioni <strong>impianti</strong>stiche presenti in questo segmento della<br />

generazione caratterizzate da <strong>di</strong>fferenze significative nelle prestazioni tra <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> piccola e<br />

grande taglia, nuovi ed esistenti, con utilizzazione stagionale o continua;<br />

essere riferiti a data <strong>di</strong> consumo misurabili su base annuale con sistemi <strong>di</strong> contabilizzazione<br />

certificati e controllati;<br />

considerare l‟evoluzione tecnologica con meccanismi <strong>di</strong> aggiornamento perio<strong>di</strong>ci per <strong>impianti</strong><br />

non ancora entrati in esercizio.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

253<br />

8. IMPIANTI ANTINCENDIO<br />

Il rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o è oggi rilevante anche a causa dell‟uso sempre crescente <strong>di</strong> materiali<br />

altamente infiammabili (ad esempio materiale plastico, carta, legno, ….) presenti nei locali <strong>di</strong> lavoro o <strong>di</strong><br />

abitazione.<br />

L‟Italia è una delle nazioni più all‟avanguar<strong>di</strong>a nel campo della prevenzione degli incen<strong>di</strong> con<br />

una serie <strong>di</strong> norme tecniche che coprono tutti i settori civili e industriali.<br />

Si tralascia in questa sede, a causa del tempo limitato, il problema dei gran<strong>di</strong> rischi <strong>di</strong> tipo<br />

industriale regolamentati dal D.Lgs 334/99 (detto anche Seveso 2) per soffermarci solamente ai classici<br />

<strong>impianti</strong> antincen<strong>di</strong>o per <strong>impianti</strong> civili ed industriali normali.<br />

Una delle norme più importanti è data dal D.Lgs 149/96: Approvazione della regola tecnica <strong>di</strong><br />

prevenzione e incen<strong>di</strong> per la progettazione, costruzione ed esercizio dei locali <strong>di</strong> intrattenimento e pubblico spettacolo”. Di<br />

essa si riportano alcuni fra gli articoli più importanti 57 . Si vedranno anche altre norme e/o decreti<br />

riguardanti l‟argomento qui trattato.<br />

Prima <strong>di</strong> procedere all‟esame delle leggi e norme vigenti si vuole qui presentare la problematica<br />

che gli <strong>impianti</strong> antincen<strong>di</strong>o debbono affrontare.<br />

8.1 FINALITÀ DEGLI IMPIANTI ANTINCENDIO<br />

Gli <strong>impianti</strong> antincen<strong>di</strong>o hanno come finalità la riduzione dei danni conseguenti al verificarsi <strong>di</strong><br />

un incen<strong>di</strong>o, agendo quin<strong>di</strong> sulla Magnitudo dell‟evento incen<strong>di</strong>o.<br />

Gli interventi si sud<strong>di</strong>vidono in misure <strong>di</strong> protezione attiva o passiva in relazione alla necessità<br />

o meno dell‟intervento <strong>di</strong> un operatore o dell‟azionamento <strong>di</strong> un impianto.<br />

Protezione PASSIVA - non c'è il bisogno <strong>di</strong> un intervento<br />

Protezione ATTIVA - c'è il bisogno <strong>di</strong> un intervento<br />

8.2 LA PROTEZIONE PASSIVA<br />

Gli <strong>impianti</strong> antincen<strong>di</strong>o hanno come finalità la riduzione dei danni conseguenti al verificarsi <strong>di</strong><br />

un incen<strong>di</strong>o, agendo quin<strong>di</strong> sulla Magnitudo dell‟evento incen<strong>di</strong>o.<br />

Gli interventi si sud<strong>di</strong>vidono in misure <strong>di</strong> protezione attiva o passiva in relazione alla necessità<br />

o meno dell‟intervento <strong>di</strong> un operatore o dell‟azionamento <strong>di</strong> un impianto.<br />

Protezione PASSIVA - non c'è il bisogno <strong>di</strong> un intervento<br />

Protezione ATTIVA - c'è il bisogno <strong>di</strong> un intervento<br />

8.3 LA PROTEZIONE ATTIVA<br />

L‟insieme delle misure <strong>di</strong> protezione che richiedono l‟azione <strong>di</strong> un uomo o l‟azionamento <strong>di</strong> un<br />

impianto sono quelle finalizzate alla precoce rilevazione dell‟incen<strong>di</strong>o, alla segnalazione e all‟azione <strong>di</strong><br />

spegnimento dello stesso.:<br />

estintori<br />

rete idrica antincen<strong>di</strong><br />

<strong>impianti</strong> <strong>di</strong> rivelazione automatica d‟incen<strong>di</strong>o<br />

<strong>impianti</strong> <strong>di</strong> spegnimento automatici<br />

<strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> segnalazione e d‟allarme<br />

evacuatori <strong>di</strong> fumo e calore<br />

8.4 MISURE DI PROTEZIONE PASSIVA<br />

Si tratta, come sopra specificato, <strong>di</strong> misure insite nell‟e<strong>di</strong>ficio e che non richiedono interventi.<br />

esterni. Ve<strong>di</strong>amole in dettaglio.<br />

57 La Norma Tecnica è tutta parimenti importante ma in questa sede si vuole porre maggiormente l‟attenzione sugli<br />

aspetti progettuali della norma stessa. Si rimanda l‟Allievo ad una lettura <strong>di</strong> tutto il testo per un maggiore<br />

approfon<strong>di</strong>mento.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

254<br />

8.4.1 DISTANZE DI SICUREZZA<br />

La protezione passiva realizzata con il metodo delle barriere antincen<strong>di</strong>o è basata sul concetto<br />

dell‟interposizione, tra aree potenzialmente soggette ad incen<strong>di</strong>o, <strong>di</strong> spazi scoperti o <strong>di</strong> strutture. Nel<br />

caso <strong>di</strong> interposizione <strong>di</strong> spazi scoperti la protezione ha lo scopo <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re la propagazione<br />

dell‟incen<strong>di</strong>o principalmente per trasmissione <strong>di</strong> energia termica raggiante.<br />

Nella terminologia utilizzata per la stesura delle normative nazionali ed internazionali per<br />

in<strong>di</strong>care l‟interposizione <strong>di</strong> spazi scoperti fra gli e<strong>di</strong>fici o installazioni si usa il termine <strong>di</strong> “<strong>di</strong>stanze <strong>di</strong><br />

sicurezza”.<br />

Le <strong>di</strong>stanze <strong>di</strong> sicurezza si <strong>di</strong>stinguono in <strong>di</strong>stanze <strong>di</strong> sicurezza interne e <strong>di</strong>stanze <strong>di</strong> sicurezza esterne a<br />

seconda che siano finalizzate a proteggere elementi appartenenti ad uno stesso complesso o esterni al<br />

complesso stesso.<br />

Un altro tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> sicurezza è da considerarsi la “<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> protezione” che è definita la<br />

<strong>di</strong>stanza misurata orizzontalmente tra il perimetro in pianta <strong>di</strong> ciascun elemento pericoloso <strong>di</strong> una<br />

attività e la recinzione (ove prescritta) ovvero il confine dell‟area su cui sorge l‟attività stessa.<br />

La determinazione delle <strong>di</strong>stanze <strong>di</strong> sicurezza in via teorica è basata sulle determinazioni<br />

dell‟energia termica irraggiata dalle fiamme <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o. Esistono vari modelli <strong>di</strong> calcolo che<br />

forniscono dati molto orientativi. Nelle norme antincen<strong>di</strong>o ufficiali vengono introdotti invece valori<br />

ricavati empiricamente da dati ottenuti dalle misurazioni dell‟energia raggiante effettuata in occasione <strong>di</strong><br />

incen<strong>di</strong> reali e in incen<strong>di</strong> sperimentali.<br />

Appare evidente che compartimentare una struttura ricorrendo alla sola adozione <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanze<br />

<strong>di</strong> sicurezza comporta l‟utilizzo <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> spazi che dovranno essere lasciati vuoti e costituire <strong>di</strong> per se<br />

una misura poco conveniente <strong>di</strong> realizzazione <strong>di</strong> una barriera antincen<strong>di</strong>o da un punto <strong>di</strong> vista<br />

economico, anche nel caso <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici industriali dove si <strong>di</strong>spone <strong>di</strong> solito <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> spazi, poiché così<br />

facendo si aumenterebbero i tempi <strong>di</strong> lavorazione e i costi relativi all‟incremento dei servizi <strong>di</strong><br />

trasporto dei prodotti all‟interno del ciclo produttivo.<br />

Pertanto la protezione passiva si realizza anche me<strong>di</strong>ante la realizzazione <strong>di</strong> elementi si<br />

separazione strutturale del tipo “tagliafuoco”.<br />

8.4.2 RESISTENZA AL FUOCO E COMPARTIMENTAZIONE<br />

La resistenza al fuoco delle strutture rappresenta il comportamento al fuoco degli elementi che<br />

hanno funzioni strutturali nelle costruzioni degli e<strong>di</strong>fici, siano esse funzioni portanti o funzioni<br />

separanti.<br />

In termini numerici la resistenza al fuoco rappresenta l‟intervallo <strong>di</strong> tempo, espresso in minuti primi,<br />

<strong>di</strong> esposizione dell‟elemento strutturale ad un incen<strong>di</strong>o, durante il quale l‟elemento costruttivo<br />

considerato conserva i requisiti progettuali <strong>di</strong> stabilità meccanica, tenuta ai prodotti della combustione,<br />

nel caso più generale, <strong>di</strong> coibenza termica.<br />

La determinazione della resistenza al fuoco delle strutture si effettua generalmente me<strong>di</strong>ante un<br />

metodo <strong>di</strong> calcolo globale (Circolare del Ministero dell’Interno n. 91 del 1961) che si basa su una relazione<br />

tra la durata presumibile dell‟incen<strong>di</strong>o e il carico d‟incen<strong>di</strong>o che caratterizza il compartimento in<br />

esame, facendo inoltre riferimento ad un incen<strong>di</strong>o con una curva standard temperatura-tempo <strong>di</strong> regola<br />

piuttosto severa rispetto alle possibili con<strong>di</strong>zioni reali.<br />

Più specificatamente la resistenza al fuoco può definirsi come l‟attitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un elemento da<br />

costruzione (componente o struttura) a conservare:<br />

la stabilità R<br />

la tenuta E<br />

l‟isolamento termico I<br />

<br />

R stabilità<br />

l‟attitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un elemento da costruzione a conservare la resistenza meccanica sotto l‟azione del<br />

fuoco;


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

255<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

E tenuta<br />

attitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un elemento da costruzione a non lasciar passare ne produrre se sottoposto<br />

all‟azione del fuoco su un lato fiamme, vapori o gas cal<strong>di</strong> sul lato non esposto al fuoco;<br />

I isolamento termico<br />

attitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un elemento da costruzione a ridurre, entro un dato limite, la trasmissione del<br />

calore<br />

Pertanto:<br />

con il simbolo REI si identifica un elemento costruttivo che deve conservare, per un<br />

determinato tempo, la stabilità, la tenuta e l‟isolamento termico;<br />

con il simbolo RE si identifica un elemento costruttivo che deve conservare, per un<br />

determinato tempo, la stabilità e la tenuta;<br />

con il simbolo R si identifica un elemento costruttivo che deve conservare, per un determinato<br />

tempo, la stabilità;<br />

Quin<strong>di</strong> in relazione ai requisiti degli elementi strutturali in termini <strong>di</strong> materiali da costruzione<br />

utilizzati e spessori realizzati, essi vengono classificati da un numero che esprime i minuti primi per i<br />

quali conservano le caratteristiche suin<strong>di</strong>cate in funzione delle lettere R, E o I, come <strong>di</strong> seguito<br />

in<strong>di</strong>cato per alcuni casi:<br />

R 45 R 60 R 120<br />

RE 45 RE 60 RE 120<br />

REI 45 REI 60 REI 120<br />

Le barriere antincen<strong>di</strong>o realizzate me<strong>di</strong>ante interposizione <strong>di</strong> elementi strutturali hanno invece la<br />

funzione <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re la propagazione degli incen<strong>di</strong> sia lineare (barriere locali) che tri<strong>di</strong>mensionale<br />

(barriere totali) nell‟interno <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio, nonché, in alcuni casi, quella <strong>di</strong> consentire la riduzione delle<br />

<strong>di</strong>stanze <strong>di</strong> sicurezza.<br />

Per una completa ed efficace compartimentazione i muri tagliafuoco non dovrebbero avere<br />

aperture, ma è ovvio che in un ambiente <strong>di</strong> lavoro è necessario assicurare un‟agevole comunicazione<br />

tra tutti gli ambienti destinati, anche se a <strong>di</strong>versa destinazione d‟uso.<br />

Pertanto è inevitabile realizzare le comunicazioni e dotarle <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> chiusura aventi le<br />

stesse caratteristiche <strong>di</strong> resistenza al fuoco del muro su cui sono applicati. Tali elementi <strong>di</strong> chiusura si<br />

possono <strong>di</strong>stinguere in:<br />

Porte incernierate<br />

porte munite <strong>di</strong> sistemi <strong>di</strong> chiusura automatica quali fusibili, cavetti e contrappesi o sistemi<br />

idraulici o a molla, che in caso d’incen<strong>di</strong>o fanno chiudere il serramento;<br />

porte scorrevoli: porte sospese ad una guida inclinata <strong>di</strong> pochi gra<strong>di</strong> rispetto al piano orizzontale<br />

me<strong>di</strong>ante ruote fissate al pannello. Normalmente stanno in posizione aperta trattenute da un<br />

contrappeso e da un cavo in cui è inserito un fusibile che in caso d‟incen<strong>di</strong>o si fonde liberando<br />

il contrappeso e permettendo alla porta <strong>di</strong> chiudersi;<br />

porte a ghigliottina: porte installate secondo un principio analogo a quello adottato per le porte<br />

scorrevoli, ma con la <strong>di</strong>fferenza che in questo caso il pannello viene mantenuto sospeso sopra<br />

l‟apertura e le guide sono verticali.<br />

Per quanto attiene al trattamento delle strutture, è ormai alquanto noto che alcuni particolari<br />

rivestimenti tra i quali vernici intumescenti, conseguono una vera e propria azione protettiva delle<br />

strutture sulle quali sono applicate, realizzando un grado <strong>di</strong> resistenza al fuoco determinato sperimentalmente.<br />

Prerogativa essenziale <strong>di</strong> questi elementi protettivi è <strong>di</strong> essere ininfiammabili, <strong>di</strong> possedere<br />

capacità isolanti al calore, nonché la particolarità <strong>di</strong> rigonfiarsi, schiumando, generando così uno<br />

strato coibente ed isolante, quando sono investite dalla fiamma o da una sorgente <strong>di</strong> calore ad alta<br />

temperatura.<br />

Dalla Tabella 24 fino alla Tabella 27 si hanno gli spessori richiesti per i rivestimenti, le murature<br />

antincen<strong>di</strong>o, dei rivestimenti e dei solai.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

256<br />

Tabella 24: Spessore delle pareti tagliafuoco<br />

Tabella 25: Spessori minimi dei solai<br />

Tabella 26: Spessore minimo del rivestimento


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

257<br />

Tabella 27: Tipi e spessori dei rivestimenti<br />

8.4.3 VIE DI ESODO<br />

Nonostante il massimo impegno per prevenire l‟insorgere <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o e la massima<br />

attenzione nell‟adozione dei più moderni mezzi <strong>di</strong> rivelazione, segnalazione e spegnimento <strong>di</strong> un<br />

incen<strong>di</strong>o, non si può escludere con certezza la possibilità che l‟incen<strong>di</strong>o stesso si estenda con<br />

produzione <strong>di</strong> calore e fumi tale da mettere a repentaglio la vita umana.<br />

In considerazione <strong>di</strong> tutto ciò, il problema dell‟esodo delle persone minacciate da un incen<strong>di</strong>o è<br />

universalmente riconosciuto <strong>di</strong> capitale importanza, a tal punto da comportare soluzioni tecniche<br />

irrinunciabili.<br />

Le soluzioni tecniche finalizzate all‟esodo delle persone dai locali a rischio d‟incen<strong>di</strong>o nelle<br />

migliori con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> sicurezza possibile in caso d‟incen<strong>di</strong>o o <strong>di</strong> qualsiasi altra situazione <strong>di</strong> pericolo<br />

reale o presunto.<br />

Gli elementi fondamentali nella progettazione del sistema <strong>di</strong> vie d‟uscita si possono fissare in:<br />

<br />

<strong>di</strong>mensionamento e geometria delle vie d‟uscita;


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

258<br />

<br />

<br />

sistemi <strong>di</strong> protezione attiva e passiva delle vie d‟uscita;<br />

sistemi <strong>di</strong> identificazione continua delle vie d‟uscita (segnaletica, illuminazione or<strong>di</strong>naria e <strong>di</strong><br />

sicurezza).<br />

In particolare il <strong>di</strong>mensionamento delle vie d‟uscita dovrà tenere conto del massimo<br />

affollamento ipotizzabile nell‟e<strong>di</strong>ficio (prodotto tra densità <strong>di</strong> affollamento persone al m² e superficie degli ambienti<br />

soggetti ad affollamento <strong>di</strong> persone m²) nonché della capacità d‟esodo dell‟e<strong>di</strong>ficio (numero <strong>di</strong> uscite, larghezza<br />

delle uscite, livello delle uscite rispetto al piano <strong>di</strong> campagna).<br />

Di norma occorre avere almeno una via <strong>di</strong> fuga sicura entro i 50 m e pertanto occorre<br />

pre<strong>di</strong>sporre architettonicamente attraversamenti (con porte tagliafuoco) e/o uscite esterne su luoghi<br />

sicuri. Ulteriori notizie e norme operative possono essere trovate del D.M. 10-03-1998.<br />

In quest‟ottica vanno inserite, ove necessario, le scale <strong>di</strong> emergenza antincen<strong>di</strong>o. Per una<br />

applicazione <strong>di</strong> quanto qui esposto si veda la relazione CPI dell‟esempio pratico descritto nel §8.36.<br />

8.5 MISURE DI PROTEZIONE ATTIVE<br />

Queste misure richiedono l‟intervento <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> de<strong>di</strong>cati all‟antincen<strong>di</strong>o. Ve<strong>di</strong>amone i più<br />

significativi.<br />

8.5.1 ESTINTORI<br />

Gli estintori sono in molti casi i mezzi <strong>di</strong> primo intervento più impiegati per spegnere i principi<br />

<strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o.<br />

Vengono sud<strong>di</strong>visi in:<br />

estintori portatili<br />

estintori carrellati<br />

Gli estintori portatili<br />

Sono concepiti per essere utilizzati a mano ed hanno un peso che può superare 20 Kg. Essi<br />

vengono classificati in base alla loro capacità estinguente. Infatti sono sperimentati su fuochi <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa<br />

natura classificati in base al tipo <strong>di</strong> combustibile.<br />

Classe ―A‖ fuochi <strong>di</strong> soli<strong>di</strong> con formazione <strong>di</strong> brace<br />

Classe ―B‖ fuochi <strong>di</strong> liqui<strong>di</strong> infiammabili<br />

Classe ―C‖ fuochi <strong>di</strong> gas infiammabile<br />

<br />

<br />

Classe ―D‖ fuochi <strong>di</strong> metalli<br />

Classe ‖E” fuochi da materiale elettrico sotto tensione (classifica oggi non più utilizzata).<br />

La scelta dell‟estintore va fatta in base al tipo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o ipotizzabile nel locale da proteggere.<br />

Su ciascun estintore sono in<strong>di</strong>cate le classi dei fuochi ed i focolai convenzionali che è in grado <strong>di</strong><br />

estinguere (esempio: 21A 89BC). Per norma devono essere <strong>di</strong> colore rosso e riportate una etichetta con<br />

le istruzioni e le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> utilizzo.<br />

La posizione deve essere scelta privilegiando la facilità <strong>di</strong> accesso, la visibilità e la possibilità <strong>di</strong><br />

raggiungere uno percorrendo al massimo 20 m.<br />

L‟operatore deve usare l‟estintore avendo cura <strong>di</strong> mettersi sopravvento, cercando <strong>di</strong> colpire con<br />

il getto <strong>di</strong> scarica la base del focolaio senza provocare la fuoriuscita <strong>di</strong> liqui<strong>di</strong> infiammabili dal loro<br />

contenitore.<br />

Nel caso in cui operino contemporaneamente due estintori, le persone che li utilizzano devono<br />

<strong>di</strong>sporsi sfalsate <strong>di</strong> circa 90°.<br />

Ulteriori valutazioni sulle corrette tecniche <strong>di</strong> intervento con gli estintori saranno fatte nella<br />

parte conclusiva del corso nella quale vengono previste esercitazioni pratiche <strong>di</strong> spegnimento.<br />

Gli estintori carrellati<br />

Hanno le medesime caratteristiche funzionali degli estintori portatili ma, a causa delle maggiori<br />

<strong>di</strong>mensioni e peso, presentano una minore praticità d‟uso e maneggevolezza connessa allo<br />

spostamento del carrello <strong>di</strong> supporto, ve<strong>di</strong> Figura 242.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

259<br />

La loro scelta può essere dettata dalla necessità <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> una maggiore capacità estinguente<br />

e sono comunque da considerarsi integrativi <strong>di</strong> quelli portatili.<br />

Vengono <strong>di</strong> seguito citate le varie tipologie <strong>di</strong> estintori:<br />

ad acqua, ormai in <strong>di</strong>suso,<br />

a schiuma, adatto per liqui<strong>di</strong> infiammabili,<br />

ad idrocarburi alogenati, adatto per motori <strong>di</strong> macchinari,<br />

a polvere, adatto per liqui<strong>di</strong> infiammabili ed apparecchi elettrici,<br />

ad anidride carbonica, idoneo per apparecchi elettrici;<br />

Figura 242: Esempi <strong>di</strong> estintori – carrellato, a polvere a CO 2<br />

Per queste ultime due tipologie <strong>di</strong> estintori, <strong>di</strong> uso più <strong>di</strong>ffuso, vengono fornite ulteriori<br />

informazioni:<br />

Estintori a polvere<br />

Per il lancio delle polveri antincen<strong>di</strong>o si adoperano estintori costituiti da un involucro metallico,<br />

contenente la miscela <strong>di</strong> bicarbonato <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o e polvere inerte; collegato ad una bombola <strong>di</strong> gas<br />

compresso o liquefatto (CO 2<br />

).<br />

Il gas propellente della polvere può essere CO 2<br />

, per estintori <strong>di</strong> capacità sino a 30 Kg; per gli<br />

estintori <strong>di</strong> maggiore capacità il gas è aria, o meglio azoto in pressione (150 bar effettivi). Il CO 2<br />

contenuto nella bomboletta, interna od esterna all‟estintore, è circa, in peso, 1/10 della polvere da<br />

espellere.<br />

Un sistema <strong>di</strong> tubicini, opportunamente <strong>di</strong>sposti nell‟interno dell‟estintore, <strong>di</strong>stribuisce con<br />

regolarità la pressione in tutta la massa, sommovendo la polvere e favorendo la rapida ed uniforme<br />

espulsione attraverso un tubo pescante collegato alla manichetta <strong>di</strong> gomma <strong>di</strong> erogazione al termine<br />

della quale è sistemato un cono <strong>di</strong>ffusore oppure una lancia con comando a pistola.<br />

Estintore ad anidride carbonica<br />

Gli estintori a CO 2<br />

sono costituiti da una bombola collaudata e revisionata ogni 5 anni<br />

dall‟ISPESL (ex ANCC) per una pressione <strong>di</strong> carica, a 15°C. a 250 ate; da una valvola <strong>di</strong> erogazione a<br />

volantino o a leva e da una manichetta snodata rigida o flessibile con all‟estremità un <strong>di</strong>ffusore in<br />

materiale isolante.<br />

Il congegno <strong>di</strong> apertura della bombola può essere:<br />

con valvola <strong>di</strong> comando a leva, con tenuta in ebanite normalmente usata per gli estintori<br />

portatili;


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

260<br />

con valvola <strong>di</strong> comando a vite, con tenuta in ebanite normalmente usata per gli estintori<br />

carrellati.<br />

Sull‟ogiva della bombola in colore grigio chiaro sono punzonati i dati <strong>di</strong> esercizio, <strong>di</strong> collaudo e<br />

delle revisioni. All‟estremità della manichetta dell‟estintore è montato un cono <strong>di</strong>ffusore <strong>di</strong> gomma,<br />

ebanite o bachelite. Sconsigliabile il metallo che potrebbe venire a contatto con parti elettriche in<br />

tensione.<br />

Al momento dell‟apertura della bombola a mezzo delle valvole il liquido spinto dalla pressione<br />

interna, sale attraverso un tubo pescante, passa attraverso la manichetta raggiungendo il <strong>di</strong>ffusore<br />

dove, uscendo all‟aperto, una parte evapora istantaneamente provocando un brusco abbassamento <strong>di</strong><br />

temperatura (79° C.) tale da soli<strong>di</strong>ficare l‟altra parte in una massa gelida e leggera detta “neve<br />

carbonica” o “ghiaccio secco”.<br />

La neve carbonica si adagia sui corpi che bruciano, si trasforma rapidamente in gas sottraendo<br />

loro una certa quantità <strong>di</strong> calore; il gas poi, essendo più pesante dell‟aria, circonda i corpi infiammabili<br />

e, provocando un abbassamento della concentrazione <strong>di</strong> ossigeno, li spegne per soffocamento.<br />

Nei locali chiusi occorre prevedere una quantità <strong>di</strong> anidride carbonica pari al 30 % della<br />

cubatura del locale stesso per ottenere lo spegnimento dell‟incen<strong>di</strong>o per saturazione d‟ossigeno.<br />

Determinazione del numero degli estintori da installare<br />

É determinato da <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> legge solo in alcuni casi (alberghi, autorimesse etc.).<br />

Negli altri casi si deve eseguire il criterio <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre questi mezzi <strong>di</strong> primo intervento in modo<br />

che siano prontamente <strong>di</strong>sponibili ed utilizzabili.<br />

Si può ritenere che sia sufficiente <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> un numero <strong>di</strong> estintori in modo che almeno uno <strong>di</strong><br />

questi possa essere raggiunto con un percorso non superiore a 15 m circa. Ne consegue che la<br />

<strong>di</strong>stanza tra gruppi <strong>di</strong> estintori deve essere circa 30 m.<br />

Posizionamento degli estintori<br />

Debbono essere sempre posti nella massima evidenza, in modo da essere in<strong>di</strong>viduati<br />

imme<strong>di</strong>atamente, preferibilmente vicino alle scale od agli accessi.<br />

Estintori, <strong>di</strong> tipo idoneo, saranno inoltre posti in vicinanza <strong>di</strong> rischi speciali (quadri elettrici, cucine,<br />

<strong>impianti</strong> per la produzione <strong>di</strong> calore a combustibile solido, liquido o gassoso eccetera).<br />

Gli estintori potranno essere poggiati a terra od attaccati alle pareti, me<strong>di</strong>ante idonei attacchi che<br />

ne consentano il facile sganciamento; se l'estintore non può essere posto in posizione ben visibile da<br />

ogni punto della zona interessata, dovranno porsi dei cartelli <strong>di</strong> segnalazione, se necessario a ban<strong>di</strong>era)<br />

del tipo conforme alle norme della segnaletica <strong>di</strong> sicurezza.<br />

Campi <strong>di</strong> utilizzo degli estintori<br />

Ad ogni classe <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o corrispondono agenti estintori maggiormente in<strong>di</strong>cati <strong>di</strong> altri. I campi<br />

<strong>di</strong> utilizzo degli estintori possono essere riassunti nella seguente Tabella 28.<br />

Sostanza estinguente Campo <strong>di</strong> impiego Non adatti per<br />

Acqua sotto forma <strong>di</strong><br />

getti<br />

Acqua nebulizzata<br />

Schiuma<br />

Polvere chimica<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> sostanze solide, in genere<br />

incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe A<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> idrocarburi e similari,<br />

apparecchiature elettriche<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> oli minerali, bitumi. In genere<br />

incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe B ed A.<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> oli, vernici, bitumi, liqui<strong>di</strong> e gas<br />

infiammabili, apparecchiature elettriche<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> apparecchiature<br />

elettriche, oli minerali, gas<br />

infiammabili.<br />

Gas infiammabili<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> elettrici e<br />

gas infiammabili<br />

Incen<strong>di</strong> che si sviluppano con<br />

formazioni <strong>di</strong> braci<br />

Anidride carbonica Apparecchiature elettriche, oli minerali. Materiali che bruciano con


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

261<br />

Composti alogenati<br />

Grassi, vernici, solventi, etc.<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> liqui<strong>di</strong> infiammabili e<br />

apparecchiature elettriche<br />

Tabella 28: Sostanze estinguenti e loro utilizzo<br />

formazione <strong>di</strong> braci<br />

Locali gran<strong>di</strong> e molto ventilati e<br />

per sostanze che formano braci<br />

8.5.2 RETE IDRICA ANTINCENDIO<br />

A protezione delle attività industriali o civili caratterizzate da un rilevante rischio viene <strong>di</strong> norma<br />

istallata una rete idrica antincen<strong>di</strong>o collegata <strong>di</strong>rettamente, o a mazzo <strong>di</strong> vasca <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgiunzione,<br />

all‟acquedotto citta<strong>di</strong>no.<br />

La presenza della vasca <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgiunzione è necessaria ogni qualvolta l‟acquedotto non garantisca<br />

continuità <strong>di</strong> erogazione e sufficiente pressione.<br />

In tal caso le caratteristiche idrauliche richieste agli erogatori (idranti UNI 45 oppure UNI 70)<br />

vengono assicurate in termini <strong>di</strong> portata e pressione dalla capacità della riserva idrica e dal gruppo <strong>di</strong><br />

pompaggio.<br />

La rete idrica antincen<strong>di</strong> deve, a garanzia <strong>di</strong> affidabilità e funzionalità, rispettare i seguenti criteri<br />

progettuali:<br />

In<strong>di</strong>pendenza della rete da altre utilizzazioni.<br />

Dotazione <strong>di</strong> valvole <strong>di</strong> sezionamento.<br />

Disponibilità <strong>di</strong> riserva idrica e <strong>di</strong> costanza <strong>di</strong> pressione.<br />

Ridondanza del gruppo pompe.<br />

Disposizione della rete ad anello.<br />

Protezione della rete dall‟azione del gelo e della corrosione.<br />

Figura 243: Esempi <strong>di</strong> idranti a parete UNI-45<br />

Caratteristiche idrauliche pressione-portata (50 % degli idranti UNI 45 in fase <strong>di</strong> erogazione con<br />

portata <strong>di</strong> 120 L/min e pressione residua <strong>di</strong> 2 bar al bocchello). Idranti (a muro, a colonna, sottosuolo o<br />

naspi, ve<strong>di</strong> Figura 243 e Figura 244) collegati con tubazioni flessibili a lance erogatrici che consentono,<br />

per numero ed ubicazione, la copertura protettiva dell‟intera attività.<br />

Un breve cenno va de<strong>di</strong>cato alla rete antincen<strong>di</strong> costituita da naspi che rappresenta, per la<br />

possibilità <strong>di</strong> impiego anche da parte <strong>di</strong> personale non addestrato, una valida alternativa agli idranti<br />

soprattutto per le attività a rischio lieve.<br />

Le reti idriche con naspi vengono <strong>di</strong> solito collegate alla normale rete sanitaria, <strong>di</strong>spongono <strong>di</strong><br />

tubazioni in gomma avvolte su tamburi girevoli e sono provviste <strong>di</strong> lance da 25 mm. con getto<br />

regolabile (pieno o frazionato) con portata <strong>di</strong> 50 L/min ad 1,5 bar.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

262<br />

Figura 244: Esempi <strong>di</strong> naspi<br />

Figura 245: Esempi <strong>di</strong> idranti per sopra suolo UNI-70<br />

Alimentazione della rete per idranti<br />

La rete antincen<strong>di</strong>o ad idranti deve essere alimentata da una rete separata da quella idrica e, se<br />

possibile, in modo preferenziale. L‟acqua può provenire da pozzi, canali, serbatoi o anche dalla rete<br />

pubblica. Nel caso in cui non si utilizzi la rete pubblica è bene che le pompe <strong>di</strong> alimentazione della rete<br />

antincen<strong>di</strong>o siano alimentate elettricamente in modo preferenziale 58 .<br />

Nel caso <strong>di</strong> acquedotto pubblico occorre verificare che la portata contrattuale sia sufficiente alle<br />

necessità dell‟impianto.<br />

In caso <strong>di</strong> verifica negativa occorre prevedere un serbatoio <strong>di</strong> accumulo specificamente<br />

utilizzato per l‟alimentazione della rete antincen<strong>di</strong>o e capace <strong>di</strong> alimentare la rete per almeno 2 ore.<br />

Se si usano serbatoi sopraelevati è bene che la riserva idrica si la zona inferiore con pescaggio<br />

solamente per l‟impianto antincen<strong>di</strong>o.<br />

La rete <strong>di</strong> alimentazione degli idranti (UNI-45 o UNI-70) è priva <strong>di</strong> contatore e le saracinesche<br />

dei singoli idranti devono essere piombate ed aperte solo in caso <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o. La rete <strong>di</strong> alimentazione interna<br />

deve avere almeno una connessione con la rete esterna UNI-70 in modo da potere essere<br />

alimentata dalla autocisterna dei VV.F. in caso <strong>di</strong> necessità.<br />

Per la rete esterna (UNI-70) occorre che gli idranti non <strong>di</strong>stino più <strong>di</strong> 50 m l‟uno dall‟altro.<br />

Nel caso <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> industriali si utilizzano anche super idranti (UNI-100, UNI-125)<br />

caratterizzati da un <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> attacco alle tubazioni pari a DN 100 e DN 125.<br />

normale.<br />

58 Cioè in modo elettricamente autonomo e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>rettamente da un gruppo elettrogeno esterno alla rete


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

263<br />

Fra idranti e rete si può inserire una saracinesca (da tenere normalmente aperta!) che risulta utile in<br />

caso <strong>di</strong> riparazioni alla rete o agli idranti.<br />

La progettazione della rete antincen<strong>di</strong>o con idranti fissi può essere eseguita con le metodologie<br />

usuali delle reti idriche. I dati <strong>di</strong> partenza sono la portata delle lance antincen<strong>di</strong>o, le pressioni minime<br />

dell‟acqua da assicurare ai singoli idranti. Apposite tabelle o anche i dati forniti dai costruttori<br />

consentono <strong>di</strong> determinare la portata d‟acqua dagli idranti al variare della pressione <strong>di</strong> alimentazione.<br />

In genere si impone una pressione <strong>di</strong> 3-4 bar all‟idrante più lontano nella rete. La portata<br />

minima della rete è <strong>di</strong> 600-800 L/min (per consentire un buon fattore <strong>di</strong> contemporaneità) e la velocità<br />

dell‟acqua è <strong>di</strong> 2-3 m/s.<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

8.5.3 IDRANTI DI SPEGNIMENTO AUTOMATICI SPRINKLER<br />

Tali <strong>impianti</strong> possono classificarsi in base alle sostanze utilizzate per l‟azione estinguente:<br />

Impianti ad acqua Sprinkler (ad umido, a secco, alternativi, a preallarme, a <strong>di</strong>luvio etc.);<br />

Impianti a schiuma;<br />

Impianti ad anidride carbonica;<br />

Impianti ad halon;<br />

Impianti a polvere.<br />

Un impianto automatico <strong>di</strong> estinzione ad acqua consta <strong>di</strong> più parti:<br />

Fonte <strong>di</strong> alimentazione (acquedotto, serbatoi, vasca, serbatoio in pressione);<br />

Pompe <strong>di</strong> mandata;<br />

Centralina valvolata <strong>di</strong> controllo e allarme;<br />

Condotte montanti principali;<br />

Rete <strong>di</strong> condotte secondarie;<br />

Serie <strong>di</strong> testine erogatrici (sprinkler).<br />

Tipi <strong>di</strong> impianto<br />

L‟erogazione <strong>di</strong> acqua può essere comandata da un impianto <strong>di</strong> rilevazione incen<strong>di</strong>, oppure<br />

essere provocata <strong>di</strong>rettamente dalla apertura delle teste erogatrici, per fusione <strong>di</strong> un elemento metallico<br />

o per rottura a determinate temperature, <strong>di</strong> un elemento termosensibile a bulbo che consente in tal<br />

modo la fuoriuscita d‟acqua.<br />

Ad umido: tutto l‟impianto è permanentemente riempito <strong>di</strong> acqua in pressione: è il sistema più<br />

rapido e si può adottare nei locali in cui non esiste rischio <strong>di</strong> gelo.<br />

A secco: la parte d‟impianto non protetta, o sviluppantesi in ambienti soggetti a gelo, è<br />

riempita <strong>di</strong> aria in pressione: al momento dell‟intervento una valvola provvede al riempimento<br />

delle colonne con acqua.<br />

Alternativi : funzionano come <strong>impianti</strong> a secco nei mesi fred<strong>di</strong> e ad umido nei mesi cal<strong>di</strong>.<br />

A preallarme: sono dotati <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivo che <strong>di</strong>fferisce la scarica per dar modo <strong>di</strong> escludere i<br />

falsi allarmi.<br />

A <strong>di</strong>luvio :<strong>impianti</strong> con sprinklers aperti alimentati da valvole ad apertura rapida in grado <strong>di</strong><br />

fornire rapidamente grosse portate.<br />

Gli <strong>impianti</strong> a schiuma sono concettualmente simili a quelli ad umido e <strong>di</strong>fferiscono per la<br />

presenza <strong>di</strong> un serbatoio <strong>di</strong> schiumogeno e <strong>di</strong> idonei sistemi <strong>di</strong> produzione e scarico della schiuma<br />

(versatori).<br />

Impianti <strong>di</strong> anidride carbonica, ad halon, a polvere: hanno portata limitata dalla capacità<br />

geometrica della riserva (batteria <strong>di</strong> bombole, serbatoi). Gli <strong>impianti</strong> a polvere, non essendo<br />

l‟estinguente un fluido, non sono in genere costituiti da condotte, ma da teste singole<br />

autoalimentate da un serbatoio incorporato <strong>di</strong> modeste capacità. La pressurizzazione è sempre<br />

ottenuta me<strong>di</strong>ante un gas inerte (azoto, anidride carbonica).


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

264<br />

Erogatori<br />

Alla base del funzionamento degli <strong>impianti</strong> automatici <strong>di</strong> spegnimento vi sono gli erogatori<br />

(sprinkler) che sono costituiti da elementi termosensibili che, raggiunta una temperatura limite,<br />

rilasciano automaticamente un getto d‟acqua in modalità predefinite (dalla forma e posizione<br />

dell‟ugello, ve<strong>di</strong> Figura 246).<br />

Figura 246: Esempi <strong>di</strong> sprinkler, <strong>di</strong> sistema ad acqua, valvola <strong>di</strong> allarme sprinkler<br />

Lo sprinkler è costituito da una parte filettata per il fissaggio al tubo <strong>di</strong> mandata dell‟acqua, da<br />

un erogatore per il rilascio dell‟acqua e da un bulbo <strong>di</strong> vetro che si rompe al raggiungimento della<br />

temperatura prefissata. La tipologia degli sprinkler può ridursi alle due seguenti:<br />

Erogatori che producono un getto d‟acqua (fra l‟80 e il 90% della portata totale) <strong>di</strong> forma<br />

parabolica verso il pavimento su un‟area definita;<br />

Erogatore che fornisce un getto d‟acqua semiparabolico verso il pavimento e la parte<br />

retrostante. Essi sono utilizzati in prossimità delle pareti, <strong>di</strong> pilastri o in genere in vicinanza <strong>di</strong><br />

ostacoli che possono ostacolare il flusso d‟acqua.<br />

Portata <strong>di</strong> scarica<br />

La portata minima <strong>di</strong> scarica degli erogatori, espressa in L/min, è determinata me<strong>di</strong>ante la<br />

relazione:<br />

Q K P<br />

con K coefficiente <strong>di</strong> efflusso (funzione del <strong>di</strong>ametro dell‟erogatore) e P la pressione minima all’erogatore<br />

(espressa in MPa). Ad esempio con K = 253 e P = 0.05 MPa si ha una portata <strong>di</strong> scarica <strong>di</strong> 56.7<br />

L/min. Il valore <strong>di</strong> K viene fornito dai costruttori. In Figura 251 si ha un esempio <strong>di</strong> selezione <strong>di</strong><br />

sprinkler, me<strong>di</strong>ante CAD, con l‟in<strong>di</strong>cazione del simbolismo e della sigla.<br />

Posizionamento degli erogatori<br />

Gli sprinkler debbono essere installati con una <strong>di</strong>sposizione il più possibile regolare) come<br />

in<strong>di</strong>cato dalla norma UNI 9489) con <strong>di</strong>ffusore parallelo all‟intradosso dei solai <strong>di</strong> copertura ed in<br />

modo da evitare interferenze fra i getti degli erogatori contigui. A questo scopo è opportuno rispettare<br />

le seguenti <strong>di</strong>stanze:<br />

Al <strong>di</strong> sotto degli erogatori deve esserci sempre una <strong>di</strong>stanza dal muro o pavimento non inferiore<br />

a 50 cm;<br />

La <strong>di</strong>stanza fra due erogatori non sarà mai inferiore a 2 m;<br />

La <strong>di</strong>stanza dalle estremità <strong>di</strong> ciascuna <strong>di</strong>ramazione sarà eguale alla metà della <strong>di</strong>stanza fra i<br />

singoli erogatori;<br />

La <strong>di</strong>stanza dal soffitto dovrà essere compresa fra 75 e 150 cm e in ogni caso ad una <strong>di</strong>stanza<br />

mai superiore ai 450 cm.<br />

In Figura 247 si ha un esempio <strong>di</strong> installazione <strong>di</strong> sprinkler per un capannone industriale e in<br />

Figura 248 si ha una vista assonometrica dell‟installazione in un locale chiuso.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

265<br />

Figura 247: Esempio <strong>di</strong> installazione <strong>di</strong> impianto sprinkler in un capannone<br />

Elementi termosensibili<br />

Gli elementi termosensibili sono costituiti da bulbi <strong>di</strong> vetro con all‟interno un liquido<br />

opportunamente scelto. Il colore del liquido caratterizza la temperatura nominale <strong>di</strong> taratura e quin<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> apertura dell‟ugello. Si utilizzano liqui<strong>di</strong> e colori corrispondenti alla seguente Tabella 29. La<br />

selezione del tipo <strong>di</strong> liquido deve essere fatta in modo che la temperatura nominale sia almeno 30 °C<br />

superiore a quella dell‟ambiente.<br />

Alimentazione<br />

Temperatura Nominale <strong>di</strong> Taratura (°C) Colore del liquido<br />

57 Arancione<br />

68 Rosso<br />

79 Giallo<br />

93 Verde<br />

141 Blu<br />

182 Lilla<br />

227 Nero<br />

260 Nero<br />

343 Nero<br />

Tabella 29: Co<strong>di</strong>ce dei colori per gli sprinkler<br />

L‟alimentazione dell‟impianto sprinkler entra in funzione automaticamente quando una o più<br />

testine entrano in funzione. Essa deve garantire una pressione adeguata anche quando l‟impianto non<br />

è in fase operativa. E‟ opportuno alimentare gli <strong>impianti</strong> sprinkler con utenze preferenziali 59 ed è<br />

opportuno avere anche un attacco UNI-70 esterno (opportunamente segnalato) per consentire, in caso <strong>di</strong><br />

necessità, l‟alimentazione esterna dalle autobotti del VV.F.<br />

Valvole ed apparecchiature ausiliarie<br />

A valle dell‟alimentazione e a monte del resto dell‟impianto occorre installare le seguenti<br />

apparecchiature <strong>di</strong> controllo:<br />

Valvola principale <strong>di</strong> intercettazione;<br />

Valvola <strong>di</strong> comando allarme;<br />

Campana idraulica <strong>di</strong> allarme;<br />

Valvola principale <strong>di</strong> scarico;<br />

59 Le utenze preferenziali sono quelle che debbono comunque essere alimentate dalla rete elettrica o da quella<br />

idrica per garantire le massime con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> sicurezza. Ad esempio solo utenze idriche presenziali gli <strong>impianti</strong> ad idranti,<br />

quelli sprinkler, le reti UNI-70 esterne. Le pompe <strong>di</strong> alimentazione o le autoclavi, se presenti, debbono essere alimentate in<br />

modo preferenziale elettricamente.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

266<br />

<br />

<br />

Apparecchiature <strong>di</strong> prova;<br />

Due manometri.<br />

In Figura 249 si ha un esempio <strong>di</strong> gruppo <strong>di</strong> controllo <strong>di</strong> un impianto sprinkler.<br />

Tubazioni<br />

Le tubazioni avranno in ogni caso un <strong>di</strong>ametro non inferiore a DN 32 e <strong>di</strong> tipo in acciaio PN<br />

10. Esse debbono essere ancorate alle strutture del fabbricato me<strong>di</strong>ante opportuni sostegni che<br />

garantiscano la stabilità dell‟impianto in ogni con<strong>di</strong>zione. I sostegni debbono assorbire gli sforzi assiali<br />

e trasversali in fase <strong>di</strong> scarica e dovranno essere incombustibili. I tubi debbono essere trattenuti<br />

me<strong>di</strong>ante collari <strong>di</strong> sostegno che li inviluppano per intero e non si possono utilizzare graffe elastiche o<br />

sostegni <strong>di</strong> tipo aperto.<br />

Figura 248: Esempio <strong>di</strong> sprinkler a secco 60<br />

Figura 249: Vista assonometrica del montaggio <strong>di</strong> un sistema sprinkler<br />

60 Gli <strong>impianti</strong> sprinkler a secco sono impiegati a protezione delle aree dove non vi è riscaldamento, <strong>di</strong><br />

conseguenza pericolo <strong>di</strong> formazione <strong>di</strong> ghiaccio nei mesi invernali all‟interno delle tubazioni dell‟impianto sprinkler.<br />

Quest‟ultime, alle quali sono collegati gli erogatori, sono caricate ed alimentate con aria compressa in qualità <strong>di</strong> agente <strong>di</strong><br />

pressurizzazione. Il calore sviluppato dall‟incen<strong>di</strong>o provoca l‟apertura <strong>di</strong> uno o più erogatori sprinkler, causando la<br />

fuoriuscita dell‟aria e la relativa caduta <strong>di</strong> pressione. Di conseguenza l‟acqua riempie l‟intera rete <strong>di</strong> tubazioni e verrà<br />

erogata solo dagli sprinkler aperti in quel momento, ponendo sotto controllo l‟incen<strong>di</strong>o dell‟area interessata e attivando il<br />

sistema <strong>di</strong> allarme generale dell‟impianto.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

267<br />

La <strong>di</strong>stanza fra i sostegni non dovrà mai superare i 4 m per tubazioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro sotto DN 65 e<br />

<strong>di</strong> 6 m per <strong>di</strong>ametri superiori.<br />

Criteri <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento <strong>di</strong> un impianto sprinkler<br />

Il <strong>di</strong>mensionamento è effettuato prendendo in considerazione le aree operative (<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni<br />

<strong>di</strong>pendenti dalla classe dell‟e<strong>di</strong>ficio, ve<strong>di</strong> esempio <strong>di</strong> Figura 250) e alla densità <strong>di</strong> scarica risultanti dalla<br />

UNI 9489 per la classe dell‟e<strong>di</strong>ficio. La rete <strong>di</strong> alimentazione è del tipo a pettine con collettore centrale<br />

o ad anello a seconda dei casi.<br />

La procedura <strong>di</strong> calcolo della rete parte dalla determinazione, per ciascuna area operativa, <strong>di</strong><br />

tutte le caratteristiche idrauliche dell‟area operativa (portate, per<strong>di</strong>te <strong>di</strong>stribuite e concentrate), della<br />

prevalenza totale, della portata totale e della curva <strong>di</strong> domanda dell‟area operativa.<br />

Le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong>stribuite sono calcolate me<strong>di</strong>ante la relazione <strong>di</strong> Hazen-Williams:<br />

1,85 9<br />

6,05Q 10<br />

p <br />

1,85 4,87<br />

C d<br />

dove:<br />

p è la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> carico unitaria, in millimetri <strong>di</strong> colonna d‟acqua al metro <strong>di</strong> tubazione;<br />

Q è la portata, in litri al minuto;<br />

C è la costante <strong>di</strong>pendente dalla natura del tubo, che è assunta uguale a:<br />

100 per tubi in ghisa;<br />

120 per tubi in acciaio;<br />

140 per tubi <strong>di</strong> acciaio inossidabile, in rame e ghisa rivestita;<br />

150 per tubi in plastica, fibra <strong>di</strong> vetro e materiali analoghi;<br />

d è il <strong>di</strong>ametro interno me<strong>di</strong>o della tubazione, in millimetri.<br />

Le per<strong>di</strong>te concentrate dovute ai pezzi speciali inseriti in ciascun tratto della rete possono essere<br />

calcolate, ad esempio, con il metodo della lunghezza equivalente e quin<strong>di</strong> associando a ciascun pezzo<br />

speciale un coefficiente <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> Darcy opportuno. I coefficienti utilizzati sono dati nella Tabella<br />

30. Per il calcolo viene impostata la pressione <strong>di</strong> scarica minima da assicurare alle testine <strong>di</strong> erogazione<br />

idraulicamente più sfavorita, pari a 50 kPa, nell‟ipotesi che tutti gli erogatori dell‟area operativa<br />

eroghino simultaneamente una portata totale pari alla portata da destinare all‟area operativa.<br />

La progettazione delle reti sprinkler può essere effettuata me<strong>di</strong>ante CAD specifici che<br />

consentono anche il <strong>di</strong>segno della rete.<br />

Ad esempio in Figura 250 si ha il caso <strong>di</strong> un impianto sprinkler per una biblioteca. Il CAD<br />

consente <strong>di</strong> selezionare il tipo <strong>di</strong> sprinkler, ve<strong>di</strong> Figura 251 e la Figura 252, e le aree operative e la<br />

pompa <strong>di</strong> alimentazione, ve<strong>di</strong> Figura 253.<br />

Tipo <strong>di</strong> elemento<br />

Fattore <strong>di</strong> Darcy<br />

Valvole 0.3<br />

Curve a 90 ° 1.5<br />

Innesti a T 1.5<br />

Restringimenti 0.5<br />

Allargamenti 1.0<br />

Saracinesche 5.0<br />

Curve graduali 0.5<br />

Tabella 30: Fattori <strong>di</strong> Darcy per alcuni elementi<br />

Poi effettua i calcoli <strong>di</strong> verifica e <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento della rete (tubazioni, per<strong>di</strong>te, portate totali) e<br />

consente <strong>di</strong> avere stampe del tipo in<strong>di</strong>cate in Tabella 31 e Tabella 32. In quest‟ultima si ha la stampa<br />

solo <strong>di</strong> alcune righe a titolo <strong>di</strong> esempio. Caratteristica degli <strong>impianti</strong> sprinkler a maglia chiusa è <strong>di</strong>


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

268<br />

potere ricevere l‟alimentazione idrica da più <strong>di</strong>rezioni essendo la rete chiusa ad anello. Ciò rende<br />

migliore l‟operatività <strong>di</strong> queste reti potendosi avere con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> sicurezza certamente più elevate. La<br />

sud<strong>di</strong>visione in aree operative consente <strong>di</strong> progettare una rete per un incen<strong>di</strong>o ridotto avente<br />

<strong>di</strong>mensioni pari a quella dell‟area operativa calcolata. E‟ dunque necessario effettuare le verifiche per<br />

tutte le aree operative ed in<strong>di</strong>viduare quella nelle peggiori con<strong>di</strong>zioni.<br />

Figura 250: Rete sprinkler, in pianta, per una biblioteca<br />

Figura 251: Selezione degli sprinkler da inserire in rete<br />

Figura 252: Dati caratteristici <strong>di</strong> uno sprinkler


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

269<br />

Figura 253: Selezione della pompa <strong>di</strong> alimentazione<br />

Tabella 31: Dati generali <strong>di</strong> calcolo per l’impianto sprinkler della biblioteca


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

270<br />

Tabella 32: Risultati <strong>di</strong> calcolo per l’impianto sprinkler della biblioteca<br />

8.5.4 SISTEMI DI ALLARME INCENDIO<br />

La gestione della sicurezza dei sistemi antincen<strong>di</strong>o è spesso affidata all‟Uomo che interviene<br />

manualmente (ad esempio con estintori) o attivando gli <strong>impianti</strong> attivi. Oggi questa gestione è<br />

automatizzata me<strong>di</strong>ante sistemi elettronici <strong>di</strong> intervento che vengono attivati da rivelatori <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

(rivelatori <strong>di</strong> fumo). Essi consentono, ad esempio, <strong>di</strong> attivare la chiusura delle porte antincen<strong>di</strong>o o gli<br />

stessi <strong>impianti</strong> antincen<strong>di</strong>o (a idranti o sprinkler).<br />

Essi consentono, altresì, <strong>di</strong> chiamare automaticamente i VV.F. e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> avere un intervento<br />

esterno rapido e sicuro. Se ne presenta nel prosieguo una breve descrizione.<br />

8.5.5 SISTEMI DI RIVELAZIONE AUTOMATICA<br />

Tali <strong>impianti</strong> rientrano a pieno titolo tra i provve<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> protezione attiva e sono finalizzati<br />

alla rivelazione tempestiva del processo <strong>di</strong> combustione prima cioè che questo degeneri nella fase <strong>di</strong><br />

incen<strong>di</strong>o generalizzato.<br />

È fondamentale riuscire ad avere un tempo d’intervento possibilmente inferiore al tempo <strong>di</strong> prima<br />

propagazione (prima parte della curva <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Figura 261), ossia intervenire prima che si sia<br />

verificato il “flash over”; infatti siamo ancora nel campo delle temperature relativamente basse,<br />

l‟incen<strong>di</strong>o non si è ancora esteso a tutto il sistema e quin<strong>di</strong> ne è più facile lo spegnimento ed i danni<br />

sono ancora contenuti.<br />

Dal <strong>di</strong>agramma qualitativo riportato in Figura 261 si può vedere che l‟entità dei danni, se non si<br />

interviene prima, ha un incremento notevole non appena si è verificato il “flash over”. Pertanto un<br />

impianto <strong>di</strong> rivelazione automatica trova il suo utile impiego nel ridurre il “tempo reale” e consente:<br />

<strong>di</strong> avviare un tempestivo sfollamento delle persone, sgombero dei beni etc;<br />

<strong>di</strong> attivare un piano <strong>di</strong> intervento;


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

271<br />

<br />

<br />

<strong>di</strong> attivare i sistemi <strong>di</strong> protezione contro l‟incen<strong>di</strong>o (manuali e/o automatici <strong>di</strong> spegnimento).<br />

Rivelatori d’incen<strong>di</strong>o – Generalità<br />

I rivelatori <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o possono essere classificati in base al fenomeno chimico-fisico rilevato in:<br />

<strong>di</strong> Calore<br />

Rilevatori<br />

<strong>di</strong> fumo (a ionizzazione o ottici)<br />

<strong>di</strong> gas<br />

<strong>di</strong> fiamme<br />

oppure in base al metodo <strong>di</strong> rivelazione:<br />

statici (allarme al superamento <strong>di</strong> un valore <strong>di</strong> soglia)<br />

<strong>di</strong>fferenziali (allarme per un dato incremento)<br />

velocimetrici (allarme per velocità <strong>di</strong> incremento).<br />

La sud<strong>di</strong>visione può essere infine effettuata in base al tipo <strong>di</strong> configurazione del sistema <strong>di</strong><br />

controllo dell‟ambiente:<br />

puntiformi<br />

Rilevatori a punti multipli (poco <strong>di</strong>ffusi)<br />

lineari (poco <strong>di</strong>ffusi).<br />

In sintesi potremo quin<strong>di</strong> definire un “rilevatore automatico d’incen<strong>di</strong>o” come un <strong>di</strong>spositivo<br />

installato nella zona da sorvegliare che è in grado <strong>di</strong> misurare come variano nel tempo grandezze<br />

tipiche della combustione, oppure la velocità della loro variazione nel tempo, oppure la somma <strong>di</strong> tali<br />

variazioni nel tempo. Inoltre esso è in grado <strong>di</strong> trasmettere un segnale d‟allarme in un luogo<br />

opportuno quando il valore della grandezza tipica misurata supera oppure è inferiore ad un certo<br />

valore prefissato (soglia).<br />

“L’impianto <strong>di</strong> rivelazione” può essere definito come un insieme <strong>di</strong> apparecchiature fisse utilizzate<br />

per rilevare e segnalare un principio d‟incen<strong>di</strong>o. Lo scopo <strong>di</strong> tale tipo d‟impianto è quello <strong>di</strong> segnalare<br />

tempestivamente ogni principio d‟incen<strong>di</strong>o, evitando al massimo i falsi allarmi, in modo che possano<br />

essere messe in atto le misure necessarie per circoscrivere e spegnere l‟incen<strong>di</strong>o.<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

Componenti dei sistemi automatici <strong>di</strong> rivelazione<br />

Un impianto rilevazione automatica d‟incen<strong>di</strong>o è generalmente costituito da :<br />

• rilevatori automatici d‟incen<strong>di</strong>o;<br />

• centrale <strong>di</strong> controllo e segnalazione;<br />

• <strong>di</strong>spositivi d‟allarme;<br />

• coman<strong>di</strong> d‟attivazione;<br />

• elementi <strong>di</strong> connessione per il trasferimento <strong>di</strong> energia ed informazioni.<br />

Evidentemente vi possono essere <strong>impianti</strong> che hanno componenti in più o in meno rispetto a<br />

quelli elencati.<br />

La centrale <strong>di</strong> controllo e segnalazione garantisce l‟alimentazione elettrica (continua e<br />

stabilizzata) <strong>di</strong> tutti gli elementi dell‟impianto ed è <strong>di</strong> solito collegata anche ad una “sorgente <strong>di</strong> energia<br />

alternativa” (batterie, gruppo elettrogeno, gruppo statico ecc.) che garantisce il funzionamento anche in caso <strong>di</strong><br />

“mancanza <strong>di</strong> alimentazione elettrica”. Avvenuto l‟incen<strong>di</strong>o, l‟allarme può essere “locale” o “trasmesso a<br />

<strong>di</strong>stanza”.<br />

L‟intervento può essere manuale (azionamento <strong>di</strong> un estintore o <strong>di</strong> un idrante, intervento squadre VV.F.)<br />

oppure automatico (movimentazione <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> compartimentazione e/o aerazione, azionamento <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> <strong>di</strong><br />

spegnimento automatico, d’inertizzazione, pre<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> un piano esodo).<br />

Un approfon<strong>di</strong>to stu<strong>di</strong>o delle operazioni svolte manualmente ed automaticamente e la loro<br />

interconnessione e sequenza temporale e procedurale può evitare falsi allarmi e mancati funzionamenti<br />

oppure ridurne gli effetti negativi.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

272<br />

Ad esempio nel caso <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> rivelazione automatica collegato ad un impianto fisso <strong>di</strong><br />

spegnimento a pioggia è preferibile, se è possibile, che in seguito ad un allarme un operatore possa<br />

visualizzare sul pannello <strong>di</strong> controllo della centrale in quale zona dell‟inse<strong>di</strong>amento è stato rilevato<br />

l‟incen<strong>di</strong>o (presunto); effettuato un controllo visivo, solo se effettivamente è in corso un incen<strong>di</strong>o,<br />

l‟operatore aziona l‟impianto <strong>di</strong> spegnimento.<br />

E‟ opportuno quin<strong>di</strong> perseguire soluzioni equilibrate che prevedono un grado d‟automazione<br />

compatibile con le soluzioni tecnologiche già ampiamente collaudate affidando all‟uomo il compito <strong>di</strong><br />

effettuare i controlli che si rendessero necessari.<br />

Tali tipi d‟<strong>impianti</strong> trovano valide applicazioni in presenza <strong>di</strong>:<br />

Depositi intensivi;<br />

Depositi <strong>di</strong> materiali e/o sostanze ad elevato valore specifico;<br />

<br />

<br />

Ambienti con elevato carico d‟incen<strong>di</strong>o, non compartimentabili;<br />

Ambienti destinati ad <strong>impianti</strong> tecnici <strong>di</strong>fficilmente accessibili e controllabili (cunicoli, cave<strong>di</strong>,<br />

intercape<strong>di</strong>ni al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> controsoffitti etc.).<br />

8.6 SEGNALETICA DI SICUREZZA<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

In base al D.Lgs 14081996 N. 493 si hanno le seguenti definizioni:<br />

segnaletica <strong>di</strong> sicurezza e <strong>di</strong> salute sul luogo <strong>di</strong> lavoro una segnaletica che, riferita ad un<br />

oggetto, ad una attività o ad una situazione determinata, fornisce una in<strong>di</strong>cazione o una<br />

prescrizione concernente la sicurezza o la salute sul luogo <strong>di</strong> lavoro, o che utilizza, a seconda dei<br />

casi, un cartello, un colore, un segnale luminoso o acustico, una comunicazione verbale o un<br />

segnale gestuale;<br />

segnale <strong>di</strong> <strong>di</strong>vieto, un segnale che vieta un comportamento che potrebbe far correre o causare<br />

un pericolo;<br />

segnale <strong>di</strong> avvertimento, un segnale che avverte <strong>di</strong> un rischio o pericolo;<br />

segnale <strong>di</strong> prescrizione, un segnale che prescrive un determinato comportamento;<br />

segnale <strong>di</strong> salvataggio o <strong>di</strong> soccorso, un segnale che fornisce in<strong>di</strong>cazioni relative alle uscite <strong>di</strong><br />

sicurezza o ai mezzi <strong>di</strong> soccorso o <strong>di</strong> salvataggio;<br />

Figura 254: Segnaletica <strong>di</strong> salvataggio e antincen<strong>di</strong>o


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

273<br />

8.6.1 ILLUMINAZIONE DI SICUREZZA<br />

Si tratta <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> illuminazione che fa uso principale della energia elettrica e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

luce artificiale: esso deve garantire una illuminazione sufficiente a permettere <strong>di</strong> evacuare in sicurezza i<br />

locali (intensità minima <strong>di</strong> illuminazione 5 lux).<br />

Dovranno pertanto essere illuminate le in<strong>di</strong>cazioni delle porte e delle uscite <strong>di</strong> sicurezza, i<br />

segnali in<strong>di</strong>canti le vie <strong>di</strong> esodo, i corridoi e tutte quelle parti che è necessario percorrere per<br />

raggiungere un‟uscita verso luogo sicuro. E‟ opportuno, per quanto possibile, che le lampade ed i<br />

segnali luminosi dell‟impianto luci <strong>di</strong> sicurezza non siano posizionati in alto (la presenza <strong>di</strong> fumo ne<br />

potrebbe ridurre la visibilità in maniera drastica sin dai primi momenti).<br />

L‟Impianto deve essere alimentato da una adeguata fonte <strong>di</strong> energia quali batterie in tampone o<br />

batterie <strong>di</strong> accumulatori con <strong>di</strong>spositivo per la ricarica automatica (con autonomia variabile da 30<br />

minuti a 3 ore, a secondo del tipo <strong>di</strong> attività e delle circostanze) oppure da apposito ed idoneo gruppo<br />

elettrogeno; l‟intervento dovrà comunque avvenire in automatico, in caso <strong>di</strong> mancanza della fornitura<br />

principale dell‟energia elettrica, entro 5 secon<strong>di</strong> circa (se si tratta <strong>di</strong> gruppi elettrogeni il tempo può<br />

raggiungere i 15 secon<strong>di</strong>). In caso <strong>di</strong> impianto alimentato da gruppo elettrogeno o da batterie <strong>di</strong><br />

accumulatori centralizzate sarà necessario posizionare tali apparati in luogo sicuro, non soggetto allo<br />

stesso rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o della attività protetta; in questo caso il relativo circuito elettrico deve essere<br />

in<strong>di</strong>pendente da qualsiasi altro ed essere inoltre protetto dai danni causati dal fuoco, da urti, ecc.<br />

8.6.2 EVACUATORI DI FUMO E DI CALORE<br />

Tali sistemi <strong>di</strong> protezione attiva dall‟incen<strong>di</strong>o sono <strong>di</strong> frequente utilizzati in combinazione con<br />

<strong>impianti</strong> <strong>di</strong> rivelazione e sono basati sullo sfruttamento del movimento verso l‟alto delle masse <strong>di</strong> gas<br />

cal<strong>di</strong> generate dall‟incen<strong>di</strong>o che, a mezzo <strong>di</strong> aperture sulla copertura, vengono evacuate all‟esterno.<br />

Gli evacuatori <strong>di</strong> fumo e calore (EFC) consentono pertanto <strong>di</strong>:<br />

Agevolare lo sfollamento delle persone presenti e l‟azione dei soccorritori grazie alla maggiore<br />

probabilità che i locali restino liberi da fumo almeno fino ad un‟altezza da terra tale da non<br />

compromettere la possibilità <strong>di</strong> movimento.<br />

Agevolare l‟intervento dei soccorritori rendendone più rapida ed efficace l‟opera.<br />

Proteggere le strutture e le merci contro l‟azione del fumo e dei gas cal<strong>di</strong>, riducendo in<br />

particolare il rischio e <strong>di</strong> collasso delle strutture portanti.<br />

<br />

<br />

Ritardare o evitare l‟incen<strong>di</strong>o a pieno sviluppo “flash over”.<br />

Ridurre i danni provocati dai gas <strong>di</strong> combustione o da eventuali sostanze tossiche e corrosive<br />

originate dall‟incen<strong>di</strong>o.<br />

Gli EFC devono essere installati, per quanto possibile, in modo omogeneo nei singoli<br />

compartimenti, a soffitto in ragione, ad esempio, <strong>di</strong> uno ogni 200 m 2 (su coperture piane o con<br />

pendenza minore del 20 %) come previsto dalla regola tecnica <strong>di</strong> progettazione costituita dalla norma<br />

UNI VVF 9494. Degli EFC si parlerà estesamente nel §8.32. La ventilazione dei locali può essere<br />

ottenuta con vari sistemi:<br />

lucernari a soffitto :possono essere ad apertura comandata dello sportello o ad apertura per<br />

rottura del vetro, che deve essere allora del tipo semplice<br />

ventilatori statici continui: la ventilazione in questo caso avviene attraverso delle fessure<br />

laterali continue. L‟ingresso dell‟acqua è impe<strong>di</strong>to da schermi e cappucci opportunamente<br />

<strong>di</strong>sposti. In taluni casi questo tipo è dotato <strong>di</strong> chiusura costituita da una serie <strong>di</strong> sportelli con<br />

cerniera centrale o laterale, la cui apertura in caso d‟incen<strong>di</strong>o avviene automaticamente per la<br />

rottura <strong>di</strong> un fusibile<br />

sfoghi <strong>di</strong> fumo e <strong>di</strong> calore: il loro funzionamento è in genere automatico a mezzo <strong>di</strong> fusibili<br />

od altri congegni. La loro apertura può essere anche manuale. E‟ preferibile avere il maggior<br />

numero possibile <strong>di</strong> sfoghi, al fine <strong>di</strong> ottenere che il sistema <strong>di</strong> ventilazione entri in funzione il<br />

più presto possibile in quanto la <strong>di</strong>stanza tra l‟eventuale incen<strong>di</strong>o e lo sfogo sia la più piccola<br />

possibile


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

274<br />

<br />

<br />

aperture a shed: si possono prestare ad ottenere dei risultati sod<strong>di</strong>sfacenti, se vengono<br />

pre<strong>di</strong>sposti degli sportelli <strong>di</strong> adeguate <strong>di</strong>mensioni ad apertura automatica o manuale<br />

superfici vetrate normali: l‟installazione <strong>di</strong> vetri semplici che si rompano sotto l‟effetto del<br />

calore può essere adottata a con<strong>di</strong>zione che sia evitata la caduta dei pezzi <strong>di</strong> vetro per rottura<br />

accidentale me<strong>di</strong>ante rete metallica <strong>di</strong> protezione.<br />

Figura 255: efficacia degli evacuatori <strong>di</strong> fumo e <strong>di</strong> calore<br />

8.7 CODICE ATTIVITÀ<br />

Figura 256: Tipologia <strong>di</strong> EFC<br />

Ogni e<strong>di</strong>ficio viene identificato me<strong>di</strong>ante un co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> attività, opportunamente previsti dalle<br />

norme vigenti, che ne descrive le funzioni principali. E‟ anche possibile avere una attività principale ed<br />

una secondaria. Nel caso <strong>di</strong> Figura 257 si ha un primo co<strong>di</strong>ce 86 che si riferisce ad ospedali ed un<br />

secondo co<strong>di</strong>ce 77 che si riferisce ad autorimesse.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

275<br />

8.8 IL CARICO DI INCENDIO<br />

Figura 257: Esempio <strong>di</strong> selezione del co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> attività<br />

Il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, ve<strong>di</strong> Circolare 14-09-1961 nel prosieguo, é espresso dalla quantità<br />

equivalente <strong>di</strong> legno per m², che si ottiene <strong>di</strong>videndo per 4.400 (potere calorifico del legno) il numero <strong>di</strong><br />

calorie per unità <strong>di</strong> superficie orizzontale del locale, o del piano considerato, che al massimo si<br />

possono sviluppare per effetto della combustione <strong>di</strong> tutti i materiali combustibili presenti:<br />

q = g i H i / (A • 4400)<br />

dove:<br />

q é il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o (in kg legna / m²)<br />

g i il peso (in kg) del generico fra gli n combustibili che si prevedono presenti nel locale o<br />

nel piano nelle con<strong>di</strong>zioni più gravose <strong>di</strong> carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

H i é il potere calorifico superiore (in kcal/kg) del generico fra gli n combustibili <strong>di</strong> peso g i ;<br />

A é la superficie orizzontale (in m²) del locale o del piano del fabbricato considerato<br />

<br />

4.400 é il potere calorifico del legno (in kcal/kg).<br />

Le con<strong>di</strong>zioni più gravose del carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> un certo locale o piano sono quelle per le<br />

quali la sommatoria g i • H i è massima e vanno determinate esaminando le previste utilizzazioni dei<br />

locali e dei piani come <strong>di</strong>chiarato dal progettista e dal proprietario del fabbricato stesso.<br />

Si osservi che il calcolo del Carico <strong>di</strong> Incen<strong>di</strong>o (CdI) può essere effettuato con CAD specifici che<br />

facilitano molto il lavoro. In Figura 258 si ha un esempio <strong>di</strong> selezione dei materiali.<br />

Per i fabbricati civili con struttura <strong>di</strong> acciaio vengono <strong>di</strong>stinte le seguenti classi:<br />

Classe 15<br />

Classe 30<br />

Classe 45<br />

Classe 60<br />

Classe 90<br />

Classe 120<br />

Classe 180<br />

Il numero in<strong>di</strong>cativo <strong>di</strong> ogni classe esprime il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o virtuale in kg/m² <strong>di</strong> legna<br />

standard. Detto numero in<strong>di</strong>cativo esprime anche in minuti primi la durata minima <strong>di</strong> resistenza al<br />

fuoco da richiedere alla struttura o all‟elemento costruttivo in esame.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

276<br />

Figura 258: Selezione dei materiali interni ad un comparto<br />

Figura 259: Selezione del tipo <strong>di</strong> archivio (Categorie dei materiali)<br />

La classe del piano o del locale considerato si determina pertanto in base alla formula:<br />

C = k • q<br />

in cui:<br />

C è il numero in<strong>di</strong>cativo della classe<br />

q è il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong>chiarato (in kg legna/m2)<br />

k è un coefficiente <strong>di</strong> riduzione che tiene conto delle con<strong>di</strong>zioni reali <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o del<br />

locale o del piano nel complesso dell‟e<strong>di</strong>ficio.<br />

Il valore del coefficiente k, compreso tra 0,2 e 1,0, viene determinato secondo le modalità che<br />

seguono, in base alle caratteristiche dell‟e<strong>di</strong>ficio, alla natura del materiale combustibile presente, alla<br />

destinazione, alla <strong>di</strong>stanza da altri e<strong>di</strong>fici ed alle esistenti misure <strong>di</strong> segnalazione e prevenzione degli<br />

incen<strong>di</strong>.


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277<br />

Tabella 33: In<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> valutazione


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

278<br />

Per il calcolo del coefficiente <strong>di</strong> riduzione, i singoli fattori <strong>di</strong> influenza vengono valutati<br />

me<strong>di</strong>ante in<strong>di</strong>ci numerici che possono essere negativi o positivi, in quanto si intendono riferiti alle<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> un caso reale me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o.<br />

Gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> valutazione degli e<strong>di</strong>fici nel loro complesso, e dei singoli piani e locali sono in<strong>di</strong>cati<br />

nella Tabella 33.<br />

Il valore della somma algebrica degli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> valutazione, riportato in ascisse nel <strong>di</strong>agramma <strong>di</strong><br />

Figura 260, fornisce <strong>di</strong>rettamente il coefficiente <strong>di</strong> riduzione, per cui va moltiplicato il carico <strong>di</strong><br />

incen<strong>di</strong>o per la determinazione della classe del piano e del locale nell'ambito dell' e<strong>di</strong>ficio considerato.<br />

Qualora il numero in<strong>di</strong>cativo della classe risultante dal carico fosse <strong>di</strong>verso dal numero <strong>di</strong>stintivo<br />

delle classi previste dalle presenti Norme, si assegnerà l'e<strong>di</strong>ficio o la parte <strong>di</strong> esso considerata alla classe<br />

imme<strong>di</strong>atamente superiore.<br />

Nel caso in cui i numeri in<strong>di</strong>cativi <strong>di</strong> classe risultassero dal calcolo superiori alla classe 180,<br />

l'e<strong>di</strong>ficio o la parte <strong>di</strong> esso considerata saranno assegnati alla classe 180.<br />

Figura 260: Diagramma per gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> valutazione<br />

8.9 LEGGI – NORME E DECRETI UTILI PER L’ANTINCENDIO<br />

Quanto descritto nel precedente capitolo è una sintesi delle procedure previste da Norme,<br />

Decreti e Leggi sugli <strong>impianti</strong> antincen<strong>di</strong>o. In questo capitolo si vuole riportare una breve sintesi <strong>di</strong><br />

alcune delle norme, Leggi e decreti <strong>di</strong> riferimento in questo settore. L‟Allievo potrà osservare come<br />

molo <strong>di</strong> quanto sopra detto derivi imme<strong>di</strong>atamente dal testo normativo che viene presentato nei<br />

successivi paragrafi. E‟ sempre opportuno fare riferimento al testo vigente !<br />

8.10 D.LGS 149/96 – LOCALI DI INTRATTENIMENTO E PUBBLICO SPETTACOLO<br />

Art. 4.5.3 Ventilazione<br />

I vani scala devono essere provvisti superiormente <strong>di</strong> aperture <strong>di</strong> aerazione con superficie non<br />

inferiore a 1 m2, con sistema <strong>di</strong> apertura degli infissi comandato automaticamente da rivelatori <strong>di</strong><br />

incen<strong>di</strong>o o manualmente in prossimità dell‟entrata alle scale, in posizione segnalata.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

279<br />

Art. 5.2.5 Sistema <strong>di</strong> evacuazione fumi e calore<br />

La scena deve essere dotata <strong>di</strong> un efficace sistema <strong>di</strong> evacuazione fumi e calore, realizzato a<br />

regola d‟arte. I <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> comando manuale del sistema devono essere ubicati in posizione<br />

segnalata e protetta in caso <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o.<br />

Art. 5.3 Scena integrata nella sala<br />

L‟affollamento sulla base del quale vanno <strong>di</strong>mensionate le vie d‟uscita, deve tenere conto, oltre<br />

che del pubblico, anche degli artisti e del personale <strong>di</strong> servizio alla scena, qualora l‟area riservata alla<br />

scena non <strong>di</strong>sponga <strong>di</strong> vie d‟uscita a uso esclusivo.<br />

La lunghezza massima delle vie d‟uscita deve essere ridotta del 20% rispetto a quanto previsto al<br />

punto 4.3.4. Il numero <strong>di</strong> uscite dalla sala e quelle che immettono sull‟esterno non può essere in ogni<br />

caso inferiore a tre, <strong>di</strong> larghezza non inferiore a 1,2 m. ciascuna. Lo spazio riservato al pubblico deve<br />

<strong>di</strong>stare <strong>di</strong> almeno 2 m. dalla scena. Gli scenari devono essere <strong>di</strong> tipo fisso e <strong>di</strong> classe <strong>di</strong> reazione al<br />

fuoco non superiore a1. La sala deve essere dotata <strong>di</strong> un efficace sistema <strong>di</strong> evacuazione fumi.<br />

Capo I Disposizioni generali<br />

Art. 1 Campo <strong>di</strong> applicazione<br />

<br />

1. Le presenti norme <strong>di</strong> sicurezza si applicano agli e<strong>di</strong>fici pubblici e privati che, nella loro<br />

globalità, risultino normalmente sottoposti a tutela ai sensi della legge 1giugno 1939, n. 1089<br />

(pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 184 dell‟8 agosto 1939), destinati a contenere biblioteche<br />

ed archivi.<br />

...omissis...<br />

Capo II Prescrizioni tecniche<br />

Art. 3 Disposizioni in esercizio<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

1. E‟ vietato, nei locali <strong>di</strong> cui all‟Art. 1, tenere ed usare fiamme libere, fornelli o stufe a gas, stufe<br />

elettriche con resistenza in vista, stufe a kerosene, apparecchi a incandescenza senza protezione,<br />

nonché depositare sostanze che possono, per la loro vicinanza, reagire tra loro provocando<br />

incen<strong>di</strong> e/o esplosioni.<br />

2. Il carico d‟incen<strong>di</strong>o delle attività <strong>di</strong> cui all‟Art. 1, certificato all‟atto della richiesta del<br />

certificato <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong>, non può essere incrementato introducendo negli ambienti<br />

nuovi elementi <strong>di</strong> arredo combustibili con esclusione del materiale librario e cartaceo la cui<br />

quantità massima dovrà essere in ogni caso predeterminata.<br />

3. Negli atri, nei corridoi <strong>di</strong> <strong>di</strong>simpegno, nelle scale, e nelle rampe, il carico d‟incen<strong>di</strong>o esistente<br />

costituito dalle strutture, certificato come sopra, non potrà essere mo<strong>di</strong>ficato con l‟apporto <strong>di</strong><br />

ulteriori arre<strong>di</strong> e <strong>di</strong> materiali combustibili.<br />

4. Per le attività <strong>di</strong> cui al comma 1 dell‟Art. 1 <strong>di</strong> nuova istituzione o per gli ampliamenti da<br />

realizzare negli e<strong>di</strong>fici sottoposti nella loro globalità a tutela ai sensi della legge n. 1089/1939, il<br />

carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o relativo agli arre<strong>di</strong> e al materiale depositato, con esclusione delle strutture e<br />

degli infissi combustibili esistenti, non dovrà superare i 50 kg/m2 in ogni singolo ambiente.<br />

5. Gli elementi <strong>di</strong> arredo combustibili introdotti negli ambienti successivamente alla data <strong>di</strong><br />

entrata in vigore della presente norma, con esclusione del materiale esposto, debbono risultare<br />

omologati nelle seguenti classi <strong>di</strong> reazione al fuoco: i materiali <strong>di</strong> rivestimento dei pavimenti<br />

debbono essere <strong>di</strong> classe non superiore a 2; gli altri materiali <strong>di</strong> rivestimenti e i materiali<br />

suscettibili <strong>di</strong> prendere fuoco su ambo le facce debbono essere <strong>di</strong> classe 1; i mobili imbottiti<br />

devono essere <strong>di</strong> classe 1 IM.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

280<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

Art. 5 Depositi<br />

1. Nei depositi il materiale ivi conservato deve essere posizionato all‟interno del locale in scaffali<br />

e/o contenitori metallici consentendo passaggi liberi non inferiori a 0,90 m tra i materiali ivi<br />

depositati.<br />

2. Le comunicazioni tra questi locali ed il resto dell‟e<strong>di</strong>ficio debbono avvenire tramite porte REI<br />

120 munite <strong>di</strong> congegno <strong>di</strong> autochiusura.<br />

3. Nei depositi il cui carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o è superiore a 50 kg/m 2 debbono essere installati <strong>impianti</strong><br />

<strong>di</strong> spegnimento automatico collegati ad <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> allarme.<br />

4. Nei locali dovrà essere assicurata la ventilazione naturale pari a 1/30 della superficie in pianta<br />

o n. 2 ricambi ambiente/ora con mezzi meccanici.<br />

Art. 8 Mezzi antincen<strong>di</strong>o<br />

3. Devono essere installati <strong>impianti</strong> fissi <strong>di</strong> rivelazione automatica <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o. Questi debbono<br />

essere collegati me<strong>di</strong>ante apposita centrale a <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> allarme ottici e/o acustici percepibili in<br />

locali presi<strong>di</strong>ati.<br />

Capo III prescrizioni per la gestione<br />

Art. 9 Gestione della sicurezza<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

3. Il responsabile tecnico addetto alla sicurezza deve intervenire affinché:<br />

a) siano mantenuti efficienti i mezzi antincen<strong>di</strong>o e siano eseguite con tempestività le<br />

manutenzioni o sostituzioni necessarie. Siano altresì condotte perio<strong>di</strong>camente verifiche degli<br />

stessi mezzi con cadenza non superiore a sei mesi ed annotate nel registro dei controlli <strong>di</strong> cui al<br />

punto 4;<br />

b) siano mantenuti costantemente in buono stato tutti gli <strong>impianti</strong> presenti nell‟e<strong>di</strong>ficio. Gli<br />

schemi aggiornati <strong>di</strong> detti <strong>impianti</strong> nonché <strong>di</strong> tutte le condotte, fogne e opere idrauliche,<br />

strettamente connesse al funzionamento dell‟e<strong>di</strong>ficio, ove in dotazione all‟Istituto, devono<br />

essere conservati in apposito fascicolo. In particolare per gli <strong>impianti</strong> elettrici deve essere<br />

previsto che un addetto qualificato provveda, con la perio<strong>di</strong>cità stabilita dalle specifiche<br />

normative CEI, al loro controllo e manutenzione ed a segnalare al responsabile dell‟attività<br />

eventuali carenze e/o malfunzionamento, per gli opportuni provve<strong>di</strong>menti. Ogni loro mo<strong>di</strong>fica<br />

o integrazione dovrà essere annotata nel registro dei controlli e inserita nei relativi schemi. In<br />

ogni caso tutti gli <strong>impianti</strong> devono essere sottoposti a verifiche perio<strong>di</strong>che con cadenza non<br />

superiore a tre anni;<br />

c) siano tenuti in buono stato gli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> ventilazione, <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionamento e riscaldamento<br />

ove esistenti, prevedendo in particolare una verifica perio<strong>di</strong>ca degli stessi con cadenza non<br />

superiore ad un anno. Le centrali termiche e frigorifere devono essere condotte da personale<br />

qualificato in conformità con quanto previsto dalle vigenti normative;<br />

d) sia previsto un servizio organizzato composto da un numero proporzionato <strong>di</strong> addetti<br />

qualificati, in base alle <strong>di</strong>mensioni e alle caratteristiche dell‟attività, esperti nell‟uso dei mezzi<br />

antincen<strong>di</strong>o installati;<br />

e) siano eseguite per il personale addetto all‟attività perio<strong>di</strong>che riunioni <strong>di</strong> addestramento e <strong>di</strong><br />

istruzioni sull‟uso dei mezzi <strong>di</strong> soccorso e <strong>di</strong> allarme, nonché esercitazioni <strong>di</strong> sfollamento<br />

dell‟attività.<br />

4. Il responsabile tecnico addetto alla sicurezza <strong>di</strong> cui al comma 1 deve altresì curare la tenuta <strong>di</strong><br />

un registro ove sono annotati tutti gli interventi ed i controlli relativi all‟efficienza degli <strong>impianti</strong><br />

elettrici dell‟illuminazione <strong>di</strong> sicurezza e dei presi<strong>di</strong> antincen<strong>di</strong>o, nonché all‟osservanza della<br />

normativa relativa ai carichi d‟incen<strong>di</strong>o nei vari ambienti dell‟e<strong>di</strong>ficio e nelle aree a rischio<br />

specifico.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

281<br />

Art. 10 Piani <strong>di</strong> intervento e istruzioni <strong>di</strong> sicurezza<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

1. Nelle attività <strong>di</strong> cui al comma 1 dell‟Art. 1 devono essere pre<strong>di</strong>sposti adeguati piani <strong>di</strong><br />

intervento da porre in atto in occasione delle situazioni <strong>di</strong> emergenza ragionevolmente<br />

preve<strong>di</strong>bili. Il personale addetto deve essere edotto sull‟intero piano e, in particolare, sui<br />

compiti affidati ai singoli.<br />

2. Detti piani, definiti caso per caso in relazione alle caratteristiche dell‟attività, devono essere<br />

concepiti in modo che in tali situazioni:<br />

...omissis...<br />

sia attivato il personale addetto, secondo predeterminate sequenze, ai provve<strong>di</strong>menti del caso,<br />

quali interruzione dell‟energia elettrica e verifica dell‟intervento degli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> emergenza,<br />

arresto delle installazioni <strong>di</strong> ventilazione e con<strong>di</strong>zionamento, azionamento dei sistemi <strong>di</strong><br />

evacuazione dei fumi e dei mezzi <strong>di</strong> spegnimento e quanto altro previsto nel piano <strong>di</strong> intervento.<br />

...omissis...<br />

5. All‟ingresso dell‟attività va esposta una pianta dell‟e<strong>di</strong>ficio corredata dalle seguenti in<strong>di</strong>cazioni:<br />

scale e vie <strong>di</strong> esodo;<br />

mezzi <strong>di</strong> estinzione;<br />

<strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> arresto degli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione del gas, dell‟energia elettrica e dell‟eventuale<br />

impianto <strong>di</strong> ventilazione e <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionamento;<br />

eventuale quadro generale del sistema <strong>di</strong> rivelazione e <strong>di</strong> allarme;<br />

<strong>impianti</strong> e locali a rischio specifico.<br />

6. A cura del responsabile dell‟attività dovrà essere pre<strong>di</strong>sposto un registro dei controlli perio<strong>di</strong>ci<br />

relativo all‟efficienza degli <strong>impianti</strong> elettrici, dell‟illuminazione <strong>di</strong> sicurezza, dei presi<strong>di</strong><br />

antincen<strong>di</strong>o, dell‟osservanza della limitazione dei carichi d‟incen<strong>di</strong>o nei vari ambienti della<br />

attività e delle aree a rischio specifico. Tale registro deve essere mantenuto costantemente<br />

aggiornato e <strong>di</strong>sponibile per i controlli da parte dell‟autorità competente.<br />

8.11 D.P.R. N. 37 DEL 12/10/98 – CONTROLLO DELLE CONDIZIONI DI SICUREZZA<br />

<br />

<br />

<br />

Art. 1 Oggetto del regolamento<br />

1. Il presente regolamento <strong>di</strong>sciplina i proce<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> controllo delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> sicurezza per<br />

la prevenzione incen<strong>di</strong> attribuiti, in base alla vigente normativa, alla competenza dei coman<strong>di</strong><br />

provinciali dei vigili del fuoco, per le fasi relative all‟esame dei progetti, agli accertamenti<br />

sopralluogo, all‟esercizio delle attività soggette a controllo, all‟approvazione delle deroghe alla<br />

normativa <strong>di</strong> conformità.<br />

...omissis...<br />

Art. 2 Parere <strong>di</strong> conformità<br />

1. Gli enti e i privati responsabili delle attività <strong>di</strong> cui al comma 3 dell‟articolo 1 sono tenuti a<br />

richiedere al comando l‟esame dei progetti <strong>di</strong> nuovi <strong>impianti</strong> o costruzioni o <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>fiche <strong>di</strong><br />

quelli esistenti.<br />

2. Il comando esamina i progetti e si pronuncia sulla conformità degli stessi alla normativa<br />

antincen<strong>di</strong>o entro quarantacinque giorni dalla data <strong>di</strong> presentazione. Qualora la complessità del<br />

progetto lo richieda, il predetto termine, previa comunicazione all‟interessato entro 15 giorni<br />

dalla data <strong>di</strong> presentazione del progetto, è <strong>di</strong>fferito al novantesimo giorno. In caso <strong>di</strong><br />

documentazione incompleta od irregolare ovvero nel caso in cui il comando ritenga<br />

assolutamente in<strong>di</strong>spensabile richiedere al soggetto interessato l‟integrazione della<br />

documentazione presentata, il termine è interrotto, per una sola volta, e riprende a decorrere<br />

dalla data <strong>di</strong> ricevimento della documentazione integrativa richiesta. Ove il comando non si<br />

esprima nei termini: prescritti, il progetto si intende respinto.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

282<br />

Art. 3 Rilascio del certificato <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong><br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

1. Completate le opere <strong>di</strong> cui al progetto approvato, gli enti e privati sono tenuti a presentare al<br />

comando domanda <strong>di</strong> sopralluogo in conformità a quanto previsto nel decreto <strong>di</strong> cui all‟articolo<br />

1, comma 4.<br />

2. Entro novanta giorni dalla data <strong>di</strong> presentazione della domanda il comando effettua il<br />

sopralluogo per accertare il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa <strong>di</strong> prevenzione<br />

degli incen<strong>di</strong> nonché la sussistenza dei requisiti <strong>di</strong> sicurezza antincen<strong>di</strong>o richiesti. Tale termine<br />

può essere prorogato, per una sola volta, <strong>di</strong> quarantacinque giorni, dandone motivata<br />

comunicazione all‟ interessato.<br />

3. Entro quin<strong>di</strong>ci giorni dalla data <strong>di</strong> effettuazione del sopralluogo viene rilasciato all‟interessato,<br />

in caso <strong>di</strong> esito positivo, il certificato <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong> che costituisce, ai soli fini<br />

antincen<strong>di</strong>o, il nulla osta all‟esercizio dell‟attività.<br />

4. Qualora venga riscontrata la mancanza dei requisiti <strong>di</strong> sicurezza richiesti, il comando ne dà<br />

imme<strong>di</strong>ata comunicazione all‟interessato ed alle autorità competenti ai fini dell‟adozione dei<br />

relativi provve<strong>di</strong>menti.<br />

5. Fatto salvo quanto <strong>di</strong>sposto dal comma 1, l‟interessato, in attesa del sopralluogo, può<br />

presentare al comando una <strong>di</strong>chiarazione, corredata da certificazioni <strong>di</strong> conformità dei lavori<br />

eseguiti al progetto approvato, con la quale attesta che sono state rispettate le prescrizioni<br />

vigenti in materia <strong>di</strong> sicurezza antincen<strong>di</strong>o e si impegna al rispetto degli obblighi <strong>di</strong> cui<br />

all‟articolo 5. Il comando rilascia all‟interessato contestuale ricevuta dell‟avvenuta presentazione<br />

della <strong>di</strong>chiarazione che costituisce, ai soli fini antincen<strong>di</strong>o, autorizzazione provvisoria<br />

all‟esercizio dell‟attività.<br />

6. Al fine <strong>di</strong> evitare duplicazioni, nel rispetto del criterio <strong>di</strong> economicità, qualora il sopralluogo<br />

richiesto dall‟interessato debba essere effettuato dal comando nel corso <strong>di</strong> un proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong><br />

autorizzazione che preveda un atto deliberativo propedeutico emesso da organi collegiali dei<br />

quali è chiamato a far parte il comando stesso, il termine <strong>di</strong> cui al comma 2 non si applica<br />

dovendosi far riferimento ai termini proce<strong>di</strong>mentali ivi stabiliti.<br />

Art. 4 Rinnovo del certificato <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong><br />

1. Ai fini del rinnovo del certificato <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong>, gli interessati presentano al<br />

comando, in tempo utile e comunque prima della scadenza del certificato, apposita domanda<br />

conforme alle previsioni contenute nel decreto <strong>di</strong> cui all‟articolo 1, comma 4, corredata da una<br />

<strong>di</strong>chiarazione del responsabile dell‟attività, attestante che non è mutata la situazione riscontrata<br />

alla data del rilascio del certificato stesso, e da una perizia giurata, comprovante l‟efficienza dei<br />

<strong>di</strong>spositivi, nonché dei sistemi e degli <strong>impianti</strong> antincen<strong>di</strong>o. Il comando, sulla base della<br />

documentazione prodotta, provvede entro quin<strong>di</strong>ci giorni dalla data <strong>di</strong> presentazione della<br />

domanda.<br />

Art. 5 Obblighi connessi con l’esercizio dell’attività<br />

1. Gli enti e i privati responsabili <strong>di</strong> attività soggette ai controlli <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong> hanno<br />

l‟obbligo <strong>di</strong> mantenere in stato <strong>di</strong> efficienza i sistemi, i <strong>di</strong>spositivi, le attrezzature e le altre misure<br />

<strong>di</strong> sicurezza antincen<strong>di</strong>o adottate e <strong>di</strong> effettuare verifiche <strong>di</strong> controllo ed interventi <strong>di</strong><br />

manutenzione secondo le cadenze temporali che sono in<strong>di</strong>cate dal comando nel certificato <strong>di</strong><br />

prevenzione o all‟atto del rilascio della ricevuta a seguito della <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> cui all‟articolo<br />

3, comma 5. Essi provvedono, in particolare, ad assicurare una adeguata informazione e<br />

formazione del personale <strong>di</strong>pendente sui rischi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o connessi con la specifica attività,<br />

sulle misure <strong>di</strong> prevenzione e protezione adottate, sulle precauzioni da osservare per evitare<br />

l‟insorgere <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o e sulle procedure da attuare in caso <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o.<br />

2. I controlli, le verifiche, gli interventi <strong>di</strong> manutenzione, l‟informazione e la formazione del<br />

personale, che vengono effettuati, devono essere annotati in un apposito registro a cura dei


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

283<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

responsabili dell‟attività. Tale registro deve essere mantenuto aggiornato e reso <strong>di</strong>sponibile ai fini<br />

dei controlli <strong>di</strong> competenza del comando.<br />

3. Ogni mo<strong>di</strong>fica delle strutture o degli <strong>impianti</strong> ovvero delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> esercizio dell‟attività,<br />

che comportano una alterazione delle preesistenti con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> sicurezza antincen<strong>di</strong>o, obbliga<br />

l‟interessato ad avviare nuovamente le procedure previste dagli articoli 2 e 3 del presente<br />

regolamento.<br />

5. Fatto salvo quanto <strong>di</strong>sposto dal comma 1, l‟interessato, in attesa del sopralluogo, può<br />

presentare al comando una <strong>di</strong>chiarazione, corredata da certificazioni <strong>di</strong> conformità dei lavori<br />

eseguiti al progetto approvato, con la quale attesta che sono state rispettate le prescrizioni<br />

vigenti in materia <strong>di</strong> sicurezza antincen<strong>di</strong>o e si impegna al rispetto degli obblighi <strong>di</strong> cui<br />

all‟articolo 5. Il comando rilascia all‟interessato contestuale ricevuta dell‟avvenuta presentazione<br />

della <strong>di</strong>chiarazione che costituisce, ai soli fini antincen<strong>di</strong>o, autorizzazione provvisoria<br />

all‟esercizio dell‟attività.<br />

6. Al fine <strong>di</strong> evitare duplicazioni, nel rispetto del criterio <strong>di</strong> economicità, qualora il sopralluogo<br />

richiesto dall‟interessato debba essere effettuato dal comando nel corso <strong>di</strong> un proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong><br />

autorizzazione che preveda un atto deliberativo propedeutico emesso da organi collegiali dei<br />

quali è chiamato a far parte il comando stesso, il termine <strong>di</strong> cui al comma 2 non si applica<br />

dovendosi far riferimento ai termini proce<strong>di</strong>mentali ivi stabiliti.<br />

Art. 6 Proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> deroga<br />

1. Qualora gli inse<strong>di</strong>amenti o gli <strong>impianti</strong> sottoposti a controllo <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong> e le<br />

attività in essi svolte presentino caratteristiche tali da non consentire l‟integrale osservanza della<br />

normativa vigente, gli interessati, secondo le modalità stabilite dal decreto <strong>di</strong> cui all‟articolo 1,<br />

comma 4, possono presentare al comando domanda motivata per la deroga al rispetto delle<br />

con<strong>di</strong>zioni prescritte.<br />

2. Il comando esamina la domanda e, con proprio motivato parere, la trasmette entro trenta<br />

giorni dal ricevimento, all‟ispettorato regionale dei vigili del fuoco. L‟ispettore regionale, sentito<br />

il comitato tecnico regionale <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong>, <strong>di</strong> cui all‟articolo 20 del decreto del<br />

Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, si pronuncia entro sessanta giorni dalla<br />

ricezione, dandone contestuale comunicazione al comando ed al richiedente. L‟ispettore<br />

regionale dei vigili del fuoco trasmette ai competenti organi tecnici centrali del Corpo nazionale<br />

dei vigili del fuoco i dati inerenti alle deroghe esaminate per la costituzione <strong>di</strong> una banca dati, da<br />

utilizzare per garantire i necessari in<strong>di</strong>rizzi e l‟uniformità applicativa nei proce<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> deroga.<br />

8.12 D.M. 8/3/85 – DIRETTIVE SULLE MISURE DI PREVENZIONE INCENDI<br />

<br />

<br />

1. Aerazione<br />

1.1. In<strong>di</strong>pendentemente dai singoli locali in cui si articola, il complesso ove si svolge l‟attività<br />

deve essere dotato <strong>di</strong> aperture <strong>di</strong> aerazione anche se munite <strong>di</strong> serramento comunque realizzato.<br />

1.2. Nei locali dove si depositano o si impiegano sostanze che possono dar luogo a miscele<br />

infiammabili o esplosive deve essere assicurata una superficie <strong>di</strong> aerazione naturale, realizzata<br />

eventualmente anche a mezzo <strong>di</strong> aperture munite <strong>di</strong> infissi, non inferiore ad 1/30 della loro<br />

superficie in pianta per ambienti sino a 400 m3 e <strong>di</strong> 1/50 per la superficie eccedente i 400 m3. Per<br />

i locali ove sono presenti gas con densità relativa maggiore <strong>di</strong> 0,8 tale superficie deve essere<br />

equamente <strong>di</strong>stribuita in basso ed in alto. Ove non sia possibile raggiungere per l‟aerazione<br />

naturale il rapporto <strong>di</strong> superfici prescritto è ammesso il ricorso all‟aerazione meccanica con<br />

portata <strong>di</strong> almeno 2 ricambi orari sempreché sia assicurata una superficie <strong>di</strong> aerazione naturale<br />

pari ad almeno il 25% <strong>di</strong> quella prescritta. Quando poi l‟aerazione naturale dovesse risultare<br />

incompatibile con la tecnologia <strong>di</strong> particolari processi produttivi possono consentirsi soluzioni<br />

alternative che facciano conseguire con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> sicurezza equivalente. Se all‟atto della<br />

presentazione dell‟istanza del nulla osta provvisorio siano in corso i lavori per il conseguimento<br />

delle superfici prescritte o il relativo iter procedurale, e tale circostanza risulti da


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

284<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

documentazione allegata all‟istanza stessa, può farsi ugualmente luogo al rilascio del nulla osta<br />

provvisorio a con<strong>di</strong>zione che nella suddetta documentazione sia precisata la data <strong>di</strong> ultimazione<br />

dei lavori che deve essere contenuta entro il termine <strong>di</strong> tre mesi dalla data <strong>di</strong> rilascio del nulla<br />

osta.<br />

...omissis...<br />

L‟ispettore regionale, sentito il comitato tecnico regionale <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong>, <strong>di</strong> cui<br />

all‟articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, si pronuncia<br />

entro sessanta giorni dalla ricezione, dandone contestuale comunicazione al comando ed al<br />

richiedente. L‟ispettore regionale dei vigili del fuoco trasmette ai competenti organi tecnici<br />

centrali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco i dati inerenti alle deroghe esaminate per la<br />

costituzione <strong>di</strong> una banca dati, da utilizzare per garantire i necessari in<strong>di</strong>rizzi e l‟uniformità<br />

applicativa nei proce<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> deroga.<br />

3. limitazione del carico d‟incen<strong>di</strong>o<br />

3.1. Per le attività <strong>di</strong> cui ai punti 85 e 86 del D. M. 16 febbraio 1982 (G. U. n. 98 del 9 aprile<br />

1982), il carico d‟incen<strong>di</strong>o non può superare i seguenti valori:<br />

30 kg/m2 per locali ai piani fuori terra;<br />

20 kg/m2 per locali al 1o e 2piano interrato;<br />

15 kg/m2 per locali oltre il 2piano interrato.<br />

I valori suddetti del carico d‟incen<strong>di</strong>o possono essere raddoppiati quando sono installati<br />

<strong>impianti</strong> <strong>di</strong> estinzione ad attivazione automatica. Per i locali ai piani fuori terra i valori del carico<br />

d‟incen<strong>di</strong>o possono essere raddoppiati anche in presenza d‟<strong>impianti</strong> <strong>di</strong> rivelazione automatica<br />

d‟incen<strong>di</strong>o.<br />

Negli atri, nei corridoi <strong>di</strong> <strong>di</strong>simpegno, nelle scale, nelle rampe e nei passaggi in genere, il carico<br />

d‟incen<strong>di</strong>o non può superare i 10 kg/m2.<br />

3.2. Per le attività <strong>di</strong> cui ai punti 82 e 89 del D. M. 16 febbraio 1982 (G. U. n. 98 del 9 aprile<br />

1982), sprovviste <strong>di</strong> servizio <strong>di</strong> vigilanza aziendale durante le ore <strong>di</strong> attività o <strong>di</strong> sistema <strong>di</strong><br />

estinzione automatica o <strong>di</strong> rivelazione d‟incen<strong>di</strong>o, il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o non può superare 50<br />

kg/m2.<br />

Nelle scale e nelle rampe il carico d‟incen<strong>di</strong>o non può superare i 10 kg/m2.<br />

3.3. Per gli e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> cui al punto 94 del D. M. 16 febbraio 1982 (G. U. n. 98 del 9 aprile 1982), il<br />

carico d‟incen<strong>di</strong>o non può superare i seguenti valori:<br />

20 kg/m2 per locali al 1o e 2piano interrato;<br />

15 kg/m2 per locali oltre il 2piano interrato é consentita la comunicazione dei piani interrati<br />

con i vani scala e/o ascensori, ove non sia possibile documentare tali valori per il carico<br />

d‟incen<strong>di</strong>o, purché vengano interposte porte a chiusura automatica aventi resistenza al fuoco<br />

non inferiore a 30‟.<br />

... omissis...<br />

6. Comportamento al fuoco delle strutture<br />

6.1. I locali dove si tengono in deposito o si manipolano sostanze capaci <strong>di</strong> emettere, a<br />

temperatura or<strong>di</strong>naria, vapori in quantità tali da produrre, se mescolati con l‟aria dell‟ambiente,<br />

miscele esplosive o infiammabili, devono essere realizzati con strutture portanti non<br />

combustibili. Sono consentite strutture portanti in legno purché sia certificato che la sezione<br />

residua, dopo un tempo pari al valore del carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, calcolato come da circolare del<br />

Ministero dell‟interno n. 91 del 14 settembre 1961, conservi la stabilità R, in relazione ai carichi<br />

cui è sottoposta, essendo noto che le <strong>di</strong>mensioni degli elementi strutturali si riducono sotto<br />

l‟azione del fuoco secondo i seguenti valori:<br />

Travi estradosso e laterali 0,8 mm/min<br />

intradosso 1,1 mm/min<br />

Pilastri 0,7 mm/min


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

285<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

Altre strutture orizzontali 1,1 mm/min<br />

Le finalità <strong>di</strong> cui sopra possono essere raggiunte anche con interventi protettivi realizzati con<br />

materiali certificati.<br />

6.2. Per i locali <strong>di</strong> cui al punto 83 del D. M. 16 febbraio 1982 (G. U. n. 98 del 9 aprile 1982), si<br />

applicano gli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 del D. M. 6 luglio 1983 (G. U. n. 201 del 23 luglio 1983), e<br />

successive mo<strong>di</strong>ficazioni <strong>di</strong> cui al D. M. 28 agosto 1984 (G. U. n. 246 del 6 settembre 1984),<br />

nonché quanto consentito dal D. M. 4 febbraio 1985 (G. U. n. 49 del 26 febbraio 1985). Anche<br />

in questo caso sono consentite strutture portanti in legno la cui stabilità R deve essere certificata<br />

con le stesse determinazioni <strong>di</strong> cui al punto precedente.<br />

6.3. Per le attività <strong>di</strong> cui ai punti 85, 86 e 89 del D. M. 16 febbraio 1982 (G. U. n. 98 del 9 aprile<br />

1982), i tendaggi, se posti in opera negli atrii, nei corridoi <strong>di</strong> <strong>di</strong>simpegno esterni ai locali dagli<br />

stessi serviti, nelle scale e nelle rampe, devono essere <strong>di</strong> classe I <strong>di</strong> reazione al fuoco, secondo il<br />

D. M. 26 giugno 1984 (G. U. n. 234 del 25 agosto 1984), e alle con<strong>di</strong>zioni stabilite dal D. M. 4<br />

febbraio 1985 (G. U. n. 49 del 26 febbraio 1985). Limitatamente all‟attività <strong>di</strong> cui al punto 89,<br />

negli atrii e nei corridoi <strong>di</strong> <strong>di</strong>simpegno esterni ai locali stessi serviti, nelle scale e nelle rampe<br />

possono essere mantenuti in opera tendaggi non rispondenti al requisito <strong>di</strong> cui al comma<br />

precedente purché siano installati <strong>impianti</strong> automatici d‟estinzione o <strong>di</strong> rivelazione d‟incen<strong>di</strong>o,<br />

ovvero, nell‟ambito delle attività, siano assicurati i servizi <strong>di</strong> emergenza contro gli incen<strong>di</strong>, come<br />

da successivo punto n. 9.<br />

... omissis...<br />

autorimesse<br />

11. Attività <strong>di</strong> cui al punto 92 del d. m. 16 febbraio 1982 (g. u. n. 98 del 9 aprile 1982)<br />

L‟aerazione naturale deve essere non inferiore ad 1/30 della superficie in pianta del locale. Ove<br />

non sia possibile raggiungere per l‟aerazione naturale il rapporto <strong>di</strong> superfici prescritto, è ammesso il<br />

ricorso all‟aerazione meccanica con portata <strong>di</strong> almeno 3 ricambi orari sempreché sia assicurata una<br />

superficie <strong>di</strong> aerazione naturale pari ad almeno il 50% <strong>di</strong> quella prescritta. E‟ vietato:<br />

usare fiamme libere;<br />

depositare sostanze infiammabili;<br />

parcheggiare automezzi funzionanti a g.p.l.;<br />

<br />

<br />

eseguire riparazioni a caldo e prove motori;<br />

fumare.<br />

Le autorimesse devono essere separate da altri ambienti a <strong>di</strong>versa utilizzazione con strutture <strong>di</strong><br />

resistenza al fuoco non inferiore a REI 30. Per le autorimesse pubbliche non è consentita la<br />

comunicazione con vani scala ed ascensori che non siano ad esclusivo uso delle stesse; per le<br />

autorimesse ad uso privato ivi comprese quelle a servizio <strong>di</strong> uffici, è consentita la comunicazione con<br />

vani scale ed ascensori me<strong>di</strong>ante porte metalliche piene con autochiusura. La capacità <strong>di</strong> parcamento<br />

deve essere <strong>di</strong>chiarata dal titolare dell‟attività sotto la propria responsabilità secondo le in<strong>di</strong>cazioni<br />

contenute nella circolare del Ministero dell‟interno n. 2 del 16 gennaio 1982.<br />

La superficie massima <strong>di</strong> ogni compartimento deve essere conforme alla tabella 2.30 del D. M.<br />

20 novembre 1981 (G. U. n. 333 del 3 <strong>di</strong>cembre 1981) con tolleranza del 15%. Deve essere installato<br />

n. 1 idrante per capacità <strong>di</strong> parcamento superiore a 50 autoveicoli e n. 1 estintore <strong>di</strong> tipo approvato<br />

con capacità estinguente non inferiore a 21A, 89B ogni 20 autoveicoli.<br />

Le uscite <strong>di</strong> sicurezza per le persone verso spazi a cielo libero o grigliato devono essere<br />

facilmente accessibili, apribili dall‟interno, <strong>di</strong> larghezza non inferiore a 0,60 m e raggiungibili con<br />

percorsi non superiori a 40 m o 50 m se i locali sono dotati <strong>di</strong> impianto <strong>di</strong> spegnimento automatico.<br />

12. Attività <strong>di</strong> cui al punto 95 del d. m. 16 febbraio 1982 (g. u. n. 98 del 9 aprile 1982)<br />

Il vano ascensore non può comunicare <strong>di</strong>rettamente con autorimesse pubbliche, <strong>impianti</strong> <strong>di</strong><br />

produzione <strong>di</strong> calore (con esclusione <strong>di</strong> cucine e lavaggio stoviglie) e deve essere, da tale attività,<br />

separato con elementi costruttivi <strong>di</strong> resistenza al fuoco non inferiore a REI 30.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

286<br />

I vani montacarichi non possono comunicare <strong>di</strong>rettamente con i locali depositi ad eccezione<br />

degli <strong>impianti</strong> a servizio <strong>di</strong> attività industriali e commerciali.<br />

L‟aerazione naturale dall‟esterno, per il vano corsa, se <strong>di</strong> tipo chiuso, e per il locale macchine<br />

deve essere non inferiore a 0,05 m3.<br />

Ove non sia possibile raggiungere per l‟aerazione naturale il rapporto <strong>di</strong> superfici prescritto, è<br />

ammesso il ricorso all‟aerazione meccanica con portata <strong>di</strong> almeno 3 ricambi orari sempreché sia<br />

assicurata una superficie <strong>di</strong> aerazione naturale pari ad almeno il 50% <strong>di</strong> quella prescritta.<br />

Le porte <strong>di</strong> accesso al locale macchine devono essere <strong>di</strong> materiale non combustibile.<br />

13. Depositi <strong>di</strong> sostanze infiammabili a servizio delle attività <strong>di</strong> cui ai punti 85,86,89 del<br />

DM. 16 febbraio 1982 (GU. n. 98 del 9 aprile 1982).<br />

La presente <strong>di</strong>rettiva si applica ai depositi costituiti da contenitori <strong>di</strong> capacità geometrica unitaria<br />

superiore a litri 2 <strong>di</strong> infiammabili liqui<strong>di</strong>, gassosi liquefatti o <strong>di</strong>sciolti.<br />

I locali destinati a tali depositi devono avere una aerazione naturale non inferiore ad 1/30 della<br />

loro superficie in pianta.<br />

La separazione con altri ambienti deve avvenire con strutture <strong>di</strong> resistenza al fuoco non<br />

inferiore a REI 30 senza comunicazioni.<br />

Gli accessi devono avvenire unicamente da spazi a cielo libero o tramite filtro a prova <strong>di</strong> fumo.<br />

Le attrezzature mobili <strong>di</strong> estinzione devono essere costituite da n. 1 estintore <strong>di</strong> tipo approvato<br />

con capacità estinguente non inferiore a 21A, 89B per ogni locale.<br />

E‟ consentito tenere in deposito ai piani fuori terra e non oltre il 2piano interrato i seguenti<br />

quantitativi massimi <strong>di</strong> sostanze infiammabili: liqui<strong>di</strong> litri 300, gas compressi m3 0,25, gas <strong>di</strong>sciolti<br />

liquefatti kg 25.<br />

Per i depositi ubicati ai piani interrati deve essere installato un impianto <strong>di</strong> rivelazione <strong>di</strong> fughe<br />

<strong>di</strong> gas. E‟ vietato depositare insieme nello stesso locale liqui<strong>di</strong> infiammabili, gas compressi, gas <strong>di</strong>sciolti<br />

o liquefatti, materiali combustibili, gas comburenti.<br />

14. Spazi a<strong>di</strong>biti a depositi <strong>di</strong> materiali soli<strong>di</strong> combustibili, archivi, biblioteche a<br />

servizio delle attività <strong>di</strong> cui ai punti 85, 86, 89 del DM. 16 febbraio 1982 (g. u. n. 98 del 9 aprile 1982)<br />

con carico d’incen<strong>di</strong>o superiore a quanto previsto al punto 3 del presente allegato<br />

I locali oggetto della presente <strong>di</strong>rettiva devono avere una aerazione naturale, realizzata<br />

eventualmente anche a mezzo <strong>di</strong> aperture munite <strong>di</strong> infissi, non inferiore ad 1/40 della loro superficie<br />

in pianta per ambienti sino a 400 m3 e <strong>di</strong> 1/50 per la superficie eccedente i 400 m3.<br />

Ove non sia possibile raggiungere per l‟aerazione naturale il rapporto <strong>di</strong> superfici prescritte, è<br />

ammesso il ricorso all‟aerazione meccanica con portata <strong>di</strong> almeno 2 ricambi orari sempreché sia<br />

assicurata una superficie <strong>di</strong> aerazione naturale pari ad almeno il 25% <strong>di</strong> quella prescritta.<br />

I locali possono essere ubicati ai piani fuori terra e non oltre il 2piano interrato; è vietato il<br />

deposito <strong>di</strong> sostanze infiammabili.<br />

La separazione con altri ambienti ai piani interrati deve avvenire con strutture <strong>di</strong> resistenza al<br />

fuoco non inferiore a REI 30 senza comunicazioni.<br />

Nei piani interrati gli accessi possono avvenire dall‟interno con vani provvisti <strong>di</strong> porte metalliche<br />

piene con autochiusura.<br />

Le attrezzature mobili <strong>di</strong> estinzione devono essere costituite da n. 1 estintore, <strong>di</strong> tipo approvato,<br />

<strong>di</strong> capacità estinguente non inferiore a 13A, ogni 200 m3 <strong>di</strong> superficie.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

287<br />

8.13 D.M. 10/03/1998 – SICUREZZA INCENDIO NELLE ZONE DI EMERGENZA DEI<br />

LUOGHI DI LAVORO<br />

<br />

<br />

Arti. 1 Oggetto campo <strong>di</strong> applicazione<br />

1. Il presente decreto stabilisce, ...omissis..., i criteri per la valutazione dei rischi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o nei<br />

luoghi <strong>di</strong> lavoro ed in<strong>di</strong>ca le misure <strong>di</strong> prevenzione e <strong>di</strong> protezione antincen<strong>di</strong>o da adottare, al<br />

fine <strong>di</strong> ridurre l‟insorgenza <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi.<br />

2. Il presente decreto si applica alle attività che si svolgono nei luoghi <strong>di</strong> lavoro come definiti<br />

dall‟Art. ...omissis... <strong>di</strong> seguito denominato decreto legislativo n. 626/1994.<br />

3. Per le attività che si svolgono nei cantieri temporanei o mobili <strong>di</strong> cui al decreto legislativo 19<br />

settembre 1996, n. 494, e per le attività industriali <strong>di</strong> cui all‟Art. 1 del decreto del Presidente della<br />

Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, e successive mo<strong>di</strong>fiche, soggette all‟obbligo della<br />

<strong>di</strong>chiarazione ovvero della notifica, ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso, le <strong>di</strong>sposizioni<br />

<strong>di</strong> cui al presente decreto si applicano limitatamente alle prescrizioni <strong>di</strong> cui agli articoli 6 e 7.<br />

...omissis...<br />

<br />

<br />

<br />

Art. 3 misure preventive, protettive e precauzionali <strong>di</strong> esercizio<br />

...omissis...<br />

c) realizzare le misure per una rapida segnalazione dell‟incen<strong>di</strong>o al fine <strong>di</strong> garantire l‟attivazione<br />

dei sistemi <strong>di</strong> allarme e delle procedure <strong>di</strong> intervento, in conformità ai criteri <strong>di</strong> cui all‟allegato<br />

IV;<br />

...omissis...<br />

Art. 4 controllo e manutenzione degli <strong>impianti</strong> e delle attrezzature antincen<strong>di</strong>o<br />

1. Gli interventi <strong>di</strong> manutenzione ed i controlli sugli <strong>impianti</strong> e sulle attrezzature <strong>di</strong> protezione<br />

antincen<strong>di</strong>o sono effettuati nel rispetto delle <strong>di</strong>sposizioni legislative e regolamentari vigenti, delle<br />

norme <strong>di</strong> buona tecnica emanate dagli organismi <strong>di</strong> normalizzazione nazionali ed europei o, in<br />

assenza <strong>di</strong> dette norme <strong>di</strong> buona tecnica, delle istruzioni fornite dal fabbricante e/o<br />

dall‟installatore.<br />

Art. 8 <strong>di</strong>sposizioni transitorie e finali<br />

...omissis...<br />

2. Sono fatti salvi i corsi <strong>di</strong> formazione degli addetti alla prevenzione incen<strong>di</strong>, lotta antincen<strong>di</strong>o e<br />

gestione delle emergenze, ultimati entro la data <strong>di</strong> entrata in vigore del presente decreto.<br />

...omissis...<br />

8.13.1 LINEE GUIDA PER LA VALUTAZIONE DEI RISCHI DI INCENDIO NEI LUOGHI DI<br />

LAVORO<br />

1.3.obiettivi della valutazione dei rischi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

La valutazione dei rischi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o deve consentire al datore <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> prendere i<br />

provve<strong>di</strong>menti che sono effettivamente necessari per salvaguardare la sicurezza dei lavoratori e delle<br />

altre persone presenti nel luogo <strong>di</strong> lavoro. Questi provve<strong>di</strong>menti comprendono:<br />

la prevenzione dei rischi;<br />

l‟informazione dei lavoratori e delle altre persone presenti;<br />

<br />

<br />

la formazione dei lavoratori;<br />

le misure tecnico organizzative destinate a porre in atto i provve<strong>di</strong>menti necessari.<br />

La prevenzione dei rischi costituisce uno degli obiettivi primari della valutazione dei rischi. Nei<br />

casi in cui non è possibile eliminare i rischi essi devono essere <strong>di</strong>minuiti nella misura del possibile e<br />

devono essere tenuti sotto controllo i rischi residui, tenendo conto delle misure generali <strong>di</strong> tutela <strong>di</strong> cui<br />

all‟Art. 3 del decreto legislativo n. 626. La valutazione del rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o tiene conto:<br />

del tipo <strong>di</strong> attività;


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

288<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

dei materiali immagazzinati e manipolati;<br />

delle attrezzature presenti nel luogo <strong>di</strong> lavoro compresi gli arre<strong>di</strong>;<br />

delle caratteristiche costruttive del luogo <strong>di</strong> lavoro compresi i materiali <strong>di</strong> rivestimento;<br />

delle <strong>di</strong>mensioni e dell‟articolazione del luogo <strong>di</strong> lavoro;<br />

del numero <strong>di</strong> persone presenti, siano esse lavoratori <strong>di</strong>pendenti che altre persone, e della loro<br />

prontezza ad allontanarsi in caso <strong>di</strong> emergenza.<br />

1.4.criteri per procedere alla valutazione dei rischi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

La valutazione dei rischi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o si articola nelle seguenti fasi:<br />

in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> ogni pericolo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o (p.e. sostanze facilmente combustibili e<br />

infiammabili, sorgenti <strong>di</strong> innesco, situazioni che possono determinare la facile propagazione<br />

dell‟incen<strong>di</strong>o);<br />

in<strong>di</strong>viduazione dei lavoratori e <strong>di</strong> altre persone presenti nel luogo <strong>di</strong> lavoro esposte a rischi <strong>di</strong><br />

incen<strong>di</strong>o;<br />

eliminazione o riduzione dei pericoli <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o;<br />

valutazione del rischio residuo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o;<br />

verifica della adeguatezza delle misure <strong>di</strong> sicurezza esistenti ovvero in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> eventuali<br />

ulteriori provve<strong>di</strong>menti e misure necessarie ad eliminare o ridurre i rischi residui <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o.<br />

1.4.1. Identificazione dei pericoli <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

1.4.1.1. Materiali combustibili e/o infiammabili<br />

I materiali combustibili se sono in quantità limitata,correttamente manipolati e depositati in<br />

sicurezza, possono non costituire oggetto <strong>di</strong> particolare valutazione. Alcuni materiali presenti nei<br />

luoghi <strong>di</strong> lavoro costituiscono pericolo potenziale poiché essi sono facilmente combustibili od<br />

infiammabili o possono facilitare il rapido sviluppo <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o. A titolo esemplificativo essi sono:<br />

vernici e solventi infiammabili; adesivi infiammabili<br />

gas infiammabili;<br />

gran<strong>di</strong> quantitativi <strong>di</strong> carta e materiali <strong>di</strong> imballaggio;<br />

materiali plastici, in particolare sotto forma <strong>di</strong> schiuma<br />

gran<strong>di</strong> quantità <strong>di</strong> manufatti infiammabili;<br />

prodotti chimici che possono essere da soli infiammabili o che possono reagire con altre<br />

sostanze provocando un incen<strong>di</strong>o;<br />

prodotti derivati dalla lavorazione del petrolio;<br />

vaste superfici <strong>di</strong> pareti o solai rivestite con materiali facilmente combustibili.<br />

1.4.1.2. Sorgenti <strong>di</strong> innesco<br />

Nei luoghi <strong>di</strong> lavoro possono essere presenti anche sorgenti <strong>di</strong> innesco e fonti <strong>di</strong> calore che<br />

costituiscono cause potenziali <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o o che possono favorire la propagazione <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o. Tali<br />

fonti, in alcuni casi, possono essere <strong>di</strong> imme<strong>di</strong>ata identificazione mentre, in altri casi, possono essere<br />

conseguenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti meccanici od elettrici. A titolo esemplificativo si citano:<br />

presenza <strong>di</strong> fiamme o scintille dovute a processi <strong>di</strong> lavoro, quali taglio, affilatura, saldatura;<br />

presenza <strong>di</strong> sorgenti <strong>di</strong> calore causate da attriti;<br />

presenza <strong>di</strong> macchine ed apparecchiature in cui si produce calore non installate e utilizzate<br />

secondo le norme <strong>di</strong> buona tecnica;<br />

uso <strong>di</strong> fiamme libere;<br />

presenza <strong>di</strong> attrezzature elettriche non installate e utilizzate secondo le norme <strong>di</strong> buona tecnica.<br />

...omissis...<br />

1.4.3.2. Misure per ridurre i pericoli causati da sorgenti <strong>di</strong> calore<br />

...omissis...


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

289<br />

8.13.2 CLASSIFICAZIONE DEL LIVELLO DI RISCHIO DI INCENDIO<br />

Sulla base della valutazione dei rischi è possibile classificare il livello <strong>di</strong> rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

dell‟intero luogo <strong>di</strong> lavoro o <strong>di</strong> ogni parte <strong>di</strong> esso: tale livello può essere basso, me<strong>di</strong>o o elevato.<br />

A. Luoghi <strong>di</strong> lavoro a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o BASSO<br />

Si intendono a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o basso i luoghi <strong>di</strong> lavoro o parte <strong>di</strong> essi, in cui sono presenti<br />

sostanze a basso tasso <strong>di</strong> infiammabilità e le con<strong>di</strong>zioni locali e <strong>di</strong> esercizio offrono scarse possibilità <strong>di</strong><br />

sviluppo <strong>di</strong> principi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o ed in cui, in caso <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, la probabilità <strong>di</strong> propagazione dello<br />

stesso è da ritenersi limitata.<br />

B. Luoghi <strong>di</strong> lavoro a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o MEDIO<br />

Si intendono a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o me<strong>di</strong>o i luoghi <strong>di</strong> lavoro o parte <strong>di</strong> essi, in cui sono presenti<br />

sostanze infiammabili e/o con<strong>di</strong>zioni locali e/o <strong>di</strong> esercizio che possono favorire lo sviluppo <strong>di</strong><br />

incen<strong>di</strong>, ma nei quali, in caso <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, la probabilità <strong>di</strong> propagazione dello stesso è da ritenersi<br />

limitata. Si riportano in allegato IX, esempi <strong>di</strong> luoghi <strong>di</strong> lavoro a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o me<strong>di</strong>o.<br />

C. Luoghi <strong>di</strong> lavoro a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o ELEVATO<br />

Si intendono a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o elevato i luoghi <strong>di</strong> lavoro o parte <strong>di</strong> essi, in cui:<br />

per presenza <strong>di</strong> sostanze altamente infiammabili e/o per le con<strong>di</strong>zioni locali e/o <strong>di</strong> esercizio<br />

sussistono notevoli probabilità <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong> e nella fase iniziale sussistono forti<br />

probabilità <strong>di</strong> propagazione delle fiamme, ovvero non è possibile la classificazione come luogo a<br />

rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o basso o me<strong>di</strong>o. Tali luoghi comprendono:<br />

aree dove i processi lavorativi comportano l‟utilizzo <strong>di</strong> sostanze altamente infiammabili (p.e.<br />

<strong>impianti</strong> <strong>di</strong> verniciatura), o <strong>di</strong> fiamme libere, o la produzione <strong>di</strong> notevole calore in presenza <strong>di</strong><br />

materiali combustibili;<br />

aree dove c‟è deposito o manipolazione <strong>di</strong> sostanze chimiche che possono, in determinate<br />

circostanze, produrre reazioni esotermiche, emanare gas o vapori infiammabili, o reagire con<br />

altre sostanze combustibili;<br />

aree dove vengono depositate o manipolate sostanze esplosive o altamente infiammabili;<br />

aree dove c‟è una notevole quantità <strong>di</strong> materiali combustibili che sono facilmente incen<strong>di</strong>abili;<br />

e<strong>di</strong>fici interamente realizzati con strutture in legno.<br />

Al fine <strong>di</strong> classificare un luogo <strong>di</strong> lavoro o una parte <strong>di</strong> esso come avente rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

elevato occorre inoltre tenere presente che:<br />

molti luoghi <strong>di</strong> lavoro si classificano della stessa categoria <strong>di</strong> rischio in ogni parte. Ma una<br />

qualunque area a rischio elevato può elevare il livello <strong>di</strong> rischio dell‟intero luogo <strong>di</strong> lavoro, salvo<br />

che l‟area interessata sia separata dal resto del luogo attraverso elementi separanti resistenti al<br />

fuoco;<br />

una categoria <strong>di</strong> rischio elevata può essere ridotta se il processo <strong>di</strong> lavoro è gestito<br />

accuratamente e le vie <strong>di</strong> esodo sono protette contro l‟incen<strong>di</strong>o;<br />

nei luoghi <strong>di</strong> lavoro gran<strong>di</strong> o complessi, è possibile ridurre il livello <strong>di</strong> rischio attraverso misure<br />

<strong>di</strong> protezione attiva <strong>di</strong> tipo automatico quali <strong>impianti</strong> automatici <strong>di</strong> spegnimento, <strong>impianti</strong><br />

automatici <strong>di</strong> rivelazione incen<strong>di</strong> o <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> estrazione fumi.<br />

...omissis...<br />

1.4.5. Adeguatezza delle misure <strong>di</strong> sicurezza<br />

Nelle attività soggette al controllo obbligatorio da parte dei Coman<strong>di</strong> provinciali dei vigili del<br />

fuoco, che hanno attuato le misure previste dalla vigente normativa, in particolare per quanto attiene il<br />

comportamento al fuoco delle strutture e dei materiali, compartimentazioni, vie <strong>di</strong> esodo, mezzi <strong>di</strong><br />

spegnimento, sistemi <strong>di</strong> rivelazione ed allarme, <strong>impianti</strong> tecnologici, è da ritenere che le misure attuate<br />

in conformità alle vigenti <strong>di</strong>sposizioni siano adeguate.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

290<br />

Per le restanti attività, fermo restando l‟obbligo <strong>di</strong> osservare le normative vigenti ad esse<br />

applicabili, ciò potrà invece essere stabilito seguendo i criteri relativi alle misure <strong>di</strong> prevenzione e<br />

protezione riportati nel presente allegato.<br />

Qualora non sia possibile il pieno rispetto delle misure previste nel presente allegato, si dovrà<br />

provvedere ad altre misure <strong>di</strong> sicurezza compensative. In generale l‟adozione <strong>di</strong> una o più delle<br />

seguenti misure possono essere considerate compensative:<br />

...omissis...<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

C. Rivelazione ed allarme antincen<strong>di</strong>o<br />

installazione <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> allarme più efficiente (p.e. sostituendo un allarme azionato<br />

manualmente con uno <strong>di</strong> tipo automatico);<br />

riduzione della <strong>di</strong>stanza tra i <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> segnalazione manuale <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o;<br />

installazione <strong>di</strong> impianto automatico <strong>di</strong> rivelazione incen<strong>di</strong>o;<br />

miglioramento del tipo <strong>di</strong> allertamento in caso <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o (p.e. con segnali ottici in aggiunta a<br />

quelli sonori, con sistemi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione messaggi tramite altoparlante, ecc.;<br />

...omissis...<br />

8.13.3 MISURE INTESE A RIDURRE LA PROBABILITÀ DI INSORGENZA DEGLI INCENDI<br />

Generalità<br />

All‟esito della valutazione dei rischi devono essere adottate una o più tra le seguenti misure<br />

intese a ridurre la probabilità <strong>di</strong> insorgenza degli incen<strong>di</strong>.<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

A) Misure <strong>di</strong> tipo tecnico:<br />

...omissis...<br />

ventilazione degli ambienti in presenza <strong>di</strong> vapori, gas o polveri infiammabili;<br />

adozione <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> sicurezza.<br />

...omissis...<br />

3.8. Misure per limitare la propagazione dell’incen<strong>di</strong>o<br />

A) Accorgimenti per la presenza <strong>di</strong> aperture su pareti e/o solai Le aperture o il passaggio <strong>di</strong><br />

condotte o tubazioni, su solai, pareti e soffitti, possono contribuire in maniera significativa alla<br />

rapida propagazione <strong>di</strong> fumo, fiamme e calore e possono impe<strong>di</strong>re il sicuro utilizzo delle vie <strong>di</strong><br />

uscita.<br />

Misure per limitare le conseguenze <strong>di</strong> cui sopra includono:<br />

provve<strong>di</strong>menti finalizzati a contenere fiamme e fumo;<br />

installazione <strong>di</strong> serrande tagliafuoco sui condotti.<br />

Tali provve<strong>di</strong>menti sono particolarmente importanti quando le tubazioni attraversano muri o<br />

solai resistenti al fuoco.<br />

Allegato II<br />

MISURE PER LA RIVELAZIONE E L’ALLARME IN CASO DI INCENDIO<br />

....omissis....<br />

4.1. Obiettivo<br />

L‟obiettivo delle misure per la rivelazione degli incen<strong>di</strong> e l‟allarme è <strong>di</strong> assicurare che le persone<br />

presenti nel luogo <strong>di</strong> lavoro siano avvisate <strong>di</strong> un principio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o prima che esso minacci la loro<br />

incolumità. L‟allarme deve dare avvio alla procedura per l‟evacuazione del luogo <strong>di</strong> lavoro nonché<br />

l‟attivazione delle procedure d‟intervento.<br />

....omissis....


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

291<br />

4.3. Misure per i luoghi <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni o complessi<br />

Nei luoghi <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni o complessi, il sistema <strong>di</strong> allarme deve essere <strong>di</strong> tipo<br />

elettrico. Il segnale <strong>di</strong> allarme deve essere u<strong>di</strong>bile chiaramente in tutto il luogo <strong>di</strong> lavoro o in quelle<br />

parti dove l‟allarme è necessario.<br />

In quelle parti dove il livello <strong>di</strong> rumore può essere elevato, o in quelle situazioni dove il solo<br />

allarme acustico non è sufficiente, devono essere installati in aggiunta agli allarmi acustici anche<br />

segnalazioni ottiche. I segnali ottici non possono mai essere utilizzati come unico mezzo <strong>di</strong> allarme.<br />

....omissis....<br />

4.5. Rivelazione automatica <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

....omissis....Nella gran parte dei luoghi <strong>di</strong> lavoro un sistema <strong>di</strong> rivelazione incen<strong>di</strong>o a comando<br />

manuale può essere sufficiente, tuttavia ci sono delle circostanze in cui una rivelazione automatica <strong>di</strong><br />

incen<strong>di</strong>o è da ritenersi essenziale ai fini della sicurezza delle persone. Nei luoghi <strong>di</strong> lavoro costituiti da<br />

attività ricettive, l‟installazione <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> rivelazione automatica <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o deve essere<br />

normalmente prevista. In altri luoghi <strong>di</strong> lavoro dove il sistema <strong>di</strong> vie <strong>di</strong> esodo non rispetta le misure<br />

in<strong>di</strong>cate nel presente allegato, si può prevedere l‟installazione <strong>di</strong> un sistema automatico <strong>di</strong> rivelazione<br />

quale misura compensativa.<br />

Un impianto automatico <strong>di</strong> rivelazione può essere previsto in aree non frequentate ove un<br />

incen<strong>di</strong>o potrebbe svilupparsi ed essere scoperto solo dopo che ha interessato le vie <strong>di</strong> esodo.<br />

Se un allarme viene attivato, sia tramite un impianto <strong>di</strong> rivelazione automatica che un sistema a<br />

comando manuale, i due sistemi devono essere tra loro integrati.<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

ATTREZZATURE ED IMPIANTI DI ESTINZIONE DEGLI INCENDI<br />

5.1 Classificazione degli incen<strong>di</strong><br />

Ai fini del presente decreto, gli incen<strong>di</strong> sono classificati come segue:<br />

incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe A: incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> materiali soli<strong>di</strong>, usualmente <strong>di</strong> natura organica, che portano alle<br />

formazioni <strong>di</strong> braci;<br />

incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe B: incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> materiali liqui<strong>di</strong> o soli<strong>di</strong> liquefacibili, quali petrolio, paraffina,<br />

vernici, oli, grassi, ecc.;<br />

incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe C: incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> gas;<br />

incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe D: incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> sostanze metalliche.<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe A<br />

L‟acqua, la schiuma e la polvere sono le sostanze estinguenti più comunemente utilizzate per tali<br />

incen<strong>di</strong>. Le attrezzature utilizzanti gli estinguenti citati sono estintori, naspi, idranti, od altri <strong>impianti</strong> <strong>di</strong><br />

estinzione ad acqua.<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe B<br />

Per questo tipo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong> gli estinguenti più comunemente utilizzati sono costituiti da schiuma,<br />

polvere e anidride carbonica.<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe C<br />

L‟intervento principale contro tali incen<strong>di</strong> è quello <strong>di</strong> bloccare il flusso <strong>di</strong> gas chiudendo la<br />

valvola <strong>di</strong> intercettazione o otturando la falla. A tale proposito si richiama il fatto che esiste il rischio <strong>di</strong><br />

esplosione se un incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> gas viene estinto prima <strong>di</strong> intercettare il flusso del gas.<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe D<br />

Nessuno degli estinguenti normalmente utilizzati per gli incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe A e B è idoneo per<br />

incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> sostanze metalliche che bruciano (alluminio, magnesio, potassio, so<strong>di</strong>o). In tali incen<strong>di</strong><br />

occorre utilizzare delle polveri speciali od operare con personale particolarmente addestrato.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

292<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> ed attrezzature elettriche sotto tensione<br />

Gli estinguenti specifici per incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> elettrici sono costituiti da polveri <strong>di</strong>elettriche e<br />

da anidride carbonica....omissis...<br />

6.4. Attrezzature ed <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> protezione antincen<strong>di</strong>o<br />

Il datore <strong>di</strong> lavoro è responsabile del mantenimento delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> efficienza delle<br />

attrezzature ed <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> protezione antincen<strong>di</strong>o.<br />

Il datore <strong>di</strong> lavoro deve attuare la sorveglianza, il controllo e la manutenzione delle attrezzature<br />

ed <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> protezione antincen<strong>di</strong>o in conformità a quanto previsto dalle <strong>di</strong>sposizioni legislative e<br />

regolamentari vigenti.<br />

Scopo dell‟attività <strong>di</strong> sorveglianza, controllo e manutenzione è quello <strong>di</strong> rilevare e rimuovere<br />

qualunque causa, deficienza, danno od impe<strong>di</strong>mento che possa pregiu<strong>di</strong>care il corretto funzionamento<br />

ed uso dei presi<strong>di</strong> antincen<strong>di</strong>o.<br />

L‟attività <strong>di</strong> controllo perio<strong>di</strong>ca e la manutenzione deve essere eseguita da personale competente<br />

e qualificato. ....<br />

…..omissis...<br />

9.2. Attività a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o elevato<br />

La classificazione <strong>di</strong> tali luoghi avviene secondo i criteri <strong>di</strong> cui all‟allegato I al presente decreto.<br />

A titolo esemplificativo e non esaustivo si riporta un elenco <strong>di</strong> attività da considerare ad elevato<br />

rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o:<br />

industrie e depositi <strong>di</strong> cui agli articoli 4 e 6 del DPR n. 175/1988, e successive mo<strong>di</strong>fiche ed<br />

integrazioni;<br />

fabbriche e depositi <strong>di</strong> esplosivi;<br />

centrali termoelettriche;<br />

aziende estrattive <strong>di</strong> oli minerali e gas combustibili;<br />

<strong>impianti</strong> e laboratori nucleari;<br />

depositi al chiuso <strong>di</strong> materiali combustibili aventi superficie superiore a 20.000 m2;<br />

attività commerciali ed espositive con superficie aperta al pubblico superiore a 10.000 m2;<br />

scali aeroportuali, infrastrutture ferroviarie e metropolitane;<br />

alberghi con oltre 200 posti letto;<br />

ospedali, case <strong>di</strong> cura e case <strong>di</strong> ricovero per anziani;<br />

scuole <strong>di</strong> ogni or<strong>di</strong>ne e grado con oltre 1000 persone presenti;<br />

uffici con oltre 1000 <strong>di</strong>pendenti;<br />

cantieri temporanei o mobili in sotterraneo per la costruzione, manutenzione e riparazione <strong>di</strong><br />

gallerie, caverne, pozzi ed opere simili <strong>di</strong> lunghezza superiore a 50 m;<br />

cantieri temporanei o mobili ove si impiegano esplosivi.<br />

I corsi <strong>di</strong> formazione per gli addetti nelle sovrariportate attività devono essere basati sui<br />

contenuti e durate riportate nel corso C.<br />

<br />

<br />

9.3. Attività a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o me<strong>di</strong>o<br />

Rientrano in tale categoria <strong>di</strong> attività:<br />

i luoghi <strong>di</strong> lavoro compresi nell‟allegato D.M. 16 febbraio 1982 e nelle tabelle A e B annesse al<br />

DPR n. 689 del 1959, con esclusione delle attività considerate a rischio elevato;<br />

i cantieri temporanei e mobili ove si detengono ed impiegano sostanze infiammabili e si fa<br />

uso <strong>di</strong> fiamme libere, esclusi quelli interamente all‟aperto. La formazione dei lavoratori addetti in<br />

tali attività deve essere basata sui contenuti del corso B.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

293<br />

9.4. Attività a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o basso<br />

Rientrano in tale categoria <strong>di</strong> attività quelle non classificabili a me<strong>di</strong>o ed elevato rischio e dove,<br />

in generale, sono presenti sostanze scarsamente infiammabili, dove le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> esercizio offrono<br />

scarsa possibilità <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> focolai e ove non sussistono probabilità <strong>di</strong> propagazione delle fiamme.<br />

...omissis...<br />

8.14 CIRCOLARE N. 91 DEL 14/09/61<br />

Con l‟aumento della produzione dei materiali ferrosi, che negli ultimi anni ha assunto un ritmo<br />

rapidamente crescente, si è reso possibile, anche dal punto <strong>di</strong> vista economico, l‟utilizzazione dei<br />

profilati d‟acciaio per la costituzione delle strutture portanti anche nelle costruzioni a<strong>di</strong>bite a fini civili.<br />

Tale impiego, che se effettuato in<strong>di</strong>scriminatamente, potrebbe determinare gravi pericoli per la<br />

stabilità degli e<strong>di</strong>fici in caso <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, ha consigliato lo stu<strong>di</strong>o e l‟emanazione <strong>di</strong> apposite Norme<br />

<strong>di</strong>rette alla protezione delle persone presenti in tali costruzioni dai pericoli innanzi detti.<br />

Dopo un preventivo fondamentale stu<strong>di</strong>o delle Norme stesse condotto da apposita<br />

Commissione del Consiglio Nazionale delle Ricerche, questo Ministero ha pre<strong>di</strong>sposto un proprio<br />

schema che si allega alla presente.<br />

Le Norme tengono conto <strong>di</strong> esperienze sia estere che nazionali in materia nonché dalla pratica<br />

<strong>di</strong> servizio che il Corpo Nazionale Vigili del fuoco ha nel campo <strong>di</strong> sua specifica competenza.<br />

Esse sono basate sul criterio fondamentale che la struttura debba resistere, senza rovinare,<br />

all‟incen<strong>di</strong>o delle sostanze combustibili in essa contenute.<br />

Pertanto il grado <strong>di</strong> protezione delle strutture <strong>di</strong> acciaio varia secondo la qualità e la quantità dei<br />

materiale combustibili presenti nei singoli locali, nonché in base alla destinazione dei locali stessi, alla<br />

posizione ed al numero delle uscite, al pericolo della propagazione del fuoco ad altri fabbricati e<br />

finalmente alla rapi<strong>di</strong>tà ed importanza presuntiva del soccorso.<br />

Poiché gli elementi <strong>di</strong> valutazione della natura e dell‟entità del rischio, nonché della rapi<strong>di</strong>tà ed<br />

importanza dei mezzi <strong>di</strong> soccorso, devono essere determinati in sede <strong>di</strong> progetto, le <strong>di</strong>chiarazioni<br />

rilasciate dai richiedenti la licenza <strong>di</strong> costruzione debbono avere carattere vincolante per l‟uso cui<br />

l‟e<strong>di</strong>ficio sarà destinato.<br />

Le Norme <strong>di</strong> cui al testo allegato dovranno essere applicate per la formulazione del parere che,<br />

ai fini della sicurezza, i Coman<strong>di</strong> dei Vigili del fuoco esprimeranno in sede <strong>di</strong> approvazione dei<br />

progetti degli e<strong>di</strong>fici civili.<br />

...omissis...<br />

8.14.1 PREMESSE<br />

Le presenti Norme hanno lo scopo <strong>di</strong> fornire ai progettisti ed ai costruttori <strong>di</strong> fabbricati civili<br />

con struttura <strong>di</strong> acciaio i criteri per il proporzionamento della protezione contro il fuoco da <strong>di</strong>sporre a<br />

<strong>di</strong>fesa delle strutture metalliche, in modo che l‟incen<strong>di</strong>o delle materie combustibili nel fabbricato si<br />

esaurisca prima che le strutture stesse raggiungano temperature tali da comprometterne la stabilità. Le<br />

Norme non si applicano ai fabbricati militari ed industriali.<br />

Sono valide tutte le norme <strong>di</strong> carattere <strong>di</strong>stributivo, costruttivo ed in genere <strong>di</strong> sicurezza previste<br />

dalle vigenti <strong>di</strong>sposizioni che <strong>di</strong>sciplinano la <strong>di</strong>stribuzione ed il funzionamento dei locali a<strong>di</strong>biti ad usi<br />

speciali.<br />

Per durata <strong>di</strong> resistenza al fuoco in forno si intende il tempo in minuti, misurato a partire<br />

dall‟accensione del fuoco, dopo il quale l‟elemento costruttivo considerato, sottoposto a prova a fuoco<br />

secondo la curva unificata <strong>di</strong> temperatura e le modalità delle prove in forno (1), perde la sua capacità<br />

portante.<br />

La durata <strong>di</strong> resistenza al fuoco effettiva <strong>di</strong> un locale o <strong>di</strong> una struttura, sottoposti ad incen<strong>di</strong>o<br />

reale, é in relazione <strong>di</strong>retta con la quantità <strong>di</strong> materiale combustibile presente, espressa dal “carico <strong>di</strong><br />

incen<strong>di</strong>o” ed é in ogni caso maggiore della durata <strong>di</strong> resistenza determinata eseguendo una prova in<br />

forno con curva unificata <strong>di</strong> temperatura e con lo stesso carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o.<br />

Il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o é espresso dalla quantità equivalente <strong>di</strong> legno per m², che si ottiene<br />

<strong>di</strong>videndo per 4.400 (potere calorifico superiore del legno) il numero <strong>di</strong> calorie per unità <strong>di</strong> superficie


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

294<br />

orizzontale del locale, o del piano considerato, che al massimo si possono sviluppare per effetto della<br />

combustione <strong>di</strong> tutti i materiali combustibili presenti:<br />

q = g i H i / (A• 4400)<br />

dove:<br />

q é il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o (in kg legna / m²)<br />

gi il peso (in kg) del generico fra gli n combustibili che si prevedono presenti nel locale o<br />

nel piano nelle con<strong>di</strong>zioni più gravose <strong>di</strong> carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

H i é il potere calorifico (in kcal/kg) del generico fra gli n combustibili <strong>di</strong> peso g i ;<br />

A é la superficie orizzontale (in m²) del locale o del piano del fabbricato considerato<br />

4.400 é il potere calorifico del legno (in kcal/kg).<br />

Le con<strong>di</strong>zioni più gravose del carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> un certo locale o piano sono quelle per le<br />

quali la sommatoria g i • H i è massima e vanno determinate esaminando le previste utilizzazioni dei<br />

locali e dei piani come <strong>di</strong>chiarato dal progettista e dal proprietario del fabbricato stesso.<br />

Gli elementi che determinano la durata <strong>di</strong> resistenza al fuoco durante le prove in forno sono<br />

riportati in Appen<strong>di</strong>ce (omissis).<br />

Poiché la durata <strong>di</strong> resistenza al fuoco viene determinata in base ai risultati della prova <strong>di</strong><br />

incen<strong>di</strong>o unificata eseguita in forno le presenti Norme forniscono gli elementi necessari per stabilire la<br />

relazione che esiste far l‟incen<strong>di</strong>o reale e l‟incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> prova in forno. Il proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong><br />

determinazione <strong>di</strong> questi elementi si basa sulla valutazione statistica dei vari fattori che influiscono<br />

sulla durata <strong>di</strong> resistenza al fuoco effettiva in casi normali <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o.<br />

...omissis...<br />

Art. 3. classi <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici<br />

Per i fabbricati civili con struttura <strong>di</strong> acciaio vengono <strong>di</strong>stinte le seguenti classi:<br />

Classe 15<br />

Classe 30<br />

Classe 45<br />

Classe 60<br />

Classe 90<br />

Classe 120<br />

Classe 180<br />

Il numero in<strong>di</strong>cativo <strong>di</strong> ogni classe esprime il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o virtuale in kg/m2 <strong>di</strong> legna<br />

standard. Detto numero in<strong>di</strong>cativo esprime anche in minuti primi la durata minima <strong>di</strong> resistenza al<br />

fuoco da richiedere alla struttura o all‟elemento costruttivo in esame.<br />

Art. 4. determinazione delle classi<br />

La classe del piano o del locale considerato si determina pertanto in base alla formula:<br />

C = k • q<br />

in cui:<br />

C è il numero in<strong>di</strong>cativo della classe<br />

q è il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong>chiarato (in kg legna/m2)<br />

k è un coefficiente <strong>di</strong> riduzione che tiene conto delle con<strong>di</strong>zioni reali <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o del<br />

locale o del piano nel complesso dell‟e<strong>di</strong>ficio.<br />

Art. 5. calcolo del coefficiente <strong>di</strong> riduzione del carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

Il valore del coefficiente k, compreso tra 0,2 e 1,0, viene determinato secondo le modalità che<br />

seguono, in base alle caratteristiche dell‟e<strong>di</strong>ficio, alla natura del materiale combustibile presente, alla<br />

destinazione, alla <strong>di</strong>stanza da altri e<strong>di</strong>fici ed alle esistenti misure <strong>di</strong> segnalazione e prevenzione degli<br />

incen<strong>di</strong>. Per il calcolo del coefficiente <strong>di</strong> riduzione, i singoli fattori <strong>di</strong> influenza vengono valutati


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

295<br />

me<strong>di</strong>ante in<strong>di</strong>ci numerici che possono essere negativi o positivi, in quanto si intendono riferiti alle<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> un caso reale me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o.<br />

Gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> valutazione degli e<strong>di</strong>fici nel loro complesso e dei singoli piani e locali sono in<strong>di</strong>cati<br />

nella Tabella 33. Il valore della somma algebrica degli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> valutazione, riportato in ascisse nel<br />

<strong>di</strong>agramma <strong>di</strong> fig. 1 a pag. seguente (omissis), fornisce <strong>di</strong>rettamente il coefficiente <strong>di</strong> riduzione, per cui<br />

va moltiplicato il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o per la determinazione della classe del piano e del locale nell‟ambito<br />

dell‟e<strong>di</strong>ficio considerato.<br />

Art. 1 poteri calorifici superiori <strong>di</strong> alcuni combustibili<br />

A scopo in<strong>di</strong>cativo, ai fini del calcolo dei carichi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o nei singoli piani e locali <strong>di</strong> un<br />

e<strong>di</strong>ficio, si riportano nella presente Tabella 34 i calori specifici superiori delle sostanze combustibili più<br />

comunemente presenti negli e<strong>di</strong>fici civili.<br />

8.15 SICUREZZA E RESISTENZA AL FUOCO<br />

Tabella 34: Alcuni poteri calorifici utili<br />

Il rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> un ambiente <strong>di</strong>pende da numerose variabili: dalle caratteristiche dello<br />

scenario <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, quali la presenza <strong>di</strong> sorgenti <strong>di</strong> ignizione, le <strong>di</strong>stanze delle sorgenti dal prodotto<br />

potenzialmente infiammabile, l‟area esposta, l‟orientamento verticale o orizzontale del prodotto, la<br />

forma, le <strong>di</strong>mensioni e la posizione delle aperture <strong>di</strong> areazione.<br />

Il livello <strong>di</strong> pericolo globale è inoltre con<strong>di</strong>zionato dai pericoli della reazione al fuoco dei<br />

materiali contenuti nell‟ambiente. Con questo articolo si intende fornire una trattazione sintetica che<br />

evidenzi l‟importanza che attualmente rivestono, ai fini della sicurezza contro gli incen<strong>di</strong>, le valutazioni<br />

<strong>di</strong> comportamento al fuoco dei prodotti, con particolare riferimento alla reazione al fuoco dei<br />

materiali contenuti nell‟ambiente abitativo, industriale, commerciale e all‟attuale quadro normativo.<br />

8.16 D.M. 26/08/1984<br />

Art. 1 scopo<br />

Il presente decreto ha lo scopo <strong>di</strong> stabilire norme, criteri e procedure per la classificazione <strong>di</strong><br />

reazione al fuoco e l‟omologazione dei materiali ai fini della prevenzione incen<strong>di</strong> con esclusione dei<br />

rischi derivanti dai fumi emessi, in caso d‟incen<strong>di</strong>o, dai suddetti materiali.<br />

Art. 2 Definizione<br />

2.1 Materiale<br />

Il componente (o i componenti variamente associati) che può (o possono) partecipare alla<br />

combustione in <strong>di</strong>pendenza della propria natura chimica e delle effettive con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> messa in opera<br />

per l‟utilizzazione.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

296<br />

2.2 Reazione al fuoco<br />

Gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> partecipazione <strong>di</strong> un materiale combustibile al fuoco al quale è sottoposto. In relazione<br />

a ciò i materiali sono assegnati alle classi 0, 1, 2, 3, 4, 5 con l‟aumentare della loro partecipazione alla<br />

combustione; quelli <strong>di</strong> classe 0 sono non combustibili.<br />

8.17 D.M. 30/11/1983<br />

1.3. Carico d’incen<strong>di</strong>o<br />

Potenziale termico della totalità dei materiali combustibili contenuti in uno spazio, ivi compresi i<br />

rivestimenti dei muri, delle pareti provvisorie, dei pavimenti e dei soffitti.<br />

Convenzionalmente è espresso in chilogrammi <strong>di</strong> legno equivalente (potere calorifico inferiore<br />

4.400 Kcal/Kg.)<br />

1.11. Resistenza al fuoco<br />

Attitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un elemento da costruzione (componente o struttura) a conservare, secondo un<br />

programma termico prestabilito e per un tempo determinato in tutto o in parte: la stabilità “R”, la<br />

tenuta “E”, l‟isolamento termico “I”, così definiti:<br />

R stabilità: attitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un elemento da costruzione a conservare la resistenza meccanica sotto<br />

l‟azione del fuoco;<br />

E tenuta : attitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un elemento da costruzione a non lasciar passare ne produrre, se<br />

sottoposto all‟azione del fuoco su un lato, fiamme, vapori o gas cal<strong>di</strong> sul lato non esposto;<br />

I isolamento termico: attitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un elemento da costruzione a ridurre, entro un dato limite,<br />

la trasmissione del calore.<br />

Gli intervalli <strong>di</strong> tempo stabiliti sono: 15, 30, 45, 60, 90 120 e 180 minuti primi. Pertanto:<br />

con il simbolo “REI 90” si identifica un elemento costruttivo che deve conservare, per 90<br />

minuti, la stabilità, la tenuta e l‟isolamento termico.<br />

con il simbolo “RE” si identifica un elemento costruttivo che deve conservare, per un tempo<br />

determinato, la stabilità e la tenuta.<br />

con il simbolo “R 120” si identifica un elemento costruttivo che deve rimanere, per 120 minuti,<br />

indenne all‟esposizione dell‟incen<strong>di</strong>o, ma non garantisce dalla possibilità del passaggio <strong>di</strong> fumi e<br />

calore attraverso <strong>di</strong> essa.<br />

Per la classificazione degli elementi non portanti il criterio “R” è automaticamente sod<strong>di</strong>sfatto<br />

qualora siano sod<strong>di</strong>sfatti i criteri “E” ed “I”.<br />

8.18 CIRCOLARE N. 24 DEL 26/01/1993<br />

Come è noto gli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> protezione attiva antincen<strong>di</strong> nel loro complesso costituiscono una<br />

delle misure fondamentali per il conseguimento delle finalità della prevenzione incen<strong>di</strong>. In particolare<br />

tali <strong>impianti</strong> sono annoverati fra gli accorgimenti intesi a ridurre le conseguenze dell‟incen<strong>di</strong>o a mezzo<br />

della sua rivelazione precoce e della estinzione rapida nella fase del suo sviluppo.<br />

In considerazione pertanto dell‟importanza che tali <strong>impianti</strong> rivestono, si ritiene necessario<br />

fornire le seguenti in<strong>di</strong>cazioni affinché in sede <strong>di</strong> esame dei progetti e <strong>di</strong> rilascio dei certificati <strong>di</strong><br />

prevenzione incen<strong>di</strong>, venga particolarmente curato l‟aspetto dell‟<strong>impianti</strong>stica antincen<strong>di</strong>o, anche in<br />

correlazione con le <strong>di</strong>sposizioni legislative concernenti la sicurezza degli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> cui alla legge 5<br />

marzo 1990, n. 46 e DPR 6 <strong>di</strong>cembre 1991, n. 477. In tale ottica si ravvisa l‟opportunità che i Coman<strong>di</strong><br />

Provinciali dei Vigili del Fuoco acquisiscano fra la documentazione allegata all‟istanza <strong>di</strong> approvazione<br />

preventiva dei progetti, per le attività soggette ai controlli <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong> il progetto<br />

particolareggiato degli <strong>impianti</strong> antincen<strong>di</strong>o previsti dalle specifiche norme <strong>di</strong> sicurezza, ovvero<br />

richiesti dai Coman<strong>di</strong> stessi in virtù dell‟articolo 3 del DPR 29 luglio 1982, n. 577 per attività non<br />

normate.<br />

Gli <strong>impianti</strong> in argomento dovranno essere progettati nel rispetto delle specifiche norme <strong>di</strong><br />

sicurezza antincen<strong>di</strong> e secondo la regola d‟arte. Nel richiamare che questo Ministero per attività<br />

soggette a controllo ha già provveduto ad emanare normative relative a tipi <strong>di</strong> impianto, a


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

297<br />

caratteristiche generali e a prestazioni specifiche, si rende noto che sono in via <strong>di</strong> recepimento, con<br />

decreti ministeriali, le norme tecniche UNI-VV.F., i cui estremi si riportano in allegato, e che nelle<br />

more del recepimento stesso, definendo compiutamente caratteristiche e prestazioni <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> e<br />

componenti, rendono possibile considerare gli <strong>impianti</strong> realizzati secondo dette norme rispondenti alla<br />

regola dell‟arte.<br />

Il progetto dovrà essere redatto allegando una serie <strong>di</strong> elaborati tecnici necessari per ottenere<br />

una completa visione degli <strong>impianti</strong> antincen<strong>di</strong>o che lo costituiscono quali:<br />

<br />

<br />

<br />

schema a blocchi dell‟impianto con rappresentazione delle parti principali;<br />

<strong>di</strong>segni planimetrici, in scala opportuna, con la rappresentazione grafica degli <strong>impianti</strong> e del tipo<br />

<strong>di</strong> installazione, con l‟ubicazione delle attrezzature <strong>di</strong> protezione attiva e dei coman<strong>di</strong><br />

dell‟impianto, con specifico riferimento ai singoli ambienti da proteggere;<br />

relazione tecnico descrittiva sulla tipologia e consistenza degli <strong>impianti</strong> e relative in<strong>di</strong>cazioni sul<br />

calcolo analitico effettuato secondo le norme <strong>di</strong> riferimento.<br />

Gli elaborati grafici e la relazione tecnica dovranno essere redatti facendo uso dei simboli grafici<br />

e della terminologia contenuta nel DM 30 novembre 1983 e debitamente firmati da professionisti<br />

regolarmente abilitati nell‟ambito delle specifiche competenze.<br />

Ai fini del rilascio del certificato <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong> i Coman<strong>di</strong> Provinciali, anche per quanto<br />

attiene gli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> protezione attiva antincen<strong>di</strong> ed i relativi componenti, oltre agli accertamenti ed<br />

alle valutazioni <strong>di</strong>rettamente eseguite, potranno richiedere certificazioni rilasciate da enti, laboratori o<br />

professionisti autorizzati ed iscritti negli elenchi del Ministero dell‟interno ai sensi dell‟articolo I,<br />

comma 2 della legge 7 <strong>di</strong>cembre 1984, n. 818; dovranno inoltre acquisire la <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong><br />

conformità degli <strong>impianti</strong> realizzati nel rispetto delle specifiche norme <strong>di</strong> sicurezza antincen<strong>di</strong> e<br />

secondo la regola d‟arte. Tale <strong>di</strong>chiarazione dovrà essere rilasciata dalla <strong>di</strong>tta installatrice secondo il<br />

modello al DM 20 febbraio 1992 (G.U. n. 49 del 28 febbraio 1992).<br />

Fermo restando quanto innanzi detto, per gli <strong>impianti</strong> antincen<strong>di</strong> negli e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> civile abitazione<br />

con altezza in gronda superiore a 24 m, soggetti ai controlli <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong> ai sensi del punto<br />

94 del D.M. 16 febbraio 1982, si richiama l‟attenzione sull‟obbligatorietà del rispetto del <strong>di</strong>sposto<br />

normativo con le <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> cui all‟Art. 14 della legge 5 marzo 1990, n. 46.<br />

8.19 ALLEGATO: NORME UNI-VV.F RELATIVE AI COMPONENTI DI IMPIANTO<br />

<br />

<br />

<br />

UNI-VV.F. 9485 Apparecchiature per estinzione incen<strong>di</strong> Idranti a colonna soprasuolo in<br />

ghisa.<br />

UNI-VV.F. 9486 Apparecchiature per estinzione incen<strong>di</strong> Idranti sottosuolo in ghisa.<br />

UNI-VV.F. 9487 Apparecchiature per estinzione incen<strong>di</strong> Tubazioni flessibili antincen<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

DN 45 e 70 per pressioni <strong>di</strong> esercizio fino a 1.2 MPa.<br />

UNI-VV.F. 9488 Apparecchiature per estinzione incen<strong>di</strong> Tubazioni semirigide DN 20 e 25<br />

per naspi antincen<strong>di</strong>o.<br />

UNI-VV.F. 9491 Apparecchiature per estinzione incen<strong>di</strong>, <strong>impianti</strong> fissi <strong>di</strong> estinzione<br />

automatici a pioggia , erogatori (sprinkler).<br />

<br />

UNI-VV.F. 9487 Apparecchiature per estinzione incen<strong>di</strong> Tubazioni flessibili antincen<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

DN 45 e 70 per pressioni <strong>di</strong> esercizio fino a 1.2 MPa.<br />

8.20 NORME UNI-VV.F RELATIVE A IMPIANTI<br />

UNI-VV.F. 9489 Apparecchiature per estinzione incen<strong>di</strong>, <strong>impianti</strong> fissi <strong>di</strong> estinzione<br />

automatici a pioggia (sprinkler).<br />

UNI-VV.F. 9490 Apparecchiature per estinzione incen<strong>di</strong> Alimentazioni idriche per <strong>impianti</strong><br />

automatici antincen<strong>di</strong>o.<br />

UNI-VV.F. 9494 Evacuatori <strong>di</strong> fumo e calore: caratteristiche, <strong>di</strong>mensionamento e prove.<br />

UNI-VV.F. 9795 Sistemi fissi automatici <strong>di</strong> rivelazione e <strong>di</strong> segnalazione manuale d‟incen<strong>di</strong>o.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

298<br />

8.21 D.P.R. 29/07/1982 N. 577<br />

Art. 1.5 compartimento antincen<strong>di</strong>o<br />

Parte <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficio 61 delimitata da elementi costruttivi <strong>di</strong> resistenza al fuoco predeterminata e<br />

organizzato per rispondere alle esigenze della prevenzione incen<strong>di</strong>.<br />

Art. 3 principi <strong>di</strong> base e misure tecniche fondamentali<br />

Per il conseguimento delle finalità perseguite dal presente decreto del Presidente della<br />

Repubblica si provvede, oltre che me<strong>di</strong>ante controlli, anche me<strong>di</strong>ante norme tecniche che vengono<br />

adottate dal Ministero dell‟interno <strong>di</strong> concerto con le amministrazioni <strong>di</strong> volta in volta interessate.<br />

Le predette norme, fondate su presupposti tecnico scientifici generali in relazione alle situazioni<br />

<strong>di</strong> rischio tipiche da prevenire, dovranno specificare:<br />

1. misure, provve<strong>di</strong>menti ed accorgimenti operativi intesi a ridurre la probabilità dell‟insorgere<br />

dell‟incen<strong>di</strong>o quali <strong>di</strong>spositivi, sistemi, <strong>impianti</strong>, procedure <strong>di</strong> svolgimento <strong>di</strong> determinate<br />

operazioni atti ad influire sulle sorgenti d‟ignizione, sul materiale combustibile e sull‟agente<br />

ossidante;<br />

2. misure, provve<strong>di</strong>menti ed accorgimenti operativi atti a limitare le conseguenze dell‟incen<strong>di</strong>o<br />

quali sistemi, <strong>di</strong>spositivi e caratteristiche costruttive, sistemi per le vie d‟esodo d‟emergenza,<br />

<strong>di</strong>spositivi, <strong>impianti</strong>, <strong>di</strong>stanziamenti, compartimentazioni e simili;<br />

3. apprestamenti e misure antincen<strong>di</strong> pre<strong>di</strong>sposti a cura <strong>di</strong> titolari <strong>di</strong> attività comportanti<br />

notevoli livelli <strong>di</strong> rischio ai sensi <strong>di</strong> quanto fissato dall‟Art. 2, comma c) della legge 13 maggio<br />

1961, n. 469.<br />

8.22 LA PREVENZIONE DEGLI INCENDI<br />

L‟incen<strong>di</strong>o, definito come “una combustione incontrollata <strong>di</strong> materiali e strutture<br />

combustibili”, costituisce una delle maggiori insi<strong>di</strong>e che minacciano l‟integrità <strong>di</strong> strutture, <strong>di</strong> beni e la<br />

sicurezza delle persone. Tale fenomeno, vista la rilevanza e la globalità delle conseguenze, deve essere<br />

affrontato sia a livello <strong>di</strong> prevenzione sia a livello <strong>di</strong> protezione; la materia inter<strong>di</strong>sciplinare che stu<strong>di</strong>a e<br />

applica i provve<strong>di</strong>menti, i mezzi, le azioni ed i mo<strong>di</strong> per il conseguimento degli obiettivi della sicurezza<br />

contro i rischi dell‟incen<strong>di</strong>o è la “prevenzione incen<strong>di</strong>”.<br />

L‟attuale concezione della prevenzione incen<strong>di</strong> intesa come l‟azione <strong>di</strong>retta al con<strong>di</strong>zionamento<br />

dei sistemi <strong>di</strong> combustione, sia allo stato potenziale <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o sia allo stato <strong>di</strong> combustione,<br />

può essere espressa attraverso:<br />

la prevenzione degli incen<strong>di</strong> vera e propria, che persegue l‟obiettivo <strong>di</strong> ridurre la probabilità<br />

<br />

dell‟acca<strong>di</strong>mento dell‟incen<strong>di</strong>o;<br />

la protezione antincen<strong>di</strong>o, che ha lo scopo <strong>di</strong> ridurre i danni entro limiti accettabili.<br />

In merito ai provve<strong>di</strong>menti da attuare per il conseguimento degli obiettivi sopra esposti si<br />

possono definire conseguentemente le misure <strong>di</strong> prevenzione antincen<strong>di</strong>o e le misure <strong>di</strong> protezione<br />

antincen<strong>di</strong>o, precisando che queste ultime svolgono il ruolo <strong>di</strong> protezione attiva e protezione<br />

passiva.<br />

I sistemi <strong>di</strong> evacuazione del fumo e del calore, tema principale della presente trattazione,<br />

costituiscono uno dei provve<strong>di</strong>menti da adottare ai fini della prevenzione incen<strong>di</strong> intesa sia a livello <strong>di</strong><br />

prevenzione sia a livello <strong>di</strong> protezione.<br />

In ultimo è opportuno ricordare che un sistema <strong>di</strong> combustione allo stato potenziale presenta<br />

sempre un rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, e che tale rischio non può essere annullato, ma solamente ridotto. Lo<br />

stu<strong>di</strong>o dello stato <strong>di</strong> un sistema e delle sue possibili evoluzioni, l‟in<strong>di</strong>viduazione e la valutazione dei<br />

fattori <strong>di</strong> rischio, nonché la riduzione <strong>di</strong> tali fattori e delle conseguenze dovute al mancato controllo<br />

del rischio primario, costituiscono l‟analisi dei rischi.<br />

61 Le <strong>di</strong>mensioni dei comparti sono determinate <strong>di</strong> volta in volta in funzione della destinazione d‟uso del locale<br />

secondo quanto stabilito dalle varie Regole Tecniche dei VV.F.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

299<br />

8.23 PROFILO DI INCENDIO<br />

L‟incen<strong>di</strong>o è un fenomeno complesso che coinvolge generalmente materiali <strong>di</strong>fferenti e nelle<br />

con<strong>di</strong>zioni più <strong>di</strong>verse; può manifestarsi imme<strong>di</strong>atamente o restare latente anche per tempi non brevi,<br />

e poi manifestarsi con grande violenza e rapi<strong>di</strong>tà, con la propagazione esplosiva del fuoco (flash-over<br />

UNI9494) e con fenomeni dovuti a ignizioni esplosive <strong>di</strong> gas incombusti.<br />

La latenza, nel suo significato più generale, in<strong>di</strong>ca il periodo <strong>di</strong> tempo che intercorre tra l‟inizio<br />

dell‟incen<strong>di</strong>o e la sua scoperta; quest‟ultima <strong>di</strong>pende sicuramente dal luogo dove ha origine l‟incen<strong>di</strong>o e<br />

dalla modalità con cui viene rilevato (ve<strong>di</strong> anche la presenza ed efficienza <strong>di</strong> sistemi <strong>di</strong> protezione<br />

attiva).<br />

Superato il periodo <strong>di</strong> latenza, l‟incen<strong>di</strong>o si sviluppa molto rapidamente, in funzione ovviamente<br />

delle con<strong>di</strong>zioni ambientali e dei tipi e dei quantitativi <strong>di</strong> materiali interessati dal fenomeno; la velocità<br />

<strong>di</strong> propagazione dello stesso può essere notevolmente accelerata dalla presenza <strong>di</strong> liqui<strong>di</strong> infiammabili,<br />

o da fenomeni esplosivi dovuti alla formazione <strong>di</strong> miscele combustibili gassose o <strong>di</strong> nubi <strong>di</strong> polvere.<br />

Sulla base dei risultati emersi da stu<strong>di</strong> e ricerche effettuati su scala reale, nonché dagli elementi<br />

emersi dall‟analisi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong> accaduti realmente, si è definita una schematica rappresentazione delle<br />

caratteristiche dell‟incen<strong>di</strong>o che si può sviluppare all‟interno <strong>di</strong> uno spazio chiuso.<br />

Figura 261: Curva tipo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

L‟incen<strong>di</strong>o così identificato, rappresentato della relativa curva temperatura-tempo (Figura 261),<br />

può essere sud<strong>di</strong>viso in tre fasi:<br />

Prima Fase, Iniziale O Accensione<br />

Caratterizzata da una durata <strong>di</strong> circa 20 minuti, presenta un rapido aumento della temperatura<br />

me<strong>di</strong>a e della velocità <strong>di</strong> combustione delle sostanze coinvolte. In questa fase il calore delle fiamme e<br />

dei prodotti della combustione viene trasferito ai materiali presenti i quali liberano gas <strong>di</strong> <strong>di</strong>stillazione.<br />

La temperatura del locale è relativamente bassa, i danni sono limitati e si hanno considerevoli<br />

possibilità <strong>di</strong> intervento e <strong>di</strong> sfollamento delle persone.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

300<br />

Seconda Fase, Di Combustione Attiva Costante<br />

Caratterizzata da una combustione generalizzata <strong>di</strong> tutti i materiali (flash-over) con temperatura<br />

tendenzialmente uniforme in tutta l‟area interessata. I gas <strong>di</strong> <strong>di</strong>stillazione prodotti formano con l‟aria<br />

dell‟ambiente una miscela combustibile che può entrare in combustione unitamente ai materiali che già<br />

bruciano. La temperatura me<strong>di</strong>a sale molto rapidamente, si raggiungono i 1000C e oltre; la velocità <strong>di</strong><br />

combustione delle sostanze coinvolte passa da 0,51 kg/min dell‟inizio della combustione ai 1516<br />

kg/min dopo il flash-over.<br />

Terza Fase, <strong>di</strong> Regressione o <strong>di</strong> Raffreddamento<br />

La combustione volge alla conclusione; la temperatura si abbassa gradualmente.<br />

8.24 CAUSE DI INCENDIO<br />

Le cause <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o propriamente dette, identificate come il motivo iniziale dell‟accensione,<br />

sono <strong>di</strong> natura più svariata; comunque, in linea teorica, sono conosciute. Parlando <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, ovvero<br />

<strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong>, dobbiamo però analizzare le cause <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o ed i fattori che le determinano:<br />

gli eventi che causano o concorrono alla creazione delle con<strong>di</strong>zioni dell‟acca<strong>di</strong>mento primario; si può<br />

pertanto parlare più precisamente <strong>di</strong> “fattori <strong>di</strong> rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o”.<br />

Mentre le cause <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o propriamente dette sono conosciute, esiste un margine <strong>di</strong> incertezza<br />

nell‟analisi dei fattori che le determinano:<br />

<br />

si può considerare, ad esempio, l‟influenza <strong>di</strong> particolari fenomeni impreve<strong>di</strong>bili, quella dovuta<br />

ad anomalie <strong>di</strong> apparecchi, o quella dovuta ad errore umano.<br />

Anche uno stu<strong>di</strong>o incentrato sul punto <strong>di</strong> vista probabilistico, in funzione delle caratteristiche<br />

ambientali e strutturali, delle caratteristiche specifiche delle attività svolte e della destinazione d‟uso<br />

delle strutture, nonché dei tassi <strong>di</strong> guasto <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> ed apparecchiature ed errori umani, risulta<br />

estremamente <strong>di</strong>fficile.<br />

Tentativi <strong>di</strong> definizione del criterio probabilistico sono basati pertanto sui risultati <strong>di</strong> eventi<br />

realmente accaduti e documentati da statistiche.<br />

8.25 PROPAGAZIONE<br />

La propagazione dell‟incen<strong>di</strong>o si manifesta con la propagazione della fiamma dal centro <strong>di</strong><br />

ignizione ad altri punti posti a <strong>di</strong>fferenti <strong>di</strong>stanze nello spazio circostante e la <strong>di</strong>ffusione estesa dei<br />

prodotti della combustione.<br />

In una certa area l‟energia raggiante della fiamma ed il calore dei prodotti della combustione<br />

producono altri centri <strong>di</strong> ignizione e l‟aumento della temperatura dell‟ambiente circostante e dei<br />

materiali presenti; questo comporta l‟incremento della velocità <strong>di</strong> combustione e l‟estensione dei<br />

contorni dell‟incen<strong>di</strong>o stesso ad aree o locali contigui senza soluzione <strong>di</strong> continuità.<br />

In materia <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong>, al fine <strong>di</strong> ridurre i danni prodotti dal suddetto fenomeno, è<br />

stato introdotto il concetto <strong>di</strong> “compartimentazione” ovvero la realizzazione, all‟interno <strong>di</strong> locali o<br />

piani, <strong>di</strong> settori delimitati nel contorno (<strong>volume</strong>tricamente parlando) da elementi costruttivi atti ad<br />

impe<strong>di</strong>re, entro certi limiti, il propagarsi dell‟incen<strong>di</strong>o e dei suoi prodotti. Più precisamente nel D.M.<br />

del 30 novembre 1983 (ve<strong>di</strong> cap. Norme e <strong>di</strong>rettive tecniche) si definisce come “compartimento<br />

antincen<strong>di</strong>o” la «Parte <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio delimitata da elementi costruttivi <strong>di</strong> resistenza al fuoco<br />

predeterminata e organizzata per rispondere alle esigenze <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong>».<br />

8.26 MATERIALI COMBUSTIBILI<br />

In linea generale vengono chiamate combustibili le sostanze che non si incen<strong>di</strong>ano molto<br />

facilmente e danno luogo ad incen<strong>di</strong> con velocità <strong>di</strong> propagazione relativamente bassa, mentre<br />

vengono chiamate infiammabili le sostanze più facilmente incen<strong>di</strong>abili che presentano una velocità <strong>di</strong><br />

propagazione elevata. I materiali combustibili possono essere sud<strong>di</strong>visi in funzione delle loro<br />

caratteristiche <strong>di</strong> infiammabilità, del loro stato fisico, del loro modo <strong>di</strong> bruciare e del tipo <strong>di</strong> fuoco cui<br />

possono dar luogo.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

301<br />

8.26.1 CLASSIFICAZIONE DEI COMBUSTIBILI IN BASE AL TIPO DI FUOCO<br />

Tale sistema <strong>di</strong> classificazione raggruppa i materiali in base al tipo <strong>di</strong> fuoco cui possono dare<br />

luogo; in<strong>di</strong>cano gli estinguenti appropriati e quelli esclusi (ve<strong>di</strong> Tabella 35)<br />

Tabella 35: Classificazione dei combustibili in base al tipo <strong>di</strong> fuoco<br />

8.26.2 CLASSIFICAZIONE DEI COMBUSTIBILI IN BASE ALLE CARATTERISTICHE<br />

Tale sistema <strong>di</strong> classificazione raggruppa i materiali in base alle loro caratteristiche<br />

chimicofisiche ed alle loro caratteristiche <strong>di</strong> infiammabilità (tab. IV e V); questa classificazione è<br />

finalizzata alla progettazione <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> produzione, trasformazione ed immagazzinamento.<br />

Tabella 36: Classificazione dei combustibili in base alle caratteristiche


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

302<br />

Tabella 37: Classificazione dei combustibili in base al punto <strong>di</strong> infiammabilità<br />

8.26.3 COMBUSTIONE DI LIQUIDI<br />

La combustione dei liqui<strong>di</strong>, intesa come combustione del vapore in presenza della fase liquida,<br />

necessita della formazione <strong>di</strong> miscela infiammabile nelle vicinanze della superficie del liquido stesso.<br />

La temperatura alla quale ha inizio il fenomeno è chiamata ―punto <strong>di</strong> infiammabilità‖. A<br />

questo proposito si richiama la tabella precedentemente riportata per la classificazione italiana dei<br />

minerali, dei residui e delle miscele carburanti. Nel caso in cui il liquido sia trasformato allo stato <strong>di</strong><br />

vapore e miscelato con aria, l‟ignizione e la combustione non <strong>di</strong>fferiscono da quelle dei gas<br />

combustibili.<br />

Altro elemento fondamentale per la combustione dei vapori <strong>di</strong> liqui<strong>di</strong> è la concentrazione della<br />

miscela vapori-aria; se la quantità <strong>di</strong> aria è inferiore o superiore a determinati limiti, la miscela non può<br />

infiammarsi.<br />

Ciascun liquido ha un proprio punto <strong>di</strong> infiammabilità ed una <strong>di</strong>versa velocità <strong>di</strong> combustione; si<br />

deduce pertanto che si abbiano anche <strong>di</strong>versi gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> pericolosità dal punto <strong>di</strong> vista dell‟incen<strong>di</strong>o.<br />

Sono elementi <strong>di</strong> maggior pericolo una bassa temperatura <strong>di</strong> infiammabilità, un ampio campo <strong>di</strong><br />

infiammabilità, una bassa temperatura <strong>di</strong> accensione ed un basso limite inferiore <strong>di</strong> infiammabilità.<br />

Va ricordato che in presenza <strong>di</strong> liqui<strong>di</strong> infiammabili e con<strong>di</strong>zioni ambientali particolari si<br />

possono anche avere esplosioni.<br />

8.26.4 COMBUSTIONE DI GAS<br />

Agli effetti della combustione si può ritenere simile il comportamento dei gas e quello dei vapori<br />

<strong>di</strong> liqui<strong>di</strong> infiammabili; ai fini della infiammabilità inoltre si ritiene ininfluente la <strong>di</strong>stinzione tra gas e<br />

vapori. La maggior pericolosità dei gas rispetto ai liqui<strong>di</strong> infiammabili sta nel fatto che questi, così<br />

come si trovano, risultano già idonei alla combustione; fermo restando che anche per essi valgono le<br />

espressioni limite legate alle caratteristiche <strong>di</strong> infiammabilità.<br />

Va fatto presente che, ai fini pratici <strong>di</strong> utilizzazione, i gas vengono sempre conservati sotto<br />

pressione in appositi contenitori, nelle più svariate grandezze e con <strong>di</strong>verse modalità <strong>di</strong> stoccaggio, a<br />

seconda del tipo <strong>di</strong> gas e <strong>di</strong> impiego cui esso è destinato.<br />

Un gas infiammabile fuoriuscito dal suo contenitore può essere incen<strong>di</strong>ato ed in particolari<br />

con<strong>di</strong>zioni ambientali può causare una esplosione; tali effetti possono essere prodotti anche<br />

dall‟aumento <strong>di</strong> temperatura dello stesso contenitore. Pertanto per una corretta valutazione del rischio<br />

si dovrà tenere conto anche delle caratteristiche <strong>di</strong> conservazione e stoccaggio dei liqui<strong>di</strong> e gas<br />

infiammabili.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

303<br />

8.26.5 COMBUSTIONE DI POLVERI<br />

Con il termine <strong>di</strong> polvere si vuole in<strong>di</strong>care lo stato <strong>di</strong> sud<strong>di</strong>visione spinta delle sostanze solide; la<br />

loro eventuale presenza in un ambiente, al <strong>di</strong> fuori del loro normale sistema <strong>di</strong> contenimento,<br />

costituisce pericolo <strong>di</strong> esplosione. Strati o mucchi <strong>di</strong> polveri infiammabili sono pericolosi e, se<br />

innescati, possono formare atmosfere esplosive.<br />

La maggior parte dei combustibili soli<strong>di</strong> allo stato <strong>di</strong> polveri può dar luogo ad esplosioni se la<br />

concentrazione delle particelle <strong>di</strong>sperse in aria è compresa nei limiti <strong>di</strong> infiammabilità; sono purtroppo<br />

numerosi i casi <strong>di</strong> violente esplosioni causate da <strong>di</strong>spersioni <strong>di</strong> polveri <strong>di</strong> materie plastiche, <strong>di</strong> materiali<br />

organici e <strong>di</strong> metalli. I fattori che influenzano la reattività <strong>di</strong> una atmosfera con pericolo <strong>di</strong> esplosione<br />

sono:<br />

la granulometria delle particelle;<br />

la presenza <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà;<br />

<br />

<br />

la composizione e concentrazione della miscela;<br />

l‟energia della sorgente <strong>di</strong> ignizione.<br />

La valutazione della preve<strong>di</strong>bilità del pericolo <strong>di</strong> esplosione <strong>di</strong> una polvere è lasciata alla<br />

competenza e responsabilità del progettista dell‟impianto <strong>di</strong> lavorazione o <strong>di</strong> deposito. Nella Tabella<br />

38 sono riportate alcune caratteristiche significative <strong>di</strong> polveri infiammabili.<br />

Tabella 38: Dati caratteristici per la combustione delle polveri<br />

8.27 CALCOLO DEL CARICO DI INCENDIO<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista del comportamento al fuoco dei materiali e delle strutture ha grande<br />

importanza la quantità <strong>di</strong> calore che viene sviluppata nel corso <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o; questa <strong>di</strong>pende dal<br />

potere calorifico dei materiali coinvolti nell‟incen<strong>di</strong>o, dalla loro qualità e quantità, nonché dalle<br />

con<strong>di</strong>zioni ambientali, ivi inclusa la ventilazione, e dal tipo <strong>di</strong> strutture.<br />

La massima emissione <strong>di</strong> calore è data dalla somma dei prodotti dei pesi dei materiali<br />

combustibili presenti per il loro potere calorifico inferiore; la misura del massimo calore che verrebbe<br />

emesso per combustione completa <strong>di</strong> tutti i combustibili presenti in un certo compartimento, ivi<br />

comprese le parti <strong>di</strong> strutture costituite da materiali combustibili, è il “carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o q”. In Italia,<br />

secondo la vigente normativa, si usa esprimere il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o specifico in kg <strong>di</strong> legna standard<br />

(potere calorifico inferiore 4400 kcal/kg) per m2 <strong>di</strong> superficie lorda in pianta del compartimento<br />

considerato; calcolandolo tramite la formula:<br />

q = g i H i / (A• 4400)<br />

dove:<br />

q é il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o (in kg legna/ m²);


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

304<br />

gi é il peso (in kg) del generico fra gli n combustibili che si prevedono presenti nel locale<br />

o nel piano nelle con<strong>di</strong>zioni più gravose <strong>di</strong> carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o;<br />

Hi é il potere calorifico (in kcal/kg) del generico fra gli n combustibili <strong>di</strong> peso g i ;<br />

A é la superficie orizzontale (in m²) del locale o del piano del fabbricato considerato;<br />

4.400 é il potere calorifico superiore del legno (in kcal/kg).<br />

Il carico d‟incen<strong>di</strong>o così definito fornisce, entro certi limiti, il grado <strong>di</strong> pericolo che presenta un<br />

fabbricato contenente materiale combustibile, essendo associabile alla durata dell‟incen<strong>di</strong>o e alla<br />

massima temperatura raggiungibile. Il grafico (Figura 262) riportato a titolo in<strong>di</strong>cativo dà un‟idea delle<br />

quantità ideali <strong>di</strong> legno, in relazione alle rispettive durate <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o nel loro periodo principale, ed<br />

alle massime temperature raggiungibili.<br />

Figura 262: Quantità ideali <strong>di</strong> legno standard al variare della temperatura<br />

Lo stesso valore <strong>di</strong> “q” costituisce un fattore determinante, unitamente ad altri fattori quali la<br />

destinazione <strong>di</strong> uso del fabbricato e la presenza <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> protezione antincen<strong>di</strong>o, per il<br />

<strong>di</strong>mensionamento delle aree dei compartimenti antincen<strong>di</strong>o, e per il <strong>di</strong>mensionamento <strong>di</strong> altri sistemi<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa passiva contro gli incen<strong>di</strong> dei fabbricati.<br />

8.28 PRODOTTI DELLA COMBUSTIONE<br />

I prodotti della combustione più importanti dal punto <strong>di</strong> vista del danno arrecato alle persone e<br />

della propagazione dell‟incen<strong>di</strong>o sono:<br />

i gas della combustione, il calore ed i fumi.<br />

I gas sono i prodotti della combustione che rimangono allo stato gassoso anche se raffreddati<br />

alla temperatura ambiente <strong>di</strong> 15C.<br />

Poiché la maggior parte dei combustibili contengono carbonio, i gas più <strong>di</strong>ffusi sono:<br />

anidride carbonica: se la combustione avviene con un‟alta concentrazione <strong>di</strong> ossigeno<br />

ossido <strong>di</strong> carbonio: se la combustione avviene con una bassa concentrazione <strong>di</strong> ossigeno<br />

Gli altri gas prodotti <strong>di</strong>pendono dalla composizione chimica del combustibile interessato, dalla<br />

concentrazione <strong>di</strong> ossigeno nell‟aria comburente e dalla temperatura raggiunta durante l‟incen<strong>di</strong>o. I gas<br />

della combustione sono in maggior parte tossici per l‟organismo umano; oltre all‟ossido <strong>di</strong> carbonio<br />

precedentemente citato, l‟uso massivo e generalizzato dei materiali plastici ha introdotto altre sostanze<br />

altamente tossiche, quali l‟acido cloridrico, l‟acido cianitrico, il fosgene ed altri.<br />

Va tenuto presente che la presenza dei gas tossici e la mancanza <strong>di</strong> ossigeno<br />

costituiscono la principale causa dei decessi che si verificano durante gli incen<strong>di</strong>.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

305<br />

Il calore che si sviluppa durante la combustione, trasmesso nei mo<strong>di</strong> usuali (per conduzione, per<br />

convezione e per irraggiamento), costituisce uno degli effetti più appariscenti dell‟incen<strong>di</strong>o e la causa<br />

principale della propagazione dello stesso.<br />

Il calore costituisce inoltre anche un pericolo per le persone: una prolungata esposizione<br />

dell‟organismo umano a temperature elevate può causare la <strong>di</strong>sidratazione dei tessuti, scottature,<br />

<strong>di</strong>fficoltà o blocco della respirazione, arresto car<strong>di</strong>aco.<br />

In via in<strong>di</strong>cativa si può considerare che l‟apparato polmonare è in grado <strong>di</strong> resistere a<br />

temperature dell‟aria superiori ai 60-65C solo per brevi perio<strong>di</strong>, mentre a 150C la funzione<br />

respiratoria <strong>di</strong>venta impossibile dopo pochi secon<strong>di</strong>.<br />

Il fumo è costituito da piccolissime particelle solide incombuste e particelle liquide o vapore<br />

d‟acqua trascinate dai gas cal<strong>di</strong> della combustione. La quantità <strong>di</strong> fumo che si sviluppa in un incen<strong>di</strong>o è<br />

notevole e generalmente è tale da invadere i locali interessati e quelli contigui, se non opportunamente<br />

compartimentati, in tempi molto brevi. La pericolosità del fumo, in relazione alla sua densità ed ai<br />

fattori ambientali, va analizzata sia dal punto <strong>di</strong> vista della nocività <strong>di</strong>retta sull‟organismo umano (è<br />

noto l‟effetto irritante e tossico del fumo), sia dal punto <strong>di</strong> vista più generale della sicurezza, in quanto la sua<br />

presenza riduce sensibilmente la visibilità.<br />

Quest‟ultimo fenomeno crea notevoli <strong>di</strong>fficoltà nello svolgimento delle operazioni <strong>di</strong><br />

sfollamento delle persone con conseguente prolungamento dei tempi <strong>di</strong> permanenza in ambienti<br />

pericolosi.<br />

8.29 VENTILAZIONE DEI LOCALI<br />

In caso <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o all‟interno <strong>di</strong> un locale i prodotti della combustione si innalzano e, lambendo<br />

la superficie del comparto, <strong>di</strong>lagano negli spazi circostanti invadendo completamente il locale in tempi<br />

estremamente brevi, anche se questo è <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni. Le modalità della <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong>pendono<br />

ovviamente dalla configurazione stessa del locale e dalle con<strong>di</strong>zioni ambientali.<br />

La <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> questi prodotti causa il rapido innalzamento della temperatura delle strutture,<br />

pareti e materiali anche in punti lontani dell‟area dell‟incen<strong>di</strong>o, e può essere causa della formazione <strong>di</strong><br />

concentrazioni <strong>di</strong> gas o vapori infiammabili che in determinate circostanze possono dar luogo a<br />

fenomeni <strong>di</strong> combustione ad altissima velocità o ad esplosioni.<br />

Inoltre, come già accennato, la presenza dei fumi interferisce notevolmente sulle operazioni <strong>di</strong><br />

evacuazione delle persone e sulle operazioni <strong>di</strong> soccorso. La presenza <strong>di</strong> superfici <strong>di</strong> ventilazione<br />

aperte tempestivamente riduce sensibilmente tali fenomeni dannosi; infatti, sulla scorta <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> e<br />

sperimentazioni affidabili, si è riscontrato che l‟intervento <strong>di</strong> un “sistema <strong>di</strong> evacuazione <strong>di</strong> fumo e <strong>di</strong> calore”,<br />

correttamente <strong>di</strong>mensionato e realizzato, apporta in termini <strong>di</strong> sicurezza contro l‟incen<strong>di</strong>o tangibili<br />

benefici, quali:<br />

la riduzione sensibile dell‟accumulo <strong>di</strong> calore con conseguente riduzione della progressione<br />

della temperatura rispetto a quella dell‟incen<strong>di</strong>o tipo ed un ritardo del fenomeno “flashover”;<br />

la limitazione all‟interno del locale e del fabbricato della “<strong>di</strong>ffusione orizzontale” dei prodotti della<br />

combustione;<br />

la riduzione negli spazi interni interessati della concentrazione dei gas e relativi componenti<br />

<br />

pericolosi;<br />

la realizzazione ed il mantenimento negli stessi spazi interni <strong>di</strong> una “predeterminata altezza”da<br />

terra libera da fumo, con<strong>di</strong>zione che permette un più agevole intervento dei soccorsi e<br />

sfollamento delle persone.<br />

Tali benefici sono particolarmente evidenti in locali ove siano presenti “cortine a tenuta <strong>di</strong> fumo” e<br />

“carichi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o” non troppo elevati; per contro, si possono considerare la presenza <strong>di</strong> ampie<br />

superfici <strong>di</strong> coperto senza compartimentazioni, la presenza <strong>di</strong> elevati carichi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o e la presenza<br />

<strong>di</strong> materiali con velocità <strong>di</strong> combustione elevata.<br />

Sono inoltre da escludere in linea generale casi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> sostanze infiammabili in gran<strong>di</strong><br />

superfici o casi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o con presenza <strong>di</strong> fenomeni esplosivi.<br />

Le cortine a tenuta <strong>di</strong> fumo sono, in genere, setti realizzati con materiale apposito resistente al<br />

calore; partono dalla copertura estendendosi fino ad una certa altezza dal pavimento, creando nella


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

306<br />

parte alta del locale dei compartimenti atti ad ostacolare la <strong>di</strong>ffusione orizzontale dei “fumi” (Figura<br />

263).<br />

La compartimentazione con cortine può essere realizzata anche utilizzando eventuali<br />

caratteristiche strutturali della copertura del locale, ad esempio travi sporgenti, shed o altri elementi.<br />

Figura 263: Compartimentazione a soffitto<br />

Infine si evidenzia che il “tiraggio” del sistema <strong>di</strong> evacuazione <strong>di</strong>pende dall‟efficacia aero<strong>di</strong>namica<br />

del sistema stesso, e che pertanto si rende necessaria la presenza <strong>di</strong> opportune aperture per<br />

l‟immissione <strong>di</strong> aria nella parte bassa del locale.<br />

8.30 RIFERIMENTI NORMATIVI<br />

Per quanto precedentemente descritto si può ritenere che il problema della evacuazione dei<br />

prodotti della combustione, ovvero, della realizzazione <strong>di</strong> sistemi atti a garantire una “corretta<br />

evacuazione del fumo e del calore” dell‟incen<strong>di</strong>o, deve essere affrontato nell‟ambito della “prevenzione incen<strong>di</strong>”,<br />

costituendo esso stesso un provve<strong>di</strong>mento che può contribuire al raggiungimento <strong>di</strong> un certo livello <strong>di</strong><br />

sicurezza contro gli incen<strong>di</strong>.<br />

Questo concetto è stato concretamente recepito nell‟ambito della sicurezza nei luoghi <strong>di</strong> lavoro<br />

ed “attività” soggette ai controlli <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong>, ve<strong>di</strong> D.L. n. 626 del 19 settembre 1994 «...<br />

Legislazione sulla sicurezza ed igiene del lavoro» e D.M. del 10 marzo 1998 «Criteri generali <strong>di</strong><br />

sicurezza antincen<strong>di</strong>o e per la gestione dell’emergenza nei luoghi <strong>di</strong> lavoro», realtà per le quali<br />

si è ritenuto molto importante, in caso <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, minimizzare gli effetti causati dai prodotti della<br />

combustione sia per tutelare la sicurezza delle persone sia per preservare i beni dall‟incen<strong>di</strong>o.<br />

Inoltre, in considerazione dell‟importanza che gli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> protezione antincen<strong>di</strong>o rivestono,<br />

in sede Ministeriale si è ritenuto necessario fornire delle in<strong>di</strong>cazioni specifiche affinché in sede <strong>di</strong><br />

esame dei progetti e <strong>di</strong> rilascio dei certificati <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong> venga particolarmente curato<br />

l‟aspetto della <strong>impianti</strong>stica antincen<strong>di</strong>o, anche in correlazione con le <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> cui alla Legge<br />

del 5 marzo 1990 in materia <strong>di</strong> sicurezza degli <strong>impianti</strong>.<br />

In tale ottica si è ravvisata altresì l‟opportunità che i Coman<strong>di</strong> Provinciali dei Vigili del Fuoco<br />

acquisiscano, con le precisate modalità, il progetto particolareggiato degli <strong>impianti</strong> antincen<strong>di</strong>o previsti<br />

dalle specifiche norme <strong>di</strong> sicurezza, ovvero richiesti dai Coman<strong>di</strong> stessi in virtù dell‟Art. 3 del DPR<br />

del 29 luglio 1982 n. 577 per le attività non normate.<br />

Per quanto sopra ve<strong>di</strong> DPR del 12 gennaio 1998 n. 37 «Regolamento recante <strong>di</strong>sciplina dei<br />

proce<strong>di</strong>menti relativi alla prevenzione incen<strong>di</strong> a norma dell’Art. 20, comma 8, della legge 15<br />

marzo 1997 n. 59», e la precedente Circolare n. 24 MI. SA del 26 gennaio 1993 «Impianti <strong>di</strong><br />

protezione attiva antincen<strong>di</strong>».<br />

Per la definizione delle caratteristiche tecniche e la progettazione dei sistemi <strong>di</strong> evacuazione <strong>di</strong><br />

fumo e <strong>di</strong> calore, a livello nazionale, si fa <strong>di</strong>rettamente riferimento alle norme UNI attualmente in<br />

vigore in materia specifica; in particolare alla norma UNI-VV.F. 9494, nella quale vengono stabiliti i<br />

requisiti funzionali ed i criteri <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento degli “evacuatori <strong>di</strong> fumo e calore”.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

307<br />

8.31 EVACUATORI DI FUMO E CALORE (EFC)<br />

Un aspetto importante nella lotta antincen<strong>di</strong>o è che l‟incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong>fficilmente può essere soffocato<br />

chiudendo tutte le aperture, al contrario esso trova sempre o quasi il modo per <strong>di</strong>ffondersi<br />

rapidamente grazie all‟abbondanza <strong>di</strong> comburente (ossigeno) presente nell‟aria e quin<strong>di</strong> in ogni<br />

ambiente.<br />

Scoppiato l‟incen<strong>di</strong>o all‟interno <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio, la propagazione dei prodotti della combustione<br />

(anidride carbonica, ceneri, etc.) avviene rapidamente ed in queste con<strong>di</strong>zioni la visibilità <strong>di</strong>venta molto<br />

bassa o ad<strong>di</strong>rittura nulla, creando un ambiente invivibile per le persone ed estremamente dannoso per<br />

i beni in esso contenuti. Lo scopo dell‟EFC è quello <strong>di</strong> limitare l‟accumulo <strong>di</strong> fumo e <strong>di</strong> ridurre il<br />

surriscaldamento all‟interno <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio nel quale si sia sviluppato l‟incen<strong>di</strong>o.<br />

Ciò consente <strong>di</strong> ottenere nella parte inferiore dei locali, come espresso nella norma UNI 9494,<br />

una zona libera da fumo facilitando l‟intervento dei mezzi <strong>di</strong> soccorso e la sopravvivenza delle persone<br />

presenti. Inoltre, temperature più basse, permettono <strong>di</strong> preservare le strutture per un tempo maggiore<br />

ritardando o evitando la fase <strong>di</strong> “flash-over” in cui vi é una accelerazione ed una generalizzazione<br />

dell‟evento.<br />

La ventilazione, provocata da questo tipo <strong>di</strong> evacuatori, avviene naturalmente; infatti i prodotti<br />

della combustione a causa della loro elevata temperatura tendono ad innalzarsi spontaneamente in<br />

senso verticale creando una corrente ascensionale.<br />

La presenza poi <strong>di</strong> aperture nella copertura e nella parte inferiore del locale interessato<br />

dall‟incen<strong>di</strong>o, crea un fenomeno <strong>di</strong> “tiraggio” assimilando il locale ad un condotto percorso dai prodotti<br />

della combustione.<br />

Esistono altri sistemi <strong>di</strong> evacuazione poco utilizzati in Italia ma presenti nel resto del mondo<br />

che, a titolo informativo, elenchiamo <strong>di</strong> seguito:<br />

sistemi <strong>di</strong> aspirazione costituiti da ventilatori creati appositamente per le alte temperature;<br />

sistemi <strong>di</strong> protezione degli ambienti per pressurizzazione;<br />

sistemi composti che prevedono la pressurizzazione e l‟evacuazione naturale.<br />

8.32 CRITERI DI PROGETTAZIONE<br />

Visti gli aspetti più generali in materia <strong>di</strong> incen<strong>di</strong> e prevenzione incen<strong>di</strong>, ed evidenziata<br />

l‟importanza dei sistemi <strong>di</strong> evacuazione fumi, si può passare al tema della progettazione <strong>di</strong> tali sistemi;<br />

ossia alla in<strong>di</strong>viduazione ed analisi delle componenti che caratterizzano il sistema “attività struttura”<br />

in esame, alla valutazione delle con<strong>di</strong>zioni ottimali <strong>di</strong> installazione, al <strong>di</strong>mensionamento delle superfici<br />

delle aperture <strong>di</strong> scarico, ai criteri <strong>di</strong> manutenzione.<br />

La progettazione <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> evacuazione fumi richiede uno stu<strong>di</strong>o mirato, che deve tenere<br />

conto <strong>di</strong> numerose variabili, che possono intervenire anche in combinazione tra <strong>di</strong> loro, quali il rischio<br />

ed il profilo dell’incen<strong>di</strong>o, la tipologia della struttura che è sede del rischio, la configurazione e destinazione d’uso<br />

della stessa, il tipo e quantità <strong>di</strong> sostanze combustibili presenti e le loro modalità <strong>di</strong> stoccaggio, il valore<br />

presunto dell‟altezza da terra libera dai “fumi” nell‟area considerata e la presenza <strong>di</strong> cortine a tenuta <strong>di</strong> fumo.<br />

Il <strong>di</strong>mensionamento della superficie <strong>di</strong> apertura <strong>di</strong> evacuazione risulta pertanto <strong>di</strong>pendente da<br />

vari fattori e <strong>di</strong>fficilmente determinabili, che sono legati specificatamente al “sistema combustione<br />

fumi” della particolare attività in esame.<br />

In campo nazionale è la norma UNI VV.F. 9494 che fornisce i criteri ed i meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> calcolo per<br />

determinare la superficie utile totale d’apertura (Sut) richiesta per ogni area “A” (compartimento),<br />

considerata invasa del fumo, in relazione ai fattori <strong>di</strong> variabilità citati.<br />

Secondo tale norma la superficie Sut viene <strong>di</strong>mensionata attraverso la formula:<br />

As<br />

Sut<br />

<br />

100<br />

dove As = area del compartimento a soffitto considerato;<br />

= coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento da determinarsi secondo le procedure dettate negli articoli<br />

6.3, 6.4 e 6.5 della norma stessa.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

308<br />

Dall‟analisi <strong>di</strong> quanto esposto emerge che nella calcolazione della Sut è il coefficiente “” a tenere<br />

conto delle caratteristiche specifiche connesse con l‟ambiente e l‟attività esercitata, con la tipologia<br />

della struttura ed il sistema <strong>di</strong> combustione, nonché con i sistemi <strong>di</strong> protezione previsti e con l‟altezza<br />

della zona libera da fumo.<br />

Inoltre si evidenzia che dei vari fattori che concorrono a determinare tale coefficiente gli unici<br />

che risultano variabili e gestibili dal progettista per correlare la Sut all‟ “attività” in esame, sono<br />

l’altezza della zona libera da fumo e la velocità <strong>di</strong> propagazione dell’incen<strong>di</strong>o.<br />

In merito all‟altezza della zona libera da fumo, il cui valore risulta con<strong>di</strong>zionato in maniera<br />

significativa dalla presenza <strong>di</strong> cortine e tenuta <strong>di</strong> fumo e dell‟entità della superficie del compartimento<br />

in esame si osserva che la norma impone: «l’altezza della zona libera da fumo y deve<br />

corrispondere almeno al valore <strong>di</strong> 0,5 h e non deve essere minore <strong>di</strong> 2 m».<br />

Va precisato tuttavia che quanto richiesto dalla norma rappresenta la con<strong>di</strong>zione minima che<br />

deve essere comunque garantita; il progettista, su valutazioni fatte in funzione delle reali caratteristiche<br />

dell‟attività mirate a limitare il danno prodotto dal contatto dei fumi con strutture e beni, e a<br />

migliorare le con<strong>di</strong>zioni operative dei soccorritori, ha l‟opportunità <strong>di</strong> assumere valori <strong>di</strong> altezza<br />

superiori a quelli imposti dalla norma.<br />

Per quanto riguarda la velocità <strong>di</strong> propagazione dell‟incen<strong>di</strong>o la norma fornisce tre parametri<br />

(bassa normale alta) senza definire esplicitamente alcun parallelismo che permetta al progettista <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>viduare la corrispondenza tra questi ed il tipo <strong>di</strong> attività in esame; ovvero la corrispondenza tra<br />

questi parametri e l‟elencazione delle attività soggette al controllo dei VV.F., o le funzioni/lavorazioni<br />

aziendali, o la tipologia dei depositi/magazzini/natura delle merci in essi contenute.<br />

In altri termini viene lasciato al progettista il compito <strong>di</strong> definire, anche se solo<br />

parzialmente, l’incidenza del tipo <strong>di</strong> rischio in funzione dell’attività in esame.<br />

Pertanto, in base a tali considerazioni, è emersa la necessità <strong>di</strong> introdurre il concetto della<br />

classificazione delle attività e delle aree interessate (compartimenti) dell‟installazione degli evacuatori,<br />

in funzione del rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o.<br />

Si rende quin<strong>di</strong> necessario in<strong>di</strong>viduare, per le attività ed aree suddette, <strong>di</strong>fferenti livelli <strong>di</strong> rischio,<br />

in base al loro contenuto ed alla probabilità <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o; ad ogni livello <strong>di</strong> rischio<br />

potranno essere poi associati i parametri relativi alla velocità <strong>di</strong> propagazione dell‟incen<strong>di</strong>o.<br />

Come prima ipotesi si può parlare <strong>di</strong> correlazione tra pericolosità dell‟incen<strong>di</strong>o e la quantità <strong>di</strong><br />

calore sviluppata nel corso dell‟incen<strong>di</strong>o. Quest‟ultima <strong>di</strong>pende essenzialmente dal potere calorifico<br />

delle sostanze coinvolte e dalla loro quantità; ovvero dal carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o.<br />

A titolo in<strong>di</strong>cativo riportiamo un prospetto, Tabella 39, con il <strong>di</strong>mensionamento <strong>di</strong> massima<br />

delle aperture e delle cortine (schermi), così come suggerito dalla National Fire Protection Association nella<br />

pubblicazione n. 204 May 1968.<br />

Tabella 39: Dimensionamento delle aperture e delle cortine<br />

A completamento del prospetto riportato si fa presente che la norma della N.F.P.A. in<strong>di</strong>ca una<br />

classificazione in base alle emissioni <strong>di</strong> “calore” anziché in base ai “carichi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o” e<br />

precisamente:


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

309<br />

Attività che possono dar luogo a “basse emissioni <strong>di</strong> calore”: Rientrano in questa classe i<br />

locali nei quali si trovano normalmente senza continuità piccole quantità <strong>di</strong> materiali<br />

combustibili; come ad esempio nelle officine meccaniche (che non impiegano oli combustibili <strong>di</strong><br />

raffreddamento, flui<strong>di</strong> idraulici infiammabili), nelle fonderie, nei caseifici, nei laboratori <strong>di</strong><br />

lavorazione carni, fabbriche <strong>di</strong> acque minerali.<br />

Attività che possono dar luogo a “moderate emissioni <strong>di</strong> calore”: Rientrano in questa classe<br />

i locali nei quali si trovano <strong>di</strong>stribuite, con una certa uniformità, moderate quantità <strong>di</strong> materiali<br />

combustibili; come ad esempio laboratori per la lavorazione del cuoio (escluso cuoio artificiale e<br />

rigenerato, concerie), lavorazioni meccaniche con presenza <strong>di</strong> oli combustibili per il<br />

raffreddamento.<br />

Attività che possono dar luogo a “notevoli emissioni <strong>di</strong> calore”: Rientrano in questa classe i<br />

locali ove sono concentrate significative quantità <strong>di</strong> materiali combustibili o sono svolte<br />

operazioni definibili pericolose; come ad esempio reparti <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> gomma, <strong>di</strong><br />

produzione vernici, <strong>di</strong> produzione prodotti chimici.<br />

Alle classi così definite possono essere associati in<strong>di</strong>cativamente i seguenti valori <strong>di</strong> carico <strong>di</strong><br />

incen<strong>di</strong>o:<br />

bassa emissione <strong>di</strong> calore: < 20 kg/m2 <strong>di</strong> legna std.<br />

<br />

<br />

moderata emissione <strong>di</strong> calore: da 20 a 60 kg/m2 <strong>di</strong> legna std.<br />

notevole emissione <strong>di</strong> calore: > 60 kg/m2 <strong>di</strong> legna std.<br />

L‟efficacia della ventilazione nella terza classe non può essere assicurata in ogni con<strong>di</strong>zione, in<br />

quanto, in presenza <strong>di</strong> quantitativi apprezzabili <strong>di</strong> materiali a rapida combustione, <strong>di</strong>fficilmente si<br />

riuscirà a produrre e mantenere la voluta altezza da terra libera da fumo, anche con i più alti rapporti<br />

superficie <strong>di</strong> evacuazione superficie del pavimento. Si precisa inoltre che i dati forniti hanno carattere<br />

orientativo, in quanto suscettibili <strong>di</strong> significative variazioni dovute all‟incidenza del fattore “velocità <strong>di</strong><br />

combustione”.<br />

Quest‟ultimo fattore riveste particolare importanza nella determinazione del grado <strong>di</strong><br />

pericolosità (grado <strong>di</strong> severità) dell‟incen<strong>di</strong>o, infatti il grado <strong>di</strong> pericolo risulta legato non solo alla<br />

quantità <strong>di</strong> calore che i vari materiali possono, per combustione completa, svolgere; ma anche al<br />

tempo in cui tale fenomeno avviene.<br />

Si prenda ad esempio la notevole <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> pericolosità esistente tra la celluloide, che ha un<br />

potere calorifico <strong>di</strong> circa 4500 kcal/kg, ed il legno std che ha un potere calorifico <strong>di</strong> 4400 kcal/kg. Ne<br />

consegue, pertanto, che sarebbe più opportuno ai fini della determinazione del potenziale pericolo<br />

presentato dai vari materiali combustibili, <strong>di</strong> valutare, oltre ai carichi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, anche la loro velocità<br />

<strong>di</strong> combustione nello stato in cui si trovano; in altri termini <strong>di</strong> assumere come fattore rappresentativo<br />

del pericolo dell‟incen<strong>di</strong>o la “potenza del fuoco”. A titolo in<strong>di</strong>cativo riportiamo una tabella con alcune<br />

caratteristiche tecniche <strong>di</strong> materiali combustibili.


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310<br />

Tabella 40: Materiali Combustibili


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311<br />

Tabella 41: Tabella Combustibili<br />

Riprendendo il tema della classificazione delle attività precedentemente introdotto si può<br />

pensare, per quanto emerso in quest‟ultima analisi, <strong>di</strong> attribuire una certa attività ad un livello <strong>di</strong><br />

rischio non solo in funzione del relativo carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, ma prendendo in esame anche altri fattori,<br />

quali la velocità <strong>di</strong> combustione e la probabilità <strong>di</strong> innesco dei materiali presenti.<br />

La definizione del livello <strong>di</strong> rischio non può essere pertanto eseguita semplicemente tramite<br />

verifica <strong>di</strong> parametri prestabiliti, ma deve essere determinata secondo esperienza e valutazione<br />

oggettiva delle con<strong>di</strong>zioni specifiche dell‟attività interessata.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

312<br />

Alla luce <strong>di</strong> ciò, può risultare utile mantenere, per l‟uso specifico, i livelli <strong>di</strong> rischio in<strong>di</strong>viduati<br />

dalla norma UNI 10779 “Impianti <strong>di</strong> estinzione incen<strong>di</strong> Reti <strong>di</strong> idranti”, in or<strong>di</strong>ne alle aree da<br />

proteggere. La suddetta norma, all‟appen<strong>di</strong>ce B “Criteri <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento degli <strong>impianti</strong>”,<br />

definisce per le aree da proteggere tre livelli <strong>di</strong> rischio identificandoli come “livelli <strong>di</strong> area”:<br />

aree <strong>di</strong> livello 1: Aree nelle quali la quantità e/o la combustibilità dei materiali presenti sono<br />

basse e che presentano comunque basso rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o in termini <strong>di</strong> probabilità d‟innesco,<br />

velocità <strong>di</strong> propagazione delle fiamme e possibilità <strong>di</strong> controllo dell‟incen<strong>di</strong>o da parte delle<br />

squadre <strong>di</strong> emergenza. Le aree <strong>di</strong> livello 1 corrispondono in buona parte a quelle definite <strong>di</strong><br />

classe A dalla UNI 9489, cui si può fare riferimento per ulteriori in<strong>di</strong>cazioni; rientrano pertanto<br />

in tale classe tutte le attività <strong>di</strong> lavorazione <strong>di</strong> materiali prevalentemente incombustibili ed alcune<br />

delle attività <strong>di</strong> tipo residenziale, <strong>di</strong> ufficio, ecc., a basso carico d‟incen<strong>di</strong>o.<br />

aree <strong>di</strong> livello 2: Aree nelle quali c‟è una presenza non trascurabile <strong>di</strong> materiali combustibili e<br />

che presentano un moderato rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o come probabilità d‟innesco, velocità <strong>di</strong><br />

propagazione <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o e possibilità <strong>di</strong> controllo dell‟incen<strong>di</strong>o stesso da parte delle squadre<br />

<strong>di</strong> emergenza. Le aree <strong>di</strong> livello 2 corrispondono in buona parte a quelle definite <strong>di</strong> classe B dalla<br />

UNI 9489, cui si può fare riferimento per ulteriori in<strong>di</strong>cazioni; rientrano pertanto in tale classe<br />

tutte le attività <strong>di</strong> lavorazione in genere che non presentano accumuli particolari <strong>di</strong> merci<br />

combustibili e nelle quali sia trascurabile la presenza <strong>di</strong> sostanze infiammabili.<br />

aree <strong>di</strong> livello 3: Sono le aree nelle quali c‟è una notevole presenza <strong>di</strong> materiali combustibili e<br />

che presentano un alto rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o in termini <strong>di</strong> probabilità d‟innesco, velocità <strong>di</strong><br />

propagazione delle fiamme e possibilità <strong>di</strong> controllo dell‟incen<strong>di</strong>o da parte delle squadre <strong>di</strong><br />

emergenza. Le aree <strong>di</strong> livello 3 corrispondono in buona parte a quelle definite <strong>di</strong> classe C e D<br />

dalla norma UNI 9489, cui si può fare riferimento per ulteriori in<strong>di</strong>cazioni; rientrano pertanto in<br />

questa categoria le aree a<strong>di</strong>bite a magazzinaggio intensivo come definito dalla UNI 9489, le aree<br />

dove sono presenti materie plastiche espanse, liqui<strong>di</strong> infiammabili, le aree dove si lavorano o<br />

depositano merci ad alto rischio d‟incen<strong>di</strong>o quali cascami, prodotti vernicianti, prodotti<br />

elastomerici, ecc.<br />

Ai livelli così definiti possono essere associati, in<strong>di</strong>cativamente, i seguenti valori <strong>di</strong> carico <strong>di</strong><br />

incen<strong>di</strong>o:<br />

carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o limitato (basso): < 20 kg/m2 legna std<br />

carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o moderato: da 20 a 45 kg/m2 legna std<br />

carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o elevato: > 45 kg/m2 legna std<br />

Infine si riportano alcune precisazioni in merito ai criteri <strong>di</strong> classificazione adottatati nella norma<br />

UNI 9489 sopra citata:<br />

le attività considerate sono <strong>di</strong>stinte esclusivamente in “reparti” ed in “depositi”, intendendo per<br />

“deposito” sia i locali interamente e permanentemente destinati a magazzini, sia le zone <strong>di</strong> quelli<br />

a<strong>di</strong>biti a “reparto” nelle quali si ha sensibile accumulo, anche temporaneo, <strong>di</strong> merci e materiali;<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

per “reparto” si intende tutto quanto non definibile “deposito”;<br />

l‟attribuzione dell‟area protetta o una certa attività ad una determinata classe è effettuata in base<br />

alle caratteristiche <strong>di</strong> comportamento al fuoco del solo contenuto, prescindendo da quelle del<br />

fabbricato;<br />

nel caso <strong>di</strong> elevata combustibilità degli elementi costruttivi potrà essere necessario assumere per<br />

quanto in esame una classificazione superiore alla normale;<br />

le in<strong>di</strong>cazioni fornite per la classificazione dei reparti fanno riferimento a reparti <strong>di</strong> pericolosità<br />

corrispondente a quella me<strong>di</strong>amente riscontrata.<br />

Nei paragrafi precedenti sono state fatte delle considerazioni ed ipotesi per associare il<br />

parametro “velocità <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o” al tipo <strong>di</strong> attività in esame; sulla scorta <strong>di</strong> tali ipotesi sono stati<br />

in<strong>di</strong>viduati dei livelli <strong>di</strong> rischio <strong>di</strong> attività o aree <strong>di</strong> esse, ed una corrispondenza tra questi ed una data<br />

classificazione <strong>di</strong> attività. A questo punto, facendo riferimento ai “livelli <strong>di</strong> rischio” in<strong>di</strong>viduati dalla<br />

norma UNI 10779, alla “classificazione delle attività” determinate dalla norma UNI 9489 ed alla “velocità


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

313<br />

<strong>di</strong> propagazione <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o” definita dalla norma UNI 9494, si possono assumere, quale ipotesi finale <strong>di</strong><br />

lavoro, le rispondenze in<strong>di</strong>cate nella Tabella 42.<br />

Tabella 42: Classificazione incen<strong>di</strong>o<br />

La scelta del parametro velocità sarà effettuata pertanto in funzione delle caratteristiche <strong>di</strong><br />

comportamento al fuoco dell‟area in esame; tuttavia, in sede <strong>di</strong> progetto, può essere razionale fare<br />

riferimento all‟area che presenta il livello <strong>di</strong> rischio più alto <strong>di</strong> tutta l‟attività, e questo per consentire la<br />

maggior flessibilità in materia <strong>di</strong> “layout” aziendali.<br />

Nel caso <strong>di</strong> “attività” o “area <strong>di</strong> attività” ove coesistano reparti attribuiti a classi <strong>di</strong>verse o<br />

coesistano reparti e depositi (non compartimentati), caso non raro nella realtà industriale, verrà fatto<br />

riferimento alla classe <strong>di</strong> requisiti superiori.<br />

8.33 CALCOLO DELLA SUPERFICIE TOTALE DEGLI EFC.<br />

Nel capitolo precedente sono state fatte delle considerazioni ed ipotesi in merito ad alcuni<br />

fattori che concorrono a determinare, tramite il coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento “”, la superficie<br />

utile totale <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> evacuatori EFC; in questo paragrafo si intende illustrare, con l‟ausilio <strong>di</strong><br />

due esempi, la modalità con cui questa superficie può essere determinata.<br />

Come già detto, in campo nazionale é la norma UNI CN VVF 9494 (4) che stabilisce i criteri<br />

funzionali e <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento degli EFC; pertanto, <strong>di</strong> seguito, riassumiamo le definizioni e le<br />

formule <strong>di</strong> tale norma per determinare la superficie totale <strong>di</strong> apertura degli evacuatori:<br />

altezza <strong>di</strong> riferimento h (<strong>di</strong> un locale): Distanza tra il pavimento ed il punto me<strong>di</strong>o tra l'estremo<br />

superiore e quello inferiore interni della struttura formante la copertura.<br />

aperture: Luci libere che vengono a fermarsi nella copertura per azionamento degli evacuatori<br />

<strong>di</strong> fumo e calore in seguito ad un incen<strong>di</strong>o.<br />

compartimento (A): Settore dell'e<strong>di</strong>ficio considerato limitato da pareti e solai resistenti al<br />

fuoco per un tempo predeterminato.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

314<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

compartimento a soffitto o al <strong>di</strong> sotto della copertura ( As): Area compresa tra due cortine a<br />

tenuta <strong>di</strong> fumo o tra due elementi strutturali similari (per esempio travi) formanti la copertura.<br />

cortine <strong>di</strong> contenimento del fumo: Separazioni verticali, pendenti dalla copertura fino ad una<br />

certa altezza dal pavimento, atte ad evitare l'espandersi dei fumi e dei gas cal<strong>di</strong> in senso<br />

orizzontale all'interno del locale, incombustibili ed aventi adeguata resistenza meccanica.<br />

evacuatore <strong>di</strong> fumo e calore (EFC): Apparecchiatura destinata ad assicurare, in caso <strong>di</strong><br />

incen<strong>di</strong>o ed a partire da un dato istante, l'evacuazione dei fumi e dei gas cal<strong>di</strong> con capacità<br />

predeterminata e con funzionamento naturale. L'apparecchiatura è schematizzabile in:<br />

basamento e suoi organi <strong>di</strong> fissaggio alla copertura;<br />

elementi mobili <strong>di</strong> chiusura;<br />

<strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> apertura.<br />

incen<strong>di</strong>o allo stato nascente: Sta<strong>di</strong>o dell'incen<strong>di</strong>o caratterizzato dalla temperatura minore <strong>di</strong><br />

300 C del locale o all'interno dello strato <strong>di</strong> gas combusto.<br />

incen<strong>di</strong>o in sviluppo avanzato: Sta<strong>di</strong>o dell'incen<strong>di</strong>o caratterizzato dalla temperatura maggiore<br />

<strong>di</strong> 300 C, ma minore <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> "flash-over".<br />

incen<strong>di</strong>o a pieno sviluppo: Sta<strong>di</strong>o dell'incen<strong>di</strong>o dopo la propagazione esplosiva del fuoco<br />

(flash-over).<br />

superficie geometrica d'apertura <strong>di</strong> un evacuatore <strong>di</strong> fumo e calore (SGA): Superficie<br />

della sezione inferiore dell'evacuatore <strong>di</strong> fumo e calore.<br />

superficie utile d'apertura <strong>di</strong> un evacuatore <strong>di</strong> fumo e calore (SUA): Superficie<br />

aero<strong>di</strong>namicamente efficace dell'evacuatore <strong>di</strong> fumo e calore ridotta rispetto alla superficie<br />

geometrica d'apertura. Tale valore alla base del calcolo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento è dato da:<br />

Su = Sg • CVV<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

superficie utile totale d'apertura (sut) degli evacuatori <strong>di</strong> fumo e calore: Somma delle singole<br />

superfici utili <strong>di</strong> apertura.<br />

Sut = Su<br />

zona libera da fumo: Parte inferiore del locale <strong>di</strong> altezza y in cui, durante l'incen<strong>di</strong>o, non si ha<br />

presenza <strong>di</strong> fumo e gas <strong>di</strong> combustione (vedere fig. 1 della norma UNI 9494).<br />

zona invasa da fumo: Parte superiore del locale in cui durante l'incen<strong>di</strong>o si accumulano il fumo<br />

ed i gas <strong>di</strong> combustione prima <strong>di</strong> essere evacuati all'esterno (vedere fig. 1 della norma UNI<br />

9494).<br />

altezza minima della zona libera da fumi y: L'altezza della zona libera da fumo y deve<br />

corrispondere almeno al valore 0,5 h e non deve essere minore <strong>di</strong> 2 m. L'area del<br />

compartimento As invaso da fumo non deve essere maggiore <strong>di</strong> 1.600 m². Il bordo inferiore<br />

della cortina deve corrispondere a quello inferiore dello strato <strong>di</strong> fumo. Nel caso <strong>di</strong> cortine con<br />

altezza minore dello strato <strong>di</strong> fumo e <strong>di</strong> compartimenti a soffitto con superficie maggiore <strong>di</strong><br />

1.600 m², il valore y viene corretto in:<br />

h<br />

A s<br />

1600<br />

<br />

y0<br />

y 2<br />

<br />

1600<br />

<br />

<br />

dove: yc è y corretto<br />

A S è l'area del compartimento maggiore <strong>di</strong> 1.600 m²<br />

h = h (y + hc ) con hc altezza della cortina <strong>di</strong> contenimento fumo, in metri (vedere Norma<br />

UNI 9494).<br />

Il valore yc deve comunque essere 0,5 h. Per superfici <strong>di</strong> compartimento A maggiori <strong>di</strong> 3.200<br />

m², nell'equazione sopra riportata deve essere utilizzato A = 3.200 m². Se l'utilizzazione lo<br />

richiede (per esempio oggetti facilmente danneggiabili dal fumo) per y possono essere utilizzati<br />

valori più alti.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

315<br />

durata convenzionale prevista <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o: La durata convenzionale <strong>di</strong> sviluppo<br />

dell‟incen<strong>di</strong>o viene stabilità sommando il tempo <strong>di</strong> allarme e quello <strong>di</strong> intervento:<br />

il tempo <strong>di</strong> allarme, cioè quello che intercorre tra l‟inizio dell‟incen<strong>di</strong>o e l‟allarme, è<br />

convenzionalmente fissato in 5 min. ma può essere posto =0 in presenza <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> automatici<br />

<strong>di</strong> rivelazione fumo;<br />

il tempo <strong>di</strong> intervento, che è quello che intercorre tra l‟allarme e l‟inizio dell‟azione <strong>di</strong><br />

spegnimento da parte <strong>di</strong> squadre esterne, viene stabilito convenzionalmente in 10, 15 e 20 min.<br />

Se esistono squadre interne, <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> spegnimento automatico o in presenza <strong>di</strong> particolari<br />

con<strong>di</strong>zioni favorevoli, il tempo <strong>di</strong> intervento può essere posto convenzionalmente = 5 min.<br />

Si verificano così cinque possibili durate convenzionali: 5 min, ≤10 min, 15 min, 20 min e 25<br />

min<br />

superficie convenzionale <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, gruppi <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento: Sono previsti 7 gruppi <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mensionamento determinati in base alla durata convenzionale <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o come<br />

in<strong>di</strong>cato nel prospetto II (6.4) della norma e riportato in Tabella 43.<br />

<br />

<br />

Dimensionamento<br />

La SUT è determinata utilizzando i coefficienti <strong>di</strong> cui al prospetto III secondo la formula:<br />

As<br />

Sut<br />

<br />

100<br />

in cui : coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento risulta tabellato, ve<strong>di</strong> prospetto III della norma<br />

riportato in Tabella 44, in funzione dell‟altezza della zona libera da fumo y (oppure della yc<br />

corretta ve<strong>di</strong> 6.2 della norma) e del gruppo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento; quest‟ultimo viene definito in<br />

base alla durata convenzionale prevista <strong>di</strong> sviluppo dell‟incen<strong>di</strong>o, sopra definita, e alla velocità<br />

preve<strong>di</strong>bili <strong>di</strong> sviluppo dell‟incen<strong>di</strong>o, ve<strong>di</strong> prospetto II della norma, sopra riportato;<br />

A S = area in pianta del compartimento a soffitto considerato<br />

Tabella 43: Gruppi <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento<br />

Tabella 44: Coefficienti <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento<br />

Volendo ora procedere alla calcolazione della SUT relativa ad una certa “attività”, tenuto conto<br />

delle formule e definizioni suddette, nonché <strong>di</strong> quanto esposto precedentemente, si rende necessario<br />

in<strong>di</strong>viduare l‟attività in oggetto in relazione a:


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

316<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

caratteristiche e geometria del fabbricato;<br />

destinazione d‟uso, lavorazioni, materiali contenuti (tipo e quantità);<br />

<strong>impianti</strong> e sistemi <strong>di</strong> protezione antincen<strong>di</strong>o interni;<br />

tempi <strong>di</strong> intervento <strong>di</strong> squadre <strong>di</strong> soccorso esterne;<br />

altezza della zona libera da fumo.<br />

Tali dati saranno esplicitati in progetto al fine <strong>di</strong> rendere noto, anche al gestore dell‟impianto, i<br />

criteri utilizzati per la determinazione del livello <strong>di</strong> rischio e il conseguente <strong>di</strong>mensionamento<br />

dell‟impianto in funzione delle con<strong>di</strong>zioni specifiche dell‟attività in oggetto.<br />

Il primo caso trattato ha come oggetto una azienda produttrice <strong>di</strong> colori e prodotti affini; in<br />

particolare la struttura esaminata è destinata internamente ad un reparto produttivo ed imballaggio con<br />

annesse aree <strong>di</strong> stazionamento per i prodotti in lavorazione.<br />

Sono presenti in quantitativi significativi anche materiali combustibili vari e prodotti in resine<br />

espanse. Il fabbricato è costituito essenzialmente da un capannone monopiano, <strong>di</strong> tipo industriale, con<br />

figura geometrica semplice nelle <strong>di</strong>mensioni in pianta <strong>di</strong> 25 m e 45 m, rispettivamente per la larghezza<br />

e la lunghezza.<br />

L‟intero <strong>volume</strong> non presenta compartimentazioni interne e pertanto sarà trattato come un<br />

unico locale, la copertura <strong>di</strong> tipo piano non presenta cortine <strong>di</strong> altezza significativa; l‟altezza <strong>di</strong><br />

riferimento h del locale risulta 8 m. Inoltre ai fini della nostra trattazione si evidenzia:<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

la presenza <strong>di</strong> un idoneo impianto <strong>di</strong> rivelazione incen<strong>di</strong> con sistema <strong>di</strong> comunicazione <strong>di</strong>retta<br />

con i VV.F;<br />

la presenza <strong>di</strong> una squadra interna addestrata, ma limitatamente alle ore lavorative (circa 16 ore<br />

giornaliere);<br />

un tempo <strong>di</strong> intervento da parte <strong>di</strong> squadre esterne non superiore ai 15 min.;<br />

l‟assenza <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> fissi <strong>di</strong> estinzione a pioggia (sprinkler).<br />

La presenza <strong>di</strong> un impianto tipo sprinkler non influisce sul <strong>di</strong>mensionamento della sut<br />

degli EFC, tuttavia è da evidenziare in quanto con<strong>di</strong>ziona il sistema <strong>di</strong> evacuazioni fumi in<br />

or<strong>di</strong>ne alla temperatura <strong>di</strong> intervento degli elementi termosensibili (5) ed in or<strong>di</strong>ne al<br />

posizionamento degli EFC (6).<br />

A seguito <strong>di</strong> quanto descritto sino ad ora, possono essere in<strong>di</strong>viduati i seguenti fattori:<br />

1. durata convenzionale <strong>di</strong> sviluppo dell‟incen<strong>di</strong>o, che in base a:<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

un tempo <strong>di</strong> allarme T1 = 0 (presenza impianto automatico <strong>di</strong> rivelazione);<br />

un tempo <strong>di</strong> intervento T2 = 15 min (con<strong>di</strong>zione più sfavorevole ore notturne);<br />

risulta T = T1 + T2 = 15 min<br />

2. velocità <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, che in virtù dell‟ “attività” in esame può essere<br />

ragionevolmente considerata “alta”.<br />

3. gruppo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento Gd, che ricavato dal prospetto II della norma in funzione<br />

della durata convenzionale e della velocità <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> cui ai precedenti punti 1 e 2, risulta<br />

uguale a 5.<br />

4. altezza della zona libera fumo y: Per quanto riguarda l‟altezza dello spazio interno al locale<br />

libero da fumo, si osserva che il valore minimo impostato dalla norma come 0,5 h, e<br />

corrispondente pertanto a 4 m, può essere considerato sufficiente ai fini della sicurezza e della<br />

limitazione dei danni alle apparecchiature. Sarà quin<strong>di</strong> “0,5 h”: il valore utilizzato per la<br />

determinazione del coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento “”.<br />

5. coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento: A questo punto, in base al gruppo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento<br />

Gd ed all‟altezza della zona libera da fumo y, viene in<strong>di</strong>viduato tramite il prospetto III della<br />

norma, un coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento uguale a 1.<br />

6. calcolo della superficie utile totale: La Sut è determinata attraverso la formula già nota<br />

As<br />

Sut<br />

<br />

100


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

317<br />

dove:<br />

A S = superficie del compartimento a soffitto privo <strong>di</strong> cortine, e coincidente con la superficie<br />

totale del locale = 25 x 45 = 1.125 m2<br />

= 1<br />

pertanto:<br />

1.1251 S ut<br />

11.25<br />

100<br />

<br />

<br />

<br />

7. numero degli EFC da installare: Il numero degli evacuatori richiesti si ottiene <strong>di</strong>videndo la<br />

superficie Sut sopra calcolata per la superficie utile <strong>di</strong> apertura (SUA) del modello <strong>di</strong> evacuatore<br />

che si intende installare; è importante richiamare l‟attenzione sulla definizione “superficie utile”<br />

ampiamente descritta in precedenza. Sulla base del numero<br />

Sut<br />

N S<br />

u<br />

si dovrà in seguito verificare che siano sod<strong>di</strong>sfatte le con<strong>di</strong>zioni, in numero e posizione poste<br />

specificatamente dalla Norma. A titolo in<strong>di</strong>cativo, in questo caso, si possono installare n. 8<br />

evacuatori con superficie utile <strong>di</strong> apertura Su = 1,41 m² (oppure n. 10 con Su = 1,13 m²).<br />

8. Afflusso Di Aria Fresca: Per garantire l‟efficacia aero<strong>di</strong>namica al sistema occorre che nella<br />

parte bassa dei locali ci siano aperture per l‟immissione <strong>di</strong> aria aventi superficie non minore <strong>di</strong><br />

due volte la superficie geometrica <strong>di</strong> apertura della totalità degli EFC installati. Pertanto, nel caso<br />

in cui fossero impiegati evacuatori con un coefficiente <strong>di</strong> flusso Cvv = 0,75, dovremmo garantire<br />

aperture <strong>di</strong> afflusso aria per una superficie non minore <strong>di</strong> 30 m2.<br />

Il secondo caso trattato ha come oggetto uno stabilimento industriale dove si costruiscono<br />

macchine ed apparecchiature elettriche; la struttura esaminata è destinata in parte ai reparti produttivi<br />

ed in parte a magazzini per materiali in ingresso e prodotti finiti.<br />

Il fabbricato è costituito essenzialmente da un capannone monopiano, <strong>di</strong> tipo industriale, con<br />

figura geometrica semplice nelle <strong>di</strong>mensioni in pianta <strong>di</strong> 60 m e 96 m, rispettivamente per la larghezza<br />

e la lunghezza.<br />

La copertura <strong>di</strong> tipo a minished non presenta cortine o elementi strutturali similari <strong>di</strong> altezza<br />

significativa; l‟altezza <strong>di</strong> riferimento h del locale risulta 6.5 m.<br />

All‟interno, me<strong>di</strong>ante pareti tagliafuoco, sono stati creati due compartimenti delle <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong><br />

3.600 m2 e 2.160 m2; il primo è de<strong>di</strong>cato principalmente ai reparti produttivi e collau<strong>di</strong>, il secondo ai<br />

reparti <strong>di</strong> imballaggio spe<strong>di</strong>zione e magazzini.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista dell‟incen<strong>di</strong>o l‟“attività” presenta livelli <strong>di</strong> rischio <strong>di</strong>fferenti a seconda delle<br />

aree:<br />

Reparti produttivi:<br />

Livello 2 con moderata probabilità <strong>di</strong> innesco e moderati accumuli <strong>di</strong> materiali combustibili;<br />

Magazzini e reparti <strong>di</strong> imballaggio:<br />

livello 3 con elevata probabilità <strong>di</strong> innesco, elevato carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, accumuli <strong>di</strong> materiali<br />

elettrici ed elettronici, presenza <strong>di</strong> materie plastiche varie ed anche <strong>di</strong> tipo espanso, presenza <strong>di</strong> olii e<br />

liqui<strong>di</strong> infiammabili (in quantitativi limitati).<br />

Inoltre ai fini della nostra trattazione si evidenzia:<br />

la presenza <strong>di</strong> un idoneo impianto <strong>di</strong> rivelazione incen<strong>di</strong> con sistema <strong>di</strong> comunicazione <strong>di</strong>retto<br />

ai VV.F;<br />

la presenza <strong>di</strong> una squadra interna addestrata, ma limitatamente alle ore lavorative (circa 16 ore<br />

giornaliere);<br />

un tempo <strong>di</strong> intervento da parte <strong>di</strong> squadre esterne non superiore ai 15 min.;<br />

l‟assenza <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> fissi <strong>di</strong> estinzione a pioggia (sprinkler).


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

318<br />

Figura 264: Tipologie <strong>di</strong> coperture <strong>di</strong> magazzini<br />

A seguito <strong>di</strong> quanto descritto sino ad ora, possono essere in<strong>di</strong>viduati i seguenti fattori:<br />

1. durata convenzionale <strong>di</strong> sviluppo dell‟incen<strong>di</strong>o, che in base a:<br />

un tempo <strong>di</strong> allarme T1 = 0 (presenza impianto automatico <strong>di</strong> rivelazione);<br />

un tempo <strong>di</strong> intervento T2 = 15 min (con<strong>di</strong>zione più sfavorevole ore notturne);<br />

risulta T = T1 + T2 = 15 min<br />

2. velocità <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, che in virtù dell‟ “attività” in esame può essere<br />

ragionevolmente considerata “alta” per il compartimento magazzini, e “normale” per il<br />

compartimento reparti.<br />

3. gruppo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento Gd, che ricavato dal prospetto II della norma in funzione<br />

della durata convenzionale e della velocità <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> cui ai precedenti punti 1 e 2, risulta<br />

uguale a 5 per il compartimento magazzini e 4 per il compartimento reparti.<br />

4. altezza della zona libera fumo y: Per quanto riguarda l‟altezza della zona libera da fumo,<br />

viste le caratteristiche strutturali dei due compartimenti in esame e le necessità produttive, si<br />

osserva che:<br />

non sono sod<strong>di</strong>sfatte le con<strong>di</strong>zioni limite imposte dalla Norma per la definizione <strong>di</strong> tale altezza;<br />

il valore minimo <strong>di</strong> altezza imposto della Norma stessa come 0,5 h, corrispondente a 3,25 m, è<br />

considerato insufficiente ai fini della limitazione dei danni alle apparecchiature.<br />

Ne consegue, pertanto, che il coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento sarà determinato tramite il<br />

valore y c (valore <strong>di</strong> y corretto, Art. 6.2 Norma) calcolato con la nota relazione:<br />

h<br />

A s<br />

1600<br />

<br />

y0<br />

y 2<br />

<br />

1600<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

Per il compartimento reparti produttivi avremo:<br />

y = 0,5 h = 3,25 m<br />

h = h (y + hc) per hc = 0 h = 3,25 m<br />

A = superficie coperta del compartimento 3.600 m2<br />

As = superficie del compartimento a soffitto limitata della Norma a 3.200 m² per cui:<br />

h<br />

3200 1600<br />

<br />

y0<br />

y <br />

<br />

4.87 m<br />

2 1600 <br />

Il nuovo valore dell‟altezza libera da fumo, da impiegare nel prospetto III, per determinare il<br />

coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento , risulta pertanto “0,75 h”.<br />

Per il compartimento magazzini avremo:<br />

y = 0,5 h = 3,25 m<br />

h = h (y + hc) per hc = 0 h = 3,25 m<br />

A = superficie coperta del compartimento 2.160 m2<br />

As = superficie del compartimento a soffitto 2.160 m2


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

319<br />

<br />

per cui:<br />

h<br />

2160 1600<br />

<br />

y0<br />

y <br />

<br />

3.82 m<br />

2 1600 <br />

che corrisponde ad un nuovo valore <strong>di</strong> altezza da impiegare nel prospetto III, come già citato<br />

per i reparti, uguale a “0,59 h”. Tuttavia, volendo garantire un‟altezza minima libera da fumo<br />

non inferiore ai 4 m, per determinare il coefficiente sarà assunto un valore pari a “0,62 h”.<br />

5. coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento: Giunti a questa fase, in base ai gruppi <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mensionamento Gd ed alle altezze della zona libera da fumo y e yc, vengono in<strong>di</strong>viduati<br />

tramite il prospetto III della norma, i coefficienti <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento:<br />

compartimento magazzini: Gd = 5 y = 0,63 h = 1,68<br />

compartimento reparti: Gd = 4 y = 0,75 h = 2,1<br />

6. calcolo della superficie utile totale : La Sut è determinata attraverso la formula già nota<br />

dove:<br />

As<br />

Sut<br />

<br />

100<br />

A S = superficie del compartimento a soffitto, che corrisponde a 2.160 m2 per i magazzini e 3600<br />

m2 per i reparti;<br />

pertanto:<br />

2160 1.68 2<br />

per il compartimento magazzini Sut<br />

36.29 m<br />

100<br />

3600 2.1 2<br />

per il compartimento reparti Sut<br />

76.5 m<br />

100<br />

Visti i risultati ottenuti può risultare interessante esaminare quale influenza possa avere nella<br />

determinazione <strong>di</strong> e conseguentemente della superficie totale Sut, fermi restando gli altri fattori, la<br />

realizzazione <strong>di</strong> compartimenti a soffitto con superficie non maggiore <strong>di</strong> 1.600 m2 me<strong>di</strong>ante l‟impiego<br />

<strong>di</strong> cortine a tenuta <strong>di</strong> fumo. Nel caso del compartimento reparti la realizzazione <strong>di</strong> cortine<br />

comporterebbe le seguenti variazioni (ve<strong>di</strong> Tabella 45):<br />

Tabella 45: Variazioni<br />

Le <strong>di</strong>minuzioni percentuali riportate nel prospetto si traducono in analoghe <strong>di</strong>minuzioni della<br />

Sut; questo può essere tradotto in chiave economica per una giusta valutazione dei costi<br />

complessivi delle opere da realizzare, sia a livello <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> sia a livello <strong>di</strong> strutture.<br />

Nella valutazione complessiva si dovranno inoltre includere gli eventuali svantaggi portati dalla<br />

presenza fisica delle cortine che si estendono dalla copertura verso il basso fino all‟altezza<br />

determinata.<br />

7. numero degli EFC da installare: Anche in questo caso il numero degli evacuatori richiesti si<br />

ottiene <strong>di</strong>videndo la superficie Sut calcolata per ciascun compartimento, per la superficie utile <strong>di</strong><br />

apertura (SUA) del modello <strong>di</strong> evacuatore che si intende installare in quel compartimento.<br />

S<br />

Sulla base del numero N <br />

ut<br />

si dovrà in seguito verificare che siano sod<strong>di</strong>sfatte le<br />

Su<br />

con<strong>di</strong>zioni, in numero e posizione, poste specificatamente dalla Norma.<br />

A titolo in<strong>di</strong>cativo, in questo caso, si possono installare:


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

320<br />

<br />

<br />

<br />

nel compartimento magazzini: n. 25 evacuatori con Su = 1.5 m2<br />

nel compartimento reparti: n. 51 evacuatori con Su = 1.5 m2<br />

8. afflusso <strong>di</strong> aria fresca: Considerando quanto specificato in precedenza in merito<br />

all‟efficienza delle aperture <strong>di</strong> afflusso aria, si suppone, in questo caso, l‟impiego <strong>di</strong> evacuatori<br />

con coefficiente <strong>di</strong> flusso Cvv = 0,7. Le aperture previste devono avere una superficie non<br />

minore <strong>di</strong> 107,2 m2 per il compartimento magazzini e <strong>di</strong> 219 m2 per il compartimento reparti.<br />

8.34 CRITERI DI INSTALLAZIONE DEGLI EFC<br />

L‟installazione degli evacuatori <strong>di</strong> fumo deve essere realizzata in modo tale da garantirne, in ogni<br />

con<strong>di</strong>zione, il funzionamento ottimale e la massima efficienza per quelle che sono le proprie<br />

caratteristiche costruttive e le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> progetto del sistema <strong>di</strong> evacuazione.<br />

Quin<strong>di</strong> si dovrà avere cura <strong>di</strong> non alterare, <strong>di</strong>rettamente o in<strong>di</strong>rettamente, le caratteristiche<br />

costruttive e <strong>di</strong> funzionamento comprovate dal costruttore dell‟apparecchiatura; ad esempio,<br />

mo<strong>di</strong>ficandone i fattori aero<strong>di</strong>namici interni ed esterni (griglie, veline, controsoffitti, etc.), o<br />

installandolo non conformemente alle prescrizioni del costruttore (con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> posa, orientazione<br />

delle aperture, etc.), o installandolo in con<strong>di</strong>zioni che possono compromettere il regolare scarico <strong>di</strong><br />

fumi (presenza e posizione <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> sprinklers o altri <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> spegnimento, posizione sulla<br />

copertura, etc.).<br />

Gli evacuatori devono essere installati, per quanto possibile, in modo omogeneo nei singoli<br />

compartimenti a soffitto, sia come <strong>di</strong>stribuzione sia come modalità <strong>di</strong> installazione sulla copertura;<br />

analogo criterio dovrebbe essere seguito per tutti i compartimenti <strong>di</strong> una stessa struttura.<br />

La norma UNI 9494 stabilisce inoltre i seguenti criteri <strong>di</strong> installazione:<br />

In generale è preferibile installare un numero elevato <strong>di</strong> EFC <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni ridotte piuttosto<br />

che pochi <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni. Occorre inoltre prevedere, come minimo, un EFC ogni 200 m2<br />

su coperture piane o con pendenza non maggiore del 20% ed un EFC ogni 400 m2 su coperture<br />

con pendenza maggiore del 20% (le misure sono riferite alla superficie coperta).<br />

Nei locali in cui la copertura ha una pendenza maggiore del 20% gli EFC devono essere posti,<br />

per quanto possibile, nella parte più alta della copertura stessa. Il centro <strong>di</strong> ogni singolo<br />

apparecchio non deve comunque trovarsi al <strong>di</strong> sotto dell'altezza <strong>di</strong> riferimento h del locale.<br />

Per coperture piane e con pendenza non maggiore del 20% la <strong>di</strong>stanza fra gli EFC non deve<br />

essere maggiore <strong>di</strong> 20 m né minore <strong>di</strong> 5 m, tra gli EFC e le pareti perimetrali la <strong>di</strong>stanza massima<br />

deve essere <strong>di</strong> 10 m e quella minima <strong>di</strong> 5 m.<br />

Nessun lato <strong>di</strong> un EFC deve avere lunghezza maggiore <strong>di</strong> 2,5 m.<br />

Nel caso <strong>di</strong> copertura a dente <strong>di</strong> sega o a shed non possono essere installati EFC sulla falda<br />

verticale o a maggiore pendenza se il loro funzionamento è negativamente influenzato dal vento.<br />

Per il montaggio <strong>di</strong> EFC su e<strong>di</strong>fici con altezza maggiore <strong>di</strong> 20 m o e<strong>di</strong>fici particolarmente<br />

esposti, come per esempio i capannoni per aviorimessa, devono essere verificati i parametri <strong>di</strong><br />

stabilità e sicurezza.<br />

<br />

Particolare cura deve essere posta nella realizzazione <strong>di</strong> tali installazioni al fine <strong>di</strong> evitare che<br />

esse stesse possano aggravare il pericolo <strong>di</strong> propagazione <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o da un fabbricato ad un<br />

altro, nel fabbricato stesso e da un compartimento all'altro.<br />

In ultimo, dopo aver illustrato i criteri da seguire per installare correttamente gli evacuatori, si<br />

evidenzia la necessità <strong>di</strong> assicurare un flusso <strong>di</strong> aria fresca dall‟esterno adeguato quantitativamente al<br />

flusso <strong>di</strong> fumi evacuato.<br />

Per garantire la massima efficacia aero<strong>di</strong>namica al sistema occorre che nella parte bassa dei locali<br />

siano presenti aperture per l‟immissione <strong>di</strong> aria aventi superficie non minore <strong>di</strong> due volte la superficie<br />

geometrica <strong>di</strong> apertura della totalità degli evacuatori installati.<br />

La norma specifica che nel calcolo si devono considerare portoni, porte e finestre purché poste<br />

nella zona libera da fumo; è necessario però precisare che gli infissi <strong>di</strong> tali elementi devono consentire<br />

il flusso libero dell‟aria in caso <strong>di</strong> intervento degli EFC.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

321<br />

In questo caso si dovrà pertanto provvedere all‟apertura degli infissi considerati<br />

contemporaneamente all‟intervento degli EFC.<br />

8.35 DESCRIZIONE DEGLI EFC<br />

Esistono <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> evacuatore <strong>di</strong> fumo e calore che, a titolo informativo, elenchiamo <strong>di</strong><br />

seguito:<br />

E.F.C. A funzionamento meccanico: Il sistema si serve <strong>di</strong> un meccanismo a molla o<br />

contrappeso.<br />

E.F.C. a funzionamento elettrico: Il sistema si serve del motore elettrico e della relativa<br />

batteria tampone.<br />

E.F.C. A funzionamento pneumatico: Il sistema si serve <strong>di</strong> gas CO2, azoto o aria compressa.<br />

Tra questi <strong>di</strong>versi sistemi l‟E.F.C. pneumatico si è <strong>di</strong>mostrato il più affidabile e funzionale; <strong>di</strong><br />

seguito ne descriveremo in dettaglio le componenti ed il funzionamento.<br />

8.35.1 EFC PNEUMATICO<br />

Il meccanismo prevede che il cilindro pneumatico porti l‟anta mobile in apertura fino ad un<br />

angolo <strong>di</strong> 110, dopo<strong>di</strong>ché, per effetto del passaggio oltre la verticale, prosegua in caduta libera con<br />

l‟unico vincolo della molla ad azione frenante. Questo meccanismo (Figura 265), stu<strong>di</strong>ato in<br />

conformità alla norma DIN 18232/3 può sod<strong>di</strong>sfare quanto richiesto dalla norma UNI 9494 .<br />

Figura 265: EFC pneumatico<br />

Se al sistema sopra descritto viene applicata una forza contraria alla <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> apertura, come<br />

quella data dal vento, essa si somma all‟azione frenante della molla. La somma <strong>di</strong> queste forze può<br />

rallentare o ad<strong>di</strong>rittura impe<strong>di</strong>re l‟apertura dell‟evacuatore.<br />

Il cilindro pneumatico (Figura 266) nonostante le contenute <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> lunghezza in stato <strong>di</strong><br />

chiusura ha lo stelo configurato in modo telescopico ed e composto da tre sfili.<br />

Figura 266: Cilindro pneumatico<br />

Grazie a questo meccanismo, al termine dell‟espulsione totale dello stelo, l‟anta fissa e l‟anta<br />

mobile si vengono a trovare solidamente contrastate dal cilindro.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

322<br />

8.36 ESEMPIO DI RELAZIONE PER CPI<br />

Si vuole qui fornire un esempio <strong>di</strong> stesura <strong>di</strong> una relazione per la richiesta del CPI (Certificato <strong>di</strong><br />

Prevenzione Incen<strong>di</strong>) per una ipotetica costruzione. L‟Allievo osservi l‟articolato dei paragrafi,<br />

l‟impostazione del calcolo e i riferimenti normativi citati. I dati illustrati nell‟esempio qui considerato<br />

sono riferiti ad un ipotetico ospedale.<br />

8.36.1 GENERALITÀ<br />

Il carico d‟incen<strong>di</strong>o è stato calcolato secondo le definizioni ed in<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong> cui alla Circolare del<br />

Ministero degli Interni n. 91 del 14 settembre 1961.<br />

Il carico d‟incen<strong>di</strong>o è per definizione il potenziale termico della totalità dei materiali combustibili<br />

contenuti in uno spazio, ivi compresi i rivestimenti dei muri, delle pareti, dei pavimenti e dei soffitti.<br />

Esso è espresso convenzionalmente dalla quantità in chilogrammi <strong>di</strong> legna equivalente (potere<br />

calorifero superiore a 18.48 MJ/kg).<br />

Il carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o specifico è quello riferito all‟unità <strong>di</strong> superficie (1 m²) orizzontale; esso si<br />

ottiene <strong>di</strong>videndo per 18.48 (pcs del legno) il numero <strong>di</strong> MJ per unità <strong>di</strong> superficie orizzontale (1 m²) del<br />

locale che al massimo si possono sviluppare per effetto della combustione <strong>di</strong> tutti i materiali<br />

combustibili presenti, cioè con l‟espressione:<br />

g i ·H i<br />

q = —————<br />

18.48 · A<br />

<br />

<br />

dove:<br />

q è il carico d‟incen<strong>di</strong>o [kg legno/m²]<br />

g i è il peso [kg] del generico fra gli n, combustibili che si prevede siano presenti nel locale nelle<br />

con<strong>di</strong>zioni più gravose <strong>di</strong> carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

Hi è il potere calorifero [MJ/kg] del generico combustibile fra gli n presenti<br />

A è la superficie orizzontale [m²] del locale o del piano del fabbricato considerato 18.48 è<br />

il potere calorifero [MJ/kg] del legno.<br />

Le con<strong>di</strong>zioni più gravose del carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> un certo locale o piano sono quelle per le<br />

quali la sommatoria g i · H i è massima e vengono determinate esaminando le previste utilizzazioni dei<br />

locali e dei piani. In base alle previsioni <strong>di</strong> progetto si sono stabilite le situazioni reali <strong>di</strong> tutti i materiali<br />

combustibili da utilizzare, arrivando quin<strong>di</strong> alla determinazione <strong>di</strong> una lista ove compaiono le quantità<br />

(pesi, numero <strong>di</strong> pezzi, …) dei suddetti materiali in opera.<br />

La classe d‟incen<strong>di</strong>o dell‟e<strong>di</strong>ficio esprime il carico virtuale in kg/m² <strong>di</strong> legna standard ed è<br />

in<strong>di</strong>cativa anche dei minuti primi <strong>di</strong> durata minima <strong>di</strong> resistenza al fuoco da richiedere alla struttura in<br />

esame.<br />

La classe dell‟e<strong>di</strong>ficio si determina in base alla formula:<br />

C = K · q<br />

in cui:<br />

C è il numero in<strong>di</strong>cativo della classe<br />

q è il carico d‟incen<strong>di</strong>o in legna standard<br />

K è il coefficiente <strong>di</strong> riduzione (compreso ta 0,2 e 1) che tiene conto delle con<strong>di</strong>zioni reali<br />

<strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o dell‟e<strong>di</strong>ficio.<br />

8.36.2 LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO<br />

Le Leggi, regolamenti e Norme Tecniche <strong>di</strong> riferimento sono le seguenti:<br />

Norme sulla sicurezza del lavoro, D.P.R. n. 457 del 27/04/1955, D.P.R. n. 164 del 07/01/1956,<br />

D.P.R. n. 302 del 19/03/1956 e D.Lgs 626/94;<br />

Norme generali per l‟igiene del lavoro, D.P.R. n. 303 del 19/03/1956;<br />

Circolare Ministeriale n. 91 del 14/09/1961 recante “Norme <strong>di</strong> sicurezza per la protezione<br />

contro il fuoco dei fabbricati a struttura in acciaio destinati ad uso civile”;


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

323<br />

Circolare Ministeriale n. 68 recante “Norme <strong>di</strong> sicurezza per <strong>impianti</strong> termici a gas <strong>di</strong> rete”<br />

Legge n. 1083 del 06/12/71 “Norme per la sicurezza dell‟impiego del gas combustibile”<br />

Circolare Ministeriale n. 31 MLSA del 31/08/1978 recante “Norme <strong>di</strong> sicurezza per<br />

l‟installazione <strong>di</strong> motori a combustione interna accoppiati a macchina generatrice elettrica o a<br />

macchina operatrice”;<br />

Decreto del Ministero dell‟Interno del 16/02/1982 “Mo<strong>di</strong>ficazioni del D.M. 27/08/1965<br />

concernete la determinazione delle attività soggette a visite <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong>”;<br />

D.P.R. n. 577 del 29/07/1982 “Approvazione del regolamento concernete l‟espletamento dei<br />

servizi <strong>di</strong> prevenzione e <strong>di</strong> vigilanza antincen<strong>di</strong>”;<br />

Decreto Ministero degli Interni del 30/11/1983 recante “Termini, definizioni generali e simboli<br />

grafici <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong>”;<br />

Decreto Ministero degli Interni del 30/11/1983 “Classificazione <strong>di</strong> reazione al fuoco ed<br />

omologazione dei materiali ai fini della prevenzione incen<strong>di</strong>”;<br />

D.M. del 01/02/1986 Recante “Norme <strong>di</strong> sicurezza antincen<strong>di</strong> per la costruzione e l‟esercizio <strong>di</strong><br />

autorimesse e simili”;<br />

Decreto Ministero degli Interni n. 246 del 01/02/1986 “Norme <strong>di</strong> sicurezza antincen<strong>di</strong>o per la<br />

costruzione e l‟esercizio <strong>di</strong> autorimesse e simili”;<br />

DM. N. 246 del 16/05/1987 recante “Norme <strong>di</strong> sicurezza antincen<strong>di</strong>o per gli e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> civile<br />

abitazione” e in particolare il punto 2.5 per gli ascensori;<br />

L. n. 46 del 05/03/1990 recante “Norme per la sicurezza degli Impianti”;<br />

D.P.R. n. 447 del 06/12/91 “Regolamento <strong>di</strong> attuazione della L. 46/90 in materia <strong>di</strong> sicurezza<br />

negli <strong>impianti</strong>”;<br />

Decreto Ministero degli Interni del 09/04/1994 “approvazione della regola tecnica <strong>di</strong><br />

prevenzione e incen<strong>di</strong> per la costruzione e l‟esercizio delle attività ricettive turistico –<br />

alberghiere”;<br />

D.Lgs n. 626 del 19/09/1994 “attuazione delle <strong>di</strong>rettive europee riguardanti il miglioramento<br />

della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo <strong>di</strong> lavoro”;<br />

D.M. del 12/04/1996 recante la “Regola Tecnica <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong> per la progettazione,<br />

costruzione e l‟esercizio degli <strong>impianti</strong> termici alimentati a gas metano”;<br />

D.P.R. 14/01/1997 recante “Approvazione dell‟atto <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzo e coor<strong>di</strong>namento alle regioni e<br />

alle province autonome <strong>di</strong> Trento e Bolzano, in materia <strong>di</strong> requisiti strutturali, tecnologici ed<br />

organizzativi minimi per l‟esercizio delle attività sanitari”;<br />

D.M. 10/03/1998 recante “Criteri generali <strong>di</strong> sicurezza antincen<strong>di</strong>o e per la gestione<br />

dell‟emergenza nei luoghi <strong>di</strong> lavoro”;<br />

Decreto Ministero degli Interni del 04/05/1998 “Disposizioni relative alle modalità <strong>di</strong><br />

presentazione ed al contenuto delle domande per l‟avvio dei proce<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> prevenzione<br />

incen<strong>di</strong>, nonché all‟uniformità dei connessi servizi resi dal Coman<strong>di</strong> provinciali dei vigili del<br />

fuoco”;<br />

Circolare Ministero degli Interni n. 9 del 05/05/1998 e D.P.R. n. 37 del 12/01/1998 recante<br />

“Regolamento per la <strong>di</strong>sciplina dei proce<strong>di</strong>menti relativi alla prevenzione incen<strong>di</strong>. Chiarimenti<br />

applicativi”;<br />

Norma UNI-VV.F 8478, “Criteri per assicurare la robustezza delle lance a getto pieno per<br />

l‟acqua antincen<strong>di</strong>”;<br />

Norma UNI-VV.F. 9485 e 9846, “Criteri progettuali e <strong>di</strong>mensionali per le reti idriche ove si<br />

impiegano idranti a colonna fissa”:<br />

Norma UNI-VV.F. 9487, “Norme <strong>di</strong> progettazione <strong>di</strong> reti con idranti a colonna in ghisa”;<br />

Norma UNI-VV.F. 9489 “Criteri <strong>di</strong> progettazione, <strong>di</strong>mensionamento e classificazione degli<br />

<strong>impianti</strong> fissi <strong>di</strong> estinzione automatici a pioggia”;<br />

Norma UNI-VV.F. 9490, “Norme <strong>di</strong> progettazione delle reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione degli erogatori”;


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

324<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

Norma UNI-VV.F. 9491, “Norme <strong>di</strong> progettazione delle reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione degli <strong>impianti</strong><br />

sprinkler”;<br />

Norma UNI-VV.F. 9502, “Proce<strong>di</strong>mento analitico per valutare la resistenza al fuoco degli<br />

elementi costruttivi <strong>di</strong> conglomerato armato, normale e precompresso”<br />

Norma UNI-VV.F. 9503, “Proce<strong>di</strong>mento analitico per valutare la resistenza a fuoco degli<br />

elementi costruttivi <strong>di</strong> acciaio”;<br />

Norma UNI-VV.F. 9504, “Proce<strong>di</strong>mento analitico per valutare la resistenza a fuoco degli<br />

elementi costruttivi <strong>di</strong> legno”;<br />

Norma UNI 9795 “Sistemi fissi automatici <strong>di</strong> rivelazione e <strong>di</strong> segnalazione incen<strong>di</strong>”<br />

Norma UNI-VV.F. 10779, “Riferimento per la progettazione <strong>di</strong> una rete <strong>di</strong> idranti,<br />

classificazione dei rischi e <strong>di</strong>mensionamento delle installazioni”<br />

Norme UNIEN (3/1, 3/2, ¾, 3/5).<br />

Caratteristiche Costruttive<br />

Le caratteristiche costruttive dell‟e<strong>di</strong>ficio in progetto variano a seconda dei locali e dei comparti<br />

considerati.<br />

Le strutture portanti sono in calcestruzzo armato con telai or<strong>di</strong>ti nelle due <strong>di</strong>rezioni trasversali<br />

principali e conformi, tra l‟altro, alla vigente normativa sismica e ai coefficienti <strong>di</strong> rischio per ospedali.<br />

La resistenza a fuoco degli elementi strutturali, valutata ai sensi della Circolare Ministero degli<br />

Interni n. 91 del 14/09/1961, le Norme UNI-VV.F. 9502 e 9503 e le Regole Tecniche in<strong>di</strong>cate in<br />

precedenza, è in<strong>di</strong>cata con le lettere:<br />

R, stabilità, è l‟attitu<strong>di</strong>ne a conservare la resistenza meccanica sotto l‟azione del fuoco;<br />

<br />

<br />

E, tenuta: è l‟attitu<strong>di</strong>ne a non lasciar passare fiamme, vapori o gas cal<strong>di</strong> sul lato non esposto;<br />

I, Isolamento termico: è l‟attitu<strong>di</strong>ne a ridurre la trasmissione del calore dalla faccia esposta a quella<br />

non esposta.<br />

In conseguenza <strong>di</strong> questa classificazione si ha la seguente classificazione delle strutture:<br />

Pareti piani interrati : R/REI 120<br />

Pareti piani fuori terra: R/REI 90<br />

La muratura <strong>di</strong> tamponamento è costituita dalle seguenti tipologie:<br />

Degenze e stu<strong>di</strong>: Pareti esterne in Curtain Wall con elementi esterni in alluminio;<br />

Degenze e stu<strong>di</strong>: Pareti esterne e <strong>di</strong> confine con muratura a doppia parete <strong>di</strong> forati <strong>di</strong> 12<br />

e 8 cm separati da intercape<strong>di</strong>ne interna riempita <strong>di</strong> lana <strong>di</strong> roccia in pannelli rigi<strong>di</strong> ed intonaco<br />

sulle due facce;<br />

Degenze e stu<strong>di</strong>: Pareti <strong>di</strong>visorie in laterizio forato da 8 cm con intonaco ai due lati;<br />

Scale e ascensori. Muratura in cemento a faccia vista da 25 cm <strong>di</strong> spessore;<br />

Degenze e stu<strong>di</strong>: Copertura a terrazzo con solaio da 32 cm e piastrelle;<br />

Stu<strong>di</strong>: Copertura a solaio a volta esterna rivestita con lastre in alluminio<br />

metallico.<br />

La resistenza a fuoco dei vani scala ed ascensori nonché dei montacarichi, compresi i vani<br />

macchina, sarà pari a REI 90.<br />

8.36.3 MATERIALI UTILIZZATI<br />

In conformità alle Regole Tecniche relative al presente progetto i materiali nelle <strong>di</strong>verse aree<br />

avranno le seguenti caratteristiche:<br />

Negli atri, nei corridoi, nei <strong>di</strong>simpegni, nelle scale, nelle rampe e nei passaggi in genere si<br />

utilizzeranno materiali in Classe 1 in ragione <strong>di</strong> almeno il 50% massimo della loro superficie<br />

totale mentre per le restanti parti si utilizzerà materiale in Classe 0;<br />

I materiali <strong>di</strong> rivestimento ed i materiali isolanti saranno posti in opera in aderenza agli elementi<br />

costruttivi <strong>di</strong> Classe 0 escludendo spazi vuoti o intercape<strong>di</strong>ni;


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

325<br />

I tendaggi saranno <strong>di</strong> Classe non superiore ad 1 mentre i materassi ed i mobili saranno in Classe<br />

1M;<br />

Le pavimentazioni saranno <strong>di</strong> tipo resiliente in Classe 1;<br />

I corridoi e gli altri locali ove sono posti canali, tubi o scarichi a soffitto saranno controsoffittati<br />

con pannelli smontabili in gesso o fibra minerale.<br />

8.36.4 COMPARTIMENTAZIONE<br />

Una misura fondamentale per la riduzioni dei rischi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o è la compartimentazione<br />

dell‟e<strong>di</strong>ficio, cioè la delimitazione <strong>di</strong> parti <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficio detti “compartimenti antincen<strong>di</strong>o” in<strong>di</strong>spensabili per<br />

isolare un incen<strong>di</strong>o ed impe<strong>di</strong>rne la propagazione in altre zone a rischio o con presenza <strong>di</strong> persone.<br />

La Classe <strong>di</strong> un compartimento è data dalla resistenza al fuoco delle strutture che lo delimitano,<br />

come in<strong>di</strong>cato nelle tabelle che seguono.<br />

La compartimentazione è stata effettuata cercando <strong>di</strong> coniugare le esigenze imposte dalle<br />

Norme Tecniche con quelle <strong>di</strong> funzionalità del comparto in modo da limitare al minimo la fruibilità<br />

degli ambienti e dei servizi ad essi associati.<br />

Si è fatto riferimento all‟ipotesi <strong>di</strong> Norma Tecnica <strong>di</strong> cui alla Circolare del Ministero dell‟Interno<br />

prot. 341/4122 sott. 46 All. 1 del 15/04/2002 62 in ottemperanza al decreto della Commissione<br />

Europea previsto dalla <strong>di</strong>rettiva 94/34/CE.<br />

Le aree compartimentali sono così definite:<br />

Aree <strong>di</strong> tipo A: aree o <strong>impianti</strong> a rischio specifico e classificate come attività soggette al<br />

controllo dei V.V.F ai sensi del D.M. 16/02/1982 e del D.P.R. 689/59 (<strong>impianti</strong> <strong>di</strong> produzione<br />

del calore , gruppi elettrogeni, autorimesse, ecc…);<br />

Aree <strong>di</strong> tipo B: aree a rischio specifico accessibile al solo personale <strong>di</strong>pendente (Aule e<br />

laboratori <strong>di</strong> ricerca, depositi, , etc..) ubicati nel <strong>volume</strong> degli e<strong>di</strong>fici destinati, anche in parte, ad<br />

aree <strong>di</strong> tipo C e D;<br />

Aree <strong>di</strong> tipo C: aree destinate a stu<strong>di</strong> dei docenti;<br />

Aree <strong>di</strong> tipo D: aree destinate ad unità speciali (laboratori speciali, ….);<br />

Aree <strong>di</strong> tipo E: aree destinate ad altri servizi (uffici, scuole e convitti professionali, spazi<br />

per riunioni e convegni, mensa aziendale, spazi per visitatori inclusi bar e limitati spazi<br />

commerciali, ecc…)<br />

La compartimentazione sarà ottenuta utilizzando i seguenti sistemi costruttivi:<br />

Solai intonacati per la compartimentazione orizzontali;<br />

<br />

<br />

Infissi tagliafuoco per le aperture <strong>di</strong> comunicazione;<br />

Serrande tagliafuoco ed altri accorgimenti (quali collari tagliafuoco, sigillanti tagliafuoco, ….) per<br />

la compartimentazione in presenza <strong>di</strong> passaggi <strong>impianti</strong>stici.<br />

Le comunicazioni con i percorsi <strong>di</strong> esodo (orizzontali e/o verticali) avvengono tramite filtri a<br />

prova <strong>di</strong> fumo. I filtri hanno le seguenti caratteristiche:<br />

Strutture <strong>di</strong> delimitazione con resistenza al fuoco al fuoco pari ad almeno REI 60 o REI 120<br />

nel copro dell‟e<strong>di</strong>ficio B <strong>di</strong> altezza superiore a 24 m;<br />

<br />

<br />

Accessi dotati <strong>di</strong> porte con resistenza al fuoco almeno pari a REI 60 o 120 per l‟e<strong>di</strong>ficio B<br />

munite <strong>di</strong> congegno <strong>di</strong> chiusura automatica in caso <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o;<br />

Aerazione ottenuta me<strong>di</strong>ante canna <strong>di</strong> ventilazione per l‟evacuazione dei fumi <strong>di</strong> tipo Shunt<br />

realizzata con pareti resistenti al fuoco REI 90, della sezione minima pari a 0.10 m².<br />

Il passaggio fra un comparto e quello imme<strong>di</strong>atamente a ridosso è protetto con l‟inserimento <strong>di</strong><br />

una zona <strong>di</strong> filtro dotata <strong>di</strong> canna <strong>di</strong> ventilazione della sezione minima <strong>di</strong> 40 x 50 cm² per l‟evacuazione<br />

dei fumi.<br />

2002.<br />

62 Questa Regola Tecnica per gli ospedali è stata successivamente pubblicata come D.M. Interni nel settembre


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

326<br />

Figura 267: Esempio <strong>di</strong> compartimentazione <strong>di</strong> più reparti ospedalieri<br />

In questo modo si può classificare il reparto a<strong>di</strong>acente come luogo sicuro statico o <strong>di</strong>namico, ove<br />

poter trasferire i pazienti del reparto interessato attiguo in attesa dei soccorsi.<br />

Si aumenta, pertanto, la sicurezza e gestibilità delle operazioni <strong>di</strong> emergenza potendo attuare una<br />

evacuazione orizzontale progressiva.<br />

Le delimitazioni dei compartimenti e le relative superfici sono rilevabili nei <strong>di</strong>segni allegati (ed in<br />

parte visibili nelle tavole <strong>di</strong> Figura 267 fino alla Figura 269) alla presente Relazione per il C.P.I


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

327<br />

Figura 268: Esempio <strong>di</strong> compartimentazione <strong>di</strong> un piano operatorio


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

328<br />

Figura 269: Esempio <strong>di</strong> compartimentazione <strong>di</strong> degenze ospedaliere 63<br />

63 Nelle tavole relative alla compartimentazione si sono utilizzati dei simboli per i componenti <strong>di</strong> impianto<br />

antincen<strong>di</strong>o che sono raccolti nella seguente tavola sinottica:<br />

Simboli per gli <strong>impianti</strong> antincen<strong>di</strong>o


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

329<br />

8.36.5 DESCRIZIONE DEI LOCALI, DEI PIANI O DELLE ZONE<br />

I locali (zone) presi in esame sono elencati nella seguente tabella:<br />

Zona Attività(*) Descrizione Superficie [m²]<br />

A 85 PIANO A QUOTA 130.60 1080,00<br />

B 85 PIANO A QUOTA 138.60 800,00<br />

C 85 PIANO A QUOTA 142.60 800,00<br />

D 85 PIANO A QUOTA 146.60 800,00<br />

(*) Si veda l’elenco dei depositi e industrie pericolose soggetti alle visite ed ai controlli <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> cui al DM 16-2-1982 e alle<br />

successive mo<strong>di</strong>fiche e integrazioni.<br />

Tabella 46: A – Superfici dei comparti dell’ipotetico e<strong>di</strong>ficio<br />

8.36.6 CALCOLO DEL CARICO D’INCENDIO SPECIFICO<br />

Considerando, in base alla <strong>di</strong>chiarazione del titolare dell‟attività, per le zone definite dalla tabella<br />

A la presenza me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> materiali definita dalle tabelle D, si ha per ogni zona un carico d‟incen<strong>di</strong>o<br />

specifico come dal seguente prospetto:<br />

Zona Superficie [m²] Potenza Energetica calcolata [MJ] C.d.I [kg/m²]<br />

A 1080,00 135118,00 6,77<br />

B 800,00 94312,00 6,38<br />

C 800,00 94312,00 6,38<br />

D 800,00 94312,00 6,38<br />

Tabella 47: B – Carico d’incen<strong>di</strong>o specifico<br />

4 Calcolo della classe d’incen<strong>di</strong>o<br />

In base alla Circolare n. 91 si è determinato, per ogni zona, un in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> valutazione globale e un<br />

coefficiente <strong>di</strong> riduzione del carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o per tenere conto delle circostanze particolari in<br />

relazione alla sicurezza antincen<strong>di</strong>o.<br />

La tabella C riporta tali valori insieme alla classe d‟incen<strong>di</strong>o corrispondente.<br />

I fattori determinanti il coefficiente <strong>di</strong> riduzione sono riportati nelle tabelle seguenti .<br />

Zona C.d.I. [kg/m²] K (coefficiente <strong>di</strong> riduzione) C.d.I. ridotto [kg/m²] Classe<br />

A 6,77 0,55 3,69 15<br />

B 6,38 0,55 3,52 15<br />

C 6,38 0,55 3,52 15<br />

D 6,38 0,55 3,52 15<br />

Tabella 48: C – Calcolo della classe <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

8.36.7 ELENCO DEI MATERIALI PRESENTI NEI SINGOLI LOCALI O ZONE<br />

Per le singole zone si hanno le seguenti tabelle.<br />

Materiale Pcs [MJ] Quantità Totale [MJ]<br />

Apparecchio ra<strong>di</strong>o 84,00 6 504,00


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

330<br />

Arma<strong>di</strong>o a muro (a 2 porte) 1340,00 6 8040,00<br />

Poltrone 335,00 240 80400,00<br />

Scrivania grande (2 serie <strong>di</strong> cassetti) 2177,00 6 13062,00<br />

Se<strong>di</strong>a non imbottita 67,00 258 17286,00<br />

Tavolo allungabile grande 590,00 6 3540,00<br />

Tende (al m2 <strong>di</strong> superficie finestra) 23,00 24 552,00<br />

Carta, oggetti <strong>di</strong> 1100,00 3 3300,00<br />

Legno, rivestimento o impiallacciato 4200,00 2 8400,00<br />

PVC elastico 34,00 1 34,00<br />

Tabella 49: D – Materiali presenti nella zona A.<br />

Materiale Pcs [MJ] Quantità Totale [MJ]<br />

Apparecchio ra<strong>di</strong>o 84,00 8 672,00<br />

Arma<strong>di</strong>o a muro (a 2 porte) 1340,00 8 10720,00<br />

Poltrone 335,00 12 4020,00<br />

Scrivania grande (2 serie <strong>di</strong> cassetti) 2177,00 8 17416,00<br />

Se<strong>di</strong>a non imbottita 67,00 520 34840,00<br />

Tavolo allungabile grande 590,00 8 4720,00<br />

Tende (al m2 <strong>di</strong> superficie finestra) 23,00 30 690,00<br />

Carta, oggetti <strong>di</strong> 1100,00 4 4400,00<br />

Legno, rivestimento o impiallacciato 4200,00 4 16800,00<br />

PVC elastico 34,00 1 34,00<br />

Tabella 50: D – Materiali presenti nella zona B.<br />

Materiale Pcs [MJ] Quantità Totale [MJ]<br />

Apparecchio ra<strong>di</strong>o 84,00 8 672,00<br />

Arma<strong>di</strong>o a muro (a 2 porte) 1340,00 8 10720,00<br />

Poltrone 335,00 12 4020,00<br />

Scrivania grande (2 serie <strong>di</strong> cassetti) 2177,00 8 17416,00<br />

Se<strong>di</strong>a non imbottita 67,00 520 34840,00<br />

Tavolo allungabile grande 590,00 8 4720,00<br />

Tende (al m2 <strong>di</strong> superficie finestra) 23,00 30 690,00<br />

Carta, oggetti <strong>di</strong> 1100,00 4 4400,00<br />

Legno, rivestimento o impiallacciato 4200,00 4 16800,00


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

331<br />

PVC elastico 34,00 1 34,00<br />

Tabella 51: D – Materiali presenti nella zona C.<br />

Materiale Pcs [MJ] Quantità Totale [MJ]<br />

Apparecchio ra<strong>di</strong>o 84,00 8 672,00<br />

Arma<strong>di</strong>o a muro (a 2 porte) 1340,00 8 10720,00<br />

Poltrone 335,00 12 4020,00<br />

Scrivania grande (2 serie <strong>di</strong> cassetti) 2177,00 8 17416,00<br />

Se<strong>di</strong>a non imbottita 67,00 520 34840,00<br />

Tavolo allungabile grande 590,00 8 4720,00<br />

Tende (al m2 <strong>di</strong> superficie finestra) 23,00 30 690,00<br />

Carta, oggetti <strong>di</strong> 1100,00 4 4400,00<br />

Legno, rivestimento o impiallacciato 4200,00 4 16800,00<br />

PVC elastico 34,00 1 34,00<br />

Tabella 52: D – Materiali presenti nella zona D<br />

8.36.8 INDICI DI VALUTAZIONE E DETERMINAZIONE DEL COEFFICIENTE DI RIDUZIONE<br />

Fattori<br />

1.1 Altezza totale dell‟e<strong>di</strong>ficio 4<br />

1.2 Altezza dei piani <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio multipiano 1<br />

2.1 Superficie interna delimitata da muri tagliafuoco, pareti esterne, antincen<strong>di</strong>o... 4<br />

3.1 Materiali presenti nell'e<strong>di</strong>ficio 5<br />

3.2 Destinazione dei locali 10<br />

3.3 Uscite <strong>di</strong> soccorso 0<br />

4.1 Distanza dagli e<strong>di</strong>fici circostanti 1<br />

5.1 Squadra interna soccorso 25<br />

5.2 Impianto Sprinkler 0<br />

5.3 Avvisatore automatico in <strong>di</strong>retto collegamento con la caserma VV.F. 0<br />

5.4 Guar<strong>di</strong>ania permanente con telefono 0<br />

5.5 Impianto interno <strong>di</strong> idranti senza guar<strong>di</strong>ania 2<br />

5.6 Impianto esterno <strong>di</strong> idranti in prossimità dell'e<strong>di</strong>ficio 1<br />

5.7 Estintori senza guar<strong>di</strong>ania 1<br />

5.8 Tempo richiesto per l'arrivo dei vigili del fuoco 2<br />

5.9 Difficoltà <strong>di</strong> accesso interno 0<br />

In<strong>di</strong>ce totale <strong>di</strong> valutazione 16<br />

Tabella 53: In<strong>di</strong>ci per zona A.<br />

I.V.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

332<br />

Figura 270: Calcolo del coefficiente <strong>di</strong> riduzione per la zona A<br />

Fattori<br />

1.1 Altezza totale dell‟e<strong>di</strong>ficio 4<br />

1.2 Altezza dei piani <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio multipiano 2<br />

2.1 Superficie interna delimitata da muri tagliafuoco, pareti esterne, antincen<strong>di</strong>o... 4<br />

3.1 Materiali presenti nell'e<strong>di</strong>ficio 5<br />

3.2 Destinazione dei locali 10<br />

3.3 Uscite <strong>di</strong> soccorso 0<br />

4.1 Distanza dagli e<strong>di</strong>fici circostanti 1<br />

5.1 Squadra interna soccorso 25<br />

5.2 Impianto Sprinkler 0<br />

5.3 Avvisatore automatico in <strong>di</strong>retto collegamento con la caserma VV.F. 0<br />

5.4 Guar<strong>di</strong>ania permanente con telefono 0<br />

5.5 Impianto interno <strong>di</strong> idranti senza guar<strong>di</strong>ania 2<br />

5.6 Impianto esterno <strong>di</strong> idranti in prossimità dell'e<strong>di</strong>ficio 1<br />

5.7 Estintori senza guar<strong>di</strong>ania 1<br />

5.8 Tempo richiesto per l'arrivo dei vigili del fuoco 2<br />

5.9 Difficoltà <strong>di</strong> accesso interno 0<br />

In<strong>di</strong>ce totale <strong>di</strong> valutazione 15<br />

Tabella 54: In<strong>di</strong>ci per zona B.<br />

I.V.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

333<br />

Figura 271: Calcolo del coefficiente <strong>di</strong> riduzione per la zona B<br />

Fattori<br />

1.1 Altezza totale dell‟e<strong>di</strong>ficio 4<br />

1.2 Altezza dei piani <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio multipiano 2<br />

2.1 Superficie interna delimitata da muri tagliafuoco, pareti esterne, antincen<strong>di</strong>o... 4<br />

3.1 Materiali presenti nell'e<strong>di</strong>ficio 5<br />

3.2 Destinazione dei locali 10<br />

3.3 Uscite <strong>di</strong> soccorso 0<br />

4.1 Distanza dagli e<strong>di</strong>fici circostanti 1<br />

5.1 Squadra interna soccorso 25<br />

5.2 Impianto Sprinkler 0<br />

5.3 Avvisatore automatico in <strong>di</strong>retto collegamento con la caserma VV.F. 0<br />

5.4 Guar<strong>di</strong>ania permanente con telefono 0<br />

5.5 Impianto interno <strong>di</strong> idranti senza guar<strong>di</strong>ania 2<br />

5.6 Impianto esterno <strong>di</strong> idranti in prossimità dell'e<strong>di</strong>ficio 1<br />

5.7 Estintori senza guar<strong>di</strong>ania 1<br />

5.8 Tempo richiesto per l'arrivo dei vigili del fuoco 2<br />

5.9 Difficoltà <strong>di</strong> accesso interno 0<br />

In<strong>di</strong>ce totale <strong>di</strong> valutazione 15<br />

Tabella 55: In<strong>di</strong>ci per zona C.<br />

I.V.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

334<br />

Figura 272: Calcolo del coefficiente <strong>di</strong> riduzione per la zona C<br />

Fattori<br />

1.1 Altezza totale dell‟e<strong>di</strong>ficio 4<br />

1.2 Altezza dei piani <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio multipiano 2<br />

2.1 Superficie interna delimitata da muri tagliafuoco, pareti esterne, antincen<strong>di</strong>o... 4<br />

3.1 Materiali presenti nell'e<strong>di</strong>ficio 5<br />

3.2 Destinazione dei locali 10<br />

3.3 Uscite <strong>di</strong> soccorso 0<br />

4.1 Distanza dagli e<strong>di</strong>fici circostanti 1<br />

5.1 Squadra interna soccorso 25<br />

5.2 Impianto Sprinkler 0<br />

5.3 Avvisatore automatico in <strong>di</strong>retto collegamento con la caserma VV.F. 0<br />

5.4 Guar<strong>di</strong>ania permanente con telefono 0<br />

5.5 Impianto interno <strong>di</strong> idranti senza guar<strong>di</strong>ania 2<br />

5.6 Impianto esterno <strong>di</strong> idranti in prossimità dell'e<strong>di</strong>ficio 1<br />

5.7 Estintori senza guar<strong>di</strong>ania 1<br />

5.8 Tempo richiesto per l'arrivo dei vigili del fuoco 2<br />

5.9 Difficoltà <strong>di</strong> accesso interno 0<br />

In<strong>di</strong>ce totale <strong>di</strong> valutazione 15<br />

Tabella 56: In<strong>di</strong>ci per zona D<br />

I.V.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

335<br />

Figura 273: del coefficiente <strong>di</strong> riduzione per la zona D<br />

8.37 RISPONDENZA DEGLI ELEMENTI DI PROGETTO ALLE NORME<br />

Il <strong>di</strong>mensionamento degli spessori e delle protezioni da adottare per le varie classi <strong>di</strong> strutture e<br />

nei vari casi delle pareti, dei solai, degli elementi strutturali in acciaio sollecitati a flessione e trazione, e<br />

degli elementi compressi (colonne) è in<strong>di</strong>cato nella Tabella 24 fino alla Tabella 27.<br />

Qualora il rivestimento protettivo non sia completamente aderente alla struttura metal1ica,<br />

intorno alla quale perciò si forma una canna, si dovrà provvedere ad interrompere la continuità della<br />

canna stessa in corrispondenza dei solai interponendovi un idoneo <strong>di</strong>aframma.<br />

Segue ora l‟applicazione <strong>di</strong> quanto sopra in<strong>di</strong>cato<br />

Locale (zona) A, B,C e D , classe 15<br />

Strutture previste:<br />

I vari comparti saranno separati da pareti in muratura da 25 cm Le pareti <strong>di</strong> separazione dei<br />

locali a<strong>di</strong>biti ad aule saranno realizzate in sette <strong>di</strong> cemento a faccia vista da cm 20.<br />

• I solai dovranno avere uno spessore minimo <strong>di</strong> cm 30<br />

• I rivestimenti dei solai è effettuato con intonaco <strong>di</strong> spessore 2 cm. Le travi principali e<br />

secondarie hanno copriferro <strong>di</strong> almeno 3 cm.<br />

• I rivestimenti delle colonne saranno con intonaco con un rapporto <strong>di</strong> miscelazione con sabbia<br />

del 30%.<br />

• La sporgenza minima del pannello per colonne esterne a contatto <strong>di</strong> vani <strong>di</strong> porte e finestre<br />

sarà <strong>di</strong> 5 cm su ciascuno dei lati della colonna. Le colonne avranno una <strong>di</strong>stanza minima dalla<br />

più vicina via <strong>di</strong> uscita delle fiamme <strong>di</strong> cm 50.<br />

8.37.1 STRUTTURA DEGLI ELEMENTI CONNETTIVI<br />

Particolare riguardo è dato agli elementi connettivi (scale, ascensori, montacarichi) dell‟e<strong>di</strong>ficio<br />

in progetto.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

336<br />

Scale<br />

Le scale <strong>di</strong> accesso alle varie aree dell‟e<strong>di</strong>ficio sono realizzate a prova <strong>di</strong> fumo e provviste <strong>di</strong><br />

aerazione permanete in sommità avente superficie non inferiore ad 1 m². Le <strong>di</strong>mensioni sono<br />

conformi alle vigenti regole tecniche. La resistenza al fuoco delle strutture è pari a REI 120.<br />

Ascensori<br />

Ogni ascensore utilizzerà un vano corsa <strong>di</strong>stinto con caratteristiche REI 120, come prescritto<br />

dal D.M. n. 246 del 16/05/1987. La superficie netta <strong>di</strong> aerazione sarà non inferiore al 3% della<br />

superficie del vano stesso e mai inferiore a 0.20 m². Le porte <strong>di</strong> piano dell‟ascensore saranno del tipo<br />

metallico con resistenza a fuoco REI 120 e l‟accesso allo sbarco dei piani avverrà con filtro a prova <strong>di</strong><br />

fumo con caratteristica <strong>di</strong> resistenza al fuoco REI 120. Gli ascensori saranno dotati <strong>di</strong> impianto<br />

citofonico fra le cabine, il locale macchine, i pianerottoli e la sala controllo. L‟alimentazione elettrica<br />

degli ascensori sarà doppia, una <strong>di</strong> sicurezza che interverrà automaticamente in caso <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o. I<br />

montanti delle due linee elettriche, ciascuno separato dall‟altro, saranno adeguatamente protetti contro<br />

l‟azione del fuoco.<br />

8.37.2 MISURE PER L’EVACUAZIONE<br />

Come in<strong>di</strong>cato nel D.M. 10/03/1998, si sono in<strong>di</strong>cate le vie <strong>di</strong> esodo compatibilmente con il<br />

massimo affollamento ipotizzabile per l‟attività in esame.<br />

La densità <strong>di</strong> affollamento delle varie aree è stata calcolata sulla base delle vigenti regole tecniche<br />

<strong>di</strong>anzi citate. Sono stati adottati i seguenti parametri:<br />

Aree <strong>di</strong> tipo C Aule e simili 0.1 persone/m²;<br />

Sale <strong>di</strong> attesa: 0.4 persone /m²;<br />

8.37.3 CAPACITÀ DI DEFLUSSO<br />

La capacità <strong>di</strong> deflusso per i vari piani è stata assunta in conformità ai valori seguenti:<br />

50/modulo per i piani con pavimento a quota compresa ± 1 m rispetto al piano <strong>di</strong><br />

uscita dell‟e<strong>di</strong>ficio;<br />

37.5/modulo per piani con pavimento a quota compresa tra ± 7.5 m rispetto al piano<br />

<strong>di</strong> uscita dall‟e<strong>di</strong>ficio;<br />

33/modulo per piani con pavimento a quota al <strong>di</strong> sopra o al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> ± 7.5 m<br />

rispetto al piano <strong>di</strong> uscita dall‟e<strong>di</strong>ficio.<br />

In generale le porte <strong>di</strong> accesso alle scale e quelle che immettono all‟esterno si apriranno nel<br />

verso dell‟esodo a semplice spinta.<br />

Le porte che si aprono sulle vie <strong>di</strong> uscita non riducono la larghezza utile delle stesse.<br />

Il calcolo dell‟affollamento massimo ipotizzabile e la verifica della capacità <strong>di</strong> deflusso, per<br />

ciascuna area, sono riportati nella tabella seguente.<br />

8.37.4 PIANI DI EVACUAZIONE<br />

Le operazioni <strong>di</strong> evacuazione saranno del tipo orizzontale progressivo.<br />

A tale scopo i compartimenti sono <strong>di</strong>mensionati anche in modo da potere ospitare gli occupanti<br />

dei compartimenti viciniori in attesa che l‟incen<strong>di</strong>o sia domato o, se necessario, della successiva<br />

evacuazione verticale.<br />

8.37.5 SISTEMI DI VIE DI USCITA, LUNGHEZZA, CARATTERISTICHE, LARGHEZZA<br />

I compartimenti sono dotati un sistema organizzato <strong>di</strong> vie <strong>di</strong> uscita <strong>di</strong>mensionato in modo da<br />

garantire lo sfollamento totale <strong>di</strong> ogni singolo compartimento sia in senso orizzontale che verticale.<br />

La larghezza dei percorsi per raggiungere i luoghi sicuri, le scale <strong>di</strong> esodo verticali o il<br />

compartimento a<strong>di</strong>acente, è stata <strong>di</strong>mensionata nel rispetto dei limiti e delle tolleranze imposte dalla<br />

specifica regola tecnica. I percorsi sono realizzati con pavimento non sdrucciolevole e non presentano<br />

ostacoli o intralci lungo lo sviluppo orizzontale.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

337<br />

Le aperture delle uscite <strong>di</strong> sicurezza, previste apribili nel verso dell‟esodo, sono dotate <strong>di</strong><br />

maniglione antipanico.<br />

Nelle aree <strong>di</strong> tipo D la profon<strong>di</strong>tà dei pianerottoli delle scale con cambio <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione a 180° non<br />

è inferiore a 2 m, misurata nella <strong>di</strong>rezione dell‟asse delle rampe, per consentire la movimentazione dei<br />

letti o delle barelle in casi <strong>di</strong> emergenza.<br />

8.37.6 AREE ED IMPIANTI A RISCHIO SPECIFICO<br />

8.37.7 LOCALI ADIBITI A DEPOSITO DI MATERIALE COMBUSTIBILE<br />

I locali a<strong>di</strong>biti a deposito <strong>di</strong> materiale combustibile ubicati all‟interno dei compartimenti avranno<br />

superficie contenuta entro i 12 m² ed un valore del carichi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o non superiore a 30 kg/m².<br />

Detti locali saranno provvisti <strong>di</strong> strutture <strong>di</strong> separazione con caratteristiche <strong>di</strong> resistenza al fuoco<br />

REI 90 e saranno dotati <strong>di</strong> impianto automatico <strong>di</strong> rivelazione ed allarme <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o nonché <strong>di</strong> porte<br />

con resistenza al fuoco REI 120.<br />

8.37.8 LABORATORI<br />

I servizi <strong>di</strong> laboratorio saranno separati dai reparti presenti allo stesso piano me<strong>di</strong>ante pareti <strong>di</strong><br />

tamponamento e strutture REI 90. Le porte, dotate <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> chiusura automatico, saranno <strong>di</strong><br />

pari resistenza al fuoco, REI 90. I laboratori saranno serviti dalla rete a gas metano per alimentare i<br />

bunsen e per effettuare le analisi chimiche. La rete del gas sarà esterna all‟e<strong>di</strong>ficio ed entrerà solo per<br />

alimentare gli apparecchi utilizzatori.<br />

Le condotte del gas saranno dotate <strong>di</strong> intercettazione esterna ed interna su ogni singola<br />

<strong>di</strong>ramazione e saranno realizzate con i <strong>di</strong>spositivi e i materiali conformi alle Norme UNI – CIG.<br />

8.37.9 CENTRALE IDRICA<br />

La centrale idrica sarà posta nel livello inferiore, a fianco della sottocentrale termica.<br />

L‟alimentazione sarà derivata dalla rete esistente che fornisce la necessaria portata e prevalenza.<br />

La rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione sarà in acciaio zincato e, ove possibile, correrà in controsoffitto nel<br />

corridoio per scendere sotto traccia nelle pareti in corrispondenza delle utenze.<br />

L‟adduzione idrica nei singoli locali sarà effettuata me<strong>di</strong>ante tubazioni in rame che si<br />

<strong>di</strong>rameranno da collettori complanari del tipo Modul contenuti in cassette facilmente ispezionabili.<br />

Ciascun ramo <strong>di</strong> alimentazione ad utenze idriche sarà munito <strong>di</strong> saracinesca <strong>di</strong> intercettazione<br />

facilmente accessibile in cassetta. L‟acqua calda sanitaria sarà prodotta me<strong>di</strong>ante bollitori ad accumulo<br />

dotati <strong>di</strong> scambiatori <strong>di</strong> calore. La temperatura <strong>di</strong> accumulo sarà <strong>di</strong> 60 °C mentre quella <strong>di</strong>stribuita ai<br />

piani avrà temperatura massima <strong>di</strong> 48 °C.<br />

8.37.10 CABINA MT/BT E GRUPPO ELETTROGENO<br />

Gli <strong>impianti</strong> elettrici saranno alimentati da una cabina elettrica <strong>di</strong> trasformazione che verrà<br />

alimentata a sua volta dalla rete a MT dell‟ENEL <strong>di</strong>rettamente dall‟esterno. Il locale <strong>di</strong> consegna<br />

dell‟ENEL sarà ubicato nella centrale elettrica, al livello più basso dell‟e<strong>di</strong>ficio, accessibile<br />

esternamente dal lato ENEL. Nella suddetta centrale elettrica (power center) troveranno posto anche:<br />

Il locale <strong>di</strong> trasformazione MT/BT contenente le celle <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a tensione e i trasformatori;<br />

<br />

<br />

Il locale quadro generale <strong>di</strong> bassa tensione, del tipo Power Center;<br />

Il locale contenente il gruppo elettrogeno <strong>di</strong> riserva.<br />

Tutti i suddetti locali saranno accessibili dall‟esterno, aerati e dotati <strong>di</strong> n. 2 estintori <strong>di</strong> cui 1 a<br />

CO 2 da 5 kg ed uno a polvere da 6 kg posto nel locale che ospiterà il gruppo elettrogeno mentre negli<br />

altri locali vi saranno 2 estintori a CO 2 da 5 kg.<br />

8.37.11 SOTTOCENTRALE TERMICA<br />

Dalla esistente Centrale Termica saranno derivate le tubazioni <strong>di</strong> acqua surriscaldata per gli<br />

scambiatori <strong>di</strong> calore per il riscaldamento, l‟alimentazione dei gruppi frigoriferi ad assorbimento e i<br />

bollitori ad accumulo per l‟acqua sanitaria. Completano la sottocentrale termica le pompe <strong>di</strong><br />

circolazione e gli organi <strong>di</strong> controllo.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

338<br />

8.37.12 CENTRALE FRIGORIFERA<br />

I gruppi <strong>di</strong> refrigerazione, tre <strong>di</strong> cui uno <strong>di</strong> riserva, saranno alimentati con acqua surriscaldata,<br />

del tipo bista<strong>di</strong>o, e saranno raffreddati con acqua e torri <strong>di</strong> raffreddamento.<br />

In prossimità dei gruppi frigoriferi saranno posti due estintori a polvere da 6 kg ciascuno.<br />

8.37.13 IMPIANTO DI RIVELAZIONE E SEGNALAZIONE DI INCENDI<br />

L‟intero e<strong>di</strong>ficio sarà dotato <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> segnalazione <strong>di</strong> allarmi incen<strong>di</strong> e <strong>di</strong> rivelazione<br />

incen<strong>di</strong>, giusto quanto in<strong>di</strong>cato dalla UNI 9795 “Sistemi fissi automatici <strong>di</strong> rivelazione e <strong>di</strong> segnalazione<br />

incen<strong>di</strong>”, in<strong>di</strong>cati nei <strong>di</strong>segni allegati alla presente Relazione C.P.I.<br />

La segnalazione <strong>di</strong> allarme proveniente da uno qualsiasi dei rivelatori utilizzati determinerà<br />

sempre una segnalazione ottica ed acustica <strong>di</strong> allarme incen<strong>di</strong>o nella centrale <strong>di</strong> controllo e<br />

segnalazione in ambiente presi<strong>di</strong>ato. La rivelazione fumi e la segnalazione incen<strong>di</strong> sarà<br />

automaticamente gestita da un impianto <strong>di</strong> buil<strong>di</strong>ng automation con inoltro automatico delle segnalazioni<br />

e chiamata ai V.V.F.<br />

Lo stesso impianto elettronico gestirà le fasi <strong>di</strong> emergenza con l‟avvio delle procedure <strong>di</strong><br />

sicurezza previste dal programma monitor.<br />

8.37.14 IMPIANTI DI ESTINZIONE DEGLI INCENDI<br />

Si prevedono <strong>di</strong> utilizzare sia <strong>impianti</strong> ad idranti che estintori.<br />

8.37.15 IMPIANTI AD IDRANTI<br />

I naspi ed idranti UNI 45 saranno <strong>di</strong>sposti in modo che, pur in presenza <strong>di</strong> interferenze, ogni<br />

punto dell‟e<strong>di</strong>ficio venga a trovarsi a non più <strong>di</strong> 5 metri dalla lancia <strong>di</strong> erogazione.<br />

Gli idranti UNI 45 saranno posti in vicinanza delle porte <strong>di</strong> accesso dall‟esterno o dai comparti<br />

a<strong>di</strong>acenti e, in caso <strong>di</strong> presenza <strong>di</strong> filtri a prova <strong>di</strong> fumo, all‟interno <strong>di</strong> essi.<br />

Gli idranti UNI 70 saranno posti esternamente all‟e<strong>di</strong>ficio e collocati in modo il fronte<br />

dell‟e<strong>di</strong>ficio protetto da ciascun idrante non superi i 60 m.<br />

Essi saranno posti ad una <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> sicurezza non inferiore a 6 m dal fronte dell‟e<strong>di</strong>ficio, al fine<br />

<strong>di</strong> ridurre il rischio <strong>di</strong> inagibilità <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o. Appositi cartelli segnalatori ne agevoleranno<br />

l‟in<strong>di</strong>viduazione a <strong>di</strong>stanza. Saranno seguiti i seguenti criteri:<br />

<br />

La rete degli idranti idrici sarà costituita da un anello collegato con montanti <strong>di</strong>sposti nelle<br />

gabbie scale o delle rampe oppure in posizione perimetrale;<br />

Il collegamento ad ogni idrante UNI 45 avverrà con tubazione DN 40;<br />

Il collegamento ad ogni naspo avverrà con tubazione DN 25;<br />

Il collegamento ad ogni idrante UNI 70 avverrà con tubazione DN 65;<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

La custo<strong>di</strong>a degli idranti sarà situata in un punto ben visibile e sarà munita <strong>di</strong> sportello in vetro<br />

trasparente ed una profon<strong>di</strong>tà tale da consentire, a sportello chiuso, <strong>di</strong> mantenere collegate<br />

manichetta e lancia;<br />

La tubazione flessibile sarà costituita da un tratto <strong>di</strong> apposito tubo <strong>di</strong> lunghezza che consenta <strong>di</strong><br />

raggiungere col getto ogni punto dell‟area protetta;<br />

Le tubazioni fisse della rete idranti sarà costituita da tubi in acciaio zincato protetto contro il<br />

gelo per le parti esposte e tale rete sarà in<strong>di</strong>pendente dalle altre reti PN16;<br />

Le caratteristiche idrauliche dell‟impianto ad idranti garantiranno al bocchello della lancia, nelle<br />

con<strong>di</strong>zioni più sfavorevoli <strong>di</strong> altimetria e <strong>di</strong>stanza, una portata non inferiore a 120 L7m ad una<br />

pressione <strong>di</strong> almeno 2 bar per gli UNI 45 con idranti in funzione;<br />

Per gli idranti antincen<strong>di</strong>o si <strong>di</strong>sporrà un gruppo <strong>di</strong> pompaggio costituito da elettropompe e<br />

motopompa rispondenti alle norme UNI 9480 ed avente caratteristiche tali da ottenere le<br />

portate e prevalenze ai bocchello degli idranti sopra descritte;<br />

La riserva idrica è già pre<strong>di</strong>sposta nei serbatoi <strong>di</strong> accumulo del Policlinico, appositamente a<strong>di</strong>biti<br />

per l‟uso antincen<strong>di</strong>o ed alimentati dal serbatoio piezometrico.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

339<br />

Esternamente all‟e<strong>di</strong>ficio, nei punti <strong>di</strong> più facile accesso dei mezzi <strong>di</strong> soccorso antincen<strong>di</strong>o,<br />

saranno posizionati gli attacchi per motopompa VV.F.<br />

8.37.16 ESTINTORI<br />

Si prevede l‟installazione <strong>di</strong> estintori portatili da 6 kg aventi capacità estinguente pari a 55°<br />

233BC in ragione <strong>di</strong> 1 estintore ogni 100 m² <strong>di</strong> superficie. Il posizionamento sarà segnalato me<strong>di</strong>ante<br />

cartellonistica adeguata posta in punti ben visibili.<br />

8.37.17 SEGNALETICA ED ISTRUZIONI DI SICUREZZA<br />

Secondo quanto <strong>di</strong>sposto dal D.Lgs n. 493 del 14/08/1993 verrà <strong>di</strong>sposta idonea ed adeguata<br />

segnaletica facilmente in<strong>di</strong>viduabile da ogni punto dei comparti, posizionata in basso ed idoneamente<br />

illuminata. Tale segnaletica dovrà in<strong>di</strong>care:<br />

Le vie <strong>di</strong> fuga;<br />

Le vie <strong>di</strong> circolazione;<br />

Le uscite <strong>di</strong> sicurezza;<br />

Gli spazi calmi in termini <strong>di</strong> posizione e <strong>di</strong> funzione:<br />

La presenza <strong>di</strong> mezzi <strong>di</strong> estinzione mobili e fissi;<br />

La posizione dei <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> arresto <strong>di</strong> tutti gli <strong>impianti</strong> presenti (<strong>di</strong>stribuzione del gas,<br />

dell‟energia elettrica, dell‟impianto <strong>di</strong> ventilazione, ….) ed il relativo impianto afferente;<br />

L‟in<strong>di</strong>cazione degli <strong>impianti</strong> e dei locali a rischio specifico;<br />

Il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> compiere azioni pericolose;<br />

Il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> usare acqua per spegnere gli incen<strong>di</strong> su apparecchiature elettriche;<br />

Le informazioni necessarie ed i numeri utili in caso <strong>di</strong> emergenza;<br />

L‟obbligo dell‟uso dei <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> protezione in<strong>di</strong>viduale (DPI) previsti per le specifiche<br />

attività;<br />

Gli ostacoli ed i punti <strong>di</strong> pericolo delle vie <strong>di</strong> circolazione.<br />

In aggiunta alla segnaletica <strong>di</strong> cui sopra verranno esposti all‟ingresso dei fabbricati e/o dei<br />

comparti le istruzioni relative al comportamento del personale e dell‟eventuale pubblico in caso <strong>di</strong><br />

emergenza nonché una planimetria riportante la posizione <strong>di</strong> quanto segue:<br />

Delle scale e delle vie <strong>di</strong> esodo;<br />

Dei mezzi <strong>di</strong> estinzione mobili e fissi;<br />

Dei <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> arresto degli <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione del gas e dell‟elettricità;<br />

Dei <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> arresto del sistema ventilazione;<br />

Del quadro generale del sistema <strong>di</strong> rivelazione ed allarme;<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

Degli <strong>impianti</strong> e dei locali che presentano un rischio specifico;<br />

Degli spazi calmi.<br />

In corrispondenza <strong>di</strong> ogni piano sarà riportata una planimetria d‟orientamento riportante:<br />

Le vie <strong>di</strong> esodo;<br />

L‟in<strong>di</strong>cazione del <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> usare gli ascensori;<br />

L‟in<strong>di</strong>cazione degli altri <strong>di</strong>vieti che l‟Ente Gestore dell‟attività riterrà opportuno evidenziare.<br />

Sarà attuato quanto previsto ai punti 14, 15, 16 e 17 del D.M. 09/04/1994 come pure saranno<br />

rispettate tutte le in<strong>di</strong>cazioni previste nel citato D.M. anche se non espressamente riportate nella<br />

presente relazione.<br />

8.37.18 ORGANIZZAZIONE E GESTIONE DELLA SICUREZZA<br />

L‟Amministrazione proprietaria provvederà ad organizzare e gestire un sistema permanente <strong>di</strong><br />

prevenzione incen<strong>di</strong>, lotta antincen<strong>di</strong>o e gestione dell‟emergenza in generale. Sarà pertanto redatto un<br />

programma per l‟attuazione ed il controllo delle misure poste in atto e in particolare:<br />

misure per prevenire il verificarsi <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o e la sua propagazione (<strong>di</strong>vieti, precauzioni,<br />

esercizi e controlli);


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

340<br />

controllo e manutenzione dei presi<strong>di</strong> antincen<strong>di</strong>o;<br />

informazione e formazione del personale.<br />

Sarà pre<strong>di</strong>sposto un registro dei controllo perio<strong>di</strong>ci nel quale saranno annotati:<br />

tutti gli interventi ed i controlli relativi all‟efficienza degli <strong>impianti</strong> elettrici e <strong>di</strong> illuminazione <strong>di</strong><br />

sicurezza;<br />

tutti gli interventi ed i controlli relativi all‟efficienza dei presi<strong>di</strong> antincen<strong>di</strong>o, dei <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong><br />

sicurezza e <strong>di</strong> controllo delle aree a rischio specifico;<br />

dell‟osservanza delle limitazioni dei carichi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o dei vari ambienti dell‟attività;<br />

le riunioni <strong>di</strong> addestramento e le esercitazioni <strong>di</strong> evacuazione.<br />

Il registro sarà mantenuto aggiornato e posto a <strong>di</strong>sposizione del Comando dei VV.F. per i<br />

controlli richiesti.<br />

8.38 AUTORIMESSA<br />

La struttura in progetto sarà dotata <strong>di</strong> un autoparcheggio capace <strong>di</strong> ospitare circa 250 auto e<br />

destinato ai <strong>di</strong>pendenti e ai visitatori. Il parcheggio per i <strong>di</strong>pendenti avrà una superficie <strong>di</strong> 2550 m² per<br />

un totale <strong>di</strong> 80 posti auto. Questa zona è servita da idranti UNI 45 <strong>di</strong>sposti ai due lati del parcheggio.<br />

Quest‟area risulta aperta da tutti i lati, aerata e a contatto con il cielo libero.<br />

Pertanto per le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> sicurezza si utilizzano gli usuali mezzi antincen<strong>di</strong>o (naspi, UNI45,<br />

estintori). Il parcheggio per i visitatori è <strong>di</strong> 1500 m² al piano 166.70 m.s.l.m. per un totale <strong>di</strong> 80 posti<br />

auto.<br />

Le realizzazioni dell‟autorimessa saranno eseguite a regola d‟arte, nel rispetto del D.M.<br />

01/02/1986 “Norme <strong>di</strong> sicurezza antincen<strong>di</strong> per la costruzione e l’esercizio <strong>di</strong> autorimesse e simili”, delle norme<br />

UNI e CEI e della L. 46/90.<br />

Il parcheggio interrato è compartimentato in una zona <strong>di</strong> area pari a 2550 m². Non sarà<br />

concesso il parcheggio <strong>di</strong> auto alimentate a GPL nei piani interrati e tale <strong>di</strong>vieto sarà segnalato da<br />

appositi cartelli posti in punti ben visibili e con chiara <strong>di</strong>citura.<br />

8.38.1 RESISTENZA A FUOCO DELLE STRUTTURE<br />

I vani scala <strong>di</strong> accesso all‟autorimessa saranno separati dagli ambienti destinati al parcamento e<br />

alla manovra delle vetture con pareti tagliafuoco aventi resistenza al fuoco REI 120 e dotate <strong>di</strong><br />

congegno <strong>di</strong> autochiusura. Le altre strutture non separanti dell‟autorimessa avranno comunque<br />

resistenza al fuoco almeno pari a REI 90.<br />

8.38.2 AFFOLLAMENTO ED USCITE DI SICUREZZA<br />

La densità <strong>di</strong> affollamento prevista è <strong>di</strong> n. 1 persona ogni 20 metri quadrati <strong>di</strong> superficie lorda<br />

(0.05 pers./m², D.M. 01/02/1986) con i seguenti affollamenti: Livello 166.70 m.s.l.m. , 128 persone<br />

L‟accesso e l‟uscita dal parcheggio avverrà tramite la prevista viabilità sia a pari quota esterna che<br />

all‟interno dell‟e<strong>di</strong>ficio, lungo il corpo longitu<strong>di</strong>nale del complesso. Sono previste n 4 uscite <strong>di</strong><br />

sicurezza organizzate in modo da avere almeno 3 moduli (capacità <strong>di</strong> deflusso pari a 150 persone del<br />

comparto). L‟accesso ad ogni vano scale avverrà me<strong>di</strong>ante filtro a prova <strong>di</strong> fumo in modo da rendere le<br />

stesse scale un luogo sicuro (<strong>di</strong>namico) ai fini delle normative antincen<strong>di</strong>o.<br />

Le uscite <strong>di</strong> sicurezza saranno <strong>di</strong>stribuite opportunamente ed organizzate in modo da avere una<br />

<strong>di</strong>stanza non superiore a 40 m. Saranno evitate barriere architettoniche (scalini, guide sporgenti dei<br />

portoni, telai, …) sui percorsi <strong>di</strong> fuga in modo tale da permettere un sicuro raggiungimento dei vani<br />

scala, delle rampe e degli ascensori.<br />

Le pendenze del pavimento dovranno impe<strong>di</strong>re o span<strong>di</strong>mento dei liqui<strong>di</strong> verso le uscite e le<br />

rampe e comunque i <strong>di</strong>slivelli <strong>di</strong> 3÷4 cm che potranno essere presenti a tale scopo saranno sempre<br />

raccordati opportunamente in modo da non costituire barriera architettonica.<br />

8.38.3 SEGNALAZIONI DI SICUREZZA<br />

E‟ prevista l‟installazione <strong>di</strong> cartelloni <strong>di</strong> sicurezza secondo quanto previsto dalla normativa<br />

vigente ed evidenziata negli elaborati grafici allegati alla presente relazione. In corrispondenza delle


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

341<br />

uscite <strong>di</strong> sicurezza saranno apposti cartelli e segnalazioni luminose che in<strong>di</strong>cheranno anche le vie <strong>di</strong><br />

fuga.<br />

In corrispondenza delle rampe <strong>di</strong> accesso saranno <strong>di</strong>sposti i cartelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>vieto per l‟ingresso delle<br />

auto alimentate a GPL. Inoltre saranno apposti nelle zone <strong>di</strong> accesso i cartelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> deposito <strong>di</strong><br />

sostanze combustibili e/o infiammabile.<br />

8.38.4 IMPIANTO ANTINCENDIO<br />

L‟impianto antincen<strong>di</strong>o sarà costituito da una rete <strong>di</strong> idranti alimentata dalla riserva idrica con la<br />

garanzia <strong>di</strong> pressione adeguata per il funzionamento degli idranti.<br />

La rete per gli idranti dell‟autorimessa partirà dal collettore primario antincen<strong>di</strong>o, in parallelo<br />

con la rete dell‟e<strong>di</strong>ficio stesso.<br />

Il numero <strong>di</strong> idranti sarà il seguente: Autorimessa: 1° comparto: 8 idranti<br />

Sono previsti estintori aventi carica <strong>di</strong> 6 kg del tipo approvato per fuochi A – B C con capacità<br />

estinguente non inferiore a 21° e 113B, uniformemente <strong>di</strong>stribuiti nelle zone <strong>di</strong> parcamento e manovra<br />

e in prossimità degli ingressi.<br />

Figura 274: Schema parziale della rete <strong>di</strong> idranti uni45 ed uni70 per l’autorimessa<br />

Il numero complessivo <strong>di</strong> idranti ed estintori per ciascun comparto non sarà inferiore a quanto<br />

in<strong>di</strong>cato dal D.M. 01/02/1986 “Norme <strong>di</strong> sicurezza antincen<strong>di</strong>o per la costruzione e l’esercizio <strong>di</strong> autorimesse e<br />

simili”. In particolare si avrà almeno 1 estintore ogni 5 autoveicoli per i primi 20 autoveicoli ed 1 ogni<br />

10 fino a 200 autoveicoli. Oltre i 200 autoveicoli gli estintori saranno posizionati in funzione anche


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

342<br />

della geometria e della funzionalità della struttura. Sono previsti anche attacchi VV.F. del tipo UNI 70,<br />

adeguatamente segnalati e facilmente raggiungibili dalle autobotti.<br />

8.38.5 PRESCRIZIONE PER LE RETI IDRANTI<br />

La rete per gli <strong>impianti</strong> idranti sarà costituita da una serie <strong>di</strong> anelli presenti ad ogni<br />

compartimento. Il collegamento ad ogni idrante avverrà con tubazioni da 1” ½. Le tubazioni fisse<br />

della rete per idranti sarà costituita da tubi in acciaio zincato, protette contro il gelo per le parti<br />

esposte, in<strong>di</strong>pendenti dalle altre reti e con resistenza alla pressione PN 16.<br />

Le caratteristiche idriche dell‟impianto saranno tali da garantire al bocchello della lancia, nelle<br />

con<strong>di</strong>zioni più sfavorevoli <strong>di</strong> altimetria e <strong>di</strong>stanza, una portata non inferiore a 120 L/m con una<br />

pressione <strong>di</strong> almeno 2 bar. La custo<strong>di</strong>a degli idranti sarà situata in un punto ben visibile e sarà munita<br />

<strong>di</strong> sportello in vetro trasparente ed una profon<strong>di</strong>tà che consenta <strong>di</strong> tenere, a sportello chiuso,<br />

manichetta e lancia permanentemente collegate. La tubazione flessibile dovrà consentire <strong>di</strong><br />

raggiungere col getto ogni punto dell‟area protetta.<br />

8.39 RETI IDRANTI UNI70<br />

Per il <strong>di</strong>mensionamento della rete idranti, <strong>di</strong> cui alla tavola <strong>di</strong> Figura 274, si hanno i seguenti<br />

risultati <strong>di</strong> calcolo ottenuti me<strong>di</strong>ante CAD specifico per <strong>impianti</strong> antincen<strong>di</strong>o.<br />

A P finale Coeff.K Q erog. Q tubo ds L<br />

Pezzi<br />

speciali dpQ/m dpQ dpstat velocità<br />

nodo [bar] [l/min] [l/min] [mm] [m] [bar] [bar] [bar] [m/s]<br />

1020 21,725 0 0 7205,8 131,7 1,581 0,056 0,089 0 8,8<br />

1 19,633 170 753,3 753,2 41,8 3,428 2*K9,1*T 0,23 1,896 0,196 9,1<br />

1019 20,41 0 0 6452,5 131,7 28,706 0,046 1,315 0 7,9<br />

2 18,426 170 729,7 729,7 41,8 3,428 2*K9,1*T 0,217 1,788 0,196 8,9<br />

1018 19,396 0 0 5722,8 131,7 27,655 0,037 1,014 0 7<br />

3 17,496 170 711,1 711,1 41,8 3,428 2*K9,1*T 0,207 1,704 0,196 8,6<br />

1017 14,819 0 0 5011,7 107,1 55,268 1*K9 0,079 4,577 0 9,3<br />

4 13,285 170 619,6 619,6 41,8 3,529 2*K9,1*T 0,161 1,337 0,196 7,5<br />

1016 14,05 0 0 4392,1 107,1 12,495 0,062 0,769 0 8,1<br />

1012 12,199 0 0 2838,9 82,5 18,914 0,098 1,85 0 8,9<br />

5 10,134 170 541,2 541,2 35,9 3,529 2*K9,1*T 0,262 1,869 0,196 8,9<br />

1011 7,345 0 0 2297,8 70,3 32,761 1*K4 0,144 4,854 0 9,9<br />

9 6,131 170 420,9 420,9 35,9 2,579 2*K9,1*T 0,165 1,018 0,196 6,9<br />

1010 6,77 0 0 1876,8 70,3 5,797 0,099 0,575 0 8,1<br />

1007 4,943 0 0 1275,4 70,3 37,651 0,049 1,827 0 5,5<br />

12 2,835 170 286,3 286,3 27,2 3,428 2*K9,1*T 0,312 1,911 0,196 8,2<br />

1006 4,325 0 0 989,1 70,3 20,349 0,03 0,617 0 4,2<br />

1003 4,144 0 0 486,8 70,3 22,23 0,008 0,182 0 2,1<br />

15 2 170 240,4 240,4 27,2 5,926 2*K9,1*T 0,226 1,948 0,196 6,9<br />

1002 4,018 0 0 246,4 70,3 53,374 1*K4 0,002 0,126 0 1,1<br />

16 2,101 170 246,4 246,4 27,2 4,584 2*K9,1*T 0,236 1,721 0,196 7,1<br />

1005 4,164 0 0 502,3 70,3 14,191 1*K4,1*T 0,009 0,162 0 2,2<br />

13 2,165 170 250,1 250,1 27,2 4,719 2*K9,1*T 0,243 1,803 0,196 7,2<br />

1004 3,888 0 0 252,2 70,3 110,446 2*K9 0,002 0,276 0 1,1<br />

14 2,2 170 252,2 252,2 27,2 3,345 2*K9,1*T 0,247 1,491 0,196 7,2<br />

1009 6,411 0 0 601,4 70,3 25,225 1*K4,1*T 0,012 0,359 0 2,6<br />

10 2,807 170 284,8 284,8 27,2 8,333 2*K9,1*T 0,309 3,408 0,196 8,2<br />

1008 6,058 0 0 316,7 70,3 93,864 1*K9 0,004 0,353 0 1,4<br />

11 3,47 170 316,7 316,7 27,2 3,665 2*K9,1*T 0,376 2,392 0,196 9,1<br />

1015 13,034 0 0 1553,2 70,3 10,927 1*T 0,07 1,015 0 6,7<br />

6 9,729 170 530,3 530,3 35,9 8,714 2*K9,1*T 0,252 3,109 0,196 8,7


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

343<br />

1014 10,99 0 0 1022,9 70,3 63,367 0,032 2,045 0 4,4<br />

7 9,26 170 517,3 517,3 35,9 2,758 2*K9,1*T 0,241 1,534 0,196 8,5<br />

1013 10,569 0 0 505,6 70,3 46,187 1*K9 0,009 0,421 0 2,2<br />

8 8,846 170 505,6 505,6 35,9 3,006 2*K9,1*T 0,231 1,527 0,196 8,3<br />

K9 = Curva 90°<br />

T = Pezzo a Tee o a croce<br />

K4 = Curva 45°<br />

Tabella 57. Dimensionamento della rete UNI70 a quota 167.80 mslm<br />

8.40 IMPIANTO SPRINKLER<br />

Questo documento descrive le ipotesi, le metodologie ed i risultati del calcolo dei circuiti relativi<br />

alla rete sprinkler dell‟impianto antincen<strong>di</strong>o da installare nella zona magazzini del piano secondo<br />

sottopiano. Viene realizzato un impianto sprinkler a protezione degli ambulatori. L‟area (in base alla<br />

norma UNI 9489) è da considerarsi come area a livello <strong>di</strong> rischio <strong>di</strong> classe D0)<br />

8.40.1 DOCUMENTI D RIFERIMENTO<br />

Norma UNI 10779 Impianti <strong>di</strong> estinzione incen<strong>di</strong>. Reti <strong>di</strong> Idranti: progettazione, installazione<br />

ed esercizio<br />

Norma UNI EN 671 – Sistemi fissi <strong>di</strong> estinzione incen<strong>di</strong><br />

Norma VdS 2107 – Rules for sprinklers systems<br />

Varie norme UNI relative ad apparecchiature per estinzione incen<strong>di</strong> e tubazioni<br />

Tubazioni UNI 8863 / UNI 6363<br />

8.40.2 METODO DI CALCOLO RETE SPRINKLER<br />

L‟impianto viene <strong>di</strong>mensionato unicamente me<strong>di</strong>ante calcolo idraulico integrale. Il<br />

<strong>di</strong>mensionamento è stato eseguito tenendo conto <strong>di</strong> questi fattori:<br />

Area specifica < 12 m 2<br />

Area operativa 16 m 2<br />

Pressione <strong>di</strong> scarica 0,05 mPa (500 mbar)<br />

Densità <strong>di</strong> scarica 5 l/m2/min<br />

Distanza max fra due erogatori 4m<br />

Erogatore DN15 (K e = 80, K UNI = 253 )<br />

Conoscendo la caratteristica <strong>di</strong> erogazione dell‟erogatore (in termini <strong>di</strong> K equivalente), la sua<br />

portata è univocamente definita dalla pressione al punto <strong>di</strong> attacco secondo l‟espressione:<br />

Q K P<br />

dove Q è la portata espressa in litri al minuto e P è la pressione espressa in MPa.<br />

Nel nostro caso si considera:<br />

K = 253<br />

P = 0,05 mPa<br />

Per cui:<br />

Q = 56 litri/min<br />

Per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico <strong>di</strong>stribuite<br />

Le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico per attrito nelle tubazioni devono essere calcolate me<strong>di</strong>ante la formula <strong>di</strong><br />

Hazen Williams:<br />

1,85 9<br />

6,05Q 10<br />

p <br />

1,85 4,87<br />

C d


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

344<br />

dove:<br />

p è la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> carico unitaria, in millimetri <strong>di</strong> colonna d‟acqua al metro <strong>di</strong> tubazione;<br />

Q è la portata, in litri al minuto;<br />

C è la costante <strong>di</strong>pendente dalla natura del tubo, che è assunta uguale a:<br />

100 per tubi in ghisa;<br />

120 per tubi in acciaio;<br />

140 per tubi <strong>di</strong> acciaio inossidabile, in rame e ghisa rivestita;<br />

150 per tubi in plastica, fibra <strong>di</strong> vetro e materiali analoghi;<br />

d è il <strong>di</strong>ametro interno me<strong>di</strong>o della tubazione, in millimetri.<br />

Per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico localizzate<br />

Le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico localizzate dovute ai raccor<strong>di</strong>, curve, pezzi a T e raccor<strong>di</strong> a croce, attraverso<br />

i quali la <strong>di</strong>rezione del flusso subisce una variazione <strong>di</strong> 45° o maggiore e alle valvole <strong>di</strong> intercettazione<br />

e <strong>di</strong> non ritorno, sono state trasformate in “lunghezza <strong>di</strong> tubazione equivalente” come specificato nel<br />

prospetto C. 1 della norma UNI 10799 ed aggiunte alla lunghezza reale della tubazione <strong>di</strong> uguale<br />

<strong>di</strong>ametro e natura.<br />

Nella determinazione delle per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico localizzate si tiene inoltre presente che:<br />

quando il flusso attraversa un pezzo a T o un raccordo a croce senza cambio <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione, le<br />

relative per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico possono essere trascurate;<br />

<br />

<br />

quando il flusso attraversa un pezzo a T o un raccordo a croce in cui, senza cambio <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione,<br />

si ha una riduzione della sezione <strong>di</strong> passaggio, deve essere presa in considerazione la “lunghezza<br />

equivalente” relativa alla sezione <strong>di</strong> uscita (la minore) del raccordo medesimo;<br />

quando il flusso subisce un cambio <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione (curva, pezzo a T o raccordo a croce), deve<br />

essere presa in conto la “lunghezza equivalente” relativa alla sezione <strong>di</strong> uscita.<br />

8.40.3 DESCRIZIONE DELL’IMPIANTO<br />

La rete sprinkler è alimentata dalla rete antincen<strong>di</strong>o.<br />

Figura 275: Vista assonometrica della <strong>di</strong>stribuzione degli sprinkler


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

345<br />

La pressione minima nel punto <strong>di</strong> consegna sarà non inferiore a 3,5 bar, tenendo conto del<br />

prelievo massimo della rete antincen<strong>di</strong>o, pari a 1040 litri/min.<br />

Sull‟alimentazione principale acqua antincen<strong>di</strong>o dalla rete stradale <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione, saranno<br />

installati i componenti (ed in particolare il <strong>di</strong>spositivo antinquinamento).<br />

In Figura 275 si ha la vista assonometrica <strong>di</strong> un impianto sprinkler per un‟area destinata a<br />

parcheggio sotterraneo <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio.<br />

In esso sono visibili il punto <strong>di</strong> alimentazione (in basso), la topologia della rete (<strong>di</strong>stribuita in<br />

altezza) e la sud<strong>di</strong>visione in aree operative.<br />

Tabella 58: Dati Generali per il <strong>di</strong>mensionamento della rete Sprinkler<br />

In Figura 276 si ha vista in pianta dello stesso impianto sprinkler. Si osservino le aree operative<br />

per le quali si eseguono i calcoli <strong>di</strong> verifica determinando quella nelle peggiori con<strong>di</strong>zioni. L‟area<br />

operativa non è inferiore a 12 m².<br />

8.40.4 RISULTATI DI CALCOLO DELLA RETE SPRINKLER<br />

Seguono poi la Tabella 58 e la Tabella 59 che forniscono una stampa (parziale) dei risultati<br />

ottenuti nei calcoli con un CAD de<strong>di</strong>cato alla progettazione <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> antincen<strong>di</strong>o e sprinkler. Detto<br />

CAD consente <strong>di</strong> selezionare il tipo <strong>di</strong> testina sprinkler, come illustrato in Figura 251. allo stesso<br />

modo si seleziona la pompa.<br />

8.40.5 VENTILAZIONE NATURALE E FORZATA<br />

L‟autorimessa è dotata <strong>di</strong> aperture laterali per la ventilazione naturale realizzate lungo le pareti<br />

verticali ed aventi superficie almeno pari ad 1/25 della superficie in pianta.<br />

Tali aperture saranno prive <strong>di</strong> serramenti e rispetteranno con largo margine il valore minimo <strong>di</strong><br />

0.003 m²/m² <strong>di</strong> superficie lorda dell‟autorimessa.<br />

Nel rispetto del D.M. 01/02/1986 (>125 posti auto), essendo l‟autorimessa a quota 166,70<br />

s.l.m. interrata rispetto al resto dell‟e<strong>di</strong>fico, sarà presente anche una ventilazione forzata.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

346<br />

8.40.6 IMPIANTO DI SMALTIMENTO DELLE ACQUE PIOVANE<br />

L‟impianto <strong>di</strong> smaltimento delle acque piovane sarà in grado <strong>di</strong> convogliare verso la fognatura<br />

comunale le acque piovane che entrano all‟interno del piano interrato attraverso le rampe e gli accessi<br />

vari, nonché le eventuali acque utilizzate internamente.<br />

Saranno installate n. 2 pompe <strong>di</strong> sollevamento, una <strong>di</strong> riserva, in un pozzetto ispèzionabile <strong>di</strong><br />

opportune <strong>di</strong>mensioni. La rete <strong>di</strong> raccolta delle acque <strong>di</strong> scarico interna sarà dotata nel punto<br />

terminale, prima dell‟immissione nel tubo <strong>di</strong> collegamento con il pozzetto delle pompe, <strong>di</strong> un pozzetto<br />

<strong>di</strong> separazione liqui<strong>di</strong> infiammabili e <strong>di</strong> decantazione, <strong>di</strong> opportune <strong>di</strong>mensioni ed ispezionabile.<br />

L‟alimentazione elettrica delle pompe <strong>di</strong> sollevamento sarà effettuata sulla linea preferenziale<br />

allacciata al gruppo elettrogeno <strong>di</strong> emergenza.<br />

Tabella 59: Dimensionamento rete sprinkler


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

347<br />

8.41 IMPIANTI ELETTRICI DELL’AUTORIMESSA<br />

Gli <strong>impianti</strong> elettrici dell‟autorimessa saranno realizzati con grado <strong>di</strong> protezione IP55, con<br />

apparecchiature <strong>di</strong> tipo ADFT e comunque nel rispetto delle norme CEI vigenti e relative alla<br />

tipologia dei locali interessati. E‟ prevista l‟illuminazione <strong>di</strong> sicurezza onde garantire un sufficiente<br />

grado <strong>di</strong> illuminamento in caso <strong>di</strong> mancanza dell‟alimentazione principale ENEL. L‟inserimento<br />

dell‟illuminazione <strong>di</strong> sicurezza sarà automatico ed imme<strong>di</strong>ato e l‟intensità <strong>di</strong> illuminazione sarà non<br />

inferiore a 20 lux.<br />

8.42 ALLEGATI ALLA RELAZIONE CPT<br />

Gli allegati fondamentali sono le tavole grafiche che illustrano la compartimentazione<br />

dell‟e<strong>di</strong>ficio (con segni grafici ben visibili), le uscite <strong>di</strong> sicurezza, la localizzazione delle porte REI, degli<br />

idranti e degli estintori, delle bocche UNI70 esterne e gli eventuali <strong>impianti</strong> sprinkler.<br />

Figura 276: Vista in pianta della rete sprinkler


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

348<br />

Figura 277: Vista d’insieme degli <strong>impianti</strong> antincen<strong>di</strong>o per l’autorimessa


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

349<br />

9. IL RUMORE NEGLI IMPIANTI TECNICI TECNOLOGICI<br />

Gli <strong>impianti</strong> tecnici sono sorgenti <strong>di</strong> rumorosità che deve essere controllata già in fase <strong>di</strong><br />

progetto. La Norma UNI 8199 specifica le modalità <strong>di</strong> misura del livello <strong>di</strong> potenza sonora<br />

conseguente al funzionamento degli <strong>impianti</strong>. Il DPR 5/12/97 fissa anche alcuni limiti alla rumorosità<br />

trasmessa dagli <strong>impianti</strong> in ambienti confinati. Consegue da quanto appena detto che è compito del<br />

progettista curare l‟aspetto relativo alla rumorosità prodotta dagli <strong>impianti</strong> onde evitare contenziosi<br />

continui e spiacevoli sia con la Committenza che con terze parti.<br />

Le norme e le leggi che sono state messe begli ultimi anni impongono limiti molto restrittivi alla<br />

rumorosità prodotta dagli <strong>impianti</strong> e pertanto nella scelta dei componenti <strong>di</strong> impianto e nella stessa<br />

progettazione termotecnica occorre considerare il rumore come variabile fondamentale.<br />

L‟attuale legislazione prevede che la rumorosità sia valutata sia nei confronti <strong>di</strong> chi usufruisce dei<br />

benefici dell‟<strong>impianti</strong> sia nei confronti <strong>di</strong> chi li subisce passivamente (ad esempio i vicini <strong>di</strong> casa). Per<br />

valutare i livelli <strong>di</strong> emissione e <strong>di</strong> immissione si fa riferimento al DCPM 15/11/97. Questo tratta dei<br />

requisiti acustici degli e<strong>di</strong>fici e fissa i limiti <strong>di</strong> rumorosità trasmessa dagli <strong>impianti</strong> tecnologici.<br />

Vanno subito evidenziati due fatti importanti:<br />

1) i problemi acustici si manifestano quando gli <strong>impianti</strong> sono costruiti e quando ciò avviene è<br />

già troppo tar<strong>di</strong> per intervenire perché i componenti <strong>di</strong> impianto rumorosi non possono essere<br />

silenziati se non cambiandoli del tutto;<br />

2) non basta ottimizzare l‟acustica dei singoli componenti perché l‟impianto è un sistema e<br />

pertanto deve essere ottimizzata l‟acustica <strong>di</strong> tutto l‟insieme (refrigeratore, soffiante, canali,<br />

bocchette, griglie, …).<br />

Ne consegue che il momento progettuale è quello più critico per ottenere il risultato desiderato.<br />

In considerazione della mancanza <strong>di</strong> cognizioni <strong>di</strong> base degli Allievi del N.O. si premettono<br />

alcune considerazioni fondamentali <strong>di</strong> Acustica Fisica e Fisiologica.<br />

9.1 CENNI DI ACUSTICA FISICA<br />

Si presentano nei successivi paragrafi alcuni concetti fondamentali <strong>di</strong> Acustica Fisica e in<br />

particolare si richiameranno le leggi fisiche più importanti ed utili per il prosieguo. Si ricorda che<br />

l‟Acustica Fisica fa parte dei corsi <strong>di</strong> Fisica Generale e pertanto quanto qui riportato ha solo valore <strong>di</strong><br />

un semplice richiamo. Sfortunatamente questo argomento, pure importantissimo della Fisica, viene<br />

quasi sistematicamente trascurato nei corsi <strong>di</strong> primo anno e pertanto queste pagine vogliono solo<br />

colmare, in modo sintetico, questa lacuna formativa.<br />

9.1.1 LA CELERITÀ DEL SUONO<br />

Nel mezzo <strong>di</strong> trasmissione l‟onda sonora si propaga con una certa velocità detta celerità del suono<br />

(detta erroneamente anche velocità).<br />

Tale grandezza <strong>di</strong>pende da più fattori, uno dei quali è il materiale del corpo attraverso il quale<br />

avviene la propagazione. La velocità <strong>di</strong> propagazione del suono nell‟aria (supposta come gas perfetto)<br />

si ricava dalla formula:<br />

<br />

<br />

<br />

p = pressione<br />

k = modulo <strong>di</strong> compressibilità a<strong>di</strong>abatica dell‟aria<br />

v<br />

s<br />

k<br />

p<br />

[194]<br />

<br />

= massa specifica<br />

Così pur essendo in<strong>di</strong>pendente dalla frequenza e dall‟umi<strong>di</strong>tà, la velocità del suono nell‟aria è<br />

<strong>di</strong>pendente dalla temperatura: ad una temperatura <strong>di</strong> 20°C la velocità è <strong>di</strong> circa 344 m/s; ad ogni<br />

aumento <strong>di</strong> 1°C della temperatura, corrisponde un incremento nella velocità <strong>di</strong> 0,61 m/s.<br />

Nel caso <strong>di</strong> mezzi <strong>di</strong> trasmissione liqui<strong>di</strong>, la velocità si ottiene me<strong>di</strong>ante la formula:


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

350<br />

<br />

<br />

k = modulo <strong>di</strong> compressibilità a<strong>di</strong>abatica<br />

=densità del liquido<br />

Nei soli<strong>di</strong>:<br />

k<br />

c [195]<br />

<br />

E<br />

c [196]<br />

<br />

E = modulo <strong>di</strong> elasticità del solido<br />

In generale si <strong>di</strong>mostra in Termo<strong>di</strong>namica che per piccole perturbazioni (quali si hanno nei suoni<br />

normali) vale la relazione:<br />

<br />

c <br />

p <br />

[197]<br />

S<br />

Ossia, la celerità del suono è legata alla ra<strong>di</strong>ce quadrata della variazione della densità rispetto alla<br />

pressione ad entropia costante. Per un gas perfetto si può anche scrivere:<br />

c kRT<br />

[198]<br />

con k costante <strong>di</strong> a<strong>di</strong>abacità ( c / c ) del mezzo <strong>di</strong> trasmissione (k=1.4 per l‟aria), T la temperatura<br />

p<br />

v<br />

assoluta del mezzo (in gra<strong>di</strong> Kelvin) ed R la costante del gas (R=R * /M) rapporto fra la costante<br />

universale dei gas ed il peso molecolare.<br />

Dall‟osservazione <strong>di</strong> queste formule si deduce che il suono si propaga più velocemente nei<br />

soli<strong>di</strong> che nell‟aria; nel mattone ad esempio è un<strong>di</strong>ci volte maggiore <strong>di</strong> quella dell‟aria.<br />

Mezzo <strong>di</strong> trasmissione<br />

c (m/s)<br />

Aria (secca, 15° C) 341<br />

Acqua <strong>di</strong> mare 1460<br />

Marmo 3800<br />

Mattoni 3650<br />

Vetro 5000<br />

Ferro 5000<br />

Sughero 500<br />

Gomma elastica 30-70<br />

Tabella 60: Velocità del suono per alcuni mezzi <strong>di</strong> trasmissione<br />

9.1.2 ONDE PIANE E SFERICHE<br />

Il suono si <strong>di</strong>ffonde seguendo le leggi dei fenomeni ondulatori, come si <strong>di</strong>rà fra breve. Si tratta<br />

<strong>di</strong> una sequenza <strong>di</strong> compressioni e rarefazioni del mezzo <strong>di</strong> trasmissione che presenta delle zone a<br />

densità <strong>di</strong>fferenziata; queste rarefazioni non sono ferme ma si spostano nell‟aria alla velocità <strong>di</strong> circa<br />

340 m/s.<br />

A seconda del tipo <strong>di</strong> sorgente emittente, le onde sonore possono essere piane , cilindriche o<br />

sferiche: Nel primo caso i punti <strong>di</strong> massima rarefazione sono contenuti in piani perpen<strong>di</strong>colari alla<br />

<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> propagazione; nel secondo caso si ha una sorgente lineare che oscillando nella <strong>di</strong>rezione<br />

del proprio asse me<strong>di</strong>ante cilindri concentrici genera onde cilindriche: un esempio è dato dal rumore<br />

proveniente dal traffico veicolare o ferroviario.<br />

Nel terzo caso, onde sferiche, si può immaginare che la sorgente sia piccola rispetto alle <strong>di</strong>stanza<br />

dal punto <strong>di</strong> ricezione e pertanto le zone <strong>di</strong> compressione formano delle sfere concentriche. E‟ questa<br />

un‟ipotesi semplificativa che molto spesso viene applicata nei calcoli. Si tratta, si intuisce, <strong>di</strong> una<br />

approssimazione valida solo quando le <strong>di</strong>mensioni della sorgente sono piccole rispetto alla <strong>di</strong>stanza.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

351<br />

Figura 278: Esempi <strong>di</strong> onda sonora piana e sferica<br />

Spesso i problemi <strong>di</strong> trasmissione delle onde acustiche sono più complessi <strong>di</strong> quanto ci si lasci<br />

immaginare. Nella Figura 278 si ha un esempio <strong>di</strong> fronte d‟onda che inizialmente è sferico (viene<br />

rappresentata una sezione in piano) e poi, al crescere della <strong>di</strong>stanza dalla sorgente, il fronte d‟onda<br />

<strong>di</strong>viene piano.<br />

Figura 279: Esempio <strong>di</strong> propagazione <strong>di</strong> onde acustiche: inizialmente sferiche e poi piane a gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>stanze<br />

Pertanto l‟ipotesi da seguire nelle applicazioni deve essere attentamente valutata caso per caso<br />

onde evitare possibili errori finali. Vedremo nel prosieguo quali implicazioni si ha l‟ipotesi <strong>di</strong> fronte<br />

sferico o <strong>di</strong> fronte cilindrico nell‟attenuazione dell‟intensità acustica per <strong>di</strong>vergenza.<br />

9.1.3 GRANDEZZE FONDAMENTALI PER L’ACUSTICA<br />

Lunghezza d’onda e frequenza<br />

I fenomeni ondulatori e quin<strong>di</strong> anche il suono, vengono descritti me<strong>di</strong>ante grandezze fisiche.<br />

Tra le più importanti vi sono la lunghezza d’onda e la frequenza. La lunghezza d‟onda è la <strong>di</strong>stanza che<br />

intercorre tra due fronti d‟onda aventi la stessa fase ossia, poiché il fenomeno si ripete ciclicamente,<br />

tra due zone <strong>di</strong> massima rarefazione o compressione del mezzo <strong>di</strong> trasmissione.<br />

La frequenza è per definizione, il numero <strong>di</strong> volte in cui il fenomeno ondulatorio completo si<br />

ripete nell‟unità <strong>di</strong> tempo (secondo) e la sua unità <strong>di</strong> misura è l‟Hertz (Hz). Queste grandezze sono<br />

legate tra loro dalla formula:<br />

f = c [199]<br />

= lunghezza d‟onda<br />

f = frequenza (Hertz)<br />

c = celerità del suono<br />

Se la frequenza è il numero <strong>di</strong> volte in cui il fenomeno ondulatorio si ripete nell‟unità <strong>di</strong> tempo,<br />

il suo inverso sarà il tempo necessario a compiere tale ondulazione completa. Questa grandezza si <strong>di</strong>ce<br />

periodo e si esprime analiticamente (l‟unità <strong>di</strong> misura è il secondo):<br />

1<br />

T [200]<br />

f


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

352<br />

Il <strong>di</strong>agramma seguente mostra in forma grafica la relazione fra la lunghezza d‟onda e la frequenza<br />

nel campo dell’u<strong>di</strong>bile, cioè fra 20 e 20000 Hz (intervallo <strong>di</strong> notevole interesse applicativo poiché<br />

rappresenta l‟intervallo <strong>di</strong> u<strong>di</strong>bilità dell‟Uomo me<strong>di</strong>o 64 ).<br />

17<br />

100<br />

10<br />

( f)<br />

1<br />

0.1<br />

0.017<br />

0.01<br />

10 100 1 10 3 1 10 4 1 10 5<br />

20 f<br />

20000<br />

Figura 280: Legame fra lunghezza d’onda e frequenza nel campo dell’u<strong>di</strong>bile<br />

Si osservi come a 20 Hz, frequenza minima u<strong>di</strong>bile, la lunghezza d‟onda corrispondente sia <strong>di</strong><br />

17 m mentre a 20.000 Hz è <strong>di</strong> 17 mm. Queste <strong>di</strong>mensioni sono importanti nel valutare le interazioni<br />

che le onde acustiche hanno con la materia.<br />

Per valori <strong>di</strong> lunghezza d‟onda tale che /4 sia comparabile con quelle del corpo sul quale il<br />

suono incide si ha il fenomeno della <strong>di</strong>ffrazione per cui i bor<strong>di</strong> del corpo <strong>di</strong>vengono essi stessi sorgenti<br />

sonore. Con i valori sopra calcolati si ha a 20 Hz una parete <strong>di</strong> 4 m <strong>di</strong>ffrange il suono. E‟ quello che<br />

avviene, lo si vedrà nel prosieguo, con gli schermi acustici.<br />

Per frequenze oltre 200 Hz si ha /4 <strong>di</strong> circa 0,5 m e quin<strong>di</strong> le pareti si comportano come<br />

specchi: si ha riflessione e non <strong>di</strong>ffrazione. E quin<strong>di</strong> si possono considerare valide le regole dell‟Acustica<br />

Geometrica basate sulla riflessione geometrica del suono con angoli uguali, ma ribaltati rispetto alla<br />

normale, degli angoli <strong>di</strong> incidenza. Le applicazioni <strong>di</strong> Acustica delle Sale (ve<strong>di</strong> il Capitolo ad essa<br />

de<strong>di</strong>cata) sono basate, <strong>di</strong> norma, sull‟Acustica Geometrica e pertanto si deve tenere conto dei limiti <strong>di</strong><br />

vali<strong>di</strong>tà. Si vedrà ancora che le onde <strong>di</strong> bassa frequenza interagiscono in modo particolare con la<br />

materia e che per la loro attenuazione (ve<strong>di</strong> note sul Potere Fonoisolante) si debbono utilizzare<br />

metodologie particolari che sfruttano le risonanze delle cavità o delle lastre.<br />

Potenza sonora<br />

La potenza sonora, detta anche in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> emissione <strong>di</strong> energia acustica, è l‟energia sonora emessa da<br />

una sorgente nell‟unità <strong>di</strong> tempo. Bisogna tuttavia considerare che questa grandezza varia<br />

considerevolmente nell‟unità <strong>di</strong> tempo. Per questo motivo si usa <strong>di</strong>stinguerla in potenza massima e<br />

me<strong>di</strong>a: la prima è il valore più alto rilevato nell‟intervallo <strong>di</strong> osservazione; la seconda risulta<br />

generalmente dal calcolo dei valori me<strong>di</strong> anche se vi sono <strong>di</strong>versi meto<strong>di</strong> per calcolarla. Questi due<br />

valori <strong>di</strong>fferiscono tra <strong>di</strong> loro per <strong>di</strong>versi or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> grandezza; un suono che ha una potenza me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 1<br />

Watt può presentare potenze istantanee <strong>di</strong> decine o centinaia <strong>di</strong> Watt; questo fatto è abbastanza<br />

rappresentativo dell‟importanza <strong>di</strong> adottare tecniche <strong>di</strong> misura che siano realmente in<strong>di</strong>cative della<br />

potenza sonora sopportata o della sensazione soggettiva che tale potenza comporta.<br />

64 Le applicazioni della Fisica all‟Uomo si riferiscono a comportamenti, giu<strong>di</strong>zi, valutazioni, <strong>di</strong> un normotipo<br />

in<strong>di</strong>viduato dalla risposta me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> una platea campioni <strong>di</strong> uomini e donne, <strong>di</strong> età compresa fra i 18 e i 33 anni (per evitare<br />

problemi <strong>di</strong> adolescenza e <strong>di</strong> senilità). E‟ stato <strong>di</strong>mostrato che il normotipo non è <strong>di</strong>pendente dal colore della pelle e che,<br />

pertanto, ci si può sempre riferire ad un Uomo me<strong>di</strong>o universale.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

353<br />

Potenza<br />

100.000.000<br />

10.000<br />

1000<br />

100<br />

10<br />

1<br />

0.1<br />

0.01<br />

0.001<br />

0.0001<br />

0.00001<br />

0.000001<br />

0.0000001<br />

0.00000001<br />

0.000000001<br />

0.0000000001<br />

Livello <strong>di</strong> potenza<br />

sonora in dB<br />

200<br />

160<br />

150<br />

140<br />

130<br />

120<br />

110<br />

100<br />

90<br />

80<br />

70<br />

60<br />

50<br />

40<br />

30<br />

20<br />

Motore <strong>di</strong> missile<br />

Motore <strong>di</strong> turboreattore<br />

Aereo leggero da crociera<br />

Sorgente<br />

Motore da 150 CV<br />

Motore elettrico 100 CV, 2600 giri/min.<br />

Aspirapolvere<br />

Cornamusa<br />

Discorso bisbigliato<br />

Sfogo d’aria, velocità aria 1 m/s<br />

Tabella 61: Livello <strong>di</strong> potenza sonora me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> varie sorgenti.<br />

Si fa osservare che la potenza acustica è una grandezza assoluta nel senso che la potenza emessa<br />

da una sorgente <strong>di</strong>pende dalla sorgente <strong>di</strong> emissione mentre il livello <strong>di</strong> pressione sonora (<strong>di</strong> cui si<br />

parlerà nel prosieguo) <strong>di</strong>pende da come si trasmette il suono e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>pende dalle caratteristiche<br />

acustiche e trasmissive dell‟ambiente.<br />

In pratica una stessa potenza acustica può dar luogo a <strong>di</strong>versi livelli <strong>di</strong> pressione sonora in<br />

ambienti <strong>di</strong>versi. Per analogia si può <strong>di</strong>re che una stessa lampada che emette la stessa intensità<br />

luminosa fornisce valori <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> illuminamento in ambienti <strong>di</strong>versi a seconda delle caratteristiche<br />

riflessive delle pareti.<br />

Intensità sonora<br />

Se la potenza è un‟energia nell‟unità <strong>di</strong> tempo, l‟intensità è un‟energia specifica, cioè per unità <strong>di</strong><br />

superficie. Considerando un‟onda sonora che si propaga dalla sorgente, essendo la potenza emanata<br />

costante, si nota che tale potenza si <strong>di</strong>stribuisce su superfici sempre più ampie. L‟intensità <strong>di</strong> un suono<br />

è quin<strong>di</strong> il flusso <strong>di</strong> potenza che passa nell‟unità <strong>di</strong> tempo, attraverso una superficie unitaria e<br />

perpen<strong>di</strong>colare alla <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> propagazione.<br />

Nel caso <strong>di</strong> onde sferiche e mezzo <strong>di</strong> propagazione isotropo ed omogeneo si ha<br />

W<br />

I [201]<br />

2<br />

4 r<br />

I = intensità sonora<br />

r = raggio della sfera<br />

Da questa formula si deduce che l‟intensità sonora per una sorgente sferica è inversamente<br />

proporzionale al quadrato della <strong>di</strong>stanza dalla sorgente.<br />

9.1.4 TIPO DI ONDE ACUSTICHE<br />

Si riassumono qui <strong>di</strong> seguito le relazioni principali per le onde acustiche. Per onde acustiche<br />

sferiche l‟intensità è inversamente proporzionale al quadrato della <strong>di</strong>stanza, per le onde lineari<br />

l‟intensità <strong>di</strong>pende dall‟inverso della <strong>di</strong>stanza e per onde acustiche piane l‟intensità è in<strong>di</strong>pendente dalla<br />

<strong>di</strong>stanza.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

354<br />

Le equazioni delle tre forme <strong>di</strong> onde possono qui essere scritte con il solito simbolismo:<br />

A<br />

p( r, t)<br />

f ct r<br />

[202]<br />

r<br />

<br />

p( r, t)<br />

Af ct r [203]<br />

A<br />

p( r, t)<br />

f ct r<br />

[204]<br />

r<br />

L'equazione delle onde piane nella sua forma più semplice (suono puro) é data da:<br />

p p *sint<br />

[205]<br />

max<br />

con p max valore massimo della pressione, la pulsazione =2f. Si osservi che non si è in<strong>di</strong>cata<br />

la fase perché l‟orecchio umano è poco sensibile ad essa. Dell‟onda sinusoidale sopra in<strong>di</strong>cata <strong>di</strong><br />

definisce la pressione efficace (o valore quadratico me<strong>di</strong>o, in<strong>di</strong>cato spesso come RMS acronimo <strong>di</strong><br />

Root Mean Square) me<strong>di</strong>ante la relazione:<br />

1 T<br />

2<br />

p dt<br />

0<br />

p <br />

T<br />

[206]<br />

Per un segnale sinusoidale risulta essere:<br />

p cA<br />

[207]<br />

max 0<br />

con:<br />

A valore massimo dello spostamento, m<br />

F la frequenza, Hz<br />

0 densità dell‟aria, kg/m³<br />

c celerità del suono, m/s<br />

Si definisce densità sonora l‟energia nell‟unità <strong>di</strong> <strong>volume</strong>, J/m³, che, sempre per un‟onda<br />

sinusoidale, è legata dalla relazione:<br />

2 2 2<br />

D 2<br />

f A<br />

[208]<br />

L‟Intensità acustica , W/m², è data dalla relazione:<br />

2 2 2<br />

I2<br />

f cA Dc<br />

[209]<br />

Inoltre l‟intensità è legata alla pressione efficace dalla relazione:<br />

2<br />

p<br />

I c<br />

[210]<br />

0<br />

0<br />

0<br />

con 0 c impedenza acustica dell‟aria (ve<strong>di</strong> nel prosieguo).<br />

Per onde sinusoidali risulta essere ancora per l‟intensità acustica e per la densità (somma<br />

dell‟energia cinetica e <strong>di</strong> quella potenziale per unità <strong>di</strong> <strong>volume</strong>):<br />

1 T<br />

I pud<br />

T<br />

<br />

<br />

2<br />

1 T<br />

Ec<br />

Ep<br />

1 T1<br />

2 p <br />

D d 0u d<br />

2<br />

T<br />

<br />

<br />

V T<br />

<br />

<br />

2 20c<br />

<br />

<br />

<br />

Toni puri<br />

I suoni reali sono estremamente complessi ma esistono dei modelli semplificativi che ci<br />

permettono <strong>di</strong> comprenderli meglio. Nel caso dei suoni o delle onde sonore in particolare, la forma<br />

d‟onda reale <strong>di</strong> un suono qualsiasi è una curva complessa, più o meno perio<strong>di</strong>ca, con molte irregolarità<br />

e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile comprensione.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

355<br />

Esistono tuttavia delle sorgenti che, seppur reali, sono in grado <strong>di</strong> produrre suoni molto<br />

semplici e <strong>di</strong> facile comprensione detti toni puri. Una <strong>di</strong> queste è il <strong>di</strong>apason, strumento che emette, se<br />

percosso, un suono che si può definire, con buona approssimazione, puro e quin<strong>di</strong> rappresentabile con<br />

una semplice sinusoide.<br />

Se an<strong>di</strong>amo ad analizzare la forma dell‟oscillazione nel tempo del braccio del <strong>di</strong>apason ci<br />

accorgiamo che questa è molto prossima a un‟onda sinusoidale che può essere cioè rappresentata<br />

matematicamente dalla funzione seno<br />

y Asen 2<br />

f t<br />

[211]<br />

<br />

A = ampiezza <strong>di</strong> vibrazione del braccio<br />

f = frequenza in Hertz<br />

t = tempo in secon<strong>di</strong><br />

Anche la corrispondente variazione <strong>di</strong> pressione che si propaga dal <strong>di</strong>apason sotto forma <strong>di</strong><br />

onde sonore segue una legge sinusoidale<br />

p p sen(2 f ) t<br />

[212]<br />

0<br />

p 0 = ampiezza <strong>di</strong> pressione.<br />

Il moto compiuto da una tale onda è detto moto armonico semplice. Se oltre a presentare queste<br />

caratteristiche l‟onda sonora è composta da una sola frequenza allora si <strong>di</strong>rà tono puro. Il tono puro è<br />

l‟unità base costituente tutte le onde sonore, dalle più semplici alle più complesse: ogni suono infatti è<br />

costituito da uno o più toni puri.<br />

Le Armoniche<br />

Quando si parla <strong>di</strong> toni puri si presuppone che la sorgente (l‟oggetto che vibra) sia infinitamente<br />

rigida ed oscilli con frequenza costante, cosicché l‟onda emessa risulti un moto armonico semplice. Un<br />

suono <strong>di</strong> questo tipo può essere ottenuto da un <strong>di</strong>apason <strong>di</strong> determinata lunghezza d‟onda.<br />

Un suono semplice (monofrequenziale) si può rappresentare nel piano delle frequenze-ampiezza<br />

con una riga centrata alla frequenza f ed avente un‟altezza p 0 pari all‟ampiezza dell‟onda.<br />

Nella realtà queste con<strong>di</strong>zioni non possono sussistere in quanto non esistono oggetti-sorgente<br />

infinitamente rigi<strong>di</strong>; succede allora che la superficie sviluppa delle vibrazioni supplementari, dette<br />

appunto armoniche, a frequenze che sono il multiplo <strong>di</strong> quella principale detta frequenza fondamentale; se<br />

per esempio la nostra sorgente emette un suono puro a 60Hz, emetterà anche delle armoniche a 120,<br />

180 ... Hz.<br />

Queste frequenze si <strong>di</strong>cono rispettivamente prima armonica, seconda armonica e così via. Quanto<br />

detto è alla base dello sviluppo in serie <strong>di</strong> Fourier delle onde acustiche complesse.<br />

Suoni complessi<br />

Come abbiamo già accennato, i rumori 65 o i suoni che percepiamo ogni giorno attraverso<br />

l‟organo dell‟u<strong>di</strong>to, sono ben più complessi dei “modelli ideali” <strong>di</strong> onda descritti sopra. Essi<br />

costituiscono la totalità dei suoni percepiti quoti<strong>di</strong>anamente poiché i suoni puri sono solo<br />

un‟eccezione e <strong>di</strong>rei anche un‟astrazione fisica.<br />

Quando si è in presenza <strong>di</strong> un suono monofrequenziale si prova un <strong>di</strong>sturbo notevole, come si <strong>di</strong>rà<br />

nel prosieguo a proposito del DPCM 1/3/91, che le norme vigenti penalizzano.<br />

Tuttavia tali onde mantengono alcune delle caratteristiche dei suoni più semplici, sono cioè<br />

perio<strong>di</strong>che, ossia si ripetono uguali a se stesse in maniera ciclica. Hanno inoltre la peculiarità <strong>di</strong> essere<br />

composte da più toni puri sovrapposti. La forma d‟onda non sarà più quin<strong>di</strong> una sinusoide ma<br />

apparirà come una curva frastagliata e ripetitiva. Dalla combinazione casuale <strong>di</strong> questi suoni semplici<br />

nascono le molte varietà <strong>di</strong> suoni con i quali abbiamo familiarità: la voce umana, il timbro del violino,<br />

il rumore <strong>di</strong> un‟auto.<br />

<br />

65 Il rumore, come gia in<strong>di</strong>cato nell‟Introduzione, è un suono complesso affetto da un giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> indesiderabilità e<br />

<strong>di</strong>sturbo da parte <strong>di</strong> chi lo subisce. Del rumore si parlerà più in dettaglio nel prosieguo.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

356<br />

Oscillogrammi e spettri sonori<br />

Nei paragrafi precedenti abbiamo parlato del suono come <strong>di</strong> un effetto risultante dalle<br />

innumerevoli vibrazioni <strong>di</strong> una sorgente. Il movimento vibratorio compiuto da questa si propaga<br />

attraverso il mezzo sotto forma <strong>di</strong> perturbazioni <strong>di</strong> pressione: le onde sonore.<br />

L‟oscillogramma <strong>di</strong> un suono rappresenta graficamente la relazione tra il tempo e la pressione<br />

sonora cosicché, per un suono puro, sarà una semplice oscillazione sinusoidale; per uno strumento<br />

musicale risulterà dalla sovrapposizione degli oscillogrammi delle funzioni sinusoidali semplici del<br />

suono fondamentale e delle sue armoniche. Quando si parla <strong>di</strong> rumore al posto dell‟oscillogramma<br />

viene normalmente utilizzato lo spettro sonoro, un grafico che in ascissa riporta la frequenza e in<br />

or<strong>di</strong>nata il livello sonoro. La rappresentazione dello spettro <strong>di</strong> un suono complesso è data da una serie<br />

<strong>di</strong> righe aventi ciascuna frequenza ed ampiezza ben determinate e il cui numero può essere anche<br />

infinito (suoni impulsivi). Nella Figura 281 si hanno due rappresentazioni relative ad un suono puro e ad<br />

un suono complesso.<br />

Figura 281 : Rappresentazione spettrale dei suoni.<br />

Nella trattazione del rumore solitamente vengono utilizzati spettri sonori a bande che<br />

riuniscono le frequenze acustiche in gruppi cosicché lo spettro anziché essere graficamente formato da<br />

linee viene costruito per bande. Usualmente vengono utilizzati spettri sonori a banda d‟ottava o a terzi<br />

d‟ottava.<br />

Le bande <strong>di</strong> ottava sono definite come intervalli <strong>di</strong> frequenza tali che il rapporto fra la frequenza<br />

massima e la minima sia pari a 2. Per le bande a terzi <strong>di</strong> ottava le frequenze estreme stanno in rapporto<br />

pari a 3 2 . La frequenza <strong>di</strong> centro banda è data dalla relazione:<br />

fcb<br />

<br />

Normalmente in una banda <strong>di</strong> ottava si hanno tre bande a terzi <strong>di</strong> ottava.<br />

Le frequenze <strong>di</strong> centro banda per le bande <strong>di</strong> ottava sono normalizzate e precisamente sono:<br />

31.5, 63, 125, 250, 500, 1000, 2000, 4000, 8000, 16000<br />

Anche le frequenze a terzi <strong>di</strong> ottava <strong>di</strong> centro banda sono normalizzate.<br />

f f<br />

1 2


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

357<br />

Figura 282: Rappresentazione delle bande acustiche <strong>di</strong> ottava e terzi <strong>di</strong> ottava<br />

Figura 283: Rappresentazione <strong>di</strong> un suono puro nel piano ampiezza-tempo e nel piano ampiezza-frequenza.<br />

Un'onda sinusoidale é facilmente rappresentabile nel piano ampiezza-tempo. Se caratterizziamo<br />

quest'onda con la sua ampiezza e la sua frequenza possiamo rappresentarla nel piano ampiezzafrequenza<br />

come riportato dalla figura seguente. In teoria dei segnali si suole anche considerare la fase:<br />

in acustica questa viene trascurata poiché l'orecchio umano non é in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminarla. Nella<br />

Figura 284 si ha un esempio <strong>di</strong> composizione <strong>di</strong> tre suoni puri aventi frequenze multiple della<br />

fondamentale. Nella Figura 285 si ha la composizione <strong>di</strong> tre armoniche aventi frequenze multiple,<br />

ampiezze variabili e la prima armonica è sfasata nei casi rappresentati a sinistra e a destra della figura.<br />

L‟andamento dell‟oscillogramma ampiezza-tempo risulta graficamente molto <strong>di</strong>verso ma per<br />

l‟u<strong>di</strong>to umano (scarsamente sensibile alle variazioni <strong>di</strong> fase) i due suoni appaiono identici.<br />

La composizione p 1 (t)+p 2 (t)+p 3 (t) non è <strong>di</strong> imme<strong>di</strong>ata lettura: probabilmente un occhio<br />

addestrato saprà in<strong>di</strong>viduare la presenza <strong>di</strong> tre armoniche ma non i rapporti fra loro intercorrenti.<br />

Questo tipo <strong>di</strong> rappresentazione risulta molto comodo quando si esaminano suoni complessi, cioè<br />

formati da più armoniche.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

358<br />

Figura 284: Rappresentazione temporale della somma <strong>di</strong> tre armoniche<br />

A sinistra e destra della figura si hanno tre armoniche che <strong>di</strong>fferiscono solo per la fase della<br />

componente fondamentale.<br />

Figura 285: Composizione <strong>di</strong> tre armoniche nel piano ampiezza-tempo<br />

Nel piano ampiezza-frequenza si ha l‟andamento <strong>di</strong> Figura 286. Come si può ben osservare le<br />

tre componenti sono perfettamente identificabili e la composizione del suono complesso appare<br />

chiara già a partire dal primo sguardo.<br />

Per questo motivo l‟analisi frequenziale (come viene detta la rappresentazione ampiezzafrequenza)<br />

è oggi molto utilizzata per lo stu<strong>di</strong>o e l‟analisi dei suoni complessi.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

359<br />

Figura 286: Composizione <strong>di</strong> tre armoniche nel piano ampiezza-frequenza.<br />

L‟algoritmo matematico utilizzato è quello della scomposizione in serie <strong>di</strong> Fourier me<strong>di</strong>ante le<br />

seguenti relazioni:<br />

<br />

A0<br />

<br />

<br />

f ( x) Ancos( nx) Bnsin( nx)<br />

<br />

2<br />

[213]<br />

n1<br />

<br />

1 <br />

An<br />

f ( x)cos( nx)<br />

dx<br />

[214]<br />

<br />

1 <br />

Bn<br />

f ( x)sin( nx)<br />

dx<br />

[215]<br />

<br />

Le funzioni sinusoidali (o cosinusoidali) sono dette armoniche del segnale dato.<br />

Trasformazione dello spettro <strong>di</strong> un segnale<br />

Nelle applicazioni acustiche si utilizzano spesso <strong>di</strong>spositivi, detti filtri, che hanno lo scopo <strong>di</strong><br />

mo<strong>di</strong>ficare lo spettro dei segnali e quin<strong>di</strong> anche la composizione armonica del segnale.<br />

Un segnale filtrato mo<strong>di</strong>fica il suo spettro a seconda del tipo <strong>di</strong> filtro utilizzato, come si può<br />

osservare nella figura seguente.<br />

Si osservi che partendo dal segnale iniziale (si tratta <strong>di</strong> un segnale glotti<strong>di</strong>co, cioè prodotto dalla<br />

glottide umana) lo si trasforma me<strong>di</strong>ante filtri detti, nell‟or<strong>di</strong>ne in cui essi compaiono i figura:<br />

Filtro passa – basso. Vengono lasciate passare solo le frequenze inferiori ad una data frequenza <strong>di</strong><br />

taglio f 1 ;<br />

Filtro passa –alto: Vengono lasciate passare solo le frequenze maggiori <strong>di</strong> una data frequenza <strong>di</strong><br />

taglio f 2 ;<br />

Filtro passa – banda: Passano solo le frequenza comprese fra due frequenze <strong>di</strong> taglio f 1 ed f 2 ;<br />

Filtro elimina – banda::Passano le frequenze esterne ad una data banda <strong>di</strong> frequenze f 1 ed f 2 ;<br />

Nella stessa figura si ha, sul lato destro, la ricostruzione del segnale nel dominio del tempo<br />

partendo dalle armoniche che passano attraverso il filtro. Si può ben osservare che si ha una<br />

<strong>di</strong>fferenza sostanziale con il segnale originario.<br />

Pertanto l‟azione del filtro è sostanziale in quanto altera sia la composizione del segnale che<br />

l‟effetto che esso produce con l‟ascolto.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

360<br />

In Figura 287 si ha l‟esempio, nella prima riga, <strong>di</strong> un segnale glotti<strong>di</strong>co 66 rappresentato a sinistra<br />

dallo spettro e a destra dall‟andamento temporale. Applicando i vari filtri in<strong>di</strong>cati nelle righe successive<br />

si può vedere come si mo<strong>di</strong>fica sia lo spettro (si ha una riduzione <strong>di</strong> righe e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> armoniche) che<br />

l‟oscillogramma rappresentato alla destra <strong>di</strong> ogni riga esaminata. Pertanto l‟azione <strong>di</strong> un filtro è quella<br />

<strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare la costituzione spettrale dei segnali e la loro apparenza sensoriale all‟Uomo.<br />

Vedremo più avanti come anche l‟orecchio umano si comporti come un filtro <strong>di</strong> particolare<br />

complessità nella banda passante fra 20 e 20.000 Hz.<br />

Spettro <strong>di</strong> un suono complesso<br />

Figura 287: Azione dei filtri sui segnali<br />

Da quando l'informatica e l'elettronica hanno consentito <strong>di</strong> potere effettuare il calcolo della<br />

Trasformata <strong>di</strong> Fourier in tempi tanto brevi o ad<strong>di</strong>rittura in tempo reale (cioè tali da potere essere<br />

considerati istantanei) si é potuto tracciare una particolare rappresentazione <strong>di</strong> un suono: lo<br />

spettrogramma o anche sonogramma.<br />

66 Si tratta <strong>di</strong> una specie <strong>di</strong> impulso che la glottide nella gola emana al momento della richiesta <strong>di</strong> fonazione da parte<br />

dell‟Uomo. Questo segnale viene poi mo<strong>di</strong>ficato (cioè filtrato) dall‟esofago, dalla bocca, dalle labbra e dalla lingua per<br />

formare il linguaggio parlato.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

361<br />

Figura 288: Rappresentazione <strong>di</strong> un segnale nei vari piani.<br />

Figura 289- Spettrogramma della parola [AIUOLE].<br />

Esso é in pratica una rappresentazione tri<strong>di</strong>mensionale avente in ascisse il tempo, in or<strong>di</strong>nate la<br />

frequenza e nella terza <strong>di</strong>mensione l'altezza delle armoniche.<br />

Non potendo rappresentare la terza <strong>di</strong>mensione su carta é invalso l'uso <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care l'altezza delle<br />

armoniche con gradazioni <strong>di</strong> colore o <strong>di</strong> grigio: maggiore é il valore dell'altezza più nero (se si usa la<br />

scala <strong>di</strong> grigi) o <strong>di</strong> colore più vivo (se si usa la scala <strong>di</strong> colori) é il punto corrispondente.<br />

In. Figura 289 si ha la parola rappresentata in forma spettrale.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

362<br />

In Figura 290 é rappresentato l'andamento temporale della stessa parola [AIUOLE] pronunciata<br />

da un parlatore.<br />

Le due figure si riferiscono allo stesso brano ma da due punti <strong>di</strong> vista <strong>di</strong>fferenti: la prima<br />

fornisce l'andamento bi<strong>di</strong>mensionale del segnale acustico (<strong>di</strong>agramma ampiezza-tempo detto<br />

oscillogramma) mentre la seconda fornisce l'andamento tri<strong>di</strong>mensionale frequenza – tempo - ampiezza,<br />

detto spettrogramma.<br />

Figura 290- Oscillogramma della parola [Aiuole] pronunciata da un parlatore<br />

Per un suono complesso lo spettro, quin<strong>di</strong>, risulta molto articolato e non può essere rappresentato<br />

dalle sole armoniche componenti (<strong>di</strong> ampiezza variabile e <strong>di</strong> frequenza crescente e multipla della<br />

frequenza minima detta fondamentale) ma occorre rappresentare il suono con riferimento all'intensità<br />

contenuta all'interno <strong>di</strong> bande <strong>di</strong> frequenze stabilite (a banda stretta <strong>di</strong> pochi Hz o a banda larga <strong>di</strong><br />

ottava o a terzi <strong>di</strong> ottava).<br />

Figura 291: Rappresentazione spettrale <strong>di</strong> un suono complesso: la vocale [a].<br />

In pratica si taglia il suono dato a fette <strong>di</strong> larghezza stabilita, dette frame, e si effettua l‟analisi<br />

spettrale <strong>di</strong> ciascuna fetta <strong>di</strong> suono avendo cura <strong>di</strong> raccordare le frames me<strong>di</strong>ante particolari funzioni<br />

matematiche (funzioni <strong>di</strong> Hamming, <strong>di</strong> Hanning, sinusoidale, ….), come si <strong>di</strong>rà fra poco.<br />

In Figura 291 é data la rappresentazione spettrale <strong>di</strong> una vocale pronunciata da un uomo la cui<br />

frequenza fondamentale é <strong>di</strong> circa 70 Hz.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

363<br />

In Figura 292 é riportata una rappresentazione dell'analisi spettrale <strong>di</strong> un suono complesso,<br />

<strong>di</strong>ttongo [ai] con frequenza fondamentale <strong>di</strong> 125 Hz, sia a banda stretta che a banda larga.<br />

Figura 292: Rappresentazione spettrale convenzionale: sonogramma<br />

Al centro si riporta la sovrapposizione della rappresentazione spaziale con l'ampiezza variabile<br />

in funzione del colore (più nero per maggiore ampiezza).<br />

Trasformata veloce <strong>di</strong> Fourier <strong>di</strong> un segnale <strong>di</strong>gitale (FFT)<br />

Lo strumento principale <strong>di</strong> analisi <strong>di</strong> un suono complesso è la trasformata <strong>di</strong> Fourier che oggi<br />

può esser anche implementata in modo semplificato me<strong>di</strong>ante un algoritmo basato sulle trasformate <strong>di</strong><br />

Hadamard detto Trasformata Veloce <strong>di</strong> Fourier (FFT).<br />

Introduzione alla Trasformata <strong>di</strong> Fourier<br />

Su un segnale acustico l'Analisi <strong>di</strong> Fourier ci aiuta, come già detto, ad identificare le singole<br />

componenti in frequenza. L'Analisi <strong>di</strong> Fourier si basa sull'omonimo teorema e cioè sulla proprietà <strong>di</strong> un<br />

segnale temporale <strong>di</strong> poter essere scomposto in una somma <strong>di</strong> sinusoi<strong>di</strong> (serie). In generale si può <strong>di</strong>re<br />

che tanto più "complicato" è il segnale temporale, maggiore è il numero <strong>di</strong> componenti che lo<br />

compongono e ciascuna componente viene identificata me<strong>di</strong>ante la propria ampiezza e la propria fase.<br />

Fase ed ampiezza possono essere descritte come funzioni della frequenza; cioè la trasformata <strong>di</strong><br />

un segnale temporale.<br />

In altri termini potremmo pensare alla Trasformata <strong>di</strong> Fourier come l'equivalente in frequenza <strong>di</strong><br />

un segnale temporale; essa contiene le medesime informazioni del segnale temporale tanto che,<br />

applicando una Trasformata Inversa alla Trasformata <strong>di</strong> Fourier si ottiene nuovamente il segnale nel tempo.<br />

Se non si tiene conto della fase della trasformata tracciando solamente l'ampiezza in funzione<br />

della frequenza, si ottiene lo spettro della frequenza (frequency spectrum), chiamato anche spettro<br />

dell'energia (energy spectrum) che non è che una parte del power spectrum o spettro <strong>di</strong> potenza. Solitamente


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

364<br />

l'ampiezza viene espressa in dB mentre la frequenza in Hz. I picchi dello spettro <strong>di</strong> potenza<br />

identificano le singole componenti.<br />

Digitalizzazione ed FFT<br />

L‟analisi <strong>di</strong> Fourier è oggi effettuata me<strong>di</strong>ante computer e pertanto si richiede che il segnale<br />

venga trasferito opportunamente nella memoria Ram. Quando il calcolatore registra un segnale si<br />

serve <strong>di</strong> una speciale scheda che converte il segnale stesso, da una variazione continua, in una <strong>di</strong>screta.<br />

Durante questa procedura, chiamata <strong>di</strong>gitalizzazione, il segnale viene "campionato" ad una certa velocità<br />

(tipicamente parecchie migliaia <strong>di</strong> volte al secondo) ed il <strong>di</strong>gitalizzatore assegna ad ogni campione un<br />

valore intero a cui corrisponde una determinata tensione. Il valore <strong>di</strong> tensione ed il valore temporale<br />

costituiscono, per il calcolatore, un ben determinato co<strong>di</strong>ce con cui esso è in grado <strong>di</strong> ricostruire il<br />

segnale con buona approssimazione.<br />

La sequenza <strong>di</strong> numeri generata dal convertitore A/D (Analog to Digital) riproduce, con buona<br />

approssimazione, il segnale continuo. Così come il matematico applica uno sviluppo in serie <strong>di</strong> Fourier<br />

alla formula matematica che approssima il segnale, così si applica un algoritmo simile, la FFT, al<br />

segnale <strong>di</strong>gitalizzato, per estrarne il contenuto in frequenza. Tale algoritmo consente <strong>di</strong> calcolare le<br />

singole componenti trattando un numero <strong>di</strong> punti del segnale presi in potenza <strong>di</strong> 2 (256, 512,<br />

1024...ecc). Questa tecnica può essere aggirata usando il metodo dello "zero pad<strong>di</strong>ng" descritto più<br />

avanti.<br />

La trasformata <strong>di</strong> Fourier accetta, in ingresso, un segnale che contiene N campioni e restituisce,<br />

in uscita, N/2 valori (linee o canali) <strong>di</strong> frequenza, in ampiezza e fase. Le componenti in frequenza<br />

sono equamente spaziate fra <strong>di</strong> loro tra 0 Hz e metà della frequenza <strong>di</strong> campionamento. Aumentando<br />

la frequenza <strong>di</strong> campionamento, aumenta la fedeltà con cui è possibile ricostruire un segnale a scapito<br />

della necessità <strong>di</strong> una maggiore memoria su cui memorizzare i dati.<br />

Frames, Filtri e FFT <strong>di</strong> breve durata<br />

Sebbene, in teoria, sia possibile calcolare una FFT su una durata illimitata, la maggior parte delle<br />

analisi viene effettuata su perio<strong>di</strong> (frames) abbastanza brevi: un frame tipico per le analisi <strong>di</strong> suoni va da<br />

10 a 50 ms. E' molto importante capire come la lunghezza su cui è calcolata l'FFT influenza il risultato<br />

della stessa. Un principio basilare dell'analisi <strong>di</strong> Fourier stabilisce che l'analisi nel dominio del tempo è<br />

complementare a quella nel dominio della frequenza nel senso che quanto più si conosce della prima,<br />

tanto meno è identificata la seconda (indeterminazione tempo-frequenza). In teoria per estrarre tutte<br />

le componenti <strong>di</strong> un segnale occorrerebbe valutarne la trasformata tra - ∞ e + ∞. D'altro canto,<br />

trasformando un segnale finito se ne ottengono le componenti a spese della risoluzione <strong>di</strong> misura<br />

dove per risoluzione (larghezza <strong>di</strong> banda) si intende la <strong>di</strong>stanza minima calcolata per separare due<br />

componenti vicine. Un'altro modo per dare un significato fisico all'FFT è quello <strong>di</strong> pensare <strong>di</strong> mandare<br />

il vostro segnale ad un banco <strong>di</strong> N filtri passabanda ideali, tutti uguali e posti in parallelo, ciascuno dei<br />

quali con larghezza <strong>di</strong> banda predefinita e centrata in maniera da non fare sovrapporre i filtri<br />

mettendoli uno accanto all'altro. Un sistema così costruito, idealmente è ovvio, restituisce il segnale<br />

separando ogni singola componente del medesimo: se immaginiamo che ogni filtro abbia larghezza <strong>di</strong><br />

banda 1 Hz ed i filtri siano cento a partire da 1 Hz fino a 100 Hz, il primo filtro restituirà la<br />

componente ad 1 Hz, il secondo quella a 2 Hz, il terzo quella a 3 Hz e così via presentando, come<br />

risultato del nostro ipotetico schermo, uno spettro <strong>di</strong> 100 righe.<br />

Il primo importante risultato che otteniamo è la valutazione della quantità <strong>di</strong> segnale necessaria<br />

per ottenere un risultato corretto; abbiamo detto che i filtri sono 100 ciascuno con larghezza <strong>di</strong> banda<br />

1 Hz. Per il teorema <strong>di</strong> indeterminazione tempo-frequenza, 1 Hz vuole sostanzialmente <strong>di</strong>re 1 ciclo al<br />

secondo. Dunque per ottenere un risultato corretto, come livello della nostra misura, occorrerà<br />

attendere almeno un secondo <strong>di</strong> segnale affinché i filtri rispondano correttamente.<br />

In caso contrario tanto minore è il tempo <strong>di</strong> permanenza nel filtro del segnale, tanto più<br />

scorretto sarà il valore <strong>di</strong> ampiezza misurato nel filtro. Nel nostro Analizzatore <strong>di</strong> Fourier accade la<br />

medesima cosa: se vogliamo analizzare un segnale con risoluzione 1 Hz, per avere un risultato<br />

corretto, dobbiamo analizzare almeno 1 sec. <strong>di</strong> segnale. Si osservi però che il tempo <strong>di</strong> misura non<br />

<strong>di</strong>pende dalla velocità <strong>di</strong> campionamento.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

365<br />

Proviamo ad immaginare <strong>di</strong> portare il nostro fondo scala <strong>di</strong> analisi ad 1 kHz invece <strong>di</strong> 100 righe<br />

avremo bisogno <strong>di</strong> 1000 righe <strong>di</strong> analisi. La velocità <strong>di</strong> campionamento sarà maggiore, ma sempre 1<br />

secondo <strong>di</strong> segnale passerà attraverso i nostri ipotetici filtri.<br />

In un analizzatore FFT questo significa un maggior numero <strong>di</strong> punti analizzati nel tempo, ma<br />

sempre per la medesima quantità <strong>di</strong> tempo, a parità <strong>di</strong> risoluzione considerata.<br />

In genere un analizzatore FFT tratta il segnale temporale in un numero <strong>di</strong> punti che, per<br />

necessità dovute al calcolo binario, è potenza <strong>di</strong> 2:<br />

Numero <strong>di</strong> punti Righe generate in frequenza<br />

64 25<br />

128 50<br />

256 100<br />

512 200<br />

1.024 400<br />

16.384 6.400<br />

Tabella 62: Corrispondenza fra numero <strong>di</strong> punti e righe <strong>di</strong> frequenza<br />

Abbiamo detto che, <strong>di</strong> regola, gli analizzatori <strong>di</strong> Fourier utilizzano il segnale per punti espressi in<br />

potenza <strong>di</strong> 2 e ciascun punto è un campione generato dal convertitore A/D.<br />

Diremo anche che il campionamento và <strong>di</strong> passo con il fondo scala in frequenza che si vuole<br />

analizzare nel senso che, generalmente, si utilizza come campionamento la così detta frequenza <strong>di</strong><br />

Nyquist, vale a <strong>di</strong>re 2,56 volte il fondo scala <strong>di</strong> analisi. Se, ad esempio, si desidera analizzare<br />

componenti in frequenza fino a 1 kHz, il segnale verrà campionato a 2,56 kHz, per 10 kHz si userà<br />

25,6 kHz e così <strong>di</strong> seguito. Un'altro importante punto del nostro analizzatore FFT è la finestra <strong>di</strong><br />

pesatura del segnale. Al contrario <strong>di</strong> quanto accade per l'analisi <strong>di</strong> Fourier matematica, l'analizzatore ha<br />

a che fare con una <strong>di</strong>mensione fisica del segnale che, per sua definizione, non può essere infinita.<br />

Ciò dà luogo ai così detti errori <strong>di</strong> troncamento perché il calcolo è effettuato su quello che abbiamo<br />

chiamato frame il quale ha una durata finita.<br />

Il metodo correntemente usato dagli analizzatori FFT è quello <strong>di</strong> moltiplicare il segnale per una<br />

funzione matematica (finestra) fatta in modo da minimizzare tali errori.<br />

Generalmente nei suoni o comunque su segnali non stazionari, si è soliti servirsi <strong>di</strong> finestre<br />

Hanning o Hamming che hanno la particolarità <strong>di</strong> ottimizzare il segnale al centro e ridursi a zero ai<br />

contorni. Siccome tali finestre hanno una formulazione matematica ben conosciuta, è possibile stimare<br />

a priori l'errore introdotto dalla "pesatura" e tenerne conto.<br />

L'uso delle varie finestre è abbastanza co<strong>di</strong>ficato, a seconda del tipo <strong>di</strong> segnale che si vuole<br />

analizzare e dei risultati che si desidera ottenere e si apprende con la pratica.<br />

In alcuni tipi <strong>di</strong> analisi si è soliti calcolare molte FFT su tempi brevi affiancandole poi l'una<br />

all'altra fino a coprire l'intero segnale (es. una frase o il ciclo <strong>di</strong> avviamento <strong>di</strong> un motore) per costruire<br />

il cosiddetto Spettrogramma o Sonogramma.<br />

Ogni singola FFT viene calcolata con la finestra <strong>di</strong> Hamming e l'avanzamento temporale <strong>di</strong> ogni<br />

FFT consecutiva è chiamato Frame Advance.<br />

Si può definire la lunghezza del frame su cui è calcolata l'FFT specificando il Filter Frequency che<br />

è un parametro che richiama il funzionamento dei vecchi Sonografi analogici.<br />

Un filtro stretto, ad esempio 59 Hz si riferisce ad una larghezza <strong>di</strong> banda più sottile e consente<br />

<strong>di</strong> risolvere frequenze <strong>di</strong>stanti tra loro 59 Hz.<br />

Un filtro più largo, es. 184 Hz, risolve una banda in frequenza più ampia mentre, per contro,<br />

migliora la risoluzione temporale (per es. consente <strong>di</strong> evidenziare gli attacchi della voce).<br />

Siccome la teoria dell'analisi del segnale ci insegna che moltiplicare un segnale temporale per<br />

una finestra corrisponde a convolvere lo spettro in frequenza del segnale temporale con l'FFT della<br />

finestra stessa, da ciò deriva che esiste una relazione tra la larghezza della finestra (ms) e la larghezza<br />

della FFT associata (Hz), come evidenziato nella tavola seguente:


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

366<br />

Larghezza Finestra (ms) Larghezza Filtro (Hz)<br />

33 45<br />

25 59<br />

10 150<br />

8 184<br />

5 300<br />

3.2 450<br />

2.5 600<br />

Tabella 63: Corrispondenza fra la larghezza della finestra e l’ampiezza del filtro<br />

9.1.5 INNALZAMENTO DEI LIVELLI CON L’ALLARGAMENTO DELLA FINESTRA<br />

Un suono complesso non perio<strong>di</strong>co viene rappresentato, come già detto, nel piano della<br />

frequenza non con armoniche singole (come per un suono perio<strong>di</strong>co) ma con una rappresentazione<br />

che <strong>di</strong>pende dalla larghezza delle frame.<br />

Figura 293: Rappresentazione dell’analisi frequenziale a varie larghezze <strong>di</strong> banda<br />

In Figura 293 si riporta la rappresentazione sul piano delle frequenze <strong>di</strong> un segnale complesso<br />

in tre casi:<br />

Frame con larghezza <strong>di</strong> banda stretta, 10 Hz;<br />

Frame con larghezza <strong>di</strong> banda pari ad 1/3 <strong>di</strong> ottava;<br />

Frame con larghezza <strong>di</strong> banda pari ad una ottava.<br />

In ascisse sono rappresentate le frequenze <strong>di</strong> centro banda (<strong>di</strong> ottava o terzi <strong>di</strong> ottava o a banda<br />

stretta <strong>di</strong> pochi Hz) e in or<strong>di</strong>nata i livelli <strong>di</strong> pressione sonora.<br />

Si osservi, in Figura 293, come al crescere della banda <strong>di</strong> frequenza utilizzata nelle frame per<br />

l‟analisi armonica cresce anche il livello <strong>di</strong> pressione sonora per via dell‟inviluppo che le bande larghe<br />

debbono creare sui valori delle bande strette.<br />

In pratica l‟analisi a banda larga porta ad avere livelli <strong>di</strong> centro banda tanto maggiori quanto<br />

maggiore è la larghezza <strong>di</strong> banda.<br />

Non ci si meravigli, quin<strong>di</strong> se l‟analisi a banda stretta (solitamente utilizzata in laboratorio o per<br />

applicazioni particolari quali l‟analisi fonetica) porta ad avere livelli sonori inferiori.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

367<br />

Fra l‟altro la banda stretta necessita <strong>di</strong> una maggiore sensibilità della strumentazione per via della<br />

minore energia trasportata dalle onde acustiche specialmente alle frequenze più elevate.<br />

Le analisi spettrale a banda <strong>di</strong> terzi <strong>di</strong> ottava e <strong>di</strong> ottava sono richiesta dalle norme vigenti per la rilevazione<br />

dei picchi e delle bande tonali (ve<strong>di</strong> nel prosieguo).<br />

9.2 CENNI DI ACUSTICA FISIOLOGICA<br />

L‟Acustica Fisiologica si occupa dell‟interazione del suono (fenomeno puramente fisico, cioè<br />

oggettivo) con l‟Uomo e quin<strong>di</strong> cerca <strong>di</strong> determinarne gli effetti <strong>di</strong> interazione soggettiva. Spesso i<br />

parametri <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio sono legati proprio alla soggettività dell‟Uomo e ciò complica non poco lo<br />

sviluppo <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>sciplina. Occorre introdurre nuove grandezze, oltre a quelle oggettive già<br />

incontrate, che tengano conto dell‟interazione con luomo e delle sue capacità percettive. Così, ad<br />

esempio, non tutti i suoni vengono percepiti dall‟Uomo ma solo aventi frequenze comprese fra 20 e<br />

20.000 Hz. Inoltre l‟intensità dei suoni è correlata alle capacità <strong>di</strong> ascolto che nell‟Uomo Me<strong>di</strong>o (o<br />

Normotipo) varia da circa 10 -12 W (soglia <strong>di</strong> u<strong>di</strong>bilità a 1000 Hz) a 10 -4 W (soglia del dolore).<br />

9.2.1 LIVELLI SONORI<br />

Quando si vuole quantificare con un numero la potenza emessa da una sorgente o la pressione<br />

sonora percepita, ci si trova <strong>di</strong> fronte ad una gamma <strong>di</strong> valori estesissima: si può andare dai 10 -7 Watt<br />

<strong>di</strong> una frase pronunciata a bassissima voce, ai 10 7 Watt prodotti, per esempio, dal motore <strong>di</strong> un razzo<br />

in partenza. Per questa ragione, ovvero per praticità, si fa ricorso alla funzione logaritmica che<br />

consente, trasformando la lunga scala <strong>di</strong> valori <strong>di</strong> pressione e potenza, la creazione <strong>di</strong> un insieme<br />

molto più limitato <strong>di</strong> valori denominato livello <strong>di</strong> potenza sonora o livello <strong>di</strong> pressione sonora.<br />

Livello <strong>di</strong> Potenza sonora<br />

Il livello <strong>di</strong> potenza sonora non è altro che il logaritmo del rapporto tra la potenza sonora che si<br />

vuole misurare e una potenza <strong>di</strong> riferimento che si assume convenzionalmente <strong>di</strong> 1pW<br />

W<br />

<br />

LW<br />

10log10<br />

<br />

W0<br />

<br />

dB<br />

[216]<br />

W = potenza sonora misurata, W<br />

W 0 = potenza sonora <strong>di</strong> riferimento: 10 -12 W<br />

L‟unità <strong>di</strong> misura è il decibel (dB) e, come vedremo, viene utilizzata molto frequentemente nel<br />

campo dell‟Acustica.<br />

Livello <strong>di</strong> Pressione sonora<br />

Analogamente, il livello <strong>di</strong> pressione sonora, è dato dal logaritmo del rapporto tra la pressione<br />

sonora emessa dalla sorgente ed una pressione standard <strong>di</strong> 20Pa.<br />

P <br />

SPL Lp<br />

20log10<br />

dB [217]<br />

P0<br />

<br />

P = pressione sonora misurata<br />

P 0 = pressione sonora <strong>di</strong> riferimento (2 10 -5 Pa).<br />

Tale definizione scaturisce da una legge fisiologica, legge <strong>di</strong> Weber, che vuole la sensibilità ad<br />

un fenomeno fisiologico inversamente proporzionale allo stimolo. Ad esempio, se poniamo nel palmo<br />

della mano un peso <strong>di</strong> 10 grammi allora possiamo sentire la variazione dello stimolo se aggiungiamo<br />

un peso <strong>di</strong> 1 grammo. Se nella mano si ha un peso <strong>di</strong> 1 kg allora non sentiremo la variazione dello<br />

stimo per l‟aggiunta <strong>di</strong> un ulteriore grammo ma dovremo variare il peso si alcune decine <strong>di</strong> grammi.<br />

Ds<br />

Questo comportamento fisiologico è del tipo g<br />

, ove con g si in<strong>di</strong>ca la variazione della<br />

s<br />

sensazione e con s la variazione dello stimolo rispetto al valore iniziale s 0 . Una tale legge porta,<br />

integrata, ad una legge <strong>di</strong> tipo logaritmica che è quella utilizzata nella definizione dei livelli.<br />

0


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

368<br />

Livello <strong>di</strong> Intensità acustica<br />

Sussiste la relazione fra intensità acustica e pressione sonora 67 :<br />

2<br />

p<br />

I [218]<br />

c<br />

con: c impedenza acustica del mezzo (c=420 kg/s per l‟aria). Pertanto si definisce livello <strong>di</strong><br />

intensità acustica:<br />

I<br />

LIS 10log (dB) [219]<br />

I<br />

rif<br />

con I rif = 10 -12 W/m². La [218] spiega perché si ha 20 a fattore nella definizione del livello <strong>di</strong><br />

pressione sonora e non 10 come nella definizione del livello <strong>di</strong> intensità sonora. Anche se le i due livelli (<strong>di</strong><br />

intensità e <strong>di</strong> pressione) hanno espressioni formali simili non vanno confuse tra <strong>di</strong> loro.<br />

Livello <strong>di</strong> Densità sonora<br />

Con formalismo analogo si definisce il Livello <strong>di</strong> densità sonora:<br />

D<br />

LDS 10log (dB) [220]<br />

D<br />

rif<br />

con D rif = 10 -15 W/m³.<br />

Nella tabella seguente si ha una in<strong>di</strong>cazione sommaria del campo <strong>di</strong> variabilità del livello <strong>di</strong><br />

pressione sonora.<br />

VALORI MEDI DEL LIVELLO DI PRESSIONE SONORA<br />

Pressione Sonora Livello <strong>di</strong> Pressione sonora Ambiente o con<strong>di</strong>zione Valutazione soggettiva<br />

Pa<br />

dB<br />

200 140 Aereo militare in decollo a 30 m<br />

63 130 Rivettatura pneumatica (operatore) Intollerabile<br />

20 120 Sala caldaie (al massimo) <strong>di</strong> una nave<br />

6,3 110 Pressa automatica (operatore) - Laminatoio<br />

2 100 Tornitura automatica - Sala stampa - Metrololitana Molto rumoroso<br />

0,63 90 Autocarri pesanti a 6 m - Perforatrice pneumatica<br />

0,2 80 Marciapiede strada con traffico intenso - Ufficio con stampanti aghi<br />

0,063 70 Apparecchio ra<strong>di</strong>o a <strong>volume</strong> alto in locali chiusi Rumoroso<br />

0,02 60 Ristorante - Grande magazzino<br />

0,0063 50 Conversazione ad 1 m - Ufficio pubblico Tranquillo<br />

0,002 40 Zona urbana periferica - Conversazione bisbigliata - Zona residenziale <strong>di</strong> notte<br />

0,00063 30<br />

0,0002 20 Rumore <strong>di</strong> fondo in stu<strong>di</strong> televisivi <strong>di</strong> registrazione Molto tranquillo<br />

0,000063 10<br />

0,00002 0 Soglia <strong>di</strong> u<strong>di</strong>bilità <strong>di</strong> un suono puro a 1000 Hz<br />

Tabella 64: Scala <strong>di</strong> valori delle pressioni sonore e dei livelli <strong>di</strong> pressione sonora<br />

67 In realtà più che <strong>di</strong> pressione sonora è più corretto parlare <strong>di</strong> pressione efficace sonora :<br />

p <br />

T<br />

<br />

1 T<br />

2<br />

p dt<br />

0


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

369<br />

9.2.2 L’ORECCHIO UMANO<br />

L‟organo che permette all‟uomo <strong>di</strong> percepire i suoni é l‟orecchio. Tramite quest‟organo le onde<br />

sonore vengono trasformate in impulsi nervosi che, una volta trasmessi al cervello, noi percepiamo<br />

come suoni.<br />

Da un punto <strong>di</strong> vista anatomico l‟orecchio viene <strong>di</strong>viso in tre parti (ve<strong>di</strong> Figura 294): la prima<br />

parte è l’orecchio esterno che riceve l‟onda sonora e fa vibrare la membrana del timpano, la seconda è<br />

l’orecchio me<strong>di</strong>o che collega meccanicamente la membrana del timpano con l‟orecchio interno, la terza<br />

parte è l’orecchio interno dove hanno origine gli impulsi nervosi che attraverso il nervo acustico vengono<br />

trasmessi al cervello.<br />

Figura 294: Vista d’Artista <strong>di</strong> un orecchio umano: orecchio esterno, me<strong>di</strong>o e interno.<br />

Figura 295: Struttura dell’orecchio esterno (pa<strong>di</strong>glione auricolare) e dell’orecchio interno (Organo del Corti)<br />

Il pa<strong>di</strong>glione auricolare è la componente visibile dell‟orecchio esterno; la sua funzione principale<br />

è <strong>di</strong> contribuire alla ricezione del suono.<br />

E‟ la forma del pa<strong>di</strong>glione che può influenzare l‟amplificazione o l‟attenuazione <strong>di</strong> determinate<br />

frequenze. Dal pa<strong>di</strong>glione parte il condotto u<strong>di</strong>tivo esterno che convoglia le onde sonore alla<br />

membrana del timpano.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

370<br />

La spiccata sensibilità dell‟orecchio umano alle frequenze attorno ai 3000 Hz si spiega con il<br />

fatto che il condotto si comporta come un tubo chiuso all‟estremità con una frequenza <strong>di</strong> risonanza<br />

all‟incirca <strong>di</strong> 3000 Hz.<br />

L‟orecchio esterno è separato dall‟orecchio me<strong>di</strong>o dalla membrana del timpano: essa ha la forma<br />

<strong>di</strong> un cono piatto con un <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> circa sette millimetri e la convessità rivolta verso l‟interno.<br />

L‟orecchio me<strong>di</strong>o è una cavità piena d‟aria che contiene la catena <strong>di</strong> ossicini ossia tre piccole<br />

ossa, il martello, l’incu<strong>di</strong>ne e la staffa, che forniscono il movimento meccanico per far passare la<br />

vibrazione dal timpano all‟orecchio interno. Il martello sta appoggiato sul timpano e quando viene<br />

messo in vibrazione colpisce l‟incu<strong>di</strong>ne, il secondo ossicino che funge da connessione con il terzo, la<br />

staffa. Questa è a contatto con la finestra ovale, un‟altra membrana che segna l‟entrata della chiocciola.<br />

La catena d‟ossicini è connessa a dei legamenti e posta in tensione attraverso due piccoli<br />

muscoli: il tensore del timpano e lo strape<strong>di</strong>o. Il primo è connesso al martello, il secondo alla staffa.<br />

Questo sistema da una parte è un efficace meccanismo <strong>di</strong> trasmissione tra orecchio esterno e finestra<br />

ovale, dall‟altra funziona come apparato protettivo in quanto limita la vibrazione trasmessa alla finestra<br />

ovale.<br />

La presenza <strong>di</strong> aria nell‟orecchio me<strong>di</strong>o fa in modo <strong>di</strong> compensare la spinta della pressione<br />

atmosferica sul timpano, ciò avviene tramite il tubo <strong>di</strong> Eustachio che mette in comunicazione l‟orecchio<br />

me<strong>di</strong>o con il setto nasale. L‟orecchio interno si presenta come un complesso sistema <strong>di</strong> canali colmi <strong>di</strong><br />

liquido inseriti nell‟osso temporale.<br />

Figura 296: Struttura dell’orecchio interno e della coclea<br />

Nell‟uomo il senso dell‟equilibrio e dell‟u<strong>di</strong>to viene dato dai nervi sensori posti all‟interno <strong>di</strong><br />

questi canali che terminano nella chiocciola. All‟interno <strong>di</strong> quest‟ultima troviamo una membrana detta<br />

basale che viene eccitata attraverso l‟energia trasmessa alla chiocciola dalla finestra ovale.<br />

Questa membrana a seconda della frequenza del suono risulta più eccitata in un punto rispetto<br />

ad un altro: le basse frequenze generano maggiore eccitazione all‟estremità della chiocciola, le alte<br />

invece nei pressi della finestra ovale.<br />

La stimolazione delle fibre nervose coinvolge una complessa struttura posta sulla membrana<br />

basale chiamata organo <strong>di</strong> Corti (ve<strong>di</strong> Figura 297).<br />

Le cellule ciliate interne ed esterne che fanno parte <strong>di</strong> quest‟organo sono le principali<br />

responsabili del processo <strong>di</strong> stimolazione nervosa, pare infatti vi sia una <strong>di</strong>pendenza <strong>di</strong>retta tra il<br />

danno subito da queste cellule e la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> u<strong>di</strong>to dovuta al rumore.<br />

Sezionando l‟organo del Corti si ha la situazione della figura seguente: in pratica le terminazioni<br />

nervose sono comprese fra due lamine <strong>di</strong> tessuto organico che, per strofinio dovuto all‟eccitazione<br />

acustica, eccitano le cellule nervose in zone <strong>di</strong>fferenti a seconda della frequenza <strong>di</strong> eccitazione.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

371<br />

Figura 297: Eccitazione delle terminazioni nervose<br />

Le moderne teorie vedono l'orecchio come un sistema <strong>di</strong> trasmissione del segnale caratterizzato<br />

dalle tre funzioni <strong>di</strong> trasferimento relative alle tre sezioni dell'orecchio: pa<strong>di</strong>glione esterno, canale timpanico,<br />

orecchio me<strong>di</strong>o. Per l'orecchio esterno in corrispondenza del canale timpanico e del pa<strong>di</strong>glione esterno si<br />

hanno le seguenti funzioni <strong>di</strong> trasferimento del segnale u<strong>di</strong>tivo.<br />

Figura 298: Funzioni <strong>di</strong> trasferimento dell’orecchio esterno.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

372<br />

Per l'orecchio me<strong>di</strong>o la funzione <strong>di</strong> trasferimento determinata su cadaveri (Békésy) é del tipo qui<br />

rappresentato.<br />

Figura 299:Funzione <strong>di</strong> trasferimento dell’orecchio interno (Von Békésy)<br />

Per un campo sonoro libero si hanno le seguenti funzioni <strong>di</strong> trasferimento dal pa<strong>di</strong>glione<br />

auricolare esterno al canale timpanico in funzione dell'angolo orizzontale <strong>di</strong> accesso.<br />

Figura 300: Funzioni <strong>di</strong> trasferimento del canale timpanico<br />

La rete nervosa risulta composta come in figura da neuroni collegati fra loro da assoni (che<br />

hanno alla loro estremità le sinapsi).


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

373<br />

Figura 301: Struttura <strong>di</strong> un neurone.<br />

Il segnale neurale pre e post-sinaptico é rappresentato nelle seguente figura ove é visibile una<br />

variazione <strong>di</strong> potenziale da -70 a +30 mV con un tempo <strong>di</strong> variazione <strong>di</strong> circa 3 ms.<br />

Osservando la scala dei tempi si possono ritrovare giustificazioni alle frequenze caratteristiche<br />

dell‟orecchio umano.<br />

Figura 302: Segnale <strong>di</strong> attivazione sinaptico.<br />

Agli inizi degli anni „quaranta due stu<strong>di</strong>osi americani della ATT, Fletcher e Munson, costruirono<br />

l‟abaco della Figura 303, detto Au<strong>di</strong>ogramma Normale per suoni puri. In esso è riportata in basso,<br />

tratteggiata, la soglia <strong>di</strong> u<strong>di</strong>bilità e poi, andando verso l‟alto, le curve isofoniche definite in modo che ogni<br />

curva rappresenta, per ciascuna frequenza, il livello sonoro <strong>di</strong> pari effetto (sensazione <strong>di</strong> forza) <strong>di</strong> un<br />

suono a 1000 Hz. Questo livello è chiamati Phon.<br />

Si osservi come l‟orecchio umano me<strong>di</strong>o sia capace <strong>di</strong> sentire in modo <strong>di</strong>verso sia al variare della<br />

frequenza che al variare del livello. Ogni curva isofonica ha un andamento a campana: sentiamo meglio<br />

le frequenze interme<strong>di</strong>e (quelle della zona del parlato da 500 a 2000 Hz) mentre sentiamo peggio le<br />

basse e le alte frequenze.<br />

Inoltre al crescere dell‟intensità sonora le curve si appiattiscono per effetto della maggiore<br />

tensione muscolare dei muscoli del Timpano e dello Stabiale che riducono la sensibilità dell‟orecchio<br />

me<strong>di</strong>o (i tre ossicini, staffa, incu<strong>di</strong>ne e martello).


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

374<br />

Figura 303: Curve isofoniche per toni puri (au<strong>di</strong>ogramma normale <strong>di</strong> Fletcher - Munson<br />

L‟au<strong>di</strong>ogramma <strong>di</strong> Fletcher e Munson è stato per decenni l‟unica informazione esterna sul<br />

funzionamento dell‟orecchio umano. E‟ interessante osservare come, rendendo omogenei<br />

l‟au<strong>di</strong>ogramma (cioè capovolgendolo rispetto all‟asse delle frequenze) e la curva relativa alla funzione<br />

<strong>di</strong> trasferimento dell‟orecchio me<strong>di</strong>o (Von Bèkèsy, Figura 299) si ha la situazione <strong>di</strong> Figura 304.<br />

Figura 304: Confronto fra la funzione <strong>di</strong> trasferimento dell’orecchio me<strong>di</strong>o e l’au<strong>di</strong>ogramma normale


SPL (dB)<br />

IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

375<br />

Sia la forma ondulante che l‟andamento a campana risultano ora perfettamente spiegati:<br />

l‟orecchio umano, per il solo fatto <strong>di</strong> essere costruito da madre natura in questo modo, si comporta<br />

come sintetizzato dall‟au<strong>di</strong>ogramma normale. La banda <strong>di</strong> frequenze fra 2500†4000 Hz presenta una<br />

risonanza e quin<strong>di</strong> in questa zona si ha una maggiore sensibilità dell‟orecchio che può portare ad<br />

effetti pericolosi fino alla parziale rottura delle terminazioni nervose (sor<strong>di</strong>tà parziale per effetto Bruel).<br />

Si osservi che l‟au<strong>di</strong>ogramma normale ci informa su come l‟organo <strong>di</strong> captazione del suono<br />

funziona, cioè come viene mo<strong>di</strong>ficato il segnale prima <strong>di</strong> essere interpretato (sensazione) dal cervello.<br />

In pratica il nostro orecchio si comporta come un filtro passa-banda avente funzioni <strong>di</strong> trasferimento<br />

complesse date proprio dall‟au<strong>di</strong>ogramma <strong>di</strong> Fletcher e Munson. Di quest‟osservazione si terrà conto<br />

quando parleremo del fonometro. E‟ interessante osservare come l‟energia acustica non arrivi<br />

all‟orecchio esterno esclusivamente per via aerea dal pa<strong>di</strong>glione auricolare ma anche attraverso le ossa<br />

del cranio. Se noi chiu<strong>di</strong>amo il condotto u<strong>di</strong>tivo esterno con un tappo o una cuffia avvertiamo<br />

imme<strong>di</strong>atamente il suono attraverso la conduzione ossea. Questa avviene attraverso vari cammini <strong>di</strong><br />

trasmissione: anche le vibrazioni prodotte dalle altre parti del corpo possono essere trasmesse alla<br />

membrana basale attraverso i tessuti corporei e la struttura ossea.<br />

E‟ proprio a questa conduzione ossea che si deve la possibilità <strong>di</strong> percepire la <strong>di</strong>rezione delle<br />

onde sonore in un piano verticale centrale rispetto alla sorgente. In pratica è la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> cammino<br />

dell‟onda acustica fra orecchio destro e sinistro a far percepire al nostro cervello la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong><br />

provenienza del suono. Quando però l‟orecchio è in un piano centrale simmetrico le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

simmetria farebbero perdere la possibilità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare la <strong>di</strong>rezione del suono se non ci fosse la<br />

possibilità <strong>di</strong> percepire anche <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> cammino sonoro anche nel piano verticale per conduzione<br />

ossea.<br />

9.2.3 SOGLIA UDITIVA<br />

Nella Figura 305 é riportato l'au<strong>di</strong>ogramma <strong>di</strong> un soggetto ricavato me<strong>di</strong>ante il metodo<br />

AUDIO-CD della Digital Recor<strong>di</strong>ng. Il metodo consiste nell'ascoltare un segnale <strong>di</strong> frequenza fra 20 e<br />

20 kHz e <strong>di</strong> intensità calibrata e variabile da 0 a 80 dB e <strong>di</strong> segnare il livello <strong>di</strong> inizio ascolto (soglia). E'<br />

anche riportato l'andamento della soglia normale come in<strong>di</strong>cato dalla ISO e dalla Società <strong>di</strong><br />

Au<strong>di</strong>ologia.<br />

L'au<strong>di</strong>ogramma del soggetto presenta un innalzamento superiore ai 10 dB alle frequenze centrali<br />

e una apparente sor<strong>di</strong>tà alle frequenze superiori ai 12 kHz.<br />

AUDIOGRAMMA<br />

90<br />

80<br />

70<br />

60<br />

50<br />

40<br />

30<br />

20<br />

10<br />

0<br />

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24<br />

Frequenza (Hz)<br />

Figura 305: Curva <strong>di</strong> u<strong>di</strong>bilità reale <strong>di</strong> un soggetto e confronto con la curva <strong>di</strong> soglia standard


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

376<br />

Figura 306: Esempio <strong>di</strong> au<strong>di</strong>ogramma <strong>di</strong> un soggetto normale<br />

Lo scostamento della curva <strong>di</strong> u<strong>di</strong>bilità reale da quella standard è sintomo <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta u<strong>di</strong>tiva<br />

(sor<strong>di</strong>tà) attribuibile ad una serie <strong>di</strong> cause: l‟età (che porta la presbiacusia), un danno da rumore esterno<br />

per esposizione prolungata per attività lavorativa, ….<br />

Si esamineranno le problematiche del rischio u<strong>di</strong>tivo nel prosieguo.<br />

9.2.4 PERCEZIONE SOGGETTIVA DEL SUONO<br />

La valutazione soggettiva del suono da parte dell‟uomo è influenzata dall‟ampia gamma <strong>di</strong><br />

pressioni e frequenze entro la quale l‟orecchio percepisce segnali utili.<br />

L‟area <strong>di</strong> sensibilità acustica, ossia l‟insieme <strong>di</strong> valori all‟interno del quale l‟orecchio può<br />

funzionare, è delimitata a bassi livelli <strong>di</strong> pressione sonora dalla soglia <strong>di</strong> u<strong>di</strong>bilità e ad alti livelli dalla soglia<br />

<strong>di</strong> non-comfort, <strong>di</strong>sturbo, dolore (oltre i 120 dB).<br />

L‟organo dell‟u<strong>di</strong>to ha però delle limitazioni anche nella percezione delle frequenze: il “range”<br />

delle frequenze u<strong>di</strong>bili viene denominato campo <strong>di</strong> u<strong>di</strong>bilità.<br />

Per le alte frequenze si usa convenzionalmente fissare il limite dei 20.000 Hz (anche se questo<br />

limite può variare molto da in<strong>di</strong>viduo ad in<strong>di</strong>viduo) mentre per le basse frequenze il limite è <strong>di</strong> 20 Hz;<br />

al <strong>di</strong> sotto le onde sonore si percepiscono come vibrazione del corpo piuttosto che come sensazione<br />

sonora vera e propria.<br />

Abbiamo detto che la minima pressione sonora <strong>di</strong> un tono capace <strong>di</strong> provocare una sensazione<br />

acustica è chiamata soglia <strong>di</strong> u<strong>di</strong>bilità.<br />

Questa è funzione della frequenza ma <strong>di</strong>pende anche dal modo in cui viene riprodotto il suono<br />

(cuffie , altoparlanti) e dal punto in cui viene misurata la pressione sonora.<br />

Una soglia misurata in presenza <strong>di</strong> altre fonti <strong>di</strong> rumore viene definita mascherata: è la pressione<br />

sonora alla quale un suono coperto da altri, cioè mascherato, comincia ad essere percepito.<br />

La soglia <strong>di</strong> non comfort è stata ricavata sperimentalmente e fissata intorno ai 120 dB, livello<br />

con il quale si prova una forte sensazione <strong>di</strong> fasti<strong>di</strong>o.<br />

Intorno ai 110 dB è fissata la soglia <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo con sensazioni <strong>di</strong> prurito dell‟apparato u<strong>di</strong>tivo; a<br />

120÷130 dB si raggiunge la soglia del dolore che può comportare la sor<strong>di</strong>tà temporanea o permanente<br />

anche per brevi esposizioni.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

377<br />

Figura 307: Confronto fra le curve fonometriche e l’Au<strong>di</strong>ogramma normale<br />

9.2.5 LIVELLI DI PRESSIONE PONDERATI- LE SCALE FONOMETRICHE<br />

Nella valutazione del rumore si ha spesso a che fare con i cosiddetti livelli ponderati. I moderni<br />

strumenti per la misurazione presentano infatti dei filtri <strong>di</strong> pesatura denominati A, B, C. Esiste anche<br />

una scala denominata D utilizzata per misure <strong>di</strong> rumorosità in zone aeroportuali.<br />

Come abbiamo già visto, la sensibilità dell‟u<strong>di</strong>to è incostante col mo<strong>di</strong>ficarsi della frequenza e<br />

del livello sonoro; si presenta allora, per chiunque voglia eseguire delle misure <strong>di</strong> rumore atten<strong>di</strong>bili, la<br />

necessità <strong>di</strong> adottare una strumentazione che emuli la caratteristica dell‟organo u<strong>di</strong>tivo.<br />

La sensibilità dello strumento viene così regolata secondo tre curve conosciute come curve <strong>di</strong><br />

ponderazione A, B, C che presentano andamenti della sensibilità leggermente <strong>di</strong>versi tra <strong>di</strong> loro anche se<br />

tutti decrescenti verso gli estremi del campo u<strong>di</strong>tivo.<br />

Le curve <strong>di</strong> ponderazione derivano da considerazioni sull‟au<strong>di</strong>ogramma <strong>di</strong> Fletcher e Munson e<br />

presentano una forte analogia con le isofoniche misurate in Phon, ve<strong>di</strong> Figura 307.<br />

Il fonometro é costituito da sezioni elettroniche ben precise: microfono, amplificatore <strong>di</strong> segnali<br />

<strong>di</strong> ingresso, filtri, amplificatore <strong>di</strong> uscita e in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> segnali (sia analogico che <strong>di</strong>gitale). Nella Figura<br />

308 é riportata una schematizzazione <strong>di</strong> assemblaggio <strong>di</strong> un moderno fonometro capace <strong>di</strong> effettuare<br />

anche analisi spettrali (FFT, bande larghe,...) <strong>di</strong> un suono.<br />

I livelli misurati con queste correzioni si in<strong>di</strong>cano in dB anche se talvolta può succedere <strong>di</strong><br />

incontrare la forma dB(A) per il livello ponderato A.<br />

Quest‟ultimo è il più utilizzato perché ritenuto dagli addetti maggiormente in<strong>di</strong>cativo nelle<br />

misurazioni più comuni e quello meglio correlato al <strong>di</strong>sturbo.<br />

Siamo arrivati così a definire univocamente il <strong>di</strong>sturbo attraverso una sola grandezza che lega<br />

assieme il dato oggettivo, la misura del rumore come ci arriva dalle sorgenti, al dato soggettivo, ciò che<br />

un ascoltatore me<strong>di</strong>o percepisce come suono. La scelta delle curve A,B e C si giustifica con la<br />

necessità <strong>di</strong> simulare il comportamento dell‟orecchio umano me<strong>di</strong>o ai livelli bassi, me<strong>di</strong> e alti, come<br />

rappresentato in Figura 307.<br />

Nella Tabella 65 si riporta l'azione <strong>di</strong> filtraggio del fonometro (Scala A) e in basso, in Figura 309<br />

si ha la mo<strong>di</strong>ficazione spettrale (a banda <strong>di</strong> ottava) dovuta alla curva <strong>di</strong> ponderazione A.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

378<br />

Figura 308: Diagramma a blocchi <strong>di</strong> un fonometro e un moderno modello commerciale<br />

Si osservi come il segnale originario resta immutato nella banda <strong>di</strong> ottava a 1000 Hz mentre<br />

viene attenuato sia alle basse che alle alte frequenze. I valori in dB <strong>di</strong>fferiscono <strong>di</strong> circa 5 dB.<br />

Ricordando che l‟azione dei filtri <strong>di</strong> pesatura è quella <strong>di</strong> simulare il comportamento dell‟orecchio<br />

umano si conclude che l‟effetto <strong>di</strong> captazione e trasmissione sonora da parte dell‟orecchio comporta<br />

un‟attenuazione non trascurabile del segnale originario. L‟orecchio è, a tutti gli effetti, un filtro passa<br />

banda con attenuazione pronunciata verso le frequenze <strong>di</strong> taglio.<br />

Tabella 65: Attenuazioni dei filtri <strong>di</strong> pesatura A


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

379<br />

Figura 309: Spettro a banda <strong>di</strong> ottava del segnale non filtrato e <strong>di</strong> quello filtrato<br />

9.2.6 LIVELLO EQUIVALENTE (LEQ)<br />

Il livello equivalente, per il suo significato fisico, viene quasi universalmente utilizzato come<br />

riferimento nelle varie normative in materia <strong>di</strong> inquinamento acustico ambientale.<br />

Tale parametro, essendo associato all‟energia sonora <strong>di</strong> un fenomeno acustico, viene influenzato<br />

dai livelli sonori a maggior contenuto energetico ovvero dai livelli <strong>di</strong> picco; per questo motivo risulta<br />

un buon descrittore del rumore, così come il DPCM 1/3/91 lo ha definito.<br />

L‟andamento storico del L eq orario offre delle informazioni interessanti, come per esempio la<br />

possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere se le sorgenti che lo hanno causato sono naturali o artificiali.<br />

Figura 310: Andamento del LPS, Leq, L picco non pesato.<br />

Il Livello equivalente è definito dalla relazione:


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

380<br />

<br />

<br />

ove:<br />

T = tempo <strong>di</strong> osservazione<br />

Leq<br />

p t = pressione sonora istantanea ponderata A<br />

p 0 = pressione sonora <strong>di</strong> riferimento<br />

A<br />

2<br />

1 T pA( t)<br />

0 2<br />

T p0<br />

10log dt [221]<br />

Nella Figura 310 si ha l‟andamento temporale del livello <strong>di</strong> pressione sonora (in dB) e del livello<br />

equivalente (calcolato per un intervallo <strong>di</strong> 1 s e riportato sullo stesso <strong>di</strong>agramma del LPS): si può<br />

osservare come i picchi non siano più visibili nella sequenza temporale <strong>di</strong> Leq ma solo i valori me<strong>di</strong>.<br />

9.2.7 LOCALIZZAZIONE ACUSTICA<br />

L‟ascolto del suono dalle due orecchie non serve solamente ad avere un effetto stereofonico del<br />

suono ma anche (e forse soprattutto) alla sua localizzazione spaziale.<br />

Va precisato, inoltre, che i due lobi del cervello non lavora allo stesso modo ma quello <strong>di</strong> sinistra<br />

è specializzato nell‟elaborazione <strong>di</strong> suoni complessi (ad es empio consonanti) mentre quello <strong>di</strong> destra<br />

elabora i suoni più semplici (ad esempio le vocali). I<br />

Figura 311: Localizzazione della sorgente sonora<br />

Il nostro cervello elabora i segnali che arrivano dalle due orecchie e dal loro sfasamento<br />

temporale determina la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> provenienza con buona precisione.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

381<br />

Qualora il suono provenga frontalmente vengono utilizzati anche i segnali che provengono dalle<br />

vibrazioni corporee (ad esempio della testa o delle cartilagini dell‟orecchio) per determinare la<br />

posizione verticale della sorgente.<br />

Questa capacità <strong>di</strong> localizzazione acustica è oggi molto utilizzata negli effetti surround dei sistemi<br />

<strong>di</strong> riproduzione sonora.<br />

In questo caso si fa variare <strong>di</strong> poco la fase dei segnali provenienti dalle casse acustiche in modo<br />

da ottenere una sensazione equivalente allo spostamento della sorgente attorno al capo.<br />

Gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> psicoacustica hanno portato a meglio comprendere l‟interpretazione sonora da parte<br />

del nostro cervello e a creare <strong>di</strong>spositivi artificiali (protesi acustiche) con prestazioni sempre più vicine<br />

a quelle dell‟orecchio. E‟ recente la notizia dell‟applicazione <strong>di</strong> protesi elettroniche che, sostituendo<br />

l‟orecchio, hanno consentito ai soggetti non udenti <strong>di</strong> sentire.<br />

Si osservi, ancora, che il cervello si sincronizza con l‟onda acustica che per prima raggiunge<br />

l‟orecchio, cioè con l‟onda <strong>di</strong>retta. Le onde successive a questa sono considerate <strong>di</strong> rinforzo se il loro<br />

ritardo non è superiore a 200 ms. Oltre tale limite il cervello considera i suoni separati e ciò giustifica<br />

la formazione dell‟eco.<br />

Oltre all‟azione <strong>di</strong> rinforzo sopra citata, il ritardo temporale fra la prima onda e le successive<br />

gioca un ruolo fondamentale nella psicoacustica del suono. Si è mostrato, infatti, che le onde aventi un<br />

ritardo <strong>di</strong> 15÷25 ms (corrispondenti a riflessioni da superfici <strong>di</strong>stanti entro 6÷8 m dall‟ascoltatore e che<br />

sono dette onde <strong>di</strong> riflessione laterale vicine) oltre a rafforzare l‟onda primaria contribuiscono a creare una<br />

sensazione <strong>di</strong> spazialità (orizzontale o verticale a seconda del piano <strong>di</strong> provenienza) e quin<strong>di</strong> provocano<br />

una sensazione <strong>di</strong> allargamento della scena. Il suono sembra avvolgere l‟ascoltatore che ne trae anche una<br />

sensazione <strong>di</strong> benessere acustico, <strong>di</strong> piacere dell‟ascolto.<br />

E‟ per questo motivo che l‟ascolto della musica dal vivo è ben <strong>di</strong>verso da quello <strong>di</strong> una<br />

registrazione, per quanto fedele, fatta in cuffia: si perdono tutte le informazioni <strong>di</strong> spazialità (ve<strong>di</strong><br />

capitolo sull‟Acustica delle Sale) che fanno parte del suono originario.<br />

Le riflessioni successive ai primi 25 ms sono onde <strong>di</strong> riverbero che, pur fornendo un<br />

rafforzamento del suono iniziale, non rivestono l‟importanza fondamentale delle riflessioni vicine.<br />

9.2.8 SPECIALIZZAZIONE DELL’UDITO<br />

Recenti stu<strong>di</strong> hanno mostrato una specializzazione dell'u<strong>di</strong>to nel senso che i suoni complessi<br />

vengono sintetizzati nella parte destra del cervello mentre quelli più semplici dalla parte sinistra.<br />

Ciò significa, visti i collegamenti incrociati, che l'orecchio sinistro é specializzato nell'ascolto <strong>di</strong><br />

suoni ad alto contenuto informativo (ad esempio le consonanti) mentre l'orecchio destro é<br />

specializzato nei suoni semplici (ad esempio le vocali). L'ascolto complessivo del suono é in pratica<br />

proporzionale alla correlazione mutua dei segnali captati dalle due orecchie.<br />

Se si effettuata l'autocorrelazione <strong>di</strong> un segnale secondo la relazione:<br />

1 T<br />

( ) lim <br />

T<br />

( ) ( )<br />

2T<br />

p t p t dt<br />

<br />

<br />

<br />

T <br />

L‟autocorrelazione <strong>di</strong> un segnale al tempo iniziale è pari alla potenza del segnale.<br />

Y. Ando ha stu<strong>di</strong>ato l‟andamento della funzione <strong>di</strong> autocorrelazione per alcuni segnali musicali e<br />

per la voce umana (lettura <strong>di</strong> una poesia da parte <strong>di</strong> una donna), ve<strong>di</strong> Tabella 66.<br />

I segnali sono in<strong>di</strong>cati in or<strong>di</strong>ne a partire dalla lettera A fino alla lettera K. Il parlato è in<strong>di</strong>cato<br />

separatamente.<br />

Procedendo dalla lettera A verso la K si hanno segnali (brani musicali) via via più ricchi <strong>di</strong> note e<br />

più rapi<strong>di</strong>. Si passa, infatti, da un pavane <strong>di</strong> Gibbons (una sviolinata settecentesca) al IV movimento<br />

della sinfonia K-V 551 Jupiter <strong>di</strong> Mozart (criticata alla presentazione come musica eccessivamente<br />

ricca <strong>di</strong> note). Gli andamenti delle funzioni <strong>di</strong> autocorrelazione sono riportati nella Figura 312.


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382<br />

Tabella 66: Brani musicali analizzati da Y. Ando<br />

Figura 312: Tempi <strong>di</strong> autocorrelazione dei brani <strong>di</strong> Y. Ando


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

383<br />

Le funzione <strong>di</strong> autocorrelazione per alcuni tipi <strong>di</strong> brani musicali e per una lettura <strong>di</strong> una poesia<br />

sono riportate in figura. Il tempo <strong>di</strong> autocorrelazione é quello necessario a far ridurre il valore della<br />

funzione <strong>di</strong> autocorrelazione all'1% del valore massimo. Un tempo <strong>di</strong> correlazione basso in<strong>di</strong>ca la<br />

necessità <strong>di</strong> una maggiore rapi<strong>di</strong>tà nella comprensione del segnale. Il parlato ha tempi <strong>di</strong><br />

autocorrelazione più bassi rispetto ai brani musicali e per questi i brani più rapi<strong>di</strong> hanno tempi<br />

più ridotti dei brani lenti.<br />

Il brano a) (pavane del settecento) ha un tempo <strong>di</strong> autocorrelazione <strong>di</strong> circa 100 ms, il brano b)<br />

(brano sinfonico lento) circa 50 ms, il brano d) (tratto dalla Jupiter <strong>di</strong> Mozart) ancora 50 ms mentre la<br />

lettura della poesia, brano e), presenta un t=15 ms.<br />

I brani F e G della Tabella 66 sono musiche <strong>di</strong> T. Okamoto e sono riportati a fianco sia lo<br />

spartito che l‟andamento delle funzioni <strong>di</strong> autocorrelazione.<br />

Y. Ando ha poi definito la funzione <strong>di</strong> correlazione incrociata fra orecchio sinistro e destro,<br />

detta IACC, che risulta molto importante per la definizione della qualità acustica <strong>di</strong> una sala.<br />

Figura 313: Brani F e G <strong>di</strong> Y. Ando e loro funzioni <strong>di</strong> autocorrelazione


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384<br />

9.3 TRASMISSIONE DEL SUONO<br />

La trasmissione del suono è determinata da tre effetti fondamentali: l‟assorbimento, la<br />

riflessione e la trasmissione attraverso il mezzo. Si tralascia qui la <strong>di</strong>ffrazione generata allorquando le<br />

<strong>di</strong>mensioni fisiche del corpo sono multiple o sottomultiple della lunghezza d‟onda incidente.<br />

9.3.1 ASSORBIMENTO, RIFLESSIONE, RIVERBERAZIONE, DIFFRAZIONE E RIFRAZIONE<br />

Fino ad ora abbiamo parlato del suono utilizzando tre elementi fondamentali per la sua<br />

propagazione: il trasmettitore, il mezzo e il ricevitore. Ora però proviamo a vedere cosa succede se nel<br />

proprio cammino l‟onda sonora incontra un ostacolo qualsiasi.<br />

Pren<strong>di</strong>amo una parete che separi il mezzo <strong>di</strong> trasmissione in due ambienti (Figura 314),<br />

l‟energia sonora costituente il suono colpendo la parete si <strong>di</strong>stribuisce in modo tale che una prima<br />

frazione <strong>di</strong> energia viene riflessa e rinviata al primo ambiente, un‟altra frazione penetra nella parete e<br />

per particolari proprietà elastiche della parete stessa può essere restituita al primo ambiente, una terza<br />

parte si trasmette all‟interno della parete con una velocità <strong>di</strong>pendente dal materiale stesso e viene<br />

trasformata in energia termica, una quarta parte attraversa la parete e passa al secondo ambiente<br />

seguendo la via <strong>di</strong> piccole o gran<strong>di</strong> cavità presenti nel materiale oltre che per vibrazione della parete<br />

stessa.<br />

Il bilancio energetico dell‟energia sonora incidente su <strong>di</strong> una parete ci permette <strong>di</strong> capire quali<br />

fenomeni interagiscono nella propagazione del suono attraverso un ostacolo.<br />

Assorbimento<br />

Figura 314: Bilancio <strong>di</strong> energia sonora<br />

Come abbiamo detto precedentemente una parte <strong>di</strong> energia sonora penetra all‟interno<br />

dell‟ostacolo e viene <strong>di</strong>ssipata trasformandosi in calore. La percentuale <strong>di</strong> energia assorbita dalla parete<br />

si chiama fattore <strong>di</strong> assorbimento. Il fattore assorbimento <strong>di</strong> un materiale <strong>di</strong>pende dalla natura del<br />

materiale stesso, dalla frequenza del suono incidente e dell‟angolo <strong>di</strong> incidenza con cui le onde sonore<br />

colpiscono l‟ostacolo, ve<strong>di</strong> Figura 315. Un materiale poroso e flessibile è più assorbente <strong>di</strong> un<br />

materiale rigido e compatto, la porosità permette all‟onda sonora <strong>di</strong> produrre delle oscillazioni <strong>di</strong><br />

pressione all‟interno dei pori cosicché il movimento dell‟aria presente in essi provoca attrito e quin<strong>di</strong><br />

una <strong>di</strong>ssipazione <strong>di</strong> energia sotto forma <strong>di</strong> calore. Solitamente questo meccanismo permette<br />

l‟assorbimento delle alte frequenze, mentre quelle più basse, mettendo in vibrazione il materiale stesso<br />

provocano la <strong>di</strong>ssipazione per calore dell‟energia prodotta per vibrazione.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

385<br />

Figura 315: Andamento <strong>di</strong> alcuni fattori <strong>di</strong> assorbimento per materiali da costruzione.<br />

Riflessione<br />

Considerando una superficie riflettente <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni rispetto all‟onda sonora, la<br />

riflessione del suono segue le stesse leggi fisiche della riflessione della luce.<br />

Figura 316: Riflessione <strong>di</strong> un’onda sonora<br />

Così gli angoli formati dall‟onda sonora incidente con l‟onda sonora riflessa e la normale alla<br />

superficie sono uguali.<br />

Trasmissione e Potere Fonoisolante<br />

La frazione <strong>di</strong> energia trasmessa dalla parete è data dal fattore <strong>di</strong> trasmissione. Spesso, però, si<br />

utilizza una grandezza ad esso correlata detta Potere Fonoisolante (R) e che è definita come:<br />

1<br />

R 10Log [222]<br />

t<br />

Di questa grandezza si parlerà a proposito dei requisiti acustici degli e<strong>di</strong>fici..<br />

Se in<strong>di</strong>chiamo con L1 ed L2, ve<strong>di</strong> Figura 317, i livelli nell'ambiente dove é presente la sorgente e<br />

nell'ambiente contiguo, con S la superficie del tramezzo <strong>di</strong>visorio, allora si può scrivere, a regime<br />

stazionario, il seguente bilancio energetico:<br />

1<br />

n<br />

I St a S [223]<br />

11 <br />

i<br />

i


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386<br />

cioè che la potenza trasmessa dall‟ambiente 1 contenente la sorgente sonora (I 1 St) sia pari alla<br />

potenza sonora assorbita dalle pareti presenti nell‟ambiente 2. Applicando la definizione [222] e<br />

ricordando la definizione <strong>di</strong> livello <strong>di</strong> intensità sonora si ottiene la relazione:<br />

S<br />

R= L1L2<br />

10Log<br />

[224]<br />

aS<br />

<br />

i<br />

i<br />

Figura 317: valutazione del potere fonoisolante <strong>di</strong> un <strong>di</strong>visorio<br />

Nelle tabelle seguenti sono riportati i valori del potere fonoisolante per alcuni materiali <strong>di</strong> uso<br />

comune. Osservando i dati relativi ai vari materiali si può tracciare un andamento tipico del potere<br />

fonoisolante dato nella Figura 318.<br />

Figura 318: Andamento del potere fonoisolante<br />

Alla basse frequenze si hanno fenomeni <strong>di</strong>ssipativi dovute alle frequenze proprie dei materiali e<br />

pertanto in questa zona si utilizzano nelle applicazioni. Nella zona centrale si ha un andamento lineare<br />

e il potere fonoisolante cresce linearmente con il logaritmo della frequenza (legge <strong>di</strong> massa):<br />

R 18Log f 42.5<br />

[225]<br />

<br />

<br />

ove è la densità superficiale del materiale ed f la frequenza considerata. In Letteratura si hanno<br />

<strong>di</strong>verse relazioni che tengono conto <strong>di</strong> alcune peculiarità quali l‟angolo <strong>di</strong> incidenza delle onde<br />

acustiche, il campo acustico (sferico o piano).<br />

Si rimanda ai Manuali specializzati per altri riferimenti ed approfon<strong>di</strong>menti. Si osservi che in<br />

base alla [225] ad un raddoppio della frequenza corrisponde un incremento <strong>di</strong>:


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

387<br />

18* Log 2<br />

5.4<br />

del potere fonoisolante. Spesso si arrotonda questo incremento in 6 dB. Ne segue che se si<br />

conosce il potere fonoisolante alla frequenza <strong>di</strong> 1000 Hz allora si ottiene il valore a 500 Hz sottraendo<br />

6 dB e quello a 2000 Hz aggiungendo 6 dB al valore iniziale.<br />

Quest‟osservazione risulta utile nelle applicazioni pratiche quando si progetta un isolamento<br />

acustico me<strong>di</strong>ante una parete isolante.<br />

A frequenze elevate, in corrispondenza <strong>di</strong> una frequenza critica per ciascun materiale, si manifesta<br />

una riduzione marcata del potere fonoisolante dovuto ad effettivi <strong>di</strong> coincidenza.<br />

In tabella sono riportate le masse superficiali e le prime frequenze critiche <strong>di</strong> alcuni materiali.<br />

La legge <strong>di</strong> massa teorica trova riscontro nella realtà solo a tratti, come in<strong>di</strong>cato nella figura<br />

seguente. I materiali hanno frequenze <strong>di</strong> risonanza a varie frequenze.<br />

Tabella 67: Frequenze critiche per alcuni materiali<br />

Figura 319: Frequenze critiche <strong>di</strong> alcuni materiali<br />

Assorbimento del suono alle basse frequenze<br />

Alle basse frequenze il potere fonoisolante dei vari materiali è basso o ad<strong>di</strong>rittura oscillante. Per<br />

isolarci dalle basse frequenze dobbiamo allora utilizzare altri effetti fisici <strong>di</strong>versi dal potere


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

388<br />

fonoisolante anzidetto. In genere si tratta <strong>di</strong> fenomeni <strong>di</strong> risonanza dovuta a piccole cavità (risuonatori<br />

<strong>di</strong> Helmoltz) o <strong>di</strong> lastre piane che generano vibrazioni <strong>di</strong> massima ampiezza <strong>di</strong> carattere <strong>di</strong>ssipativo.<br />

Tabella 68: Potere fonoisolante <strong>di</strong> alcuni materiali<br />

Tabella 69: Potere fonoisolante <strong>di</strong> alcuni materiali


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

389<br />

Tabella 70: : Potere fonoisolante <strong>di</strong> alcuni materiali<br />

Il risuonatore <strong>di</strong> Helmoltz<br />

Tabella 71: Potere fonoisolante <strong>di</strong> alcuni materiali<br />

Una cavità può comportarsi come un risonatore <strong>di</strong> Helmoltz con frequenza <strong>di</strong> risonanza data<br />

dalla relazione:<br />

f 55<br />

ris<br />

S<br />

lV <br />

in Hz, con:<br />

S area della sezione del collo, m²<br />

[226]


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390<br />

l lunghezza del collo, m<br />

V <strong>volume</strong> dell‟aria contenuta nel <strong>volume</strong>, m³.<br />

Figura 320: cavità risonante<br />

Scegliendo opportunamente i parametri geometrici si può avere una curva <strong>di</strong> assorbimento a<br />

basse frequenze. Un utilizzo delle cavità risonanti si ha con materiali e<strong>di</strong>lizi usuali, come in<strong>di</strong>cato nella<br />

seguente figura.<br />

Figura 321: Materiale da costruzione utilizzato come cavità risonante


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

391<br />

Le membrane assorbenti<br />

Figura 322: Tipologie <strong>di</strong> cavità risonanti <strong>di</strong> utilizzo comune<br />

Alle basse frequenze si possono utilizzare lastre <strong>di</strong> compensato o masonite opportunamente<br />

fissate alle pareti le quali presentano una frequenza <strong>di</strong> risonanza data da:<br />

f ris<br />

1<br />

60 , in Hz<br />

l<br />

[227]<br />

con:<br />

= 2 s massa superficiale del pannello, kg/m²<br />

l<br />

profon<strong>di</strong>tà dell‟intercape<strong>di</strong>ne d‟aria.<br />

Dimensionando opportunamente le membrane e scegliendo bene i materiali (<strong>di</strong> solito il legno)<br />

si può avere un picco <strong>di</strong> assorbimento alle basse frequenze, come illustrato nella figura seguente.<br />

Figura 323: Assorbimento <strong>di</strong> una membrana<br />

Nelle applicazioni pratiche le membrane sono realizzate con materiali gradevoli da vedere e<br />

che al tempo stesso forniscono l‟assorbimento desiderato, come illustrato nella figura seguente.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

392<br />

Diffrazione<br />

Figura 324: Esempio <strong>di</strong> membrana assorbente realizzata con pannelli in legno<br />

La <strong>di</strong>ffrazione è quel fenomeno che permette al suono <strong>di</strong> aggirare gli ostacoli e propagarsi anche<br />

al <strong>di</strong> fuori della visuale geometrica ed è del tutto analogo a quello che si verifica per le onde luminose.<br />

Consideriamo per esempio una sorgente che emette onde sonore piane posta ad una certa<br />

<strong>di</strong>stanza da una parete nella quale è stato praticato un foro: al <strong>di</strong> là della parete troveremo suono anche<br />

fuori dello spazio conico determinato dalla sorgente e dal contorno del foro.<br />

In pratica succede che i punti interni al foro <strong>di</strong>ventano sorgenti virtuali <strong>di</strong> onde sferiche.<br />

Se il foro fosse più grande, l‟onda piana, una volta attraversato il foro, tenderebbe a restare tale<br />

ad esclusione <strong>di</strong> una leggera curvatura alle sue estremità. La <strong>di</strong>ffrazione risulta maggiore se le<br />

<strong>di</strong>mensioni del foro sono piccole rispetto alla lunghezza d‟onda.<br />

Figura 325: Diffrazione del suono da parte <strong>di</strong> un ostacolo<br />

Il fenomeno della <strong>di</strong>ffrazione serve a spiegare le zone d‟ombra acustica: se un‟onda sonora<br />

incontra un ostacolo una parte del suo fronte si infrange contro l‟ostacolo mentre la parte che ne<br />

sfiora i contorni subisce una deviazione dalla linea <strong>di</strong> propagazione rettilinea (ve<strong>di</strong> figura) secondo le<br />

leggi della <strong>di</strong>ffrazione. Se le <strong>di</strong>mensioni dell‟ostacolo sono gran<strong>di</strong> rispetto alla lunghezza d‟onda si crea,<br />

al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> esso, una zona d’ombra piuttosto estesa; viceversa, quando la lunghezza d‟onda del suono è<br />

confrontabile con la <strong>di</strong>mensione dell‟ostacolo, la zona d‟ombra risulta quasi inesistente.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

393<br />

Barriere acustiche<br />

Durante la propagazione in ambiente esterno, le onde sonore incontrano sul loro cammino<br />

ostacoli <strong>di</strong> ogni tipo: filari <strong>di</strong> alberi, abitazioni, colline naturali o artificiali, recinzioni ecc.<br />

Tutti questi elementi, se sono composti <strong>di</strong> materiali “impermeabili” al rumore, si comportano<br />

come barriere che si frappongono tra la sorgente e il ricevitore ed attenuano il livello sonoro ricevuto.<br />

Naturalmente esistono notevoli <strong>di</strong>fferenze nella loro capacità <strong>di</strong> schermare le onde sonore a<br />

seconda dei materiali <strong>di</strong> cui sono composte, della loro posizione e forma.<br />

L‟attenuazione per un barriera rigida e rettilinea che si trova tra il ricevitore e la sorgente è data<br />

dalla formula:<br />

2<br />

N<br />

( A) barriera<br />

5 20log dB [228]<br />

tgh 2<br />

N<br />

dove N è il numero <strong>di</strong> Fresnel esprimibile come<br />

2 N ( A B) ( R D)<br />

[229]<br />

<br />

è la lunghezza d‟onda.<br />

Con riferimento alla Figura 326, (A + B) e (R + D) sono rispettivamente la <strong>di</strong>stanza più breve al<br />

<strong>di</strong> sopra della barriera e quella più breve in linea retta tra sorgente e ricevitore.<br />

Figura 326: Schema <strong>di</strong> barriera<br />

Come si vede dalla formula al variare <strong>di</strong> N varia l‟attenuazione della barriera: per 0.2 N 0<br />

il numero <strong>di</strong> Fresnel va espresso in valore assoluto e la tangente iperbolica <strong>di</strong>venta trigonometrica.<br />

Per N < - 0.2 l‟attenuazione della barriera è nulla.<br />

L‟efficacia della barriera varia in misura <strong>di</strong>retta a N; più grande è il numero <strong>di</strong> Fresnel maggiore<br />

risulta l‟attenuazione anche se questo avviene soprattutto alle alte frequenze.<br />

Alcuni accorgimenti per aumentare l‟efficacia della barriera possono essere il rivestimento della<br />

barriera dalla parte rivolta verso la sorgente e il rivestimento della sommità per attenuare la<br />

trasmissione per <strong>di</strong>ffrazione.<br />

La rifrazione<br />

Un‟onda sonora che attraversa due mezzi <strong>di</strong> densità <strong>di</strong>fferente subisce una deviazione della<br />

traiettoria <strong>di</strong> propagazione (ve<strong>di</strong> figura) denominata rifrazione.<br />

Questo fenomeno spiega perché un suono viene u<strong>di</strong>to più facilmente <strong>di</strong> notte che <strong>di</strong> giorno:<br />

durante la giornata gli strati dell‟atmosfera vicini al suolo sono più cal<strong>di</strong> e, dato che la velocità del<br />

suono cresce con la temperatura dell‟aria, per rifrazione le onde sonore si allontanano dal suolo; <strong>di</strong><br />

notte invece la situazione è opposta e le onde rifratte verso terra vanno ad aumentare l‟intensità del<br />

suono percepito:<br />

seni<br />

v1<br />

n 1,2<br />

sen r<br />

v<br />

[230]<br />

2<br />

n 1,2 = in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> rifrazione<br />

v 1 = velocità del suono nel mezzo <strong>di</strong> trasmissione 1<br />

v 2 = velocità del suono nel mezzo <strong>di</strong> trasmissione 2


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

394<br />

Figura 327: Andamento dell’attenuazione in funzione del numero <strong>di</strong> Fresnel<br />

Fattore <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezionalità<br />

Figura 328: Rifrazione <strong>di</strong> un’onda sonora.<br />

Si definisce Fattore <strong>di</strong> Direzionalità <strong>di</strong> una sorgente sonora il rapporto fra l'intensità sonora misurata<br />

ad una certa <strong>di</strong>stanza e in una certa <strong>di</strong>rezione e il valore che essa avrebbe, a parità <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza e <strong>di</strong><br />

potenza emessa, nel caso in cui questa si comportasse come omini<strong>di</strong>rezionale.<br />

Il fattore <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezionalità è dato dal rapporto:<br />

Figura 329: Definizione del fattore <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezionalità


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

395<br />

2<br />

p<br />

I<br />

c<br />

Q [231]<br />

I W<br />

0<br />

2<br />

4<br />

d<br />

ove:<br />

p è il valore efficace della pressione, Pa<br />

I intensità acustica nella <strong>di</strong>rezione , W/m²,<br />

I 0 intensità acustica <strong>di</strong> una sorgente omni<strong>di</strong>rezionale (sferica) <strong>di</strong> pari potenza, W/m²,<br />

d <strong>di</strong>stanza dalla sorgente, m.<br />

W potenza della sorgente, W<br />

c resistenza acustica dell‟aria, Rayl.<br />

Quanto definito ci consente <strong>di</strong> fare alcune importanti osservazioni:<br />

Se si <strong>di</strong>spone <strong>di</strong> una sorgente sonora puntiforme omni<strong>di</strong>rezionale davanti ad una parete piana<br />

allora la sua <strong>di</strong>rettività <strong>di</strong>venta pari a 2 (si ha il rinforzo delle onde riflesse dalla parete che si<br />

somma alle onde <strong>di</strong>rette della sorgente) e il livello <strong>di</strong> potenza sonora cresce <strong>di</strong> 3 dB.<br />

Se si <strong>di</strong>spone la stessa sorgente in corrispondenza <strong>di</strong> un <strong>di</strong>edro formato da due pareti piane si ha<br />

una <strong>di</strong>rettività pari a 4 e il livello <strong>di</strong> potenza sonora cresce <strong>di</strong> 6 dB.<br />

Se si <strong>di</strong>spone la stessa sorgente in corrispondenza <strong>di</strong> un angolo formato da tre pareti piane si ha<br />

una <strong>di</strong>rettività pari a 8 e il livello <strong>di</strong> potenza sonora cresce <strong>di</strong> 9 dB.<br />

Di queste facili osservazioni si deve tenere conto nel posizionare le sorgenti in un ambiente <strong>di</strong><br />

lavoro. Disporle in vicinanza delle pareti significa incrementare la loro rumorosità <strong>di</strong> almeno 3 dB.<br />

Meglio è <strong>di</strong>sporle all‟interno della sala. Se invece è proprio l‟effetto <strong>di</strong> amplificazione che si<br />

desidera ottenere allora è bene cercare uno spigolo in modo da ottenere 9 dB <strong>di</strong> amplificazione<br />

gratuita.<br />

E‟ proprio ciò che si fa nelle <strong>di</strong>scoteche ponendo le casse in alto in corrispondenza degli spigoli<br />

della sala.<br />

9.3.2 RIVERBERAZIONE ACUSTICA<br />

Se poniamo alcuni ascoltatori in una stanza con una sorgente emittente le onde sonore riflesse<br />

dalla pareti arrivano alle loro orecchie in successione così rapida che questi non riescono a percepire le<br />

onde sonore come ripetizioni <strong>di</strong>stinte del suono originale, mentre saranno in grado <strong>di</strong> sentire il<br />

prolungamento del suono dopo che si è spenta la sorgente fino a che questa non sarà più u<strong>di</strong>bile.<br />

Il prolungamento del suono u<strong>di</strong>to si chiama riverberazione ed è quel fenomeno per cui si ha la<br />

persistenza <strong>di</strong> un suono all‟interno <strong>di</strong> uno spazio chiuso dovuta alle riflessioni o deviazioni dell‟onda<br />

sonora contro le pareti, dopo che la sorgente ha terminato <strong>di</strong> trasmettere.<br />

Figura 330: Propagazione <strong>di</strong> un’onda sonora all’interno <strong>di</strong> una stanza<br />

In Figura 331 si ha la rappresentazione dei percorsi <strong>di</strong> 200 raggi acustici all‟interno <strong>di</strong> un ambiente<br />

chiuso. E‟ facile vedere, pur con l‟esiguo numero <strong>di</strong> raggi considerato, quanto sia complesso seguire i


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

396<br />

singoli percorsi e come, seppure come induzione visiva, l‟addensarsi dei raggi sonori porti ad avere<br />

una densità acustica pressoché uniforme in tutto il <strong>volume</strong> dell‟ambiente.<br />

Figura 331: Schematizzazione <strong>di</strong> 200 raggi sonori riflessi in un ambiente chiuso<br />

In pratica la riverberazione acustica porta il suono ovunque all‟interno degli ambienti chiusi e<br />

ciò in<strong>di</strong>pendentemente dalla posizione relativa fra sorgente ed ascoltatore. Il campo acustico non è più<br />

geometricamente definito (ad esempio sferico, per sorgente puntiforme) bensì somma <strong>di</strong> innumerevoli<br />

riflessioni, come si può intuire anche dall‟esame della Figura 330. Nella Figura 332 si ha la<br />

rappresentazione schematica delle onde riflesse in funziona del tempo.<br />

In pratica si ha in ascissa il tempo trascorso dal suono <strong>di</strong>retto e in or<strong>di</strong>nate il livello<br />

corrispondente alla generica onda riflessa che arriva all‟ascoltatore in una data posizione.<br />

Proprio questa complessità del fenomeno è stata il freno principale all‟evoluzione dell‟Acustica<br />

delle Sale, come detto nell‟Introduzione. W.C. Sabine ad inizio del secolo stu<strong>di</strong>ò la riverberazione<br />

acustica e pervenne ad una relazione sperimentale che porta il suo nome e che ancora oggi rappresenta<br />

uno dei parametri più significativi per definire l‟acustica <strong>di</strong> una sala:<br />

0.161 V<br />

T60<br />

[232]<br />

aS<br />

i i<br />

ove T 60 è il tempo <strong>di</strong> riverberazione definito come il tempo (in secon<strong>di</strong>) necessario a che l’intensità<br />

sonora scenda ad un milionesimo del valore iniziale, ovvero che scenda <strong>di</strong> 60 dB.<br />

Si ha:<br />

a i : fattore <strong>di</strong> Sabine (detto anche apertura equivalente) del materiale, cioè dalla somma del fattore<br />

<strong>di</strong> trasmissione e del fattore <strong>di</strong> assorbimento;<br />

V : <strong>volume</strong> della sala (m³);<br />

S i : superficie della parete o dell‟oggetto interno alla sala (m²).<br />

Si definisce un fattore <strong>di</strong> assorbimento me<strong>di</strong>o come me<strong>di</strong>a degli assorbimenti delle pareti ed<br />

oggetti pesata secondo le superfici:


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

397<br />

a<br />

aS<br />

i i<br />

m<br />

Si<br />

[233]<br />

La relazione <strong>di</strong> Sabine vale quando la sala é <strong>di</strong> forma regolare, il <strong>volume</strong> é inferiore a 20.000<br />

mc. Il fattore <strong>di</strong> assorbimento me<strong>di</strong>o deve essere inferiore a 0,4.<br />

Figura 332: Ecogramma in una sala chiusa<br />

Per una sala <strong>di</strong> forma regolare con una <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> densità acustica uniforme e con<br />

assorbimento me<strong>di</strong>o dei materiali non elevato (ipotesi <strong>di</strong> Sabine) si può osservare una curva <strong>di</strong><br />

deca<strong>di</strong>mento del tipo <strong>di</strong> quella rappresentata in Figura 333.<br />

Il primo tratto viene ignorato perché fortemente influenzato da variazioni statistiche casuali. Il<br />

tempo <strong>di</strong> riverberazione é dato dall'intervallo in ascissa per cui si ottiene un abbassamento <strong>di</strong> 60 dB<br />

del livello sonoro.<br />

Figura 333: Deca<strong>di</strong>mento sonoro all’interno <strong>di</strong> una sala<br />

Oggi il controllo della riverberazione acustica (e <strong>di</strong> numerosi altri fenomeni che in questa sede si<br />

trascurano per brevità) porta a progettare, con l‟ausilio <strong>di</strong> opportuni software acustici, in piena libertà,<br />

ve<strong>di</strong> la Figura 334, le nuove sale musicali.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

398<br />

Figura 334: Il Teatro Roy Thompson Hall, Toronto<br />

Esse rappresentano un esempio mirabile dell‟ingegno umano e sono certamente fra le opere <strong>di</strong><br />

architettura e <strong>di</strong> ingegneria più complesse. Oggi siamo perfettamente in grado <strong>di</strong> progettare le sale<br />

tenendo conto <strong>di</strong> tutti i numerosi parametri funzionali che debbono essere rispettati oltre quelli<br />

acustici.<br />

9.3.3 ATTENUAZIONE DEI SUONI NELL’AMBIENTE INTERNO<br />

Si consideri un ambiente confinato ed una sorgente sonora <strong>di</strong> potenza W (Watt), quale può essere,<br />

ad esempio, la potenza emessa da una macchina all‟interno <strong>di</strong> uno stabilimento. Il livello sonoro in un<br />

punto <strong>di</strong>stante d dalla sorgente e posto all'interno dell‟ambiente chiuso é dato dalla somma del livello<br />

dovuto al campo <strong>di</strong>retto e quello del campo <strong>di</strong>ffuso (riverberato). Il primo <strong>di</strong>pende dall‟inverso del<br />

quadrato della <strong>di</strong>stanza mentre il secondo si può <strong>di</strong>mostrare che è in<strong>di</strong>pendente dalla <strong>di</strong>stanza e<br />

funzione solamente dall‟assorbimento delle pareti del locale. In definitiva si ha la relazione:<br />

Q 4 <br />

Lp<br />

Lw<br />

10<br />

Log <br />

2 <br />

[234]<br />

4d R<br />

con :<br />

in Watt, e:<br />

ove è:<br />

W<br />

Lw 10 Log<br />

[235]<br />

12<br />

10<br />

S i<br />

a<br />

[236]<br />

i<br />

R= 1 a<br />

a<br />

m<br />

aS<br />

i i<br />

m<br />

Si<br />

[237]


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

399<br />

che dalla relazione <strong>di</strong> Sabine [232] può anche scriversi:<br />

0,161V<br />

am<br />

<br />

ST<br />

Pertanto i termini:<br />

e:<br />

60<br />

Q <br />

Lp,d Lw<br />

10Log<br />

2 <br />

4d<br />

<br />

4 <br />

<br />

<br />

Lpr<br />

,<br />

10Log R<br />

[238]<br />

[240]<br />

[239]<br />

sono, rispettivamente, i contributi del campo <strong>di</strong>retto e del campo riverberato al livello totale.<br />

Una rappresentazione grafica della precedente relazione è riportata nella Figura 335.<br />

Osservando la figura si può <strong>di</strong>re che, per data sala e quin<strong>di</strong> per dato assorbimento delle pareti<br />

R, ad una <strong>di</strong>stanza d dalla sorgente si può essere nella zona del campo <strong>di</strong>retto (ove L varia con d) e<br />

pertanto per ridurre tale livello è opportuno coibentare la sorgente con l‟uso <strong>di</strong> cuffie afoniche.<br />

Se invece si è nella zona ad andamento costante, detta zona riverberata, occorre anche agire<br />

sull‟ambiente per ridurre il livello sonoro, ad esempio coibentando le pareti o usando banderuole appese<br />

al soffitto in modo da ridurre i cammini riflessivi delle onde sonore. Queste osservazioni sono<br />

importanti allorquando si deve progettare un sistema <strong>di</strong> protezione dal rumore all‟interno <strong>di</strong> uno<br />

stabilimento o <strong>di</strong> un cantiere al chiuso. La scelta delle operazioni da effettuare <strong>di</strong>pende dalla zona da<br />

proteggere. Se si è in campo <strong>di</strong>retto occorre intervenire sulle macchine, altrimenti si deve intervenire<br />

accrescendo l‟assorbimento della sala me<strong>di</strong>ante l‟applicazione <strong>di</strong> materiale fonoassorbente alle pareti<br />

(se possibile) o al soffitto.<br />

Figura 335: Andamento del livello interno in una sala per effetto del livello <strong>di</strong>retto e riverberato.<br />

Nella Figura 336 si ha il caso <strong>di</strong> una protezione in campo <strong>di</strong>retto me<strong>di</strong>ante l‟applicazione <strong>di</strong> una<br />

cuffia afonica alla macchina operatrice. Nelle figure successive si hanno rappresentazioni tipiche <strong>di</strong><br />

alcune cuffie afoniche per macchine operatrici in varie esecuzioni per consentire l‟accesso alla<br />

macchina e/o l‟introduzione dei materiali.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

400<br />

Figura 336: Esempio <strong>di</strong> applicazione <strong>di</strong> cuffia afonica<br />

Figura 337Tipologia <strong>di</strong> cuffia afonica per macchina operatrice<br />

Attenuazione delle vibrazioni per ridurre la rumorosita’ aerea<br />

Spesso la miglior <strong>di</strong>fesa dal rumore è la riduzione della trasmissione delle vibrazioni che le<br />

macchine o gli <strong>impianti</strong> generano per il loro funzionamento.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

401<br />

Queste vibrazioni vengono trasmesse elasticamente dalle strutture (<strong>di</strong> solito in cemento armato)<br />

che poi le reirra<strong>di</strong>ano negli ambienti.<br />

I suoni così generati sono detti air born sound e sono caratterizzati da una marcata<br />

indeterminazione nella provenienza. Nascono nell‟aria, appunto, e quasi sempre sono <strong>di</strong> bassa<br />

frequenza.<br />

Per ridurre le vibrazioni trasmesse si possono applicare agli appoggi opportuni isolatori elastici o<br />

a molla, come in<strong>di</strong>cato in figura seguente.<br />

Figura 338: Cuffie afoniche per macchine con flussi <strong>di</strong> materiali entranti e/o uscenti


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

402<br />

Figura 339: Esempi <strong>di</strong> isolatori per la riduzione delle vibrazioni<br />

Per grossi e pesanti macchinari è sempre opportuno effettuare un progetto <strong>di</strong> basamento<br />

isolante in modo da evitare sia la trasmissione delle vibrazioni che l‟insorgere <strong>di</strong> pericolosi danni alle<br />

strutture nel caso <strong>di</strong> vibrazioni <strong>di</strong> grande intensità. Una tecnica che può risultare utile nella pratica è<br />

quella del pavimento galleggiante. Si tratta <strong>di</strong> un‟esecuzione della posa in opera del pavimento tramite una<br />

membrana isolante ed elastica che assorbe e attenua le vibrazioni indotte dal calpestio.<br />

Figura 340: Esempio <strong>di</strong> pavimento galleggiante


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

403<br />

9.4 METODOLOGIE DI CALCOLO DELLA RUMOROSITÀ DEGLI IMPIANTI<br />

Già nei capitoli precedenti si sono in<strong>di</strong>cate le relazioni necessarie per il calcolo dei livelli sonori<br />

prodotti dagli <strong>impianti</strong>. Seguono nel prosieguo alcune applicazioni tipiche.<br />

9.4.1 RUMORE PRODOTTO IN AMBIENTE ESTERNO<br />

All‟esterno il livello nel punto P <strong>di</strong>stante r dalla sorgente avente potenza W è data dalla<br />

relazione (che si ripete per como<strong>di</strong>tà):<br />

Q<br />

LP LW 10Log L 20 20 11<br />

2 W<br />

LogQ Logr [241]<br />

4r<br />

ove Q è l‟in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezionalità già descritto. La relazione si applica per ciascuna banda <strong>di</strong> ottava<br />

(o terzi <strong>di</strong> ottava) fornendo così lo spettro del rumore prodotto alla <strong>di</strong>stanza r.<br />

Il livello così determinato andrà confrontato con i livelli limite in<strong>di</strong>cati dalle norme per gli<br />

ambienti esterni. Ad esempio, se un gruppo frigorifero ha il seguente spettro <strong>di</strong> potenza:<br />

Frequenza Livello Potenza<br />

Hz<br />

dB<br />

63 74<br />

125 80<br />

250 86<br />

500 92<br />

1000 89<br />

2000 85<br />

4000 79<br />

L‟applicazione della [241] porta ai seguenti risultati, assumendo un fattore <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezionalità pari<br />

a 2 per effetto della parete posteriore al refrigeratore:<br />

Banda <strong>di</strong> Ottava L W 10LogQ 10Log(4r²) L P<br />

Hz dB dB dB dB<br />

63 74 3 32.6 44.4<br />

125 80 3 32.6 50.4<br />

250 86 3 32.6 56.4<br />

500 86 3 32.6 62.4<br />

1000 89 3 32.6 59.4<br />

2000 85 3 32.6 55.4<br />

4000 79 3 32.6 49.4<br />

Si osserva che l‟applicazione della [241] richiede la conoscenza dello spettro <strong>di</strong> potenza sonora<br />

emessa dalla sorgente. Tuttavia proprio questo dato è spesso <strong>di</strong>fficile da reperire perché i costruttori <strong>di</strong><br />

apparecchi per <strong>impianti</strong> <strong>termotecnici</strong> sono poco propensi a fornirli.<br />

I dati più frequentemente <strong>di</strong>sponibili sono relativi ai livelli <strong>di</strong> pressione sonora ad 1 m <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stanza dalla sorgente sonora, come esemplificato in Figura 341 e in Figura 342.<br />

In Figura 343 si ha la rappresentazione della mappa acustica <strong>di</strong> emissione relativa ad un<br />

refrigeratore d‟acqua: dall‟esame dei livelli <strong>di</strong> potenza (in questo caso dato anche dai colori dei livelli) è<br />

possibile subito in<strong>di</strong>viduare le parti che più emettono potenza (in questo caso i compressori<br />

frigoriferi).


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

404<br />

Figura 341: Esempio <strong>di</strong> dati acustici <strong>di</strong>sponibili per modelli <strong>di</strong> refrigeratori d’acqua<br />

Figura 342: Esempio <strong>di</strong> dati <strong>di</strong> LPS per una CTA<br />

Tuttavia questi dati non sono sufficienti per avere i livelli sonori reali in un punto P avente<br />

<strong>di</strong>stanza r dalla sorgente. Infatti la [241] ci <strong>di</strong>ce che, oltre allo spettro <strong>di</strong> potenza, occorre conoscere il<br />

fattore <strong>di</strong> razionalità Q. Ebbene la conoscenza del LPS a 1 m <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza non consente <strong>di</strong> conoscere il<br />

LPS ad una <strong>di</strong>stanza r dalla sorgente se non nel particolarissimo <strong>di</strong> Q=1 in campo aperto e sorgente<br />

puntiforme isotropa. Si ricor<strong>di</strong>, infatti, che la potenza sonora è in<strong>di</strong>pendente dall‟ambiente <strong>di</strong><br />

trasmissione del suono ma essendo caratteristica solo della sorgente acustica.<br />

Il LPS, per contro, tiene contro della trasmissione sonora e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> tutte le interazioni che le<br />

onde acustiche hanno con l‟ambiente nel quale si trasmettono. Nel caso <strong>di</strong> trasmissione in ambiente<br />

chiuso, ad esempio, vale quanto detto nel prosieguo (ve<strong>di</strong> §9.4.3) e pertanto occorre conoscere, oltre<br />

Q e lo spettro <strong>di</strong> potenza, anche la risposta acustica della sala (parametro R). In definitiva non basta<br />

conoscere il LPS ad 1 m per avere il LPS in qualunque punto attorno alla sorgente. In Figura 344 si<br />

hanno le misure <strong>di</strong> LPS attorno ad un refrigeratore d‟acqua ed è possibile osservare come i valori del<br />

livello <strong>di</strong> pressione vari fortemente a seconda del punto <strong>di</strong> misura (ve<strong>di</strong> anche Figura 343).


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

405<br />

Figura 343: Mappa acustica per un refrigeratore d’acqua<br />

Figura 344: Distribuzione del LPS attorno ad un refrigeratore d’acqua


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

406<br />

Purtroppo la misura della potenza sonora e <strong>di</strong> L W non è facile e richiede una procedura<br />

complessa e costosa. Si giustifica così la mancanza <strong>di</strong> dati acustici effettivamente utili come L W .<br />

Il calcolo della potenza acustica viene effettuato applicando la procedura <strong>di</strong> calcolo della ISO<br />

3744 che prevede la misura della pressione acustica nei punti intorno alla macchina e la misura del<br />

tempo <strong>di</strong> riverberazione dell‟ambiente in cui essa si trova. Combinando opportunamente i dati (ve<strong>di</strong><br />

nel prosieguo) si calcola la potenza sonora della macchina.<br />

Figura 345: Schema dei punti <strong>di</strong> rilievo per il calcolo dei livelli <strong>di</strong> potenza sonora<br />

E‟ anche possibile dare una rappresentazione spaziale della irra<strong>di</strong>azione <strong>di</strong> potenza acustica <strong>di</strong><br />

una macchina. In figura si hanno alcune rappresentazioni per un caso concreto.<br />

Figura 346: Rappresentazione spaziale della irra<strong>di</strong>azione <strong>di</strong> potenza acustica


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

407<br />

9.4.2 VALUTAZIONE DEL RUMORE MEDIANTE LE CURVE NR E NC<br />

Noto lo spettro <strong>di</strong> potenza è possibile calcolare anche l‟in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> valutazione del rumore<br />

secondo le curve NR o le NC. In questo modo è possibile anche conoscere, fissata la curva NR o NC<br />

limite (ad esempio la NR=40 dB o NC=40 dB), la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> inserzione <strong>di</strong>namica del <strong>di</strong>spositivo da<br />

installare sulla macchina (silenziatore, attenuatore, …).<br />

Per l‟esempio del refrigeratore d‟acqua visto poc‟anzi si rileva, dalla curva NR=40 dB, assunta<br />

come curva limite, la seguente <strong>di</strong>stribuzione massima per bande <strong>di</strong> ottava:<br />

Banda <strong>di</strong> ottava Livello sonoro<br />

Hz<br />

dB<br />

63 67<br />

125 57<br />

250 49<br />

500 49<br />

1000 40<br />

2000 37<br />

4000 35<br />

Pertanto l‟attenuazione richiesta, facendo la <strong>di</strong>fferenza (se positiva) fra i valori generati dal<br />

refrigeratore e quelli della curva NR40 si ha l‟attenuazione richiesta, assumendo un coefficiente <strong>di</strong><br />

sicurezza <strong>di</strong> 3 dB:<br />

Banda <strong>di</strong> ottava L P -NR 40 +3<br />

Hz<br />

dB<br />

63 -<br />

125 -<br />

250 10.4<br />

500 21.4<br />

1000 23.4<br />

2000 21.4<br />

4000 17.4<br />

Oltre alle curve NR si possono utilizzare le NC i cui livelli sono riportati nella seguente tabella:<br />

VALORI NC (NOISE CRITERIA)<br />

Hz 125 250 500 1.000 2.000 4.000 8.000<br />

NC70 79 75 72 71 70 69 68<br />

NC65 75 71 68 66 64 63 62<br />

NC60 71 67 63 61 59 58 57<br />

NC55 67 62 58 56 54 53 52<br />

NC50 64 58 54 51 49 48 47<br />

NC45 60 54 49 46 44 43 42<br />

NC40 57 50 45 41 39 38 37<br />

NC35 52 45 40 36 34 33 32<br />

NC30 48 41 35 31 29 28 27<br />

NC25 44 37 31 27 24 22 21<br />

NC20 40 33 26 22 19 17 16<br />

NC15 36 29 22 17 14 12 11<br />

Tabella 72: Valori dei livelli NC


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

408<br />

Figura 347: Esempio <strong>di</strong> tracciamento dello spettro <strong>di</strong> un rumore sulle curve NR<br />

9.4.3 VALUTAZIONE DEL RUMORE ALL’INTERNO DI AMBIENTI CHIUSI<br />

All‟interno <strong>di</strong> ambienti chiusi, come già detto nel paragrafo precedente, oltre all‟onda <strong>di</strong>retta si<br />

aggiunge anche l‟effetto del riverbero della sala e pertanto la relazione <strong>di</strong>viene:<br />

Q 4 <br />

Lp,d Lw<br />

10Log 10Log<br />

2 [242]<br />

4d R<br />

con R attenuazione acustica della sala:<br />

S R=<br />

i<br />

a<br />

e<br />

1<br />

a<br />

a<br />

<br />

<br />

<br />

a S<br />

i i i<br />

m<br />

m<br />

Si<br />

Spesso la [242] è <strong>di</strong>agrammata come in<strong>di</strong>cato in Figura 348.<br />

[243]<br />

Figura 348: LPS in un punto P interno ad un ambiente chiuso


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

409<br />

Come si può osservare dalla [242] per conoscere il livello <strong>di</strong> pressione sonora in un punto P in<br />

ambiente chiuso occorre conoscere il tempo <strong>di</strong> riverberazione dell‟ambiente ed il fattore R, oltre al<br />

solito fattore <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezionalità Q.<br />

Le precedenti relazioni possono essere semplificate per ambienti regolari, arredati normalmente<br />

(abitazioni civili) e con una sola sorgente attiva, nella relazione:<br />

L L 5LogV 3Logf 10Logd<br />

12 [244]<br />

P<br />

W<br />

Applichiamo la precedente relazione al caso <strong>di</strong> una bocchetta <strong>di</strong> immissione dell‟aria che abbia<br />

uno spettro <strong>di</strong> emissione dato dalla tabella seguente:<br />

Banda <strong>di</strong> ottava Livello sonoro<br />

Hz<br />

dB<br />

63 74.1<br />

125 66<br />

250 56.9<br />

500 57.4<br />

1000 41.1<br />

2000 45.7<br />

4000 45.2<br />

Effettuando i calcoli si ottiene il seguente spettro ad una <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 3 m:<br />

Banda <strong>di</strong> ottava L P ( a 3 m)<br />

Hz<br />

dB<br />

63 65<br />

125 56<br />

250 46<br />

500 45.6<br />

1000 28.4<br />

2000 32.1<br />

4000 30.7<br />

Nel caso siano presenti più sorgenti sonore occorre sommare i contributi energetici delle singole<br />

sorgenti e poi applicare la [244].<br />

9.4.4 CALCOLO DEL LIVELLO SONORO EMESSO DA UN VENTILATORE<br />

I livelli <strong>di</strong> potenza sonora, L W , sono <strong>di</strong> solito forniti dal costruttore per bande <strong>di</strong> ottava per le<br />

frequenze comprese fra 64 e 4000 Hz. In mancanza <strong>di</strong> dati si può utilizzare, in modo approssimato<br />

seppure utile, la relazione:<br />

10 m p<br />

LW kW Log 20Log k<br />

kP<br />

[245]<br />

m p<br />

0 0<br />

ove:<br />

L W è il livello sonoro del ventilatore, dB;<br />

k W è il livello specifico <strong>di</strong> potenza (espresso in dB) valutato per una portata m 0 <strong>di</strong><br />

riferimento pari ad 1 m³/s ed una pressione statica <strong>di</strong> riferimento p 0 <strong>di</strong> 1 kPa;<br />

m portata d‟aria effettiva, m³/s;<br />

p pressione statica del ventilatore, kPa;<br />

k coefficiente <strong>di</strong> correzione funzione dell‟efficienza del ventilatore, dB;<br />

k P coefficiente <strong>di</strong> correzione per la sola banda <strong>di</strong> passaggio della pala, dB.<br />

I valori dei coefficienti k , k P , k W sono dati nelle seguenti tabelle.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

410<br />

Ventilatore<br />

Diametro<br />

Bande <strong>di</strong> ottava (Hz), k W<br />

k P<br />

girante<br />

63 125 250 500 1000 2000 4000 dB<br />

Centrifugo pale in avanti Tutti 95 91 87 84 82 80 76 2<br />

Centrifugo pale in<strong>di</strong>etro o profilo >0.9 m 80 80 79 77 76 71 63 3<br />

alare<br />

1 m 87 84 86 87 85 82 80 6<br />

< 1 m 85 87 91 91 91 89 76 6<br />

Ra<strong>di</strong>ale incubato senza alette > 1 m 89 87 91 89 87 85 82 7<br />

< 1 m 88 89 95 94 92 91 85 7<br />

Elicoidale Tutti 96 99 106 104 103 100 94 5<br />

Tabella 73: Livelli <strong>di</strong> sonora specifici per vari tipi <strong>di</strong> ventilatori<br />

Ren<strong>di</strong>mento k <br />

50÷55 15<br />

55÷65 12<br />

65÷75 9<br />

75÷85 6<br />

85÷95 3<br />

95÷100 0<br />

Tabella 74: Coefficienti <strong>di</strong> correzione per il ren<strong>di</strong>mento dei ventilatori<br />

Applichiamo il metodo ad un ventilatore centrifugo con pale in avanti funzionante, nel suo<br />

punto <strong>di</strong> lavoro, con ren<strong>di</strong>mento =0.80, portata m = 24 m³/s e con una prevalenza p = 0.25 kPa.<br />

Applicando la [245] si ottengono i seguenti livelli:<br />

Bande <strong>di</strong> ottava (Hz) L W (dB)<br />

63 93<br />

125 89<br />

250 85<br />

500 87<br />

1000 80<br />

2000 78<br />

4000 74<br />

Tabella 75: Livelli <strong>di</strong> rumorosità del ventilatore<br />

Per il rumore prodotto dal ventilatore dal lato premente (così come per il lato aspirante) una<br />

correzione <strong>di</strong> 3 dB:<br />

'<br />

L L 3 dB<br />

W<br />

W<br />

9.4.5 ATTENUAZIONE SONORA IN CANALI METALLICI COIBENTATI<br />

Per il calcolo dell‟attenuazione sonora in canali metallici coibentati si utilizza l‟abaco <strong>di</strong> Figura<br />

349. Il parametro Y è la lunghezza del canale, in metri, P/S, (1/m), è il rapporto fra il perimetro del<br />

canale e l‟area della sezione.<br />

L‟attenuazione sonora per canali non coibentati o nei pezzi speciali (curve, gomiti, raccor<strong>di</strong>, …)<br />

sono riportati nei manuali specializzati.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

411<br />

Canali <strong>di</strong>ritti<br />

Figura 349: Attenuazione acustica in canali rettangolari coibentati<br />

Nella propagazione attraverso la rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione dell‟aria il rumore si attenua in modo<br />

naturale per effetto della <strong>di</strong>ssipazione energetica dovuta alla vibrazione delle pareti dei condotti non<br />

perfettamente rigide.<br />

L‟azione della pressione sonora fluttuante nei canali mette in vibrazione le pareti trasformando<br />

l‟energia acustica in energia meccanica che viene in parte irra<strong>di</strong>ata all‟esterno del condotto come<br />

rumore ed in parte assorbita dallo smorzamento interno.<br />

In Figura 349 è possibile osservare il bilancio energetico <strong>di</strong> una parete <strong>di</strong> condotto con<br />

riferimento all‟energia sonora immessa nel canale dal ventilatore.<br />

Un‟analisi accurata del problema richiede la sud<strong>di</strong>visione dello stesso in tre fasi:<br />

stima della potenza sonora totale immessa dal ventilatore nel sistema (dato in genere reperibile<br />

dal costruttore);<br />

calcolo dell‟attenuazione totale dell‟energia immessa per effetto delle varie parti che<br />

compongono l‟impianto aeraulico (tratti rettilinei, curve, derivazioni ecc);<br />

stima della quantità <strong>di</strong> energia irra<strong>di</strong>ata dal terminale nell‟ambiente ventilato (con riferimento alla<br />

bocchetta più prossima al ventilatore a fini cautelativi).<br />

E‟ comunque chiaro che dovunque vada l‟energia assistiamo ad una riduzione del livello <strong>di</strong><br />

potenza sonora originario lungo il condotto <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione dell‟aria.<br />

Essendo, inoltre, il processo <strong>di</strong>ssipativo continuo è preferibile esprimere l‟entità della per<strong>di</strong>ta<br />

energetica per metro <strong>di</strong> condotto attraversato pervenendo così alle tabelle <strong>di</strong> seguito riportate dove in<br />

relazione alla forma del condotto, alla presenza <strong>di</strong> tratti curvi, derivazioni e terminali sono illustrati i<br />

valori <strong>di</strong> attenuazione dell‟energia sonora alle <strong>di</strong>fferenti frequenze.<br />

Figura 350: Schema <strong>di</strong> trasmissione del rumore in un canale


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

412<br />

Tabella 76: Attenuazione acustica in canali rettilinei rigi<strong>di</strong><br />

E‟ importante sottolineare che alle basse frequenze i condotti a sezione rettangolare attenuano<br />

maggiormente <strong>di</strong> quelli a sezione circolare; ciò è legato al fatto che a tali frequenze l‟attenuazione è<br />

inversamente proporzionale alla rigidezza che è relativamente maggiore nel caso <strong>di</strong> condotti a sezione<br />

circolare. Alle alte frequenze i valori <strong>di</strong> attenuazione sono comparabili in quanto la trasmissione del<br />

rumore attraverso i <strong>di</strong>visori <strong>di</strong>pende invece dalla massa per unità <strong>di</strong> superficie del <strong>di</strong>visorio: a parità <strong>di</strong><br />

materiale, la <strong>di</strong>spersione del rumore è la stessa. Per canali rigi<strong>di</strong> rettilinei si può utilizzare la Tabella 76<br />

per calcolare l‟attenuazione acustica.<br />

Gomiti<br />

Nei gomiti, più che dallo smorzamento o assorbimento interno, l‟attenuazione del rumore è<br />

prevalentemente legata alla riflessione in <strong>di</strong>rezione della sorgente. In funzione <strong>di</strong> ciò è logico pensare<br />

che l‟attenuazione maggiore la si ha con una curva a 90°. Vi sono poi dei picchi <strong>di</strong> attenuazione alle<br />

frequenze cui la lunghezza d‟onda è il doppio della larghezza del condotto.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

413<br />

In generale è possibile affermare che l‟attenuazione prodotta da una curva è <strong>di</strong>rettamente<br />

proporzionale alla resistenza aero<strong>di</strong>namica offerta. Per i gomiti si può utilizzare la Tabella 77 per<br />

calcolare l‟attenuazione acustica.<br />

Diramazioni<br />

Tabella 77: Attenuazione acustica dei raccor<strong>di</strong> a gomito<br />

In corrispondenza delle derivazioni l‟attenuazione acustica è legata essenzialmente alla<br />

ripartizione della potenza sonora complessiva nei condotti secondari.<br />

A tale proposito è possibile, senza commettere grossi errori, assumere che l‟energia proveniente<br />

dal condotto principale si <strong>di</strong>stribuisca nei condotti secondari nella stessa misura in cui lo fa la portata.<br />

Per il calcolo dell‟attenuazione si può utilizzare il <strong>di</strong>agramma <strong>di</strong> Figura 351.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

414<br />

Terminali <strong>di</strong> condotto<br />

Figura 351; Attenuazione acustica nelle <strong>di</strong>ramazioni<br />

In Figura 352 sono riportati i valori <strong>di</strong> attenuazione dell‟energia, per riflessione, alla bocca<br />

terminale <strong>di</strong> un condotto, con riferimento alla superficie “lorda” delle bocchette o dei <strong>di</strong>ffusori<br />

trascurando feritoie e deflettori che in genere non danno un contributo sensibile in termini <strong>di</strong><br />

riflessioni (salvo a frequenze molto elevate con lunghezze paragonabili alle loro <strong>di</strong>mensioni).<br />

Per terminali <strong>di</strong>fferenti da quelli convenzionali (bocchette e <strong>di</strong>ffusori) occorre richiedere ai<br />

costruttori i valori <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta per inserzione in sostituzione <strong>di</strong> quelli riportati nel grafico <strong>di</strong> Figura 352.<br />

Plenum<br />

Figura 352: Attenuazione acustica nei terminali <strong>di</strong> condotto<br />

Come è possibile osservare dalla figura 11, un plenum consiste in una grande cavità rivestita <strong>di</strong><br />

materiali fonoassorbenti dotata almeno <strong>di</strong> un ingresso ed una uscita.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

415<br />

Figura 353: Geometria <strong>di</strong> un plenum<br />

L‟energia acustica che entra in tale cavità viene in parte assorbita dalle pareti, in parte riflessa ed<br />

in parte inviata verso l‟uscita in misura proporzionale all‟area della sezione <strong>di</strong> scarico ed inversamente<br />

proporzionale alla <strong>di</strong>stanza fra i centri delle due bocche.<br />

L‟attenuazione prodotta dal plenum, posto in genere all‟uscita del ventilatore, è valutabile<br />

attraverso la relazione:<br />

cos<br />

1<br />

<br />

Lw<br />

10<br />

Log10 S2 <br />

2 <br />

2d<br />

ST<br />

<br />

dove<br />

S 2 è l‟area della sezione <strong>di</strong> uscita del plenum;<br />

S T è l‟area della sezione totale interna del plenum, comprese le sezioni <strong>di</strong> ingresso e <strong>di</strong><br />

uscita);<br />

è il coefficiente me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> assorbimento all‟interno del plenum.<br />

Si tratta ovviamente <strong>di</strong> relazioni teoriche che hanno i loro limiti visto che a rigore occorrerebbe<br />

computare l‟ulteriore riduzione dovuta alle riflessioni alla sezione d‟ingresso al plenum.<br />

L‟approssimazione introdotta dalla relazione è buona alle alte frequenze mentre alle basse<br />

frequenze, quando la lunghezza d‟onda è più vicina o supera le <strong>di</strong>mensioni della camera, l‟attenuazione<br />

calcolata sottostima <strong>di</strong> 5 - 10 dB il valore reale ottenibile.<br />

E‟ ovvio che potendo esserci nell‟impianto altri elementi (filtri, cassette <strong>di</strong> miscelazione, ecc..) in<br />

grado <strong>di</strong> attenuare ulteriormente il livello <strong>di</strong> rumore trasmesso attraverso le condotte occorrerà<br />

rivolgersi ai vari costruttori per stimare i valori <strong>di</strong> attenuazione previsti alle specifiche con<strong>di</strong>zioni<br />

operative.<br />

Corretta esecuzione della posa in opera dei canali<br />

Per ridurre in modo significativo la rumorosità del flusso dell‟aria nei canali è opportuno<br />

prevedere alcuni accorgimenti costruttivi tendenti ad eliminare, o quanto meno attenuare, i moti<br />

turbolenti dell‟aria in occasione <strong>di</strong> attraversamenti <strong>di</strong> restringimenti, congiunzioni e/o derivazioni.<br />

In genere è opportuno evitare cambiamenti bruschi <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione a favore <strong>di</strong> raccor<strong>di</strong> a grande<br />

raggio <strong>di</strong> curvatura.<br />

Inoltre, là dove necessario (ve<strong>di</strong> Figura 354), è consigliabile inserire alette guida nei gomiti e/o<br />

nelle derivazioni in modo da far mantenere paralleli i filetti flui<strong>di</strong> ed evitare la turbolenza.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

416<br />

Figura 354: Riduzione della rumorosità nelle T e <strong>di</strong>ramazioni<br />

9.5 ATTENUAZIONE DEL RUMORE NEI CONDOTTI<br />

Quando un fluido si sposta all‟interno <strong>di</strong> condotti il rumore generato si trasmette sia attraverso<br />

le pareti <strong>di</strong> questo che attraverso lo stesso fluido. Pertanto per attenuare il rumore occorre utilizzare<br />

materiali assorbenti posti all‟interno degli stessi condotti che possono avere comportamento:<br />

Attivo: nel senso che riflettono parzialmente verso le pareti dello stesso condotto l‟energia<br />

sonora su <strong>di</strong> essi incidente;<br />

Dissipativo: trasformano in calore (<strong>di</strong>ssipano) l‟energia sonora incidente.<br />

Con riferimento alla Figura 355 si può <strong>di</strong>re che l‟energia entrante nella sezione AB è somma <strong>di</strong><br />

quella assorbita nel tratto dx e <strong>di</strong> quella uscente dalla sezione CD e pertanto deve valere la relazione:<br />

IA IPadx I dI A<br />

[246]<br />

<br />

<br />

ove I è l‟intensità acustica incidente, W/m², e dI è la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> intensità nel tratto dx, P il<br />

perimetro, A l‟area della sezione ed a il fattore <strong>di</strong> assorbimento del materiale <strong>di</strong> rivestimento del<br />

condotto. Dopo le opportune semplificazioni si ha:<br />

AdI PdxIa<br />

da cui si ricava:<br />

dI P dx a<br />

<br />

I A


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

417<br />

che integrata per la lunghezza l del condotto fornisce:<br />

<br />

2<br />

ln I <br />

<br />

Pl a <br />

I1<br />

A<br />

Passando dai logaritmi naturali a quelli decimali la precedente relazione <strong>di</strong>viene:<br />

1 1<br />

ln10 Log I ln<br />

I <br />

Pl a<br />

I I A<br />

2 2<br />

e per la definizione <strong>di</strong> potere fonoisolante si ha:<br />

1 I1<br />

10 Pl a a Pl<br />

R 10Log 10Log<br />

<br />

t I 2.3 A 0.23 A<br />

2<br />

Figura 355: Attenuazione del suono nei condotti<br />

Ponendo k =a/0.23 si può scrivere la legge generale dell‟attenuazione sonora:<br />

Pl<br />

R k [247]<br />

A<br />

Se il fattore <strong>di</strong> assorbimento è misurato in camera riverberante (onde casuali) allora Knudsen<br />

suggerisce <strong>di</strong> porre:<br />

1.4<br />

a<br />

k [248]<br />

0.08<br />

che risulta leggermente maggiore <strong>di</strong> quello teorico a/0.23 ma cresce più lentamente con a, come<br />

confermato sperimentalmente.<br />

Posizionamento dei silenziatori<br />

I silenziatori debbono essere correttamente posizionati per evitare che il rumore si trasmetta nei<br />

locali attraversati dai canali, come illustrato in Figura 356, e cioè all‟interno della centrale termica.<br />

Inoltre il silenziatore deve essere posto il più vicino possibile alla sorgente <strong>di</strong> rumore, cioè al<br />

ventilatore, per intercettare subito le onde acustiche che da questa si originano.<br />

Inoltre è opportuno inserire un giunto antivibrante (un soffietto in tela) in modo da<br />

interrompere la trasmissione delle vibrazioni lungo i canali <strong>di</strong> mandata.<br />

Il corretto inserimento <strong>di</strong> un silenziatore è illustrato nella seguente Figura 357.


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

418<br />

Figura 356: Corretto posizionamento dei silenziatori


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

419<br />

Figura 357: Punto <strong>di</strong> inserimento del silenziatore


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

420<br />

INDICE GENERALE<br />

1. DIMENSIONAMENTO DELLE RETI PER L’ACQUA E L’ARIA .................................. 1<br />

1.1 CARATTERISTICHE TERMOFLUIDODINAMICHE ...................................................................... 1<br />

1.1.1 CARATTERISTICHE ELASTO -TERMOMETRICHE......................................................................... 1<br />

1.1.2 CARATTERISTICHE FLUIDODINAMICHE .................................................................................... 1<br />

1.2 REGIMI DI MOTO ....................................................................................................................... 3<br />

1.2.1 STRATI LIMITI DINAMICI .......................................................................................................... 4<br />

1.3 LEGGI FONDAMENTALI DELLA FLUIDODINAMICA .................................................................. 5<br />

1.3.1 EQUAZIONE DELL‟ENERGIA PER I SISTEMI APERTI STAZIONARI ............................................... 5<br />

1.3.2 EQUAZIONE DI BERNOULLI PER I SISTEMI APERTI STAZIONARI ................................................ 6<br />

1.4 LE PERDITE DI PRESSIONE PER ATTRITO................................................................................. 8<br />

1.4.1 PERDITE PER ATTRITO DISTRIBUITO ........................................................................................ 8<br />

1.4.2 PERDITE PER ATTRITO CONCENTRATO .................................................................................. 11<br />

1.4.3 TEOREMA DI BORDA – CARNOT ............................................................................................ 13<br />

1.4.4 DIAMETRO EQUIVALENTE AI FINI DELLA PORTATA ............................................................... 13<br />

1.4.5 DIAMETRO EQUIVALENTE AI FINI DELLA PERDITA DI PRESSIONE .......................................... 14<br />

1.5 DIMENSIONAMENTO DELLE RETI DI CONDOTTI .................................................................. 14<br />

1.5.1 COLLEGAMENTO IN SERIE DEI CONDOTTI ............................................................................. 15<br />

1.5.2 COLLEGAMENTO IN PARALLELO DEI CONDOTTI .................................................................... 18<br />

1.5.3 DIAMETRI NOMINALI DELLE TUBAZIONI ............................................................................... 20<br />

1.6 DISPOSITIVI PER LA CIRCOLAZIONE DEI FLUIDI .................................................................... 20<br />

1.6.1 LE POMPE DI CIRCOLAZIONE ................................................................................................. 21<br />

1.6.2 LE SOFFIANTI ........................................................................................................................ 28<br />

Ventilatori centrifughi con pale in avanti ........................................................................ 29<br />

Ventilatori centrifughi con pale rovesce .......................................................................... 30<br />

Ventilatori assiali ............................................................................................................ 31<br />

1.6.3 COLLEGAMENTI DI POMPE IN PARALLELO E IN SERIE ............................................................ 32<br />

1.7 DIMENSIONAMENTO DEI CIRCUITI APERTI .......................................................................... 34<br />

1.8 TIPOLOGIA DI CIRCUITI CHIUSI .............................................................................................. 39<br />

1.9 DIMENSIONAMENTO DEI CIRCUITI CHIUSI ........................................................................... 40<br />

1.10 DIMENSIONAMENTO DI RETI PER ACQUA ............................................................................ 40<br />

Metodo del ramo Principale ........................................................................................... 42<br />

Criterio a velocità costante ............................................................................................. 42<br />

Metodo a per<strong>di</strong>ta specifica <strong>di</strong> pressione costante ............................................................ 45<br />

I collettori complanari .................................................................................................... 46<br />

1.11 COMPONENTI DI UNA RETE DI DISTRIBUZIONE AD ACQUA ................................................ 52<br />

1.11.1 COLPI DI ARIETE NELLE RETI DI DISTRIBUZIONE ................................................................ 52<br />

1.11.2 REGOLAZIONE DI PORTATA NELLE RETI AD ACQUA............................................................. 55<br />

Circuiti senza valvola <strong>di</strong> regolazione ............................................................................... 55<br />

Circuiti con valvola <strong>di</strong> regolazione .................................................................................. 55<br />

Bilanciamento con valvole <strong>di</strong> taratura ............................................................................. 56<br />

Bilanciamento con valvole Autoflow .............................................................................. 56<br />

Effetti della regolazione sui terminali .............................................................................. 57<br />

Separatori idraulici .......................................................................................................... 58


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

421<br />

Uso del separatore idraulico per azzerare le interferenze fra i circuiti .............................. 61<br />

Aspetti da considerare quando si usa un separatore idraulico .......................................... 62<br />

1.11.3 IL DISPOSITIVO AUTOFLOW ................................................................................................. 64<br />

Flusso sotto il campo <strong>di</strong> lavoro ....................................................................................... 65<br />

Flusso entro il campo <strong>di</strong> lavoro ...................................................................................... 65<br />

Flusso fuori dal campo <strong>di</strong> lavoro .................................................................................... 66<br />

Applicazione dell‟autoflow nei circuiti ............................................................................ 66<br />

1.11.4 RIDUTTORI DI PRESSIONE ................................................................................................... 69<br />

1.11.5 I DISCONNETTORI ................................................................................................................ 70<br />

1.11.6 VALVOLE DI RITEGNO......................................................................................................... 71<br />

Valvole a clapet .............................................................................................................. 71<br />

Valvole a tappo o a <strong>di</strong>sco ................................................................................................ 71<br />

Valvole a sfera ................................................................................................................ 71<br />

Valvole a fuso................................................................................................................. 71<br />

1.11.7 VINCOLI DELLE TUBAZIONI ................................................................................................. 72<br />

Punti fissi ....................................................................................................................... 72<br />

Punti fissi principali ........................................................................................................ 72<br />

Punti fissi secondari o interme<strong>di</strong> ..................................................................................... 72<br />

Guide ............................................................................................................................. 73<br />

Appoggi e sostegni ......................................................................................................... 73<br />

1.11.8 CIRCUITI INVERSI ................................................................................................................. 74<br />

1.11.9 DILATAZIONI LINEARI DELLE TUBAZIONI ............................................................................ 75<br />

Controllo delle <strong>di</strong>latazioni termiche ................................................................................ 76<br />

Compensatori naturali .................................................................................................... 76<br />

Compensatori artificiali .................................................................................................. 77<br />

Compensatori a soffietto metallico ................................................................................. 77<br />

Compensatori in gomma ................................................................................................ 77<br />

Compensatori telescopici ................................................................................................ 77<br />

Compensatori a tubo flessibile ........................................................................................ 77<br />

1.12 DIMENSIONAMENTO DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE DELL’ARIA ...................................... 79<br />

1.12.1 CLASSIFICAZIONE DELLE CONDOTTE PER L‟ARIA ................................................................. 79<br />

Metodo a velocità costante per i canali d‟aria .................................................................. 80<br />

Metodo a per<strong>di</strong>ta specifica costante per i canali d‟aria ..................................................... 81<br />

Metodo a recupero <strong>di</strong> pressione ..................................................................................... 82<br />

Esempio <strong>di</strong> calcolo <strong>di</strong> progettazione a recupero <strong>di</strong> pressione .......................................... 87<br />

1.12.2 CANALI AD ALTA VELOCITÀ ................................................................................................. 88<br />

1.12.3 ISOLAMENTO DEI CANALI D‟ARIA ........................................................................................ 89<br />

1.13 USO DI PROGRAMMI DI CALCOLO ......................................................................................... 89<br />

1.13.1 PROGRAMMI PER RETI DI DISTRIBUZIONE DELL‟ACQUA CALDO E/O FREDDA ...................... 90<br />

Reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione in acciaio ........................................................................................ 90<br />

Reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione in Rame ......................................................................................... 90<br />

Relazione <strong>di</strong> Hazen Williams .......................................................................................... 91<br />

Verifiche <strong>di</strong> funzionalità ................................................................................................. 91<br />

1.13.2 PROGRAMMI DI CALCOLO PER LE RETI DI DISTRIBUZIONE DELL‟ARIA .................................. 94<br />

Canali per la <strong>di</strong>stribuzione dell‟aria ................................................................................. 94<br />

Verifiche <strong>di</strong> funzionalità ................................................................................................. 95<br />

1.14 FOGLIO DI CALCOLO RETI DI DISTRIBUZIONE ............................................................ 95<br />

1.15 PROGETTO DI RETI COMPLESSE DI FLUIDI .......................................................................... 95<br />

Reti ad albero ................................................................................................................. 96


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

422<br />

Reti a maglia ................................................................................................................... 96<br />

Criteri <strong>di</strong> progetto delle reti complesse ........................................................................... 96<br />

1.15.1 CAD PER LA PROGETTAZIONE DELLE RETI COMPLESSE ........................................................ 98<br />

1.15.2 PUNTO DI LAVORO DI UNA POMPA DI CIRCOLAZIONE ........................................................ 102<br />

1.15.3 PUNTO DI LAVORO DI UNA SOFFIANTE .............................................................................. 102<br />

Leggi <strong>di</strong> controllo dei ventilatori ................................................................................... 104<br />

1.15.4 SISTEMI A PORTATA D‟ARIA VARIABILE (VAV) .................................................................. 105<br />

Serranda <strong>di</strong> strozzamento sul premente ........................................................................ 105<br />

Alette <strong>di</strong>rettrici <strong>di</strong> prerotazione ..................................................................................... 106<br />

Variazione della velocità <strong>di</strong> rotazione del ventilatore ..................................................... 107<br />

Ventilatore assiale con pale a passo variabile ................................................................. 108<br />

Dimensionamento <strong>di</strong> un ventilatore per sistemi VAV ................................................... 108<br />

1.16 BILANCIAMENTO DELLE PORTATE .................................................................................... 109<br />

Metodo delle portate nominali ...................................................................................... 109<br />

1.16.1 MODALITÀ OPERATIVE DEL BILANCIAMENTO DELLE RETI ................................................. 110<br />

1.16.2 BILANCIAMENTO CON VALVOLE DI TARATURA .................................................................. 110<br />

Esempio <strong>di</strong> equilibratura delle reti ................................................................................ 114<br />

1.17 IDRONICA DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE ........................................................................ 115<br />

Inserimento <strong>di</strong> una valvola <strong>di</strong> regolazione a due vie ...................................................... 115<br />

Inserimento <strong>di</strong> una valvola a tre vie miscelatrice ........................................................... 115<br />

Inserimento <strong>di</strong> una valvola a tre vie miscelatrice con portata costante sul carico ........... 116<br />

1.18 IMPIANTI A PORTATA VARIABILE CON REFRIGERATORI D’ACQUA ..................................... 116<br />

2. ISOLAMENTO TERMICO DELLE TUBAZIONI ......................................................... 121<br />

Flui<strong>di</strong> che non cambiano <strong>di</strong> fase ................................................................................... 121<br />

Flui<strong>di</strong> che cambiano <strong>di</strong> fase .......................................................................................... 122<br />

Il fenomeno dello Stillici<strong>di</strong>o .......................................................................................... 122<br />

2.1.1 TUBI PERCORSI DA FLUIDI QUASI SATURI .............................................................................. 125<br />

Tubazione percorsa da vapore saturo ........................................................................... 125<br />

Tubazione percorsa da liquido saturo ........................................................................... 126<br />

Tubazione percorsa da vapore inizialmente surriscaldato .............................................. 127<br />

2.2 ISOLAMENTO DELLE TUBAZIONI AI SENSI DELLA L. 10/91 ................................................. 128<br />

3. CIRCOLAZIONE DEI FLUIDI BIFASE .......................................................................... 131<br />

3.1 TIPI DI MOTO BIFASE ............................................................................................................ 132<br />

3.2 CALCOLO DELLE PERDITE DI PRESSIONE IN REGIME BIFASE ............................................. 137<br />

3.2.1 METODO DI HANFORD ........................................................................................................ 137<br />

Osservazioni sul metodo <strong>di</strong> Hanford. ........................................................................... 139<br />

3.2.2 CONDOTTI VERTICALI E CALCOLO DELLE PERDITE GRAVIMETRICHE ................................... 139<br />

3.2.3 METODO DI FRIEDEL .......................................................................................................... 140<br />

Osservazioni sul metodo <strong>di</strong> Friedel .............................................................................. 141<br />

3.2.4 CORRELAZIONE DI MÜLLER-STEINHAGEN ED HECK .......................................................... 141<br />

Osservazione sulla Correlazione <strong>di</strong> Müller-Steinhagen ed Heck .................................... 141<br />

3.2.5 METODO DI MARTINELLI E NELSON ................................................................................... 141<br />

Osservazioni sul Metodo <strong>di</strong> Martinelli e Nelson ........................................................... 145<br />

3.2.6 METODO DI THOM .............................................................................................................. 145


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

423<br />

Osservazioni sul metodo <strong>di</strong> Thom ................................................................................ 146<br />

3.2.7 METODO DI CHENOVETH, MARTIN, LESTER ....................................................................... 148<br />

3.3 STABILITÀ DEI TUBI BOLLITORI ........................................................................................... 150<br />

3.3.1 TUBO BOLLITORE ORIZZONTALE ......................................................................................... 150<br />

3.3.2 PUNTO DI LAVORO DEL TUBO BOLLITORE ........................................................................... 151<br />

3.3.3 TUBO BOLLITORE VERTICALE .............................................................................................. 153<br />

3.3.4 CALCOLO DELLA PORTATA DI INIZIO E FINE EBOLLIZIONE ................................................. 153<br />

3.3.5 EFFETTI DELLA VARIAZIONE DI DENSITÀ NEL MOTO DEI FLUIDI IN CONDOTTI VERTICALI .. 155<br />

3.3.6 PROGETTO DEI CONDOTTI .................................................................................................. 157<br />

Cadute <strong>di</strong> pressione molto maggiori delle variazioni <strong>di</strong> densità ..................................... 158<br />

Cadute <strong>di</strong> pressione piccole rispetto alle variazioni <strong>di</strong> densità........................................ 158<br />

Caso <strong>di</strong> circolazione naturale ........................................................................................ 158<br />

4. RETI DI DISTRUZIONE DELL’ARIA COMPRESSA ................................................... 159<br />

Scaricatori <strong>di</strong> condensa ................................................................................................. 160<br />

Separatori <strong>di</strong> liquido ..................................................................................................... 160<br />

5. RETI PER LA DISTRIBUZIONE DEL VAPORE .......................................................... 162<br />

Separatori <strong>di</strong> condensa.................................................................................................. 162<br />

Tubazioni per la condensa ............................................................................................ 165<br />

Esempio <strong>di</strong> installazione <strong>di</strong> una caldaia per produzione <strong>di</strong> vapore ................................. 165<br />

Esempio <strong>di</strong> installazione <strong>di</strong> uno scambiatore <strong>di</strong> calore a vapore .................................... 165<br />

6. LA COGENERAZIONE ...................................................................................................... 168<br />

6.1 STORIA DELLA COGENERAZIONE ........................................................................................ 168<br />

6.2 EXERGIA ................................................................................................................................ 169<br />

6.3 EFFICIENZA DELL’USO DELL’ENERGIA ................................................................................ 170<br />

6.4 IL FATTORE DI QUALITÀ, FQ ............................................................................................... 172<br />

6.5 ESPRESSIONI DEI RENDIMENTI ........................................................................................... 173<br />

6.6 RISPARMIO ENERGETICO NEL RISCALDAMENTO DEGLI EDIFICI ......................................... 174<br />

6.7 SISTEMI AD ENERGIA TOTALE, SET ..................................................................................... 175<br />

6.8 CONFIGURAZIONE DEI SISTEMI ENERGETICI TOTALI (SET)............................................ 176<br />

6.9 METODI DI ANALISI PROGETTUALI PER UN SET ................................................................. 178<br />

6.9.1 ANALISI DELLE ESIGENZE DELL‟UTENZA ............................................................................ 179<br />

6.9.2 SETTORE CIVILE .................................................................................................................. 179<br />

6.9.3 SETTORE INDUSTRIALE ....................................................................................................... 179<br />

6.10 SCELTA DELLA CONFIGURAZIONE ..................................................................................... 180<br />

6.10.1 OTTIMIZZAZIONE DEGLI IMPIANTI SET ............................................................................ 180<br />

6.11 ANALISI ENERGETICA ED ECONOMICA DI UN SET .......................................................... 181<br />

6.12 ANALISI ENERGETICA DI UN SET ...................................................................................... 181<br />

Ren<strong>di</strong>mento Elettrico (o Termo<strong>di</strong>namico) N E .............................................................. 181<br />

Ren<strong>di</strong>mento Termico N T .............................................................................................. 181<br />

Ren<strong>di</strong>mento Globale N Tot ............................................................................................. 182<br />

Ren<strong>di</strong>mento Exergetico E Ex .......................................................................................... 182<br />

Ren<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione .......................................................................................... 182


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

424<br />

Risparmio <strong>di</strong> Energia Primaria, R ................................................................................. 182<br />

Costo Marginale del Calore, C MT ................................................................................... 182<br />

Costo Marginale dell‟Energia Elettrica, C ME .................................................................. 182<br />

Modalità <strong>di</strong> Confronto fra SET ed SC .......................................................................... 183<br />

6.13 ANALISI ECONOMICA DI UN SET ....................................................................................... 183<br />

Scopi dell‟analisi economica ......................................................................................... 184<br />

Metodo del Cash Flow Attualizzato .............................................................................. 184<br />

Osservazione sul metodo del Net Cash Flow ............................................................... 187<br />

6.13.1 TEMPO DI RITORNO ATTUALIZZATO DELL‟INVESTIMENTO, TAR ...................................... 187<br />

6.13.2 ANALISI DI SENSITIVITÀ .................................................................................................... 188<br />

6.13.3 INDICE ENERGETICO IEN ................................................................................................ 188<br />

6.14 I MOTORI PRIMI DEL SET ................................................................................................. 190<br />

6.14.1 MOTORI ALTERNATIVI ....................................................................................................... 190<br />

6.14.2 CICLO DIESEL ................................................................................................................... 190<br />

Ciclo Termo<strong>di</strong>namico ................................................................................................... 190<br />

6.14.3 CICLO OTTO ...................................................................................................................... 191<br />

6.14.4 COMBUSTIBILI UTILIZZATI DAI DIESEL .............................................................................. 192<br />

6.14.5 IMPATTO AMBIENTALE DI UNA LOCALIZZAZIONE DI MOTORI ALTERNATIVI ...................... 193<br />

6.14.6 COGENERAZIONE DEI MOTORI DIESEL ............................................................................. 194<br />

6.14.7 SCHEMI DI IMPIANTO ......................................................................................................... 195<br />

6.14.8 MOTORI PRIMO CON TURBINE A GAS ................................................................................ 195<br />

6.14.9 IL CICLO TERMODINAMICO ................................................................................................ 198<br />

6.14.10 IMPIANTI DI TERRA .......................................................................................................... 201<br />

6.14.11 COMBUSTIBILI UTILIZZATI DALLE TURBINE A GAS .......................................................... 201<br />

6.14.12 VALUTAZIONE DELL‟IMPATTO AMBIENTALE PER LE TURBINE A GAS ............................... 202<br />

6.14.13 LA RUMOROSITÀ DEGLI IMPIANTI CON TURBINA A GAS .................................................... 202<br />

6.14.14 POSSIBILITÀ DI COGENERAZIONE DELLE TURBINE A GAS ............................................... 203<br />

6.14.15 LE MICROTURBINE ..................................................................................................... 204<br />

6.14.16 4.1 − DESCRIZIONE DELLA TECNOLOGIA ........................................................... 205<br />

6.14.17 4.2 − COMPONENTI DI BASE ............................................................................................ 205<br />

Turbocompressore ....................................................................................................... 205<br />

Generatore ................................................................................................................... 206<br />

Recuperatore ................................................................................................................ 206<br />

6.14.18 4.3 − APPLICAZIONI COGENERATIVE (CHP) ..................................................................... 207<br />

6.14.19 PRESTAZIONI DELLE MICROTURBINE ............................................................................... 208<br />

Efficienza elettrica ........................................................................................................ 208<br />

Prestazioni a carico parziale .......................................................................................... 209<br />

Effetti delle con<strong>di</strong>zioni ambientali sulle prestazioni delle microturbine ......................... 210<br />

Recupero <strong>di</strong> calore ........................................................................................................ 210<br />

Emissioni ..................................................................................................................... 211<br />

6.14.20 ESEMPIO DI COGENERATORI CON TURBINE GAS .............................................................. 212<br />

6.14.21 MOTORE PRIMO CON TURBINA A VAPORE ....................................................................... 213<br />

6.14.22 CICLO TERMODINAMICO ................................................................................................. 213<br />

6.14.23 DISPOSITIVI FONDAMENTALI PER LE CENTRALI TERMICHE A VAPORE .............................. 216<br />

La Caldaia .................................................................................................................... 216<br />

La Turbina a vapore ..................................................................................................... 219<br />

Condensatore ............................................................................................................... 220<br />

Pompe <strong>di</strong> alimentazione in caldaia ................................................................................ 220<br />

6.14.24 CICLO HIRN..................................................................................................................... 220


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

425<br />

6.14.25 CICLI A SPILLAMENTO ...................................................................................................... 221<br />

6.14.26 COMBUSTIBILI UTILIZZATI .............................................................................................. 223<br />

6.14.27 POSSIBILITÀ DI COGENERAZIONE .................................................................................... 224<br />

Impianti a derivazione e condensazione ....................................................................... 224<br />

6.14.28 IMPIANTI A CONTROPRESSIONE ....................................................................................... 225<br />

6.15 ESEMPI DI APPLICAZIONI DELLA COGENERAZIONE ......................................................... 227<br />

6.15.1 APPLICAZIONI INDUSTRIALI DELLA COGENERAZIONE ...................................................... 227<br />

6.15.2 IL TELERISCALDAMENTO ................................................................................................... 227<br />

6.15.3 GLI OSPEDALI ................................................................................................................... 228<br />

6.15.4 IL TERZIARIO .................................................................................................................... 228<br />

6.15.5 LA MICROGENERAZIONE .................................................................................................. 229<br />

6.15.6 CENTRALI TERMO-ELETTRO-FRIGORIFERE ........................................................................ 229<br />

6.16 LA TRIGENERAZIONE ......................................................................................................... 231<br />

6.16.1 LA TURBINA A GAS ............................................................................................................ 231<br />

6.16.2 CALDAIA A RECUPERO, HRSG ........................................................................................... 231<br />

6.16.3 LA REGOLAZIONE DELL‟IMPIANTO DI TRIGENERAZIONE .................................................. 233<br />

Regolazione della Turbina a Gas me<strong>di</strong>ante IGV ........................................................... 233<br />

Regolazione del carico me<strong>di</strong>ante post combustione ...................................................... 233<br />

Scelta della modalità della regolazione .......................................................................... 233<br />

Macchine ad assorbimento ........................................................................................... 233<br />

6.16.4 COSTI DELL‟IMPIANTO DI TRIGENERAZIONE ..................................................................... 235<br />

6.16.5 SCELTA DELLA TAGLIA DELL‟IMPIANTO ............................................................................ 236<br />

Carico Elettrico Imposto (Power Driven) ........................................................................ 236<br />

Carico termico Imposto (Heat Driven) ........................................................................... 236<br />

Scelta della Turbina a Gas ............................................................................................ 237<br />

6.16.6 ANALISI ECONOMICA ........................................................................................................ 238<br />

Simulazione dell‟Impianto ............................................................................................ 238<br />

7. COGENERAZIONE NELL’INDUSTRIA ........................................................................ 241<br />

7.1 RIFERIMENTI NORMATIVI ................................................................................................... 241<br />

7.2 DELIBERAZIONE 19 MARZO 2002: CONDIZIONI PER IL RICONOSCIMENTO DELLA<br />

PRODUZIONE COMBINATA DI ENERGIA ELETTRICA E CALORE COME COGENERAZIONE AI SENSI<br />

DELL’ARTICOLO 2, COMMA 8, DEL DECRETO LEGISLATIVO 16 MARZO 1999, N. 79<br />

(DELIBERAZIONE N. 42/02) .......................................................................................................... 243<br />

7.2.1 OMMENTI SULLE NORME VIGENTI SULLA COGENERAZIONE ........................................... 252<br />

8. IMPIANTI ANTINCENDIO .............................................................................................. 253<br />

8.1 FINALITÀ DEGLI IMPIANTI ANTINCENDIO........................................................................... 253<br />

8.2 LA PROTEZIONE PASSIVA ...................................................................................................... 253<br />

8.3 LA PROTEZIONE ATTIVA ...................................................................................................... 253<br />

8.4 MISURE DI PROTEZIONE PASSIVA ......................................................................................... 253<br />

8.4.1 DISTANZE DI SICUREZZA ..................................................................................................... 254<br />

8.4.2 RESISTENZA AL FUOCO E COMPARTIMENTAZIONE ............................................................... 254<br />

R stabilità .................................................................................................................... 254<br />

E tenuta ...................................................................................................................... 255<br />

I isolamento termico ................................................................................................... 255


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

426<br />

Porte incernierate ......................................................................................................... 255<br />

8.4.3 VIE DI ESODO ...................................................................................................................... 257<br />

8.5 MISURE DI PROTEZIONE ATTIVE ......................................................................................... 258<br />

8.5.1 ESTINTORI ........................................................................................................................... 258<br />

Gli estintori portatili ..................................................................................................... 258<br />

Gli estintori carrellati .................................................................................................... 258<br />

Estintori a polvere ........................................................................................................ 259<br />

Estintore ad anidride carbonica .................................................................................... 259<br />

Determinazione del numero degli estintori da installare ................................................ 260<br />

Posizionamento degli estintori ...................................................................................... 260<br />

Campi <strong>di</strong> utilizzo degli estintori .................................................................................... 260<br />

8.5.2 RETE IDRICA ANTINCENDIO ................................................................................................ 261<br />

Alimentazione della rete per idranti .............................................................................. 262<br />

8.5.3 IDRANTI DI SPEGNIMENTO AUTOMATICI SPRINKLER ........................................................... 263<br />

Tipi <strong>di</strong> impianto ............................................................................................................ 263<br />

Erogatori ...................................................................................................................... 264<br />

Portata <strong>di</strong> scarica .......................................................................................................... 264<br />

Posizionamento degli erogatori .................................................................................... 264<br />

Elementi termosensibili ................................................................................................ 265<br />

Alimentazione .............................................................................................................. 265<br />

Valvole ed apparecchiature ausiliarie............................................................................. 265<br />

Tubazioni ..................................................................................................................... 266<br />

Criteri <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento <strong>di</strong> un impianto sprinkler .................................................... 267<br />

8.5.4 SISTEMI DI ALLARME INCENDIO ........................................................................................... 270<br />

8.5.5 SISTEMI DI RIVELAZIONE AUTOMATICA ............................................................................... 270<br />

Rivelatori d‟incen<strong>di</strong>o – Generalità ................................................................................ 271<br />

Rilevatori ...................................................................................................................... 271<br />

Componenti dei sistemi automatici <strong>di</strong> rivelazione ......................................................... 271<br />

8.6 SEGNALETICA DI SICUREZZA ................................................................................................ 272<br />

8.6.1 ILLUMINAZIONE DI SICUREZZA ............................................................................................ 273<br />

8.6.2 EVACUATORI DI FUMO E DI CALORE .................................................................................... 273<br />

8.7 CODICE ATTIVITÀ ................................................................................................................. 274<br />

8.8 IL CARICO DI INCENDIO ....................................................................................................... 275<br />

8.9 LEGGI – NORME E DECRETI UTILI PER L’ANTINCENDIO ................................................... 278<br />

8.10 D.LGS 149/96 – LOCALI DI INTRATTENIMENTO E PUBBLICO SPETTACOLO ................... 278<br />

Art. 4.5.3 Ventilazione ................................................................................................. 278<br />

Art. 5.2.5 Sistema <strong>di</strong> evacuazione fumi e calore ........................................................... 279<br />

Art. 5.3 Scena integrata nella sala ................................................................................. 279<br />

Capo I Disposizioni generali ....................................................................................... 279<br />

Art. 1 Campo <strong>di</strong> applicazione ...................................................................................... 279<br />

Capo II Prescrizioni tecniche ...................................................................................... 279<br />

Art. 3 Disposizioni in esercizio .................................................................................... 279<br />

Art. 5 Depositi ............................................................................................................ 280<br />

Art. 8 Mezzi antincen<strong>di</strong>o ............................................................................................. 280<br />

Capo III prescrizioni per la gestione ............................................................................ 280<br />

Art. 9 Gestione della sicurezza .................................................................................... 280<br />

Art. 10 Piani <strong>di</strong> intervento e istruzioni <strong>di</strong> sicurezza ...................................................... 281<br />

8.11 D.P.R. N. 37 DEL 12/10/98 – CONTROLLO DELLE CONDIZIONI DI SICUREZZA ............... 281<br />

Art. 1 Oggetto del regolamento ................................................................................... 281


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

427<br />

Art. 2 Parere <strong>di</strong> conformità .......................................................................................... 281<br />

Art. 3 Rilascio del certificato <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong> ................................................... 282<br />

Art. 4 Rinnovo del certificato <strong>di</strong> prevenzione incen<strong>di</strong> .................................................. 282<br />

Art. 5 Obblighi connessi con l‟esercizio dell‟attività ..................................................... 282<br />

Art. 6 Proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> deroga .................................................................................... 283<br />

8.12 D.M. 8/3/85 – DIRETTIVE SULLE MISURE DI PREVENZIONE INCENDI ........................... 283<br />

1. Aerazione ................................................................................................................. 283<br />

6. Comportamento al fuoco delle strutture ................................................................... 284<br />

11. Attività <strong>di</strong> cui al punto 92 del d. m. 16 febbraio 1982 (g. u. n. 98 del 9 aprile 1982)<br />

autorimesse ..................................................................................................................................... 285<br />

12. Attività <strong>di</strong> cui al punto 95 del d. m. 16 febbraio 1982 (g. u. n. 98 del 9 aprile 1982) . 285<br />

13. Depositi <strong>di</strong> sostanze infiammabili a servizio delle attività <strong>di</strong> cui ai punti 85,86,89 del<br />

DM. 16 febbraio 1982 (GU. n. 98 del 9 aprile 1982). ....................................................................... 286<br />

14. Spazi a<strong>di</strong>biti a depositi <strong>di</strong> materiali soli<strong>di</strong> combustibili, archivi, biblioteche a servizio<br />

delle attività <strong>di</strong> cui ai punti 85, 86, 89 del DM. 16 febbraio 1982 (g. u. n. 98 del 9 aprile 1982) con<br />

carico d‟incen<strong>di</strong>o superiore a quanto previsto al punto 3 del presente allegato ................................. 286<br />

8.13 D.M. 10/03/1998 – SICUREZZA INCENDIO NELLE ZONE DI EMERGENZA DEI LUOGHI DI<br />

LAVORO .......................................................................................................................................... 287<br />

Arti. 1 Oggetto campo <strong>di</strong> applicazione ....................................................................... 287<br />

Art. 3 misure preventive, protettive e precauzionali <strong>di</strong> esercizio ................................... 287<br />

Art. 4 controllo e manutenzione degli <strong>impianti</strong> e delle attrezzature antincen<strong>di</strong>o ........... 287<br />

Art. 8 <strong>di</strong>sposizioni transitorie e finali ........................................................................... 287<br />

8.13.1 LINEE GUIDA PER LA VALUTAZIONE DEI RISCHI DI INCENDIO NEI LUOGHI DI LAVORO<br />

287<br />

1.4.criteri per procedere alla valutazione dei rischi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o ...................................... 288<br />

1.4.1. Identificazione dei pericoli <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o ................................................................ 288<br />

1.4.1.1. Materiali combustibili e/o infiammabili ............................................................ 288<br />

1.4.1.2. Sorgenti <strong>di</strong> innesco ........................................................................................... 288<br />

8.13.2 CLASSIFICAZIONE DEL LIVELLO DI RISCHIO DI INCENDIO ............................ 289<br />

A. Luoghi <strong>di</strong> lavoro a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o BASSO ......................................................... 289<br />

B. Luoghi <strong>di</strong> lavoro a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o MEDIO ........................................................ 289<br />

C. Luoghi <strong>di</strong> lavoro a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o ELEVATO ................................................... 289<br />

1.4.5. Adeguatezza delle misure <strong>di</strong> sicurezza ................................................................. 289<br />

C. Rivelazione ed allarme antincen<strong>di</strong>o .......................................................................... 290<br />

8.13.3 MISURE INTESE A RIDURRE LA PROBABILITÀ DI INSORGENZA DEGLI<br />

INCENDI ...................................................................................................................................... 290<br />

Generalità ..................................................................................................................... 290<br />

A) Misure <strong>di</strong> tipo tecnico: ............................................................................................. 290<br />

3.8. Misure per limitare la propagazione dell‟incen<strong>di</strong>o ................................................... 290<br />

Allegato II .................................................................................................................... 290<br />

MISURE PER LA RIVELAZIONE E L‟ALLARME IN CASO DI INCENDIO ...... 290<br />

4.1. Obiettivo ............................................................................................................... 290<br />

4.3. Misure per i luoghi <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni o complessi .............................. 291<br />

....omissis.... .................................................................................................................... 291<br />

4.5. Rivelazione automatica <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o ........................................................................ 291<br />

ATTREZZATURE ED IMPIANTI DI ESTINZIONE DEGLI INCENDI ............. 291<br />

5.1 Classificazione degli incen<strong>di</strong> .................................................................................... 291<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe A ....................................................................................................... 291<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe B ........................................................................................................ 291<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe C ........................................................................................................ 291


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

428<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe D ....................................................................................................... 291<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> ed attrezzature elettriche sotto tensione ......................................... 292<br />

6.4. Attrezzature ed <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> protezione antincen<strong>di</strong>o ................................................ 292<br />

9.2. Attività a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o elevato ...................................................................... 292<br />

9.3. Attività a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o me<strong>di</strong>o ........................................................................ 292<br />

9.4. Attività a rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o basso ......................................................................... 293<br />

8.14 CIRCOLARE N. 91 DEL 14/09/61 ......................................................................................... 293<br />

8.14.1 PREMESSE .......................................................................................................................... 293<br />

Art. 3. classi <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici .................................................................................................. 294<br />

Art. 4. determinazione delle classi ................................................................................ 294<br />

Art. 5. calcolo del coefficiente <strong>di</strong> riduzione del carico <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o ................................ 294<br />

Art. 1 poteri calorifici superiori <strong>di</strong> alcuni combustibili ................................................. 295<br />

8.15 SICUREZZA E RESISTENZA AL FUOCO ................................................................................ 295<br />

8.16 D.M. 26/08/1984 ................................................................................................................ 295<br />

Art. 1 scopo ................................................................................................................ 295<br />

Art. 2 Definizione ....................................................................................................... 295<br />

2.1 Materiale ................................................................................................................. 295<br />

2.2 Reazione al fuoco ................................................................................................... 296<br />

8.17 D.M. 30/11/1983 ................................................................................................................. 296<br />

1.3. Carico d‟incen<strong>di</strong>o ................................................................................................... 296<br />

1.11. Resistenza al fuoco............................................................................................... 296<br />

8.18 CIRCOLARE N. 24 DEL 26/01/1993 ..................................................................................... 296<br />

8.19 ALLEGATO: NORME UNI-VV.F RELATIVE AI COMPONENTI DI IMPIANTO ..................... 297<br />

8.20 NORME UNI-VV.F RELATIVE A IMPIANTI ........................................................................ 297<br />

8.21 D.P.R. 29/07/1982 N. 577 .................................................................................................. 298<br />

Art. 1.5 compartimento antincen<strong>di</strong>o ............................................................................ 298<br />

Art. 3 principi <strong>di</strong> base e misure tecniche fondamentali ................................................. 298<br />

8.22 LA PREVENZIONE DEGLI INCENDI .................................................................................... 298<br />

8.23 PROFILO DI INCENDIO ....................................................................................................... 299<br />

Prima Fase, Iniziale O Accensione ............................................................................... 299<br />

Seconda Fase, Di Combustione Attiva Costante ........................................................... 300<br />

Terza Fase, <strong>di</strong> Regressione o <strong>di</strong> Raffreddamento .......................................................... 300<br />

8.24 CAUSE DI INCENDIO ........................................................................................................... 300<br />

8.25 PROPAGAZIONE .................................................................................................................. 300<br />

8.26 MATERIALI COMBUSTIBILI ................................................................................................. 300<br />

8.26.1 CLASSIFICAZIONE DEI COMBUSTIBILI IN BASE AL TIPO DI FUOCO ....................................... 301<br />

8.26.2 CLASSIFICAZIONE DEI COMBUSTIBILI IN BASE ALLE CARATTERISTICHE .............................. 301<br />

8.26.3 COMBUSTIONE DI LIQUIDI ................................................................................................ 302<br />

8.26.4 COMBUSTIONE DI GAS....................................................................................................... 302<br />

8.26.5 COMBUSTIONE DI POLVERI ............................................................................................... 303<br />

8.27 CALCOLO DEL CARICO DI INCENDIO ................................................................................. 303<br />

8.28 PRODOTTI DELLA COMBUSTIONE ...................................................................................... 304<br />

8.29 VENTILAZIONE DEI LOCALI ............................................................................................... 305<br />

8.30 RIFERIMENTI NORMATIVI ................................................................................................. 306<br />

8.31 EVACUATORI DI FUMO E CALORE (EFC) .......................................................................... 307<br />

8.32 CRITERI DI PROGETTAZIONE............................................................................................. 307<br />

8.33 CALCOLO DELLA SUPERFICIE TOTALE DEGLI EFC. .......................................................... 313<br />

Dimensionamento ........................................................................................................ 315<br />

Reparti produttivi: ........................................................................................................ 317


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

429<br />

Magazzini e reparti <strong>di</strong> imballaggio: ................................................................................ 317<br />

8.34 CRITERI DI INSTALLAZIONE DEGLI EFC ........................................................................... 320<br />

8.35 DESCRIZIONE DEGLI EFC .................................................................................................. 321<br />

8.35.1 EFC PNEUMATICO ............................................................................................................ 321<br />

8.36 ESEMPIO DI RELAZIONE PER CPI ...................................................................................... 322<br />

8.36.1 GENERALITÀ ..................................................................................................................... 322<br />

8.36.2 LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO ...................................................................................... 322<br />

8.36.3 MATERIALI UTILIZZATI ...................................................................................................... 324<br />

8.36.4 COMPARTIMENTAZIONE .................................................................................................... 325<br />

8.36.5 DESCRIZIONE DEI LOCALI, DEI PIANI O DELLE ZONE ........................................................ 329<br />

8.36.6 CALCOLO DEL CARICO D‟INCENDIO SPECIFICO .................................................................. 329<br />

8.36.7 ELENCO DEI MATERIALI PRESENTI NEI SINGOLI LOCALI O ZONE ....................................... 329<br />

8.36.8 INDICI DI VALUTAZIONE E DETERMINAZIONE DEL COEFFICIENTE DI RIDUZIONE ............. 331<br />

8.37 RISPONDENZA DEGLI ELEMENTI DI PROGETTO ALLE NORME ......................................... 335<br />

8.37.1 STRUTTURA DEGLI ELEMENTI CONNETTIVI ....................................................................... 335<br />

Scale ............................................................................................................................. 336<br />

Ascensori ..................................................................................................................... 336<br />

8.37.2 MISURE PER L‟EVACUAZIONE ............................................................................................ 336<br />

8.37.3 CAPACITÀ DI DEFLUSSO ..................................................................................................... 336<br />

8.37.4 PIANI DI EVACUAZIONE .................................................................................................... 336<br />

8.37.5 SISTEMI DI VIE DI USCITA, LUNGHEZZA, CARATTERISTICHE, LARGHEZZA........................... 336<br />

8.37.6 AREE ED IMPIANTI A RISCHIO SPECIFICO ........................................................................... 337<br />

8.37.7 LOCALI ADIBITI A DEPOSITO DI MATERIALE COMBUSTIBILE ............................................... 337<br />

8.37.8 LABORATORI ..................................................................................................................... 337<br />

8.37.9 CENTRALE IDRICA ............................................................................................................. 337<br />

8.37.10 CABINA MT/BT E GRUPPO ELETTROGENO ..................................................................... 337<br />

8.37.11 SOTTOCENTRALE TERMICA .............................................................................................. 337<br />

8.37.12 CENTRALE FRIGORIFERA ................................................................................................. 338<br />

8.37.13 IMPIANTO DI RIVELAZIONE E SEGNALAZIONE DI INCENDI .............................................. 338<br />

8.37.14 IMPIANTI DI ESTINZIONE DEGLI INCENDI ........................................................................ 338<br />

8.37.15 IMPIANTI AD IDRANTI ...................................................................................................... 338<br />

8.37.16 ESTINTORI ....................................................................................................................... 339<br />

8.37.17 SEGNALETICA ED ISTRUZIONI DI SICUREZZA ................................................................... 339<br />

8.37.18 ORGANIZZAZIONE E GESTIONE DELLA SICUREZZA ........................................................ 339<br />

8.38 AUTORIMESSA ..................................................................................................................... 340<br />

8.38.1 RESISTENZA A FUOCO DELLE STRUTTURE .......................................................................... 340<br />

8.38.2 AFFOLLAMENTO ED USCITE DI SICUREZZA ........................................................................ 340<br />

8.38.3 SEGNALAZIONI DI SICUREZZA ........................................................................................... 340<br />

8.38.4 IMPIANTO ANTINCENDIO .................................................................................................. 341<br />

8.38.5 PRESCRIZIONE PER LE RETI IDRANTI.................................................................................. 342<br />

8.39 RETI IDRANTI UNI70 ......................................................................................................... 342<br />

8.40 IMPIANTO SPRINKLER ........................................................................................................ 343<br />

8.40.1 DOCUMENTI D RIFERIMENTO ............................................................................................ 343<br />

8.40.2 METODO DI CALCOLO RETE SPRINKLER ............................................................................ 343<br />

Per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico <strong>di</strong>stribuite ........................................................................................... 343<br />

Per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> carico localizzate........................................................................................... 344<br />

8.40.3 DESCRIZIONE DELL‟IMPIANTO .......................................................................................... 344<br />

8.40.4 RISULTATI DI CALCOLO DELLA RETE SPRINKLER .............................................................. 345<br />

8.40.5 VENTILAZIONE NATURALE E FORZATA .............................................................................. 345


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

430<br />

8.40.6 IMPIANTO DI SMALTIMENTO DELLE ACQUE PIOVANE ........................................................ 346<br />

8.41 IMPIANTI ELETTRICI DELL’AUTORIMESSA ......................................................................... 347<br />

8.42 ALLEGATI ALLA RELAZIONE CPT ...................................................................................... 347<br />

9. IL RUMORE NEGLI IMPIANTI TECNICI TECNOLOGICI ...................................... 349<br />

9.1 CENNI DI ACUSTICA FISICA .................................................................................................. 349<br />

9.1.1 LA CELERITÀ DEL SUONO .................................................................................................... 349<br />

9.1.2 ONDE PIANE E SFERICHE ..................................................................................................... 350<br />

9.1.3 GRANDEZZE FONDAMENTALI PER L‟ACUSTICA ................................................................... 351<br />

Lunghezza d‟onda e frequenza ..................................................................................... 351<br />

Potenza sonora ............................................................................................................. 352<br />

Intensità sonora ............................................................................................................ 353<br />

9.1.4 TIPO DI ONDE ACUSTICHE .................................................................................................. 353<br />

Toni puri ...................................................................................................................... 354<br />

Le Armoniche .............................................................................................................. 355<br />

Suoni complessi............................................................................................................ 355<br />

Oscillogrammi e spettri sonori...................................................................................... 356<br />

Trasformazione dello spettro <strong>di</strong> un segnale................................................................... 359<br />

Spettro <strong>di</strong> un suono complesso .................................................................................... 360<br />

Trasformata veloce <strong>di</strong> Fourier <strong>di</strong> un segnale <strong>di</strong>gitale (FFT) ........................................... 363<br />

Introduzione alla Trasformata <strong>di</strong> Fourier ...................................................................... 363<br />

Digitalizzazione ed FFT .............................................................................................. 364<br />

Frames, Filtri e FFT <strong>di</strong> breve durata ............................................................................. 364<br />

9.1.5 INNALZAMENTO DEI LIVELLI CON L‟ALLARGAMENTO DELLA FINESTRA............................... 366<br />

9.2 CENNI DI ACUSTICA FISIOLOGICA ....................................................................................... 367<br />

9.2.1 LIVELLI SONORI ................................................................................................................... 367<br />

Livello <strong>di</strong> Potenza sonora ............................................................................................. 367<br />

Livello <strong>di</strong> Pressione sonora ........................................................................................... 367<br />

Livello <strong>di</strong> Intensità acustica........................................................................................... 368<br />

Livello <strong>di</strong> Densità sonora .............................................................................................. 368<br />

9.2.2 L‟ORECCHIO UMANO ........................................................................................................... 369<br />

9.2.3 SOGLIA UDITIVA .................................................................................................................. 375<br />

9.2.4 PERCEZIONE SOGGETTIVA DEL SUONO ............................................................................... 376<br />

9.2.5 LIVELLI DI PRESSIONE PONDERATI- LE SCALE FONOMETRICHE ............................................ 377<br />

9.2.6 LIVELLO EQUIVALENTE (LEQ) ............................................................................................. 379<br />

9.2.7 LOCALIZZAZIONE ACUSTICA ................................................................................................ 380<br />

9.2.8 SPECIALIZZAZIONE DELL‟UDITO ......................................................................................... 381<br />

9.3 TRASMISSIONE DEL SUONO ............................................................................................ 384<br />

9.3.1 ASSORBIMENTO, RIFLESSIONE, RIVERBERAZIONE, DIFFRAZIONE E RIFRAZIONE .................. 384<br />

Assorbimento ............................................................................................................... 384<br />

Riflessione .................................................................................................................... 385<br />

Trasmissione e Potere Fonoisolante ............................................................................. 385<br />

Assorbimento del suono alle basse frequenze ............................................................... 387<br />

Il risuonatore <strong>di</strong> Helmoltz ............................................................................................ 389<br />

Le membrane assorbenti .............................................................................................. 391<br />

Diffrazione ................................................................................................................... 392<br />

Barriere acustiche ......................................................................................................... 393<br />

La rifrazione ................................................................................................................. 393


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

431<br />

Fattore <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezionalità .................................................................................................. 394<br />

9.3.2 RIVERBERAZIONE ACUSTICA ............................................................................................... 395<br />

9.3.3 ATTENUAZIONE DEI SUONI NELL‟AMBIENTE INTERNO ....................................................... 398<br />

Attenuazione delle vibrazioni per ridurre la rumorosita‟ aerea....................................... 400<br />

9.4 METODOLOGIE DI CALCOLO DELLA RUMOROSITÀ DEGLI IMPIANTI ................................... 403<br />

9.4.1 RUMORE PRODOTTO IN AMBIENTE ESTERNO ....................................................................... 403<br />

9.4.2 VALUTAZIONE DEL RUMORE MEDIANTE LE CURVE NR E NC ............................................. 407<br />

9.4.3 VALUTAZIONE DEL RUMORE ALL‟INTERNO DI AMBIENTI CHIUSI .......................................... 408<br />

9.4.4 CALCOLO DEL LIVELLO SONORO EMESSO DA UN VENTILATORE .......................................... 409<br />

9.4.5 ATTENUAZIONE SONORA IN CANALI METALLICI COIBENTATI .............................................. 410<br />

Canali <strong>di</strong>ritti .................................................................................................................. 411<br />

Gomiti ......................................................................................................................... 412<br />

Diramazioni ................................................................................................................. 413<br />

Terminali <strong>di</strong> condotto ................................................................................................... 414<br />

Plenum ......................................................................................................................... 414<br />

Corretta esecuzione della posa in opera dei canali ......................................................... 415<br />

9.5 ATTENUAZIONE DEL RUMORE NEI CONDOTTI ................................................................... 416<br />

Posizionamento dei silenziatori .................................................................................... 417


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

432<br />

INDICE DELLE FIGURE<br />

Figura 1: Moto <strong>di</strong> Couette fra due piani paralleli 2<br />

Figura 2: Diagramma sforzo – scorrimento per i flui<strong>di</strong> 2<br />

Figura 3: Formazione dello strato limite <strong>di</strong>namico 4<br />

Figura 4: Lunghezza <strong>di</strong> imbocco nei condotti. 5<br />

Figura 5: Abaco <strong>di</strong> Moody 10<br />

Figura 6: Per<strong>di</strong>te localizzate per la raccorderia delle tubazioni 15<br />

Figura 7: Per<strong>di</strong>te localizzate per alcuni tipi <strong>di</strong> valvole per tubazioni 16<br />

Figura 8: Lunghezze equivalenti <strong>di</strong> alcune resistenze localizzate 16<br />

Figura 9: Lunghezze equivalenti <strong>di</strong> alcuni tipi <strong>di</strong> valvole 17<br />

Figura 10: Lunghezze equivalenti per bruschi allargamenti o restringimenti 17<br />

Figura 11: Per<strong>di</strong>te localizzate in alcuni componenti <strong>di</strong> impianto 18<br />

Figura 12: Per<strong>di</strong>te localizzate per una curva a sezione rettangolare 20<br />

Figura 13: Per<strong>di</strong>te localizzate per una curva a sezione circolare 22<br />

Figura 14: Per<strong>di</strong>te localizzate per i raccor<strong>di</strong> dei canali d‟aria 23<br />

Figura 15: per<strong>di</strong>te localizzate per variazione <strong>di</strong> sezione dei canali d‟aria 24<br />

Figura 16: Collegamento in serie <strong>di</strong> condotti 24<br />

Figura 17: Collegamento in parallelo dei circuiti 25<br />

Figura 18: Esempio <strong>di</strong> circolatori per acqua fredda e/o calda in versione singola o gemellata 26<br />

Figura 19: Schema <strong>di</strong> una elettropompa centrifuga 26<br />

Figura 20: Sezione <strong>di</strong> una elettropompa centrifuga 26<br />

Figura 21: Curve caratteristiche <strong>di</strong> una pompa <strong>di</strong> circolazione 27<br />

Figura 22: Zona <strong>di</strong> funzionamento ottimale <strong>di</strong> una pompa 27<br />

Figura 23: Curve caratteristiche al variare del numero <strong>di</strong> giri 27<br />

Figura 24: Diagramma a zone per le pompe <strong>di</strong> circolazione 28<br />

Figura 25: Curve caratteristiche reali <strong>di</strong> circolatori singoli e in parallelo 29<br />

Figura 26: Curve caratteristiche <strong>di</strong> una soffiante del tipo a pale in avanti 30<br />

Figura 27: Ventilatore nel suo contenitore insonorizzato 30<br />

Figura 28: Curve caratteristiche <strong>di</strong> un ventilatore a pale in avanti 31<br />

Figura 29: Curve caratteristiche <strong>di</strong> un ventilatore a pale rovesce 32<br />

Figura 30: Curve caratteristiche <strong>di</strong> un ventilatore a pale rovesce a profilo alare 33<br />

Figura 31: Collegamento <strong>di</strong> pompe in parallelo 33<br />

Figura 32: Collegamento <strong>di</strong> pompe in serie 34<br />

Figura 33: Abaco per la selezione dei <strong>di</strong>ametri equivalenti dei canali rettangolari 36<br />

Figura 34: Circuito aperto 36<br />

Figura 35: Per<strong>di</strong>te specifiche in tubi in acciaio con acqua a 80 °C 37<br />

Figura 36: Per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> pressione in canali d‟aria 38<br />

Figura 37: Circuiti aperti fra ambienti a <strong>di</strong>versa quota 39<br />

Figura 38: Esempio <strong>di</strong> reti a ritorno <strong>di</strong>retto per estate e inverno 39<br />

Figura 39: Reti a ritorno inverso 40<br />

Figura 40: Circuito chiuso 40<br />

Figura 41: Rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione 41<br />

Figura 42: Esempio d‟uso dell‟abaco delle per<strong>di</strong>te specifiche con velocità costante imposta 44<br />

Figura 43: Esempio d‟uso dell‟abaco con il metodo della per<strong>di</strong>ta specifica costante 45<br />

Figura 44: Tipologia <strong>di</strong> collettori complanari 47<br />

Figura 45: Distributore a collettore complanare 47<br />

Figura 46: Esempio <strong>di</strong> inserimento <strong>di</strong> collettori complanari in una rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione 48<br />

Figura 47: Esempio <strong>di</strong> collettori complanari per usi sanitari 48<br />

Figura 48: Esempio <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione dell‟acqua calda con collettore complanare in un appartamento 49<br />

Figura 49: Esempio <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione me<strong>di</strong>ante collettori complanari in due appartamenti 49


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

433<br />

Figura 50: Distribuzione in e<strong>di</strong>ficio a due piani : piano terra 50<br />

Figura 51: : Distribuzione in e<strong>di</strong>ficio a due piani : piano Primo 50<br />

Figura 52: Esempio <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> a collettori complanari su più appartamenti 51<br />

Figura 53: Vista assonometrica del piping per una centrale termica 51<br />

Figura 54: Vista assonometrica <strong>di</strong> una centrale termica con piping interno 52<br />

Figura 55: tipologia <strong>di</strong> ammortizzatore <strong>di</strong> colpi <strong>di</strong> ariete 53<br />

Figura 56: Ammortizzatori <strong>di</strong> colpi <strong>di</strong> ariete sopra le colonne 54<br />

Figura 57: Ammortizzatore <strong>di</strong> colpo <strong>di</strong> ariete a molla 54<br />

Figura 58: Ammortizzatori a molle sui collettori <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione 54<br />

Figura 59: Circuiti senza valvola <strong>di</strong> regolazione 55<br />

Figura 60: Circuiti con valvola <strong>di</strong> regolazione 55<br />

Figura 61: Inserimento della valvola <strong>di</strong> taratura 56<br />

Figura 62: Inserimento della valvola <strong>di</strong> Autoflow 56<br />

Figura 63: Effetti <strong>di</strong> risucchio nella zona <strong>di</strong> chiusura della valvola 57<br />

Figura 64: Accorgimenti per evitare il fenomeno del risucchio 58<br />

Figura 65: Schema <strong>di</strong> funzionamento <strong>di</strong> un separatore idraulico 58<br />

Figura 66: Schemi <strong>di</strong> intervento del separatore idraulico 59<br />

Figura 67: Separatore idraulico 59<br />

Figura 68: Situazione dei circuiti a pompa ferma 60<br />

Figura 69: Uso del separatore idraulico fra i circuiti 62<br />

Figura 70: Inserimento dei separatori idraulici lungo le linee <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione 63<br />

Figura 71: Esempio <strong>di</strong> piping <strong>di</strong> una centrale termica con un moderno CAD termotecnico 64<br />

Figura 72: Esempio <strong>di</strong> dettagli costruttivi per il piping <strong>di</strong> centrale con un moderno CAD 64<br />

Figura 73: Sezione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> autoflow 64<br />

Figura 74: Curva p-G per un autoflow sotto il campo <strong>di</strong> lavoro 65<br />

Figura 75; Curva p-G per un autoflow entro il campo <strong>di</strong> lavoro 65<br />

Figura 76: p-G per un autoflow fuori dal campo <strong>di</strong> lavoro 66<br />

Figura 77: Bilanciamento con autoflow ai pie<strong>di</strong> delle colonne 66<br />

Figura 78: Bilanciamento con autoflow in ogni terminale 67<br />

Figura 79: Bilanciamento con autoflow in <strong>impianti</strong> con valvole a tre vie 67<br />

Figura 80: Regolazione con autoflow delle batterie con valvole a tre vie 67<br />

Figura 81: Regolazione con valvole a due vie e pompa a velocità variabile 68<br />

Figura 82: Bilanciamento <strong>di</strong> gruppi <strong>di</strong> refrigerazione acqua con autoflow 68<br />

Figura 83: Bilanciamento delle torri <strong>di</strong> raffreddamento con autoflow 69<br />

Figura 84: Bilanciamento <strong>di</strong> <strong>impianti</strong> <strong>di</strong> teleriscaldamento con autoflow 69<br />

Figura 85: sezione <strong>di</strong> un riduttore <strong>di</strong> pressione 70<br />

Figura 86: Sezione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>sconnettore 70<br />

Figura 87: Sezioni <strong>di</strong> alcuni tipi <strong>di</strong> valvole <strong>di</strong> ritegno 71<br />

Figura 88: Schematizzazione dei punti fissi principali 72<br />

Figura 89; Schematizzazione dei punti fissi secondari 73<br />

Figura 90: Esempi <strong>di</strong> guide 73<br />

Figura 91: Esempi <strong>di</strong> sostegni a mensole 73<br />

Figura 92: Esempi <strong>di</strong> sostegni a collare 74<br />

Figura 93: Esempi <strong>di</strong> reti a circuito inverso 74<br />

Figura 94: Abaco per il calcolo dei coefficienti <strong>di</strong> <strong>di</strong>latazione lineare 75<br />

Figura 95: Abaco per i <strong>di</strong>latatori ad U 76<br />

Figura 96: Abaco per <strong>di</strong>latatori ad L 78<br />

Figura 97: Abaco per <strong>di</strong>latatori a Z 78<br />

Figura 98: Schema <strong>di</strong> funzionamento dei compensatori a soffietto 79<br />

Figura 99: Esempio <strong>di</strong> installazione <strong>di</strong> canali d‟aria 82<br />

Figura 100: Vista assonometrica <strong>di</strong> un impianto a tutt‟aria 84<br />

Figura 101: Particolare dei canali d‟aria in una zona critica 85


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

434<br />

Figura 102: Particolare <strong>di</strong> attraversamento dei canali fra piani 85<br />

Figura 103: Misura della pressione statica in un canale 86<br />

Figura 104: Misura della pressione <strong>di</strong>namica in un canale 86<br />

Figura 105: Andamento delle pressioni in un cambiamento <strong>di</strong> sezione 86<br />

Figura 106: Abaco per il calcolo del recupero della pressione statica 87<br />

Figura 107: Canali d‟aria per il recupero <strong>di</strong> pressione 88<br />

Figura 108: Esempio <strong>di</strong> rete <strong>di</strong> canali d‟aria <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a estensione 88<br />

Figura 109: Schema <strong>di</strong> collegamento <strong>di</strong> un terminale 92<br />

Figura 110: Rete complessa aperta 96<br />

Figura 111: Rete complessa chiusa 96<br />

Figura 112: Esempio <strong>di</strong> rete triangolare 98<br />

Figura 113: Esempio <strong>di</strong> rete complessa con EPANET 98<br />

Figura 114: Parametri <strong>di</strong> calcolo e risultati per la rete complessa 99<br />

Figura 115: Altro esempio <strong>di</strong> stampa tabellare 100<br />

Figura 116: Andamento orario della pressione in alcuni no<strong>di</strong> selezionati 101<br />

Figura 117: Mappa dei risultati 101<br />

Figura 118: Punto <strong>di</strong> lavoro per circuiti chiusi 102<br />

Figura 119: Punto <strong>di</strong> lavoro per circuiti aperti 102<br />

Figura 120: Punto <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> una soffiante 103<br />

Figura 121: Curve caratteristiche del ventilatore a pale in avanti e della rete 106<br />

Figura 122: Regolazione con alette <strong>di</strong>rettrici <strong>di</strong> prerotazione 107<br />

Figura 123: Potenza assorbita dal ventilatore con i vari meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> regolazione 107<br />

Figura 124: Funzionamento <strong>di</strong> un ventilatore con velocità <strong>di</strong> rotazione variabile 108<br />

Figura 125: Variazione del punto <strong>di</strong> lavoro con ventilatore a passo variabile 109<br />

Figura 126: Sezione e caratteristica <strong>di</strong> una valvola <strong>di</strong> bilanciamento 110<br />

Figura 127: Esempio <strong>di</strong> utilizzo dell‟abaco <strong>di</strong> calcolo delle valvole <strong>di</strong> bilanciamento 111<br />

Figura 128: Tipi <strong>di</strong> gradazione delle regolazioni 111<br />

Figura 129: Tipo <strong>di</strong> bloccaggio delle ghiere 111<br />

Figura 130: Esempi <strong>di</strong> valvole <strong>di</strong> bilanciamento filettate e flangiate 112<br />

Figura 131: Esempio <strong>di</strong> installazione <strong>di</strong> una valvola <strong>di</strong> bilanciamento 112<br />

Figura 132: Esempi <strong>di</strong> installazione delle valvole <strong>di</strong> bilanciamento 113<br />

Figura 133: Esempio <strong>di</strong> rete a ritorno <strong>di</strong>retto con equilibratura dei circuiti 114<br />

Figura 134: Cadute <strong>di</strong> pressione nei vari circuiti della rete a ritorno <strong>di</strong>retto 114<br />

Figura 135: Circuito con valvola <strong>di</strong> regolazione a due vie 115<br />

Figura 136: Circuito con valvola <strong>di</strong> regolazione a tre vie miscelatrice 115<br />

Figura 137: Circuito con valvola <strong>di</strong> regolazione a tre vie miscelatrice con portata costante sul carico116<br />

Figura 138: Circuito primaria a portata costante e secondario a portata variabile 116<br />

Figura 139: Portata variabile nel circuito secondario con <strong>di</strong>saccoppiamento e pompe comuni 117<br />

Figura 140: Portata variabile nel secondario con <strong>di</strong>saccoppiamento e pompe comuni: esempio <strong>di</strong><br />

regolazione 118<br />

Figura 141: Portata variabile nel secondario con <strong>di</strong>saccoppiamento e pompe <strong>di</strong>versificate 118<br />

Figura 142: Corretto inserimento <strong>di</strong> un serbatoio <strong>di</strong> accumulo sul ritorno 119<br />

Figura 143: Inserimento errato <strong>di</strong> un serbatoio <strong>di</strong> accumulo sulla mandata dei refrigeratori 119<br />

Figura 144: Inserimento del serbatoio <strong>di</strong> accumulo nel ramo <strong>di</strong> bypass 120<br />

Figura 145: Schematizzazione <strong>di</strong> un condotto isolante 121<br />

Figura 146: Formazione <strong>di</strong> condensa- stillici<strong>di</strong>o 123<br />

Figura 147: Tubazione isolata 123<br />

Figura 148: Determinazione dello spessore <strong>di</strong> isolante 124<br />

Figura 149: Andamento della temperatura del fluido 127<br />

Figura 150: Regimi <strong>di</strong> moto in condotto verticale durante l‟ebollizione 133<br />

Figura 151: Tipi <strong>di</strong> flusso per moto in tubi verticali 133<br />

Figura 152: Mappa <strong>di</strong> FAir per i tipi <strong>di</strong> flusso in condotti verticali 134


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

435<br />

Figura 153: Mappa <strong>di</strong> Hewitt e Robert per i tipi <strong>di</strong> flusso bifase in condotti verticali 134<br />

Figura 154: Regimi <strong>di</strong> moto in condotto orizzontale durante l‟ebollizione 135<br />

Figura 155: Tipi <strong>di</strong> flusso per moto in tubi orizzontali 135<br />

Figura 156: Mappa dei tipi <strong>di</strong> flusso bifase <strong>di</strong> Taitel e Dukler per moto in tubi orizzontali 136<br />

Figura 157: Diagramma del moltiplicatore Xtt <strong>di</strong> Martinelli 142<br />

Figura 158: Abaco <strong>di</strong> Martinelli e Nelson per M 143<br />

Figura 159: Con<strong>di</strong>zioni iniziali con titolo non nullo 144<br />

Figura 160: Abaco <strong>di</strong> Martinelli e Nelson per R 144<br />

Figura 161: Abaco <strong>di</strong> Thom per M 146<br />

Figura 162: Abaco <strong>di</strong> Thom per R 147<br />

Figura 163: Abaco <strong>di</strong> Thom per 148<br />

Figura 164: Abaco <strong>di</strong> Thom per M per condotto senza flusso termico 149<br />

Figura 165: fattore M per C-M-L 150<br />

Figura 166: Andamento delle pressioni al variare della portata 152<br />

Figura 167: Caduta totale <strong>di</strong> pressione 157<br />

Figura 168: Abaco per il <strong>di</strong>mensionamento delle reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione dell‟aria compressa 159<br />

Figura 169: Scaricatori <strong>di</strong> condensa con equilibratura 160<br />

Figura 170: Portate degli scaricatori <strong>di</strong> condensa 160<br />

Figura 171: Installazione dei separatori <strong>di</strong> liquido 161<br />

Figura 172: Sezione <strong>di</strong> un separatore <strong>di</strong> liquido 161<br />

Figura 173: Dimensionamento dei separatori <strong>di</strong> condensa per il vapore 162<br />

Figura 174: Abaco per il <strong>di</strong>mensionamento delle reti <strong>di</strong> vapore – 1° parte 163<br />

Figura 175: Abaco per il <strong>di</strong>mensionamento delle reti <strong>di</strong> vapore – 2° parte 164<br />

Figura 176: Installazione dei separatori <strong>di</strong> condensa per vapore 165<br />

Figura 177: Abaco per il <strong>di</strong>mensionamento delle tubazioni per la condensa 166<br />

Figura 178: Esempio <strong>di</strong> installazione <strong>di</strong> una caldaia per produzione <strong>di</strong> vapore 167<br />

Figura 179: Esempio <strong>di</strong> installazione <strong>di</strong> uno scambiatore <strong>di</strong> calore a vapore 167<br />

Figura 180: Andamento del Fattore <strong>di</strong> Carnot 172<br />

Figura 181: Schema <strong>di</strong> principio <strong>di</strong> un SET 176<br />

Figura 182: Schema chiuso <strong>di</strong> un SET 176<br />

Figura 183: Schema Aperto <strong>di</strong> un SET 177<br />

Figura 184: Andamento cumulativo dei carichi (Diagramma <strong>di</strong> Frequenza) 180<br />

Figura 185: Inserimento <strong>di</strong> una pompa <strong>di</strong> calore per incrementare il carico elettrico 181<br />

Figura 186: Schema a blocchi <strong>di</strong> un Cash Flow per un SET 184<br />

Figura 187: Andamento tipico <strong>di</strong> un Cash Flow nell‟arco <strong>di</strong> 15 anni 185<br />

Figura 188: Andamento <strong>di</strong> IEN in funzione dei rapporti <strong>di</strong> trasformazione elettrica e termica 189<br />

Figura 189: Ciclo ideale Diesel 191<br />

Figura 190: Ciclo Otto per motori a benzina 192<br />

Figura 191: Spettro a banda <strong>di</strong> terzi <strong>di</strong> ottava <strong>di</strong> un motore a benzina 194<br />

Figura 192: Bilancio <strong>di</strong> un motore Diesel 195<br />

Figura 193: Schema <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> recupero del calore <strong>di</strong> un motore <strong>di</strong>esel 196<br />

Figura 194: Schema <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> recupero del calore <strong>di</strong> un motore <strong>di</strong>esel con economizzatore 197<br />

Figura 195: Schema <strong>di</strong> impianto con motore Diesel e recupero <strong>di</strong> calore con produzione <strong>di</strong> vapore 197<br />

Figura 196: Ciclo Joule – Bryton con aria standard 198<br />

Figura 197: Layout del ciclo Joule – Bryton 199<br />

Figura 198: Sezione <strong>di</strong> una turbina a gas per aereo 200<br />

Figura 199: Andamento del ren<strong>di</strong>mento del ciclo Joule – Bryton e del Rapporto dei lavori 200<br />

Figura 200: Impianti a gas <strong>di</strong> terra 201<br />

Figura 201: Bilancio energetico per una turbina a gas 203<br />

Figura 202: Ciclo combinato a gas e a vapore 203<br />

Figura 203: Impianto cogenerativo con turbina a gas : 120 kWe e 146 MWe 204<br />

Figura 204: Schema <strong>di</strong> una microturbina. 205


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

436<br />

Figura 205: Ciclo rigenerativo con l‟evidenziazione del calore trasferito. 207<br />

Figura 206: Efficienza della microturbina in funzione del rapporto <strong>di</strong> compressione e della<br />

temperatura <strong>di</strong> fiamma. 208<br />

Figura 207: Potenza specifica delle microturbine in funzione del rapporto <strong>di</strong> compressione e<br />

temperatura <strong>di</strong> fiamma. 209<br />

Figura 208: Prestazioni a carico parziale <strong>di</strong> una microturbina. 209<br />

Figura 209: Effetto della temperatura ambiente sulle prestazioni <strong>di</strong> una microturbina. 210<br />

Figura 210: Effetto dell‟altitu<strong>di</strong>ne sulle prestazioni della microturbina. 210<br />

Figura 211: Ciclo rigenerativo a gas 211<br />

Figura 212: Esempio <strong>di</strong> modulo compatto <strong>di</strong> cogeneratore con turbina a gas 212<br />

Figura 213: Vista frontale del modulo 212<br />

Figura 214: Interno del modulo Turbec da 100 kWe nominali. 213<br />

Figura 215: Curva <strong>di</strong> Andrews per il vapore d‟acqua 214<br />

Figura 216: Ciclo <strong>di</strong> Carnot con vapore saturo 215<br />

Figura 217: Ciclo delle macchine a vapore <strong>di</strong> Rankine 217<br />

Figura 218: Rappresentazione del Ciclo Rankine ideale. 217<br />

Figura 219: Confronto fra il ciclo Rankine e il ciclo <strong>di</strong> Carnot 218<br />

Figura 220: Layout <strong>di</strong> una caldaia <strong>di</strong> potenza per gran<strong>di</strong> centrali 218<br />

Figura 221: Schema <strong>di</strong> una turbina a vapore 219<br />

Figura 222: Turbina a vapore aperta 220<br />

Figura 223: Turbina a vapore ad anelli contrapposti 221<br />

Figura 224: Ciclo Hirn nel piano (T,s) 222<br />

Figura 225: Ciclo Hirn con due surriscaldamenti 222<br />

Figura 226: Cicli a spillamento 223<br />

Figura 227; Ciclo a vapore a derivazione e condensazione 224<br />

Figura 228: Schema <strong>di</strong> un impianto a vapore con turbina in contropressione 225<br />

Figura 229: Schema <strong>di</strong> un impianto a contropressione con due turbine e due livelli <strong>di</strong> scarico vapore<br />

226<br />

Figura 230: Schema <strong>di</strong> un SET con turbina a vapore a contropressione per reti <strong>di</strong> teleriscaldamento226<br />

Figura 231: Schema dell‟accoppiamento <strong>di</strong> un motore primo con un compressore ed un generatore 230<br />

Figura 232: Schema <strong>di</strong> un impianto per Trigenerazione 231<br />

Figura 233: Diagramma <strong>di</strong> scambio gas <strong>di</strong> scarico acqua 232<br />

Figura 234: Schema <strong>impianti</strong>stico <strong>di</strong> un trigeneratore 232<br />

Figura 235: Schema <strong>di</strong> una macchina frigorifera ad assorbimento 234<br />

Figura 236: Copertura del carico termico con il post combustore 237<br />

Figura 237: Andamento del Cash Flow attualizzato al variare della potenza della turbina 237<br />

Figura 238: Costo me<strong>di</strong>o specifico, y, <strong>di</strong> una turbina a gas in funzione della potenza nominale (x in<br />

kWe) 238<br />

Figura 239: Rappresentazione <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> Trigenerazione con GATE CYCLE 239<br />

Figura 240: VAN per varie potenze <strong>di</strong> turbine a gas installate 240<br />

Figura 241: Andamento del VAN e TPB al variare del costo energetico 240<br />

Figura 242: Esempi <strong>di</strong> estintori – carrellato, a polvere a CO 2 259<br />

Figura 243: Esempi <strong>di</strong> idranti a parete UNI-45 261<br />

Figura 244: Esempi <strong>di</strong> naspi 262<br />

Figura 245: Esempi <strong>di</strong> idranti per sopra suolo UNI-70 262<br />

Figura 246: Esempi <strong>di</strong> sprinkler, <strong>di</strong> sistema ad acqua, valvola <strong>di</strong> allarme sprinkler 264<br />

Figura 247: Esempio <strong>di</strong> installazione <strong>di</strong> impianto sprinkler in un capannone 265<br />

Figura 248: Esempio <strong>di</strong> sprinkler a secco 266<br />

Figura 249: Vista assonometrica del montaggio <strong>di</strong> un sistema sprinkler 266<br />

Figura 250: Rete sprinkler, in pianta, per una biblioteca 268<br />

Figura 251: Selezione degli sprinkler da inserire in rete 268<br />

Figura 252: Dati caratteristici <strong>di</strong> uno sprinkler 268


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

437<br />

Figura 253: Selezione della pompa <strong>di</strong> alimentazione 269<br />

Figura 254: Segnaletica <strong>di</strong> salvataggio e antincen<strong>di</strong>o 272<br />

Figura 255: efficacia degli evacuatori <strong>di</strong> fumo e <strong>di</strong> calore 274<br />

Figura 256: Tipologia <strong>di</strong> EFC 274<br />

Figura 257: Esempio <strong>di</strong> selezione del co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> attività 275<br />

Figura 258: Selezione dei materiali interni ad un comparto 276<br />

Figura 259: Selezione del tipo <strong>di</strong> archivio (Categorie dei materiali) 276<br />

Figura 260: Diagramma per gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> valutazione 278<br />

Figura 261: Curva tipo <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o 299<br />

Figura 262: Quantità ideali <strong>di</strong> legno standard al variare della temperatura 304<br />

Figura 263: Compartimentazione a soffitto 306<br />

Figura 264: Tipologie <strong>di</strong> coperture <strong>di</strong> magazzini 318<br />

Figura 265: EFC pneumatico 321<br />

Figura 266: Cilindro pneumatico 321<br />

Figura 267: Esempio <strong>di</strong> compartimentazione <strong>di</strong> più reparti ospedalieri 326<br />

Figura 268: Esempio <strong>di</strong> compartimentazione <strong>di</strong> un piano operatorio 327<br />

Figura 269: Esempio <strong>di</strong> compartimentazione <strong>di</strong> degenze ospedaliere 328<br />

Figura 270: Calcolo del coefficiente <strong>di</strong> riduzione per la zona A 332<br />

Figura 271: Calcolo del coefficiente <strong>di</strong> riduzione per la zona B 333<br />

Figura 272: Calcolo del coefficiente <strong>di</strong> riduzione per la zona C 334<br />

Figura 273: del coefficiente <strong>di</strong> riduzione per la zona D 335<br />

Figura 274: Schema parziale della rete <strong>di</strong> idranti uni45 ed uni70 per l‟autorimessa 341<br />

Figura 275: Vista assonometrica della <strong>di</strong>stribuzione degli sprinkler 344<br />

Figura 276: Vista in pianta della rete sprinkler 347<br />

Figura 277: Vista d‟insieme degli <strong>impianti</strong> antincen<strong>di</strong>o per l‟autorimessa 348<br />

Figura 278: Esempi <strong>di</strong> onda sonora piana e sferica 351<br />

Figura 279: Esempio <strong>di</strong> propagazione <strong>di</strong> onde acustiche: inizialmente sferiche e poi piane a gran<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stanze 351<br />

Figura 280: Legame fra lunghezza d‟onda e frequenza nel campo dell‟u<strong>di</strong>bile 352<br />

Figura 281 : Rappresentazione spettrale dei suoni. 356<br />

Figura 282: Rappresentazione delle bande acustiche <strong>di</strong> ottava e terzi <strong>di</strong> ottava 357<br />

Figura 283: Rappresentazione <strong>di</strong> un suono puro nel piano ampiezza-tempo e nel piano ampiezzafrequenza.<br />

357<br />

Figura 284: Rappresentazione temporale della somma <strong>di</strong> tre armoniche 358<br />

Figura 285: Composizione <strong>di</strong> tre armoniche nel piano ampiezza-tempo 358<br />

Figura 286: Composizione <strong>di</strong> tre armoniche nel piano ampiezza-frequenza. 359<br />

Figura 287: Azione dei filtri sui segnali 360<br />

Figura 288: Rappresentazione <strong>di</strong> un segnale nei vari piani. 361<br />

Figura 289- Spettrogramma della parola [AIUOLE]. 361<br />

Figura 290- Oscillogramma della parola [Aiuole] pronunciata da un parlatore 362<br />

Figura 291: Rappresentazione spettrale <strong>di</strong> un suono complesso: la vocale [a]. 362<br />

Figura 292: Rappresentazione spettrale convenzionale: sonogramma 363<br />

Figura 293: Rappresentazione dell‟analisi frequenziale a varie larghezze <strong>di</strong> banda 366<br />

Figura 294: Vista d‟Artista <strong>di</strong> un orecchio umano: orecchio esterno, me<strong>di</strong>o e interno. 369<br />

Figura 295: Struttura dell‟orecchio esterno (pa<strong>di</strong>glione auricolare) e dell‟orecchio interno (Organo del<br />

Corti) 369<br />

Figura 296: Struttura dell‟orecchio interno e della coclea 370<br />

Figura 297: Eccitazione delle terminazioni nervose 371<br />

Figura 298: Funzioni <strong>di</strong> trasferimento dell‟orecchio esterno. 371<br />

Figura 299:Funzione <strong>di</strong> trasferimento dell‟orecchio interno (Von Békésy) 372<br />

Figura 300: Funzioni <strong>di</strong> trasferimento del canale timpanico 372<br />

Figura 301: Struttura <strong>di</strong> un neurone. 373


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

438<br />

Figura 302: Segnale <strong>di</strong> attivazione sinaptico. 373<br />

Figura 303: Curve isofoniche per toni puri (au<strong>di</strong>ogramma normale <strong>di</strong> Fletcher - Munson 374<br />

Figura 304: Confronto fra la funzione <strong>di</strong> trasferimento dell‟orecchio me<strong>di</strong>o e l‟au<strong>di</strong>ogramma normale<br />

374<br />

Figura 305: Curva <strong>di</strong> u<strong>di</strong>bilità reale <strong>di</strong> un soggetto e confronto con la curva <strong>di</strong> soglia standard 375<br />

Figura 306: Esempio <strong>di</strong> au<strong>di</strong>ogramma <strong>di</strong> un soggetto normale 376<br />

Figura 307: Confronto fra le curve fonometriche e l‟Au<strong>di</strong>ogramma normale 377<br />

Figura 308: Diagramma a blocchi <strong>di</strong> un fonometro e un moderno modello commerciale 378<br />

Figura 309: Spettro a banda <strong>di</strong> ottava del segnale non filtrato e <strong>di</strong> quello filtrato 379<br />

Figura 310: Andamento del LPS, Leq, L picco non pesato. 379<br />

Figura 311: Localizzazione della sorgente sonora 380<br />

Figura 312: Tempi <strong>di</strong> autocorrelazione dei brani <strong>di</strong> Y. Ando 382<br />

Figura 313: Brani F e G <strong>di</strong> Y. Ando e loro funzioni <strong>di</strong> autocorrelazione 383<br />

Figura 314: Bilancio <strong>di</strong> energia sonora 384<br />

Figura 315: Andamento <strong>di</strong> alcuni fattori <strong>di</strong> assorbimento per materiali da costruzione. 385<br />

Figura 316: Riflessione <strong>di</strong> un‟onda sonora 385<br />

Figura 317: valutazione del potere fonoisolante <strong>di</strong> un <strong>di</strong>visorio 386<br />

Figura 318: Andamento del potere fonoisolante 386<br />

Figura 319: Frequenze critiche <strong>di</strong> alcuni materiali 387<br />

Figura 320: cavità risonante 390<br />

Figura 321: Materiale da costruzione utilizzato come cavità risonante 390<br />

Figura 322: Tipologie <strong>di</strong> cavità risonanti <strong>di</strong> utilizzo comune 391<br />

Figura 323: Assorbimento <strong>di</strong> una membrana 391<br />

Figura 324: Esempio <strong>di</strong> membrana assorbente realizzata con pannelli in legno 392<br />

Figura 325: Diffrazione del suono da parte <strong>di</strong> un ostacolo 392<br />

Figura 326: Schema <strong>di</strong> barriera 393<br />

Figura 327: Andamento dell‟attenuazione in funzione del numero <strong>di</strong> Fresnel 394<br />

Figura 328: Rifrazione <strong>di</strong> un‟onda sonora. 394<br />

Figura 329: Definizione del fattore <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezionalità 394<br />

Figura 330: Propagazione <strong>di</strong> un‟onda sonora all‟interno <strong>di</strong> una stanza 395<br />

Figura 331: Schematizzazione <strong>di</strong> 200 raggi sonori riflessi in un ambiente chiuso 396<br />

Figura 332: Ecogramma in una sala chiusa 397<br />

Figura 333: Deca<strong>di</strong>mento sonoro all‟interno <strong>di</strong> una sala 397<br />

Figura 334: Il Teatro Roy Thompson Hall, Toronto 398<br />

Figura 335: Andamento del livello interno in una sala per effetto del livello <strong>di</strong>retto e riverberato. 399<br />

Figura 336: Esempio <strong>di</strong> applicazione <strong>di</strong> cuffia afonica 400<br />

Figura 337Tipologia <strong>di</strong> cuffia afonica per macchina operatrice 400<br />

Figura 338: Cuffie afoniche per macchine con flussi <strong>di</strong> materiali entranti e/o uscenti 401<br />

Figura 339: Esempi <strong>di</strong> isolatori per la riduzione delle vibrazioni 402<br />

Figura 340: Esempio <strong>di</strong> pavimento galleggiante 402<br />

Figura 341: Esempio <strong>di</strong> dati acustici <strong>di</strong>sponibili per modelli <strong>di</strong> refrigeratori d‟acqua 404<br />

Figura 342: Esempio <strong>di</strong> dati <strong>di</strong> LPS per una CTA 404<br />

Figura 343: Mappa acustica per un refrigeratore d‟acqua 405<br />

Figura 344: Distribuzione del LPS attorno ad un refrigeratore d‟acqua 405<br />

Figura 345: Schema dei punti <strong>di</strong> rilievo per il calcolo dei livelli <strong>di</strong> potenza sonora 406<br />

Figura 346: Rappresentazione spaziale della irra<strong>di</strong>azione <strong>di</strong> potenza acustica 406<br />

Figura 347: Esempio <strong>di</strong> tracciamento dello spettro <strong>di</strong> un rumore sulle curve NR 408<br />

Figura 348: LPS in un punto P interno ad un ambiente chiuso 408<br />

Figura 349: Attenuazione acustica in canali rettangolari coibentati 411<br />

Figura 350: Schema <strong>di</strong> trasmissione del rumore in un canale 411<br />

Figura 351; Attenuazione acustica nelle <strong>di</strong>ramazioni 414<br />

Figura 352: Attenuazione acustica nei terminali <strong>di</strong> condotto 414


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

439<br />

Figura 353: Geometria <strong>di</strong> un plenum 415<br />

Figura 354: Riduzione della rumorosità nelle T e <strong>di</strong>ramazioni 416<br />

Figura 355: Attenuazione del suono nei condotti 417<br />

Figura 356: Corretto posizionamento dei silenziatori 418<br />

Figura 357: Punto <strong>di</strong> inserimento del silenziatore 419


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

440<br />

INDICE DELLE TABELLE<br />

Tabella 1: Valori termofisici per l‟acqua 3<br />

Tabella 2: Valori me<strong>di</strong> del coefficiente <strong>di</strong> scabrezza relativa 11<br />

Tabella 3: Valori sperimentali del fattore <strong>di</strong> Darcy per alcune per<strong>di</strong>te localizzate 12<br />

Tabella 4: Valori del fattore <strong>di</strong> Darcy per la raccorderia e Valvolame 13<br />

Tabella 5: Calcolo rapido delle resistenze localizzate 19<br />

Tabella 6: Dati per tubazioni in acciaio Gas 20<br />

Tabella 7: Dati per tubazioni in acciaio DIN 21<br />

Tabella 8: Dati per tubazioni in rame 21<br />

Tabella 9: Diametri equivalenti per sezioni rettangolari 25<br />

Tabella 10: Calcolo delle portate nei singoli rami 42<br />

Tabella 11: Coefficienti <strong>di</strong> <strong>di</strong>latazione per alcuni materiali 75<br />

Tabella 12: Valori consigliati delle velocità dell‟aria nei canali 80<br />

Tabella 13: Pesi dei canali d‟aria 81<br />

Tabella 14: Esempio <strong>di</strong> calcolo <strong>di</strong> una rete <strong>di</strong> canali 87<br />

Tabella 15: Confronto fra le cadute <strong>di</strong> pressione 88<br />

Tabella 16: Parametri termofisici per l‟acqua 91<br />

Tabella 17: Dati <strong>di</strong> libreria <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>atori commerciali 92<br />

Tabella 18: Dati <strong>di</strong> libreria <strong>di</strong> fan coil commerciali 93<br />

Tabella 19: Esempio <strong>di</strong> dati per ra<strong>di</strong>atori commerciali 93<br />

Tabella 20: Valori dell‟esponente n per il calcolo della potenza erogata dai terminali 129<br />

Tabella 21: Rapporto exergia-potere calorifico inferiore per alcuni combustibili 173<br />

Tabella 22: Proprietà dei frazioni leggere per Diesel 192<br />

Tabella 23: Proprietà dei frazioni pesanti per Diesel 193<br />

Tabella 24: Spessore delle pareti tagliafuoco 256<br />

Tabella 25: Spessori minimi dei solai 256<br />

Tabella 26: Spessore minimo del rivestimento 256<br />

Tabella 27: Tipi e spessori dei rivestimenti 257<br />

Tabella 28: Sostanze estinguenti e loro utilizzo 261<br />

Tabella 29: Co<strong>di</strong>ce dei colori per gli sprinkler 265<br />

Tabella 30: Fattori <strong>di</strong> Darcy per alcuni elementi 267<br />

Tabella 31: Dati generali <strong>di</strong> calcolo per l‟impianto sprinkler della biblioteca 269<br />

Tabella 32: Risultati <strong>di</strong> calcolo per l‟impianto sprinkler della biblioteca 270<br />

Tabella 33: In<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> valutazione 277<br />

Tabella 34: Alcuni poteri calorifici utili 295<br />

Tabella 35: Classificazione dei combustibili in base al tipo <strong>di</strong> fuoco 301<br />

Tabella 36: Classificazione dei combustibili in base alle caratteristiche 301<br />

Tabella 37: Classificazione dei combustibili in base al punto <strong>di</strong> infiammabilità 302<br />

Tabella 38: Dati caratteristici per la combustione delle polveri 303<br />

Tabella 39: Dimensionamento delle aperture e delle cortine 308<br />

Tabella 40: Materiali Combustibili 310<br />

Tabella 41: Tabella Combustibili 311<br />

Tabella 42: Classificazione incen<strong>di</strong>o 313<br />

Tabella 43: Gruppi <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento 315<br />

Tabella 44: Coefficienti <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento 315<br />

Tabella 45: Variazioni 319<br />

Tabella 46: A – Superfici dei comparti dell‟ipotetico e<strong>di</strong>ficio 329<br />

Tabella 47: B – Carico d‟incen<strong>di</strong>o specifico 329<br />

Tabella 48: C – Calcolo della classe <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o 329<br />

Tabella 49: D – Materiali presenti nella zona A. 330


IMPIANTI TERMOTECNICI – VOL.UME 3°<br />

441<br />

Tabella 50: D – Materiali presenti nella zona B. 330<br />

Tabella 51: D – Materiali presenti nella zona C. 331<br />

Tabella 52: D – Materiali presenti nella zona D 331<br />

Tabella 53: In<strong>di</strong>ci per zona A. 331<br />

Tabella 54: In<strong>di</strong>ci per zona B. 332<br />

Tabella 55: In<strong>di</strong>ci per zona C. 333<br />

Tabella 56: In<strong>di</strong>ci per zona D 334<br />

Tabella 57. Dimensionamento della rete UNI70 a quota 167.80 mslm 343<br />

Tabella 58: Dati Generali per il <strong>di</strong>mensionamento della rete Sprinkler 345<br />

Tabella 59: Dimensionamento rete sprinkler 346<br />

Tabella 60: Velocità del suono per alcuni mezzi <strong>di</strong> trasmissione 350<br />

Tabella 61: Livello <strong>di</strong> potenza sonora me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> varie sorgenti. 353<br />

Tabella 62: Corrispondenza fra numero <strong>di</strong> punti e righe <strong>di</strong> frequenza 365<br />

Tabella 63: Corrispondenza fra la larghezza della finestra e l‟ampiezza del filtro 366<br />

Tabella 64: Scala <strong>di</strong> valori delle pressioni sonore e dei livelli <strong>di</strong> pressione sonora 368<br />

Tabella 65: Attenuazioni dei filtri <strong>di</strong> pesatura A 378<br />

Tabella 66: Brani musicali analizzati da Y. Ando 382<br />

Tabella 67: Frequenze critiche per alcuni materiali 387<br />

Tabella 68: Potere fonoisolante <strong>di</strong> alcuni materiali 388<br />

Tabella 69: Potere fonoisolante <strong>di</strong> alcuni materiali 388<br />

Tabella 70: : Potere fonoisolante <strong>di</strong> alcuni materiali 389<br />

Tabella 71: Potere fonoisolante <strong>di</strong> alcuni materiali 389<br />

Tabella 72: Valori dei livelli NC 407<br />

Tabella 73: Livelli <strong>di</strong> sonora specifici per vari tipi <strong>di</strong> ventilatori 410<br />

Tabella 74: Coefficienti <strong>di</strong> correzione per il ren<strong>di</strong>mento dei ventilatori 410<br />

Tabella 75: Livelli <strong>di</strong> rumorosità del ventilatore 410<br />

Tabella 76: Attenuazione acustica in canali rettilinei rigi<strong>di</strong> 412<br />

Tabella 77: Attenuazione acustica dei raccor<strong>di</strong> a gomito 413

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